L'altro volto del Canada

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Appalti, corruzione, tangenti e intimidazioni. La Commissione d’inchiesta Charbonneau sta dimostrando la presenza di un cartello gestito da maosi, imprenditori e politici per il controllo degli appalti pubblici. Nelle scorse settimane è ricominciata l’escalation di omicidi, con il boss Vito Rizzuto pronto a riprendere le redini del potere di Saul Caia i

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Appalti, corruzione, tangenti e intimidazioni. La Commissione d’inchiesta Charbonneau sta dimostrando la presenza di un cartello gestito da mafiosi, imprenditori e politici per il controllo degli appalti pubblici. Nelle scorse settimane è ricominciata l’escalation di omicidi, con il boss Vito Rizzuto pronto a riprendere le redini del potere. (Pubblicato sul mensile Narcomafie, numero 3, anno 2013)

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Appalti, corruzione, tangenti e intimidazioni. La Commissione d’inchiesta Charbonneau sta dimostrando la presenza di un cartello gestito da ma!osi, imprenditori e politici per il controllo degli appalti pubblici. Nelle scorse settimane è ricominciata l’escalation di omicidi, con il boss Vito Rizzuto pronto a riprendere le redini del potere

di Saul Caiadi Saul Caiadi

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Zambito ha raccontato che Gilles Suprenant, ex capo ufficio urbanistica di Montréal, durante il suo mandato aveva intascato tangenti per un valore complessivo variabile dai 100 ai 200 mila dollari

«Lei crede che la ma!a esista?» «Lei crede che la ma!a esista?» «Non lo so». «Non lo so». «Secondo lei: che cos’è la ma!a?» «Secondo lei: che cos’è la ma!a?» «È dif!cile da de!nire. Non lo «È dif!cile da de!nire. Non lo so».so».Tribunale di Montréal. Chi pone Tribunale di Montréal. Chi pone la domanda è Sonia LeBel, una la domanda è Sonia LeBel, una degli avvocati della “Commisdegli avvocati della “Commis-sione Charbonneau”, organismo sione Charbonneau”, organismo che coordina e indaga sul sisteche coordina e indaga sul siste-ma d’in!ltrazione ma!osa negli ma d’in!ltrazione ma!osa negli appalti pubblici nella provincia appalti pubblici nella provincia del Québec facente capo all’omodel Québec facente capo all’omo-nimo giudice.nimo giudice.L’imputato è Nicolò Milioto, L’imputato è Nicolò Milioto, imprenditore originario di Catimprenditore originario di Cat-tolica Eraclea ed emigrato in tolica Eraclea ed emigrato in Canada per fare fortuna. Oggi è Canada per fare fortuna. Oggi è titolare della “Mivela”, società titolare della “Mivela”, società specializzata negli arredi straspecializzata negli arredi stra-dali (da qui il suo soprannome dali (da qui il suo soprannome “Mr. Sidewalk”, “Mister mar“Mr. Sidewalk”, “Mister mar-ciapiede”) e viene considerato ciapiede”) e viene considerato dall’accusa uno dei principali intermediari tra il clan Rizzuto

e le imprese di costruzione.Durante la seconda udienza in commissione, Milioto si avvale della facoltà di non rispondere, silenzio interrotto solo per spie-gare al giudice Charbonneau il concetto della parola “omertà”: «Vuol dire che non devi parlare», ha sentenziato Milioto.È passato oltre un anno da quan-do la commissione ha messo a setaccio le gare d’appalto pub-bliche tra le regioni di Montréal e Laval, che coinvolgerebbero persino !nanziamenti diretti ai partiti e ai politici.Lo scandalo ha travolto come un !ume in piena l’amministrazione dello stato federale del Québec e quelle delle due regioni, con la conseguente caduta di diverse cariche politiche. La prima è stata Line Beauchamp, ex ministro dell’Educazione e vicepresidente dello stato del Québec, che duran-te la raccolta fondi del 2009 aveva ricevuto circa tremila dollari da Domenico Arcuri, imprenditore in odor di ma!a. Arcudi si era presentato come rappresentante della società energetica di carbo-nio neutro, specializzata nella boni!ca dei terreni. In seguito a quella donazione, quando la Beauchamp era divenuta mi-nistro dell’Ambiente, la società dell’imprenditore aveva ricevuto la certi!cazione di abilitazione energetica. L’ex ministro prima di dimettersi, a metà maggio 2012, aveva sostenuto di non conoscere in alcun modo il ma!oso.

