LA PIAZZADI GIOVINAZZO NOVEMBRE 2011

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1 NOVEMBRE 2011 Ph: Nico Mongelli ph. E . Tedeschi

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MENSILE DI VITA CITTADINA

Transcript of LA PIAZZADI GIOVINAZZO NOVEMBRE 2011

1 NOVEMBRE 2011

Ph: Nico Mongelli

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La collaborazione é aperta a tutti. La reda-zione si riserva la facoltà di condensare omodificare secondo le esigenze gli scrittisenza alterarne il pensiero. Gli articoli im-pegnano la responsabilità dei singoli autorie non vincolano in alcun modo la linea edi-toriale di questo periodico.Finito di stampare il 24/10/2011

All’innocenza di Raffaele, noi ci crede-vamo. E a cominciare sin da subito, daquando cioè questo vicenda è pratica-

mente iniziata. Un convincimento cheè andato addirittura a rafforzarsi neltempo anche alla luce delle puntuali‘rettifiche’ afone che amici e famiglia ciriferivano quasi simultaneamente allenotizie pubblicate. E così, più la gran-

de macchina della informazione maci-nava fango, più invece ci convinceva-mo che quel mostro sbattuto in primapagina altro non potesse essere che lavittima dell’accanimento della maggiorparte dei media che avevano ormai spo-

sato, e senza troppi se e senza tanti ma,la tesi di un omicidio sesso, droga e rock and

roll. E poi, cosa c’era di meglio di que-sti ingredienti (e di un caso che più in-ternazionale non si può) per far aumen-tare la tiratura dei giornali o a far

audience in televisione? A noi, piccolomensile cittadino, però i conti non tor-navano proprio: come mai tutti quelliche davvero conoscevano bene Raffa-ele erano invece così sicuri della suaassoluta innocenza, anzi erano dispera-tamente indignati per quello che avve-

niva? Non poteva esistere nulla per lorocapace di trasformare in così poco tem-po il Raffaele che conoscevano benis-simo - e rivedevano con regolarità espesso tutte le volte che veniva a trova-re i suoi a Giovinazzo, persino alcuni

giorni prima - in quel ragazzo netta-mente agli antipodi, per come venivadescritto da giornali e televisione. Ri-

di Giovinazzo

edito

flettendo in maniera più approfondita , siè giunti anche alla conclusione che solouna perfetta consapevolezza di una asso-

luta e completa estraneità ai fatti era ingrado di spiegare logicamente persinol’atteggiamento di Raffaele nei giorni pre-cedenti al suo fermo; e cioè perché, inve-ce di avvalersi di un immediato supportoo quanto meno di una presenza morale,

abbia piuttosto cercato di minimizzare almassimo anche le ripetute convocazioniin Questura per un delitto così efferato ,pur di tranquillizzare il padre ed evitareche nemmeno lui salisse a Perugia. E vabeh che stava ospitando Amanda rimasta

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«…conosci il frutto e conosci l’albe-ro...», beh conoscevamo il frutto, l’al-bero e anche la terra, la nostra

Giovinazzo con tutto il suo ancoraintatto humus di valori, quindi non ci èvoluto molto per propendere decisa-mente anche noi per la tesi dell’inno-cenza e di conseguenza cominciare aguardare le cose da un altro punto di

vista. Deduzioni indubbiamente noncondivise, queste, se poi Raffaele si ètrovato imputato in un processoindiziario che si è annunciato imme-diatamente tutt’altro che semplice,anzi «…la ricostruzione di un omici-

dio senza prove è come laricomposizione di un mosaico…ed èevidente che le tessere più importantile ha adesso in mano Rudy Guedé,l’unico sicuramente sulla scena del de-litto ma latitante...». Il resto è crona-

ca: la attribuzione a Raffaele dell’ im-pronta insanguinata sulla scena deldelitto (elemento determinante per ilsuo arresto) e poi ‘finalmente’ attribu-ita a Rudy Guedé, ma dopo una bat-taglia durata mesi nonostante si trat-

tasse del pattern prodotto da una Nikedi tipo diverso e con 2 numeri e ½ didifferenza… Ma poiché più che unarticolo ci vorrebbe un libro solo sul-le prove, e già ne sono usciti tanti echissà quanti ne usciranno ancora, tra

‘ombre’ e back-stage vari, sull’argo-mento – e chi la ammazza una gallinadalle uova d’oro? – è meglio sicura-mente fermarci qui. A questo punto

senza casa (per i sigilli apposti a via della

Pergola) ma avesse avuto il benché mini-mo sospetto di un suo coinvolgimento aqualsiasi titolo, avrebbe mai potuto agi-re così? Una evenienza scartata decisa-mente a priori anche questa da chi eravicino a Raffaele. E comunque un’ ulte-riore conferma alla coerenza di questi ra-

gionamenti arrivò dal risultato del ver-bale del suo interrogatorio (un lungo non

stop sottoscritto da ben 30 poliziotti e cheavrebbe ‘steso’ il più consumato dei de-linquenti) che alla fine presentavasolo«alcune incongruenze e contraddi-

zioni?!». Se a tutto questo aggiungi che

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QUASI IL SEQUEL DI QUESTACOPERTINA DEL DICEMBRE2009, ABBIAMO SCELTOUN’IMMAGINE CHE CI RESTITU-ISCE IL RAFFAELE PER COMELO CONOSCEVAMO NOI, PERCOME LO CONOSCEVANO TUTTIALLORA. NON CI HA CERCATO,NÉ LO ABBIAMO CERCATO. RI-SPETTIAMO IL SUO DIRITTO ARITROVARSI, A RITORNARE ALLASUA NORMALITÀ.LA FOTOCOMPOSIZIONE È STA-TA REALIZZATA DA C. MORESE

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LA REDAZIONE

senza l’intenzione, né tanto meno la presunzione di cam-biare le idee di nessuno, speriamo di aver almeno chia-rito, e alla luce di fatti, perché in tutti questi anni siamostati con Raffaele e per Raffaele con la testa e col cuore,andando a trovarlo in carcere, pubblicando le sue lette-

re, realizzando per lui persino una canzone andata inonda su Porta a Porta…. Eravamo ormai diventati, e atutti gli effetti, il suo personale fil rouge tra lui e la suaamata Giovinazzo. Nessuna meraviglia, dunque, se giàprima della sentenza avevamo pronta l’unica copertinapossibile, secondo noi, per il prossimo numero (e cioè

questo). Già perché come Raffaele e nonostante tutto,non abbiamo mai smesso di credere nella Giustizia. Enon ci siamo sbagliati neppure su questo: la giustiziaitaliana ha saputo trovare il coraggio in assenza di pro-ve di riformare la sentenza di primo grado e nella stes-sa sede dove prima era stata emessa una condanna. Ed

esemplare ci appare la figura del Presidente della Cortedi Appello di Perugia, Claudio Pratillo Hellman, pernitore umano e giuridico: pur con i suoi tanti dubbipersonali e incurante di qualsiasi conseguenza, ha diret-to in maniera ineccepibile e neutrale tutto il processofino alla sua conclusione. Dimostrando così a tutto il

Mondo che nella Patria del Diritto c’è posto solo perl’applicazione della Legge. E quella italiana, checché sene dica, non ha certo bisogno di prendere lezioni danessuna. Anzi. In chiusura un breve pensiero alla pove-ra Meredith e alla sua famiglia: non è vero che giustizia

non è stata fatta, un colpevole c’è, ed è Rudy Guedé; eforse quando parlerà, se parlerà, si potrà pure scrivereun’altra verità, sicuramente più completa e convincen-te. Ma qualunque cosa ne verrà fuori, ne siamo convin-ti, di sicuro Raffaele non ci sarà tra gli assassini diMeredith.

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Non ho avuto l’opportunità di incontrar-lo allora, non ho ancora avuto il piaceredi vederlo personalmente nemmenoadesso. Ma ho imparato lo stesso a co-noscerlo, Raffaele, attraverso le sue let-tere al giornale, le notizie e i vari report

che arrivavano puntualmente in redazio-ne. Impossibile a questo punto non di-ventare una innocentista convinta anch’iocome tutti quelli che lo conoscevanodavvero. Non ho potuto esserci però sta-volta ai tanti appuntamenti televisivi cuila nostra testata è stata chiamata diret-tamente, un po’ perché la ‘voce di

Giovinazzo’ e un po’ perché ancora con-siderata ‘la voce di Raffaele’ , ma anche esoprattutto per il fatto che alla fine noirimanevano l’unica alternativa in loco alsilenzio ed alla invisibilità suoi e del suoentourage più stretto. Un compito non dapoco visto che La Piazza non è certo néil Corriere della Sera né La Repubblica…

Tutto sommato ce la siamo cavata benee persino al di là di ogni previsione: labozza della nostra attuale copertina èfinita col diventare un vero e propriomanifesto, prima e dopo, dell’innocen-za di Raffaele. Ripresa praticamente datutti i giornali e le televisioni, un suc-cesso comunque non cercato ma di cuisiamo orgogliosi perché dietro quella co-pertina- simbolo c’era il sentimento nonespresso, quasi nascosto, di quella partedella città che della innocenza di Raffa-ele, conoscendolo, era assolutamenteconvinta a dispetto di tutto e di tutti.Nessuna voglia di comparire ad ogni co-

sto, dunque, ma diventati protagoni-sti per caso e per necessità non ci sia-mo lasciati sfuggire l’ occasione permostrare e cercare di far almeno in-travedere qualcosa della nostra bel-lissima Giovinazzo. Anche la crona-ca può essere utile quando una noti-zia, vuoi o non vuoi, finisce per en-trare in tutte le case.

ALESSANDRA TOMARCHIO

NOVEMBRE 2009. LA CBS AGIOVINAZZO PER UN

REPORTAGE SUL CASO. IN ALTOIL GIORNALISTA REMO CROCI,GIORNALISTA PER IL TG5

ph. E. Tedeschi

corsivettoIN PIAZZA IN MOLTI AD ASPETTARE LA SENTENZA CON NOI

PROTAGONISTI PER CASO

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little italyDI NICK PALMIOTTO

Ho seguito recentemente le vicende del processo di Perugia e mipiace precisare che non mi sento di esprimere nessun giudizio pro ocontro la Corte di Assise di Appello che ha statuito l’innocenza diRaffaele Sollecito e Amanda Knox.Devo però sottolineare che purtroppo, in Italia, i processi che ri-guardano gli omicidi sono diventati dei veri e propri oggetti di pro-grammi televisivi che riescono a catalizzare l’attenzione di migliaiadi spettatori. Sembra quasi un fenomeno modaiolo, quello di sentir-si protagonisti in tal modo, di vicende che purtroppo negli ultimitempi hanno visto sempre più la presenza di una vittima donna. Ecosì, tanti presentatori e nuovi giornalisti si cimentano in qualità dimediatori del male e, a seconda degli sviluppi del caso, fanno pen-dere l’ago della bilancia da una parte o dall’altra, con l’ausilio dipseudo-esperti o addirittura persone qualificate che, mentre assu-mono regolari incarichi nell’ambito di un determinato processo, con-temporaneamente corrono a sedersi davanti ai riflettori per mette-re in evidenza la propria professionalità, probabilmente per un lau-to tornaconto pubblicitario. La Vita in Diretta, Quarto grado, Do-menica cinque, Mattino cinque, Porta a Porta e via discorrendonon fanno altro che snocciolare questioni che in realtà dovrebberorestare segrete almeno fino alla chiusura delle indagini preliminari.Nessuno dovrebbe poter dire la sua su casi delicati che devonorestare solo al vaglio degli investigatori. Invece tutti hanno impara-to a seguire costantemente ogni dettaglio e quasi si pretende la sen-tenza in diretta nel giorno della verità. Nessuno può negare nell’ul-timo caso di Perugia, di aver provato emozioni discordanti e diaver sospeso il fiato quando si è trovato davanti al giudice che indiretta era in procinto di leggere quella sentenza che avrebbe man-

dati assolti i due ragazzi, accusati della morte di Meredith Kercherin concorso con Rudy Guedè. Ormai bisogna insomma accettareche questi processi sono di pubblico dominio e che ogni interventoesterno è concesso. Occorre infatti ricordare che, durante il proces-so di primo grado, alcuni investigatori privati americani si sono re-cati a Perugia per raccogliere informazioni e materiale informativoe compararlo con le tesi dei Pubblici Ministeri. Ebbene sin da alloraappariva l’evidente discordanza e contraddittorietà dei fatti ma laProcura era ferma e caparbia nell’affermazione di colpevolezza.Per gli americani, tale atteggiamento ha fatto maturare una grandequantità di critiche negative soprattutto nei confronti della giustiziaitaliana. Tutto ciò perché ormai i media avevano preso possesso delcaso e si dimenticava che anche in America, nel corso della storia sisono registrate molte sentenze ingiuste oltre a casi di persone giusti-ziate ma forse innocenti. D’altronde se voltiamo pagina e ci adden-triamo in altre tipologie di processi che attualmente interessano lecronache italiane, anche in altri settori ci sembra sempre più fre-quentemente di trovarci davanti ad una giustizia parziale che nonsoddisfa mai il principio della certezza della pena e che spesso, pur-troppo, premia anche coloro che hanno compiuto in manierareiterata i delitti più efferati e le truffe più colossali. Basti pensare aidelitti di mafia forse mai realmente riscattati e ai casi religiosi dipedofilia mai definitivamente chiariti. Cosa dobbiamo concluderein definitiva? Che forse ognuno di noi deve ormai accontentarsisolo di una «giustizia mediatica», di processi sommari che soddisfa-no un’opinione di una parte della popolazione piuttosto che di un’al-tra e che sono anche in grado di anticipare ciò che verrà invecesentenziato nelle tetre aule di giustizia.

