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L’Osservatore Romano il Settimanale Città del Vaticano, giovedì 30 luglio 2020 anno LXXIII, numero 31 (4.055) Gesti di tenerezza verso i nonni

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L’Osservatore Romanoil SettimanaleCittà del Vaticano, giovedì 30 luglio 2020anno LXXIII, numero 31 (4.055)

Gesti di tenerezzaverso i nonni

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L’Osservatore Romanogiovedì 30 luglio 2020il Settimanale

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L’OS S E R VAT O R E ROMANO

Unicuique suum Non praevalebunt

Edizione settimanale in lingua italiana

Città del Vaticanoo r n e t @ o s s ro m .v a

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La parabola della zizzania narrata nel tredicesi-mo capitolo del Vangelo di Matteo è stataquasi sicuramente fonte spirituale di ispirazio-ne per la creazione di due romanzi che hannodato vita a due veri e propri miti letterari.

Si tratta de Lo strano caso del Dottor Jekyll eMister Hyde scritto nel 1886 dallo scozzeseRobert Louis Stevenson e Un’arancia meccani-ca, composto nel 1962 dal cattolico inglese An-thony Burgess. Le due storie infatti si assomi-gliano ed entrambe ricordano per certi aspettiil testo del Vangelo. Al centro della vicendache vede protagonista il giovane e brillanteHenry Jekyll c’è il tema dell’ambiguità dell’es-sere umano, della sua duplicità: vi è un natu-rale sdoppiamento, ci dice Stevenson, che ca-ratterizza ed è presente in ogni essere umano eche, nel romanzo, si configura come una rottu-ra dell’integrità della persona, come la scissio-ne del Bene dal Male e, in definitiva, come losdoppiamento della stessa coscienza umana.

Jekyll, animato dalle migliori intenzioni,cercherà di dividere e separare le due spinteopposte che muovono e lacerano l’animo uma-no ma la sua si rivelerà un’illusione disastrosa-mente prometeica, proprio come quella deimedici e dei politici di Un’arancia meccanica. Il

romanzo distopico di Burgess racconta la sto-ria di Alex, il capo dei Drughi, una banda diragazzi che trascorre le notti a rapinare e tor-turare persone nelle loro case, a pestare barbo-ni e a scatenare feroci lotte con bande rivalifinché non viene arrestato e incarcerato.

Per uscire prima di prigione Alex si sottopo-ne ad un innovativo programma di “rieduca-zione”, il Programma Ludovico e, nel giro didue settimane, viene completamente manipola-to al punto che ogni volta che sente l’istintodella violenza nel suo organismo scatta auto-maticamente una sensazione di soffocamento,nausea e dolore che lo inibisce impedendogliogni azione violenta. Tra gli applausi dellascienza e della politica, Alex esce dal carcerecome simbolo della vittoria definitiva contro ilmale che si annida nel cuore umano.

Il dottor Jekyll e i medici di Un’arancia mec-canica sono mossi dalla stessa intenzione chemuove i servi zelanti della parabola della ziz-zania i quali, di fronte allo scandalo del malerappresentato dallo spuntare dell’erba cattiva,chiedono al padrone del campo: «Vuoi dun-que che andiamo a raccoglierla?». Il Male de-

La zizzania, il Malee la bontà del creato(secondo Stevenson e Burgess)

#editoriale

di ANDREA MONDA

Nel tredicesimocapitolodel Vangelodi Matteo

CO N T I N UA A PA G I N A 4

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di ALESSANDROGISOTTI

«CI giovani, gli anzianie la profezia di Gioele

ome è importante l’incontro e il dialogo tra legenerazioni, soprattutto all’interno della fami-glia». È il 26 luglio 2013, Papa Francesco si af-faccia dal balcone dell’arcivescovado di Rio deJaneiro. Ad ascoltarlo, per la recita dell’Ange-lus, ci sono migliaia di giovani di tutto il mon-do venuti in Brasile per la Giornata mondialedella gioventù, il primo viaggio apostolico in-ternazionale del Papa eletto il marzo prima.Quel giorno la Chiesa celebra i santi Gioac-chino e Anna, i genitori della Vergine Maria, inonni di Gesù. Francesco coglie così l’o ccasio-ne per sottolineare — riprendendo il Docu-mento di Aparecida a cui da cardinale avevatanto lavorato — che «i bambini e gli anzianicostruiscono il futuro dei popoli; i bambiniperché porteranno avanti la storia, gli anzianiperché trasmettono l’esperienza e la saggezzadella loro vita».

Giovani e anziani, nonni e nipoti. Questobinomio diventa una delle costanti del Pontifi-cato attraverso gesti, discorsi, udienze e “fuorip ro g r a m m a ”, in particolare nei viaggi. Sonoloro, i giovani e gli anziani, constata amara-mente Francesco, ad essere spesso le prime vit-time della “cultura dello scarto”. Ma sonosempre loro che insieme, e solo se insieme,possono avviare cammini e trovare spazi perun futuro migliore. «Se i giovani sono chiama-ti ad aprire nuove porte — osserva il Papa nel-la messa per i consacrati, il 2 febbraio 2018 —gli anziani hanno le chiavi», «non c’è avveniresenza questo incontro tra anziani e giovani;non c’è crescita senza radici e non c’è fioriturasenza germogli nuovi. Mai profezia senza me-moria, mai memoria senza profezia; e sempreincontrarsi».

Per Francesco, il terreno d’incontro tra i gio-vani e gli anziani è quello dei sogni. Per certiversi, sembrerebbe una convergenza sorpren-

te ad ogni ragazzo — non puoi portarti tuttigli anziani addosso, ma i loro sogni sì, e questiportali avanti, portali, che ti farà bene». Esempre in quell’incontro, ha messo l’accentosull’empatia, qualcosa che oggi, alla luce delladrammatica esperienza della pandemia, appareancora più necessaria. «Non si può — avverti-va — condividere una conversazione con un

fatti, più volte ricordare quanto ci insegna ilprofeta Gioele in quella che, dice, «ritengo es-sere la profezia dei nostri tempi: “I vostri anzianifaranno sogni, i vostri giovani avranno visioni”(3, 1) e profetizzeranno».

Chi se non i giovani, si chiede il Papa, pos-sono prendere i sogni degli anziani e portarliavanti? Significativamente, durante il Sinododedicato alla gioventù celebrato nell’o t t o b redel 2018, ha voluto che si vivesse un eventospeciale sul dialogo tra le generazioni, l’incon-tro «La saggezza del tempo» all’Istituto Patri-stico Augustinianum. In tale occasione, ri-spondendo agli interrogativi di giovani e an-ziani su questioni di attualità per la Chiesa eper il mondo, Francesco ha esortato a «difen-dere i sogni come si difendono i figli», anno-tando che «le chiusure non conoscono gliorizzonti, i sogni sì». Il Papa, anziano anchelui, ha affidato ai giovani una grande respon-sabilità. «Tu — ha detto rivolgendosi idealmen-

Gli appellidel Papaper rafforzareil dialogotra le generazioni

La nonna con la quale Francescoincrociò lo sguardo durantel’incontro con i giovanie le famiglie a Iaşi in Romania(1° giugno 2019)

#approfondimenti

dente quasi improbabile. Eppure come anchel’esperienza vissuta a causa della pandemia ciha mostrato, è proprio il sogno, la visione deldomani, che ha tenuto e tiene uniti coloro,nonni e nipoti, che sono stati improvvisamenteseparati aggiungendo un ulteriore fardello algravame dell’isolamento. Del resto, questocentrarsi sulla dimensione del sogno è statolungamente meditato dal Papa ed ha un pro-fondo radicamento biblico. Francesco ama, in- CO N T I N UA A PA G I N A 4

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giovane senza empatia». Ma dove trovare oggiquesta risorsa di cui abbiamo tanto bisognoper andare avanti? Nella vicinanza, è la rispo-sta del Papa. Un bene prezioso, come abbia-mo sperimentato in questi mesi in cui, tale di-mensione fondamentale dell’esistenza, è stataimprovvisamente “sosp esa” a causa del virus.

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 2

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sta sempre scandalo, dolore, sdegno.Mosso dal medesimo sdegno il dot-tor Jekyll si illude di cancellare econtrollare il male per via scientifica;purtroppo non ricorda la risposta cheil padrone del campo dà nella para-bola: «No, rispose, perché non suc-ceda che, cogliendo la zizzania, conessa sradichiate anche il grano». Ecosì il “grano”, la vita stessa di Jekyllfinisce per essere sradicata, distrutta eanche il giovane Alex, proprio comeJekyll, finisce per “m o r i re ” cioè a nonessere più un vero essere umano per-ché “sradicato” insieme al male.