Il lavoro scrupoloso della commissione ha portato alla confessione di Lino Zambito, titolare della “Infrabec Inc.”, che con la sua testimonianza ha ricostruito la rete d’intrecci tra ma!a, politica e imprenditoria. A !nire sot-

to accusa proprio l’ex sindaco di Montréal Gerald Tremblay, che secondo Zambito era pie-namente a conoscenza del si-stema vigente in Québec, dove un gruppo di imprese aveva stabilito un cartello di prezzi, spartendosi il ricavato con la ma!a. La suddivisione delle mazzette aveva uno schema ben preciso: il 2,5% del valore de-gli appalti andava alla ma!a, e quindi al boss Vito Rizzuto che agiva da “mediatore” durante le dispute sugli appalti; il 3% spettava al partito del sindaco Tremblay, la “Union Montréal”, mentre l’1% serviva a corrom-pere la burocrazia.«Non ho mai tradito. Auspico di cuore che un giorno venga riconosciuto che ho combattuto, spesso da solo, contro il siste-ma». Con queste parole, lo scorso 5 novembre, sommerso dello scandalo, il sindaco Tremblay ha deciso di lasciare la carica di primo cittadino, che ricopriva ininterrottamente dal 2002, e di abbandonare de!nitivamente la carriere politica.Zambito ha inoltre raccontato che Gilles Surprenant, ex capo dell’uf!cio Urbanistica di Mon-tréal, durante il suo mandato aveva intascato tangenti per un valore complessivo variabile, compreso tra i centomila e i 200 mila dollari, somma a cui però vanno aggiunte ulteriori regalie concesse a diversi dipendenti comunali. Durante gli interro-gatori, Surprenant ha confessato di aver preso l’1% sugli appalti truccati e di aver ricevuto più di 600 mila dollari da diversi im-prenditori, nell’arco dell’ultimo ventennio.Altra importante testimonianza è stata fornita da Elio Pagliarulo, ex proprietario di una panetteria,

Dopo l’indebolimento del clan Rizzuto, che aveva tenuto sotto scacco il Canada per oltre trenta anni, Montréal si era trovata in una situazione d’instabilità. Chiunque desiderava colmare il vuoto della vecchia famiglia di Cattolica Eraclea. Si erano formati due differenti fazioni: da una parte il gruppo di Raynald Desjardins, al quale avevano aderito alcuni uomini di Rizzuto, e dall’altra quello di Salvatore Montana, detto “il boss bambino”, che riceveva l’appoggio della famiglia Bonanno di New York. Una sanguinosa disputa è culminata con l’omicidio dello stesso Montagna freddato lo scorso novem-bre, per il quale è stato accusato Desjardins, arrestato e poi scarcerato sotto cauzione in vista del processo, insieme ad altri cinque complici.Negli ultimi mesi però il panorama sembra cambiato vertiginosamente e il cerchio continua a stringersi intorno a Desjardins, che ha perso numerosi uo-mini nel conflitto. Tra questi Joe Di Maulo, cognato del boss; undici settimane dopo è toccato a Gaetan Gosselin, altro partner d’affari; poi è stata la volta di Vincenzo Scuderi ed infine, alcune settimane fa, l’ultimo agguato mortale ai danni di Tonino Callochia. Il grande sospettato della nuova escalation di morte è Vito Rizzuto “The Teflon”, il padrino scarcerato negli States lo scorso ottobre. In molti sospettano che Rizzuto voglia ristabilire l’equilibrio e colpire Desjardins, per intimidirlo e impedirgli di testimoniare davanti alla commissione Charbonneau. Eppure, nonostante il recente rientro in Canada, il boss aveva messo in vendita la propria vecchia casa e con la moglie si era recato per una vacanza nella Repubblica Dominicana. Una mossa che aveva spiazzato in molti, ma che sembra ricordare la strategia adottata dal padre Niccolò durante la prima guerra di mafia in Canada negli anni 70, quando dal Venezuela, dove si era rifugiato, aveva diretto lo sterminio dei rivali Violi.

