LA PIAZZA DI GIOVINAZZO - MARZO

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1 MARZO 2011 Ph: Nico Mongelli

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MENSILE DI INFORMAZIONE GIOVINAZZESE

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1 MARZO 2011

Ph: Nico Mongelli

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ASS. AMICI DELLA PIAZZAII TRAV. MARCONI,4270054 GIOVINAZZO (BA) ITALY

Via Cairoli, 95 Giovinazzo 70054 (Ba)Edito da Ass. Amici della PiazzaIscr. Trib. di Bari n. 1301 del 23/12/1996Part. IVA 05141830728 Iscr. al REA n.401122Telefono e Fax 080/394.63.76IND.INTERNET:www.giovinazzo.itE_MAIL:[email protected]

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redazionePorzia Mezzina - Agostino Picicco - Ales-sandra Tomarchio - Damiano de CegliaMarianna La Forgia - Daniela Stufano -Vincenzo Depalma - Angelo Guastadise-gni - Onofrio Altomare - Diego de Ceglia- Michele Carlucci - Mimmo Ungaro - PinoLisi - Gabriella Marcandreacorrispondenti dall’esteroVito Bavaro - Nick PalmiottoGiuseppe Illuzzi - Rocco Stellaccistampa - Nuova Poligrafica (Modugno)progetto grafico - Ass. Amici dellaPiazzaGrafica pubblicitaria: C. Moreseresponsabile marketing & pubblici-tà: Roberto Russo tel. 347/574.38.73

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La collaborazione é aperta a tutti. La reda-zione si riserva la facoltà di condensare omodificare secondo le esigenze gli scrittisenza alterarne il pensiero. Gli articoli im-pegnano la responsabilità dei singoli autorie non vincolano in alcun modo la linea edi-toriale di questo periodico.Finito di stampare il 24/02/2011

Se ce lo consentite, una copertina

goliardica sul Risorgimento italiano.

Perché noi siamo La Piazza e non ab-

biamo l’ambizione di raccontare le do-

verose celebrazioni pubbliche. Noi sia-

mo La Piazza. Perciò non abbiamo la

pretesa di fornire un sostegno allo stu-

dio della nostra storia risorgimentale.

Se volete accrescere quel senso civico

che fornisce la dimensione di un po-

polo, se volete rinnovare la memoria e

attualizzare una vicenda storica alla

quale prestare dignitosa attenzione, c’è

tanta carta patinata autorevole in edi-

cola. Ci sono relatori e oratori che in

tivù come in un film senza fine fino al

17 marzo terranno sempre 10, 100,

1000 finestre aperte sulla vicenda risor-

gimentale italiana e locale. Forse

ripetitive e scolastiche, forse autorevoli

e profonde: questo lo giudicherete voi.

Dunque, non aspettatevi in questo nu-

mero riletture moderne collegate alla

questione meridionale, al dibattito at-

tuale sul federalismo, al senso di fru-

strazione delle giovani generazioni, ad

uno stato sociale in profonda crisi. Noi

siamo La Piazza. Però permetteteci di

dire almeno Viva l’Italia dalle colonne

di questo periodico.

La nostra nazione compie 150 anni an-

che se non li dimostra. Lo ha detto an-

che Benigni: «L’Italia è una bambina, una

di Giovinazzo

minorenne». Lo stesso Mameli quando

scrisse l’inno aveva vent’anni, quindi era

minorenne, perché la maggiore età si

raggiungeva a ventuno. Viva l’Italia.

L’Italia del valzer, l’Italia del caffè. L’Ita-

lia dei 150 anni, l’Italia di Ruby

Rubacuori, nipote di Mubarak. Basta-

va andare all’anagrafe in Egitto e vede-

editoDI SERGIO

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L’ITALIA COMPIE 150 ANNI

ANCHE SE NON LI DIMOSTRA.

LO HA DETTO ANCHE BENI-

GNI: «L’ITALIA È UNA BAM-

BINA, UNA MINORENNE».

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oriale

re se Mubarak di cognome faceva

Rubacuori che per Berlusconi ha già

ventiquattro anni. Il Governo ha fissato

il 17 marzo Festa Nazionale. Giornata

rossa sul calendario. Viva l’Italia. Spac-

cata anche di fronte al richiamo dell’Uni-

tà nazionale dai soliti rumors. Il presi-

dente di Confindustria Emma Marcegaglia

strepita perché il 17 marzo, giorno in

cui si festeggiano i 150 anni dall’uni-

ficazione di regnucoli e granducati in

Regno d’Italia, visto che c’è la crisi,

non bisogna astenersi dal lavoro. Ca-

pirai, come se un giorno facesse ven-

dere più tubi a lei e più Punto a

Marchionne. Marchionne che non si so-

gnerebbe di certo di costringere i la-

voratori americani a lavorare il 4 lu-

glio perché prenderebbe delle sono-

re cinghiate da Obama in giù, fino al-

l’ultimo discendente di Toro Seduto.

Ci sono poi i leghisti, ovviamente

strutturalmente contrari a festeggia-

re una ricorrenza italiana e non

padana come la sagra della polenta

taragna, a loro sicuramente più cara.

Fedeli al diktat del «va’ a laurà», loro

vogliono che il 17 marzo si lavori

comunque. Anche la Gelmini difende

l’apertura coatta delle scuole nel gior-

no di festa. Mentre Berlusconi, che

pure è giustificato dagli enormi pro-

blemi che deve affrontare in questi

giorni, sembra che abbia suggerito

che anche il 17 marzo non bisogna

astenersi dalla carne. I soli ad essere

contenti saranno i ragazzi che a scuo-

la non andranno. Viva l’Italia. L’Ita-

lia con le bandiere, l’Italia nuda come

sempre!SERGIO PISANI

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Gli eventi e gliuomini che fecerola storia del nostro

Risorgimento

Gli eventi e gliuomini che fecerola storia del nostro

Risorgimento

GIOVINAZZO

NEL 1860

il fatto

Non potevamo esimerci dalle celebrazioni dell’Unità d’Ita-lia. Lo facciamo in questo viaggio con la presunzione disostituirci alla solita, barbosissima, storia da libro di testo.Una finestra sul Risorgimento. Un viaggio avvincente edemozionante al quale il lettore fedele non potrà sottrarsi eche ci porterà nella storia per ricordare questi 150 annidall’Unità d’Italia visti in un’ottica diversa da come li ab-biamo studiati a scuola. Una ventata di patriottismo respi-rata in casa. Non un libro qualunque. Ma «Giovinazzo pri-ma del 1860» perché il Risorgimento è passato anche danoi. Non un libro qualunque ma un libro di casa nostra dacustodire nello scrigno dei ricordi. Più che un libro, unostudio storico tratto da documenti inediti raccolti nella ri-stampa dell’agile scritto dello storico Saverio Daconto(1871-1953) con significative relazioni introduttive deldott. Nicola Roncone, Direttore della rivista Risorgimento e

Mezzogiorno, del prof. Giuseppe Poli, Ordinario di StoriaModerna presso l’Università degli Studi di Bari nonchéPresidente del Comitato Provinciale di Bari dell’Istitutoper la Storia del Risoregimento Italiano, e del nipote dott.Saverio Daconto la cui premessa è un inno a non arren-dersi in questa società che attualmente pare spesso cosìpiatta. Ci sono invece ancora molti moti. Tanta volontàdei giovani e dei meno giovani di cambiare il mondo.Tanta voglia di risorgere e far valere i propri ideali, farvibrare le proprie passioni e rendere migliore questa so-cietà. L’Unità d’Italia è passata anche attraverso le pagi-ne del nostro storico. Il materiale storiografico non è sta-to toccato né integrato eppure nella stesura di quest’ope-ra si coglie una sorprendente attualità, come ha sottoli-neato il prof. Poli. Questo libro è per tutti, non per unaspecifica fascia di lettori perché mentre gli aneddoti, che

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ripropongono l’immagine quasi fotografica diGiovinazzo nella seconda metà del XIX sec., potran-no avvincere il lettore più sprovveduto, gli altri lettorisi potranno perdere tra le righe dei documenti trascrit-ti perché in esse si cela il profilo storico e politico deltempo, tra liberali, unitari e conservatori. «Giovinazzonel 1860» è anche la vittoria dello spirito liberale delDaconto e di tanti giovinazzesi rivoluzionari che vol-lero a costo del sacrificio di molti la nostra Patria uni-ta sotto la stessa bandiera. Riportiamo i passaggi piùsalienti del Risorgimento a Giovinazzo con una sotti-le invidia ma anche il rammarico di non aver ereditatodai nostri padri lo stesso fervore, lo stesso impeto emo-tivo, gli stessi ideali che portarono uomini comuni, don-ne, patrioti dei nostro paese a donarsi totalmente alla

causa del Risorgimento

L’ECONOMIA A GIOVINAZZO. Uno spaccato alla vitamateriale ed economica Naturalmente tra l’una e l’altranon poteva non esservi un certo rapporto, costituendoentrambe come i due termini di un’equazione. Anchel’aspetto esterno del paese era misero; il servizio d’illu-minazione pubblica affidato alla luna nelle serate di pleni-lunio, nelle altre a venticinque fumose lucerne ad olio;l’attuale Piazza Vittorio Emanuele, ora sfolgorante di luceelettrica, era allora illuminata da quattro lucerne; figuria-moci che splendore!...

Non esisteva servizio municipale per la pubblica nettez-za e nelle strade si buttava ogni ben di Dio; una stradache circondava le mura dal lato di levante, prospicientela cosiddetta Porta Nuova, oggi una delle arterie princi-pali della città, poteva dirsi un ossario, per i carcami diasini e di carogne che vi si buttavano.

Le condizioni della pubblica finanza disastrose, tanto cheil Comune era costretto a fare istanze all’Intendente, per-ché gli si permettesse di inasprire il balzello sullo sfarinato;e a tanto era costretto dalla meschinità del reddito dellemunicipali gabelle, unico cespite, allora ed oggi, sprovvi-sto com’era il Comune di beni propri. Tutto ciò lodesumiamo dal seguente interessante documento, cheintegralmente riportiamo.

MOTI LIBERALI. Intanto la burrasca minacciante la mo-narchia borbonica andava delineandosi all’orizzonte; inLombardia si combatteva la seconda guerra di indipen-denza con fortuna e non è a dire come le notizie dei varifatti d’arme eccitassero le speranze dei liberali e infiam-massero il sangue di molti tra i giovani, che frequentava-no il seminario, nel quale già v’erano due partiti, il liberalee il borbonico.

Tra i giovani più esaltati conviene menzionare GiuseppePalombella, Vincenzo Bellacosa, Vito Fiorentino, LuigiViola, Antonio De Santis; costoro introducevanonascostamente e leggevano ai compagni vari foglietticlandestini stampati su carta velina, e i giornali L’Iride eLa Ragione, ed in tal modo seguivano il movimento uni-tario come s’andava svolgendo nell’Italia centrale e neiDucati. La cosa – i delatori non mancavano - arrivò alleorecchie del Vicario del Vescovo, un tal Casale, pretenapoletano, temutissimo dai seminaristi per la sua seve-rità.

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Un bel giorno, anzi un brutto giorno, il Palombella, ilBellacosa ed il Fiorentino furono chiamati adaudiendum verbum dal Casale. I tre andarono parati apassare un brutto quarto d’ora; il Vicario non li ricevettemale, parlò loro pacatamente e senza cipiglio:

- Parum de Deo, de Rege nihil, disse; voi siete giovanied inesperti, non dovete occuparvi di politica; giornalinon voglio ch’entrino qua dentro, leggeteveli in casa; que-sto è luogo di studi! – E li rimandò impuniti.

All’uscire il Palombella, con locuzione tutta pugliese, chequi non occorre riferire, esclamò:

- Abbiamo capito, sono fr…itti! – Alludendo alle autoritàe al potere supremo, di cui erano emanazione; e quelcontegno tanto remissivo e prudente fe’ capire ai tre gio-vani come le cose del Governo navigassero veramen-te in brutte acque.

Infatti la rivoluzione era imminente; nella Sicilia insortaGaribaldi andava compiendo le sue gesta immortali el’aria era pregna di notizie e di odor di polvere. France-sco II, inconscio della terribile ANAI’KH che pesava sullasua Casa, ricorreva ai pannicelli caldi per arrestare lamontante marea. Il 25 giugno 1860 faceva affiggere unproclama col quale prometteva generale amnistia e ri-chiamava in vigore la Costituzione del 1848; poscia condecreto del 5 luglio ordinava la formazione della Guar-dia Nazionale. In Giovinazzo, come in tutte le città tran-quille in cui ci credevano ancora all’esistenza del Go-verno e alla stabilità di esso, il Decurionato, convocatodal Sindaco, si riuniva il 17 di quel mese per procederealla formazione delle terne – stile antico – nelle qualidovevansi poi scegliere il capitano, gli altri ufficiali ed isotto-ufficiali della compagnia, di cui erano già formatee pubblicate le liste. Proprio il 17 luglio, nel qual giorno inGioia del Colle si riuniva il Comitato segreto provinciale,in esito della qual riunione tutte le amministrazioni muni-cipali della provincia si trasformavano, agli elementiborbonici sostituendo i liberali.

Le terne sopraricordate furonocosì costituite:PEL CAPO DI COMPAGNIA:

1) Cav. D. Francesco Paolo Siciliano del fu D. Giuseppe.

2) D. Oronzio Fanelli di D. Francesco.

3) D. Beniamino Cirilli di D. Fedele.

