L’Osservatore Romano€¦ · matica, è rifugiarsi nel passato, nel ricordo del tempo precedente,...

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L’Osservatore Romano il Settimanale Città del Vaticano, giovedì 7 maggio 2020 anno LXXIII, numero 19 (4.043) Collaborazione globale per curare il covid-19 Collaborazione globale per curare il covid-19

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L’Osservatore Romanoil SettimanaleCittà del Vaticano, giovedì 7 maggio 2020anno LXXIII, numero 19 (4.043)

Collab orazioneglobaleper curareil covid-19

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L’Osservatore Romanogiovedì 7 maggio 2020il Settimanale

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L’OS S E R VAT O R E ROMANO

Unicuique suum Non praevalebunt

Edizione settimanale in lingua italiana

Città del Vaticanoo r n e t @ o s s ro m .v a

w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

ANDREA MONDAD irettore

GIANLUCA BICCINICo ordinatore

PIERO DI DOMENICANTONIOProgetto grafico

Redazionevia del Pellegrino, 00120 Città del Vaticano

fax +39 06 6988 3675

Servizio fotograficotelefono 06 6988 4797 fax 06 6988 4998

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telefono 06 6989 9480fax 06 6988 5164i n f o @ o s s ro m .v a

Cosa succederà dopo? Cioè dopo la pandemiache in alcuni paesi, in questi giorni mostrauna curva leggermente calante. Come sarà ilmondo al termine dell’emergenza sanitaria?Molti si stanno ponendo questi interrogativi,cercando di prevedere il futuro (anche sullepagine del nostro quotidiano si ospita un “la-b oratorio” intitolato “dopo la pandemia”), e lerisposte spesso risuonano inquietanti a tutti ilivelli, economico, finanziario, politico, sociale,morale. Tutto sembra più incerto, più minac-cioso e drammatico. La reazione, quasi auto-matica, è rifugiarsi nel passato, nel ricordo deltempo precedente, in cui tutto era più familia-re, scontato (apparentemente), stabile e affida-bile. Si sente il morso della nostalgia che spin-ge a voler tornare al mondo passato, come sechiudendo gli occhi si potesse riallineare lelancette. Divisi, combattuti tra queste duespinte, gli uomini dei paesi colpiti dalla pan-demia appaiono per lo più paralizzati, balbet-tanti, smarriti di fronte alla nuova consapevo-lezza della propria fragilità e della precarietàdi quel sistema socio-economico che riteneva-no sicuro, vincente e convincente.

Forse tra la spinta tutta in avanti, verso il“dop o” e quella corrispondente verso il “pri-ma”, che confliggendo tra loro rischiano di farentrare in crisi il nostro baricentro, c’è un’altraspinta, un’altra voce da ascoltare. Domenicascorsa, in occasione della recita del ReginaCaeli, Papa Francesco ci ha ricordato del con-

flitto che avviene non fuori ma dentro ogniuomo. Nelle sue parole si avverte la matriceignaziana di Bergoglio che condivide piena-mente l’affermazione contenuta ne I fratelliKaramazov di Dostoevskij «il diavolo combat-te con Dio e il campo di battaglia è il cuoredell’uomo». Per Francesco è l’uomo stesso ilteatro di una battaglia in cui si scontrano duevoci, quello dello spirito maligno che contrastain tutti i modi quella di Dio. Tra queste duevoci è la sfida dell’uomo chiamato a fare di-scernimento, a cogliere le differenze sostanzialitra le due diverse “lingue”. In particolare ilSanto Padre ha ricordato che «La voce del ne-mico distoglie dal presente e vuole che ci con-centriamo sui timori del futuro o sulle tristezzedel passato — il nemico non vuole il presente[...] Invece la voce di Dio parla al presente:“Ora puoi fare del bene, ora puoi esercitare lacreatività dell’amore, ora puoi rinunciare airimpianti e ai rimorsi che tengono prigionieroil tuo cuore”. Ci anima, ci porta avanti, maparla al presente: ora». Parole semplici, nette,eloquenti, che spingono all’azione, ad essere“presenti al presente”, mandando via la pauradel domani e la tentazione di chiuderci nelpassato. Parole che valgono per la singola per-sona ma anche per le persone collegate in co-munità, unite in istituzioni. Valgono anche peruna famiglia, per un quartiere, per una città,per una nazione. Pensiamo all’Europa che de-ve superare la paralisi, le divisioni del passatoe rivolgere i suoi sforzi verso la sfida del pre-sente, acquisendo la consapevolezza che puòveramente fare il bene, farlo ora. Emerge quila virtù della speranza, essenza di ogni impe-gno politico. Per il cristiano la responsabilità èalta ma c’è una consolazione, nel senso lettera-le perché il cristiano non è mai solo, egli è for-te della Parola che ascolta nella sua coscienza,il cristiano infatti riesce, nel caos del tempoche si trova a vivere, ad ascoltare la voce diDio, una voce «che ha un orizzonte, invece lavoce del cattivo ti porta a un muro, ti portaall’angolo [...] che non promette mai la gioia abasso prezzo: ci invita ad andare oltre il nostroio per trovare il vero bene, la pace. [...] chesempre ci incoraggia, ci consola: sempre ali-menta la speranza».

La sfidadella speranzatra la pauradel futuroe la nostalgiadel passato

#editoriale

di ANDREA MONDA

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In molti si chiedono, ci chiediamo, come sarà ilmondo “dop o”. È un automatismo moltoumano, che ribadisce ancora una volta la spe-cificità propria dell’uomo che immagina, desi-dera, progetta, cerca di prevedere. Semprequesto accade, ogni giorno, tanto più in perio-di di tempesta come quelli che il mondo staattraversando da circa quattro mesi.

E qui forse la parola degli esperti, dei “tec-nici”, non è l’unica da ascoltare, non è suffi-ciente. Non si tratta di competenze, di esseredei bravi economisti o sociologi, ma di esserevisionari. E allora i poeti, gli scrittori e più ingenerale gli artisti possono essere preziosi“esp erti” delle cose umane.

Senza andare troppo lontano o troppo “inalto”, mi viene in mente un film di una dozzi-na di anni fa, di quelli cosiddetti “per bambi-ni” (che spesso proprio per questo sono i piùacuti), intitolato Wa l l - E , realizzato dalla Pixarche da oltre trent’anni sforna i prodotti più in-teressanti in circolazione nelle grandi sale. Eb-bene Wa l l - E ha una forza che non esito a defi-nire profetica, impressionante.

Il punto di partenza, il pre-testo che sta sot-to la trama è antico, primordiale, rifacendosidirettamente alla vicenda di Noè raccontatanei primi capitoli della Genesi. Come ai tempidi Noè anche qui tutto il mondo si è salvatosu un’arca, una nave, anzi un’astronave che hacondotto l’umanità lontana dalla terra perchéil pianeta è diventato talmente tossico a causadell’inquinamento che l’unica cosa da fare èfuggire “lontano dal pianeta sporco”. La primaparte del film è ambientata sulla terra dovetroviamo Wall-E, un piccolo robot (ma conl’anima) che fa lo spazzino, pulisce con cura eostinazione il pianeta intero smaltendo i rifiutiin modo che, una volta ripulito tutto, gli uma-ni poi potranno tornare a casa. In visita aWall-E arriva Eve, una candida sonda (“ani-mata” pure lei, tra i due ovviamente nasceràun sentimento) spedita dall’astronave viag-giante negli spazi siderali, che è come la bian-ca colomba che Noè invia sulla terra dopo ildiluvio: se tornerà con un germoglio, un ra-

moscello come segno della vita rinascente, ec-co che questo sarà il segno del possibile ritor-no all’amata terra. Il problema è che questaterra non è poi così “amata”, ma è stata, prati-camente, dimenticata. Qui siamo nella secondaparte del film, tutta ambientata dentro l’a s t ro -nave, una parte “p ro f e t i c a ” in modo ancorapiù aspro rispetto al “grido ecologico” dellaprima parte.

È successo infatti che sono passati così tantianni, secoli, che gli abitanti dell’astronave sisono dimenticati lo scopo del viaggio e hannofinito per confondere il mezzo con il fine, ilmondo con l’astronave stessa. È un tema nonnuovo nella letteratura di fantascienza, ma cheinoltre dice molto dei rischi che in ogni epocacorre l’umanità. Già nella metà dell’O ttocentoun pensatore acuminato come Kierkegaard de-scriveva la società occidentale come una gran-de nave da crociera dove l’altoparlante tra-smette non la voce del capitano che indica larotta ma quella del cuoco che elenca il menù.Un ritratto lucido della società post-moderna,così come l’astronave di Wall-E, un luogo incui peraltro si mangia spesso e molto: i milionidi abitanti sono tutti obesi, vivono in un enor-me parco dei divertimenti e stanno lì, senza fa-re alcun lavoro né movimento, sdraiati in co-modissime poltrone con davanti uno schermotelevisivo ultratecnologico che li bombarda dimessaggi rassicuranti e felicitanti stordendolicon l’intrattenimento a oltranza che alimentala dimenticanza e la distrazione. Diversi mac-chinari provvedono a nutrire questi milioni diconsumatori condannati al dolce oblio, tuttiaffiancati tra loro ma mai di fronte l’uno all’al-tro: gli uomini del futuro immaginato da Wa l l -E non si guardano e soprattutto non si tocca-no. C’è un gesto che i due protagonisti, Wall-E e Eve, ripetono più volte, si stringono lemani, un gesto trasgressivo che colpisce escandalizza all’inizio gli abitanti della navefinché, a fatica, ricorderanno che a questo era-no destinati: a vivere da uomini, in piedi, uno

#letteredaldirettore

CO N T I N UA A PA G I N A 19

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GIOVEDÌ 30 APRILEPer i defunti “anonimi”

nelle fosse comuniPapa Francesco si è spiritualmente inginoc-chiato accanto alle fosse comuni dove sonostati sepolti tanti defunti “anonimi” in questotempo di pandemia: hanno profondamentecolpito il suo cuore infatti le immagini dellesepolture alle quali si è dovuto ricorrere nelpieno dell’emergenza del contagio del corona-virus. E così all’inizio della messa celebrata almattino nella cappella di Casa Santa Marta,con voce accorata e dolente il Pontefice hapresentato a Dio tutte le vittime, in particolarele donne e gli uomini sepolti “senza nome”.«Preghiamo oggi — ha detto — per i defunti,coloro che sono morti per la pandemia; e an-che in modo speciale per i defunti — diciamocosì — anonimi: abbiamo visto le fotografiedelle fosse comuni».

«Nessuno può venire a me, se non lo attirail Padre»: con le parole di Gesù, riportate daGiovanni nel passo evangelico (6, 44-51) pro-posto dalla liturgia, il vescovo di Roma ha poiavviato la sua meditazione nell’omelia. «Gesùricorda — ha detto — che anche i profeti aveva-no preannunciato questo: “E tutti sarannoistruiti da Dio”». Dunque, ha spiegato, «è Dioche attira alla conoscenza del Figlio. Senzaquesto, non si può conoscere Gesù. Sì, si puòstudiare, anche studiare la Bibbia, anche cono-scere come è nato, cosa ha fatto: questo sì. Maconoscerlo da dentro, conoscere il mistero diCristo è soltanto per coloro che sono attiratidal Padre a questo». Ed è proprio «quello cheè successo a questo ministro dell’economiadella regina d’Etiopia» ha affermato France-sco, facendo riferimento al brano degli Attidegli apostoli (8, 26-40) che racconta appuntol’incontro di Filippo con il funzionario diCandàce, regina di Etiopia. «Si vede che eraun uomo pio — ha fatto presente il Pontefice— e che si è preso il tempo, in mezzo a tantisuoi affari, per andare ad adorare Dio. Un cre-dente. E tornava in patria leggendo il profetaIsaia» (cfr. versetti 27-28). Ecco che, ha prose-guito il Papa ripercorrendo il passo degli Attidegli apostoli, «il Signore prende Filippo, loinvia e poi gli dice: “Va ’ avanti e accòstati aquel carro”» (cfr. versetto 29). E così Filippo«sente il ministro che sta leggendo Isaia. Siavvicina e gli fa una domanda: “Capisci quelloche stai leggendo?” — “E come potrei capire senessuno mi guida!”» (cfr. versetto 31). A que-sto punto il funzionario della regina di Etiopiapone «la domanda: “Di quale persona il pro-feta dice questo?». Fa salire Filippo sulla suacarrozza «e durante il viaggio — non so quan-to tempo, penso che almeno un paio di ore —Filippo spiegò, spiegò Gesù» (cfr. versetti 26-35). Francesco ha affermato che «quella in-quietudine che aveva questo signore nella let-tura del profeta Isaia era proprio del Padre,che attirava verso Gesù (cfr. Giovanni 6, 44):lo aveva preparato, lo aveva portato dall’Etio-pia a Gerusalemme per adorare Dio e poi, conquesta lettura, aveva preparato il cuore per ri-velare Gesù. Al punto che appena vide l’acquadisse: “Posso essere battezzato”» (cfr. Atti degliapostoli 8, 36). In sostanza quell’uomo «credet-

te». Il fatto «che nessuno può conoscere Gesùsenza che il Padre lo attiri (cfr. Giovanni 6, 44)— ha spiegato Francesco — è valido per il no-stro apostolato, per la nostra missione aposto-lica come cristiani». In particolare il Ponteficeha invitato a pensare «alle missioni: “Cosa vaia fare nelle missioni?” — “Io, a convertire lagente” — “Ma fermati, tu non convertirai nes-suno! Sarà il Padre ad attirare quei cuori perriconoscere Gesù”».