Tra il testo di Matteo e i due ro-manzi anglosassoni in mezzo c’è lalezione dell’ottimismo realista di sanTommaso d’Aquino e prima ancoraquella di sant’Agostino e la sua op-posizione all’eresia manichea per cuiil mondo è facilmente divisibile tra iBuoni e i Cattivi, i Bianchi e i Neri.Il vangelo, Agostino e questi roman-zieri d’oltremanica ci ricordano chetutti gli uomini sono “grigi”, cioè li-beri. Essi sono creati buoni, come ilgrano della parabola, ma macchiatidal virus del peccato originale, un vi-rus che non ha una consistenza pro-pria, ma è, per dirla con Agostino,una privatio, una mancanza del Bene.Il diavolo infatti non può creare nul-la, ma solo corrompere qualcosa cheè stato già creato da Dio e che, quin-di, «è buono» come racconta il pri-

mo capitolo della Genesi. Lo spiegabene un altro autore britannico, illondinese G. K. Chesterton nel suosaggio biografico su san Tommasod’Aquino: «Il fatto che “Dio guardòtutte le cose e vide che erano buone”contiene una sottigliezza che sfuggeal normale pessimista, forse troppofrettoloso per farci caso. È la teoriache non esistono cose sbagliate, masolo modi sbagliati di usare le cose.Se volete, non ci sono cose cattive,ma soltanto cattivi pensieri e soprat-tutto cattive intenzioni (...). Si posso-no avere tuttavia cattive intenzioni ri-guardo a cose buone; e le cose buo-ne, come il mondo e la carnalità, so-no state travisate da una cattiva in-tenzione che si chiama diavolo. Ma ildiavolo non può rendere cattive lecose; esse restano com’erano il giornoin cui sono state create. L’opera delcielo è stata soltanto materiale: lacreazione di un mondo materiale.L’opera dell’inferno è soltanto spiri-tuale».

Ogni passo del Vangelo contiene“un vangelo”, cioè una buona notiziae qui la notizia è buona in modoparticolarmente potente (la realtàmateriale è buona perchè creata daDio), così potente da continuare neisecoli a sviluppare i suoi effetti, com-preso quello di ispirare gli artisti chein quanto umani non possono noninterrogarsi sul mistero dell’esistenzae quindi anche sull’enigma del male.

La zizzania, il Male e la bontà del creato(secondo Stevenson e Burgess)

«La vicinanza fa miracoli», ne è convinto ilPapa, «vicinanza a coloro che soffrono», «vici-nanza ai problemi e vicinanza tra giovani e an-ziani». Una vicinanza che, alimentando la«cultura della speranza», ci immunizza dal vi-rus della divisione e della sfiducia. Il Papa torna a riferirsi a questo legame in

uno dei suoi ultimi viaggi apostolici, quellocompiuto in Romania nel giugno dell’annoscorso. È qui che Francesco viene toccato daun’immagine, mentre si trova a Iaşi per l’in-contro con i giovani e le famiglie del Paese. Èlui stesso a confidare la gioia per un incontroinatteso, quello con un’anziana. «Nelle braccia— afferma il Papa — aveva il nipote, più o me-no di due mesi, non di più. Quando sono pas-sato me lo ha fatto vedere. Sorrideva, e sorri-deva con un sorriso di complicità, come dicen-domi: “Guardi, adesso io posso sognare!”».Un incontro di sguardi di pochi secondi cheemoziona il Papa, sempre attento a coglierenell’altro una scintilla che, travalicando i limitidel momento, si fa dono e messaggio per tutti.«I nonni — commenta — sognano quando i ni-poti vanno avanti, e i nipoti hanno coraggioquando prendono le radici dai nonni».

Radici e sogni. Non può esserci l’uno senzal’altro, perché l’uno è per l’altro. E questo valecertamente oggi più che in passato, perché ur-ge una “visione d’insieme” che non lasci nes-suno escluso. Francesco lo evidenzia in una in-tervista alle riviste anglofone «Tablet» e«Commonweal» nel momento più cupo dellapandemia in Europa. Per il Papa, che si soffer-ma sul senso di quello che stiamo vivendo inquesto drammatico 2020, la tensione tra vecchie giovani «deve sempre risolversi nell’incon-tro». Il giovane, ribadisce, «è germoglio, fo-gliame, ma ha bisogno della radice; altrimentinon può dare frutto. L’anziano è come la radi-ce». Ancora una volta richiama la «profezia diGioele». Agli anziani di oggi, spaventati da unvirus che spezza la vita e soffoca la speranza,Francesco chiede un surplus di coraggio. Forsequello più arduo: il coraggio di sognare. «Vol-gete lo sguardo dall’altra parte — esorta ilPontefice che crede nella “saggezza del tem-p o” — ricordate i nipoti e non smettete di so-gnare. È questo che Dio vi chiede: di sogna-re». Questo che stiamo vivendo, tra timori esofferenze, ci dice con forza il Papa, «è il tem-po propizio per trovare il coraggio di unanuova immaginazione del possibile, con il rea-lismo che solo il Vangelo può offrirci». Que-sto è il tempo in cui la “profezia di Gioele”può diventare realtà.

#approfondimenti

La profezia nasce quandoci si lascia provocare da Dio:

non quando si gestisce la propriatranquillità e si tiene tutto

sotto controllo

(@Pontifex_it, 22 luglio)

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«Il covid-19 è la manifestazione più recente

della globalizzazione». Parte da questa consi-derazione la nota «Humana communitasnell’era della pandemia: riflessioni inattualisulla rinascita della vita» che la Pontificia ac-cademia per la vita (Pav) ha diffuso la mattinadel 22 luglio tramite il proprio sito internet(www.academyforlife.va), dove è accompagnatada una videointervista dell’arcivescovo presi-dente Vincenzo Paglia. Se è vero, si spiega neltesto, che la globalizzazione «ha portato tantibenefici all’umanità», è anche vero che essa, inquesta situazione di comune e diffusa crisi sa-nitaria e sociale, ha mostrato e mostra comegli uomini siano «tutti parimenti vulnerabili».

Nel mondo sconvolto dal covid-19, la Pavcon questo documento, prova a gettare losguardo sui fatti della cronaca calibrandoloperò su un orizzonte più ampio, con l’obbiet-tivo dichiarato di comprendere le dinamicheprofonde dell’evento e arrivare a risposte nonsolo contingenti ma di prospettiva.

La Nota si articola in due sezioni: una («Ladura realtà delle lezioni apprese») analizzaquanto è accaduto e sta tuttora accadendo inmolte parti del pianeta; l’altra («verso unanuova visione: la rinascita della vita e la chia-mata alla conversione») propone degli obbiet-tivi, prima di tutto culturali, da perseguire perl’intera comunità umana.

La prima lezione, si legge nel documento,impartita dal confronto con la sofferenza e lamorte di così tante persone, è quella della f ra -gilità: «“Fr a g i l i ”. Ecco cosa siamo tutti: radi-calmente segnati dall’esperienza della finitudi-ne che è al cuore della nostra esistenza». Unaconsapevolezza che potrebbe aprire l’uomo auna saggezza fondamentale: imparare a consi-derare la vita come un dono. C’è poi la lezio-ne della finitudine emersa di fronte alla presun-zione dell’autonomia (del singolo individuo odella singola comunità). «L’epidemia di covid-19 ha molto a che vedere con la depredazionedella terra e la spoliazione del suo valore in-

trinseco... ciò che avviene in natura è già il ri-sultato di una complessa interazione con ilmondo umano delle scelte economiche e deimodelli di sviluppo», infettati dal virus«dell’avidità finanziaria, dell’accondiscendenzaverso stili di vita definiti dal consumo edall’eccesso». La libertà d’azione dell’uomonel mondo non è assoluta. E in questa finitez-za emerge, stridente la sproporzione evidente,e crescente nella crisi attuale, tra la parte riccae la parte povera dell’umanità.

Proprio da quest’ultima considerazione sca-turisce l’ultima lezione, quella della v u l n e ra b i l i -tà comune in un mondo in cui si è tutti inter-connessi. «La comune vulnerabilità richiedeuna cooperazione internazionale» e la consa-pevolezza, ad esempio, «che non è possibiletenere testa a una pandemia senza un’adeguatainfrastruttura sanitaria, accessibile a tutti a li-vello globale».