Il processo di Perugia? Pensieri in libertà,pensieri di un giovinazzese a New York

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il fattoDI SERGIO PISANI

Un complotto ordito dalla mafia.Noi ci crediamo!A FINE MESE LA SENTENZA DI APPELLO PERPADRE TURTURRO, IL PRETE ANTIMAFIACONDANNATO A 6 ANNI E 6 MESI

Chiedo scusa ai lettori se le pagine di questo giornale ospitanoriflessioni che riguardano il nostro Stato di diritto, quel dirittoalla difesa e quella presunzione di innocenza che sono pilastridel nostro ordinamento. Per un processo di appello concluso,parleremo di un altro di cui si attende la sentenza. Il processo sista celebrando a Palermo davanti alla quarta sezione della Cor-te di appello e vede imputato il giovinazzese don Paolo

Turturro, grande amico di don Pugliesi, ex parroco della chie-sa di Santa Lucia di Palermo, impegnato nel sociale nel quartie-re del Borgo Vecchio, animatore della cultura contro la violen-za e le armi con l’associazione Dipingi la pace in attività antimafia.E’ stato condannato in primo grado, il 17 luglio del 2009, a seianni di carcere per due episodi di violenza sessuale nei con-fronti di ragazzini che, all’epoca dei fatti (2000-2001) avevanotra i 9 e i 10 anni e oggi sono entrambi maggiorenni. La senten-za di appello prevista per il 13 ottobre è slittata per fine otto-bre. Il sacerdote antimafia ha sempre sostenuto di essere statoaccusato ingiustamente. Secondo la difesa, il parroco sarebbein realtà vittima di un complotto ordito dalla mafia. Già lamafia. Che ha già formulato una condanna a morte nei con-fronti di Padre Turturro senza macchiare le strade di sangueperchè non si possono creare nuovi martiri da proporre amodello alle giovani generazioni. In questo caso, la mafia haucciso l’uomo con le bombe dell’infamia e della vergogna. Aciò aggiungi le penne infuocate di ardimentosi giornalisti chesbattono don Paolo direttamente all’inferno senza conoscerel’uomo. Ecco cosa ha scritto La Stampa, il giornale di casaAgnelli, del prete antimafia. «Padre Paolo Turturro, ex parroco pa-

lermitano condannato a sei anni e sei mesi per pedofilia, in tribunale, ma

mai sospeso dal suo incarico ecclesiastico. Il processo è andato avanti molto

lentamente: era iniziato nel 2004 e dopo la sentenza di primo grado (luglio

2009) ci sono voluti due anni e mezzo per iniziare l’appello. Adesso il

procuratore generale Carmelo Carrara ha chiesto la conferma della pena

per il presunto pedofilo. Non ha dubbi, il rappresentante dell’accusa:

Turturro, prete un tempo impegnato nell’antimafia militante, è ‘un mini-

stro del culto in cui albergava il mostro della pedofilia’. Eppure per lui

nessuna sospensione, nemmeno un intervento della chiesa sulla sua vicenda,

né un provvedimento cautelare delle autorità ecclesiastiche: mentre in Au-

stria, Canada, Baviera, Stati Uniti, ma anche in Italia, le sospensioni

scattano a decine, per semplici sospetti e per indagini appena avviate, mentre

il Papa chiede perdono alle vittime della pedofilia, Turturro, lontano paren-

te dell’attore americano John, è sempre rimasto ad amministrare i sacra-

menti». Avete capito? In altri termini, Padre Paolo è un mostroche deve essere sbattuto in un’apposita sezione protetta del car-cere come tutti i pedofili. La replica della chiesa non si fa atten-dere. «È un cittadino come tutti gli altri - sostiene il vescovo ausiliaredi Palermo, monsignor Carmelo Cuttitta - e per tutti i cittadini si

presuppone l’innocenza fino alla sentenza definitiva. Le situazioni vanno

valutate caso per caso». Ma la cautela e la severità della chiesa per gliscandali della pedofilia? «I giudici stanno facendo il loro lavoro e Turturro

ha la possibilità di difendersi, finché non verrà accertata la sua responsabi-

lità». Il processo? «Non lo so come finirà - conclude monsignorCarmelo Cuttitta - va avanti da tanto tempo». «Sono indignato - scrive don Turturro in un’altra riflessione - sucome si possa fare informazione sul dolore degli altri. Sono indignato della

privacy spiaccicata su tutti i giornali. Non posso divorziare dalla parola.

Non posso divorziare dall’indignazione». Intanto don Paolo continuale opere di carità e raccoglie alimenti per i poveri. Va ai mercatie glieli regalano perché conoscono lui e gli attivisti della sua as-sociazione Dipingi la pace. Tra patimenti e aneliti di pace, parlasolo con Dio. Si confessa solo con Dio. Nelle sue lettere che cifregiamo di pubblicare Padre Turturro non attacca gli uomini,quelli che lo hanno macchiato dell’infamia più vergognosa. Miperdoni, Padre Paolo per aver disturbato il silenzio delle sueconfessioni con Dio col rumore dei miei scarabocchi. Io non cicredo, mi rifiuto di credere almeno fino a quando non mi verràchiarito tutto dopo. E in ogni caso, mi vanterò di essere suoamico. Mi vanterò di pubblicare le sue lettere.

SERGIO PISANI

13 NOVEMBRE 2011

L’Eden della coscienzaSiamo senza ossigeno. C’è un’asfissia nelle nostre chiese. Boc-cheggiamo di morte. Non è solo una croce la nostra vita. Noiannunciamo ciò che è già realizzato. E’ realizzato l’amore. E’ rea-lizzato la risurrezione. E’ sposata la chiesa con Cristo Signore.Dio è audace nei suoi progetti di redenzione. Perdonare è la ri-sposta dell’amore. Non c’è sempre saggezza con l’età. E’ il fiatoche si fa più corto. La vita è una zattera che va alla deriva. C’èsempre quell’uomo però che si addormenta sulla nostra barca. Cichiamerà ancora uomini di poca fede. Io con l’odio non vogliospartire proprio niente. A stento sto salvando il senso della vita.Sembra tutto provvisorio. Un fiore di campo che appassisce. Ungiorno che finisce. In parco corpore magna virtus. Asserisco conrigore tutto ciò che è vero. Nella mia vita ho detestato la ricchez-za e gli agi. Mi sono schierato con la saggezza che appena cono-sco. Eppure comprendo che nelle battaglie e nelle lotte s’impara ilsenso della concentrazione, rifiutando ciò che è effimero. Hoimparato a vincere il bisogno, a superare le notti insonni, a supera-re il limite delle menzogne, ad innalzarsi oltre il tempo. Nella fedenon si cammina nel buio. Le pagine della filosofia e di ogni scienzacambiano continuamente. Relativo è il cuore che soffre. Relativaè la mente che pensa. Relativo è lo sguardo corto e maligno. Rela-tiva è la poesia. Relativa è l’arte. Relativo è il tempo. Relativi sonoi nostri affetti e le nostre emozioni. Relativo è il corpo dove abitacon umiltà Colui che è l’essenziale, Colui che è la vita. Relativa èla vita, vista solo con il tempo. Relativa è la morte, vista con inostri occhi. Relativo è il potere che non regala a chi lo possiedeneanche un giorno in più della vita. Relativo è il denaro che non tipuò annientare una malattia. Le leggi a misura di potere sonooppressive. La morale fatta con interesse economico è immorale.E’ oppressivo il debito pubblico sulle nazioni impoverite dal pote-re di espropriare materie prime di benessere. Eppure ognuno dinoi con fatica procede verso l’Assoluto che abita in noi. Noi cer-chiamo con tutti i sogni Colui che abita in noi per aprirci l’eternità.Anche le pagine della luce invecchiano. Sembra che non sia più laluce l’elemento più veloce del creato. Oggi si aprono le pagine deineutrini. Domani già sono superati da energie che non conoscia-mo ma che sono in noi e che potrebbero essere più veloci. Quan-to dolore può sopportare un uomo. Fino a quando le sue spallenon crolleranno sotto il piombo delle accuse. Quanti crimini ta-ciuti. Quante falsità non smascherate. Quanta mendacità. Carissi-mo amico, anche le pagine del potere di oggi sono relative. Ancheil nostro dire su Dio è relativo. In Lui scopriremo meraviglie sem-pre nuove da non saziarci mai. Relativo è il nostro stesso dissen-tire. Relativo è anche il nostro pensare su noi stessi e sugli altri.Eppure qualcosa nasce di certo nel giorno. Eppure Qualcuno, che

ha accettato liberamente la passione di una croce, ci assicura chenon siamo nati per caso e che non finiamo per caso nel nulla. Eccoperché, quando tu, o Dio, nascondi il tuo volto, io sono moltoturbato. Ecco perché nel sacramento della Tua Parola, nel sacra-mento del Tuo Spirito, nel sacramento del tuo Amore, noi trovia-mo l’uscita di sicurezza dal dolore, dall’angoscia, dalle tenebre cheopprimono di menzogne, dall’effimero e dal relativo che ci avvili-sce di sabbia. Io so, nel dolore, che un tuo sacramento non ci oppri-me. Io so che il peso delle accuse non mi può schiacciare, se iosono nel tuo calice di salvezza. E sento la gioia della verità salire daltuo calice di salvezza. E sento la gioia dell’uscita di sicurezza pro-prio nel perdono. E sento la gioia del discernimento che mi veste diinnocenza. Io so, nel fallimento, che tu mi hai preceduto per solle-varmi e per cancellare nel mondo ogni avvilimento. Io so che dasolo non posso sollevarmi dalla terra della sofferenza. Non ci sonoali per planare dal fango delle menzogne, solo tu sei la nostra alanon solo di riserva ma di essenzialità per uscire da ogni male. Per-ché sono precipitati sulla terra i demoni sconfitti e schiacciati dalcielo? O se fossero precipitai su marte o su un pianeta informe! Iomi aggrappo solo al tuo Amore, infinito per me. Anch’io seguo ilre. Non rubo niente al tempo. Non rubo niente alla grazia. Nonrubo niente delle monete e dei gioielli che cadono dal carro del re.Nel mio respiro corto di terra non mi basta. Ho bisogno di unaboccata d’aria di cielo. L’ossigeno che ci manca si chiama fede. Tulo sai ciò che desidero. Tuttavia non la mia ma la tua sia fatta.L’unico conforto sei tu e vorrei tanto vederti. Mi basterebbe, micatanto, soltanto un tuo sguardo. Mi basterebbe anche un sogno chemi invita a seguirti per sempre.

DON PAOLO TURTURRO

Niente luminarie, niente fuo-

chi d’artificio. I micaeliti fe-

steggiano il 29 settembre il

proprio Santo in modo sobrio

aprendo il cuore alla solida-

rietà. D’altronde ci suggeri-

scono la pubblicazione di

questa foto per informare che il santo è sempre presente in

mezzo a noi per sconfiggere il male, ma in questo partico-

lare momento storico ringraziano quanti hanno partecipato

alla raccolta della giornata della spesa che è stata intera-

mente devoluta alle famiglie bisognose di Giovinazzo.

San Micheleper i poveri

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15 NOVEMBRE 2011

IL CONTRAPPUNTOdell ’alfiere

AFFARI FAMILISTICI. Molti, mol-tissimi ricorderanno quante polemiche,quante battute dei sedicenti liberi comici,quanti commenti indignati dei nuovi cu-stodi della moralità a senso unico suscitòla candidatura e successiva elezione delgiovane rampollo di casa Bossi. Si gua-dagnò, non senza merito, l’appellativo «iltrota» che voleva evidenziare l’espressio-ne pronta e sveglia del suo volto. Ricor-do bene i fiumi di inchiostro, le predichepuntute di molti liberissimi commenta-tori su giornali e tv. Pensai che nel famo-so referendum del 2 giugno gli italianiavevano scelto la Repubblica, credo, nonsolo per chiudere la pagina della dittaturafascista ma anche per dare un segnale so-ciale e politico forte. Non dovevano esi-stere diritti dinastici nella nuova Italia. Edinvece. In Casa Savoia si sono sostituitetanti piccole casate, piccoli principati, mi-nuscoli ducati e granducati. In fondo dan-do ragione a Bossi, è l’Italia dei comuni.Infatti, ecco, i politici candidano i figli, iprofessori universitari ‘sponsorizzano’ ifigli in cattedra, i cantanti sostengonol’ugola dei figli, gli avvocati fanno lo stes-so, i bancari hanno, in molti istituti di cre-dito, l’assunzione del figlio garantita.Ovviamente una differenza fra le catego-rie citate esiste e non mi sottraggo adevidenziarla. Politici e professori univer-sitari, come tutti i dipendenti pubblici(magistrati esclusi perché sono immaco-lati per definizione) sono tutti a carico dellacollettività, della casse dello Stato, insom-ma di noi tutti. Ecco l’Italia di oggi chepredica bene e razzola male. Mai comein questi giorni sento parlare e scrivere dietica di moralità, di rispetto dei valori inpolitica e nella vita, anzi non vi deve esse-re, secondo molti esponenti e partiti po-litici, alcuna differenza fra vita privata epubblica. Poi ecco che fra i più intransi-genti custodi della moralità, fra i più di-grignanti inquisitori spuntare i distinguo,le giravolte linguistiche per giustificarecomportamenti che ad altri non sonoperdonati. Il gran visir dell’IDV, l’onore-vole Di Pietro, ha candidato nella sua re-gione, il Molise, il bravo figliolo per l’ele-zione del consiglio regionale. L’intero cir-

colo di Termoli si è sospeso dal partito.«Mio figlio dovrà guadagnarsi i voti peressere eletto e poi non è il trota di turno»ha dichiarato stizzito il gran condottiero deimoralisti ad intermittenza. Insomma un le-zione di etica politica e civile. Mio figlio èmeglio del trota. E se lo dice lui dobbia-mo inchinarci, non si sa mai arrivi una sco-munica. Non sarà per questo che scappa-no i cervelli dall’Italia? Un’Italia in cui la rac-comandazione è elevata a sistema tanto or-ganizzato da superare tutti i paletti di leggielettorali e amenità varie.

