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L’Osservatore Romano il Settimanale Città del Vaticano, giovedì 2 aprile 2020 anno LXXIII, numero 14 (4.038) L’abbraccio di Dio all’umanità nella tempesta L’abbraccio di Dio all’umanità nella tempesta

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L’Osservatore Romanoil SettimanaleCittà del Vaticano, giovedì 2 aprile 2020anno LXXIII, numero 14 (4.038)

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L’Osservatore Romanogiovedì 2 aprile 2020il Settimanale

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L’OS S E R VAT O R E ROMANO

Unicuique suum Non praevalebunt

Edizione settimanale in lingua italiana

Città del Vaticanoo r n e t @ o s s ro m .v a

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GIANLUCA BICCINICo ordinatore

PIERO DI DOMENICANTONIOProgetto grafico

Redazionevia del Pellegrino, 00120 Città del Vaticano

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Il giornale che state leggendo non lo avete trale mani. Lo state leggendo sulla Rete, di preci-so sul sito del giornale rinnovato e potenziato,attraverso un dispositivo mobile o sul vostrocomputer personale.

È la terza volta che il fatto di dover sospen-dere la stampa su carta accade nella lunga sto-ria de L’Osservatore Romano: la prima volta fuper qualche giorno nel settembre del 1870 inoccasione della breccia di Porta Pia e dellapresa di Roma, la seconda avvenne nel settem-bre del 1919, e durò un paio di mesi a causa diuno sciopero della tipografia. Si tratta però didue precedenti non comparabili con l’o ccasio-ne che stiamo vivendo oggi, per il semplice edecisivo motivo che in quelle due occasioni lasospensione equivaleva a una vera interruzionedella produzione del giornale, oggi no. Quelloche ieri poteva essere visto come un segnomortale inferto al quotidiano, oggi deve essereletto come segnale della vitalità di questo gior-nale che si adegua prontamente alla nuovadrammatica situazione che il Vaticano, Roma,l’Italia e il mondo stanno vivendo.

Ho scritto in questi giorni ai colleghi dellaredazione una lettera in cui dicevo (e mi fapiacere ripeterlo a voi lettori, del resto siamotutti “colleghi”, siamo tutti “collegati”, faccia-mo parte della medesima comunità): «Più cheuna “decisione” si tratta della presa d’atto del-la realtà. Come dice spesso il Papa: la realtà èsuperiore all’idea». E un buon giornale, ungiornale “invincibile” come L’Osservatore Ro-mano, non può vivere fuori dalla realtà. Devecamminarci dentro per trasformarla.

La realtà è che si muore per un nemico invi-sibile. E che per vincere questa guerra dobbia-mo adattarci a una vita diversa, per un po’.Ma non dobbiamo adattarci a vivere senzal’informazione. Possiamo non trovare il gior-nale in edicola, o non riceverlo in abbonamen-to postale, ma non dobbiamo smettere di leg-gerlo. Non possiamo smettere di scriverlo.L’Osservatore Romano è invincibile, perchénemmeno questa tremenda pandemia lo hasconfitto: oggi noi siamo vivi e presenti sullaRete e voi lettori continuate a leggere le nostrepagine, anzi, questa è l’occasione di allargarele schiere dei nostri lettori e nell’ambiente di-gitale di fatto confini non ce ne sono!

Ieri in prima pagina ho pubblicato un’acutae preziosa riflessione della teologa Stella Mor-ra che iniziava con queste parole: «La storiadella cultura ci mostra che è attività umana eumanizzante trasformare (con tutta la faticache questo comporta) il c h ro n o s in k a i ro s ».

È questa la sfida posta davanti a un giorna-le che vuole avere un’anima spirituale e unacifra culturale forte, ispirate dalla nostra co-scienza formata alla luce del Vangelo: cogliereil nuovo che già si rivela misteriosamente da-vanti ai nostri occhi spesso offuscati, appesan-titi dalla durezza della vita e rivolti al passato,e quindi incapaci di leggere i “segni dei tem-pi”. Vale oggi come e più di ieri la profezia diIsaia: «Ecco, faccio una cosa nuova: / proprioora germoglia, non ve ne accorgete?/ Apriròanche nel deserto una strada, / immetterò fiu-mi nella steppa» (Is 43, 19). Siamo pronti acogliere questa novità? A trovare la stradaaperta nel deserto? A dissetarci all’acqua deifiumi nella steppa? Ha ragione Stella Morra,non possiamo continuare a «galleggiare sullecose (e spesso sulle persone), perché “tantopasserà”, attrezzarsi a trovare soluzioni per iproblemi che mano a mano si presentano: co-me possiamo continuare a fare quasi tuttoquello che facevamo prima? Come creare lecondizioni per poter farlo ancora?». È questaperaltro la cifra del pontificato di Papa Fran-cesco che da sempre ci ricorda il rischio mor-tale dell’adagiarsi sulla logica del “si è semprefatto così”. Dobbiamo quindi combattere quel-la strisciante rassegnazione che si nutre del bi-sogno umanissimo di conferme e di sicurezzae affrontare il mare aperto che la vita ci spa-lanca davanti anche e soprattutto in questotempo così grave e pericoloso.

Tutto questo vuol dire che quando tornere-mo a stampare su carta L’Osservatore Romano,speriamo molto presto, lo faremo con uno spi-rito, una creatività e una forza più grande dioggi, e direi anche con più competenza perchéavremo esplorato nuove frontiere e saremousciti provati e rinvigoriti dall’esperienza vissu-ta. Con una consapevolezza: in questo com-battimento che non è solo tecnologico ma an-che e innanzitutto spirituale, non siamo soli,nessun credente lo è, mai.

Un giornaleinvincibilee la sfidache abbiamodavanti

#editoriale

di ANDREA MONDA

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Venticinque anni fa, in questa stessa datadel 25 marzo, che nella Chiesa è festa solennedell’Annunciazione del Signore, San GiovanniPaolo II promulgava l’Enciclica Evangelium vi-tae, sul valore e l’inviolabilità della vita uma-na. Il legame tra l’Annunciazione e il “Va n g e -lo della vita” è stretto e profondo, come hasottolineato San Giovanni Paolo nella sua En-ciclica. Oggi, ci troviamo a rilanciare questoinsegnamento nel contesto di una pandemiache minaccia la vita umana e l’economia mon-diale. Una situazione che fa sentire ancora piùimpegnative le parole con cui inizia l’Encicli-ca. Eccole: «Il Vangelo della vita sta al cuoredel messaggio di Gesù. Accolto dalla Chiesaogni giorno con amore, esso va annunciatocon coraggiosa fedeltà come buona novellaagli uomini di ogni epoca e cultura» (n. 1).

Come ogni annuncio evangelico, anche que-sto va prima di tutto testimoniato. E pensocon gratitudine alla testimonianza silenziosa ditante persone che, in diversi modi, si stannoprodigando al servizio dei malati, degli anzia-ni, di chi è solo e più indigente. Mettono inpratica il Vangelo della vita, come Maria che,accolto l’annuncio dell’angelo, è andata adaiutare la cugina Elisabetta che ne aveva biso-gno. In effetti, la vita che siamo chiamati apromuovere e a difendere non è un concettoastratto, ma si manifesta sempre in una perso-na in carne e ossa: un bambino appena conce-pito, un povero emarginato, un malato solo escoraggiato o in stato terminale, uno che haperso il lavoro o non riesce a trovarlo, un mi-grante rifiutato o ghettizzato... La vita si ma-nifesta in concreto nelle persone.

Ogni essere umano è chiamato da Dio a go-dere della pienezza della vita; ed essendo affi-dato alla premura materna della Chiesa, ogniminaccia alla dignità e alla vita umana non

umani universali; anzi, ci troviamo di fronte anuove minacce e a nuove schiavitù, e non sem-pre le legislazioni sono a tutela della vita uma-na più debole e vulnerabile.

Il messaggio dell’Enciclica Evangelium vitaeè dunque più che mai attuale. Al di là delleemergenze, come quella che stiamo vivendo, sitratta di agire sul piano culturale ed educativoper trasmettere alle generazioni future l’attitu-dine alla solidarietà, alla cura, all’accoglienza,ben sapendo che la cultura della vita non èpatrimonio esclusivo dei cristiani, ma appartie-

glia umana e per ciascuno dei suoi membri.Perciò, con San Giovanni Paolo II, che ha

fatto questa enciclica, con lui ribadisco conrinnovata convinzione l’appello che egli ha ri-volto a tutti venticinque anni fa: «Rispetta, di-fendi, ama e servi la vita, ogni vita, ogni vitaumana! Solo su questa strada troverai giusti-zia, sviluppo, libertà, pace e felicità!» (Enc.Evangelium vitae, 5).

Ogni vita va difesaservita e amata

Il Ponteficerilancial’insegnamentodell’«Evangeliumvitae»nel contestodella pandemia

#catechesi

può non ripercuotersi nel cuore di essa, nel-le sue “v i s c e re ” materne. La difesa della vitaper la Chiesa non è un’ideologia, è unarealtà, una realtà umana che coinvolge tuttii cristiani, proprio perché cristiani e perchéumani.

Gli attentati alla dignità e alla vita dellepersone continuano purtroppo anche inquesta nostra epoca, che è l’epoca dei diritti

ne a tutti coloro che, adoperan-dosi per la costruzione di rela-zioni fraterne, riconoscono il va-lore proprio di ogni persona,anche quando è fragile e soffe-re n t e .

Cari fratelli e sorelle, ogni vi-ta umana, unica e irripetibile,vale per sé stessa, costituisce unvalore inestimabile. Questo vaannunciato sempre nuovamente,con il coraggio della parola e ilcoraggio delle azioni. Questochiama alla solidarietà e all’amo-re fraterno per la grande fami-

Nel venticinquesimo anniversariodell’«Evangelium vitae», Papa Francescoha rilanciato l’insegnamento dell’enciclicadi Giovanni Paolo II nell’attuale «contestodi una pandemia che minaccia la vita umanae l’economia mondiale». All’udienza generaledi mercoledì 25 marzo — che, come le precedentiin questo tempo di crisi a causadel coronavirus, si è svolta nella Bibliotecaprivata del Palazzo apostolico ed è statatrasmessa in streaming — il Ponteficenon ha proseguito le catechesi sulle Beatitudinidelle settimane scorse, ma sulle ormedel predecessore ha sottolineato lo strettoe profondo «legame tra l’An n u n c i a z i o n ee il “Vangelo della vita”».

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Cari fratelli e sorelle,oggi ci siamo dati appuntamento, tutti i cri-stiani del mondo, per pregare insieme il PadreNostro, la preghiera che Gesù ci ha insegnato.

Come figli fiduciosi ci rivolgiamo al Padre.Lo facciamo tutti i giorni, più volte al giorno;ma in questo momento vogliamo imploraremisericordia per l’umanità duramente provatadalla pandemia di coronavirus. E lo facciamoinsieme, cristiani di ogni Chiesa e Comunità,di ogni tradizione, di ogni età, lingua e nazio-ne.

Preghiamo per i malati e le loro famiglie;per gli operatori sanitari e quanti li aiutano;per le autorità, le forze dell’ordine e i volonta-ri; per i ministri delle nostre comunità.

Oggi molti di noi celebrano l’Incarnazionedel Verbo nel seno della Vergine Maria, quan-do nel suo “Eccomi”, umile e totale, si rispec-chiò l’“Eccomi” del Figlio di Dio. Anche noici affidiamo con piena fiducia alle mani di Dioe con un cuore solo e un’anima sola preghia-mo: Pater Noster...

Misericordia per l’umanitàduramente provata

#padrenostro

In comunione spirituale con tutti i cristianidel mondo, il Papa ha recitato il “Pater Noster”per implorare «misericordia per l’umanitàduramente provata dalla pandemiadi coronavirus». Dalla Biblioteca privatadel Palazzo apostolico vaticano il Ponteficeha guidato la preghiera — trasmessa in direttastreaming — a mezzogiorno di mercoledì 25marzo, solennità dell’Annunciazione del Signore,dando seguito all’appello lanciato all’An g e l u sdel 22. Di seguito le parole introduttivepronunciate da Francesco.

Il Papa recitala preghieradi Gesùin comunionespirituale con tuttii cristianidel mondo

Uniti spiritualmentePubblichiamo i saluti rivolti dal Papa al termine della catechesi.

Saluto i fedeli di lingua inglese collegati attraverso i mezzidi comunicazione sociale nel nostro cammino quaresimaleverso la Pasqua. Su di voi e sulle vostre famiglie invoco laforza e la pace che vengono dal Signore Gesù Cristo. Diovi benedica!

Rivolgo un cordiale saluto ai fratelli e alle sorelle di linguatedesca. Impegniamoci per la vita degli altri, specialmentedei malati e dei bisognosi. Penso in particolare agli anziani.Loro meritano la nostra stima e la nostra attenzione. Grazieal loro impegno e alla loro cura siamo qui e abbiamoquesto stile di vita. Dio misericordioso vi benedica con lasua grazia.

Saludo a los fieles de lengua española que siguen esta cate-quesis a través de los medios de comunicación. En estosmomentos en que toda la humanidad está sufriendo a causade la pandemia, los exhorto a implorar la protección deMaría y la intercesión del Papa san Juan Pablo II, para quetoda vida humana sea valorada, respetada, defendida y ama-da; así se hallará justicia, paz y felicidad. Que Dios los ben-diga.