Ecco allora la parte propositiva del docu-mento, con l’auspicio di arrivare a una «nuovavisione» e al «coraggio di una conversionemorale». Un passo da fare, si suggerisce, è in-nanzitutto quello di imparare a convivere conla realtà del «rischio», arrivando a «elaborareun concetto di solidarietà che si estende benoltre l’impegno generico di aiutare coloro chesoffrono». Occorre giungere a una definizionedi comunità che rifiuti qualsiasi «provinciali-smo», che alimenti ogni «sforzo nel campodella cooperazione internazionale» e nella di-stribuzione delle risorse, e che, soprattutto,metta al primo posto «la responsabilità versol’altro che vive nel bisogno». Una responsabi-lità «radicata nel riconoscere che, in quantoessere umano dotato di dignità, ogni persona èun fine in se stessa, non un mezzo».

Solo la «fiducia come sostanza dell’interazio -ne umana», conclude la nota, «ci guiderà attra-verso la crisi, poiché solo sulla base della fidu-cia l’humana communitas potrà alla fine fiorire».

Il coraggiodi una conversione morale

Pubblicatauna nota

della Pontificiaaccademiaper la vita

#documenti

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Occorre ripensare i nostri modelli di sviluppo edi convivenza, perché siano sempre più degnidella comunità umana. E dunque, all’altezzadell’uomo vulnerabile, non al di sotto dei suoilimiti, come se non esistessero: dentro quei li-miti, infatti, ci sono uomini, donne e bambiniche meritano più cura. Tutti, non solo i nostri.Se apriamo le porte alle minacce veramenteglobali per la comunità umana, pensandoesclusivamente a mettere in salvo i nostri,nemmeno i nostri potranno salvarsi. Infine,dalla “prova generale” di questa pandemia, ciaspettiamo uno scatto di orgoglio della huma-na communitas. Può farcela, se vuole.

Su questo tema — la pandemia, le sue con-seguenze, il futuro del mondo — la Pontificiaaccademia per la vita (Pav) sta sviluppandouna specifica riflessione. Il 30 marzo abbiamopubblicato un primo testo — «Pandemia e fra-ternità universale» — che oggi si completa conquesto secondo intitolato «Humana communi-tas nell’era della pandemia. Riflessioni inattua-li sulla rinascita della vita» (disponibile sul si-to www.academyforlife.va).

Humana communitas è il titolo della letterache Papa Francesco ha inviato alla Pav il 6gennaio 2019, per i 25 anni dalla istituzione.Ed indica, già nel titolo, la prospettiva di lavo-ro: riflettere sulle relazioni che uniscono la co-munità umana e generano valori, obiettivi, re-ciprocità condivise.

Questa pandemia rende straordinariamenteacuta una duplice consapevolezza. Da unaparte ci fa vedere come siamo tutti interdipen-denti: quello che accade in qualche parte dellaterra, ormai, coinvolge il mondo. Dall’altra ac-centua le disuguaglianze: siamo tutti nellastessa tempesta, ma non sulla stessa barca. Chiha barche più fragili affonda più facilmente.

L’etica della vita insomma diventa veramen-te globale, proprio in un momento nel quale cistavamo abituando alla sua gestione puramen-te individua: per questo nel sottotitolo c’èquell’aggettivo “inattuali”. Inattuale è una pa-rola che viene dalla tradizione filosofica (Niet-zsche, per esempio), dove è usata come provo-

cazione: si riferisce a un pensiero che sarebbeattualissimo, ma che non è più alla moda. Ineffetti, in un momento in cui la vita sembrasospesa e siamo colpiti dalla morte di personecare e dalla perdita di punti di riferimento perla nostra società, dobbiamo trovare il coraggiodi non limitarci a discutere il costo delle curee l’apertura delle scuole. Dovremo incomincia-re a discutere il “sistema” della nostra econo-mia e della nostra educazione: che non sonopiù all’altezza delle esigenza della comunità eneppure dei singoli. È una “p re t e s a ” alta, unarichiesta forte alle nostre società, alla politica,al mondo dell’economia e della cultura. Difronte all’emergenza, può sembrare eccessiva,invece è decisiva per questa e per tutte leemergenze a venire. Ecco, questo vuol dire“inattuale”.

Il fatto inedito di questa crisi è rappresenta-to dalla velocità e dall’ampiezza con cui il vi-rus si è propagato attraverso la rete delle rela-zioni e dei trasporti. Nuovo è anche il ruolodei mezzi di informazione, che hanno decisocome doveva diffondersi la consapevolezzadella crisi: si è giustamente parlato di “info de-mia”. La novità quindi è la strana mescolanzadi conformismo e di confusione indotti dallereazioni alla rappresentazione del pericolonell’epoca delle società “ip erconnesse”: che so-no però anche “ip er-individualistiche”.

La debolezza della comunità, la quale do-vrebbe offrirci assicurazione di sostegno e pro-tezione nel pericolo, ci lascia confusamente eangosciosamente esposti alle nostre incertezzee alle nostre vulnerabilità. Questa è la primalezione “impartita” del virus al nostro spensie-rato individualismo. Dal punto di vista dell’as-sistenza sanitaria le nostre capacità di interven-to tecnico e gestionale ci illudevano di potertenere tutto sotto controllo. E invece, anchenelle società economicamente più benestanti,la pandemia ha sopraffatto l’efficienza dellestrutture sanitarie e dei laboratori. È stato dif-ficile prendere coscienza del fallimento dellanostra efficienza e riconoscere il nostro limite:sono stati colpiti gli anziani soprattutto, i

L’«Humana communitas»che il covid-19 ci fa riscoprire

Pubblicatauna notadella Pontificiaaccademiaper la vita

#documenti

di VINCENZO PAGLIA*

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bambini e i giovani sono stati costretti in casae le conseguenze del lungo lo ckdown su di lo-ro le scopriremo nei prossimi mesi e anni. Lerelazioni tra gli adulti sono state duramentemesse alla prova. Non c’è settore della vitacollettiva che non sia stato toccato. Pensiamoall’economia e a quei tanti paesi dove ancorasi muore e alla mancanza di misure condivisea livello internazionale.

La crisi poi, come sottolinea la Nota dellaPav, è certo collegata al maltrattamento inflittoal nostro ambiente naturale. È uno degliaspetti dell’interdipendenza: fenomeni perse-guiti con intenti specifici e particolari in cam-po agricolo, industriale, turistico, logistico, sisommano tra loro e gli effetti di ciascuno siamplificano. La deforestazione mette gli ani-mali selvatici a contatto con habitat umani incui per altro, l’allevamento intensivo sottoponeil bestiame alla logica consumistica della pro-duzione industriale. Tutto l’insieme facilita ilsalto dei microrganismi patogeni da una specieall’altra, fino agli esseri umani.

Nel documento si sottolinea l’importanza diequilibrare meglio la produzione e la distribu-zione delle risorse investite nella prevenzionedelle malattie e quelle dedicate alla cura. Nonbasta porre attenzione ai grandi ospedali e aicentri specializzati, ma anche alle reti territo-riali, all’economia familiare, alla sussidiarietàassociativa: sia per l’assistenza, sia per la l’edu-cazione sanitaria. La salute di ciascuno è stret-tamente collegata alla salute di tutti: per l’ap-punto, essa stessa è un “bene comune”. Occor-rono comportamenti responsabili non solo pertutelare il proprio benessere, ma anche quellodegli altri. Solo così si può rendere effettivo ildiritto universale ai livelli più elevati di curadella salute, come espressione di tutela dellainalienabile dignità della persona umana. Inquesta logica, anche il vaccino, quando ci sarà,

dovrà esser reso disponibile a tutti (la pateticavicenda delle mascherine e dei mezzi elemen-tari di protezione, per non dire altro, non do-vrà proprio ripetersi a questo livello). Ed è in-dispensabile una organizzazione che possa es-sere sostenuta da tutti e che coordini le opera-zioni nelle diverse fasi di monitoraggio, dicontenimento e di trattamento delle malattie eche consenta una circolazione avvertita delleinformazioni. L’Organizzazione mondiale del-la sanità (Oms) appare indispensabile, anchese certamente ha avuto delle défaillances inquesta pandemia: deve imparare dagli errori emigliorare il suo funzionamento.

Infine, la comunità cristiana deve illuminareesemplarmente la sua speciale testimonianza diun amore che sviluppa prossimità responsabileanche nelle condizioni più estreme della vul-nerabilità umana: la radice umanistica dellacompassione e della intercessione per i piùpiccoli e più esclusi, è venuta di qui, dopo tut-to. Tutti noi possiamo aiutare i nostri fratelli esorelle del pianeta a interpretare la crisi nonsolo come un fatto organizzativo, che si puòsuperare migliorando l’efficienza. Si tratta dicomprendere più in profondità che l’incertezzae la fragilità sono dimensioni costitutive dellacondizione umana. Occorre rispettare questolimite e tenerlo presente in ogni progetto disviluppo, prendendosi cura, tutti e ciascuno,della vulnerabilità degli altri, perché siamo af-fidati gli uni agli altri. L’orizzonte di una fra-ternità globale — il grande “rimosso” della ri-voluzione moderna — appare ora la strada piùrealistica del progresso umano.

