LA PIAZZA DI GIOVINAZZO MAGGIO 2010

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1 MAGGIO 2010

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MENSILE DI INFORMAZIONE - SATIRA - CULTURA DI GIOVINAZZO

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redazionePorzia Mezzina - Agostino Picicco - Ales-sandra Tomarchio - Damiano de Ceglia- Marianna La Forgia - Daniela Stufano- Nico Bavaro - Angelo Guastadisegni -Rossella Tiribocchi - Mimmo Ungaro -Matilde Restaino - Diego de Ceglia -Onofrio Altomare - Michele Carluccicorrispondenti dall’esteroVito Bavaro - Nick PalmiottoGiuseppe Illuzzi - Rocco Stellaccistampa - Gercap (Foggia)progetto grafico - Ass. Amici dellaPiazzaGrafica pubblicitaria: C. Moreseresponsabile marketing & pubblici-tà: Roberto Russo tel. 347/574.38.73

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La collaborazione é aperta a tutti. La reda-zione si riserva la facoltà di condensare omodificare secondo le esigenze gli scrittisenza alterarne il pensiero. Gli articoli im-pegnano la responsabilità dei singoli autorie non vincolano in alcun modo la linea edi-toriale di questo periodico.Finito di stampare il 23/04/2010

Si può non condividere un «et» di quello che

pensa, dice e fa Nichi Vendola, ma il fenome-

no politico che lui incarna merita di essere in-

dagato. Intanto la popolarità del personaggio

è indiscutibile. Dai pugliesi, sostengono gli ana-

listi, è percepito come un «figlio del popolo».

In questo suo ruolo lui si è calato da sempre

con tutta la sua abilità. Non ha mai lasciato tra-

sparire quel lato inafferrabile del potere che,

prima o poi, si percepisce in tutti i politici di

professione: la distanza quasi «fisica» con i cit-

tadini. Qualcuno sostiene che questa sua carat-

teristica lo avvicini molto, anzi moltissimo, al

Silvio Berlusconi dei bagni di folla. Il che, solo

a pensarlo, fa scandalo per l’irregolare pugliese.

Eppure, c’è tanto del berlusconismo nella sto-

ria politica di questo ex ragazzo di Terlizzi, la

cittadina pugliese nota soprattutto per le serre

floreali, che della sua condizione di «diverso»

ha fatto un must politico. E’ stato così sin dal-

l’inizio, sin dai suoi primi passi nella sezione lo-

cale del Pci. Un omosessuale dichiarato che

faceva storcere il naso ai vecchi «compagni» che

affondavano le loro radici nel bracciantato e

nel mito di Giuseppe Di Vittorio. Altro che

cultura delle minoranze, allora erano i tempi

del partito solido che governava con fermezza

le giunte locali. E Terlizzi era una solida terra

comunista. A pochi chilometri dalla Bari mer-

cantile, terra di scorribande democristiane e

socialiste. L’averlo conosciuto fin da ragazzo

aiuta a capirne di più l’uomo adulto e navigato

che è oggi. Un giovane già pronto alla politica

nazionale e che subito fa parlare di sé, nel par-

tito e fuori. Come nella Commissione

Antimafia. Ma il suo piglio non è mai stato ag-

gressivo, anche se non mancano le rotture po-

litiche: dal Pci al Prc e poi ancora via, per fon-

dare il «suo» partito. Eppure, lui non è Claudio

Fava, il figlio di Giuseppe, il giornalista sicilia-

no ucciso dalla mafia. Lui non è un «estremi-

sta» nel senso classico del termine. Lui, piutto-

sto, è un poeta che preferisce far sognare. E’

un fascinatore di professione. Così, pur nella

durezza della battaglia politica, riesce a non rom-

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pere mai definitivamente con nessuno, nep-

pure con i vescovi pugliesi quando alla Re-

gione vara leggi «spericolate». Anzi, sembra

quasi dire: «Ma guardate bene, forse vi trove-

rete qualcosa di cattolico». Anzi, arriva quasi a

candidarsi a modello di cattolico moderno.

Una pretesa rafforzata in lui dalla benevolen-

za con la quale lo trattava don Tonino Bello,

indimenticabile figura dell’episcopato pugliese.

Ora tutto questo, ma non solo, fa di Vendola

un fenomeno politico. Non ce ne sono altri

come lui in giro. Ma proprio per questa ra-

gione va decifrato. Prima di lui, in Puglia, hanno

ricevuto altrettanto affetto incondizionato solo

tre grandi personaggi. Andando indietro nel

tempo, bisogna ricordare il senatore Araldo

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vita, dai baresi, nelle liste del Msi. Approda-

va al Senato con votazioni plebiscitarie, a

prescindere da qualunque maggioranza di

governo, regionale o cittadina. Poi Aldo

Moro, l’uomo che incantava le piazze dei

braccianti pugliesi con i suoi comizi. Quegli

uomini con la coppola non capivano nulla

di quello che diceva, ma lo sentivano come

uno di loro e lo applaudivano a scena aper-

ta. Accade così anche oggi con Vendola,

quando parla in tv o nelle piazze. I ceti po-

polari non capiscono cosa dice, ma si fida-

no. Poi Pinuccio Tatarella, il ministro dell’Ar-

monia del primo governo Berlusconi: l’in-

ventore del centrodestra degli albori e il

grande architetto della legittimazione demo-

cratica del Movimento sociale italiano. I pugliesi

lo adoravano, per i suoi modi spicci e la sua

baresità contagiosa. E ora lui, Nichi, il figlio

del popolo. Sarà che i pugliesi sono fatti così:

si innamorano. Ma ci sono due costanti in que-

gli uomini che abbiamo citato: la pugliesità ol-

tre che l’onestà. Da tutto questo ricaviamo che

solo se Vendola sbaglierà sul terreno della que-

stione morale, i pugliesi gli volgeranno le spal-

le. Per il resto lo sentono come uno di loro,

che si è fatto da sé contro tutti padroni del

vapore. Il Popolo delle Libertà e l’Udc lo san-

no bene e studiano le strategie per disarcionarlo.

Ma disarcionare un poeta, scusate il parados-

so, è dura. E’ capitato a Bertinotti, uno dei

suoi maestri. Ma lui non aveva tanta gente che

lo considerasse un figlio, un po’ scapestrato,

ma pur sempre un figlio che non diventa mai

adulto e mai padre. Ché l’essere adulto e pa-

dre comporta altre responsabilità. Vendola è il

prodotto della contaminazione delle culture che

lui ha frequentato e che mescola a suo

piacimento, dal comunismo al cristianesimo,

dalla partecipazione alla socialità. In un mix

che lo rende indecifrabile ai più, ma che affa-

scina ceti popolari ed eminenti cattedratici.

Resta però, un interrogativo: come fanno i

cattolici pugliesi a eleggerlo a cuor leggero, viste

le sue posizioni inconciliabili con l’antropolo-

gia cristiana? Forse l’amore (o l’infatuazione) è

più forte di ogni altra cosa. Però tutto questo

con la politica – lasciatecelo dire – c’entra dav-

vero poco. O forse è semplicemente una fac-

cia della politica dopo Berlusconi. Questa vol-

ta a sinistra. Ma è così che nascono i «fenome-

ni». Pensate all’Umberto Bossi degli inizi e forse

capirete quanta strada potrebbe trovare da-

vanti a sé l’ex ragazzo di Terlizzi se non verrà

politicamente fermato. Nessuno voleva fare i

conti politici con Bossi e la sua Lega. Poi si è

visto come è andata a finire.

scrittore, giornalista,direttore di piuvoce.net

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Tommaso Depalma, membro dellacommissione del Giro d’Italia in Puglia,avrà venduto l’anima al diavolo per farpassare, il 18 maggio, la decima tap-pa del Giro d’Italia nella sua amataGiovinazzo. Perché l’ha fatto? Noncerto perché sia in debito d’amore conla sua città. Anzi, tutto lo ricordano peraver fatto moltiplicare i pani e i pescidue anni or sono. Diavolo, dicci per-ché l’hai fatto! Io risposte non ne ho.Provo ad azzardare. Se lo fece DeCurtis nel film Totò nel Giro d’Italia perfar invaghire la bionda Doriana, per-mettete che anche i giovinazzesi s’in-namorino di Tommaso, del suo partito,del suo sorriso che ricorda quello delcavaliere il 29 marzo scorso. Non vi

pare? E poi - consentitecelo - vale lapena vendere l’anima al diavolo, lan-ciare saette di scomunica a chi pen-sa che il Giro in Puglia sia «la vie enrose» della strada statale 98, una toc-cata e fuga, un cioccolatino al vele-no. Caro Zomegnan, esiste unaPuglia migliore da mandare inmondovisione. La Puglia deiverdeggianti ulivi, delle cattedrali sulmare, La Puglia «dellu sule, lu maree lu ientu». Esiste una Puglia miglio-re anche da percorrere in bicicletta,quella cantata in lirica da VascoPratolini nel 30° Giro d’Italia, il Girodella maglia rosa Bartali che attra-versò nel 1947 Giovinazzo nella de-cima tappa Bari-Foggia: «I paesi -

scriveva Pratolini - ci attendevano al lorosolito con la popolazione bella e schie-rata, da Modugno a Ruvo, da Andria aCanosa, ciascuno con un traguardo apremio, ciascuno col suo bambino e ilsuo cane che traversano la strada al-l’ultimo istante, ciascuno con le suescritte e i suoi festoni». Caro Zomegnan,anche la Puglia pretende a buon dirittoil suo Zocolan perché anche da noi ilGiro è storia, un’epopea sportiva tintadi rosa, la grande cerimonia laica cui dasempre l’intera nazione (e non solo imontanari del lombardo-veneto) parte-cipa con entusiasmo e passione.

IL PERCORSOI giovinazzesi rischiavano davvero diessere tagliati fuori dalla decima tappadel Giro d’Italia. Troppo lunga l’Avellino-Bitonto, 226 km erano tanti. In principiola carovana del Giro doveva sfiorare lecittà attraversate dalla SS 98. TommasoDepalma, in Puglia vice presidentedell’UIC, ha puntato i piedi di fronte aZomegnan per ricordare che l’onore diun uomo si misura con la parola data.Già, quella parola incisa sul video di pre-sentazione de La Gazzetta dello Sporte divenuta subito per i giovinazzesi Van-gelo. Noi abbiamo riavvolto il nastro eriscritto la presentazione della decimatappa del Giro d’Italia, l’Avellino-Bitonto,illustrando nel riquadro in alto a destral’itinerario nella fase topica, quella fina-le. E, allora, proviamo a raccontarla. «Laprerogativa di questa tappa - sono pa-role di Zomegnan pronunciate nel no-vembre scorso - è che attraversandolo Stivale da ovest verso est incontria-mo dei tratti abbastanza accidentati esoprattutto ci sarà una conclusione inun circuito andando a toccare anche

DI SERGIO PISANIil fatto

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Giovinazzo prima di sfrecciare sull’ar-rivo di Bitonto». Insomma Giovinazzoprovocherà scariche di adrenalina peri velocisti che si daranno battaglia perpreparare la volata finale.Si arriva a Giovinazzo da Molfetta,dalla SS 16. Si attraverserà viaMolfetta, lambendo la Piazza. Sisterzerà per via Bitonto e dopo ilsottovia s’imboccherà la SP 88. L’ar-rivo è a Bitonto in piazza Marconi. Iltransito della carovana in città sarà pre-visto dalle 16.55 alle 17.29 (a secon-da che si viaggi alla media di 41 km/ora o 37 km/ora).

EFFETTO GIROL’attraversamento del Giro è una cosaterribilmente seria. Questa volta il pic-colo diavolo di Tommaso l’ha combi-nata grossa. Se per Renzo Arbore dueanni fa Depalma si regalò lo show del-l’artista foggiano pe tutt’a nuttata, que-sta volta s’è regalato il passaggio delGiro. S’è regalato, per l’appunto. Per-ché, se ci chiediamo cui prodest il Girod’Italia in paese, ci sentiremo rispon-dere: al partito di Tommaso Depalma ea qualche pinocchio in bicicletta. Inverocon i bilanci sempre più risicati per gliEnti locali, anche quella che deve es-sere «La festa di Maggio» (così la de-finì Orio Vergani) sembra trasformarsiin una commemorazione funebre. Ilpassaggio del Giro comporta la mes-sa in sicurezza del percorso viario. Già.C’è un nastro d’asfalto lungo poco più4 km. E’ quello della SS 16 che partedalla ex cementeria, da anni dismessodall’Anas e la cui competenza è statatrasferita all’Ente Comune. E’ il tratto ilcui percorso gruviera ha scatenato nonpoco le ire degli automobilisti. Voi vi do-

manderete: passa ilGiro d’Italia e finalmen-te si asfaltano le stra-de? Il sindaco

Natalicchioè laconico.«Giovinazzoospiterà de-gnamente ilGiro d’Italia.

La SS 16 sarà messain sicurezza con inter-venti di copertura delpiano viario. Solo suc-cessivamente ai lavoridi allargamento dellarete idrica potremmo in-tervenire e rifare la stra-da. Puntiamo a dareservizi e opere utili allacittadinanza. Non na-scondo la mia emozio-ne per un evento cosìimportante».Nella storia del Girod’Italia mai la città diGiovinazzo era statainteressata in modocosì importante dallaprestigiosa competizione sportiva in-ternazionale. Mai Giovinazzo si erasentita così importante per essere aun tiro di schioppo dal traguardo. Saràun evento trasmesso in mondovisionecon milioni di telespettatori incollatidavanti alla televisione. L’ultima appa-rizione del Giro dalle nostre parti risa-le al 1995, quando Cipollini, la «magliarosa» Rominger e gli altri s’immerseroin un caldo bagno di folla tra le vie cit-tadine. Da quel momento Giovinazzonon è stata più toccata. Quindici anniappiccicati con il muso alla tv soffren-

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do di nostalgia sono tanti. Il count-down per il 18 maggio è già iniziato.Sarà il Giro della memoria, il Giro diBallerini che a Giovinazzo ha lasciatoil cuore e la bicicletta sui banchi di scuo-la. Sarà il Giro di centinaia di Pinocchioin bicicletta che senza il naso lungo -perchè a scuola hanno imparato adandare in bicicletta - saluteranno lamaglia rosa. Sarà il Giro di LucaMongelli che tutti rivedranno dopo iltour riabilitativo in America. Un giornoanche lui diventerà un Pinocchio in bi-cicletta.

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Finalmente! Ho sperato fino all’ultimo che il miracolo avvenisse…ma, alla fine, tutto è andato come speravo. Non c’è cosa più bella diquando vedi il baratro e invece poi .... (scimmiottando il titolo di un filmdi Pieraccioni) il paradiso all’improvviso! E’ così, perché il mio tentati-vo di far passare il Giro d’Italia da Giovinazzo, il prossimo 18 maggio(fra le 16 e le 17), mi ha portato dallo sconforto più buio alla gioia piùintensa. E’ stato tremendo per me sapere che la mia città purtropponon sarebbe stata nemmeno toccata dai ‘girini’, e per di più con untraguardo che, come mai nella storia del Giro, era così vicino aGiovinazzo: solo circa 9 km, infatti, separano la nostra città da Bitonto,sede scelta per l’arrivo della 10ma tappa (Avellino - Bitonto), ma ilprevisto percorso cittadino nella città dei SS. Medici -circa 12 km - aveva escluso ogni possibilità diincludere Giovinazzo (ma anche Molfetta...)nel percorso rosa. Per fortuna i guai diqualcuno sono diventati la nostramarcia in più e quando a Bitontohanno valutato l’enorme costoche si sarebbe dovuto affrontareper sistemare tutte le strade in-teressate dal passaggio, han-no capito che forse era me-glio accontentarsi (diciamocosì) del solo arrivo, elimi-nando il percorso cittadino. Aquel punto avevamo circa 12km disponibili per provare aridisegnare la tappa e ho in-cominciato a ‘stressare’ quellidella RCS senza tregua. Ma allafine è arrivata la tanto sospirata de-cisione: si elimina Castel del Montee si modifica la tappa con il passaggionelle città di Canosa, Andria, Corato, Ruvo,Terlizzi, Molfetta e Giovinazzo, mantenendoovviamente immutato l’arrivo a Bitonto. Una sceltastrategicamente opportuna anche in termini di promozione turistica,poiché può finalmente rendere un po’ di giustizia, sia pure per i pochiattimi di una ripresa, al nostro straordinario patrimonio storico-architettonico ancora troppo poco conosciuto. Senza contare, oltretutto,che se il Giro avesse percorso la strada statale 231 (ex S.S. 98) c’erapure il rischio che passassero in mondovisione ‘bellezze’ che nonavevano proprio nulla a che vedere con quelle artistiche delle nostrecittà.