«Andare in missione — ha affermato il Papa— è dare “testimonianza” della propria fede»,perché «senza testimonianza non farai nulla.Andare in missione — e sono bravi i missiona-ri! — non significa fare strutture grandi, cose...,e fermarsi così. No, le strutture devono esseretestimonianze». In realtà, ha rilanciato France-sco, «tu puoi fare una struttura ospedaliera,educativa di grande perfezione, di grande svi-luppo, ma se una struttura è senza testimo-nianza cristiana, il tuo lavoro lì non sarà un la-voro di testimone, un lavoro di vera predica-zione di Gesù: sarà una società di beneficenza,molto buona — molto buona! — ma niente dipiù». Insomma, ha insistito il Pontefice, «se iovoglio andare in missione..., se io voglio anda-re in apostolato, devo andare con la disponibi-lità che il Padre attiri la gente a Gesù, e que-sto lo fa la testimonianza. Gesù stesso dice aPietro, quando confessa che Lui è il Messia:“Tu sei beato, Simon Pietro, perché questo telo ha rivelato il Padre”» (cfr. Matteo 16, 17).

«È il Padre che attira, e attira anche con lanostra testimonianza» ha proseguito il Papa.«“Io farò tante opere, qui, di qua, di là, dieducazione, di questo, dell’a l t ro . . . ”, ma senza

Le omeliedel Pontefice

#santamarta

Come i morti insepolti degli antichi

Tutti quelli che muoiono in questa guerra viralesono come i morti insepolti degli antichilasciati ai cani sul campo di battaglia,non poterono i familiari lavare i loro corpi

ungerli e piangerli e preparare il rogo,trasportati di notte su camion militaricome sacchi di spazzatura in altri cimiteri.Ma noi sappiamo che la loro battaglia fu eroica,

combatterono fino all’ultimo sangueun corpo a corpo senza risparmio di colpi,alla fine caddero facendo risuonare

con fragore la loro pesante armatura.La loro vita è incisa nel cimitero del tempoa memoria perenne, e la loro tomba è un altare.

CL AU D I O DAMIANI

I riti funebri nascono con l’uomo e non ci lasceranno mai. Uniscono credenti e noncredenti, antichi e moderni, oriente e occidente, terra e cielo. Mi ha sempre colpitol’angoscia degli antichi — ce la ricordiamo un po’ tutti nei poemi omerici a scuola —di non poter seppellire i loro cari. Ma anche noi moderni, per quanto moderni, nonpossiamo fare a meno dei riti funebri, noi e i nostri morti, non possiamo fare a menodi darci l’ultimo saluto, l’ultimo abbraccio.

Come di consueto il Papaha concluso le celebrazioni

con l’a d o ra z i o n ee la benedizione eucaristica.

Per poi affidare —accompagnato dal canto

dell’antifona Regina Caeli— le sue intenzioni

alla Madre di Dio,sostando davanti

all’immagine marianadella cappella.

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testimonianza — ha chiarito — sono cose buo-ne, ma non sono l’annuncio del Vangelo, nonsono posti che diano la possibilità che il Padreattiri alla conoscenza di Gesù» (cfr. Giovanni6, 44). Lo stile giusto è «lavoro e testimonian-za. Ma come posso fare perché il Padre sipreoccupi di attirare quella gente?”» è la que-stione posta da Francesco. Con «la preghie-ra», è la risposta. E «questa è la preghiera perle missioni: pregare perché il Padre attiri lagente verso Gesù». Infatti «“testimonianza ep re g h i e r a ” vanno insieme» ha ripetuto il Pon-tefice: «Senza testimonianza e preghiera nonsi può fare predicazione apostolica, non si puòfare annuncio. Farai una bella predica morale,farai tante cose buone, tutte buone. Ma il Pa-dre non avrà la possibilità di attirare la gente aGesù». Dunque, ha spiegato ancora il Papa,«questo è il centro, questo è il centro del no-stro apostolato, che il Padre possa attirare lagente a Gesù» (cfr. Giovanni 6, 44). E «la no-stra testimonianza apre le porte alla gente e lanostra preghiera apre le porte al cuore del Pa-dre perché attiri la gente».

«Testimonianza e preghiera» è quindi l’ap-proccio corretto, secondo Francesco. E «que-sto non è soltanto per le missioni, è anche peril nostro lavoro come cristiani». Tanto che èopportuno domandarsi: «Io do testimonianzadi vita cristiana, davvero, con il mio stile di vi-ta? Io prego perché il Padre attiri la gente ver-so Gesù?».

«Questa è la grande regola per il nostroapostolato, dappertutto, e in modo specialeper le missioni» ha aggiunto il Pontefice. Conla consapevolezza che «andare in missionenon è fare proselitismo». E a questo propositoil Papa ha voluto condividere un ricordo:«Una volta, una signora — buona, si vedevache era di buona volontà — si è avvicinata condue ragazzi, un ragazzo e una ragazza, e miha detto: “Questo ragazzo, padre, era prote-stante e si è convertito: io l’ho convinto. Equesta ragazza era...” — non so, animista, nonso cosa mi ha detto — “e l’ho convertita”. E lasignora era buona, buona. Ma sbagliava. Ioho perso un po’ la pazienza e ho detto: “Senti,tu non hai convertito nessuno: è stato Dio atoccare il cuore della gente. E non dimenticar-ti: testimonianza, sì; proselitismo, no”».

Alla fine della meditazione Francesco haesortato a chiedere «al Signore la grazia di vi-vere il nostro lavoro con testimonianza e conpreghiera, perché Lui, il Padre, possa attirarela gente verso Gesù». Poi con la preghiera disant’Alfonso Maria de’ Liguori ha invitato «lepersone che non possono fare la comunione»a fare la comunione spirituale.

VENERDÌ 1° MAGGIOA nessuno manchinoil lavoro e la dignità

«Oggi è la festa di San Giuseppe lavoratore ela Giornata dei lavoratori. Preghiamo per tuttii lavoratori. Per tutti. Perché a nessuna perso-na manchi il lavoro e che tutti siano giusta-mente pagati e possano godere della dignitàdel lavoro e della bellezza del riposo». È conquesta preghiera che Papa Francesco ha inizia-to la celebrazione del mattino trasmessa instreaming dalla cappella di Casa Santa Marta.Avendo a accanto a sé, vicino all’altare, la sta-tua di san Giuseppe artigiano portata, perl’occasione, delle Acli (Associazioni cristianedei lavoratori italiani).

Per l’omelia il Papa ha preso spunto dalbrano tratto dal libro della Genesi (1, 26-2,3)— proposto dalla liturgia del giorno — che rac-conta la creazione dell’uomo a immagine e so-miglianza di Dio. «“E Dio creò” (cfr. 1, 27).Un Creatore. Creò il mondo, creò l’uomo e

diede una missione all’uomo: gestire, lavorare,portar avanti il creato» ha affermato. E pro-prio «la parola “l a v o ro ” è quella che usa laBibbia per descrivere questa attività di Dio:“Portò a compimento il lavoro che aveva fattoe cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro”(cfr. 2, 2), e consegna questa attività all’uomo:“Tu devi fare questo, custodire quello, quell’al-tro, tu devi lavorare per creare con me — è co-me se dicesse così — questo mondo, perché va-da avanti” (cfr. 2, 15.19-20)». È «a tal punto —ha detto il Pontefice — che il lavoro non è chela continuazione del lavoro di Dio: il lavoro

#santamarta

CO N T I N UA A PA G I N A 6

Accanto all’altare la statua di san GiuseppeC’è il profilo di ogni donna e di ogni uomo che lavora, o che è alle prese con lamancanza di occupazione, nei lineamenti della statua di san Giuseppe collocata accantoall’altare della cappella di Casa Santa Marta per la messa celebrata la mattina del 1°maggio. Per questa ragione, forse, non c’è nulla di più retoricamente sbagliatonell’affermare che la festa del 1° maggio 2020 si è celebrata senza folla. Quasi che ladignità del lavoro si misurasse a colpi di folla o fosse annullata dalle chiusure e dagliisolamenti per contenere la diffusione della pandemia da covid-19.Oltretutto quella statua di san Giuseppe “artigiano” rappresenta, creativamente, propriol’esperienza concreta dei lavoratori; “racconta” la loro storia: lo testimoniano quegliattrezzi “da fatica” che, guardando la statua, si contemplano tra le mani di Giuseppe.Così la statua, oggi più che mai, assume il valore molto più che simbolico di dignità, disperanza. Di rinascita.Per questo 1° maggio così particolare, Papa Francesco ha accolto la richiesta delle Acli(Associazioni cristiane lavoratori italiani) di portare in Vaticano la “storica” statua che sitrova all’ingresso della sede nazionale di palazzo Achille Grandi, in via Marcora a Roma,dopo essere stata anche nella parrocchia romana intitolata a Gesù Divino Lavoratore, apiazzale della Radio.Realizzata in bronzo dorato da Enrico Nell Breuning — è alta 135 centimetri — vennebenedetta a Milano, il 1° maggio 1956, dall’arcivescovo Giovanni Battista Montini. Evenne subito portata in elicottero in piazza San Pietro: un gesto che ispirò Fe d e r i c oFellini per la famosa scena del film La dolce vita. In Vaticano, il 2 maggio, la statua vennebenedetta da Pio XII che, un anno prima, aveva istituito la festa di san Giuseppededicandola ai lavoratori. In tempi più recenti, il 1° maggio 2005, la statua-simbolo delleAcli è stata portata in piazza San Pietro — per celebrare con Benedetto XVI il 60°anniversario di fondazione dell’associazione — e il 23 maggio 2015 nell’Aula Paolo VI p erl’udienza con Papa Francesco.Roberto Rossini, presidente delle Acli, ha espresso gratitudine a Francesco per averaccolto «la statua in occasione del 65° dell’istituzione della festa di san Giuseppelavoratore, voluta» da Papa Pacelli. Assicurando che gli appartenenti Acli hannopartecipato alla messa mattutina «dalle nostre case, insieme al Papa e a tutta la Chiesa,uniti in preghiera per il lavoro e per i lavoratori in un momento così delicato per ilnostro Paese». Insomma, i lavoratori cristiani ripartono anche da qui, dalla celebrazionedella messa del 1° maggio, con la consapevolezza che, afferma Rossini, il Papa «ciincoraggia a operare affinché nessun lavoratore sia senza diritti e il lavoro sia libero,creativo, partecipativo e solidale».

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umano è la vocazione dell’uomo ricevuta daDio alla fine della creazione dell’universo».

«Il lavoro è quello che rende l’uomo similea Dio — ha spiegato il Papa — perché con illavoro l’uomo è creatore, è capace di creare, dicreare tante cose; anche creare una famigliaper andare avanti». Dunque, ha insistito Fran-cesco, «l’uomo è un creatore e crea con il lavo-ro: questa è la vocazione». La Bibbia, ha fattonotare il Pontefice, «dice che “Dio vide quan-to aveva fatto ed ecco, era cosa molto buona”(cfr. 1, 31). Cioè, il lavoro ha dentro di sé unabontà e crea l’armonia delle cose — b ellezza,bontà — e coinvolge l’uomo in tutto: nel suopensiero, nel suo agire, tutto». Dunque «l’uo-mo è coinvolto nel lavorare. È la prima voca-zione dell’uomo: lavorare. E questo dà dignitàall’uomo. La dignità che lo fa assomigliare aDio. La dignità del lavoro». Una volta — haraccontato il Papa — «in una Caritas a un uo-mo che non aveva lavoro e andava per cercarequalcosa per la famiglia, un dipendente dellaCaritas ha dato qualcosa da mangiare e hadetto: “Almeno lei può portare il pane a casa”— “Ma a me non basta questo, non è sufficien-te”, è stata la risposta: “Io voglio guadagnareil pane per portarlo a casa”». A quell’uomo,ha rilanciato Francesco «mancava la dignità, ladignità di “f a re ” il pane lui, con il suo lavoro,e portarlo a casa». Gli mancava, insomma, «ladignità del lavoro, che è tanto calpestata, pur-troppo». E nella storia, ha affermato il Ponte-fice, «abbiamo letto le brutalità che facevanocon gli schiavi: li portavano dall’Africa inAmerica — penso a quella storia che tocca lamia terra — e noi diciamo: “Quanta barba-rie!”». In realtà, ha commentato il Papa, «an-che oggi ci sono tanti schiavi, tanti uomini edonne che non sono liberi di lavorare: sonocostretti a lavorare, per sopravvivere, niente dipiù». Essi «sono schiavi» costretti a «lavoriforzati, ingiusti, malpagati e che portano l’uo-mo a vivere con la dignità calpestata». E oggi«sono tanti, tanti nel mondo. Tanti. Nei gior-nali alcuni mesi fa — ha ricordato — abbiamoletto, in un Paese dell’Asia, come un signoreaveva ucciso a bastonate un suo dipendenteche guadagnava meno di mezzo dollaro algiorno, perché aveva fatto male una cosa».

