L’osservatore romano (02.Fev.2014)

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLIV n. 26 (46.568) Città del Vaticano domenica 2 febbraio 2014 . y(7HA3J1*QSSKKM( +&!z!?!"!$ Udienza di Papa Francesco ai neocatecumenali L’essenziale è la comunione Meglio rinunciare a vivere il cammino in tutti i dettagli per garantire l’unità ecclesiale Una vera e propria festa di famiglia quella svoltasi attorno al Papa sta- mani, sabato 1° febbraio, nell’Aula Paolo VI, con centinaia di bambini indiscussi protagonisti. Per centoses- santa di queste famiglie l’incontro con il Pontefice ha assunto un signi- ficato tutto particolare. Da lui infatti hanno ricevuto il mandato per la missio ad gentes. Proprio la consegna di questo mandato è stata il momen- to centrale dell’udienza di Papa Francesco a migliaia di appartenenti al Cammino neocatecumenale. E proprio come un buon padre di famiglia, il Pontefice ha voluto dare loro «alcune semplici raccomanda- zioni». Innanzitutto ha ricordato che «è meglio rinunciare a vivere in tutti i dettagli ciò che il vostro itine- rario esigerebbe pur di garantire l’unità tra i fratelli che formano l’unica comunità ecclesiale». Perché — ha affermato — «la comunione è essenziale», soprattutto tra quelli che «formano l’unica comunità ec- clesiale». È necessario poi non dimenticare che «lo Spirito di Dio arriva sempre prima di noi» e sparge «i semi del suo Verbo». Dunque è importante cercare di capire le culture dei popo- li che si vanno a incontrare e «rico- noscere il bisogno di Vangelo che è presente ovunque, ma anche quell’azione che lo Spirito Santo ha compiuto nella vita e nella storia di ogni popolo». In Severo di Antiochia P re s e n t a z i o n e del Signore MANUEL NIN A PAGINA 6 Oggi l’inserto mensile Donne e denaro Colloqui tra Kerry e Lavrov a margine della conferenza internazionale di Monaco di Baviera Pressioni incrociate sulla Siria Si celebra domenica la giornata della vita consacrata La misura di Dio la regola dell’amore «Ingresso del Signore nel tempio», evangeliario siriaco (XIII secolo) NOSTRE INFORMAZIONI Il pellegrinaggio del priore di Taizé In ascolto dei giovani dell’Asia FRATEL ALOIS A PAGINA 6 A cento anni dallo scoppio della prima guerra mondiale Tra realismo e utopia ULLA GUDMUNDSON A PAGINA 5 di JOÃO BRAZ DE AVIZ* E rano più di cento i superiori generali ricevuti da Papa Francesco in Vaticano lo scorso 29 novembre. Sono state tre ore di dialogo spontaneo e traspa- rente, che hanno lasciato un segno sui volti e nei cuori dei presenti. Non penso che la felicità speri- mentata da tutti noi fosse motivata solo dall’annuncio del Pontefice di voler dedicare il 2015 alla vita con- sacrata. Era molto di più. Ci siamo sentiti confermati da Pietro nel cammino attuale degli ordini, dei monasteri, delle congregazioni, de- gli istituti e delle società di vita apostolica sparsi nel mondo. Senza aggirare i problemi, le debolezze e i peccati presenti nella vita consa- crata oggi, il Papa ci ha richiamati alla centralità della bellezza e della responsabilità personale e comuni- taria della nostra vocazione. La vita consacrata «più fedel- mente imita e continuamente rap- presenta nella Chiesa la forma di vita che Gesù, supremo consacrato e missionario del Padre per il suo Regno, ha abbracciato e ha propo- sto ai discepoli che lo seguivano» (Vita consecrata, 22). Essa dunque è «speciale memoria del suo essere di Figlio che fa del Padre il suo unico Amore — ecco la sua verginità —, che in Lui trova la sua esclusiva ricchezza — ecco la sua povertà — ed ha nella volontà del Padre il “ci- bo” di cui si nutre — ecco la sua obbedienza» (Messaggio per la pri- ma giornata della vita consacrata, 1997). Dopo il concilio Vaticano II la vita consacrata, nelle sue forme at- tuali, ha compiuto un profondo cammino di rinnovamento. Sono cresciute anche le difficoltà, in pro- porzioni e in circostanze diverse. Il concilio ha sottolineato alcuni oriz- zonti precisi da focalizzare: sceglie- re come regola suprema il «seguire Gesù» proposto nel Vangelo; cono- scere e osservare fedelmente lo spi- rito e le intenzioni dei fondatori; partecipare alla vita della Chiesa locale; essere informati e aggiornati sulle realtà umane dei nostri tempi; promuovere anzitutto il rinnova- mento spirituale; corrispondere alle necessità dell’apostolato, alle esi- genze della cultura, alle circostanze sociali ed economiche, specialmen- te nei territori di missione; coltivare lo spirito di preghiera, attingendo in primo luogo alla Sacra scrittura; celebrare col cuore e con la bocca la sacra liturgia, specialmente il mi- stero eucaristico; e con la forza del- l’Eucaristia e della Parola, amare i fratelli, rispettare e stimare i pastori con spirito filiale e sentire con la Chiesa. È un rinnovamento, assunto da molti istituti, che obbedisce a tre grandi criteri, indicati dal decreto conciliare Perfectae caritatis: ritorno alle fonti della vita cristiana; ritor- no all’ispirazione primitiva e origi- nale degli istituti; adattamento alle condizioni del tempo. In questo senso, la nostra Con- gregazione lavora ogni giorno al servizio degli orientamenti del Pa- pa e del buon ordinamento della vita di circa duemila istituti, per un totale di un milione e mezzo di consacrati e consacrate. Il rapporto sincero e profondo con l’Unione dei superiori generali (Usg) e con l’Unione internazionale delle supe- riore generali (Uisg) è molto fecon- do di progressi. L’asse principale sul quale ruota l’identità e la vita dei consacrati è la spiritualità di comunione. Que- sto orientamento è cresciuto negli anni successivi al concilio e viene proposto come criterio per la for- mazione dell’uomo e della donna, in modo particolare per i discepoli di Cristo nella Chiesa. Ciò implica un ritorno esperienziale al mistero centrale della fede, la Santissima Trinità. Qui il consacrato potrà tro- vare le luci autentiche per costruire una vita fraterna capace di genera- re la presenza del Signore, senza la quale il suo cuore non riesce a es- sere veramente felice. Anche per i consacrati e le con- sacrate è il momento di credere all’amore. Che è sempre a misura di Dio. E va reso concreto a misura d’uomo. *Cardinale prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica Infine il Papa ha raccomandato, a tutti e non solo alle famiglie in par- tenza, di avere pazienza e misericor- dia anche con quanti magari decido- no di uscire dall’esperienza del Cammino. «La libertà di ciascuno — ha raccomandato — non deve essere forzata, e si deve anche rispettare la eventuale scelta di chi decidesse di cercare, fuori dal cammino, altre for- me di vita cristiana che lo aiutino a crescere nella risposta alla chiamata del Signore». Papa Francesco non ha poi fatto mancare il suo incoraggiamento ai nuovi missionari, invitandoli a por- tare il Vangelo dovunque, «anche negli ambienti più scristianizzati». PAGINA 8 IN ALLEGATO GINEVRA, 1. Pressioni diplomatiche incrociate segnano in queste ore il confronto internazionale sulla Siria, dopo la chiusura senza esiti certi, ie- ri, della prima tornata del negoziato a Ginevra. Sede di tale confronto è stata, sempre ieri, Monaco di Bavie- ra, dove si è aperta la conferenza in- ternazionale sulla sicurezza, alla qua- le intervengono anche i principali at- tori internazionali impegnati sulla questione siriana. L’inviato dell’Onu e della Lega araba per la Siria, Lakhdar Brahimi, ha sollecitato le potenze internazio- nali a esercitare pressioni sul Gover- no di Damasco e sulle opposizioni affinché s’impegnino a discutere se- riamente sulla fine del conflitto quando, il prossimo 10 febbraio, s’incontreranno per la seconda tor- nata della conferenza a Ginevra. «Spero — ha detto Brahimi — che quanti hanno influenza sul Governo e l’opposizione facciano sì che chi tornerà a febbraio si metta a discute- re seriamente». Alla questione siriana, secondo quanto riferito dal dipartimento di Stato di Washington, è stato dedica- to anche un incontro tra i responsa- bili delle diplomazie statunitense e russa, John Kerry e Serghiei Lavrov, sempre a margine della conferenza di Monaco di Baviera. Kerry, che poco prima aveva accusato il Gover- no siriano di non rispettare la tempi- stica stabilita a settembre per lo smantellamento dei propri arsenali chimici, ha chiesto a Lavrov di pre- mere su Damasco affinché consegni per intero le armi entro il termine previsto di giugno. Kerry e Lavrov hanno inoltre espresso la comune preoccupazione per la situazione umanitaria in Siria, in particolare a Homs, e per il protrarsi dei combat- timenti. In merito, fonti dell’opposi- zione siriana hanno sostenuto ieri che anche durante questa settimana di negoziati a Ginevra ci sono stati in Siria 1.900 morti, per un quarto civili. A Kerry e Lavrov si sono poi uniti il segretario generale dell’O nu, Ban Ki-moon, e lo stesso Brahimi, per un esame delle prospettive della conferenza internazionale Ginevra 2, anche in riferimento alla necessità di allargare la delegazione dell’opposi- zione, finora composta solo da una parte dei gruppi aderenti alla Coali- zione nazionale siriana. Il Santo Padre ha ricevuto in udienza nel pomeriggio di venerdì 31 Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Il Santo Padre ha ricevuto que- sta mattina in udienza: Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi; le Loro Eccellenze Reverendissi- me i Monsignori: — Józef Kowalczyk, Arcivescovo di Gniezno (Polonia), con gli Au- siliari, le Loro Eccellenze Reveren- dissime i Monsignori Wojciech Po- lak, Vescovo titolare di Monte di Numidia, e Krzysztof Jakub Wętkowski, Vescovo titolare di Glavinizza, e con l’Arcivescovo emerito, Sua Eccellenza Reveren- dissima Monsignor Henryk Józef Muszyński, in visita «ad limina Apostolorum»; — Stanisław Gądecki, Arcivesco- vo di Poznań (Polonia), con gli Ausiliari, le Loro Eccellenze Reve- rendissime i Monsignori Zdzisław Fortuniak, Vescovo titolare di Tamagrista, Grzegorz Balcerek, Ve- scovo titolare di Selendeta, e Da- mian Bryl, Vescovo titolare di Su- liana, in visita «ad limina Aposto- lorum»; Marek Jędraszewski, Arcive- scovo di Łódź (Polonia), con gli Ausiliari, le Loro Eccellenze Reve- rendissime i Monsignori Adam Le- pa, Vescovo titolare di Regiana, e Ireneusz Józef Pękalski, Vescovo titolare di Castello di Tingizio, in visita «ad limina Apostolorum»; — Jan Martyniak, Arcivescovo di Przemyśl-Warszawa di rito bizanti- no-ucraino (Polonia), in visita «ad limina Apostolorum»; — Wieslaw Alojzy Mering, Ve- scovo di Włocławek (Polonia), con l’Ausiliare, Sua Eccellenza Reve- rendissima Monsignor Stanisław Gębicki, Vescovo titolare di Tiges, in visita «ad limina Apostolorum»; — Jan Tyrawa, Vescovo di Byd- goszcz (Polonia), in visita «ad li- mina Apostolorum»; Edward Janiak, Vescovo di Kalisz (Polonia), in visita «ad limi- na Apostolorum»; Andrzej Franciszek Dziuba, Vescovo di Łowicz (Polonia), in vi- sita «ad limina Apostolorum»; — Wlodzimierz Roman Juszczak, Vescovo di Wrocław-Gdańsk di ri- to bizantino-ucraino (Polonia), in visita «ad limina Apostolorum». Il Santo Padre ha accettato la ri- nuncia all’ufficio di Ausiliare dell’Arcidiocesi di New York (Stati Uniti d’America), presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Josu Iriondo, in con- formità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Ve- scovo della Diocesi di Kannur (In- dia) il Reverendo Alex Joseph Va- dakumthala, Vicario Generale dell’Arcidiocesi di Verapoly. Nomina di Vescovi Ausiliari Il Santo Padre ha nominato Ve- scovo Ausiliare dell’Arcidiocesi di Santiago de Chile (Cile) Monsi- gnor Luis Fernando Ramos Pérez, del clero della medesima Arcidio- cesi, finora Rettore del Seminario Maggiore di Santiago e Vicario Episcopale per il clero, assegnan- dogli la sede titolare di Tetci. Il Santo Padre ha nominato Ve- scovo Ausiliare dell’Arcidiocesi di Santiago de Chile (Cile) il Reve- rendo Galo Fernández Villaseca, del clero della medesima Arcidio- cesi, finora Vicario Episcopale del- la zona ovest dell’Arcidiocesi, asse- gnandogli la sede titolare di Si- mingi.

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLIV n. 26 (46.568) Città del Vaticano domenica 2 febbraio 2014

.

y(7HA3J1*QSSKKM( +&!z!?!"!$

Udienza di Papa Francesco ai neocatecumenali

L’essenziale è la comunioneMeglio rinunciare a vivere il cammino in tutti i dettagli per garantire l’unità ecclesiale

Una vera e propria festa di famigliaquella svoltasi attorno al Papa sta-mani, sabato 1° febbraio, nell’AulaPaolo VI, con centinaia di bambiniindiscussi protagonisti. Per centoses-santa di queste famiglie l’i n c o n t rocon il Pontefice ha assunto un signi-ficato tutto particolare. Da lui infattihanno ricevuto il mandato per lamissio ad gentes. Proprio la consegnadi questo mandato è stata il momen-to centrale dell’udienza di PapaFrancesco a migliaia di appartenential Cammino neocatecumenale.

E proprio come un buon padre difamiglia, il Pontefice ha voluto dareloro «alcune semplici raccomanda-zioni». Innanzitutto ha ricordatoche «è meglio rinunciare a vivere intutti i dettagli ciò che il vostro itine-rario esigerebbe pur di garantirel’unità tra i fratelli che formanol’unica comunità ecclesiale». Perché— ha affermato — «la comunione èessenziale», soprattutto tra quelliche «formano l’unica comunità ec-clesiale».

È necessario poi non dimenticareche «lo Spirito di Dio arriva sempreprima di noi» e sparge «i semi delsuo Verbo». Dunque è importantecercare di capire le culture dei popo-li che si vanno a incontrare e «rico-noscere il bisogno di Vangelo che èpresente ovunque, ma anchequell’azione che lo Spirito Santo hacompiuto nella vita e nella storia diogni popolo».

In Severo di Antiochia

P re s e n t a z i o n edel Signore

MANUEL NIN A PA G I N A 6

Oggi l’inserto mensile

Donne e denaro

Colloqui tra Kerry e Lavrov a margine della conferenza internazionale di Monaco di Baviera

Pressioni incrociate sulla Siria

Si celebra domenica la giornata della vita consacrata

La misura di Diola regola dell’a m o re

«Ingresso del Signore nel tempio»,evangeliario siriaco (XIII secolo)

NOSTRE INFORMAZIONI

Il pellegrinaggio del priore di Taizé

In ascoltodei giovani dell’Asia

F R AT E L ALOIS A PA G I N A 6

A cento anni dallo scoppiodella prima guerra mondiale

Tra realismoe utopia

ULLA GUDMUNDSON A PA G I N A 5

di JOÃO BRAZ DE AVIZ*

Erano più di cento i superiorigenerali ricevuti da PapaFrancesco in Vaticano lo

scorso 29 novembre. Sono state treore di dialogo spontaneo e traspa-rente, che hanno lasciato un segnosui volti e nei cuori dei presenti.

Non penso che la felicità speri-mentata da tutti noi fosse motivatasolo dall’annuncio del Pontefice divoler dedicare il 2015 alla vita con-sacrata. Era molto di più. Ci siamosentiti confermati da Pietro nelcammino attuale degli ordini, deimonasteri, delle congregazioni, de-gli istituti e delle società di vitaapostolica sparsi nel mondo. Senzaaggirare i problemi, le debolezze ei peccati presenti nella vita consa-crata oggi, il Papa ci ha richiamatialla centralità della bellezza e dellaresponsabilità personale e comuni-taria della nostra vocazione.

La vita consacrata «più fedel-mente imita e continuamente rap-presenta nella Chiesa la forma divita che Gesù, supremo consacratoe missionario del Padre per il suoRegno, ha abbracciato e ha propo-sto ai discepoli che lo seguivano»(Vita consecrata, 22). Essa dunque è«speciale memoria del suo essere diFiglio che fa del Padre il suo unicoAmore — ecco la sua verginità —,che in Lui trova la sua esclusivaricchezza — ecco la sua povertà —ed ha nella volontà del Padre il “ci-b o” di cui si nutre — ecco la suaobbedienza» (Messaggio per la pri-ma giornata della vita consacrata,1997).

Dopo il concilio Vaticano II lavita consacrata, nelle sue forme at-tuali, ha compiuto un profondocammino di rinnovamento. Sonocresciute anche le difficoltà, in pro-porzioni e in circostanze diverse. Ilconcilio ha sottolineato alcuni oriz-zonti precisi da focalizzare: sceglie-re come regola suprema il «seguireGesù» proposto nel Vangelo; cono-scere e osservare fedelmente lo spi-rito e le intenzioni dei fondatori;partecipare alla vita della Chiesalocale; essere informati e aggiornatisulle realtà umane dei nostri tempi;promuovere anzitutto il rinnova-mento spirituale; corrispondere allenecessità dell’apostolato, alle esi-genze della cultura, alle circostanzesociali ed economiche, specialmen-te nei territori di missione; coltivarelo spirito di preghiera, attingendoin primo luogo alla Sacra scrittura;celebrare col cuore e con la boccala sacra liturgia, specialmente il mi-stero eucaristico; e con la forza del-l’Eucaristia e della Parola, amare ifratelli, rispettare e stimare i pastoricon spirito filiale e sentire con laChiesa.

È un rinnovamento, assunto damolti istituti, che obbedisce a tre

grandi criteri, indicati dal decretoconciliare Perfectae caritatis: ritornoalle fonti della vita cristiana; ritor-no all’ispirazione primitiva e origi-nale degli istituti; adattamento allecondizioni del tempo.

In questo senso, la nostra Con-gregazione lavora ogni giorno alservizio degli orientamenti del Pa-pa e del buon ordinamento dellavita di circa duemila istituti, per untotale di un milione e mezzo diconsacrati e consacrate. Il rapportosincero e profondo con l’Unionedei superiori generali (Usg) e conl’Unione internazionale delle supe-riore generali (Uisg) è molto fecon-do di progressi.

L’asse principale sul quale ruotal’identità e la vita dei consacrati èla spiritualità di comunione. Que-sto orientamento è cresciuto neglianni successivi al concilio e vieneproposto come criterio per la for-mazione dell’uomo e della donna,in modo particolare per i discepolidi Cristo nella Chiesa. Ciò implicaun ritorno esperienziale al misterocentrale della fede, la SantissimaTrinità. Qui il consacrato potrà tro-vare le luci autentiche per costruireuna vita fraterna capace di genera-re la presenza del Signore, senza laquale il suo cuore non riesce a es-sere veramente felice.

Anche per i consacrati e le con-sacrate è il momento di credereall’amore. Che è sempre a misuradi Dio. E va reso concreto a misurad’uomo.

*Cardinale prefettodella Congregazione per gli istitutidi vita consacratae le società di vita apostolica

Infine il Papa ha raccomandato, atutti e non solo alle famiglie in par-tenza, di avere pazienza e misericor-dia anche con quanti magari decido-no di uscire dall’esperienza delCammino. «La libertà di ciascuno —ha raccomandato — non deve essere

forzata, e si deve anche rispettare laeventuale scelta di chi decidesse dicercare, fuori dal cammino, altre for-me di vita cristiana che lo aiutino acrescere nella risposta alla chiamatadel Signore».

Papa Francesco non ha poi fattomancare il suo incoraggiamento ainuovi missionari, invitandoli a por-tare il Vangelo dovunque, «anchenegli ambienti più scristianizzati».

PAGINA 8

IN A L L E G AT O

GINEVRA, 1. Pressioni diplomaticheincrociate segnano in queste ore ilconfronto internazionale sulla Siria,dopo la chiusura senza esiti certi, ie-ri, della prima tornata del negoziatoa Ginevra. Sede di tale confronto èstata, sempre ieri, Monaco di Bavie-ra, dove si è aperta la conferenza in-ternazionale sulla sicurezza, alla qua-le intervengono anche i principali at-

tori internazionali impegnati sullaquestione siriana.

L’inviato dell’Onu e della Legaaraba per la Siria, Lakhdar Brahimi,ha sollecitato le potenze internazio-nali a esercitare pressioni sul Gover-no di Damasco e sulle opposizioniaffinché s’impegnino a discutere se-riamente sulla fine del conflittoquando, il prossimo 10 febbraio,s’incontreranno per la seconda tor-nata della conferenza a Ginevra.«Spero — ha detto Brahimi — chequanti hanno influenza sul Governoe l’opposizione facciano sì che chitornerà a febbraio si metta a discute-re seriamente».

Alla questione siriana, secondoquanto riferito dal dipartimento diStato di Washington, è stato dedica-to anche un incontro tra i responsa-

bili delle diplomazie statunitense erussa, John Kerry e Serghiei Lavrov,sempre a margine della conferenzadi Monaco di Baviera. Kerry, chepoco prima aveva accusato il Gover-no siriano di non rispettare la tempi-stica stabilita a settembre per losmantellamento dei propri arsenalichimici, ha chiesto a Lavrov di pre-mere su Damasco affinché consegniper intero le armi entro il termineprevisto di giugno. Kerry e Lavrovhanno inoltre espresso la comunepreoccupazione per la situazioneumanitaria in Siria, in particolare aHoms, e per il protrarsi dei combat-timenti. In merito, fonti dell’opp osi-zione siriana hanno sostenuto ieriche anche durante questa settimanadi negoziati a Ginevra ci sono statiin Siria 1.900 morti, per un quarto

civili. A Kerry e Lavrov si sono poiuniti il segretario generale dell’O nu,Ban Ki-moon, e lo stesso Brahimi,per un esame delle prospettive dellaconferenza internazionale Ginevra 2,anche in riferimento alla necessità diallargare la delegazione dell’opp osi-zione, finora composta solo da unaparte dei gruppi aderenti alla Coali-zione nazionale siriana.

Il Santo Padre ha ricevuto inudienza nel pomeriggio di venerdì31 Sua Eminenza Reverendissima ilSignor Cardinale Fernando Filoni,Prefetto della Congregazione perl’Evangelizzazione dei Popoli.

Il Santo Padre ha ricevuto que-sta mattina in udienza:

Sua Eminenza Reverendissima ilSignor Cardinale Marc Ouellet,Prefetto della Congregazione per iVe s c o v i ;

le Loro Eccellenze Reverendissi-me i Monsignori:

— Józef Kowalczyk, Arcivescovodi Gniezno (Polonia), con gli Au-siliari, le Loro Eccellenze Reveren-dissime i Monsignori Wojciech Po-lak, Vescovo titolare di Monte diNumidia, e Krzysztof JakubWętkowski, Vescovo titolare diGlavinizza, e con l’A rc i v e s c o v oemerito, Sua Eccellenza Reveren-dissima Monsignor Henryk Józef

Muszyński, in visita «ad liminaAp ostolorum»;

— Stanisław Gądecki, Arcivesco-vo di Poznań (Polonia), con gliAusiliari, le Loro Eccellenze Reve-rendissime i Monsignori ZdzisławFortuniak, Vescovo titolare diTamagrista, Grzegorz Balcerek, Ve-scovo titolare di Selendeta, e Da-mian Bryl, Vescovo titolare di Su-liana, in visita «ad limina Aposto-l o ru m » ;

— Marek Jędraszewski, Arcive-scovo di Łó dź (Polonia), con gliAusiliari, le Loro Eccellenze Reve-rendissime i Monsignori Adam Le-pa, Vescovo titolare di Regiana, eIreneusz Józef Pękalski, Vescovotitolare di Castello di Tingizio, invisita «ad limina Apostolorum»;

— Jan Martyniak, Arcivescovo diPrzemyśl-Warszawa di rito bizanti-no-ucraino (Polonia), in visita «adlimina Apostolorum»;

— Wieslaw Alojzy Mering, Ve-scovo di Wło cławek (Polonia), conl’Ausiliare, Sua Eccellenza Reve-

rendissima Monsignor StanisławGębicki, Vescovo titolare di Tiges,in visita «ad limina Apostolorum»;

— Jan Tyrawa, Vescovo di Byd-goszcz (Polonia), in visita «ad li-mina Apostolorum»;

— Edward Janiak, Vescovo diKalisz (Polonia), in visita «ad limi-na Apostolorum»;

— Andrzej Franciszek Dziuba,Vescovo di Łowicz (Polonia), in vi-sita «ad limina Apostolorum»;

— Wlodzimierz Roman Juszczak,Vescovo di Wrocław-Gdańsk di ri-to bizantino-ucraino (Polonia), invisita «ad limina Apostolorum».

Il Santo Padre ha accettato la ri-nuncia all’ufficio di Ausiliaredell’Arcidiocesi di New York (StatiUniti d’America), presentata daSua Eccellenza ReverendissimaMonsignor Josu Iriondo, in con-formità ai canoni 411 e 401 § 1 delCodice di Diritto Canonico.

Provvista di ChiesaIl Santo Padre ha nominato Ve-

scovo della Diocesi di Kannur (In-dia) il Reverendo Alex Joseph Va-dakumthala, Vicario Generaledell’Arcidiocesi di Verapoly.

Nomina di Vescovi AusiliariIl Santo Padre ha nominato Ve-

scovo Ausiliare dell’Arcidiocesi diSantiago de Chile (Cile) Monsi-gnor Luis Fernando Ramos P é re z ,del clero della medesima Arcidio-cesi, finora Rettore del SeminarioMaggiore di Santiago e VicarioEpiscopale per il clero, assegnan-dogli la sede titolare di Tetci.

Il Santo Padre ha nominato Ve-scovo Ausiliare dell’Arcidiocesi diSantiago de Chile (Cile) il Reve-rendo Galo Fernández Vi l l a s e c a ,del clero della medesima Arcidio-cesi, finora Vicario Episcopale del-la zona ovest dell’Arcidiocesi, asse-gnandogli la sede titolare di Si-mingi.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 domenica 2 febbraio 2014

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C a m e ro ne Hollanded’a c c o rd o

a metà

LONDRA, 1. Vicini e distanti: ilpremer britannico, David Ca-meron, e il presidente francese,François Hollande, hanno mo-strato — durante il vertice svol-tosi ieri in una base dell’a e ro -nautica militare britannica vici-no a Oxford — di essere d’ac-cordo a metà sulle più impor-tanti questioni di politica inter-nazionale. Se gli obiettivi difondo sembrano condivisi —vale a dire un’Europa più fortenel consesso mondiale, unacrescita economica credibile e alungo termine — non paionoinvece procedere lungo lo stes-so solco le strategie per rag-giungerli.

