Beirut, la rabbia e il dolore · 2020. 8. 7. · Spedizione in abbonamento postale Roma, conto...

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 180 (48.504) Città del Vaticano sabato 8 agosto 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!z!:!"!{! Scontri e proteste nella capitale libanese mentre si scava ancora tra le macerie alla ricerca dei dispersi Beirut, la rabbia e il dolore Il presidente francese Macron annuncia una conferenza internazionale per gli aiuti Come vento che apre le porte Il virus ci ha stanati e costretti a “uscire” Pubblichiamo stralci dell’articolo scrit- to dal cardinale arcivescovo di Bolo- gna per il numero 2/2020 del perio- dico trimestrale «Dialoghi». di MATTEO ZUPPI L a pandemia ha colpito tutti e ha rivelato quello che siamo. Anche nella Chiesa. Ci siamo trovati come tutti e abbiamo capito che tutti erano come noi. Non è scontato, soprattutto perché non in termini astratti, ma molto concreti, fisici. Siccome abbiamo ancora la tentazione di parlarci addosso, di guardare il mondo intorno con ca- tegorie interne e non con la sempli- ce sapienza del Vangelo, rispondia- mo a domande che nessuno ci ri- volge, parliamo in modo incom- prensibile ai più e finiamo per fare fatica a capire quello che agita il cuore degli uomini per annunciare la gioia del Vangelo, è stato davve- ro importante ritrovarsi sulla stessa barca e non essere quindi distanti, alieni, risolti, ma parte della stessa avventura umana nella quale sco- priamo assieme la presenza buona di Dio, alziamo lo sguardo e pos- siamo dare testimonianza. Abbiamo compreso nella storia e nell’oggi la visione del concilio: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri so- prattutto e di tutti coloro che sof- frono, sono pure le gioie e le spe- ranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore» (Gaudium et spes, 1). E capendo questo grande segno dei tempi, questo kairós che ci ha reso contemporanei del nostro tempo, siamo stati costretti a dare risposte nell’oggi, ritrovando così il valore di quello che siamo, liberan- doci di una logica interna e risco- prendo la creatività dello Spirito per rispondere all’ansia della crea- zione e delle creature che aspettano speranza e sono nelle doglie di un parto. I segni dei tempi sono indi- spensabili da comprendere per vive- re e comunicare il Vangelo, perché in essi sono nascosti i semina Verbi. Il Vangelo parla nella storia e ci apre a questa. Il virus ha cancellato tutti gli impegni, i ruoli consolidati, le abitudini per cui potevamo cer- CONTINUA A PAGINA 3 Quaranta migranti morti al largo della Mauritania Ancora un tragico naufragio Chiesto lo scioglimento dell’Nra La procura di New York contro la lobby delle armi PAGINA 3 «Sulla soglia della coscienza» di Adrien Candiard Parole di cui abbiamo bisogno SILVIA GUSMANO A PAGINA 4 L’ultimo romanzo di Dario Buzzolan Aspettando la fine dell’eclissi FABIO PIERANGELI A PAGINA 5 Riflessioni sul ruolo della parrocchia Per un cambiamento di mentalità FRANCESCO COSENTINO A PAGINA 7 ALLINTERNO LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA PER LA CURA DELLA CASA COMUNE Per vivere insieme la bellezza del creato PAGINA 6 A colloquio con suor Antoinette Assaf del dispensario Saint-Antoine C’è bisogno di unire i cuori e le menti FRANCESCO RICUPERO A PAGINA 2 Il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale in vista della prossima giornata mondiale Un turismo responsabile per rilanciare l’economia rurale CONTINUA A PAGINA 8 NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Avellaneda- Lanús (Argentina), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Rubén Oscar Frassia. Pubblichiamo il messaggio del cardi- nale prefetto del Dicastero per il servi- zio dello sviluppo umano integrale (Dssui) in preparazione alla prossima Giornata mondiale del turismo — il settore maggiormente colpito dal lock- down globale provocato dalla pande- mia da covid-19 — che si svolgerà il 27 settembre sul tema «Turismo e svi- luppo rurale». di PETER KODWO APPIAH TURKSON L a 41 a Giornata mondiale del turismo ricorre quest’anno nel contesto incerto segnato dagli sviluppi della pandemia covid-19, di cui ancora non si vede la fine. Ne deriva una drastica riduzione della mobilità umana e del turismo, sia internazionale che nazionale, collo- candosi ai minimi storici. La so- spensione dei voli internazionali, la chiusura degli aeroporti e dei confi- ni, l’adozione delle severe restrizio- ni ai viaggi, anche interni, sta cau- sando una crisi senza precedenti in molti settori connessi all’industria turistica. Si teme che nella peggiore delle ipotesi, a fine 2020 si assisterà ad una diminuzione di circa un mi- liardo di turisti internazionali, con una perdita economica globale di circa 1.200 miliardi di dollari. Ne conseguirebbe una perdita enorme di posti di lavoro nell’intero settore turistico. Secondo il segretario ge- nerale dell’Organizzazione mondia- le del turismo, Zurab Pololikashvili, «il turismo è stato tra tutti il settore maggiormente colpito dal lockdown globale, con milioni di posti di la- voro a rischio in uno dei settori più ad alta intensità di lavoro dell’eco- nomia» 1 . Tale inquietante scenario, impen- sabile ancora qualche mese fa, non deve paralizzarci e privarci di una visione positiva del futuro. In que- sto senso, Papa Francesco ha affer- mato: «Peggio di questa crisi c’è so- lo il dramma di sprecarla [...] Ora, nel grande sforzo di ricominciare, quanto è dannoso il pessimismo, il vedere tutto nero, il ripetere che nulla tornerà più come prima!» 2 . «Turismo e sviluppo rurale» — il tema scelto dall’O mt prima del- l’emergenza covid-19 per la presente Giornata — indica provvidenzial- mente una delle strade verso una Attraverso il Dssui Il Papa dona 250.000 euro alla Chiesa del Libano Un primo aiuto di 250.000 euro a sostegno delle necessità della Chie- sa libanese in questi momenti di sofferenza è stato inviato da Papa Francesco tramite il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano in- tegrale (Dssui). Lo ha reso noto oggi, venerdì 7 agosto, un comunica- to dello stesso Dssui in cui si sottolinea che il dono vuole essere un segno della premura del Pontefice verso la popolazione di Beirut coinvolta dalla deflagrazione al porto dello scorso martedì 4, testimo- niando la paterna vicinanza del vescovo di Roma verso quanti si tro- vano nel dolore e nelle difficoltà più stringenti. Un gesto concreto, che segue l’appello lanciato al termine dell’udienza generale di merco- ledì 5 e l’intenzione di preghiera affidata nel pomeriggio di quello stesso giorno alla Salus Populi Romani, durante la visita a Santa Ma- ria Maggiore per la festa della Dedicazione della basilica liberiana. L’aiuto del Papa — prosegue il comunicato — è stato trasmesso tra- mite la nunziatura apostolica nella capitale del Libano e servirà per soccorrere le persone colpite dalla terribile esplosione, che ha provoca- to svariati morti e centinaia di migliaia di feriti e di sfollati, distrug- gendo al contempo edifici, chiese, monasteri, strutture civili e sanita- rie. A fronte delle urgenti necessità, immediata è stata la risposta di soccorso da parte delle strutture cattoliche, mediante centri di acco- glienza per gli sfollati, unitamente all’azione di Caritas Libano, Cari- tas Internationalis e varie Caritas sorelle. BEIRUT, 7. È il momento della rab- bia e del dolore a Beirut, a circa 48 ore dalla terribile esplosione che martedì pomeriggio ha causato 157 morti e almeno 5.000 feriti. La scor- sa notte una violenta protesta anti- governativa è scoppiata nella zona del Parlamento della capitale libane- se: lo scrive la Bbc online, che ri- porta «scontri tra decine di dimo- stranti e forze dell’ordine». La poli- zia ha lanciato gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti scesi in strada per denunciare il malgoverno e la corruzione. Intanto si continua a cercare tra le macerie nella speranza di trovare su- perstiti. Secondo la Croce rossa liba- nese, mancano ancora all’appello un centinaio di persone. Al lavoro, nel- la zona del porto, ci sono soccorri- tori e militari. Ruspe e gru lavorano senza sosta. «Stiamo facendo tutto il possibile perché crediamo possano ancora esserci persone vive intrappo- late sotto le macerie, ma sinora ab- biamo trovato solo resti di persone irriconoscibili» ha detto uno dei soccorritori al lavoro da 48 ore. E poi ha ammesso: «Alcuni Paesi stra- nieri stanno mandando soccorsi, ma potrebbe comunque essere troppo tardi per chi è intrappolato sotto le macerie». I familiari dei dispersi continuano a sperare vicino alla “ground zero” di Beirut, off-limits da martedì. C’è poi da risolvere l’emergenza sfollati. L’esplosione ha infatti la- sciato senza casa oltre 300.000 per- sone. E tra queste, secondo le stime dell’Unicef, il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, 80.000 sarebbe- ro bambini. L’esplosione ha danneggiato an- che 12 strutture sanitarie primarie, centri di assistenza materna, neona- tale e per le vaccinazioni, con un impatto sui servizi per quasi 120.000 persone. E ciò sta rendendo difficile la cura delle migliaia di feriti. «Nelle ultime 24 ore, l’Unicef ha continuato a coordinarsi strettamen- te con le autorità e i partner sul campo per rispondere ai bisogni im- mediati delle famiglie colpite, con- centrandosi sulla salute, l’acqua e il benessere dei bambini» ha dichiara- to Violet Speek-Warnery, rappresen- tante Unicef in Libano. Proseguono intanto le indagini su quanto accaduto. Tra le 16 persone arrestate ieri c’è anche il direttore generale del porto, Hassan Koray- tem. La magistratura — secondo fon- ti di stampa — ha inoltre disposto il congelamento dei conti di 7 persone, tra cui lo stesso direttore del porto e il capo della dogana libanese, Badri Daher. Le autorità hanno interroga- to più di venti funzionari portuali e doganali e altri coinvolti nei lavori di manutenzione del magazzino esploso. «Ci sarà un prima e un dopo il 4 agosto 2020. Se il Libano si risveglia oggi sfinito e straziato, so che si ri- solleverà con tutto ciò che fa la sua forza e che ha fatto la sua forza du- rante il corso della sua storia. Ha le capacità di un rilancio. E lo dico nuovamente: noi ci saremo» ha di- chiarato ieri il presidente francese, Emmanuel Macron, in un tweet po- stato in occasione della sua visita a Beirut, ieri. «Sono qui per lanciare un’iniziati- va politica» per chiedere ai dirigenti libanesi «di procedere con le rifor- me, un profondo cambiamento, la lotta alla corruzione» ha dichiarato il capo dell’Eliseo, che ha annuncia- to anche una conferenza internazio- nale per raccogliere fondi per la ri- costruzione e il rilancio di Beirut. Sarà «una conferenza internazionale di sostegno e assistenza a Beirut e alla popolazione libanese per mobi- litare finanziamenti internazionali da parte di europei, americani e di tutti i Paesi della regione e oltre» ha spiegato Macron parlando con i giornalisti a Beirut. Ogni finanzia- mento raccolto «sarà gestito con piena trasparenza». La videoconfe- renza — informa oggi Bruxelles — si terrà domenica e vi prenderanno parte anche i vertici Ue. A lanciare un appello per la rico- struzione di Beirut è stato anche Mounir Khairallah, vescovo di Ba- troun, nel nord del Libano. Sulle pagine di «CattolicaNews», organo d’informazione dell’Università catto- lica del Sacro Cuore, il vescovo ha scritto: «Noi libanesi, forti della no- stra storia, dei nostri legami di ami- cizia con tanti Paesi e popoli nel mondo, della nostra fede, della no- stra speranza, della nostra solidarie- tà e dei nostri valori comuni, noi siamo capaci di ricostruire Beirut per l’ennesima volta e di ricostruire il nostro caro Libano, come lo vole- vano i nostri padri, un Paese mes- saggio di libertà, di democrazia, di convivenza». NOUAKCHOTT, 7. L’ennesima sciagura del mare. Que- sta volta la tragedia dei migranti si è consumata sulle coste atlantiche, una delle rotte più lunghe e perico- lose. Una imbarcazione con a bordo circa quaranta persone è naufragata al largo di Nouadhibou, nella Mauritania settentrionale, nel tentativo di raggiunge- re probabilmente le isole Canarie. Stando alle prime informazioni, i migranti subsahariani sarebbero tutti annegati, tranne un giovane originario della Guinea. Lo rende noto su Twitter Vincent Cochetel, l’inviato speciale nel Mediterraneo centrale dell’Alto commis- sariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). L’Unhcr e l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) «stanno cercando di aumentare gli sforzi per evitare queste tragedie, però i trafficanti continuano a mentire ai loro clienti», ha spiegato Cochetel, senza fornire dettagli sulla destinazione che l’imbarcazione voleva raggiungere. Il naufragio sarebbe comunque avvenuto in alto mare, in acque internazionali, sulla rotta utilizzata dai migranti per raggiungere le isole Canarie. L’unico sopravvissuto — fa sapere una fonte della sicurezza mauritana — è stato trovato sulla spiaggia di Nouadhibou, nel nord-ovest del Paese, al confine con il Sahara Occidentale. Sulla base delle testimo- nianze del giovane tratto in salvo, lui e i suoi compa- gni di viaggio, si erano imbarcati in Marocco per raggiungere le isole Canarie (Spagna). Il motore — racconta — ha subito un guasto e l’imbarcazione è ri- masta alla deriva per diversi giorni senza essere loca- lizzata. «Nessuno è venuto a soccorrerci e allora ci siamo buttati in mare, credo che i miei compagni sia- no tutti annegati. Sono il solo superstite», ha detto il ragazzo dal suo letto in ospedale. Lo scorso dicembre sessanta persone hanno perso la vita a causa di un naufragio avvenuto lungo la stessa rotta, mentre altri 180 sono stati soccorsi dalle autorità mauritane. Volevano raggiungere la Spagna. I migranti disperati partono a bordo di barche in pessime condizioni, anche con il maltempo. Negli anni 2000 il percorso dell’Africa occidentale era l’iti- nerario preferito — sia via terra sia via mare — per raggiungere l’Europa. Piccole imbarcazioni, chiamate battelli-tassì, andavano a prendere i migranti nei por- ti d’imbarco nel Golfo di Guinea. Le Isole Canarie, a pochi chilometri dalle coste marocchine, erano considerate la porta d’entrata dell’Europa. In seguito alle politiche migratore adottate in Spagna, il flusso si è notevolmente ridotto e il centro per migranti di Nouadhibou è stato chiuso. Tuttavia negli ultimi due anni circa, a causa della drammatica situazione crea- tasi in Libia, la rotta occidentale è stata parzialmente riattivata. Sul versante del Mediterraneo arriva invece la stretta sulle partenze dei migranti verso le coste ita- liane. Dopo le pressioni della Farnesina degli ultimi giorni, la Tunisia ha annunciato, ieri, che metterà a disposizione nuovi mezzi per contrastare le partenze irregolari: unità navali, dispositivi di rilevamento e squadre di ricerca nei punti di attraversamento marit- timo. A comunicare la decisione di Tunisi, che do- vrebbe ridurre il numero delle partenze dei migranti, è lo stesso governo italiano. Un bambino curato in un ospedale da campo allestito a Beirut (Ansa)

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 180 (48.504) Città del Vaticano sabato 8 agosto 2020

.

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3J1*QS

SKKM(

+"!z!:!"

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Scontri e proteste nella capitale libanese mentre si scava ancora tra le macerie alla ricerca dei dispersi

Beirut, la rabbia e il doloreIl presidente francese Macron annuncia una conferenza internazionale per gli aiuti

Come ventoche apre le porte

Il virus ci ha stanati e costretti a “u s c i re ”

Pubblichiamo stralci dell’articolo scrit-to dal cardinale arcivescovo di Bolo-gna per il numero 2/2020 del perio-dico trimestrale «Dialoghi».

di MAT T E O ZUPPI

La pandemia ha colpito tutti eha rivelato quello che siamo.Anche nella Chiesa. Ci siamo

trovati come tutti e abbiamo capitoche tutti erano come noi. Non èscontato, soprattutto perché non intermini astratti, ma molto concreti,fisici. Siccome abbiamo ancora latentazione di parlarci addosso, diguardare il mondo intorno con ca-tegorie interne e non con la sempli-ce sapienza del Vangelo, rispondia-mo a domande che nessuno ci ri-volge, parliamo in modo incom-prensibile ai più e finiamo per farefatica a capire quello che agita ilcuore degli uomini per annunciarela gioia del Vangelo, è stato davve-ro importante ritrovarsi sulla stessabarca e non essere quindi distanti,alieni, risolti, ma parte della stessaavventura umana nella quale sco-priamo assieme la presenza buonadi Dio, alziamo lo sguardo e pos-siamo dare testimonianza. Abbiamocompreso nella storia e nell’oggi lavisione del concilio: «Le gioie e lesperanze, le tristezze e le angoscedegli uomini d’oggi, dei poveri so-prattutto e di tutti coloro che sof-frono, sono pure le gioie e le spe-ranze, le tristezze e le angosce deidiscepoli di Cristo, e nulla vi è di

genuinamente umano che non trovieco nel loro cuore» (Gaudium etspes, 1). E capendo questo grandesegno dei tempi, questo kairós checi ha reso contemporanei del nostrotempo, siamo stati costretti a darerisposte nell’oggi, ritrovando così ilvalore di quello che siamo, liberan-doci di una logica interna e risco-prendo la creatività dello Spiritoper rispondere all’ansia della crea-zione e delle creature che aspettanosperanza e sono nelle doglie di unparto. I segni dei tempi sono indi-spensabili da comprendere per vive-re e comunicare il Vangelo, perchéin essi sono nascosti i semina Verbi.Il Vangelo parla nella storia e ciapre a questa. Il virus ha cancellatotutti gli impegni, i ruoli consolidati,le abitudini per cui potevamo cer-

CO N T I N UA A PA G I N A 3

Quaranta migranti morti al largo della Mauritania

Ancora un tragico naufragioChiesto lo scioglimento dell’N ra

La procura di New Yorkcontro la lobby delle armi

PAGINA 3

«Sulla soglia della coscienza»di Adrien Candiard

Pa ro l edi cui abbiamo bisogno

SI LV I A GUSMANO A PA G I N A 4

L’ultimo romanzo di Dario Buzzolan

Asp ettandola fine dell’eclissi

FABIO PIERANGELI A PA G I N A 5

Riflessioni sul ruolo della parrocchia

Per un cambiamentodi mentalità

FRANCESCO COSENTINO A PA G I N A 7

ALL’INTERNO

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

PER LA CURADELLA CASA COMUNE

Per vivere insiemela bellezza del creato

PAGINA 6

A colloquio con suor Antoinette Assafdel dispensario Saint-Antoine

C’è bisogno di unirei cuori e le menti

FRANCESCO RICUPERO A PA G I N A 2

Il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integralein vista della prossima giornata mondiale

Un turismo responsabileper rilanciare

l’economia rurale

CO N T I N UA A PA G I N A 8

NOSTREINFORMAZIONI

Il Santo Padre ha accettato larinuncia al governo pastoraledella Diocesi di Avellaneda-Lanús (Argentina), presentatada Sua Eccellenza MonsignorRubén Oscar Frassia.