«La schiavitù di oggi — ha ripetuto il Pon-tefice — è la nostra “in-dignità”, perché togliela dignità all’uomo, alla donna, a tutti noi.“No, io lavoro, io ho la mia dignità”. Sì, ma ituoi fratelli, no. “Sì, Padre, è vero, ma questo,siccome è tanto lontano, a me fa fatica capir-lo». Ma questo, ha messo in guardia il Papa, èun atteggiamento sbagliato perché le ingiusti-zie accadono «anche qui da noi». E del resto,basta pensare «ai lavoratori, ai giornalieri chetu fai lavorare per una retribuzione minima enon otto, ma dodici, quattordici ore al giorno:questo succede oggi, qui». Succede «in tutto ilmondo, ma anche qui». E ancora: «Pensa —ha insistito il Papa — alla domestica che nonha retribuzione giusta, che non ha assistenzasociale di sicurezza, che non ha capacità dipensione: questo non succede in Asia soltan-to». Accade «qui».

«Ogni ingiustizia che si compie su una per-sona che lavora — ha proseguito Francesco — ècalpestare la dignità umana, anche la dignitàdi quello che fa l’ingiustizia: si abbassa il livel-lo e si finisce in quella tensione di dittatore-schiavo». Invece, ha spiegato il Pontefice, «lavocazione che ci dà Dio è tanto bella: creare,ri-creare, lavorare. Ma questo — ha avvertito —si può fare quando le condizioni sono giuste esi rispetta la dignità della persona». Con que-sta consapevolezza il Pontefice ha rilanciato:«Oggi ci uniamo a tanti uomini e donne, cre-denti e non credenti, che commemorano laGiornata del lavoratore, la Giornata del lavo-ro, per coloro che lottano per avere una giusti-zia nel lavoro, per coloro — imprenditori bravi— che portano avanti il lavoro con giustizia,anche se loro ci perdono». A questo propositoha voluto condividere una confidenza: «Duemesi fa ho sentito al telefono un imprenditore,qui, in Italia, che mi chiedeva di pregare perlui perché non voleva licenziare nessuno e hadetto così: “Perché licenziare uno di loro è li-cenziare me”». E questa, ha aggiunto France-sco, è la «coscienza di tanti imprenditori buo-ni, che custodiscono i lavoratori come se fosse-ro figli: preghiamo pure per loro».

Concludendo l’omelia, il Pontefice, nell’in-dicare la statua, ha esortato a chiedere «a sanGiuseppe — con questa icona tanto bella, congli strumenti di lavoro in mano — che ci aiutia lottare per la dignità del lavoro, perché ci siail lavoro per tutti e che sia lavoro degno. Nonlavoro di schiavo»: questa «sia oggi la pre-ghiera». E con le parole del cardinale RafaelMerry del Val il Papa ha quindi invitato «lepersone che non possono fare la comunionesacramentale» a fare «adesso» la comunionespirituale.

#santamarta

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 5

Il lavoro in tempo di covid-19(Afp)

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SA B AT O 2Tutti i governanti siano uniti

per il bene del popoloAvendo sempre nel cuore «il bene del popo-lo» il vescovo di Roma sta rilanciando quoti-dianamente la sua preghiera perché in questotempo di «crisi sociale» causata dalla pande-mia non prevalgano paure e divisioni. E cosìall’inizio della messa delle 7 nella cappella diSanta Marta, ha esortato a pregare «per i go-vernanti che hanno la responsabilità di pren-dersi cura dei loro popoli in questi momentidi crisi: capi di Stato, presidenti di governo,legislatori, sindaci, presidenti di regioni». Uninvito alla preghiera, ha detto, «perché il Si-gnore li aiuti e dia loro forza, perché il loro la-voro non è facile. E che quando ci siano diffe-renze tra loro, capiscano che, nei momenti dicrisi, devono essere molto uniti per il bene del

«cose che si fanno in pace». Ma, ha ricordato,«ci sono dei tempi non di pace nella Chiesaprimitiva: tempi di persecuzioni, tempi diffici-li, tempi che mettono in crisi i credenti». E«un tempo di crisi è quello che ci racconta og-gi il Vangelo di Giovanni» ha notato il Ponte-fice facendo riferimento al brano (6, 60-69)proposto dalla liturgia. «Questo passo delVangelo — ha spiegato — è la fine di tutta unasequela che incominciò con la moltiplicazionedei pani, quando volevano fare re Gesù: Gesùva a pregare, loro il giorno dopo non lo trova-no, vanno a cercarlo e Gesù li rimprovera chelo cercano perché dia da mangiare e non perle parole di vita eterna». E, ha proseguito,«tutta quella storia finisce qui. Loro dicono:“Dacci di questo pane”, e Gesù spiega che ilpane che darà è il proprio corpo e il propriosangue». Scrive Giovanni: «In quel tempo,molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascolta-to, dissero: “Questa parola è dura! Chi puòascoltarla?”» (cfr. versetto 60). Gesù, infatti,ha ricordato il Papa, «aveva detto che chi nonavesse mangiato il suo corpo e il suo sanguenon avrebbe avuto la vita eterna». E «Gesùdiceva anche: “Se voi mangiate il mio corpo eil mio sangue, risusciterete nell’ultimo gior-no”» (cfr. versetto 54).

La reazione dei discepoli di fronte all’inse-gnamento di Gesù, ha detto Francesco, era:«“Questa parola è dura” (cfr. versetto 60),troppo dura. Qualcosa qui non funziona, que-st’uomo è andato oltre i limiti». E «questo èun momento di crisi». Perché «c’erano mo-menti di pace e momenti di crisi». E «Gesù —ha spiegato il Pontefice — sapeva “che i suoidiscepoli mormoravano”: qui c’è una distinzio-ne tra i discepoli e gli apostoli: i discepoli era-no quei 72 o più, gli apostoli erano i Dodici».Si legge nella pagina evangelica: «Gesù infattisapeva fin dal principio chi erano quelli chenon credevano e chi era colui che lo avrebbetradito» (cfr. versetto 64).

Il Signore, ha fatto presente Francesco, «da-vanti a questa crisi, ricorda loro: “Per questo viho detto che nessuno può venire a me, se nongli è concesso dal Padre”» (cfr. versetto 65). Ecosì «riprende a parlare di quell’essere attiratidal Padre: il Padre ci attira a Gesù». E «que-sto è come si risolve la crisi».

«Da quel momento molti dei suoi discepolitornarono indietro e non andavano più conlui» fa notare Giovanni nel Vangelo (cfr. ver-setto 66). In pratica, ha spiegato il vescovo diRoma, «presero le distanze: “Quest’uomo è unp o’ pericoloso, un po’... Ma queste dottrine...Sì, è un uomo buono, predica e guarisce, maquando arriva a queste cose strane... Per favo-re, andiamocene”» (cfr. versetto 66). Del resto,ha fatto notare Francesco, «lo stesso hannofatto i discepoli di Emmaus, la mattina dellarisurrezione: “Mah, sì, una cosa strana: le don-ne che dicono che il sepolcro... Ma questopuzza — dicevano — andiamocene presto per-ché verranno i soldati e ci crocifiggeranno”»(cfr. Luca 24, 22-24). E, ancora, ha aggiunto ilPontefice, «lo stesso hanno fatto i soldati checustodivano il sepolcro: avevano visto la veri-tà, ma poi hanno preferito vendere il loro se-

Madrugadores in Cile

#santamarta

CO N T I N UA A PA G I N A 8

Si alzano all’alba per pregare in un santuario mariano, in parrocchia o in una cappella.L’appuntamento è ogni due settimane, alle 7 del sabato. E questo 2 maggio, un sabatoper l’appunto, lo hanno fatto in comunione con Papa Francesco, che in una lettera inviataloro il 29 aprile aveva accolto la proposta di un “ponte spirituale” tra Casa Santa Marta ele oltre 300 comunità presenti in 16 Paesi: Portogallo, Spagna, Germania, Stati Uniti,Messico, Cuba, Costarica, Argentina, Portorico, Bolivia, Perú, Colombia, Ecuador,Nicaragua, El Salvador e Cile. «Sono molto contento della vostra perseveranzanell’incontro e nella preghiera» ha scritto di suo pugno Francesco, invitandoli ad andareavanti con la spiritualità delle «tre M — Messa, Mensa, Mondo/Missione» scelta comestile di azione e di apostolato. Si chiamano m a d r u g a d o re s , dalla parola spagnola madrugadache significa alba. Sono uomini di buona volontà, legati al movimento di Schoenstatt. Lemodalità di preghiera del mattino variano da gruppo a gruppo: alcuni partecipano allamessa, altri adorano il Santissimo Sacramento, altri recitano il rosario, altri ancora leggonotesti di preghiera e formazione. La preghiera termina con la colazione fraterna,sull’esempio di Cristo che sedeva a tavola con i discepoli. I madrugadores sono nati inCile, durante la benedizione del santuario di Schoenstatt a Rancagua nel 1989, quando ilmovimento celebrava i 40 anni di fondazione. Quindi si sono diffusi nei Paesi vicini e poihanno oltrepassato l’Oceano. La loro missione è alimentata dalla ricerca della santità nellavita quotidiana e si realizza nell’apostolato per trasformare cristianamente il mondo, comestrumenti di Maria.

La spiritualità delle “tre M”

popolo, perché l’unità è superiore al conflit-to». Per questa invocazione, ha confidato ilPapa, «oggi si uniscono a noi in preghiera 300gruppi di preghiera che si chiamano i “madru-g a d o re s ”, in spagnolo, cioè i mattinieri: quelliche si alzano presto per pregare, fanno una le-vataccia proprio, per la preghiera. Loro si uni-scono oggi, in questo momento, a noi». Fa-cendo riferimento alla liturgia, il Ponteficenell’omelia ha subito notato che «la prima let-tura inizia» con queste parole: «In quei giornila Chiesa era in pace per tutta la Giudea, laGalilea e la Samaria. Si consolidava e cammi-nava nel timore del Signore e, con il confortodello Spirito Santo, cresceva in numero» (At t idegli apostoli 9, 31-42).

Un «tempo di pace», dunque, «e la Chiesacresce. La Chiesa è tranquilla, ha il confortodello Spirito Santo, è in consolazione». In-somma sono «tempi belli. Poi segue la guari-gione di Enea, poi Pietro risuscita Gazzella,Tabità» e, ha fatto presente il Papa, sono tutte

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greto: “Stiamo sicuri: non ci mettiamo in que-ste storie, che sono pericolose”» (cfr. Ma t t e o28, 11-15). «Un momento di crisi — ha afferma-to il Papa — è un momento di scelta, è un mo-mento che ci mette davanti alle decisioni chedobbiamo prendere. Tutti, nella vita, abbiamoavuto e avremo momenti di crisi: crisi familia-ri, crisi matrimoniali, crisi sociali, crisi nel la-voro, tante crisi...». E «anche questa pandemiaè un momento di crisi sociale».

«Come reagire nel momento di crisi?» ha ri-lanciato Francesco, ripetendo le parole delVangelo di Giovanni: «Da quel momento mol-ti dei suoi discepoli tornarono indietro e nonandavano più con lui» (cfr. versetto 66). Edecco che «Gesù prende la decisione di interro-gare gli apostoli: “Disse allora Gesù ai Dodici:’Volete andarvene anche voi?’” (cfr. versetto67». Come a dire «prendete una decisione».E, riferisce Giovanni, «Pietro fa la secondaconfessione: “Gli rispose Simon Pietro: ‘Signo-re, da chi andremo? Tu hai parole di vita eter-na e abbiamo creduto e conosciuto che tu seiil Santo di Dio’” (cfr. versetti 68-69). Pietroconfessa, a nome dei Dodici, che Gesù è ilSanto di Dio, il Figlio di Dio».