MALAGIUSTIZIA. Mentre accadonoquesti piccoli miserabili fatti, resi ancor piùmiserabili dal silenzio della stampa che sidefinisce libera scorre la vita con le sue pa-gine prima nere ed oscure poi serene esoleggiate. Ed eco riemergere dalle tene-bre uno dei fatti di cronaca che ha coinvol-to la nostra comunità. In questi lunghi anninon mi sono mai occupato di RaffaeleSollecito e del suo dramma. Non mi sonoiscritto al partito dei colpevolisti né a quel-lo degli innocentisti. Non c’era bisogno, nonvi erano prove per accusarlo di un delittoefferato ed inspiegabile. Per un garantista,ma anche per i custodi intermittenti dellaCostituzione, non si può tenere in carcereun innocente per quattro lunghi anni. E’l’ennesimo caso di mala giustizia, di carce-razione inspiegabile, di accanimento, dipressapochismo dell’apparato giudiziarionel suo complesso. Qualcuno ha detto escritto che è la dimostrazione che il nostrosistema funziona. Mi permetto di osserva-re che negli U.S.A. con quelle prove, forse,il processo non avrebbe avuto nemmenoinizio. Anche in questa occasione nessunaosservazione è giunta dai vertici della ma-gistratura, dell’associazione magistrati nonnel commentare la sentenza ma per aprire

una riflessione sulla riforma del sistema giu-diziario. Qualsiasi ipotesi viene bollata comeun tentativo di ridurre il potere dei pubbliciministeri, l’indipendenza dell’ordine giudizia-rio dal potere politico. Nessuno che osserviche l’indipendenza, la libertà dalla pressionisi conquista con l’autorevolezza, un’autore-volezza che non mi sembra ai massimi livel-li. Troppe inchieste naufragate dopo che gliindagati sono stati devastati negli affetti, nel-la vita sociale e professionale, senza alcunaconseguenza, senza una presa di posizione,senza una riflessione dall’interno. Anche perridare serenità ai cittadini e ai magistrati che,lontani dai riflettori, lavorano e lottano con-tro l’illegalità. La Piazza ha in questi lunghianni rappresentato un ponte tra Raffaele Sol-lecito e Giovinazzo. Oggi che è tornato allavita mi sento solo di augurargli di ritrovareequilibrio e serenità. La tentazione mediaticasarà fortissima e molti non si stanno sottra-endo alle comparsate televisive. Qualcunovorrà anche approfittarne, ma le parole deldottor Sollecito, padre di Raffaele, pochiminuti dopo la sentenza denotano intelligenzae grande compostezza nella felicità: «Sonofelice per mio figlio ma penso anche al do-lore della famiglia di Meredith». Mentre aGiovinazzo si affollavano troupe televisiveed inviati continua e si infittiscono i movi-menti ‘politici’ per le vicine elezioni comu-nali. Gli squilli di tromba avevanoannuncIato la nascita del movimento CittàIdeale animata dal consigliere Dolciamore. Maecco la novità. Il suddetto aderisce alla listaEmiliano con il consigliere Turturro e lo co-municano al consiglio comunale con le im-mancabili parole di oda. Ovviamente valo-ri, etica e non poteva mancare nel minestro-ne anche “la moderazione democratica nel-l’ambito del centrosinistra”. Il sindacoEmiliano ha trovato i suoi custodi della le-galità anche a Giovinazzo in ben due espo-nenti politici come Dolciamore e Turturro.Adesso sono più tranquillo per la legalità, ivalori, l’etica e la moderazione democraticache , da ignorante, no so cosa significhi masignificherà scuramente qualcosa di grosso eimportante perché altrimenti non sarebberostati nel centro sinistra. Evviva!

[email protected]

AFFARI FAMILISTICI E MALAGIUSTIZIAIL GRAN VISIR DELL’IDV, L’ONOREVOLE DI PIETRO, HA CANDIDATO NELLA SUAREGIONE, IL MOLISE, IL BRAVO FIGLIOLO PER L’ELEZIONE DEL CONSIGLIO REGIONALEMENTRE UN INNOCENTE DI CASA NOSTRA HA VISSUTO 4 ANNI DI DETENZIONE ILLEGITTIMA

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17 NOVEMBRE 2011

palazzo di citta’

Gli indignados della zona artigia-

nale. Forse il sogno di un canile!Sorvolando sulla ricognizione sullo stato di attuazione dei pro-grammi, la salvaguardia degli equilibri di bilancio, le modificheed integrazioni relative all’affidamento della gestione della casadi riposo San Francesco (diviene residenza sociale assistenzialecon garanzia sulle posizioni lavorative già in essere) e che peral-tro sono all’Albo Pretorio, il primo vero confronto tra maggio-ranza e minoranza si è acceso sulla cessione della cosiddettaFarmacia Comunale «visto che di comunale ha solo in nomedal momento che la maggior quota di proprietà, il 51,06 %, è inmano ai privati». E giù la critica de il Popolo della Libertà e dellaDemocrazia Cristiana circa la gestione, che dopo i pesanti pas-sivi degli anni scorsi un timidissimo segno positivo l’ultimoanno (788 euro nel 2010) l’hanno pure registrato come segnale,per quanto impercettibile di una probabile ripresa dopo il fisio-logico avvio d’impresa. Ciò non toglie che la Maggioranza nonha ritenuto «la conservazione della titolarità…un’esigenza pri-maria per l’amministrazione comunale...» che andava quindi ce-duta anche alla luce delle attuali norme nazionali sulle societàmiste pubbliche- private. Di qui con gli 11 voti del Partito De-mocratico e della Lista Emiliano, 3 astensioni (il Popolo delleLibertà e la Democrazia Cristiana ) passa la cessione della par-tecipazione della s.p.a. di via Devenuto, per una quota almeno di324.000 euro ossia pari alle 324 azioni possedute, esattamente il48,94 % del capitale sociale in mano pubblica. A velocizzarequesto iter probabilmente la presenza degli abitanti della zonaartigianale organizzatisi in un comitato presieduto da un com-battivo Enzo Fusaro che ha rappresentato gli enormi disagisubiti da quei cittadini che scontano il fatto di abitare case co-struite da 26 impresi edili in violazione dei piani di lottizzazionecomunali ed in una zona artigianale che ha già messo sotto in-chiesta ben 176 persone: «Mancanza di manto stradale che fainalare polveri pericolose ai bambini che giocano oltre ad arre-care danni ai veicoli e alle persone che circolano…mancanza diilluminazione pubblica… sterpaglia a pericolo di incendio ericettacolo di topi, scarafaggi e serpenti…». Un disagio subitocavalcato da Leo Magarelli che ha proposto invece una lineabipartisan per cercare una soluzione al problema forte dell’ap-poggio morale di Ruggero Iannone che si è dichiarato a fiancodelle imprese, degli artigiani e degli immobili sequestrati. Vici-nanza pure espressa dal capogruppo PD Maria Restivo che peròha dichiarato tutta l’impotenza a far qualcosa dell’Amministra-zione perché «in questa fase possiamo fare davvero poco per-ché l’indagine è ancora in corso». Il Sindaco ricevendoli per ascol-tare le loro istanze ha subito dichiarato la intenzione di non vo-ler però sentire contestazioni strumentali avvertendo che “lamaglia D1.1 non può e non deve diventare un argomento dicampagna elettorale”. Ma siamo già in campagna elettorale, onon se n’è accorto?

La Lega Nazionale per la Difesa del cane è l’associazione piùpresente sul territorio per la difesa degli amici a quattro zampe.Probabilmente è anche l’unica, come uniche (per morale) sonole pochissime persone che si occupano di una questione cosìdelicata e stremante se lasciate lavorare da sole.La Lega di Giovinazzo ha l’immane compito di gestire una si-tuazione al limite della emergenza e sapere di un futuro impe-

gno con la realizzazione del canile comunale per alleviare gliimpegni dei volontari non ha cambiato di molto la condizione.Purtroppo. «Non sono molto fiduciosa – spiega un po’ rammaricataDaniela Volpicella, anima e concretezza della associazione -: finchènon vedrò l’inizio dei lavori rimarrò scettica. Parlo a ragion veduta, perchéabbiamo preso un sacco di batoste nel nostro cammino e poi siamo semprenoi a segnalare le opportunità tra bandi e finanziamenti regionali che altri-menti passerebbero inosservati. Certo già il fatto che se ne stia parlando eche abbiano inoltrato la richiesta per partecipare alla realizzazione delcanile è un buon segno, però rimane tutto sulla carta. Per ora». Infatti almomento l’impegno della amministrazione di partecipare allainiziativa regionale per la costruzione di canili sanitari (con con-tributo di 200mila euro) è solo indirizzato al parere favorevoledi regolarità tecnica senza che ci sia una rilevanza contabile.«Abbiamo anche segnalato la possibilità di partecipare alla campagna disterilizzazione per i cani padronali (sempre con contributo di 200milaeuro, ndr) – aggiunge Daniela – ma non sappiamo se abbiano seguitoanche questo consiglio: l’ultima volta in cui c’è stato un incontro con l’asses-sore alla Polizia Municipale e Protezione Civile Agostino Albrizio erainizio estate e non ci ha riferito nulla a riguardo».Per le sterilizzazioni la Regione erogherà i contributi in baseall’ordine cronologico di arrivo delle istanze sino ad ‘eusarimentoscorte’ e dopo l’impegno di realizzare campagne informativesull’argomento.

Dal comune fanno sapere che almeno il progetto preliminarec’è. La deliberazione della Giunta comunale pure, anche se peril momento si tratta solo del parere favorevole di regolaritàtecnica espresso dall’architetto Vincenzo Turturro in qualità didirigente del 3^ settore Lavori Pubblici senza che ci sia unarilevanza contabile.Fatto sta che il Comune ha già posto le basi per la realizzazionedi un canile sanitario con annesso rifugio anche per seguire co-erentemente la linea di contrasto al randagismo già tempo ad-dietro adottata con le iniziative di microchippatura degli amici aquattro zampe e l’apertura di un punto di informazione (pressol’Urp) con l’ufficio per i diritti degli animali. La Giunta regiona-le ha stanziato per i Comuni 200mila euro per la realizzazionee/o l’ampliamento delle strutture comunali destinate all’acco-glienza dei cani ed entro il 6 settembre le amministrazioni do-vranno inviare alla Regione i loro progetti per completare leistanze di richiesta contibuti: l’importo progettuale del geome-tra Giuseppe Di Gioia nel preventivo del piano di lavoro hatoccato i 224.400 euro. Votato all’unanimità il progetto, sarà poila stessa Regione a stabilire i parametri con i quali saranno elargitii fondi in sede di approvazione. L’idea del piano prevede un’areaesterna con 15 cuccette prefabbricate in calcestruzzo, un corpodi fabbrica con 4 box tripli per il ricovero degli animali, unlocale sanitario come medicheria, un vano per la preparazionedei pasti, la zona lavaggio, un deposito per mangimi e uno peri detergenti, una sala di attesa e i vani per la riserva idrica e ilquadro elettrico.

hanno collaboratoMarianna La Forgia e

Alessandra Tomarchio

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Nome:

RuggeroCognome:

IannoneSoprannome (tuo o della tua fami-

glia):

Nessun soprannome.Professione:

Direttore di banca.Elenco dei partiti in cui hai militato:

Sempre e solo uno. M.S.I. che poi dopoFiuggi si è trasformato in Alleanza Na-zionale e che con Forza Italia ha dato vitaal PDL.In quale ti sei trovato meglio?

Mi sono trovato e mi trovo bene in tutti.Altrimenti non ne farei parte ora o nonne avrei fatto parte in passato. Vedi Ser-

gio, la politica per me è sempre stata unapassione, un modo per affermare dei va-lori, delle idee e per cercare di rendermiutile per la società e per la nostra comunitàgiovinazzese. Non l’ho mai vissuta comeuna professione o come un mezzo per rag-giungere un qualcosa. Quindi nel momen-to in cui non mi riconoscerò più in un par-tito ed in un gruppo di persone, torneròtranquillamente a casa.Attuale incarico istituzionale:

Consigliere Comunale di opposizione

Come ti senti quando i tuoi dissensi in

aula consiliare vengono tacitati con

un’alzata di mano della maggioranza?

Purtroppo il centrosinistra usa sempre bel-le parole come «politica partecipata»,

S.R.L.infissi metallici

lavorazione in ferroStrada vicinale Montedoro 70054

Giovinazzo

l’intervistaSERGIO PISANI

Ruggiero Iannone, l’unicosindaco che sconfisse la sinistra

«Dopo di me si è passati ad un si-

stema e ad un’idea di gestione del-

la ‘cosa pubblica’ che nulla ha che

vedere con la politica. Comunque,

penso che i tempi sono maturi per

il ritorno del centro destra»

«IO PENSO CHE QUESTAVOLTA PIÙ CHE MAI, ILGUANTO DI SFIDA LODEBBANO LANCIARE I

CITTADINI NEI CONFRONTIDEGLI AMMINISTRATORILOCALI. DEVONO ESSERELORO AD ANALIZZARE CIÒ

CHE È ACCADUTO, CIÒ CHE INQUESTI 15 ANNI DICENTROSINISTRA A

GIOVINAZZO NON È STATOFATTO O È STATO FATTO POCOE MALE, A SCAPITO DEI

GIOVINAZZESI»

19 NOVEMBRE 2011

«condivisione delle scelte», «trasparenza», etc…Poi però quando governa si comporta inmaniera completamente opposta. Ciò che miinfastidisce innanzitutto come cittadino è laloro completa chiusura a proposte, istanze,idee e opinioni che non siano funzionali al loroprogetto di governo della città. Non ultimol’atteggiamento di scarsa attenzione e com-prensione che hanno avuto nei confronti deicittadini residenti nella zona D.1.1, o l’assenzadegli assessori competenti quando si fannointerrogazioni in consiglio comunale.

Sei stato il primo sindaco eletto diretta-

mente dal popolo che è durato solo 22

mesi, da maggio 1995 al febbraio 1997.

Come mai?

Fui oggetto di una mozione di sfiducia daparte di alcuni consiglieri della maggioranzaappoggiati dai colleghi dell’opposizione. Inmerito alle cause ed alle dinamiche, la storia laconoscono bene i giovinazzesi.

Un sindaco che dura poco è un ammini-

stratore inetto o incorruttibile?

Penso che a questa domanda possano rispon-dere i giovinazzesi, viste le continue attestazionidi stima sia personali sia politiche che mi ri-volgono, eleggendomi e suffragandomi ognivolta con numerosissimi consensi anche a di-stanza di anni.

Dopo di te, Giovinazzo è diventata roc-

caforte della sinistra. Dopo 15 anni i tem-

pi sono maturi per un ritorno a destra?

Dopo di me si è passati ad un sistema e adun’idea di gestione della ‘cosa pubblica’ chenulla ha che vedere con la politica. Comun-que, penso che i tempi sono maturi per il cen-tro destra. Ritengo infatti che Giovinazzo ab-bia bisogno di un ritorno alla politica seria,quelle delle idee, dei valori e soprattutto dellaconcretezza. Quella dei progetti per il rilanciodella nostra economia locale, quella che resti-

tuisca vivibilità e sicurezza ai cittadini, cheoperi nel reale interesse della collettività enon nell’interesse esclusivo e particolare dipochi a scapito di molti.

Sei pronto a lanciare il guanto di sfi-

da? Chi lo raccoglierà?

Io penso che questa volta più che mai, ilguanto di sfida lo debbano lanciare i citta-dini nei confronti degli amministratori lo-cali. Devono essere loro ad analizzare ciòche è accaduto, ciò che in questi 15 anni dicentrosinistra a Giovinazzo non è statofatto o è stato fatto poco e male, a scapitodei giovinazzesi.