PEL CAPO DEL 1º PLOTONE:

1. D. Giuseppe Cirilli di D. Fedele.

2. D. Gaspare Siciliano del fu D. Giuseppe.

3. D. Giambattista Mellusi del fu D. Vincenzo.

PEL CAPO DELLA 1º SEZIONE DEL 1º PLOTO-NE:

1. D. Tommaso Mellusi del fu D. Vincenzo.

2. D. Luigi Pansini del fu D. Giuseppe

3. D. Vincenzo Magrone del fu Giuseppe Domenico.

PEL CAPO DELLA 2º SEZIONE DEL 1º PLOTO-NE:

1. D. Vito Capruzzi di D. Giacomo.

2. D. Giuseppe Daconto di D. Michele.

3. D. Giuseppe Lamanna di Francesco.

PEL CAPO DEL 2º PLOTONE:

«GIOVINAZZO nel 1860». Presentazione dellibro nella sala S. Felice

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1. D. Ferdinando Fenicia del fu D. Giovanni.

2. D. Tommaso Santoro del fu D. Giuseppe.

3. D. Michele Bellacosa di D. Giuseppe.

PEL CAPO DELLA 1. SEZIONE DEL 2º PLOTONE:

1. D. Raffaele Capursi del fu D. Nicola.

2. D. Simone Visaggio del fu Domenico.

3. D. Paolo Magrone del fu Giuseppe Domenico.

PEL CAPO DELLA 2º SEZIONE DEL 2º PLOTONE:

1. D. Emanuele Riccio di D. Francesco.

2. D. Antonio Pansini del fu D. Vito.

3. D. Pasquale Mastandrea di Francesco.

PEL CAPO DEL 3º PLOTONE:

1. D. Giuseppe Sciso del fu D. Nicola.

2. D. Giovanni Pansini del fu D. Giuseppe.

3. D. Raffaele Bellacosa di D. Giuseppe.

PEL CAPO DELLA 1. SEZIONE DEL 3º PLOTONE:

1. D. Giovanni Siciliano del fu D. Giuseppe.

2. D. Camillo Palombella di D. Nicola.

3. D. Pasquale Barbolla del fu D. Gaetano.

PEL CAPO DELLA 2. SEZIONE DEL 3º PLOTONE:

1. D. Rocco Bellacosa di D. Giuseppe.

2. D. Gaspare De Santis del fu D. Nicola.

3. D. Nicola D’Agostino del fu Francescantonio.

È questo l’ultimo atto amministrativo firmato dal Sinda-co don Luciano Severo; il 2 agosto già troviamo insediatii nuovi amministratori, appartenenti al partito liberale,col Sindaco don Ferdinando Fenicia. In questo giorno ilnuovo Decurionato, costituito dal Fenicia già detto e daisignori Beniamino Cirilli, G. B. Mellusi, VincenzoLapalombella, Corrado Palombella, Francesco dott. Le-

one, Michele Sciso, Saverio Daconto di Andrea, VitoCrapuzzi, Michele Colamaria, Lorenzo Carelli, PaoloMagrone, Domenico Piscitelli, Raffaele Goffredo, FilippoCortese, Francesco De Santis, Giovanni Pansini, Nico-la De Santis, Pasquale Turtur, Francesco Giuliodibari,Giuseppe Stufano, Pasquale Freda, Michele Incantalupo,Michele Bavaro, Donato Depalma e Giuseppe Stellacci,compiè un atto di giustizia, votando una pensione di 24ducati annui a donna Rosa Gaudio, vedova dell’ex can-celliere comunale Don Vincenzo Mellusi, morto al 3 ago-sto 1857, già stato destituito per causa politica il 1850,mentre prestava servizio da ben trentadue anni. Pochigiorni prima si era ufficialmente impiantato il servizio del-la Guardia Nazionale, la quale riebbe il suo antico corpodi Guardia del 1848, nello stanzone a due porte sottol’orologio, in Piazza Costantinopoli; quivi era stato erettoun tosello con bandiere e candele ed in mezzo il ritrattodell’ancora re Francesco II, e tale avvenimento era statofesteggiato dai liberali ivi raccoltisi, don Giuseppe Cirilli,don Giuseppe Sciso, don Corrado Palombella, don MauroMessere, il sacerdote don Francesco Fiorentino, il cav.Don Francesco Siciliano, il dottor fisico don FrancescoLeone col fratello sacerdote don Clodoveo ed altri; eraancora sindaco il Severo, ma la tempesta s’avvicinava;due o tre giorni dopo fuggiva, abbandonando l’ufficio, ilGiudice Regio, al quale avvenimento teneva dietro losciogliersi dell’antica e il ricostituirsi della nuova Ammi-nistrazione Comunale.

CAMBIO DI GOVERNO. Il 9 ottobre era giunta al Sinda-co la seguente «pressantissima» lettera circolare dal go-vernatore della provincia, Vincenzo Rogadeo:

«Governo della Provincia di Terra di Bari»

Bari, lì 9 ottobre 1860.

Signori, mi affretto a trasmettere alle SS. LL. tre esem-plari di un Decreto dell’invitto e glorioso Dittatore di que-sta parte meridionale d’Italia, con cui viene ordinata laconvocazione del popolo in comizi per accettare o riget-tare il seguente plebiscito:

Il popolo vuole l’Italia una ed indivisibile con VittorioEmanuele Re Costituzionale e suoi legittimi discen-denti. Si raccomanda la scrupolosa e sollecita esecu-zione. Prego quindi i signori Sindaci che in ricevere la

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presente si occupino della formazione delle liste se-condo che è preveduto nel Decreto; e nel caso chesaranno prodotti de’ reclami ne facciano l’invio senzaperdita di tempo al Giudice locale per deciderviinappellabilmente. Attendo riscontro a questo foglio chele perverrà mediante espresso.

IL GOVERNATORE VINCENZO ROGADEO

In esecuzione a tale ordine furono subito compilate leliste dei nomi degli aventi diritto al voto: per l’art. 2 delDecreto sul plebiscito, questo diritto era esteso a tutti icittadini che avevano compiuto i 21 anni e che si trova-vano nel pieno godimento dei loro diritti civili e politici,esclusi tutti quelli colpiti da condanne per imputazionidi reati comuni e quelli che, per scadenze, erano statidichiarati falliti. Le liste in Giovinazzo riuscirono nume-rose, ma vi era diffidenza nel basso popolo, il quale, loabbiamo visto, non sapeva ancora darsi ragione degliavvenimenti grandiosi, che andavano svolgendosi. Adilluminarlo, ad accenderne gli entusiasmi si diedero congrande ardore quanti erano ascritti al partito liberale ein quest’opera patriottica molto si distinsero alcuni pre-ti, e conviene qui ricordare tra questi il parroco don Ni-cola Bavaro, don Clodoveo Leone, don DomenicoMantovano, don Francesco Saverio Palombella, i qualiarringando in piazza, predicando in chiesa o entrandoaddirittura nelle case, spiegavano l’importanza dell’ideapatriottica ed unitaria. Il 21 ottobre ebbe luogo la vota-zione e per tale solenne cerimonia era stata preparatauna sala nel Reale Ospizio, quella attualmente adibita

per le tornate del Consiglio di Amministrazione. Le urnesuggellate, come voleva la legge, furono il giorno seguen-te portate in Bari, dove fu fatto lo scrutinio della GiuntaProvinciale, composta dal Governatore Presidente, dalProcuratore Generale della Gran Corte Criminale, dal Pre-sidente e dal Procuratore Regio del Tribunale Civile. Dopoquest’ultima cerimonia la città, turbata alquanto dal follemovimento del giorno 20, tornò nella calma e nella tran-quillità. Il regno italico era ormai costituito, non mancavache raffermarlo su solide basi, e a tanto badava il grandestatista piemontese che con secura mano ne reggeva lesorti e ne schiudeva l’avvenire. Verso la fine dell’anno siiniziò il lavoro di formazione delle liste elettorali, per la ele-zione dei deputati al Parlamento. Questa incombenza eraaffidata ad una Giunta di sei membri, tre scelti dalDecurionato nel proprio seno e tre dal Governatore dellaprovincia, sotto la presidenza del Sindaco.

Il 16 dicembre, in omaggio al decreto di S.E. il Luogote-nente Generale di S. M. nelle province napoletane, checosì disponeva, il Decurionato alla unanimità nominava iseguenti tre suoi componenti a far parte della suddettaGiunta:

1. D. Corrado Palombella del fu FrancescoSaverio.

2. D. Vito Crapuzzi di Giacomo.3. D. Saverio Daconto di Andrea.

Ci avviavamo così a far parte ed a vivere la vita di cittadinidi una grande nazione.

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mesl’intervista

Cittadine e cittadini caris-

simi,Il problema più grave da cui è investito il

nostro territorio è senza dubbio quello del

carico ambientale creato dal nostro passato

industriale. Per circa 60 anni un importan-

te impianto siderurgico ha operato qui sen-

za che nessuno si curasse troppo della tutela

della salute dei cittadini. I residui della la-

vorazione dell’acciaio sono stati smaltiti in

modo disordinato ovunque. Ma la più im-

portante discarica utilizzata dalle Acciaie-

rie e Ferriere Pugliesi per smaltire i propri

rifiuti industriali è allocata nel peggior po-

sto possibile: alla foce di lama Castello. La

lama può essere definita come il letto di un

torrente pluviale e normalmente è la strada

attraverso cui vengono convogliate in mare le

acque meteoriche che, in occasione di piogge

abbondanti, non vengono assorbite dal ter-

reno. In altre parole, normalmente la lama

è secca, ma se ci sono piogge abbondanti essa

si riempie e ospita un torrente. Da quando

alla foce della lama c’è una discarica di ri-

fiuti industriali, cioè da quasi un secolo,

succede che le acque del torrente raccolto di

tanto in tanto nel letto di lama Castello ven-

gano a contatto con quei rifiuti e finiscano in

mare dopo esserne state contaminate. La cosa

ha avuto e ha tutt’oggi effetti rilevanti sulla

qualità dell’ambiente in cui viviamo e nella

nostra catena alimentare. Per questo da anni,

mentre i molti

ambientalisti a gettone

che popolano la piazza

giovinazzese lanciava-

no periodicamente al-

larmi ora sull’amianto

scoperto a dritta e a

manca ora sulla disca-

rica controllata di rifiu-

ti solidi urbani ora ad-

dirittura sulle antenne

di radiofonia mobile,

noi abbiamo lavorato

su questo problema. Abbiamo svolto tutte le

operazioni propedeutiche alla formulazione

di un progetto preventivo e abbiamo lavorato

per cercare le fonti di finanziamento che ci

consentissero di effettuare l’intervento.

Poi abbiamo rappresentato il problema nelle

sedi opportune con una documentazione ade-

guata, non con le solite chiacchiere dei nostri

detrattori. Dopo anni di applicazione, l’as-

semblea dei sindaci della Città Metropolita-

na di Bari e la Giunta Regionale Pugliese

hanno dovuto riconoscere la priorità delle esi-

genze di Giovinazzo. A valere sulla misura

2.5 del Programma Operativo Regionale

2007-2013 sono stati assegnati alla nostra

comunità 3 milioni e 400 mila euro (sui 4

milioni 588 mila euro totali messi a disposi-

zione della Terra di Bari per le bonifiche).

Più di 3milioni di euro per la bonificadell’area dell’ex AFP

Tra pochi mesi saremo in grado di interve-

nire per la messa in sicurezza dell’area

industriale dismessa e per l’avvio dei can-

tieri. Il nostro problema ambientale vero

può dirsi avviato a soluzione. Questo è il

risultato più importante. Quanto alla que-

stione dei rapporti con i proprietari delle

aree, sappiate che essa è regolata da una

legge assai puntuale. Gli oneri della mes-

sa in sicurezza dell’area ricadono sui pro-

prietari. Qualora essi non siano in grado

di intervenire finanziariamente, le aree

bonificate con denaro pubblico saranno

acquisite al patrimonio comunale. Per al-

tro verso, i proprietari siano sereni. L’am-

ministrazione intende attivare un confron-

to per concordare le soluzioni migliori.

Vi abbraccio tutti

messaggio del sindaco

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variazione delle nomine organizzative, vero nodo centrale del ricorso». E comun-que sia il Tar che il Consiglio di Stato han-no rigettato il ricorso presentato. AGiovinazzo si sono fatte avanti poche re-altà economiche private: 11 soggetti, ri-spetto ai 49 di Terlizzi e 108 di Bitonto,secondo l’ultimo resoconto. Il Gal gestiràper la propria attività poco più di 10 mi-lioni di euro provenienti da risorse co-munitarie a disposizione della RegionePuglia in attuazione della misura 410 ‘Stra-tegie di sviluppo locale’ asse IV del Pia-no Sviluppo Rurale 2007-2013.

RACCOLTA DIFFERENZIATA.Meno attenti alla salute dell’ambiente. Oalmeno meno attenzione e impegno nelpraticare la raccolta differenziata.Ahivoglia a voler vedere il bicchiere mez-zo pieno e a sensibilizzare le persone albuon uso del senso civico e dei bidonigiusti: quest’anno i dati (riferiti al 2010)sulla raccolta differenziata pubblicati sulsito della Regione Puglia – assessorato allaEcologia indicano uno scivolamento dipercentuale rispetto all’anno scorso che siassesta sullo 10,11% rispetto al 12,23%del 2009.I numeri della città adriatica sono legger-mente in controtendenza rispetto alla media generale che calcolauna percentuale del 15,26%. L’intento –dichiarato quasi un anno fa, ma con stra-tegia a lunga e media attuazione - era por-tare la raccolta differenziata al 25% con-tro il 13% circa del 2008, ma evidente-mente qualcosa non ha funzionato. Ep-pure un primo passo – poi seguito a nu-merose contestazioni cittadine fedeli almotto Nimby (Not In My BackYard, nonnel mio giardino) – lo si era fatto con lasistemazione di alcune isole ecologiche chenelle intenzioni dovevano essere posizio-nate in zone strategiche della città (nell’area

della stazione ferroviaria, della zona 167e nei punti tra via Bitonto, via Marconi evia De Gasperi) e che invece hanno testatoil cattivo umore dei cittadini e - in ag-giunta - anche un passo da gambero nelservizio di raccolta differenziata. Sul to-tale dei rifiuti solidi urbani prodotti nel2010 la differenziata racconta è stata1.206.800 kg (rispetto a 1.422.755 kg del2009), l’indifferenziata 10.731.030 kg (nel2009 10.212.280 kg).Obiettivi non raggiunti. La famosa rac-colta porta a porta che sarebbe dovutapartite insieme tutto il nuovo piano perla raccolta differenziata da un anno emezzo circa e ancora non se ne sa nulla,l’isola ecologica per l’area portuale com-prensiva di un centro servizi come puntodi informazione per i cittadini e di rice-zione dei rifiuti riutilizzabili particolari conun sistema a punti che premierà igiovinazzesi più attenti all’ambiente (conun costo stimato sui 500mila euro), idem.Niente. I problemi erano e rimangonodi natura finanziaria, rilevato che il costodello smaltimento rifiuti si aggira sui600mila euro.