Pubblichiamo il messaggio del cardi-nale prefetto del Dicastero per il servi-zio dello sviluppo umano integrale(Dssui) in preparazione alla prossimaGiornata mondiale del turismo — ilsettore maggiormente colpito dal lock-down globale provocato dalla pande-mia da covid-19 — che si svolgerà il27 settembre sul tema «Turismo e svi-luppo rurale».

di PETER KODWO APPIAHTU R KS O N

La 41a Giornata mondiale delturismo ricorre quest’anno nelcontesto incerto segnato dagli

sviluppi della pandemia covid-19, dicui ancora non si vede la fine. Nederiva una drastica riduzione dellamobilità umana e del turismo, siainternazionale che nazionale, collo-candosi ai minimi storici. La so-spensione dei voli internazionali, lachiusura degli aeroporti e dei confi-ni, l’adozione delle severe restrizio-ni ai viaggi, anche interni, sta cau-sando una crisi senza precedenti inmolti settori connessi all’industriaturistica. Si teme che nella peggioredelle ipotesi, a fine 2020 si assisteràad una diminuzione di circa un mi-liardo di turisti internazionali, conuna perdita economica globale dicirca 1.200 miliardi di dollari. Neconseguirebbe una perdita enormedi posti di lavoro nell’intero settoreturistico. Secondo il segretario ge-nerale dell’Organizzazione mondia-le del turismo, Zurab Pololikashvili,«il turismo è stato tra tutti il settoremaggiormente colpito dal lockdownglobale, con milioni di posti di la-voro a rischio in uno dei settori piùad alta intensità di lavoro dell’eco-nomia»1.

Tale inquietante scenario, impen-sabile ancora qualche mese fa, nondeve paralizzarci e privarci di unavisione positiva del futuro. In que-sto senso, Papa Francesco ha affer-mato: «Peggio di questa crisi c’è so-lo il dramma di sprecarla [...] Ora,nel grande sforzo di ricominciare,quanto è dannoso il pessimismo, ilvedere tutto nero, il ripetere chenulla tornerà più come prima!»2.

«Turismo e sviluppo rurale» — iltema scelto dall’O mt prima del-l’emergenza covid-19 per la presenteGiornata — indica provvidenzial-mente una delle strade verso una

Attraverso il Dssui

Il Papa dona 250.000 euroalla Chiesa del Libano

Un primo aiuto di 250.000 euro a sostegno delle necessità della Chie-sa libanese in questi momenti di sofferenza è stato inviato da PapaFrancesco tramite il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano in-tegrale (Dssui). Lo ha reso noto oggi, venerdì 7 agosto, un comunica-to dello stesso Dssui in cui si sottolinea che il dono vuole essere unsegno della premura del Pontefice verso la popolazione di Beirutcoinvolta dalla deflagrazione al porto dello scorso martedì 4, testimo-niando la paterna vicinanza del vescovo di Roma verso quanti si tro-vano nel dolore e nelle difficoltà più stringenti. Un gesto concreto,che segue l’appello lanciato al termine dell’udienza generale di merco-ledì 5 e l’intenzione di preghiera affidata nel pomeriggio di quellostesso giorno alla Salus Populi Romani, durante la visita a Santa Ma-ria Maggiore per la festa della Dedicazione della basilica liberiana.

L’aiuto del Papa — prosegue il comunicato — è stato trasmesso tra-mite la nunziatura apostolica nella capitale del Libano e servirà persoccorrere le persone colpite dalla terribile esplosione, che ha provoca-to svariati morti e centinaia di migliaia di feriti e di sfollati, distrug-gendo al contempo edifici, chiese, monasteri, strutture civili e sanita-rie. A fronte delle urgenti necessità, immediata è stata la risposta disoccorso da parte delle strutture cattoliche, mediante centri di acco-glienza per gli sfollati, unitamente all’azione di Caritas Libano, Cari-tas Internationalis e varie Caritas sorelle.

BE I R U T, 7. È il momento della rab-bia e del dolore a Beirut, a circa 48ore dalla terribile esplosione chemartedì pomeriggio ha causato 157morti e almeno 5.000 feriti. La scor-sa notte una violenta protesta anti-governativa è scoppiata nella zonadel Parlamento della capitale libane-se: lo scrive la Bbc online, che ri-porta «scontri tra decine di dimo-stranti e forze dell’ordine». La poli-zia ha lanciato gas lacrimogeni perdisperdere i manifestanti scesi instrada per denunciare il malgovernoe la corruzione.

Intanto si continua a cercare tra lemacerie nella speranza di trovare su-perstiti. Secondo la Croce rossa liba-nese, mancano ancora all’appello uncentinaio di persone. Al lavoro, nel-la zona del porto, ci sono soccorri-tori e militari. Ruspe e gru lavoranosenza sosta. «Stiamo facendo tuttoil possibile perché crediamo possanoancora esserci persone vive intrappo-late sotto le macerie, ma sinora ab-biamo trovato solo resti di personeirriconoscibili» ha detto uno deisoccorritori al lavoro da 48 ore. Epoi ha ammesso: «Alcuni Paesi stra-nieri stanno mandando soccorsi, mapotrebbe comunque essere troppotardi per chi è intrappolato sotto lemacerie». I familiari dei dispersicontinuano a sperare vicino alla“ground zero” di Beirut, off-limitsda martedì.

C’è poi da risolvere l’e m e rg e n z asfollati. L’esplosione ha infatti la-sciato senza casa oltre 300.000 per-sone. E tra queste, secondo le stimedell’Unicef, il fondo delle NazioniUnite per l’infanzia, 80.000 sarebbe-ro bambini.

L’esplosione ha danneggiato an-che 12 strutture sanitarie primarie,centri di assistenza materna, neona-tale e per le vaccinazioni, con unimpatto sui servizi per quasi 120.000persone. E ciò sta rendendo difficilela cura delle migliaia di feriti.

«Nelle ultime 24 ore, l’Unicef hacontinuato a coordinarsi strettamen-te con le autorità e i partner sul

campo per rispondere ai bisogni im-mediati delle famiglie colpite, con-centrandosi sulla salute, l’acqua e ilbenessere dei bambini» ha dichiara-

to Violet Speek-Warnery, rappresen-tante Unicef in Libano.

Proseguono intanto le indagini suquanto accaduto. Tra le 16 persone

arrestate ieri c’è anche il direttoregenerale del porto, Hassan Koray-tem. La magistratura — secondo fon-ti di stampa — ha inoltre disposto ilcongelamento dei conti di 7 persone,tra cui lo stesso direttore del porto eil capo della dogana libanese, BadriDaher. Le autorità hanno interroga-to più di venti funzionari portuali edoganali e altri coinvolti nei lavoridi manutenzione del magazzinoesploso.

«Ci sarà un prima e un dopo il 4agosto 2020. Se il Libano si risvegliaoggi sfinito e straziato, so che si ri-solleverà con tutto ciò che fa la suaforza e che ha fatto la sua forza du-rante il corso della sua storia. Ha lecapacità di un rilancio. E lo diconuovamente: noi ci saremo» ha di-chiarato ieri il presidente francese,Emmanuel Macron, in un tweet po-stato in occasione della sua visita aBeirut, ieri.

«Sono qui per lanciare un’iniziati-va politica» per chiedere ai dirigentilibanesi «di procedere con le rifor-me, un profondo cambiamento, lalotta alla corruzione» ha dichiaratoil capo dell’Eliseo, che ha annuncia-to anche una conferenza internazio-nale per raccogliere fondi per la ri-costruzione e il rilancio di Beirut.Sarà «una conferenza internazionaledi sostegno e assistenza a Beirut ealla popolazione libanese per mobi-litare finanziamenti internazionali daparte di europei, americani e di tuttii Paesi della regione e oltre» haspiegato Macron parlando con igiornalisti a Beirut. Ogni finanzia-mento raccolto «sarà gestito conpiena trasparenza». La videoconfe-renza — informa oggi Bruxelles — siterrà domenica e vi prenderannoparte anche i vertici Ue.

A lanciare un appello per la rico-struzione di Beirut è stato ancheMounir Khairallah, vescovo di Ba-troun, nel nord del Libano. Sullepagine di «CattolicaNews», organod’informazione dell’Università catto-lica del Sacro Cuore, il vescovo hascritto: «Noi libanesi, forti della no-stra storia, dei nostri legami di ami-cizia con tanti Paesi e popoli nelmondo, della nostra fede, della no-stra speranza, della nostra solidarie-tà e dei nostri valori comuni, noisiamo capaci di ricostruire Beirutper l’ennesima volta e di ricostruireil nostro caro Libano, come lo vole-vano i nostri padri, un Paese mes-saggio di libertà, di democrazia, diconvivenza».

NO UA KC H O T T, 7. L’ennesima sciagura del mare. Que-sta volta la tragedia dei migranti si è consumata sullecoste atlantiche, una delle rotte più lunghe e perico-lose. Una imbarcazione con a bordo circa quarantapersone è naufragata al largo di Nouadhibou, nellaMauritania settentrionale, nel tentativo di raggiunge-re probabilmente le isole Canarie. Stando alle primeinformazioni, i migranti subsahariani sarebbero tuttiannegati, tranne un giovane originario della Guinea.Lo rende noto su Twitter Vincent Cochetel, l’inviatospeciale nel Mediterraneo centrale dell’Alto commis-sariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr).

L’Unhcr e l’Organizzazione internazionale per lemigrazioni (Oim) «stanno cercando di aumentare glisforzi per evitare queste tragedie, però i trafficanticontinuano a mentire ai loro clienti», ha spiegatoCochetel, senza fornire dettagli sulla destinazioneche l’imbarcazione voleva raggiungere. Il naufragiosarebbe comunque avvenuto in alto mare, in acqueinternazionali, sulla rotta utilizzata dai migranti perraggiungere le isole Canarie.

L’unico sopravvissuto — fa sapere una fonte dellasicurezza mauritana — è stato trovato sulla spiaggiadi Nouadhibou, nel nord-ovest del Paese, al confinecon il Sahara Occidentale. Sulla base delle testimo-nianze del giovane tratto in salvo, lui e i suoi compa-gni di viaggio, si erano imbarcati in Marocco perraggiungere le isole Canarie (Spagna). Il motore —racconta — ha subito un guasto e l’imbarcazione è ri-masta alla deriva per diversi giorni senza essere loca-lizzata. «Nessuno è venuto a soccorrerci e allora cisiamo buttati in mare, credo che i miei compagni sia-

no tutti annegati. Sono il solo superstite», ha detto ilragazzo dal suo letto in ospedale.

Lo scorso dicembre sessanta persone hanno persola vita a causa di un naufragio avvenuto lungo lastessa rotta, mentre altri 180 sono stati soccorsi dalleautorità mauritane. Volevano raggiungere la Spagna.I migranti disperati partono a bordo di barche inpessime condizioni, anche con il maltempo. Neglianni 2000 il percorso dell’Africa occidentale era l’iti-nerario preferito — sia via terra sia via mare — p erraggiungere l’Europa. Piccole imbarcazioni, chiamatebattelli-tassì, andavano a prendere i migranti nei por-ti d’imbarco nel Golfo di Guinea. Le Isole Canarie,a pochi chilometri dalle coste marocchine, eranoconsiderate la porta d’entrata dell’Europa. In seguitoalle politiche migratore adottate in Spagna, il flussosi è notevolmente ridotto e il centro per migranti diNouadhibou è stato chiuso. Tuttavia negli ultimi dueanni circa, a causa della drammatica situazione crea-tasi in Libia, la rotta occidentale è stata parzialmenteriattivata.

Sul versante del Mediterraneo arriva invece lastretta sulle partenze dei migranti verso le coste ita-liane. Dopo le pressioni della Farnesina degli ultimigiorni, la Tunisia ha annunciato, ieri, che metterà adisposizione nuovi mezzi per contrastare le partenzeirregolari: unità navali, dispositivi di rilevamento esquadre di ricerca nei punti di attraversamento marit-timo. A comunicare la decisione di Tunisi, che do-vrebbe ridurre il numero delle partenze dei migranti,è lo stesso governo italiano.

Un bambino curato in un ospedale da campo allestito a Beirut (Ansa)

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 sabato 8 agosto 2020

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

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Controlli anti-covid per chi arriva da Paesi extra Ue

Berlino decidenuove restrizioni

A colloquio con suor Antoinette Assaf responsabile del dispensario Saint-Antoine

A Beirut c’è bisogno di unirei cuori e le menti

Per la Turchia non ha valore

Accordo marittimo fra Egitto e Grecia

La stretta di mano tra i due ministri degli Esteri, il greco Dendias e l’egiziano Shoukry (Epa)

Te n s i o n etra Israele e la striscia di Gaza

Il presidente della Poloniapresta giuramento

L’impegno di quattromila suorein oltre 70 Paesi

BE R L I N O, 7. Per la prima volta inGermania viene superata la soglia diguardia dei mille nuovi contagi dicoronavirus in un giorno: non acca-deva dai primi di maggio. L’inquie-tudine ricomincia a serpeggiare nelpaese finora più risparmiato dallaviolenza della pandemia e le autori-tà corrono ai ripari introducendol’obbligo di test per il covid-19 perchi rientra in Germania.

Di fronte alla ripresa della diffu-sione in Europa e alla crescita deinumeri all’interno della Germania, ilministero della Salute tedesco JensSpahn ha reagito blindando le fron-tiere con l’obbligo di test per tutticoloro che rientrano dalle vacanzeda zone a rischio covid-19 a partireda sabato prossimo. Il tampone saràgratuito e si potrà fare in aeroporto,in stazione o nel porto di attraccooppure nelle 72 ore successive all’ar-rivo. Unica eccezione è mostrare untest covid-19 negativo fatto al massi-mo nei due giorni precedenti. Chinon si sottoporrà al test gratuito do-vrà pagare multe salate, fino a25.000 euro.

Finora chi proveniva da uno deiPaesi compreso nella lista delle zo-ne a rischio doveva rimanere 14giorni in quarantena a casa. Moltospesso questa misura non era rispet-tata o era ai più sconosciuta, Daqui l’esigenza di un cambio di pas-so. «Sono consapevole che siaun’interferenza nella libertà del sin-golo» ha detto Spahn in conferenzastampa, ma «la libertà non è soloquella del singolo», ha aggiunto in-vitando tutti al senso di responsabi-lità. «Tutti vogliamo tornare allanormalità» ha detto, «ma non vi-viamo in tempi normali, l’epidemiaè ancora qui». L’obbligo del testnon cadrà su chi è in transito inGermania. La lista dei Paesi a ri-

schio covid-19 è stilata e aggiornatacostantemente dall’autorità federaleper le malattie infettive RobertKoch (Rki).

La situazione continua a peggio-rare anche in altri Paesi Ue. In Spa-gna i nuovi contagi tornano a livellipreoccupanti, attestandosi su quasi1.700 casi in un giorno e la regionedella Castilla y Leon impone ai32.000 residenti della città di Aran-

da de Duero un lockdown di 2 set-timane, dopo la scoperta di 230nuovi casi nell’area. Nell’E u ro p adell’Est invece il focolaio si confer-ma la Romania con 1.345 nuovi casie 45 morti in ventiquattro ore. InFrancia, a Parigi, è attesa la decisio-ne del prefetto sulla richiesta delsindaco Anne Hidalgo di rendereobbligatorie le mascherine ancheall’ap erto.

di FRANCESCO RICUPERO

«Prima, ho sentito una piccolaesplosione. Mi sono alzata dal letto,stavo riposando dato che avevo pre-so una piccola pausa dal mio lavo-ro. Ad un tratto, un grande boato.Vivo al quinto piano di un edificioche ospita il dispensario Saint-An-toine a Beirut», nel quartiere di Ro-uiesset-Jdideh, un’area sovraffollatae impoverita in cui vive una popola-zione mista di cristiani e musulma-ni. «Tutto crollava. Oh mio Dio!Cosa faccio? Oggetti e mobili cadu-ti per terra. Abbiamo iniziato a cor-rere. Ci bombardano? Perché? In-tanto continuo a sentire altre esplo-sioni, i palazzi crollano, le finestreesplodono. Gente che urla, che cer-ca aiuto, vedo sangue e maceriedappertutto. Queste terribili imma-gini ci hanno risvegliato il brutto ri-cordo della guerra e dei bombarda-menti, ma questa volta nessuno ciha avvertiti! Intanto, dal cielo si al-za una enorme nuvola di fumo neromescolata con rosa e bianco. Inizia-mo a chiamare tutte le persone checonosciamo e che vivono nella zonadell’esplosione, vicino al porto: ami-ci, parenti, collaboratori, impiegati,volontari, benefattori». Suor Antoi-nette Assaf, 53 anni, libanese di Bei-rut, racconta a «L’Osservatore Ro-mano» quanto avvenuto nella capi-tale martedì scorso. Un episodioterribile, di cui non si conosce almomento il numero esatto delle vit-time e dei danni provocati. Il Paesedei cedri non aveva bisogno di unaltro trauma di questa portata. Lareligiosa, che è responsabile dellosviluppo missioni della Congrega-zione di Nostra Signora della Caritàdel Buon Pastore (Suore del BuonPastore) e direttrice del dispensariodal 2016, insieme alle consorelle, amedici, infermieri e volontari offregratuitamente cure mediche specia-lizzate e assicura un servizio sanita-rio di base a circa 21.000 persone,come già detto a Rouiesset-Jdideh.

Quante persone assistete quotidiana-mente?

In media circa 150 al giorno, finoa 7.000 all’anno. Dall’inizio dellapandemia abbiamo cercato di limi-tare il numero a quasi 90 pazienti algiorno per evitare il rischio contagi.Fin dal primo istante dell’esplosio-ne, abbiamo dato la nostra disponi-bilità, ma poiché il nostro è un cen-tro di assistenza primaria, tutte levittime sono state portate al prontosoccorso. Da noi stanno venendopersone a chiedere cibo e aiuto, masoprattutto cercano qualcuno chepossa ascoltarli e capire il drammasubito. Gente disperata e traumatiz-zata che ha bisogno di un po’ disperanza. E questa è la nostra primamissione, cercare di dare un po’ disupporto, sostegno, ascolto, presen-za.

Perché proprio Beirut? Perché proprioil Libano? Una città e un Paese dovesembra esserci una chiara forma di de-mocrazia e dove persone di diverse fedivivono in pace ed armonia?

A Beirut c’è mancanza di respon-sabilità. Noi continuiamo a sperareanche se il punto debole del Libanoè l’assenza di una visione comune

del Paese. Ogni gruppo la vede di-versamente e non siamo stati in gra-do di unificare questa visione. Lanostra preghiera è che questo prestopotrà essere possibile.

Quanti siete a lavorare nel dispensa-rio?

La nostra squadra è composta da2 suore, 15 impiegati e 30 medici.Abbiamo diverse partnership, inparticolare con la facoltà di Medici-na dell’Università Saint-Joseph. Laloro presenza garantisce un serviziomedico di qualità, dal momento chequesto ateneo è gestito dai padri ge-suiti con i quali condividiamo lastessa visione sulla persona umana,in particolare i vulnerabili che han-no diritto ai servizi sanitari tantoquanto i benestanti. «Une personnevaut mieux qu’un monde» dicevanoi nostri fondatori, san Jean Eudes esanta Marie Euphrasie.

Qual è e cosa cambierà della vostraopera pastorale in Libano?