Perché nelle segreterie di partito si

continua a fare a botte per una candi-

datura a sindaco, sapendo a priori del-

l’ostracismo dei cittadini nei confron-

ti della classe politica?

In quali segreterie? Forse ti riferisci a quelledei partiti del centrosinistra. Noi, nel no-stro partito, abbiamo avviato da tempoun serio e franco confronto per individua-re un programma ed un profilo di candi-dato sindaco che possano realmente ri-spondere alle necessità dei giovinazzesi. Icittadini, però, devono anche capire chehanno loro in prima persona il dovere ol-tre che il diritto di controllare gli ammini-stratori. Devono interessarsi maggiormen-te alla vita pubblica, devono seguire i (po-chi) consigli comunali che vengono con-vocati, perché la voce di un coro ha sicu-ramente un effetto diverso rispetto alla sin-fonia di un singolo.

I politici nostrani sono persone inca-

paci di svolgere dignitosamente

qualsivoglia attività, facce di bronzo

convinte che ‘chi strilla di più’ ha ra-

gione e che il popolo somaro crede a

tutto?

I politici nostrani sono lì perché qualcunoli ha votati. Pertanto prima prendiamo-cela con noi stessi e poi con loro. Conquesto voglio dire che tutti dobbiamo farciun’autocritica, sia i politici sia i cittadini,soprattutto coloro che non hanno la for-za e la voglia di impegnarsi in prima per-sona per cercare di cambiare le cose. Igrandi cambiamenti, le grandi rivoluzionisono sempre state iniziate da pochi mapoi attuate con l’aiuto di tutti. Per questoinvito i miei concittadini onesti, volenterosi,moralmente sani e che hanno a cuore lesorti di Giovinazzo e dei nostri figli, a farsiavanti, a non rimanere nell’ombra, ad im-pegnarsi per cambiare e migliorare la no-stra Giovinazzo.

Quanti sono al momento gli aspiran-

ti alla poltrona di sindaco?

La risposta più ricorrente che è stata dataa questa domanda è: 13.000. Io penso,invece, che più che al numero bisognaporre attenzione alla qualità degli aspiran-ti alla poltrona di primo cittadino.Giovinazzo ha bisogno di gente seria,onesta, competente e soprattutto esperta,che sia garanzia di affidabilità e che sap-pia fronteggiare le imboscate dei “«solitivolponi» in agguato.

Chi è Ruggero Iannone?

Un giovinazzese innamorato della suaGiovinazzo, che vorrebbe vederla torna-re a splendere come una volta.

A chi ti accusa di attitudine servile

verso il sen. Azzollini, sindaco di

Molfetta, come reagisci?

Veramente è la prima volta che sento unatale affermazione nei miei confronti. Lacosa che più mi meraviglia è che a riferir-la sia tu, Sergio, visto che mi conosci e misegui da tantissimi anni. In passato la sini-

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stra locale mi ha chiamato «asino» ed io ho risposto loro chenon c’era complimento più bello di questo, visto che l’asino èstato per secoli l’animale al servizio dell’uomo, ed in tal senso iosono sempre stato al servizio di Giovinazzo e dei giovinazzesi.Detto ciò, ritornando alla tua domanda, nessuno può discono-scere i meriti che il sen. Azzollini ha sia come sindaco di Molfettache come Presidente della Commissione Bilancio del Senato.Ce ne fossero stati a Giovinazzo di persone con le sue capaci-tà… oggi non saremmo in queste penose condizioni.

Tra i problemi della tua città, qual è secondo te quello da

affrontare con più urgenza?

Noi dobbiamo puntare a risolvere innanzitutto quelli più gravi epiù urgenti. Bisogna pertanto rilanciare seriamente la zona ASI(area di sviluppo industriale), la zona Artigianale di produzionee con iniziative intelligenti il turismo e quindi l’occupazione.Dobbiamo fornire come Amministrazione gli strumenti idoneiai nostri giovani per poter fare impresa e sviluppo a livello loca-le, dobbiamo avviare un serio programma di riqualificazionedel territorio, sia dal punto di vista dell’arredo urbano che daquello ambientale, incentivando la raccolta differenziata,sensibilizzando tutto il tessuto sociale. Dobbiamo evitare spre-chi e puntare a razionalizzare le spese.

Regioni, Comuni e Province di qualsiasi colore politico

sono scesi in piazza per manifestare contro le pesantissi-

me sforbiciate previste dalla manovra economica. Come

si potrà trasformare Giovinazzo in città del sole se la co-

perta è sempre più corta?

Come dicevo prima, controllando la spesa pubblica, evitandola distribuzione di prebende, di consulenze e finanziamenti a

pioggia ai soliti amici degli amici, facendo emergere l’evasionefiscale ed invitando i “furbetti del quartiere” a diventare onesticittadini contribuenti. Oltra a questo dovranno aumentare le en-trate senza colpire i cittadini: e qui mi riferisco alla valorizzazioneeconomica degli immobili comunali, alle royalties della discari-ca, alle concessioni comunali, ma essenzialmente dovràrazionalizzarsi la spesa.

La stessa domanda l’abbiamo rivolta al primo cittadino e

al giudice De Palma. Cosa faresti se ti trovassi nell’ufficio

postale o nella farmacia o nel supermercato di turno che

offrono il loro obolo periodico al rapinatore di turno? Fai

il superman o il nnnooormalman?

La vera sfida sarà quella di evitare che tali episodi accadano. Suquesto abbiamo le idee molto chiare, le abbiamo sempre avute.Se solo l’amministrazione Natalicchio invece di ignorarle avesseascoltato ed accolto le nostre proposte (suffragate da oltre 1.700firme di cittadini) in tema di sicurezza, oggi qualcosa sarebbecambiato.

La crisi economica e morale ha disgregato il territorio.

Come faresti a lavorare per tentare di regalare alla tua cit-

tà il dono del progresso con l’entrata in vigore del

federalismo municipale fiscale?

Il federalismo fiscale e municipale responsabilizzando gli ammi-nistratori locali ha fornito loro misure per semplificare la tassa-zione, ridurla in certi casi, ma controllare anche l’evasione. Il pro-blema è comunque sempre quello: se non c’è sviluppo, se non sicreano le condizioni perché aumentino le entrate comunali, sen-za ovviamente alzare le tasse, allora non si va da nessuna parte.Più turismo, più sviluppo, più attività sul territorio significano

21 NOVEMBRE 2011

più entrate per il comune e quindi più servizi per i cittadini.

Da quando la scure giudiziaria si è abbattuta sull’intera

maglia artigianale D1.1, economicamente non si muove fo-

glia. Qual è la ricetta per la ripresa del Pil cittadino?

Come dicevo sopra. Bisogna creare le condizioni per far muoverel’economia giovinazzese: sviluppare la zona A.S.I., rilanciare seria-mente la zona artigianale, promuovere i nostri prodotti locali, dareimpulso al turismo fornendo servizi ai turisti ed agli operatori,fare cultura e far conoscere Giovinazzo utilizzando i moderni ca-nali di pubblicità e promozione, inserendoci in quelle filiere turisti-che di ampio respiro.

Ogni anno vanno via quasi mille giovani neolaureati. È il

caso di cambiare denominazione: «Benvenuti a Giovinazzo

città che si gratta» al posto di «Benvenuti a Giovinazzo città

dell’olio?».

Il problema è serio, anche se dalle analisi fatte sui dati comunali lestime annuali sono, per fortuna, inferiori. Resta comunque il fattoche bisogna lanciare un segno tangibile di controtendenza. Nono-stante il forte richiamo di alcune realtà territoriali più attrattive ri-spetto alla nostra, creando quelle condizioni di cui si parlava soprain termini di turismo, impresa, economia ed occupazione si po-trebbe creare un fenomeno di controtendenza, ovvero richiamarei giovani da fuori.

La magistratura in Italia e in Puglia è sfacciatamente di si-

nistra?

Una parte di essa sì. Lo dimostra il colpevole ritardo con cui imagistrati hanno proceduto nell’analizzare e perseguire numerosi

fenomeni di corruzione e sperpero di denaro pubblico, comenel caso di Penati, il capo della Segreteria politica di Bersani, lea-der del PD, o come in Puglia abbiano usato due pesi e due misu-re nello scandalo sulla Sanità.

Silvio Berlusconi si deve vergognare per la battuta sul par-

tito «della gnocca»?

Era una battuta punto e basta, fatta tra l’altro non davanti a mi-crofoni e telecamere. Piuttosto dovrebbe fare una seria autocriticala puritana e benpensante On.le Bindi, che è sempre pronta apuntare il dito come un censore, ma si dimentica degli epiteti cheutilizza per apostrofare i colleghi parlamentari che non la pensa-no come lei.

Ce l’hai già un loculo per quando passerai a miglior vita?

Al momento il pensiero non mi sfiora. (ahahahah… ride)

Quale iscrizione vorresti sulla sua tomba?

Non è un’iscrizione, piuttosto che un epitaffio a cambiare il giu-dizio che la gente potrà avere di me o a modificare ciò che nellavita si è fatto o non fatto di buono. In quel momento si avrà ache fare con qualcuno di più importante.

Per concludere, alla Marzullo: «Fatti una domanda, datti

una risposta».

Domanda: per te cosa è meglio in politica?Risposta:E’ sempre meglio il peggior governo nazionale/ammi-nistrazione locale di centro destra che il miglior governo nazio-nale/amministrazione locale di centro sinistra.

SERGIO PISANI

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23 NOVEMBRE 2011

il caso

E’ ottimo, armonico ed equilibrato nellenote amare e piccanti. Ha sfumature giallooro come il sole della terra che lo ha gene-rato. Ma da un po’di anni sembra che ilsole abbia ceduto il posto ad una fitta neb-bia. Stiamo parlando del nostro olio extravergine, l’oro della Puglia, alimento anticoe prezioso che non trova più pace.«Giovinazzo città dell’olio». Già, quell’oliovilipeso ed ucciso da oli d’oliva contraffat-ti di altri paesi e passati per extravergine.Quell’olio svenduto nel prezzo e nel lavo-ro di tante generazioni per far spazio ad olideodorati venduti come extravergine aprezzi stracciati.LE PREVISIONI DI PRODUZIO-NE OLIO DI OLIVAPer saperne di più siamo entrati nel tempiodell’olio nostrano, nella II Traversa di ViaXX Settembre dove dal 1969 ha sede laSocietà Cooperativa Olivicoltori a.r.l.Qui confluisce il 90% della raccolta delleolive giovinazzesi. Attualmente la SocietàCooperativa Olivicoltori vanta più di sei-cento soci, tutti proprietari di terreni com-presi nell’agro giovinazzese, i quali portanole proprie olive in azienda. «E poi da queste

ed esclusivamente da queste – tengono a sotto-lineare gli amministratori della Cooperati-va – viene prodotto l’olio extravergine che propo-niamo di acquistare». Voce a TurturroGaetano, vicepresidente della Cooperati-va sociale di Giovinazzo. Ci fotografa lacampagna olivicola che verrà: «I numeri nonsono confortanti. Il caldo e la prolungata siccitànon sono stati favorevoli al normale sviluppovegetativo degli olivi, hanno ostacolato il normaleingrossamento dei frutti, hanno innescato fenomenidi cascola del 4-5% provocati dalla tignola, ridi-mensionando le aspettative sulla campagna olivicolo- olearia corrente». A ciò aggiungasi la vio-lenta grandinata abbattutasi l’8 ottobre su-gli uliveti prospicienti la SP 88 per Bitonto.«Mille ettari di uliveto interessati. Difficile - spie-ga Turturro Gaetano, vicepresidente Coo-perativa sociale - quantificare i danni al mo-mento. Servirà ancora qualche giorno per fare ilpunto della situazione. La grandine che ha colpitoa macchia di leopardo ha sicuramente creato pro-blemi agli ulivi che complice il caldo di questi ultimimesi erano già in fase avanzata con frutti già alle-gati. Questo si rifletterà sulla produzione, speria-mo in modo moderato, sempre che il maltempo nonporti nuove grandinate. Posso solo anticipare che lacampagna olivicola si apre con molte differenze sulfronte quantitativo (un calo del 20%) ma la qua-lità del nostro olio è salvaguardata. Le olive cadutedagli alberi non saranno mai raccolte per ragionieconomiche (ndr il mercato fissa il prezzo a17 euro a quintale)e qualitative del nostro olio».L’inizio della raccolta è in linea con gli anniprecedenti. L’anticipo di raccolta sta peral-tro diventando una pratica strutturale. E’sempre più radicata, infatti, la cultura dellaqualità che impone di raccogliere le olivead un determinato momento dellamaturazione e non più tardi, sacrificandoqualche punto percentuale di resa.

I PREZZI AL QUINTALELe olive rischiano di rimanere sugli alberi.

Non sarà una provocazione ma la con-creta intenzione di molti proprietari diuliveti che non sono del mestiere e chequest’anno rinunceranno alla raccolta. Ilprezzo delle olive oscilla intorno ai 33-35 euro al quintale. E’ il prezzo che almomento hanno fissato sul mercato ifrantoiani dell’hinterland. Un prezzo cosìbasso che per chi non dispone di unaraccolta meccanizzata non è convenienteaffrontare. Il prezzo delle olive non co-pre nemmeno le spese che sono statecorrisposte dai proprietari di uliveti:potatura, concimazione e raccolta. Peressere conveniente la raccolta, occorrevendere le olive almeno a 70 euro al quin-tale. Discorso diverso per chi è socio in-vece della Cooperativa Olivicoltori. «Puòaspettare lo sviluppo degli eventi - chiosa sem-pre il vicepresidente Turturro. Rispetto alsingolo frantoiano, in cooperativa non si è co-stretti a vendere subito ma ci si può avvaleredell’operazione di stoccaggio aspettando miglioricondizioni di mercato». Da qualche annol’ogliarola della Cooperativa Olivicoltoridi Giovinazzo, una qualità di olio pro-dotto da olive molto dolci, sia in lattineche in bottiglie dal formato classico, haconquistato un posto privilegiato sugliscaffali dei negozi olandesi. «La concorren-za - conclude il vicepresidente Turturro– è purtroppo un fenomeno troppo grande perpoter essere combattuta da una cooperativa. Noici proviamo facendo conoscere il nostro olio anchesui mercati finora sconosciuti. Quello che non riu-sciamo a fronteggiare da soli è la sofisticazionedel prodotto che produce soltanto danni enormial consumatore».Intanto i giovani fuggono da Giovinazzo,gli olivicoltori invecchiano e l’agricolturamuore. E con essa il paesaggio.