MARIANNA

LA FORGIA

Non c’è stato ancora il consiglio comuna-le prima di andare in stampa. Chissà se cisarà. Questo mese, parliamo dei lavori perl’istituzione «Fori d’Olivi» e di raccolta dif-ferenziata.FIOR D’OLIVI. A che punto è l’iter delGruppo di Azione Locale «Fior d’Olivi»?Il soggetto giuridico, nato comepaternariato tra pubblico e privato nei ter-ritori di Terlizzi (comune capofila), Bitontoe Giovinazzo, ha avuto qualche battutad’arresto un po’ di tempo fa (intereventodel Tar), ma pare che i lavori perché leattività vere e proprie partano, vanno avanti.Il fatto è però che a distanza di due annidalla sottoscrizione dello statuto e del pro-tocollo d’intesa, niente ancora si è visto, afronte di 19.600euro come quota di par-tecipazione al capitale sociale che in totaletra tutti i soci arriva a 149mila euro.«Giovinazzo deve ancora trovare una sede –puntualizza Vito Palmieri, direttore gene-rale del Comune – e ha designato come delega-to del sindaco Antonello Natalicchio (che rimanerappresentante dell’ente, ndr) Giuseppe Polacco,ex assessore, suocero del vice presidente del consi-glio comunale Raffaele De Gaetano, e quindi uomodi fiducia». Dicevamo del Tar. Nella sedutadi giunta del 25 maggio 2010, la Regioneha approvato 23 Gal pugliesi su 25 com-plessivi perché i Piani di Sviluppo Locale(la cui scadenza per la presentazione erafissata al 15 gennaio 2010) dei restanti do-vevano ancora completare la fase di istrut-toria. Tra questi c’era anche il Gal ‘Fiord’ulivi’ e ciò ha comportato delle lungag-gini burocratihe per l’inizio della operativitàdel primo consiglio di amministrazionecompreso un ricorso al Tar e poi al Con-siglio di Stato presentato da una parte dialcuni privati. «Il punto per il quale è intervenu-to il Tar – racconta Palmieri – è stato sul-l’ammontare della quota di partecipazione che da50 è passata a 500euro, scompensando così le rap-presentanze da cui poi è derivata una modalità di

palazzo di citta’

Gal Fior d’Olivi? Finalmente si parte!

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Intanto a Giovinazzo la maglia nera per la raccolta differenziata

Page 16: LA PIAZZA DI GIOVINAZZO - MARZO

16

DI SERGIO PISANIDI SERGIO PISANI

Nome: Cosmo Damiano

Cognome: Stufano

Soprannome (tuo o della tua fami-

glia): Carrozza

Incarichi istituzionali: Assessore allaSolidarietà Sociale Sanità Pubblica Istru-zione - Legalità - Ufficio Casa - VicePresidente Nazionale Avviso Pubblico.

Da assessore alla pubblica istruzione

come mai lo scorso 27 gennaio, «la

Giornata della Memoria» è stata ri-

cordata sui banchi delle scuole prima-

rie cittadine e non è avvenuto altret-

tanto nel Giorno del Ricordo dei mar-

tiri delle foibe?

Quest’anno la programmazione delle scuole locali

non ha previsto momenti di impegno sul tema

delle vittime della violenza fascista contro gli Sla-

vi e Titoista contro gli Italiani, in Istria e in

Slovenia, tra gli anni Venti e gli anni Cinquan-

ta del secolo scorso.

Anche il dolore e la morte dei nostri

caduti in guerra hanno un colore po-

litico?

La parola caduti non c’entra. Le foibe furono

inventate dai fascisti italiani contro gli Slavi. Poi

furono fatte proprie dai partigiani di Tito contro

gli Italiani. Le vittime delle foibe sono vittime

della violenza nazionalista. Il primo dovere degli

uomini di pace è quello di ricordarle tutte con ri-

spetto e senza reintrodurre surrettiziamente i

nazionalismi che produssero quelle morti.

L’assessore alla pubblica istruzione ha

preferito cancellare il Giorno del ricor-

do per destinare tempo e risorse a par-

lare di social media in vista della pros-

sima campagna elettorale?

Dei social media abbiamo discusso il 9febbraio, anche perché la data era slittata acausa degli impegni dei relatori.

Quanti candidati sindaci si contano al

momento per la poltrona di sindaco nel

2013?

Mi auguro 13.000, tanti quanti sono gli elettori

di Giovinazzo. Perché tutti siamo chiamati ad un

impegno in prima fila per il bene collettivo. Il sin-

daco deve essere un coordinatore e un motivatore,

un catalizzatore di energie positive, il primo solda-

to di un esercito, non un eroe da destinare al mar-

tirio.

Tu sei tra questi?

Sono orgogliosamente tra i 13.000. In quale fila

sarò chiamato a militare non dipende dalla mia

volontà.

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l’intervista

VOILÀ MISTER 600 VOTI, COSMO DAMIANO STUFANO, ASSESSORE ALLA SOLIDARIETÀSOCIALE, SANITÀ, PUBBLICA ISTRUZIONE, LEGALITÀ, UFFICIO CASA, VICE PRESIDENTENAZIONALE AVVISO PUBBLICO

«Voto Stufano perché come il metano

ti dà una mano». Andrebbe bene que-

sto slogan per la contesa della poltrona

di sindaco?

Non è uno slogan. E’ ciò che ho tentato di fare in

questi anni. Senza però produrre anidride carbonica.

Come si può essere il candidato più

suffragato nelle ultime amministrative

con più di 600 voti senza distribuire

mance agli elettori?

Con il lavoro e l’impegno tra la gente, al servizio

della gente.

La tipologia di elettorato che ripone

piena fiducia in te?

Credo nelle istituzioni e nelle leggi. Credo nel dialo-

go e nella democrazia come strumenti di governo del

conflitto sociale. Credo nel lavoro. Se sei mio eletto-

re, sono uguale a te.

L’elettore giovinazzese si lascia abbin-

dolare soltanto dalle mance o anche

dalle facce pulite?

Noi siamo stati protagonisti di una storia. Raccon-

ta che gli elettori giovinazzesi non si lasciano abbin-

dolare.

C’è qualche tuo elettore pentito?

Probabilmente, per saperlo ho acceso un profilo su

Facebook e ho un dominio personale sul web, così

Voto Stufano perché come ilmetano ti dà una mano? «E’ ciòche ho tentato di fare in questianni. Senza però produrre anidride carbonica»

«Sarò uno dei 13mila

candidati-sindaco

Page 17: LA PIAZZA DI GIOVINAZZO - MARZO

17 MARZO 2011

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miglie che lavora a 360°, dai minori ai disabili,

agli stranieri, agli anziani.

Il provvedimento che hai deliberato di

cui più ti vergogni?

La partecipazione pluriennale alle fiere venezuelane.

Favorevole alla cancellazione del de-

bito nei paesi poveri?

Favorevole.

Favorevole alla cancellazione dei de-

biti alle famiglie giovinazzesi indigen-

ti?

Il comune, nei suoi regolamenti, prevede già le soglie

dei redditi esenti dai tributi.

La destra in campagna elettorale allo-

ra scrisse: 1 povero 1 voto. 100 poveri

100 voti. Cosa significa?

Sei un inguaribile ottimista se, da cittadino italia-

no, ancora pensi che tutto quello che la destra dice

in Italia abbia un senso.

Se avessi bisogno di una raccomanda-

zione, oggi a chi mi manderesti?

Da una persona seria che abbia credibilità da spen-

dere e che ti conosce al punto da essere disposto a

garantire per te. Per esempio da un cacciatore di

teste.

Sogno politico più ricorrente?

Garantire Giustizia, Uguaglianza e Diritti

Il miglior Ministro della Salute?

Livia Turco?

Il miglior sindaco della città di

Giovinazzo dal dopoguerra ad oggi?

Per indicarlo dovrei conoscere bene quali proble-

mi ciascuno ha affrontato e con quali strumenti.

Sono nozioni che non possiedo. Sulla base dei

dati che ho a disposizione, la risposta è scontata.

Che cos’è un welfare-state?

Uno Stato che pensa ai cittadini come persone,

non come a numeri da tagliare.

Un politico che volentieri prendere-

sti a calci nel sedere?

Il presidente del consiglio, se fosse un politico.

E’ vero che l’assessorato ai servizi

sociali ci è costato oltre tre milioni di

euro nel triennio dal 2007 al 2009 per

distribuire sussidi e raccogliere

prebende, mentre l’assessorato alle

Attività Produttive e Turismo nello

stesso triennio è costato meno di

200mila euro per qualche sfilata ‘con

culi e tette di fuori’?

Il primo ha erogato servizi annuali per cifre an-

chiunque potrà lamentarsi di ciò che non

va.

Come mai a Giovinazzo non è ar-

rivata Mani Pulite?

Sarebbe il caso di citare Marzullo. Datti

una risposta. Se proprio non ci arrivi, sug-

gerisco che forse gli amministratori hanno

già le mani pulite.

Invece la carovana antimafia di

Libera arriva puntualmente ogni

anno a Giovinazzo. Significa che

viviamo come a Corleone?

La Carovana Antimafia di Libera fa tap-

pa ogni anno a Giovinazzo a testimonian-

za del nostro impegno per la legalità.

Giovinazzo è un presidio di tale rilevanza

nell’opinione pubblica italiana che ci è stata

affidata la vicepresidenza nazionale di

Avviso Pubblico, che, come saprai, è la rete

degli enti locali, ecc…

C’è un problema di legalità a

Giovinazzo?

Il termine legalità non è sinonimo di sicurezza.

La città è ordinata, anche se, come sempre, si può

migliorare.

Che fine faranno le costruzioni sotto

sequestro nella D1.1?

Il procuratore ha chiesto una proroga di sei mesi

per le indagini. I cittadini abbiano fiducia nel suo

lavoro. Quando avrà finito, se ci saranno rinvii a

giudizio, ciascuno sarà chiamato a esporre le sue

ragioni davanti a un giudice terzo.

La sede del Pd sorge almeno vicino

ad un pub. E’ solo un caso? Quale

partito costituisce oggi una mangia-

toia per il nostro paese?

Anche la sede del Tuo giornale è vicina ad un bel

bar che serve ottimi spuntini. Per ragionare con il

tuo metodo, meglio essere giornalisti che politici.

Futuro anteriore del verbo esigere?

Per quanto mi riguarda, impegno, passione, servi-

zio.

Il provvedimento che hai deliberato di

cui più ne vai fiero?

Aver dato ai cittadini di Giovinazzo, dentro il

parco Scianatico dei Metallurgici Giovinazzesi,

un Centro di aggregazione e di servizi per le Fa-

Page 18: LA PIAZZA DI GIOVINAZZO - MARZO

18

che superiori a quelle che tu hai indicato. Il secondo ha organizzato gite

turistiche e viaggi di piacere per una somma di cui non mi sono occupato.

Sei cattolico?

Sì.

Perché il Vaticano istituisce contro il Premier Berlusconi

la Santa Inquisizione e poi nasconde ai fedeli la faccia

dei preti-pedofili?

A me sembra che il Vaticano sia stato assai reticente con le porcherie delle

notti di Arcore e molto franco in relazione ad alcune patologie denunciate

all’interno della Chiesa.

La querela che hai fatto con più gusto?

Non c’è mai gusto a querelare qualcuno.

La più magra figura da politico?

Lo spostamento della commissione invalidi da Giovinazzo. Ma non è detta

l’ultima parola.

La magistratura opera senza condizionamenti?

Opera in buona fede. Nessuno opera senza condizionamenti.

Da assessore alla pubblica istruzione, come evitare la fuga

di mille cervelli ogni anno?

Da ministro, non da assessore, se fossero cervelli come il tuo, istituirei un

incentivo alla fuga. Per i cervelli veri, introdurrei il divieto per il figlio di

fare il mestiere del padre.

Non ti sembra che sia il caso di cambiare denominazio-

ne: «Benvenuti a Giovinazzo città che si gratta» al posto

di «Benvenuti a Giovinazzo città dell’olio?».

La crisi morde qui come ovunque in Occidente. La delocalizzazione e la

redistribuzione internazionale del lavoro sono fatti globali. Il tuo cartello

dovrebbe essere posto in luoghi diversi dall’ingresso di Giovinazzo.

Sul tuo sito è scritto: «Non c’è libertà se non c’è lavoro.

Non c’è lavoro se non c’è giustizia». Ti riferisci a

Giovinazzo?

Mi riferisco alla società che vorrei fosse la mia.

Quanti friends hai su Facebook?

Duecento.

Come posso conquistare la tua amicizia senza ricevere

una newsletter di invito al voto?