Di cuore saluto i fedeli di lingua portoghese: grazie per lavostra unione nella preghiera! Alla Vergine Maria, Salutedegli Infermi, affido tutti voi, augurandovi di testimoniare il

Vangelo della Vita, con la parola e il coraggio delle azioni.Su di voi e sulle vostre famiglie, scenda la Benedizione delS i g n o re .

Saluto i fedeli di lingua araba! Cari fratelli e sorelle, Mariadi Nazareth ci indica la via per arrivare a conoscere Gesù:sapere dire “sì” alla volontà di Dio, e ai suoi progetti, chesempre ci superano. Rinnoviamo insieme il nostro “sì” alSignore e alla sua volontà, fidandoci di lui: avremo così,come Maria, una nuova vita. Il Signore vi benedica!

Cari fratelli e sorelle, oggi cade la solennitàdell’Annunciazione del Signore. Riviviamo il mistero delFiglio di Dio che si è fatto uomo ed è nato dalla VergineMaria. Ella con magnanime prontezza ha accolto e protettola sua vita concepita dallo Spirito Santo. Ogni vita umana èun inestimabile dono di Dio. Ce ne rendiamo conto sempredi più in questo periodo, in cui l’epidemia toglie la vita atantissime persone. Per intercessione di Maria, preghiamo ilSignore della vita di fermare la minaccia della morte e diinfondere nei cuori di tutti gli uomini il rispetto per ognivita. La sua benedizione vi accompagni sempre!

Tra poco, a mezzogiorno, noi Pastori delle varie Comunitàcristiane, insieme ai fedeli delle diverse confessioni, ciriuniremo spiritualmente per invocare Dio con la preghieradel Padre Nostro. Uniamo le nostre voci di supplica al

Signore in questi giorni di sofferenza, mentre il mondo èduramente provato dalla pandemia. Voglia il Padre, buonoe misericordioso, esaudire la preghiera concorde dei suoifigli che con fiduciosa speranza si rivolgono alla suaonnip otenza.

Rinnovo a tutti anche l’invito a partecipare spiritualmente,attraverso i mezzi di comunicazione, al momento dipreghiera che presiederò dopodomani, venerdì, alle ore 18,sul sagrato della Basilica di San Pietro. All’ascolto dellaParola di Dio e all’adorazione del Santissimo Sacramento,seguirà la Benedizione Urbi et Orbi, con annessa l’indulgenzaplenaria.

Saluto cordialmente voi, fedeli di lingua italiana. Viincoraggio ad essere sempre fiduciosi nella misericordia diDio e generosi con il prossimo, specialmente in questi tempidi incertezza.

Rivolgo un pensiero speciale ai giovani, agli anziani, aimalati e agli sposi novelli. Oggi, solennitàdell’Annunciazione del Signore, affido tutti alla Madre diGesù e Madre nostra. Ella, che ha detto quel “sì” a Nazaret,vi aiuti ogni giorno a dire il vostro “sì” al Signore, che vichiama ad accoglierlo e a seguirlo in tutte le situazioniconcrete in cui vi trovate a vivere. Che Dio vi benedica.

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MERCOLEDÌ 25In ascolto del racconto di Maria

C’è la riproduzione dell’Annunciazione dipin-ta dal Beato Angelico sulle mura del conventofiorentino di San Marco — così cara al «sinda-co santo» Giorgio La Pira da considerarla«trampolino di lancio» e «finestra sull’infini-to» per le sue azioni in risposta alle «attesedella povera gente» — a dar ancor più forzaalla vibrante preghiera di Papa Francesco«per» e «con» tutti coloro che sono alle presecon la pandemia. E in particolare per quantistanno mettendo a rischio la vita per curare gliammalati. Celebrando nella solennità dell’An-nunciazione del Signore la messa — trasmessain diretta streaming — nella cappella di CasaSanta Marta, il vescovo di Roma ha pregatoper le suore della congregazione delle Figliedella Carità di San Vincenzo de’ Paoli — le sue«coninquiline» — nel giorno in cui rinnovanole promesse religiose di donne sempre in pri-ma linea tra i poveri. Lo testimonia l’esp erien-za del Dispensario pediatrico Santa Marta —particolarmente a cuore a Francesco — che,aperto in Vaticano nel 1922, continua a soste-nere e accompagnare gratuitamente tante fami-glie povere, con bambini piccoli, in tutto e pertutto. «Oggi, festa dell’Incarnazione del Si-gnore — ha detto il Pontefice all’inizio del rito— le suore Figlie della Carità di San Vincenzode’ Paoli, che dirigono e prestano servizio nelDispensario Santa Marta da novantotto anni,sono qui a messa, rinnovano i voti insieme conle loro consorelle in ogni parte del mondo».Aggiungendo: «Vorrei offrire la messa oggi perloro, per la congregazione che lavora semprecon gli ammalati, i più poveri, come qui danovantotto anni, e per tutte le suore che stan-no lavorando in questo momento, accudendogli ammalati, e anche rischiando la vita e dan-do la vita».

Il Papa ha, quindi, rilanciato questa sua pre-ghiera con le parole della Lettera agli Ebrei(10, 5-7): «Disse il Signore, quando entrò nelmondo, “Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tuavolontà”». Per l’omelia Francesco ha significa-tivamente scelto di rileggere — per intero — ilpasso del Vangelo di Luca (1, 26-38) propostodalla liturgia. Inquadrandolo in tutto il suomistero e ricordando come la fonte del raccon-to non possa essere che la Madre di Dio.«L’evangelista Luca — ha fatto subito presente— poteva conoscere questo soltanto dal raccon-to della Madonna». Perciò, ha aggiunto ilPontefice, «ascoltando Luca, abbiamo ascolta-to la Madonna che racconta questo mistero:

stiamo davanti al mistero». Ed è con questaconsapevolezza che il Papa ha spiegato che,«forse, il meglio che possiamo fare adesso è ri-leggere questo passo, pensando che è stata laMadonna a raccontarlo». Francesco ha dun-que riletto, per intero, il passo evangelico.«Questo è il mistero» ha poi concluso dopo lalettura. Come nei giorni precedenti, quindi, ilPapa ha invitato a fare la comunione spiritua-le. E ha letto la preghiera composta dal cardi-nale Rafael Merry del Val. Con l’adorazione ele benedizione eucaristica il Pontefice ha, infi-ne, concluso la celebrazione. Per poi affidarealla Madre di Dio le sue intenzioni di preghie-ra, sostando davanti all’immagine mariana del-la cappella di Casa Santa Marta, accompagna-to dal canto popolare “Mira il tuo popolo”.

GIOVEDÌ 26Per vincere la paura e ridare fiduciaÈ per trovare in Dio la forza di «vincere lepaure» e rilanciare la fiducia in questo tempodi pandemia che Papa Francesco ha offerto lamessa del mattino nella cappella di Casa San-ta Marta. «In questi giorni di tanta sofferenzac’è tanta paura» ha detto, a braccio, il vescovodi Roma all’inizio della celebrazione trasmessain diretta streaming. «La paura degli anzianiche sono soli, nelle case di riposo o in ospeda-le o a casa loro, e non sanno cosa possa acca-dere. La paura dei lavoratori senza lavoro fissoche pensano come dare da mangiare ai loro fi-gli e vedono venire la fame. La paura di tantiservitori sociali che in questo momento aiuta-no a mandare avanti la società e possonoprendere la malattia. Anche la paura — le pau-re — di ognuno di noi: ognuno sa quale sia lap ro p r i a » .

«Preghiamo il Signore — ha concluso ilPontefice — perché ci aiuti ad avere fiducia e atollerare e vincere le paure». Francesco ha raf-forzato la sua preghiera con i versi del salmo105 (3-4), letti come antifona d’i n g re s s o :«Gioisca il cuore di chi cerca il Signore. Cer-cate il Signore e la sua potenza, cercate sem-pre il suo volto». Per la meditazione nell’ome-lia, poi, il Papa ha preso le mosse dalla primalettura, tratta dal libro dell’Esodo (32, 7-14),invitando, senza giri di parole, a un esame dicoscienza per riconoscere i nostri «idoli» più omeno nascosti. «Nella prima lettura — ha spie-gato — c’è la scena dell’ammutinamento delpopolo. Mosè se n’è andato al Monte per rice-vere la Legge: Dio l’ha data a lui, in pietra,scritta dal suo dito». Ma ecco che «il popolosi annoiò e fece ressa intorno ad Aronne e dis-se: “ma questo Mosè da tempo non sappiamodove sia, dove sia andato, e noi siamo senzaguida: fateci un dio che ci aiuti ad andareavanti”». Di fronte a questa reazione del po-polo, ha proseguito Francesco, «Aronne — chedopo sarà sacerdote di Dio ma lì è stato sacer-dote della stupidaggine, degli idoli — ha detto:“ma sì, datemi tutto l’oro e l’argento che ave-te”». E il popolo dà tutto e così «fecero quelvitello d’oro». Nel salmo 105, ha fatto notare ilPontefice, «abbiamo sentito il lamento di Dio:“Si fabbricarono un vitello sull’Oreb, si pro-strarono a una statua di metallo; scambiaronola loro gloria con la figura di un toro chemangia erba”». Ed è proprio «qui, in questomomento, quando incomincia la lettura» trattadal libro dell’Esodo: «Il Signore disse a Mosè:“Va ’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fat-to uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito.Non hanno tardato ad allontanarsi dalla viache io avevo loro indicato! Si sono fatti un vi-tello di metallo fuso, poi gli si sono prostratidinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno

Le omeliedel Pontefice

#santamarta

CO N T I N UA A PA G I N A 6

Nel giornodell’An n u n c i a z i o n e

il Papa ha ricordatoin particolare le suore

vincenziane e tuttele religiose che

assistono i malati

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detto: ‘Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti hafatto uscire dalla terra d’Egitto’”». È il raccon-to di «una vera apostasia: dal Dio viventeall’idolatria», ha spiegato il Papa. Il popolo«non ha avuto pazienza di aspettare che tor-nasse Mosè: volevano delle novità, volevanoqualcosa, dello spettacolo liturgico, qualcosa»insomma. Proprio «su questo», ha aggiuntoFrancesco, «io vorrei accennare alcune cose».Anzitutto, «quella nostalgia idolatrica nel po-polo: in questo caso, pensava agli idolidell’Egitto, ma la nostalgia di tornare agli ido-li, tornare al peggio, non sapere aspettare ilDio vivente». In fin dei conti «questa nostal-gia è una malattia, anche nostra» ha insistito ilPontefice: essa «incomincia a camminare conl’entusiasmo di essere liberi, ma poi incomin-ciano le lamentele». Come a dire: «ma sì, que-sto è un momento duro, il deserto, ho sete,voglio dell’acqua, voglio la carne: in Egittomangiavamo le cipolle, le cose buone e quinon c’è» nulla. Il fatto è, ha affermato France-sco, che «sempre l’idolatria è selettiva: ti fapensare alle cose buone che ti dà, ma non ti favedere le cose brutte». E nel raccontodell’Esodo «loro pensavano a come erano a ta-vola, con questi pasti tanto buoni che a loropiacevano tanto, ma dimenticavano che quello

sco, «la domanda che oggi dovremmo fare è:quale è l’idolo che tu hai nel tuo cuore, nelmio cuore?». E cioè, quale è «quell’uscita na-scosta dove mi sento bene, che mi allontanadal Dio vivente». Del resto, ha fatto notare ilPontefice, «noi abbiamo, anche, un atteggia-mento con l’idolatria molto furbo: sappiamonascondere gli idoli, come fece Rachele quan-do fuggì da suo padre e li nascose nella selladel cammello e fra i vestiti». Infatti «anchenoi, tra i nostri vestiti del cuore, abbiamo na-scosti tanti idoli». Con questa consapevolezzaFrancesco ha rilanciato: «La domanda chevorrei fare oggi è: qual è il mio idolo, quelmio idolo della mondanità?». E ha messo inguardia dal fatto che «l’idolatria arriva anchealla pietà, perché» il popolo voleva «il vitellod’oro non per fare un circo», ma «per fareadorazione: si prostrarono davanti a lui».

«L’idolatria ti porta a una religiosità sba-gliata» ha affermato il Papa. Anzi, ha aggiun-to, «tante volte la mondanità, che è un’idola-tria, ti fa cambiare la celebrazione di un sacra-mento in una festa mondana». Non è mancatala proposta di «un esempio: figuriamoci unacelebrazione di nozze. Tu non sai — ha osser-vato il Pontefice — se è un sacramento dovedavvero i novelli sposi danno tutto e si amanodavanti a Dio e promettono di essere fedelidavanti a Dio e ricevono la grazia di Dio, o èuna mostra di modelli, come vanno vestitil’uno e l’altro e l’altro». Ritorna «la mondani-tà: è un’idolatria» ed «è un esempio, questo,perché l’idolatria non si ferma: va sempreavanti». Perciò, ha ripetuto Francesco conclu-dendo la sua meditazione, «oggi la domandache io vorrei fare a tutti noi, a tutti: quali sonoi miei idoli? Ognuno ha i propri. Quali sono imiei idoli? Dove li nascondo?». Con l’auspicio«che il Signore non ci trovi, alla fine della vi-ta, e dica di ognuno di noi: ti sei pervertito, tisei allontanato dalla via che io avevo indicato,ti sei prostrato dinanzi a un idolo». Proprio inquesta prospettiva, ha suggerito, «chiediamoal Signore la grazia di conoscere i nostri idoli:e se non possiamo cacciarli via, almeno tenerliall’angolo».