E allora ora iniziamo a sognare. E pensiamo che quando la carovanapasserà da Giovinazzo le telecamere accese sul Giro manderannoimmagini della nostra città in ogni angolo del pianeta, con due elicot-teri che effettueranno riprese anche dall’alto: il nostro mare, la nostrapiazza, le nostre chiese sugli schermi di milioni di persone nel mondo.Cosa si può volere di più? E invece c’è di più. Chi conosce le vicendedella nostra città, sa benissimo quanto la nostra storia sia intrecciatacon quella di due grandi personaggi. Luca Mongelli e Franco Balleri-ni. Loro tramite il sottoscritto erano diventati grandi amici e Franco daquando aveva conosciuto Luca e il suo dramma approfittava dell’arri-vo del Giro, per invitarlo alla tappa geograficamente più vicina a

Giovinazzo (Vasto nel 2008 e Avellino nel 2009, dove tra l’altroLuca incontrò il grande Lance Armstrong) per andare

insieme in TV a parlare della sua vicenda, a verifi-care i continui miglioramenti del nostro piccolo

eroe, per stimolare i telespettatori ad aprire ilcuore alla solidarietà. Quest’anno Franco

sarebbe venuto a Giovinazzo la mattinadel 18 maggio per salutare nelle scuo-le i Pinocchio in bicicletta, tanti bam-bini che hanno imparato con lui adamare e ad andare in bicicletta. Conloro e con Luca avrebbero atteso altraguardo la maglia rosa. Franco eLuca s’erano dati appuntamento peril 18 maggio. Luca ci sarà, forse sen-za quella fastidiosa carrozzella, Fran-co invece no. Ha fatto sapere già dal7 febbraio che il Giro lo vedrà da las-

sù.Infine, un pensiero ai nostri giovinazzesi

nel mondo. Il Giro è anche e soprattutto ilvostro. So di certo che i vostri cuori batteranno

all’unisono quando scorreranno i tv le immaginidella città Natale. Caro amico Vito Caravella di

Toronto che serbi ancora il cruccio di non essere anda-to in onda nella Giornata dell’Emigrante sul canale web di Giovinazzo.it,spero di essermi meritato la tua indulgenza.Ringrazio il sindaco Natalicchio per la sua totale disponibilità al servi-zio della carovana del Giro. Se ci fossero stati però più soldi in cassa, cisarebbe stato un sogno in più. Quello della maglia rosa baciata da duedolci Miss tappa sul traguardo della piazza di Giovinazzo e tutto ilmondo intorno. Buona festa a tutti.

Tommaso Depalma

Per Franco, per Luca, per voi

il messaggio del giro d’italia

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illis temporibusdi Angelo Guastadisegni

LA MIA FESTA DI MAGGIODedico questo amarcord ai tanti amiciche sui gradoni del Calvario simula-vano simpaticamente e semplice-mente con il gioco dei tappini la corsaa tappe cercando di rivivere le stesseemozioni provate dai loro eroi sulledue ruote. Amici che non ci sono più eche non potranno festeggiarne «lagrande festa di maggio tinta di rosa»ad una manciata di giorni dall’attra-versamento del Giro d’Italia aGiovinazzo con arrivo a Bitonto. Pas-serà il Giro da Giovinazzo, gli dare-mo il benvenuto ma forse continuere-mo a rinchiuderci nella prigione delleindimenticabili emozioni che soloCoppi e Bartali ci potevano dare. Al-lora c’era la radio che raccontava leimprese dei grandi eroi, i campioni delciclismo. Scalare vette impossibili, af-frontare imprese senza eguali viag-giavano allora sulle onde lunghe del-la radio. Per ascoltarla, bisognava re-carsi nei circoli della piazza (USGiovinazzo, Il circolo degli operai del-la Ferriera, ANLI, la Fuci nell’Istituto) oandare in casa di amici, dai vicini dicasa o nella sede dei partiti politici. Letappe del Giro e del Tour de Francema soprattutto gli arrivi di queste era-no per noi ragazzi i programmi piùgettonati alla radio. C’era sempre una

voce amica, quella di Mario Ferretti(memorabile la sua descrizione di unavittoria di Fausto Coppi campione delmondo in carica «un solo uomo è alcomando, la sua maglia èbiancoceleste con i colori dell’iride. Ilsuo nome è Fausto Coppi). Raccontiche per radio all’epoca infiammava-no le folle, appassionavano intere ge-nerazioni, coinvolgendo donne, anzia-ni e bambini non solo sportivi. Tutti in-collati alla radio mentre lungo le stra-de con striscioni e applausi per ogniatleta era un momento di festa. Era il1948. Ricordo la Pescara - Bari attra-versare la nostra città. La SS 16 eraun’arteria irrinunciabile per la carova-na del Giro anche perché non c’eranograndi strade, grandi collegamenti.Pensate 347 km di fatica sulle gam-be. E il gioco di squadra contava finoad un certo punto. Perché in stradascendevano gli eroi, i più forti e i di-stacchi erano molto allungati rispettoad oggi. Ricordo le turbe festanti aibordi delle strade che salutavamo icorridori uno alla volta. Un’emozioneirrefrenabile. Vedere i corridori sfilareera non solo una festa ma anche il se-gnale di una realtà che non ti voltavale spalle. Nella foto che andiamo apubblicare qualcuno si riconoscerà:

a l l ’ ingresso

della piazza c’era Agostino Altieri,Vincenzo Andriani l’imbianchino,Nikkino Andriani. Loro erano già gliadulti, i lavoratori che dovevano con-tribuire a ricostruire un Italia che usci-va dalla guerra affamata di vittorie.Ai tappini giocavano invece i più pic-coli. Sui tappi delle bottiglie erano in-collate le foto dei nostri idoli ritagliatidai giornali e incollati sulla parte insughero del tappo della birra. Emu-lavamo la corsa ciclistica. Ogni corri-dore veniva spinto in avanti cercan-do di raggiungere un traguardo. Nonc’era la televisione ma bastava la ra-dio ad ingigantire i racconti di storiedi piccoli e grandi eroi (Galetti,Girardengo, Zuccotti), sconosciuti gar-zoni, muratori lanciati per piazze econtrade cantati da Brera, Buzzati eCampanile ad unire gli italiani. Il no-stro ciclismo era rappresentato dacampioni come Coppi e Bartali conMagni che faceva da comprimario. Iprimi dividevano i tifosi italiani. Inveroil campionissimo era Fausto Coppi.Nel luglio del 1948 in Italia avvenneun fatto molto grave: Palmiro Togliattiallora leder indiscusso della sinistra

Dedicato ai giocatori dei tappini

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italiana mentre usciva da Montecitorio con la compagnaNilde Iotti veniva raggiunto da tre colpi di pistola spara-tigli da un certo Antonio Pallante. Tante ma tante perso-ne di ogni ceto sociale scesero in piazza, si temette il peg-gio. In quei giorni si correva il giro di Francia e l’alloraPresidente del Consiglio Alcide De Gasperi sembravaavesse telefonato a Bartali esortandolo a vincere per ilbene dell’Italia. Il giorno dopo «Ginettaccio» vinse con

grande distacco sui diretti concorrenti la tappadolomitica Cannes – Briançon comprendente fra l’altrole scalate del Vars e dell’Izoard, trasformando quei cor-tei di protesta in festose manifestazioni di giubilo. Era lapotenza dello sport! La potenza del ciclismo, uno sportfatto di fatica e di impegno allora simbolo di rinascitapost-bellica, rinascita della vita. Ritorna in paese la «Fe-sta di Maggio» come la definì Orio Vergani. Ma nonsarà più come prima!

DUE FOTO STORICHE DEL GIRO

D’ITALIA. In alto, la Foggia-Lecce

del 1929. I fuggitivi attraversano la

piazza polverosa tra due ali di folla

festanti. La tappa sarà vinta dal leggen-

dario Binda. A fianco la maglia tricolo-

re di Ginetaccio Bartali del 1948.

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Tutti sanno come è andata. Hai vintoanche «le secondarie». Ma la vittoria eranell’aria. Il successo di Palese rientra-va nella categoria del «sarebbe bello maimpossibile». Tipo il Livorno che vincesei a zero in casa dell’Inter. I pugliesihanno votato Vendola perché….I pugliesi hanno votato Vendola perché c’èstato il tempo della semina e successiva-mente il tempo del raccolto. Poi, credo siachiaro a tutti che il rapporto fra me e ilpopolo pugliese è qualcosa di più del sem-plice momento delle tornate elettorali. Mipiace spesso sottolineare come ci sia unaconnessione sentimentale. Vedi, la lottaalla precarietà condotta dal mio governo èuno degli elementi che qui in Puglia hariappacificato il popolo con la politica, chemolto spesso è una gabbia asfittica eautoreferenziale. Credo che la differenzasia tutta qui.

Lo sapevano anche i bookmakers ingle-si al punto che sabato 27 marzo aveva-no sospeso ogni scommessa suVendola vincente. Chi sono i tuoiscommettitori?Non mi piace pensare alla politica come auna contesa da bar, né come a una qualsi-asi competizione sportiva. La logica dello‘scendere in campo’ inaugurata nel 1994da Berlusconi, questo lessico da stadioapplicato alla gestione della cosa pubbli-ca, dal mio punto di vista, ha portato moltidanni, fra i quali un imbarbarimento dei lin-guaggi e dei segni della politica.Ragion per cui, non credo si possa parlaredi scommettitori, ma di persone, di storie,di volti che si sono riconosciuti in una pro-spettiva comune, in una narrazione dellapropria storia e della propria terra che è tut-t’altro rispetto al Sud rappresentato comeGomorra. C’è un altro Sud, lo sanno tutti.

E’ vero che Raffaele Fitto - capa tostanel voler candidare Rocco Palese perl’occasione in giacca e cravatta d’ordi-nanza stile mediaste - è stato il tuo mi-gliore alleato in queste elezioni?L’ho affermato ironicamente il giorno dopodella mia elezione. Ma oltre ogni ironia, ol-tre le facili battute, voglio dire che il casodi Raffaele Fitto è esemplare di un modoormai piuttosto diffuso di pensare alla poli-tica. La sensazione di essere capi, capettie padroni di un territorio, o dei destini di unintero popolo, porta a deliri di onnipotenzache ti allontanano dalle persone comuni. Equesta condizione di sordità alle domandedel territorio determina un risveglio amaro,quello di scoprirsi padrone del proprio cor-tile.

Cinque anni fa eri un outsider, «il so-gno di un apache alla Casa Bianca».Adesso per i media un «Fenomeno».Strano ma vero. Significa che anche «la

GOVERNATORE SEMBRA UNA COSA ALLA SCHWARZNEGGER.

«PER UNA MIA FORMA MENTIS NELL’UTILIZZO DELLA

LINGUA ITALIANA, CHIAMO TUTTI PER NOME E GUARDO

NEGLI OCCHI. HO SEMPRE CERCATO I VOLTI».

l ’intervista

DI SERGIO PISANI

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Nichi

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Nichi

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15 MAGGIO 2010

storia passa la mano?».Per formazione e per convinzione,penso che la storia la facciano i po-poli.

Governatore «sembra una cosa allaSchwarznegger». La gente, l’uomodella strada continueranno a chia-marti sempre Nichi?Per una mia forma mentis nell’utiliz-zo della lingua italiana, chiamo tuttiper nome e guardo negli occhi. Hosempre cercato i volti.

Forte del «Fenomeno Vendola» inPuglia, lancerai l’Opa al Pd? Par-teciperai alle Primarie nel 2012 peressere l’anti-Berlusconi?Una cosa deve essere chiara, nonsono io il Fenomeno. Il fenomeno è ilpopolo pugliese, che ha fatto unascelta chiara e ha ribadito con determina-zione una volontà precisa: decidere in au-tonomia il proprio futuro, sia in occasionedelle primarie, sia alle elezioni di marzo.Non c’è nessuna Opa da lanciare, nienteda acquistare. Credo piuttosto sia neces-sario esportare il modello Puglia in Italia,riproponendo le stesse effervescenze, lostesso entusiasmo, la stessa connessio-ne sentimentale che viviamo qui. Ilcentrosinistra continua la sua crisi profon-da. Dobbiamo ricostruire un rapporto con ilpopolo, piuttosto che pensare ad assetti, ageometrie variabili e a forme alleanzisticheche, come hanno dimostrato le elezioni unpo’ in tutta Italia, sono destinate ad averevita corta.

Perché a fronte dei 12mila euro di sti-pendio mensile, qualche candidato del-le liste a te collegate ha speso cifre ad-dirittura a 5 zeri?E’ un argomento che non mi riguarda. Ab-biamo deciso di pubblicare quanto è co-stata la mia campagna elettorale, proprioper dare un segno chiaro, per provare a in-

vertire la rotta. In questo modo rischiamoche la politica diventi una questione perpochi e possidenti, per notabili. Una visio-ne un po’ ottocentesca.

Tre mesi fa le fabbriche di Nichi erano«under construction». Poi si sono apertein tutta la Puglia e hanno iniziato pro-durre idee ed azioni per una Puglia mi-gliore ai ritmi della catena di montag-gio sul modello fordista fino al 29 mar-zo. Adesso sono mezze aperte e mezzechiuse. Come mai? Agli operai glielariconosceremo la Cassa Integrazione?Non scherziamo con la cassa integrazio-ne. Le fabbriche resteranno aperte perchéhanno dimostrato di essere uno dei luoghipiù idonei per l’elaborazione politica al ser-vizio dei territori. Sicuramente continueràil progetto politico di Sinistra Ecologia eLibertà, ma le Fabbriche di Nichi continue-ranno ad essere un importante punto diincontro di diverse culture politiche dellasinistra, che possono interagire e posso-no costruire qualcosa di nuovo, di diverso.Un diverso e più proficuo rapporto con la

società civile.

Come si può fare quadrato contro il Mi-nistero dell’Ambiente che autorizza letrivellazioni per cercare il petrolio inmezzo al mare?Questo è uno degli aspetti più grotteschi diquesto governo nazionale, che proponemaggiori poteri ai territori con il federalismo,salvo poi decidere in tutta autonomia suquestioni così delicate per un territoriocome le questioni ambientali. Noi abbiamofatto ricorso al TAR del Lazio contro le au-torizzazioni concesse dal Ministero del-l’Ambiente, mentre il Comune di Monopolie la Provincia di Brindisi si sono rivolti alTAR di Lecce, che ha dato ragione agli EntiLocali e ha imposto il fermo alla NorthernPetroleum, l’impresa che ha ricevuto leautorizzazioni dal governo. Vedremo cosasuccederà. Ma di certo, questi signori de-vono comprendere che è finito il tempo incui il Sud viveva nel ricatto del lavoro, percui accettava qualsiasi veleno volevanopropinargli pur di lavorare. Abbiamo unadignità e un territorio bellissimo da difen-

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dere.