«La Francia — ha detto Hol-lande — vuole che l’e u ro z o n asia più coordinata, più integra-ta, e se ci sono delle modificheai testi, per noi al momentonon costituiscono un’u rg e n z a » .E quindi ha precisato: «Per noila revisione dei trattati non è lapriorità». Cameron, invece,continua a perseguire la sua li-nea per la riforma dell’E u ro p a :e in questo prospettiva la di-scussione dei trattati rivesteun’importanza strategica. Al ri-guardo il primo ministro ha di-chiarato: «L’Europa ha biso-gno di cambiare e sta già cam-biando. Io voglio vedere unaGran Bretagna che vota per ri-manere in un’Unione europeariformata». E ha aggiunto:«Non c’è dubbio che ci saràun referendum nel 2017 se iosarò primo ministro». Came-ron ha infatti promesso un re-ferendum attraverso il qualescegliere se restare o lasciarel’Ue, da tenersi nel 2017 nel ca-so in cui egli venga confermatoa Downing Street dopo le ele-zioni del 2015, e dopo aver ri-negoziato il rapporto tra Lon-dra e Bruxelles.

Piena intesa tra il premierbritannico e il presidente fran-cese invece sul nuovo sistemamissilistico antinave: al riguar-do sono stati siglati alcuni ac-cordi. Durante l’incontro Ca-meron e Hollande si sono an-che impegnati nella collabora-zione per realizzare un dronedi nuova generazione.

Superati gli argini a Ponte Milvio

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Patto contro la disoccupazione

Paesi emergentinell’occhio del ciclone

D isboscamentonel Gran Chaco

ASUNCIÓN, 1. L'ecosistema del GranChaco — il terzo territorio bio-geo-grafico più vasto dell’America latina— sta lentamente venendo distruttodall’uomo, con l'introduzione di al-levamenti estensivi, incendi di vege-tazione e sfruttamenti agricoli. Solonel 2013 ha perso ben 539.233 ettaridi bosco. La cifra equivale allascomparsa di 1.473 ettari al giorno.Lo ha evidenziato l’o rg a n i z z a z i o n eecologica Guyra Paraguay, che hautilizzato le immagini del satellitedella Nasa.

Il Gran Chaco, che si estende perparte degli attuali territori di Argen-

tina, Bolivia, Brasile e Paraguay, trai fiumi Paraguay e Paraná e l’alto-piano andino, occupa circa 1,4 mi-lioni di chilometri quadrati e inclu-de due grandi eco-regioni, una sec-ca e una umida, che a loro volta im-plicano differenti ecosistemi chevanno dai pascoli ai terreni paludo-si, da giacimenti salini alle savanesecche e una grande estensione diboschi e arbusti. Il maggiore livellodi distruzione si è prodotto in Para-guay, che ha oltre il 25 per centodel territorio del Gran Chaco, dovenel 2013 sono andati distrutti268.000 ettari di foresta.

El Salvadorelegge il capo dello Stato

Un’immagine del Tevere in piena (Ansa)

KI E V, 1. Di fronte all’i n a r re s t a b i l edegenerare della crisi in Ucraina,Catherine Ashton ha deciso di intra-prendere una nuova missione diplo-matica e di mediazione.

L’alto rappresentante per la Politi-ca estera e di Sicurezza comunedell’Unione europea ha infatti an-nunciato ieri che la settimana prossi-ma ritornerà a Kiev per la terza vol-ta in meno di due mesi.

Vi si era recata appena quattrogiorni fa, e già in dicembre avevacompiuto una prima visita, durantela quale aveva avuto due faccia afaccia con il presidente filo-russo,Viktor Ianukovich.

Ashton, che ieri a margine dellaConferenza di Monaco sulla sicurez-za, si è detta «inorridita» per le no-tizie relative ai rapimenti e alle tor-ture inflitte a diversi oppositori, hamotivato la nuova iniziativa propriocon l’intento di fare luce sugli abusi.

Anche gli Stati Uniti si sono detti«sconvolti» dalla notizia che uno deileader della protesta sia stato tortu-rato. L’uomo, Dmitro Bulatov,scomparso da otto giorni, è stato ri-trovato nei pressi della capitale conindosso una maglia insanguinata, unorecchio mozzato ed evidenti segnidi violenza sul corpo.

L’Amministrazione di Washing-ton, tramite il portavoce del diparti-mento di Stato, Jay Carney, «è pro-

fondamente preoccupata» per l’acca-dimento e per la recrudescenza dellaviolenza in Ucraina.

È stata frattanto pubblicata sulla«Voce d’Ucraina», la locale Gazzettaufficiale, la legge d’amnistia appro-vata il 29 gennaio dal Parlamento —e aspramente criticata dall’opp osi-zione — che prevede la liberazionedei dimostranti antigovernativi incambio dello sgombero degli edificipubblici occupati. Ieri era arrivata lafirma del presidente Ianukovich.

La legge concede ai manifestanti15 giorni per rimuovere l’assedio aipalazzi governativi e sgomberare lepiazze, teatro degli scontri con lapolizia delle ultime settimane.

I leader della protesta hanno de-nunciato, però, che i provvedimentinon sono sufficienti (entreranno invigore solo nel momento in cui sa-ranno sgomberati gli edifici occupatialla fine dello scorso anno a Kiev enelle altre località del Paese), mentreil ministero della Difesa, dopo unincontro fra lo stato maggiore e ilministro, Pavel Lebedev, ha presodecisamente posizione sulla gravecrisi politico-istituzionale.

In una nota ufficiale, ha infatti av-vertito del rischio dell’integrità terri-toriale del Paese, sollecitandoIanukovich a introdurre misure ur-genti per ripristinare la stabilità nella

Repubblica ex sovietica e raggiunge-re il consenso nazionale.

E in connessione con le protesteantigovernative, la polizia sta inda-gando su un tentativo di colpo diStato. Lo ha reso noto MaximLenko, esponente di spicco dei servi-zi di sicurezza, spiegando che provein tal senso sono state raccolte du-rante il raid effettuato in dicembredalla polizia nel Partito della patria,la formazione politica dell’ex pre-

mier, Iulia Tymoshenko, attualmentedetenuta in carcere.

Secondo queste informazioni, haaffermato Lenko alla stampa, dopol’esame dei server sequestrati vi sonoprove che i manifestanti volevanoprovocare una reazione violenta del-la polizia, in modo da minare l’auto-rità del presidente Ianukovych edell’intero Esecutivo. Il Partito dellapatria, principale forza di opposizio-ne, ha respinto le accuse, conside-randole una provocazione.

In aggiunta, Arseniy Yatsenyuk,capo del partito, ha dichiarato comealtamente probabile che per stronca-re in via definitiva le proteste dimassa, il Governo di Kiev «faccia ri-corso all’uso della forza», in un con-testo che potrebbe comprendere ilcoinvolgimento dell’E s e rc i t o .

Lo ha detto al presidente tedesco,Joachim Gauck, e al ministro degliEsteri di Berlino, Frank-WalterSteinmeier, che ha incontrato ieri —assieme ad Ashton — a Monaco diBaviera. Nella città bavarese,Yatsenyuk avrà oggi una serie di col-loqui, insieme ad altri oppositori,con il segretario di Stato americano,John Kerry. A Monaco è previstoanche l’intervento di VitakliKlitschko, ex campione mondiale dipugilato e uno dei leader della pro-testa antigovernativa.

WASHINGTON, 1. Un patto con legrandi aziende americane per nondiscriminare più chi, a causa dellacrisi, è da troppo tempo senza lavo-ro. Barack Obama strappa l’imp e-gno alla Apple, alla Ford, al gigantedella grande distribuzione Walmarte a tante altre big del mondo delleimprese americane che promettonodi cambiare, individuando regole co-muni che non penalizzino più l’as-sunzione dei cosiddetti disoccupatidi lunga durata.

«Non è giusto che più tempo unapersona resta disoccupata, più diffi-coltà incontra nel trovare un nuovoimpiego» rischiando così di rimaneretagliato fuori per sempre dal mondodel lavoro, ha dichiarato il presiden-te Obama. Del resto, dati alla mano,sul fronte del collocamento un ame-ricano rimasto a lungo disoccupatoha addirittura il 45 per cento di pos-sibilità in meno di accedere ai collo-qui di lavoro. Un problema che ilpresidente americano vuole superare.E per dare l’esempio Obama ha in-tanto firmato un provvedimento incui dà una precisa indicazione a tut-te le branche della sua amministra-zione: le assunzioni nel Governo fe-derale devono avvenire senza consi-derare se gli aspiranti dipendenti so-no o non sono disoccupati di lungotermine. Di fronte a una possibilitàdi impiego, tutti devono avere lestesse opportunità.

Ed è su questo punto che il presi-dente americano ha insistito, ieri, in

un incontro con i numeri uno di al-cune delle più importanti impresedel Paese, ricevuti alla Casa Bianca:dal ceo di Bank of America, BrianMoynihan, a quello di McDonald’s,Don Thompson, passando per l’am-ministratore delegato di Boeing, JimMcNerny, e a quello del fondo diinvestimento Blackrock, Larry Fink.Da tutti Obama ha ricevuto la pro-messa che la questione occupaziona-le sarà messa al centro delle politi-che aziendali.

Intanto, sono già oltre trecento leaziende che hanno aderito all’app el-lo del presidente: fra queste, ventirientrano nella classifica delle primecinquanta società più ricche. «IlCongresso continua a perdere tempo— ha denunciato Obama — ancheper misure che dovrebbero essere va-rate con la massima urgenza, vedi laproroga delle indennità di disoccu-pazione. Allora noi andremo avanti,e agiremo per cercare di aggredireseriamente il problema».

MOSCA, 1. Paesi emergenti ancoranell’occhio del ciclone. Dopo la re-lativa quiete di due giorni fa, ierisono tornati i ribassi sui mercativalutari di quelle nazioni che fino apoco tempo fa guidavano la ripresamondiale, ma che ora stanno assi-stendo a forti movimenti di capitaliin uscita. E questo principalmentea causa dell’avvio della riduzionedegli stimoli monetari della FederalReserve, la Banca centrale america-na.

Nonostante gli «interventi illimi-tati» promessi dall’istituto centralerusso, il rublo ha ceduto l’un percento sul dollaro, tornando ai mini-mi da cinque anni. Ha perso l’unper cento anche la lira turca, nono-stante la stretta monetaria senzaprecedenti attuata dalla Banca cen-trale di Ankara, che continua avendere valuta estera nella speran-za di frenarne il deprezzamento.Sempre ieri, in Sud Africa il rand ètornato ad arretrare, e il rendimen-to dei titoli di Stato decennali è sa-lito ai massimi da due anni e mez-zo, con conseguenze gravissime perfamiglie e aziende.

Il caso turco — dicono gli anali-sti — resta quello più emblematico.La lira ha infatti perso circa il dieciper cento nell’ultimo mese, nono-stante le misure massicce volute dalGoverno. L’agenzia di rating statu-nitense Moody's ha messo in guar-dia: «Una violenta svalutazionedella lira e l’erosione delle riserve

valutarie possono far esplodere unacrisi e mettere sotto pressione il ra-ting sovrano».

Secondo i dati di Epfr Global,società che monitora i flussi d’inve-stimento nel mondo, solo questasettimana dai fondi azionari dedi-cati ai Paesi emergenti sono stati ri-tirati oltre sei miliardi di dollari,mentre per il mese di gennaio si re-gistrano in totale flussi in uscitaper 12,2 miliardi di dollari. Daifondi obbligazionari invece sonovolati via 2,7 miliardi di dollariquesta settimana e 4,6 miliardi dainizio anno. Cifre incredibili, chedi fatto confermano tutta la gravitàdella crisi in atto.

Alla radice di tutto sta la deci-sione della Fed di iniziare il ritirodegli incentivi all’economia. LaBanca centrale ha immesso nelmercato più di 4.000 miliardi di li-quidità aggiuntiva, dal 2009 a og-gi. Una terapia estrema, che hafunzionato discretamente, e i cui ri-sultati si stanno cominciando a ve-dere. Ma il ritirarsi di questa im-mensa marea di dollari sta avendoeffetti disastrosi. La liquidità dispo-nibile si sta riducendo e quindi gliinvestitori investono di meno, op-pure preferiscono investire su Paesicon basi più solide. In sostanza, gliinvestitori hanno meno “cartucce”per puntare sui mercati emergenti,quelli che garantiscono maggiorirendimenti a fronte di un rischioun po’ più alto.

SAN SALVAD OR, 1. Vigilia di elezioniin Salvador, dove domani si terrà ilvoto per le presidenziali. Cinque icandidati che andranno a sfidarsiper succedere a Mauricio Funes,primo presidente espressione dell’exguerriglia del fronte FarabundoMartí per la liberazione nazionale(Fmln), che lascerà il mandato ilprossimo 31 maggio. Poco meno dicinque milioni di elettori sono attesiin 1.593 seggi, tra ingenti misure disicurezza. I principali candidati allacarica di presidente sono il vice pre-sidente Salvador Sánchez Cerén,candidato del Governo uscente, e il

sindaco di San Salvador, NormanQuijano, esponente della Alleanzarepubblicana nazionalista (Arena).Ci sono poi Elías Antonio Saca,l’ultimo presidente di Arena, e oggicandidato del movimento Unidad;Oscar Lemus, del partito Fraternitapatriota, e René Rodríguez, delpartito Progressista. Secondo il pa-rere di numerosi sondaggisti, saràmolto difficile che uno dei candida-ti possa superare già al primo turnola quota del cinquanta per centodelle preferenze necessario per vin-cere le elezioni senza ricorrere alballottaggio.

ROMA, 1. Desta preoccupazione aRoma la piena del Tevere dopo lepiogge abbattutesi in questi giornisull’Italia centrale. Questa mattina ilfiume ha tracimato tra il ponte Ducad’Aosta e il Lungotevere della Vitto-ria, invadendo la pista ciclabile. Loha confermato il delegato alla sicu-rezza del Campidoglio dopo un so-pralluogo. Il tratto interessato si tro-va nella zona dello Stadio Olimpico.La Protezione civile ha minimizzato

l’accaduto escludendo il rischio diallagamenti su vasta scala nel centrodalla capitale. Ma la situazione vienecostantemente monitorata ancheall’altezza dell’Isola Tiberina. Alcu-ne zone più periferiche della città, aoltre 24 ore dal nubifragio di ieri,sono ancora alle prese con gravissimidisagi. Molte strade sono ancorachiuse, mentre in altre la circolazio-ne risulta pericolosa a causa di vora-gini e buche.

Page 3: L’osservatore romano (02.Fev.2014)

L’OSSERVATORE ROMANOdomenica 2 febbraio 2014 pagina 3

Alle urne per le legislative boicottate dall’opp osizione

Fiato sospesoin Thailandia

BA N G KO K , 1. Alle prese da oltre tremesi con una gravissima crisi poli-tico-istituzionale, che ha ancheprovocato dieci morti, 800 feriti emigliaia di arresti, la Thailandia sireca domenica alle urne per le ele-zioni legislative anticipate.

Il risultato, dato il boicottaggiodell’opposizione, appare scontato,con il Governo della premier,Yingluck Shinawatra, che non do-vrebbe incontrare nessun ostacolo.

Ma l’importanza dei numeri cheusciranno dallo scrutinio è relativa,rispetto al timore di nuove violenzee, soprattutto, alla consapevolezzache il voto non potrà rappresentareuna soluzione per lo scontro istitu-zionale in atto tra i due blocchi.

La tensione è palpabile. Per ilterzo giorno consecutivo, i manife-stanti anti-governativi hanno tenu-to marce di protesta nel centro diBangkok, e ancora una volta ignotihanno aperto il fuoco contro i lororaduni.

Il leader dell’opposizione, l’exvice premier, Suthep Thaugsuban,ha ribadito davanti ai sostenitori

l’impegno a non ostacolare in al-cun modo le operazioni di voto.Ma le autorità hanno già dispiega-to in tutto il Paese circa 200.000poliziotti, 10.000 dei quali nella so-la capitale, dove ci saranno anche7.000 soldati in assetto antisom-mossa. Si temono disordini, comeaccaduto una settimana fa nellaprima tornata del voto anticipato,quando la protesta ha costretto allachiusura di quasi tutti i seggi aBangkok, oltre a quelli di dieciprovince meridionali.

Le elezioni, indette da Yingluckper rilanciarsi sotto la pressionedelle proteste e ottenere nuova le-gittimità, arrivano al termine diuna campagna elettorale surreale,senza comizi da parte dei candidatie con migliaia di manifesti detur-pati da vandali. In lizza ci sono 53movimenti, ma non il Partito de-mocratico, il principale dell’opp osi-zione, che ha optato per il boicot-taggio, allineandosi sempre più conla protesta di piazza che chiede lafine del potere dei Shinawatra. In-vece del voto, ritenuto «inutile»,l’opposizione chiede l’istituzione diun Consiglio del popolo, che ap-provi diverse riforme. Ma questa ri-chiesta è sempre stata respintadall’Esecutivo. Il partito Puea Thaidi Yingluck — sorella dell’ex primoministro Thaksin, in auto-esilio persfuggire a una condanna per corru-zione — otterrà, quindi, la grandemaggioranza dei voti, grazie alconsenso ancora solido in partico-lare nel popoloso nord-est rurale.

Ma la sua vittoria rischia di esse-re effimera. Data l’assenza di can-didati in ventotto collegi, la legisla-tura non potrà nascere per man-canza del necessario quorum. E percolmare il vuoto di potere potreb-bero essere necessarie elezioni sup-pletive. Autorevoli analisti intrave-dono, inoltre, un successivo inter-vento della magistratura, considera-ta favorevole alla protesta, comeampia parte dell’establishment tra-dizionale, che potrebbe portare adun futuro annullamento delle legi-slative grazie a qualche cavillo.

Due casi giudiziari contro la pre-mier e 250 parlamentari del PueaThai sono già avviati, e le relativesentenze sono attese nelle prossimesettimane.

Allarme dell’Onu per l’emergenza umanitaria provocata dal conflitto

Quasi un milione di profughinel Sud Sudan

JUBA, 1. Si avvicina ormai al milioneil numero dei profughi provocati dalconflitto civile in Sud Sudan esplosolo scorso 15 dicembre tra i repartidell’esercito fedeli al presidente Sal-va Kiir Mayardit e quelli che fannoriferimento all’ex vice presidenteRijek Machar. Secondo stime delleNazioni Unite, infatti, sono circa740.000 gli sfollati interni nei setteStati sudsudanesi, sui dieci totali, in-vestiti dagli scontri armati, incomin-ciati nella capitale Juba e poi estesia quasi tutto il Paese. Agli sfollatiinterni si aggiungono 123.400 perso-ne — il dato è aggiornato a domeni-ca scorsa — fuggite in Kenya, Ugan-da, Etiopia e Sudan. Il maggior nu-mero di sfollati interni si trovanonello Stato di Unity. Un comunicatodell’Ocha, l’ufficio dell’Onu per ilcoordinamento degli interventi uma-nitari, specifica che nello Unity cisono oltre cento siti di sfollati e che18 di questi ospitano oltre diecimilapersone ciascuno. «Le organizzazio-ni umanitarie hanno già assistito cir-ca 300.000 persone, la maggioranzafuori dalle sedi Onu in zone rurali»,si legge nel comunicato. L’O chaprecisa, peraltro, che i dati sono par-ziali, in quanto il numero degli sfol-lati aumenta quotidianamente per ilprotrarsi delle violenze, soprattuttonegli Stati dello Jongley, dei Laghi,dell’Alto Nilo e appunto di Unity.

Non sembra ancora consolidato,infatti, il cessate il fuoco al quale ledue parti si erano dette disposte lasettimana scorsa nell’ambito del ne-goziato avviato ad Addis Abeba periniziativa dell’Autorità intergoverna-tiva per lo sviluppo, un organismoformato da sei Stati dell’area, al qua-le si erano poi affiancati mediatoridell’Unione africana e della Cina,principale acquirente del petroliosudsudanese.

Uno sviluppo ulteriore è arrivatodue giorni fa, con un diverso accor-do di cessate il fuoco firmato tra ilGoverno di Juba e il gruppo ribelleguidato dall’ex generale David YauYau, attivo nello Jonglei dal 2012.L’accordo, sottoscritto anch’esso adAddis Abeba, è stato raggiunto gra-zie all’opera della Iniziativa di me-diazione dei leader religiosi (Clmi,nell’acronimo in inglese) sudsudane-si. Un comunicato della Clmi haevidenziato che l’intesa «mira a crea-re un ambiente favorevole per nego-ziati di pace tra le parti», non soloin riferimento allo Jonglei, ma allasituazione generale del Paese.

Civili in fuga dai combattimenti nello Jonglei (Reuters)

Tra le comunità cristiana e musulmana nello Stato di Kaduma

Riprendono in Nigeria le violenzea sfondo etnico-religioso

Intesa militaretra Arabia Saudita

e Indonesia

JA KA R TA , 1. Indonesia e Arabia Sau-dita hanno raggiunto ieri un accordodi collaborazione in ambito militare,il primo del suo genere tra i duePaesi. L’intesa è stata firmata dal vi-ce ministro della Difesa saudita,Salman bin Abdulaziz Al Saud, edal ministro della Difesa indonesia-no, generale Sjafrie Sjamsoeddin.L’accordo prevede sinergie nei campidell’addestramento militate, dell’an-titerrorismo e dell’industria militare.

Il ministero indonesiano ha ricor-dato che gli attentati terroristici ne-gli ultimi anni hanno gettato unacattiva luce sul mondo islamico eche l’Arabia Saudita è uno dei Paesipiù colpiti dal terrorismo. Anchel’Indonesia ha subito attacchi con-dotti da gruppi di estremisti islamici.L’accordo prevede esercitazioni co-muni delle forze speciali antiterrori-smo dei due Paesi, nonché lo scam-bio di informazione sui gruppi terro-ristici.

L’industria della difesa in Indone-sia potrebbe dal canto suo ottenereenormi commesse dall’Arabia Saudi-ta. Infatti, ci sono stati già vari con-tatti e richieste di spiegazioni tecni-che riguardanti l’equipaggiamento didifesa indonesiano. Per l’Arabia Sau-dita, l’intesa con l’Indonesia rientrain una più ampia strategia di espan-sione delle relazioni con i Paesi isla-mici al di fuori del Medio oriente.

Risale solo ad alcuni giorni fa unaltro accordo in materia di difesa daparte dell’Arabia Saudita con il Pa-kistan. Il Governo di Riad è interes-sato a comprare l’aereo da combatti-mento cinese-pakistano JF- 1 7.

Undici i candidati alla successione di Hamid Karzai

Al via la campagna per le presidenziali afghane

Sessanta morti in combattimenti tra ribelli sciiti e membri armati della tribù degli Hashid

Sanguinosi scontri nello Yemen

Un militare a San’a (Epa)

SAN’A, 1. Ancora violenze nello Ye-men. Almeno sessanta persone so-no state uccise ieri in scontri tra ri-belli sciiti e membri armati dellapotente tribù degli Hashid nelnord del Paese. Lo hanno riferitofonti tribali alla France Presse.Stando a queste fonti, quaranta uo-mini sono morti tra le file deglisciiti e venti tra gli Hashid. Le vio-lenze tra questi gruppi sono in cor-so dal 5 gennaio scorso e hannocausato finora oltre cento morti.Entrambi i fronti cercano di esten-dere la loro influenza nella pro-spettiva che lo Yemen diventi unoStato federale.

Sempre ieri, nel sud del Paese,quindici soldati sono stati uccisi daun gruppo sospettato di legamicon Al Qaeda.

Proprio sul progetto di costituireuno Stato federale nello Yemen è

stata istituita una commissione spe-ciale da parte del presidente AbdRabbo Mansour Hadi. L’agenziadi stampa Saba spiega che la com-missione sarà guidata dallo stessoHadi e si impegnerà nel valutare lapossibilità di dividere il Paese indue o sei regioni. La commissione,composta da rappresentanti di va-rie zone dello Yemen, elaborerà untesto che dovrà essere inserito nellanuova Costituzione. Il progetto diuno Stato federale è emerso duran-te la conferenza per il dialogo na-zionale, sostenuta dall’Onu e cheha rappresentato un importantetraguardo nel processo di transizio-ne democratica. La conferenza si èconclusa appunto con la richiestadi stabilire un sistema federale nelPaese per cercare di rispondere allerichieste di autonomia del sud.

ABUJA, 1. Una famiglia cristiana disette persone è stata sterminata ierinello Stato centro-settentrionale ni-geriano di Kaduna e la strage è sta-ta seguita da rappresaglie contromusulmani nelle quali è stata uccisaalmeno una persona. Quanto acca-duto conferma come l’identità reli-giosa sia sempre più spesso pretestoper le violenze nelle devastate re-

gioni settentrionali e centro-setten-trionali della Nigeria. All’azione diBoko Haram, il gruppo di matricefondamentalista islamica responsa-bile da quattro anni dell’uccisionedi migliaia di persone negli Statisettentriolanu di Yobe, Kano eAdamawa, si affiancano in quelli li-mitrofi gli scontri tra comunità diallevatori, in prevalenza musulmani,

e coltivatori, soprattutto cristiani,da sempre registrati nell’area, maintensificati negli ultimi anni.

Secondo quanto riferito da testi-moni locali citati dalle agenzie distampa internazionali, l’ultimo gra-ve episodio è avvenuto nel villaggiodi Unguwar Kajit. Uomini armatisconosciuti, arrivati a bordo diun’autovettura e di una motociclet-ta in piena notte, hanno sfondato laporta di un’abitazione di una fami-glia cristiana e ne hanno ucciso tut-ti i sette componenti.

I testimoni hanno aggiunto chegruppi di giovani cristiani hannoattribuito l’attacco ai musulmani esi sono scatenati per vendicarsi,bruciando abitazioni e moschee, inuna della quali è appunto mortauna persona.

Nella zona già nel recente passa-to si erano verificati analoghi episo-di. Lo Stato del Kaduna, tra l’a l t ro ,fu uno di quelli maggiormente in-vestiti dalle violenze che nel 2011segnarono le elezioni per la presi-denza federale della Nigeria, vinteda Goodluck Jonathan, un cristianodel sud, contro Muhammadu Buha-ri, un musulmano del nord.

Secondo stime di organizzazioniumanitarie attive in Nigeria, negliultimi tre anni le violenze nello Sta-to di Kaduna hanno provocato ol-tre cinquecento morti.

KABUL, 1. Si apre domani la cam-pagna elettorale per le presidenzialiafghane, fissate per il prossimo 5aprile. Sono undici candidati allasuccessione di Hamid Karzai. L’ap-puntamento elettorale riveste parti-colare importanza perché s’inseriscein uno scenario caratterizzato dalpogressivo disimpegno del contin-gente internazionale. Entro la finedel 2014 sarà stato completato il ri-tiro delle truppe Nato e dopo la re-sponsabilità della sicurezza — difronte alle perduranti violenze tale-bane — sarà definitivamente nellemani delle forze locali. In questocontesto il nuovo presidente afgha-no sarà chiamato a stabilire, con ilsostegno del suo Governo, prospet-tive e dinamiche in grado di assicu-rare al Paese un assetto istituziona-le, politico e militare sufficiente-mente stabile.