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25 NOVEMBRE 2011

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Non è una incongruenza se continuiamo a pensare a Giovinazzo

come ad un paese agricolo anche se ci emozionano di più la sua

bella costa, i suoi scogli e i tramonti sul mare. Non sono forse

più tanti come in passato, ma i giovinazzesi continuano a lavora-

re in campagna, forse per hobby se hanno un piccolo

appezzamento o come secondo lavoro quando si prestano, a

nero anche presso terzi, per la raccolta delle olive. Giovinazzo

esportava l’olio delle olive del suo agro e vista l’importanza della

coltivazione dell’olivo nell’economia giovinazzese è facilmente

comprensibile la relativa valenza storica del frantoio.

I FRANTOI VINICOLI

Un atto del notaio Riccio del 25 luglio 1666 (ASBa, p.za di

Giovinazzo sk.15, vol. 215, f. 159) riporta un dettagliato proget-

to per la costruzione di un frantoio vinicolo (torcularia).

Columella nel I secolo fu autore di un trattato in dodici volumi

in cui sono riportate ampie notizie sull’agricoltura romana. Nel

trattato viene utilizzato il termine torcularium (pl. torcularia) indi-

stintamente sia per la lavorazione e produzione del vino che del-

l’olio; peraltro il torculum (torchio) serviva, e si usa ancora se pur

meccanizzato, sia per la pigiatura dell’uva che per la spremitura

delle olive. Il torcularium menzionato nelle descrizioni delle case

distrutte dell’antica Pompei, con altri ambienti correlati, è però

per eccellenza il luogo di produzione del vino dove si pressava-

no i grappoli dell’uva, il mosto poi veniva trasferito nella cella

vinaria che nelle antiche case romane era la stanza dove si teneva-

no le anfore con il vino.

Dinanzi al notaio Riccio il 25 luglio 1666 contro il sig. Berardino

Ciardi si costituirono i maestri Giovanni della Palombella, Nicolò

Giuseppe Ranieri e mastro Natale di Mastandrea con suo figlio

Paolo Domenico, entrambi di Molfetta ma residenti in

Giovinazzo, obbligandosi a realizzare al detto sig. Ciardi frantoi

con torri e cisterna (infrascriptas torcularia cum turri et puteo), nel suo

terreno in località la torre di Giuseppe Lupis.

Nell’occhio a margine del rogito si legge «pro confectione palmentorum

et turri». I “palmenti” erano degli antichi frantoi, che servivano

inizialmente per la pigiatura dell’uva, poi sono passati a significa-

re le macine dei mulini ad acqua che schiacciavano le olive per

produrre olio, o frantumavano il grano per ricavarne la farina.

Generalmente c’era un solo enorme disco di pietra, di solito non

erano più di due, quasi nessun mulino usava quattro palmenti. Il

frantoio vinario da costruirsi a Giovinazzo doveva invece essere

di quattro palmenti, due d’una misura e due di un’altra (due ruo-

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storia DI DIEGO DE

te con relative vasche delle quali veniva indicata la dimensione

in palmi e la capacità in salme); per tutti e quattro il baldaniero

(sic) doveva essere simile a quello d’un trappeto già esistente

sulla via di Terlizzi : «Quattro palmenti atti a pistare uve et fare

vini mosti che siano cioè duoi di capacità di salme 40 con il

puzzo capace di dette salme 40 che li lecti siano quadri palmi

11 et altezza de lati palmi 54 et il baldaniero conforme quello

che sta nel pelmenti alli trappeti delli Morola alla via di Terlizzi,

et altri duoi di capacità di salme 28 in 30 similiter con il puzzo

capace per detta quantità, e che il letto ha largo palmi 10 qua-

dro e la larghezza [...] e baldaniero corrisponde come sopra…».

Le vasche dovevano essere coperte, e il progetto fornisce in

dettaglio tutte le misure per gli elementi murari necessari «Che

sopra detti palmenti se habbiano da fare le lamie sopra li pila-

stri cio è 4 pilastri per palmento sopra de quali pilastri se habbiano

da fare li spiedi e che dette lamie habbiano ad havere palmi 10

di cielo e sopra dette lamie se habbino da fare lastrichi in piano

con coperire le costiere, con la pendenza per fare venire l’acqua

nel puzzo se havrà da fare come sotto a parte di detti palmenti.

E più una camera sopra una di dette lamie, che sia di larghezza

il vacuo palmi 13 et in quarto quadra, con l’astraco di sopra le

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legname, quale legname le habbia da dare detto Ciardo a sue

spese in detto luogo. E più una piscina di capucta (capacità) di 40

salme con il boccale, che venghi tirato per dentro la fabrica sin

sopra la camera, et la scala di fuora come sponte alla porta di

detta camera quale habbia da essere proportionata e li gradi

habbino da essere longhi palmi 3 e di larghezza et altezza pro-

porzionata, appogiata detta scala ad uno pilastro et dalla parte di

fuora ne sia il scivoletto. Che il luoco l’habbiano da cavare detti

muri a loro spese, et anco habbiano da fare una bocca duoi

palmi quadra acciò se ci possa calare un huomo ad annettare,

che sia coverta detta bocca con una chianca». Gli ambienti del

frantoio vinario erano quindi tre: palmenti, camera e piscina. Il

Ciardi proponendo 4 palmenti voleva garantirsi quindi una ric-

ca produzione di vino ma non era necessario che fossero accorpati

infatti «li quali palmenti, camera e piscina se habbiano da fare

dove destinarà esso Ciardo, o tutti quattro insieme, o duoi in

uno pontone, e duoi in un altro a sua elettione». Con l’atto veni-

vano quindi stabiliti i tempi di consegna del lavoro ed il suo

costo : «Le quali opere e lavori detti maestri ut supra prometto-

no darli per finite conforme si obbligano per danno da mo per

tutto il mese di maggio dell’anno primo venturo 1667 con darli

atti a lavorare et stagni per anni 3 per il prezzo di ducati 148 de

moneta di rame, a conto de quali detti mastri ut supra ne riceve-

ranno nella presenza nostra dal sudetto Ciardo presente ducati 6

in tante monete di rame e li restanti ducati 142 detto Ciardo

promette andarceli pagando conforme detti nostri andaranno

faticando». Oltre al denaro, il Ciardi avrebbe dovuto assicurare

al cantiere la materia prima: calce, legname e acqua «et finite

dette opere habbia da finire detto pagamento promettendo an-

cora esso Ciardo darli sopra di detto luogo tutta la calce che li

bisognarà et ancora l’acqua dello votano di Santo Silvestro e

tutte le legname bisognaranno a coprire la detta lamia, e man-

cando si possa il presente instrumento contro di esso ricusare

con li patti». Come in tutti i contratti poi furono previste delle

clausole in caso di insolvenza o danno. «Et contra li suddetti

mastri ut supra in unum promettono vogliono, e si obbligano,

che mancandoci essi da fare dette opere per il detto tempo ut

supra stabilito, o che quelli non fussero atti, o non riuscissero

stagni sia lecito a detto Ciardo ponere mastri a danno, e spese di

essi mastri ut supra obligati per li quali danni, e spese da farsi in

fare o rifare, et accomodare dette opere con la spesa delli mastri

l’accomodaranno o rifaranno, se possa il presente instrumento

contro di essi incusare in ogni corte loco e foro e che habbia

executione come fusse obbliganza appresso li atti della Gran

Corte della Vicaria o fitto di casa della città di Napoli rendendo

a qualsivoglia evectione etiam liquida, perchè così. Et promiserunt

er convenerunt ...».

Se era necessaria l’arte dei mastri muratori per la fabbricazione

di un trappeto, con cisterna a tenuta stagna, era necessaria l’arte

di un mastro paretaro, per evitare che prima ancora della

molitura, ovvero durante la raccolta delle olive, non vi fosse

perdita del frutto quando cadeva sui muri a secco. Tanto possia-

mo asserire leggendo quanto riportato nell’atto rogato il 19 no-

vembre del 1689 dal notaio Vito Carlo Riccio.

I MURI A SECCO

Per determinare i confini degli appezzamenti dei fondi tra loro

ma anche ai bordi delle strade dell’agro giovinazzese, ma anche

in altri paesi non solo del meridione d’Italia, troviamo i muri a

secco che costituiscono uno degli elementi più caratteristici del

paesaggio rurale. Solo chi non ha saputo dare a questi manufatti

una valenza storica li ha sostituiti con freddi cordoli di cemento,

ICATA ALL’AGRICOLTURA

28

o maldestramente li ha manomessi provocandone il crollo. L’arte

della costruzione dei muri a secco è molto antica, forse in passa-

to tutti i contadini erano in grado di costruire nelle proprie terre

i propri muri e di tramandare poi di padre in figlio quest’arte,

con tutte le altre competenze che sono richieste per la conduzione

di un terreno agricolo (potare, innestare non sono incombenze

per tutti), poi sicuramente è diventata un’arte vera e propria,

specializzazione di pochi. Il muro a secco è realizzato senza l’uso

di malte o cemento, è solo la grande capacità di chi sovrappone

i blocchi di pietra grezza (dopo aver realizzato un minimo sca-

vo alla base, per il piede del muro) che assicura al muro equili-

brio, stabilità e giusta distribuzione dei carichi. La costruzione di

un muro era chiaramente preceduta dalla “raccolta” delle pie-

tre, sicuramente si procedeva allo spietramento dello stesso fondo

di proprietà ma si potevano anche procurare pietre da altri.

Quanto fosse faticoso questo lavoro, da retribuirsi adeguata-

mente, e quanta mano d’opera fosse necessaria ce lo dice un

atto rogato il 19 novembre del 1689 dal notaio Vito Carlo Ric-

cio (ASBa, p.za di Giovinazzo, sk 17, vol. 276, f. 399) davanti al

quale comparvero Antonio de Gennaro di Giovinazzo e

Leonardo Antonio Barile, Gaietano Grieco e Michele de

Rutigliano di Terlizzi, ma ben conosciuti in Giovinazzo, forse

proprio perché specialisti nel far muri a secco. Tale lavoro com-

missionò a loro don Giuseppe Buonomo «essendo l’arte di loro

far pareti nuovi nelle possessioni di campagna, onde a richiesta

del molto rev. sig. Primicerio d. Giuseppe Buonomo di

Giovenazzo presente dissero per molti mesi che sono stati a

fatigare in questo territorio di Giovenazzo, a lavorare e fare

molti parieti nuovi nelle sottoscritte possessioni di esso sig.

Primicerio nelle quali continuamente, sino a che a ciascheduna di

esse si sono fatti tutti li suddetti pareti nuovi, vi hanno fatigati essi

asserenti e molti altri huomini». Le fasi del lavoro erano diverse,

ognuna assolta da lavoranti con competenze specifiche ben di-

stinte dalle altre; necessario fu anche impegnare animali da soma,

questo ogni giorno fino a lavoro ultimato «numero di 18 scatinatori

il giorno, che hanno serviti a scatinare detti pareti per annettarli da

ogni malerba, e 70 figliuoli il giorno per carrecare pietre e tre

borriche (asine) e 4 cavalli similmente a carrecare pietre da lonta-

no e questa spesa è stata giornalmente, oltre poi che a tutti li pareti

doppo si sono finiti si è menato l’elca (sic) ed il terreno sopra per

tenerli ben serrati acciò nel cascare delle olive non si perdessero

dentro le pietre di detti pareti e per fatighe de quali si sono spesi

ducati 2411 e questo nelli sottoscritti luoghi uno per uno secondo

saranno qui sotto annotati». I muri così come descritti furono

realizzati in otto appezzamenti di terreno di proprietà del Primicerio

che per lo stesso lavoro, in altri tre diversi fondi assunse altri tre

diversi specialisti del muro a secco, i mastri Antonio di Gennaro,

Domenico dello Mazzo e Francseco Giacomo Caccavo di

Giovinazzo, ai quali pagò un totale di 840 ducati, come è riporta-

to in un altro atto dello stesso notaio Riccio, sempre del 19 no-

vembre 1689 (f. 403).

Una curiosità: nel 2009 ben 3887 erano le ditte presenti nella

graduatoria per il concorso bandito dalla Regione Puglia per il

“ripristino muretti a secco” voluto con il “Programma di svi-

luppo rurale della Puglia 2007-2013” (Bollettino Regione Puglia

n.190 del 26/11/2009).

DIEGO DE CEGLIA

29 NOVEMBRE 2011

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15 ottobre

AUTO E LOCALE IN FIAMME

Un incendio divampato all’1.00 di notteda un’Opel Corsa parcheggiata sul lungo-mare Marina Italiana ha distrutto una par-te del locale in legno dell’Habiba Beach. Lamacchina era infatti parcheggiata alle spal-le del locale. Sul luogo sono intervenuti ivigili del fuoco che hanno estinto le fiam-me dell’Habiba Beach salvando in parte lastruttura. Ad indagare sul rogo sono i ca-rabinieri che non escludono la pista delracket.

13 ottobre

AUTO IN FIAMME E CULTURA

DEL DISPETTO

Un’altra auto in fiamme con danneggia-mento del fabbricato antistante dove ri-siedeva il proprietario. E’ successo in viaRiccio. Una Renault Mégane di proprietàdi un cittadino extracomunitario è statadivorata dalle fiamme. C’è voluto l’inter-vento dei Vigili del Fuoco del distaccamen-to di Molfetta per domare l’incendio pri-ma di mezzanotte. Ma in questa occasionei carabinieri di Giovinazzo non escludonola matrice dolosa ma scongiurano lo spiri-to di emulazione del piromane. Piuttostosi tratta della cultura del dispetto che mol-te volte in paese si risolve con episodivandalici di questo tipo. L’incendiario sem-bra che sia stato visto dalla gente appiccarele fiamme all’autovettura col volto coper-to e darsi velocemente a gambe. E’ la 46^autovettura in fiamme in meno di due anniin paese.