E se la Puglia scopre di essere un tesoro inesauribile dipetrolio, perché non investire in Sua Maestà l’Oro nero perincassare le royalties?L’ ho ribadito più volte: la Puglia ha già il suo petrolio e sono lerisorse rinnovabili. Abbiamo intenzione di continuare a investirenel futuro, con un ulteriore incremento nelle energie rinnovabili,nelle politiche giovanili, nella ricerca, nella cultura, nel turismo.Questo è il nostro petrolio.

Quali strumenti concreti ha l’Ente Regione per puntare ipiedi contro la decisione del Governo di installare le cen-trali nucleari?Come sopra. Il governo del federalismo accentra le competen-ze, sottraendo ai territori la possibilità di decidere il proprio futu-ro. La sensazione è che il federalismo che vogliono è quellodell’opulento nord cui destinare i fondi FAS del Mezzogiorno, perripagare le multe comminate dall’Unione Europea per non averrispettato le quote latte. Contro le centrali nucleari ci opporremocon i nostri corpi.

Da buon giornalista, Berlusconi avrebbe dovuto risponderealle dieci domande di Repubblica sul caso Noemi?Certo che avrebbe dovuto rispondere alle domande. Ha delleresponsabilità e in virtù di queste responsabilità deve rispon-dere.

E perché Nichi Vendola non ha mai risposto alle 10domande sulla sanità pugliese formulate dal quoti-diano E Polis, domande riproposte ogni giorno inattesa di una tua risposta?Non mi risulta ci fossero queste dieci domande perme.

In cinque righe l’agenda politica dei tuoi prossimi5 anni.Meno di cinque righi: continuare sulla strada delleenergie pulite, completando il percorso che porta laPuglia alla green economy. E poi, continuare a investi-

re nel futuro, nei nostri giovani, nella ricerca, nell’economia del-la conoscenza. Un altro punto fondamentale è quello del turi-smo, legato alla promozione dei nostri prodotti e della nostraagricoltura e alla protezione del nostro ambiente. Ecco, dobbia-mo custodire il nostro territorio.

Quali sono i tagli che Vendola tiene nascosti?Non nascondo niente, anzi. Ho tagliato i ticket sanitari, ho ta-gliato l’IRAP, ho tagliato la tassa regionale sulla benzina, men-tre il governo le aumenta. Ho tagliato tasse, in modo che ognu-no paghi in base a quanto ha, mentre i servizi sono aumentati.

«Fenomeno Vendola» soprattutto a Giovinazzo dove seistato suffragato con il 58%. La lista di SEL ha toccato quo-ta 12 punti percentuali. Il tuo impegno per Giovinazzo neituoi prossimi 5 anni?Sinistra Ecologia e Libertà a Giovinazzo è una bella realtà,composta da persone capaci, intelligenti, oneste. Non mi sor-prende un risultato così positivo, era nelle attese. Giovinazzoha i suoi amministratori che sanno cosa fare, ma se mi chiediun parere, credo che Giovinazzo deve investire nelle risorseche ha: una di queste è sicuramente la sfolgorante bellezzadel suo borgo, del suo territorio.

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Il voto a GiovinazzoREGIONALI: NESSUN

GIOVINAZZESE SIEDERA’

IN VIA CAPRUZZICOME ABBIAMO VOTATO. LA TOP

TEN DELLE PREFERENZE

DI PORZIA MEZZINA

E’ finita. Finalmente! Restano ancora carte e cartacceda recuperare sparse in ogni dove: dai manifesti ancoraincollati più o meno legittimamente sui muri del paese, avolantini e schede fac-simile sui marciapiedi. Qualcunofa ancora capolino dentro casa nostra dimenticato dietroil divano o tra i vecchi giornali da riciclare nei bidoni dellacarta, altri sbucano in bagno sul radiatore giusto sotto lascorta della carta igienica. Tutti con quella bella facciasorridente o seria, di fronte di profilo di tre quarti, chi piùchi meno a proprio agio davanti alla macchina del foto-grafo. Tutti a dirci: «Vota per me!». Ancora?E no! Finalmente è finita. I giochi sono fatti. E nella Pugliamigliore resta al proprio posto in Regione Vendola Nico-la detto Nichi. Che ha visto Raffaele Fitto – sono paro-le sue - quale migliore alleato, capa tosta nel volercandidare Rocco Palese (per l’occasione in giacca ecravatta d’ordinanza stile mediaset) nonostante le buoneprobabilità di Adriana Poli Bortone di aggregare il cen-tro destra pugliese, che aveva trovato d’accordo inizial-mente pure il papi nazionale il quale dal canto suo, dopoaverci pensato qualche ora, ha respinto le dimissioni delMinistro che, a suo dire, non sarebbe l’unico colpevoledel fallimento pugliese del PDL.

UNO TSUNAMI DI SOLDI SPESI. E mentre si spaz-zano le cartacce, si smantellano anche le varie sezioni esezioncine che, come in ogni tornata elettorale che sirispetti, si erano aperte in paese per convincerci a vota-re per l’uno o per l’altro. Uno tsunami di soldi spesi tra

a f f i t t o,luce ac-qua gas,telefonoe lineaadsl; epoi pub-blicità sui manifesti grandi e piccoli, volantini e «santini»,pubblicità su giornali televisione radio siti internet, cenee cenette. «Cara» elezione, quanto costi a costoro? Tuttihanno detto di aver speso poco, soprattutto ora che sia-mo in tempo di crisi; ce lo siamo sentiti ripetere da sini-stra destra centro sopra e sotto, perché dire che c’è lacrisi va di moda. Ci avete creduto? L’investimento si ag-girerebbe su cifre che vanno dai 4 o per qualcuno addi-rittura ai 5 zeri! Il tutto per ottenere una decina di migliaiadi euro al mese più qualche altro benefit in quel di viaCapruzzi a Bari…

IL PARTITO DEL NON VOTO. Ma cosa pensa ditutto ciò quel 36,83% di pugliesi aventi diritto che non èandato a votare? Perché non è andato? E perché pochipolitici se ne preoccupano? Riusciranno i consiglieri re-gionali a far ritrovare il gusto della partecipazione nelquinquennio durante il quale avranno da lavorare? O al-meno nel triennio che ci separa dalle prossime elezionipolitiche. Chissà se allora Vendola sarà chiamato a direla propria anche a tutto il centro sinistra italiano. Lui, due

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volte vincitore su Boccia (nelle primarie chieste a granvoce nel tacco d’Italia), portato avanti dai tanti pugliesiche, nonostante lo scandalo sanità e le scelte non tutteoculate in giunta, lo hanno rivotato per la seconda volta.Sarà dura però per Nichi contrastare da solo le centralinucleari, le trivellazioni per cercare il petrolio in mezzoal mare, la privatizzazione dell’acqua, la mala-sanità, lacorruzione imperante, la contrapposizione Nord-Sudtargata Lega se non sarà sorretto dai pugliesi tutti: per-ché le battaglie non le vince solo il generale se i soldatinon lo sanno seguire. Lui, il poeta, il fascinatore di popo-lo, armato di belle parole, che vuole farci sentire fieri diessere del Sud, ricchi delle differenze reciproche, tuttida amalgamare col dialogo e l’ascolto.

DIAMO I NUMERI. Anche tanti giovinazzesi hannopreferito non andare a votare. Su 18mila 639 aventi dirit-to, si sono espressi solo 11mila 644 giovinazzesi, cioè il62,4%, confermando col 37,6% di astenuti il trend na-zionale di questa tornata elettorale. E’ andata meglio chea Molfetta, dove si sono presentati alle urne il 53,5%degli aventi diritto: i meno partecipi di tutta la provincia diBari! I più presenti, invece, gli elettori di Acquaviva delleFonti (82,5%). A Giovinazzo sono state 91 le schedebianche (lo 0,78%) e 233 quelle annullate (il 2%).La metà degli italiani andati a votare non ha messo lacroce su nessun partito, segnando solo il nome del Pre-sidente di Regione. Al Sud, però, sono molti ma molti dipiù gli elettori che scrivono anche il nome del candidatopreferito. A Giovinazzo 759 sono stati i voti dati solo aiPresidenti. Invece 10mila 561 persone hanno anchevotato per una lista. Hanno preferito Vendola 6mila 500elettori (57,42%); Palese 3mila 535 (31,23%); mille 259la Poli Bortone (11,12%); Rizzi è stato votato da 26giovinazzesi (0,23%).

Vediamo ora come è andata ai quattro concittadini chesi erano candidati, nessuno dei quali ha vinto un postoin via Capruzzi. Al numero uno per quantità di preferen-ze, puntuale come un bus, c’è Savino Lasorsa: 2550preferenze in tutto, 873 a Giovinazzo. Secondo si piaz-za Santo Restivo con 801 voti personali, 656 aGiovinazzo. Terzo Pietro Sifo con 475 voti in tutto, 299a Giovinazzo. Ultimo l’ex sindaco del ribaltone Giusep-pe Illuzzi con 354 preferenze, 261 i giovinazzesi chehanno segnato il suo nome sulla scheda.Il PD si conferma primo partito a Giovinazzo col 30,7%dei voti. Secondo il PDL con il 21%. Sinistra Ecologiae Libertà prende il 12% delle preferenze seguitodall’11,7% dell’UDC. L’IDV è stato votato dal 6,4% deigiovinazzesi; I Pugliesi per Rocco Palese dal 6%; LaPuglia prima di tutto dal 4,7%; il 2,4% ha votato per laPuglia per Vendola; il 2% per la Federazione SinistraVerdi; lo 0,9% per Io Sud; lo 0,2% per Alleanza di Cen-tro (29 voti); stessa percentuale per Alternativa Co-munista; lo 0,1% per la lista Bonino-Pannella (12 voti);12 persone hanno votato per la lista dei Pensionati; aun solo giovinazzese è piaciuto l’Udeur.E tra i candidati? Ecco la classifica top ten limitatamen-te alle preferenze espresse a Giovinazzo. Primo con 873preferenze è Savino Lasorsa (UDC); 784 i voti per Ni-cola Canonico (PD) e 783 per Nicola Loizzo (PD).Antonio Camporeale (PDL) se ne è meritati 677 se-guito da Santo Restivo (SEL) con 656 voti. A GerardoDe Gennaro (PD) sono andati 508 voti; 455 voti perGuglielmo Minervini (PD); Massimo Cassano (PDL),il più votato in Puglia, a Giovinazzo ne ha ottenuti 387;per Pietro Sifo (La Puglia prima di tutto), come abbia-mo già scritto, hanno votato in 299, e per GiuseppeIlluzzi (I Pugliesi) 261.

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Anche se più che di elezioni regionalisarebbe forse meglio parlare di provetecniche per candidati e alleanze perle prossime amministrative, fedeli alnostro stile, abbiamo deciso di com-mentare questo appuntamento eletto-rale a modo nostro, tra il serio ed il fa-ceto, per divertire ma forse anche farriflettere i nostri lettori sui risultati aGiovinazzo. E lo facciamio utilizzandoproprio i manifesti con cui i maggioricandidati presidenti e i più suffragati sisono proposti ai nostri elettori.

Nichi Vendola, Voti: 6.500 La poesia è nei fatti

Ma chi l’ha detto che la poesia non ser-ve a niente? Grande affabulatore e no-vello orfeo mediatico, Nichi Vendola in-canta tutti e, con la sua poesia, riescepersino a far dimenticare i fatti di cro-naca giudiziaria della precedente giun-ta da lui presieduta e che hanno dav-vero messo a repentaglio la sua cam-pagna a Presidente. Da primato asso-luto il suo marketing elettorale: la mi-gliore campagna tematica italiana per«la poesia è nei fatti», 3 trofei naziona-

li più un secondo posto attribuiti dallacommissione tecnica della comunica-zione al Galà della politica, sono un ri-sultato davvero senza precedenti. Evi-dentemente la pubblicità non è solol’anima del commercio, e quelle diNichi più che di idee si sono rivelatefabbriche efficientissime di consensi.

Rocco Palese, Voti: 3.535Basta Chiacchiere.

E’ Palese il PresidenteFinite le chiacchie-re, più palese dicosì non potevaessere il risultato:ben 2965 voti discarto con il neoeletto Presidente,la scelta operatadal cognato-mini-stro di far correreda solo il PDL, haprodotto anche quii suoi danni. Boc-ciato lui dall’eletto-rato pugliese, tut-to sommato è andata meglio di quantosi potesse prevedere, invece, all’on.Fitto le cui dimissioni, per fortuna, nonsono state accettate: resta comunqueuna importante risorsa per la nostraregione.

Adriana Poli Bortone,Voti:1.259

Orgogliosamente terrona

E beata lei! Sicuramente caduta dal-le nubi, dopo il risultato delle urne, ilsuo orgoglio pugliese non le ha cer-to garantito lo stesso successo cheChecco Zalone ha invece raccoltocol suo nelle sale cinematografichedi tutt’Italia. Amministratrice capacee senza macchia (ha portato, tra l’al-tro, l’immagine turistica della suaLecce a livelli mondiali) era lei la can-didata naturale del centro-destra inPuglia. E comunque la sua scelta,volontaria o meno, di correre da solaha di fatto regalato la poltrona di Pre-sidente a Vendola: basta sommare ivoti alla Regione di Io Sud e del PDLper rendersene conto.

Savino Lasorsa,Voti: 873 Si, riparte.

Se «per unpunto Martinperse la cap-pa», scher-zando ver-rebbe da direche «per unav i r g o l aSavin persela corsa»(quella confermata a

ALESSANDRA TOMARCHIO - ROBERTO RUSSO

PUGLIA, COL BENE CHE TI VOGLIO...

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via Capruzzi), giusto per fare una bat-tuta a tema su un ruolo che ha purcapacemente ricoperto. Evidente erro-re di tipografia a parte, Savino Lasorsaè il primo tra i candidati cittadini alla Re-gione e, secondo alcuni, l’unico dei no-stri ad avere almeno una qualchechance di diventare consigliere. Utopicaprevisione, questa, purtroppo smentitadai numeri: se pure il centrodestra unitodi Giovinazzo avesse concentrato tuttii voti su di lui, non ce l’avrebbe comun-que fatta lo stesso.

Santo Restivo,Voti: 656Difendi la Puglia Migliore

Forse il solo inPuglia a potersipresentare conl’unico, vero«santino» chepotesse fregiarsidel marchiod.o.c., SantoRestivo è il se-condo, come voti,tra i candidatigiovinazzesi e

quinto nella graduatoria assoluta dei piùsuffragati nella nostra città. Un risultatodi assoluto rilievo se si pensa che, cor-rendo da solo e con un brand minore,ha preso appena 21 voti in meno del piùvotato dei candidati del centrodestra eviribus unitis, costui, per di più. Megliodi lui, a sinistra, Nicola Canonico (784voti) e Nicola Loizzo (783 voti), Restivosupera invece di 148 voti Gerardo DeGennaro e di 201 Guglielmo Minervini.Tutti targati PD, ma ognuno con appog-gi esterni ben distinti: la crisi interna al

PD è più che evidente per chi la vuo-le leggere.