Sono generoso nel tributare la mia amicizia. Ritieniti arruolato.

Un po’ come il sindaco Emiliano pubblicheresti su

facebook la faccia degli impiegati fannulloni intenti a sor-

seggiare na tazullella di un caffè lungo durante le ore di

servizio?

Quella di Emiliano era una provocazione che credo abbia sortito l’effetto

desiderato.

Ci vorrebbero sempre più poveri e malati per diventare

sindaci?

Oppure si potrebbe essere, come me, assessori, per ridurre il perimetro del

bisogno.

Quando i morti potranno riposare in pace nel nuovo ci-

mitero?

Abbiamo lavorato anni sul tema. Siamo stati i primi a farlo. E’ ridicolo

che adesso ci si rimproveri di aver dedicato il nostro impegno anche alla

normalizzazione della situazione cimiteriale attraverso alcuni interventi

pubblici.

Ce l’hai già un loculo per quando passerai a miglior vita?

Ho una piramide.

Quale iscrizione vorresti sulla tua lapide?

Qui riposa Cosmo Damiano Stufano. Sopravvisse a molte prove..

Persino a un’intervista di Sergio Pisani. Qui riposa un titano.

Page 19: LA PIAZZA DI GIOVINAZZO - MARZO

19 MARZO 2011

Page 20: LA PIAZZA DI GIOVINAZZO - MARZO

20

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21 MARZO 2011

Dialogare con la cittadinanza? ConFacebook si può!

convegni

Parliamo sempre di internet, della rete delle reti. Questa volta èl’Amministrazione di Giovinazzo a promuovere il 9 febbraio nellaSala San Felice, un convegno dal titolo «L’efficacia dei social media neldialogo con la cittadinanza». Ospite d’onore il sindaco di Bari Michele

Emiliano, grande sostenitore di questa tematica, proprio perché datempo spopola e chatta direttamente con la cittadinanza barese,euforica ormai di questo primo cittadino capace di entrare in qual-siasi momento nelle case di tutti. Peccato però che questa voltaMichele Emiliano, per impegni sopraggiunt,i è arrivato soltanto perla conclusione dei lavori. A sostituirlo ci ha pensato comunque il suodiretto delegato su Giovinazzo, l’avv. Francesco Mastro, il qualenon è affatto nuovo a tali argomenti, anzi!Nello scorso dicembre ha partecipato attivamente al primo conve-gno cittadino riguardante il rapporto di Facebook con la PubblicaAmministrazione, sulla scia del grande lavoro che il sindaco MicheleEmiliano sta svolgendo a Bari. Proprio quest’ultimo nel Convegnosvoltosi a Fronte del Porto dal titolo Facebook: ti chiedo l’amicizia ti docomunicazione, organizzato da Le Onde Culturali, ha espresso tutta lasua positività nei confronti dell’utilizzo di Facebook nella PubblicaAmministrazione, confrontandosi direttamente con l’altro ospite, ilsindaco Antonello Natalicchio che su tale ottimismo ha sempreespresso le sue riserve.I lavori sono stati introdotti dall’assessore Cosmo Damiano Stufa-

no, il quale, in posizione diametralmente opposta al sindacoNatalicchio ha espresso tutto il suo favore per i social network.«È un mezzo democratico che permette di agire in uno scenario di completatrasparenza e partecipazione alla res pubblica» – ha esordito l’Assessore allaSolidarietà Sociale. «Basti pensare che oggi, su un campione di persone in etàcompresa tra i 14 e i 69 anni, il 100% possiede una mail. Nell’epoca del tantopaventato federalismo e dopo i sostanziosi tagli ai fondi nei riguardi dellanostra regione, diventa importante ascoltare la gente e arrivare anche alla genteche non può muoversi».Antonio Decaro, capogruppo P.D. regionale, ha voluto rimarcarecon il suo intervento l’opinione dell’Assessore Stufano: «I social networksono strumenti necessari a ricostruire i rapporti con la gente. L’ho notato iopersonalmente quando grazie alla rete sono riuscito a ritrovare vecchi amici.Nonostante sia un assiduo frequentatore delle circoscrizioni baresi nel mio inca-rico, sono venuto a conoscenza di miriadi di segnalazioni e problematiche soloattraverso la rete».Spazio al pensiero dell’avv. Francesco Mastro: «La politica oggi viag-gia in rete. Il sindaco Emiliano questa cosa l’ha carpita da tempo e conintelligenza gestisce i suoi rapporti con il popolo così esteso di Facebook. Ap-prendere in tempo reale le problematiche della gente è il modo migliore pergovernare oggi e per farsi eleggere poi dai cittadini con i propri meriti».

DI GABRIELLA MARCANDREA

A ruota è seguito l’intervento di Michele Mezzina, amministratoreInternet Aranea Marketing, il quale ha tracciato il percorso storicodell’utilizzo della rete da parte delle masse: «Nel 2000 si è aperta unanuova era e si sono affacciati i primi siti, solo per gli addetti ai lavori. Negli annisuccessivi pian piano si è moltiplicato esponenzialmente il popolo della rete e solooggi di esso fanno parte anche le Pubbliche Amministrazioni, mentre i politicisono già da tempo presenti. Nel prossimo futuro si prevede che il tutto si trasfor-merà in una vera e propria intelligenza artificiale. Sarebbe comunque preferibileper le Pubbliche Amministrazioni, oggi, internalizzare il social network in quan-to con l’uso esterno si rischia di dipendere in tutto e per tutto da altri gestori».Il sindaco Antonello Natalicchio esprime invece le sue riserve cosìcome già fatto in precedenza: «La pretesa di una comunicazione efficientetra Pubblica Amministrazione e cittadino è sbagliata. Oggi il modo di comuni-care è cambiato, ma si registra un approccio di tipo orizzontale, cioè non struttu-rato e questo avviene anche su Internet. Il tutto ovviamente si trasferisce anchealla Pubblica Amministrazione. I cittadini pretendono così di ricevere risposteveloci su problematiche altamente complesse, con il pericolo di svuotare la decisionepolitica. Ad esempio il piano urbanistico di Giovinazzo pubblicato sul sito istitu-zionale non ha avuto riscontri di rilievo da parte della cittadinanza che non èpreparata a simili argomenti. Ecco dunque che l’uso dei social network può essereutile per passare informazioni elementari che nulla però devono avere a che farecon la concreta capacità di decidere soprattutto in questo particolare momentostorico, dove le parole sono state svuotate del loro vero senso».La conclusione dei lavori è stata affidata al sindaco di Bari, MicheleEmiliano al quale spetta quindi la palma d’onore in tema di socialnetwork, un argomento che adesso la cittadinanza dovrebbe conosce-re come il palmo di una mano, in quanto nel giro di poco tempo sisono svolti due incontri del medesimo tenore. Anzi in quest’ultimo èstato anche reso noto alla cittadinanza il sito personale dell’AssessoreStufano. Ci si auspica nel prossimo futuro, in occasione di convegnipubblici, di sfiorare anche tematiche che riguardano atavici problemicittadini e che spesso vanno nel dimenticatoio.

ph: Giovinazzolive

Page 22: LA PIAZZA DI GIOVINAZZO - MARZO

22

E festa sia. Il 17 marzo, e solo perquest’anno, si festeggerà l’Unità del-la Nazione. Anche su questa decisio-ne siamo stati capaci di sollevare ilsolito stucchevole tormentone di po-lemiche. Polemiche all’interno dellamaggioranza, distinguo di rilievo al-l’interno dell’opposizione, opinionidiscordanti fra i sindacati e i rappre-sentanti delle associazioni degli indu-striali e dei commercianti. Ormai ilclima di guerra continua non rispar-mia alcun argomento. Il risultato è unPaese sempre più incattivito ed inca-pace di ritrovare la serenità necessa-ria e la compattezza per superare ilmomento economico e sociale diffi-cile. I ministri della Lega Nord chedecidono di votare contro la decisio-ne sulla giornata di festa del 17 mar-zo scatenano la reazione indignata diBersani che pochi giorni prima avevaconcesso un’intervista a La Padania,l’organo d’informazione del partito diBossi, per rilanciare il federalismo edoffrire la collaborazione del PD pervarare la riforma. «Berlusconi non vuolela riforma, troviamo l’intesa per lamodernizzazione dello Stato». In sintesiil messaggio rivolto alla Lega era:«Scaricate Berlusconi e vi daremo ciò chevolete». Nell’aria c’erano ancora le pa-role pronunciate da Bersani per ten-tare di spaccare la maggioranza cor-teggiando la Lega e già era partita lacondanna ferma nei confronti di quelpartito per le prese di posizione con-tro la festa dell’Unità Nazionale.L’impazzimento è veramente generalee non risparmia nessuno, soprattuttoquelli che fanno della serietà e dellamoralità la loro bandiera. Oggi con-stato con compiacimento sincero chefra coloro che inneggiano ai valoridella Patria, della Bandiera, dellaNazione si annoverano anche quelliche un tempo non perdevano occa-sione per offendere e negare proprioquesti ideali. Il tricolore non era vi-sto come il simbolo dell’Unità macome uno straccio qualsiasi da calpe-stare o, magari, insultare come sim-bolo di una parte politica e non comesimbolo della Nazione. E, non vor-rei, che sia sventolato artatamente

solo per bassa speculazione politicae, quindi, usato, per reazione alle of-fese, alle dichiarazioni, agli atteggia-menti di molti esponenti della LegaNord. Che destino! Avrete fatto casoche il rosso ed il verde sono i coloridelle parti politiche di ieri e di oggipiù contrarie al sentimento di nazio-ne. Comunque, ripeto assistere allecelebrazioni dei 150 anni di Unità mirende felice. Trovo inspiegabile, però,che nei discorsi, nelle celebrazioni,negli interventi, anche in quello com-movente di Benigni durante il festivalsanremese, ci sia sempre poco spazionon solo per i Savoia ma, anche e so-prattutto, per la figura cardine del pro-getto unitario ossia il conte di Cavour.La sua abilità diplomatica e politicaconsentirono la realizzazione del-l’Unità d’Italia. Si sottolinea, sempre,il ruolo di Garibaldi, di Mazzini masullo straordinario lavoro di CamilloBenso poche fugaci parole. Eppure sa-rebbe l’occasione irripetibile di saldaretutti i pezzi del puzzle della nostrastoria tenendoli tutti insieme, nel benee nel male, al di là delle simpatie per-sonali o ideologiche per questo o quelpersonaggio e appropriarci per l’inte-ro della nostra Storia, una storia anti-ca con momenti radiosi ed altri tene-brosi.

GIÙ LA MASCHERAAvrei desiderato concludere così ilmio intervento augurando a noi tuttiun festa di vera Unità Nazionale peril prossimo 17 marzo ma devo rispon-dere alla lettera (di fianco pubblica-ta) del commissario cittadino del par-tito Italia dei Valori Filippo Bovino.Mi scrive in relazione all’articolo pub-blicato sul numero di gennaio di que-st’anno: «Silvio e il bunga bunga».Scrive, il commissario dell’Idv, delmio asservimento ai poteri forti, del-la mia mancanza di obiettività, delmio essere tifoso di Berlusconi. Ah,dimenticavo, il commissario, per dar-si un tono mi accusa anche di razzi-smo. Volevo scrivere un articolo cheoffrisse anche il sorriso, che si pren-desse non troppo sul serio. Evidente-mente non ci sono riuscito. Il com-

missario, invece, voleva scrivere unarticolo serio e severo ed, invece, miha fatto sorridere. Ma come! Svento-late la Costituzione e poi volete deci-dere chi è obiettivo e come lo si deveessere, chi si deve candidare, come equando usare uno pseudonimo, cosa sideve scrivere e cosa no, per chi si deveparteggiare e per chi no. Continuerò adusare lo pseudonimo finché ne avrò vo-glia e me ne sarà data la possibilitàdalle norme in vigore e dalla direzionedel giornale. Per adesso signor commis-sario dovrà sopportarmi, anzi siccomesiamo in uno Stato libero non mi leggao non compri più La Piazza. La suacopia verrà acquistata da me e Sergionon ne avrà a male. Infine, signor com-missario, credo abbia una vera fissa-zione per la candidatura alle prossimeelezioni comunali. Vuole che tutti sicandidino. Confonde il suo desiderio ela sua voglia per quella di altri. Cosìnon è. Non intendo candidarmi e, selo avessi voluto, avrei messo la firmae non avrei usato uno pseudonimo. «Ledica queste cose dal palco… se ci riesce?».La sua voglia di protagonismo non miappartiene. Continui il suo impegno nelpartito e nella sua associazione e seavrà i voti la saluterò consigliere co-munale, assessore, sindaco. Faccia lei,anzi faranno i giovinazzesi, ma non miusi per la sua campagna elettorale, peressere presente sui giornali. Scriva tuttii mesi, se ha qualcosa di concreto dadire insieme ai suoi amici o compagni,faccia lei, ma, semplicemente, non miconsideri più, non mi legga più e, so-prattutto, sorrida, sorrida, sorrida Famolto bene, mi creda. Buona festa del-l’Unità d’Italia a tutti.