Nello stesso tempo il nuovo ca-po di Stato dovrà, molto probabil-mente, far ripartire con nuovo slan-cio i rapporti con gli Stati Uniti,da tempo sotto pressione. In parti-colare si sta confermando comenon idilliaca l’intesa tra Karzai eWashington. Il divario si sta allar-gando a causa dell’accordo sulla si-curezza per il dopo 2014: il presi-dente afghano intende firmarlo solodopo le presidenziali, gli Stati Uni-ti, invece, il prima possibile.

Una conferma dei tesi rapportifra i due Paesi viene poi, com rife-risce il «Daily Times», dalla deci-sione di Washington di non finan-ziarie, come accadeva in preceden-za, i sondaggi di opinione in Af-ghanistan in vista del voto per lepresidenziali. Riferisce il quotidia-no che la decisione sarebbe statapresa come risposta alle accuse, daparte di alcune autorità afghane,secondo cui Washington sarebbeimpegnata a influenzare l’esito del-

le presidenziali. Il «Daily Times»ricorda che gli Stati Uniti sono ilPaese più munifico a beneficiodell’Afghanistan: la decisione dinon assicurare i previsti finanzia-menti legati ai sondaggi di opinio-ne la dice dunque lunga sugli at-tuali, difficili rapporti tra i duePa e s i .

Nell’ultimo numero dell’«Econo-mist» si rileva che Karzai «sta gio-cando con il fuoco» a propositodel suo modo di gestire l’intesa congli Stati Uniti. Nell’articolo si affer-ma che il capo dello Stato afghano

sta «denigrando» gli Stati Uniti eciò alla fine rischia di compromet-tere seriamente la sicurezza dell’Af-ghanistan. Non fosse altro perl’eventualità, già più volte indicatada Washington, di adottare l’opzio-ne zero — cioè nessun soldato ame-ricano rimarrà in Afghanistan dopoil 2014, neppure con compiti logi-stici — se Karzai rimarrà arroccatonella sua posizione riguardo allatempistica sulla firma del trattato dis i c u re z z a .

Sul fronte pakistano, intanto, sisegnala quanto affermato dal nuo-

vo Alto commissario britannico peril Pakistan, Philip Barton. Citatodal «Daily Times», il diplomaticosottolinea che il terrorismo conti-nua a rappresentare la più grandesfida per il Paese. Di conseguenzasi rende necessaria una sempre piùforte collaborazione tra i due Paesiper vincere tale sfida. Barton hapuntato il dito, tra l‘altro, sulla de-bolezza del sistema giudiziario pa-kistano, spesso ostaggio dei terrori-sti che cercano di sottrarsi «agli ar-tigli della legge».

Ribelli filippinire c l u t a n o

bambini-soldato

MANILA, 1. L’offensiva militaredell’esercito filippino contro lepostazioni dei ribelli del movi-mento dei Combattenti islamiciper la libertà del Bangsamoro(Biif) nella provincia meridionaledi Maguindanao ha provocato lamorte di 53 guerriglieri, fra cuitre bambini-soldato. Lo ha co-municato il portavoce regionaleDickson Hermoso, precisandoche il Biif sta impiegando bam-bini con armi e tute mimetiche.«Non possiamo più fare nessunadiscriminazione durante gli at-tacchi» ha detto. Il reclutamentodi bambini-soldato fra le fila delBiif è stato denunciato anchedalla Commissione nazionale peri diritti umani.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 domenica 2 febbraio 2014

I misteri irrisolti dei papiri Bodmer

Biblioteca nella sabbiaA più di sessant’anni dalla loro scoperta in Egitto

di ALBERTO CAMPLANI

A più dei sessant’anni dalla loroscoperta fortuita in Egitto(1952?), seguita dal loro acqui-sto segreto — avvenuto nell’am-bito del mercato antiquario a

blocchi e probabilmente in modo parziale— a opera della segretaria di Martin Bod-mer, uno dei grandi mecenati del secoloscorso (1899-1971), e dal loro arrivo a Gine-vra, i papiri Bodmer non smettono di na-scondere i loro segreti e costituiscono l’og-getto di un’inesausta ricerca da parte deglistudiosi delle più diverse discipline. Èquanto è accaduto del resto anche per altrifondi librari scoperti nelle sabbie egiziane,ad esempio i codici papiracei copti, diorientamento gnostico, scoperti vicino aNag Hammadi qualche anno prima (1945).

Questo vivo interesse non stupisce se siconsidera l’importanza dei materiali che icodici Bodmer conservano, tutti di notevo-

le antichità, essendo i manoscritti colloca-bili tra III e V secolo dell’era cristiana (eforse oltre): testi biblici in greco e in coptotra i più antichi e importanti sia per l’Anti-co che per il Nuovo Testamento; ma ancheopere teatrali classiche credute perdute co-me il Dyskolos del commediografo Menan-dro, note ormai anche a studenti di scuola

donati a Paolo VI e a Benedetto XVI), luo-go caratterizzato da uno spettacolare pano-rama sul lago e dotato di un museo apertoal pubblico — a dire il vero non sono tuttidi papiro, come farebbe credere la loro de-signazione tradizionale (Papyri Bodmer),ma anche di pergamena; le lingue preva-lenti dei testi sono il copto e il greco, mauna discreta quantità di testi è anche in la-tino.

Studiare questo insieme di codici signifi-ca tentare di ricostruire un momento signi-ficativo delle trasformazioni culturali e reli-giose in Egitto e nel Mediterraneo tra III eIV secolo. Si tratta di ambienti di éliteamanti della cultura classica, ma aperti an-

biblioteche, e permettesse di rispondereanche soltanto ad alcune delle tante que-stioni che il fondo ancora oggi continuaporre al mondo contemporaneo.

Sul tappeto infatti ci sono ancora pro-blemi di grande rilievo, a partire ad esem-pio dalla misteriosa località dove è avvenu-ta effettivamente la scoperta della bibliote-ca: nell’ambito di un monastero di monacipacomiani, non lontano da Nag Hammadi,o in località più distanti e a nord, comeAchmim, Assiut o Miniah? Per passare poialla consistenza effettiva di questo fondo,dato che probabilmente alla campagna diacquisto di Martin Bodmer sfuggirono al-cuni codici, i quali presero altre vie, ad

Esposta eccezionalmente a Brera la tela «I martiri di Nagasaki» di Tanzio da Va r a l l o

Settanta metri di persecuzione

Alla SapienzaIl 3 febbraio a Roma, all’universitàLa Sapienza, si svolgerà il convegno«I Papiri Bodmer. Biblioteche,comunità di asceti e cultura letterariain greco e copto nell’Egitto tardoantico». Il coordinatore, che è ancheuno dei relatori, ha anticipato alnostro giornale i temi dell’i n c o n t ro .

secondaria; o il Co-dice delle visioni, cheè un insieme di te-sti poetici in dialet-to omerico in cuipoeti del IV secolodescrivono le loroesperienze religioseo esprimono a mo-do loro le tradizio-ni bibliche; e anco-ra, testi copti di ca-rattere biblico oomiletico; l’omeliasulla Pasqua di Me-litone di Sardi e gliAtti del vescovomartire Filea diTmuis, vittima illu-stre della persecu-zione di Dioclezia-no (303-305 dell’eracristiana). Senzatralasciare poesie li-turgiche e inni inlatino.

I codici — p re s e r -vati oggi presso laFondazione Bod-mer a Cologny, vi-cino a Ginevra(due di questi sonoconservati nella Bi-blioteca Vaticana,in quanto sono stati

di SANDRA IS E T TA

Capolavori nascosti anche alla più cliccataenciclopedia online, Wikipedia, dove lavoce «Ventisei martiri del Giappone» è il-lustrata con un’opera giapponese del seco-lo XVII ma è ignorato il grande dipinto diAntonio d’Enrico, detto Tanzio da Varallo(1580?-1633, Martirio dei Francescani a Na-gasaki). La tela, dal soggetto insolito, fainfatti parte di un gruppo di importantiopere lombarde del XVII secolo, solitamen-te sottratte al percorso museale della Pina-coteca di Brera per ragioni di spazio. Finoal 9 febbraio saranno visibili al pubblicograzie alla proroga della mostra «Seicentolombardo a Brera. Capolavori e riscoper-te», mostra e catalogo (Milano, Skyra,2013, pagine 176, euro 39) a cura di Simo-netta Coppa e Paola Strada. Si tratta diquarantasei dipinti, tutti di grande forma-to, realizzati a partire dall’età di FedericoBorromeo fino alla seconda AccademiaAmbrosiana, istituita dal cardinale milane-se nel 1620 «per la formazione degli artisti,

1622, la piazza San Fedele divenne teatrodella famosa festa di canonizzazione deisanti Ignazio e Francesco Saverio, padrefondatore della Chiesa del Giappone, dovesbarcò il 15 agosto del 1549. La sua attivitàdi evangelizzazione fu portata avanti da al-tri gesuiti e francescani e, in seguito, ancheda domenicani e agostiniani.

Nel 1590, dopo soli quarant’anni dallapredicazione di Francesco Saverio, il nu-mero dei cristiani salì a circa duecentomila

sei giorni, attraverso le città di Kyoto,Osaka e Sakai, fino a Nagasaki. La proces-sione dei martiri era preceduta da un ban-ditore che su una tavola esibiva la sentenzadel dittatore: «Io Hideyoshi condanno co-storo a morte perché, nonostante la miaproibizione, hanno predicato ed abbraccia-to la dottrina cristiana; ordino che sianocrocefissi a Nagasaki e che rimanganoesposti in croce». La fila di croci era lungasettanta metri.

Tre filari di crocicon la messa a fuocodel drammatico primo pianodi volti e corpidi martiri e persecutoriLa tela solitamente non fa partedel percorso della pinacoteca

ai quali consegnare la responsabilità di dif-fondere la fede attraverso le immagini sa-cre» (Sandrina Bandera). L’interesse per learti di Federico Borromeo, arcivescovo diMilano dal 1594 al 1631 e cugino di CarloBorromeo, guadagnò il titolo di “b orro-maica” alla scuola pittorica milanese delperiodo, caratterizzata da un tono solennee drammatico impiantato su una culturacaravaggesca.

L’Accademia Ambrosiana ebbe vita bre-ve. La sua chiusura nel 1630 in seguitoall’epidemia della peste fu uno dei motivi— secondo Bandera — per cui la pitturalombarda del Seicento «è considerata tra-dizionalmente un fenomeno artistico menoimportante della pittura emiliana e diquella contemporanea di altri centri, comeNapoli, o Firenze». L’origine della culturapittorica lombarda risale all’arte della Val-sesia, al fenomeno drammatico dei SacriMonti e a quello stile quasi teatrale, allastregua di tableaux vivants, creato tra scul-tura e pittura da Gaudenzio Ferrari, cheinfluenzò Tanzio da Varallo. Quest’ultimoconsacra alla devozione francescana diver-se sue opere, tanto che la tradizione storio-grafica locale fa terminare la sua vita a Va-rallo, nel convento francescano di SantaMaria delle Grazie, da cui proviene Ilmartirio dei francescani a Nagasaki che ren-de testimonianza della sua fedeltà all’or-dine.

Nell’inventario napoleonico del 13 giu-gno 1811, stilato dopo la soppressione delconvento (1810), la tela viene attribuitaespressamente a Tanzio, con una stima pe-raltro elevata, tale da motivarne la requisi-zione per il museo braidense (SimonettaCoppa, Tanzio da Varallo, 2000). Tra i pro-tomartiri di Nagasaki ci furono anche tregesuiti. L’ordine gesuitico ebbe grande ri-lievo all’epoca di Borromeo e si fece pro-motore del teatro come uno dei più impor-tanti strumenti di comunicazione: consue-tudine dei collegi gesuitici era la recitazio-ne di commedie e tragedie in occasionedelle feste della renovatio studiorum. Nel

e la comunità di Nagasaki di-venne il cuore del nuovo popo-lo di Dio giapponese. La rea-zione persecutoria nipponica —decretata dallo shogun To y o t o -mi Hideyoshi e fomentata daibonzi, a tutela del buddismo edello scintoismo — culminò neiprimi trent’anni del Seicento,con l’esecuzione di circa due-cento cristiani. La notizia delcruento eccidio di Nagasaki (5febbraio 1597) raggiunse il vec-chio continente e già nel 1601 ilfrancescano spagnolo Marcelode Ribadeneira ne pubblicavail resoconto.

I martiri di Nagasaki furonobeatificati da Papa Urbano VIIInel 1627 e probabilmente inquella circostanza fu realizzatauna stampa dell’acquaforte diJacques Callot per promuoverela devozione ai neo martiri.Nella tela, Tanzio li rappresen-ta ricalcando l’iconografia uffi-ciale inaugurata da Callot, mane enfatizza la prospettiva sce-nica dei tre filari di croci con lamessa a fuoco del drammaticoprimo piano di volti e corpi dimartiri e persecutori. Anchesotto minaccia di morte, nessu-no rinnegò la propria fede.

Nel gelido inverno giappo-nese, mutilati dell’orecchio sini-stro, i martiri furono trasportatisu carri in un viaggio di venti-

Testi biblici in greco e in coptotra i più antichi e importantisia per l’Antico Testamento che per il NuovoMa anche opere teatrali classiche credute perdutecome il «Dýskolos» di Menandro

lingua letteraria dei ceti egiziani più pro-grediti e ellenizzati, ambienti che vivono letensioni e le novità del panorama religiosodel IV secolo, con le ultime persecuzioni el’inizio dell’era costantiniana, l’affermazio-ne della Chiesa istituzionale e la nascitadel monachesimo.

La ricerca su questo fondo si caratterizzanecessariamente come interdisciplinare, inquanto deve comprendere in sé competen-ze bibliologiche, linguistiche, storico-cultu-rali, religiose: per questo motivo, pressol’università La Sapienza di Roma, ungruppo di tre docenti, e cioè un filologoclassico (Gianfranco Agosti), una coptolo-ga (Paola Buzi) e uno storico del cristiane-simo (chi scrive), hanno deciso di metterein dialogo le loro metodologie per elabora-re un progetto di ricerca e organizzare unagiornata di studio — lunedì 3 febbraiopresso la facoltà di Lettere — che coinvol-gesse esperti di paleografia, di lingue anti-che, di poesia greca, di codici antichi e di

che alla nuova religione,che essi cercano di espri-mere secondo i loro tradi-zionali moduli espressivi,ambienti che, pur ricono-scendo l’importanza delgreco e del latino, vedo-no volentieri crescere inimportanza culturale e re-ligiosa il copto, la nuova

esempio le biblioteche accademiche di Sta-ti Uniti, Spagna, Irlanda, Inghilterra, Ger-mania: quali codici appartengono effettiva-mente a questa antica biblioteca e permet-tono di caratterizzarla, così come di rico-struire gli ambienti che l’hanno curata?Quanti invece ne andrebbero esclusi? Perarrivare infine alla questione della com-prensione culturale dei codici e alla rico-struzione storica degli ambienti che nehanno favorito la crescita, promuovendo latrascrizione di testi di diverso orientamentoculturale e di diversa lingua: sono semprestati gli stessi o invece un ambiente si è so-stituito a un altro? Soltanto la precisionedelle informazioni sulla storia dei fondimanoscritti, la serietà dell’approccio criticoe la ricerca quotidiana, lontana dai clamoridella ribalta, permetteranno una compren-sione sempre più profonda, anche se noncompleta, di uno dei grandi fenomeni del-la cultura tardoantica.

Gli ultimi mesi di Kafka ricostruiti con delicatezza in un romanzo di Michael Kumpfmüller

Franz e la meraviglia della vitadi SABINO CARONIA

«Si può ritenere che la meraviglia della vi-ta sia sempre a disposizione di ognuno intutta la sua pienezza, anche se essa rimanenascosta, profonda, invisibile» scrive FranzKafka nei suoi Diari. E La meraviglia dellavita (Vicenza, Neri Pozza, 2013) è intitola-to il romanzo di Michael Kumpfmüllerche ci mostra Kafka sotto una luce incon-sueta.

È l’estate del 1923. Kafka con la sorellaElli e i suoi tre bambini va a Muritz sulBaltico. A pochi metri dalla sua stanza c’èuna colonia estiva della Casa popolareebraica di Berlino: bambini «sani, allegri,appassionati, con gli occhi azzurri, ebreiorientali salvati dal pericolo berlinese daebrei occidentali» e ragazze che si occupa-no di loro, «narcisi», «gigli fra cardi spi-nosi», «occhi di colombe», «capelli comegreggi di capre». Tra queste Dora che la-vora nella colonia come cuoca. Una sera divenerdì è organizzata una festa in onoredel misterioso Dottore. Dora è in cucina apreparare la carne. A un certo punto losconosciuto appare nella camera e con vo-

ce dolce le dice: «Che mani delicate, e de-vono fare un lavoro così sanguinoso!».Dopo tre settimane hanno già deciso diandare insieme a Berlino. Sognano di tra-sferirsi in Palestina e di vivere gestendo unristorante: lei cuoca, che sapeva a malape-na cucinare, e lui cameriere, che non avevamai servito a tavola e riusciva a malapena

in sicurezza e beltà». È il Kafka di unadelle ultime lettere a Milena: «In ottobrevolevo andare in Palestina, ne parlammo,beninteso non si sarebbe avverato mai, erauna fantasia come di uno che sia convintodi non lasciare mai il letto. Se non lasceròmai il letto perché allora non dovrei anda-re fino in Palestina?». È il Kafka che a ot-

retorica da parte di Kumpfmüller. Non c’èspazio qui per le parole di Dora al capez-zale del moribondo («Mio caro, mio caro,oh tu, così buono!»), non per quelle suDora riferite da Robert Klopstock ai geni-tori di Kafka («Soltanto chi conosce Dorapuò sapere che cosa sia l’amore»), non perquelle ultime, disperate che Kafka rivolgeallo stesso Klopstock al culmine della suaagonia: «Mi uccida, altrimenti lei è un as-sassino».

Una misura esemplare quella del roman-zo di Kumpfmüller che risalta soprattuttonelle pagine finali, in cui è descritto l’arri-vo a Praga di Dora che accompagna la ba-ra di Kafka e il suo breve soggiorno primadel ritorno alla città da cui era partita: «Èl’inizio di agosto, si è già procurata il bi-glietto, le valigie sono pronte, basta anda-re, senza tanti saluti ed è esattamente quel-lo che fa. Vi scriverò, dice, ma per ora va aBerlino, dove l’aspettano un’estate roventee i libri di Franz. Li ha tutti con sé, anchequello nuovo, per il quale è ancora troppopresto, perciò sfoglia i precedenti, leggequa e là un incipit, il titolo Undici figli lepiace subito, sa molto di Franz».

a mangiare. Il viaggio a Berlino come pre-parazione a quello in Palestina.

È lo stesso Kafka che nei colloqui conGustav Janouch — quei colloqui dove ilcristiano Janouch ci mostra un Kafka chesi interroga sulla fede, sul Cristo, sulla gra-zia, sul valore del francescanesimo — di-chiara di voler abbandonare tutto per an-dare in Palestina a vivere «una vita sensata

la perduta con una realtà diversa, quelladel suo racconto, falsa forse ma veritierasecondo le leggi della narrativa, lo stessoche in La tana scrive «da essi [i nemici in-terni] non può salvarmi neanche quellavia; anzi probabilmente non mi salva innessun caso, ed è invece la mia rovina: pe-rò è una speranza e senza di essa non pos-so vivere». Nessuna santificazione, nessuna

Compresi che se in qualche modovolevo sopravviverebisognava partire per la PalestinaCerto non ero capace di farloma dovevo pure acquistare una speranza

tobre del 1923 scrive alla sorella Ot-tla: «Compresi che se in qualche mo-do volevo sopravvivere, bisognava...partire per la Palestina. Certo nonero capace di farlo... ma dovevo pureacquistare una speranza», quello, ap-punto, che, durante l’inverno del1923, nel parco di Steglitz incontrauna bambina in lacrime che ha persola bambola e le sostituisce la bambo-

Martin Bodmer

Il Padre nostro e l'insegnamento di Gesù sulla preghierasecondo il Vangelo di Luca (11, 1-13) in un foglio del papiro

Bodmer XIV-XV

Page 5: L’osservatore romano (02.Fev.2014)

L’OSSERVATORE ROMANOdomenica 2 febbraio 2014 pagina 5

Omaggio a don Arturo Paoli su «l’E s p re s s o »

La sostenibile leggerezza della carità

A cento anni dallo scoppio della prima guerra mondiale

Tra realismo e utopiaI difficili equilibri della diplomazia per evitare i conflitti

Per lo storico Edward Hallett Carrnell’uomo c’è un qualcosa che si rifiutadi inchinarsi al nudo potereche esige giustizia e uguaglianzaE che cercadi rendere il mondo un posto migliore

Madre Teresa sul grande schermo

Ho sete

Nuove frontiere della biologia e giornata della vita

Il Dnanon basta

di CARLO BELLIENI

La retta scienza apre sem-pre scenari favorevoli alladifesa della vita. PapaFrancesco va al noccioloin questo: «La fede non

ha paura della ragione; al contrario,la cerca e ha fiducia in essa»(Evangelii gaudium, 242). La Gior-nata della vita (2 febbraio) serveproprio a sottolineare queste paroledi fiducia nella ragione e di amorealla vita, e lo facciamo qui con de-gli esempi recenti e illuminanti.

Un esempio viene dalla nuovafrontiera della biologia, l’epigeneti-ca, che mette fine alla visione ridu-zionistica, secondo cui sarebbe ba-stato “l e g g e re ” il Dna per decifrarecosa è la vita e apre a un orizzontepositivo e affascinante. Infatti cispiega che il Dna invece che unmotore immobile del nostro desti-no, oggi deve essere consideratouna specie di software che senzastimoli esterni non è in grado difunzionare: il Dna da solo non ba-sta a spiegare la complessità dellavita, si legge nella rivista «Cytoge-netic and Genome Research» dovesi dichiara obsoleta l’idea di «genelimitato al Dna» e dunque l’equa-zione «vita uguale Dna».

Viene oggi criticato addiritturaquello che alcuni scienziati del se-colo scorso avevano battezzato“dogma centrale” della genetica,cioè la certezza che l’ambiente noninterferisca con l’espressione delDna: i fisiologi Sarah Franklin, eThomas Vondriska dell’università diCalifornia già nel 2011 criticavanoquesta limitazione riduzionistica, ilbiologo Eugene Koonin nel 2012spiegava che il dogma centrale or-mai non è più un principio assoluto

Dna è una visione limitata dellascienza.

Ridurre la vita a un Dna che agi-sce meccanicisticamente, significavaanche un altro grave errore: pensareche nel Dna avessero importanzasolo singoli pezzetti che codificanosingole proteine, supponendo che ilresto fosse una specie di errore del-la natura; infatti nel secolo scorsogran parte del Dna sbrigativamenteera stato battezzato «Dna-spazzatu-ra» (o in inglese junk-Dna) perchéerano parti di cui non si vedevauna chiara ed evidente azione sullavita cellulare. Invece oggi sappiamoche proprio queste parti apparente-mente inutili sono importantissime:«Quello che un tempo si credevaDna-spazzatura ora è la chiave di

La scienza ci regalamaggiori dettagli sulla bellezzadi certi particolari che ad alcunisembrano senza valore

tanti meccanismi genetici» riportala rivista «Clinical Chemistry»: an-che in campo genetico in realtà tut-to serve, nulla è scarto.

Nella vita, insomma, nulla è inu-tile e insignificante, come sempreripete Papa Francesco mettendo inguardia dalla cultura dello scarto,che elimina chi non serve o ciò chenon si è ancora compreso.

Ma la scienza ci regala sempremaggiori dettagli sulla bellezza diquei tratti della vita che a qualcunosembrano senza valore. Uno dei da-ti più significativi lo ritroviamo nelnumero di gennaio 2014 di «Deve-lopmental Psychobiology»: alcuni

di ULLA GUDMUNDSON

Il 2014 è il centenariodell’inizio della prima guer-ra mondiale, la prima guer-ra di massa dei tempi mo-derni, la prima in cui i bel-

ligeranti hanno potuto far ricorsoalla coscrizione per radunare milio-ni di loro giovani nelle trincee. Glialtri dovevano fare lo stesso. Mori-rono a milioni, sulla Somme, sullaMarna, a Ypres. Un’intera genera-zione. Oppure furono mutilati fisi-camente e moralmente per tutta lavita. Tre secoli prima il filosofoThomas Hobbes, di certo non fa-moso per i suoi teneri sentimentiverso l’umanità, aveva osservatoche l’unica cosa che lo Stato nonpoteva chiedere ai suoi cittadiniera «la volontà di morire».

Non che qualcuno volesse mori-re. Molto più probabilmente,all’inizio solo in pochi si reseroconto di quanto lunga e sanguino-sa sarebbe stata la guerra. «Laguerra è come una scampagnata,ma senza l’oziosità di una scampa-gnata», sono le famose ultime pa-role di un giovane ufficiale britan-nico del ceto alto, appena uscitodalle sale da ballo londinesi e at-traversata la Manica, immortalatesul muro dell’importante museodella prima guerra mondiale diYp re s .

La piazza centrale di Ypres sem-bra assomigliare a quella di tantealtre città medievali belghe. Maguardando più attentamente i tim-pani gotici, si notano le iscrizioni“1919”, “1920”, “1921”. Ypres erastata ridotta in macerie dopo quat-tro anni di combattimenti per unaminuscola striscia di terra privad’importanza militare. Si dice cheWinston Churchill volesse cheYpres rimanesse una rovina, unmonumento all’eroismo di centi-naia di migliaia di soldati britanni-ci, del Commonwealth e americani.Ma come i polacchi a Varsavia nel1945 o la gente di Sarajevo oggi, icittadini di Ypres vollero che la lo-ro città fosse ricostruita.

Il fatto che «Mai più la guerra!»fosse diventato lo slogan al terminedella stessa non stupisce. Ciò cheinvece sorprende è che vent’anni

smo. Ma la sua esperienza dellapolitica e della diplomazia sulcampo dà colore al suo libro. Carrnon è mai un mero teorico. Ha laforte consapevolezza che la politicaè azione, è il tentativo da parte difragili esseri umani di dominareuna realtà ostinata e complessa, èscelte che coinvolgono conflitti divalori e perdita di valori.

Nella storia del pensiero politicoparliamo di realisti e utopisti (oggipiù frequentemente di costruttivi-sti). I realisti affermano di vedere

L’utopista, afferma, è riluttantead ammettere l’esistenza di diffe-renze d’interesse reali. Gli Statisoddisfatti, come i vincitori dellaprima guerra mondiale, tendono aidentificare i propri interessi conquelli dell’umanità (proprio — sipotrebbe aggiungere — come oggiquelli molto ricchi affermano chela loro ricchezza alla fine avrà “ri-cadute positive” sui meno abbien-ti).