Antonio Camporeale, Voti:677(nessuno slogan)

Solo musicaper questa‘serenet a casdu senataur’’tutta giovinaz-zese ma cheha le note,però, di unamessa darequiem per leorecchie del-l’ormai ex con-

sigliere Attanasio, insostituibile pila-stro del PDL pugliese, che qui racco-glie solo 44 voti ed evidentemente tutti‘ad personam’. In perfettacontrotendenza nazionale, la compo-nente locale di AN, da lui ufficialmen-te investita a suo tempo, si dissolvenel PDL e di fatto lo manda a casa:sarebbero bastati infatti solo un tre-cento voti di ‘partito’ a Giovinazzo afar la differenza tra Attanasio eCamporeale. Basta e avanza questoa spiegare come è combinato qui ilnostro centrodestra. Congratulazionial neo eletto.

Pietro Sifo, Voti: 299Impegno e serietà

E il suo impegno si è visto: «trecen-to» voti a Giovinazzo, e tutti raccoltiad uno ad uno tra chi lo conosce beneed in una campagna elettorale comequesta, non sono certo pochi. Ma sta-volta il suo amore per la politica e per

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la polizia nonè certo statocorrispostocome merita-va, soprattut-to da que-s t ’ u l t i m a ,dove purgode di meri-tata stima perla capacità e

serietà con cui ha ricoperto ancheimportanti incarichi: solo 176 votifuori porta.

Giuseppe Illuzzi, Voti:261 Ambiente, lavoro esviluppo territoriale

Dulcis infundo, pro-prio comel’omonimo edapprezzatissimoolio di buonam e m o r i a ,G i u s e p p eIlluzzi, affet-tuosamentePinuccio per itanti amiciche conta elo stimano.Per lui, notoriamente cristiano fedelee praticante, il voto dei concittadiniha reso perfettamente applicata unadelle massime evangeliche più note:ex-primo cittadino è ora ultimo nellatop ten di queste regionali. Ma èchiaro, è tutto solo rimandato allaprossima volta: gli ultimi saranno iprimi!

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Si è appena conclusa la tornata elettorale per leamministrative ed il tema delle consultazioni eletto-rali, invita a diversi approfondimenti anche legati alpassato. La conoscenza delle modalità di tale prassinei secoli è storia di usi, costumi e in definitiva del-l’uomo civico. Dagli antichi documenti è possibiledelineare non solo come si svolgessero le elezionidei rappresentanti del popolo, ma anche coglierecon quanta tensione si apprestavano a gestire legiornate dedicate al voto alle urne coloro che lavora-vano per questo momento di libertà. Fino al secoloXIII buona parte delle magistrature locali era di nomi-na regia, ed è quindi facile comprendere quanto siacostata la conquista di autonomia che riconobbe aicittadini, il diritto di eleggere i propri rappresentanti, equindi con quanta attenzione essi si preoccupasse-ro di salvaguardare la conquistata posizione di“homines loci, o cives, o totus populus” che dir sivoglia con il linguaggio del tempo. È bene ricordareche nei secoli passati il governo della nostra cittàera affidato a due sindaci, uno rappresentante dellapiazza dei nobili e l’altro della piazza del popolo e chepertanto ritroveremo negli atti sempre il sostantivo alplurale. È bene precisare che uno o due rappresen-tanti dell’Universitas, identificati come Sindaci eletti,cominciano ad apparire dal secolo XII ma con merafunzione di rappresentanti della comunità locale di-nanzi all’autorità regia, e solo successivamente, in-torno al secolo XVI assunsero le vesti di ammini-stratori locali.

PROCEDURE ELETTORALIIl protocollo notarile dell’anno 1617 del notaio Fabri-zio Vallone (ASBa, piazza di Giovinazzo, sk. 9, vol.86) ai ff. 105-112 contiene allegato un fascicolo conuna propria numerazione antica, relativo alle conte-stazioni fatte alle elezioni decurionali del 1610 e rela-tive disposizioni impartite dal Viceré di Napoli. In quel-l’anno infatti tale Giovanni Beradino Costabile fu de-legato ad hoc dal Vicerè e dal Regio ConsiglioCollaterale affinchè facesse applicare correttamen-te a Giovinazzo le procedure per l’elezione dei sin-daci così che non fossero inficiati tutti i provvedi-menti che ne conseguivano. Con una regiaprammatica infatti era stato disposto di far «eligerepersone da bene non litiganti né debitori». Poi-ché nell’urna era facile non solo lasciarsi condizio-nare dalle scelte degli altri, ma soprattutto intimorirsidella disapprovazione di alcuni per la scelta che siandava a compiere, Giovanni Berardino Costabileoltre a confermare la votazione segreta, stabilì an-che una pena pecuniaria per chi avesse trasgreditoai suoi ordini in quanto «dal dare delle ballotte inpublico sogliono nascere odii, rancori, et diversi in-convenienti; perciò con il presente nostro ordinecomandiamo alli detti sindaci consiglieri et numerariià chi spetta dare la detta ballotta che quella vogliano,et debbiano dare secretamente di modo che non sivedano da persona alcuna, et prima che la ponganonel bussolo la debbiano mostrare a noi, a ciò laelectione, et approbatione della persona eligenda vadicon quel ordine che si conviene, et non si faccia danessuno il contrario, sotto pena di ducati 20 perciascheduno, et per ciascheduna volta che contrav-verrà».Visto l’annoso problema degli «odi, rancori ed incon-venienti» tra avversari politici che non sapevanogestire con educazione e correttezza la diversità dipensiero (forse nelle aule consiliari volavano invetti-ve e c’èra anche chi alzava le mani e la voce ed il

tono dello scontro politico si esaspe-rava ... come oggi in parlamento!!!) lostesso Costabile ordinava che «indicta elettione che li nobili stianounitamente da una banda; et da l’altra quelli delpopulo unitamente, per evitare le [liti] che sogliononascere da simili inconvenienti».

RISPETTARLE …?Ma se oggi si cerca di restare seduti su quellepoltrone per più mandati consecutivi, quattro se-coli fa proprio il Sindaco di Giovinazzo la pensava di-versamente. Ci piace pensare che quando l’umiltàe la modestia ma soprattutto il senso di responsa-bilità contraddistingue gli eletti essi sanno farsi daparte pur di far salvo l’interesse del popolo cheessi stessi rappresentano. Lo stesso dicasi qua-lora debbano dimostrare al popolo che essi nonhanno propri interessi da salvaguardare. Proprioper tali motivi Giovanni Framarino nel 1611 ricusòl’incarico per il quale era stato prescelto; infatti agiustifica del suo rifiuto all’elezione a Sindaco, ri-badì più volte che la norma andava sempre appli-cata con puntualità a cominciare dal primo cittadi-no: «Appresso li atti della nova elettione delloregimento della città di Giovenazzo dell’anno 1611secondo l’uso, compare il dott. GiovanniFrammarini et contradicendo espressamente allanominatione della sua persona, fatta per l’officio diSindaco delli nobili di detta città, dice qualmenteesso comparente ha administrato in detta città ildetto officio di Sindaco ultimamente nell’anno 1607,per il che non può, ne deve, essere aggravato adamministrarlo di nuovo se non saranno elapsi al-meno cinque anni conforme la dispositione dellaRegia Prammatica che dispone che ad ibidemofficium debeat quis vacare per quinquennium, etad diversa per triennium». Ma la preoccupazionedel Frammarino fu anche di non ledere il dirittoall’eleggibilità degli altri suoi concittadini «tanto piùche non mancano in detta città gentilhuomini attiad esercitar detto officio li quali non l’hanno anco-ra esercitato, e li pesi et honori delle città devonoessere egualmente dispensati fra li cittadini; fainstanza adunque non esser molestato, ma nomi-narsi altra persona per detto officio, altramenteincusa le pene della Regia Prammatica contra tuttiquelli che contravveneranno e cossi dice in ognimiglior modo».Si cercò quindi di riunire «il reggimento della uni-versità cittadina» che era costituito da tutte quellemagistrature o ufficiali di elezione popolare che invirtù delle carche ricoperte avrebbero dovuto pre-siedere alle votazioni, ma molti risultarono assen-ti, nell’atto si legge infatti che «Sebastiano Paternagiurato, ha referito che essendo andato a chiama-re Giovanni Francesco Vernice, Pietro Chiurlia, etPaulo Framarino consiglieri delli nobili, per proce-dersi alla nova electione et concludere molte cosedell’Università, dalle genti di casa di detto Verniceè stato resposto che si trovano in Matera, et ildetto Paulo absente; et il detto Pietro non s’hapossuto trovare con haver visto nella casa in piaz-za, et altre case della città et ita retulit. Li sindacidella città di Giovenazzo dicono come havendosida concludere alcune cose et spese fatte per lacittà mancano alcuni del regimento et perchè perla relatione fatta da lo giurato appare li detti Verni-ce, Frammarino et Chiurlia star absenti, et chi non

trovarsi, perciò fanno instantia che non obstante ildetto mancamento si vogli procedere a conclude-re le cose inferius proponende et così dicono inquesto et in ogni altro miglior modo».Nonostante l’assenza di alcuni officiali quindi si de-cise di dar corso alla nuova elezione, della quale sidesume la procedura dal verbale che segue: era-vamo ancora lontani dal suffragio universale!«Et incominciata la detta electione fu tirato per sor-te Iacomo Antonio Mena per uno delli elettori dellinobili il quale nominò Giovanni Antonio Chiurlia ilquale ballottatosi per ballotte secrete hebbe albussolo delle “si” ballotte n. 26 et 2 al “no” et restòapprobato.Raffaele de Magronibus nominò il dott. GiovanniFramarino il quale recusò detto peso et fu decreta-to che si nominasse altro et così detto Raffaelenominò Giovanni Battista Sasso il quale ballottatosiper ballotte secrete hebbe ballotte 6 al “si” et 22 al“no”; et così il detto Raffaele nominò GeronimoSaracino il quale ballottatosi per ballotte secreteebbe ballotte 14 al “si” et 15 al “no”. Et perché ildetto Raffaele casciò dalla electione, [si votò] l’altroet uscì Paulo Braida il quale nominò Giovanni Do-nato Saracino et ballottatosi ebbe al “si” 18 et ilrestante al “no”. Et posti tutti dui dentro il vaso uscìper sindaco Giovanni Antonio Chiurlia. Et della me-desima maniera uscì per eletione del populoColantonio Ciarfaglia il quale nominò Giacomo DeCicco il quale ballottatosi per ballotte secrete hebbeal “si” ballotte 18 et il restante al “no”».

DUE CASI AGLI ANTIPODI ….Del 1652 è un altro caso di onestà di un pubblicoufficiale. In quell’anno tale Nicola Chiurlia era statoeletto cassiere dell’Universitas. Ma costui di nobilefamiglia, ed uomo onesto, si presentò dinanzi alnotaio Marino Gregoriano per rinunziare all’incari-co. Il notaio così verbalizzava: «Alla nostra pre-senza si è costituito Nicola Chiurlia che spontane-amente ha dichiarato essere stato eletto cassieredell’Universitas, nelle ultime elezioni, e poiché lostesso Nicola ha interessi con la detta Università edalla stessa ha da ricevere parecchi importi pervarie giuste cause, lo stesso Nicola ha dichiaratorinunciare e rifiutare l’incarico di cassieredell’Universitas al fine di evitare un conflitto di inte-ressi, invitando pertanto l’Universitas a provvede-re all’elezione di un altro cittadino quale cassiere(traduzione dal latino da ASBa, p.za di Giovinazzo,sk. 12, vol. 152, f. 62v atto del 16-9-1652 Rinunziaincarico pubblico).Un po’ diverso invece è un caso di sedici anni dopo.Non sappiamo se per alto senso di responsabilità,o per meri interessi personali Giovanni DonatoSaraceno e Leonardo Martino sindaci di Giovinazzonel 1668 «stante l’angustia e scarsezza de cittadi-ni» ed essendo «di molto danno il non poter con-correre nell’arrendamenti <appalti delle gabelle>quelle persone che sono del governo d’essa» fe-cero istanza al Re affinchè concedesse «a dettaUniversità che nell’arrendamenti suddetti per mag-gior utile di questa possano concorrere liberamen-te tutti li cittadini ancorchè fussero eletti al governodi essa» (Al giorno d’oggi si parlerebbe di …turbativa d’asta (... !?!) (ASBa, p.za di Giovinazzo,sk. 14 not. F.A. Cellammare, vol. 201/II, f. 42).

Dignità dell’uomo politico ebrogli elettoraliELEZIONI AMMINISTRATIVE DEL SEC. XVII

storia nostra

DI DIEGO DE CEGLIA

Dignità dell’uomo politico ebrogli elettorali

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23 MAGGIO 2010

CONTRAVVENIRE ALLEREGOLE?

Tornando alle elezioni, l’atto che segue, dello stessonotaio Cellammare (ASBa, piazza di Giovinazzo, sk14, vol. 200/V, ff. 42-45, atto del 18 settembre 1665Atto pubblico di protesta circa le ultime elezioni deisindaci dinanzi al governatore), parla di brogli eletto-rali durante le elezioni dei Sindaci del 1665. In esso silegge infatti che «in presenza del sig. GovernatoreCarlo Pappacoda compaiono li sottoscritti del Go-verno di questa città di Giovenazzo, et in viaprotestativa ... si dicono, come sotto li 15 d’agostoprossimo passato 1665 giorno solito de farsi l’ele-zione del nuovo governo di essa città, sicongregarono (i decurioni)» ma «contro l’antico so-lito il detto sig. Govrenatore pretendeva di tirare lecartelle delli nomi delli eletti et altri officiali eligendi dadentro la bussola et publicare esso solo li detti nomiusciti senza far riconoscere dette cartelle dalli re-stanti, non ostante che questo fusse di grande pre-giudizio all’Università e suoi consiglieri il restringerela libertà loro, et non potersi scoprire se vi è fraude».Era infatti quanto mai discutibile nonchè inusuale lamodalità voluta dal Governatore per la registrazionedei dati elettorali infatti «sempre si è osservato chedette cartelle si sono fatte cavare da dentro la bus-sola da un figliuolo, quale l’ha consignato in manodelli Sindaci, et detti Sindaci l’hanno mandate a tornole dette cartelle acciò ogniuno le vedesse et si chia-risse della verità et per levarsi ogn’uno dal suspettodi fraude anco l’hanno publicato e mandato a torno lecartelle remaste nella bussola». Il rispetto di tale usoconsentiva a ciascuno dei presenti di controllare devisu le scelte fatte dagli elettori, «in conformità dellaudo proferito dalla beata memoria di mons. Lucia-no de Rubeis vescovo di questa città sotto la datadelli 26 febbraro del 1584 di comune consenso ditutte due le piazze, circa il modo di eleggere l’Officiali»(si tratterebbe del primo vero e proprio Ordinamentomunicipale della nostra Universitas edito in L.Volpicella, Gli statuti per il governo municipale dellecitta di Bitonto e Giovinazzo, Napoli 1881).Privare gli elettori del diritto di visionare il contenutodelle ballotte significava che «detto sig. Governtore

potria eleggere chi pare e piace a lui, contro la vo-lontà di tutto il governo». Il dubbio di una irregolareprocedura nelle votazioni e la irremovibile posizio-ne del Governatore che stava «anzi maggiormenteostinandosi in detta sua pretensione» indusse glielettori ad abbandonare l’aula ed «essi protestan-dosi risolsero andarsene come in effetto se n’anda-rono senza procedere all’elettione per darne parteall’eccellenza del sig. Duca, ... rappresentandoli ilpregiuditio et ingiustitia, cum reverenza, pretende-va farli detto sig. Governatore, supplicandolo che sidegnasse ordinarli che li facesse osservare il soli-to».Domenico Giudice, duca di Giovinazzo l’8 settem-bre del 1665 trovandosi in Napoli così scrisse airappresentanti dell’Universitas: «In risposta della let-tera delle SS. VV. devo dirli come dalla relatione delConsultore io non resto totalmente pago delle ra-gioni dell’Università per l’elettione del nuovo gover-no, però affinchè non venghi maggiormente ritarda-ta incarico alle SS.VV. a farla subito con l’interventodel Governatore dal quale dovrà leggersi il bolletti-no, che si caverà fuori e che lo facci riconoscere, ...non posso se non approvare le diligenze che fannoper evitare le fraudi».Ma quando il 9 settembre i rappresentanti delle duepiazze si radunarono per procedere alla nuova vo-tazione secondo le direttive del Duca, che sembra-va avesse capito e colto le loro proteste, si dovette-ro di nuovo confrontare con la testardaggine delGovernatore che mostrando la lettera ricevuta dalDuca con la quale gli si «ordinava che uscita dallabussola la cartella la facesse solamente ricono-scere dalli sindaci purchè ne l’avessero richiesto»negava in effetti a tutti gli elettori il diritto al controllo.Insoddisfatti e certi del broglio elettorale i consiglierianche questa volta «disciolsero il regimento, etogn’uno se n’andò per fatti suoi».Con profondo senso di responsabilità però, gli stessiconsiglieri consapevoli del vuoto non solo ammini-strativo, ma soprattutto economico, che avrebbepatito l’Universitas fin tanto che non fossero statieletti gli amministratori, decisero di dar corso alle