«La prima confessione» di Pietro a Gesù è:«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo». E, haproseguito il Papa, «subito dopo, quando Ge-sù incominciò a spiegare la passione che sareb-be venuta, lui lo ferma: “No, no, Signore, que-sto no!”. Gesù lo rimprovera (cfr. Matteo 16,16-23). Ma Pietro è maturato un po’ e qui nonrimprovera. Non capisce quello che Gesù dice,questo “mangiare la carne, bere il sangue” ( c f r.Giovanni 6, 54-56), non capisce, ma si fida delMaestro. Si fida. E fa questa seconda confes-sione: “Ma da chi andremo, per favore, Tu haiparole di vita eterna”» (cfr. versetto 68). E«questo aiuta, tutti noi, a vivere i momenti dicrisi» ha insistito il Pontefice. «Nella mia terra— ha confidato — c’è un detto che dice:“Quando tu vai a cavallo e devi attraversareun fiume, per favore, non cambiare cavallo inmezzo al fiume”». In sostanza, significa che«nei momenti di crisi» è opportuno «esseremolto fermi nella convinzione della fede». Infin dei conti, ha spiegato, quei discepoli «chese ne sono andati “hanno cambiato cavallo”,hanno cercato un altro maestro che non fossecosì “d u ro ”, come dicevano a lui». Invece «nelmomento di crisi — ha proseguito Francesco —c’è la perseveranza, il silenzio; rimanere dovesiamo, fermi. Non è il momento di fare deicambiamenti. È il momento della fedeltà, dellafedeltà a Dio, della fedeltà alle decisioni chenoi abbiamo preso da prima. È anche il mo-mento della conversione perché questa fedeltàsì, ci ispirerà qualche cambiamento per il be-ne, non per allontanarci dal bene». Ci sono,perciò, sempre «momenti di pace e momentidi crisi» ha ripetuto il Pontefice. «Noi cristiani— ha suggerito — dobbiamo imparare a gestireambedue. Ambedue. Qualche padre spiritualedice che il momento di crisi è come passareper il fuoco per diventare forti». Ecco alloral’invocazione affinché «il Signore ci invii loSpirito Santo per saper resistere alle tentazioninei momenti di crisi, per sapere essere fedeli

alle prime parole, con la speranza di vivere do-po i momenti di pace». Da ultimo il Papa harivolto il pensiero «alle nostre crisi: le crisi difamiglia, le crisi del quartiere, le crisi nel lavo-ro, le crisi sociali del mondo, del Paese... Tan-te crisi, tante crisi». E ha concluso auspicando«che il Signore ci dia la forza — nei momentidi crisi — di non vendere la fede». E recitandola preghiera di sant’Alfonso Maria de’ Liguori,il vescovo di Roma ha infine invitato «le per-sone che non possono comunicarsi» a fare lacomunione spirituale.

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CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 7

DOMENICA 3Quando i pastori

danno la vita per il popoloOggi più che mai il popolo ha bisogno di«buoni pastori» — sacerdoti ma anche perso-nale sanitario — per affrontare la crisi socialecausata dalla pandemia. Domenica mattina, 3maggio — giorno dedicato al Buon Pastore e,significativamente, anche Giornata mondialedi preghiera per le vocazioni — nella cinquan-tesima celebrazione eucaristica trasmessa in di-retta streaming dalla cappella di Casa SantaMarta (la prima era stata il 9 marzo) il vesco-vo di Roma ha testimoniato con sempre mag-giore energia spirituale la sua vicinanza con-creta a tutti coloro che stanno soffrendo. Conun particolare ricordo dei tanti «buoni pasto-ri» che hanno dato la vita nel loro servizio.

«A tre settimane dalla Risurrezione del Si-gnore — ha detto il Papa, a braccio, all’iniziodella messa — la Chiesa oggi nella quarta do-menica di Pasqua celebra la domenica del

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Buon Pastore, Gesù Buon Pastore. Questo mifa pensare — ha confidato — a tanti pastori chenel mondo danno la vita per i fedeli, anche inquesta pandemia, tanti, più di 100 qui in Italiasono venuti a mancare. E penso anche ad altripastori — ha aggiunto Francesco — che curanoil bene della gente: i medici. Si parla dei me-dici, di quello che fanno, ma dobbiamo ren-derci conto che, soltanto in Italia, 154 medicisono venuti a mancare, in atto di servizio. Chel’esempio di questi pastori preti e “pastori me-dici” — ha auspicato nella preghiera — ci aiuti

a prendere cura del santo popolo fedele diD io».

Per la meditazione nell’omelia il Papa hapreso le mosse dal «passo di serenità» trattodalla prima Lettera dell’apostolo Pietro (2,20b-25), proposto dalla liturgia come secondalettura. Un brano, ha spiegato Francesco, che«parla di Gesù: “Egli portò i nostri peccati nelsuo corpo sul legno della croce, perché, nonvivendo più per il peccato, vivessimo per lagiustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti.Eravate erranti come pecore, ma ora siete statiricondotti al pastore e custode delle vostre ani-me”». Dunque, ha affermato il Pontefice,«Gesù è il pastore — così lo vede Pietro — cheviene a salvare, a salvare le pecore erranti: era-vamo noi». E «nel salmo 22 che abbiamo lettodopo questa lettura — ha fatto notare il Papa— abbiamo ripetuto: “Il Signore è il mio pa-store: non manco di nulla”» (cfr. versetto 1).Questa è «la presenza del Signore come pasto-re, come pastore del gregge».

«Gesù, nel capitolo 10 di Giovanni che ab-biamo letto — ha insistito Francesco facendoriferimento al brano del Vangelo proposto dal-

la liturgia (Giovanni 10, 1-10) — si presenta co-me il pastore. Anzi, non solo il pastore, ma la“p orta” per la quale si entra nel gregge (cfr.versetto 8). Tutti coloro che sono venuti e nonsono entrati per quella porta erano ladri e bri-ganti o volevano approfittarsi del gregge: i fin-ti pastori». E «nella storia della Chiesa — hariconosciuto il Pontefice — ci sono stati tantidi questi che sfruttavano il gregge. Non inte-ressava loro il gregge, ma soltanto far carrierao la politica o i soldi». Però, ha aggiunto, «ilgregge li conosce, sempre li ha conosciuti eandava cercando Dio per le sue strade».

«Quando c’è un buon pastore che portaavanti — ha affermato il Papa — c’è proprio ilgregge che va avanti». E «il pastore buonoascolta il gregge, guida il gregge, cura il greg-ge». Da parte sua, «il gregge sa distinguere frai pastori, non si sbaglia: il gregge si fida delbuon Pastore, si fida di Gesù». In realtà, haripetuto Francesco, «soltanto il pastore che as-somiglia a Gesù dà fiducia al gregge, perchéLui è la porta». Per questa ragione «lo stile diGesù deve essere lo stile del pastore, non cen’è un altro». Tenendo presente che «ancheGesù buon pastore, come dice Pietro nella pri-ma lettura, “patì per voi, lasciandovi un esem-pio, perché ne seguiate le orme: egli non com-mise peccato e non si trovò inganno sulla suabocca; insultato, non rispondeva con insulti,maltrattato, non minacciava vendetta” (cfr. pri-ma Lettera di Pietro 2, 21-23)». Gesù, dunque,«era mite».

«Uno dei segni del buon Pastore è la mitez-za» ha rilanciato il Pontefice. «Il buon pastoreè mite» e per questo «un pastore che non èmite non è un buon pastore» e «ha qualcosadi nascosto, perché la mitezza si fa vedere co-me è, senza difendersi. Anzi — ha spiegato ilPapa — il pastore è tenero, ha quella “t e n e re z -za della vicinanza”, conosce le pecore a una auna per nome e si prende cura di ognuna co-me se fosse l’unica, al punto che quando tornaa casa dopo una giornata di lavoro, stanco, siaccorge che gliene manca una, esce a lavorareun’altra volta per cercarla e, trovatola, la portacon sé, la porta sulle spalle» (cfr. Luca 15, 4-5)

«Questo è il buon pastore, questo è Gesù,questo è chi ci accompagna tutti nel camminodella vita» ha affermato Francesco, ricordandoche «quest’idea del pastore, quest’idea delgregge e delle pecore, è un’idea pasquale». Einfatti «la Chiesa nella prima settimana di Pa-squa canta quel bell’inno per i nuovi battezza-ti: “Questi sono gli agnelli novelli”, l’inno cheabbiamo sentito all’inizio della messa». Si trat-ta, ha detto il Pontefice, di «un’idea di comu-nità, di tenerezza, di bontà, di mitezza. È laChiesa che vuole Gesù e Lui custodisce questaChiesa».

Concludendo la sua meditazione il Papa haaffermato che «questa domenica è una dome-nica bella, è una domenica di pace, è una do-menica di tenerezza, di mitezza, perché il no-stro Pastore si prende cura di noi: “Il Signoreè il mio pastore: non manco di nulla”» (cfr.Salmo 22, 1). Ed è con la preghiera di sant’Al-fonso Maria de’ Liguori che Francesco haquindi invitato «le persone che non possonocomunicarsi» a fare la comunione spirituale.

Un prete per le stradedi Malaga, in Spanga (Ansa)

#santamarta

il Settimanale L’Osservatore Romanogiovedì 7 maggio 2020

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CRivolgo un pensiero speciale all’Asso ciazione“Meter”, promotrice della Giornata nazionale peri bambini vittime della violenza, dello sfrutta-mento e dell’indifferenza. Incoraggio i responsa-bili e gli operatori a proseguire la loro azione diprevenzione e di sensibilizzazione delle coscienzeal fianco delle varie agenzie educative. E ringra-zio i bambini dall’Associazione che mi hanno in-viato un collage con centinaia di margherite colo-rate da loro. Grazie!

Abbiamo da poco iniziato Maggio, mese ma-riano per eccellenza, durante il quale i fedeliamano visitare i Santuari dedicati alla Madonna.Quest’anno, a causa della situazione sanitaria, cirechiamo spiritualmente in questi luoghi di fedee di devozione, per deporre nel cuore della Ver-gine Santa le nostre preoccupazioni, le attese e iprogetti per il futuro.

E poiché la preghiera è un valore universale,ho accolto la proposta dell’Alto Comitato per laFratellanza Umana affinché il prossimo 14 mag-gio i credenti di tutte le religioni si uniscano spi-ritualmente in una giornata di preghiera e digiu-no e opere di carità, per implorare Dio di aiutarel’umanità a superare la pandemia di coronavirus.Ricordatevi: il 14 maggio, tutti i credenti insieme,credenti di diverse tradizioni, per pregare, digiu-nare e fare opere di carità.

Auguro a tutti una buona domenica. Per favo-re, non dimenticatevi di pregare per me. Buonpranzo e arrivederci.

ari fratelli e sorelle, buongiorno!La quarta domenica di Pasqua, che cele-briamo oggi, è dedicata a Gesù buon Pa-store. Il Vangelo dice: «Le pecore ascolta-no la sua voce: egli chiama le sue pecore,ciascuna per nome» (Gv 10, 3). Il Signoreci chiama per nome, ci chiama perché ciama. Però, dice ancora il Vangelo, ci sonoaltre voci, da non seguire: quelle di estra-nei, ladri e briganti che vogliono il maledelle pecore.

Queste diverse voci risuonano dentro dinoi. C’è la voce di Dio, che gentilmenteparla alla coscienza, e c’è la voce tentatri-ce che induce al male. Come fare a rico-noscere la voce del buon Pastore da quelladel ladro, come fare a distinguere l’ispira-zione di Dio dalla suggestione del mali-gno? Si può imparare a discernere questedue voci: esse infatti parlano due linguediverse, hanno cioè modi opposti per bus-sare al nostro cuore. Parlano lingue diver-se. Come noi sappiamo distinguere unalingua dall’altra, possiamo anche distin-guere la voce di Dio e la voce del mali-gno. La voce di Dio non obbliga mai: Diosi p ro p o n e , non si impone. Invece la vocecattiva seduce, assale, costringe: suscita il-lusioni abbaglianti, emozioni allettanti, mapasseggere. All’inizio blandisce, ci fa cre-dere che siamo onnipotenti, ma poi ci la-scia col vuoto dentro e ci accusa: “Tu nonvali niente”. La voce di Dio, invece, cicorregge, con tanta pazienza, ma sempreci incoraggia, ci consola: sempre alimentala speranza. La voce di Dio è una voceche ha un orizzonte, invece la voce delcattivo ti porta a un muro, ti porta all’an-golo.

Un’altra differenza. La voce del nemicodistoglie dal presente e vuole che ci con-centriamo sui timori del futuro o sulle tri-stezze del passato — il nemico non vuole ilpresente —: fa riaffiorare le amarezze, i ri-cordi dei torti subiti, di chi ci ha fatto delmale..., tanti ricordi brutti. Invece la vocedi Dio parla al presente: “Ora puoi faredel bene, ora puoi esercitare la creativitàdell’amore, ora puoi rinunciare ai rimpian-ti e ai rimorsi che tengono prigioniero iltuo cuore”. Ci anima, ci porta avanti, maparla al presente: ora.

Collaborazione internazionaleper le cure e i vaccini contro il covid-19

L’i n c o ra g g i a m e n t odel Pontefice

al Regina Caeli

#copertina

Ancora: le due voci suscitano in noi do-mande diverse. Quella che viene da Diosarà: “Che cosa mi fa bene?”. Invece iltentatore insisterà su un’altra domanda:“Che cosa mi va di fare?”. Che cosa miva: la voce cattiva ruota sempre attornoall’io, alle sue pulsioni, ai suoi bisogni, altutto e subito. È come i capricci dei bambi-ni: tutto e adesso. La voce di Dio, invece,non promette mai la gioia a basso prezzo:ci invita ad andare oltre il nostro io pertrovare il vero bene, la pace. Ricordiamo-ci: il male non dona mai pace, mette fre-nesia prima e lascia amarezza dopo. Que-sto è lo stile del male.