Gli Stati affamati e frustrati vor-ranno un cambiamento, forse an-che al prezzo di una guerra. I trat-tati sono sempre espressionedell’equilibrio di potere, scriveCarr. Uno Stato abbastanza forteper ottenere ciò che vuole sosterràil principio pactae sunt servandae.Uno Stato che ha dovuto rinuncia-re a tanto vorrà invece revocare ilpatto una volta che l’equilibrio deipoteri si sposta. La cosa interessan-te di Carr, però, è che egli non èun realista irriducibile. Nell’uomo

— scrive — c’è un qualcosa che sirifiuta di inchinarsi al nudo potere,che esige giustizia, uguaglianza di-nanzi alla legge, e che cerca di ren-dere il mondo un posto migliore.«Ogni azione umana sana (...) de-ve stabilire un equilibrio tra utopiae realtà, tra libero arbitrio e deter-minismo. Il realista totale, che ac-cetta in modo incondizionato la se-quenza causale degli eventi, privase stesso della possibilità di cam-biare la realtà. L’utopista totale, ri-fiutando la sequenza causale, sipriva della possibilità di compren-dere o la realtà che cerca di cam-biare o il processo con cui può es-sere cambiata. Il vizio caratteristicodell’utopista è l’ingenuità; quellodel realista la sterilità».

Solo in Dio, scrive l’ateo Carrc’è unità tra la realtà ultima el’ideale ultimo. Forse questo spiegaun po’ il ruolo della Santa Sedenella diplomazia internazionale.

ricercatori canadesi ripor-tano l’importanza dellepercezioni del fetonell’utero, in particolaredi quella della voce dellamamma, piuttosto diquella del babbo; segnodi una attività neurologi-ca già in grado di distin-guere i diversi stimoli pri-ma della nascita, di averememoria e percepire con isensi già a partire dallametà della gravidanza.

Dunque quello chesembra “da scartare” oignorabile, nella realtànon lo è. È bello chequesto messaggio vengadalla scienza pura; comeinsegna Papa Francesco,la difesa della vita nondeve temere la scienza:«Ricordate a tutti, con ifatti e con le parole, chela vita è sempre, in tuttele sue fasi e ad ogni età,sacra ed è sempre di qua-lità. E non per un discor-so di fede ma di ragione,per un discorso di scien-za!» (20 settembre 2013).Tanti scienziati infatti stu-

e il «World Journal of BiologicalChemistry» del maggio 2013 spiegache «biologia e vita non sono solol’informazione digitale codificatadal Dna».

Questo non significa non gioireper i progressi che la genetica portagiorno per giorno nella cura e nellaconoscenza dell’uomo; ma pensareche tutto si risolva nel leggere il

diano con rispetto l’infinitamentepiccolo, cioè l’alba della vita, altri siprodigano nella conoscenza dei bi-sogni delle persone più emarginatee riescono a mostrare la bellezzadella vita anche laddove viene cre-duta di minor importanza; e chidavvero fa seriamente ricerca scien-tifica scorge sempre nella vita stessaqualcosa che supera sempre l’ideache ce ne siamo fatta.

A fine 2014 inizieranno le ri-prese di I Thirst, un film suMadre Teresa di Calcutta; lanotizia è stata diffusa dal sitointernet di «The HollywoodReporter» il 24 gennaio scor-so. Non sarà un vero e propriobiopic: la trama sarà incentrata

prevalentemente sul periodo incui la giovane suora albaneseAnjëzë Gonxhe Bojaxhiu fon-dò l’ordine delle Missionariedella Carità, negli anni Cin-quanta, dedicando tutto il re-sto della sua vita ai più poveritra i poveri. I produttori, TonyKrantz e Jamey Volk, stannolavorando in collaborazionecon lo sceneggiatore KeirPearson, che nel 2004 fu can-didato all’Oscar per HotelRwanda. Sono già in corso isopralluoghi a Kolkata in In-dia e a Tijuana in Messico perle riprese. La stesura definitivadei dialoghi è prevista per lafine di febbraio, mentre l’usci-ta è fissata indicativamente perla primavera o l’estate del2015. «Il film — spieganoKrantz e Volk — racconteràMadre Teresa come un essereumano “normale”, con i suoipensieri e il suo senso del-l’umorismo. Ma anche con lesue preoccupazioni, i suoidubbi e i lunghi momenti dibuio e di aridità spirituale chenon l’avrebbero abbandonataper anni». Nel progetto saran-no direttamente coinvolte lemissionarie della carità, attra-verso il Centro Madre Teresadi Calcutta, che amministra le-galmente l’immagine della fon-datrice.

«Yacov racconta che gli dissi che l’avrei salvatoa costo della mia vita, ma io non mi ricordo diaver detto una frase così drammatica»: in que-sta frase c’è tutta l’autoironia umile e divertitadi don Arturo Paoli, a cui il settimanale«L’Espresso» ha dedicato l’articolo Cent’annidi beatitudine. La boa del secolo in realtà è giàstata superata da tempo: il 30 novembre scorsoil sacerdote lucchese ha compiuto 101 anni.«Paoli è uno straordinario testimone e prota-gonista del secolo e la sua è una vita italiana ecristiana esemplare» scrivono Alessandro Ago-stinelli e Włodek Goldkorn, gli autori dell’arti-colo; «arrivato quasi trentenne alla vocazionespirituale, diventò responsabile dell’ex semina-rio, un edificio che durante la guerra l’a rc i v e -scovo di Lucca decise di far diventare rifugioper i perseguitati, ebrei e partigiani. In quegli

anni salvò personalmente il giovane Zvi YacovGerstel. Lo chiuse in un’intercapedine della bi-blioteca mentre i tedeschi stavano rastrellandol’edificio».

È solo una fra le tante storie a lieto fine checostellano la lunghissima vita del sacerdote, in-signito dallo Yad Vashem del titolo di Giustotra le nazioni per avere salvato, durante la per-secuzione antiebraica, oltre ottocento personedalla morte. «Arturo è un cristiano strabico —amano dire i suoi amici — come il profeta Mo-sè: un occhio a Dio e l’altro al popolo nellosforzo costante di armonizzare la vista permettere a fuoco Dio sullo sfondo dei poveri e ipoveri sulla prospettiva di Dio. Il suo strabi-smo è stato contagioso e innumerevoli genera-zioni devono riconoscenza a Dio per averlo in-contrato di persona, nei libri, nei suoi scritti,

nelle sue parole». Anche nelle sue critiche,franche e dirette.

Nell’agosto 1995, ad esempio, fratello Arturoscrive ad Eugenio Scalfari, direttore della Re-pubblica, che aveva elogiato il mercato: «Miha colpito il suo mettere in evidenza il mercatocome elevato a divinità, perché da anni denun-zio l’idolatria del mercato. Ciò mi è stato spes-so rinfacciato come prova di ignoranza delledottrine economiche. Sono cosciente della miaignoranza, ma guardando l’idolatria del merca-to nella prospettiva del Regno non vedo altroche milioni di persone stritolate sotto le ruotedel mercato. Questa visione per me è quotidia-na quando, all’alba, apro la porta della mia ca-sa e trovo subito nei vicoli della favela le per-sone che gemono sotto le ruote del mercato, esono la mia famiglia».

dopo l’Europa sia di nuovo spro-fondata in una guerra devastante.Com’era potuto accadere? La sicu-rezza comune, il divieto dell’usodella violenza tra Stati, l’arbitrato ei patti negoziati dovevano soppian-tare la guerra, o no?

Un uomo che vide in quale dire-zione stava precipitando l’E u ro p afu il diplomatico e storico britanni-co Edward Hallett Carr. Il suo li-bro The Twenty-Years’ Crisis. 1919-1939, scritto intorno alla metà de-gli anni Trenta e pubblicato nel1939, alla vigilia della secondaguerra mondiale, è divenuto unclassico. Carr abbandonò il servi-zio diplomatico britannico per lacarriera accademica e il giornali-

d’altro canto, c’è speranza. Gli Sta-ti e i leader possono e devono cer-care di realizzare gli ideali etici,ovvero la pace, la giustizia, il benedella società.

Carr di solito è considerato unrealista. La ragione di ciò è cheegli non attribuisce la colpa per laseconda guerra mondiale alla Ger-mania, bensì a quello che, secondolui, è l’utopismo ingenuo di prati-camente tutti i politici, gli accade-mici e i giornalisti anglosassoni trale due guerre. Il grande errore,scrive Carr, è stato di negare il fat-to che il potere, e in ultimo la mi-naccia della violenza, è sempre unfattore nella politica terrena.

il mondo così com’è,mentre gli utopisti lovedono come dovrebbeessere. Il mondo delrealista è caotico e buio.I principi e gli Stati lot-tano per la sopravviven-za, la sicurezza, il pote-re. L’etica e la moralenon trovano posto nelmodello del realista. Nelmondo dell’utopista,

Giovanni Segantini, «L’angelo della vita» (1894)

Page 6: L’osservatore romano (02.Fev.2014)

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 domenica 2 febbraio 2014

Il priore di Taizé in Myanmar, Cina, Corea del Nord e del Sud, India

In ascolto dei giovani dell’Asia

Il patriarca di Babilonia dei Caldei nel primo anniversario del suo ministero

Unità e dialogo per il bene dell’Iraq

La condivisionedel silenzioAlla fine del 2013 il priore della Comunità diTaizé si è recato in visita in alcuni Paesidell’Asia. Il viaggio ha fatto tappa, oltre che inMyanmar, Cina, Corea del Sud e India, anchein Corea del Nord dove si è vissuto unmomento forte di condivisione del «silenzio dichi soffre e non ha la possibilità diesprimersi». Del viaggio fratel Alois ha parlatoai giovani che hanno partecipato all’i n c o n t roeuropeo svoltosi a Strasburgo alla fine delloscorso anno, proponendo loro anche una seriedi interrogativi, scaturiti proprio dall’ascoltodella gioventù asiatica, riguardanti la propriaesperienza di fede e di testimonianza.Il resoconto — che qui riproduciamo quasiintegralmente — è stato ora pubblicato sulnumero di gennaio della rivista «Taizé», cheriporta anche il calendario delle iniziative cheporteranno nel 2015 alla celebrazione di dueimportanti anniversari:il settantacinquesimo della comunitàe il centenario della nascita di frère Roger.

gruppi e comunità vivo-no conflitti che sembra-no insormontabili, no-nostante siano stati fattisforzi per trovare solu-zioni accettabili. Le ri-sorse naturali sono mol-te, ma la popolazionenon ne beneficia.

In Cina, a Pechino,un incontro di preghie-ra ha riunito 150 giova-ni. Uno di loro volevache sapessimo questo:«Il nostro sviluppo eco-nomico è la parte ester-na della realtà. Infatti,interiormente, le perso-ne sentono spesso unvuoto, una mancanza diorientamento e di sen-so».

Da lì, insieme ad unodei miei fratelli, abbia-mo preso l’aereo per laCorea del Nord. Laguerra fredda si prolun-ga pericolosamente inquesta regione del mon-do. La divisione fra Co-rea del Sud e del Nordrimane in entrambi iPaesi una ferita profon-

di fratel ALOIS

Nel 2013, prima dell’incontro diStrasburgo, ci siamo messi con par-ticolare attenzione all’ascolto deigiovani dell’Asia. Questo ci ha per-messo di andare avanti nel camminoche ci porterà nel 2015 verso «unanuova solidarietà».

cratizzazione. Alcuni cristiani parte-cipano a una «educazione alla de-mocrazia» per preparare il futuro.«Abbiamo bisogno di sviluppo e dieducazione», diceva un giovane. Unaltro rispondeva: «Abbiamo soprat-tutto bisogno di comprensione». Ladiversità delle etnie è una ricchezzaper questo bel Paese. Ma numerosi

ranza» abbiamo iniziato a sosteneregli ospedali. Per alcuni medici nord-coreani abbiamo organizzato corsidi perfezionamento in Europa. Unfratello ha visitato diverse volte ilPaese. Si sono creati contatti umanip re z i o s i .

Oggi, i bisogni rimangono tanti.Il Paese è estremamente isolato. APyongyang siamo stati accolti darappresentanti della Croce rossa. Hodetto loro: «Taizé non è una Ong,ma una comunità religiosa. Più chel’aiuto materiale, per noi contano gliincontri personali». Abbiamo insisti-to per andare nelle chiese, anche sedurante la settimana sono chiuse.Nell’unica chiesa cattolica diPyongyang siamo stati ricevuti daun responsabile laico (non ci sonopreti), in una delle due chiese prote-stanti da uno dei pastori, e nellachiesa ortodossa da uno dei duepreti. In quelle chiese abbiamo pre-gato in silenzio. Quel silenzio ha as-sunto un significato molto forte.Eravamo andati in quel Paese so-prattutto per condividere il silenzio?

A Busan, in Corea del Sud, ab-biamo partecipato all’assemblea ge-nerale del Consiglio ecumenico delleChiese. I momenti di scambio bellie profondi fra cristiani di numeroseconfessioni non sono riusciti a can-cellare dal mio cuore una domanda:Perché restiamo separati?

L’ultima tappa del pellegrinaggiomi ha portato in India. Prima aVasai, piccola città su un’isola vicinoa Mumbai dove erano riuniti 5.500giovani. Per arrivare nel posto delraduno bisognava fare l’ultima partedel percorso a piedi. Che sorpresa,durante il cammino, entrare nellacasa di una famiglia indù, davantialla loro abitazione c’era scritto«benvenuti». Una giovane cristianami ha spiegato: «Durante le nostrefeste religiose manifestiamo il nostroreciproco rispetto condividendo ilcibo, aiutando nei lavori pratici».Molti abitanti dell’isola sono pesca-tori. In piccole barche partono peruna settimana o dieci giorni doman-dandosi ogni volta se faranno ritor-no; l’anno scorso una barca non hafatto ritorno. Prima della partenza,sia i cristiani che quelli di religioneindù, passano in chiesa per riceverela benedizione.

A Mumbai, alcuni giovani aveva-no preparato una preghiera all’ap er-to che riuniva 3.000 persone. L’a rc i -vescovo, cardinale Oswald Gracias,ci ha detto che la città conta circa 19milioni di abitanti, ma che, malgra-do uno sviluppo folgorante, la metàdi queste persone vive in grande po-vertà. A Dharavi, il più esteso deiquartieri poveri, siamo stati accolticalorosamente dal prete. Alcuni gio-vani ci hanno portato a visitare dellefamiglie. Anche nella precarietà lagente trova come lavorare per so-pravvivere. I cristiani formano dellecomunità di base per pregare insie-me e sostenersi reciprocamente. Cheinventiva! Alcuni giovani si sonoriuniti per una preghiera spontanea.Quale sarà l’avvenire di questa me-tropoli? Essa si espande a dismisura,in certe ore il traffico paralizza la vi-ta, i piani urbanistici non sonoall’altezza della sfida.

In questi Paesi dell’Asia così di-versi, i cristiani sono spesso una mi-noranza, ma vogliono essere «saledella terra». Talvolta in modo moltonascosto portano una speranza perle società nelle quali vivono. Vor-remmo, sentendoci uniti a loro, ap-profondire la comunione di tutti co-loro che amano Cristo.

La Presentazione del Signore in un’omelia di Severo di Antiochia

Maria profetessaapostolo e martire

di MANUEL NIN

Il 2 febbraio di millecinquecentoanni fa, nel 513, Severo di Antiochiatenne al suo popolo un’omelia nellafesta dell’Ingresso del Signore neltempio. È un testo che ha prevalen-temente un carattere cristologico; eSevero si discosta dal testo del Van-gelo di Luca, e rimane nella con-templazione della figura di Maria,la Madre di Dio; infatti i mano-scritti danno l’indicazione: «Pro-nunciata nella memoria della santaMadre di Dio e sempre VergineMaria». Severo inizia il testo ricor-dando come i cristiani danno lodeai profeti, agli apostoli e ai martiri:«È bello e giusto che noi innalzia-mo parole di lode a tutti i santi(…). Facciamo l’elogio dei profeti,come coloro che nella propria per-

tata da Severo come modello dellaChiesa stessa; Maria porta a termi-ne la speranza dei patriarchi, diven-ta illuminazione delle profezie, pre-dica come gli apostoli, ha la fortez-za dei martiri, sconfigge l’e re s i a :«Allora, come non rendere onoregiustamente a colei che adesso ono-rano gli spiriti dei giusti? Da unaparte i patriarchi, come colei che haportato a termine la speranza nellaquale essi perseveravano da tantotempo, e che ha portato la benedi-zione del seme di Abramo, cioèCristo (…). I profeti l’onorano co-me colei che ha illuminato le loroprofezie ed ha partorito il sole digiustizia (…). Gli apostoli (l’onora-no) come colei che essi stessi hannoriconosciuto come principio dellaloro predicazione. I martiri comecolei che per prima ha dato loro

BAGHDAD, 1. L’unità e la comunioneal suo interno, insieme al dialogocon il mondo musulmano: sonoqueste le principali priorità dellaChiesa caldea. A indicarle è il pa-triarca di Babilonia dei Caldei, Lo-uis Raphaël I Sako, nella lettera pa-storale scritta nel primo anniversariodella sua elezione. Il 31 gennaio del-lo scorso anno, infatti, nel corso delsinodo caldeo svoltosi a Roma, l'ar-civescovo di Kerkũk succedeva alpatriarca dimissionario, il cardinaleEmmanuel III D elly.

Nella lettera pastorale Sako riper-corre il primo anno alla guida deicaldei e traccia le linee guida per ilfuturo. «La Chiesa caldea in Iraq enel mondo ha attraversato un perio-do difficile e ha fronteggiato moltecriticità», come la massiccia emigra-zione, la mancanza di unità, l’ag-giornamento della liturgia, la fram-mentazione e l’isolamento. Ora è ilmomento di pregare «per rileggeregli eventi nella prospettiva del Van-gelo», per camminare «con onestà efiducia nella luce del Signore e sottola sua guida».

Nel documento viene rivolto unpensiero di solidarietà e di vicinanzaai cristiani in Iraq e «ai fratelli inSiria e Libano», che oggi vivonoesperienze quotidiane di «terrore einstabilità, migrazione, fragilità poli-tica ed economica» e ai quali, sotto-linea il patriarca. A loro, ma soprat-tutto alla comunità caldea, Sako rin-nova l’invito a «far rivivere il cari-sma» originario: «Il martirio duran-te le persecuzioni, la saldezza nellafede; il dono della vita monasticaper vivere appieno il Vangelo, il do-no della missione, della predicazionee dell’inculturazione». Soprattuttoin questo particolare frangente stori-co, «la nostra Chiesa è invitata a ri-costruire ciò che è stato distrutto ofalsato, riunire i dispersi, riportaregli emigrati».

Il patriarca ripete a più ripresel’importanza dell’unità e della co-munione, che liberano dalle «divi-sioni, interne ed esterne» e impedi-scono di «chiuderci in noi stessi permotivi di natura geografica, confes-sionale o personale». E, rilanciandoi valori di «amore, carità, lealtà e sa-crificio», ricorda anche come «l’uni-tà è la sola speranza per il nostro fu-t u ro » .

Nella lettera viene sottolineato inparticolare il ruolo dei laici, uominie donne, che godono della stessa di-gnità di «figli di Dio» e degli «stes-si diritti» in seno alla Chiesa. Essisono «partner, non semplici spetta-tori» e «li incoraggiamo a partecipa-re in modo attivo alla vita dellaChiesa e alla vita pubblica, per unapresenza reale ed effettiva».

Il patriarca afferma inoltre di nu-trire «grandi aspettative» in vistadelle elezioni politiche di fine aprile2014 e invita la comunità cristiana apartecipare per diventare protagoni-sta attiva nella storia e nella vita del-la nazione.

Dal patriarca un appello all’unitàanche fra le varie confessioni cristia-

ne. E, soprattutto, un richiamo airapporti con la maggioranza musul-mana irachena, rinnovando l’imp e-gno a un dialogo basato sul «rispet-to reciproco» quale fondamento«per la pace e la cooperazione».

In questo senso, il patriarca —concludendo la lettera pastorale —auspica che la Chiesa possa trovareuna «nuova metodologia» e un nuo-vo «linguaggio teologico» rispettan-do in prima istanza il valore assolu-to della «libertà religiosa». E rivol-gendosi in modo speciale «alle vocidell’islam moderato», Sako esortainfine a promuovere una «coesisten-za pacifica» capace di respingere inmodo netto «la logica di violenzacontro i cristiani».Lib ertà

di sceglierela propriare l i g i o n e

BAGHDAD, 1. I capi delle Chiesecristiane in Iraq auspicano che siagarantita a tutti i cittadini la fa-coltà di scegliere liberamente lapropria religione quando si rag-giunge l’età adulta. È quanto silegge in un comunicato del Con-siglio dei capi delle Chiese cri-stiane dell’Iraq (Council of Chri-stian Church-Leaders of Iraq).

Nel documento — riferiscel’agenzia di stampa Fides — sichiede di garantire esplicitamentea livello giuridico il diritto alla li-bera scelta della propria fede mo-dificando anche la legislazione invigore sullo stato civile dei mi-nori riguardo alle questioni reli-giose.

Già da parecchi anni dei giovaniasiatici vengono a Taizé e il «pelle-grinaggio di fiducia» offre loro lapossibilità d’incontrarsi in diversipaesi dell’Asia. Alcuni fratelli dellanostra comunità vivono in fraternitànel Bangladesh e nella Corea delSud. Altri fratelli si recano regolar-mente in visita attraverso quel conti-nente.

In ottobre e novembre, insieme adalcuni fratelli, siamo andati in Myan-mar, in Cina, in Corea del Nord edel Sud e in India. Attraverso questevisite, ho voluto esprimere il nostrodesiderio di comprendere meglio lesituazioni e manifestare solidarietàcon coloro che, seguendo Cristo, siimpegnano per la pace e la giustizia.Siamo tornati con domande che in-terrogano ciascuno rispetto a se stes-so e al contesto in cui vive.

In Myanmar c’è una grande spe-ranza per un movimento di demo-

da per innumerevoli persone.I nostri legami con la Corea del

Nord risalgono al 1997, quando unaterribile carestia causò migliaia dimorti. Frère Roger prese allora l’ini-ziativa di inviare mille tonnellate dicibo. Poi, con l’«Operazione Spe-

«Ingresso del Signore nel tempio» (Beirut, arcivescovado greco cattolico, XVIII secolo)

fezione hanno mostrato in anticipoil grande mistero della pietà; poidegli apostoli, come coloro chel’hanno predicato; infine dei marti-ri, come coloro che col proprio san-gue hanno confermato la profeziadei primi e la predicazione dei se-condi».

Severo quindi nella sua omelia sipropone di lodare la Madre di Diocome profetessa, come apostolo ecome martire. Severo inoltre, nelsuo corpus di centoventicinqueomelie cattedrali, presenterà Mariasempre unita al mistero dell’Incar-nazione del Verbo di Dio, e Mariacome modello della Chiesa. Mariaè presentata come profetessa nelpartorire un Figlio che è l’Emma-nuele, il Verbo di Dio incarnato:«Onoriamo Maria come profetessa,secondo la profezia di Isaia che di-ce di lei: “Mi unii alla profetessa,che concepì e partorì un figlio”.Questo è il bimbo che per noi hapartorito la profetessa Maria (…).Questo bimbo è l’angelo del gran-de consiglio, colui che manifesta inse stesso e in figura, come Verbo divita, il Padre che è l’intelligenza aldi sopra di tutto; è il consigliereammirabile, colui che assieme al Pa-dre ha fatto la creazione spirituale equesto mondo visibile; il forte, co-lui che è la forza del Padre invisibi-le, perché Cristo è la forza di Dio ela sapienza di Dio».

Dopo averla lodata come profe-tessa, Severo elogia Maria comeapostolo, perché col suo parto ver-ginale annuncia l’Emmanuele:«D’altra parte qualcuno la chiameràanche apostolo, oppure sarà chia-mata giustamente più degli aposto-li, poiché dall’inizio è stata annove-rata tra gli apostoli (…). Poi, se laparola che hanno ascoltato dal Si-gnore, “Andate e ammaestrate tuttele nazioni”, ha fatto di essi apostoli,quale nazione essa (la Vergine) nonha ammaestrato e portato alla cono-scenza di Dio; e questo malgradorestasse silenziosa, per mezzo delsuo parto singolare ed eccezionale eper questo diventato famoso, e permezzo del suo concepimento unico,che ha fatto di essa la madre e laradice della predicazione del Van-gelo?».

Infine Maria è presentata comemartire, di fronte al dubbio diGiuseppe e alla persecuzione diErode: «Maria è anche martire e diuna specie molto particolare, nontemiamo di dirlo: ha sopportato inmodo forte il giudizio di Giuseppe,quando pensava che avesse conce-pito da adulterio, prima di sapere,per rivelazione da parte di unangelo, il mistero della nascita. Edanche quando, di fronte al furore diErode, fuggì in Egitto, e doporientrò dall’Egitto e se ne andò aN a z a re t h » .

La Madre di Dio, onorata da tut-te le schiere dei santi, viene presen-

esempio di lotte e di corone. I dot-tori della Chiesa ed i pastori dellepecore razionali di Cristo come co-lei che chiude la bocca all’eresia e,come fontana potabile e pura, fasgorgare per tutti noi i flutti dell’or-todossia». Quindi Severo farà tuttoun elenco delle principali eresie concui lui stesso — facendo parlare laChiesa per conto suo — si trovaconfrontato: i doceti, Apollinare,Nestorio, Eutiche. Tutta l’omeliadiventa quindi una professione difede severiana, che sottolinea ladoppia consustanzialità del Verbodi Dio incarnato: «Per questa ra-gione colui che è stato partorito èchiamato anche Emmanuele, perchéè uno e senza confusione né divi-sione, da due nature, dalla divinitàe dall’umanità. Com’è allora checolui che possiede le cose uniche edindivisibili, la nascita incorporaledal Padre e la stessa divinità —l’unico nato dall’Unico, Dio da Dio—, e poi la nascita dalla Vergine —l’unico nato da donna non sposatae soltanto da lei —, com’è che nonha intaccato la verginità di sua ma-dre quando è nato secondo la car-ne; com’è che lui stesso, dopo que-sta unione ineffabile, doveva esserediverso nella dualità delle nature?Ma egli è uno ed unico; per questoci ha chiamati, noi che eravamo se-parati da Dio, all’unione e alla pa-ce, quando è diventato mediatoretra Dio e gli uomini».

Severo infine esalta la Madre diDio in quanto, come la Chiesa stes-sa, intercede per il popolo fedele:«Per questo noi onoriamo in modoeccelso la Santa Madre di Dio esempre vergine Maria, perché è co-lei che è in grado, più di ogni altrosanto, di innalzare preghiere pernoi (…). Lei è la terra spirituale dacui il secondo Adamo si è fatto eglistesso secondo la carne (…). Lei èla pianta verginale da cui Cristo, lascala celeste, è stato fatto dallo Spi-rito nella carne, affinché noi stessiseguendo le sue orme potessimo sa-lire fino in cielo. Lei è la montagnaspirituale del Sinai, che non è av-volta dalle tenebre bensì risplendedel sole di giustizia».

Com’è solito fare, Severo conclu-de l’omelia esortando i fedeli, a im-magine di Maria, a una vita nellasantità, nella verginità: «Quandodovremmo impegnarci e vivere nel-la verginità a causa di Dio che ènato da una vergine, noi non siamocapaci neanche di un matrimoniocasto che regga quei desideri che lacroce di Cristo ha reso facili (…).Ciascuno di noi abbia il propriocorpo in santità e onore, per otte-nere i beni eterni per la grazia el’amore per gli uomini del nostrogrande Dio e Salvatore Gesù Cri-sto. A lui e al Padre e allo SpiritoSanto la lode nei secoli dei secoli.Amen».