[email protected]

IL CONTRAPPUNTOdell ’alfiere

Viva l’unità della Patria

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23 MARZO 2011

Ho sempre letto e seguito il mensile La Piazza sin dalle prime uscite, nonfosse altro per l’imparzialità ed il coraggio del Direttore sulle questioni trat-tate,. A volte ha dovuto sfidare e bacchettare anche i poteri forti per le notizieriportate che sicuramente davano fastidio a qualcuno. Tra l’altro citandouna frase di Montanelli che mi piace sottolineare, chi scegli questo lavoro devescegliersi il suo padrone… IL PUBBLICO. Tutto il resto asservito aipoteri forti è spazzatura, l’informazione è ben altra cosa. Ora io non so chisia questo articolista che si nasconde dietro lo pseudonimo l’ALFIERE. Iopreferisco mettere sempre il mio nome sotto le missive, senza aver timore dinulla. Ad ogni buon conto ognuno si cautela come può o non ha il coraggioabbastanza da volersi esporre. Nel numero di gennaio a proposito dellavicenda Ruby (come se a Giovinazzo gliene fregasse qualcosa con tutti iproblemi che ha), il nostro Alfiere, scrive ed interpreta in modo personale lavicenda, scivolando maldestramente in illazioni del tutto personali e razziste,oltre che irrazionali. La vicenda è stata scritta e stampata in modo del tuttopersonalistica ma volutamente incompleta atta ad essere come ho prima citatoASSERVITA a qualche potere, in questo caso politico di schieramento. Il‘cronista’ volutamente ha omesso fatti e realtà per poi scivolare su offesepersonali a persone estranee alla vicenda. Personalmente non condivido né ilcavalcare dell’opposizione alla vicenda, né l’enfasi dei media alla stessa, matutto ad arte è voluto per far dimenticare alle pecore italiane i fatti reali delpaese, ragion per cui se Berlusconi vuole fare sesso, è libero di farlo, anche conuna minorenne se questa non si può identificare ma si siede sulle sue ginocchiaa suon di bigliettoni. Ok? Non ho niente in contrario almeno io personal-mente, e poi chi non lo farebbe se fosse ricco sfondato? Quello che l’Alfiereomette volutamente è la storia iniziata con una telefonata alla Questura cheaveva arrestato una ladra prostituta subito liberata con tante scuse perchézerbina del Premier... E pensare che le altre meno fortunate con la Lega intesta vengono manganellate, crocifisse ed espulse al grido di via le lucciole dallenostre città!!! Vero caro Alfiere? Per quanto concerne l’intervento della Chiesa,

non penso che lo stesso sia ali-mentato da sinistra, tenuto con-to dei foraggiamenti al Vatica-no (5mln di euro per la propriaUniversità privata Opus Dei,e proprio in questi giorni 500mila euro ad una chiesa leghistache per ricostruirla bastavanomeno della metà) che questo go-verno deve ringraziare per l’impudenza dei pensatori di sinistra a candidarela Bonino a Roma con la benedizione di Alemanno. Poi se proprio devo dirlatutta che la Chiesa pensi a risolvere i tanti scandali tra tonache nere e rossee quelli tra le guardie Svizzere… scandali rosa. Così come devo farle unaltro appunto sulla figura del governatore Vendola che tutti sanno a cheparrocchia appartiene lui che lo ha sempre detto e a cui preferisco stare vicinosenza timore visto che ne appartengo ad un’altra. Avrei paura a mandareun figlio o una figlia presso coloro che professano rigore ed onestà e poi fannosedere le ragazze magari senza slip sulle ginocchia. E’ vero quello che dicesulla sanità in parte, ma avete visto quanti tagli ci sono stati presso la nostraRegione? Non giustifico nulla certo ma un sistema che per 40 anni ha fattoscempio in quel settore deve viverne altrettanti per essere regolamentato, ma-gari con la forza se necessario e sappiamo anche perché al nord funziona e quino… alzi la mano chi non ha fatto una visita in ospedale a pagamento omandato in strutture private per meglio guarire ecc. ecc. Come vede, Alfiere,ho con la falce menato a destra e col martello a sinistra senza risparmiarenessuno, ragion per cui se lei vuol continuare a fare il tifoso di Berlusconisocialista o fascista o democristiano o leghista faccia pure ma le considerazionisui giornali devono essere obiettive oppure faccia una cosa si candidi alleprossime comunali e le dica da un palco queste cose … se ci riesce.

Giù la maschera, alfiere!

BONVINO FILIPPO commissario cittadino Italia dei Valori

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Nonostante gli anni è per noi impossi-bile non pensare ai giochi della nostrainfanzia specie quando ci scontriamocon i ragazzini in roller, in skate, inmonopattini elettrici o miniscooters.Un tuffo nel nostro passato ludico di-venta inevitabile ed è per noi fonte ditristezza e di gioia allo stesso tempo. Ilpensiero dei giochini che facevamo dabambini, sia pure per poco, ci fa sorri-dere trasportandoci in quel mondo do-rato e di sogni della nostra infanzia.

I nostri giochi erano fatti di niente, nonavevamo bisogno dei sofisticati aggeg-gi che posseggono ora i ragazzini. Era-no giochi di collettività ed abbastanzadi movimento. Ai ragazzi di oggi nevoglio ricordare qualcuno e non perinvitarli a praticarli ma perché eranotutti giochi che si facevano per strada,cosa per loro impossibile in questamodernità ed anche per far loro con-statare l’enorme differenza e diversitàrispetto a quelli di oggigiorno. A noibastava un cerchio.

La Befana ce lo portava di legno, maci dava poche soddisfazioni perché eralento. Noi riuscivamo quasi sempre atrovare qualche cerchione di biciclet-ta fuori uso, qualche rote de trainette,qualche cerchio di botte ed il diverti-mento era assicurato. Eravamo abili nelfarli correre. Con il fil di ferrorecuperato da qualche mazze di fraschecostruivamo u fercidde che era una spe-cie di supporto-guida che ci consenti-

va di fare gare forsennate intorno allapiazza, alla villa comunale o sope a lastanzionne per vedere chi era più velo-ce ed abile nel non fare cadere il cer-chio. Questo, come i giochi du pipidde,de la voghe, di squidde e du pisticchie di cuivi ho parlato in precedenti articoli, ciprocuravano emozioni ed allegria im-mensa. In questo articoletto vi accen-nerò a qualche altro giochino praticatoai nostri tempi. I nostri giochi erano diuna semplicità estrema ma non perquesto meno divertenti. La loro descri-zione susciterà in voi qualche sorrisinoaugurandomi che non vi induca a pen-sare di quanto erano sciocchini i vostriantenati.

Chiedete ai vostri nonni di come gio-cavano che le nozzere de le vermecocche.Tanto per ripetermi ai miei tempi nonsi buttava niente. Anche i noccioli di

albicocche erano sufficienti ad inventar-ci un gioco. Più ne vincevi più ne avevia disposizione dopo per schiacciarli emangiarli. A quel punto pure le nozzereamere ci sembravano una delizia. Un gio-co similare a le nozzere del le vermecocche losi praticava anche che le fermidde. Face-vamo una caccia spietata ai bottoni. Piùerano grossi più valevano. Il bottone diuna giacca o di un cappotto lo poteviscambiare con tre o quattro bottoni dicamicia.

D’inverno si faceva a gara, nelle ore dilezione alla scuola elementare, per an-dare al camerino, così si chiamava pudi-camente il gabinetto, per strappare qual-che bottone che avevamo intravisto pe-ricolante su un cappotto appeso in cor-ridoio all’attaccapanni. E le mamme cirimproveravano aspramente acquanneperdemme qualche fermedde. Quando dalle

illustrazione: Vincenzo D

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querce cadevano le ghiande iniziavano le sfide che labrezzecchie. Si tagliava la parte superiore della ghianda enella polpa ci si infilava uno stecchino, il resto di nufliminande o un chiodino.

Con il pollice ed il medio si imprimeva allo stecco unmoto rotatorio e vinceva chi faceva roteare per più tem-po questa ghianda. Questo gioco veniva praticato anchecu berruzze. Con il pollice ed il medio si imprimeva allostecco un moto rotatorio e vinceva chi faceva roteare perpiù tempo questa ghianda. Questo gioco veniva pratica-to anche cu berruzze. Era un cono di legno con la testaarrotondata e terminante con una punta metallica. Ilmovimento rotatorio veniva impresso da uno spago tira-to violentemente ed abilmente da noi ragazzi. Ci inebria-vamo nel seguire le evoluzioni augurandoci che nel suolento spostarsi non finisse menze a la sgarrasse che ne avreb-be rallentato la corsa, fino a quando terminata la spintanon cominciava ad ondeggiare, rallentare, traballare finoa rotolare per terra. Qualche ragazzo di oggi conosce letrottole, cui viene impresso un movimento rotatorio mec-canico, ma queste, niente hanno a che vedere conl’incontestabile maestria ed abilità di noialtri lanciatoridi birruzze.

Un altro dei giochi da noi praticato era “il giro d’Italia”.Nei tappi della birra che recuperavamo dai bar, metteva-mo le teste ritagliate dalle figurine Panini dei ciclisti del-l’epoca che facevamo avanzare con colpetti dell’indice edel medio su un percorso tracciato per terra con il gesso

o il carbone per vedere chi di noi era più abile e velocenel far tagliare il traguardo a questi tappi senza farli usci-re dal percorso tracciato.

Più grandicelli, con qualche centesimo nelle tasche, gio-cavamo anche con i soldini. Avevamo possibilità di sce-gliere tra spaccachiange, menze a signe e u palme. Aspaccachianghe, il designato do tucche, lanciava per terra unamonetina. Compito degli avversari per conquistarla, eracercare di colpirla con la propria che si doveva far caderedall’alto. A minze a signe vinceva chi lanciava la monetinae la faceva cadere il più vicino possibile a la sgarrasse,ossia al punto di intersezione delle chianghe. U palme consi-steva nel lanciare una monetina contro un muro. Vincevachi si avvicinava alla distanza di un palmo da quella del-l’avversario. Mentre gli altri giochi davano poco adito allediscussioni, quando si giocava con le monetine si accen-devano zuffe furibonde. Ci si slogava le dita per arrivarea toccare la monetina dell’avversario con la punta delpollice e del mignolo. Nu cendesime aveva per noi un valo-re infinito.

Dei giochini da noi praticati pochissimi sono sopravvis-suti. Forse le quatte candonere, mosca cieca, nascondino. Tuttigli altri sono ormai finiti nel dimenticatoio. Noi soprav-vissuti, con tantissima nostalgia, non possiamo ormai faraltro che ricordarli per fare un bagnetto nel piacevole dolcericordo del passato e ricordare con rammarico le nostreormai perdute abilità e soprattutto la mancanza ormaicronica di fiato ed energia per poterli praticare.

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8 marzo e 25 novembre sono date significative sicuramente pertutte le donne del secondo e terzo millennio. L’8 marzo è la gior-nata della festa della donna le cui origini risalgono al 1908, quando,pochi giorni prima di questa data, a New York, le operaie di unaindustria tessile scioperarono per alcuni giorni per protestare con-tro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. L’8 mar-zo il proprietario della fabbrica, dopo aver bloccato le operaieall’interno dello stabilimento, fece appiccare il fuoco e le 129 ope-raie morirono arse dalle fiamme. Successivamente in ricordo dellatragedia, questa data divenne giornata di lotta internazionale a fa-vore delle donne.Il 25 novembre si celebra invece in tutto il mondo la “Giornatacontro la violenza sulle donne” per ricordare le tre sorelle Miraball,torturate, stuprate e uccise dai militari del dittatore Trujillo, nel 1960a Santo Domingo. L’Assemblea Generale dell’ONU con la risolu-zione 54/134 del 17 dicembre 1999 ha fissato per il 25 novembrela Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza con-tro le Donne.

VIOLENZE CONTRO LE DONNE

Poichè ogni forma di violazione dei diritti umani è violenza, fisica,sessuale, psicologica ed economica, abbiamo volutamente acco-munato le due date, come tante donne chiedono di fare. Lo stu-pro è però indubbiamente l’aspetto più drammatico delle violenzecontro le donne dentro e fuori le mura domestiche, nei luoghi dilavoro, per le strade. Le ricerche compiute negli ultimi anni confer-mano che la violenza sessuale contro le donne ha lontane radici neltempo, nei paesi industrializzati come in quelli in via di sviluppo etanto le vittime che i loro aggressori appartengono a tutte le classisocio-economiche, e che la denuncia delle vittime non ha sempretrovato credibilità neanche in altre donne perché in troppi pensa-vano, e ancora pensano, che “certe cose” non siano un problemadi tutti e che sono cose che devono essere perciò taciute. Un attorogato in Giovinazzo il lontano 6 maggio 1691 dal notaio VitoCarlo Riccio conferma tali dati (ASBa, piazza di Giovinazzo, sk.17, vol. 277).

VIOLENZA FISICA

Tale Giulia Selvaggio di Ruvo, residente in Giovinazzo, moglielegittima di Francesco della Rossa di Bitonto, comparve all’attocon il consenso di Sebastiano Gramegna regio giudice mundio.Quello del mundio era uno degli istituti del diritto longobardo,diritto che prevedeva che mentre il figlio maschio raggiunta l’etàper portare armi poteva uscire dalla tutela paterna e costituire un’altrafamiglia, la donna invece non poteva liberarsi dal mundio restan-do assoggettata alla protezione del padre (da bambina), del mari-to (da donna) e del figlio o del maschio a lei più prossimo infamiglia (una volta vedova), e della Chiesa o del Re (supremo

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mundualdo) in caso avesse abbracciato la vita religiosa. Senzal’autorizzazione del mundualdo, essa non poteva alienare odonare alcun bene. Per quanto il mundio quindi comprendes-se aspetti potestativi, protettivi e patrimoniali, una donna po-teva ereditare l’impero, ma restava soggetta al mundio pertutta la vita.