*Arcivescovo presidentedella Pontificia accademia per la vita

LETTERE DAL DIRETTORE

«P overo Stracci. Crepare... Nonaveva altro modo di ricordar-ci che anche lui era vivo!»È l’ultima battuta del film La

ricotta di Pier Paolo Pasolini che raccon-ta la triste fine di un povero cristo “b or-g a t a ro ” che muore sul set di un film sul-la passione di Gesù, nei panni del buonl a d ro n e .

Il nome di Stracci oggi è quello di Et-tore, il signore morto alcuni giorni fa aRoma in totale solitudine. Ci si è accortidella sua morte per il cattivo odore cheproveniva dal suo appartamento isolato,abbandonato. La storia di Ettore l’ab-biamo raccontata con una bella intervi-sta di Tullia Fabiani sulla pagina di C ro -nache Romane, la rubrica che nascesull’edizione quotidiana dalla considera-zione che più si scende nel particolare,più si riesce a cogliere l’universale, sel’occhio che guarda è acuto al puntogiusto. E quindi la città di Roma è ilmondo intero, urbs est orbs, se lo sguar-do che la osserva è mosso dall’amore edalla sete di conoscenza: compassione ecomprensione (e forse sulla “e” ci vuolel’accento). Questo vorrebbe essere ilcompito di un giornale che si chiama«L’Osservatore Romano». È vero, si po-trebbe dire che questa è una storia“giornalisticamente vecchia”, di cui si ègià parlato, ma forse è il caso di fermar-si di nuovo e ripensarci, altrimenti il

giornal-ismo, come ideologia che fagoci-ta ogni altra cosa diversa da se stessa (ealla fine contraddice e uccide se stessa)nella ripetizione quotidiana del rito au-toreferenziale, ha già vinto e tutto quelloche passa sotto il nome di “comunica-zione” perde senso e significato. Ripen-siamo al signor Ettore, anche perché allafine della sua esistenza nessuno ci pen-sava. È morto da solo e anche ai suoifunerali nessuno si è presentato. Omeroconclude il suo primo grande poemacon i funerali di Ettore a voler significa-re che gli dei lasciano lo spazio agli uo-mini, all’uomo così rappresentato in mo-do sublime e struggente dallo sconfittofiglio di Priamo. Oggi i funerali di Etto-re sembrano dire il contrario: l’uomomuore e non c’è riscatto in questa scon-fitta, né consolazione. Nessuno è andatoa piangere al funerale del signor Ettoree non per colpa delle restrizioni dovuteal covid-19. Il “v i ru s ”, quello vero, dellasolitudine, aveva attecchito già primadello scoppio della pandemia. Lo hadetto bene il Papa quando il 27 marzoha ricordato che il mondo era già mala-to e lo scoppio del contagio ha solo evi-denziato questa verità e la nostra inca-pacità a riconoscerlo. Proprio ieri matti-na Papa Francesco ha detto un’altra pa-rola che sembra toccare, per stridentecontrasto, la storia del signor Ettore. Loha fatto scendendo a sorpresa tra i bam-

bini e ragazzi partecipanti alla EstateRagazzi in Vaticano, una sorta di “orato-rio estivo” che si sta svolgendo in questigiorni all’interno delle mura leonine. Se-dutosi con i bambini, li ha incoraggiatia fare nuovi amici: «Le persone che sol-tanto sanno divertirsi da sole sono egoi-ste, per divertirsi bisogna essere insieme,con gli amici!». Il signor Ettore anchelui ha avuto degli amici, da bambino.Poi qualcosa è successo. E noi, noi tutti,dov’eravamo?

A.M.

Pasolinisul set delle riprese del film«La ricotta» (1963)

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il Settimanale L’Osservatore Romanogiovedì 30 luglio 2020

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CGesti di tenerezza verso i nonni

Nel giornodella memoria

dei santiGioacchino e Anna

l’invitodel Pontefice

ai giovani

#copertina

Nel giorno in cui la Chiesa ricorda i santiGioacchino e Anna, «i “nonni” di Gesù»,al termine dell’Angelus del 26 luglio PapaFrancesco ha invitato i giovani a gestidi attenzione e cura verso gli anziani,«soprattutto i più soli». Affacciatosia mezzogiorno dalla finestra dello studioprivato del Palazzo apostolico vaticano,prima di recitare la preghiera marianacon i fedeli presenti in piazza San Pietro —nel rispetto delle misure di sicurezzaadottate per evitare il diffondersidel contagio da covid-19 — e con quantilo seguivano attraverso i media, il Ponteficeaveva approfondito il Vangelo domenicalededicato alle parabole del Regno di Dio.

Riportare la pacenel Donbass

Al termine dell’An g e l u s ,il Papa ha espressosoddisfazione per la recentedecisionedi un cessate-il-fuoconell’area del Donbass,concordato dal Gruppodi contatto trilateralecomposto da rappresentantidi Ucraina, Russia edell’O rg a n i z z a z i o n eper lo sviluppoe la cooperazione inEuropa (Osce). La misuraè prevista dal Protocollodi Minsk, l’a c c o rd oraggiunto nel settembre2014 per porre fineal conflitto nell’U c ra i n aorientale che vede opporsile forze di Kiev e i gruppiseparatisti di Donetske Luhansk.

Ho appreso che un nuo-vo cessate-il-fuoco riguar-dante l’area del Donbassè stato recentemente de-ciso a Minsk dai Membridel Gruppo di ContattoTrilaterale. Mentre rin-grazio per questo segnodi buona volontà volto ariportare la tanto deside-rata pace in quella mar-toriata regione, pregoperché quanto concorda-to sia finalmente messoin pratica, anche attraver-so un effettivo processodi disarmo e di rimozio-ne delle mine. Solo cosìsi potrà ricostruire la fi-ducia e porre le premesseper la riconciliazione,tanto necessaria e tantoattesa dalla popolazione.

Il Regno dei Cieli è il contrariodelle cose superflue che offre il

mondo, è il contrario di una vitabanale: esso è un tesoro che rinnovala vita tutti giorni e la dilata versoorizzonti più vasti. #VangelodiOggi

I(@Pontifex_it)

ari fratelli e sorelle, buongiorno!Il Vangelo di questa domenica (cfr. Mt13, 44-52) corrisponde agli ultimi versettidel capitolo che Matteo dedica alle pa-rabole del Regno dei cieli. Il branocomprende tre parabole appena abboz-zate e brevissime: quella del tesoro na-scosto, quella della perla preziosa equella della rete gettata in mare.

Mi soffermo sulle prime due nellequali il Regno dei cieli viene assimilatoa due diverse realtà «preziose», ossia iltesoro nascosto nel campo e la perla digrande valore. La reazione di colui chetrova la perla o il tesoro è praticamenteuguale: l’uomo e il mercante vendonotutto per acquistare ciò che ormai sta lo-ro più a cuore. Con queste due similitu-dini, Gesù si propone di coinvolgercinella costruzione del Regno dei cieli,presentando una caratteristica essenzialedella vita cristiana, della vita del Regnodei cieli: aderiscono pienamente al Re-gno coloro che sono disposti a giocarsitutto, che sono coraggiosi. Infatti, sial’uomo sia il mercante delle due parabo-le vendono tutto quello che hanno, ab-bandonando così le loro sicurezze mate-riali. Da ciò si capisce che la costruzionedel Regno esige non solo la grazia diDio, ma anche la disponibilità attivadell’uomo. Tutto fa la grazia, tutto! Daparte nostra soltanto la disponibilità ariceverla, non la resistenza alla grazia: lagrazia fa tutto ma ci vuole la “mia” re -sponsabilità, la “mia” disp onibilità.

I gesti di quell’uomo e del mercanteche vanno in cerca, privandosi dei pro-pri beni, per comprare realtà più prezio-se, sono gesti decisi, sono gesti radicali,direi soltanto di andata, non di andata eritorno: sono gesti di andata. E, per dipiù, compiuti con gioia perché entrambihanno trovato il tesoro. Siamo chiamatiad assumere l’atteggiamento di questidue personaggi evangelici, diventandoanche noi cercatori sanamente inquietidel Regno dei cieli. Si tratta di abban-donare il fardello pesante delle nostre si-curezze mondane che ci impediscono laricerca e la costruzione del Regno: labramosia di possedere, la sete di guada-gno e di potere, il pensare solo a noistessi.