Continueremo a fare quello cheabbiamo sempre fatto: servire gli al-tri. Cerchiamo di essere una presen-za tra i vulnerabili e i più svantag-giati che vivono in condizioni preca-rie, in particolare donne, ragazze ebambini. Facciamo di tutto per rive-lare loro l’amore misericordioso diGesù Buon Pastore, con opere dimisericordia, sostegno e protezione.

Di cosa ha bisogno il Libano per ri-p a r t i re ?

Prima di tutto c’è bisogno di uni-re i cuori e le menti. Occorre soste-nerci a vicenda per riappropriarcidelle forze fisiche e psicologiche ne-cessarie per superare questo grandeshock. Già prima dell’esplosione,oltre il 55 per cento della popola-zione viveva al di sotto della sogliadi povertà. Con questa deflagrazio-ne, la popolazione è in ginocchio,senza casa, lavoro, affetti. I giovanihanno molto potenziale e possonocontribuire a ricostruire il Paese, male opportunità sono limitate ancheper loro. Il Libano non può farfronte da solo agli innumerevolip ro b l e m i .

Lei pensa che sia indispensabile unaiuto economico da parte della comu-nità internazionale?

Sì, è necessario, anche perché èevidente la crisi economica. Però, an-che il Libano deve diventare produt-tivo ed essere in grado di lavorareper il proprio sviluppo. La stradaper il recupero è lunga, molto lunga.

La Chiesa cattolica e le altre religionipossono svolgere un ruolo determinantenella rinascita del Libano o questocompito spetta solo alle autorità gover-native?

La Chiesa e le altre autorità reli-giose hanno un ruolo primario, so-prattutto perché i libanesi sono mol-to credenti. Ripeto: dobbiamo unirei cuori, consolidare la convivialità ela coesione sociale. Le Chiese, molteorganizzazioni, ong, gruppi interre-ligiosi stanno lavorando su questoaspetto e portano avanti da diversotempo molte iniziative. Credo chesenza questi contributi la situazionepotrebbe essere anche peggiore diquella attuale. Ma queste azioni nonescludono il ruolo delle autorità go-vernative che hanno anche unagrande responsabilità, poiché hannoin mano le soluzioni politiche.

Se volesse fare un appello a chi lo ri-volgerebbe e cosa chiederebbe?

Innanzitutto, un appello alla pre-ghiera affinché la gente non perdala speranza, ma possa mantenere lafede in Dio e la speranza nel pro-prio Paese. Credo che il popolo li-banese sia paragonabile all’ArabaFenice, in grado di rinascere dalleproprie ceneri dopo la morte. E unappello lo rivolgo a quanti hanno acuore il Libano. Abbiamo bisognodi solidarietà: messaggi di confortoe affetto. Questo ci permette di rial-zarsi. E, infine, sono fondamentaligli aiuti economici, materiale, pro-dotti e tutto ciò che può servire adare una mano alle persone chehanno perso tutto.

Per chi volesse effettuare una do-nazione può farlo attraverso il sito:h t t p s : / / w w w. g s i f . i t / e m e rg e n c y l e b a -non/.

La Congregazione di NostraSignora della Carità del BuonPastore (suore del Buon Pastore),fondata nel 1835 da Santa MariaEuphrasia Pelletier in Francia,conta oggi 4.000 suore, presenti inpiù di 73 Paesi, al servizio dei piùpoveri e dei più emarginati.In Libano le religiose, con ilsupporto della FondazioneInternazionale Buon Pastore,operano in vari apostolati per:offrire servizi che rispondano aibisogni primari delle famiglie indifficoltà, sia libanesi, migranti orifugiati, e delle persone piùvulnerabili, che affrontano graviproblemi di integrazione e

inclusione nel sistema sociale eeducativo libanese; sviluppare lecompetenze e le capacità di donnee ragazze, a livello personale,familiare, sociale e professionale,per garantire loro miglioriopportunità per il futuro; fornireaccoglienza, protezione eassistenza sociale, legale epsicologica a donne e ragazzevulnerabili, vittime di violenza osfruttamento provenienti dafamiglie svantaggiate; infine,promuovere una cultura della pacee del dialogo tra gruppi sociali,etnici e religiosi, in linea con ilcarisma e la missione delle suoredel Buon Pastore.Tra i vari progetti ricordiamo: lacasa di accoglienza a Sehailé, unvillaggio situato nella periferianord di Beirut, dove dal 1981 offrealloggio, protezione e assistenza aragazze dai 6 ai 17 anni, vittime diviolenza domestica, o cheprovengono da situazioni familiarisegnate da difficoltà economiche,alcolismo, droga, incesto omatrimonio forzato. Il dispensariodi Saint-Antoine che rappresentaun punto di riferimento per coloroche credono che una convivenzapacifica e una società inclusivasiano possibili anche in Libano.Infine, il Centro sociale Roueisset-Jdideh, situato accanto aldispensario, che offre alle famiglievari servizi per promuoverel’inclusione dei rifugiati. I piùpiccoli sono inseriti in programmidi sostegno scolasticoindividualizzato.

IL CA I R O, 7. L’alleanza fra Egitto eGrecia è stata ulteriormente consoli-data con la stipula, ieri, di un accor-do marittimo che arriva dopo treanni di negoziati. Tuttavia per laTurchia l’intesa «non ha valore».

L’accordo, di cui non si conosco-no ancora tutti i dettagli, influenze-rà in chiave antiturca lo sfruttamen-to dei giacimenti di gas e petrolioscoperti recentemente nel Mediter-raneo orientale, in particolare nellearee contese da decenni fra Atene eAnkara.

È stato «firmato un accordo didemarcazione marittima che creauna zona economica esclusiva fra idue Paesi», ha annunciato il mini-stro degli steri greco, Nikos Den-dias, nel corso di una visita al Cai-ro, durante la quale ha incontrato ilsuo omologo egiziano Sameh Shou-kry. Lo riportano i media ufficialiegiziani al termine dell’incontro, ri-ferendo che i due ministri hannosottolineato il senso politico e anti-turco dell’iniziativa.

L’intesa «permette a Egitto eGrecia di andare avanti nel massimosfruttamento delle ricchezze dispo-nibili nelle zone economiche esclusi-ve di entrambi i Paesi, in particolareper quanto riguarda le riserve di gase petrolio», ha spiegato Shoukry.Inoltre, «le relazioni fra l’Egitto e laGrecia sono un fattore importanteper il mantenimento della sicurezzae stabilità nell’est del Mediterra-neo».

Immediata e forte la reazione del-la Turchia, la quale ha annunciatoche non riconosce il valore giuridicodell’accordo e che ne dimostreràl’inefficacia «sul terreno e nei tavo-li» internazionali. Lo ha dichiaratoin una nota il ministero degli Esteridi Ankara, sostenendo che si trattadi un’area «riconosciuta anchedall’Onu come piattaforma conti-nentale turca». I contenuti dell’ac-cordo — sostiene ancora Ankara —violano invece «i diritti della Libia»,con cui il governo di Recep TayyipErdoğan ha siglato, lo scorso no-vembre, un memorandum d’intesasulla demarcazione dei confini ma-rittimi, fortemente contestato tra glialtri proprio da Egitto e Grecia. Ilmemorandum è stato accompagnatoda un accordo militare risultato de-cisivo per respingere l’attacco a Tri-poli del generale Khalifa Haftar, ap-poggiato fra l’altro dall’Egitto. LaTurchia «non permetterà alcuna at-tività in queste zone» e «continuerà

a difendere con determinazione nelMediterraneo orientale i diritti»propri e dei turco-ciprioti, concludela nota.

Il ministro egli Esteri greco haparlato invece di intesa «storica» eha messo in luce il rilievo geopoliti-co, e non solo economico, dell’ini-ziativa. L’accordo «segna una nuovatappa delle relazioni strette fra i duePaesi» consentendo loro «di far

fronte a tutte le sfide». Dendias hapoi esortato «tutti gli Stati a seguireil modello dell’accordo», tracciandole frontiere marittime «nel rispettodel diritto internazionale». Questaintesa, ha aggiunto, è «l’opp osto»di quella firmata l’anno scorso fraTurchia e governo di governo di Ac-cordo nazionale di Tripoli guidatoda Fayez al-Serraj, la quale «an-drebbe gettata nel cestino».

VA R S AV I A , 7. Il presidente dellaPolonia Andrzej Duda ha presta-to, ieri, giuramento davanti all’As-semblea nazionale. Duda è statorieletto per i prossimi cinque anninelle presidenziali del 28 giugno edel 12 luglio scorso (ballottaggio).

«Voglio essere il presidente ditutti. Sono aperto alla collabora-zione», ha affermato nel discorsodopo il giuramento, ringraziandogli oltre 10 milioni di concittadiniche lo hanno votato. Alla cerimo-nia ha assistito l’ex presidente po-lacco Aleksander Kwaśniewski

mentre erano assenti gli ex capi distato Lech Wałęsa e Bronisław Ko-morowski . La Coalizione civica,all’opposizione, era rappresentatasolo da una delegazione di parla-mentari, senza i leader. «Non vo-gliamo assistere al giuramento allaCostituzione di un presidente chenegli ultimi cinque anni l’ha piùvolte violata», ha scritto BorysBudka della Piattaforma civica.Duda ha vinto il ballottaggio con51,03% dei voti contro il suo prin-cipale avversario Rafał Tr z a s k o -wski, sindaco di Varsavia.

TEL AV I V, 7. Raid aerei israelianihanno colpito nella notte obiettividi Hamas nella striscia di Gaza inrisposta al lancio di palloncini in-cendiari contro Israele. Lo hannoconfermato le forze israeliane. «Ter-roristi a Gaza hanno lanciato pal-loncini esplosivi contro Israele — silegge in un tweet dell’esercito — ein risposta i nostri caccia hannocolpito infrastrutture sotterraneedel terrore a Gaza. Non lasceremoche Hamas terrorizzi i civili israe-liani».

In precedenza dal nord dellastriscia erano stati lanciati pallonci-ni esplosivi contro il territorio israe-liano, in particolare contro la cittàdi Arad. Al momento, in base ai bi-lanci ufficiali, non sono segnalatevittime né danni materiali. Non ènemmeno chiaro se questi lancipossano essere ricondotti diretta-mente ad Hamas. In ogni caso,l’esercito israeliano considera il mo-vimento islamico responsabile diqualsiasi atto ostile provenientedalla striscia di Gaza.

Il ministro della Salute tedesco Jens Spahn (Reuters)

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 8 agosto 2020 pagina 3

Chiesto lo scioglimento dell’Nra

La procura di New Yorkcontro la lobby delle armi

L’amministrazioneUsa contro

l’hi-tech cinese

A un mese dall’accordo trilaterale con i paesi confinanti

Trump impone nuovi dazisull’alluminio canadese

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

WASHINGTON, 7. L’amministrazio-ne statunitense ha lanciato unanuova operazione, denominata“Clean network” (“rete pulita”),contro la diffusione dell’hi-tech ci-nese nel paese. Secondo il segreta-rio di Stato Usa, Mike Pompeo,l’obiettivo, nell’immediato, è quel-lo di bloccare o rimuovere le ap-plicazioni cinesi, definite «non af-fidabili». «App come TikTok, We-Chat ed altre sono una minacciasignificativa per i dati personalidei cittadini americani» ha affer-mato Pompeo. Ma il piano va ol-tre app e smartphone e prevedeanche restrizioni sui provider cine-si di cloud per immagazzinare idati. Oltre alle informazioni per-sonali più sensibili degli americani«proteggeremo la nostra proprietàintellettuale più preziosa, compre-se le ricerche sul vaccino contro ilcovid», ha sottolineato il segreta-rio di Stato.

È un’azione arbitraria in contra-sto con i principi del mercato eche mira a preservare il dominioUsa nel settore dell’alta tecnolo-gia, è stata la replica di Pechino,tramite il portavoce del ministerodegli esteri, Wang Wenbin.

biamo completato uno studio su tut-te le lingue e culture che avremmoincontrato o perché avevamo il pro-gramma per convincere qualcuno;non abbiamo aspettato di risolvere inostri problemi interni o una formu-la che ci eviti la passione pastorale,la fatica di avere figli da crescere. LoSpirito, come un vento forte, haaperto le porte e ci ha trascinatofuori, liberandoci dalle nostre pauree dall’affannosa ricerca di sicurezzeprevie per vincerle, donandoci unasicurezza nuova che troviamo solo“uscendo” e iniziando, diversa daquella del nostro protagonismo per-ché frutto dello Spirito. Se il virusdivideva ed impediva la partecipa-zione, tanti hanno cercato i modiper restare uniti, pregare assieme,confrontarsi sui grandi temi del limi-te, della fragilità, del male, del futu-ro, della solidarietà.

Vicinanza e creativitàsenza vergogna

La pandemia ci ha reso umili eforse proprio per questo pieni dispirito e creativi, perché pieni di Luie vuoti di noi. Ha scritto Papa Fran-cesco al clero di Roma parole chepossiamo sentire rivolte a tutti: «Hopotuto constatare, in quei dialoghisinceri, che la necessaria distanzanon era sinonimo di ripiegamento ochiusura in sé che anestetizza, ad-dormenta e spegne la missione».«La complessità di ciò che si dovevaaffrontare non tollerava ricette o ri-sposte da manuale; richiedeva moltopiù di facili esortazioni o discorsiedificanti, incapaci di radicarsi e as-sumere consapevolmente tutto quel-lo che la vita concreta esigeva danoi». I nostri modi abituali di rela-zionarci, organizzare, celebrare, pre-gare, convocare e persino affrontarei conflitti sono stati modificati emessi in discussione da una presen-za invisibile che ha trasformato lanostra quotidianità in avversità». Inquesta situazione «la fede ci permet-te una realistica e creativa immagi-nazione, capace di abbandonare lalogica della ripetizione, della sostitu-zione o della conservazione; ci invitaad instaurare un tempo sempre nuo-vo: il tempo del Signore» (Lettera diPapa Francesco al clero di Roma, 31maggio 2020). Queste considerazio-ni riguardano tutti, non solo i pre-sbiteri. Anzi. Il ruolo dei laici è de-cisivo e vanno coinvolti non inastratto ma nella responsabilità vera,associandoli nell’esercizio della pa-ternità e non del paternalismo, irri-tante, inaccettabile per chi lo eserci-ta e per chi lo subisce.

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

Il virus ci ha stanati e costretti a “u s c i re ”

Come vento che apre le porte

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in quest’a f f a re ,

ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

tidiana: sono stati segno della pre-senza consolante di Dio. Sono statipadri, non adolescenti. Purtropponon pochi di loro sono deceduti, co-me anche i medici e il personale pa-ramedico. E anche tra voi ci sonoalcuni sacerdoti che sono stati mala-ti e grazie a Dio sono guariti. In voiringrazio tutto il clero italiano, cheha dato prova di coraggio e di amo-re alla gente» (Discorso a medici, in-fermieri, e operatori sanitari, 20 giu-gno 2020). Ecco cosa siamo chiama-ti a compiere nei prossimi mesi. Ilkairós della pandemia ha allargato inostri orizzonti, facendoci scontrarecon il limite e riproponendo le do-mande vere della vita. Perché laChiesa non diventi un museo.

Quello che c’è chiesto è tradurrel’esperienza in interiorità, per nonperdere la consapevolezza, legatapurtroppo alla situazione di emer-genza, e costruire comunità, itineraridi confronto, spazi di preghieranuovi. La tanta solitudine e le fragi-lità del mondo, i tanti virus ci han-no fatto scoprire come davvero ilmondo è un ospedale da campo e laChiesa non è una organizzazioneumanitaria ma una madre che cercadi stare vicina ai suoi figli e li radu-na, in questa condizione, per libe-rarli dalla tentazione di salvarsi dasoli, di condannare il mondo invecedi fare di tutto per salvarlo, per faresentire la vicinanza di Dio che è inbarca con noi, Gesù pastore dellamisericordia e della compassione perle folle che aveva sempre visto stan-che e sfinite.

«Evangelii gaudium»l’unica chance di futuro

per la Chiesa

È la ricetta dell’Evangelii gaudiumdalla quale possiamo ripartire: dalVangelo, dalla semplicità dell’an-nuncio e dalla costruzione di comu-nità umane. È l’unica chance di fu-turo per la Chiesa. Quelle che ab-biamo sperimentato in maniera digi-tale, con tanti contatti, aperte achiunque, curate, con un linguaggiopiù semplice e diretto, con un sensoacuto delle parole invece di ripeti-zioni sbiadite, senza empatia per lacondizione di chi ascolta e con pocosenso di emergenza. Possiamo co-struire comunità esposte ai venti, al-le piogge e ai fiumi, ma che sappia-mo non cadranno, perché fondatesulla roccia della Parola. Non comu-nità perfette, adulte, ma luoghi diincontro vero e personale dove acco-gliere e testimoniare, dove affiancar-si ai tanti pellegrini agitati da do-mande e tristi perché non hanno ri-

care di fare come sempre e adessonon possiamo più dire che faremocome prima! Certo, qualcuno pensadi interpretare i disegni di Dio, anzidi usarli come verità lanciandoli aconferma delle proprie ossessioni,individuando colpevoli stanati dalcastigo inequivocabile di un Dio chefinalmente la smetteva con l’inaccet-tabile e ambigua misericordia e met-teva le cose a posto. Sempre per glialtri, ovviamente.

In realtà la Chiesa, umiliata cometutti dalla tempesta, si è trovata acambiare, così come ognuno è chia-mato a convertirsi. Ci siamo tuttiscoperti umili e per questo davveroforti. I sapienti di laboratorio, quelliche hanno la ricetta giusta e chenon sbagliano mai, i generali di pia-ni di conquista sempre sconfitti, divarie e differenti sensibilità, hannoiniziato ad interpretare. Il problemanon è il tipo di laboratorio, ma en-trare nella storia da cristiani e comeChiesa, smettendo di essere fuoridalla storia perché prigionieri di ca-tegorie astratte e soprattutto senzacompiere la vera fatica che c’è chie-sta: costruire comunità del Vangelo,assumersi la responsabilità pastoraledi relazioni e incontri con persone ecamminare fedelmente con loro.Umili perché come tutti, possiamoiniziare a parlare con tutti, stabilirecontatti che erano spezzati o inesi-stenti, uscire per davvero perché tut-ti sono fuori, ritessere rapporti e ser-vire chi era solo. Non comunitàideali o di categorie idealizzate, mareali, di uomini e donne a cui legar-si. In realtà, quasi senza accorgerce-ne, siamo cambiati, obbligati a par-lare con tutti e tutti ci hanno ascol-

Crescono i prezzidei prodottialimentari

zione. Sempre Papa Francesco, nelgiorno di Pentecoste, ci ha liberatoanche da toponomastiche vecchie,esterne alla Chiesa, eppure che tantola influenzano anche al suo interno.«Lo Spirito viene a noi, con tutte lenostre diversità e miserie, per dirciche abbiamo un solo Signore, Gesù,un solo Padre, e che per questo sia-mo fratelli e sorelle! Ripartiamo daqui, guardiamo la Chiesa come fa loSpirito, non come fa il mondo. Ilmondo ci vede di destra e di sini-stra, con questa ideologia, con quel-l’altra; lo Spirito ci vede del Padre edi Gesù. Il mondo vede conservatorie progressisti; lo Spirito vede figli diDio. Lo sguardo mondano vedestrutture da rendere più efficienti; losguardo spirituale vede fratelli e so-relle mendicanti di misericordia. LoSpirito ci ama e conosce il posto diognuno nel tutto: per Lui non sia-mo coriandoli portati dal vento, matessere insostituibili del suo mosai-co».