LE ACCUSE

La detta Giulia Selvaggio nel comparire dinanzi al notaio edal canonico don Giuseppe Buonomo ed altri testimoni di-chiarò che era stata sollecitata da Orazio Recchiuto diGiovinazzo, a smentire il presunto reato di stupro perpetratoai danni di tale Angela Patruno, figlia di Giuseppe AntonioPatruno di Corato, dal figlio del Recchiuto, del quale, nell’attonotarile, non viene indicato il nome (i tre asterischi secondo lenorme di trascrizione indicano infatti la presenza nel mano-scritto di uno spazio lasciato in bianco); tale omissione po-trebbe sottendere la precisa volontà di salvaguardare la repu-tazione e rispettabilità del presunto aggressore, piuttosto chequella della vittima che si era confidata con la signora Giulia eche avrebbe voluto giustizia dal Vescovo di Giovinazzo frateAgnello Alfieri.

LE PROVE

La detta Giulia al notaio disse: «per disgravio di mia coscienza

storiaDI DIEGO

LA CONDIZIONE

A GIOVINAZZO

LA CONDIZIONE

A GIOVINAZZO

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dico come habito io nella casa del Carmine dietro al muro,come viddi venire in mia casa la detta Angela Patruno la qualemi disse ch’era venuta a posta da S. Martino per venire a la-mentarsi con detto mons. Vescovo contra il detto *** figlio didetto Oratio, il quale secondo diceva la detta Angela l’haveasverginata e li mostrò una pezza, e la camisa onta di sangue chelo volea andare a mostrare a detto monsignore». Nell’attonotarile Giulia riporta in forma diretta il dialogo che ebbe conAngela alla quale disse «figlia mia dove vuoi andare a fastediredetto Vescovo e svergognarti di questa maniera che setevacantina». Così dicendo Giulia non si schierava immediata-mente dalla parte della ragazza e manifestava alcune perplessi-tà circa la denuncia, infatti il suo racconto continua «perchè ilsangue era in gran quantità, e dubitando essa che non fusse lasolita purga che hanno le donne, per vederne se diceva la veri-tà disse alla detta Angela: “lassami vedere a basso ch’è t’hafatto”, la detta Angela non volle farlo vedere, e doppo piùpreghiere non volle farlo e se ne andò in casa di detto Vesco-vo». Forse Angela fu delusa nelle sue aspettative. Il notaio cosìcontinua a registrare il racconto di Giulia: «doppo un pezzotornò la detta Angela in detta sua casa, e gli disse che haveadetto tutto ciò a monsignore, e che l’havea mostrato ogni cosaed essa Giulia rinfacciandoli li disse: “come a monsignore haihavuto faccia di mostrare le tue vergogne et a me che sondonna come mai non l’hai voluto mostrare?”» Se la ragazza

fosse ingenua o sfacciata, non è dato sapere, come sconosciuta èanche la posizione sociale della signora Giulia alla quale Angelariserva un appellativo dispregiativo.

RITRATTAZIONE DELLA DENUNCIA

«La detta Angela li rispose: “come sete mamona! io volevomostrare quel servitio a monsignore, mi ho solamente alzato ilvestito e li ho fatto vedere la camisa piena di sangue, e la pezzache oggi a punto ho la purga solita”». Angela poi, viste le insistenzedella signora Giulia che chiedeva di vedere de visu quale fosse lasua condizione fisica, «tornatala a forzare che li facesse vederequel servitio», forse indispettita della scarsa credibilità che avevaavuto il suo racconto «non lo volle far vedere dicendoli che nonera vero che stava rotta ma che stava come la fece la mamma eche questo lo faceva per certa lite ch’havevano havuto in SantoMartino ed essa Giulia li tornò a fare una reprentione con direche si svergognava allo spreposito, e se ne andò la detta Angelain detto luogo di Santo Martino, e doppo sentii che monsignorene l’havea facto cacciare, e questa è la pura verità».Il testo è sicuramente ambiguo anche per l’assurdo provvedi-mento del Vescovo che punisce la donna (presunta vittima distupro o rea di menzogna) allontanandola, certo è che per Ange-la fu sicuramente una violenza.

VIOLENZA PSICOLOGICA

La violenza infatti (non solo quella estrema dello stupro) ha di-verse facce e si manifesta in molteplici gradazioni. Basti pensare,nella tradizione cattolica, a quelle donne che forzatamente o menoabbracciavano la vita monastica nel rispetto delle tradizioni fa-miliari e che se autrici di interventi o azioni significative venivanoboicottate dalla società ovvero dagli uomini (che a quei tempi neavevano il predominio).Le donne titolari di beni, pronunciando i voti, rinunciavano ailoro beni materiali. Di fatto anche se all’interno del monasterodisponevano di denaro in minime quantità non potevano utiliz-zarlo liberamente ed ogni loro passo doveva essere notificatoper l’autorizzazione all’autorità ecclesiastica. La badessa aveva peròdelle prerogative che le altre monache non avevano e perciò nonsolo doveva essere scelta con oculatezza ma era anche possibileche fosse oggetto dell’invidia di altre monache all’interno dellostesso monastero, o di altre autorità ecclesiastiche.

TENTATIVO DI DISCREDITO

Significativo è l’atto che segue. Donna Vincenza Vernice, mona-ca benedettina del monastero di Giovinazzo avendo avuto sen-tore che alla Congregazione dei cardinali in Roma fosse giuntauna sua dichiarazione con la quale ella affermava che sua sorella

a nostra DE CEGLIA

E DELLA DONNA

NEL SEC. XVII

E DELLA DONNA

NEL SEC. XVII

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Caterina, Badessa del monastero, fosse «pazza, ed insana di cer-vello, e come tale inabile ad essercitare la carica di abbadessa didetto monasterio», convocò in monastero, non potendosene al-lontanare, il notaio Riccio dinanzi al quale il 20 luglio 1691 assicu-rò che «non occorre che essa qualifichi la bontà, saggezza edesperienza di detta sua sorella» e altresì non volendo sembraretestimone di parte «se rimette alle lingue veridiche e christiane, esolo dichiara per falsa e spergiura detta fede ingiustamente colàpresentata per non esser stata da alcuni sottoscritta e segnata».Donna Vincenza infatti espresse il dubbio che «qualche altra per-sona havrà voluto sacrilegamente censurare una sorella per faremaggiore apertura di credenza in una buggia». Ella sperava che ilVescovo restasse neutrale e che non avesse amicizia con alcunamonaca, così come suo nipote nonchè provicario della diocesiNicolò Lombardi.

PROVE TESTIMONIALI A DIFESA

Quello stesso giorno, lo stesso notaio così annotava nel suo pro-tocollo: «A richiesta delle monache di S. Giovanni Battista noinotaio con licenza di mons. Vescovo siam entrati nel monasteroed abbiam trovato le seguenti monache (seguono i nomi di 13monache) … ante grata parlatoriis dicti monasterii» che con il con-senso del regio Giudice (consenso questo che, al pari di quellodel mundualdo per una laica, dava validità alla loro deposizione)asserirono: «come ritrovandosi riserrate in detto monastero perla loro vita monastica, non li è lecito essere di persona nell’almacittà di Roma, e comparire nella Sacra Congregatione deglieccellentissimi signori Cardinali» per deporre relativamente alla«lite che di presente habbiamo con quell’illustrissimo prelato enostro Vescovo frat’Agnello Alfieri ed altre monache di dettomonasterio, per la legittima elettione fatta dell’abbadessato di dettomonasterio». All’uopo nominarono loro legittimo procuratore

tale Tommaso Traccia, uomo di «integrità, dottrina, e prudenza»perché «per la sudetta lite, possa comparire in qualsivoglia tribu-nale ed in detta Sacra Congregatione». Chiesero comunque diverbalizzare le loro deposizioni, sempre al notaio Vito Carlo Ric-cio, la stessa badessa donna Caterina Vernice per tutelare la pro-pria immagine, e le monache presiedute da donna Chiara de Risopresidentessa del monastero per difenderla. «Donna Caterina nonè tale quale ingiustamente è stato indegnamente rappresentato,stante che la detta signora è persona prudente e per molti anni hamostrato il suo buon zelo, e modo di governare nel medesimomonasetrio come signora di buona vita e migliori costumi nonhavendo dato scandalo alcuno». Donna Chiara inoltre ricordavala premura dimostrata dalla Badessa nel governo del monasteroche in circa otto anni aveva visto migliorare le sue finanze, nonavendo la badessa contratto debiti, non ostante avesse anche «spe-so in ornare la chiesa». Pertanto le monache dichiarato che«habbiamo dato il nostro voto a suo favore e saremo per darce-lo per mille volte», rigettavano «la sudetta falsa fede o siadechiaratione, la detestano come non fatta da loro, ma da qual-che avversario di detta donna Catarina, che per dare credito s’havràvoluto coprire col nome d’esse asserenti». Le monache giuraro-no «… tacto pectore e dissero esser questa la verità». Donna Chiarade Riso in più riferì d’essere stata in passato costretta dal Vesco-vo a firmare una falsa dichiarazione per asserire che «nel passato… detto prelato non haver corrispondenza con niuna delle mo-nache di detto monastero, cossì lui come il reverendo sig. donNicola Lombardo suo nepote e provicario». Contraria era inve-ce la verità: «che io sappia abbia corispondenze e che usi qualcheparticolarità, e pure per riverentia al prelato suo zio, firmai dettafede».Quest’ultima dichiarazione forse fu resa per portare il Vescovoin giudizio.

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Campi e crisiL’ASSOCIAZIONE LIBERO PENSIERO

CHIAMA A RACCOLTA GLI OPERATORI

DEL COMPARTO AGRICOLO PER PROPOR-

RE POLITICHE DI SVILUPPO

Giovinazzo, cittadina a vocazione agricola. E non solo turistica.Nel mese di marzo l’Associazione Libero Pensiero ha deciso dipromuovere un incontro con gli agricoltori per discutere dellepolitiche di sviluppo del comparto. Non bisogna dimenticareinfatti che questo settore, troppe volte bistrattato ha bisogno diuna seria considerazione perché con esso possono interagiretante diverse realtà della vita cittadina, dal sociale all’ambiente,dal turismo al volontariato. L’economia del nostro territorio,fortemente condizionata, positivamente o negativamente, daquella prodotta dal settore agricolo, viene messa a dura prova ele prospettive nell’immediato futuro sono purtroppo prevedibilie per nulla tranquillizzanti. Gli “attacchi” che i produttori agri-coli subiscono tutti i giorni, a cominciare dalla concorrenza deiprodotti provenienti dall’estero, per finire alla assoluta mancan-za di politiche di lungo respiro e di reti infrastrutturali necessarieper lo sviluppo di un comparto in forte crisi di innovazione ecoesione.

I dati Istat sull’agricoltura, confermano i gravi problemi cheaffliggono il settore: nell’arco di dieci anni in Italia hanno chiusoi battenti ben 474 mila aziende agricole. Si tratta di una perditacomplessiva di quasi 50 mila imprese l’anno. Un numero im-pressionante, con conseguenze pesanti sull’occupazione, che deve

far riflettere sullo stato del comparto e sulla necessità di un nuo-vo progetto per rilanciare sviluppo e competitività di questo set-tore considerato primario nella nostra cittadina oltre a quello delturismo.

Occorrono quindi misure incisive a favore dell’agricoltura e bi-sogna agire concretamente per non far morire un sistema che,anche a Giovinazzo, potrebbe fornire prodotti con sigle “DOP”,laddove invece gli agricoltori sembrano ormai abbandonati adun ambiguo destino.

Nell’ultimo anno c’è stata una notevole flessione degli investi-menti nel settore e l’insicurezza ha allontanato i giovani impeden-do così il cambio generazionale. Inoltre si è registrato un incre-mento dei costi produttivi e burocratici che pesano ulteriormen-te sugli agricoltori. Un’altra voce negativa riguarda la questionedei costi che abbattono completamente i guadagni.

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Ripensare il Carnevale

la pagina dell’emigrante

Il 17 gennaio, giorno di Sant’AntonioAbate, ha preso il via il periodo di Car-nevale, da sempre inteso come occasio-ne di svago e di evasione dai normaliritmi e consuetudini, vissuto quasi comeuna trasgressione lecita proprio perchécircoscritta nel tempo e accettata datutti. Periodo che quest’anno è partico-larmente lungo a causa della Pasquaalta.Nel passato il Carnevale era una festagradita e attesa perché si potevano farecose non concesse durante il resto del-l’anno. Grazie all’uso della maschera ealla sospensione delle usuali regole esi-steva una sorta di franchigia che pro-teggeva e consentiva di “eccedere” nellaparola, nei gesti e nelle azioni, si pote-va insomma fare baldoria o “sballare”,come si suol dire oggi. La gente coglie-va questa occasione per “sfogarsi”: su-bito dopo iniziava infatti la Quaresimadurante la quale - a cominciare dalleCeneri - dovevano prevalere sacrificio,mortificazione, digiuno, astinenza, pe-nitenza, e si celebravano le SanteQuarantore.Si esagerava, quindi, nei giorni del Car-nevale per prepararsi al periodo di pe-nitenza che sarebbe seguito (etimologi-camente la parola Carnevale deriva dallatino “carnem-levare”, popolarmentetradotto “carne-vale”, cioè “addio car-ne”). Fino a qualche anno fa, ricordia-mo il girovagare di gruppi mascheratiche facevano baldoria per le strade. Dif-fusa era la maschera di cartoncino con idue buchi per gli occhi o il trucco otte-nuto con i turaccioli bruciati per fare i

baffi. Per le strade si lanciavano co-riandoli e borotalco. L’ultimo giornodi Carnevale, il martedì grasso, le ma-schere seguivano un carro con un pu-pazzo di stoffa a dimensione naturale,il cosiddetto Carnevale morto, accom-pagnato da donne piangenti, le vedo-ve di Carnevale.Queste semplici tradizioni oggi han-no ceduto il posto a più elaborati edispendiosi veglioni. E’ pertinentel’osservazione che adesso è pratica-mente Carnevale tutto l’anno: bastipensare agli intensi fine settimana,notti brave, vacanze esotiche e diver-timenti quotidiani.Da ricordare e valorizzare sono glispettacoli teatrali anche in vernacolo,spesso in ambiente parrocchiale, chesi mantengono nei limiti dell’allegracomicità e del buon gusto. Qui l’iro-nia, la satira e la farsa sono il fruttodell’intelligenza e della spontaneità.Il Carnevale pertanto diviene una tra-dizione da ripensare in un tempo chenon è avaro di occasioni di svago e didivertimento. Il Carnevale ha ancheperso la valenza di trasgressione e si èconvertito in festa turistica. Eppureesso può avere ancora un senso. Po-trebbe servire infatti per denunciarecon ironia le ingiustizie, per burlare unsistema artefatto, per riscoprire la gio-ia dei bambini, per riempire di gentele strade vuote delle città, per vederefacce allegre invece dei musi lunghi digente sempre di corsa, nervosa,affaccendata, che non sa più sorridere

o gioire, per trovare il piacere di stareinsieme.Può essere l’occasione per ridare vitaalle emozioni senza trarle dalla televi-sione o da internet, e per promuovereun’educazione al divertimento nellavarietà delle sue forme.