Ai nostri giorni, tutti lo sappiamo, lavita di alcuni può risultare mediocre espenta perché probabilmente non sonoandati alla ricerca di un vero tesoro: sisono accontentati di cose attraenti maeffimere, di bagliori luccicanti ma illuso-ri perché lasciano poi al buio. Invece laluce del Regno non è un fuoco di artifi-cio, è luce: il fuoco di artificio dura sol-tanto un istante, la luce del Regno ci ac-compagna per tutta la vita.

Il Regno dei cieli è il contrario dellecose superflue che offre il mondo, è ilcontrario di una vita banale: esso è untesoro che rinnova la vita tutti i giorni ela dilata verso orizzonti più vasti. Infat-ti, chi ha trovato questo tesoro ha uncuore creativo e cercatore, che non ripe-te ma inventa, tracciando e percorrendostrade nuove, che ci portano ad amareDio, ad amare gli altri, ad amare vera-mente noi stessi. Il segno di coloro checamminano su questa strada del Regnoè la creatività, sempre cercando di più.E la creatività è quella che prende la vitae dà la vita, e dà, e dà, e dà... Semprecerca tanti modi diversi di dare la vita.

Gesù, lui che è il tesoro nascosto e laperla di grande valore, non può che su-scitare la gioia, tutta la gioia del mondo:la gioia di scoprire un senso per la pro-pria vita, la gioia di sentirla impegnatanell’avventura della santità.

La Vergine Santa ci aiuti a ricercareogni giorno il tesoro del Regno dei cieli,affinché nelle nostre parole e nei nostrigesti si manifesti l’amore che Dio ci hadonato mediante Gesù.

Al termine dell’Angelus, il Papaha lanciato l’appello per gli anziani. Eccole sue parole.

Cari fratelli e sorelle,nella memoria dei santi Gioacchino eAnna, i “nonni” di Gesù, vorrei invitare

i giovani a compiere un gesto di tene-rezza verso gli anziani, soprattutto i piùsoli, nelle case e nelle residenze, quelliche da tanti mesi non vedono i loro cari.Cari giovani, ciascuno di questi anzianiè vostro nonno! Non lasciateli soli! Usa-te la fantasia dell’amore, fate telefonate,videochiamate, inviate messaggi, ascolta-teli e, dove possibile nel rispetto dellenorme sanitarie, andate anche a trovarli.Inviate loro un abbraccio. Loro sono levostre radici. Un albero staccato dalleradici non cresce, non dà fiori e frutti.Per questo è importante l’unione e ilcollegamento con le vostre radici.“Quello che l’albero ha di fiorito, vieneda quello che ha di sotterrato”, dice unpoeta della mia Patria. Per questo vi in-vito a fare un applauso grande ai nostrinonni, tutti!

Infine il Pontefice ha parlato del Donbass— riportiamo a parte il suo intervento — eha così salutato i presenti.

Saluto di cuore tutti voi, romani epellegrini di vari Paesi. Saluto in parti-colare i fedeli di Franca (Brasile), c’è labandiera lì, i giovani dell’Arcidiocesi diModena-Nonantola e quelli della Par-rocchia dei Santi Fabiano e Venanzio diRoma. Questi sono rumorosi, si fannos e n t i re !

A tutti auguro una buona domenica.Per favore, non dimenticatevi di pregareper me. Buon pranzo e arrivederci!

Se per recuperareciò che ho recuperato

Se per recuperare ciò che ho recuperatoho dovuto perdere prima ciò che ho perso,se per ottenere ciò che ho ottenutoho dovuto sopportare ciò che ho sopportato,se per essere adesso innamoratoè occorso essere stato feritoritengo giusto aver sofferto ciò che ho sofferto,ritengo giusto aver pianto ciò che ho pianto.Perché dopo tutto ho constatatoche non si gode bene del godutose non dopo averlo patito.Perché dopo tutto ho compresoche ciò che l'albero ha di fioritovive di ciò che ha sepolto.

Francisco Luis Bernárdez (1900-1978)

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«NUn cammino che mettein moto la preghiera

el mezzo della pandemia che stiamo vivendo,con la tua sincerità, gioia e semplicità, sei riu-scito a mettere in moto la speranza di moltepersone»: queste parole valgono più della«Compostela», il documento che certifica ilcompiuto pellegrinaggio alla tomba dell’Ap o-stolo san Giacomo, perché arrivano diretta-mente dal Papa. Francesco le ha scritte di suopugno in spagnolo, in una lettera indirizzataad Alvaro Calvente, quindicenne di Malaga af-fetto da disabilità intellettiva. Nonostante ledifficoltà infatti il giovane ha percorso qualchegiorno fa alcune tappe del «Cammino di San-tiago», partendo da Sarria in compagnia delpadre, Ildefonso, e di un amico di famiglia,Pa c o .

Una testimonianza di fede vissuta, che si èrivelata contagiosa, offrendo un esempio posi-tivo da imitare in questi tempi di tendenza

all’isolamento a causa del covid-19. Pubblicatasul sito www.diocesismalaga.es, la missiva au-tografa del Pontefice è un attestato di gratitu-dine e di incoraggiamento. «Caro Alvaro — hascritto da Casa Santa Marta lo scorso 20 lu-glio — ho ricevuto una lettera dal tuo papà incui mi diceva che hai terminato il Cammino diSantiago e che nel tuo zaino hai portato le in-tenzioni non solo tue, ma anche di molte per-sone che “si sono unite a te” nel pellegrinag-

gio, chiedendoti preghiere». Un’unione spiri-tuale che per il quindicenne si è realizzata in-contrando la gente sia «lungo la strada» sia«attraverso i social network», visto che il viag-gio è stato documentato dal padre su Twittercon l’account @CaminodeAlvaro. Al contem-po, per non dimenticare i più poveri, il pelle-grinaggio è servito a lanciare una campagna diraccolta fondi a sostegno del Cottolengo (Casadel Sacro cuore) di Malaga.

Settimo di dieci fratelli, il giovane vive neldistretto di Huelin e fa parte con la sua fami-glia della Comunità neocatecumenale della par-rocchia di San Patrizio. «Grazie per averci in-coraggiato a camminare e per aver invitato tantialtri a camminare con te» ha proseguito Fran-cesco, sottolineando come nel compiere il pelle-grinaggio Alvaro abbia mosso molte altre per-sone a mettersi in cammino, esortandole «a

Il Papa scrivea un quindicennespagnoloche ha compiutoil pellegrinaggioa Santiagode Compostelanonostantela disabilità

#lettera

Il vero pellegrino è capacedi andare al passo della persona

più lenta. E Gesù è capacedi questo. Gesù è il nostro

compagno di pellegrinaggio.Non accelera il passo, rispetta

la nostra situazione. È il Signoredella pazienza

(@Pontifex_it, 25 lugliosan Giacomo il maggiore, apostolo)

non avere paura» e a riscoprire la gioia dellostare insieme. Del resto, ha fatto notare il Papa,«lungo la strada non andiamo mai da soli»,perché — ha assicurato — «il Signore camminasempre al nostro fianco». Da qui il ringrazia-mento conclusivo del vescovo di Roma — «p erla testimonianza e le preghiere» del giovanespagnolo — accompagnato dalla benedizione,da un’invocazione alla Madonna del Carmelo edall’immancabile invito a pregare anche per lui.

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«Ai margini della strada della vita, ci sono uomi-ni e donne come noi, ci sono anziani e bambi-ni che ci chiedono, con uno sguardo, di dareloro una mano»: c’è la parabola del buon sa-maritano a far da sfondo a questo auspicioespresso dal Papa in un videomessaggio fattopervenire, venerdì 24 luglio, ai partecipanti alquarto Corso di spiritualità organizzato dalladiocesi argentina di Comodoro-Rivadavia, nel-la regione della Patagonia.

Svoltosi in modalità virtuale con la parteci-pazione di circa seicento persone, il corso eradedicato al tema «Conversione alla diaconiasociale», ispirato dal documento della Com-missione teologica internazionale La sinodalitànella vita e nella missione della Chiesa, in parti-colare dal quarto capitolo. È dagli anni No-vanta del secolo scorso che la diocesi promuo-ve la formazione degli operatori pastorali, main questo tempo di pandemia da covid-19 si èreso necessario un appuntamento in rete: e co-sì vi si sono collegati sia dai grandi centri ur-bani, sia dalle piccole città, sia da luoghi a ol-tre 600 chilometri di distanza dalla sede cen-trale di Comodoro, anche con difficoltà diconnessione, in alcuni casi resa possibile graziealla solidarietà di altri fedeli che hanno fattogiungere il materiale tecnologico e informaticonecessario.

