LA PIAZZA DI GIOVINAZZO MARZO 2013

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1 MARZO 2013

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PERIODICO DI VITA CITTADINA

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LA PIAZZA

ASS. AMICI DELLA PIAZZAII TRAV. MARCONI,4270054 GIOVINAZZO (BA) ITALY

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corrispondenti dall’esteroVito Bavaro - Nick PalmiottoGiuseppe Illuzzi - Rocco Stellaccistampa - Grafiche Del Negroprogetto grafico - Ass. Amici dellaPiazzaGrafica pubblicitaria: C. Moreseresponsabile marketing & pubblici-tà: Roberto Russo tel. 347/574.38.73

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FINITO DI STAMPARE IL 22.02.2013

Che vergogna. Tanto bailamme per

nulla. Tanto si è spergiurato per tor-

nare al Porcellum, la legge elettora-

le tanto esecrata per ammissione del

suo autore, il più clamoroso autogol

della politica italiana («è una porca-

ta» - ricordate?) ma nei fatti deside-

rata. Sì, proprio da loro, quelli della

«casta», quelli di Tangentopoli, gli

Apparati, quelli che non se ne vo-

gliono andare. E la riforma eletto-

rale che avrebbe consentito ai citta-

dini di scegliere i propri candidati?

Vedrete, prima o poi la faranno. Fatto

sta come 5 anni fa, come 7 anni fa,

ci ritroviamo con liste scritte a ta-

volino da una nomenclatura di bu-

rocrati al cui interno c’è di tutto: dal

neo guelfo al nazi-fascista, dai poli-

tici del trapassato remoto alle

mignotte rintanate. Poi si lamentano

se in cabina elettorale uno disegna

un bello schizzo fallico sulla sche-

da o per sgarbo un onorevole man-

gia mortadella in Parlamento. Vedre-

te, prima o poi, faranno la riforma

elettorale che ci consentirà di eleg-

gere il volto dei candidati. Vedrete

che la faranno, quando avremo un

Parlamento finalmente in grado di

fare le leggi. Intanto anche in que-

sta tornata ci tocca mettere solo la

croce al partito perché il sedere e il

dito degli inquilini di Palazzo Mada-

ma e Montecitorio vengono dati

elusivamente ai partiti. Parliamo di

sedere e dito perché i politici sono

- e lo saranno ancor più - ridotti a

«macchine del voto», pagati per

premere un pulsante dopo essersi

sorbiti interminabili e noiosissime

sedute di dibattimento. D’altronde

«i candidati» rappresentano non gli

interessi degli elettori ma del parti-

to che ha concesso loro un posto

in lista. Il Porcellum si è mangiato

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5 MARZO 2013

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LEGGE ELETTORALE DETTA

«PORCELLUM» PERCHÉ CHI

LA FORMULÒ, LA BOLLÒ IRO-

NICAMENTE COME «UNA

PORCATA». ALLA FINE, LA

CASTA HA DECISO DI TENERSI

«LA PORCATA».

LA FOTOCOMPOSIZIONE È

STATA REALIZZATA

DA C. MORESE

anche la pubblicità elettorale dei

candidati sconosciuti in manifesti

mezzobusto sulle plance di affis-

sione sempre più grigie e sui gior-

nali. E’ finita l’era dei messaggi

autogestiti, delle lettere in cui si co-

municava agli elettori il perché del-

la propria discesa in campo. A do-

minare la comunicazione e la par-

tecipazione politica anche nel no-

stro paesello non sarà «Antonio La

Trippa» candidato tutto d’un pezzo

di Roccasecca che arrivava dritto

al cuore dei suoi elettori col ru-

more imposto dalla sua tromba acu-

stica ma sempre i soliti: Berlusconi,

Fini, Bersani, Casini. A catena la

stampa cessa di essere la piazza in

cui si chiede il consenso degli elet-

tori «mettendoci la faccia». Via dun-

que dai muri e dai giornali quelle

foto che rendevano grottesca an-

che l’espressione più sobria. Via in-

somma la pubblicità elettorale e le

relative spese per i candidati. Al che,

per quanto riguarda La Piazza, è

pure un bene: ne guadagniamo in

estetica. Epperò non di sola bel-

lezza vive un giornale. E tirare

avanti senza la boccata di ossigeno

che periodicamente garantivano le

inserzioni elettorali diventa sempre

più difficile.