Page 7: L’osservatore romano (02.Fev.2014)

L’OSSERVATORE ROMANOdomenica 2 febbraio 2014 pagina 7

Nella lettera «Rallegratevi» del dicastero vaticano per i religiosi

Un invitoad abitare le terre della gioia

Festa della Presentazione del Signore

P ro f e z i adella spada

Un lessico per i consacrati

Letizia, prossimità, audacia

di INOS BIFFI

Maria è la sorgente del Natale. Ecco perché losguardo della Chiesa da Gesù si volge verso di lei,che il concilio di Efeso (431) ha definito «madre diDio» (Theotókos), ma che già Elisabetta alla visi-tazione aveva salutato come «la madre del mio Si-gnore» (Lc 1, 43). La memoria della divina mater-nità ci porta a una rinnovata considerazionedell’inesauribile e sorprendente mistero natalizio,che non finirà mai di stupirci.

A nascere a Betlemme dal grembo di Maria, aessere rivestito di panni e poi deposto in una man-giatoia, è il Figlio di Dio, fatto uomo, colui chenel Credo professiamo: «Dio da Dio, Luce da Lu-ce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, del-la stessa sostanza del Padre». Siamo di fronte auna verità inimmaginabile che ci lascia ammirati equasi increduli.

Quanto a Maria, appare, dopo Gesù, la creaturapiù ricolma di grazia, secondo le parole dell’ange-lo: «Rallegrati, tu che da sempre sei l’immensa-mente amata» (Lc 1, 28). Manzoni tra i frammentidel tragico inno sacro Il Natale del 1833, indiriz-zandosi al «Fanciul severo», lascerà cadere dallasua penna il verso: «Questa tua fra gli uomini im-mensamente amata», mentre Dante la vedrà come«Termine fisso d’eterno consiglio» (P a ra d i s o , 33, 3),destinata a ricevere, con l’immacolato concepimen-to, il dono della redenzione prima ancora che que-sta si avverasse storicamente e quindi a conferirealla natura umana una tale nobilitazione, da diven-tare madre del suo Creatore. È ancora Dante: «Tuse’ colei che l’umana natura / nobilitasti sì, che ‘ltuo fattore / non disdegnò di farsi sua fattura»(P a ra d i s o , 33, 4-6).

Maria è consapevole di questa preferenza divina:«Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente»; epersino prevede che le future generazioni la «chia-meranno beata». Ma non per questo magnifica sestessa. Tutto il merito è di Dio, che «ha guardatol’umiltà della sua serva». Del resto, è il metodo di-vino quello di «disperdere i superbi nei pensieridel loro cuore, di rovesciare i potenti dai troni e diinnalzare gli umili» (Lc 1, 46ss).

Nella Chiesa è sorta da subito una venerazionesingolare verso la «Madre del Signore», trovandoin lei la radice e il grembo di Gesù, per cui il cultoa lei viene compreso come una propaggine e un ri-flesso del culto al Redentore. Le lodi incessanti eripetute alla Vergine nascono dalla gioiosa contem-plazione della sua maternità, dalla visione di Mariache stringe al suo seno il Figlio di Dio. «Rallègra-ti, Vergine Maria; — canta nell’inno di Natale Ger-trude von Le Fort —; Felici coloro che ti proclama-no felice. Mai più un cuor umano tremerà! Rallè-grati, ala della mia terra, corona dell’anima mia,rallègrati, gioia della mia gioia!». E il pensiero vaalle litanie del celebre Inno akathistos, ispirato aimolteplici misteri di Cristo e della Theotokos e aidogmi che li hanno illustrati: «Ave, per Te la gioiarisplende; Ave, per Te il dolore s’estingue. Ave,salvezza di Adamo caduto; Ave, riscatto del piantodi Eva. Ave, Tu vetta sublime a umano intelletto;Ave, Tu abisso profondo agli occhi degli Angeli.Ave, in Te fu elevato il trono del Re; Ave, Tu portiColui che il tutto sostiene. Ave, o stella che il Soleprecorri; Ave, o grembo del Dio che s’incarna.Ave, per Te si rinnova il creato; Ave, per Te ilCreatore è bambino. Ave, Tu apri le porte del cie-lo. Ave, per Te con la terra esultano i cieli».

Ma l’ineffabile gioia natalizia di Maria — chel’inno Legis sacratæ ama contemplare col Figlio di-vino stretto tra le braccia e coperto dai dolci bacimaterni — , viene attraversata, come per il balenaredi un lampo improvviso, dall’inquietante profeziadi Simeone. L’«anziano ispirato» ormai «sta giàper lasciare questo mondo fallace» (Inno akathi-stos). Da qui l’invito: «Affréttati, o beato vegliar-do»; «Soddisfa la gioia che t’era stata promessa»;«Manifesta la luce che doveva rivelarsi a tutte legenti» (Inno Adorna, Sion, thalamum tuum).

Mentre, tuttavia, la gioia del vecchio profeta sicompie, ecco aprirsi la visione del Bambino come«segno di contraddizione»: su di lui avverrà la di-visione, cioè la «caduta» o la «risurrezione» diIsraele. E quanto alla madre, quasi impietosamen-te, lo stesso Simeone non esita ad annunziare:«Una spada ti trafiggerà l’anima» (Lc 2, 35). Siprofila così, già nel tempo natalizio, l’orizzonte delCalvario con la figura dell’Addolorata ai piedi diGesù crocifisso (Gv 19, 25-27). Maria — così la ri-trarrà sant’Ambrogio — «stava ritta presso la crocedel Figlio con lo sguardo fisso sulla passione delsuo Unigenito» (De obitu Valentiniano, 39). La fededella «madre del Signore» ha accolto non solol’inatteso avvenimento dell’incarnazione del Figliodi Dio ma anche l’intima comunione all’oscuro mi-stero della sua immolazione. Convengono e si ri-solvono nella Vergine la sorte dolorosa di Gesù e illacerato destino di Israele.

di NICLA SP E Z Z AT I *

«La gioia del Vangelo riempie il cuore e lavita intera di coloro che si incontrano conGesù. Con Gesù Cristo sempre nasce e ri-nasce la gioia». L’incipit dell’Evangeliigaudium nel tessuto del magistero di PapaFrancesco suona con vitalità sorprendente,chiamando al mirabile mistero della Buo-na Novella che accolta nel cuore dellapersona ne trasforma la vita. Ci viene rac-contata la parabola della gioia: l’i n c o n t rocon Gesù accende in noi l’originaria bel-lezza, quella del volto su cui splende lagloria del Padre (cfr. 2 Cor 4, 6), nel frut-to della letizia.

La Congregazione per gli Istituti di vitaconsacrata e le Società di vita apostolicacon la lettera R a l l e g ra t e v i intende dare ini-zio a un itinerario comune luogo di rifles-sione personale, fraterna, d’istituto, men-tre camminiamo verso il 2015, anno che laChiesa dedica alla vita consacrata. Uncammino per rivisitare il magistero delSanto Padre, non tanto per ricordare ifondamenti della sequela Christi nel celi-bato per il Regno — sapientemente illu-strati negli anni da un ricco magistero ec-clesiale — quanto per verificarne il frutto.Una vocazione fondata in Cristo nella for-ma del Vangelo, deborda di gioia: «la miagioia dimori in voi e la vostra gioia siacompleta» (Gv 15, 20).

La gioia non è inutile ornamento, ma èesigenza e fondamento della vita umana.Nell’affanno di ogni giorno, ogni uomo eogni donna tendono a giungere e a dimo-rare nella gioia con la totalità dell’e s s e re .Nel mondo spesso c’è un deficit di gioia.Non siamo chiamati a compiere gesti epiciné a proclamare parole altisonanti, ma atestimoniare la gioia che proviene dallacertezza di sentirci amati, dalla fiducia diessere dei salvati. La nostra memoria cortae la nostra esperienza fiacca ci impedisco-no spesso di ricercare le «terre dellagioia» nelle quali gustare il riflesso diDio, e ritrovare le radici dello Spirito.

Nella finitudine umana, nel limite,nell’affanno quotidiano i consacrati e leconsacrate vivono la fedeltà, dando ragio-ne della gioia che li abita, diventanosplendida testimonianza, efficace annun-cio, compagnia e vicinanza per donne euomini che con loro abitano la storia ecercano la Chiesa come casa paterna. IlPapa esorta: «Il fantasma da combattere è

l’immagine della vita religiosa intesa comerifugio e consolazione davanti a un mon-do esterno difficile e complesso». E anco-ra: «la gioia nasce dalla gratuità di un in-contro! […] E la gioia, quella vera, è con-tagiosa». E ai superiori generali: «la Chie-sa deve essere attrattiva. Svegliate il mon-do! Siate testimoni di un modo diverso difare, di agire, di vivere! […] Io mi attendoda voi questa testimonianza».

Numerose sono le suggestioni che civengono dall’ascolto delle parole del San-to Padre, ma particolarmente ci interpellal’assoluta semplicità con cui Papa France-sco propone il suo magistero, conforman-dosi alla genuinità disarmante del Vange-lo. Parola sine glossa, sparsa con il largogesto del buon seminatore che fiduciosonon fa discriminazioni di terreno. Un invi-to autorevole rivolto a noi con la lievitàdella fiducia, un invito ad azzerare le ar-gomentazioni istituzionali e le personaligiustificazioni, una parola provocativa che

giunge a interrogare il nostro vivere a vol-te intorpidito e sonnolento, vissuto spessoal margine della sfida: «se aveste fedequanto un granello di senapa» (Lc 17, 5).Un invito che ci incoraggia a muovere lospirito per dare ragione al Verbo che di-mora tra noi, allo Spirito che crea e checostantemente rinnova la sua Chiesa.

La lettera del nostro dicastero trova lesue ragioni in tale invito e intende iniziareuna riflessione condivisa, mentre si offrecome semplice mezzo per un leale con-fronto: Vangelo e Vita. Con il desiderio el’intento di osare decisioni evangelichecon frutti di rinascita, fecondi nella gioia.Il mondo, come rete globale in cui tuttisiamo connessi, dove nessuna tradizionelocale può ambire al monopolio del vero,dove le tecnologie hanno effetti che tocca-no tutti, lancia una sfida continua al Van-gelo e a chi vive la vita nella sua forma.Papa Francesco sta compiendo, in tale sto-ricizzazione, attraverso scelte e modalità

di vita un’ermeneutica viva del dialogoDio – mondo. Ci introduce a uno stile disaggezza che radicata nel Vangelo enell’escatologia dell’umano, legge il plura-lismo, ricerca l’equilibrio, invita ad abilita-re la capacità di essere responsabili delcambiamento perché sia comunicata sem-pre meglio la verità del Vangelo, mentre cimuoviamo «tra i limiti e le circostanze» econsapevoli di questi limiti ci facciamo«debole con i deboli … tutto per tutti» (1Cor 9, 22).

Siamo invitati a curare una dinamicagenerativa, non semplicemente ammini-strativa, per accogliere gli eventi spiritualipresenti nelle nostre comunità e nel mon-do, movimenti e grazia che lo Spirito ope-ra in ogni singola persona, guardata comepersona. Siamo invitati a impegnarci a de-strutturare modelli senza vita per narrarel’umano segnato da Cristo, mai assoluta-mente rivelato nei linguaggi e nei modi.

Il Santo Padre ci invita a una saggezzache sia segno di una consistenza duttile,capacità dei consacrati di muoversi secon-do il Vangelo, di agire e di scegliere se-condo il Vangelo, senza smarrirsi tra diffe-renti sfere di vita, linguaggi, relazioni,conservando il senso della responsabilità,dei nessi che ci legano, della finitezza deinostri limiti, dell’infinità dei modi con cuila vita si esprime. Un cuore missionario èun cuore che ha conosciuto la gioia dellasalvezza di Cristo e la condivide comeconsolazione nel segno del limite umano:«sa che egli stesso deve crescere nellacomprensione del Vangelo e nel discerni-mento dei sentieri dello Spirito, e alloranon rinuncia al bene possibile, benché ri-schia di sporcarsi col fango della strada».

Accogliamo le sollecitazioni che PapaFrancesco ci propone per guardare noistessi e il mondo con gli occhi di Cristo ea restarne inquieti.

*Sottosegretario della Congregazioneper gli istituti di vita consacratae le società di vita apostolica

di BRUNO SECONDIN

Parole usurate e sbiadite che ri-tornano con una freschezza chedesta prima sorpresa e poi dila-gano come slogan. Così stasuccedendo con il linguaggio diPapa Francesco. Termini comegioia, misericordia, tenerezza,prossimità, fraternità, periferie,sembravano destinati a usi sem-pre meno impegnativi in una so-cietà liquida, dove molto rotolasenza meta. In una decina di me-si Papa Francesco non solo li harimessi in circolazione con fre-quenza, accompagnandoli conimmagini inusuali nel vocabola-rio ecclesiale, ma ne ha fatto co-me un lessico tipico del suo par-lare. Anzi, di più, li sta trasfor-mando in tracce guida per nuovipercorsi di evangelizzazione e ditestimonianza evangelica. Già sene trovava traccia nella enciclicaa quattro mani Lumen fidei, concui Francesco ha raccolto lasplendida eredità teologica di Be-nedetto XVI, l’ha fatta propria evi ha impresso qua e là la suaimpronta con escursioni fuori dallinguaggio raffinato ed elegantedel predecessore.

Il transito verso il linguaggioferiale è avvenuto con l’esortazio-ne apostolica Evangelii gaudium,che di fatto è un testo program-matico del suo pontificato comegià molti affermano, e allo stessotempo tematizza in maniera com-piuta il nuovo lessico che gli èproprio. E non solo il lessico, maanche la Weltanschauung — gliorizzonti di senso e di progetto— in cui egli dimora, in cui invitala Chiesa a prendere casa stabile.Un linguaggio insieme fresco evivace, ma anche con una coe-renza interna che riassume ecoordina, tematizzandole, le mol-te suggestioni delle sue omelie.Si ha solo l’imbarazzo della scel-

ta e l’elenco sarebbe lungo. Tan-to per fare un cenno: si va dallo«stile di Quaresima senza Pa-squa» all’«avere costantementeuna faccia da funerale», dal-l’«odore di pecore» alla «spiri-tualità popolare o mistica popo-lare» e alla stigmatizzazione delle«proposte mistiche senza un for-te impegno sociale».

Per la vita consacrata non sonomancate le occasioni in questimesi in cui Papa Francesco haparlato in modo nuovo e direttosulle sfide e la testimonianza del-la vita consacrata. Certo ci sonostati passaggi più impegnativi:come le tre ore di dialogo con isuperiori generali, il 29 novembre2013, poi riassunto nella rivistaLa Civiltà Cattolica, e l’ampio di-scorso alle partecipanti all’assem-blea generale dell’Unione inter-nazionale delle superiore generali(Uisg), l’8 maggio 2013. Di parti-colare rilevanza è anche il dialo-go e l’omelia nell’incontro con igiovani religiosi nel loro raduno

a Roma per l’anno della fede (4-7 luglio 2013), così pure in Brasi-le per la Gmg (27 luglio 2013). Sipossono aggiungere anche i mes-saggi inviati o le omelie proposteper la celebrazione dei capitoligenerali di alcune famiglie reli-giose. Una grande ricchezza dispunti e ispirazioni, per passaredai discorsi ai percorsi.

Opportuna e felice quindil’iniziativa della Congregazioneper gli Istituti di vita consacratae le Società di vita apostolica dicominciare, con la pubblicazionedella lettera Rallegratevi, p ro p r i oda questa messe abbondante diesortazioni e suggerimenti, atracciare alcune coordinate con lequali prepararsi all’anno della vi-ta consacrata (2015). Una veraricchezza che, seppur sparsa eanche dispersa, può essere ricom-posta in un mosaico dal sensopieno e luminoso. E la scelta delfil rouge della gioia davvero è lachiave interpretativa più adegua-ta ed efficace, non solo per fedel-tà al pensiero di Papa Francesco,ma anche in relazione realisticacon la situazione della vita con-sacrata come si è venuta deli-neando nell’ultimo decennio.

Papa Francesco è religioso e —seppure a conoscenza più diretta-mente della situazione in Ameri-ca latina — ha mostrato di capirebene dove stanno i nodi attualidi una situazione che a voltesembra rischiare l’implosione perla paura di un futuro poco fe-condo.

Il lavoro di raccolta della va-rietà dei frammenti — fra discor-si, incontri, messaggi, omelie equant’altro — operato in questalettera, mostra che in realtà esisteuna logica interna stringente,non mancano dei punti focali,sono pure numerose le sollecita-zioni a esplorare con audacia eprofezia le frontiere sociali, reli-

giose, culturali e antro-pologiche attuali.

Interessante la costru-zione su due versantidella lettera della Con-gregazione R a l l e g ra t e v i .Entrambe le parti pren-dono avvio da una bre-ve ma efficace paginabiblica incentrata sullagioia, in questo caso dadue testi del profeta Isaia. Si po-teva anche partire dai Salmi, do-ve il tema della gioia ha una fre-quenza altissima, e i termini usatiper dirlo variano molto, con unavibrazione che raggiunge vettemistiche. Ma fra gli altri testi bi-blici, proprio il profeta Isaia nonsolo evidenzia, pensando alle fre-quenze del vocabolo, una sua pe-culiarità in questo valore. Ma an-che mescola di continuo gioia eprofezia, intrecciandole con unaltro tema, quello della prossimi-tà. Non si tratta di una gioia su-perficiale, non si tratta di unaalienazione in tempi di angosce edelusioni: si tratta di una risorsache viene da Dio, dalla sua fedel-tà, dai suoi progetti che non ven-gono meno, e a cui si deve sem-pre ritornare per non smarrire lasperanza e trovare roccia.

Una gioia che anzitutto — co-me il testo ben evidenzia, tessen-do una sintesi preziosa con leespressioni di Francesco — è pre-senza e chiamata, scelta e sigillo,trasformazione interiore e trasfi-gurazione che fa diventare il cre-dente e il popolo stesso quasiicona luminosa che sfavilla nellagioia. Opportunamente viene ri-badito l’invito a collocare la sto-ria personale nella storia di Ge-sù, alla cui sequela si pone ogniconsacrato, e nella storia di ab-bracci e rinascite che sempre ac-compagnano la maturazione pro-gressiva nella fedeltà. Il richiamoall’inquietudine del desiderio e

dell’amore, che accende sogninuovi di evangelizzazione, maanche interiori percorsi di purifi-cazione e rinascite, mi pare unfelice completamento della primaparte.

La seconda parte prende ispi-razione dall’incipit del Deutero-Isaia (Isaia di Babilonia), e siapre con una lectio divina chesottolinea nei vocaboli usati daIsaia (40, 1-2) le consonanze collessico della misericordia e dellasponsalità di alcuni episodi bibli-ci. E quindi di conseguenza le vi-brazioni di Dio “sp oso” in mezzoal suo popolo. Anche qui conpreziose citazioni dal magisteroquotidiano di Papa Francesco, siaprono le strade della prossimitàdove espandere la tenerezza cheportiamo nel cuore, dove offrireabbracci e compagnia a chi sisente “scarto” nella società. «Es-sere servitori della comunione edella cultura dell’incontro», ave-va chiesto ai religiosi e ai semina-risti Papa Francesco in Brasile, il27 luglio 2013. Più diretto ancoral’invito a «uscire dal nido», a«svegliare il mondo», detto ai su-periori generali a Roma, il 29 no-vembre scorso. In questa direzio-ne spingono anche — in appendi-ce — «Le domande di Papa Fran-cesco», riprese direttamente dallasua voce, con quello stile che avolte anticipa anche le obiezioni,ma alla fine sollecita a una since-ra e audace autenticità.

Giovanni Bellini, «Presentazione di Gesù al tempio» (1460)

Page 8: L’osservatore romano (02.Fev.2014)

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 domenica 2 febbraio 2014

Udienza di Papa Francesco ai neocatecumenali

L’essenziale è la comunioneMeglio rinunciare a vivere il cammino in tutti i dettagli pur di garantire l’unità ecclesiale

Nomine episcopali

Documento finale dell’incontro dei coordinatori regionali dell’Apostolato del mare

Sulle nuove rotte del Vangelo

«È meglio rinunciare a vivere in tutti idettagli che il vostro itinerarioesigerebbe pur di garantire l’unità tra ifratelli che formano l’unica comunitàecclesiale». Lo ha raccomandato PapaFrancesco agli appartenenti alcammino neocatecumenale, ricevuti inudienza questa mattina, sabato 1°febbraio, nell’aula Paolo VI. Questo ildiscorso del Pontefice.

Cari fratelli e sorelle,ringrazio il Signore per la gioia dellavostra fede e per l’ardore della vo-stra testimonianza cristiana, grazie aDio! Vi saluto tutti cordialmente, adiniziare dall’Équipe responsabile in-ternazionale del Cammino Neocate-cumenale, insieme ai sacerdoti, ai se-minaristi e ai catechisti. Un salutopieno di affetto rivolgo ai bambini,

presenti qui in gran numero. Il miopensiero va in modo speciale alle fa-miglie, che si recheranno in diverseparti del mondo per annunciare e te-stimoniare il Vangelo. La Chiesa vi ègrata per la vostra generosità! Vi rin-grazio per tutto quello che fate nellaChiesa e nel mondo.

E proprio a nome della Chiesa,nostra Madre — la nostra Santa Ma-dre Chiesa, gerarchica come piacevadire a Sant’Ignazio di Loyola — anome della Chiesa vorrei proporvialcune semplici raccomandazioni. Laprima è quella di avere la massimacura per costruire e conservare la co-munione all’interno delle Chiese parti-colari nelle quali andrete ad operare.Il Cammino ha un proprio carisma,una propria dinamica, un dono checome tutti i doni dello Spirito hauna profonda dimensione ecclesiale;questo significa mettersi in ascoltodella vita delle Chiese nelle quali ivostri responsabili vi inviano, a valo-rizzarne le ricchezze, a soffrire per ledebolezze se necessario, e a cammi-nare insieme, come unico gregge,sotto la guida dei Pastori delle Chie-se locali. La comunione è essenziale:a volte può essere meglio rinunciarea vivere in tutti i dettagli ciò che ilvostro itinerario esigerebbe, pur digarantire l’unità tra i fratelli che for-mano l’unica comunità ecclesiale,della quale dovete sempre sentirviparte.

Un’altra indicazione: dovunqueandiate, vi farà bene pensare che loSpirito di Dio arriva sempre primadi noi. Questo è importante: il Si-gnore sempre ci precede! Pensate a Fi-lippo, quando il Signore lo invia perquella strada dove incontra un am-ministratore seduto sul suo carro(cfr. At 8, 27-28). Lo Spirito è arriva-to prima: lui leggeva il profeta Isaiae non capiva, ma il cuore ardeva.Così, quando Filippo gli si avvicina,egli è preparato per la catechesi eper il Battesimo. Lo Spirito sempreci precede; Dio arriva sempre primadi noi! Anche nei posti più lontani,anche nelle culture più diverse, Diosparge dovunque i semi del suo Ver-bo. Da qui scaturisce la necessità diuna speciale attenzione al contesto cul-t u ra l e nel quale voi famiglie andretead operare: si tratta di un ambientespesso molto differente da quello dacui provenite. Molti di voi farannola fatica di imparare la lingua locale,a volte difficile, e questo sforzo è ap-prezzabile. Tanto più importante sa-rà il vostro impegno ad “i m p a r a re ”le culture che incontrerete, sapendoriconoscere il bisogno di Vangeloche è presente ovunque, ma anchequell’azione che lo Spirito Santo hacompiuto nella vita e nella storia diogni popolo.

E infine, vi esorto ad avere curacon amore gli uni degli altri, in parti-colar modo dei più deboli. Il Cammi-no Neocatecumenale, in quanto iti-

nerario di scoperta del proprio Bat-tesimo, è una strada esigente, lungola quale un fratello o una sorellapossono trovare delle difficoltà im-previste. In questi casi l’e s e rc i z i odella pazienza e della misericordiada parte della comunità è segno dimaturità nella fede. La libertà di cia-scuno non deve essere forzata, e sideve rispettare anche la eventualescelta di chi decidesse di cercare,fuori dal Cammino, altre forme divita cristiana che lo aiutino a cresce-re nella risposta alla chiamata del Si-g n o re .

Care famiglie, cari fratelli e sorel-le, vi incoraggio a portare dovunque,anche negli ambienti più scristianiz-zati, specialmente nelle periferie esi-stenziali, il Vangelo di Gesù Cristo.Evangelizzate con amore, portate atutti l’amore di Dio. Dite a quantiincontrerete sulle strade della vostramissione che Dio ama l’uomo cosìcom’è, anche con i suoi limiti, con isuoi sbagli, anche con i suoi peccati.Pe questo ha inviato suo Figlio, per-ché Lui prendesse i nostri peccati sudi sé. Siate messaggeri e testimonidell’infinita bontà e dell’inesauribilemisericordia del Padre.

Vi affido alla nostra Madre, Ma-ria, affinché ispiri e sostenga sempreil vostro apostolato. Alla scuola diquesta tenera Madre siate missionarizelanti e gioiosi. Non perdete lagioia, avanti!

Le nomine di oggi riguardano laChiesa in India e in Cile

Alex JosephVa d a k u m t h a l a

vescovodi Kannur (India)

Nato il 14 giugno 1959, a Mara-du-Panangad, distretto di Ernaku-lam, nell’arcidiocesi di Verapoly, hainiziato gli studi in Panangad perpoi proseguirli nel seminario mino-re St. Joseph di Ernakulam. Hacompletato la filosofia e la teologiapresso il seminario di Pune. È statoordinato sacerdote il 19 dicembre1984 nella cattedrale di Verapoly eincardinato nella medesima arcidio-cesi. Dopo l’ordinazione sacerdota-le ha ricoperto nel 1984 l’incaricoassistente parrocchiale nella catte-drale di Verapoly e tra il 1985 e il

1988 è stato alla St. Philominas’Church, Koonammavu. Dal 1988 al1992 ha compiuto gli studi a Romaper il dottorato in diritto canonicoalla Pontificia Università Urbania-na, risiedendo presso il PontificioCollegio San Paolo. È stato inoltreofficiale presso il Pontificio Consi-glio per gli Operatori Sanitari(1993-1999); segretario generale del-la commissione per la salute dellaConferenza dei vescovi cattolicidell’India (Cbci) per due mandati(1999-2009); docente e procuratoredel St. Joseph’s Pontifical Semina-ry, Alwaye (dal 2009); assistentedel cancelliere dell’arcidiocesi diVerapoly, direttore del Cochin ArtsCommunications di Verapoly, substation di Mamkkapady, direttoredel progetto per la Cbci della So-ciety of Medical Education inNorth India, Ranchi (2009-2011);presidente del Canon Law Societyof India (2009-2013). Dal 2011 è vi-cario generale dell’arcidiocesi diVerap oly.