Il filmato con le immagini del Ponteficeche, in piedi, da Casa Santa Marta si rivolgein spagnolo ai suoi interlocutori dall’altra par-te del mondo, è stato diffuso dalla Chiesa lo-cale — di cui è vescovo Joaquín GimenoLahoz — tramite il proprio canale YouTube.

Definendo «suggestivo» il titolo scelto per ilavori, il vescovo di Roma vi ha tratto l’inse-gnamento di come esso significhi «realizzareche devo servire gli altri, realizzare che non so-no l’unico al mondo, che devo guardare a ciòdi cui l’altro ha bisogno, alle sue necessità ma-teriali, alle sue necessità spirituali». Purtroppoperò, troppo spesso — ha osservato — «p eregoismo, siamo abituati a passare senza vederechi soffre, guardando da un’altra parte». Daqui l’esortazione a non dimenticare che «Gesùci chiede di essere servi degli altri come ilbuon Samaritano, di cui non conosciamoil nome: un uomo anonimo — ha sottolineatoper suggerire l’idea di un’opera di benecompiuta senza troppa ostentazione — che siè preso cura di colui che era sul ciglio dellastrada».

Un atteggiamento che può essere reso attua-le, ha aggiunto il Pontefice, attraverso «unprocesso di conversione alla diaconia» perché«essere diaconi» significa essere «servi deglialtri», tenendo sempre a mente la consolante

certezza che si può ritrovare nelle parole diGesù quando ha detto: «Nemmeno chi avràdato un bicchiere di acqua in mio nome rimar-rà senza ricompensa» (Ma t t e o , 10, 42).

Il messaggio si conclude con parole di inco-raggiamento del Pontefice — «vi chiedo solodi far battere il vostro cuore, nient’altro, e diguardare bene. Il resto verrà da solo» — segui-te dalla benedizione, un’invocazione alla Ver-gine Maria e l’immancabile richiesta di pre-ghiere per il suo ministero.

Qualche giorno dopo anche il Brasile piaga-to dalla pandemia ha ricevuto un gesto di at-tenzione da parte del Pontefice. «A nome diPapa Francesco e anche da parte mia, voglia-mo esprimere la nostra gioia per il bel gesto didistribuzione di cibo che le famiglie della Ri-forma agraria in Brasile stanno compiendo inquesti tempi di Covid-19». Lo ha scritto il car-dinale Michael Czerny, sotto-segretario dellaSezione migranti e rifugiati del Dssui, in unmessaggio inviato in occasione della Giornatadei lavoratori rurali, celebrata nel Paese lati-noamericano sabato scorso, 25 luglio.

Ringraziando il “Movimento dei senza ter-ra” (Mst) che ha distribuito alle famiglie po-vere più di 2.500 tonnellate di cibo, il porpo-rato sottolinea come «condividere i prodottidella terra per aiutare le famiglie bisognosenelle periferie delle città è un segno del Re-gno di Dio che genera solidarietà e comunio-ne fraterna». Ricordando in proposito l’e p i s o-dio evangelico della moltiplicazione dei pani

Servidel prossimo

Il Ponteficea operatori

p a s t o ra l idella Patagonia

#americalatina

e dei pesci, il cardinale Czerny ha aggiuntoche «la condivisione produce vita, crea lega-mi fraterni, trasforma la società», con la spe-ranza «che questo gesto si moltiplichi e inco-raggi altre persone e gruppi a fare lo stesso».Infine ha concluso auspicando «che lo Spiri-to Santo vi protegga dal virus e vi dia corag-gio e speranza in questo tempo di isolamentoso ciale!».

Quando qualcuno ci offreun servizio, non dobbiamo pensare

che tutto ci sia dovuto.La gratitudine, la riconoscenza,

è prima di tutto segnodi buona educazione,

ma è anche un distintivodel cristiano. È un segno semplice

ma genuino del regno di Dio.

(@Pontifex_it, 27 luglio )

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«Ascoltare per riconciliarsi»: questo auspicio diPapa Francesco è il motivo conduttore delnuovo video diffuso in rete dalla Sezione mi-granti e rifugiati del Dicastero per il serviziodello sviluppo umano integrale, in vista dellaGiornata mondiale dedicata a questa categoriadi persone, in programma il 27 settembre pros-simo sul tema «Come Gesù Cristo, costretti af u g g i re » .

Si tratta del terzo filmato — il primo era sta-to «Conoscere per comprendere» e il secondo«Farsi prossimo per servire» — di una campa-gna di comunicazione avviata il 15 maggioscorso in occasione della presentazione dell’an-nuale messaggio pontificio, incentrato in que-sto 2020 sulla pastorale degli sfollati interni.In pratica ciascuno dei tre video — realizzati incollaborazione con Vatican Media — a p p ro f o n -disce uno dei sotto-temi presenti nel documen-to del Papa, anche con testimonianze dei pro-tagonisti, illustrate a fumetti. Quest’ultimo, inparticolare, è arricchito con il raccontodell’esperienza di vita di una donna in fuga,che spiega come il lavoro di squadra e l’accet-tazione reciproca possano far sperare in un fu-turo più luminoso e in una coesistenza pacifi-ca tra uomini di differenti religioni. È irachenae si chiama Sarah Hassan. Appartenente allaminoranza yazida, ha dovuto abbandonare intutta fretta il suo villaggio quando il cosiddet-to stato islamico invase la Piana di Ninive.«Vivevo a Dogorî, nel distretto strategico diSinjar, lungo il confine; — spiega — ma quan-do abbiamo raggiunto il Kurdistan i musulma-ni ci hanno aperto le loro moschee e i cristianihanno fatto lo stesso spalancando le porte del-le loro chiese; e questo ci ha aiutati ad averemeno paura».

Secondo Sarah l’appartenenza religiosa nondeve mai essere un ostacolo: «L’umanità è più

grande di tutti noi», dice, aggiungendo chenon si possono trovare soluzioni ai problemiricorrendo alla violenza, specialmente quandoci sono di mezzo i bambini, indipendentemen-te dal fatto che siano musulmani, yazidi, kakaï— un’altra minoranza poco conosciuta ma pre-sente da tempo sul territorio — o cristiani: per-ché toccherà a loro costruire «un mondo mi-g l i o re » .

Il filmato si conclude con l’icona della fugain Egitto della Santa famiglia di Nazareth a ri-cordare come al centro della riflessione di Pa-pa Francesco e della Chiesa ci sia quest’annoproprio «Gesù bambino, sfollato e profugo in-sieme ai suoi genitori».

Con l’ascolto è possibilela riconciliazione

Sezione migrantie rifugiati

del Dicasteroper il serviziodello sviluppo

umano integrale

Sopra un fotogramma del videoIn basso: una donna sirianasistema la mascherina sul visodi una bambina, in un campodi sfollati nella provincia di Idlib

#ilvideo

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La crisi da coronavirus ha sorpreso tutti noi co-me una tempesta improvvisa, cambiando tutt’aun tratto e ovunque nel mondo la nostra vitafamiliare, lavorativa e pubblica. Tanti piango-no la morte di parenti e amici cari. Molte per-sone sono in difficoltà dal punto di vista eco-nomico o hanno perso il posto di lavoro. Invari Paesi proprio a Pasqua, la solennità prin-cipale della cristianità, non si è più potuta ce-lebrare in maniera comunitaria e pubblical’Eucaristia e attingere forza e consolazione daisacramenti.

Questa situazione drammatica ha reso evi-dente tutta la vulnerabilità, l’inconsistenza e ilbisogno di riscatto di noi uomini e ha messoin discussione molte certezze, sulle quali ci sia-mo basati nella nostra vita quotidiana per inostri piani e i nostri progetti. La pandemia cipone degli interrogativi fondamentali sulla fe-licità nella nostra vita e sul tesoro della nostrafede cristiana.

Questa crisi rappresenta un segnale di allar-me che porta a riflettere su dove poggiano leradici più profonde che sostengono noi tuttinella tempesta. Ci ricorda che abbiamo dimen-ticato e trascurato alcune cose importanti dellavita e ci fa riflettere su cosa sia veramente im-portante e necessario e cosa invece sia menoimportante o lo sia solo in apparenza. È untempo di prova e di scelta affinché possiamoorientare la nostra vita in modo rinnovato aDio, nostro sostegno e nostra meta. Questacrisi ci ha mostrato che proprio nelle situazio-ni di emergenza dipendiamo dalla solidarietàdegli altri e invita a mettere la nostra vita alservizio degli altri in modo nuovo. Ci devescuotere dall’ingiustizia globale affinché pos-siamo svegliarci e sentire il grido dei poveri edel nostro pianeta così gravemente malato.

ognuno porta i pesi dell’altro. Il pericolo delcontagio da un virus deve insegnarci un altrotipo di “contagio”, quello dell’amore, che sitrasmette da cuore a cuore. Sono grato per itanti segni di disponibilità all’aiuto spontaneoe d’impegno eroico del personale della sanità,dei medici e dei sacerdoti. In queste settimaneabbiamo sentito la forza che veniva dalla fede.