DI AGOSTINO PICICCO

IL MARESCIALLO

Giovanni PARATO

al compimento del 4°

mese abbraccia il suo pri-

mo nipote figlio

di Laura e Lino Destasi

SIMONE

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37 MARZO 2011

Successe in paese. Più di cinqu’antanni fa. Una famiglia: padre, madre e una nidiata di figli.Una famiglia povera. Il padre grande lavoratore e la madre molto attenta alla crescita eall’educazione dei figli. Lui, ortolano, sempre dedito al lavoro dei campi, iniziava il lavorodalla mattina presto e rientrava sul far della sera. Nessuno svago per i due coniugi se nonquello di dedicarsi ai previsti doveri coniugali. Antonio e Anna (così chiameremo i due coniugi),avevano la stessa età e il loro matrimonio (così si diceva) era un matrimonio felice perchél’unione era fondata sull’amore, sul rispetto reciproco, sulla cura della prole. Una dura vita disacrifici e fatiche. Lui sempre con la schiena piegata e una forte dedizione per il lavoro dellaterra e lei sempre in casa ad accudire la prole e a badare alla loro educazione. Erano tempi neiquali la vita era dura per tutti ma, si sa, la terra non produce solo ortaggi e legumi ma anchefrutta e con il ricavato del duro lavoro della campagna, Antonio procurava alla propriafamiglia il sostentamento necessario alla crescita dei figli. Viveva, nei pressi di quella casa,un’altra famiglia: marito e moglie senza prole. Il marito di quella signora, per motivi dilavoro, si assentava spesso e la signora, ghiotta di verdura, legumi e frutta, si recava in campa-gna all’appezzamento di terreno di Antonio, per l’acquisto dei prodotti della terra, appenaraccolti e li pagava bene. Il guadagno di Antonio era così sufficiente per l’acquisto di quel cheera necessario alla sua famiglia. Ogni giorno Antonio portava denaro a casa e la situazione,anche se era precaria permetteva comunque una sana sopravvivenza e soddisfaceva i bisogniprimari della famiglia. Poi successe che quella signora invitò Antonio a casa sua. «Ho preparatoper te una buona minestra» – disse. E Antonio non osò rifiutare l’invito. Andò a trovarla, mentresua moglie, come al solito accudiva la prole e il marito della signora era fuori per lavoro. Dacosa nasce cosa, i due diventarono amanti. Alle prime avvisaglie di gravidanza, Antonio nonfu più invitato a recarsi in quella casa, pur essendo continuamente sovvenzionato. Nacque ilbambino e la gioia fu immensa. Di lì a poco il marito della signora morì in un incidente e ladonna divenne improvvisamente povera come la famiglia di Antonio, aveva anche un figlioda allevare. Antonio intanto morì e in casa sprofondarono tutti in un clima di miseria etristezza. Anna, la moglie, ogni sera, prima di addormentarsi pregava per l’anima di Antonioe con la speranza che le desse, in sogno, dei numeri da giocare al lotto. Tutto invano però. Unbel giorno la signora di qualche porta accanto invece, con il figlio avuto dalla relazioneamorosa con Antonio rincasò lieta, per avere vinto un terno al lotto sulla ruota di Bari. Tuttoil vicinato andò a congratularsi con lei che sostenne di avere sognato il suo vicino di casa,proprio il caro Antonio, che le aveva dato tre numeri da giocare al lotto e aveva vinto. Anna,che pregava ogni giorno per Antonio, non sognava. Quella signora, però, azzeccava spessovincite con i numeri di Antonio. Ma che stranezza! Passò del tempo. Un giorno Anna e quellasignora si incontrarono alla ricevitoria del Lotto. Anna giocò i suoi numeri e quella signoragiocò i numeri che le aveva comunicato Antonio dall’aldilà. Entrambe vinsero. Avevanotrovato finalmente, la vena alla quale attingere moneta per il sostentamento di entrambe lefamiglie. Antonio, che avrebbe dovuto dare i numeri alla propria moglie non li diede mai.Viceversa, a quella signora li dava spesso e quei numeri erano sempre vincenti. Per qualchetempo questo evento fu sulla bocca di tutti ma poi pian pianino tutto andò nel dimenticatoio.Il fatto però si prestò alle diverse interpretazioni da parte di tutti. Evidentemente quellasignora così desiderosa di maternità, offrendosi ad Antonio, aveva evidenziato quanto l’attodi amore debba essere desiderato e sincero e non una semplice routine. Galeotta fu la virilitàche scaturiva da un uomo sempre dedito al lavoro dei campi e capace di appagare il grandesogno di maternità? I percorsi dell’anima sono infiniti.

illis temporibusDI ANGELO GUASTADISEGNI

48 morto che parla

anniversario

MARIA CAMPOREALEn. 07.08.1949 m. 15.03.2010

«E’ passato un anno

ma la fede e la pre-

ghiera ci aiutano a

rendere meno incon-

solabile il tuo ricor-

do».

Tua sorella Anna, tuo

marito Franco, i figli

Anna e Raffaele e i

tuoi carissimi

nipotini Giorgia e

Mauro

lutto

MARIA ROSSIELLOn. 08-12-1934 m. 03-02-2011

«Per uno che

muore tutto il

mondo finisce,

anche se va

avanti». (L.

Goldoni)

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38

little italy

NEW YORK. Che meraviglia festeggiare S. Valentino! Èproprio la festa degli innamorati e noi qui in America diamore da trasmettere ne abbiamo da vendere. In primis,come un continuo fiume in piena per la nostra terra d’ori-gine che ci pregiamo sempre di ricordare e creiamo appo-sitamente le occasioni per farlo. In questo caso anche nel-le nostre coppie e famiglie che vogliamo sempre unite nelricordo delle nostre radici. Ed è così che abbiamo decisodi festeggiare l’11 febbraio il “Valentine’s day” con tutti imembri della Società S. Anthony di New York, quella cheper voi è la festa di S. Valentino del 14 febbraio, ispirata alfamoso vescovo di Terni. Una bella occasione di incontroper discutere di alcuni impegni della società e di festeg-giare questo santo.È utile ricordare infatti una leggenda di origine statuni-tense nella quale si narra come un giorno il vescovo, pas-seggiando, vide due giovani che stavano litigando ed andòloro incontro porgendo una rosa e invitandoli a tenerlaunita nelle loro mani: i giovani si allontanarono riconcilia-ti. Non si può dimenticare questa festa quindi che, per noiemigranti, ha un significato cristiano. Il vescovo, infatti,visse nel periodo delle persecuzioni degli imperatori ro-mani contro i cristiani e, poiché la popolarità di Valentinostava crescendo, i soldati romani lo catturarono e lo por-tarono fuori città per flagellarlo, temendo che la popola-zione potesse insorgere in sua difesa. Subì il martirio e ladecapitazione il 14 febbraio 273, agli ordini dell’impera-

tore Aureliano.Sono stato molto lieto quindi di accettare l’invito delsig. Scivetti, presidente della società S. Anthony, il qua-le ha pensato bene di organizzare l’evento presso il me-raviglioso ristorante “Russo’s on the Bay”. Un invitoche aveva anche un sapore istituzionale oltre chefestaiolo, in quanto mi è stato formalmente richiesto disostituire la sig.ra Grazia Serrone nella sua carica di cor-rispondente per la società, a causa dei suoi pressantiimpegni lavorativi e privati. È stato per me un grandeonore per cui ho accettato volentieri l’incarico. Ritengosia molto utile per noi emigranti avere uno spazio chepossa raccogliere i punti salienti dei nostri incontrioltreoceano e mantenere quindi sempre ben saldo unponte con la nostra cara Giovinazzo.Durante la serata di gala si è colta l’occasione per ram-mentare il famoso appuntamento della processione an-nuale di S. Antonio che si terrà il 20 Maggio p.v. nellaLittle Italy. Musica e danze hanno allietato l’evento,presenziato dal Presidente Scivetti. Circa cento i parte-cipanti e, tra questi il caro Joe Marino da tutti conside-rato il “re dei taralli”. Una conclusione degna di unafesta di gala con la sontuosa torta indispensabile per ifesteggiamenti e un bell’omaggio floreale a tutte le don-ne presenti. Un arrivederci, infine, al prossimo incontro,un’altra occasione che possa nuovamente trovarci tuttiuniti!

UNA SINGOLARE GIORNATA TRASCORSA DAGLI INNAMORATI D’AMERICA

Valentine’s Day Party

UOMINI E DONNE. L’etàavanza, i capelli si coloranod’argento, tutto scorre nellacomunità dei giovinazzesid’America ma un grandeamore non muore mai

a cura di

Rocco

Stellacci

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39 MARZO 2011

Ebbene, dopo 36 anni di onorato servizio alle dipendenze del

Comune di Giovinazzo, assunto tramite pubblico concorso come

Vigile Urbano nel lontano 10 maggio 1976, si è chiuso il sipa-

rio della mia attività lavorativa ed è arrivato il momento di

andare in pensione dopo aver indossato per tanti anni, e con

tanta dignità, la divisa del corpo.

Certo, non posso nascondere l’emozione. 36 anni di servizio

svolti interamente sulla strada sono tanti. Una vita intera al

servizio del corpo e di quanti hanno avuto modo di conoscere ed

apprezzare le mie doti umane e professionali. E senza alcuna

retorica sono tanti gli encomi e i riconoscimenti ricevuti in tutta la

mia vita lavorativa, di cui ne vado fiero. Cose, queste, che può

capire solo chi ha indossato questa divisa e chi crede nei valori

nobili della nostra Costituzione.

Ho indossato la divisa prima da Vigile Urbano, mentre negli

ultimi 11 anni ho indossato i gradi di Maresciallo Ordinario e

successivamente quelli da Maresciallo Maggiore in seguito ad un

concorso bandito dal Comune di Giovinazzo nel 1999, ma col-

locato in pensione da semplice Vigile Urbano. In tutta onestà

posso affermare di aver assolto il mio lavoro con grande senso di

responsabilità, nel rispetto delle leggi vigenti ed onorando altresì

il giuramento fatto davanti al Tricolore ed al gonfalone della

città di Giovinazzo. Non poteva essere diversamente e tutto que-

sto lo devo ai miei vecchi superiori, a mio padre, i quali con i loro

consigli e la loro saggezza hanno arricchito il mio bagaglio di

esperienza. Ora sono tranquillo con la mia coscienza di uomo e

di Vigile Urbano. Ho fatto il mio dovere fino all’ultimo giorno

di lavoro, raggiungendo sempre gli obiettivi che mi venivano ri-

chiesti. D’ora in poi dedicherò il mio tempo alla mia famiglia,

che con me si è sacrificata, ed ai miei affetti personali che sono la

vera realtà e la linfa per continuare ad andare avanti. Chiusa

questa parentesi mi corre l’obbligo di ringraziare i miei vecchi

colleghi con i quali ho passato tante ore di servizio. Un saluto ed

un ringraziamento particolare ai componenti della locale Stazio-

ne dei Carabinieri ed in particolare al luogotenente Antonio

Galizia con il quale vi è sempre stato un grande rapporto umano

basato sul rispetto e sulla lealtà reciproca. I suoi consigli mi sono

sempre stati utili e ne ho fatto tesoro. Un saluto a tutte le forze

dell’ordine con cui ho collaborato nelle mie attività di Polizia

Giudiziaria ed un affettuoso saluto ai miei colleghi con i quali ho

conosciuto momenti belli e brutti. Un saluto, infine, a tutta la

cittadinanza e a tutti gli emigranti, nella speranza di aver lascia-

to un buon ricordo.

DOMENICO MARTINO

Va in pensione il maresciallo MartinoIl saluto e il ringraziamento alla città di Giovinazzo

il fatto

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41 MARZO 2011

Nel mese di febbraio si sa, si festeggia l’amo-re, la coppia, le unioni perfette… Io inveceil lontano 1° febbraio 1959 ho perso…lalibertà! Eh già mi sono sposato con la caris-sima Dora Depalo in una splendidachiesetta di Brooklyn. Fu un sacerdote italia-no ad unirci in matrimonio e a benedire lanostra unione alla presenza di amici efamigliari. Oggi dopo cinquantadue anni,quasi quasi siamo al giro di boa per fare unbel resoconto della nostra vita e rammenta-re sia i momenti più belli che quelli più duri.Il giorno del mio matrimonio era una gior-nata piena di sole ma con un freddo glacialeanche se l’emozione ci proiettava su un altropianeta. Avevamo alle spalle una storia distenti e di malinconia, costretti alla grandetraversata per andare alla ricerca della fortu-na.