Come nei giorni precedenti il Papa ha invi-tato «le persone che non possono comunicar-si» a fare la comunione spirituale, recitando lapreghiera di sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Econ l’adorazione e la benedizione eucaristicaha concluso il rito. Per poi affidare alla Madredi Dio le sue intenzioni di preghiera, sostandodavanti all’immagine mariana nella cappella diSanta Marta, accompagnato dal canto dell’an-tifona mariana Ave Regina caelorum.

VENERDÌ 27Il buon segnale della solidarietà

Pur nella paura cresce la solidarietà: ecco il«buon segnale» di speranza che Papa France-sco ha rilanciato, celebrando la messa del mat-tino nella cappella di Casa Santa Marta. «Inquesti giorni sono arrivate notizie di come tan-ta gente incomincia a preoccuparsi, in un mo-do più generale, per gli altri» ha detto il ve-scovo di Roma a braccio, all’inizio della cele-brazione trasmessa in diretta streaming. Ci so-no persone, ha affermato, che «pensano allefamiglie che non hanno il sufficiente per vive-re, agli anziani soli, agli ammalati in ospedalee pregano e cercano di fare arrivare qualcheaiuto: questo è un buon segnale».

«Ringraziamo il Signore perché suscita nelcuore dei suoi fedeli questi sentimenti» ha ag-giunto il Pontefice, che ha subito dato ancora

#santamarta

era il tavolo della schiavitù». È in questo sen-so che, davvero, «l’idolatria è selettiva».

«Poi, un’altra cosa: l’idolatria ti fa perderetutto» ha proseguito il Papa, ricordando che«Aronne, per fare il vitello, chiede loro “date-mi oro e argento”: ma era l’oro e l’argento cheil Signore aveva dato loro, quando disse loro:“chiedete agli egiziani oro in prestito”». Dun-que, ha spiegato Francesco, quello «è un donodel Signore e con il dono del Signore fannol’idolo: questo è bruttissimo». Il Pontefice hafatto però presente che «questo meccanismosuccede anche a noi: quando noi abbiamo at-teggiamenti che ci portano all’idolatria, siamoattaccati a cose che ci allontanano da Dio,perché noi facciamo un altro dio e lo facciamocon i doni che il Signore ci ha dato: con l’in-telligenza, con la volontà, con l’amore, con ilcuore». Sono questi «i doni propri del Signoreche noi usiamo per fare idolatria». In realtà,ha proseguito il Papa, «qualcuno di voi puòdirmi: “ma io a casa non ho idoli: ho il croci-fisso, l’immagine della Madonna, che non so-no idoli”». La questione è se si hanno idoli«nel cuore». Tanto che, ha suggerito France-

Fr a n c e s c odona

30 respiratoriagli ospedali

Papa Francesco ha affidato30 respiratori, acquistati neigiorni scorsi,all’Elemosineria apostolicaperché siano consegnati adalcune strutture ospedaliere,che saranno prestoindividuate, nelle zone piùcolpite dalla diffusione dicoronavirus. Con questogesto concreto il vescovo diRoma ha rilanciatol’impegno — suo personale edella Chiesa intera — arispondere con la solidarietàe con la preghieraall’emergenza dellapandemia. Lo scorso 12marzo, tramite il Dicasteroper il servizio dello sviluppoumano integrale, il Papa hadonato centomila euro allaCaritas italiana per i servizi«a favore dei poveri e dellepersone più deboli evulnerabili». Da parte sua,l’Elemosineria apostolica finda subito ha lanciatol’iniziativa del «sacchettodel cuore» — anche conprodotti delle Villepontificie di CastelGandolfo — per garantire ipasti ai senzatetto a Roma.Il cardinale elemosiniereKonrad Krajewski ha anchepersonalmente fatto sentire«la vicinanza e l’affetto» delPapa alle religiose inisolamento perché positiveal coronavirus. E perrispondere alle emergenzeha messo a disposizione ilsuo numero di cellulare: 3481300123.

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più forza alla sua preghiera con i versi del sal-mo 54 (3-4), letti come antifona d’i n g re s s o :«Salvami, o Dio, per il tuo nome, e nella tuapotenza rendimi giustizia. Ascolta, o Dio, lamia preghiera, porgi l’orecchio alle parole del-la mia bocca». Per la meditazione il Papa hapoi preso spunto dalle letture proposte dallaliturgia del giorno, tratte dal libro della Sa-pienza (2, 1.12-22) e dal Vangelo di Giovanni(7, 1-2.10.25-30). Suggerendo di tenere l’atteg-giamento del silenzio, lo stesso di Gesù, difronte alle grandi e piccole persecuzioni.

«La prima lettura — ha spiegato — è quasiuna cronaca, prima, di quello che accadrà aGesù: è una cronaca in avanti, è una profezia.Sembra una descrizione storica di quello che èaccaduto dopo».

E, per questa ragione, il Pontefice ha volutorileggere alcuni passi del libro della Sapienza:«Gli empi cosa dicono? “Tendiamo insidie algiusto, che per noi è d’incomodo e si opponealle nostre azioni; ci rimprovera le colpe con-tro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni con-tro l’educazione ricevuta. È diventato per noiuna condanna dei nostri pensieri; ci è insop-portabile solo al vederlo, perché la sua vitanon è come quella degli altri. Se infatti il giu-sto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lolibererà dalle mani dei suoi avversari”». Da-vanti a queste parole, ha aggiunto Francesco,«pensiamo a quello che dicevano a Gesù sullacroce: “Se sei il Figlio di Dio, scendi, che ven-ga Lui a salvarti”». E così, ha proseguito, gliempi di cui parla il libro della Sapienza hannoun «piano d’azione: “Mettiamolo alla provacon violenze e tormenti per conoscere la suamitezza e saggiare il suo spirito di sopporta-zione. Condanniamolo a una morte infamante,perché, secondo le sue parole, il soccorso gliverrà”». Nel libro della Sapienza dunque, hainsistito il Pontefice, c’è «proprio una profeziadi quello che è accaduto». E infatti «“i giudeicercavano di ucciderlo” dice il Vangelo» diGiovanni. E, di più, nel brano odierno si leg-ge anche che «cercavano allora di arrestarlo,ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui,perché non era ancora giunta la sua ora».

«Questa profezia è troppo dettagliata» haspiegato il Papa. «Il piano d’azione di questagente malvagia — ha osservato — è propriodettagli su dettagli, non risparmiare nulla:“Mettiamolo alla prova con violenza e tormen-ti e saggiare lo spirito di sopportazione”, ten-diamogli insidie, mettiamogli un tranello» pervedere «se cade». Ma tutto questo, ha fattopresente Francesco, «non è una semplice odio-sità, non c’è un piano d’azione — cattivo, cer-tamente — di un partito contro l’altro: questa èun’altra cosa» e «si chiama accanimento:quando il demonio che è dietro, sempre, aogni accanimento, cerca di distruggere e nonrisparmia i mezzi».

A questo proposito il Papa ha invitato apensare «all’inizio del libro di Giobbe, che èprofetico su questo: Dio è soddisfatto del mo-do di vivere di Giobbe», ma «il diavolo gli di-ce: “Sì, perché ha tutto, non ha delle prove!Mettilo alla prova!”». E così «prima il diavologli toglie i beni, poi gli toglie la salute e Giob-be mai, mai si è appartato da Dio. Ma è ildiavolo che fa l’accanimento, sempre».

«Dietro ogni accanimento c’è il demonio,per distruggere l’opera di Dio» ha ribadito ilPontefice. «Dietro a una discussione o unainimicizia — ha aggiunto — può darsi che sia ildemonio ma da lontano, con le tentazioni nor-mali. Ma quando c’è accanimento, non dubi-tiamo: c’è la presenza del demonio».

Oltretutto, ha spiegato Francesco, «l’accani-mento è sottile sottile: pensiamo a come il de-monio si è accanito non solo contro Gesù, maanche nelle persecuzioni dei cristiani, come hacercato i mezzi più sofisticati per portarliall’apostasia, ad allontanarsi da Dio». E, «co-me noi diciamo nel parlato quotidiano, questoè diabolico: sì, intelligenza diabolica».

Su questo punto il vescovo di Roma ha vo-luto condividere un’esperienza di persecuzio-ne: «Mi raccontavano alcuni vescovi di unodei Paesi che ha subito la dittatura di un regi-me ateo: nella persecuzione arrivavano fino adettagli come questo: il lunedì dopo Pasqua lemaestre dovevano domandare ai bambini “cosaavete mangiato, ieri?”. I bambini dicevano co-sa era a pranzo. Alcuni dicevano “uova”. Equelli che dicevano “uova” poi erano persegui-tati per vedere se erano cristiani, perché inquel Paese si mangiavano le uova la Domenicadi Pasqua». Insomma, ha rilanciato il Papa, siarriva «fino a questo punto di vedere», attra-verso lo «spionaggio, dove c’è un cristiano perucciderlo». E «questo è l’accanimento nellapersecuzione e questo è il demonio».

«E cosa si fa nel momento dell’accanimen-to?» è la questione posta dal Pontefice. «Sipossono fare — ha detto — soltanto due cose:discutere», ma «con questa gente non è possi-bile, perché hanno le proprie idee, le idee fis-se, le idee che il diavolo ha seminato nel cuo-re». E «abbiamo sentito qual è il piano diazione loro» nella prima lettura. Dunque «co-sa si può fare? Quello che ha fatto Gesù: tace-re» ha affermato Francesco. Del resto «colpi-sce, quando leggiamo nel Vangelo, che davantia tutte queste accuse, a tutte queste cose, Gesùtaceva: davanti allo spirito di accanimento,soltanto il silenzio, mai la giustificazione.Mai». Infatti, ha proseguito il Papa, «Gesù haparlato, ha spiegato», ma «quando ha capitoche non c’erano parole: il silenzio. E in silen-zio Gesù ha fatto la sua passione».

Questo «è il silenzio del giusto davantiall’accanimento», ha fatto presente il Papa. E«questo è valido anche per — chiamiamoli così— i piccoli accanimenti quotidiani, quandoqualcuno di noi sente che c’è un chiacchieric-cio lì contro di lui, e si dicono le cose e poinon viene fuori niente». L’atteggiamento giu-sto è «stare zitto, silenzio e subire e tollerarel’accanimento del chiacchiericcio». Perché, hariconosciuto il Pontefice, davvero «pure ilchiacchiericcio è un accanimento, un accani-mento sociale: nella società, nel quartiere, nelposto di lavoro, ma sempre contro di lui». Ese certamente «è un accanimento non tantoforte come» la persecuzione vera e propria, re-sta comunque «un accanimento per distrugge-re l’altro, perché si vede che l’altro disturba,molesta».

Concludendo la meditazione, il Pontefice hainvitato a chiedere «al Signore la grazia di lot-tare contro lo cattivo spirito, di discuterequando dobbiamo discutere: ma davanti allospirito di accanimento» chiediamo la grazia di«avere il coraggio di tacere e lasciare che glialtri parlino» E «lo stesso» è giusto fare «da-vanti a questo piccolo accanimento quotidianoche è il chiacchiericcio: lasciarli parlare». E re-stare «in silenzio, davanti a Dio». Come neigiorni precedenti, Francesco ha invitato a farela comunione spirituale leggendo la preghieradi sant’Alfonso Maria de’ Liguori. E ha con-cluso la celebrazione con l’adorazione e la be-nedizione eucaristica. Per poi «consegnare» lasua preghiera alla Madre di Dio, sostando da-vanti all’immagine mariana nella cappella diCasa Santa Marta, accompagnato dal cantodell’antifona Ave Regina caelorum.

#santamarta

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di ANDREATORNIELLI

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Il Crocifisso bagnatodalle lacrime del Cielo

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l Protagonista della preghiera che la sera del27 marzo — anticipo del Venerdì Santo — Pa p aFrancesco ha celebrato in una Piazza San Pie-tro vuota e sprofondata in un silenzio irreale, èstato Lui. Il Crocifisso, con la pioggia battenteche gli irrigava il corpo, così da aggiungere alsangue dipinto sul legno quell’acqua che ilVangelo ci racconta essere sgorgata dalla feritainferta dalla lancia.

Quel Cristo Crocifisso sopravvissuto all’in-cendio, che i romani portavano in processionecontro la peste; quel Cristo Crocifisso che sanGiovanni Paolo II ha abbracciato durante la li-turgia penitenziale del Giubileo del 2000, èstato protagonista silenzioso e inerme al centrodello spazio vuoto. Persino Maria, Salus po-puli Romani, incapsulata nella teca di plexi-glass divenuta opaca a causa della pioggia, èsembrata cedere il passo, quasi scomparire,umilmente, di fronte a Lui, innalzato sulla cro-ce per la salvezza dell’umanità.