La prima fase della crisi da coronavirus, nel-la quale non sono state possibili le celebrazio-ni pubbliche dell’Eucaristia, ha rappresentatoper molti cristiani un tempo di doloroso digiu-no eucaristico. Molti hanno sperimentato cheil Signore è presente ovunque due o tre sonoriuniti nel suo nome. La trasmissione mediati-ca delle celebrazioni eucaristiche è stata unasoluzione di emergenza per la quale molti so-no stati riconoscenti. Ma la trasmissione vir-tuale non può sostituire la presenza reale delSignore nella celebrazione eucaristica. Così mirallegro perché ora ci è possibile tornare allanormale vita liturgica. La presenza del Signorerisorto nella sua Parola e nella celebrazioneeucaristica ci darà la forza che ci serve per af-frontare i difficili problemi che ci attendonodopo la crisi.

Il mio augurio e la mia speranza è che le ri-flessioni teologiche contenute in questo volu-metto spingano alla riflessione e suscitino inmolte persone una nuova speranza e una nuo-va solidarietà. Come con i due discepoli sullastrada verso Emmaus, anche in futuro il Si-gnore ci accompagnerà lungo il cammino conla sua Parola e spezzando il Pane eucaristico cidirà: «Non abbiate paura! Io ho vinto la mor-te».

Testimoniare la fedeal tempo del coronavirus

P re f a z i o n edel Papaa «Comunionee speranza»

#illibro

«Comunione e speranza» è il titolo scelto dallaLibreria editrice vaticana - Dicastero per lacomunicazione, per la versione italiana di unapubblicazione a cura di Walter Kasper e GeorgeAugustin (Città del Vaticano, 2020, pagine 166,euro 13). Come recita il sottotitolo, il lavoro delcardinale presidente emerito del Pontificio consiglioper la promozione dell’unità dei cristiani e delsacerdote tedesco che ha fondato e dirige l’istitutointitolato al porporato suo connazionale, raccogliecontributi su come «testimoniare la fede al tempodel coronavirus». Di seguito riportiamo laPrefazione scritta da Papa Francesco.

Nel pieno della crisi da coronavirus abbia-mo celebrato la Pasqua e ascoltato il messag-gio pasquale della vittoria della vita sulla mor-te. Questo messaggio sottolinea che in quantocristiani non dobbiamo lasciarci paralizzaredalla pandemia. La Pasqua ci dona speranza,fiducia e coraggio, ci rafforza nella solidarietà.Ci dice di superare le rivalità del passato e diriconoscerci membri di una grande famigliache va al di là di ogni confine e nella quale

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di GIANLUCA BICCINI

CContagiare il mondodi rinnovata speranza cristiana

inquant’anni non ancora compiuti, padre Ale-xandre Awi Mello è dal 2017 segretario del Di-castero per i laici, la famiglia e la vita. Comedirettore nazionale del Movimento di Schoen-statt nel suo Paese poté seguire da vicino PapaFrancesco nel primo viaggio internazionale delpontificato in occasione della Giornata mon-diale della gioventù di Rio de Janeiro. In que-sta intervista il sacerdote brasiliano racconta a«L’Osservatore Romano» la propria esperien-za di quei giorni e parla delle prospettive dellapastorale giovanile in questo tempo segnatodalla pandemia.

Dal 22 al 29 luglio 2013, esattamente sette annifa, la gente del Brasile — la nazione con ilmaggior numero di cattolici al mondo — potévedere con i propri occhi il nuovo Pontefice, giuntoper celebrarvi quella che fu definita “una Gmg alritmo di samba”. Lei che è nativo della metropoli

In quell’occasione, la sua capacità di ascolto —un ascolto attento, paziente ed empatico — micolpì profondamente. Significativo per me èstato anche il giorno in cui ho accompagnatoil Santo Padre al Santuario mariano di Apare-cida. Lì, infatti, ci eravamo incontrati nel 2007per lavorare insieme durante l’indimenticabileesperienza della quinta Conferenza generaledell’Episcopato latino-americano e dei Caraibi,le cui linee programmatiche segnano ancoraoggi il suo pontificato.

Nella prima Gmg di Papa Bergoglio moltirimasero colpiti dall’invito rivolto ai giovaniargentini a “fare chiasso”, a “fare confusione”.Secondo lei quella consegna è stata raccolta? Sipuò parlare di una nuova generazioni di cattolicinon più rinchiusi nelle sagrestie ma capaci diuscire verso il mondo come continua a chiedere ilPontefice?

#intervista

A colloquiocon padreAwi Mello

carioca, quali ricordi personali conserva conmaggior affetto?

Ricordo soprattutto la calorosa accoglienzache il popolo brasiliano e i giovani di tutto ilmondo riservarono al Papa. Lui stesso disse diesserne rimasto impressionato. Conservo nellamemoria innumerevoli gesti d’affetto tra ilSanto Padre e le persone, come ad esempionell’incontro privato con otto giovani detenuti.

Quell’incontro con i giovani argentini nonera previsto e il discorso fu del tutto sponta-neo; si vedeva che sgorgava dal suo cuore en-tusiasta di pastore. In quel periodo lavoravo inBrasile con i giovani e posso assicurarvi chel’invito del Papa fu accolto molto bene. È sta-to il primo segnale dell’importanza che i gio-vani avrebbero acquisito nel corso del pontifi-

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Il nomedell’intelligenza

«Uomo di poca fede, perché hai dubitato?», è ilrimprovero di Gesù a Pietro. Hai visto tanti miraco-li, e ancora non credi?

Ma anche, poveri noi! Chi non è stato mai tocca-to dal dubbio? Pur dicendo di credere, restiamocreature umane, deboli, non sempre in grado di ave-re una fede forte. Il dubbio è il passaggio necessarioper tutti.

Per dire di avere una fede consapevole e adulta,bisogna che chi non crede dubiti del suo non crede-re, e chi crede dubiti del suo credere. Qualcuno hadetto: «Il dubbio è uno dei nomi dell’intelligenza»(Jorge Luis Borges).

Ci sembra di essere soli a remare nel mare dellavita. E la tempesta, le difficoltà, il vento contrario,ci fanno paura. Ma è proprio in quei momenti che ènecessario credere, avere fiducia, avere fede in Dio.

Quando guardiamo a noi stessi, alla nostra pover-tà, alle nostre debolezze, ci impauriamo e affondia-mo. Quando alziamo gli occhi al Signore, riusciamoad avanzare.

E lo stesso avviene per la Chiesa. Se guarda alledifficoltà, agli attacchi che tanti fanno contro di lei,rischia di affondare. Se guarda a Cristo, se si fondasulla sua Parola, continua il suo cammino nella sto-ria.

Cicerone diceva: «Partendo dal dubbio, siamogiunti alla verità». Non abbiamo paura se qualchevolta, nella vita di fede, siamo attraversati dal dub-bio. Cerchiamo di non cadere in due pericoli oppo-sti: non dubitare di nulla, e dubitare di tutto!

Ma fidiamoci della sua parola: «Non abbiate pau-ra!».

9 agostoXIX domenicadel Tempoo rd i n a r i o1 Re 19, 9.11-13Sal 84Rm 9, 1-5Mt 14, 22-33

#spuntidiriflessione

di LEONARD OSAPIENZA

cato. Con la Gmg di Rio e il forte impulsomissionario dato ai giovani, il Papa iniziava uncammino, culminato nel Sinodo del 2018 su «igiovani, la fede e il discernimento vocaziona-le» e nella pubblicazione della successiva esor-tazione Christus vivit; un cammino che conti-nua a pieno ritmo attraverso tante iniziativenel nostro Dicastero e in tutto il mondo.

Lei che ebbe un ruolo significativo alla Gmg diRio, avrebbe mai immaginato di essere chiamatopoi a organizzarne un’altra nel continenteamericano: quella a Panamá del 2019?

Fare l’interprete per il Papa in Brasile è sta-ta un’esperienza a dir poco insolita! In realtànon ho avuto molto lavoro da fare, perché ilPontefice comunicava molto bene con i brasi-liani e tutti capivano la forza dei suoi gesti ela tenerezza delle sue parole! Non avrei maiimmaginato, allora, che avrei collaborato cosìdirettamente nell’organizzazione di un’altraGmg in America latina, tanto meno che loavrei fatto dall’interno della Santa Sede. Madevo dire che, su un piano strettamente perso-nale, l’esperienza panamense ha superato quel-la di Rio. Lavorare alla Gmg del 2019 è statauna forte esperienza di comunione ecclesiale:

la professionalità e la gioia del Comitato orga-nizzatore locale, insieme a una grande apertu-ra e flessibilità, mi hanno segnato in manierap ro f o n d a .