La voce di Dio e quella del tentatore,infine, parlano in “ambienti” diversi: il ne-mico predilige l’oscurità, la falsità, il pet-tegolezzo; il Signore ama la luce del sole,la verità, la trasparenza sincera. Il nemicoci dirà: “Chiuditi in te stesso, tanto nessu-no ti capisce e ti ascolta, non fidarti!”. Ilbene, al contrario, invita ad aprirsi, a esse-re limpidi e fiduciosi in Dio e negli altri.Cari fratelli e sorelle, in questo tempo tan-ti pensieri e preoccupazioni ci portano arientrare in noi stessi. Prestiamo attenzio-ne alle voci che giungono al nostro cuore.Chiediamoci da dove arrivano. Chiediamola grazia di riconoscere e seguire la vocedel buon Pastore, che ci fa uscire dai re-cinti dell’egoismo e ci conduce ai pascolidella vera libertà. La Madonna, Madre delbuon Consiglio, orienti e accompagni ilnostro discernimento.

Al termine della recita dell’antifona mariana,prima di affacciarsi dalla finestra perimpartire la benedizione su piazza San Pietro

Papa Francesco appoggia e incoraggia «lacollaborazione internazionale che si staattivando con varie iniziative... per trovarevaccini e trattamenti» contro il covid-19. Loha detto al termine del Regina Caeli recitatoa mezzogiorno del 3 maggio dalla Bibliotecaprivata del Palazzo apostolico vaticano, comefa settimanalmente da quando la pandemiaha reso necessarie misure di distanziamentosociale che vietano gli assembramenti. Inprecedenza, il Pontefice aveva commentato ilVangelo domenicale incentrato sulla figura delBuon pastore.

vuota, il Pontefice ha ricordato la Giornatamondiale di preghiera per le vocazioni, harinnovato vicinanza alle vittime del covid-19.

Cari fratelli e sorelle,

si celebra oggi la Giornata mondiale di pre-ghiera per le vocazioni. L’esistenza cristianaè tutta e sempre risposta alla chiamata diDio, in qualunque stato di vita. QuestaGiornata ci ricorda quello che disse ungiorno Gesù, cioè che il campo del Regnodi Dio richiede tanto lavoro, e bisognapregare il Padre perché mandi operai a la-vorare nel suo campo (cfr. Mt 9, 37-38).Sacerdozio e vita consacrata esigono co-raggio e perseveranza; e senza la preghieranon si va avanti su questa strada. Invitotutti a invocare dal Signore il dono dibuoni operai per il suo Regno, col cuore ele mani disponibili al suo amore.

Ancora una volta vorrei esprimere lamia vicinanza agli ammalati di covid-19, aquanti si dedicano alla loro cura a tutticoloro che, in qualsiasi modo, stanno sof-frendo per la pandemia. Desidero, nellostesso tempo, appoggiare e incoraggiare lacollaborazione internazionale che si sta at-tivando con varie iniziative, per risponde-re in modo adeguato ed efficace alla gravecrisi che stiamo vivendo. È importante, in-fatti, mettere insieme le capacità scientifi-che, in modo trasparente e disinteressato,per trovare vaccini e trattamenti e garanti-re l’accesso universale alle tecnologie es-senziali che permettano ad ogni personacontagiata, in ogni parte del mondo, di ri-cevere le necessarie cure sanitarie.

Proteggere i bambinidalle violenzeNei saluti rivolti al termine del Regina Caeli,il Pontefice ha anche elogiato l’associazione “Me t e r ”che difende i bambini dalle violenze, ha esortatoa compiere pellegrinaggi “spirituali” nei santuarimariani in questo mese di maggio e infine harilanciato la giornata di preghiera, digiuno e operedi misericordia proposta per il prossimo 14 maggiodall’Alto comitato per la Fratellanza umana.

L’Osservatore Romanogiovedì 7 maggio 2020il Settimanale

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LUNEDÌ 4Per la pace nelle famiglie

È stata «per le famiglie, in questo tempo diquarantena» a causa della pandemia da covid-19 la preghiera elevata da Papa Francescoall’inizio della messa del mattino. In una du-plice prospettiva: quella della «famiglia, chiusaa casa», che «cerca di fare tante cose nuove»,facendo ricorso a «tanta creatività con i bam-bini, con tutti, per andare avanti»; e anchequella «che alle volte» è segnata dalla «violen-za domestica». Da qui l’esortazione introdutti-va del Pontefice: «preghiamo per le famiglie,perché continuino in pace con creatività e pa-zienza, in questa quarantena». Successivamen-te, all’omelia, il vescovo di Roma ha come diconsueto commentato le letture del giorno, in-centrate sul tema dell’universalità del messag-gio cristiano. «Quando Pietro salì a Gerusa-lemme, i fedeli lo rimproveravano», ha esordi-to citando la prima, tratta dagli Atti degli apo-stoli (cfr 11, 1-8). Il motivo di tale rimprovero,ha spiegato Francesco, stava nel fatto che fosse«entrato in casa di uomini non circoncisi» eavesse «mangiato insieme con loro, con i pa-gani». Naturalmente, ha osservato, «questonon si poteva fare, era un peccato. La purezzadella legge non permetteva questo». Eppure

«Pietro lo aveva fatto perché era stato lo Spiri-to a portarlo lì» ha chiarito il Papa, rimarcan-do che «c’è sempre nella Chiesa — e nellaChiesa primitiva tanto, perché non era chiarala cosa — questo spirito di “noi siamo i giusti,gli altri i peccatori”. Questo “noi e gli altri”,“noi e gli altri”»: insomma, in una parola «ledivisioni: “Noi abbiamo proprio la posizionegiusta davanti a Dio, invece ci sono “gli al-tri”... Si dice anche: “Sono i condannati”,già». Ma purtroppo, è la denuncia del Ponte-fice, «questa è una malattia della Chiesa, unamalattia che nasce dalle ideologie o dai partitire l i g i o s i » .

In proposito il Papa ha individuato «al tem-po di Gesù, almeno quattro partiti religiosi: ilpartito dei farisei, il partito dei sadducei, ilpartito degli zeloti e il partito degli esseni, eognuno interpretava la legge secondo l’ideache ne aveva. E questa idea è una scuola “fuo-ri-legge” quando è un modo di pensare, disentire mondano che si fa interprete della leg-ge». Basti ricordare che «rimproveravano pure

a Gesù di entrare in casa dei pubblicani, cheerano peccatori, secondo loro»; e di «mangiarecon i peccatori, perché la purezza della leggenon lo permetteva» (cfr. Ma t t e o 9, 10-11). Persi-no lo accusavano che «non si lavava le maniprima del pranzo (cfr 15, 2.20). Sempre quelrimprovero — ha continuato Francesco — chefa divisione: questa è la cosa importante, cheio vorrei sottolineare». Infatti «ci sono delleidee, delle posizioni che fanno divisione, alpunto che è più importante la divisionedell’unità. È più importante la mia idea delloSpirito Santo che ci guida».

E ha citato come esempio «un cardinale“emerito” che abita qui in Vaticano, un bravopastore, e lui diceva ai suoi fedeli: “La Chiesaè come un fiume, sai? Alcuni sono più da que-sta parte, alcuni dall’altra parte, ma l’imp or-tante è che tutti siano dentro al fiume”». In-fatti, ha sottolineato Francesco, «questa èl’unità della Chiesa. Nessuno fuori, tutti den-tro. Poi, con le peculiarità: questo non divide,non è ideologia, è lecito. Ma perché la Chiesaha questa ampiezza di fiume? È perché il Si-gnore vuole così».

Soffermandosi quindi sul brano evangelicoappena proclamato (Giovanni 10, 11-18) il Papaha spiegato che «il Signore, nel Vangelo, ci di-ce: “Io ho altre pecore che non provengono daquesto recinto: anche quelle io devo guidare.Ascolteranno la mia voce e diventeranno unsolo gregge, un solo pastore” (10, 16). Il Si-gnore dice: “Ho delle pecore dappertutto e iosono pastore di tutti”». E, ha osservato in par-ticolare, «questo tutti in Gesù è molto impor-tante. Pensiamo alla parabola della festa dinozze (cfr Ma t t e o 22,1-10), quando gli invitatinon volevano andarci: uno perché aveva com-prato un campo, uno si era sposato..., ognunoha dato il suo motivo per non andare. E il pa-drone si è arrabbiato e ha detto: “Andate oraai crocicchi delle strade e tutti quelli che trove-rete, chiamateli alle nozze” (versetto 9). Tutti.Grandi e piccoli, ricchi e poveri, buoni e catti-vi. Tutti». Perché, ha rimarcato Francesco,«questo “tutti” è un po’ la visione del Signoreche è venuto per tutti ed è morto per tutti.“Ma è morto anche per quel disgraziato chemi ha reso la vita impossibile?”. È morto pureper lui. “E per quel brigante?”... È morto perlui. Per tutti. E anche per la gente che noncrede in Lui o è di altre religioni: per tutti èmorto. Questo non vuol dire che si deve fareproselitismo, no. Ma Lui è morto per tutti, hagiustificato tutti».

E su questo aspetto Francesco ha confidatoun ricordo personale. «Qui a Roma c’era unasignora, una brava donna, una professoressa,la professoressa [Maria Grazia] Mara, chequando era in difficoltà per tante cose, e c’era-no dei partiti, diceva: “Ma Cristo è morto pertutti: andiamo avanti!”. Quella capacità co-struttiva. Abbiamo un solo Redentore, una so-la unità: Cristo è morto per tutti». Il riferi-mento è alla donna morta alla fine del 2019all’età di 96 anni, che il Papa omaggiò recan-dosi nella chiesa di San Giuseppe a via No-mentana per partecipare ai suoi funerali.Esperta di patristica e autrice di libri sulle fi-gure principali della storia del cristianesimodei primi secoli e catechista coi bambini finoagli ultimi istanti di vita, la professoressa Maraaveva ricevuto anche una visita a sorpresa dalPontefice presso la propria abitazione nel lu-glio 2018.

Al contrario «invece la tentazione» dellabandiera, del partito, dell’ideologia, dell’ap-partenenza, dell’esclusione di chi la pensa in

Festa di compleannoin una famiglia irachena

nei giorni del coronavirus

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modo diverso «anche Paolo l’ha sofferta: “Iosono di Paolo, io sono di Apollo, io sono diquesto, io sono dell’a l t ro . . . ”» (cfr. 1 Corinzi 3,1-9), ha constatato il Papa con amarezza, pri-ma di indicare un caso ben più recente: «pen-siamo a noi, cinquant’anni fa, al dopo-Conci-lio: le divisioni che ha sofferto la Chiesa. “Iosono di questa parte, io la penso così, tu co-sì...”. Sì, è lecito pensarla così, ma nell’unitàdella Chiesa, sotto il Pastore Gesù».

Dunque, ricapitolando il Papa ha messo inluce «due cose: il rimprovero degli apostoli aPietro, perché era entrato nella casa dei paga-ni»; e «Gesù che dice: “Io sono pastore di tut-ti”. Io sono pastore di tutti». E che aggiunge:«“Io ho altre pecore che non provengono daquesto recinto. Io devo guidare anche loro.Ascolteranno la mia voce e diventeranno unsolo gregge”» (cfr Giovanni 10, 16). Si tratta,ha proseguito, della «preghiera per l’unità ditutti gli uomini; perché tutti, uomini e donne,tutti abbiamo un unico Pastore: Gesù». Daqui l’invocazione al Signore affinché «ci liberida quella psicologia della divisione, di divide-re, e ci aiuti a vedere questo di Gesù, questacosa grande di Gesù, che in Lui siamo tuttifratelli e Lui è il Pastore di tutti»; e «quellaparola, oggi: tutti, tutti, che ci accompagni du-rante la giornata».

È con la preghiera del cardinale RafaelMerry del Val che Francesco ha quindi invita-to «le persone che non possono comunicarsi»a fare la comunione spirituale.

MARTEDÌ 5Per le persone morte

senza una carezza né un funerale«Preghiamo oggi per i defunti che sono mortiper la pandemia. Sono morti da soli, sonomorti senza la carezza dei loro cari, tanti nep-pure con il funerale. Il Signore li accolga nellagloria». È con questa intenzione che il vescovodi Roma ha iniziato martedì mattina, 5 mag-gio, la celebrazione della messa — trasmessa indiretta streaming — nella cappella di CasaSanta Marta.

Per la meditazione nell’omelia il vescovo diRoma ha preso spunto dal passo del Vangelodi Giovanni (10, 22-30) proposto dalla liturgia.«Gesù era nel tempio, era vicina la festa dellaDedicazione» ha fatto presente. E «anche igiudei, in quel tempo, “gli si fecero attorno egli dicevano: ‘Fino a quando ci terrai nell’in-certezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi aperta-mente’”(cfr. versetto 24)».