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Gli incontri tra imprenditori

e appartenenti al clan Rizzuto

avvenivano al “Cosenza

Social Club”, quartier generale

della famiglia

che ha raccontato di aver con-segnato personalmente a Frank Zampino, politico e presiden-te del comitato esecutivo del governo di Montréal, 300 mila dollari in contanti. A fare da intermediario il costruttore Paolo Catania, desideroso di acquistare un terreno del valore circa di 50 milioni di dollari: sperava, con l’aiuto di Zampino, di ottenere il prezzo di favore di 5 milioni.

Le aziende che si aggiudicavano gli appalti erano sempre le stesse e facevano parte di una rete ben de!nita. Tutte le altre società erano emarginate e minacciate nel caso in cui decidessero di partecipare alla gare. Così quan-do Martin Carrier, imprenditore esterno al gruppo, decide di non piegarsi al cartello della ma!a, viene ripetutamente in-timidito. Il primo avvertimento lo riceve telefonicamente, alla cornetta risponde la !glia che visibilmente preoccupata passa la chiamata al padre. Dall’altra parte, una voce con una marcato accento italiano: «Non te ne deve fregare nulla di chi sono, perché la prossima volta non la farai franca. Grazie e buona giornata». Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la voce è quella di Francesco Del Balso, uomo del clan Rizzuto. No-nostante la minaccia, l’imprendi-tore ri!uta l’offerta e denuncia le intimidazioni alle autorità. La ma!a però continua nella sua opera ricattatoria, inviandogli un ulteriore avvertimento con un bigliettino di condoglianze, recapitatogli direttamente in uf!cio. “Sincere condoglianze” recita il fronte, mentre sul retro c’è scritto: «Caro amico, smettila di fare offerte a Montréal. Se non

la smetti, la tua famiglia riceverà un biglietto tale e quale a questo. È l’ultimo avviso».Anche l’imprenditore Michel Leclerc, proprietario della “Ter-Leclerc, proprietario della “Ter-Leclerc, proprietario della “Terramex Inc”, società specializzata nel movimento terra, ha confer-nel movimento terra, ha confer-nel movimento terra, ha confermato le pressioni e intimidazioni che la sua azienda aveva ricevuto durante le gare pubbliche. Leclerc ha spiegato che, già nel 1996, era a conoscenza di un cartello che controllava i contratti fognari nel-la città di Montréal, al quale pote-vano aderire solo poche imprese. Quando per “sbaglio” vinceva un’azienda esterna al gruppo, arrivavano le pressioni e si era costretti a ritirare l’offerta.

La com-missione Charbonneau è riuscita a de!nire la strategia adottata nel corso delle trattative delle gare d’appalto. Da un lato, i prezzi dei preventivi venivano gon!ati anche del 70%, dall’altro si sotto-stimava il valore dei terreni. Sotto accusa sono !nite ben sette imprese e numerosi (e facolto-si) costruttori. In primis Paolo Catania, anche lui originario di Cattolica Eraclea, filmato du-rante un incontro con il boss Nick Rizzuto nel suo quartier generale, mentre nascondeva grosse somme di denaro nelle calze. Altro magnate chiamato in causa è Tony Accurso, pro-prietario della “Simard-Beaudry Construction” e di circa 60 ditte satellite. Poi ci sono gli impren-ditori Giuseppe “Joe” Borsellino e Nicolò Milioto. Gli inquirenti sono venuti a conoscenza delle strategie affa-ristiche grazie agli appostamenti e alle intercettazioni che hanno dato vita all’operazione “Colos-seo”, risalente al 2006. Sono infatti stati !lmati gli incontri al