Non perdiamo questa opportuni-tà. I tre rischi, accovacciati alla por-ta del cuore, del narcisismo, del vit-timismo e del pessimismo possononon farci cogliere il kairós, così co-me la fretta di trovare le risposte pernon abbandonarci allo Spirito e allasua creatività. Misuriamoci con lasolidarietà così come è avvenuto pertanti, quella concreta, senza forsegrandi strutture, “della porta accan-to”, possibile a tutti, per essere vici-ni ai più poveri, perché la carità nonsia una dimensione che riguarda po-chi, ma che tutti si scoprano davve-ro responsabili gli uni degli altri.Quante povertà! Quante fragilitàportano persone vulnerabili a soffe-renze inconcepibili. Quanti bambinidei quali abbiamo praticamente per-so le tracce e che rischiamo restinoi n d i e t ro .

Il segno dei tempi della pande-mia, che ci ha aperto gli occhi suitanti virus che colpiscono il mondo(non dimentichiamo quello dellosfruttamento dell’ambiente e delletante violenze e guerre che lo attra-versano), ci aiuta a scegliere, a cre-dere alla forza degli umili e a co-struire comunità di umili e di pove-ri, forti del Vangelo e che da questoripartono, nella responsabilità di tut-ti.

Loris Capovilla amava l’e s p re s s i o -ne Tantum aurora est. Sì, siamo chia-mati alla laboriosità e generosità diricostruire, a fare incontrare e incon-trare tanti nella speranza, a leggerequesto segno dei tempi perché vi sial’inizio di un nuovo giorno e di unnuovo passo per seminare e fare cre-scere la presenza di Dio nella stanzadel mondo, in quella Casa comuneche ci è affidata e che sentiamo tuttanostra.

ROMA, 7. Per il secondo meseconsecutivo si registra in luglioun costante aumento dei prezziglobali dei prodotti alimentari.Lo rileva la Fao, spiegando cheil trend è trainato dagli oli ve-getali e dai prodotti lattiero-ca-seari. Il valore medio dell’indicedei prezzi dei prodotti alimen-tari dell’Organizzazione delleNazioni Unite per l’Alimenta-zione e l’Agricoltura ammonta-va in luglio a 94,2 punti, un da-to che costituiva un aumentodell’1,2 per cento rispetto a giu-gno e di quasi l’1,0 per cento ri-spetto a luglio 2019. L’IndiceFao dei prezzi dei prodotti ali-mentari rileva i prezzi interna-zionali dei generi alimentari piùfrequentemente oggetto discambi commerciali. Dallo scor-so giugno — rileva la Fao — l’in-dice dei prezzi degli oli vegetaliha subito un’impennata del 7,6per cento, facendo segnare ilvalore più alto nei cinque mesidi rilevazione. Salito anche peri prezzi dei prodotti lattiero-ca-seari del 3,5 per cento, un rialzoche ha interessato tutti i prodot-ti, dal burro al formaggio finoal latte in polvere.

WASHINGTON, 7. Il procuratore ge-nerale dello stato di New York, Le-titia James, ha intentato una causacontro la National Rifle Association(Nra), la principale organizzazionestatunitense dedicata alla difesa delsecondo emendamento della costi-tuzione statunitense basato sul di-ritto di ogni individuo di possederearmi per la difesa personale e perusi ricreativi, chiedendone lo scio-glimento.

L’accusa sollevata da James èverso Wayne LaPierre, alla guidadella Nra per tantissimi anni e oravicepresidente esecutivo, che insie-me ad altri tre elementi di spiccodell’associazione avrebbero utilizza-to le risorse della stessa per scopipersonali macchiandosi di gravi rea-ti finanziari, frodi e abusi. In solitre anni, infrangendo varie leggistatali e federali, avrebbero sottratto64 milioni di dollari dal bilanciodella Nra per scopi personali. Equesto nonostante sia un’o rg a n i z z a -zione senza scopo di lucro. L’asso-ciazione è passata da un surplus diquasi 28 milioni di dollari nel 2015a un deficit di 36 milioni nel 2018.Il rischio bancarotta per la Nra eranoto ancor prima che Letitia Jamespresentasse la maxifrode alla Cortesuprema dello stato a Manhattan-dopo mesi di indagini, partite nelfebbraio del 2019 e arrivate a quellache per ora è una causa civile (manon si esclude in futuro anche un'a-zione penale). Un bruttissimo col-po per un’organizzazione nata nel1871 e che, dunque, ha quasi 150 an-ni di storia alle spalle e oltre 5 mi-lioni di soci.

«L’influenza della Nra è stata co-sì potente che, abusando del suopotere, ha impedito alla nostra na-zione di agire contro la violenza ar-mata» ha detto il procuratore diNew York aggiungendo che, oltre achiedere lo scioglimento dell’asso-ciazione e cercare di recuperare isoldi frodati, proverà a impedire aiquattro singoli imputati di poter

tornare a far parte del consiglio diqualsiasi altra organizzazione senzascopo di lucro nello stato. La Nraha il suo quartier generale a Fair-fax, in Virginia, ad una trentina dikm da Washington, ed è registratacome organizzazione non profit aNew York, dove conduce gran par-te delle sue transazioni finanziarie.

Poco dopo la notizia dell’inchie-sta della procura di New York, ilpresidente Usa Donald Trump —che ha ricevuto il sostegno dell’Nrasia nelle elezioni del 2016 che per leprossime in programma a novembre— ha incoraggiato la National RifleAssociation (Nra) a spostare la suasede in Texas. «Sarebbe un grandeStato per l’organizzazione», ha det-to ai cronisti alla Casa Bianca.Trump, ieri, ha ritwittato alcuni po-st in cui ci si chiede se sia possibileindagare sulla Nra e non sulla Fon-dazione Clinton accusata di scanda-li ben peggiori.

WASHINGTON, 7. Il presidente sta-tunitense ha annunciato ieri, du-rante una visita a una fabbrica dilavatrici a a Clyde nell’Ohio, diaver firmato un provvedimentocon cui imporrà nuovi dazi del 10per cento su alcuni prodotti in al-luminio provenienti dal Canada.«Diversi mesi fa la mia ammini-strazione ha acconsentito alla re-voca di quei dazi in cambio dellapromessa da parte del governo ca-nadese che la sua industria dell’al-luminio non avrebbe invaso il no-stro paese con esportazioni e deci-mato tutti i nostri posti di lavoronel settore, che è esattamentequello che hanno fatto», ha affer-mato Trump. Nel motivare la suadecisione l’inquilino della CasaBianca ha aggiunto che «il Cana-da stava approfittando di noi, co-me sempre. L’industria dell’allumi-nio negli Stati Uniti è stata deci-mata», precisando che la misuraentrerà in vigore dal 16 agostop ro s s i m o .

L’annuncio del presidente Usaarriva appena un mese dopo l’en-trata in vigore del nuovo accordocommerciale tra Stati Uniti, Mes-sico e Canada, noto come T-Mec,che ha sostituito, dopo mesi didifficili trattative, il Nafta, la pre-cedente intesa in vigore dal 1994.Trump aveva imposto dazi sull’al-luminio canadese nel 2018, ma liaveva revocati lo scorso anno du-rante i colloqui sugli accordi com-merciali trilaterali che hanno ap-punto portato al T-Mec.

Pronta la replica del governo diOttawa, che ha definito il provve-dimento "inaccettabile" e ha pro-messo «contromisure di pari valo-re». «In un periodo di pandemiaglobale e crisi economica — hadetto il vice premier canadeseChrystia Freeland — l’ultima cosadi cui hanno bisogno lavoratoricanadesi e americani sono nuovidazi che aumenteranno i costi perproduttori e consumatori, ostaco-leranno il libero flusso del com-mercio e danneggeranno le econo-mie».

«Ci batteremo sempre per i no-stri lavoratori dell’alluminio. Loabbiamo fatto nel 2018 e or li di-fenderemo di nuovo», ha aggiuntopoco dopo su twitter il primo mi-nistro canadese Justin Trudeau.

La Camera di Commercio Usaha definito la mossa del presidenteTrump «un passo nella direzionesbagliata» che aumenterebbe i co-sti per le aziende e i consumatoridegli Stati Uniti.

tato. È successo come il suono dellecampane, che molte diocesi hannosciolto in orari stabiliti per fare sen-tire amati e “p ensati” coloro che acausa del virus erano costretti a ri-manere isolati, ma non erano lasciatisoli dalla preoccupazione di questamadre che non resta lontana daipropri figli. Quante iniziative digita-li, a volte curiose, qualche volta in-genue, forse con qualche tentazionemalcelata di protagonismo, ma tutteper restare insieme, per non accetta-re di essere separati. Appunto. Esat-tamente l’Evangelii gaudium, la suaurgenza, il rifiuto di pensarsi mino-ranza che vive per se stessa, che hapaura e si difende dal mondo invecedi difendere il mondo dal maligno,di essere nel mondo ma libera dallospirito del mondo, capace di parlarecon tutti perché forte del Vangelo,

Non dobbiamo chiudere sbrigati-vamente questa prospettiva, perché«lo zelo pastorale e la sollecitudinecreativa dei sacerdoti hanno aiutatola gente a proseguire il camminodella fede e a non rimanere sola difronte al dolore e alla paura. Questacreatività sacerdotale che ha vintoalcune, poche, espressioni “adole-scenti” contro le misure dell’autorità,che ha l’obbligo di custodire la salu-te del popolo. La maggior parte so-no stati obbedienti e creativi. Hoammirato lo spirito apostolico ditanti sacerdoti, che andavano con iltelefono, a bussare alle porte, a suo-nare alle case: “Ha bisogno di qual-cosa? Io le faccio la spesa...”. Millecose. La vicinanza, la creatività, sen-za vergogna. Questi sacerdoti chesono rimasti accanto al loro popolonella condivisione premurosa e quo-

sposte. Se la Chiesa diventa dome-stica, cioè relazione fraterna, comesiamo chiamati a fare, tutti incontre-ranno in un mondo di isolamento eindividualismo permanente la pre-senza buona di Gesù. Una Chiesadomestica, familiare, potrà aiutare acostruire famiglie sul lavoro, a casa,tra le persone. Di queste, non dob-biamo mai dimenticare, i poveri nefanno parte per diritto. Abbiamo as-sistito a tanti episodi di attenzioneal prossimo, commoventi, anzi indi-cati come esempio in diverse occa-sioni. Questo ci deve fare scoprire itanti doni che abbiamo e che inrealtà ognuno di noi è, la necessitàdi comprenderli e di esserlo gli uniper gli altri. Se una comunità, una«famiglia del Vangelo», non si facarico di qualche povero o di qual-che povertà, ha tradito la sua voca-

identità che non si di-fende o si acquista per-ché ci si contrappone,ma che, proprio perchéconsapevole, parla adogni persona. La Chie-sa, come una madre,non può restare lontanada coloro che cercanola gioia, che ne hannobisogno. Siamo staticostretti a rimetterci perstrada, per lo più attra-verso lo strumento digi-tale con le deformazio-ni che questo può por-tare, ma anche con lestraordinarie opportuni-tà che garantisce. Comein una vera Pentecostenon abbiamo iniziato aparlare perché abbiamocapito tutto, perché ab-

Il procuratore capo di New York Letitia James annuncia il provvedimento (Afp)

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 sabato 8 agosto 2020

Quel medico giudeo che Martino si rifiutò di cacciare

Miniatura tratta da un antico manoscritto di medicina

di LUCIO CO CO

Di Gregorio XII (1406-1415) lastoria non ci ha lasciato nessunnome di medico curante; men-tre del suo contemporaneo,l’antipapa Alessandro V, eletto

dal concilio di Pisa nel 1409 e morto a Bolo-gna nel 1410 rimane la descrizione del suomedico Pietro d’Argellata dell’apertura e im-balsamazione del cadavere in un capitolodella sua Chirurgia intitolato De custodiacorporis mortui.

Oltre a questo e prima di questo, in unabolla che porta la data del 25.2.1410, nellaquale elegge suo archiatra, a Paolo della Val-le (padre di Filippo, che più tardi avrebbeprestato le sue cure ad Alessandro VI) Ales-sandro V ha lasciato una delle più anticheformule di nomina per questo tipo di incari-co. Il testo si presenta, al contempo, anchecome un elogio dell’arte medica, con paroleche vengono mutuate dalla formula del con-te degli archiatri di Cassiodoro. Vi si puòleggere infatti che «tra tutte le utilissime artiche l’immensa bontà della maestà divina at-tribuì ai mortali a sostegno dell’umana indi-genza, nessuna sembra possa fornire nientedi simile a quanto può offrire d’aiuto la me-dicina. Questa infatti sempre assiste con ma-terna grazia quanti sono provati dalla malat-tia. Essa si batte contro i dolori, venendo insoccorso della nostra debolezza e sforzando-si di dare sollievo, laddove nessuna ricchez-za e nessuna dignità, se Dio non lo rendepossibile, può venire in aiuto».

Lo scisma d'occidente si chiuse con l’ele-zione di Martino V (1417-1431) di cui si con-tano diversi medici: Giovanni Baldi, Anto-nio da Lucignano, Antonio Pucci, MarianoAlbertini e Elia Giudeo nei confronti delquale il giureconsulto Giovanni d’Anagni(+1457) sollevò la questione «se un giudeopotesse essere medico del papa o dell’imp e-ratore», concludendo che non era possibile:Posse dici quod non. Martino però non si av-valse del parere dell’illustre canonista delloStudio bolognese anzi con un atto del 1422permise ai medici ebrei di curare liberamen-te i cristiani, cancellando le pene che eranopreviste per questo delitto.

Elia Giudeo così poté continuare a presta-re le sue cure anche al successore Eugenio IV(1431-1447). Questi si avvalse anche di altridottori quali Ludovico da Orte, al qualevenne corrisposto uno stipendio mensile di15 fiorini da luglio 1442 a novembre 1445. DiAndrea da Palazzago si sa che è probabileche dopo la morte di Eugenio, chiamatodall’arcivescovo di Zara, si recasse in queiluoghi a esercitare l’arte medica: «Speriamoche, se vuoi — gli scrive l’arcivescovo della

città dalmata Maffeo Vallaresso — tu possarecarti qua» (lettera del 16 luglio 1451).Nell’elenco ci sono anche Niccolò d’Assisi eBerardo Mazzieri da Trevi che fu medico diEugenio a partire dal 1445 e di Niccolo V(1447-1455) non oltre il giugno del 1447. An-che Baverio Bonetti, insieme a BernardoGarzoni, pure lui dello Studio di Bologna,ebbe un ruolo primario nella cura di questoPapa, percependo uno stipendio di 100 fiori-ni a trimestre. Di lui si sa che era figlio dimedico e rimane anche una sua descrizione

tavia alla sua presenza a motivo dell’età seni-le».

Anche Pio II (1458-1464) che gli successesul soglio di Pietro avrebbe voluto per sé uncerto Giacomo medico dell’imperatore Fede-rico III (in carica dal 1452 al 1493) al quale,dopo avergli anticipato che gli avrebbe in-viato duecento ducati d’oro e gli avrebbe as-segnato una pensione di altri cento finchéfosse vissuto, si rivolge così: «Volentieri tiavremmo voluto presso di noi per le tuequalità e la grande perizia nel curare, rite-nendo che ciò avesse giovato molto a un sa-lutare regime di vita. Tuttavia considerandoquanto cara e necessaria sia la tua presenza asua sublimità l’imperatore, non ci è sembra-to onesto chiederti a lui» (lettera del 4 lu-glio 1459).

Pertanto medici di Pio II furono GiovanniSernini che, stando ai libri paga, operò pertutto il suo pontificato dal 1458 al 1464, epiù tardi un certo Antonio e Sozino Benzi.Questi era presente alla morte del Ponteficead Ancona il 14 agosto 1464 e di fronte almale che si era manifestato era tra quei me-dici che avevano affermato che i sintomi nondestavano preoccupazione: Medicis nihil peri-culi promittentibus. Accorgendosi che la situa-zione era molto più grave, il moribondo gri-dò: «Anche questa è la miseria dei principi,che non mancano adulatori neppure in pun-to di morte».

Il suo successore Paolo II (1464-1471) che,secondo il biografo Michele Canensi, «quan-

do stava bene disprezzava le opinioni e iconsigli dei medici», ebbe ben cinque medi-ci personali: Sebastiano Veterani, GiacomoZoccoli Gottifredi, Sante Fiocchi, GiovanniBurgio e Cristoforo Placentini e probabil-mente anche il chirurgo Giovanni Albarisa-ni. Nei De gestis Pauli secundi Gaspare daVerona attesta che solo i primi tre dell’elen-co sono stati medici del Pontefice, aggiun-gendo anche che «essi erano come degliEsculapi, degli Apolli, dei Galeni e degli Ip-pocrati; altri direbbe come degli Avicenna,degli al-Mansur e dei Mesuè. E se qualcunoavesse terminato i suoi giorni per dei gravimorbi a motivo dei tempi iniqui e dell’ariacattiva, questo non era da ascrivere alla loroignoranza». Conclude infatti in maniera la-pidaria il biografo: «Non sempre infatti ilmedico guarisce, non sempre il male vienevinto da farmaci e medicine, perché gli uo-mini devono necessariamente morire».

Oltre che di Paolo II, Giacomo ZoccoliGottifredi fu anche archiatra di Sisto IV(1471-1484). A costoro occorre aggiungere al-tri quattro o cinque sanitari (c’è qualchedubbio infatti sulla figura di Aloisio Franco-lini). Tra questi c’erano sicuramente NiccolòDido, Evangelista Urighi da Trevi, ValerioFlacco da Viterbo, giunto a Roma al seguitodel cardinale Bessarione intorno al 1465 (cheperò «morì giovane e fu tenuto in grandeconsiderazione tra gli uomini») e GiacomoSolleciti, quello che godeva di più chiara fa-ma, pagato con un stipendio di 15 fiorini

d’oro al mese e che era stato chiamato allacarica di medicus Xisti Papae IIII, per aversaputo dimostrare, stando a una vecchia cro-naca, che la morte di «un cortegiano gratis-simo al Pontefice [era dovuta al fatto] cheintorno al cuore dell’ammalato vi era un ver-me sostentato da tutte le medicine dateglifin allora». Egli aggiunse che se fosse arriva-to prima, sospendendo quelle cure e fornen-do un suo preparato, avrebbe potuto salvar-lo. Di fronte a chi mostrava incredulità ri-guardo alla cosa, egli provò tale affermazio-ne, «facendo aprire il cadavere e, avendotrovato nel detto luogo il mortifero animale,se ben piccolo e snello, a cui porgendo i me-dicamenti presi dal defunto, si prolungava ilvivere, [e offrendo invece] la composizionedi Giacomo tosto perdé il movimento e lavita con meraviglia universale».

A margine della storia dei medici persona-li di Sisto IV vanno anche ricordati due suoiprovvedimenti che hanno a che vedere conla storia della medicina. In una prima bollainfatti che porta la data del 14 dicembre 1471,«preso atto dei tanti errori commessi damolti che usurpano il nome di medico», sistabilisce che «a nessuno, maschio o femmi-na, cristiano o giudeo, era concesso di eser-citare la medicina e la chirurgia se non fosseprofessore [magister] o dottore [licenziatus] inquest’arte», obbligo che fu poi esteso ancheagli speziali con una seconda bolla del 20giugno 1476.