In realtà queste persone «facevano perderela pazienza» e il Papa ha fatto notare «conquanta mitezza “Gesù rispose loro: ‘Ve l’hodetto e non credete’”» (cfr. versetto 25). Peròquelli «continuavano a dire: “Ma sei tu? Seitu?” — “Sì, l’ho detto, ma non credete!”». Gio-vanni riporta le parole di Gesù: «Ma voi noncredete perché non fate parte delle mie peco-re» (cfr. versetto 26).

Questa affermazione, ha rilanciato France-sco, «forse, ci suscita un dubbio: io credo efaccio parte delle pecore di Gesù; ma se Gesùci dicesse: “Voi non potete credere perché nonfate parte”, c’è una fede previa, all’i n c o n t rocon Gesù? Qual è questo fare parte della fededi Gesù? Cosa è quello che mi ferma davantialla porta che è Gesù?».

«Ci sono degli atteggiamenti previ alla con-fessione di Gesù» ha spiegato ancora il Ponte-

fice, precisando: «anche per noi, che siamo nelgregge di Gesù». In sostanza, ha affermato,«sono come “antipatie previe”, che non ci la-sciano andare avanti nella conoscenza del Si-gnore». E «la prima di tutte sono le ricchezze».Infatti, ha affermato il Papa, «anche tanti dinoi, che siamo entrati dalla porta del Signore,poi ci fermiamo e non andiamo avanti perchésiamo imprigionati nelle ricchezze».

«Il Signore è stato duro con le ricchezze, èstato molto duro, molto duro» ha ribaditoFrancesco. «Al punto di dire — ha ricordato —che era più facile che un cammello passasseper la cruna di un ago che un ricco nel regnodei cieli (cfr. Matteo 19, 24). È duro, questo».

«Le ricchezze sono un impedimento per an-dare avanti» ha insistito il Pontefice. «Ma — siè chiesto — dobbiamo cadere nel pauperismo?No. Ma non essere schiavi delle ricchezze, nonvivere per le ricchezze, perché le ricchezze so-no un signore, sono il signore di questo mon-do e non possiamo servire due signori (cfr.Luca 16, 13)». Consapevoli che «le ricchezze cifermano».

«Un’altra cosa che impedisce di andareavanti nella conoscenza di Gesù, nell’apparte-nenza di Gesù, è la rigidità: la rigidità di cuo-re» ha spiegato il Papa. E «anche la rigiditànell’interpretazione della Legge» ha fatto pre-sente, ricordando che «Gesù rimprovera i fari-sei, i dottori della Legge per questa rigidità(cfr. Matteo 23, 1-36)».

Questa rigidità, ha messo in guardia France-sco, «non è fedeltà: la fedeltà è sempre un do-no a Dio; la rigidità è una sicurezza per mestesso». E a questo proposito ha voluto condi-videre una confidenza: «Ricordo una volta cheentravo in parrocchia e una signora — unabuona signora — mi si avvicinò e disse: “Pa d re ,un consiglio...” — “D ica” — “La settimanascorsa, sabato, non ieri, l’altro sabato, siamoandati in famiglia a un matrimonio: era con lamessa. Era sabato pomeriggio, e abbiamo pen-sato che con questa messa avevamo compiutoil precetto domenicale. Ma poi, tornando a ca-sa, ho pensato che le letture di quella messanon erano quelle della domenica. E così misono accorta che sono in peccato mortale, per-ché la domenica non sono andata perché sonoandata sabato, ma a una messa che non era ve-ra , perché le letture non erano v e re ”».

Nelle parole della donna «che appartenevaa un movimento ecclesiale», ha fatto notare il

Sepolture di massa a causadella pandemia (Reuters)

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Pontefice, c’è proprio «quella rigidità» che «ciallontana dalla saggezza di Gesù, dalla bellez-za di Gesù; ti toglie la libertà». E «tanti pa-stori fanno crescere questa rigidità nelle animedei fedeli; e questa rigidità non ci fa entraredalla porta di Gesù (cfr. Giovanni 10, 7)». In-somma, ha detto ancora il Papa, «è più impor-tante osservare la legge come è scritta o comeio la interpreto, piuttosto che la libertà di an-dare avanti seguendo Gesù».

«Un’altra cosa che non ci lascia andareavanti nella conoscenza di Gesù è l’accidia» haproseguito il Papa. Si tratta proprio di «quellastanchezza». E ha invitato a pensare a un’altrapagina evangelica, «a quell’uomo della pisci-na: 38 anni lì (cfr. Giovanni 5, 1-9)». L’accidia,ha spiegato Francesco, «ci toglie la volontà diandare avanti e tutto è “sì, ma... no, adessono, no, ma...”, che ti porta al tepore e ti fa tie-pido». In questo modo «l’accidia è un’altracosa che ci impedisce di andare avanti». E, an-cora, «un’altra che è abbastanza brutta è l’at-teggiamento clericalista» ha affermato il Ponte-fice. «Il clericalismo si mette al posto di Ge-sù. Dice: “No, questo dev’essere così, così, co-sì...” — “Ma, il Maestro...” — “Lascia stare ilMaestro: questo è così, così, così, e se non faicosì, così, così tu non puoi entrare”». Questo

è «un clericalismo che toglie la libertà dellafede dei credenti» ha fatto notare il Papa. Ed«è una malattia, questa, brutta, nella Chiesa:l’atteggiamento “clericalista”».

«Poi — ha aggiunto Francesco — un’altracosa che ci impedisce di andare avanti, di en-trare per conoscere Gesù e confessare Gesù, èlo spirito mondano». Cioè «quando l’osservanzadella fede, la pratica della fede finisce in mon-danità. E tutto è mondano». In proposito ilPapa ha indicato l’esempio della «celebrazionedi alcuni sacramenti in alcune parrocchie:quanta mondanità c’è lì!». Tanto che «non sicapisce bene la grazia della presenza di Ge-sù». E «queste sono le cose che ci impedisco-

no di fare parte delle pecore di Gesù» ha ri-lanciato il Pontefice, ricordando che «siamo“p ecore”» alla sequela «di tutte queste cose:delle ricchezze, dell’accidia, della rigidità, del-la mondanità, del clericalismo, di modalità, diideologie, di forme di vita». E così «manca lalibertà. E non si può seguire Gesù senza liber-tà. “Ma alle volte la libertà va oltre e uno sci-vola”. Sì, è vero. È vero. Possiamo scivolareandando in libertà». Ma, ha spiegato il Papa,«peggio è scivolare prima di andare, con que-ste cose che impediscono di incominciare ada n d a re » .

Concludendo l’omelia il Papa ha pregatoperché «il Signore ci illumini per vedere, den-tro di noi, se c’è la libertà di passare per laporta che è Gesù e andare oltre Gesù per di-ventare gregge, per diventare pecore del suogregge». E con la preghiera di sant’AlfonsoMaria de’ Liguori ha quindi invitato «le per-sone che non si comunicano» a fare la comu-nione spirituale.

MERCOLEDÌ 6I mass media trasmettano la verità

«Preghiamo oggi per gli uomini e le donneche lavorano nei mezzi di comunicazione. Inquesto tempo di pandemia rischiano tanto e illavoro è tanto. Che il Signore li aiuti in questolavoro di trasmissione, sempre, della verità». Ècon questa preghiera che Papa Francesco hainiziato la celebrazione del mattino — trasmes-sa in diretta streaming — nella cappella di Ca-sa Santa Marta.

Il passo del Vangelo di Giovanni (12, 44-50), proposto dalla liturgia del giorno, «ci favedere — ha affermato il vescovo di Romanell’omelia — l’intimità che c’era tra Gesù e ilPadre. Gesù faceva quello che il Padre gli di-ceva di fare. E per questo dice: “Chi crede inme non crede in me, ma in Colui che mi hamandato”» (cfr. versetto 44). Poi Gesù, haproseguito il Pontefice, «precisa la sua missio-ne: “Io sono venuto nel mondo come luce,perché chiunque crede in me non rimanga nel-le tenebre”» (cfr. versetto 46). Gesù, dunque,«si presenta come luce» ha spiegato il Papa. Einfatti «la missione di Gesù è illuminare: la lu-ce». Tanto che «lui stesso ha detto: “Io sonola luce del mondo”» (cfr. Giovanni 8, 12).

«Il profeta Isaia — ha affermato Francesco— aveva profetizzato questa luce: “Il popoloche camminava nelle tenebre ha visto unagrande luce”» (9, 1). È «la promessa della luceche illuminerà il popolo». Ma «anche la mis-sione degli apostoli è portare la luce». E«Paolo lo disse al re Agrippa: “Sono statoeletto per illuminare, per portare questa luce —che non è mia, è di un altro — ma per portarela luce”» (cfr. Atti degli apostoli 26, 18). È la«missione di Gesù: portare la luce» ha insisti-to il Pontefice. E «la missione degli apostoli èportare la luce di Gesù. “I l l u m i n a re ”. Perché ilmondo era nelle tenebre».

«Ma il dramma della luce di Gesù è che èstata respinta» ha ripreso il Papa. «Già all’ini-zio del Vangelo — ha osservato — Giovanni lodice chiaramente: “È venuto dai suoi e i suoinon lo accolsero. Amavano più le tenebre chela luce”» (cfr. Giovanni 1, 9-11). Il problema,ha aggiunto Francesco, è proprio «abituarsi al-le tenebre, vivere nelle tenebre: non sanno ac-cettare la luce, non possono; sono schiavi delletenebre». E «questa sarà la lotta di Gesù, con-tinua: illuminare, portare la luce che fa vedere

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CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 13

Edvard Munch, «Malinconia»(1894)

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le cose come stanno, come sono; fa vedere lalibertà, fa vedere la verità, fa vedere il cammi-no su cui andare, con la luce di Gesù».

«Paolo ha avuto questa esperienza del pas-saggio dalle tenebre alla luce — ha rilanciato ilPontefice — quando il Signore lo incontrò sul-la strada di Damasco. È rimasto accecato. Cie-co. La luce del Signore lo accecò». E «poi,passati alcuni giorni, con il battesimo, riebbela luce» (cfr. Atti degli apostoli 9, 1-19). Paolodunque, ha spiegato il Papa, «ha avuto questaesperienza del passaggio dalle tenebre, nellequali era, alla luce». Ma questo, ha fatto nota-re, «è anche il nostro passaggio, che sacramen-talmente abbiamo ricevuto nel battesimo: perquesto il battesimo si chiamava, nei primi se-coli, “la Illuminazione” (cfr. San Giustino,Ap o l o g i a , I, 61, 12), perché ti dava la luce, ti“faceva entrare”». E «per questo — ha fattopresente — nella cerimonia del battesimo dia-mo un cero acceso, una candela accesa al papàe alla mamma, perché il bambino, la bambinaè illuminato, è illuminata». Perché «Gesù por-ta la luce». Invece «il popolo, la gente, il suopopolo l’ha respinto» ha affermato il Pontefi-ce. Quel popolo «è tanto abituato alle tenebreche la luce lo abbaglia, non sa andare...» (cfr.Giovanni 1,10-11). E questo è «il dramma delnostro peccato: il peccato ci acceca e non pos-siamo tollerare la luce. Abbiamo gli occhi am-malati». Gesù, ha spiegato il Papa, «lo dicechiaramente nel Vangelo di Matteo: “Se il tuoocchio è ammalato, tutto il tuo corpo sarà am-malato. Se il tuo occhio vede soltanto le tene-bre, quante tenebre ci saranno dentro di te?”»(cfr. 6, 22-23). Già, «le tenebre... la conversio-ne è passare dalle tenebre alla luce» ha dettoancora Francesco. «Ma — si è chiesto — qualisono le cose che ammalano gli occhi, gli occhi

della fede? I nostri occhi sono malati: qualisono le cose che “li tirano giù”, che li acceca-no?». Sono «i “vizi”, lo “spirito mondano”, la“sup erbia”».