“Cosenza Social Club”, quartier generale della famiglia Rizzuto, dove diversi imprenditori si recavano per parlare con i com-ponenti del clan. Nel club dei Rizzuto si trattavano gli accordi per la spartizione degli appalti; mentre al “Club 357c”, in un lussuoso edi!cio al centro di Montréal, gli imprenditori entra-vano in contatto con i funzionari pubblici per corromperli. Nel corso dell’inchiesta, le autorità si erano avvalse delle traduzioni di Angelo Cecere, che per oltre 26 anni ha lavorato nel reparto di criminologia del corpo mi-litare canadese, specializzato nella trascrizione ed interpre-tazione delle conversazioni intercettate.Una collaborazione termina-ta quando la Royal Canadian Mounted Police ha iniziato a sospettare dello stesso Cecere, decidendo di metterlo sotto sor-veglianza. Durante i pedinamen-ti, le autorità canadesi si sono rese conto che Cecere favoriva i Rizzuto, manipolando i testi delle traduzioni e incontrando uomini del clan per informarli degli sviluppi delle indagini. A casa dello stesso “traduttore” si recava spesso Nicola Di Marco, che per la famiglia gestiva un casinò clandestino a Montréal !nanziato da Nick Rizzuto Jr., !glio del boss Vito. Nel 2007 la polizia ha arrestato Cecere incolpandolo di aver ostaco-lato le indagini e divulgato in-formazioni riservate. Durante la perquisizione in casa del “traduttore” è stato trovato un dischetto contenente alcuni !le non ancora pubblicati nell’in-chiesta, diverse annotazioni e un documento con la dicitura “domande che gli avvocati po-trebbero fare”.

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Può un solo corpo di polizia di 28 mila uomini, sia pure leggendario come le Giubbe Rosse della Royal Canadian Mounted Police (Rcmp), garantire un adeguato standard di sicurezza in un grande paese come il Canada, con 34 milioni di abi-tanti, una superficie trentatré volte quella dell’Italia, ottomila chilometri di frontiera con gli Stati Uniti e 66 mila chilometri di costa pacifica e atlantica? Impresa estremamente ardua, quasi impossibile, riuscire solo a fronteggiare la criminalità in generale – e quella del narcotraffico in particolare – diventate sempre più invasive e violente.

Il pano-rama criminale nel Paese dei Laghi è molto variegato. Gruppi di origi-ne asiatica – in particolare cinesi e thailandesi – primeggiano nella distribuzione di eroina, bande di motociclisti che hanno il monopolio nel commercio di marijuana e dro-ghe sintetiche, sodalizi dominicani e giamaicani, gruppi canadesi e gli immancabili “esperti” colombiani. Una citazione particolare va fatta per la criminalità mafiosa italiana presente da decenni a Toronto e a Montréal. La famiglia Rizzuto, storica alleata dei Cuntrera-Caruana, è ancora dominante con la presenza del suo capo, il sessantasettenne Vito Rizzuto. “Don” Vito, terminata la condanna nel carcere di Denver, da alcuni mesi è tornato a casa a Montréal, dalla sua “famiglia”, intenzionato a non mollare gli affari iniziati sin dagli anni Settanta. Si spiegherebbero così alcuni incontri riservati di “lavoro” avuti a gennaio, nella Repubblica Dominicana. Lontani, dunque, dal Canada, dopo una guerra di mafia: la criminalità organizzata irlandese alleata con gangs di motociclisti, insieme contro il “potere” dei Riz-zuto. Una contesa iniziata nel di-cembre 2009, con l’omicidio di Nick Rizzuto avvenuto in pieno centro a Montréal, cui hanno fatto seguito (rispettivamente a maggio 2010 e