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votazioni «sin a tanto che si deciderà fermiter ilpunto, et non alias, aliter nec alio modo, ne s’in-tenda fatto pregiuditio alcuno ad essa universitàet protestanti, ma toties s’intenda fatta detta pro-testa quoties si procedesse contro la forma del-l’antico solito in fare la detta elettione». A tuteladella loro buona fede, e per cautelarsi da possibilifuture denunce di connivenza e corresponsabilitàin abuso della cosa pubblica, pretesero che ilnotaio con atto pubblico, riportasse tutta lacronistoria della vicenda «acciò omni futurotempore appaia che per la presenza et interven-to di detti protestanti in fare detta elettione nons’intenda in conto alcuno consentire al detto sig.Governatore ne che con detto atto se li accrescaragione alcuna, et in casu contrarii da mo perallora n’appellano a superiori e dicono de nullità etcosì dicono, et si protestano in questo et inogn’altro meglior modo».La controrisposta del Governatore CarloPappacoda non si fece attendere , e dichiarandoche anche se «un’antica consuetudine è factasia legge in questa città» egli «per obedireall’ecc.za del sig. Duca di Giovinazzo padrone alquale dovrebbero obedire i suoi vassalli ... permera cortesia et non per obligatione s’offerisceogni volta che sarà richesto di fare leggere lacartella che uscirà dalla bussola alli sindaci sola-mente, et non ad altri». Il notaio quindi verbalizzòla testimonianza richiesta dai sindaci a TommasoCelentano e Giuseppe Cresci governatori rispet-tivamente nel 1663 e 1664 i quali attestarono chesolevano far «leggere da tucto il governo la car-tella» a conferma che «l’elettione si è fatta nellaconformità che essi protestanti hanno esposto».Così i sindaci dichiararono che avrebbero datocorso alla votazione solo per «obedire alla letteradell’ecc.mo sig. Duca padrone per dimostrareesser ossequiosi et obedienti vassalli non solo inquesto ma in ogni altro che restarà servito co-mandare non solo in questo ma in ogni altro mi-glior modo». Ogni commento, ed ogni raffrontocol presente diventano … inutili.

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DI GABRIELLA MARCANDREAgiovinazzo che lavoragiovinazzo che lavora

IL NOSTRO VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELLE NOSTRE ATTIVITÀ PRODUTTIVE

ANTICA PESCHERIA DISCIOSCIA

Il pesce a tavolaIl pesce a tavola

ph: Roberto Russo

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25 MAGGIO 2010

Nutrirsi bene e senza perdere di vista la forma. Come? Conil pesce a tavola, un piatto unico saporito e sano. Dai unpesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno… Un pesce nonpuò bastare. Ma con la recessione che viviamo, questo an-tico proverbio è ritornato in auge. Capita sempre più spessodi imbattersi in clienti che acquistano solo uno o due pescialle bancarelle del mercato cittadino. Come sono lontani itempi in cui si faceva festa con il pesce a tavola. Parola diDiscioscia, antica pescheria del popolo giovinazzese dal 1940.

LA STORIA. Correva infatti il 1940 quando Angelo Disciosciainaugurava l’attività di pescheria in Piazza Porto, alle spalledel vecchio Comune. Si chiamava Pescheria moderna, la pe-scheria dei giovinazzesi. Un vero e proprio precursore deinostri tempi, un esperto di piccola pesca e di commercio.Con il passare del tempo, Angelo decise di abbandonare ilsuo gozzo per dedicarsi completamente all’attività di com-merciante, acquistando il pesce all’ingrosso, al mercato diMolfetta e il prodotto locale dai giovani pescatori di Giovinazzoche, a quell’epoca vantavano una nutrita marineria. Oggi ipescatori bisogna cercarli col lanternino. E di lampare ce n’èrimasta solo una. Eppure Giovinazzo ha fatto storia con lesue lampare, così come Molfetta ha sempre primeggiatoper la pesca a strascico. Già, la pesca. Per la nostra cittadi-na era il settore trainante dell’economia. Negli anni ’40 ladomanda del pesce era soddisfacente. C’era l’abitudine nellefamiglie di riunirsi la sera a cena per preparare il pesce. Tuttiacquistavano. Soprattutto nel periodo della raccolta delle olivesi vendevano sette-otto chili di pesce a famiglia. Un solo pastola sera bastava a sfamare tutti. Ed è proprio su quelle tavoleche si sono gettate le basi della famosa dieta mediterranea.Olio d’oliva e Omega3 si consumavano a iosa in un’atmosfe-ra del tutto festaiola. Passarano 10 anni e Angelo Disciosciainiziò ad aver bisogno di un aiuto al banco. Candidato idealesi mostrava il figlio Amedeo. Scelta o passione? Non si sa! Sisa invece che allora occorreva imparare pure un mestiere oereditarlo dal padre: sembrava quest’ultima la strada mae-stra per Amedeo. Ad lui venne soprattutto assegnato il com-pito di andare in giro per Giovinazzo in lungo e in largo perquartieri con il carretto. All’angolo della strada si richiamaval’attenzione della gente. La vendita itinerante fruttava soprat-tutto la sera quando le massaie attendevano impazienti l’ar-rivo del carretto per sfamare la prole numerosa. Tutto que-sto fino al 1968, anno in cui, Amedeo avendo ormai eredita-

to del tutto l’attività, si spostò inPiazza Garibaldi dove si insediò ilmercato. Allora il prodotto si ven-deva seguendo le stagioni: in in-verno le sarde e le alici, in prima-vera i dentici, in estate i polpi. Equanti polpi ha battuto Amedeo!Quintali di polpi che arrivavanoanche ad un peso di otto-nove chilisoprattutto nei mesi di ottobre/novembre e sotto Natale. Eranogettonatissimi sulla piazza. Ma an-che la zuppa, le fritture, i merluz-zi, le seppie, i calamari e il famo-so pesce azzurro. La pescheriaDiscioscia offriva al pubblico tuttaquesta vasta rete di specialitàmarinare. Da Amedeo a suo fi-

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glio Angelo. La pescheria non passa la mano. Anzi abbrac-cia tre generazioni. E’ il 1980. Angelo iniziò a far capolino trale delizie del mare nostrum durante le estati, quando la ca-lura estiva segnava la chiusura dell’anno scolastico. Primale semplici consegne e poi pian piano impara il mestiere inprima linea con il pubblico. Tutto fino al 1991 quando da Piaz-za Garibaldi si passa al mercato ittico. E Angelo da quell’an-no diventa un vero e proprio commerciante. «Oggi - spiegaAngelo - purtroppo si lavora con piccole quantità. Sono lon-tani i tempi degli andirivieni faticosi di casse stracolme dipesce. Dalle casse di 10-12 chilogrammi che si ritiravano dalmercato generale si è passati ai 6 attuali. Si lavora con pic-cole quantità anche perché si sono ridotti i nuclei familiari equindi si scarica molto meno».

IERI ED OGGI. Le abitudini sono quindi cambiate e la cliente-la diventa sempre più esigente. Il consumo ovviamente èstato scoraggiato dall’aumento dei prezzi che dev’essere ri-cercato soprattutto all’origine, cioè nelle politiche dei fornitori,dopo l’avvento dell’euro. E poi si è accorciata la settimanalavorativa. Oggi si lavora dal martedì al sabato, perché nellegiornate di domenica e lunedì il mercato ittico è chiuso. «Pri-ma la domenica era il giorno della festa anche per i venditorial banco. Si vendeva tanto pesce e i clienti, nella giornata diriposo, accorrevano numerosi anche dai paesi interni. Oggiinvece in quella giornata la gente preferisce andare al risto-rante per mangiare il pesce già cotto. Si è persa la tradizio-ne delle ricette casalinghe». «Ora - prosegue Angelo - si vacon il camice bianco a lavorare. Si va come i dottori. I nostri“pazienti” hanno un’età che va dai 50 anni in su perché pur-troppo i giovani non ne vogliono sapere di acquistare e im-parare a cucinare il pesce». E se negli anni passati il pesceazzurro, i merluzzi, la zuppa e i polpi erano i pesci più ven-duti, oggi si vendono soprattutto i filetti. Perché la massaianon esiste quasi più, non ha tempo e ha poca voglia didiliscare. Nell’ambito del crudo si preferiscono i gamberettisgusciati, gli scampi e le tagliatelle di mare. «Attualmentenel nuovo mercato ittico vi è una buona organizzazione conil pieno rispetto delle norme igieniche. Per noi operatori è unvero e proprio fiore all’occhiello, una struttura unica nel no-stro territorio. I prodotti provengono sempre principalmentedal mercato di Molfetta, oltre al pescato locale»

DOMANI. «Ci auguriamo tutti che possa seriamente incre-mentarsi il consumo di prodotti ittici e che questi possanoritornare sovrani sulle tavole dei giovinazzesi. Nella speran-za che la tradizione di famiglia possa continuare con la quartagenerazione» - conclude Angelo. E ad un volenteroso giova-ne che vuole intraprendere quest’attività Angelo consiglia diiniziare in tenera età con passione, volontà, tanta pazienzae spirito di sacrificio. Alle 2 del mattino la sveglia suona già eoccorre recarsi al mercato generale. La giornata lavorativatermina poi alle 14 per cui bisogna rimboccarsi bene bene lemaniche!

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PRUDENTE

PANE CALDO - FOCACCE -

PIZZETTE - CALZONI DI

CIPOLLA - PIZZE RUSTICHE

- BISCOTTI

- PASTICCERIA DA FORNO

Un furto di cavi elettrici si è registrato a più ripresepresso la Ditta Prysmian di Giovinazzo nei primi quin-dici giorni di aprile. Probabilmente i malfattori chehanno agito conoscevano abbastanza bene il luogonel quale hanno agito.

Il 9 aprile è stata eseguita un’ordinanza della Que-stura di Bari da parte della locale stazione dei CC diGiovinazzo, i quali hanno imposto la cessazione tem-poranea dell’attività ad un’agenzia di scommesse permancanza di regolari autorizzazioni necessarie perl’esercizio dei giochi banditi dall’AAMS.

Il gioco illegale è purtroppo una delle piaghe che, in-sieme al consumo di stupefacenti, diventa sempre piùdifficile da affrontare. È opportuno ricordare in que-sta sede che anche un solo euro destinato al giocoillegale alimenta dal basso la criminalità organizza-ta. Occorre quindi scoraggiare in maniera drastica masoprattutto nell’ambito delle stesse famiglie, con unaseria attività di prevenzione e di monitoraggio, que-ste pessime abitudini dei giovani di Giovinazzo. Leforze dell’ordine richiedono quindi una maggiore col-laborazione da parte degli ambienti nei quali i giova-ni vivono abitualmente, perché molto spesso la repres-sione di tali illeciti può soltanto risultare nociva e in-vogliare ad orientarsi verso altri luoghi illegali per sfo-gare l’impulso del gioco. È necessario rammentareinfatti che il gioco sta ormai sempre più assumendole sembianze di una vera e propria patologia.

Iniziare quindi con una scommessa o con una punta-

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GIOCO ILLEGALE E FURTI DI RAME. COSÌ

I CARABINIERI INTERVENGONO

ta sui cavalli significa quasi sempre entrare in unaspirale pericolosa dalla quale sarà poi difficile uscir-ne. Il giocatore infatti, man mano, sentirà semprepiù il bisogno di raggiungere lo stato di eccitazioneseguito da ansia e tensione. Con il passare del tem-po, inoltre, i giocatori avvertono sempre più la ne-cessità di commettere azioni illegali e soprattutto dirivolgersi agli usurai per reperire somme sempremaggiori di danaro.

Ecco come si alimenta il mercato della criminalitàorganizzata ed è questo il motivo per cui i Carabi-nieri invitano vivamente le famiglie, le scuole e i luo-ghi religiosi a svolgere seria attività di prevenzioneal gioco d’azzardo, perché non può essere solo unsemplice intervento repressivo delle forze dell’ordi-ne a risolvere una piaga che anche a Giovinazzo di-laga imperante. GABRIELLA MARCANDREA

PRYSMIAN. Sospetti per troppi

furti di cavi elettrici

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27 MAGGIO 2010

Con una cerimonia svoltasi presso ilComando Legione Puglia, il luogote-nente della locale Stazione dei Cara-binieri, Antonio Galizia, alla presenzadel Generale Comandante Aldo Viso-ne, ha ricevuto la prestigiosa Meda-glia Mauriziana. L’importantissimo ri-conoscimento militare è l’anticameraalla medaglia d’oro alla carriera milita-re. Istituita tramite le Regie MagistraliPatenti, il 19 luglio 1839, con il nomedi Medaglia Mauriziana per merito mi-litare di 10 lustri e disciplinata con re-gio decreto del 21 dicembre 1924, laMedaglia Mauriziana per merito mili-tare di 10 lustri verrà sostituita il 7 mag-gio 1954 con la Legge n. 203 ed assu-merà il nome di «Medaglia Maurizianaal merito di 10 lustri di carriera milita-re».

Il comandante dell’ente, Generale AldoVisone, con una breve, semplice masignificativa cerimonia ha consegna-to al luogotenente Antonio Galizia l’am-bito riconoscimento alla presenza dei

più stretti collaboratori. Nel-l’indirizzo di saluto il Coman-dante ha sottolineato l’alto si-gnificato della circostanzache, oltre ad onorare gli ob-blighi istituzionali, è stataun’occasione per far sì che ipiù anziani non vadano neldimenticatoio ma rimanganouna realtà importante per tra-mandare ai più giovani un ine-stimabile ed utile bagaglio diesperienze. La medaglia‘Mauriziana’, coniata dallaZecca dello Stato, viene con-ferita a coloro che durante illoro servizio hanno avuto uncomportamento altamente meritevoledove il requisito di ‘meritevolezza’ è ca-ratterizzato, prioritariamente, da un pro-filo disciplinare di elevata rettitudine. EAntonio Galizia, in tutti questi anni, lo hadimostrato pienamente. Con i fatti. E conil massimo impegno al servizio della col-lettività. E per lui la Medaglia Maurizianarappresenta un passo importantissimo

onorificenza

Medaglia Mauriziana per illuogotenente Antonio Galizia

in quanto tale onorificenza viene at-tribuita direttamente dal Presidentedella Repubblica previa proposta delMinistro della Difesa. Con i suoi nu-merosi anni di servizio effettivi, il luo-gotenente Antonio Galizia di stanzaa Giovinazzo dal 1992, si ècontraddistinto per meritevolezza nelsuo lungo periodo di comando.