Papa Francesco è apparso piccolo, e ancorapiù curvo mentre saliva non senza fatica e in

solitudine i gradini del sagrato, facendosi in-terprete dei dolori del mondo per offrirli aipiedi della Croce: «Maestro, non t’imp ortache siamo perduti?». L’angosciante crisi chestiamo vivendo con la pandemia «smaschera lanostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle fal-se e superflue sicurezze con cui abbiamo co-struito le nostre agende, i nostri progetti, lenostre abitudini e priorità» e «ora mentre stia-mo in mare agitato, ti imploriamo: SvegliatiS i g n o re ! » .

La sirena di un’ambulanza, una delle tanteche in queste ore attraversano i nostri quartieriper soccorrere i nuovi contagiati, ha accompa-gnato insieme alle campane il momento dellabenedizione eucaristica Urbi et Orbi, quandoil Papa, ancora solo, si è riaffacciato sulla piaz-za deserta e sferzata dalla pioggia tracciando ilsegno della croce con l’ostensorio. Ancora, ilProtagonista è stato Lui, quel Gesù che immo-landosi ha voluto farsi cibo per noi e che an-che oggi ci ripete: «Perché avete paura? Nonavete ancora fede?... Voi non abbiate paura».

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Nel 1955 lo scrittore inglese C.S. Lewis, da pocotempo rimasto vedovo per la morte prematuradella moglie malata di tumore, scrive all’amicoMalcom, gravemente ammalato, una letteraper consolarlo e gli racconta la passione diGesù, abbandonato da tutti, flagellato e con-dannato ingiustamente a morte, talmente soloche sulla croce le sue parole rivolte al Padresono “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.Un modo davvero singolare di consolare.

A Gesù tempo prima era stata rivolta unadomanda piena di angoscia, la domanda sullamorte: “Non ti importa che noi moriamo?”.Sono i discepoli che svegliano Gesù che dor-me sulla poppa della barca presa dalla tempe-sta sul lago di Tiberiade. Su questa scena rac-contata dal Vangelo di Marco si è soffermatoPapa Francesco che ha ripetuto più volte que-sta domanda nel suo discorso pronunciato ieripomeriggio in piazza San Pietro. Poi il Papaha pregato di fronte all’icona della Salus po-puli Romani e davanti al crocifisso della chie-sa di San Marcello trasportato per l’o ccasionee messo lì in piazza, davanti alla Basilica, sot-to la pioggia. Sul volto ligneo la smorfia deldolore, sembra che stia chiedendo: “Non viimporta che io muoio?”. Gesù è morto solo,condannato dal suo popolo, abbandonato daisuoi amici. È morto da solo e per le atroci sof-ferenze dovute non solo alle ferite ma, innan-zitutto, dal soffocamento causato dal fatto diessere appeso alla croce. Un crocifisso muoredi asfissia. Ieri quasi mille persone in Italia so-no morte per coronavirus, sono morti da soli eper soffocamento, senza respiro. L’aspetto piùatroce di questa pandemia sta proprio nella so-litudine a cui ci condanna a vivere e soprattut-to a morire. Tutto questo spaventa ogni uomo,ma al cristiano, oltre alla paura, dona misterio-samente qualcosa in più. Il cristiano sa che èGesù che continua a soffrire in questi fratelli esorelle, come se si stesse compiendo ciò chemanca alle sue sofferenze (Colossesi 1,24).

Nel finale di quella lettera a Malcom del1955 Lewis concludeva: «Sono convinto chequello che tu e io possiamo veramente condi-videre in questo momento sia soltanto l’oscuri-tà; condividerla fra noi e, ciò che più conta,con il nostro Maestro. Non ci troviamo su unsentiero non ancora battuto, ma anzi sullastrada principale».

ANDREA MONDA

Qualcosa in piùdella pauraper la solitudinee l’abbandono

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«VForse piazza San Pietro non è mai stata così piena come in questo venerdì diQuaresima. Con Roma a far da sfondo a un’umanità impaurita che guarda,persino aldilà delle convinzioni religiose, alla potenza umile di Dio che PapaFrancesco ha mostrato urbi et orbi, orientando il gesto eucaristico benedicentedell’ostensorio verso i quattro punti cardinali.E anche attraverso una nuova formulazione per la concessionedell’indulgenza plenaria, la benedizione del successore di Pietro ha davveroraggiunto, attraverso i diversi mezzi di comunicazione, persino chi non hapotuto essere “p re s e n t e ”. Non ha potuto perché malato. Perché impegnato inprima linea a servire chi ha bisogno. Non ha potuto perché povero. Magariperché stanco, preoccupato, deluso, impaurito, forse anche “arrabbiato” conD io.Basta unirsi «anche solo spiritualmente, con il desiderio» — ha assicurato ilcardinale Angelo Comastri, arciprete della basilica Vaticana — allabenedizione eucaristica silenziosa che ha raggiunto ogni donna e ogni uomo,ovunque stesse vivendo quell’ora.Il momento straordinario di preghiera voluto dal vescovo di Roma ha avutoinizio con un’immagine squarciante nella sua essenzialità: in piena pandemiae sotto la pioggia, Papa Francesco è salito sul sagrato della basilica Vaticana.A piedi. Da solo. E non è cedere alla retorica — tentazione in queste oremolto forte ma che farebbe perdere di vista quel che conta, e cioè lapreghiera — affermare che il successore di Pietro non era solo, affatto. Forsemai come stavolta tante donne e tanti uomini erano con lui. E per davvero.Dal centro del sagrato, con il segno della croce il Pontefice ha subito invitatoalla preghiera. La lettura del Vangelo di Marco (4, 35-41), che raccontal’episodio della tempesta sedata da Gesù, ha orientato poi la meditazione delPapa scaturita proprio dall’ascolto della Parola di Dio.La seconda parte di questo momento di preghiera davvero universale èavvenuta nell’atrio della basilica di San Pietro. Accompagnato da monsignorGuido Marini, maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie, Francesco haperò prima “salutato” i suoi “compagni di viaggio” — suoi e di tutti — inquesta “avventura”, incontrandoli, a tu per tu, ai lati del cancello centraledella basilica: il crocifisso di San Marcello al Corso e l’icona di Maria Saluspopuli Romani, «salvezza del popolo romano». Il Papa era andatopersonalmente a “t ro v a r l i ” quei due segni domenica 15 marzo, nelpellegrinaggio silenzioso per le strade di Roma. Ma per questa straordinariapreghiera li ha voluti accanto a sé. Accanto a tutti.Accompagnato dall’antico canto Sub tuum praesidium il Papa si è raccolto,anzitutto, in preghiera davanti all’immagine mariana, particolarmente cara airomani e a lui stesso, tanto da farne meta spirituale di innumerevolipellegrinaggi nella basilica di Santa Maria Maggiore, dove è venerata.Toccante l’atteggiamento con cui Francesco ha pregato davanti al crocifissodi San Marcello — dai tratti molto realistici — emblema di speranza perchélegato alla memoria della fine della peste di cinquecento anni fa. Il Papa loha contemplato, poi ha baciato i piedi e con la mano con cui ha accarezzatoil legno ha tracciato su di sé il segno della croce. Gesti accompagnati dalcanto dell’antifona alla Croce, espressione delle processioni penitenziali.Sull’altare “mobile” di Leone XIII, al centro dell’atrio della basilica, è statoesposto il Santissimo Sacramento per l’adorazione, in un ostensorio, risalenteal XIX secolo, che fa parte della sagrestia pontificia ed è utilizzato anche perla solennità del Corpus Domini. È stato un momento di forte intensità,sostenuto dal canto Adoro te devote. Francesco ha voluto indossare vestisemplici, austere: il piviale tessuto a San Giovanni Rotondo, con un veloomerale del XIX secolo.Nell’intensa e incalzante supplica litanica sono stati, quindi, presentati a Dio«tutti i mali che affliggono l’umanità»: la fame, la carestia, l’egoismo, lemalattie, le epidemie, la paura del fratello, la follia devastatrice, gli in t e re s s ispietati, la violenza, gli inganni. Anche la cattiva informazione e lamanipolazione delle coscienze. Con umile forza è stato chiesto al Signore diguardare «la Chiesa che attraversa il deserto; l’umanità atterrita dalla paura edall’angoscia; gli ammalati e i moribondi oppressi dalla solitudine; i medici egli operatori sanitari, stremati dalla fatica; i politici e gli amministratori cheportano il peso delle scelte». Non è mancata l'invocazione di donare il suoSpirito in questa «ora di prova e smarrimento; nella tentazione e nellafragilità; nel combattimento contro il male e il peccato; nella ricerca del v e robene e della vera gioia; nella decisione di rimanere in Lui e nella suaamicizia». E si è concluso con l’accorata richiesta a Dio di aprire tutti allasperanza «se il peccato ci opprime; se l’odio ci chiude il cuore; se il dolore civisita; se l’indifferenza ci angoscia; se la morte ci annienta».Mentre risuonavano le note del Tantum ergo, Papa Francesco ha afferratol’ostensorio e lo ha mostrato al mondo. Veramente urbi et orbi. Per unabenedizione in cui non ha dovuto pronunciare una sola parola. Non c’erabisogno. Cristo basta: il Papa lo ha mostrato dal cancello centrale dellabasilica di San Pietro ed è come se «le braccia» del colonnato fossero state iltramite per portare quella benedizione a ciascuno. Nessuno escluso. Ma tuttiinclusi nell’abbraccio. Tra il rintocco delle campane di San Pietro e la sirenadi un’ambulanza che correva sulle strade di Roma. (giampaolo mattei)

enuta la sera» ( Mc 4,35). Così inizia il Vangeloche abbiamo ascoltato. Da settimane sembrache sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono ad-densate sulle nostre piazze, strade e città; sisono impadronite delle nostre vite riempiendotutto di un silenzio assordante e di un vuotodesolante, che paralizza ogni cosa al suo pas-saggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lodicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauritie smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamostati presi alla sprovvista da una tempesta ina-spettata e furiosa. Ci siamo resi conto di tro-varci sulla stessa barca, tutti fragili e disorien-tati, ma nello stesso tempo importanti e neces-sari, tutti chiamati a remare insieme, tutti biso-gnosi di confortarci a vicenda. Su questa bar-ca... ci siamo tutti. Come quei discepoli, cheparlano a una sola voce e nell’angoscia dico-no: «Siamo perduti» (v. 38), così anche noi cisiamo accorti che non possiamo andare avanticiascuno per conto suo, ma solo insieme.

È facile ritrovarci in questo racconto. Quelloche risulta difficile è capire l’atteggiamento diGesù. Mentre i discepoli sono naturalmenteallarmati e disperati, Egli sta a poppa, proprionella parte della barca che per prima va a fon-do. E che cosa fa? Nonostante il trambusto,dorme sereno, fiducioso nel Padre — è l’unicavolta in cui nel Vangelo vediamo Gesù chedorme —. Quando poi viene svegliato, dopoaver calmato il vento e le acque, si rivolge aidiscepoli in tono di rimprovero: «Perché avetepaura? Non avete ancora fede?» (v. 40).

Cerchiamo di comprendere. In che cosaconsiste la mancanza di fede dei discepoli, chesi contrappone alla fiducia di Gesù? Essi nonavevano smesso di credere in Lui, infatti lo in-vocano. Ma vediamo come lo invocano:«Maestro, non t’importa che siamo perduti?»(v. 38). Non t’importa: pensano che Gesù si di-sinteressi di loro, che non si curi di loro. Tradi noi, nelle nostre famiglie, una delle coseche fa più male è quando ci sentiamo dire:“Non t’importa di me?”. È una frase che feri-sce e scatena tempeste nel cuore. Avrà scossoanche Gesù. Perché a nessuno più che a Luiimporta di noi. Infatti, una volta invocato, sal-va i suoi discepoli sfiduciati.

La tempesta smaschera la nostra vulnerabili-tà e lascia scoperte quelle false e superflue si-curezze con cui abbiamo costruito le nostreagende, i nostri progetti, le nostre abitudini epriorità. Ci dimostra come abbiamo lasciatoaddormentato e abbandonato ciò che alimen-ta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla

L’abbraccio consolante di Dioall’umanità in balia della tempesta

La preghieradi Francesco

si carica del gridodi angoscia

e di speranzadel mondo

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Il pensiero del Papa alle tante persone comuni che con coraggio e dedizione si spendono per il bene di tutti

Alle 18 di venerdì 27 marzo Papa Francescoha presieduto in piazza San Pietro un momentostraordinario di preghiera per implorare la finedella pandemia e far giungere all’umanità«in balia della tempesta» l’«abbraccio consolantedi Dio» che «dona salute ai corpi e conforto aicuori». Di seguito il testo della sua omelia.

Piazza San Pietronon è mai stata così piena

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nostra comunità. La tempesta pone allo sco-perto tutti i propositi di “i m b a l l a re ” e dimenti-care ciò che ha nutrito l’anima dei nostri po-poli; tutti quei tentativi di anestetizzare conabitudini apparentemente “salvatrici”, incapacidi fare appello alle nostre radici e di evocare lamemoria dei nostri anziani, privandoci cosìdell’immunità necessaria per far fronte all’av-versità.