Il Solleciti fu archiatra anche sotto Inno-cenzo VIII (1484-1492) insieme a LodovicoPodogataro, Ferdinando Ponzetti (di questidue si hanno maggiori notizie), BenedettoPorcocinti e Pietro Macerata (del quale ci èrimasta una descrizione fisica che lo vuole«nell’incarnato e con i capelli rossi, la facciarotonda, gli occhi acuti anch’essi arrossati,dall’aspetto orribile»). Per quanto riguarda ilPodogataro, questi si era formato presso loStudio di Padova, «alla scuola di Mattiolo,celebre professore perugino». Di lui si narra-va «che per tutto il tempo che visse non fumai molestato da veruna infermità o notabileindisposizione di corpo». Segno evidente, sidiceva, non solo di una costituzione forte erobusta ma anche dell’aver saputo apprende-re l’arte del medicare «con tanta sua utilità».Il secondo, Ferdinando Ponzetti, nato a Na-poli ma di origine fiorentine, fu medico e fa-migliare del Papa «per la sua dottrina e lemolte qualità» (Breve del 14 maggio 1485).Morì il 16 marzo 1528 in seguito agli stra-pazzi e sforzi gravissimi «sofferti dall’univer-sale saccheggiamento della povera Roma»: ilriferimento è qui al sacco della città operatoun anno prima — era il 6 maggio 1527 — dal-le truppe mercenarie di Carlo V.

MEDICUS PA PA E — IL QUATTRO CENTO

«Anche questaè la miseria dei principiche non mancano adulatorineppure in punto di morte»disse Pio II ai dottoriche minimizzavano la gravitàdella sua malattia

che lo ritrae «alto, magro e nero». Entrambii dottori erano presenti in occasione dellamorte del Pontefice il 24 marzo 1455 e il suosuccessore Callisto III volle che fossero ver-sati loro 200 fiorini «per le tante e differentiopere da questi compiute nei confronti dellapersona di Niccolò V di buona memoria».

Tra i medici di Niccolò V che vengono in-dicati da Mandosio c’è Simone Tebaldi, chelo definisce «dottore in medicina, famigliaree scrittore apostolico». Questi sarà anche sa-nitario di Callisto III (Alfonso de Borgia,1455-1458). Insieme a lui il Papa spagnolo siavvalse delle cure di Lorenzo Galerani, no-minato archiatra apostolico con bolla del 14dicembre 1456, dove è detto espressamenteche «veniva creato medico e famigliare delpapa per mera liberalità e grazia speciale».Inoltre in un altro documento il Ponteficenomina suo medico anche il concittadinoFerdinando Lopez (di Xativa nella Comuni-tà valenzana). In questo caso però si trattavain realtà di un incarico onorario perché,mentre veniva affermato di voler ricorrere al-la sua scienza, contemporaneamente nel do-cumento si concedeva la dispensa dall’obbli-go della presenza a Roma data l’età avanza-ta. Si può leggere infatti nella bolla che eraintenzione del Pontefice «di continuare adavvalersi, quando ce ne sarebbe stato biso-gno della scienza del dottor Lopez per laconservazione della salute, rinunciando tut-

«Sulla soglia della coscienza. La libertà del cristiano secondo Paolo» di Adrien Candiard

Pa ro l edi cui abbiamo bisogno

di SI LV I A GUSMANO

In quanti modi si può tradireil Vangelo? Nella galleria del-le infinite possibilità, aggiun-ge un tassello importante ilbreve, chiaro e densissimo li-

bro scritto da un giovane cristianofrancese che vive al Cairo. Un tassel-lo importante non tanto per il tradi-mento che fotografa — l’appro cciolegalista alla Parola di Gesù — maper il modo in cui lo fa.

Classe 1982, dopo essersi dedicatoalla politica, nel 2006 Adrien Can-diard è entrato nell’Ordine domeni-

cano. Membro dell’Institut domini-cain d’études orientales ed esperto diislam, è autore dell’opera teatrale Lecinquième évangile (insignita del PrixJacques Hamel, e di cui Silvia Guidiha parlato su queste pagine) e di di-versi saggi di spiritualità. Tra loroSulla soglia della coscienza, vincitoredel Prix de la liberté intérieure, re-centemente edito in Italia da Emi(Verona, 2020, pagine 128, euro 13;traduzione di Pier Maria Mazzola).

Muovendo dalla Lettera a Filemo-ne, Candiard analizza la libertà delcristiano secondo Paolo (come speci-fica il sottotitolo), e lo fa con parolechiare e semplici, firmando un testo

che accompagna il lettore — anche ilnon addetto ai lavori — al cuore delcristianesimo. In quello che il cristia-nesimo è e, soprattutto, non deve es-s e re .

«Non ho niente contro i ragionie-ri, ma la grazia di Dio non rientra,per definizione, in un foglio Excel»:troppo spesso, invece, anche da chiè animato dalle migliori intenzioni,la fede cristiana viene concepita co-me un elenco di proibizioni oppurecome una sorta di lista di precetti daseguire pedissequamente.

Se Paolo non è colui che risultadai brevi, scarni e decontestualizzatiframmenti che siamo soliti orecchia-re a messa — sostiene Candiard —,così Gesù non ha parlato da conta-bile, ma si è fatto latore di un mes-saggio di grazia, coscienza e amore.

La parte più interessante del libro,però, sta nei passaggi in cui Can-diard mette la Parola alla prova conla sua vita, con i suoi stessi errori,con gli incontri fatti nel corso delsuo ministero. «Ci sono dei dopo-messa difficili per un predicatore —racconta ad esempio nel capitoloNon è giusto! —. Non tanto nei giorniin cui l’ispirazione gli ha difettato; ifedeli sono ordinariamente indulgen-ti in questo caso. Ma le domenichein cui ha dovuto leggere, con qual-che brivido, una di quelle pagine divangelo che tanti cristiani trovanopressocché insopportabile sentire».Non quelle in cui si evoca l’inferno,ma piuttosto quelle che tanti creden-ti non riescono proprio a mandaregiù: «Tutte le parabole in cui Gesùparla di un peccatore apparentemen-te preferito ai giusti, di un ragazzoche fa della propria vita quel che gligira mentre il fratello maggiore ri-masto docilmente a casa è quello

che nella storia fa la parte del catti-vo, di braccianti che cominciano laloro giornata di lavoro un’ora primadella fine ma trovano del tutto natu-rale essere pagati quanto gli altri».

cessive fatte da Gesù, di concettimale interpretati come quelli di ca-stità e di abuso di potere, ciò che locaratterizza è la scelta delle parole.Il loro tono, la loro potenza concre-

di Paul Claudel, di Georges Berna-nos, dei padri del deserto e di Do-stoevskij. E della sua celebre Leggen-da del Grande Inquisitore, emblemadi una Chiesa che corre spesso il ri-schio di non ascoltare la voce di li-bertà su cui si fonda il Vangelo.

Parte da un’epistola un po’ spiaz-zante Adrien Candiard, perché lalettera a Filemone non è una disqui-sizione ideologica o politica a favoredell’abolizione della schiavitù, mauna “semplice” esortazione alla fra-ternità cristiana, un «invitare senzaobbligare». Ma il punto veramenteinteressante è la domanda che Can-diard ci pone. Perché il giovane do-menicano affida al lettore la questio-ne più delicata di tutte, specie perchi (e siamo in tanti) tiepidamentecrede: «Che cosa facciamo, noi, delnostro tempo?».

Quelle di Candiard sono parole dicui avremmo tanto bisogno oggi,nelle prediche delle nostre messe. Seil giovane domenicano non è certo ilprimo a spiegare il significato di tan-te parabole scomode, di richieste ec-

ta fondata su una chiarezza che è in-sieme semplice e profonda.

Leggendo le parole di Paolo e in-dagando il significato del cristianesi-mo alla luce della sua esperienza,Candiard passa attraverso le pagine

La parte più interessante del librosta nei passaggi in cui partendo dalla «Lettera a Filemone»il giovane domenicano mette la Parola alla provacon la sua vita, con i suoi stessi errorie con gli incontri fatti nel corso del suo ministero

Adrien Candiard

Particolare dalla copertina del libro

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 8 agosto 2020 pagina 5

Le viaggiatrici del buioL’amore per l’astronomia e l’«effetto Neowise»

Storie di conversione alla «filosofia della solidarietà» nell’ultimo romanzo di Dario Buzzolan

Aspettando la fine dell’eclissi

di FABIO PIERANGELI

Lette avidamente le più dicinquecento pagine di Inverità di Dario Buzzolan,propongo all’autore, acaldo, una formula sinte-

tica: è un romanzo di conversione.La sintonia è perfetta, mi dice Buz-zolan, «io stesso l’avrei definito unromanzo di redenzione».

Nell’itinerario di cambiamento de-cisivi sono gli incontri; dilatano ilpalpito del cuore o lo relegano inuna zona morta, di una vita non vi-ta. La redenzione non è mai definiti-va e il finale si presta a immaginarealtre vicende dei protagonisti di unromanzo definito «corale» dalla cri-tica sui più autorevoli quotidiani na-zionali.

Conversione e redenzione laiche,illuminate da quella delicata filosofia

della solidarietà presente in Buzzo-lan fin dall’esordio del 1999, Dall’al-tra parte degli occhi, vincitore del Pre-mio Calvino. In questi vent’anni loscrittore torinese, romano di adozio-ne, ha collezionato nove romanzi,pubblicati con diversi editori, daMursia a Baldini & Castoldi, daFandango a Manni e ora approdacon In verità, meritatamente, all’am-miraglia dell’editoria nazionale, laMondadori (Milano, pagine 462, eu-ro 20), conquistando, scrive giusta-mente Mirella Serri il 28 marzo scor-so su «La Stampa-Tuttolibri», «unposto unico nel panorama narrativoitaliano».

A metà del cammino, nel 2009,entra nella cinquina dello Strega conI nostri occhi sporchi di terra, unaconferma di come il tema del guar-dare, della visibilità dell’invisibile,qui con un preciso sfondo storico in

flashback nella guerra partigiana, siail suo archetipo stilistico. Intensi emolto ben riusciti anche gli ultimidue romanzi in ordine cronologicoMa l a p i a n t a (Baldini&Castoldi, 2016)e La vita degna (Manni, 2018) doveil percorso del protagonista Leonar-do Bolina si snoda tra due oppostevisioni della vita: il suicidio comecoscienza del non senso dell’esisten-za oppure la capacità di saper co-gliere le occasioni di creaturalità chesi presentano in modo imprevisto,diverse dagli obiettivi in precedenzafissati.

La vita degna è veramente farcoincidere i nostri desideri con il lo-ro conseguimento? Non sarà proprionella deviazione, nell’imprevisto cheacquistiamo coscienza del nostro de-stino? Domande che riecheggiano,sotto traccia nel romanzo del 2020.Cento anni prima di In verità, nel

1919, esce Con gli occhi chiusi di Fe-derigo Tozzi.

Come in Svevo, come in Moravia,i valori economici divenuti centralinella società del passaggio del secoloe con i quali deve scontrarsi il giova-ne protagonista, Pietro, vengono em-blematicamente, rozzamente, violen-temente esibiti nella prima scena,dove il padre padrone DomenicoRosi conta i soldi ricavati nella sera-ta dell’osteria e guarda laidamenteuna serva.

Lo scontro con il figlio sarà duris-simo, come la vaga e tenera velleitàutopica di Pietro che dovrà aprire gliocchi di fronte ad una realtà, incar-nata da Ghisola, la ragazza amata eidealizzata, decisamente diversa dacome l’aveva immaginata. La crescitaeconomica, la globalizzazione hannolievitato le cifre, consumate finoquasi al collasso le risorse del globo,raffinato le forme di guadagno e in-vestimento. Il sesso e il denaro resta-no, esplicitamente o sotto traccia, ivalori centrali della società.

Su questo sfondo, nel presentedell’attualità, nel microcosmo inven-tato e realistico di Cernedo (vieneda pensare a toponimi simili inBrianza) si affrontano la genialitàcreatività e imprenditoriale dell’ec-cellenza del marchio italiano degliorologi, la Stella della famiglia Tro-vato, contro la corazzata della multi-nazionale con sede centrale in Sviz-zera LiebenKraft che vuole acquisir-la, sfruttando la crisi economica svi-luppata da una esosa richiestadell’Agenzia delle entrate per tasse

L’imprevisto, nei racconti di Buz-zolan, è quasi sempre originato dauno sguardo che ritorna creaturale ecapace di meravigliarsi della realtà,come quello di un bambino. Nei rin-graziamenti, infatti, lo scrittore ci in-dica da dove provenga l’idea di ri-volgersi alle stelle e ai pianeti delpiù giovane della famiglia Trovato:«Questo libro non avrebbe presoforma senza (…) la devozione, la fe-deltà di mio figlio Davide a Marte».Una fedeltà che, nell’intreccio del

nei dirigenti della multinazionalesvizzera, vuol dire attraversare l’eclis-si per ritrovare luce, entrare nellaschiera di quelle persone le cui «im-magini, i volti, le storie (quelle rac-contate e quelle che non sapremomai) [sono quelle] di chi a rischio ocosto della vita attraversa mari, de-serti, propaganda, pregiudizi percercare una vita degna».

Tra i molti esempi possibili nescelgo due, una donna saldamente ecinicamente in carriera e un ragazzo,

La «vita degna» è veramentefar coincidere i nostri desidericon il loro conseguimento?Non sarà che acquistiamo coscienza del nostro destinonella deviazione nell’i m p re v i s t o ?Domande che riecheggiavano già cent’anni fain «Con gli occhi chiusi» di Federigo Tozzi

romanzo è capace di contagiareAmelia, della LiebenKraft, «sciacallodi professione», addetta alle trattati-ve per rilevare nel modo economica-mente migliore le piccole produzioniin difficoltà.

Si leggano le pagine in corsivodell’incipit, poetiche e misteriose,con l’accenno ad una eclissi non me-glio identificata da chi si trova sottoquel cielo insolito, di ritorno dallaspaventosa carneficina della Primaguerra mondiale.

celebre più di quanto abbia deside-rato da piccolo. Amelia Rossano del-la LiebenKraft si scontra con un ele-mento non previsto nella sua profes-sione di sciacallo di piccoli marchida risucchiare facendogli perdereuna originaria identità: il fattoreumano.

Al soldo della multinazionale tro-viamo il campione di football italo-camerunense Hamidi Paolo Illica, ilclassico genio e sregolatezza, ritrattoin un momento delicatissimo dellacarriera in cui un ginocchio malan-dato lo tiene fuori dal campo e neaumenta la tentazione al vizio dellacoca, della bella vita notturna, delsesso spinto.

I rapporti burrascosi con i padro-ni svizzeri, una strana calma ritrova-ta in una amicizia e nel fare del be-ne, quando passa da idolo a signornessuno, gustando quella solitudinecome ritrovamento inaspettato di unio profondo, lo «convertono» e let-teralmente lo «redimono».

Lo persuadono: questo è l’autenti-co capolavoro del calciatore più abi-le dell’intero globo, non il dribblingo il goal più spettacolare, il miracoloche poteva anche non avvenire e cheporta la sua squadra in alto nellaChampions.

Come molti artisti baciati da capa-cità uniche, il capolavoro, la partitamigliore, coincide con l’annienta-mento, con la melodia perfetta suo-nata davanti alle divinità o ai diavolidell’inferno. Per lui, come nella pa-gina finale in corsivo che in un girodi boa torna all’incipit, nel 1919,l’eclissi è terminata e «il cielo si èriaperto, e pare più grande di primasu tutta la terra e su tutte le creatureche lo abitano».

Quando sono lontane dal Solele comete sono corpi celesti estremamente freddie la loro forma è piuttosto irregolareSono formate principalmenteda rocce e da gas congelati sulla superficie

Amelia Rossano, saldamente e cinicamente in carrierasi scontra con un elemento non previstonella sua professione di “sciacallo”di piccoli marchi da risucchiarefacendogli perdere una originaria identità: il fattore umano

non pagate, per ingenuità o dolopoco importa.

Tema non nuovo nel romanzo, apartire dal crack economico che tra-volge il piccolo e raffinato marchioitaliano, affrontato, anche negli ulti-mi tempi, da romanzi, da film, daserie televisive e perfino riuscite ope-re teatrali, che offre a Buzzolan lapossibilità di esercitare le sue dotinarrative migliori e, nel caso di Inverità, proporre una galleria di per-sonaggi memorabili. Senza mancaredi indicarci, diversamente dal mo-dello di Tozzi, una via di uscita rap-presentata dall’improvviso inceppa-mento di un cinico meccanismo cre-duto perfetto.

La cometa Nova, citata ad un cer-to punto del romanzo, verrà ad illu-minare (nei modi che lascio al letto-re gustare pienamente) alcune scelte,allacciandone, proprio nell’anno del-la pubblicazione del romanzo diTozzi, alla comune meraviglia i bi-snonni e i nonni dei protagonisti deidissidi dell’oggi. Il cielo che si muo-ve non è altro, in termini scientifici,che l’eclissi del 29 maggio 1919; aduomini di poca cultura, ma di pro-fonda saggezza fa dire «ho visto unacosa, e quella cosa gli ha fatto capireche la sua vita sarebbe cambiata pers e m p re » .

Redimersi, per alcuni personaggidi In verità, nella famiglia Trovato e

Un particolare della copertina del libro «In verità» di Dario Buzzolan

di PAOLO MARZIOLI

Nei prossimi giorni diremoaddio (almeno per i prossi-mi 6683 anni) alla cometaNeowise. La sua comparsa,oltre ad essere l’evento

astronomico forse più significativo di que-sto 2020, ha riportato l’astronomia lette-ralmente alla portata degli occhi di tuttinoi, sempre meno abituati a guardare ver-so il cielo. Se moltissimi eventi astronomi-ci, come le fasi lunari, gli allineamenti pla-netari o le eclissi, sono facilmente prevedi-

che un piccolo mondo buio di appena 5chilometri di diametro. Così poco che,idealmente, potrebbero bastarvi tre oquattro ore per compiere un giro comple-to, a piedi, attorno al nucleo. Ma assicu-randovi di portare vestiti caldi e dellescarpe da trekking.

Quando lontani dal Sole, questi corpicelesti sono infatti estremamente freddi ela loro forma sa essere piuttosto irregolare.Sono formati principalmente da rocce eda gas congelati sulla superficie che crea-no un paesaggio piuttosto sgradevole, co-me ci mostrò la sonda Rosetta dell’Esa trail 2014 e il 2016. Lo spettacolo che tutticonosciamo, quello che è entrato nell’im-maginario collettivo già da millenni (sipensi solo alla stella di Betlemme) si ac-cende quando la cometa è sufficientemen-te vicina al Sole.

Qui il calore della nostra stella ne va-porizza il nucleo solido. Il materiale allostato gassoso va a formare una chioma,una sorta di nuvola di gas incandescentiattorno al mondo roccioso su cui abbia-mo camminato fino a qualche riga fa, edue code. Già, le code sono due. La pri-ma, la più semplice da osservare, vieneformata dalle polveri che la vaporizzazio-ne degli elementi volatili del nucleo portacon sé.

bili anche con secoli di anticipo, le cometehanno la strana capacità di ritagliarsi unruolo da protagoniste assolute dei cieli do-po aver trascorso anni e secoli da oscure,sconosciute viaggiatrici nel buio, letteral-mente invisibili.