giugno 2010) le “lupare bianche” di Paolo Renda, cognato di don Vito e di Agostino Centrera, padrino di Vito. A novembre dello stesso anno l’assassinio di Nicola Rizzuto, 86 anni, il patriarca della “famiglia”, ucciso, mentre era in cucina, da un cecchino appostato in un bosco nei pressi della sua abitazione. Nel 2011, esponenti canadesi della ’ndrangheta e di Cosa nostra si accordano con l’intento di eliminare i Rizzuto per ottenere il controllo della piazza di Montréal. Prosegue quindi la scia di omicidi. Vengono uccisi Antonio Di Salvo, Lorenzo Lopresti e, infine, l’italo canadese Salvatore Mantegna (soprannominato il “boss bambino”), cresciuto in Sicilia e nel Bronx e diventato esponente di spicco della famiglia Bonanno. Per questo omi-cidio finiranno in carcere Desjardins e l’irlandese Jack Arthur Simpson, autore materiale dell’omicidio. Lo stesso Raynald Desjardins (legato ai bikers degli Hells Angels) a gennaio era miracolosamente sfuggito a un agguato; pari sorte è toccata, il mese successivo, alla moglie di un “socio” di Rizzuto. Nel novembre 2012 vengo-no uccisi il vecchio Joseph Di Mauro (un tempo vicino ai Rizzuto) e, due mesi più tardi (gennaio 2013), Gae-tano Gosselin, vicino a Desjardins. Questi fatti sanguinari rappresentano inquietanti segnali di come la lotta per il controllo del territorio non sia affatto conclusa.

Per la criminalità organizzata, naturalmente, il fiorente mercato delle droghe continua a es-sere il principale obiettivo da tenere sotto controllo. La Rcmp, nel 2012, ha stimato in circa 15 miliardi di dollari canadesi il volume di denaro riciclato proveniente dal narcotraffico. Ingen-ti gli ultimi sequestri di marijuana canadese (i dati non ancora ufficiali dello scorso anno parlano di oltre 40 tonnellate), per lo più proveniente dall’Ontario, Québec e British Colum-bia, coltivata in territori disabitati e aree impervie. Notevolmente aumen-

tata la coltivazione della marjiuana (il consumo in Canada è tra i più alti nel mondo) nelle case, in capannoni, nelle serre (“indoor grow operation”), tecnica che consente una maggiore produzione (con conseguente mag-giore esportazione verso il mercato americano) e un prodotto con una più alta concentrazione di principio attivo. L’hashish è in prevalenza di provenienza giamaicana e indiana; nella zona di Vancouver è molto diffuso il “budder”, olio sintetizzato con un’alta percentuale di thc. Il con-sumo di eroina resta su livelli bassi con sequestri che si sono attestati, mediamente, intorno ai cento chili annui (con un picco, nel 2009, di 213 kg). Al sequestro, nel luglio del 2007, della prima coltivazione di oppio nel paese, ha fatto seguito – nell’agosto 2011 – quello avvenuto a Chilliwack (British Columbia): un campo di poco meno di tre ettari con 500 mila piante “curate” da due canadesi di origine indiana. Il mercato della cocaina ha registrato un’impennata nel 2009 . In tema di droghe sintetiche il Ca-nada continua a essere tra i maggiori produttori mondiali di ecstasy con prezzi molto concorrenziali (meno di dieci dollari a pillola) e con tec-niche di vendita molto “allettanti”, come rendere le pillole “glitter”, cioè luccicanti. Dai sequestri di oltre una tonnellata del 2007 si è scesi a mezza tonnellata nel 2009 per poi risalire intorno ai 700 kg nel 2012 (dato ancora non consolidato). Notevole anche la produzione di metamfetamine con esportazione di consistenti quanti-tativi verso i mercati giapponese e australiano. Accanto a questo mercato “tradizionale” delle droghe, se ne è sviluppando un altro che vede diverse sostanze come Lsd, ketamina, Ghb (gamma hidroxy butirate), roypnol (derivato dalla benzodiazepina), khat (molto diffusa tra le comunità etiope e yemenita) e una droga popolare, in pillole, chiamata “hagigat” (fusione delle parole “hagica” che in ebraico vuol dire “festeggiamento” e khat) e diffusa nella comunità israeliana.

di Piero Innocenti

Un rapporto del Centro Studi Strategici e Internazionali di Washington stima circa 950 gruppi criminali in Canada. Il traffico di stupefacenti risulta sempre più fiorente, mentre il contesto politico nazionale è più instabile. Uno scenario che giova alle mafie, tra le quali spicca quella italo-canadese