Con la tempesta, è caduto il trucco di que-gli stereotipi con cui mascheravamo i nostri“ego” sempre preoccupati della propria imma-gine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta,quella (benedetta) appartenenza comune allaquale non possiamo sottrarci: l’appartenenzacome fratelli.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?».Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ciriguarda, tutti. In questo nostro mondo, cheTu ami più di noi, siamo andati avanti a tuttavelocità, sentendoci forti e capaci in tutto.Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbiredalle cose e frastornare dalla fretta. Non cisiamo fermati davanti ai tuoi richiami, non cisiamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizieplanetarie, non abbiamo ascoltato il grido deipoveri, e del nostro pianeta gravemente mala-to. Abbiamo proseguito imperterriti, pensan-do di rimanere sempre sani in un mondo ma-

solo. Davanti alla sofferenza, dove si misura ilvero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo esperimentiamo la preghiera sacerdotale di Ge-sù: «che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21).Quanta gente esercita ogni giorno pazienza einfonde speranza, avendo cura di non semina-re panico ma corresponsabilità. Quanti padri,madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ainostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani,come affrontare e attraversare una crisi riadat-tando abitudini, alzando gli sguardi e stimo-lando la preghiera. Quante persone pregano,offrono e intercedono per il bene di tutti. Lapreghiera e il servizio silenzioso: sono le no-stre armi vincenti.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?».L’inizio della fede è saperci bisognosi di sal-vezza. Non siamo autosufficienti, da soli; dasoli affondiamo: abbiamo bisogno del Signorecome gli antichi naviganti delle stelle. Invitia-mo Gesù nelle barche delle nostre vite. Conse-gniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca.Come i discepoli sperimenteremo che, con Luia bordo, non si fa naufragio. Perché questa èla forza di Dio: volgere al bene tutto quelloche ci capita, anche le cose brutte. Egli portail sereno nelle nostre tempeste, perché con Diola vita non muore mai.

Il Signore ci interpella e, in mezzo alla no-stra tempesta, ci invita a risvegliare e attivarela solidarietà e la speranza capaci di dare soli-dità, sostegno e significato a queste ore in cuitutto sembra naufragare. Il Signore si risvegliaper risvegliare e ravvivare la nostra fede pa-squale. Abbiamo un’ancora: nella sua crocesiamo stati salvati. Abbiamo un timone: nellasua croce siamo stati riscattati. Abbiamo unasperanza: nella sua croce siamo stati risanati eabbracciati affinché niente e nessuno ci separidal suo amore redentore. In mezzo all’isola-mento nel quale stiamo patendo la mancanzadegli affetti e degli incontri, sperimentando lamancanza di tante cose, ascoltiamo ancora unavolta l’annuncio che ci salva: è risorto e viveaccanto a noi. Il Signore ci interpella dalla suacroce a ritrovare la vita che ci attende, a guar-dare verso coloro che ci reclamano, a rafforza-re, riconoscere e incentivare la grazia che ciabita. Non spegniamo la fiammella smorta (cfrIs 42,3), che mai si ammala, e lasciamo cheriaccenda la speranza.

Abbracciare la sua croce significa trovare ilcoraggio di abbracciare tutte le contrarietà deltempo presente, abbandonando per un mo-mento il nostro affanno di onnipotenza e dipossesso per dare spazio alla creatività che so-lo lo Spirito è capace di suscitare. Significatrovare il coraggio di aprire spazi dove tuttipossano sentirsi chiamati e permettere nuoveforme di ospitalità, di fraternità, e di solidarie-tà. Nella sua croce siamo stati salvati per acco-gliere la speranza e lasciare che sia essa a raf-forzare e sostenere tutte le misure e le stradepossibili che ci possono aiutare a custodirci ecustodire. Abbracciare il Signore per abbrac-ciare la speranza: ecco la forza della fede, chelibera dalla paura e dà speranza.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?».Cari fratelli e sorelle, da questo luogo, che rac-conta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorreiaffidarvi tutti al Signore, per l’i n t e rc e s s i o n edella Madonna, salute del suo popolo, stelladel mare in tempesta. Da questo colonnatoche abbraccia Roma e il mondo scenda su divoi, come un abbraccio consolante, la benedi-zione di Dio. Signore, benedici il mondo, do-na salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedidi non avere paura. Ma la nostra fede è debo-le e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non la-sciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora:«Voi non abbiate paura» (Mt 28,5). E noi, in-sieme a Pietro, “gettiamo in Te ogni preoccu-pazione, perché Tu hai cura di noi” (cfr 1 Pt5,7).

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lato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, tiimploriamo: “Svegliati Signore!”.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?».Signore, ci rivolgi un appello, un appello allafede. Che non è tanto credere che Tu esista,ma venire a Te e fidarsi di Te. In questa Qua-resima risuona il tuo appello urgente: “Con-vertitevi”, «ritornate a me con tutto il cuore»(Gl 2,12). Ci chiami a cogliere questo tempodi prova come un tempo di scelta. Non è il tem-po del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: iltempo di scegliere che cosa conta e che cosapassa, di separare ciò che è necessario da ciòche non lo è. È il tempo di reimpostare la rot-ta della vita verso di Te, Signore, e verso glialtri. E possiamo guardare a tanti compagni diviaggio esemplari, che, nella paura, hanno rea-gito donando la propria vita. È la forza ope-rante dello Spirito riversata e plasmata in co-raggiose e generose dedizioni. È la vita delloSpirito capace di riscattare, di valorizzare e dimostrare come le nostre vite sono tessute e so-stenute da persone comuni — solitamente di-menticate — che non compaiono nei titoli deigiornali e delle riviste né nelle grandi passerel-le dell’ultimo show ma, senza dubbio, stannoscrivendo oggi gli avvenimenti decisivi dellanostra storia: medici, infermiere e infermieri,addetti dei supermercati, addetti alle pulizie,badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volon-tari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altriche hanno compreso che nessuno si salva da

Forti nella tribolazione

Libro digitalein continuo

aggiornamentoUn libro che vieneaggiornato costantemente,alla luce dei nuovi interventidel Papa nel contesto dellagrave situazione in cui tantiPaesi del mondo sonoprecipitati a causa dellapandemia del covid-19: èquesta la caratteristicafondamentale di Forti nellatribolazione, volume digitalecurato dal Dicastero per laComunicazione edisponibile gratuitamentedal 30 marzo sul sitointernet della LibreriaEditrice Vaticana. Basta unclick per poterne scaricare lepagine e avere a portata dimano un compendio — ilcui sottotitolo è «Lacomunione della Chiesasostegno nel tempo dellaprova» — articolato in tresezioni: nella prima vi sonopreghiere, riti, suppliche peri momenti difficili, testi cheprovengono da diversicontesti ecclesiali eappartengono a diverseepoche storiche; nellaseconda sono raccolte leindicazioni della Chiesa percontinuare a vivere e adaccogliere la grazia delSignore, il dono delperdono e dell’Eucaristia, laforza delle celebrazionipasquali, sebbene non siapossibile fisicamentepartecipare ai sacramenti.Infine la terza parteraccoglie le parole che PapaFrancesco ha pronunciato apartire dal 9 marzo nelleomelie quotidiane dellamessa a Santa Marta e negliAngelus domenicali.

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SA B AT O 28Quando la gente ha fame

C’è lo spettro della fame tra le conseguenzedella pandemia: ed è proprio per chi sta viven-do situazioni sempre più estreme di povertà —e per i sacerdoti e le religiose che non devonoaver paura di stare in questa ora drammaticain mezzo al loro popolo per portare Cristo —che Papa Francesco ha offerto, la messa delmattino. «In questi giorni, in alcune parti delmondo, si sono evidenziate conseguenze, alcu-ne conseguenze, della pandemia; una di quelleè la fame» ha detto, a braccio, all’inizio dellacelebrazione trasmessa in diretta streaming.«Si incomincia a vedere gente che ha fame —ha insistito il vescovo di Roma — perché nonpuò lavorare, non aveva un lavoro fisso, e pertante circostanze. Incominciamo già a vedere il“dop o” che verrà più tardi, ma incominciaadesso». In particolare «preghiamo per le fa-miglie che incominciano a sentire il bisogno acausa della pandemia» ha aggiunto il Papa,che ha dato più forza alla sua preghiera con iversi del salmo 18 (5-7), letti come antifonad’ingresso: «Flutti di morte mi hanno circon-dato, mi hanno stretto dolori d’inferno; nellamia angoscia ho invocato il Signore, dal suotempio ha ascoltato la mia voce».

«“E ciascuno tornò a casa sua”»: dall’ultimaespressione del Vangelo di Giovanni (7, 40-53)proposto dalla liturgia Francesco ha preso lemosse per la sua meditazione. «Dopo la di-scussione e tutto questo, ognuno tornò allesue convinzioni» ha detto. Ma il Vangelo af-ferma che «c’è una spaccatura nel popolo: ilpopolo che segue Gesù lo ascolta», ha fattonotare il Pontefice, al punto che «non se neaccorge del tanto tempo che passa ascoltando-lo: la parola di Gesù entra nel cuore». Dall’al-tra parte, però, c'è «il gruppo dei dottori dellaLegge che, a priori, rifiutano Gesù perché nonopera secondo la Legge, secondo loro».

Ci «sono due gruppi di persone», dunque.C’è «il popolo che ama Gesù, lo segue; e ilgruppo degli intellettuali della Legge, i capi diIsraele, i capi del popolo». E «questo si vedechiaro quando “le guardie tornarono dai capidei sacerdoti e questi dissero loro: ‘Perché nonlo avete condotto qui?’. Risposero le guardie:‘Mai un uomo ha parlato così!’. Ma i fariseireplicarono loro: ‘Vi siete lasciare ingannareanche voi? Ha forse creduto in lui qualcunodei capi o dei farisei? Ma questa gente, chenon conosce la Legge, è maledetta’”».

«Questo gruppo dei dottori della Legge,l’élite, prova disprezzo per Gesù» ha fatto no-tare Francesco. Ma «prova anche disprezzoper il popolo, “quella gente” che è ignorante,che non sa nulla». E così «il santo popolo fe-dele di Dio crede in Gesù, lo segue». Mentre«questo gruppetto di élite, i dottori della Leg-ge, si stacca dal popolo e non riceve Gesù». Eviene da chiedersi «come mai», considerandoche «questi erano illustri, intelligenti, avevanostudiato». Il fatto è che «avevano un grandedifetto: avevano perso la memoria della pro-pria appartenenza a un popolo». E «Il popolodi Dio segue Gesù» ha spiegato Francesco;anche se, ha aggiunto, «non sa spiegare per-ché». Tuttavia «lo segue e arriva al cuore, enon si stanca». In proposito il Papa ha ricor-dato il miracolo «della moltiplicazione dei pa-ni: sono stati tutta la giornata con Gesù, alpunto che gli apostoli dicono a Gesù: “conge-dali, perché vadano via a comprarsi da man-g i a re ”». Persino «gli apostoli prendevano di-stanza, non disprezzavano ma non avevano inconsiderazione il popolo di Dio: “Che vadanoa mangiare”». Ma ecco «la risposta di Gesù:“Dategli voi da mangiare”». In questo modoGesù «rimette nel popolo» i suoi apostoli. Inrealtà, ha affermato il Pontefice citando ancheil primo libro di Samuele, «questa spaccatura

tra l’élite dei dirigenti religiosi e il popolo èun dramma che viene da lontano. Pensiamo,anche, nell’Antico Testamento, all’atteggia-mento dei figli di Eli nel tempio: usavano ilpopolo di Dio e, se viene a compiere la Leggequalcuno di loro un po’ ateo, dicevano: “sonosup erstiziosi”». È «il disprezzo del popolo, ildisprezzo della gente che», è il loro pensiero,«non è educata come noi che abbiamo studia-to, che sappiamo».

«Invece il popolo di Dio ha una graziagrande: il fiuto» ha rilanciato Francesco. È «ilfiuto di sapere dove c’è lo Spirito». Perché ilpopolo «è peccatore, come noi, è peccatore,ma ha quel fiuto di conoscere le strade dellasalvezza».

«Il problema delle élite, dei chierici di élitecome questi, è che avevano perso la memoriadella propria appartenenza al popolo di Dio»ha insistito il Papa. In sostanza, «si sono sofi-sticati, sono passati a un’altra classe sociale, sisentono dirigenti: è il clericalismo questo, chegià» c’era ai tempi di Gesù. Una mentalitàclericale che rischia di condizionare la missio-ne con e per il popolo anche in questo tempodi pandemia. Ha affermato infatti il Pontefice:«Ma come mai — ho sentito in questi giorni —queste suore, questi sacerdoti che sono sanivanno dai poveri a dargli da mangiare e pos-sono prendere il coronavirus? Ma dica allamadre superiora che non lasci uscire le suore,dica al vescovo che non lasci uscire i sacerdoti!Loro sono per i sacramenti! Ma a dare damangiare che il governo provveda!». E proprio«di questo — ha aggiunto Francesco — si parlain questi giorni: lo stesso argomento». Come adire, il popolo è fatto di «gente di secondaclasse: noi siamo la classe dirigente, non dob-biamo sporcarci le mani con i poveri».