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29 MAGGIO 2010

IL CONTRAPPUNTOdell ’alfiere

Elezioni regionali e risvolti localiA distanza di 70 anni la maledizione di Katynha fatto ancora vittime. Nella tragedia che hapesantemente colpito la Polonia sono morte132 persone, buona parte dell’elite della na-zione. Oltre al Presidente della RepubblicaLech Kaczynski molti membri del governo, illeader dell’opposizione, il governatore dellabanca centrale e molti parlamentari. Il Presi-dente, con il seguito, avrebbe dovuto parteci-pare alla manifestazione per i cinquant’annidell’eccidio di Katyn. Fra l’aprile ed il maggiodel 1940 circa 22.000 prigionieri polacchi, inlarga parte ufficiali dell’esercito polacco, furo-no trucidati per ordine di Stalin e, contempora-neamente, il regime comunista decise ladeportazione dei familiari in remote regionidell’Unione Sovietica. Stalin volle annientarel’elite polacca. Una norma in vigore in Peoniaprevedeva, infatti, che tutti i laureati divenisse-ro ufficiali della riserva, fu così facile individua-re e annientare la classe dirigente di una Na-zione aggredita dai due regimi dittatorialisanguinari nazista e bolscevico accordatisi conil patto Ribentropp-Molotov. E’ importante sot-tolineare che soltanto nel 1990 MikhailGorbachev riconobbe le responsabilità del-l’URSS e chiese ufficialmente scusa alla Polo-nia per quell’orrendo crimine che per certiaspetti, e non mi meraviglio, sembra ricalcaregli eccidi perpetuati dal regime comunistacambogiano di Pol Pot che nei campi di con-centramento decise freddamente di uccidere iprigionieri che usavano gli occhiali. L’uso degliocchiali denotava la capacità di leggere e que-sto era intollerabile per un regime che dovevaeducare un uomo nuovo. Sfortunata Nazione,la Polonia, a noi tanto vicina per le comuni radi-ci e tradizioni cattoliche, oggi in lutto e ad unnuovo snodo importante a distanza di pochianni dal ritorno alla democrazia. Le prossimeelezioni polacche saranno segnate da questatragedia e l’esito sarà importante per i rapporticon l’Unione Europea con gli USA. La Poloniarimane terra di frontiera con la Russia e quindirimane importante negli equilibri politici inter-nazionali di fronte al nuovo attivismo politicomilitare della Russia di Putin e di Medvev. Leelezioni nel Paese baltico saranno cruciali, dun-que, come lo sono state, con le debite propor-zioni e con più limitati risvolti, quelle ammini-strative italiane. La coalizione di governo hanon solo tenuto ma, unica nel panorama delledemocrazie occidentali, ha, addirittura, strap-pato al centro sinistra alcune regioni importanticome il Piemonte, la Campania, la Calabria edil Lazio. Il centro sinistra governava, prima del-le elezioni, su circa 30 milioni di cittadini men-tre il centro destra su circa 10. Con le elezioni ilrapporto si è invertito. Il Nord è oggi, con l’ecce-

zione della Liguria, del Trentino Alto Adige edella Valle d’Aosta, governato dal centro de-stra. La vittoria nel Lazio, incerta fino alla fine,è stata la vittoria di maggior significato politi-co. Alla competizione il centro destra parteci-pava senza la lista del PdL della provincia diRoma. In termini percentuali una mancanzache a livello nazionale pesa fra i due ed i trepunti percentuali, a livello regionale ancor dipiù. Aver strappato il governo regionale alcentro sinistra è stata oggettivamente un’im-presa considerata disperata nell’ultimo mese.Questo nonostante il disastro mediatico e am-ministrativo della giunta di centro sinistra gui-data per quasi cinque anni da Piero Marrazzo.Gli errori del centro destra, con l’esclusionedel PdL avevano però consentito alla Boninodi recuperare terreno e superare la Polverini.Invece l’ex sindacalista dell’UGL è riuscita abattere la sua avversaria e riconquistare unaregione importante per gli equilibri politici na-zionali. La Puglia rimane, invece, al centro si-nistra. Nichi Vendola ha saputo allontanareda sè e dribblare con indubbia capacità alcu-ne pagine amministrative assolutamente fal-limentari ed enfatizzare quanto di buono nelsettore dello sviluppo delle energie alternati-ve ha fatto nei cinque anni di governo. Ha sa-puto far dimenticare ai pugliesi di aver pagatoi carburanti più cari in Italia, di aver aumenta-to a dismisura l’addizionale Irpef regionale.Ha sorvolato con leggerezza sul disavanzoregionale determinato dal buco sanitario ac-cumulatosi nel corso della sua gestione edarrivato a circa 1 miliardo di euro ed, ancora,sullo stipendio da lui percepito che è fra i piùalti in Italia alla faccia delle belle roboanti af-fermazioni. Il governatore ha saputo da un latogestire con sapienza consumata i mezzi diinformazioni locali a lui tutti vicini e dall’altrotoccare le corde giuste dell’elettorato giova-nile coinvolto dalle varie fabbriche di Nichinate sul territorio. Un elettorato giovanile, inparte, conquistato alla causa del leader diSEL con il programma bollenti spiriti su cui,non da oggi, ho avanzato una riserva nodale,la mancanza di collegamento con le realtàproduttive territoriali. La crescita culturale eprofessionale delle energie giovanili è unobiettivo focale e quindi encomiabile ma deveessere agganciato alla realtà territoriale altri-menti si corre il rischio da un lato di trascinarei giovani fuori dalla Puglia, il che non era sicu-ramente nelle intenzioni del governo regio-nale, dall’altro di illuderli a seguire strade sen-za futuro. Vendola ha saputo galleggiare sulledivisioni del centro destra che, diviso fra Pa-lese e Poli Bortone, ha molto agevolato la suavittoria. Nonostante il PdL si confermi larga-

mente, con oltre 200.000 voti di distacco dalPD il primo partito in Puglia. Questo confer-ma le opinioni espresse da molti ed anchein questa sede sulla debolezza mediatica,non sulle capacità del già ottimo assessoreal bilancio della giunta Fitto, Rocco Palese enon dimenticando l’azzeramento di qualsia-si elemento valoriale nella candidatura del-la Poli Bortone. Giovinazzo, e nessuno dota-to di senno avrebbe scommesso il contrario,si conferma la Stalingrado di Puglia. Il PD haoltre mille voti in più del PdL e SEL, grazieanche alla candidatura di Santo Restivo, rac-coglie un lusinghiero risultato con oltre 1.300voti. L’Udc, con la candidatura dell’ex Dc -Ccd – Puglia in Movimento – e forse ho di-menticato qualcosa – Savino Lasorsa, ottie-ne oltre 1.200 voti di cui però solo 700 certocirca di preferenza all’ex presidente dellaSTP. Il suo risultato è deludente e la dice lun-ga sulle capacità di raccogliere un consen-so reale e duraturo. Se voleva essere unaprova in vista delle comunali, è fallita nono-stante anche pezzi riconducibili al centrodestra abbiano appoggiato la sua candida-tura. Nel PDL anche il risultato di Cassanonon è molto brillante considerando l’impe-gno di alcuni consiglieri comunali dal centrodestra e l’apertura del comitato elettorale inpiena piazza Vittorio Emanuele. L’apporto diGiovinazzo al successo del più suffragatoconsigliere del PdL è stata assolutamenteminima e marginale sia in termini percen-tuali che numerici. Buon risultato, sempre nelPDL, del candidato molfettese Camporealeche grazie a Giovinazzo viene eletto. Nullo ilrisultato della lista Io Sud, una prova delu-dente per il neo commissario locale De Blasiex assessore della giunta Natalicchio. Nel-l’area moderata, insomma, le ultime proveprima delle comunali hano deluso i moltiaspiranti alla candidatura a sindaco nel cen-tro destra e coloro i quali volevano, comun-que, ipotecare posizioni di leadership. Nelcentro sinistra boom di Nicola Canonico eLoizzo, buon risultato di Guglielmo Minervinie Gerardo De Gennaro. Anche qui battagliaferoce per la successione ad AntonelloNatalicchio, gli esiti rimarranno incerti finoalla fine. L’ottimo risultato di SeL verrà fattorimarcare in sede di preparazione alle co-munali. Non si dispiacciano quelli dell’Idv,ma con i 600 voti circa ottenuti non potrannocerto recitare un ruolo da protagonisti princi-pali nella coalizione di centro sinistra. In tut-to questo l’amministrazione Natalicchio ri-mane sempre più solida nell’immobile e sta-gnante mare giovinazzesi.

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Sfogliando il testo de «Il dialetto di Giovinazzo» del com-pianto ed illustre avvocato giovinazzese GiuseppeCamporeale, già sindaco di Giovinazzo, la voce voghe vienecosì spiegata: «boccia piatta per il gioco a terra con palli-no». Queste parole, per chi non ha sentito mai parlare divoghe sono senza significato e non danno nessuna ideadel gioco al quale si riferiscono. Avendo più spazio a dispo-sizione e con un poco di buona volontà, vorrei tentare didare più senso e significato a quelle parole senza volermancare di stima e di rispetto verso l’Avv. Camporeale delquale ho piacevolissimi ricordi. La voghe altro non era cheun divertentissimo gioco ora completamente dimenticato epraticato da tutti noi ragazzi. Esigenze di traffico, modifichedei luoghi impediscono attualmente la pratica di questo sanodivertimento. Prima di passare ad illustrarvi le caratteristi-che del gioco consentitemi, solo per un attimo di ribadirvi,ancora per una volta, che noi giovinazzesi non abbiamoniente da imparare da nessuno. Vi avevo dimostrato che ilsushi, vanto dei giapponesi, è stato inventato a Giovinazzo,che il baseball americano è di nostra invenzione, ora vidimostrerò che il gioco delle bocce, di cui la Padania vafiera, è stato copiato dal nostro gioco della voghe. Le rego-

le sono in tutto non simili, mauguali, a quelle che regolano il gioco delle bocce. La diffe-renza è solo nella modestia dei mezzi impostaci dalla no-stra proverbiale povertà. Infatti al posto del campo di boccea noi bastava na bella chiangheta liscia e al posto delle so-fisticate bocce ci contentavamo di pietre belle, larghe epiatte che trovavamo presso i marmorai (Illuzzi, Amoia,Biscardi), allora presenti e numerosi in Giovinazzo, o me-glio ancora fra i ciottoli in riva al mare. Questi, rispetto allepietre di marmo, erano più pesanti e compatti e soprattuttonon si rompevano, come frequentemente accadeva a quel-le di marmo e scivolavano quasi senza attrito sope a lechianghete belle liscie. Il pallino, molto più semplicemente,si chiamava u meste e consisteva in una piccola scheggiadi marmo di 8/10 centimetri che stava ritto e indicava il pun-to di arrivo della voghe. U tucche designava chi era il primoa tirare e ad esso spettava anche il diritto di piazzare umeste, in base alle sue qualità di lanciatore e poteva quindiessere sistemato abbastanza vicino o sufficientemente lon-tano. Si avevano a disposizione uno o più lanci. Più nume-rosi erano i partecipanti più il gioco diventava divertente edaccanito. Come nel gioco delle bocce i lanci riusciti erano

DI VINCENZO

DEPALMA

Illustrazione:Vincenzo Depalma

LA VOGHE

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E RICORRENZE IN GENERE

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quelli che facevano arrivare la voghe vicinissimo o me-ste. L’abilità era nell’imprimere alla voghe la spinta giustafacendola scivolare dolcemente sull’impiantito. I giocatorisuccessivi, se abili, potevano cercare di avvicinarsi ulte-riormente o meste anche scacciando la voghe dell’av-versario. Questo gioco che affascinava tanto noi ragazzi VINCENZO DEPALMA

S.S. 16 Sud - Km. 784,750 GiovinazzoLoc. Pescheria - tel. 080/394.31.42

Nocera Nicola INDIRIZZO MAIL:[email protected]

Nocera Nicola

era praticato anche da giovanotti più adulti. Per noi il pre-mio era cercare di fare più punti possibili, i più grandi, sene avevano la possibilità, giocavano invece a soldi. Unavolta stabilita la posta ogni giocatore poneva la sua mo-neta metallica sope o meste. Il giocatore con la voghese abbatteva u meste incassava la vincita. Questo gio-co aveva anche una variante che richiedeva molta piùabilità da parte del lanciatore. La variante prevedeva in-fatti di non abbattere con violenza u meste, ma dolce-mente perché quando le monete venivano disperse inseguito all’urto, venivano incassate dal proprietario del-la voghe più vicino alla moneta, per cui si rischiava dilavorare per conto terzi. Superfluo raccontarvi le zuffeche nascevano quando le distanze delle monete dallavoghe erano incerte e davano luogo a contestazioni. Peravere la certezza si ricorreva o speche, o zippe, o frifiletepur di stabilire con esattezza la millimetrica distanza dusolde da la voghe. Il gioco delle bocce, pur avendo tantisostenitori in Italia, non ha mai attecchito in Giovinazzo,neppure ai nostri giorni, mentre del gioco della vogheora è rimasto solo un caro ricordo in noi anziani che nondimentichiamo i bei pomeriggi trascorsi a sospingere colcuore ed il cervello la nostra voghe per farla avvicinaredolcemente, fino a sfiorarlo, u meste.

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il ricordodi Sergio Pisani

Poche righe per non disturbare il sonno dichi riposa in pace. Perché qualcuno la pacegliela vuole togliere anche da morto. Stia-mo parlando del generale Ottavio Dacontoche il 5 maggio dello scorso anno ha chiu-so definitivamente gli occhi, dorme nellapace del Signore. Dorme si fa per dire.Perché il killer del suo sonno è sempre die-tro l’angolo. Non si nasconde più dietro lacollina crucca ed assassina. Il killer delsuo sonno è un nemico invisibile. Si chia-ma oblio. E si sa che l’oblio uccide più diuna guerra. Uccide per la seconda voltatanti italiani partiti al mondo come soldatie non ancora tornati. Erano persone conun nome, un volto, desideri e speranze diriscatto. Il dolore dell’ultimo fra gli ultiminon è meno grande di quello del primo. Cosìdovrebbe essere nel ricordo della Giorna-ta di Liberazione. Ma ci sembra che chiscrive la storia ha cancellato i primi e gliultimi. Uccisi dall’oblio e dimenticati anchedai libri di scuola i sacrifici degli uominiche dopo l’8 settembre decisero di tornarea combattere con le truppe anglo-ameri-cane per restituire con un tentativo dispe-rato l’onore alla Patria e alle Regie ForzeArmate. Tanti giovani e meno giovani chenon fuggirono nè scelsero la strada delladiserzione, ma ripresero le armi per l’ono-re della Patria, per la libertà e per la digni-

tà di un popolo che in una parte non esi-gua decise di stare alla finestra o, cosaancor più grave, si lasciò andare a ven-dette sanguinose ed eccidi nongiustificabili. Tanti giovani arruolati primacon il Raggruppamento Motorizzato e poicon il C.I.L. (Corpo italiano di Liberazio-ne) che combatterono con onore perden-do sul campo la vita. Una storia dimenti-cata all’indomani della Festa della Gior-nata di Liberazione. Da MignanoMontelunogo, a Cassino, a Filottrano edin tanti altri scontri contro le truppe tede-sche. Il killer del sonno del gen. Ottavio sichiama oblio. Eppure ci sono soldati chehanno combattuto per la libertà nel 1944in un Italia allo sbando. La storia ha di-menticato l’epopea del C.I.L. in tanti fattid’arme accaduti in Italia. La storia ha di-menticato il reggimento paracadutisti‘Nembo’ nella battaglia di Filottrano, quel-la combattuta dal generale Daconto a fian-co della II armata polacca ed inquadratonella V armata inglese. Una battagliacruenta, durata dal 30 giugno al 9 lugliodel 1944 e combattuta casa per casa. Allafine il tricolore potette sventolare sullecase della cittadina marchigiana. Non viè traccia alcuna di quel ricordo. Il sacrifi-cio, il senso del dovere di tanti uomini ca-duti in battaglia non hanno fatto storia!