Luis FernandoRamos Pérez

a u s i l i a redi Santiago de Chile (Cile)

È nato a Santiago il 2 gennaio1959. Prima di entrare in seminarioha ottenuto il titolo di ingegnerepresso l’Universidad de Chile. Hacompiuto gli studi filosofici e teo-logici presso il seminario maggioredi Santiago e ha conseguito il dot-torato in teologia con specializza-zione in Sacra scrittura presso laPontificia Università Gregoriana diRoma. Ha ricevuto l’o rd i n a z i o n esacerdotale il 5 maggio 1990. Hasvolto successivamente i seguentiincarichi: prefetto di filosofia nelseminario maggiore di Santiago(1990-1993), vicario parrocchialedella parrocchia di Cristo Emaús(1990-1993), vicario parrocchialedella parrocchia di Santo Toribiode Mogrovejo (1993), officiale dellaCongregazione per i Vescovi (dal1999 al 2007), vicario episcopaledell’arcidiocesi per l’educazione(2007), rettore del seminario mag-giore di Santiago (dal dicembre2007) e vicario episcopale per ilclero (dal 2011).

Galo Fernández Villasecaa u s i l i a re

di Santiago de Chile (Cile)

È nato a Santiago il 3 febbraio1961. Ha compiuto gli studi filoso-fici e teologici presso il seminariomaggiore di Santiago. Ha ricevutol’ordinazione sacerdotale il 12 di-cembre 1987. Ha svolto successiva-mente i seguenti incarichi: vicarioparrocchiale della parrocchia diNuestra Señora de las Mercedes aSantiago (1987-1994), parroco dellaparrocchia di Cristo Redentor aPeñalolén (1994-2001), parroco del-la parrocchia di Santa Clara (2001-2002), vicario episcopale dellaVicaría de la Esperanza Jóven(2002-2011) e vicario episcopaledella zona ovest dell’arcidio cesi(dal 2011).

Quarantacro ci

missionarie

«La croce di Cristo vi protegganella vostra missione». Con que-ste parole Papa Francesco ha con-segnato a quaranta sacerdoti delcammino neocatecumenale la cro-ce della missione. Lo ha fatto du-rante l’udienza di sabato 1° feb-braio, nell’Aula Paolo VI. I pre-sbiteri che hanno ricevuto la cro-ce rappresentavano le quarantamissio ad gentes che verranno av-viate prossimamente.

Ogni missio è formata da circaquaranta persone: ne fanno partequattro famiglie (in tutto 160 nu-clei familiari), da un sacerdote eun seminarista, e tre sorelle. Sitratta, quindi, di più di 1.500 per-sone che hanno ricevuto dal Papail mandato missionario.

Insieme con questo gruppo,all’udienza erano presenti circadiecimila persone: centinaia di fa-miglie già in missione, presbiterie itineranti responsabili di tutto ilmondo, oltre a una rappresentan-za delle 2.589 parrocchie di tuttaEuropa dove è presente il Cam-mino e agli studenti dei seminariRedemptoris Mater. Le quarantamissio si aggiungono alle cinquan-totto già inviate da Benedetto XVInel 2012 e negli anni precedenti.Particolare attenzione — spiegaGiuseppe Gennarini — è riservataall’Asia, ma anche a zone dove laChiesa è «presente da tempo edove in media ormai solo il dieciper cento dei battezzati frequentala Chiesa e migliaia di parrocchiesono state chiuse o stanno per es-sere chiuse».

Durante l’udienza l’i n i z i a t o redel Cammino, Kiko Argüello,presente insieme a CarmenHernández e don Mario Pezzi, harivolto un saluto al Papa, presen-tandogli i sacerdoti e le famiglieche stanno per partire nelle qua-ranta missio.

Otto di queste sono dirette inCina. «Io sono un discepolo diCharles de Foucauld — ha com-mentato — e non si può evange-lizzare se non si è umili e poveri.E non c’è povertà più grande chenon sapere una lingua». In que-sto modo, quando «i fratelli im-parano la lingua, si inculturano».Tre saranno poi le missio per l’In-dia, tre per il Vietnam e una perla Mongolia. Quanto a quelle eu-ropee, ve ne saranno a Klagen-furt, in Austria, a Copenhagen, inDanimarca, ma anche in Finlan-dia e a Tallin in Estonia. Otto sirecheranno in Francia, tre in Sviz-zera (a Friburgo, Ginevra e Lo-sanna), una rispettivamente inKosovo, in Lettonia, in Olanda,in Ucraina, in Bulgaria e in Un-gheria. Due invece raggiungeran-no Philadelphia, negli Stati Unitid’America. Ci sono inoltre altre245 famiglie con un totale di 720figli — ha riferito Argüello — chepartono per rafforzare il Cammi-no e dare vita a «un processo ca-techetico-liturgico di iniziazionecristiana nelle parrocchie, attra-verso il quale si vuole portare ilconcilio. E lo stiamo portando».

All’udienza hanno partecipato,fra gli altri, i cardinali Vallini, Fi-loni, Cañizares Llovera, Ryłko,Rouco Varela, Schönborn,Dziwisz, Romeo, De Giorgi,Cordes, e numerosi arcivescovi evescovi.

Un nuovo slancio alla pastorale deimarittimi, attraverso iniziative di ri-flessione, responsabilizzazione ecoordinamento: è quanto chiedono icoordinatori regionali dell’Ap ostola-to del mare che nei giorni scorsihanno partecipato a Roma all’incon-tro promosso dal Pontificio Consi-glio della pastorale per i migranti egli itineranti. Al termine dei tregiorni di lavoro i partecipanti hannostilato un documento nel quale han-no inteso sintetizzare le propostescaturite dall’ampio dibattito.

Le relazioni svolte durante l’in-contro hanno stimolato la riflessionesulle tendenze future dell’industriamarittima e sul modo in cui l’Ap o-stolato del mare dovrà rispondervi.Dai rapporti regionali sono emersi«problemi comuni quali la necessitàdi mezzi finanziari per realizzare ilnostro servizio, la mancanza di co-municazione e di collaborazione inrete, nonché di sostegno da partedei vescovi promotori e delle Chieselo cali».

Analizzando la situazione dellapastorale marittima nel mondo «cisentiamo spronati — scrivono neldocumento i partecipanti all’incon-tro — dal fatto che si può fare moltodi più per fornire servizi migliori al-la gente del mare. Allo stesso temporiconosciamo che ci sono molte ra-gioni per rendere grazie a Dio per ilgrande lavoro svolto dai numerosicappellani e volontari che operanonei centri Stella maris e nei porti delmondo».

Nel testo si segnala comunque lanecessità di dare uno slancio nuovoa questa importante forma di apo-stolato. E si elencano, in proposito,una serie di iniziative da portareavanti con il consenso del PontificioConsiglio. Innanzitutto si sottolineala necessità di stimolare una rifles-sione seria e qualificata sul motu-proprio Stella maris dedicato alla

pastorale marittima. Un documentofondamentale per la gente del mare,che deve però ancora essere «ade-guatamente messo in atto a livellouniversale». Si invoca poi la possi-bilità di presentare ogni anno unprogramma regionale al PontificioConsiglio e ricevere il necessario so-stegno finanziario per realizzarlo.Allo scopo i partecipanti all’i n c o n t roritengono che sarebbe anche neces-sario «creare un comitato per la rac-colta fondi, formato da esperti, al fi-ne di assistere e promuovere l’attua-zione dei piani di sviluppo».

Un altro degli obiettivi fissati è ri-spondere all’invito — espresso neldocumento finale del XXIII c o n g re s -so mondiale dell’Apostolato del ma-re — a «essere strumenti della nuovaevangelizzazione nel mondo maritti-mo» con l’impiego «di tutti i mezzie gli strumenti della comunicazione,compresi i social media». Anzi, aquesto proposito si manifesta l’esi-genza di coordinare meglio il lavorodei media a disposizione. Da mi-gliorare anche «il coordinamentodel ministero globale dell’Ap ostola-to del mare utilizzando le compe-tenze e le conoscenze esistenti nellafamiglia internazionale» che fa rife-rimento a questo organismo. Ciòpotrà servire anche a «responsabiliz-zare i marittimi affinché diventinoapostoli di evangelizzazione» offren-do loro materiali di catechesi.

Tra le altre proposte contenutenel documento, la definizione di unnuovo processo per la nomina deicoordinatori regionali; un chiari-mento ulteriore dei ruoli, delle re-sponsabilità e delle risorse di ciascu-no; il miglioramento della coopera-zione e della collaborazione con leconferenze episcopali, con i vescovie con i direttori nazionali.

Nel testo finale i partecipanti rin-graziano in particolare il dicasterovaticano promotore dell’incontro per

aver fornito l’occasione di «cono-scerci e comprenderci maggiormentel’un l’altro». Si è trattato — scrivono— di un’esperienza che ha rafforzatola consapevolezza «delle sfide chedovremo affrontare nel rappresenta-re il Pontificio Consiglio e nel coor-dinare le attività nella nostra regio-ne». In questo senso viene ricordatala partecipazione all’udienza genera-le di mercoledì 22 gennaio, durantela quale «il Santo Padre Francesco— sottolineano — ci ha esortati adessere “la voce” dei marittimi, dei

pescatori e delle loro famiglie, e harafforzato il nostro impegno e la no-stra dedizione al servizio della gentedel mare». Nella stessa prospettiva èstata vissuta la celebrazione eucari-stica e la preghiera intorno all’a l t a rededicato a Giovanni Paolo II nellabasilica Vaticana, per confermare ildesiderio di portare l’apostolato delmare internazionale “al largo”,«uscendo dal porto delle nostresicurezze acquisite verso il mareaperto delle sfide del mondo marit-timo».

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L’OSSERVATORE ROMANO febbraio 2014 numero 20

Sua madre confrontavatutte queste cose nel suo cuoredonne chiesa mondo

Donne e denaro

Donne e denaro è il tema di questo numero. Binomio antico nelladifficoltà quotidiana delle donne povere di far quadrare i bilancifamiliari, binomio che, al contempo, incarna storicamentel’impotenza femminile. Per secoli, infatti, alle benestanti fu proibitoamministrare il proprio patrimonio senza l’intervento dell’uomo diriferimento, marito o padre che fosse. Ma in questo panorama negliultimi secoli in occidente ha trovato spazio un’altra figura, a riprovadella concreta capacità femminile di saper trasformare il denaro inoccasioni di crescita e di vita, una figura che è emersa proprio nellastoria della Chiesa. È qui, infatti, che nell’Ottocento si riscontra ilfiorire di notevoli capacità imprenditoriali femminili. Tentativiriusciti grazie alla tenacia di donne costrette a confrontarsi conuomini nient’affatto ben disposti. Ci riferiamo alle tante fondatricidi congregazioni di vita attiva che, intraprendendo un fecondopercorso di cristianizzazione della società proprio nel momento incui essa si stava secolarizzando, si rivelarono capaci di creareun’imponente rete di opere assistenziali (scuole, ospedali,orfanotrofi, strutture di assistenza a poveri ed emarginati)dimostrando eccezionali capacità nel cogliere i bisogni eindividuarne le soluzioni. E nel farlo con autonomia e creatività,confrontandosi con i nuovi equilibri sociali, le fondatrici furono leprime donne ad amministrare da sole e con successo sommeragguardevoli di denaro. Le nuove fondazioni furono dunque talianche, se non soprattutto, per il loro assetto economico. Mentre leistituzioni femminili precedenti nascevano e resistevano nel temposolo laddove fossero garantite da una sicurezza economica alleorigini, le nuove congregazioni rovesciano la regola: nascono con uncapitale iniziale minimo, a volte addirittura nullo. Le suore nonportano quasi mai una dote al momento della professione, ma è conil loro lavoro che contribuiscono a garantire il sostentamento dellacongregazione, conquistandosi così la stima della comunità. Unalezione che va ricordata: le fondatrici furono infatti costrette nonsolo a procurarsi i fondi per sostenersi, ma soprattutto a gestirli inmodo dinamico e produttivo, impegnandosi in autentiche attivitàimprenditoriali, senza accontentarsi dei primi risultati ma ampliandocontinuamente le iniziative, anche a costo di indebitarsiconsiderevolmente. Molto spesso ignorata o messa a tacere, è peròindubbio che l’emancipazione femminile e della Chiesa sia passataanche da qui. E da qui può e deve ripartire, come dimostrano icontributi di questo numero. (g.g.)

Vigilo sugli affari economici dei vescovi francesiA colloquio con Corinne Boilley, prima vice-segretario generale della Conferenza episcopale d’O ltralp e

di MARIE-LUCILE KUBACKI

Laureata alla Sciences Po Paris ed espertadi risorse umane, questa donna radiosa,madre di tre figli, all’età di 57 anni è dal2012 la prima donna vice-segretario gene-rale della Conferenza dei vescovi di Fran-cia (Cef), dove è responsabile degli affarieconomici, giuridici e sociali. Il suo lavoroconsiste, tra le altre cose, nell’ascoltare, ac-compagnare e sostenere le diocesi nellosviluppo delle loro risorse finanziarie enell’attuazione di politiche di risorse uma-ne adeguate e giuste.

Qual è stata la sua reazione quando ha ap-preso della sua nomina a vice-segretario?

Ho provato stupore e mi sono chiesta:perché proprio io? I miei due predecessoriavevano un profilo soprattutto finanziario,per cui non mi sarei mai immaginata di ri-

trovarmi in questo posto. Allora ho ascol-tato ciò che sentivo risuonare dentro dime. Ho accettato perché mi riconoscevonelle dimensioni della missione e nel mo-do di svolgerla, con un ascolto attento deibisogni delle diocesi e un lavoro collabo-rativo e costruttivo tra di loro.

Lei è la prima donna vice-segretario generale:lo vive come un motivo di orgoglio o comeuna pressione?

È stato quando gli altri hanno iniziato amanifestare la loro sorpresa, sincera, cheho provato una leggera preoccupazione:«ma tu sei la prima donna!» mi dicevano.All’inizio queste reazioni di stupore miturbavano perché mi davano l’i m p re s s i o n eche la sorte di metà dell’umanità gravassesu di me. L’essere guardata come la primadonna comportava per me un’enormepressione. Poi mi ci sono abituata e ora nesono felice.

Non dà un po’ fastidio il fatto che non appe-na una donna accede a un posto di granderesponsabilità come il suo tutti s’i n t e r ro g h i n o ?

Un po’. Io sono una professionista. Holavorato per anni nel campo delle risorseumane. Visto che fin da giovanissima hoavuto responsabilità importanti, non homai avuto l’impressione che mi venisseroaffidate perché ero una donna. Voglio cre-dere che sia stato l’insieme della mia per-sonalità e delle mie competenze a motiva-re la mia nomina, e non la voglia di sce-gliere espressamente una donna per que-sto posto. E nella mia persona ci sono di-mensioni di femminilità, di maternità. Èun tutt’uno, non lavoro nel campo dellerisorse umane per caso. C’è in qualche

modo l’aspetto dell’ascolto, del prendersicura degli altri, dell’attenzione verso glialtri.

Ma questa nomina è comunque un segnaleforte!

Ovviamente è un segno di modernità,di una Chiesa ancorata al suo tempo.Prendo la mia nomina in quanto donna,laica e professionista delle risorse umanecome un incoraggiamento. Se non ci fossestato questo incoraggiamento dell’istitu-zione, non mi sarei mai permessa di pen-sare a una simile missione. Non milito afavore dell’ordinazione delle donne e nonmi riconosco nel movimento femminista,ma sono invece convinta che siano neces-sari una parola e dei gesti da partedell’istituzione ecclesiale a favore di unmaggiore riconoscimento delle azioni svol-te dai laici.

Ci vorrebbero più donne nei posti decisionalie se sì, in quali posti in particolare?

Non si può fare a meno della metàdell’umanità! Sì, bisogna fare in modo checi siano più donne nei posti di responsabi-lità. Nella Cef sono molte le donne chedirigono servizi: Nathalie Becquart, suorasaveriana diplomata all’Hec, un grandeistituto commerciale, è a capo del serviziogiovani e vocazioni, e Monique Baujard,avvocato esperto di questioni etiche, diri-ge il servizio famiglia e società, di cui iostessa sono vice-segretario generale. L’isti-tuzione, al più alto livello, ha mandato deisegnali. I vescovi nelle loro diocesi e i par-roci nelle loro parrocchie sono e devonoessere anch’essi promotori di tutto ciò.Nel panorama dei laici impegnati in mis-sione ecclesiale nelle diocesi ci sono mol-tissime donne, ma non in tutti i campi. Cisono pochissime econome diocesane, an-cora troppe poche donne nei consigli dio-cesani. Come spiega Papa Francesco nellasua recente esortazione apostolica: «In vir-tù del battesimo ricevuto, ogni membrodel popolo di Dio è diventato discepolomissionario». E più specificamente, ri-guardo alle donne nella Chiesa, dice: «C’èancora bisogno di allargare gli spazi peruna presenza femminile più incisiva nellaChiesa (...) e nei diversi luoghi dove ven-gono prese le decisioni importanti, tantonella Chiesa come nelle strutture sociali».

I suoi interlocutori sono in maggior parte sa-cerdoti e vescovi: come l’accolgono in quantodonna laica in un posto di grande responsa-bilità?

La fiducia non si decreta, si tesse: que-sto riassume tutto. Quando sono arrivata,ho provato, come loro, una certa reticen-za. Forse da parte loro perché ero unadonna. Ma da parte mia perché erano deisacerdoti. Prima del mio arrivo nella Cefnel 2007, i sacerdoti che frequentavo eranoquelli che celebravano, mi confessavano oaccompagnavano i miei momenti di ritiro.

Nel 2012 il mio rapporto di lavoro è cam-biato, con un contatto più diretto con ivescovi. Poco a poco la fiducia è aumen-tata; questa passa per una conoscenza mi-gliore, una maggiore comprensione dellerealtà condivise e per un profondo rispet-to. Nella prima assemblea plenaria aLourdes, ero molto turbata, tutti i vescovidi Francia erano di fronte a me ed esitava-no a pormi domande. L’anno seguente,l’assemblea è stata di tutt’altra natura, per-ché nel frattempo avevo incontrato alcunivescovi nelle loro diocesi e avevo lavoratocon loro.

Lei lavora nel campo delle risorse umane: co-me donna sente di avere una missione parti-colare rispetto alle altre donne?

Qui, alla Cef, non ci sono poste in gio-co di questo tipo. Come ho già detto,all’interno dei vari servizi, accanto ai sa-cerdoti, ci sono donne con ruoli di re-sponsabilità. Il che non mi impedisce diesprimere il mio stupore aivescovi per il fatto che cisono così poche donneeconome! È necessario chenelle diocesi e nelle parroc-chie i vescovi e i parrociincoraggino le donne amettersi in moto. È anchenecessario che le donnesiano determinate perché la determinazio-ne suscita la fiducia. Dal 2008-2009, conl’attuazione di convenzioni collettive nellediocesi, i vescovi stanno rivolgendo un’at-tenzione particolare alla gestione dei di-pendenti. Di fatto, i laici in missione ec-clesiale vengono più seguiti e si sta comin-ciando ad affrontare più facilmente la que-

stione delle donne. Per esempio, come sipuò incoraggiare un vescovo a inseriredelle donne nel suo consiglio per gli affarieconomici? La risposta è: dicendo chiara-mente di cosa si ha bisogno. Non si trattadi parlare delle donne tanto per parlarne,ma di trovare le persone giuste con le giu-ste competenze per il posto giusto. Traqueste ci sono necessariamente delle don-ne. Lo sviluppo della cultura delle risorseumane gioca a loro favore.

Allora quali consigli darebbe alle giovanidonne di oggi perché si possano affermarenella loro vita professionale senza però per-dervisi?

Io sono sensibile all’approccio ignazia-no e non posso che incoraggiare le giova-ni donne a riflettere, il più presto e il piùregolarmente possibile, sul loro progetto,sul loro obiettivo. In quale ambito potròdare meglio il mio contributo al mondo?Sono convinta che occorra restare liberinelle proprie scelte ma per questo a voltebisogna discernere, osare, correre il rischiodi rifiutare certi compromessi. Quando so-no stata nominata direttore delle risorseumane di una grande azienda francese erogiovane — avevo trentadue anni — e avevodue bambini piccoli. Perciò ho deciso diproporre un part-time per il mio lavoro, arischio di non avere il posto. Ho sempre

accettato le responsabilità senza sacrificarel’equilibrio nella mia vita personale. In se-guito, ho lasciato l’azienda per il consi-glio, così da poter passare più tempo coni miei figli. Penso che sia necessario colti-vare il proprio orto. Per costruire, bisognaavere ben chiari i propri obiettivi e le pro-prie priorità.

Il suo lavoro consiste anche nell’a s c o l t a reaccompagnare e sostenere le diocesia sviluppare le opportunità finanziariee ad attuare giuste politiche di risorse umane

È necessario che nelle diocesii presuli incoraggino le donne a mettersi in motoE che queste siano determinateperché la determinazione suscita fiducia

Dopo la laureaall’Istituto diScienze Politiche diParigi e il master indiritto privato,Corinne Boilley(1956) è chargée demission (consulente)nel servizio diinformazione ediffusione delprimo ministrofrancese, per ilbiennio 1981-1982.Direttore delleRisorse Umane edellacomunicazioneinterna Europa delgruppo diristorazione Quick,dal 2007 è direttoredelle risorse umanedella Conferenzadei vescovi diFrancia. Il 1settembre 2012 èstata nominatav i c e - s e g re t a r i ogenerale della Cef,con l’incarico diseguire le questionieconomiche,giuridiche e sociali.do

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Vicino a Kabul (LaPresse/Ap, 2013)

Page 10: L’osservatore romano (02.Fev.2014)

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L’OSSERVATORE ROMANO febbraio 2014 numero 20

Inserto mensile a cura di RI TA N N A ARMENI e LU C E T TA SCARAFFIA, in redazione GIULIA GALEOTTIwww.osservatoreromano.va - per abbonamenti: [email protected] a

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di LU C E T TA SCARAFFIA

Francesca Cabrini ha lasciato una im-pronta unica e di grande originalità,sia come religiosa che come donna,proprio nell’uso del denaro. A leiserviva denaro, molto denaro, per

costruire ospedali, scuole, orfanotrofi per gliemigrati che vivevano in condizioni di graveindigenza nei Paesi dell’America settentrionalee meridionale e proprio per questo si è impe-gnata a ottenerlo in ogni modo. Mentre inItalia alle donne non era ancora riconosciutal’autonomia amministrativa, lei e le sue suoreamministravano senza paura somme ingenti e

decidevano investimenti importanti, fidandonelle proprie capacità imprenditoriali. Il dena-ro per lei era un mezzo da usarsi bene, con laperizia necessaria, ai fini di realizzare la vo-lontà di Dio nel mondo.

Come faceva madre Cabrini a finanziare lesue audaci imprese? Le vie da lei seguite perraggiungere le somme di volta in volta richie-ste erano numerose, adatte a ogni situazione,ma la base costante su cui faceva assegnamen-to per pagare i debiti e lanciarsi in nuove ini-ziative era il lavoro gratuito delle suore, un la-voro qualificato e continuo: «Lavorate, lavora-te, figliuole mie, senza stancarvi, lavorate congenerosità, lavorate con fermezza e integrità»scrive il 2 dicembre 1900 alle suore di Genovadalla nave, e in modo analogo si raccomandain altre lettere. La modernità di Francesca Ca-brini, però, non consisteva semplicemente inun adeguamento della vita religiosa ai nuovitempi; il suo impegno nel lavoro, impegnoche chiedeva a tutte le sue suore, non avevaniente a che vedere con la smania di lavoroche assorbe la vita di tanti uomini e donnemoderne, ma è solo l’obbedienza al richiamodivino, desiderava fare quel che Dio voleva.In tutte le sue iniziative — mentre si preoccu-pa che sorgano opere belle ed efficienti, non-ché economicamente fiorenti — l’obiettivo uni-co e principale è la diffusione del messaggiocristiano e non la riuscita economica di questao quell’op era.

Rimane però il fatto che non aveva pauradi affrontare gli aspetti pratici di ogni proget-to, del quale, fin dal primo momento, sapevavalutare il costo e il possibile ricavo. Il capita-le iniziale per ogni fondazione veniva dalledonazioni che Francesca Cabrini riusciva a ot-tenere dalle autorità ecclesiastiche, cioè daPropaganda Fide o dalla Santa Sede, da bene-fattori privati ma anche da prestiti, possibil-mente a tasso d’interesse nullo o molto basso,che poi restituiva.

Ottenere aiuto dai benefattori non era faci-le, richiedeva un lavoro attento da parte dellesuore, che dovevano saper chiedere al momen-to giusto, attirare le donazioni mostrando ilbuon frutto che ne sapevano trarre. Lei stessaè un esempio in questo senso: «Ho lavoratoun mese intorno al Sig. Capitano Pizzati —scrive da New Orleans il 27 giugno 1904 — efinalmente venne alla decisione di darmi 50mila dollari in dieci anni, ma desiderava vederfatta subito la Casa. Io gli dissi che non pote-vo anticipare denaro, ma che sarebbe statomeglio che lui pensasse a fabbricarci la Casa,allora contento disse: Ebbene, voi preparatemiil terreno e io fabbricherò la Casa, e già ha co-

mandato all’architetto un disegno di settanta-cinque mila dollari e si farà subito».

I soldi potevano venire anche da specula-zioni fortunate, come quando a Chicago —portata a passeggiare fuori città per alleviarele sue difficoltà di respirazione — vide subito

Il sostegno di Dio, che sente sempre accan-to a sé, la rende capace d’investire senza paurain progetti costosi e complessi, spesso senzaavere al momento la copertura finanziaria, mafidando solo nell’aiuto divino. A Buenos Ai-res, come era solita fare nelle sue iniziative,per fondare la scuola assume impegni finan-ziari molto superiori alle sue possibilità delmomento: «Ma io mi sentiva nell’intimo unasegreta persuasione, che non sapeva d’ondemai venisse, e così decisi di prenderla ad ognicosto. Quel coraggio però nell’a s s u m e requell’impegno, piuttosto forte, finì col lasciarein tutti una buona impressione, e cominciaro-no le prime famiglie a venire ad iscrivere le lo-ro bambine, e continuarono poi in manierache, alla mia partenza, già la casa era piena, egià abbiamo i piani per prenderne un’altra piùcapace» (agosto 1896).

Il metodo più utilizzato per accumulare lesomme necessarie alle nuove opere era senzadubbio il risparmio, praticato continuamentedalle suore che vivevano in grande povertà se-condo le costanti esortazioni della fondatrice,

come dimostra il codicillo che questa nel 1905aveva aggiunto al suo testamento: «Non simaltratti la povertà allargando ora da una par-te per convenienza, ora dall’altra per riguardo,ma si pensi che tutto il di più che si usa e tut-to ciò che si sciupa per incuria è rubatoall’Istituto, e a far peccato mortale bastaquanto può bastare a un esterno che ruba. Intutte le officine ed esercizi particolari si puòrubare, attente dunque, o figliole, e siate deli-cate assai col voto di povertà come bramate diesserlo in quello di castità».

Per risparmiare era abituata anche ad aguz-zare l’ingegno, come a Los Angeles, dovemancavano i soldi per l’ampliamento, ormaiimprorogabile, della casa. Mentre la direzionedei lavori della nuova ala veniva affidata auna suora, divenuta provetta capomastro, ilmateriale di costruzione venne ricavato dallademolizione di un parco di divertimenti, cheFrancesca Cabrini aveva comprato a pocoprezzo. L’opera di demolizione realizzata sot-to la sua direzione fu affidata anche alle bam-bine dell’orfanotrofio, felici di raccogliere intanti secchielli chiodi, serrature e cerniere, eriuscì così bene che il legname e i mattoniavanzati furono spediti a Denver, dove le suo-re stavano costruendo un altro fabbricato.