«Tante volte penso: è gente buona — sacer-doti, suore — che non hanno il coraggio di an-dare a servire i poveri» ha proseguito il Papa,facendo notare però che lì «qualcosa manca».Ed è proprio «quello che mancava a questagente, ai dottori della Legge: hanno perso lamemoria, hanno perso quello che Gesù sentivanel cuore», e cioè «che era parte del propriopopolo». E invece «hanno perso la memoriadi quello che Dio disse a Davide: “Io ti hopreso dal gregge”. Hanno perso la memoriadella propria appartenenza al gregge». Ripren-dendo il filo del passo evangelico odierno, ilPontefice ha rimarcato come, dunque, «ciascu-no tornò a casa sua». C’è «una spaccatura».Ed entra in scena «Nicodemo, che era un uo-mo inquieto, forse non tanto coraggioso, trop-po diplomatico, ma inquieto: è andato da Ge-sù, ma era fedele con quello che poteva». E«Nicodemo, che qualcosa vedeva, cerca di fareuna mediazione e prende dalla Legge: “La no-stra Legge giudica forse un uomo prima diaverlo ascoltato e di sapere ciò che fa?”». IlVangelo riporta anche che cosa gli dissero, masenza però rispondere alla domanda sulla que-stione della Legge: «Sei forse anche tu dellaGalilea? Studia e vedrai che dalla Galilea nonsorge profeta» Dissero in pratica a Nicodemo:«Sei un ignorante». E «così hanno finito lastoria». In questa prospettiva Francesco ha in-vitato a pensare, «anche oggi, a tanti uomini edonne qualificati nel servizio di Dio che sonobravi e vanno a servire il popolo, a tanti sacer-doti che non si staccano dal popolo». E haconfidato: «L’altro ieri mi è arrivata una foto-grafia di un sacerdote, parroco di montagna,tanti paesini, in un posto dove nevica, e nellaneve portava l’ostensorio ai piccoli paesini perdare la benedizione. Non gli importava la ne-ve, non gli importava il bruciore che il freddogli faceva sentire nelle sue mani a contatto conil metallo dell’ostensorio: soltanto gli importa-va di portare Gesù alla gente». È con il sugge-

Le omeliedel Pontefice

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rimento di fare l’esame di coscienza che il Pa-pa ha concluso la sua meditazione: «Pensia-mo, ognuno di noi, di quale parte siamo: sesiamo in mezzo, un po’ indecisi, se siamo conil sentire del popolo di Dio, del popolo fedeledi Dio che non può fallire» perché «ha quellainfallibilitas in credendo». Ma, ha detto ancorail Pontefice, «pensiamo all’élite che si staccadal popolo di Dio, a quel clericalismo». E, aquesto proposito, «forse ci farà bene a tutti ilconsiglio che Paolo dà al suo discepolo, il gio-vane vescovo Timoteo: ricordati di tua mam-ma e di tua nonna». Se «Paolo consigliavaquesto, era perché sapeva bene il pericolo alquale portava questo senso di élite nella diri-genza nostra».

Come nei giorni precedenti, il Papa ha invi-tato «le persone che non possono comunicarsiper la distanza» a fare la comunione spirituale,leggendo la preghiera del cardinale Merry delVal. E concludendo la celebrazione con l’ado-razione e la benedizione eucaristica. Per poiaffidare alla Madre Dio la sua preghiera, so-stando davanti all’immagine mariana dellacappella di Casa Santa Marta, accompagnatodal canto dell’antifona Ave Regina Caelorum.

DOMENICA 29Il giorno del pianto

«La domenica del pianto». Francesco inpersona ha suggerito questo titolo: non soloper i giornali, ma per la vita di ciascuno. Invi-tando a chiedere a Dio «la grazia di piangere»con lui e con il popolo che, in questo tempodi pandemia, sta soffrendo per la malattia, lasolitudine, la povertà e anche per le difficoltàeconomiche. Proprio con questa intenzione ilvescovo di Roma ha celebrato la messa, nellacappella di Casa Santa Marta, nella quinta do-menica di Quaresima. Ha detto, a braccio,all’inizio del rito: «Penso a tanta gente chepiange: gente isolata, gente in quarantena, glianziani soli, gente ricoverata e le persone interapia, i genitori che vedono che, siccomenon c’è lo stipendio, non ce la faranno a dareda mangiare ai figli. Tanta gente piange. An-che noi, dal nostro cuore, li accompagniamo.E non ci farà male piangere un po’ con ilpianto del Signore per tutto il suo popolo».

Da ventuno giorni — precisamente da lunedì9 marzo — la messa mattutina celebrata dal ve-scovo di Roma è trasmessa in diretta strea-ming proprio per testimoniare e far sentire lasua vicinanza a tutti coloro che sono strettinella morsa della pandemia. E domenica mat-tina Francesco ha dato ancora più forza allasua preghiera con i versi del salmo 43 (1-2),letti come antifona d’ingresso: «Fammi giusti-zia, o Dio, e difendi la mia causa contro gentesenza pietà; salvami dall’uomo ingiusto e mal-vagio, perché tu sei il mio Dio e la mia dife-sa». Per l’omelia il Pontefice ha preso spuntodal «pianto di Gesù» davanti alla morte delsuo amico Lazzaro — secondo il Vangelo diGiovanni (11, 1-45) — per intrecciarlo con ilpianto in questo periodo di pandemia. «Gesùaveva degli amici: amava tutti, ma aveva degliamici con i quali aveva un rapporto speciale,come si fa con gli amici, di più amore, di piùconfidenza» ha spiegato. E infatti «tante voltesostava a casa di questi fratelli: Lazzaro, Mar-ta, Maria». Ed è per questa ragione che «Ge-sù sentì dolore per la malattia e per la mortedel suo amico» Lazzaro. Giovanni, nel suoVangelo, racconta appunto che quando Gesùarrivò al sepolcro «si commosse profondamen-te e, molto turbato, domandò: “Dove lo avetep osto?”». Davanti alla morte dell’amico, preci-

sa l’evangelista, «Gesù scoppiò in pianto». Sì,«Gesù, Dio ma uomo, pianse» ha insistito ilPontefice. Anche in un altro passo del Vange-lo si legge «che Gesù ha pianto: quando pian-se su Gerusalemme».

«E con quanta tenerezza piange Gesù» hafatto notare Francesco. «Piange dal cuore,piange con amore, piange con i suoi che pian-gono». È «il pianto di Gesù». In realtà, haaggiunto il Papa, «forse ha pianto altre voltenella vita, non sappiamo: sicuramente nell’O r-to degli Ulivi». Ma «Gesù piange per amore,sempre». Scrive l’evangelista Giovanni: «Sicommosse profondamente e, molto turbato,pianse» davanti al sepolcro del suo amico Laz-zaro. Del resto, ha affermato il Pontefice,«quante volte abbiamo sentito nel Vangeloquesta commozione di Gesù, con quella fraseche si ripete: “Vedendo, ne ebbe compassio-ne”». Il fatto è che «Gesù non può vedere lagente e non sentire compassione». In sostanza«i suoi occhi sono con il cuore: Gesù vede congli occhi, ma vede con il cuore ed è capace dip i a n g e re » .

«Oggi davanti a un mondo che soffre tanto— ha affermato Francesco — a tanta gente chesoffre le conseguenze di questa pandemia, iomi domando: sono capace di piangere comesicuramente avrebbe fatto Gesù e fa adessoGesù? Il mio cuore, assomiglia a quello di Ge-sù?». Se invece si avverte la consapevolezza diavere il cuore «troppo duro» — e magari sì,«sono capace di parlare, di fare del bene, diaiutare» ma tenendo fuori «il cuore», tantoche «non sono capace di piangere» — il Papaha suggerito di «chiedere questa grazia: Si-gnore, che io pianga con te, pianga con il tuopopolo che in questo momento soffre».

«Tanti piangono oggi» ha concluso il Pon-tefice, «e noi, da questo altare, da questo sa-crificio di Gesù, di Gesù che non si è vergo-gnato di piangere, chiediamo la grazia di pian-gere: che oggi sia per tutti noi come la dome-nica del pianto». Come nei giorni precedenti,Francesco ha invitato «le persone che nonpossono comunicarsi» a fare la comunione spi-rituale, leggendo la preghiera di sant’AlfonsoMaria de’ Liguori.

LUNEDÌ 30Per quanti sono spaventati

«Preghiamo oggi per tanta gente che non rie-sce a reagire, rimane spaventata per questapandemia. Il Signore li aiuti ad alzarsi, a rea-gire per il bene di tutta la società, di tutta lacomunità». Il vescovo di Roma ha rilanciatonella celebrazione mattutina della messa nellacappella di Casa Santa Marta — anche conl’adorazione e la benedizione eucaristica — ilvigore spirituale del momento straordinario dipreghiera con il quale, il venerdì prima inpiazza San Pietro, aveva abbracciato l’umanitàintera. Un filo ininterrotto che il Papa tessesenza sosta per stare accanto e rincuorare ilpopolo. Un filo di preghiera e di carità che ilPontefice continua a rilanciare chiedendo aicristiani e agli uomini di buona volontà di nontirarsi indietro, ora più che mai. Ed è proprioper questo che nella messa del mattino il Papaha offerto la celebrazione per le persone spa-ventate dalla pandemia. Sostenendo la suapreghiera anche con il verso 2 del salmo 56,letto come antifona d’ingresso: «Abbi pietà dime, Signore, perché mi calpestano; tutto ilgiorno mi opprimono i miei nemici».Nell’omelia, poi, il Pontefice ha proposto unameditazione scaturita dall’ascolto della Paroladi Dio proposta dalla liturgia — un brano trat-to dal libro del profeta Daniele (13, 1-9. 15-17.19-30. 33-62) e un passo del Vangelo di Gio-

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vanni (8, 1-11) — che ha come protagoniste duedonne.

Francesco ha iniziato la riflessione ripetendoi versi del salmo responsoriale appena procla-mato: «Il Signore è il mio pastore: non mancodi nulla. Su pascoli erbosi mi fa risposare, adacque tranquille mi conduce. Rinfranca l’ani-ma mia. Mi guida per il giusto cammino amotivo del suo nome. Anche se vado per unavalle oscura, non temo alcun male, perché tusei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro midanno sicurezza» (Salmo 22). Proprio questa,ha fatto notare il Papa, «è l’esperienza chehanno avuto queste due donne, la cui storiaabbiamo letto nelle due letture»: Susanna e ladonna sorpresa in adulterio. E così da unaparte, ha spiegato, c’è «una donna innocente,accusata falsamente, calunniata». E, dall’altraparte, c’è «una donna peccatrice». Tutte e duesono state «condannate a morte: la innocentee la peccatrice».

«Qualche Padre della Chiesa — ha afferma-to il Pontefice — vedeva in queste donne unafigura della Chiesa: santa, ma con figli pecca-tori. Dicevano, in una bella espressione latina,che la Chiesa è la casta meretrix, la santa con

c’era uscita». Sono proprio i versi del salmo22, ha suggerito Francesco, a indicare la viad’uscita: «Anche se vado per una valle oscuranon temo alcun male, perché tu sei con me. Iltuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicu-rezza». In effetti, ha spiegato il Papa, «ambe-due le donne erano per una valle oscura, an-davano lì, per una valle oscura verso la mor-te». Susanna «esplicitamente si fida di Dio e ilSignore intervenne». Mentre «la seconda, po-veretta, sa che è colpevole, svergognata davan-ti a tutto il popolo — perché il popolo era pre-sente in ambedue le situazioni — sicuramentepregava dentro, chiedeva qualche aiuto», an-che se questo «il Vangelo non lo dice».

«Cosa fa, il Signore, con questa gente?» si èchiesto il Pontefice. «Alla donna innocente lasalva, le fa giustizia» ha spiegato. E «alla don-na peccatrice, la perdona». Ma non si fermalì: «Ai giudici corrotti, li condanna; agli ipo-criti, li aiuta a convertirsi e davanti al popolodice: sì, davvero? Il primo di voi che non hapeccati che butti la prima pietra, e “uno peruno” se ne sono andati» racconta il Vangelo.Con un’annotazione: «Ha qualche ironia,l’apostolo Giovanni, qui: “Quelli, udito ciò, sene andarono uno per uno, cominciando daipiù anziani”». In sostanza, ha detto il Papa, ilSignore «lascia loro un po’ di tempo per pen-tirsi». Mentre «ai corrotti non perdona, sem-plicemente perché il corrotto è incapace dichiedere perdono, è andato oltre: si è stancato,no, non si è stancato, non è capace». Perché,ha spiegato Francesco, «la corruzione gli hatolto anche quella capacità che tutti abbiamodi vergognarci, di chiedere perdono». Invece«no, il corrotto è sicuro, va avanti, distrugge,sfrutta la gente come questa donna, tutto, tut-to, va avanti». In poche parole il corrotto «siè messo al posto di Dio». Il Signore «rispon-de» anche alle due donne. E così «libera Su-sanna da questi corrotti, la fa andare avanti».E all’altra donna, che era stata sorpresa inadulterio, dice: «Neanche io ti condanno; va’,e d’ora in poi non peccare più». Dunque, «lalascia andare e questo davanti al popolo».Con una differenza, ha fatto presente il Papa:«Nel primo caso, il popolo loda il Signore;nel secondo caso, il popolo impara: imparacome è la misericordia di Dio».