Questo è il cruccio che ha accompagna-to nel silenzio il generale in tutta la vita.Soldato schivo e riservato, ci tenevasempre a sottolineare che la guerra di Li-berazione era stata combattuta non solodai partigiani, ma anche dalle truppe re-golari del Regio Esercito che impugna-vano il tricolore e nessun altra bandiera.Qualsiasi altra bandiera sarebbe stata unsimbolo di divisione e non di unità, con-cordia e vera libertà. Ma si sa, l’oblio èanche uno strumento di potere per can-cellare la memoria e imporre la propriastoria.

Ad Ottavio, onore ed oblio

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sepolcri imbiancatiDI ANGELO GUASTADISEGNI

Si è svolta il 24 marzo, solo in tre delle città dellanostra Diocesi, la giornata di preghiera e di digiuno peri missionari, martiri nel corpo ma non nell’anima, men-tre nel nome di Cristo, adempivano alla loro missioneevangelica. La data del 24 marzo segnava la ricorren-za trentennale del feroce martirio subito da mons.Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador.Da oltre duemila anni, il precetto di Cristo «Andate edevangelizzate tutte le genti» è di manifesta attualità. LaChiesa annovera martiri sin dal suo sorgere. La reli-gione cristiana si distingue per l’opera missionaria cheha svolto e svolge per la diffusione della Fede a tutte legenti, in particolare, ai popoli in stato di bisogno e diassistenza sanitaria. Oggi più che mai, la fame, lasete, la lotta fra tribù, la droga, il terrorismo, le guerre,seminano morte tra i missionari sacerdoti sempre inprima linea, nonché tra i volontari laici operatori di pace;così la preghiera, il digiuno in suffragio di quelle animebuone, soldati di Cristo, è l’unica possibilità, per i fedelie per la chiesa, per ricordare quelle anime elette. Ilsettimanale di informazione religiosa per la pastoraledella Diocesi, Luce & Vita, sul numero del 21 marzoscorso, pubblicava il programma diocesano delle ce-lebrazioni per la «Giornata per i missionari martiri» aTerlizzi, Ruvo, Molfetta. Caso strano per Giovinazzonon veniva programmato alcunché. Eppure si tendecostantemente a ribadire che la Diocesi è unica eduniche devono essere le linee pastorali che i fedelidelle quattro città dovrebbero seguire, ma si continua-no ad applicare quattro pesi e quattro misure semprediverse. Non volendo polemizzare a riguardo, osiamosupporre che l’ufficio diocesano che ha organizzato imomenti di preghiera del 24 marzo per i missionarimartiri ha ben pensato che Giovinazzo non ne aves-se bisogno … Possiamo affermarlo fermamente chenon abbiamo bisogno che sia la Diocesi a ricordarce-lo: purtroppo anche noi giovinazzesi abbiamo avuto ilnostro «uomo di Cristo e martire» e non parliamo deitempi delle crociate, ma del 1965. Era il 19 novembredi quell’anno quando veniva «Stroncata nel sanguedegli sciftà sulle rive del lago Rodolfo, l’opera di civiltàe di amore che Padre Michele Stallone svolgeva dalunghi anni presso due sperdute tribù nomadi». LaCivica Amministrazione gli ha dedicato una piazzettae su queste pagine qualcun altro ha scritto di Lui neglianni passati. Approfittando, dell’omissione del momentodi preghiera in ricordo di Lui e di chissà quanti altrinostri concittadini morti in nome di Cristo, riportiamouno stralcio di articolo in suo ricordo, pubblicato nel2005 su queste pagine dalla prof.ssa Raffaella deCeglia, affinchè la memoria di padre Michele non scom-paia specie tra le generazioni che non lo hanno cono-sciuto.

(Angelo Guastadisegni)

NELLA «GIORNATA PER I MISSIONARIMARTIRI» A TERLIZZI, RUVO, MOLFETTA

La diocesi dimentica Padre Stallone

«Nato il 1 settembre 1921, infiammato dalla testi-monianza di alcuni missionari, venuti a Giovinazzointraprese gli studi presso i Missionari della Conso-lata di Torino e fu ordinato sacerdote il 31 maggio1947. Dotato di intelligenza aperta e versatile, dalcarattere ilare e gioviale, improntato ad un fortesenso dell’umorismo, contagiava con la sua pas-sione per l’Africa, che sarebbe stato il suo traguar-do, quanti lo avvicinavano, e così il 10 ottobre del1948 s’imbarcò sulla nave per Baragoi, nel Kenyadel Nord. L’impatto con la realtà africana dovetteessere davvero tragico. Pioniere in un luogo dovevagavano pastori nomadi del deserto, Padre Mi-chele profuse tutte le sue fresche energie per pre-dicare, soprattutto con la vita, il Vangelo, animato dauna fede salda e profonda che la preghiera ardentee incessante, alimentava. Bisognava pur comincia-re, sfondare, insistere, poi Dio avrebbe fatto il re-sto! Come ogni apostolo, viveva certamente la so-litudine interiore, perché nonostante la passione el’entusiasmo che caratterizzavano la sua missio-ne, faceva fatica ad africanizzare il cristianesimo.Nei primi anni Padre Michele si muoveva in situa-zioni precarie, impossibili eppure egli aveva sco-perto la ricchezza umana, pure presente in quelluogo e compiva ogni sforzo per confermarla, ma siribellava di fronte a situazioni tribali abnormi quali,per esempio, l’infanticidio, la poligamia, lemenomazioni genitali, cosa che non era gradita amolti indigeni e gli attirava odio, diffidenza, incom-prensione. Col passare del tempo la missione pare-va decollare e, nel deserto dei cuori, spuntavano,anche se in maniera sporadica, i primi fiori che pre-sto si sarebbero trasformati in frutti. La missione diPadre Michele durò 17 anni intervallati da due velo-ci “vacanze” in Italia, la prima nel 1958, l’altra, l’ulti-ma purtroppo, il 1965. Egli era consapevole che laspoliazione di se stessi comporta rischi gravissimi,ma la fede incrollabile nell’amore di Dio verso tuttele creature vinceva i dubbi, le paure, gli insuccessiche Padre Michele celava con il suo sorriso natura-le, a quanti chiedevano con ansia notizie dell’Africa,in quei pochi giorni che trascorreva in Italia. Però,l’ultima volta che Padre Michele venne tra noi, nonpoté nascondere “qualcosa di grave” che stavasuccedendo nelle due tribù, affidate alla sua mis-sione diceva infatti «Devo andare, ho paura … nonper me, ma per i miei negretti». Era un presagiodella sua fine imminente? Era incapacità di gestireuna situazione più grande di lui? Non potremo maisaperlo. Certo è che mentre Baragoi a più di qua-rant’anni dalla sua morte, sta raccogliendo i fruttidella sua semina, Giovinazzo può essere ben fieraper questo suo figlio che l’ha arricchita con il sacri-ficio della sua giovane vita e può sentirsi protetta dalui che, ormai nella schiera dei martiri, gode dellavisione eterna di Dio. Ha “odiato” la sua vita in que-sto mondo … e l’ha conservata per l’eternità».

Il giorno 4 Aprile, quello di Pasqua per intenderci, èterminato il periodo di prova, coincidente con laQuaresima, che ci eravamo dati riguardo al ProgettoInvendUtile.Ricordiamo che tale progetto è statoattuato da noi ragazzi di Giovane Italia in collabora-zione con la Parrocchia San Domenico e prevedevail recupero giornaliero dei prodotti alimentari ri-masti invenduti, ma ancora perfettamente utilizzabiliper ridistribuirli alle persone indigenti. Questa ini-ziativa, unica nel suo genere, è stata messa in campoper la prima volta nella nostra città con l’obiettivo dirappresentare un aiuto concreto e quotidiano allefamiglie in condizioni di disagio sociale, per farsentire meno il peso della crisi economica. Ebbe-ne, al termine dei quaranta giorni di prova possiamosenza dubbio affermare che la sperimentazione nonsolo è pienamente riuscita, ma con risultati ampia-mente superiori alle nostre attese. Infatti grazie allagrande ed ammirevole generosità degli esercizi com-merciali giovinazzesi abbiamo raccolto una mediagiornaliera di circa 20 - 25 kg non solo di prodottida forno, ma anche di primi e secondi piatti, chesono poi stati subito ridistribuiti alle famiglie biso-gnose individuate dalla Caritas parrocchiale. E’ dav-vero incredibile vedere quanto cibo ogni giornovenga gettato perché prodotto in abbondanza ri-spetto a ciò che si vende (alla richiesta) e pensareche se venisse adeguatamente raccolto e distribuitopotrebbe sfamare tanta gente che, versando in pre-carie condizioni economiche, riesce a stento adarrivare alla fine del mese. Ecco, proprio questo è ilsenso del nostro progetto: portare una speranza nellavita di chi quotidianamente, e spesso dignitosamen-te in silenzio, si trova in difficoltà facendogli capireche anche in questo mondo freddo e insensibilec’è chi pensa a loro, provando a correggere questastortura del mercato che porta a considerare delcibo ancora in ottime condizioni come merce dagettare, dandogli invece nuova vita e attribuendogliuna rilevante utilità sociale. Ed ecco anche spiegatoil significato di InvendUtile: rendere utile l’invenduto,dare nuova vita a ciò che era ingiustamente destina-to alla discarica. Alla luce quindi del grande succes-so ottenuto nel periodo di prova, e soprattutto da-vanti alla felicità di coloro che hanno beneficiatodella nostra iniziativa, abbiamo deciso di prosegui-re con il Progetto InvendUtile rinnovando l’invito aquanti, singole persone o esercizi commerciali, vor-ranno darci una mano partecipando alla nostra vali-da ed originale iniziativa. GIOVANE ITALIA

InvendUtile

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candidamenteDI BRUNO LANDO

Egregio Direttore,Lei mi ha sempre posto un freno sulle battu-te che nascevano spontanee sul mondo cat-tolico. Potevamo parlare del mondo politico,di quello finanziario, di quello famigliare, diquello calcistico, di quello rupestre o agrestema non di quello ecclesiastico. E’ evidenteche le battute non possono essere fatte sul-la fede, sulla gente che ha investito nei dog-mi della Chiesa, nella Catechesi dei suoivalori. Se puoi sfottere Berlusconi non puoialtrettanto fare con il cardinale Bagnasco. Separli di Pasquale Tempesta altrettanto nonpuoi fare con Don Ciccillo. Per molti l’abitotalare rappresenta la divisa che Dio ha con-segnato loro, mentre in politica la divisa è ilconsenso degli elettori nei confronti del can-didato che ispira speranza. Ma a volte ridia-mo tutti perché quel consenso è l’incipit peri nostri rappresentanti per uno scopo, che èil proprio scopo. Non so se ha saputo, carodirettore, di un grosso litigio verbale (qual-cuno dice quasi fisico) tra Magarelli e l’As-sessore (ex?) Carolina Serrone. Volevo as-sistere, ascoltare, tifare per l’uno piuttostoche per l’altro. Lamentarmi della politica?No, Lei sa che non l’ho mai fatto. Dovrei la-mentarmi di noi che votiamo finendo così sulbanco degli imputati. Meglio ridere. Magaripensando a Pino, nome di fantasia, ma for-se anche reale, che ha attinto 2.000 euro dadue diversi candidati alla Regione. Prima an-dando da uno, a nome di un’ottantina di gio-vani iscritti ad un partito e poi dall’altro. Gliservivano i mezzi per fare una campagnaelettorale a dovere... almeno così diceva. Inu-tile dirle che quei soldi sono finiti sui tavolida gioco, grandi bevute e grasse risate allafaccia di chi poi non è stato neanche eletto.Bravo Pino!!! L’elettore, in questo caso ne-anche trentenne, fotte il politico navigato equesta è una bella novità. Ma ritornando inCuria, per essere a tema, nonno Ercolino hacombinato una delle sue. Sapute lenefandezze successe in alcune sacrestiecattoliche, ha voluto assistere i suoi nipoti alcatechismo. Fintanto che non escono dallaChiesa lui è lì a guardarli, a seguirli con losguardo e non saluta più don Michele. Ma

una domanda mi affligge. Sa, una di quelleche ti puoi portare dietro tutto il giorno emagari anche la notte: se scoppiatocalciopoli, Moggi e tutti gli accoliti furonoprocessati… se alla fine della Prima Repub-blica, almeno un pezzo, di quella classe finìdietro le sbarre… se Marrazzo ha dovutodimettersi per essere andato a trans - michiedo - quale pena si è deciso di commi-nare a chi, indossando l’abito talare, ha vio-lato l’innocenza di molte anime di Dio? Stoassistendo ad ammissioni, a servizi televi-sivi e giornalistici che accertano la veridici-tà di tali nefandezze. Sto assistendo adun’ammissione di colpe del capo della Chie-sa che afferma che è arrivata anche per iprelati il periodo della penitenza. Ma la pena,quella terrestre, qual è? Domenica scorsa,per una Cresima, sono andato in Chiesa,mi aspettavo un cenno. C’erano i bimbi, iloro genitori e gli ecclesiastici. Ma non si èfatto alcun cenno e come sempre ho dovutoascoltare una predica sulla moralee sull’etica che l’uomo modernoormai viola. L’uomo e il prete: que-sto pezzo non ha ne il sapore dellasatira né della denuncia. Non rie-sco a riderci sopra e neanche acondannare chi sale sul pulpito in-vece di nascondersi dalla pubblicagogna. Uomini come noi. O quasi.Alla fin fine di pedofilia ne è piena ilmondo. Quello che non quadra èl’espiazione di tale colpa. Basteran-no delle Ave Maria a risanare il tut-to? Guardavo l’abito talare durantela messa. Lo vedevo sporco di la-crime e macchiato di peccati. Di urlasilenziose e carezze lascive. Di si-lenzi omertosi e complicità di ca-sta. No, la Fede non è il mio porto disalvezza, non sono in balia delleonde. Però la giustizia è un concet-to insito nell’animo, nel mio ma an-che nel suo e perché no in moltissi-mi lettori della sua rivista. E allora ilcruccio resta quello: quale la pena?Forse per un po’ di tempo non piùanatemi «a voi che avete smarrito

la strada del Signore», «a noi che abbiamoviolato le anime candide». Gesù, in molti pas-saggi del Vangelo, ripeteva: «fate venire a mei bimbi che sono i più vicini a Dio». Dio è statoviolentato e qui si fa finta di nulla!