Giornaliste al lavoro (Afp)

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«Mi ha fatto molto piacere vedere e ascoltare il Santo Padre oggi pregare per gli uomini ele donne che lavorano nei mezzi di comunicazione». Patricia Thomas, presidente dellaAssociazione Stampa Estera in Italia, è rimasta molto colpita dall’intenzione di preghieracon cui il Papa ha iniziato la messa da Casa Santa Marta. In particolare, sottolinea laThomas, il Papa ha riconosciuto l’impegno di chi come giornalista lavora “in questotempo di pandemia” perché, ha detto, “rischiano tanto e il lavoro è tanto” ed è così:«dall’inizio della crisi stiamo lavorando tantissimo e molti di noi stanno rischiando molto,anche la vita stessa, recandosi nei luoghi dove è più forte la crisi sanitaria, negli ospedali;il rischio e la fatica sono molto alti. Sentire quindi che il Papa ha avuto questa intenzioneper il nostro lavoro mi è suonato come un riconoscimento importante, prezioso».È scattato subito un riferimento a un episodio di tanti anni fa, quando Giovanni Paolo IIfu ricoverato all’Ospedale Gemelli. «Ricordo quel giorno che Wo j t y ła ringraziò noigiornalisti. Erano tempi diversi, noi eravamo tutti là fuori dal Gemelli con le telecamerepuntate sulla finestra della stanza dov’era il Papa, però ricordo che per me fu un sollievosentire quelle parole di ringraziamento. Confesso che mi sentivo un po’ come un avvoltoioa stare là sotto; e allora quando il Papa parlò così mi dissi che non stavo facendo unacosa inutile o peggio. Così oggi, noi stiamo seguendo questo dramma della pandemia emi viene a volte il dubbio che stiamo esagerando, aumentando la paura tra la gente, eallora queste parole del Papa mi suonano come un incoraggiamento, di cui sono grata».Il Papa ricorda però ai giornalisti anche la loro responsabilità, la sua preghiera dice infatti“Che il Signore li aiuti in questo lavoro di trasmissione, sempre, della verità”. «Mivengono in mente», osserva la Thomas, «le ultime tensioni tra Usa e Cina che rivelanoquesto desiderio di cercare il colpevole a ogni costo. Questo virus invece colpisce tutti,non conosce frontiere né dogane. Per noi la verità è il criterio fondamentale, è il segnoche dice la qualità del nostro lavoro, la misura della nostra responsabilità, dobbiamotenerlo a mente, sempre».

A. M

Per Patricia Thomas, presidente della Associazione Stampa Estera in Italia

Dal Papa un riconoscimentoimportante e prezioso

«I vizi che “ti tirano giù” e anche, questetre cose — i vizi, la superbia, lo spirito monda-no — ti portano a fare società con gli altri perrimanere sicuri nelle tenebre» ha affermato ilPontefice. Aggiungendo senza mezzi termini:«Noi parliamo spesso delle mafie: è questo.Ma ci sono delle “mafie spirituali”, ci sonodelle “mafie domestiche”, sempre, cercarequalcun altro per coprirsi e rimanere nelle te-nebre». Perché, ha proseguito il vescovo diRoma, «non è facile vivere nella luce. La luceci fa vedere tante cose brutte dentro di noi chenoi non vogliamo vedere: i vizi, i peccati...».In questa prospettiva il Papa ha invitato apensare «ai nostri vizi, alla nostra superbia, alnostro spirito mondano: queste cose ci acceca-no, ci allontanano dalla luce di Gesù».

«Ma se noi iniziamo a pensare queste cose— ha suggerito il Papa — non troveremo unmuro, no: troveremo un’uscita, perché Gesùstesso dice che Lui è la luce, e anche: “Sonovenuto al mondo non per condannare il mon-do, ma per salvare il mondo”» (cfr. Giovanni12, 46-47). E «Gesù stesso, la luce, dice: “Abbicoraggio: lasciati illuminare, lasciati vedere perquello che hai dentro, perché sono io a portar-ti avanti, a salvarti. Io non ti condanno. Io tisalvo”» (cfr. versetto 47). Dunque, ha assicura-to Francesco, «il Signore ci salva dalle tenebreche noi abbiamo dentro, dalle tenebre della vi-ta quotidiana, della vita sociale, della vita poli-tica, della vita nazionale, internazionale... Tan-te tenebre ci sono, dentro». E «il Signore cisalva. Ma ci chiede di “vederle”, prima; avereil coraggio di vedere le nostre tenebre perchéla luce del Signore entri e ci salvi».

Concludendo la sua meditazione, il Pontefi-ce ha esortato a non aver «paura del Signore:è molto buono, è mite, è vicino a noi. È venu-to per salvarci. Non abbiamo paura della lucedi Gesù». Infine, con la preghiera di sant’Al-fonso Maria de’ Liguori il Papa ha invitato «lepersone che non possono comunicarsi» a farela comunione spirituale.

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GIOVEDÌ 30 APRILE

«Di così zelante uomo di cultura e di fede, ri-cordo l’integra fedeltà a Cristo e al Vangelo,congiunta al generoso impegno nell’e s e rc i t a recon spirito di servizio il proprio ufficio per ilbene della Chiesa, nonché la sua dedizione aipiù sofferenti». Lo ha scritto il Papa all’indo-mani della morte — avvenuta nelle primissimeore del 29 aprile — di Fra’ Giacomo Dalla Tor-re del Tempio di Sanguinetto, Gran maestrodel Sovrano militare ordine di Malta. In untelegramma inviato al Luogotenente “ad inte-rim”, Francesco esprime il proprio cordoglio«all’intero Ordine» elevando «preghiere disuffragio» e invocando «per la sua anima, dal-la divina bontà, la pace eterna». Da sempreimpegnato nell’assistenza dei bisognosi, ser-

vendo personalmente i pasti ai senzatetto nellestazioni ferroviarie romane di Termini e Tibur-tina, Dalla Torre aveva partecipato anche a di-versi pellegrinaggi dello Smom a Lourdes, Lo-reto e ad Assisi, e ai campi estivi internazionaliper giovani disabili.

D OMENICA 3 MAGGIOUn nuovo mantello è stato benedetto e col-

locato sulla statua della della Vergine di Lu-ján, in Argentina, in vista della festa dell’8maggio, che a causa dell’emergenza per il co-vid-19 sarà seguita dai fedeli solo attraverso imezzi di comunicazione sociale. Alle 19 l’a rc i -vescovo di Mercedes-Luján, monsignor JorgeEduardo Scheinig, presiederà la messa e latanto partecipata p e re g r i n a t i o della statua dellapatrona d’Argentina sarà solo “virtuale”.Nell’annunciare questa novità, il presule ha re-so noto una lettera autografa che il Papa avevainviato il 28 aprile, annunciando l’intenzionedi unirsi come «pellegrino spirituale e virtua-le» alle celebrazioni. «La guarderò ancora unavolta, mi lascerò guardare da lei» scrive il

Nella crisi attuale abbiamo bisogno di un giornalismo liberoal servizio di tutte le persone, specialmente di quelle che non hanno

voce; un giornalismo che si impegni nella ricerca della verità e apravie di comunione e di pace. #WPFD2020

(@Pontifex_it, 3 maggio)”Pontefice riferendosi alla Vergine. «Quellosguardo di Madre — aggiunge — che ti rinno-va, si prende cura di te, ti dà forza». Il Papasottolinea che sarà «insieme al santo popolofedele di Dio, che la ama tanto, popolo fedelee peccatore come me». L’8 maggio, spiega,«tutti insieme, le diremo le nostre preoccupa-zioni e le nostre gioie», chiedendole «di pren-dersi cura di noi» e invocando «la grazia dichiedere sempre perdono, di non stancarci dichiedere perdono», perché «suo Figlio non sistanca di perdonare». E conclude con le paro-le di Amelio Luis Calori, «grande sacerdotedella mia precedente diocesi»: «Questa sera,Signora, la promessa è sincera. Ma, per ognievenienza, non dimenticarti di lasciare la chia-ve fuori» (nella foto in basso: il Papa davantialla statua mariana conservata nella Bibliotecaprivata del Palazzo apostolico).

MERCOLEDÌ 5«Non sono sacerdoti “in seconda”» — cioè

nel linguaggio dei marinai vicari del coman-dante di un’imbarcazione con funzioni di sup-plenza — ma a pieno titolo «fanno parte delclero»: sono i diaconi, cui Francesco ha dedi-cato l’intenzione per il mese di maggio affida-ta alla rete mondiale di preghiera del Papa.Diffusa attraverso il video postato sul sitowww.thepopevideo.org l’invocazione del Pon-tefice è «affinché i diaconi, fedeli al serviziodella Parola e dei poveri, siano un segno vivi-ficante per tutta la Chiesa». E mentre sulloschermo scorrono le immagini della loro mis-sione (a sinistra un fotogramma del filmato),Francesco ricorda che questi uomini «vivonola loro vocazione in famiglia e con la fami-glia», dedicandosi al contempo «al serviziodei poveri che portano in sé il volto di Cristosofferente». Nelle chiese, sull’altare o in sagre-stia; nell’ambiente domestico, nelle carceri onelle corsie di ospedale; per le strade e nellestazioni, in soccorso dei senzatetto; i diaconi —ha concluso il Papa — «sono i guardiani delservizio nella Chiesa».

#7giorniconilpapa

Il 1° maggio il SantoPadre ha promossoall’Ordine dei Vescoviil cardinale BeniaminoStella, Prefetto dellaCongregazione per il clero,assegnandogli il titolodella Chiesa Suburbicariadi Porto - Santa Rufina.Nella stessa data hadisposto che fosse resopubblico di aver deciso,nell’udienza concessaal sostituto della Segreteriadi Stato il 14 aprile,di cooptare nell’O rd i n edei Vescovi, equiparandoloin tutto ai Cardinaliinsigniti del titolo di unaChiesa suburbicaria,in deroga ai canoni 350§§ 1-2 e 352 §§ 2-3 CIC,il cardinale Luis AntonioG. Tagle, del titolo di SanFelice da Cantalicea Centocelle, Prefettodella Congregazioneper l’evangelizzazionedei popoli.

P ro m u l g a z i o n edi decreti

Il 5 maggio Papa Francescoha ricevuto in udienza ilcardinale Angelo Becciu,prefetto dellaCongregazione delle causedei santi, autorizzando ildicastero a promulgare idecreti riguardanti:

— le virtù eroiche del servodi Dio Francesco Caruso,sacerdote dell’arcidiocesi diCatanzaro-Squillace; nato aGasperina (Italia) il 7dicembre 1879 e ivi morto il18 ottobre 1951;

— le virtù eroiche del servodi Dio Carmelo De Palma,sacerdote dell’arcidiocesi diBari-Bitonto; nato a Bari(Italia) il 27 gennaio 1876 eivi morto il 24 agosto 1961;

— le virtù eroiche del servodi Dio FrancescoBarrecheguren Montagut,sacerdote professo dellacongregazione delSantissimo Redentore; natoa Lérida (Spagna) il 21agosto 1881 e morto aGranada (Spagna) il 7ottobre 1957;

— le virtù eroiche della servadi Dio Maria de laConcepción Barrechegureny García, laica; nata aGranada (Spagna) il 27novembre 1905 e ivi morta il13 maggio 1927;

— le virtù eroiche del servodi Dio Matteo Farina, laico;nato ad Avellino (Italia) il19 settembre 1990 e morto aBrindisi (Italia) il 24 aprile2009.

Rinviate cinqueb eatificazioni

«A motivo del protrarsidella situazione di pandemiae delle necessarie misureprudenziali da tenereriguardo a cerimoniereligiose che prevedano lapresenza di numerosi fedeli,su richiesta degli stessivescovi interessati, sonorinviate a data da definirsile beatificazioni che eranostate fissate per i prossimimesi». Lo rende noto laCongregazione delle causedei santi.

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!Oggi iniziamo un nuovo ciclo di catechesi sultema della p re g h i e ra . La preghiera è il respirodella fede, è la sua espressione più propria.Come un grido che esce dal cuore di chi credee si affida a Dio.

Pensiamo alla storia di Bartimeo, un perso-naggio del Vangelo (cfr. Mc 10, 46-52 e par.) e,vi confesso, per me il più simpatico di tutti.Era cieco, stava seduto a mendicare sul bordodella strada alla periferia della sua città, Geri-co. Non è un personaggio anonimo, ha unvolto, un nome: Bartimeo, cioè “figlio di Ti-meo”. Un giorno sente dire che Gesù sarebbepassato di là. In effetti, Gerico era un croceviadi gente, continuamente attraversata da pelle-grini e mercanti. Allora Bartimeo si apposta:avrebbe fatto tutto il possibile per incontrareGesù. Tanta gente faceva lo stesso: ricordiamoZaccheo, che salì sull’albero. Tanti volevanovedere Gesù, anche lui.

Gesù, abbi pietà di me!» (v. 47). E così conti-nua, gridando.

Le sue urla ripetute danno fastidio, nonsembrano educate, e molti lo rimproverano, glidicono di tacere: “Ma sii educato, non fare co-sì!”. Ma Bartimeo non tace, anzi, grida ancorapiù forte: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietàdi me!» (v. 47). Quella testardaggine tantobella di coloro che cercano una grazia e bussa-no, bussano alla porta del cuore di Dio. Luigrida, bussa. Quella espressione: “Figlio diD avide”, è molto importante; vuol dire “ilMessia” — confessa il Messia —, è una profes-sione di fede che esce dalla bocca di quell’uo-mo disprezzato da tutti.

E Gesù ascolta il suo grido. La preghiera diBartimeo tocca il suo cuore, il cuore di Dio, esi aprono per lui le porte della salvezza. Gesùlo fa chiamare. Lui balza in piedi e quelli cheprima gli dicevano di tacere, ora lo conduconodal Maestro. Gesù gli parla, gli chiede di

fondamento della preghiera» (Catechismo dellaChiesa Cattolica, 2559). La preghiera nasce dal-la terra, dall’humus — da cui deriva “umile”,“umiltà” —; viene dal nostro stato di precarie-tà, dalla nostra continua sete di Dio (cfr. ibid.,2560-2561).