«Ognuno di noi ha le proprie storie» ha af-fermato il Pontefice concludendo la sua medi-tazione. «Ognuno di noi — ha aggiunto — ha ipropri peccati e, se non se li ricordi, pensa unp o’: li troverai». Di più: «Ringrazia Dio se litrovi, perché se non li trovi, sei un corrotto».Dunque, con la consapevolezza che «ognunodi noi ha i propri peccati» Francesco ha invi-tato a guardare «al Signore che fa giustizia mache è tanto misericordioso». Per questo, ha ag-giunto il Papa, «non vergogniamoci di esserenella Chiesa, vergogniamoci di essere peccato-ri: la Chiesa è madre di tutti». E «ringraziamoDio di non essere corrotti, di essere peccatori eognuno di noi, guardando come Gesù agiscein questi casi, si fidi della misericordia diDio». E «preghi con fiducia nella misericordiadi Dio, preghi il perdono» ha detto. Ripeten-do i versi del salmo 22: perché Dio «mi guidaper il giusto cammino a motivo del suo nome.Anche se vado per una valle oscura — la valledel peccato — non temo alcun male, perché tusei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro midanno sicurezza». Con la preghiera del cardi-nale Merry del Val, il Pontefice ha poi invitato«le persone che non posso comunicarsi» a farela comunione spirituale.

Nella mattina di lunedì 30marzo, Papa Francescoha ricevuto in udienza

Sua Eccellenzail Signor Giuseppe Conte,

presidente del Consigliodei ministri

della Repubblica Italiana

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figli peccatori». La Scrittura ci mostra come ledue «donne erano disperate, umanamente dispe-rate», ha proseguito Francesco. Ma ci mostra an-che che «Susanna si fida di Dio». Alle prese conle due donne, ha spiegato il Papa, «ci sono anchedue gruppi di persone, di uomini, ambedue ad-detti al servizio della Chiesa: i giudici e i maestridella Legge». In realtà, ha aggiunto, «non eranoecclesiastici, ma erano al servizio della Chiesa,nel tribunale e nell’insegnamento della Legge».

«I primi, quelli che accusavano Susanna, eranocorrotti» ha rilanciato il Pontefice: «Il giudicecorrotto, una figura emblematica nella storia. An-che nel Vangelo, Gesù riprende, nella paraboladella vedova insistente, il giudice corrotto chenon credeva in Dio e non gliene importava nien-te degli altri. I corrotti». Invece «i dottori dellaLegge», presentati nel passo evangelico di Gio-vanni, «non erano corrotti, ma ipocriti». E cosìper «queste donne — una è caduta nelle mani de-gli ipocriti e l’altra nelle mani dei corrotti — non

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MARTEDÌ 31Per le persone senza dimora

«Preghiamo oggi per coloro che sono senzafissa dimora, in questo momento in cui ci sichiede di essere dentro casa: perché la società»si accorga della realtà e aiuti questi uomini equeste donne, e perché «la Chiesa li accolga».È l’intenzione con cui Papa Francesco ha cele-brato martedì mattina, 31 marzo, la messa —trasmessa in diretta streaming — nella cappelladi Casa Santa Marta. Rilanciando subito l’in-vito alla speranza attraverso il verso 14 del sal-mo 27, letto come antifona d’ingresso: «Sta’ inattesa del Signore, prendi forza e coraggio; tie-ni saldo il tuo cuore e spera nel Signore».

Fin dall’inizio della pandemia il vescovo diRoma ha invitato a non dimenticare le tantepersone che vivono per strada. E la rete di ca-rità messa prontamente in piedi dall’Elemosi-neria apostolica ne è concreta testimonianza:in particolare con la distribuzione del “sac-chetto del cuore” con i viveri di prima necessi-tà e con la scelta di tenere aperti i servizi diaccoglienza accanto al colonnato di San Pie-t ro .

Nell’omelia Francesco ha offerto una medi-tazione scaturita dall’ascolto delle letture pro-poste dalla liturgia del giorno e tratte dal librodei Numeri (21,4-9) e dal Vangelo di Giovanni(8,21-30).

«Il serpente certamente non è un animalesimpatico, è associato sempre con il male» haaffermato il Pontefice riferendosi al passodell’Antico Testamento. «Anche nella rivela-zione — ha continuato — il serpente è propriol’animale che usa il diavolo per indurre al pec-cato». Tanto che, ha spiegato, il diavolo«nell’Apocalisse lo si chiama il serpente anti-co, quello che dall’inizio morde, avvelena, di-strugge, uccide». E «per questo non può usci-re. Se vuoi uscire come uno che propone cosebelle, queste sono fantasie: noi le crediamo ecosì pecchiamo».

Ed è proprio questo, ha fatto presente il Pa-pa, «che è successo al popolo d’Israele: “nonsopportò il viaggio”, era stanco». Così «il po-polo disse contro Dio e contro Mosè — è sem-pre la stessa musica, no? — “Perché ci avetefatto uscire dall’Egitto per farci morire in que-sto deserto? Perché qui non c’è né pane né ac-qua e siamo nauseati di questo cibo così leg-g e ro ”», cioè «la manna».

Dunque, ha insistito Francesco, «l’immagi-nazione, l’abbiamo letto nei giorni scorsi, vasempre all’Egitto: “Lì stavamo bene, mangia-vamo bene”». Ma, ha proseguito, «sembra an-che che il Signore non sopportò il popolo inquesto momento. Si arrabbiò: l’ira di Dio si favedere, a volte». Ed ecco, si legge nel libro deiNumeri, «allora il Signore mandò tra il popo-lo serpenti brucianti i quali mordevano la gen-te, e un gran numero di israeliti morì».

«In quel momento il serpente è semprel’immagine del male» ha spiegato il Pontefice.E «il popolo vede nel serpente il peccato, ve-de nel serpente quello che ha fatto il male».Per questo, si legge nella Scrittura, «il popolovenne da Mosè e disse: “Abbiamo peccato,perché abbiamo parlato contro il Signore econtro di te; supplica il Signore che allontanida noi questi serpenti”». Insomma, il popolo«si pente».

«Questa è la storia nel deserto» ha afferma-to il Papa, rileggendo il passo del libro deiNumeri: «Mosè pregò per il popolo. Il Signo-re disse a Mosè: “Fatti un serpente e mettilosopra un’asta — di metallo —; chiunque saràstato morso e lo guarderà, resterà in vita”».

«A me viene da pensare: ma questa non èun’idolatria?» ha suggerito Francesco. «C’è il

serpente, lì, un idolo — ha detto — che mi dàla salute. Non si capisce, logicamente non sicapisce perché questa è una profezia, questo èun annuncio di quello che accadrà». Del resto,ha fatto notare, «abbiamo sentito anche, comeprofezia vicina, nel Vangelo: “Quando avreteinnalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscere-te che Io Sono e che non faccio nulla da mestesso”».

Dunque, ha detto Francesco, questa è laprofezia di «Gesù innalzato sulla croce: Mosèfa un serpente e lo innalza» e «Gesù sarà in-nalzato, come il serpente, per dare la salvez-za». Ma «il nocciolo della profezia è proprioche Gesù si è fatto peccato per noi. Non hapeccato: si è fatto peccato», come dice sanPietro nella sua Lettera: «Portò i nostri peccatisu di sé».

«Quando noi guardiamo il crocifisso, pen-siamo al Signore che soffre: tutto quello è ve-ro» ha affermato il Pontefice. «Ma — ha ag-giunto — ci fermiamo prima di arrivare al cen-tro di quella verità: in questo momento tusembri il più grande peccatore, ti sei fatto pec-cato». Il Signore «ha preso su di sé tutti i no-stri peccati, si è annientato fino ad adesso».

«La croce, è vero, è un supplizio» ha rico-nosciuto il Papa: «C’è la vendetta dei dottoridella Legge, di quelli che non volevano Gesù,tutto questo è vero. Ma la verità che viene daDio è che Lui è venuto al mondo per prenderei nostri peccati su di sé, al punto di farsi pec-cato. Tutto peccato. I nostri peccati sono lì».

«Dobbiamo abituarci — è l’indicazione diFrancesco — a guardare il crocifisso su questaluce, che è la più vera, è la luce della reden-zione: in Gesù fatto peccato vediamo la scon-fitta totale di Cristo. Non fa finta di morire,non fa finta di non soffrire, solo, abbandona-to, “Padre, perché mi hai abbandonato?”».Torna in mente l’immagine del «serpente: iosono alzato come un serpente, come quelloche è tutto peccato». In realtà, ha riconosciutoil Pontefice, «non è facile capire questo e, sepensiamo, mai arriveremo a una conclusione».Possiamo, ha detto, «soltanto, contemplare,pregare e ringraziare». Infine con la preghieradi sant’Alfonso Maria de’ Liguori il Ponteficeha invitato «le persone che non posso comuni-carsi» a fare la comunione spirituale. E haconcluso la celebrazione con l’adorazione e labenedizione eucaristica. Quindi, accompagna-to dal canto dell’antifona Ave Regina caelorum,ha affidato la sua preghiera alla Madre di Diosostando davanti all’immagine mariana dellacapp ella.

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A mezzogiorno di martedì31 marzo la Santa Sedeha deciso, in solidarietàcon l’Italia, di esporrele bandiere a mezz’astain segno di lutto, peresprimere vicinanzaalle vittime dellapandemia, in Italiae nel mondo, alle lorofamiglie e a quantigenerosamente lottanoper porvi fine. Si trattadi una risposta all’appellolanciato dall’As s o c i a z i o n enazionale Comuni italiani(Anci), «per abbracciarciidealmente tutti» e «peressere di sostegno l’unoall’altro, come sappiamofare noi sindaci», hannospiegato i primi cittadini,riprendendo un’iniziativadel presidentedella Provincia diBergamo. (Nella foto Ansa,palazzo Chigi)

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Misure adeguate per evitaretragedie nelle carceri

ari fratelli e sorelle, buongiorno!Il Vangelo di questa quinta domenica di Qua-resima è quello della risurrezione di Lazzaro(cfr. Gv 11, 1-45). Lazzaro era fratello di Martae Maria; erano molto amici di Gesù. QuandoLui arriva a Betania, Lazzaro è morto già daquattro giorni; Marta corre incontro al Mae-stro e gli dice: «Se tu fossi stato qui, mio fra-tello non sarebbe morto!» (v. 21). Gesù le ri-sponde: «Tuo fratello risorgerà» (v. 23); e ag-giunge: «Io sono la risurrezione e la vita; chicrede in me, anche se muore vivrà» (v. 25).Gesù si fa vedere come il Signore della vita,Colui che è capace di dare la vita anche aimorti. Poi arrivano Maria e altre persone, tuttiin lacrime, e allora Gesù — dice il Vangelo —«si commosse profondamente e [...] scoppiò inpianto» (vv. 33.35). Con questo turbamentonel cuore, va alla tomba, ringrazia il Padre chesempre lo ascolta, fa aprire il sepolcro e gridaforte: «Lazzaro, vieni fuori!» (v. 43). E Lazza-ro esce con «i piedi e le mani legati con ben-de, e il viso avvolto da un sudario» (v. 44).

Qui tocchiamo con mano che Dio è vita edona vita, ma si fa carico del dramma dellamorte. Gesù avrebbe potuto evitare la mortedell’amico Lazzaro, ma ha voluto fare suo ilnostro dolore per la morte delle persone care,e soprattutto ha voluto mostrare il dominio diDio sulla morte. In questo passo del Vangelovediamo che la fede dell’uomo e l’onnip otenzadi Dio, dell’amore di Dio si cercano e infine siincontrano. È come una doppia strada: la fededell’uomo e l’onnipotenza dell’amore di Dioche si cercano e alla fine si incontrano. Lo ve-diamo nel grido di Marta e Maria e di tuttinoi con loro: “Se tu fossi stato qui!...”. E la ri-sposta di Dio non è un discorso, no, la rispo-sta di Dio al problema della morte è Gesù: “Iosono la risurrezione e la vita... Abbiate fede!In mezzo al pianto continuate ad avere fede,anche se la morte sembra aver vinto. Toglietela pietra dal vostro cuore! Lasciate che la Pa-rola di Dio riporti la vita dove c’è morte”.

Anche oggi Gesù ci ripete: “Togliete la pie-tra”. Dio non ci ha creati per la tomba, ci hacreati per la vita, bella, buona, gioiosa. Ma «lamorte è entrata nel mondo per invidia del dia-

volo» (Sap 2, 24), dice il Libro della Sapienza,e Gesù Cristo è venuto a liberarci dai suoi lac-ci.

Dunque, siamo chiamati a togliere le pietredi tutto ciò che sa di morte: ad esempio, l’ip o-crisia con cui si vive la fede, è morte; la criticadistruttiva verso gli altri, è morte; l’offesa, lacalunnia, è morte; l’emarginazione del povero,è morte. Il Signore ci chiede di togliere questepietre dal cuore, e la vita allora fiorirà ancoraintorno a noi. Cristo vive, e chi lo accoglie eaderisce a Lui entra in contatto con la vita.Senza Cristo, o al di fuori di Cristo, non solonon è presente la vita, ma si ricade nella mor-te.

La risurrezione di Lazzaro è segno anchedella rigenerazione che si attua nel credentemediante il Battesimo, con il pieno inserimen-to nel Mistero Pasquale di Cristo. Per l’azionee la forza dello Spirito Santo, il cristiano èuna persona che cammina nella vita come unanuova creatura: una creatura per la vita e cheva verso la vita.

La Vergine Maria ci aiuti ad essere compas-sionevoli come il suo Figlio Gesù, che ha fattosuo il nostro dolore. Ognuno di noi sia vicinoa quanti sono nella prova, diventando per essiun riflesso dell’amore e della tenerezza di Dio,che libera dalla morte e fa vincere la vita.