10 ottobre

DODICI SIRINGHE SPORCHE DI

SANGUE

La paura fa novanta in Piazza Leichardt.Dodici siringhe abbandonate non in cam-pagna ma sul manto stradale appunto diPiazza Leichardt hanno fatto rabbrividirei residenti del luogo e congetturato di tut-to sulla qualità della vita nella nostra città.Dodici siringhe abbandonate lì dove si èsoliti cominciare la passeggiata nei vicolidel centro storico in cerca di evasione etranquillità hanno mandato in fibrillazionela gente. Alla fine l’arcano è stato scioltodai carabinieri della locale stazione. Eranododici siringhe sporche di sangue utilizza-te per iniezioni di insulina da unimbrattatore e non dodici siringhe di un

eroinomane. Ma la paura fa novanta e ilbattito cardiaco accelera Che contenganosostanze stupefacenti o meno la casualitàche qualcuno incidentalmente si punga conuno degli aghi camminando distrattamen-te lungo la strada resta plausibile e preoc-cupante. Nell’eventuale puntura è comun-que possibile che si contragga un’infezionepreoccupante per la salute. Prendiamo attoche le siringhe erano evidentemente ricon-ducibile all’imbrattatore, visto il successo cheha avuto per una sera immaginiamo chemetterà altre siringhe in giro così, mica legetterà negli appositi contenitori di PiazzaLeichardt che non mancano in luogo cosìfrequentato.

8 ottobre

RAPINATORE IN FUGA PERDE

LA PISTOLA

L’ultima rapina è messa a segno nei con-fronti del supermercato Anna sito in viaBitonto di fronte l’ex AFP. E’orario quasidi chiusura. Nel supermercato sono rima-sti solo i dipendenti quando due malviven-ti fanno irruzione con il volto coperto dacalzamaglia e con due pistole minaccia lacommessa, intimandole di farsi consegna-re 300 euro in contanti presenti nella cassa.Dopo aver raccattato il denaro, nel tentati-vo di dileguarsi uno dei due malviventiincespica perdendo la pistola- giocattoloprima del tappo rosso, recuperata subitodai carabinieri accorsi tempestivamente sulposto. Bloccate tutte le vie di uscita dellacittà, i due malviventi sono riusciti comun-que a far perdere le tracce. Ma non è dettoche non abbiano i giorni contati. E’ la 17^rapina dall’inizio del 2011.

8 ottobre

DISTINTA SIGNORA PAGAVA

CON 100 EURO FALSI

Distinta nel portamento, arguta nell’azione.Una donna di origine giovinazzese è statafermata nel leccese dai carabinieri che glihanno contestato il reato di spendita di de-naro falso. Aveva dapprima fatto shoppingpresso un’ottica di Salice Salentino, succes-sivamente in un’enoteca di Guagnano delCapo dove aveva comprato alcune botti-glie di vino. In entrambi i casi aveva pagatocon banconota di 100 euro. Il commer-ciante dell’enoteca insospettitosi della fili-grana di fattura sospetta della banconotaverde aveva allarmato i carabinieri del luo-

go i quali non hanno perso molto tempo ariconoscere e fermare la donna nella pro-pria auto. Risponderà per i due episodi,ma gli inquirenti indagano se la distinta si-gnora sia stata autrice anche di altri episoditruffa.

8 ottobre

RAPINA ALLA FARMACIA FIORE

La seconda rapina in ordine cronologiconel mese di ottobre. A farne le spese la Far-macia Fiore. Passamontagna in testa e pi-stola alla mano. E’ mezzogiorno e a quel-l’ora ci sono molti clienti in fila in attesa diessere serviti. La scena è sempre la stessa.In tre fanno irruzione in farmacia, intimanoi presenti di non muoversi, si precipitanoalla cassa, si fanno consegnare i soldi e poispariscono a bordo di un’auto. Le teleca-mere hanno però registrato tutto.Presumibilmente baresi dall’accento, sulleloro tracce si stanno muovendo gli investi-gatori, già impegnati a indagare sugli episo-di analoghi che si sono registrati aGiovinazzo in nemmeno una settimana. Gliinvestigatori stanno vagliando le diverse te-stimonianze per avere la certezza che si trattidegli stessi e per ottenere gli elementi utili aindividuarli.

8 ottobre

SCOPERTA DISCARICA DI AUTO

RUBATE

La tua auto rubata? Nelle campagne diAndria, in località Posta Milella. Riconosci-bile solo dalla targa e buona solo per idemolitori per riciclare il ferro. Negli ultimitempi il numero dei furti d’auto in paese ècresciuto. E la pista porta alle campagneandriesi. E’ stata scoperta infatti dal com-missariato di Andria la montagna fatta dimotori, sportelli e cruscotti frutto dellosmembramento di automobili rubate. E inquella montagna di auto rubate sono finitele auto di tutto l’hinterland, comprese leauto rubate in piena notte a Giovinazzo,smontate a tempo di record per riciclare ipezzi di ricambio e abbandonate nella cam-pagna andriese.

6 ottobre

SUICIDA L’EX STELLA DEL-

L’HOCKEY SVIZZERO

Si attende l’esame del Dna, ma appare sem-pre più probabile che l’uomo investito daun treno 12456 Santo Spirito intorno alle

la cronaca nera

LA CRISI ECONOMICA FA

AUMENTARE I REATI

ROGHI D’AUTO E RAPINE PER POCHI SOLDI

31 NOVEMBRE 2011

6.15 del mattino sia Peter Jaks, cittadino svizzero di 45 anni,ex campione di hockey e cronista tv. Dell’uomo, residente aBellinzona, si erano perse le tracce. La famiglia ha ricono-sciuto, attraverso alcune foto inviate da Bari alla polizia sviz-zera, la catenina che l’uomo aveva al collo, le scarpe, un par-ticolare della felpa e un tatuaggio che aveva al braccio destro.Non è ancora chiara la dinamica dell’evento, anche se alcunielementi raccolti dagli investigatori conducono all’ipotesi delsuicidio. Di Petr Jaks, ex attaccante della nazionalerossocrociata e ora commentatore per la Rsi, la televisionesvizzera, si era occupata anche la trasmissione della Rai «Chil’ha visto», senza esito.

29 settembre

BRUCIA AUTO NELLA NOTTE

Torna l’incubo del piromane. Sarà lui, forse no. Certo è chenella notte in via Bisanzio Lupis si sono vissuti momenti dipaura. Un’Alfa Romeo 156 è stata interamente annichilita dallefiamme. Sul posto sono arrivati i carabinieri di Giovinazzo ei vigili del fuoco del distaccamento di Molfetta che hannopotuto stabilire con esattezza l’incendio di natura dolosa. Eranopiù di sei mesi che non si registrava un simile episodiovandalico. Nella notte del 12 aprile in un atrio di via Devenutovenivano incenerite 11 auto!

27 settembre

RAPINA ALL’MD

Sono le 11.30. Le telecamere poste all’interno del magazzinoMD in via Bari riprendono due uomini con volti nascosti dapassamontagna. Hanno in mano delle pistole. Fanno irruzio-ne nel supermercato minacciando i cassieri che si fanno subi-to da parte. Portano via l’incasso di 200 euro. Ad attenderlifuori, c’è un’auto pronta a far perdere le tracce sulla SS 16.

Operazione Drink rigenerati, una frodefiscale da 50 milioni di euro. C’è la manodi un giovinazzese nel blitzGiovinazzesi, militari coraggio-si. Cittadini come AntonioBavaro che per il lavoro chesvolgono sono gocce di unmare che vogliamo sempre piùpulito. L’operazione Drinkrigenerati ha fatto il giro delleTV. E il quell’operazione c’eraun ragazzo della nostra terra checombatte ogni giorno l’illegali-tà. Facciamo il riassuntino. LaTenenza della Guardia di Finan-za di Jesolo ha ultimato un’indagine di polizia giudiziaria e polizia tributariache ha permesso di individuare una organizzazione criminale dedita alla com-missione di reati di truffa e frode fiscale nel settore della commercializzazionedi bevande e prodotti alimentari. 21 le imprese coinvolte: 14 italiane dislocatein Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia e 7 che opera-vano al di fuori del territorio nazionale. L’imponente truffa si è sviluppata sudue fronti differenti. La merce passava, senza il pagamento dell’IVA, dai ma-gazzini di alcune società con sede in paesi comunitari a quelli delle effettivedestinatarie italiane che, ricorrendo ad un vorticoso giro di fatture false, hannorealizzato una frode fiscale da oltre 50 milioni di euro, evaso 12 milioni di IVAe non versato 4 milioni di IVA regolarmente dichiarata. Il contributo delMaresciallo capo Nicola Bavaro nell’operazione «Drink Rigenerati» è statodeterminante: in circa due anni di indagini, è stato capopattuglia di 8 delle 10verifiche fiscali eseguite che hanno portato al prestigioso risultato ed ai seque-stri e alle denunce a piede libero operate nelle province di Venezia, Trieste,Mantova, Padova, Treviso. Il suo servizio ha riscosso il plauso delle SuperioriGerarchie e il maresciallo capo giovinazzese unitamente ai 5 militari arteficidell’operazione è stato segnalato per l’attribuzione della più alta ricompensadi ordine molare spettante ai militari distintisi in servizio.

Un momento della conferenza-stampadella Finanaza. Nel riquadro il

giovinazzese M° capo Nicola Bavaro

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33 NOVEMBRE 2011

DI VINCENZO

DEPALMA

Con l’arrivo dell’estate, Giovinazzo comin-cia a risvegliarsi dal letargo invernale, la piazzacomincia a ripopolarsi e si può tranquilla-mente affermare che, non vi è sabato e do-menica senza qualche sagra, processione,gara podistica ed escursione ciclistica. Tutti isanti hanno ormai preso l’abitudine di farsila loro bella passeggiata in piazza o per marealmeno una volta l’anno. Purtroppo, devoripetermi, ai tempi miei le processioni so-lenni erano limitate a quella della Madonnadi Corsignano, alla Madonna delle Grazie, aquella dei Misteri del Venerdì Santo e delCorpus Domini. Altre processioni erano bre-vissime e veloci.Ai miei tempi, inoltre, non vi erano grossiproblemi di traffico perché scarsissime era-no le auto. Oggi invece, ogni piccolo arre-sto alla circolazione crea problemi infiniti altraffico. Non vi nascondo che mi fannomolta compassione, mentre tutti festeggia-no, i poveri Vigili Urbani costretti ad infinitied estenuanti turni festivi, senza una lira diretribuzione, tra immense sudate, alla con-quista del favoloso giorno di riposocompensativo. Li compatisco e approfittoper esprimere la mia simpatia e riconoscen-za per il loro improbo lavoro sicuro dellasolidarietà di tutti gli altri, miei compaesaniper il regolare servizio che sono loro mal-grado, costretti a svolgere per la cittadinan-za. Naturalmente anche le feste avevano undiverso svolgimento. Noi ragazzi le atten-devamo con ansia per vari motivi. C’era lacertezza di avere qualche soldino dai genito-ri per qualche gelato in più, ma soprattuttoperché la sera potevi tranquillamente rien-trare tardi doppe le battareje e questo ci daval’opportunità di ammirare tante belle ragaz-ze tenute sotto chiave per il resto dei giorni.I ragazzi di oggigiorno scappano invece dallapiazze percé na gi piesce la frestareje e poi vannomagari a rifugiarsi nelle tranquille e silenzio-se discoteche. Le donne vestivano tutte dilusso. Quelle appena sposate mettevano upreime o u seconde abite che avevano portato didote e che avevano messo in bella mostraquanne avevene esposte u correde. Le ragazze, perl’occasione, facevano sfoggio di abiti cherappresentavano la novità. Ricordo un ami-co che alla vista del vestito indossato dallasua ragazza per la festa granne rimase cosìscioccato da quell’abito che gli sembravapersino ‘osè’ per i nostri tempi da esclama-

re: «Mari’, pe la Madonne ti su puste cusse vesteite,

ma pé la Madonne ci tu mitte arrete…!!!». Ai bal-coni facevano bella mostra le coperte di setao di raso. Più che un omaggio ai santi erauna gara per mostrare e far sfoggio du

sopalitte portato in corredo. Non mancava-no le luminarie in piazza e u sfruscie diventavasfarzoso. Tutti attendevano le processioni inpiazza che dopo il lento giro da sotte o municipie,

nu passe nnanze e deu ndrete si fermava o altere

allestito in fondo alla piazza all’inizio di ViaMolfetta. L’immagine veniva rivolta versola piazza e la sosta era fatta per far assistereanche le sacre icone ai fuochi pirotecnici. Ilcolpo secco de na calcasse annunciava che lospettacolo pirotecnico stava per aver inizio.Per poter meglio far godere lo spettacolopirotecnico la sfarzosa illuminazione dellapiazza veniva spenta. Il brusco passaggiodalla luce al buio quasi totale non ti facevaper un poco vedere nulla. Le mamme chefacevano da chioccia alle figlie, esperte ememori del passato, proteggevano subito isederini delle figliole implorando: «Sote figghie,

le mene o poste!!»!, ben conoscendo il nostrovizietto de stenne sembe la mene a la pilodde de

l’acqua sande (acquasantiera). Le battareje era-no quasi sempre a competizione traproprotarie, rutuene, marnere (ferristi,marmorai), al punto tale che un anno, si pensaper sabotaggio, si incendiarono insieme trefinele, alla nostra epoca poderosi, che provo-carono un fuggi fuggi generale e notevolidanni anche alla stessa chiesa di S. Domenico.Fu l’ultimo anno dei fuochi in piazza spo-stati altrove per motivi di sicurezza. Le

battareje seguivano un rituale. Dopo le preime

battaiule di apertura s’appicciave la fendene, poila mesciole (come la chiamavano a Molfetta)

ed era una girandola, poi c’era u canistre chedopo l’accensione si avvitava nell’aria e dal-la quale bisognava stare attenti quando i re-sti ricadevano sulla folla. Dopo altri colpettia terra c’erano le colpe in arie. Erano i fuochipirotecnici veri e propri che mostravano lecapacità artistiche de le mestefuche. Si sparava-no da drete o fusse (dove ora ha sede laCapitaneria di Porto). Anche questi fuochifinirono col provocare danni. Un anno, uncolpo inesploso, provocò l’incendiodell’attrezzatissima segheria Milillo sita nellevicinanze della Chiesa du Carminidde. Quan-do terminavano i fuochi, la processione ri-prendeva e molto rapidamente la Madonne

si sciave a ritré. Era il segnale di andare a cena.Una cena veloce per poi ritornare in piazzain attesa di assistere ad altri fuochi pirotecniciche si facevano a mezzanotte, o macidde, au-gurandosi che mamma e papà non se la sen-tissero d’acchempagné la figghie percé stevene stan-

ghe. La festa, come potete constatare era danoi attesa perché ci dava la possibilità di pas-sare un giorno davvero diverso; ci daval’idea di libertà e di possibilità di una gioiacollettiva, anche se limitata, ma pur sempreun piacevole diversivo alla routine quotidia-na. Alla festa vi era la partecipazione coraledell’intera cittadinanza. Adulti, mamme im-pegnatissime per il pranzo, bambini ai qualimettere u vesteite de la feste, molti dei qualipartecipavano anche alla processione vestitida Sanda Michele, Garabbinire, Verginelle.