Basti pensare che prima del 27 marzo,data della sua scoperta, Neowise non era

Le polveri riflettono la luce del Sole, di-ventando ben visibili dal pianeta Terra. Laseconda coda è quella di ioni, risultatodell’interazione del vento solare con i gasche compongono il nucleo. Entrambe lecode non sono una scia: indipendente-mente da dove sta andando cometa, que-ste puntano in direzione opposta a quelladel Sole. Questo vuol dire che, quando,come in questi giorni, la cometa si allonta-na dal Sole, le code precedono il motodella cometa, non lo seguono. Entrambele code si estendono per milioni di chilo-metri: pensate, da un corpo celeste grandecome una piccola città di provincia si ori-gina un oggetto di dimensioni paragona-bili a quelle del Sole.

Lo spettacolo però non dura a lungo.Neowise ha toccato il suo perielio (il pun-to più vicino al Sole) il 3 luglio, comin-ciando il suo ritorno nelle oscurità piùprofonde del sistema solare. Se osservarlaad occhio nudo è sempre più difficile, pre-sto scomparirà alla vista dei telescopi, e lasua chioma e le sue code saranno un lon-tano ricordo. Se Neowise sarà di nuovovisibile nell’ottatottesimo secolo, possiamoassistere al passaggio di una cometa visibi-le ad occhio nudo più o meno ogni de-cennio.

E se, oltre a gas e polveri, Neowise avràdisperso anche un po’ di passione per lascienza e l’astronomia, sapremo farci trova-re pronti e preparati per il prossimo, impre-vedibile, appuntamento con una cometa.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 sabato 8 agosto 2020

PER LA CURA DELLA CASA COMUNE

L’esperienza degli orti sociali a Gela ispirata all’enciclica «Laudato si’»

Per vivere insiemela bellezza del creato

di FRANCESCO RICUPERO

«P er me l’impegno socialenon è una novità, mal’enciclica Laudato si’ di

Papa Francesco ha aperto una stradaancora inesplorata, inedita per certiversi. Siamo oltre l’attivismo e l’im-pegno ideologico, l’enciclica richia-ma la dedizione delle prime comuni-tà a costruire il pianeta rendendoleresponsabili nella cura. Ed è proprio

il valore della cura della Casa comu-ne che ci ha permesso di realizzarela prima esperienza di orti sociali»:è quanto racconta al nostro giornaleEnzo Madonia, presidente della co-munità Laudato si’ di Gela, in Sici-lia.

Sparse in tutto il territorio nazio-nale e nate dall’idea di monsignor

Domenico Pompili, vescovo di Rieti,e di Carlo Petrini, fondatore di SlowFood, nello spirito dell’enciclica e inomaggio all’opera di Francesco d’As-sisi, che per primo fu interprete diuna vita in armonia con gli uomini econ la natura, la comunità di Gela èsorta poco più di un anno fa. Essalavora a stretto contatto con la dio-cesi di Piazza Armerina, guidata damonsignor Rosario Gisana, ed è sta-ta fondata da Enzo Madonia, una

vita nello scoutismo, e promtore del-la prima Casa del Volontariato delsud Italia con il MoVI.

L’idea di creare una comunità inun territorio particolare e anche dif-ficile come quello gelese, caratteriz-zato da problematiche ambientali esociali rilevanti (la presenza per ol-tre mezzo secolo dello stabilimento

petrolchimico, l’alta percentuale didisoccupazione soprattutto giovani-le) sembrava un’utopia; questa realtàinvece in poco tempo, e nonostantele difficoltà provocate dall'emergen-za sanitaria da covid-19, sta aggre-gando con il passare dei giorni fami-glie, singoli cittadini, associazioni edenti su tematiche rilevanti che sonoispirate dall’enciclica di Francesco.

«Pensare in modo integrale laconnessione tra problemi sociali edecologici — spiega Madonia — signi-fica trovare delle chiavi di lettura edi azione che aprono ad alleanzedentro i territori». Ed è proprio ilvalore della cura della casa comuneche nella cittadina siciliana, fondatadai greci nel V secolo a. C., ha per-messo a tante famiglie volenterose esperanzose di un futuro diverso emigliore di realizzare la prima espe-rienza di orti sociali.

All’iniziativa, ricorda Enzo Mado-nia, si sono avvicinate una sessanti-na di famiglie, «insieme facciamoautoproduzione di ortaggi senzal’utilizzo di pesticidi e veleni in unterreno che si trova all’interno dellascuola fondata da padre GiovanniMinozzi. Il senso di quello che fac-ciamo — aggiunge — non è soloquello di autoprodurre, ma di nu-trirci prendendoci cura della terrache non viene sfruttata, ma curata:ogni piccolo orto è un giardino del-la biodiversità». L’iniziativa non èsolo sociale ma anche social perché itempi di maturazione e le attivitàvengono prontamente comunicatenella pagina Facebook e le famiglieavvisate via Whatsapp quando gliortaggi sono pronti per essere rac-colti e consumati. Una parte deiprodotti, inoltre, viene devoluto allaCaritas locale.

E in una città, dove in passato sisono consumate faide criminali, gliorti, senza alcun dubbio, rappresen-

tano una novità, tant’è che hannoattirato l’attenzione di molte fami-glie con bambini piccoli della fasciada zero a 6 anni. Ciò ha permessoalla scuola cattolica di avere piùiscrizioni e di evitare la chiusura permancanza di alunni. In quest’a re a“agricola” grandi e bambini impara-no a cooperare, a coltivare la terra, araccoglierne i frutti e poi a cucinarlia mensa. Prodotti a chilometri zerocon la soddisfazione di tutti. Nonsolo, i bambini si avvalgono dellacollaborazione di un contadino che,grazie a questa iniziativa, ha avutol’opportunità di essere assunto conun contratto. «Ecco che l’enciclicadiventa un progetto educativo. Ilnostro vescovo Gisana, insieme amonsignor Pompili — sottolinea Ma-donia — è stato sin dall’inizio pro-motore di questo percorso in cui ilaici si aggregano e propongonopercorsi lavorativi che impattanosulla vita pubblica. Tutto fatto conserietà, senza secondi fini, con laconsapevolezza che siamo in una fa-se di non ritorno e ciascuno di noiha un impatto decisivo sulla custo-dia della casa comune». Ma non fi-nisce qui. La comunità Laudato si’ha anche organizzato il mese scorsoil primo Bike Day Gela con l’obiet-tivo di convincere l’amministrazionecomunale a realizzare piste ciclabiliin città. L’evento, però, non ha avu-to luogo per l’eccessivo e inaspettatonumero di adesioni. Un successo in-credibile che incoraggia la granderete associativa a continuare il per-corso avviato per proporre una vi-sione moderna di sviluppo del terri-torio. Il Bike Day Gela si terrà ilprossimo settembre, durante la setti-mana europea per la mobilità soste-nibile.

Infine, il progetto più importantea cui la comunità Laudato si’ sta la-vorando è l’avvio di una stretta col-laborazione con l’Opera nazionaleper il Mezzogiorno d’Italia per rea-lizzare, a breve, un Centro polispe-cialistico per la prevenzione, la dia-gnosi e la cura dei disturbi del lin-guaggio e dell’apprendimento nel-l’età evolutiva e un parco educativomultisensoriale per l’ecologia inte-grale che si chiamerà La casa diFr a n c e s c o .

Una giovane tribale cattolica nel gruppo consultivo dell’O nu

In prima lineaa difesa del clima

NEW DELHI, 7. «I nostri antenatihanno protetto la foresta e la natu-ra nel corso dei secoli attraverso leloro conoscenze e le pratiche tradi-zionali. Adesso, tocca a noi esserein prima linea nella lotta alla crisiclimatica»: è quanto ha dichiaratoArchana Soreng, ragazza cattolicadella tribù indiana dei Khadia, chefarà parte della squadra — in tuttosette giovani tra i 18 e i 28 anni —selezionata dalle Nazioni Unite perpartecipare ai lavori del gruppoconsultivo di esperti di tematicheambientali fortemente voluto dalsegretario generale dell’Onu, Antó-nio Guterres.

Archana Soreng appartiene alladiocesi di Rourkela, nella regionedi Odisha. La giovane tribale daràconsigli e metterà a frutto tutte leproprie conoscenze al serviziodell’umanità in merito al surriscal-damento del pianeta, darà suggeri-menti e produrrà azioni ed iniziati-ve globali per affrontare il peggio-ramento della crisi climatica duran-te questo periodo di pandemia dicovid-19.

Soddisfazione per la sua nominaè stata espressa dalla Chiesa in In-dia. «Siamo orgogliosi di ArchanaSoreng e del grande contributo chedarà a questa primaria preoccupa-zione globale — ha sottolineato l’ar-civescovo di Goa e Damão, monsi-gnor Filipe Neri António Sebastiãodo Rosário Ferrão — ci rallegriamodel grande ruolo che le è stato asse-gnato», cioè quello di «aiutare apreservare la nostra casa comunedando consigli e guidando le Na-

zioni Unite, che si stanno impe-gnando a questa grande e impor-tante causa»

La giovane tribale indiana lavoracome ricercatrice a VasundharaOdisha, una Action Research andPolicy Advocacy Organisation chesi occupa di governance delle risor-se naturali e diritti tribali in materiadi cambiamenti climatici. In passa-to ha anche lavorato alla conserva-zione della documentazione e allapromozione delle conoscenze e del-le pratiche tradizionali delle comu-nità indigene e del loro ruolo nellalotta alla crisi climatica.

Anche l'arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, monsignor John Bar-wa, che ha avuto modo di incon-trarla qualche giorno fa, si è con-gratulato e le ha scritto un pensie-ro: «I cambiamenti climatici e il ri-scaldamento globale sono diventatiun problema scottante nella situa-zione attuale. Mi congratulo con lagiovane cattolica per la sua nomina.Soreng — scrive ancora l’a rc i v e s c o v o— è stata coordinatrice nazionaledella Tribal Commission at AdivasiYuva Chetna Manch, All India Ca-tholic University Federation (Ai-cuf). Come studentessa ha mostratocapacità di guida in una determina-ta situazione. Spero che farà benenell’affrontare i problemi del climaindiano a livello di Nazione Unite.Le auguro — conclude il presule —tutto il successo come promotricedelle conoscenze e delle pratichetradizionali e possa contribuire aglisforzi globali sul cambiamento delclima».

Online The green diary ideato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII

La natura che sogniamo

L’appello di un’organizzazione protestante tedesca

Acqua per tuttiBE R L I N O, 7. Sebbene siano stati rea-lizzati grandi progressi negli ultimianni, una persona su tre in tutto ilmondo non ha ancora accesso sicuroall’acqua potabile e oltre la metà del-la popolazione mondiale, con mag-giori ripercussioni sulle comunità piùpovere, non può utilizzare serviziigienici puliti. Per questo l’o rg a n i z -zazione umanitaria protestante Brotfür die Welt (“Pane per il mondo”),che supporta circa 1.300 progetti inAfrica, Asia, America latina ed estEuropa, ha invitato i governi mon-diali e in particolare quello tedesco acompiere ulteriori sforzi nell'affronta-re il problema, soprattutto nel setto-re sanitario.

In occasione del decimo anniver-sario, lo scorso 28 luglio, del ricono-scimento dei diritti all’acqua e ai ser-vizi igienico-sanitari come dirittiumani da parte dell’Assemblea gene-rale delle Nazioni Unite, l’o rg a n i z z a -zione protestante ha infatti rivoltoun appello al governo federale affin-ché si assuma sempre più la propriaresponsabilità per la loro attuazionein tutto il pianeta. La carenza idrica,hanno ribadito gli esponenti dell’or-ganismo, colpisce in particolare don-ne, bambini, rifugiati e famiglie dipiccoli proprietari terrieri. Tra le cau-se, l’espansione dell’agricoltura diesportazione ad alto sfruttamentod’acqua e l’incessante estrazione dimaterie prime in intere aree delmondo, che hanno determinato crisisempre più complicate da risolvere.

Situazioni che sono inoltre stretta-mente legate al cambiamento clima-tico e alle scelte dei mercati mondiali

ha affermato Klaus Seitz, dirigentedi Brot für die Welt. «La carenzaidrica non è un destino, ma il risul-tato di discriminazione e fallimentopolitico», ha aggiunto. «La pande-mia di coronavirus mostra quantogravi possano essere le conseguenzein mancanza di acqua pulita e serviziigienici. Le malattie causate da riser-ve idriche inquinate e scarsa igienesono state tra le cause più comuni dimorte in tutto il mondo, soprattuttotra i bambini».

È quindi necessario un immediatocontributo da parte di tutti i paesidel mondo, soprattutto i più influen-ti, ha precisato Seitz, senza il qualel’obiettivo di sostenibilità internazio-nale di fornire a tutti acqua potabilepulita e strutture sanitarie entro il2030 sarà difficilmente raggiungibile.Fondamentale è, per il dirigente, ri-vedere quegli accordi commerciali«che promuovono una politica agri-cola e delle materie prime dominatadal profitto delle esportazioni», chea lungo andare hanno provocato eprovocano tuttora ingenti danni am-bientali e «conflitti per il controllodi terra e risorse idriche».

In tal senso, l’amministrazione te-desca è esortata da Seitz a utilizzare«la legge sulla catena di approvvi-gionamento prevista per garantireche le società del Paese e i loro for-nitori non inquinino e sprechino ri-sorse idriche scarse a spese dei citta-dini e dell’ambiente, in palese viola-zioni dei diritti umani.

Tra i progetti che vedono impe-gnata l’organizzazione protestante inquasi tutto il mondo, quello dedicato

al Kenya si basa sul concetto di “au-to-aiuto”: in collaborazione con l’or-ganismo partner nello stato africano,il Servizio di sviluppo della Chiesaanglicana, a circa 2.500 famiglie vie-ne insegnato come raccogliere e uti-lizzare l’acqua piovana provvedendoanche a dotare gli istituti scolasticidi serbatoi visto il crescente numerodi alunni nelle scuole.

Nel villaggio di Vamia, in Bangla-desh, è stato invece costruito un im-pianto per il trattamento idrico checonverte l’acqua salata in acqua dol-ce e realizzati sistemi di filtraggio dighiaia e sabbia per purificare le ac-que stagnanti mentre agli abitantidella remota comunità andina diPandachí, alle prese con cronici pro-blemi di siccità, sono stati aiutati ariattivare un bacino in disuso e a co-struire quattro irrigatori a risparmioidrico per la coltivazione di fagioli,mais, quinoa, patate e banane, ali-menti tra i più consumati e la cui ca-renza ha provocato negli anni l’in-sorgenza di malattie spesso invali-danti.

RIMINI, 7. Un vero e proprio dia-rio, anche se virtuale, fatto di spun-ti di riflessione per meglio osserva-re, valutare ed agire e, addirittura,arricchire con contributi personali,essendo un documento aperto. Sitratta di The green diary, un sitoweb promosso dalla Comunità Pa-pa Giovanni XXIII e rivolto ai gio-vani e meno giovani che desideranoraccogliere l’invito di Papa France-sco per un’ecologia integrale.

Non un diario segreto, quindi,ma un luogo dove condividere opi-nioni ed esperienze sulle quali lavo-rare giorno per giorno crescendonella consapevolezza ecologica.Una mappa, insomma, in cui «de-cidi tu dove fermarti, dove lasciareun tuo segno, dove arricchire ilpercorso, dove eventualmente salta-re, dove dirigerti, come agire» èscritto sulla pagina web dedicataall’iniziativa. E ciò sulla base didieci parole chiave scelte dai giova-ni della Comunità invitati dal Pon-tefice ad Assisi per l’evento «Eco-nomy of Francesco 2020» in pro-gramma dal 19 al 21 novembreprossimi: responsabilità, sostenibili-tà, felicità, gratuità, famiglia, edu-cazione, ricchezza, lavoro, giustizia,pace. Ognuna di esse verrà appro-fondita in momenti di preghiera,spunti di lettura dalla Laudato si’,racconti di testimoni di oggi e diieri della Comunità e semplici edefficaci inviti all’azione a tutela del-la Casa comune che è al contempotutela di se stesso e del prossimo.

Si danno così suggerimenti e in-formazioni su come ridurre le emis-sioni di gas serra e l’impatto am-bientale, sul miglior modo di agireper il risparmio energetico domesti-co e vengono presentate testimo-nianze di appartenenti alla comuni-tà che hanno cambiato vita nel no-me della natura. Come quella didue coniugi che, dopo essersi tra-sferiti in Umbria per iniziare l’atti-vità di agricoltori, hanno affiancatoalla vocazione ecologica la cura per

il prossimo diventando i responsa-bili di una casa d'accoglienza perterremotati presso Spoleto.

«Crediamo che tutti debbanoimpegnarsi concretamente — re c i t ail manifesto dei giovani della co-munità per Assisi 2020 “Economyof Francesco” — per realizzare unanuova società, nella consapevolezzache ogni azione e ogni decisionehanno una ricaduta a livello globa-le. Ciò è possibile solo se ciascunosi considera custode delle altre per-sone così come del mondo che cic i rc o n d a » .

Ricordando le parole del Ponte-fice — «il grido della terra e il gri-do dei poveri non possono piùasp ettare» — il presidente dell’asso-ciazione cattolica fondata da donOreste Benzi, Giovanni Paolo Ra-monda, ha affermato che «con que-sto “D iario” anche la Comunità Pa-pa Giovanni XXIII intende fornire ilsuo contributo alla Chiesa, ed in

particolare ai giovani, in camminoverso una nuova ecologia integra-le».

Nel tempo, sono nati diverserealtà vitali e percorsi ispirati aquesti principi con un concorsocollettivo sempre più numeroso esentito, ha evidenziato Ramonda, e«The green diary va ad aggiungersia questa tensione educativa e diazione». L’iniziativa è nata anche esoprattutto dalla mancata realizza-zione, a causa della pandemia dicoronavirus, dei campi di condivi-sione per i giovani, «occasioni divita comune — ha sottolineato ilpresidente della Comunità — con ipoveri nelle periferie del mondo incui siamo presenti. Così è natoquesto strumento online, concepitocome una cassetta degli attrezzi percrescere nella consapevolezza ecolo-gica, una mappa per i giovani,troppo spesso dimenticati, diven-tando preda del primo occupante».

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 8 agosto 2020 pagina 7

In Spagna riprende la mostra fotografica itinerante sulla tratta

D onnafonte di speranza

Riflessioni sul ruolo della parrocchia e sul suo futuro

Per un cambiamentodi mentalità

di FRANCESCO COSENTINO

Ci si imbatte spesso in conside-razioni teologiche e pastoralisulla crisi della parrocchia.

Una giusta riflessione teologica e unsano discernimento spirituale, però,per evitare il rischio di fermarsi allasterile lamentela, devono semprecomprendere due aspetti: da unaparte, occorre entrare nell’attualemomento di cambiamento e di crisi,considerandolo come occasione ditrasformazione per rinnovare il voltodella parrocchia; dall’altra, occorretradurre questo impulso dello Spiri-to, scegliendo concretamente unaforma storica praticabile.