Al termine della preghiera mariana,dopo l’appello per la fine di tutte le guerre,il Papa ha pronunciato le seguenti parole.

In questo momento il mio pensiero va inmodo speciale a tutte le persone che patisconola vulnerabilità di essere costrette a vivere ingruppo: case di riposo, caserme... In modoparticolare vorrei menzionare le persone nellecarceri. Ho letto un appunto ufficiale delleCommissione dei Diritti Umani che parla delproblema delle carceri sovraffollate, che po-trebbero diventare una tragedia. Chiedo alleautorità di essere sensibili a questo grave pro-blema e di prendere le misure necessarie perevitare tragedie future.

A tutti auguro una buona domenica. Per fa-vore, non dimenticatevi di pregare per me; iolo faccio per voi. Buon pranzo e arrivederci.

#angelus

Con il pensiero rivolto «a tutte le personeche patiscono la vulnerabilità di essere costrettea vivere in gruppo: case di riposo, caserme...carceri», il Papa ha auspicato «misure necessarieper evitare tragedie» nei penitenziari sovraffollati.L’appello è stato lanciato da Papa Francescoinsieme con quello per un cessate il fuoco totale(che riportiamo in ultima pagina) all’An g e l u sdel 29 marzo, recitato come nelle settimanescorse dalla Biblioteca privata del Palazzoapostolico vaticano. In precedenza il Pontefice,commentando come di consueto il Vangelodel giorno, si era soffermato sull’episodiodella risurrezione di Lazzaro propostonella quinta domenica di Quaresima.

L’auspiciodel Ponteficenella preghieramarianadomenicale

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi leggiamo insieme la sesta beatitudine,che promette la visione di Dio e ha come con-dizione la purezza del cuore.

Dice un Salmo: «Il mio cuore ripete il tuoinvito: “Cercate il mio volto!”. Il tuo volto, Si-gnore, io cerco. Non nascondermi il tuo vol-to» (27, 8-9).

Questo linguaggio manifesta la sete di unarelazione personale con Dio, non meccanica,non un po’ nebulosa, no: personale, che ancheil libro di Giobbe esprime come segno di unrapporto sincero. Dice così, il libro di Giobbe:«Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora imiei occhi ti hanno veduto» (Gb 42, 5). E tan-te volte io penso che questo è il cammino del-la vita, nei nostri rapporti con Dio. Conoscia-mo Dio per sentito dire, ma con la nostraesperienza andiamo avanti, avanti, avanti e al-la fine lo conosciamo direttamente, se siamofedeli... E questa è la maturità dello Spirito.

Come arrivare a questa intimità, a conoscereDio con gli occhi? Si può pensare ai discepolidi Emmaus, per esempio, che hanno il SignoreGesù accanto a sé, «ma i loro occhi erano im-pediti a riconoscerlo» (Lc 24, 16). Il Signoreschiuderà il loro sguardo al termine di uncammino che culmina con la frazione del paneed era iniziato con un rimprovero: «Stolti elenti di cuore a credere in tutto ciò che hannodetto i profeti!» (Lc 24, 25). Quello è il rim-provero dell’inizio. Ecco l’origine della loro ce-cità: il loro cuore stolto e lento. E quando ilcuore è stolto e lento, non si vedono le cose.Si vedono le cose come annuvolate. Qui sta lasaggezza di questa beatitudine: per poter con-templare è necessario entrare dentro di noi efar spazio a Dio, perché, come dice S. Agosti-no, «Dio è più intimo a me di me stesso»(“interior intimo meo”: Confessioni, III, 6, 11). Pervedere Dio non serve cambiare occhiali o pun-to di osservazione, o cambiare autori teologiciche insegnino il cammino: bisogna liberare ilcuore dai suoi inganni! Questa strada è l’uni-ca.

Questa è una maturazione decisiva: quandoci rendiamo conto che il nostro peggior nemi-

co, spesso, è nascosto nel nostro cuore. Labattaglia più nobile è quella contro gli inganniinteriori che generano i nostri peccati. Perché ipeccati cambiano la visione interiore, cambia-no la valutazione delle cose, fanno vedere coseche non sono vere, o almeno che non sono cosìv e re .

È dunque importante capire cosa sia la “pu-rezza del cuore”. Per farlo bisogna ricordare cheper la Bibbia il cuore non consiste solo neisentimenti, ma è il luogo più intimo dell’e s s e reumano, lo spazio interiore dove una persona èsé stessa. Questo, secondo la mentalità biblica.

Lo stesso Vangelo di Matteo dice: «Se la lu-ce che è in te è tenebra, quanto grande sarà latenebra!» (6, 23). Questa “luce” è lo sguardodel cuore, la prospettiva, la sintesi, il punto dacui si legge la realtà (cfr. Esort. ap. Evangeliigaudium, 143).

Ma cosa vuol dire cuore “p u ro ”? Il puro dicuore vive alla presenza del Signore, conser-vando nel cuore quel che è degno della rela-

Un camminodi purificazione

Al l ’udienzag e n e ra l e

il Ponteficer i p re n d e

le riflessionisulle Beatitudini

#catechesi

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Saluto cordialmente i Polacchi. Fratelli e sorelle, l’uomo di oggi scorge i segni di mortedivenuti più presenti sull’orizzonte della civiltà. Vive sempre più nella paura, minacciatonel nucleo stesso della sua esistenza. Quando vi sentirete in difficoltà, il vostro pensierocorra allora a Cristo: sappiate che non siete soli. Egli vi accompagna e mai delude. Inquesti giorni difficili che stiamo vivendo, vi incoraggio ad affidarvi alla DivinaMisericordia e all’intercessione di San Giovanni Paolo II, alla vigilia del 15° anniversariodella sua morte. Di cuore vi benedico.

Saluto cordialmente i fedeli di lingua italiana. Il mio pensiero va, in particolare, ai gruppiche da tempo si erano prenotati per essere presenti oggi. Tra questi, i ragazzi dellaprofessione di fede della Diocesi di Milano, collegati a questo incontro tramite i mezzi dicomunicazione sociale. Cari ragazzi, anche se il vostro pellegrinaggio a Roma è solovirtuale, mi sembra quasi di percepire la vostra gioiosa e rumorosa presenza, resa concretaanche dai tanti messaggi scritti che mi avete inviato: ne avete inviati tanti, e sono belli!Sono belli, belli i messaggi. Grazie tante. Grazie per questa unione con noi. Pregate perme, non dimenticatevi. Vi ringrazio e vi incoraggio a vivere sempre la fede con entusiasmoe a non perdere la speranza in Gesù, l’amico fedele che riempie di felicità la nostra vita,anche nei momenti difficili.Saluto infine i giovani, i malati, gli anziani e gli sposi novelli. L’ultimo scorcio del tempoquaresimale che stiamo vivendo possa favorire un’adeguata preparazione alla celebrazionedella Pasqua, conducendo ciascuno ad una ancor più sentita vicinanza a Cristo. A tutti lamia Benedizione.

Pubblichiamo di seguito il testo della catechesipronunciata dal Papa all’udienza generalesvoltasi mercoledì mattina, 1° aprile,nella Biblioteca privata del Palazzo apostolicoVaticano, senza la presenza di fedeliper contrastare l’emergenza da coronavirus.Riprendendo il ciclo di riflessionisulle Beatitudini, il Pontefice si è soffermatosulla sesta: «Beati i puri di cuore, perchévedranno Dio» (Mt 5, 8).

L’aiuto di san Giovanni Paolo IIin questi giorni difficili

Al termine della catechesi, prima di recitare il “Pater noster” e impartirela benedizione apostolica, il Pontefice ha rivolto espressioni di saluto ai fedeliche lo seguivano attraverso i media. Ecco quelli ai polacchi e agli italiani.

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L’Osservatore Romanogiovedì 2 aprile 2020il Settimanale

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Vi v e reda risuscitati

Abbiamo vissuto una Quaresima particolare:osservando i cambiamenti di abitudini e di vi-ta imposti dalla pandemia del coronovirus.Nonostante tutto siamo arrivati alla Pasqua.Come ci siamo preparati? Come la celebria-mo? Siamo, ancora una volta, spettatori; op-pure ci sentiamo coinvolti?

«Se siete risorti con Cristo, cercate le cosedi lassù... rivolgete il pensiero alle cose di las-sù, non a quelle della terra» (Col 3, 1-4). L’uo-mo vecchio, l’uomo del peccato deve morire.Un uomo nuovo deve nascere. Una umanitànuova si deve affermare.

Con una certa efficacia qualcuno ha detto:«L’ingresso nella vita nuova, il vivere da risu-scitati, qui, su questa terra, è possibile solo seabbiamo fatto i nostri funerali» (Pronzato).

Non possiamo illuderci! A Pasqua siamoobbligati a fare il “passaggio”. Non possiamoportarci dietro il solito bagaglio di miserie, didifetti; i soliti pesi delle abitudini più vecchie,le solite preoccupazioni per le cose diquaggiù.

Occorre rinascere, fare sparire un passatoche non ci fa onore, lasciarcelo alle spalle, sep-pellirlo. Siamo chiamati a essere nuove creatu-re !

Nuovi pensieri, nuovi desideri; nuovi nelleazioni. Vita nuova! Aria nuova! Cristo ci mettea disposizione la sua Pasqua. Soltanto se fac-ciamo il “passaggio”, diventiamo capaci di vi-v e re .

Lasciamoci afferrare dalla voglia pasquale dirisurrezione. Non rimandiamola a domani, oalla prossima Pasqua.

Risuscitare a una vita nuova è l'unica ma-niera che abbiamo per essere vivi!

12 aprile 2020Pasquadi Risurrezione

#spuntidiriflessione

di LEONARD OSAPIENZA

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zione con Lui; solo così possiede una vita“unificata”, lineare, non tortuosa ma semplice.

Il cuore purificato è quindi il risultato di unprocesso che implica una liberazione e una ri-nuncia. Il puro di cuore non nasce tale, ha vis-suto una semplificazione interiore, imparandoa rinnegare in sé il male, cosa che nella Bibbiasi chiama circoncisione del cuore (cfr. Dt 10, 16;30, 6; Ez 44, 9; Ger 4, 4).

Questa purificazione interiore implica il ri-conoscimento di quella parte del cuore che èsotto l’influsso del male — “Sa, Padre, io sentocosì, penso così, vedo così, e questo è brutto”:riconoscere la parte brutta, la parte che è an-nuvolata dal male — per apprendere l’arte dilasciarsi sempre ammaestrare e condurre dalloSpirito Santo. Il cammino dal cuore malato,dal cuore peccatore, dal cuore che non può ve-dere bene le cose, perché è nel peccato, allapienezza della luce del cuore è opera delloSpirito Santo. È lui che ci guida a compierequesto cammino. Ecco, attraverso questo cam-mino del cuore, arriviamo a “vedere Dio”.

In questa visione beatifica c’è una dimensionefutura, escatologica, come in tutte le Beatitudi-ni: è la gioia del Regno dei Cieli verso cui an-diamo. Ma c’è anche l’altra dimensione: vede-re Dio vuol dire intendere i disegni della Prov-videnza in quel che ci accade, riconoscere lasua presenza nei Sacramenti, la sua presenzanei fratelli, soprattutto poveri e sofferenti, e ri-conoscerlo dove Lui si manifesta (cfr. Catechi-smo della Chiesa Cattolica, 2519).

Questa beatitudine è un po’ il frutto delleprecedenti: se abbiamo ascoltato la sete delbene che abita in noi e siamo consapevoli divivere di misericordia, inizia un cammino di li-berazione che dura tutta la vita e ci conducefino al Cielo. È un lavoro serio, un lavoro chefa lo Spirito Santo se noi gli diamo spazioperché lo faccia, se siamo aperti all’azione del-lo Spirito Santo. Per questo possiamo dire cheè un’opera di Dio in noi — nelle prove e nellepurificazioni della vita — e questa opera diDio e dello Spirito Santo porta a una gioiagrande, a una pace vera. Non abbiamo paura,apriamo le porte del nostro cuore allo SpiritoSanto perché ci purifichi e ci porti avanti inquesto cammino verso la gioia piena.

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Cari fratelli e sorelle, nei giorni scorsi, il Segretario Generale delle Nazioni Uniteha lanciato un appello per un “cessate il fuoco globale e immediato in tutti gli angoli del

mondo”, richiamando l’attuale emergenza per il COVID-19, che non conosce frontiere.Un appello al cessate il fuoco totale. Mi associo a quanti hanno accolto questo appello

ed invito tutti a darvi seguito fermando ogni forma di ostilità bellica, favorendo lacreazione di corridoi per l’aiuto umanitario, l’apertura alla diplomazia, l’attenzione a chi

si trova in situazione di più grande vulnerabilità. L’impegno congiunto contro la pandemia,possa portare tutti a riconoscere il nostro bisogno

di rafforzare i legami fraterni come membri di un’unica famiglia. In particolare,susciti nei responsabili delle Nazioni e nelle altre parti in causa un rinnovato impegno

al superamento delle rivalità. I conflitti non si risolvono attraverso la gu e r ra !È necessario superare gli antagonismi e i contrasti, mediante il dialogo

e una costruttiva ricerca della pace.dopo-Angelus, 29 marzo

#controcopertina