Oggi, questa festosa partecipazione, si èmolto raffreddata. A noi vecchietti non ri-mane che il ricordo di tante belle serate e ditante sperate avventure che ormai si per-dono nel tempo.

VINCENZO DEPALMA

Scene di vita strapaesana

LA FESTA GRANNELA FESTA GRANNE

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35 NOVEMBRE 2011

candidamenteDI BRUNO LANDO

Gli indignados giovinazzesi non rinunciano alle olivealla calce e alla Peroni alla Lega dei braccianti

LUTTO

ANCH’IO VOGLIO FARE IL SINDACO: «SE IL POPOLO ME

LO CHIEDERÀ RINUNCERÒ ALLO STIPENDIO»

Ci sono mille modi per scendere in po-litica. Ogni tornata elettorale vede nuo-ve strategie, nuovi spot, nuovi modi perconvincere gli altri che «Io sono diverso,credici». Non voglio fare demagogiao facile populismo, caro Direttore, per-ché è facile, fin troppo facile, attacca-re questo manipolo di candidati che sista preparando a scendere nell’arena.Ma perdinci!!! Mettiamo dei limiti alpubblico pudore! Insomma se le per-sonalità estranee alla politica afferma-no che se gli altri (chi?) li chiamasseroa scendere in campo loro sarebbero di-sposti al sacrificio estremo, a rinuncia-re alla famiglia, al lavoro, allo stipen-dio per poi di soppiatto (e neanche tan-to) cercare sponsor a destra e a manca,allora vuol dire che ci stanno conside-rando peggio di quell’elettoratosudamericano chiamato della Repub-

blica delle Banane. Seproprio dobbiamo arriva-re a quei livelli almenodiamoci un nome diver-so, per rimarcare un mi-nimo di originalità, fac-ciamoci chiamare i resi-denti della Repubblica del-le Cicorie! O delle Cime diRape, va bene lo stesso.Poi, a questi benefattori,daremo il nostro voto equando li troveremo perstrada, saranno inchini eringraziamenti. Ieri cor-

teo in tutto il mondo degli Indignados.Anche Giovinazzo si preparava al-l’evento organizzando un corteo ditutte le forze alternative. Ho seguito consuspense, mi creda, gli appelli che cor-revano su Facebook e Twitter. A Romail punto di incontro era la StazioneTermini, a Giovinazzo invece era «Vi-

cino a cur ca venn l n’cid» Naturalmente,come a Roma, le forze di polizia era-no state tutte allertate. «Vigili urbaniad ogni angolo del paese!!!» - sbraitava ilVice Sindaco Tempesta. Ma quandogli avevano fatto notare che alcuni vi-gili erano in malattia, altri non idoneial servizio su strada, e che due soltan-to erano disponibili allora ha cambia-to strategia e tenore: «Ma c s n fraich..sì

e no hanna iess 4 fatu». Tradotto: «Saràun corteo poco numeroso». E i fatti gli han-

no dato ragione. Evviva Tempesta. Lasua sfera di cristallo vale più delle pa-role di mille politologi. Erano infattisolo otto gli indignati giovinazzesi che,approfittando delle vicinanze del chiosodelle arachidi e delle sementi, si sonmessi a sgranocchiare e a fare apprez-zamenti sulle olive alla calce, unaPeroni alla Lega e un mesto ritorno acasa. Non che una manifestazione siaun gesto poco nobile ma … i grossi cen-tri malefici di potere economico e fi-nanziario qui non se ne vedono. Comedire: «Cristo suona e mezzogiorno no». Malei Direttore si aspettava da me qual-cosa sul nuovo Partito lanciato dal Pre-sidente del Consiglio quello dellaGn….. Che poi una considerazione misorge spontanea. Lei mi censura spesso(almeno sui termini) perché preoccupa-to anche dei lettori che hanno una su-scettibilità ai termini che possono pas-sare per volgari. Poi vede il Presidentedel Consiglio, un po’ più in alto di Lei econ un pubblico un po’ più numerosode La Piazza, non se ne fa cura. Le ave-vo detto anni fa che questo era il Go-verno dell’Amore, che ci sarebbero staticandidati in Toga e oggi ne sparo unatra le più grosse di tutte!! Anche il Con-sigliere Comunale Dino Piscitelli entrerànella rosa dei candidati Sindaci … Nonrida. Lo sa che non mi sbaglio mai!

BRUNO LANDO

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37 NOVEMBRE 2011

tradizioni e festeggiamenti

Si è svolto sabato 1 ottobre, nella chiesa SanDomenico, uno spettacolo musicale organiz-zato dalla confraternita Maria SS. del Rosa-rio in collaborazione con l’associazione cul-turale e musicale «Concerto Bandistico Cittàdi Giovinazzo», diretta dal maestro FeliceBologna e con l’ensemble vocale “AlterChorus” di Molfetta del maestro AntonioAllegretta. La serata musicale ha visto la ban-da di Giovinazzo, sistemata in scena esatta-mente come una orchestra sinfonica, affron-tare, durante la prima parte, il consueto re-pertorio operistico (di Giuseppe Verdi, Aidae Traviata; di Pietro Mascagni, CavalleriaRusticana; e di Georges Bizet, Carmen); haaccompagnato il coro di circa 30 elementi e

il soprano solista Miriam Gorgoglione(voce dotata di una ottima tecnica e di untimbro soave), in un evolversi di emozioni,trasmesse attraverso un incredibile equili-brio delle sonorità, assoluta padronanzadella tecnica e una ricercata interpretazione,frutto di un sapiente lavoro di regia e, im-maginiamo, di numerose serate estive pas-sate a provare in ‘sala musica’ col ventilato-re acceso. Nella seconda parte invece, labanda di Giovinazzo ha affrontato un re-pertorio assolutamente moderno, fatto digrandi temi da film come il Gladiatore, StarWars, il Signore degli Anelli, Superman ealtri, composti da grandi musicisti comeJohn Williams e Hans Zimmer e

L’Arciconfraternita del Rosario fa festa

con la banda Città di GiovinazzoCHI HA AVUTO LA POSSIBILITÀ DI RECARSI PRESSO LA CHIESA SANDOMENICO SI È TROVATO DI FRONTE UN QUALCOSA DI PIÙ CHE UN

SEMPLICE CONCERTO DELLA BANDA CITTADINAsapientemente arrangiati dal maestroFelice Bologna. Il risultato è stato unentusiasmante galoppata, grazie anchealle selezioni video proposte su unmaxischermo, attraverso i film che han-no segnato indelebilmente almeno 4generazioni di spettatori. Attenta e nu-merosa è stata la partecipazione delpubblico e delle autorità. Palpabile èstata l’emozione di tanti ragazzi che al-l’interno della banda di Giovinazzohanno avuto, con questo concerto, illoro battesimo del fuoco e che grazieal loro entusiasmo hanno reso possibi-le l’inizio di un nuovo ciclo, di cui sen-tiremo molto parlare.

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39 NOVEMBRE 2011

Un’antica tradizione chesi sta rinvigorendo sem-pre più nei mesi autunnaliriguarda l’organizzazionedi castagnate da parte digruppi, parrocchie, asso-ciazioni.Il fuoco che scoppietta,il buon odore della legnache brucia, il profumodella castagne arrostite, il fumo che si confonde con le brumeautunnale rievocano immagini antiche che danno serenità, danno iltepore di consuetudini del passato quando certi convivi erano quo-tidiani e avevano il sapore delle cose buone. Vengono in mentealberi spogli, foglie gialle, nuvoloni neri che danno tristezza, serate incasa, paesaggi nebbiosi, odore di mosto, ricordo dei defunti, dolcilegati a quelle tradizioni.Queste immagini rappresentano la nostalgia di un tempo scanditodalle stagioni e legato ai ritmi della terra, nascondono il desiderio diarmonia, di umanità, del gusto di stare insieme. Un modo per stareinsieme al caldo in un mese tradizionalmente freddo e piovoso.E poi i prodotti tipici della terra riportano al piacere del cibo inambienti caldi e accoglienti e in compagnia di persone allegre, sim-patiche, familiari, amiche.Per questo proprio durante la stagione invernale vengono valoriz-zati cibi particolari, un tempo definiti “cibi poveri” per la loroeconomicità, comunque ricchi di sostanze nutritive, come nel no-stro caso per le castagne. A cui si aggiunge buon vino novello, olive,dolci e altri prodotti della tradizione paesana.E’ un modo per dire basta all’invadenza dell’industria del surgelato,grazie alla riscoperta della magia dei profumi delle lunghe cotturearricchite dal consumo collettivo, proprio per riscoprire accanto albuon gusto anche la socialità. Di conseguenza se ne avvantaggiaanche il clima della festa e la gioia dello stare insieme. E’ usuale,proprio per le associazioni, creare manifestazioni conviviali, offrireoccasioni di incontro tra i soci, valorizzare la sede associativa comeluogo adatto ai momenti di aggregazione, favorire l’animazione e ilgioco, magari aprire il tesseramento, e dare il benvenuto all’inverno.Dato che da noi non è agevole andare nei boschi a raccogliere ca-stagne, si unisce la degustazione con la visita del centro storico o diqualche monumento significativo, a dare un’impronta di cultura altutto. Se poi la buona tavola si raccorda con ambienti tra il raffinatoe il rustico, con una buona accoglienza e una buona compagnia, ilgioco è fatto e stare a tavola diventa una gioia da condividere.

AGOSTINO PICICCO

Autunno: castagnate e convivialità

la pagina dell’emigranteDI AGOSTINO PICICCO

Il mio giorno piu’ bello

M i c h e l eLabellarte eMariangelaTurturro il14 ottobreu.s. hannofesteggiato il loro 50° an-niversario dimatrimonio

«50 anni insieme felicemente; quale ricorrenza

può uguagliarla? Siate fieri e felici di tale risul-

tato, noi lo siamo per voi». I vostri figli, nipoti, famigliari e amici tutti

NOZZE D’ORO

JOHN BOWMAN & ANNA

STALLONE SPOSI

«AI MIEI CARI FAMILIARI INGIOVINAZZO INVIO UN AFFETTUOSOSALUTO TRAMITE IL PERIODICO “LAPIAZZA” NEL GIORNO DEL MIO MA-TRIMONIO IL QUALE EVENTO MI HARESO LA PERSONA PIÙ FELICE DELMONDO, PURTROPPO VELATO DA UNSENSO DI TRISTEZZA PER L’ASSENZADI MIA MADRE (GILDA PICCOLINOSTALLONE) LA QUALE DALL’ALTO DEI

CIELI, SONO SICURA CHE CONTINUERÀ A PROTEGGERMI E GUIDARMINEL CORSO DI QUESTA MIA NUOVA VITA» PIETRO STALLONE

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41 NOVEMBRE 2011

La Grande Mela, terra di grattacieli edinsegne fluorescenti, di vita frenetica e diritmi pulsanti che non conoscono la dif-ferenza tra il giorno e la notte. Benvenutia New York, una delle città più amate eodiate al mondo, simbolo da sempre dellalibertà più sfrenata e di un avvenuto pro-cesso di modernizzazione che fino a undecennio fa non conosceva eguali. Il fa-scino di questo posto però è rimasto in-tatto e noi, giovinazzesi d’America, sia-mo contenti di aver conosciuto comun-que un mondo così fantastico.Cemento, vetro e strade infinite. Ma nonsolo questo. Vi dice qualcosa la parola“Thruway”? Una strada magica che, dalcentro della metropoli, vi conduce versoun altro mondo. Prati verdi e colline, dovesarete proiettati immediatamente attraver-so l’autostrada a quattro corsie verso illago Erie e tante riserve indiane quali quelladi Cherokee, Cheyenne, Seneca. Questeultime, con le loro esibizioni dei conflitticon finti cow-boy (organizzati da agenzieturistiche), vi faranno ripiombare nel vec-chio Far-West. Sulla via del ritorno, laThruway si collega con un’altra impor-tante arteria stradale che, costeggiando lemeravigliose vallate che si affaccianosull’Hudson River, vi porterà direttamen-te nell’Isola di Manhattan la quale si mo-strerà come una bella donna in pompamagna, pronta ad accogliervi a bracciaaperte per elargirvi altre incomparabiliemozioni. I luoghi da visitare sono innu-merevoli, ma niente paura, la GrandeMela con la sua fitta rete di trasporti pub-blici vi permetterà di muovervi veloce-mente nell’area.E se invece decidete di spostarvi in unamaniera più celere noleggiando un taxi,non meravigliatevi se a fine corsa vi saràchiesto il conto in un dialetto a voi fami-liare, indovinate quale? Il “giovinazzese”ovviamente. Sarete infatti seduti in un’au-to di proprietà di un giovinzzese D.o.c.,tale JERRY SCIVETTI.Ma chi è Jerry Scivetti? Difficile negareche è una persona veramente carismatica.

Jerry Scivetti, un tassinaro a New York!

storie dentro le valigie

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DI ROCCO STELLACCI

Jerry nasce a Giovinazzo il 16 novembre1942 dai coniugi Vincenzo Scivetti e Fran-cesca Turturro. Trascorre una tranquilla ado-lescenza nel suo paese natio e quattro annidopo aver ottenuto la licenza elementare,nel 1958, alla tenera età di 15 anni, l’Ameri-ca strappa un’altro figlio al senogiovinazzese. Ad accoglierlo nella sua nuo-va patria c’è suo fratello Nicola già residen-te negli U.S.A. Jerry dotato di una eccellen-te arguzia, capisce che le strade americanenon sono lastricate d’oro, ma si deve sca-vare il proverbiale ‘vambasciaun’ per soprav-vivere. Decide così di rimboccarsi le mani-che e inizia la sua nuova vita americana comegarzone in un ristorante. Il problema è chea Jerry fare il dipendente sta veramente stret-to. Così stufo di quel ruolo, decide d’intra-prendere la carriera di ristoratore inaugu-rando un locale tutto suo con ben 16 ope-rai alle dipendenze.