Un grido che toccail cuore di Dio

Dedicatoalla preghierail nuovo ciclodi riflessioniall’udienza

#catechesi

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«La fede è grido; la non-fede è soffocare quelgrido»: lo ha sottolineatoPapa Francesco all’udienzagenerale di mercoledìmattina, 6 maggio, svoltasi— come di consuetoin questo tempodi pandemia da covid-19— nella Biblioteca privatadel Palazzo apostolicovaticano e senzala presenza di fedeli.Inaugurando un nuovociclo di catechesi dedicatoal tema della preghiera,il Pontefice si è soffermatosul «mistero»di quest’ultima, così comeemerge dal branoevangelico di Marco (10,46-52) — letto in diverselingue prima dellariflessione di Francesco —che narra la guarigionedel cieco Bartimeo.

Così quest’uomo entra nei Vangeli comeuna voce che grida a squarciagola. Lui non civede; non sa se Gesù sia vicino o lontano, malo sente, lo capisce dalla folla, che a un certopunto aumenta e si avvicina... Ma lui è com-pletamente solo, e nessuno se ne preoccupa. EBartimeo cosa fa? Grida. E grida, e continua agridare. Usa l’unica arma in suo possesso: lavoce. Comincia a gridare: «Figlio di Davide,

esprimere il suo desiderio —questo è importante — e allo-ra il grido diventa domanda:“Che io veda di nuovo, Si-g n o re ! ” (cfr. v. 51).

Gesù gli dice: «Va’, la tuafede ti ha salvato» (v. 52). Ri-conosce a quell’uomo povero,inerme, disprezzato, tutta lapotenza della sua fede, cheattira la misericordia e la po-tenza di Dio. La fede è averedue mani alzate, una voceche grida per implorare il do-no della salvezza. Il Catechi-smo afferma che «l’umiltà è il

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Prima della recita del Padre Nostro e della benedizioneconclusiva, durante i saluti ai vari gruppi di fedeli che seguonol’udienza generale attraverso i media, il Pontefice ha lanciatoun appello per i braccianti agricoli (che pubblichiamo in ultimapagina) e ha anche ricordato due appuntamenti marianidell’8 maggio — con la festa della Vergine di Lujáne la supplica alla Madonna del Rosario di Pompei —e la memoria di san Stanislao, patrono della Polonia.

Saluto cordialmente i fedeli di lingua francese. Carifratelli e sorelle, i momenti difficili in cui viviamosono favorevoli alla riscoperta della necessità dellapreghiera nella nostra vita! Apriamo le porte delnostro cuore all’amore di Dio Padre nostro, chesaprà ascoltarci! Dio vi benedica!

Saluto i fedeli di lingua inglese collegati attraverso imezzi di comunicazione sociale. Invoco su di voi esulle vostre famiglie, in questo Tempo di Pasqua, lagioia e la fortezza che vengono dal Cristo risorto.Dio vi benedica!

Con affetto saluto i fratelli e le sorelle di linguatedesca. La preghiera è l’espressione più bella dellafede in Dio, della fiducia nel suo amoremisericordioso. Chiediamo a Dio di darci un cuoreumile che spera tutto da lui e sente sempre la setedi lui. In questo tempo di Pasqua il Signore Risortoriempia i nostri cuori con la sua pace e gioia.

Saludo cordialmente a los fieles de lengua españolaque siguen esta catequesis a través de los medios decomunicación social. Pidamos a Jesús, el buen Pas-tor, que nos conceda ser hombres y mujeres de ora-ción, que con confianza y perseverancia presente-mos al Padre compasivo nuestras necesidades y lasde todos nuestros hermanos. Pasado mañana, 8 demayo, se celebra en Argentina la fiesta de NuestraSeñora de Luján. Que ella, Madre de Dios y Madrenuestra, interceda por nosotros y nos obtenga de suHijo las gracias necesarias en este tiempo de dificul-tad que el mundo atraviesa. Que Dios los bendiga.

Saluto cordialmente i fedeli di lingua portoghese.Cari amici, la preghiera apre la porta della nostravita a Dio e ci aiuta a uscire da noi stessi per esseresolidali con gli altri immersi nella prova. Così,soprattutto in questo momento di pandemia,

I saluti ai gruppi di fedeli

La fede, lo abbiamo visto in Bartimeo, è gri-do; la non-fede è soffocare quel grido.Quell’atteggiamento che aveva la gente, nelfarlo tacere: non era gente di fede, lui invecesì. Soffocare quel grido è una specie di “omer-tà”. La fede è protesta contro una condizionepenosa di cui non capiamo il motivo; la non-fede è limitarsi a subire una situazione a cui cisiamo adattati. La fede è speranza di esseresalvati; la non-fede è abituarsi al male che ciopprime e continuare così.

Cari fratelli e sorelle, cominciamo questa se-rie di catechesi con il grido di Bartimeo, per-ché forse in una figura come la sua c’è giàscritto tutto. Bartimeo è un uomo perseveran-te. Intorno a lui c’era gente che spiegava cheimplorare era inutile, che era un vociare senzarisposta, che era chiasso che disturbava e ba-sta, che per favore smettesse di gridare: ma luinon è rimasto in silenzio. E alla fine ha otte-nuto quello che voleva.

Più forte di qualsiasi argomentazione con-traria, nel cuore dell’uomo c’è una voce cheinvoca. Tutti abbiamo questa voce, dentro.Una voce che esce spontanea, senza che nes-suno la comandi, una voce che s’interroga sulsenso del nostro cammino quaggiù, soprattut-to quando ci troviamo nel buio: “Gesù, abbipietà di me! Gesù, abbi pietà di me!”. Bellapreghiera, questa.

Ma forse, queste parole, non sono scolpitenell’intero creato? Tutto invoca e supplica per-ché il mistero della misericordia trovi il suocompimento definitivo. Non pregano solo icristiani: essi condividono il grido della pre-ghiera con tutti gli uomini e le donne. Mal’orizzonte può essere ancora allargato: Paoloafferma che l’intera creazione «geme e soffre ledoglie del parto» (Rm 8, 22). Gli artisti si fan-no spesso interpreti di questo grido silenziosodel creato, che preme in ogni creatura edemerge soprattutto nel cuore dell’uomo, per-ché l’uomo è un “mendicante di Dio” ( c f r.CCC, 2559). Bella definizione dell’uomo:“mendicante di Dio”. Grazie.

possiamo portare loro conforto, luce e speranza. Sudi voi e sulle vostre famiglie, scenda la benedizionedel Signore.

Saluto i fedeli di lingua araba che seguono questoincontro attraverso i mezzi di comunicazionesociale. Impariamo dalla preghiera del ciecoBartimeo a chiedere innanzitutto la misericordia diDio con insistenza e fede. Permettiamo al Signoredi mostrarci la sua misericordia nel modo in cui loritiene appropriato per la nostra salvezza. Il Signorevi benedica tutti e vi protegga sempre da ogni male!

Saluto tutti i polacchi. Cari fratelli e sorelle,dopodomani celebrerete la solennità di SanStanislao, vescovo e martire, patrono della Polonia.Da secoli questo grande Santo rimane nellamemoria e nella spiritualità dei polacchi comeintrepido difensore della fede, dell’ordine morale esociale, protettore dei più deboli e indifesi, pastorepronto a dare la vita per Cristo e per le sue pecore.Per sua intercessione preghiamo per la Chiesa inPolonia e per il Popolo polacco, perché —nell’odierna, difficile situazione mondiale causatadalla pandemia e in ogni tempo — possa goderedella benedizione di Dio, della pace e dellaprosperità. Vi benedico di cuore!

Dopo domani, venerdì 8 maggio, al Santuario diPompei si eleverà l’intensa preghiera della “Supplicaalla Madonna del Rosario”. Esorto tutti ad unirsispiritualmente a questo popolare atto di fede e didevozione, affinché per intercessione della VergineSanta, il Signore conceda misericordia e pace allaChiesa e al mondo intero.

Saluto i fedeli di lingua italiana. Abbiamo da pocoiniziato il mese di Maggio, che la devozionepopolare cristiana consacra alla Madre del Signore.Vi esorto ad affidarvi a Lei, che sotto la Croce ci èstata data come Madre.Rivolgo un pensiero speciale ai giovani, aglianziani, ai malati e agli sposi novelli. Ponetevi confiducia sotto la materna protezione di Maria e siatecerti che Ella non vi farà mancare il suo confortonell’ora della prova. Il Signore vi benedica e laMadonna vi protegga.

#catechesi

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Nella linguadell’a m o re

«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti».«Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva,questi è colui che mi ama». «Chi ama me sarà ama-to dal Padre mio e anche io lo amerò» (Vangelo).

Ecco: «Questo è il nostro Dio. Non una minac-cia, non un limite, non una proibizione, non unavendetta, ma l’amore inginocchiato che eternamenteaspetta il consenso del nostro amore senza del qualeil Regno di Dio non può costituirsi e stabilirsi...Tutto il contrario di quel che si immagina» (Mauri-ce Zundel).

Ecco chi è il cristiano! Non è uno obbligato aportare pesi opprimenti. Ma uno che è chiamato adentrare in una corrente di amore. Il cristiano è, es-senzialmente, uno che sa di essere amato! Questa èuna precisazione fondamentale: «Non è che siamocristiani perché amiamo Dio. Siamo cristiani perchécrediamo che Dio ci ama» (Paul Xardel).

La sfida, la motivazione, lo stile della nostra con-dotta, non può che essere l’amore. Se abbiamo im-parato ad amare, abbiamo imparato la cosa fonda-mentale. Se abbiamo capito l’amore, abbiamo capitotutto quello che c’era da capire. Di Dio, di noi, de-gli altri!

Il criterio fondamentale per la vita del cristiano èquello di accogliere l’insegnamento di Gesù. Chenon contempla norme, leggi, prescrizioni, divieti.Ma un desiderio: «Se amate...». Questa è la provadecisiva!

Amate, e siete sulla strada giusta. Amate, e sareteaffidabili. Amate, e sarete credibili.

Se si accetta l’amore, si accettano anche gli inse-gnamenti di Gesù, i Comandamenti. L’unico certifi-cato di autenticità cristiana sta in questo: «Se ama-te...».

La nostra vita cristiana sarà autentica, coerente eattraente, se sarà scritta nella lingua dell’a m o re !

17 maggioDomenica VI

di PasquaAt 8, 5-8. 14-17Sal 651 Pt 3, 15-18Gv 14, 15-21

#spuntidiriflessione

di LEONARD OSAPIENZA

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 3

LETTERE DAL DIRETTORE

di fronte all’altro, abbracciandosi. Inquesto tempo di isolamento e distanzia-mento sociale, a causa di una pandemiache rischia di condannarci a stare sul di-vano delle nostre case, mi è tornato allamente questo film del 2008 che parla dioggi, ma non del mondo della pande-mia ma del mondo che già eravamo di-ventati, perché il covid-19 ha avuto il“p re g i o ” di svelare una realtà già realiz-zata dagli uomini del terzo millennio:una società fatto di tele-consumatori do-ve è il suffisso “tele” l’elemento inquie-tante. Tutto a portata di mano, disponi-bile e strumentalizzabile, ma al tempostesso “a distanza”, ridotto a icona vir-tuale che dà comfort psicologico manon esige impegno reale, concreto. Per-

sone che non vedono oltre il proprio na-so, che escludono gli altri dalla propriavisuale, li scartano creando un mondo incui il contatto con la “carne” degli altri

è ridotto al minimo, che condanna tuttia una grande solitudine; persone che vi-vono come fossero intorpidite nelle lorofunzioni più squisitamente umane: losguardo, la decisione, l’azione, la rela-zione.

A volte allora non serve cercare il lu-minare della scienza per fare previsioni,è sufficiente riascoltare le storie antiche,i vecchi racconti pieni di saggezza, chel’uomo non smette di raccontare magaricolorandole con le vernici più mirabo-lanti e gli effetti più speciali, ma chesotto sotto rivelano la stessa antica sag-gezza che se è tale, parla a chi sa ascol-tare (i bambini) non del mondo com’erama di quello che è e sarà sempre.

A.M.

In occasione del 1° maggio, ho ricevutodiversi messaggi riferiti al mondo

del lavoro e ai suoi problemi.In particolare, mi ha colpito quellodei braccianti agricoli, tra cui molti

immigrati, che lavorano nelle campagneitaliane. Purtroppo tante volte vengonoduramente sfruttati. È vero che c’è crisi

per tutti, ma la dignità delle personeva sempre rispettata. Perciò accolgo

l’appello di questi lavoratori e di tuttii lavoratori sfruttati e invito a faredella crisi l’occasione per rimettereal centro la dignità della persona

e la dignità del lavoro.

(Udienza generale, 6 maggio)

#controcopertina