Come molti nostri conterranei avevamo ilgrosso problema della lingua e nella mentel’immagine dei genitori che chissà quandoavremmo rivisto. Era anche allora moltocomplicato cercare di far soldi e fortuna, sicercavano consigli e dritte da amici fidati egià emigrati. Quando decisi di acquistare lapasticceria in un quartiere a me del tutto sco-nosciuto, per fortuna il proprietario era diorigini molfettesi, il sig. Mike Minervini. Devodire però che quell’attività stava attraversan-do un periodo sfortunato e dovetti rimet-terla su con tanta passione e tanti sacrifici.Solo dopo due anni iniziai a vedere qualcherisultato, i fine settimana iniziarono ad essereproficui perché i clienti iniziarono ad apprez-zare i miei prodotti e ritornavano soddisfat-ti. Si iniziavano a vedere i primi gruzzoletti ementre mia moglie mi incitava al risparmio,io decisi di investire quei piccoli capitali nel-l’acquisto di macchinari più moderni e al-l’avanguardia per la produzione. Come do-vrebbero fare tutti gli imprenditori respon-sabili, il mio obiettivo era quello di far cre-scere l’azienda. Per me non esistevano ifinanziamenti che mai avrei poi pagato. Oggi

DI VITO BAVARO

little italy

si sa invece le nuove generazioni di im-prenditori e non, sono tutte indebitate acausa della diffusione delle carte dicredito.Prima esisteva soltanto il vero pic-colo credito al consumo. Nel senso chequando ci si recava dal negoziante se intasca non c’era denaro, era il venditore chesi offriva per proporti di pagarlo la voltasuccessiva. Il lasso di tempo di concessio-ne del credito era dunque molto breve:quando si tornava a fare la spesa bisogna-va saldare il debito e poiché si trattava so-litamente di generi alimentari si ritornavanello stesso esercizio abbastanza presto pernecessità.

Il tutto si basava quindi sulla fiducia e sul-l’onestà. Erano tempi nei quali le entrate sivedevano al lumicino, giravano effettiva-mente pochi soldi ma i bisogni erano an-che limitati ed adeguati e soprattutto esi-steva la concezione del risparmio. Oggiinvece assistiamo ad un capovolgimentonegativo della situazione. Si guadagna mol-to meno di quanto si spende e si decidecosì di ricorrere sempre al credito al con-sumo. Si può dire che ormai questo feno-meno sta interessando addirittura la poli-tica ed è proprio di questi giorni il monitodello stesso Presidente Obama, diretto atutte le famiglie americane per un utilizzopiù responsabile delle carte di credito. Èproprio l’uso di queste carte infatti che stamandando alla rovina i nuclei familiari,perché i tassi di interesse e le commissioniche si pagano alle società emettitrici sonomolto elevati. Il fatto però di pagare a pic-cole rate confonde le idee ma in realtà ci siindebita vita natural durante e non si riescepiù ad uscire da questo circolo vizioso. An-che in Italia questo fenomeno si è larga-mente diffuso ed oggi la gestione dei sol-di è diventata così assurda e incontrollabileche, a causa di questi errati e irresponsabiliutilizzi di questi nuovi mezzi di pagamen-to, si sono diffuse a macchia d’olio le

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patologie psichiche che portano anche alladistruzione dei rapporti familiari. Potrei sem-brare paranoico ma la gestione delle nostregenerazioni era di gran lunga molto più sag-gia e noi sapevamo rinunciare al divertimentoperché aveva un costo preferendo investiresu progetti famigliari molto più solidi e sod-disfacenti. Esisteva il senso della misura e con-temporaneamente ognuno sapeva che i sol-di doveva lavorarseli tutti e che se andavamale occorreva trovare una seconda possi-bilità senza indebitarsi inutilmente. Ognunolavorava e si ingegnava a fare qualsiasi cosa.In particolare mi piace ricordare una bellafamiglia siciliana che decise di mettersi in pro-prio per produrre ravioli artigianali. Nono-stante l’impegno di tutti la cosa non andòbene perché tutti i componenti produceva-no a mano e non si riusciva così a star dietroal mercato. Se ne accorse un giorno ilcapofamiglia, allorquando venne a visitare ilmio laboratorio e si accorse della produzio-ne galoppante grazie all’utilizzo di appositimacchinari. Capì dunque la ragione del suofallimento. Non lo vidi per un po’ di tempoe seppi che era stato in Italia, a Milano per laprecisione, a ricercare un macchinario adat-to a produrre ravioli a livello industriale. In-somma che dire! Dopo alcuni anni diventòil maggior fornitore dei supermercati in qua-si tutti gli stati americani. In pratica senzaaccorgersene era ormai un miliardario. Riu-scì così ad assicurare immediatamente un’ot-tima posizione ai suoi figli e quando sul vialedel tramonto decise di vendere l’aziendaormai aveva accumulato una tal fortuna chela sua famiglia poteva vivere ormai di ren-dita. La soddisfazione più grande per me fuche un giorno tornò a trovarmi in pasticce-ria e a ringraziarmi perché, solo vedendomilavorare con i macchinari aveva compresola ragione del suo fallimento e la formuladella sua fortuna.

Questo episodio può servire alle nuove ge-nerazioni che devono comprendere che nullaè dovuto e che devono ogni giorno inge-gnarsi per inventarsi un mestiere e crederenelle proprie capacità e in un sano futuro.

Quando persi la mia libertà!

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43 MARZO 2011

NEW YORK Siamo alla vigilia di una dellefeste più dibattute dell’anno, la festa rosa cheper l’Italia si veste di giallo grazie al coloredella mimosa, il fiore-simbolo.È utile ricordare quindi questo spaccato sto-rico che ha visto una lotta più o meno co-stante del sesso debole che comunque oggi,continua ancora ad essere penalizzato in varisettori. Basti pensare che il 6 febbraio si ècelebrata la Giornata Mondiale contro la mu-tilazione degli organi genitali femminili. Se-condo i dati più aggiornati provenienti dal-l’OMS, sono circa 140 milioni le donne (com-prese ragazze e bambine) che hanno subitola mutilazione genitale diffusa prevalentemen-te in 27 paesi africani ma anche in altri statidove non esistono ancora delle vere e pro-prie statistiche. A tutto ciò si aggiunge la pri-vazione della libertà personale di tantissimedonne, soprattutto di origine musulmana cheancora oggi non hanno il diritto di sceglierela propria vita ma devono accettare sempli-cemente le decisioni della famiglia di origine.Violenze e discriminazioni quindi che nonhanno ancora visto la parola fine e che neglistati moderni si stanno materializzando so-prattutto all’interno dei nuclei familiari neiquali cresce sempre più il numero degli omi-cidi che vede proprio le donne in qualità divittime in prima linea.Anche se ormai la rete ci permette di esseremolto più aggiornati di qualche anno addie-tro non bisogna dimenticare, anche per lamemoria, di citare le possibili origini della festadella donna. Era il lontano 1908, infatti, quan-do a New York, 129 operaie dell’industriatessile Cotton scioperarono per protestarecontro le terribili condizioni in cui erano co-strette a lavorare. Lo sciopero si protrasseper alcuni giorni finché, l’8 marzo (o il 25secondo alcuni), il proprietario Mr. Johnsonbloccò tutte le porte della fabbrica per im-pedire alle operaie di uscire dallo stabilimen-

little italyDI NICK PALMIOTTO

DONNE E DIRITTIto. Ci fu un incendio doloso ele 129 operaie prigioniere all’in-terno dello stabilimento mori-rono arse dalle fiamme. Da al-lora, l’8 marzo è stata propostacome giornata di lotta interna-zionale, a favore delle donne.La commemorazione, tuttaamericana, delle vittime è statapoi accolta in tutto il mondocome la giornata simbolo delriscatto femminile. L’iniziativa di celebrare lagiornata internazionale della donna fu presaper la prima volta nel 1910 da Clara Zetkin aCopenaghen durante la Conferenza interna-zionale delle donne socialiste. Ovviamenteun’idea del tutto lontana da quello che oggipotrebbero pensare della vita le varie Rubydi turno che ormai stanno acquisendo unafama nuova, erigendosi ad eroine della liber-tà sessuale. Non c’è comunque da meravi-gliarsi tanto se con il retroterra presente inItalia si registrano queste vicende. Basti pen-sare che solo fino a qualche decennio addie-tro, i matrimoni erano ancora combinati e lafamiglia decideva al posto delle donne.In Italia l’8 marzo 1972 la manifestazione dellafesta della donna si tenne a Roma in piazzaCampo de’ Fiori ma il primo evento si svol-se nel secondo dopoguerra e più precisamen-te l’8 marzo 1946, quando l’UDI, e cioèl’Unione Donne Italiane, organizzò in Italiala prima Giornata internazionale della don-na, riprendendo celebrazioni fino a quelmomento avvenute in altre nazioni e in gene-re collocate alla fine di febbraio. Nelcontempo veniva associata alla data dell’8marzo quello che poi sarebbe diventato unsimbolo, e cioè l’ormai tradizionale fiore dellamimosa, ma che si noti bene, è una sceltaesclusivamente italiana.Dagli esordi della festa comunque molti de-cenni sono passati ma la condizione della

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PER FESTE IN GENERE

donna in Italia non è poi così cambiata.Il suo ruolo è sempre penalizzato e mairiconosciuto a dovere. La Chiesa Catto-lica continua ad escludere le donne dalsacerdozio e impartisce ordini morali sul-la fecondazione artificiale e sull’uso dellapillola. La mia domanda è quindi que-sta: non sarebbe ora di garantire la liber-tà della donna e di assicurarle seri diritti,visto che ancora non ne ha?

AUGURI

Il 13 gennaio 2011, a Bari, è

nata Morena Volpicella.

Con immensa gioia la pic-

cola creatura è stata accol-

ta dal papà Maurizio, dalla

mamma Teresa, da Thomas

e dai nonni che partecipano

con immensa gioia al lieto

evento

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45 MARZO 2011

DI ONOFRIO ALTOMARE

L’Accademia hockeistica

Guardai da un precetto

da cui nasce l’assurdo.

Come può il corpo

venire a contesa con lo

spirito? Il mio corpo che

si infiamma con l’hoc-

key e il divieto (al tifoso)

che gli tiene dietro in

una parola equivalgono

a «inclina la coppa e non

versare il liquido che

essa contiene!»

i racconti del pescatore

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Ormai la Coppa delle Coppe è svanita

dall’Olimpo, l’olimpo dell’hochey, proprio

nel giorno di S. Lucia, protettrice della vi-

sta. E per poco non perdevamo di vista

anche Dario Gimenez, capocannoniere dellaserie A1 e nuovo idolo di Giovinazzo.

Un’autentica luce della fiaccola del Dio

Apollo, un argentino alla Messi, un vero ta-

lento tra le promesse dell’hochey, capace di

fare sognare la gente come ai tempi del fuo-

riclasse Frasca. Eppure è un campione umileche vive alla giornata a differenza di Leo

Messi, alias la pulga. Sorriso sul volto e gio-

coso con tutti, capace di fare gruppo negli

spogliatoi come ai tempi dell’aetas aurea.

Alcuni, nell’ambiente dell’hochey, sono

pronti a giurare che la Coppa nel Palazzetto

portava iella e da quando l’abbiamo vista

sparire, come un incantesimo, la squadradell’A.F.P. di Giovinazzo sta sempre vincen-

do. Sia sul piano dei risultati che sul piano

societario-economico. Questa coppa nella

società portava iella e ha fatto fallire anche

la vecchia società, ormai pronta a vendersi

tutto, anche i pezzi migliori, fino all’ultimogiorno. Ma non Dario Gimenez che per un

gioco del destino è rimasto prigioniero nel-

l’isola felice dell’hockey.

Da allora tutto gira nel verso giusto, molta

gente si è avvicinata alla società, anche tanti

imprenditori che sembravano spariti nel

nulla come un desiderio espresso dalla lam-

pada di Aladino, quel piccolo genio terribi-le che fa sparire tutto. D’incanto infatti è

apparso anche il nostro genio, tale Presidente

Favuzzi e l’ex Presidente Scioli che erano

stati risucchiati nel triangolo delle Bermu-

da. Sono tornati alla carica con una decina

di sponsor e dirigenti al seguito. Ed è stata

una magia degna del miglior DavidCopperfield vedere per una sera il fuori-

classe Dario Gimenez a Prato e poi far ri-

torno la mattina a Giovinazzo. Il sabato se-

guente sono riapparsi ancora tanti fantasmi

nella società. Come se di colpo il neo Presi-

dente Vito Favuzzi ha manomesso l’arcadell’alleanza, di colpo un bagliore di luce

che ha acceso i nostri cuori tra i tifosi e il

patto con Dio.

Da questa arca i tifosi aspirano una grande

nube di turbine di sentimenti, accecati da

un bagliore di gioia che, come per un gran-

de uccello sacro sta rinascendo dalle vec-

chie ceneri, bello e sfavillante. Chissà, se conquesta nuova luce nella società riappaiono i

vecchi cinque angeli splendenti che ai piedi

hanno i pattini e sul dorso delle magiche ali.

[email protected]

ONOFRIO ALTOMARE

Le loro zampe come leoni, ognuno con

la rapacità delle aquile. E tra tanta luce, un

nuovo Re, Dario Gimenez che alza unanuova coppa, più fortunata della prima

che vide svanire al nord le nostre giovani

promesse tricolori che tanta fortuna han-

no dato alle squadre del Nord e ai porta-

fogli delle promesse. Chissà se già dal 2012

si potranno vedere le strade di Giovinazzotinteggiate di tricolore! Perché diventare

grandi insieme…si può! Chissà che la vec-

chia Coppa delle Coppa non porti iella

anche ai ladri del giorno di S. Lucia. Non

vorrei essere un fattucchiere ma con un

po’ di cenere del fuoco di S. Lucia…

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