La recente istruzione La conversio-ne pastorale della comunità parrocchia-le al servizio della missione evangeliz-zatrice della Chiesa, pubblicata dalla

Congregazione per il clero, prova aindicare una delle vie di rinnova-mento della parrocchia. Partendo daun’analisi dei diversi cambiamentisocio-culturali in atto da qualchetempo, essa sottolinea che la parroc-chia, pur con il suo valore, risultaoggi appesantita, statica, incapace diportare avanti il compito che le èproprio, quello dell’evangelizzazio-ne. Allo stesso tempo, il documentopropone che la conversione pastora-le della parrocchia assuma la forma,già sperimentata in diversi modi, diuna comunità inclusiva, non più de-terminata da limiti di tipo giuridico-territoriali, ma caratterizzata dallamissionarietà e da un agire impron-tato alla comunione e alla comparte-cipazione, attraverso le unità o zonepastorali.

Il testo, sulla scia del magistero diPapa Francesco, afferma con deter-minazione che, nell’attuale congiun-tura storica e socio-culturale, parti-colarmente segnata dalla mobilità,dagli spostamenti, da un costante al-largamento dei “confini esistenziali”,la parrocchia così come l’abbiamoconosciuta non può andare oltre lamera preservazione delle cose disempre; nonostante gli sforzi, infatti,in un tempo così profondamentemutato, «la parrocchia talora nonriesce a corrispondere adeguatamen-te alle tante aspettative dei fedeli»(n.16) e ha bisogno di superarel’idea di un «campo d’azione esclu-sivamente all’interno dei limiti terri-toriali della parrocchia», che la ren-de incapace di “u s c i re ” verso l’ester-no e prevalentemente segnata dalla«mera ripetizione di attività senzaincidenza nella vita delle personeconcrete» (n. 17). C’è bisogno alloradi un dinamismo nel segno del-l’evangelizzazione, attraverso «nuo-ve attenzioni e proposte pastorali di-versificate» (n. 18), e l’individuazio-ne di «prospettive che permettanodi rinnovare le strutture parrocchiali“tradizionali” in chiave missionaria»(n. 20). L’istruzione incoraggia, of-frendo anche una normativa canoni-ca utile specialmente ai vescovi, «unprocesso graduale di rinnovamentodelle strutture», per giungere a«modalità diversificate di affidamen-to della cura pastorale e di parteci-pazione all’esercizio di essa, checoinvolgono tutte le componenti delPopolo di Dio”» (n. 42).

Tali modalità differenti sono giànote come unità o zona pastorale.Non si tratta di una semplice ristrut-turazione organizzativa, né di sop-perire a difficoltà numerico-sociolo-giche come la scarsità di preti; qui èin gioco una rilettura teologica dellaparrocchia sulla scorta dell’ecclesio-logia di comunione e del “sognomissionario” delineato da PapaFrancesco in Evangelii gaudium.

Cosa serve per cambiareCosa serve davvero per attuare un

cambiamento del genere, al di là de-gli aspetti strutturali e delle normecanoniche? L’istruzione afferma che«la conversione delle strutture, che laparrocchia deve proporsi, richiede “amonte” un cambiamento di mentalitàe un rinnovamento interiore, soprat-tutto di quanti sono chiamati alla re-sponsabilità della guida pastorale»(n. 35). Questo inciso è naturalmentepassato inosservato sia nella superfi-cialità delle battute giornalistiche suldocumento, sia da alcuni pur miglio-ri giudizi, che si sono eccessivamentesoffermati sugli aspetti teologici ocanonici come se — fermo restandola loro importanza — bastasse chequesti fossero chiari per avere la cer-tezza di un vero cambiamento. Inrealtà — visione urticante ma necessa-

ria del cristianesimo — si cambia dav-vero all’esterno solo quando anzitut-to “a monte” c’è un rinnovamentointeriore e di mentalità.

Preti “insieme”Non è tanto difficile osare una

diagnosi della corrente mentalità deipreti e, naturalmente, lo si dice sen-za accusare nessuno. Il prete forma-to dal seminario post-tridentino, ge-

neralmente posto “a capo” di unaparrocchia post-tridentina, struttura-ta in modo indipendente dalle altrecomunità limitrofe e in modo ecces-sivamente verticistico rispetto allarelazione clero-laici, spesso è unpensatore solitario. Sente il peso diuna responsabilità che — questo sì —anche canonicamente viene ancoraaffidata esclusivamente a lui; si senteposto “al vertice” e, inevitabilmentefatica a far realmente entrare “altri”come corresponsabili nel territoriodelle decisioni, delle scelte, delle vi-sioni pastorali. Pensato, immaginatoe talvolta richiesto come condottie-ro, egli ha un fragile legame con glialtri presbiteri (nonostante la retori-ca astratta che si fa nelle diocesi sul-la comunione presbiterale) e, anzi,cerca riparo da un confronto con iconfratelli se ciò dovesse mettere indiscussione il suo modo di essere edi fare il prete. Egli è portato a pen-sare, pregare, decidere e scegliere insolitaria.

Il cambiamento di mentalità e ilrinnovamento interiore richiesto ri-guarda l’ambito della formazionedei preti. Non si insisterà mai abba-stanza — la stessa Congregazioneper il clero ha promulgato una Ratiofundamentalis che richiama tale prin-cipio — sulla necessità di una strut-tura umana dei candidati al sacerdo-zio capace di quella maturità e sta-bilità affettiva che li renda “uominidi relazione”; al contempo, la frater-nità sacerdotale non può essere piùvista e vissuta in modo teorico o li-mitandosi a sporadiche occasioni or-ganizzate, ma dovrà essere una mo-dalità di esercizio del ministero:condividere la strada, pregare insie-me, riflettere insieme sul territorio esulle esigenze dell’evangelizzazione,progettare insieme la pastorale. Nel-la relazionalità — ambito che nondeve far dimenticare l’imp ortanzafondamentale della donna nei semi-nari e nella vita del prete — egli puòmaturare quello stile di sinodalitàche è richiesto per avviare un’unitàpastorale: a poco servirebbe la strut-tura con le sue norme canoniche sela prassi e lo stile rimangono clerica-li, se il prete non progetta e agisceinsieme ai suoi confratelli, e se nonrende co-protagonisti e corresponsa-bili i laici, specialmente nella fase

della lettura del territorio, dell’indi-viduazioni delle domande umane espirituale, nelle scelte e decisioni pa-storali.

Laici adulti e secolariUna conversione è richiesta natu-

ralmente anche ai laici. L’i s t ru z i o n ericorda che la Chiesa è il popolo diDio e, perciò, l’opera di rinnova-mento non può e non deve esserecalata dall’alto, ma coinvolge comeprotagonisti tutti i battezzati. Tutta-via, ci troviamo qui a uno snodofondamentale che si presenta anco-ra problematico. Da una parte, allaicato non viene ancora pienamen-te riconosciuta, se non in teoria, ladignità sacerdotale, ecclesiale, mini-steriale che deriva dal battesimo e,di conseguenza, la chiamata allacorresponsabilità pastorale perl’edificazione della Chiesa e perl’evangelizzazione; dall’altra, un lai-cato a cui negli anni sono state da-te briciole devozionali e sentimenta-liste, invece che una formazioneessenziale sulla fede e sulla propriavocazione, spesso si aggira nelle sa-grestie e intorno ai preti con glistessi atteggiamenti e le stesse visio-ni clericali che pure anelano a su-perare, o comunque dimenticandolo specifico di una spiritualità laica-le e ambendo a fare le cose delp re t e .

In gioco, peraltro, c’è la connota-zione evangelizzatrice e missionariadel compito cristiano laico, checomprende certamente l’annunciodella Parola e l’animazione di mo-menti liturgici, ma si caratterizzaspecialmente per quell’essere e di-ventare lievito nella pasta del mon-do, vivendo una liberante secolaritàe cercando, trovando e portandoDio in tutte le cose della vita quoti-diana.

In una recente intervista sul-l’istruzione, il teologo Giuseppe Lo-rizio ha colto un aspetto fondamen-tale del documento, ossia l’invito auna conversione di tutta la comuni-tà cristiana. È il rinnovamento dipensiero, di formazione e di prassiche deve coinvolgere preti e laici,perché anche la parrocchia si rinno-vi davvero.

Cuore salesianoNel centenario della nascita di don Egidio Viganò

Giovanni Boldini, «Chiesa di paese (L’uscita dalla messa)» (1883-1885)

MADRID, 7. Sarà visitabile dal 16 al28 agosto prossimi ad Avilés, inSpagna, la mostra fotografica itine-rante dal titolo: «Punto e a capo.La vita può fare di più» (“Punto yseguimos. La vida puede más”) in-centrata sulla piaga della tratta de-gli esseri umani. Nella penisola ibe-rica, quindi, la mostra riprenderà ilsuo viaggio tra le diocesi dopoun’interruzione forzata dovutaall’emergenza da covid-19. In Spa-gna, infatti, uno dei Paesi più colpi-ti dal coronavirus, le autorità hannochiuso per diverso tempo musei,teatri e centri culturali.

L’esposizione itinerante, dopo al-cuni mesi di pausa, si legge sul sitodella Conferenza episcopale spagno-la, approderà ad Avilés in occasionedella XVIII Settimana della solidarie-tà che ha come tema: «Donna, por-tatrice di speranza» (“Mujer, Porta-dora de Esperanza”), organizzatadalla Caritas parrocchiale di Llara-nes. In seguito, sarà visitabile a Ou-rense la seconda settimana di set-tembre, ed entro la fine dell’anno sa-rà ospitata prima a Cordoba e poi aSiviglia.

La mostra si concentra su tre filiconduttori: il dramma vissuto dallepersone che hanno subito una situa-zione di tratta; l’indifferenza; la spe-ranza di una vita libera dallo sfrutta-mento, con il coinvolgimento dellaChiesa e della società in generale.Organizzata dalla sezione Trata dePersonas della Conferenza episcopa-le, la mostra riflette il dramma subi-to dalle migliaia di vittime dellatratta, nonché la speranza che le so-stiene e che dà vita ai loro processidi recupero e di riscatto sociale.«Punto y seguimos. La vida puedemás» è stata inaugurata il 29 marzo

del 2019 a Madrid e per quasi unanno ha viaggiato in diversi luoghidella Spagna. Prima dell’i n t e r ru z i o -ne forzata causata dalla pandemia,l’8 marzo scorso era arrivata pressoil Centro di spiritualità delle suoreoblate del Santissimo Redentore aCiempozuelos, (nella diocesi di Ge-tafe).

L’obiettivo dell’esposizione foto-grafica è quello di rendere visibileun fenomeno attraverso le immaginie sensibilizzare, così, l’opinionepubblica sulla situazione di abuso esfruttamento delle persone. Il pro-getto — realizzato con materiale fo-tografico firmato da Fernando Már-mol Hueso — è passato attraversoprogrammi di attenzione sociale epastorale alle vittime. In seguito, èstata realizzata una storia, rendendole vittime partecipi e protagonisteattraverso le immagini e le lorostesse parole, catturate nelle frasiche accompagnano le fotografie.

Secondo i dati diffusi dalla Chie-sa in Spagna, attualmente nel Paesesono presenti 105 centri per la pro-mozione delle donne, di cui benefi-ciano circa 23.279 persone. Le don-ne sole o con bambini, in difficoltàsociali, che hanno subito una qual-che forma di esclusione, di sfrutta-mento, tratta, vittime di violenza oex-prostitute, sono i principaliobiettivi dei programmi e dei centriche la Chiesa serve. Attraverso que-sti centri e programmi per la cura ela promozione delle donne, vengo-no offerti percorsi di accompagna-mento, orientamento e diversi tipidi aiuto, come l’assistenza materia-le, psicologica, legale e lavorativa.

di FRANCESCO CEREDA

È stato un grande dono per lacongregazione salesiana avereavuto come guida don Egidio

Viganò, settimo successore di donBosco negli anni dopo il concilioVaticano II dal 1972 al 1995, per seianni come consigliere per la forma-zione e poi per diciassette come ret-tor maggiore. Avendo partecipato alconcilio come teologo-esperto, ebbeuna ricca esperienza che gli servìper indirizzare la congregazione sul-la strada dell’autentico rinnovamen-to conciliare.

Il maggior contributo di Viganò— il 26 luglio è stato il centenariodella nascita — fu la rilettura del ca-risma di don Bosco alla luce delconcilio e delle condizioni odierne.Infatti attraverso il discernimentospirituale e pastorale egli fece sì checiò che don Bosco aveva personal-mente fatto divenisse comunitaria-mente ripensato e rielaborato, inrapporto con le esigenze del cambioepocale e in piena fedeltà alle origi-ni. A questo compito Viganò si de-dicò interamente, rifacendosi allospirito del fondatore, chiarificandoil suo carisma, superando il duali-smo tra “consacrazione” e “missio-ne” in una sintesi dinamica. Appro-fondì la ricchezza delle due figurevocazionali del salesiano prete e delsalesiano laico, la rilevanza profeticadei tre consigli evangelici, la dimen-sione comunitaria, la disciplina reli-giosa. Le sue lettere trimestrali offri-rono alla congregazione un ricco eaggiornato compendio di spiritualitàsalesiana, puntando su Gesù Cristo,sulla carità pastorale, sulla misticadel da mihi animas e l’ascesi del coe-tera tolle, sull’estasi nell’azione, sullagrazia di unità, sull’affidamento aMaria Ausiliatrice, Madre dellaChiesa. Favorì la formazione perma-

nente, chiedendo a ogni comunitàsalesiana di diventarne centro; volleche la formazione iniziale fosse ri-volta a quella permanente per pre-parare i formandi a essere soggetticapaci e impegnati nell’affrontare lesvariate sfide del divenire culturaleed ecclesiale. Convinto della neces-sità di incarnare l’identità comunenelle diverse culture, orientò e ac-compagnò i primi passi del processodi decentramento della formazionema allo stesso tempo ne conservò lasostanziale unità nello spirito e neicriteri formativi mediante una Ratiofundamentalis institutionis et studio-rum come testo non puramente legi-slativo ma soprattutto pedagogico.Parimenti, pose attenzione al rinno-vamento del servizio dell’autorità,preparando due manuali, uno pergli ispettori e l’altro per i direttori.Don Egidio Viganò fu protagonistanella rielaborazione delle nuove co-stituzioni e dei regolamenti nel 1971;nei dodici anni che seguirono, ac-compagnò i confratelli nell’imp egnodi viverle con una rinnovata menta-lità; finalmente portò a conclusioneil tempo della sperimentazione conil testo rinnovato e definitivo nel ca-pitolo generale del 1984. Per assicu-rare una giusta interpretazione dellecostituzioni e favorire il suo appro-fondimento, ne promosse un ampiocommento. E fu in occasione diquesto capitolo generale che egli fe-ce un solenne atto di affidamento ditutta la congregazione a Maria Au-siliatrice, Madre della Chiesa.

Viganò vide nella reinterpretazio-ne dell’identità salesiana, ormai con-cretizzata nelle nuove costituzioni, ilfondamento del dinamismo dellamissione della congregazione nelmondo. La missione era al centrodelle sue preoccupazioni e delle suescelte di governo, date le sfide chevenivano dai tempi e dal mondo

giovanile. La considerò il perno delrinnovamento del carisma salesianoe la proposta vocazionale più con-vincente. Non la identificò con“l’azione apostolica” ma come l’ini-ziativa di Dio che la precede e laguida: Dio consacra e invia. Così“consacrazione” e “missione” sonoinseparabili, essendo due aspetti co-stitutivi di una stessa azione di Dio.Per lui, lo svuotamento e la debo-lezza pastorale erano un segno dellacaduta di tensione spirituale. Avevauna costante attenzione a conservarel’identità della missione salesiana, ilcui campo preferenziale è costituitodalla gioventù e dal mondo popola-re, il cui metodo è il sistema preven-tivo di don Bosco come esperienzaspirituale e pedagogica, le cui finali-tà sono pastorali e la cui via privile-giata è l’educazione. Metteva i sale-siani in guardia contro la separazio-ne tra educazione ed evangelizza-zione, ripetendo la frase: «Educareevangelizzando, evangelizzare edu-cando». Scrisse e parlò di “nuovaeducazione”, “nuova evangelizzazio-ne”, “nuovo sistema preventivo”,cercando sempre di cogliere gli ele-menti di novità della situazione at-tuale e individuando la risposta ca-rismatica adeguata ai tempi. Svilup-pava proposte di impegno pastoraleispirate all’audacia apostolica: nuoviorizzonti di lavoro educativo, nuovefrontiere geografiche, nuove pro-spettive culturali. Allo stesso temporicordava a tutti che l’oratorio didon Bosco a Valdocco doveva essereil criterio permanente di discerni-mento e rinnovamento per ogni loroattività. Voleva che ogni opera aves-se la capacità di coinvolgere colla-boratori tra i laici e gli stessi giova-ni. Per questo diede una forte spintaalla condivisione dello spirito e del-la missione di don Bosco con i laici.Oltre a rinnovare le costituzioni sa-

lesiane, fece un lavoro simile per isalesiani cooperatori, promulgandola loro “magna carta”, il Regola-mento di vita apostolica.

L’entusiasmo di don Viganò perla missione salesiana si rendeva vi-brante quando guardava le nuovefrontiere dell’evangelizzazione. Perlui lo slancio missionario era il cul-mine della spiritualità salesiana e ilsegno della vitalità di un’isp ettoria.La storia della congregazione sale-siana gli renderà merito per aver da-to un impulso vigoroso al ProgettoAfrica che oggi abbraccia 40 Paesicon quasi 1.500 confratelli in 186presenze ed è benedetta con unamedia di 100 novizi all’anno. «IlProgetto Africa — affermò — è oggi,per noi salesiani, una grazia diDio». Viganò seppe creare una sen-sibilità in tutte le ispettorie dellacongregazione tale che, nonostanteil calo delle vocazioni in Europa ein America, divennero missionarie;anche oggi continua anno dopo an-no il flusso di nuovi missionari inAfrica. Come se l’Africa non bastas-se per il grande cuore di don Viga-nò, nel 1988 egli fece una visita inCina e, nella solennità dell’Assunta,nella cattedrale di Pechino dedicataall’Immacolata, recitò un atto di af-fidamento di tutta la gioventù cine-se a Maria. E poi scrisse ai salesiani:«Non abbiamo paura di aggiungereal Progetto Africa, quando scocchil’ora della provvidenza, un altrofronte ancora più impegnativo: laCina». Infine, negli anni Novanta,con i grandi cambiamenti nell’estEuropa e l’apertura di nuove pro-spettive, Viganò consentì di esten-dere la presenza salesiana in quellaregione, aprendo presenze in Rus-sia, Siberia e Albania, e costituendonel 1994 la circoscrizione dell’E u ro -pa Est.