Tra i membri del Movimento di Schoenstatt, alquale lei appartiene, è profondamente radicata ladevozione alla Madonna. In tale ottica pensa cheFrancesco sia un Papa mariano?

Non ho dubbi su questo. Più che una sem-plice devozione, è una vera spiritualità maria-na, radicata nel santo popolo di Dio, che se-gna la visione e il progetto ecclesiale del suopontificato. Ho avuto la grazia di intervistarlodue volte, di scrivere un libro e una tesi didottorato su questo argomento.

L’amore del Papa per la Madonna ha a chefare con la visione di una Chiesa in uscita, conla rivoluzione della misericordia e della tene-rezza, e con la figura di una Chiesa dal voltofemminile e materno, che egli sta promuoven-do sempre di più.

Infine una domanda sulla prossima edizione dellaGiornata mondiale della gioventù che si terrà aLisbona, in Portogallo, nell’agosto 2023.Inizialmente prevista per il 2022, è stataposticipata di un anno a causa dell’e m e rg e n z a

coronavirus. Ritiene che le limitazioni el’isolamento imposti per fronteggiare il covid-19possano allontanare i giovani dalla praticare l i g i o s a ?

Credo sinceramente che la pandemia possaessere un’ottima opportunità per far arrivare laproposta cristiana ai giovani in modalità diffe-renti. L’importanza dei legami famigliari epersonali, la comunicazione, la cura intergene-razionale, la solidarietà e tanti altri valorievangelici si stanno diffondendo in vario mo-do in questo particolare periodo.

La Chiesa stessa sta anche imparando a par-lare altri linguaggi. Spero che, quando la pan-demia sarà superata, la Gmg di Lisbona possaessere una grande occasione per raccogliere lelezioni apprese oggi, offrendo ai giovani ditutto il mondo, la possibilità di incontrarsi dinuovo personalmente per nutrire la loro fedecome discepoli e per sentirsi inviati come mis-sionari, in un futuro forse difficile e incerto,dando «spazio alla creatività che solo lo Spiri-to è capace di suscitare», come dice il SantoPadre. Immagino giovani che, al ritorno neiloro paesi, si sentano chiamati a impegnarsi innuove forme di ospitalità, fraternità e solida-rietà, e che possano “c o n t a g i a re ” le loro comu-nità di rinnovata speranza cristiana.

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Page 15: L’Osservatore Romano...L’Osservatore Romano il Settimanale giovedì 30 luglio 2020 2 L’OS S E R VAT O R E ROMANO Unicuique suum Non praevalebunt Edizione settimanale in lingua

#controcopertina

Nell’alleanza tra le generazioni auspicata da Papa Francesco ci sono il ricordo di nonna Rosa e il rapporto con Benedetto XVI

Non lasciateli solidi MAU R I Z I O FO N TA N A

«Non lasciateli soli!». Premuroso e preoccupato, il Papa fa proprie le difficoltà dei piùdeboli in questo tempo segnato dalla pandemia, e pensa ai tanti anziani che, nellemaglie del distanziamento sociale, rischiano di precipitare nella solitudine enell’abbandono. In loro soccorso il Pontefice ha chiamato a raccolta i giovani, checonsidera collaboratori privilegiati in questa opera, invitandoli «a compiere un gesto ditenerezza verso gli anziani, — ha detto all’Angelus di domenica 26 luglio — soprattuttoi più soli, nelle case e nelle residenze, quelli che da tanti mesi non vedono i loro cari.Cari giovani, ciascuno di questi anziani è vostro nonno!».L’appello è stato immediatamente raccolto dal Dicastero per i laici, la famiglia e lavita, che sul sito (www.laityfamilylife.va) ha avviato la campagna “Ogni anziano è tuononno”. Un’iniziativa che, per coinvolgere maggiormente le nuove generazioni, siaffida anche alla diffusione su tutti i canali social dell’hashtag #sendyourhug «manda iltuo abbraccio». Nel rispetto delle norme sanitarie in vigore nei diversi Paesi, l’invito èquello, molto concreto, fatto dal vescovo di Roma: «Usate la fantasia dell’amore, fatetelefonate, videochiamate, inviate messaggi, ascoltateli e, dove possibile nel rispettodelle norme sanitarie, andate anche a trovarli. Inviate loro un abbraccio». I post piùsignificativi saranno poi rilanciati dal portale. Già, del resto, si legge in un comunicatodel Dicastero, in questi mesi molte Conferenze episcopali, associazioni e singoli fedeli,proprio con «la fantasia dell’amore» hanno trovato il modo per far giungere aglianziani soli la vicinanza della comunità ecclesiale. Ora, si aggiunge, «laddove ciò siapossibile — o quando l’emergenza sanitaria lo permetterà — invitiamo i giovani arendere ancora più concreto l’abbraccio, andando a trovare gli anziani di persona».Quello di Francesco è stato un appello forte e al tempo stesso fiducioso da parte dichi sente e vive un profondo legame con le giovani generazioni. Egli stesso, infondo, si sente un nonno al quale i nipotini possono rivolgersi in qualsiasi momento:come quando durante il viaggio nelle Filippine nel gennaio 2015 la folla lo chiamavaLolo Kiko (“nonno Francesco”) e lui, più volte, si disse contento di tale familiarità.Già, familiarità. Alla base di questa premura c’è, infatti, una realtà che, sin dall’iniziodel pontificato, Bergoglio ha posto come centrale nel suo magistero, quella dellafamiglia. In essa, in particolare, egli ha costantemente sottolineato l’importanza di unponte tra le generazioni, di un’alleanza di vita per la quale i giovani portano avanti i

sogni degli anziani, i nipoti costruiscono il futuro sulle radici salde dei valoriereditati dai nonni. Di fronte a una società che giudica l’anziano un peso, unelemento improduttivo, uno scarto, il Papa è instancabile nel proporre la “ricchezzadi anni” come un bene prezioso per l’intera comunità.Gli anziani sono la saggezza della famiglia, non certo un peso inutile; e attraverso laloro esperienza e la loro memoria possono dare un contributo alla vita della so cietà.Concetti ribaditi a più riprese, nelle omelie, nelle catechesi, durante i viaggi e levisite pastorali, o nel recente Sinodo dedicato ai giovani. Ma mai affidandosi aragionamenti teorici. Quando Francesco parla di questo rapporto tocca sempre lacarne della vita, ricorda aneddoti, visualizza con le parole ciò che emerge dallaquotidianità. E usa immagini concrete, come quella eloquente dell’albero che sestaccato dalle radici non cresce, non dà fiori né frutti. «Quello che l’albero ha difiorito, viene da quello che ha di sotterrato», ha detto domenica scorsa citando iversi del poeta argentino Francisco Luis Bernárdez (1900-1978).Quante volte il Pontefice ha accennato, con discrezione e tenerezza, al rapporto chelo legava alla cara nonna Rosa? A come lei regalasse perle di saggezza e di buonsenso al nipotino; a come da lei egli abbia imparato a pregare? In un’o ccasionespiegò: «Le parole dei nonni hanno qualcosa di speciale per i giovani. Anche la fedesi trasmette così, attraverso la testimonianza degli anziani che ne hanno fatto illievito della loro vita. Io lo so per esperienza personale. Ancora oggi porto semprecon me, nel breviario, le parole che mia nonna Rosa mi consegnò per iscritto ilgiorno della mia ordinazione sacerdotale; le leggo spesso e mi fa bene». E quantevolte, trasferendo queste immagini familiari a quella che è la famiglia della Chiesa,Francesco ha parlato di Benedetto XVI, il Papa emerito, come di un nonno affidabilee sapiente? «È come avere — disse in un’intervista — il nonno saggio a casa».«Ogni anziano è tuo nonno»: l’appello del Papa, nella contingenza di un periodocosì difficile per l’intera società, fa riemergere questo tesoro e rilancia quel ponte frale generazioni, quel prezioso nesso fra radici e futuro che dona speranza all’umanità.Perché — come disse il Pontefice lo scorso febbraio ai partecipanti al congresso «Laricchezza degli anni», organizzato proprio dal Dicastero per i laici, la famiglia e lavita — bisogna guardare gli anziani «con occhi nuovi», perché anche essi, come igiovani e accanto ai giovani, «sono il presente e il domani della Chiesa».