Aveva solo 19 anni. Un’attività gestita perquasi 20 anni con suo fratello Nicola, per-ché, vista la popolarità del ristorante, neces-sitava l’aiuto di un fiduciario capace di divi-dere il rischio di impegni commerciali sem-pre più gravosi. Nei pochi momenti di li-

bertà Jerry frequentava un centro italiano il“Sandrino Giglio”, un posto dove fare‘quattro salti’ e scambiare qualche chiacchie-ra con altri connazionali. È proprio lì cheincontra la sua anima gemella, la signorinaCaterina Truncalenativa, americana di ori-gini siciliane con la quale convola a giustenozze l’8 gennaio 1966. Da questo matri-monio d’amore nascono Vincenzo, attual-mente poliziotto nella città di N.Y. e Fran-cesca, insegnante di scuola elementare.Se si fa un passo indietro nella descrizionedi questo carismatico personaggio, Jerrydopo 20 anni di attività di ristorazione, de-cide di dare un’ennesima svolta alla sua vitae di avventurarsi in una nuova attività a luisconosciuta ma del tutto nuova. Passa cosìdalla preparazione dei piatti…alla guida diun confortevole taxi nuovo di zecca e disua proprietà. Una nuova attività autono-ma per mettersi alla prova ed essere al ser-vizio di una variegata tipologia di clientelapronta a scorazzare in lungo e largonell’intricata rete stradale della Grande Mela.Tale attività è attualmente svolta da ben 29anni! Un’operosità che premia, quella diJerry, indubbiamente capace di passare dalpreparare un buon piatto di orecchiette alcondurre un’auto in grado ogni giorno dimetterti in contatto con gente di caraturainternazionale. Ovviamente il ruolo e leopere di Jerry Scivetti non finiscono qui.Occorre necessariamente sottolineare il suoapporto e pieno coinvolgimento nella Co-munità Giovinazzese. Sin da quando hamesso piede in America, è entrato a far partedella San Anthony Society of N.Y. all’epo-ca guidata dal sig. Joe Depalo. Attraversogli anni la sua dedizione e i suoi preziosisuggerimenti lo hanno aiutato a distinguer-si e ad acquisire poteri nel direttivo del so-dalizio sino a condurlo a ricoprire la caricadi Presidente, sostituendo degnamente ilsuo predecessore. Jerry con oltre 53 annidi residenza negli U.S.A. ha sempre con-servato uno sviscerato attaccamento alla suafamiglia e agli amici di Giovinazzo, oltread una profonda venerazione per la nostraPatrona, Maria S.S. di Corsignano.

www.eurolabgiovinazzo.it

42

NEW YORK Un angolo della Gran-de Mela con una tradizione consoli-data. Capace di attrarre i turisti daogni dove e fino a qualche anno fa dioffrire uno scorcio caratteristico delnostro Bel Paese. Meta ambitasoprattutto dai nostri connazionali,oggi purtroppo di italiano nei risto-ranti è rimasto ben poco. I camerieriparlano in tutte le lingue e forse soloqualche chef nostrano fa capolino dal-le vetrate dei locali. Eppure in passa-to a spadroneggiare erano i napole-tani con la loro gustosa cucina e si mangiava la vera pizza napoletana; sono stati proprioloro a diffondere in America quella cara immagine di Pulcinella e S. Gennaro, le dueicone che da sempre rappresentano il sacro e il profano in Campania. Basti pensare cheogni anno si attende ardentemente, nel mese di settembre, la liquefazione del sangue diSan Gennaro che esprime un buon auspicio per tutta la popolazione quando il miraco-lo avviene. Pare che siano le intense preghiere e la fede smodata della gente di Napoli afar sì che ciò avvenga. E anche a New York, proprio nella Little Italy, in contemporaneasi svolge ogni anno la stessa ricorrenza in Mulberry Street. Ed è tutta una festa di…odori!Odori dei quali spesso sentiamo la nostalgia, la visione di quelle bancarelle che in quel-l’occasione offrono salsiccia, peperoni e cipolle. Una vera delizia! Nulla da invidiareovviamente alla festa che ogni anno si tiene anche per onorare la nostra Maria SS. diCorsignano. Organizzato dalla comunità dei giovinazzesi, è un altro evento al quale nonmanco quasi mai ed è dedicato, dopo la celebrazione della Messa, ad un pranzo basatosu pesce fritto e frutti di mare e magari arricchito con un po’ di sasanelli e taralli scaldatinostrani che oso aggiungere al banchetto ed offrire ai commensali. New York restacomunque una delle città più pulsanti nel mondo, caratterizzata da folle che si muovonoin maniera sincronizzata sia sulle infinite strade che sui marciapiedi. Ognuno camminaverso la propria meta, non ci si incrocia mai. Un’enorme capacità di organizzazione peri locali pubblici, bar e pub che, nel bailamme del traffico di auto e pedoni, sono capaci diriservare un’oasi tranquilla all’aperto per una sosta serena al turista che, a un certo puntovuole interrompere il suo ritmo frettoloso come quello degli abitanti e godersi per unpo’ quell’andirivieni, comodamente seduto e coccolato con un gelato o una bella bibita.E poi guardando le immagini della Grande Mela attraverso programmi televisivi oInternet, dove ci viene presentata una città frenetica, si fatica ad immaginare che invece,nei piccoli quartieri, la domenica si chiede l’autorizzazione a chiudere al traffico le picco-le strade per banchettare con lunghe tavolate. Tutti gli abitanti del quartiere vi partecipa-no con lauti pranzi e suonano e ballano fino a tarda sera, soprattutto nella bella stagio-ne. Non si conoscono ma in quell’occasione si sentono tutti uniti e solidali anche se perpoco tempo.Un po’ di malinconia vien fuori quando ci rendiamo conto che questetradizioni e queste feste alle quali noi partecipiamo non avranno un seguito. Le nuovegenerazioni, quelle che noi abbiamo creato trasferendoci in America, hanno ritmi di vitacompletamente diversi e non riescono ad immedesimarsi in quelle che sono le nostreabitudini e i legami con la nostra terra d’origine. Una realtà davanti alla quale ci sentiamoimpotenti e della quale dobbiamo solo prendere atto.

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nostri cuori».La mamma Maria Grazia Fiore e il papà

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MICHELINO&CAROLADEPALMAhanno spen-to rispetti-vamente la5^ e la 1^candelina.

«Siete spe-ciali pertutti noi edoggi, comeogni anno, vi rinnoviamo i nostrimigliori auguri».

I nonni, gli zii e i cuginetti

Auguri mia

dolce nipote

che fai diven-

tare speciale

ogni

minutino

della nostra

vita. I NONNI

SARA MAROLLA il 29 ottobreha spento la sua 1^ candelina

culle

AUGURI

43 NOVEMBRE 2011

44

45 NOVEMBRE 2011

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DI ONOFRIO ALTOMARE

la pagina del pescatore

Era il 29 settembre, giorno dei festeggiamenti

del famoso S. Michele Arcangelo, difensore

dei poveri e patrono della Chiesa Cattolica.

Andai in quella serata nella Chiesa di

Sant’Agostino e vidi della gente che portava i

doni (neanche l’1%), proprio come faccia-

mo noi alla Posta, tutti desiderosi di dare le

nostre bollette in beneficenza. A Giovinazzo

molti hanno questo sogno e io immagino a

volte come potrebbe essere la città del sole,

una città che sembra colpita invece da un’epi-

demia di malaria. Inutile dire che, nella con-

dizione nella quale ci troviamo, l’unica cosa

positiva è pensare a quando tutti non aveva-

no nessun pensiero di pagamento, si pregava

solo la terra e il mare per avere dei frutti, con

l’ausilio del Padreterno. La politica era tut-

t’altro, aveva degli ideali e i nostri ministri non

passavano il loro tempo a litigare tra loro e a

pensare solo come spremere la gente. La fa-

miglia era impostata in maniera diversa e il

capofamiglia aveva il suo ruolo. Sapeva im-

porsi, insegnare la religione, spiegare come si

coltivava la terra e parteggiare per i più de-

boli all’occorrenza. Tutto questo non lo fa-

ceva nell’arco di un tempuscolo, ma impie-

gava la vita a formare i membri della fami-

glia e ad insegnar loro i valori e la semplicità.

Oggi tutto questo non esiste più, ognuno per

star meglio vorrebbe rubare all’altro, il rispetto

è una parola ormai bandita nella vita sociale.

Con il passare del tempo sono comparsi solo

i nuovi padroni, coloro che hanno tiranneg-

giato. E quindi oggi a chi dobbiamo rivol-

gerci per un po’ di clemenza? A Sant’Onofrio

o a San Francesco, che oggi ci appare come

l’unico “straccione dei poveri”, il patrono dei

disgraziati italiani? Chi potrebbe oggi ripri-

stinare la figura di quel capofamiglia e di

quei governatori del passato più lontano che

veramente facevano gli interessi della col-

lettività senza pensare di risolvere esclusiva-

mente le loro beghe? Oggi la parola “pa-

trono” è casta politica con un avvenire di

miserie e incubi. E non è molto diverso dai

nostri proprietari di case che alla fine del

mese si aspettano sempre 500 euro o si la-

vora o non si lavora (ogni tanto potrebbe-

ro pur fare beneficenza!). E poi vogliamo

dimenticare gli altri padroni dei nostri sol-

di, cioè i supermercati e i gestori di gas,

luce, telefono e assicurazioni? Sono gli unici

interlocutori ormai dei nostri soldi e della

nostra vita. Sono tutti dei sanguisuga per

noi che continuiamo ad arrancare per raci-

molare uno straccio di lavoro ma contem-

poraneamente assistiamo ai privilegi che i

parlamentari tutti continuano ad avere.

Tutti noi dobbiamo continuare ad arran-

giarci. A tamponare le richieste continue dei

figli che hanno tutto il diritto per vivere

decentemente. A temporeggiare per anda-

re dal dentista o per riparare un guasto alla

carrozzeria dell’autovettura. A fare conti-

nuamente rinunce pur di riuscire a fare la

spesa. Anche la passeggiata con il gelato è

diventata un lusso per pochi e solo per

poche volte.

Anche i costi degli strumenti di lavoro

sono diventati insostenibili. Io stesso devo

arrangiarmi con la mia tuta da sub che fa

acqua da tutte le parti quando mi immer-

go. E rischio di rimanere con una bom-

bola di ossigeno…senza ossigeno. E di

andare sempre più giù sul fondale sem-

pre più nero…così come tutto ora ap-

pare nella vita quotidiana.

LA CITTÀ DELSOLE

Forse ci sarà un sole migliore

dove intravedere gli amici del

cuore e parlare col cuore alla

madre - terra quella terra che io

amo.

Vedere la nostra città senza me-

sti sorrisi e sposarsi nello spirito

della nostra terra, le nostre terre

che aspettano un soleper riviverli

in sogni celesti.

La terra degli antichi amori

umanila terra del Dio pane

la terra delle nostre vite in vitigni

di rose

la terra di fiori e rondini

di colori verdeggianti e di…pace!

ONOFRIO ALTOMARE

PADRI PADRONI

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sport

Ci sono articoli che non vorresti mai scrivere e notizie che nonvorresti mai dare. C’è invece un’infinità di belle cose di cui maiti stancheresti di scrivere, tanti personaggi, mille storie da vive-re, emozioni da raccontare. Tanti meravigliosi contesti per ri-portare la notizia bella, quando un ragazzo del nostro tempo,della nostra terra è arrivato in Nazionale, si è vestito d’azzurronello sport più popolare del mondo: il calcio. Poi ci sono noti-zie che non vorresti ascoltare perché lasciano senza fiato e tibuttano in faccia la vanità della favola che non esiste nella real-

tà. Il destino ha deciso per lui e ti ritrovi a scrivere unarticolo che non vorresti mai scrivere. Una pagina tristedi sport. Proprio come questa che andiamo a scrivere.Alla fine la scrivi col groppo in gola, perché tu sei ungiornale locale che al profumo dell’inchiostro abbini quel-lo della tua terra. Ma questa volta non puoi cedere alfiorire di splendide cornici perché il ragazzo è calato inuna vicenda che prende a calci proprio il gioco più bel-lo del mondo. Noi speriamo subito che i legali proce-deranno nel ricorso e che la Procura Federale lo assol-verà perché estraneo ai fatti. Ma quali fatti? Abbiamo ildovere di raccontarli. Prima però dobbiamo dire cheVitangelo Spadavecchia è un grande portiere e rimarràtale. E’ la saracinesca d’Oro del 2001, il miglior portierein assoluto della Primavera premiato insieme a Buffon,allora miglior portiere della serie A. E’ l’unico calciatoregiovinazzese a vantare una convocazione nella Nazio-nale italiana Under-21. Chissà quando nascerà un’altrasaracinesca giovinazzese! Adesso andiamo al sugo dellastoria. Vitangelo Spadavecchia, portiere dell’Andria,

è stato squalificato per tre anni e tre mesi dalla Com-missione Nazionale Federale per una vicenda di pre-sunto calcio-scommesse che risale alla stagione 2008-2009 quando era tesserato con il Sorrento Calcio. Se-condo quanto emerso dalle indagini della Procura Fe-derale, la responsabilità di Spadavecchia sta nel fatto di«avere effettuato una scommessa di 20mila euro – si legge in uncomunicato della Commissione – nell’imminenza della gara

Juve Stabia – Sorrento del 5 aprile 2009 puntando sulla sconfit-

ta della propria squadra, nonché per avere posto in essere atti e

comportamenti finalizzati ad alterare il risultato della suddetta

gara, provocando volontariamente, in qualità di portiere, la

segnatura che determinerà il risultato di 1-0 in favore della Juve

Stabia». La commissione inoltre precisa che «il riscontro

più clamoroso al contenuto delle intercettazioni (che, si noti, sono

anteriori alla gara cosicché gli intercettati non conoscevano ancora come essa

sarebbe finita) è costituito dal fatto che la partita Juve Stabia – Sorrento

del 5/4/2009 venne decisa proprio da una clamorosa papera dello

Spadavecchia a poco più di 15 minuti dal termine». I legali FrancescoCaliandro e Giampiero Orsino affermano che Vitangelo è «to-talmente estraneo ai fatti». Non rimane che aspettare fiduciosi l’evol-

versi del ricorso in appello.

SERGIO PISANI

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VITANGELO SPADAVECCHIA È STATO SQUALIFICATO PER TRE ANNI E TRE

MESI PER UNA VICENDA DI PRESUNTO CALCIO SCOMMESSE

18 GIUGNO 2001. VITANGELO SPADAVECCHIA, CLASSE1982, A CAMPIONE D’ITALIA INSIEME A BUFFON PER LACONSEGNA DEI PREMIO SARACINESCA D’ORO 2001

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