Ingegnarsi, in certi casi, può anche voler di-re sfruttare una miniera, come quando sugge-risce alle suore del Brasile di imitare l’esempiodelle suore di Seattle: «Sapete che qui ci han-no regalato una mina e già le Suore stanno afarla lavorare? Bisognerà che ne troviate anchevoi in Minas e farla lavorare che così avretel’oro per fabbricare tutte le Case, come neavete bisogno. M. Mercedes forse saprà tro-varla» (10 ottobre 1909).

Questa continua lotta per rendere concreti efunzionanti tutti i progetti, per pagare i debiti,avviare nuovi finanziamenti e non farsi ingan-nare, se pure sfibrante, non dispiaceva a madreCabrini: «Devo lavorare come una giovanotta,devo sostenere forti ragioni contro forti uominiingannatori e si deve fare; e voi state attente,lavorate pur molto e non dite che è troppo seno non sarete mai la donna benedetta dalloSpirito Santo» (Chicago 1904).

Nel denaro Francesca Cabrini vedeva unaforma di energia che si poteva usare positiva-mente, un dono di Dio del quale non si dove-va avere paura se la propria vita era orientataa onorare il suo cuore.

di SI LV I A GUSMANO

Sono l’unico caso in Italia. Settedonne di età e nazionalità diverseunite in una cooperativa di pesca,la Bio&Mare. Prima dell’i m b ru n i regettano le reti, al largo di Marina

di Carrara, e all’alba le tirano su. Vendonoquanto è possibile e trasformano gli scarti insughi biologici. Mente e cuore di questa real-tà è Radoslava Petrova — Radi per i frequen-tatori del molo — nata a Plovdiv, in Bulgaria,nel 1974 e giunta in Toscana a 24 anni dopoil matrimonio con un italiano. A lei, come atante altre donne arrivate da lontano, il nuo-vo Paese non offre molto all’inizio. I suoi ti-toli di studio non vengono riconosciuti e lepoche possibilità di lavoro si incanalano sem-pre nelle solite strade: colf, cameriera, badan-te. La passione per il mare e un incontro for-tunato, però, danno a Radi l’occasione di co-struirsi un futuro diverso. Tramite Telethondove fa la volontaria, la giovane conosce ipescatori della cooperativa Maestrale e iniziaa fare la segretaria da loro. Poco tempo dopol’illuminazione: usare gli scarti del pesce perfare vasetti di salse da mettere in vendita.«Prima della caduta del muro — racconta —in Bulgaria i supermercati non c’erano e sipreparavano barattoli di conserve di ogni ti-po, senza buttare niente. Così, vedere tuttoquel pesce sprecato mi dava fastidio. Il miocapo all’inizio era scettico, poi mi ha dato fi-ducia e abbiamo avuto un gran successo!».

Nel 2011 Radi si mette in proprio e crea laBio&Mare. Attorno a sé, raduna un gruppodi donne «da sempre nel mondo della pescama con ruoli secondari» e insieme diventanoprotagoniste di una grande sfida. Oggi nellacooperativa lavorano quattro italiane e trestraniere, «stanche morte ma orgogliose deirisultati ottenuti».

Il caso di Radi, secondo gli ultimi dati delCentro Studi Cna, è tutt’altro che isolato.Gli imprenditori stranieri in Italia sono infat-ti quasi 420mila (circa l’11 per cento del tota-le). Oltre 90mila le donne, di cui poco menodella metà titolari d’impresa. È un fenomenoin continua espansione e in netta controten-denza. Il Censis ci dice, infatti, che mentre inegozi italiani dal 2009 a oggi sono diminutidel 3 per cento, quelli stranieri sono cresciutidel 21 per cento, gap che troviamo anche inaltri settori, dalle costruzioni all’artigianato.Colpisce infine un dato: questi nuovi im-prenditori danno lavoro, nei calcoli diUnioncamere, a circa 3 milioni di italiani.Sono numeri sufficienti a mandare in frantu-mi tutti gli stereotipi che affollano l’immagi-

nario sull’immigrazione, soprattutto femmini-le. Lungi dal subire un destino imposto dallasocietà o dal mercato, sempre più stranieredimostrano di avere la creatività e la grintaper seguire le proprie inclinazioni, incidendocon forza nel terreno umano ed economicoin cui agiscono.

Di loro tuttavia si parla poco: i media ten-dono a raccontare il fenomeno migratoriosempre dalla medesima prospettiva, secondoschemi predefiniti. Per questo la Provincia diRoma sta finanziando un progetto — M i g ra -zione donna: una risorsa — che mira a pro-muovere degli incontri diretti tra alcune im-prenditrici straniere e la cittadinanza. Un’ini-ziativa inedita che nell’intenzione delle idea-trici, Sarah Zuhra Lukanic e Maria Antoniet-ta Mariani, presenta all’opinione pubblicaun’immagine più ricca e completa dell’immi-grazione femminile.

Tra le protagoniste del primo appuntamen-to, Aida Ben Jannet, nata a Tunisi nel 1970,che ha rilevato l’azienda italiana per cui lavo-rava dopo averla salvata dal fallimento.Quando racconta la propria storia, Aida pre-mette: «È l’Italia che mi ha cercata e non vi-ceversa». Dopo la laurea in giurisprudenza,infatti, un caro amico di famiglia, Ermanno,le chiede una mano per rimettere in sesto ilsuo negozio di autoricambi alle porte di Ro-ma. Aida accetta e nel 1995 parte, ma in po-chi mesi la situazione precipita. Il negozioaccumula un debito di 120 milioni di lire edErmanno si ammala. Lei non vuole abbando-narlo e decide di restare. Tira avanti per unp o’ con tanti sacrifici, finché anche lei nonha una grande intuizione imprenditoriale.

«Non avevamo più niente da vendere e ungiorno per tenermi occupata ho aperto deivecchi scatoloni da buttare. Erano pieni dipezzi d’auto d’epoca, messi via anni primaperché non avevano mercato. Li ho tiratifuori, puliti e sistemati sugli scaffali: eranobellissimi! Poi, ho iniziato a leggere cataloghie manuali d’istruzione. E mi sono appassio-nata. I clienti, notata la novità, hanno indi-rizzato da noi collezionisti ed esperti del set-tore: è stata la nostra salvezza!». Oggi sulnegozio campeggia una bella insegna: Au t o r i -cambi Aida, anche se chi entra per la primavolta scambia sempre la proprietaria per lacommessa: «Faticano ad accettare che una

dell’Opera continuano a fissarmi come fossiun’extraterrestre!». Al contrario, ciò che tuttequeste donne lamentano con forza sono gliostacoli burocratici, le troppe tasse e le diffi-coltà a ottenere finanziamenti. Raramente,tuttavia, vogliono andarsene. Continuano acombattere nella certezza che la crisi passerà.«Come potrei dire ai miei figli che in Italianon c’è futuro?», si chiede Edith. «Non sa-rebbe giusto, questo è il loro Paese e hannoil diritto di crescere con le speranze e i sognidella loro età». Anche lei è arrivata qui dopoil matrimonio con un italiano e a un certopunto ha sommato la sua esperienza in Ma-dagascar con le esigenze del nuovo Paese.«Ho iniziato con la vaniglia, spezia che lamia famiglia coltiva da quattro generazioni.In Italia se ne usa tanta, ma quasi sempresintetica. Sono andata in Madagascar, ne hopreso qualche chilo e l’ho venduto alle pa-sticcerie di Torino».

Da lì, negli ultimi dieci anni è stata unacontinua escalation. Edith ha seguito un cor-so di alimentazione, ha messo su un’attivitàdi import e commercio di spezie da tutto ilmondo, ha avviato diverse piantagioni inMadagascar che in alta stagione danno lavo-ro anche a 300 persone e nel 2010 è stata no-minata Imprenditore straniero dell’anno,nell’ambito del MoneyGram Award, presti-gioso premio dedicato all’imprenditoria im-migrata in Italia.

Nella categoria Innovazione, l’anno suc-cessivo, lo stesso riconoscimento è andato aMargarita Perea Sánchez, sarta colombianache nel 2005 ha aperto la propria attività aRoma. Giunta in Italia nel 2001 con il maritoe il figlio, oggi ventenne, all’inizio Margaritasi è arrangiata con impieghi occasionali. Poi,ha trovato lavoro in un’importante sartoriadella capitale e ha messo i soldi da parte peraprire la Clinica dei vestiti, nome che rendeomaggio al sogno della sua infanzia: «Volevofare il medico ma non potevamo permettercil’università e mio padre ha insistito perchéimparassi a cucire». Oggi Margarita oltre acreare nuovi abiti, con grande passione siprende cura di quelli vecchi: li accomoda, liripara, dona loro una seconda vita. «Fino apoco tempo fa — spiega — la crisi giocava amio favore. La gente preferiva aggiustare ivecchi vestiti, che comprarne di nuovi. Oraperò non ci sono neanche più i soldi per leriparazioni».

Margarita, tuttavia, non si dà per vinta:«Nel mio piccolo voglio dare un contributoper risolvere questa brutta crisi, sono un’otti-mista e non perdo mai la speranza. Forse —ride — fa parte dello spirito latinoamericano,basti vedere cosa è riuscito a fare Papa Fran-cesco: grazie a lui la gente ha ricominciato acredere nel futuro!».

Il romanzo

David Golder

Quando Irène Nemirovsky scrisse ilracconto breve David Golder (1929) fuaccusata di antisemitismo. Il protagonistaera, infatti, un vecchio ebreo che era statovenditore di stracci a New York ma che,usando ogni spregiudicatezza, si erasmisuratamente arricchito. In realtàl’autrice, che era ebrea e morì in uncampo di concentramento, non avevaovviamente alcuna intenzione antisemitabensì quella di scrivere un’audace,profonda e crudele storia sul denaro. È ildenaro che muove ogni azione del vecchiofinanziere che al suo dio sacrifica tutto:affetti, amicizie, sentimenti, la sua stessavita fino a ritrovarsi solo e circondatodall’odio di fronte alla morte. Per Golderi soldi non sono un mezzo per vivere e farvivere meglio, non sono uno strumentoper arrivare a un futuro migliore, nonsono, come nell’etica protestante,delineata da Weber, la dimostrazione delproprio valore o della benevolenza di Dio:il danaro ha un valore in sé, che quasiprescinde dall’uso che se ne fa e dalleconseguenze che quest’uso può provocare.Il libro può essere letto oggi come unametafora di quello spregiudicato mondodella finanza dove il denaro produce eriproduce se stesso annullando ogniumanità. (@ritannaarmeni)

Il film

We Want Sex

Inghilterra, 1968: la fabbrica della Ford èil cuore industriale dell’Essex, con i suoicinquantacinquemila operai. Ma mentregli uomini lavorano nel nuovo

dipartimento, 187donne cuciono isedili in pelle nellaparte della fabbricacostruita nel 1920che, letteralmente,cade a pezzi. Equando poi lelavoratrici sir i t ro v e r a n n oclassificate comeoperaie nonqualificate il vasosarà davvero colmo:con coraggio,determinazione euna buona dose di

ironia, riusciranno a farsi ascoltare dasindacati, comunità locale e governo,arrivando a porre le basi della leggeinglese sulla parità di diritti e salario. Manon sarà facile: dietro il famoso scioperodel 1968, infatti, non vi fu solo il risvoltopubblico della rivendicazione. Forse, fuproprio la dimensione personale efamiliare quella più dura da gestire. Tuttiaspetti questi che il film del registabritannico Nigel Cole We Want Sex (Ma d ein Dagenham, 2010) riesce a cogliere eraccontare — anche grazie alle interpretiSally Hawkins, MirandaRichardson e Rosamund Pike — congrande maestria. Cinematografica estorica. (@GiuliGaleotti)

NASCE IN INDIA UN NUOVO MOVIMENTO

Lanciare un messaggio di emancipazione e di dignità;riscoprire il ruolo della donna nella Chiesa, uscendo daicliché di subordinazione; ribadire l’importanza delcontributo femminile nella società indiana, segnata dagravi e frequenti episodi di stupri impuniti: per questoconcorrere di ragioni, nel corso di una conferenzanazionale tenutasi a Bangalore — riferisce Fides — è statolanciato nel Paese il Movimento delle donne cristiane, cheintende ripartire dalla valorizzazione della donna,promossa dal concilio Vaticano II e dalla Mulierisdignitatem, e rilanciata espressamente da Papa Francesco.L’urgenza di dare voce alle donne cristiane nella Chiesa enella società, soprattutto alle più povere ed emarginate,per tutelare i diritti di tutte è reale: per questo centinaiadi religiose e laiche di diverse confessioni cristiane hannodato vita a un progetto che vuole «sfidare la mentalitàpatriarcale e promuovere pari diritti». Tra i fondatori delmovimento vi è la Commissione per le donne che agiscein seno alla conferenza episcopale dell’India. Un comitatodi nove membri è stato subito formato allo scopo diallargare il movimento e di elaborare le modalità dellasua presenza attiva nella società indiana.

ESSERE D ONNE IN MA L AW I

La maggior parte abbandona subito gli studi: si sposanogiovanissime, diventano madri molto presto, arrivando adavere una media di sei figli, con parti che avvengono perlo più in casa, in solitudine o con l’aiuto di personale nonqualificato, per colpa della mancanza e della precarietàdelle strutture ospedaliere esistenti. È una situazionedrammatica quella del Malawi, il cui tasso di mortalitàmaterna è di 460 vittime ogni centomila parti. Alla lucedi tutto questo è particolarmente prezioso il lavoro svoltodai sanitari dell’ospedale di Mtendere, grande villaggio aun centinaio di chilometri a sud-est della capitaleLilongwe, con la collaborazione della ong cattolicaManos Unidas. Oggi si sta lavorando alla costruzione diun nuovo reparto di maternità dotato di sala operatoria,onde limitare i rischi per mamme e nascituri. Se lo scorsoanno nel solo ospedale di Mtendere sono stati effettuatiquasi un migliaio di parti, la mancanza di una salaoperatoria per realizzare i cesarei obbligava iltrasferimento di molte donne. Alcune nell’ospedale diDedza, purtroppo carente di farmaci e personalequalificato, altre a Lilongwe, distante ottanta chilometri.Dove, spesso, si arriva quando è troppo tardi.

RAGAZZE IN CORO A CANTERBURY

Dopo oltre mille anni, una rivoluzione è avvenuta nelcoro della cattedrale di Canterbury: a quello maschile,infatti, si è affiancato per la prima volta nella storia ilCanterbury Cathedral Girls’ C h o i r. È compostoda sedici ragazze di età compresa tra 12 e 16 anni,selezionate nelle audizioni partite lo scorso novembre, chehanno visto una grande partecipazione in termini dientusiasmo e, soprattutto, di capacità vocali.In molti, tra cui il direttore del coro David Newsholme,hanno salutato l’apertura come un arricchimento per latradizione canora della cattedrale. Eppure per ora è soloprevisto che le ragazze cantino durante le funzioni inqualità di sostitute. Quando i ragazzi cioè sonoimpegnati altrove.

SUOR CARMEN E I DIRITTI UMANI IN PERÚ

Si è rifiutata di firmare un rapporto ufficiale pretestuososul tragico conflitto avvenuto nel 2010 a Bagua, nellaforesta settentrionale del Perú, quando morirono unatrentina di persone, e oggi prosegue imperterrita alavorare per chiarire gli eventi e le responsabilitàpolitiche che diedero origine a quella strage.

Anche per questo, in occasione della giornata universaledei diritti umani, suor María del Carmen Gómez Callejaha ricevuto il Premio nazionale peruviano dei Dirittiumani 2013, assegnato annualmente dalla Commissionenazionale dei diritti umani del Paese sudamericano a chisi impegna nel duro lavoro di difesa dei dirittifondamentali. La missionaria spagnola, che lavora nelvicariato di San Francisco a Bagua appunto, appartienealla Congregazione di San Giuseppe che da quasi mezzosecolo accompagna i popoli indigeni dell’Amazzoniaperuviana. Suor Carmen, in particolare, da sei anni sidedica alla promozione delle donne indigene Awajun.

I MINORI UCCISI IN HONDURAS

Secondo la ong Casa Alianza, che tutela i minori inAmerica Latina, tra il gennaio 2010 e il dicembre 2013sono stati assassinati in Honduras 3.800 bambini e

ragazzi con meno di 23 anni. È dal 1998 che la ongraccoglie le statistiche su questi omicidi. Nel 2013 sonostate registrate 1.013 morti violente di bambine, bambini egiovani, con un aumento di 102 casi rispetto all’annoprecedente. Solo nel mese di dicembre ne sono stati uccisi87 (70 maschi e 17 femmine). L’ong ha denunciatol’impunità con la quale si commettono questi reati: lapercezione diffusa tra i cittadini è che la polizia si limiti araccogliere i corpi e, laddove richiesti, a consegnarli allerispettive famiglie, ma nulla di più. Questi omicidirimarrebbero solo un documento tra gli atti giudiziari. Ilquadro che ne esce conferma il dato che caratterizzal’Honduras, catalogato come uno dei Paesi più violentidel mondo.

FRANZ E FR A N Z I S KA

Nel 1943 un contadino cattolico austriaco, FranzJägerstätter, fu condannato a morte dal tribunale di

guerra di Berlino perché si era rifiutato di prestareservizio nella Wehrmacht. A lungo dimenticata, la vicendadi quest’uomo che scelse di seguire la sua coscienza dicristiano a scapito dell’obbedienza all’autorità politica edecclesiastica — la gerarchia cattolica austriaca, infatti, siera allineata alle posizioni del nazionalsocialismo — è oggial centro del volume Una storia d’amore, di fede e dic o ra g g i o . Franz e Franziska Jägerstätter di fronte al nazismo(il Pozzo di Giacobbe, 2013). Curato da GiampieroGirardi e Lucia Togni, il libro presenta Franz attraverso lelettere che si scambiò con la moglie Franziska dal giugno1940 fino alla vigilia della morte. Lettere nelle quali, tral’altro, si rinviene — come scrive Daniele Menozzinell’introduzione — «la testimonianza di una concretapratica del cristianesimo che anticipa orientamentirinvenibili solo decenni più tardi, allorché il mondocattolico si mise alla ricerca di una più profondaintelligenza del Vangelo».

AL F E S T I VA L DI DH A KA

Rappresentare con rispetto le donne nei film e, più ingenerale, migliorare il ruolo femminile nel mondo delgrande schermo e dei media: sono queste le richiesteemerse nel corso della Conferenza internazionale sulle

donne nel cinema, organizzata nell’ambito del tredicesimoDhaka International Film Festival, che si è svolto nellacittà del Bangladesh in gennaio. La rassegna, intitolataquest’anno «Film migliori, pubblico migliore, societàmigliore», ha visto alternarsi un totale di 180 pellicole,con una sezione speciale dedicata al cinema asiatico eaustraliano. E dal dibattito, molto partecipato, è emersasoprattutto la preoccupazione condivisa per larappresentazione delle donne come simboli sessuali. Inparticolare nelle grandi produzioni di Hollywood e diBollywood.

CHRISTINA STEPHENS E LA PROTESI DI LEGO

A causa di un incidente sul lavoro, Christina Stephens— giovane terapista e ricercatrice clinica — ha subitol’amputazione di una gamba, dal ginocchio in giù.Per sdrammatizzare la protesi, nel salotto di casa, laragazza statunitense si è costruita, mattoncino dopomattoncino, una coloratissima gamba finta con i Lego.Nessuna pretesa scientifica, ovviamente, ma moltaautoironia. Le fasi della creazione di Christina sonovisibili sul suo canale YouTube, AmputeeOT.

Il saggio

Tre ghinee

Tre ghinee a disposizione e tre richieste didenaro: è il 1938 quando Virginia Woolf,scrittrice britannica già di successo,pubblica un breve saggio che farà storia.Mentre l’Europa è sull’orlo del baratro, lechiedono aiuto un’associazione pacifistamaschile che si oppone alla guerraimminente, un’associazione che si occupadi istruzione superiore femminile e unache aiuta le donne a inserirsi nel mondodel lavoro. Volendo rendere il suo denarouno strumento di cambiamento, Woolfdecide. Darà la prima ghinea all’istitutod’istruzione, a condizione però chel’istruzione impartita non sia copia diquella maschile, ma costruisca invece unacultura differente, insegnando «non l’artedi dominare», ma «l’arte di comprenderela vita e la mente degli altri». La secondaghinea sarà per l’associazione che aiuta ledonne ad accedere alle professioni, a pattoperò che ci si impegni affinché, conl’ingresso femminile, tali professioni sitrasformino. La terza ghineaall’associazione pacifista maschile perchépersegue l’obiettivo comune a quello delledonne, anche se queste sceglierannometodi e mezzi diversi per raggiungerlo.Tre ghinee da una donna per ridar valorealle donne.(@GiuliGaleotti)

I soldi erano per lei un mezzo da usarecon tutta la perizia necessariaper realizzarela volontà di Dio nel mondo

«Devo lavorare come una giovanottaDevo sostenere forti ragionicontro forti uomini ingannatori»

Come una donna d’affariLa testimonianza di suor Rachele, responsabile della clinica Columbus di Milano

Titolari scambiate per commesseInchiesta sulle donne straniere che hanno avviato imprese in Italia

L’Italia offre lavoricome colf, cameriera e badanteLoro hanno fondato ditte di pescatricio sono a capo di autofficineo di attività di import-export

con il suo occhio attento che quelli erano ter-reni destinati a salire di prezzo con l’espansio-ne urbana e ordinò di acquistarli immediata-mente, finché il prezzo era basso. Un analogoprogetto concepì per Panama, dove scrive il 5maggio 1892: «Io vorrei che prendeste da 400

a 600 manzane di terreno, metà nel Rio S.Juan che vi sono posizioni incantevoli e unaterra che rende molto, e metà a Bluefields, masempre sulle rive, s’intende. Ora spenderetemeno di un soles alla manzana, ma fatto il ca-nale verrà un prezzo enorme».

Senza paura del denaroL’attualissima lezione di santa Francesca Cabrini

di RI TA N N A ARMENI

Suor Rachele è una donna vivace e dibuon umore. E con spirito pratico, moltoottimismo e qualche audacia svolge ilruolo di responsabile della clinica Co-lumbus di Milano, 130 posti letto, cin-quemila malati l’anno, tecnologie diavanguardia, personale ultraspecializzato.

La Columbus è di proprietà dell’Isti-tuto delle missionarie del Sacro cuore diGesù di Francesca Cabrini ed è nato nel1938 quando l’allora generale delle ca-briniane Antonietta Della Casa chiese alcardinale Schuster di costruire una chie-sa dedicata alla fondatrice. Il cardinalerispose: «Di chiese a Milano ce ne sonotante, meglio un ospedale». Così le suo-re cabriniane presero la villa FaccanoniRomeo, capolavoro dal modernista Giu-seppe Sommaruga, poi ristrutturata daGiò Ponti, e la trasformarono in una ca-sa di cura.

Suor Rachele è lì da dieci anni e, an-che se gestisce milioni di euro, non sisente una donna d’affari: «Il mio compi-to principale è evitare che questa nostracreazione abbandoni il carisma dal qualeè nata». Ma poi proprio come una don-

na d’affari decide e rischia. «Quando do-vevamo stabilire se ristrutturare la salaoperatoria avevo molti dubbi e anchequalche timore. Era un investimentogrande, quattro milioni, per noi un ri-schio. Alla fine mi sono decisa. Chi do-veva fornire i macchinari ci ha propostoun patto: loro avrebbero dato le macchi-ne per un milione e mezzo di euro, noile sale. Ho accettato, e non solo perchéc’era la divisione del rischio, ma perchého capito che l’azienda ci credeva equindi l’operazione sarebbe andata abuon fine». Aveva visto giusto.

Di denaro alla Columbus se ne gesti-sce molto, ma la responsabile non pareaver alcun timore di sporcarsi le mani.Non pensa mai che gli affari possanoprendere il sopravvento sul carisma? lechiedo. Ride, ha un gran sensodell’umorismo: «Qualche volta forse,quando vedo che la clinica è piena dimalati e mi sorprendo a pensare chequesto è bene perché ci consentirà diandare avanti. Lo so, non dovrei pen-sarlo. Ma è un pensiero momentaneo.Per me, per noi la gestione del denaro èun modo di fare apostolato, evangeliz-zazione».

La dimostrazione sta in quell’hospicecostruito per i malati terminali di cancrocollegato con l’ospedale Sacco di Mila-no. «Un esempio — dice — di collabora-zione fra pubblico e privato. Le retteneppure bastano a coprire le spese quo-tidiane. Il lavoro delle suore è determi-nante per mandarlo avanti».

L’insegnamento di madre Cabrini ri-mane al centro del lavoro di suor Ra-chele. La formazione di cabriniana èfondamentale nel suo lavoro. «MadreFrancesca apriva due scuole — ricorda —una per ricchi e una per poveri e con isoldi dei ricchi sosteneva i poveri chevolevano studiare e il denaro andava dauna parte all’altra. Così noi oggi reinve-stiamo nelle nostre opere e nelle operedegli altri. Il denaro dobbiamo usarloper quello che ci serve. Fra i nostricompiti c’è quello di formare il persona-le in modo che nel suo lavoro non ci siasolo tecnica e professionalità, ma si ispi-ri anche ai principi della solidarietà,dell’aiuto, dell’abnegazione. Senza que-sta etica la professionalità è monca ed ildenaro allora sì che è sporco, perché èinvestito male».

Due lavoratrici della cooperativa Bio&Mareal lavoro (accanto)

Sotto, Aida Ben Jannet nella sua autofficina(foto di Francesco Chiorazzi)

donna si intenda di auto e che una stranierasia la titolare dell’attività».

Con Aida lavorano suo marito, che ha la-sciato il proprio lavoro a Tunisi per sostener-la, e un dipendente italiano. A casa l’asp etta-no suo figlio, nato in Italia sette anni fa, e ilvecchio amico Ermanno, preso a vivere conloro quando si è ammalato di Alzheimer. Ai-da e il marito sono musulmani, ma hannoscelto di mandare il figlio in una scuola cat-tolica «dove non ci sono differenze tra il ne-ro e il bianco, il ricco e il povero, l’italiano elo straniero. Il migliore amico di mio figlio —racconta — è cattolico e poche settimane fahanno condiviso l’emozione della visita dellascuola al Papa». La vera integrazione passada qui, le mamme straniere ne sono convinte.Trovarsi ogni giorno fianco a fianco con icoetanei italiani nelle aule, sugli autobus,nelle palestre aiuta le nuove generazioni adannullare differenze e pregiudizi.