BRUNO LANDO

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Parco Canile, un progetto ambizioso per la città

Dopo anni di attese ed incertezze il ParcoCanile di Giovinazzo potrebbe (il condizio-nale è d’obbligo) divenire una realtà. L’asso-ciazione Libero Pensiero, infatti, ha messoin fila una serie di fatti concreti, su invitodella locale sezione della Lega Nazionaleper la Difesa del Cane, al fine di trovare unasoluzione al problema della lotta alrandagismo ed alla tutela degli animali diaffezione. E tramite gli ingegneri MicheleCormio e Savio Stallone, il sodalizio dell’ing.Francesco Balenzano, ha redatto il proget-to preliminare. «L’idea origine del progetto –si legge nella relazione tecnica – è stataquella di ipotizzare una struttura che neltempo diventi assolutamente autosufficientecon l’obiettivo anche di generare alcuni po-sti di lavoro e che tale spazio a serviziodella cittadinanza diventi un luogo prepostonon solo al benessere degli animali, maanche a quello degli ospiti». Il progetto, in-fatti, prevede l’utilizzo di un suolo a desti-nazione agricola facilmente accessibile,dotato di energia elettrica ed acqua e pari,al massimo, a 3.000 metri quadrati. Questielementi basilari hanno consentito all’asso-ciazione Libero Pensiero di avviare la pro-gettazione del canile che non vuol essere ilclassico “rifugio comunale”, ma vuol con-templare anche altre strutture. Un’area distabulazione per manifestazioni di agilità,un box per la pensione ed il ricovero dei

cani, un’area dedicata alla sepoltura oltread un container prefabbricato con una pic-cola clinica veterinaria per gli interventi dipronto soccorso e di sterilizzazione. «Daquando i soci della Lega Nazionale per laDifesa del Cane di Giovinazzo hanno ini-ziato a ricercare soluzioni tali di sconfigge-re il problema del randagismo – ricordaTommaso Depalma - è passato giusto unanno. In questo lasso di tempo sono statimossi passi concreti ed è stata trovata unasoluzione efficace attraverso la stesura diun progetto valido». Un progetto che, an-che se in fase embrionale e basato sullastruttura minima del “modulo”, potrà esse-re facilmente ampliato e dotato di altre fun-zioni, con modesto dispendio economico.

spazio autogestito

L’ASSOCIAZIONE LIBERO PENSIERO HA MESSO IN FILA UNA SERIE DI FATTI

CONCRETI. ED HA REDATTO IL PROGETTO PRELIMINARE

La struttura, dunque, potrebbe accogliereun’area riservata alla toilettatura degli ani-mali, uno spazio riservato alla ASL per leoperazioni di anagrafe canina, un serviziodi vendita di prodotti per animali e variestrutture ricettivo-culturali dove effettuareprogrammi di educazione scolastica. Orala palla passa al Comune e all’assessora-to competente, che insieme all’associazio-ne di Fiorentino & C. dovrà individuare ilsistema per portare a compimento in pro-getto. Intanto continua l’aiuto concreto diLibero Pensiero agli amici a 4 zampe. In-fatti Depalma & C. continuano a trasporta-re gratuitamente gli animali adottati dalleregioni del nord.

Congratulazioni a Decicco Valeria, che il giorno 30 marzo c.a. ha con-seguito la laurea in lingua e letteratura straniera con voti 110/110. Igenitori Mina e Michele le sorelle Concetta e Chiara, il fidanzato Mar-co e famigliari tutti partecipano con tanta gioia e le augurano di conse-guire tanti traguardi e successi in futuro. AUGURONI

laurea

C’era il sindaco Natalicchio, il suo vice Tempesta,l’ing. Berardi, i 5 figli, tanti nipotini e pro nipoti afesteggiare nella propria dimora il 100°complean-no della nonnina Rosa Ciccolella, nata il 4 apriledel 1910 a Molfetta. La redazione de LA PIAZ-ZA augura tanti anni di serenità e gioia.

I100 anni di nonna Rosa

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pillole di aprileDI GABRIELLA MARCANDREA

Puntuale come ogni anno è ritornato l’ExpoLevante,la Fiera del Tempo Libero più significativa del Mez-zogiorno con una grossa novità. Dall’8 all’11 aprile,nel padiglione 94 riservato al settore enogastronomiaera presente la città di Giovinazzo grazie all’impe-gno dell’Assessorato al Turismo e alle Attività Pro-duttive di Gaetano Dagostino. Presenti insieme a«Maratona a tavola», l’unica manifestazione culina-ria itinerante dell’enogastronomia nel mondo, la cit-tà di Giovinazzo con le sue delizie artigianali. È laseconda volta che Giovinazzo siede a tavola nellaFiera del Tempo Libero tra tanti cuochi, pizzaioli,pasticcieri, gelatai, panificatori, barman, sommelierprovenienti da tutto il mondo. In vetrina, le tradizioniculinarie del territorio in una Galleria dei sapori mon-diali: i quattro marchi di olio nostrano (Le Tre Colon-ne, F.lli Turturro, Martino, Cooperativa sociale), tarallie prodotti da forno (Le bontà e Sospiri del Sud). Eanche «L’amaro Giovinazzese» (avete letto bene!),il limoncello prodotto e imbottigliato a Giovinazzo.Alimentazione ma anche tanta arte in vetrina: le de-corazioni di Marilena De Candia e i lavori della Bot-tega dell’Arte. Un ringraziamento dev’essere rivoltoanche a Green Management, AssociazionePolifonica per abiti d’epoca e I.A.T. di Giovinazzo.Per l’occasione quest’ultimo ha distribuito più di5mila inviti online gratuiti a tutti i fidelizzati diFacebook per partecipare alla degustazione. Unappuntamento irrinunciabile per rifocillarsi, assiste-re a divertenti “esibizioni gastronomiche” ed acqui-stare prodotti tipici giovinazzesi. Da segnalare an-che l’evento «Giovinazzo: tra oli e cattedrali» al qua-le hanno partecipato il Presidente della Cooperati-va Olivicoltori Prof. Marcotrigiano, il Prof. MicheleCarlucci e l’Assessore al Turismo. L’obiettivo è quel-lo di valorizzare le qualità dell’olio d’olivagiovinazzese e le bellezze artistiche della cittadina,attraverso la descrizione di un tour storico-virtualeche parte dai Dolmen, arriva alla Cattedrale e si con-clude nella Piazza e alla maestosa Fontana deiTritoni. Chiusura con soddisfazione per gli espositorigiovinazzesi che ringraziano l’Assessorato al Turi-smo e alle Attività produttive per lo spazio e per lagrande opportunità di visibilità loro concessa. La piog-gia domenicale non ha impedito di fare business.Appuntamento all’expo 2011.

Giovinazzo all’Expo 2010

Parabole moderne in filastrocca e prosaNel ricordo di don Tonino Bello nell’anniversario della scomparsa e inconsiderazione della prima sessione pubblica del processo dicanonizzazione, mi pare buona cosa segnalare ai lettori il volume«Parabole moderne in filastrocca e prosa» (per i tipi Ed Insieme)contenenti, oltre a cenni biografici su don Tonino, la pubblicazione dialcune delle sue più indovinate parabole, trasformate in filastrocche(da Renato Brucoli e Luigi Ferraresso) per attirare l’attenzione deipiù giovani avvalendosi di colorate illustrazioni di Luigi Dragonetti. Itemi delle parabole riguardano argomenti tutt’oggi attuali e sentitiquali la solidarietà, il rapporto fra carità e giustizia, il valore dellagratuità, l’uso della ricchezza, l’urgenza di riconoscere il volto diCristo in quello del povero, la vera libertà, proposti nell’ambito del suomagistero dal vescovo Tonino Bello, tra le figure più significative delNovecento dal punto di vista ecclesiale, sociale e letterario. Concetticomplessi sono resi fruibili da tutti proprio tramite la trasposizione diracconti semplici e tuttavia intensi e commoventi che traggono spuntodall’esperienza di vita del vescovo e dall’ausilio di testi di letteratura. Il messaggio che si coglie èquello di mutare l’inquietudine del vivere in energia positiva e fattiva, guardando in una prospet-tiva inedita tutto quanto è considerato usuale. In tempi di cosiddetta emergenza educativa igiovani sono spinti da questa lettura a considerare la propria vita sotto un nuovo profilo - piùevangelico e più umano - e a guardare le vicende del mondo con partecipazione e in spirito ditestimonianza, sotto forma cioè di un impegno diretto che coinvolga il loro essere prima che il loroagire. Anche per questo il libro si presta a una lettura proficua da parte del mondo della scuola. Laparticolarità del volume è costituita infatti dal dare un impulso alla creatività e alla dinamicità deigiovani. In un contesto sociale e culturale in cui predomina l’appiattimento, l’omologazione e ilrealismo, la capacità di entusiasmarsi e di commuoversi viene meno sempre di più. La fantasiainvece stimola a formulazioni nuove ed originali che consentono una lungimiranza finalizzata avivere in modo appassionato, dinamico, legato ai grandi ideali, proiettandosi verso il futuro inspirito di protagonismo e di operatività. Insomma vivere creativamente significa ‘vedere quelloche tutti hanno visto e pensare ciò che nessuno ha pensato’. E’ opportuno evidenziare altresìche le parabole tracciano percorsi di tenerezza, di speranza e di gioia. Ne è simbolo l’immaginedella cinquecento blu che campeggia su quasi tutte le pagine, la vecchia auto di don Tonino chein diocesi era diventata il segno della sua presenza e prima ancora del suo essere: informale,piccolo, dinamico. Rivolgendosi ai giovani lo stesso don Tonino diceva che ‘Ci vuole audacia. Lavita che state vivendo vivetela in modo denso. Perché non tornerà più. E non abbiate paura dientusiasmarvi per le cose. Molti di voi hanno paura. Hanno paura che un giorno la storia, il lorofuturo possa ridacchiare sul loro presente. Molti hanno paura di esporsi. Per non correre il rischiodi subire il contraccolpo di questa disunione tra i sogni di oggi e la realtà di domani, preferiscononon sognare. E questo significa dare le dimissioni dalla vita. Aver paura di entusiasmarsi oggi, allavostra età, significa suicidio. Non abbiate paura di entusiasmarvi. Non siete inutili, siete irripetibili.’E proprio a conclusione del volume compare una dedica autografa di don Tonino, come unmessaggio personale ad ogni lettore, che dice: ‘Ti ricorderò con affetto e conserverò vivissimal’immagine di te negli occhi, oltre che nel cuore’, quasi una traduzione più prosaica del versettodel profeta Isaia che il vescovo aveva posto sulle immaginette-ricordo della sua ordinazioneepiscopale. Una immagine di attenzione e di affetto, che sicuramente resterà impressa nei lettoridel volume.

Agostino Picicco

Il Centro di Salute Mentale Molfetta/Giovinazzo, dopo la realizza-zione dei progetti socio-riabilitativi Cinema Insieme, Un’estate almare, Ballo propone il progetto socio-riabilitativo di «Arte, ricamo edecorazione». Obiettivo primario del progetto è stimolare la creati-vità degli utenti che, attraverso diverse tecniche, avranno l’oppor-tunità di esprimersi. Il progetto si svolgerà in un locale del CSMpresso l’Istituto Vittorio Emanuele II – Piazza Vittorio Emanuele 14 –Giovinazzo e prevede un lavoro d’equipe costantemente monitoratodagli operatori presenti nel servizio. Dopo la realizzazione dei ma-nufatti, si organizzeranno, in collaborazione con il Comune diGiovinazzo e l’Assessorato alla Solidarietà Sociale, manifestazioniaperte alla cittadinanza, quali mostre e mercatini, che troverannocollocazione nell’Istituto Vittorio Emanuele II e in altri spazi da con-cordare con il Comune di Giovinazzo. Inoltre, il CSM Giovinazzoripropone anche per quest’anno il progetto socio-educativo eriabilitativo di calcio con la squadra Fuori C’entro già vincitrice nel2009 del torneo Insieme nel Pallone organizzato dall’AssociazioneCarlo Valente. Negli anni, sono stati raggiunti specifici risultatiterapeutici nonché il potenziamento delle relazioni sociali tra utentie risorse del territorio. La collaborazione con l’Amministrazione lo-cale, attraverso la promozione e l’organizzazione di eventi si rivelanecessaria per aprire uno spiraglio utile ad una proficua interazionedel Centro con la realtà cittadina. Competenze e professionalitàdegli operatori, infatti, devono essere principalmente utilizzate persviluppare le specificità degli utenti i quali non devono più essereconsiderati soltanto meri soggetti passivi di determinate terapie.L’ausilio delle istituzioni si rivela quindi necessario laddove oltre aduna sana integrazione si mira a sviluppare una campagna di pre-venzione ad ampio raggio che trova la sua sede naturale nellefamiglie, nelle scuole e nei luoghi religiosi. Un trait-d’union questoche ormai deve raggiungere un adeguato livello di concretizzazione.

Arte, ricamo e decorazione

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ci ha lasciatodi Cesare Mondini

Era il dirigente del pallone. Il calcio se

lo sognava anche la notte. Noi ad af-

fannarci nella polvere del campo, lui

invece ad avvicinare i ragazzi per

tesserarli nel suo ufficio. Senza tanti

fronzoli ti diceva: «La prossima volta

vieni con il certificato medico e 2 foto-

grafie». Anche se non avevi i piedi buo-

ni. Per questo in tanti lo hanno ringra-

ziato il giorno della suo funerale. Per-

ché il calcio non è solo successo, voglia

di arrivare, vincere. Il calcio è anche

socializzazione, voglia di stare insieme,

giocare anche in Terza categoria

perchè non devi essere per forza un

Cassano. Forse non te ne sei accorto,

caro Michele, ma a salutarti eravamo

davvero tanti. Non l’avrai nemmeno

vista al campo tanta gente. In chiesa

c’erano tutti. Segno che eri amato da

tutti, eri un vero amico. Fatico a cre-

derci che possa essere vero. Michele

Bottalico, giovinazzese adottivo, è sta-

to un grande sostenitore dei colori so-

ciali biancoverdi. Dopo aver abbando-

nato la gloriosa U.S. Giovinazzo aveva

fondato una nuova società, il Real

Giovinazzo. Ce la metteva tutta, sop-

portando tanto, fisicamente e

finanziariamente. Sono stato suo col-

laboratore per tanti anni. Ho vissuto

con lui le gioie e i dolori che sono il pal-

lone sa dare. L’anno scorso dopo aver

vinto il campionato ci siamo abbraccia-

ti, Tremava dalla gioia. Sembrava un

tipo scontroso, egoista. Sembrava ap-

punto. Invece aveva un cuore grande.

Quante volte ci siamo scontrati! Alla

fine prevaleva sempre il buon sen-

so. Ci univa un vero e proprio amore

verso il pallone. Per il pallone Miche-

le aveva dedicato una vita sportiva

fino agli ultimi giorni, in qualità di

dirigente, segretario, factotum. Di-

ceva sempre di occuparsi di tutte le

squadre della società. A volte dimen-

ticava di mangiare, se prima

non metteva a posto i suoi

‘cimeli’, i cartellini, gli indumen-

ti sportivi. «Sariì, quand vlev 2

maccarun cu sug! (Sarino

quando volevo due macchero-

ni col sugo)». Potrei scrivere

pagine e pagine di ricordi.

Amari e belli. Non servirebbe-

ro a risvegliarlo al coro amico

di tante battaglie sportive.

Semplice, ordinato, preciso e

meticoloso. Ti chiamava simpa-

ticamente «sciroccato» se i

tuoi pensieri contrastavano i

suoi. Faceva parte del gioco.

Delle solite beghe tipiche da

bar dello sport. Michele ades-

so non c’è più. Fatico a creder-

ci che possa essere vero. In mol-

ti si sentiranno più soli.

Tuo caro amico.

Per sempre, Sarino

Bottalico, il dirigente nel pallone

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