Per far fronte alle nuove sfide cul-turali, per fondare il rinnovamentodella congregazione su basi solide,per sostenere la vasta missione dellaChiesa con una profondità pedago-gica e pastorale, Egidio Viganò videla necessità di assicurare nella con-gregazione un centro di cultura e diformazione che fosse all’altezza deisuoi compiti. Si diede quindi a rin-novare l’Università pontificia sale-siana, tanto da venir chiamato “il ri-fondatore dell’Università”. Volleuna collaborazione interdisciplinaretra le diverse facoltà in modo chel’ateneo avesse una caratterizzazionepastorale, indirizzata ad analizzare ea illuminare la realtà giovanile. Fon-dò il Dipartimento di pastorale gio-vanile e catechetica; promosse lacreazione di un Istituto di spirituali-tà con l’impegno particolare di dareimpulso alla spiritualità salesiana ea quella giovanile; volendo chel’Università pontificia salesiana ope-rasse in modo più incisivo nel mon-do della comunicazione, diede ini-zio all’Istituto di scienze della co-municazione sociale, oggi divenutofacoltà. Mirava insomma alla costru-zione di un ateneo che avesse comeaspetto caratteristico il servizio aigiovani nella Chiesa e nel mondo.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 sabato 8 agosto 2020

Conclusa l’asta sostenuta dal Papa per gli ospedali lombardi

We Run Togethercontinuerà per le strade

tra solidarietà e inclusionedi GI A M PA O L O MAT T E I

È finita l’iniziativa solidale esportiva We Run Togetherpromossa da Atlehtica Vatica-

na e sostenuta da Papa Francescoper il personale degli ospedali diBergamo e di Brescia? Tutt’altro, sirilancia: nel pomeriggio di venerdì6 agosto si è conclusa “solo” unatappa dell’ininterrotta testimonian-za per uno sport che sia davvero in-clusivo e che dia a tutti — da Cri-stiano Ronaldo al ragazzino con di-sabilità che si vergogna a uscire dicasa — la stessa dignità. Con laconsapevolezza che proprio questostile possa essere motore per unavera ripartenza senza lasciare nessu-no indietro: come quando un cicli-sta resta attardato, per stanchezza oincidente, e i suoi compagni rallen-tano per riportarlo, insieme, ingrupp o.

Il 20 maggio avrebbe dovutosvolgersi a Castelporziano, nel cen-tro sportivo delle Fiamme Gialle, ilprimo Meeting inclusivo di atletica:nelle stessa pista, insieme, i grandicampioni olimpici e persone con di-sabilità fisica e intellettiva, carceratie rifugiati. La pandemia ha costret-to a rimandarlo: si spera di organiz-zarlo a maggio 2021.

Ma Athletica Vaticana non si èpersa d’animo: sostenuta da PapaFrancesco ha dato vita all’asta soli-dale coinvolgendo oltre 150 atleti esquadre internazionali — con una

significativa partecipazione di para-limpici — per raccogliere fondi a fa-vore del personale degli ospedaliGiovanni XXIII di Bergamo e Fon-dazione Poliambulanza di Brescia,in prima linea per aiutare le perso-ne colpite dal virus. In due mesi —insieme a Fiamme Gialle, Cortiledei gentili e Fidal Lazio — sono sta-ti raccolti 95.034 euro. Con lo stileartigianale del passaparola: nessunaagenzia a fare pubblicità. Insomma,“stile Francesco”.

E “stile Francesco” sono stati an-che i “p re m i ” di questa originaleasta: oggetti sportivi cari ai campio-ni, certo, ma anche e soprattuttoesperienze di incontro. Alcuni atletihanno aperto le porte di casa pre-parando loro stessi una cena pro-prio per testimoniare la bellezzadella “cultura dell’i n c o n t ro ”.

Papa Francesco, che il 20 maggioha anche registrato un video mes-saggio per sostenere il progetto, hamesso a disposizione 4 oggettisportivi, ricevuti direttamente dagrandi atleti nel corso delle udien-ze. E così la bicicletta che il cam-pione del mondo Peter Sagan gliha regalato è stata messa all’asta evenduta a 30.000 euro.

Ora Athletica Vaticana ripartecon più slancio con questo concretostile solidale, proponendo a tutti di“correre insieme”, provando a vivereuna testimonianza cristiana tra lagente, per le strade e nei luoghisportivi. Forte anche dei suoi atleti“onorari” che il Papa ha avuto mo-do di incoraggiare personalmente:Sara Vargetto, 12 anni, con una ma-lattia autoimmune ma velocissimacon la sua carrozzina, e i giovanimigranti che con lo sport stanno vi-vendo un’esperienza di inclusione.Sì, Athletica Vaticana davvero “inuscita”, in “stile Francesco”.

Due atlete protagoniste del progetto solidaleWe Run Together:

la pattinatrice sul ghiaccio Carolina Kostnere Nicole Orlando

campionessa con la sindrome di Down

Un turismo responsabileper rilanciare l’economia rurale

possibile ripresa del settore turistico.Essa inizia con l’invito a prenderesul serio e mettere in pratica lo svi-luppo sostenibile che, nell’ambitodel turismo, significa un interessemaggiore rivolto alle mete turisticheextra-urbane, piccoli villaggi, bor-ghi, strade e luoghi poco noti e me-no frequentati: quei luoghi più na-scosti da scoprire o riscoprire pro-prio perché più incantevoli e incon-taminati. La ruralità vive in questiluoghi, lontani dalle vie del turismodelle folle. Si tratta, quindi, dellapromozione del turismo sostenibile eresponsabile che, attuato secondoprincipi di giustizia sociale ed eco-nomica e nel pieno rispetto dell’am-biente e delle culture, riconosce lacentralità della comunità locale ospi-tante e il suo diritto ad essere prota-gonista nello sviluppo sostenibile esocialmente responsabile del proprioterritorio; un turismo quindi che fa-vorisce la positiva interazione tral’industria turistica, la comunità lo-cale e i viaggiatori3.

Tale tipologia di turismo può di-ventare un volano per sostenerel’economia rurale, che è fatta diagricoltura e, spesso, di aziende fa-miliari, piccole dimensioni, areemarginali e bassi redditi percepitidalla filiera alimentare. Turismo eagricoltura rurale possono così di-ventare due componenti essenzialidi un mondo nuovo che si auspicadi costruire. Un turismo realizzatodalle persone e attraverso le perso-ne. I piccoli agricoltori, del resto,sono i primi custodi del creato attra-verso la loro paziente e faticosa la-vorazione della terra. I turisti sono ivisitatori che possono diventare so-stenitori di un ecosistema, se viag-giano in modo consapevole e sobrio.Viaggiare verso mete rurali, allora,può voler dire, concretamente, soste-nere le produzioni locali, di piccolerealtà aziendali agricole, realizzate inmodo compatibile con le leggi dellanatura. Così, un viaggio potrà avereil sapore della storia e aprire il cuoreverso l’ampio orizzonte della frater-nità e della solidarietà.

Il turismo che sa guardare e con-dividere i doni della terra in ambitorurale diventa anche il modo perimparare nuovi stili di vita, in modoconcreto. La saggezza di chi coltivala terra, fatta di osservazione e di at-tesa, può certamente aiutare il frene-tico mondo moderno ad armonizza-

re i tempi della vita quotidiana conquelli naturali. Avvicinare turismo esviluppo rurale è un buon modo perapprendere nuove culture, lasciarsicontaminare dai valori della custo-dia del creato e della tutela del crea-to che, oggi, rappresentano non soloun dovere morale ma un’urgenza diazione collettiva.

Il “turismo rurale” diventa così illuogo in cui imparare un nuovo mo-do di entrare in relazione con l’a l t ro

di persone e beni, deve ora mostrareil suo volto trasformativo, come atti-vità ricreativa che faccia crescere lospirito di fraternità tra i popoli.

In un periodo di incertezza deimovimenti delle persone, di cui ilturismo subisce le maggiori conse-guenze in modo immediato e diret-to, riteniamo che si debba agire peril sostegno dei redditi dei lavoratoridi questo settore, come pure per lacura e la difesa delle comunità rurali

ne delle comunità locali ai processidecisionali, il miglioramento del red-dito di chi lavora la terra.

Ci rivolgiamo in modo particolareai movimenti ecologisti e a tutti co-loro che sono impegnati nella difesadell’ambiente affinché contribuisca-no con la propria opera alla conver-sione dei cuori verso una sana e cor-retta ecologia integrale, in cui il valoredella persona umana si coniughi conla tutela delle condizioni di vita del-le comunità rurali insediate nellearee marginali. La programmazioneeconomica abbia come riferimentola difesa dei poveri e dei soggettipiù deboli del ciclo economico; i la-voratori dell’agricoltura delle zonerurali siano considerati destinataridiretti di significativi aiuti economi-co-finanziari e di progetti di recupe-ro e di promozione dell’agricolturarurale familiare.

Ai vescovi e ai responsabili per lapastorale del turismo chiediamo unimpegno corale, perché ciascuno,nel proprio territorio, assuma con-crete iniziative di aiuto delle attivitàturistiche. I fedeli e le parrocchie ri-spondano con sollecitudine e gene-rosità alle esigenze e ai bisogni deilavoratori del turismo, oggi in diffi-coltà, e insieme sviluppino reti diprossimità nelle relazioni e nell’aiutoal sostegno del reddito perso. Si co-struiscano nuovi percorsi di fruizio-ne turistica delle aree rurali, in cuiconiugare rispetto dell’ambiente eoccasioni di sostentamento deglioperatori turistici locali.

Infine, esprimiamo il nostro piùcordiale ringraziamento a tutti colo-ro che, in questo tempo di prova,hanno mostrato solidarietà e soste-gno a chi vive di turismo, in partico-lare nelle zone rurali. Con l’aiuto diDio, mettiamoci tutti nello stessocammino verso un futuro migliore.

1w w w. u n w t o . o rg / n e w s / c o v i d - 1 9 -w o r l d - t o u r i s m - re m a i n s - a t - a - s t a n -dstill-as-100-of-countries-imp ose-re-strictions-on-travel

2Francesco, Omelia durante laSanta Messa nella Solennità di Pente-coste, 31 maggio 2020.

3Definizione adottata dall’assem-blea dell’Associazione Italiana delTurismo Responsabile, 9 ottobre2005.

4Cfr. Francesco, Lettera enciclicaLaudato si’, 18.

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

più fragili in ciascun territorio. Cosìfacendo, l’economia turistica potràriprendere il suo corso, seppure sulivelli di circolazione più ridotti; lacircolazione delle persone, dei benie della moneta sarà il segno tangibi-le di una prossimità che è comincia-ta nel cuore. Il turismo responsabilee sostenibile, valorizzando le risorsee le attività locali, è auspicabile co-me uno dei fattori di svolta nellalotta contro la povertà, che la pan-demia covid-19 ha fatto aumentarein maniera esponenziale.

Concludendo, vogliamo assicurarela nostra vicinanza e il nostro soste-gno a tutti coloro che sono impe-gnati nel contrastare l’impatto dellapandemia sulla vita dei singoli edelle società che vivono di turismo.

Facciamo appello ai governanti eai responsabili delle politiche econo-miche nazionali, affinché promuova-no e incentivino il turismo responsa-bile, attuato secondo principi di giu-stizia sociale ed economica e nelpieno rispetto dell’ambiente e delleculture. I governanti rivolgano il lo-ro sguardo alle aree marginali, dan-do a questi territori concrete occa-sioni di sviluppo, valorizzandone levocazioni peculiari, la partecipazio-

e la natura. E ogni cambiamentopersonale deve cominciare da com-portamenti realmente trasformativi;per fare questo occorre mettersi incammino; e per mettersi in camminooccorre una meta: il mondo ruralepuò essere tutto questo. Il turismoincontra lo sviluppo se si svolge inmodo attento e tranquillo, sostenibi-le; ciò significa rispettare le praticheagricole, i ritmi di vita delle popola-zioni rurali, apprezzando la genuini-tà ancora conservata di intere areeinterne, facendosi sorprendere dallemille piccole cose che si possono ve-dere, scegliendo prodotti agricoli lo-cali. In questo modo si possono co-gliere le differenze, piccole o grandiche siano, tra tradizioni, luoghi ecomunità incontrate. Perché alloranon volgerci a un turismo che valo-rizzi le aree rurali e marginali incon-trandole camminando? Questo cipermetterà di rallentare e di evitare irischi della frenesia4.

Il turismo può diventare, proprioin questo periodo, uno strumento diprossimità. Sì, il nostro mondo post-moderno ha bisogno di prossimità,cioè di vicinanza nelle relazioni, e,quindi, dei cuori. E il turismo, chein ogni caso prevede il movimento

Gli uomini e le donne di #preghiera portano riflessisul volto bagliori di luce, perché, anche nei giorni più bui,

il sole non smette di illuminarli

(@Pontifex_it)

di Suor MIRELLA CAT E R I N A SORO*

Q uando venni per la prima vol-ta in monastero, erano ospitidella comunità anche un frate

domenicano e una suora domenica-na di vita attiva. Rimasi profonda-mente colpita dalla fraternità, dallagioia che traspariva dal loro stare in-sieme. In quei giorni avevo “to cca-to”, senza saperlo, il “c u o re ” stessodi Domenico: il dono che egli avevaricevuto dallo Spirito e trasmesso atutti i suoi figli. Questo carisma checontinua a irradiare i suoi raggi be-nefici, caldi e luminosi, sul mondointero, si rivelava a me nella bellezzadella gioia fraterna: in quell’a s p i r a rea essere «un cuore solo e un’animasola in Dio» che è il motivo stessodella nostra vita domenicana.

Per parlare di Domenico di Guz-mán (1170-1221), fondatore dell’o rd i -ne dei predicatori, prendo in prestitol’esperienza di una delle più grandidonne che siano mai esistite: la do-menicana santa Caterina da Siena(1347-1380), dottore della Chiesa, pa-trona d’Italia e d’Europa. Ciò chedirò, lo traggo dall’insegnamento dilei che è non solo la più insigne eautorevole discepola di Domenico,ma anche il “canale” femminile piùefficace e autentico del carisma.

A lei Dio Padre rivelò che Dome-nico «fu uno lume che Io porsi almondo col mezzo di Maria» (Cateri-na da Siena, Dialogo della DivinaP ro v v i d e n z a , C LV I I I , 478-479). Èstraordinario come Caterina descrivail carisma dell’ordine quale donodello Spirito alla Chiesa e al mondocol mezzo di Maria. Dietro questapiccola frase, si nasconde il ruolo

centrale che Domenico diede alladonna in un tempo in cui la partefemminile dell’umanità era confinataai margini di ogni vicenda umana,culturale, politica e sociale. Ciò sta asignificare non solo una profondadevozione mariana, da sempre atte-stata nell’Ordine, e un riconosci-mento del carisma quale dono speci-fico di Maria, ma anche che la pre-dicazione domenicana si compiepassando per il tramite della donnae che la stessa predicazione (cui ifrati, primariamente, si dedicano) siattua solo col mezzo della contem-plazione (nell’ordine questo compi-to, che è di tutti, è però affidato inmaniera speciale alla donna).

Colui che ebbe a confessare, altermine della propria vita, di avereavuto la “deb olezza” di preferiresempre la conversazione delle donnegiovani a quella delle donne anziane(intendendo, così, manifestare lapropria piena fiducia di poter trova-re la freschezza del carisma proprionelle donne giovani), iniziò la pro-pria avventura carismatica non tantocon i frati, ma con un gruppo didonne adulte, ex eretiche che, torna-te a Cristo attraverso la sua parolainfuocata, desideravano donarsi tuttea Dio e sostenere la predicazione delvangelo attraverso una vita di pre-ghiera e penitenza. Sembra che ilfondatore dell’ordine dei predicatori— che il padre Henri-DominiqueLacordaire definì «tenero come unamadre e forte come un diamante —

avesse compreso che solo “insieme”,uno di fronte all’altra, in una com-plementarità di doni e reciprocitàdi sostegno, l’uomo e la donnapotevano essere canali di grazia,strumento di misericordia, pre-dicatori efficaci della Parola divita.

Domenico era un vero contem-plativo. Amava restare un po’ in-dietro quando, insieme ai com-pagni, percorreva lunghi tratti distrada, e immergersi nel silen-zio, tutto raccolto in Dio. Daquel silenzio scaturivano parolee gesti di vita, oltre che l’inso-lita capacità di captare nell’or-dinarietà della vita e delle si-tuazioni la voce di Colui chegli parlava proprio attraversole persone e gli avvenimenti.Tutto ciò che gli accadevaera, per lui, occasione perascoltare la sete delle perso-ne e la voce di Dio. Enell’esperienza del silenzio edel deserto del cuore, a Fanje-aux, egli comprese che c’era biso-gno di “spazio”: spazio per il “di-verso”, spazio per il dialogo. Spazioperché la Parola potesse essere pre-dicata dentro uno stile di vita finoad allora impensato: la vita comune,la contemplazione, lo studio, la po-vertà volontaria. Il cuore di Domeni-co è un cuore ferito dal buio delmondo; la sua sete è la sete ardentedi chi sente su di sé le ferite degli al-tri e desidera rispondere alla voce di

Colui che invita: «Chi ha sete, ven-ga a me e beva» (Gv 7, 37).

Al centro della spiritualità dome-nicana sta la sfida del dialogo pro-fondo tra le vite, le esperienze e lepersone, attraverso la comunione divita. Che è una forma di “obiezionedi coscienza” alle devastazioni delcuore dell’uomo, alle sue fratture in-teriori, alle divisioni, alle violenze ealle guerre: cerchiamo di vivere tranoi ciò che desideriamo per il mon-do. Questo sforzo continuo è la no-stra preghiera e la nostra preghiera èefficace solo se accompagnata daquesto sforzo continuo.

L’altro, allora, è colui che mi aprela strada verso Dio. Di più: è la miavia a Dio. Perché, secondo la Santasenese, solo così è possibile ricam-biare l’amore gratuito e infinito diDio: partorendo nel prossimo le vir-tù concepite nella preghiera. Lo stu-dio della verità nasce da questa pro-fonda esperienza di unità che rendepresente, vivo tra noi, il Risorto. Luistesso è la Via che ci porta dentro laVe r i t à del Padre attraverso la Vitanello Spirito. Quando viviamo nellacomunione, Gesù, che è il ponte checongiunge il cielo e la terra, ci portadentro la Trinità, ma solo “insieme”.Così, conosciamo le Persone divine“dal di dentro”, per esperienza enon più per sentito dire. La partico-larità della via domenicana verso lasantità è proprio questa: ogni passodi questo cammino io non lo faccioda sola, ma insieme all’altro. Non

potrò mai essere a immagine e somi-glianza di Dio e vicina a Lui né po-trò conoscerlo “da sola”: l’altro è co-lui che mi aiuta a entrare nell’esp e-rienza trinitaria ed è colui senza ilquale io non potrò mai avere un’au-tentica conoscenza di Dio. Cristo èla via ed è la porta, ma l’altro è co-lui con il quale, soltanto, io posso“e n t r a re ” in Dio attraverso questaporta. Il domenicano inizia il suocammino di santità insieme all’a l t roe insieme all’altro lo porta a compi-mento.

Quando chiesero a Domenico suquale libro avesse studiato egli rispo-se: «Sul libro della carità». Nonpossiamo illuderci di raggiungere leperiferie del cuore di ogni personadel nostro tempo e di essere predica-tori della grazia, senza “s t u d i a re ”giorno e notte Cristo, scritto in Ma-ria (cfr. Dialogo C X L V, 1223; C L I V,107; Orazione XI). E la feconditàdella predicazione non viene, secon-do Caterina, dalla bellezza delle pa-role, ma da una vita di unione conDio. Quanto più si ama, tanto più leparole diventano essenziali ed effica-ci.

Seguire Domenico, allora, signifi-ca entrare insieme in questa “Vi adelle virtù”, e portare tutti gli uomi-ni dentro l’abbraccio trinitario. Si-gnifica divenire noi stessi il “luogo”dell’abbraccio di Dio al mondo, vi-vendo la carità della verità e la veritàdell’unità. Attraverso la meravigliosasfida della comunione di vita.

*Monastero domenicanoSanta Maria della Neve e SanDomenico - Pratovecchio (Arezzo)

8 agosto memoria liturgica di san Domenico di Guzmán, fondatore dell’ordine dei predicatori

La sfida del dialogo tra le divisioni del mondo

Sandro Botticelli, «San Domenico benedicente»