Edith Eloise Jeomazawa, malgascia, titola-re di un negozio di spezie a Torino (At e l i e rMa d a g a s c a r ), di figli in Italia ne ha messi almondo quattro e da qualche tempo li cresceda sola. «I più grandi — racconta — sonoadolescenti e non vivono più il colore dellapelle come un problema, mentre il più picco-lo ancora mi fa tante domande. Poco tempofa, tuttavia, nella scuola dei gesuiti che fre-quenta, è venuto in visita un famoso giocato-re afroamericano di basket: per i ragazzini èdiventato subito un idolo e mio figlio ora èorgoglioso di essere nero come lui!». Edith,come tante altre imprenditrici straniere, rac-conta che dopo una certa diffidenza iniziale,la gente l’ha accolta bene: «Solo al teatro

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L’università aperta in India dei poveri per i poveri

Le donne di Bunkerdi MARIA PACE OTTIERI

Tilonia, un piccolo villaggio sonnolento e dimen-ticato nell’India nord-occidentale, è il luogoscelto nei primi anni Settanta da Bunker Roy,

giovane laureato di Delhi, ispirato dal desiderio di la-vorare con i poveri dei poveri, coloro che non sempreriescono a mangiare due volte al giorno.

Milioni di contadini nelle campagne indiane vivonoin stato di paura e insicurezza, subiscono ingiustiziequotidiane, sopravvivono ben al di sotto della sogliaufficiale di povertà, eppure sono perfettamente in gra-do di pensare in modo collettivo alla loro vita in mo-do più pratico e competente di qualunque esperto ve-nuto dalla città. Il governo non sembra realizzare chei contadini hanno alle spalle secoli di tradizioni e che,d’altra parte, miliardi di aiuti e anni di consulenze diesperti cittadini non sono riusciti ad alleviare minima-mente la povertà. Miliardi di dollari sono stati spesinegli ultimi cinquant’anni da governi, agenzie interna-zionali e donatori per cercare di risolvere senza risul-tati il problema della disoccupazione.

Il primo degli obiettivi era ridare fiducia agli abitantidelle campagne, indurli a scoprire le loro risorse prezio-se, aiutarli ad affidarsi alla loro radicata esperienza pertrovare il modo di restare al villaggio invece di emigra-re nelle grandi città. Nei quarant’anni di esistenza ilBarefoot College, la sola università al mondo fatta dapoveri per i poveri, ha addestrato a una professionecentinaia di migliaia di uomini e donne che nessunoavrebbe impiegato. I criteri per la selezione sono sem-plici: devono essere poveri e analfabeti o semianalfabe-ti. Le donne sono state fin dagli inizi l’elemento chiavedella comunità.

Aruna Roy, moglie di Bunker, diventata più tardiuna notissima attivista politica in India, fu la prima aspronare le donne dei villaggi a incontrarsi. Nel terro-re di essere scoperte da mariti e figli, dicevano di an-dare al gabinetto in aperta campagna per poter allon-tanarsi da casa. E in quelle riunioni clandestine senti-rono per la prima volta pronunciare la parola diritto:il diritto di andare a scuola, di avere un buon lavoro,di guadagnare, di portare acqua e luce nelle loro case.Nessuna però immaginava quanto radicalmente sareb-be cambiata la sua vita. Ogni incontro dava loro piùforza, ne faceva emergere la personalità: contadine

Ecco, AgataLa santa del mese raccontata da Pietrangelo Buttafuoco

Giornalista es c r i t t o re ,PietrangeloButtafuo co(Catania, 1963)scrive per «IlFoglio» e «laRepubblica». Tra isuoi libri, Le uovadel drago (2005),L’ultima del diavolo(2008), Il lupo e laluna (2011), Fu o c h i(2012), Il dolorepazzo dell’a m o re(2013).

Buttati giù dal letto tutti corrono per strada.Ancora è notte fonda. Indossano la sola ca-micia e la papalina. Uomini e donne, bam-bini e vecchine, stanno col cero in mano esciamano ovunque. Anche il vescovo è con

loro. E poi il sindaco.Ecco, Agata. Sacra ancor prima che santa. Catania la

venera e il presagio delle sue virtù comincia già dal246, anno della sua nascita, imperante Decio, al tempodi Quinziano. Proconsole di Roma, Quinziano fu l’uo-mo che le rivolse — mai ricambiato — l’amore e il desi-derio carnale fino ad affidarla alla lascivia di due grandame e di Afrodisia, una cortigiana, affinché ne cor-rompessero le virtù, ma invano. Questo amore mai cor-risposto lo raccontò in una tragedia Antonio Aniante.Quinziano, appunto. Un’opera degli anni Trenta, un in-nesto d’avanguardia nel solido ceppo dell’agiografia af-fidata a Turi Giordano, un attore.

Ecco, Agata. Ragazza di grande educazione, coltiva-ta secondo i costumi dell’aristocrazia che la seguì fintra le braci della tortura per sostenerne il respiro e farleproclamare, al modo di un hidalgo, «io non sono sololibera di nascita ma provengo da alto lignaggio».

Vestita di solida ricchezza parlò innanzi alle autoritàdel palazzo pretorio. E, con la consapevolezza del pro-prio rango, aggiunse: «Così come a tutti voi è noto es-sendo qui presente tutta la mia nobile parentela».

Agata il cui nome è tra i più antichi nel martirologiodella Chiesa ortodossa e di Santa Romana Chiesa ebbea patire il tormento mentre una mano, pietosa, ne pro-tesse il pudore coprendola con un velo che ancora oggi— nel 2014 — riesce a placare la fornace di Etna, semprepronta a inghiottire la città. Nel 252, un anno dopo lamorte (che avvenne il 5 febbraio, la data in cui la cele-briamo), dal cratere del vulcano traboccò la lava fino afarsi largo tra le case. Fu quel velo a fermarne la corsa.Lo stesso miracolo si ripetè nel 1886. Si aprì nel conouna nuova bocca e lava precipitò cercando facile vianella discesa.

Era il 24 maggio e il cardinale Dusmet saliva da Ca-tania in processione, lungo la stessa traiettoria. Avevacon sé il velo e tutta quella morte rovente ebbe a fer-marsi contro ogni legge di gravità e lì si spense. Un al-tare, ancora oggi, lo ricorda. Condotto in processione,il velo protesse il popolo dal tremendo terremoto del1169. E così dalla peste, dalla furia saracena che solonella costa catanese — temendo di offendere Agata —fermò le stragi e i saccheggi; Federico II di Svevia,pronto a mettere a ferro e fuoco Catania, acconsentìche venisse celebrata un’ultima messa in onore di Aga-ta, presenziò egli stesso ma — leggenda vuole — sul suobreviario ebbe a leggere un monito e la risparmiò. Nolioffendere patriam Agathae quia ultrix iniuriarum est.

Non si è mai dato un istante in cui Catania sia stataorba di Agata e quando gli americani, dalle loro fortez-ze aeree, nel luglio del 1943 bombardarono minuziosa-mente ogni angolo, perfino gli ospedali, ebbero a tro-vare come unico scudo, messo a far da contraerea, quelvelo. E fu quel velo che seppe poi tenerli lontani e fucosì che le sacre, più che sante, reliquie non diventaro-no allora maceria tra le macerie.

Agata il cui segnacolo è un’autorità regale chiama asé gli angeli e il blu dei cieli per attestare l’unicità diDio. Santa protettrice di Palermo che la onora ai Quat-tro Canti, il vertice dei quattro quartieri della felicissi-ma caput regni et sedes regis, dunque accanto ai quattrore e alle altre sante — Cristina, Ninfa e Oliva — Agata èpatrona di Catania che diventa magma ai suoi piedi.

Tutti sono buttati giù dal letto e tutto quello squa-gliare di fuoco — ciascuno con la candela — trasformale strade, da nere che sono, scure di pietra lavica, in unimpasto di chiarore e devozione. Più sacra che santa,Agata di Catania fa propri gli attributi di Iside, la divi-nità remota del Mediterraneo sacro. La religione è pro-priamente re - l i g e re , il legare insieme il tempo e i luoghi,le anime e l’eterno.

Ecco, Agata. È vergine e martire. Bella di ogni bellez-za — nel culto tributatole ancora quale patrona etnea, diGalatea, di Gallipoli, di Malta e della libera Repubblicadi San Marino — Agata conferma tutto ciò che la deavotata alla fede in Horus, il Rinato, ha già profuso neimillenni: fare uguale il potere delle donne e degli uomi-ni. E fare della luna un vivo sole, fare dell’affanno unaconsolazione e così trasformare la tomba in un infinitosublime dove l’ex voto di un bambino scampato a uncancro fulminante convive col bisogno — per un padredi famiglia — di vedere stabilizzato il proprio contrattodi precario presso la Regione siciliana.

Tutto uno scambio di preghiera e misericordia tangi-bile già agli angoli, di fronte al mare, dove tutti — ve-stiti nel sacco della notte, con il cappelluccio nero intesta — nella edificazione delle edicole votive e poinell’uscire per strada, invocandone la presenza, replica-no la chiamata del 17 agosto 1126 quando Gilberto eGoselmo, due soldati, riuscirono a riportare le carni diAgata trafugate a Costantinopoli nel 1040.

Tutto si ripete e l’intera municipalità è in pigiama,insomma: i cittadini tutti accorrono alla notizia. Pure imafiosi. Ma questi l’aspettano per farsene vanto, co-stringono il fercolo a una sosta sotto il balcone dellaloro casa. Accade che la notte del 4 febbraio 1993, neipressi di via Plebiscito, un malacarne volle fermare perproprio orgoglio una delle dodici candelore e così ma-gnificare l’istante di presenza di Agata. Solo che padreAlfio Spampinato, cappellano militare della Folgore,nell’amministrare una benedizione con tanto di segnodi croce assestò un ceffone sul volto del prepotente perfarlo inginocchiare e lasciare camminare i devoti, liberifinalmente di pagare pegno alla prepotenza e prosegui-re, tra ceri e cori, nella festa agatina.

Tutto uno scambio di mondi e di epoche, ancora og-gi. Nel trionfo del suo simulacro, florido di vita, nell’or-goglio del seno Iside portava conforto alle genti. Dallesabbie d’Egitto fino al tempio eretto in suo onore dallevergini di Benevento, sotto Diocleziano, Iside — condot-ta in trionfo — faceva pappa del suo stesso corpo misticonel segno della dolcezza di un seno moltiplicato nella fe-

licità di dare vita. Come dà vita quell’idea di gastrono-mia diventata poi, con Giuseppina Torregrossa, Il Cuntodelle Minne: i pasticcini di Catania, fatti a forma di seni,con i capezzoli di marzapane. Quelli che vengono rega-lati dalle nonne alle ragazze. E sempre due di due. Isideabitò il culto di Demetra, quindi ebbe trasfigurazionenella Vergine — ebbe l’infante tra le braccia — e cosìAgata, come l’archetipo, è resa sovrana da san Pietroche la visitò in carcere per recarle conforto prima che levenissero estirpate le mammelle.

Incoronata, Agata è assisa nella gloria della fede inCristo, il Risorto, e perciò procuratrice per i devoti dicopiose benedizioni e intercessioni presso Iddio, il ter-mine ultimo di un dominio dove quelle stesse maree, isommovimenti della crosta terrestre e, non ultimi, gliincubi, vengono capovolti in sogni; in declivi sovrab-bondanti di ginestre — quella terra, come quando lepiante bucano la pietra — e poi ancora in fragranteschiuma il cui rumoreggiare, nelle onde, ripete la pre-ghiera di Agata.

Contadine analfabete sono così state in gradodi guidare le lotte per i dirittial salario, all’informazione e contro la corruzione

analfabete hanno guidato le lotte per i diritti al sala-rio, all’informazione, contro la corruzione. La primabattaglia comune è stata contro un proprietario terrieroche aveva fatto dirottare il canale d’irrigazione dellostagno a cui tutti attingevano per irrigare. Cinquemiladonne sono andate a Jaipur e hanno protestato con unsit in di un giorno e una notte di fronte all’ufficio delfunzionario del distretto. Naurti è stata all’origine delprimo sciopero di donne per rivendicare il diritto al sa-lario minimo durante i lavori per la carestia. Nel suovillaggio Harmara, dopo essere stata eletta nell’o rg a n odi amministrazione locale e al campus del BarefootCollege, si occupa della postazione internet e insegnal’uso del computer alle più giovani. Ha imparato aorientarsi sulla tastiera ancora prima di saper leggere es c r i v e re .

Un grande avvenimento nella storia di Tilonia è sta-to il Mahila Mela, la fiera organizzata nel 1985 con tre-mila donne venute da sedici Stati indiani, a seguitodell’invito di Aruna Roy a partecipare alla conferenzadelle donne di Nairobi. Proprio in quei giorni un uo-mo del villaggio di Ganespura venne a denunciare lostupro della figlia undicenne mentre portava al pascologli animali. Le donne, che tra discussioni e canti si era-no nel frattempo affiatate tra loro, decisero di andare aKishangarh, stipate sui trattori. Per giorni sono rimastesedute davanti al tribunale, senza mangiare: non si sa-rebbero mosse finché il ragazzo non fosse stato arresta-to. Finalmente una sera lo stupratore fu arrestato: solodopo averlo visto in faccia le donne accettarono di tor-nare a Tilonia. Il giorno dopo, nel vecchio campus, siparlò del problema degli stupri, di cui mai avrebberoosato parlare prima, soprattutto in pubblico.

L’elenco di donne coraggiose che si sono impegnatea migliorare la vita di centinaia di contadini è infinito:Naurti, Galkuma, Rajan, Sau Bua, Rukma Bai… Negliultimi anni, Bunker Roy e il Barefoot College si sonodedicati in particolare ad addestrare donne che proven-gono da villaggi africani, asiatici e sudamericani ad as-semblare, installare e riparare sistemi di illuminazionefotovoltaica. Tornate a casa dopo sei mesi di training aTilonia, hanno portato la luce nei loro villaggi, riuscen-do a rendersi credibili agli occhi delle famiglie che pa-gano tutti i mesi una quota per il funzionamento delsistema. Infondere fiducia nei contadini analfabeti è lasola strategia capace di dare frutti.

Donne sudanesi al Barefoot College

Piero della Francesca,«Sant’Agata» (XV secolo)

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donne chiesa mondo febbraio 2014

Dal 2008 Maria Voce (1937)è presidente del movimentodei Focolari, il cui nome uf-ficiale è Opera di Maria. Vo-ce è stata eletta dall’assem-blea generale dopo la mortedi Chiara Lubich, che nel1943 fondò il movimento.Nel 1962 Giovanni XXIII die-de la prima approvazione,mentre gli statuti venneroapprovati da Giovanni PaoloII nel 1990. In particolare,l’Opera di Maria ottenne dalPapa il raro privilegio di po-ter essere diretta sempre dauna donna. Diffuso in tutti icontinenti, il movimentoconta oggi oltre due milionidi persone.

Salvare dappertutto l’a m o re

di MARIA VO CE

RESCE L’URGENZA di «unaprofonda teologia delladonna», che risulta — fino aquesto momento — nonabbastanza sviluppata. Piùvolte Papa Francesco ne haparlato: la Chiesa «èfemminile. Non si può capire— ha detto — una Chiesasenza donne, donne attivenella Chiesa». Forse non èinopportuno che proprio ledonne siano interpellatenella elaborazione di questa

teologia. Come soggetti attivi. Che esprimononella Chiesa e nel mondo una loro specificaidentità. Sotto questo aspetto è lecito dare laparola a Chiara Lubich, definita da BenedettoXVI «donna di intrepida fede, mitemessaggera di speranza e di pace, fondatricedi una vasta famiglia spirituale (il Movimentodei Focolari) che abbraccia campi molteplicidi evangelizzazione». Significativapersonalità, dunque, la cui autorevolezza èuniversalmente riconosciuta. Parlare dellateologia della donna in Chiara richiederebbeuna trattazione molto ampia e articolata. Quipossiamo solo fare qualche cenno. E unaprecisazione: Chiara non ha mai avvertitol’opposizione uomo-donna, ma — per il suostesso carisma, l’ut omnes — si è sentitacontinuamente spinta ad andare oltre ognibarriera per costruire ovunque dialoghifecondi orientati alla realizzazione dellafraternità universale. È stata così interlocutricedi rappresentanti di diverse religioni,esponenti politici e del mondo della cultura,giovani e adulti, consacrati e laici, vescovi esacerdoti, famiglie e comunità. Quando lei ele sue prime compagne cominciano la loroavventura, vent’anni prima del Vaticano II,Chiara non si pone né il problema dei laicinella Chiesa né tanto meno quello delledonne: «Abbiamo avvertito con particolareforza la chiamata a vivere il Vangelo. Nonsentivamo tanto di essere laiche, quanto di

essere cristiane. La preghiera di Gesù per l’Utomnes unum sint, la sua promessa di essere inmezzo a due o tre uniti nel suo nome, l’invitoa seguirlo prendendo la propria croce e tuttele altre sue parole ci riguardavano in pieno,pur non essendo noi né suore, né preti e cifacevano sentire pienamente Chiesa». IlVangelo è il primo punto di riferimentodell’esperienza di Chiara. E anche l’ultimo, sesi pensa alla sua consegna: «Vi lascio solo ilVangelo». La scoperta di Dio come amore e ilbisogno di annunciarlo a tutti. Il primo datoche emerge nella vita e nel pensiero di Chiaraè il riferimento al Vangelo, che fasperimentare la realtà di essere tutti, uomini edonne, figli di un unico Padre e fratelli franoi. Questa la realtà più vera. La stessa SacraScrittura gliene dà ragione. Si legge nel librodella Genesi: «Dio creò l'uomo a suaimmagine (...) maschio e femmina li creò» (1,27). Commentando questo testo Chiara mettein luce che la donna come l’uomo è quellapersona che Dio ha creato a sua immagine,«che Egli ha chiamato cioè a partecipare allasua vita intima e a vivere in reciprocacomunione con l’uomo, nell’amore, sulmodello di Dio che è Amore, che è Trinità».In reciproca comunione, dunque. Il ruolodella donna, anche nella società odierna, valetto all’interno di questo disegno di Diosull’umanità: la sua dignità trova qui il suofondamento. Una dignità più che confermataanche dal comportamento che Gesù ha avutonei suoi riguardi. Egli, infatti, ha avuto ungrande amore non solo per i suoi discepolima anche per ogni donna incontrata qui interra. È ciò che ha ben evidenziato GiovanniPaolo II con la Mulieris dignitatem, undocumento che ha trovato nell’anima diChiara un’eco profonda: «In tuttol’insegnamento di Gesù (...) nulla si incontrache rifletta la discriminazione, propria del suotempo, della donna. Al contrario, le sueparole e le sue opere esprimono sempre ilrispetto e l’onore dovutole» (cfr. n. 13). Ne èun esempio evidente il suo incontro con lasamaritana. Urge tuttavia recuperare, anche inepoca contemporanea, il rapporto uomo-donna, ritrovare ancora una volta la reciprocacomunione. Di fronte a tale urgenza Chiaranon si è mai stancata di dire anche a noidonne che possiamo ritrovare la pienezza delnostro essere solo guardando a Cristo, che ha

ristabilito l’ordine redimendo insieme, dopo ilpeccato, sia la donna che l’uomo. Lui, Figliodi Dio amore, è venuto in terra a vivere emorire per amore. E lui ha chiamato tutti,uomini e donne, a vivere il comandamentonuovo: «Amatevi come io vi ho amato»(Giovanni 15, 12). E amare significa servire ipropri fratelli, vivendo le sue parole: «Chivuol essere il primo tra voi sarà il servo ditutti» (Ma rc o 10, 44). È un dato di fatto,tuttavia, che la donna, pur complementareall’uomo, ha una vocazione totalmentediversa. Ed è chiamata, oggi più che mai, arealizzare la sua vocazione nella Chiesa e nelmondo con modalità proprie. Nella Mulierisdignitatem vengono riconosciute alla donnadue facoltà che, nel suo dover essere, le sono

particolarmente proprie: la donna samaggiormente amare e sa maggiormentepatire. E il patire è una condizione per poteramare, perché l’amore costa. Per questomotivo, la donna è come un calice che ricevepiù facilmente quello che è il dono dei doni,quello che, come dice Paolo, supera tutti idoni: la carità, che resterà sempre. È chiaroche da questo compito (quello di amare)neppure l’uomo è esonerato. La storia dellaChiesa attesta che ci sono stati giganti dicarità (si pensi a san Vincenzo, a san Paolo);ma la donna ha in ciò una sua specificavocazione. La maternità, nelle sue infinitesfumature, compresa la maternità spirituale, lodimostra. E l’amore, la carità supera tutte legrazie, tutti i doni, tutti i carismi. «Quandonoi donne — si è chiesta Chiara — p ossiamodisporci con il nostro saper amare, con ilnostro saper soffrire, a ricevere questo donoimmenso che supera gli altri, che cosavogliamo di più? Io vorrei — ha confidato —che le donne oggi fossero tutte a questaaltezza, che sapessero accogliere in loroquesto dono, per essere altre Maria in questotempo. Perché abbiamo bisogno anche nellaChiesa che rispunti la figura di Maria. E lopuò... può rispuntare soprattutto, non soloesclusivamente, attraverso le donne che sannoricevere in loro il carisma della carità». Pe rc i òla donna non deve scimmiottare l’uomo intutto quello che l’uomo ha o può essere. Leiha le sue qualità, la sua specificità. Trova ilsuo posto nella Chiesa, sviluppando quelcarisma che la caratterizza. Quindi, continuaChiara, «io non ho bisogno di diventare unprete; basta che io sia me stessa e che svolganella Chiesa quella missione che Dio mi hadato». Così noi contribuiamo a costruire laChiesa. E abbiamo un modello in Maria.Vorrei qui rifarmi a uno scritto di Chiara,Regina degli Apostoli, che mi sembra moltoesplicativo: guarda alla funzione di Maria nelCenacolo. «È così bella la Mamma nel suoperenne raccoglimento in cui il Vangelo ce lamostra: Conservabat omnia verba haec conferensin corde suo (Luca 2, 19). Quel silenzio pienoha un fascino per l’anima che ama. Comepotrei vivere io Maria nel suo mistico silenzioquando la mia vocazione è parlare perevangelizzare, sempre allo sbaraglio, in tutti iluoghi ricchi e poveri, dalle cantine aMontecitorio, dalla strada ai conventi di frati

e di suore? Anche la Mamma ha parlato. Hadetto Gesù. Ha dato Gesù. Nessuno mai almondo fu apostolo più grande. Nessuno ebbemai parole come Lei che diede e disse ilVerbo. La Mamma è veramente emeritatamente Regina degli Apostoli. E Leitacque. Tacque perché in due non potevanoparlare. Sempre la parola ha da poggiare suun silenzio, come un dipinto sullo sfondo.Tacque perché creatura. Perché il nulla nonparla. Ma su quel nulla parlò Gesù e disse:Se stesso. Iddio, Creatore e Tutto, parlò sulnulla della creatura. Come allora vivereMaria, come profumare la mia vita del suofascino? Facendo tacere la creatura in me e suquesto silenzio lasciando parlare lo Spirito delSignore. Così vivo Maria e vivo Gesù. VivoGesù su Maria. Vivo Maria vivendo Gesù.Vivo Gesù vivendo Maria». Quale più bellaimmagine di questa, su cui la donna puòspecchiarsi? Più volte Chiara ha messo in luceche la Madonna è «sede della sapienza», nonperché ha parlato, non perché è stata undottore della Chiesa, non perché è stata acapo di una cattedra, non perché ha fondatouniversità. È sede della sapienza perché hadato al mondo il Cristo, la sapienza incarnata.La Madonna è regina degli apostoli nonperché ha predicato, perché è andata inAfrica, o altro; è regina degli apostolisemplicemente perché è stata presente quandogli apostoli si sono radunati, è sceso loSpirito Santo ed è nata la Chiesa. «Ha fattoun fatto»: la sua presenza. È questa presenza,mi sembra, che può essere una risposta anchealla recente constatazione di Papa Francesco:«Una Chiesa senza le donne è come ilCollegio Apostolico senza Maria». Noi donneriusciremo a cambiare il mondo, e a essereuna presenza incisiva nella Chiesa, prima ditutto con il nostro esserci, esserci in pieno.Quindi, prima di tutto, i fatti. E questarivalutazione della donna avverrà per il fattostesso che noi ci siamo. Come? In verità, se siguarda alla storia della Chiesa, le donnehanno sempre dato il loro incisivo contributo,lungo i secoli, attraverso le numerose operefiorite anche dai loro carismi. Ma oggi piùche mai, all’inizio del terzo millennio, siamoconvinte, con Chiara, che la donna èchiamata a sviluppare nella Chiesa e nelmondo il più grande dei carismi, l’a m o re .Sull’esempio di Maria, appunto, «la primalaica». «Io vedo la donna soprattuttoguardando Maria. La donna — afferma Chiara— è quella che indica agli uomini l’eterno, ciòche vale, ciò che varrà, ciò che varrà sempre;tutte le altre cose bellissime, che servono,sono necessarie..., sono necessarie finchésiamo su questa terra, ma dopo è l’amore chedurerà. Perciò se Maria è modello di ognicristiano, anche ogni donna deve esseremodello del cristiano, mettendo in rilievoquello che più vale e quello che sempredurerà, ed è l’amore». In lei la Chiesa vede lamassima espressione del genio femminile e inlei la donna trova anche oggi — mentre lavoradentro la famiglia e nella società, negliambienti più vari (scuole, parlamenti, teatri,ospedali, organismi della Chiesa) — una«fonte di incessante ispirazione». Così puòinfiammare i cuori dell’amore di Dio,eliminare diaframmi e portare la pace fra

persone di razze diverse, di popoli diversi, fraricchi e poveri. Può animare innumerevoli evariegate realtà ecclesiali; portare unità ecollaborazione fra tutte le componenti dellaChiesa. La vocazione della donna èessenzialmente questa: salvare dappertuttol’amore. Questo il senso più profondo di unaincisiva presenza della donna nella Chiesa enel mondo. Una presenza incisiva nellaChiesa che diventa anche presidenza nel casodel movimento dei Focolari. Chiara avevasempre auspicato la presidenza femminile e ne

aveva parlato direttamente a Giovanni PaoloII. La risposta del Papa era stata senzaequivoci: «Magari!». Questa presidenzafemminile, determinata per statuto, è moltosignificativa: indica una distinzione fra ilpotere di governo e l’importanza del carisma.Con essa viene chiarito che per governareun’opera è essenziale possedere un carisma.Una tale presidenza offre perciò alla Chiesauniversale delle indicazioni innovative:sottolinea la priorità dell’amore. Lapresidenza femminile del movimento deiFocolari non è, quindi, una questione dipotere. Il vero potere risiede nella reciprocarelazione d’amore che genera la presenza diGesù in mezzo a noi, e che Chiara ha volutofosse la premessa di ogni altra regola neglistatuti generali del movimento. Movimentoche si chiama anche Opera di Maria: la partedi Maria, umana e spirituale, è quella didonare Gesù al mondo; così anche noi,uomini e donne, possiamo ridonarlo almondo, spiritualmente, ogni volta che siamofedeli all’ideale evangelico che ci guida, allaspiritualità che ci anima. La figura di Mariacome Madre di Dio, Th e o t ó k o s , spiega lastraordinaria dignità cui Dio eleva la donnain lei. Guardando a Maria la donna puòvivere in pienezza la sua vocazione e metterein luce la «dimensione mariana della vita deidiscepoli di Cristo», può contribuire almanifestarsi e a tener vivo il cosiddettoprofilo mariano della Chiesa.

l’aut

rice

Bruno Munari,«Negativo-positivo giallo-rosso»

(1951, particolare)

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