Chi vincerà? La confusione e il

disorientamento sono al massimo

in un paese impoverito, umiliato, de-

stabilizzato, sgangherato da leggi

vergognose e pericolose. Purtrop-

po l’unica cosa certa è che - co-

munque - vincerà ancora una volta

la trippa, ma purtroppo non Anto-

nio, personaggio del grande Totò

fantasioso e in fondo sgrassato del

popolo italiano.

SERGIO

PISANI

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I NUOVI POVERI DI GIOVINAZZOil fatto

Non ci sono solo disoccupati e giovani incerca di prima occupazione. A Giovinazzoc’è un’umanità dolente che arranca con sus-sidi, quelli minimi erogati dai Servizi sociali,fatti di soldi per assistenza per un tetto dovedormire o più semplicemente per vestirsi operché impossibilitati a fare anche la spesatutti i giorni. Non solo divorziati, casalin-ghe ma tanti precari, i «nuovi poveri» delterzo millennio. I servizi sociali non posso-no rimanere indifferenti: da tempo ormai,sono sempre di più coloro che bussano inComune e, mettendo da parte orgoglio eautostima, sfogano tutti i propri problemiin cerca dell’aiuto del vice-sindaco dott. Mi-

chele Sollecito. Che subito anticipa il suoruolo per non lasciare spazio a

fraintendimenti della gente: «Io sono l’asses-sore ai servizi sociali che deve pianificare la politi-ca di intervento al di là di ogni discrezionalità.Fortunatamente ad aiutarmi c’è un’ottima ‘squa-dra’ in Comune e in primis le due assistenti socialiche seguono i singoli casi». Prima questa pre-messa d’obbligo, poi le parole che offro-no in parte uno spaccato di povertà, quel-la vera, sotto gli occhi di tutti. «Quest’annoabbiamo erogato 379 contributi economici e 10rimborsi sanitari. Difficile avere però contezza deinuovi poveri. Di coloro che si rivolgono presso inostri servizi sociali, la fotografia è precisa, reale.I numeri ci preoccupano: i nuovi poveri aumenta-no. Aumentano anche le famiglie a reddito zero:sono più di una ventina». Una realtà palpabile,una nuova povertà che avanza. Già, i nuo-

vi poveri sfuggono an-che alla logica dei nu-meri. Ci sono i poveriche si rivolgono non aiservizi sociali dell’EnteComune ma ai centriCaritas per avere unsostentamento come il vestiario o il cibo.Dal rapporto Caritas elaborato sulla cittàdi Giovinazzo emerge un dato molto im-portante, ovvero il numero considerevoledi giovinazzesi che si sono rivolti ai CentriCaritas nel 2012: 1137 (984 donne – 353uomini). Povertà economica (vestiario eviveri) ma soprattutto casa e lavoro sono iprincipali bisogni per cui si è chiesto aiuto.

I NUOVI POVERI. C’è chi, uscito conle ossa rotte da un divorzio, tra mutuo ealimenti non arriva nemmeno a metà mese.Chi lavora per tre mesi ma poi il contrattogli scade e viene riassunto solo a chiamata,la casalinga separata che non riceve più ilmantenimento dal marito che magari la-vora tre giorni sì e il resto della settimana acasa. Persino chi, caso estremo, dorme su-gli scogli della Rotonda o negli scantinatidei palazzi perché un affitto non riesce piùa pagarlo malgrado le tante, troppe rinun-ce quotidiane. Succede anche questo. «Ri-guardo alle due famiglie senza un tetto – precisal’ass. Sollecito - posso garantire con assoluta cer-tezza che dopo la segnalazione pervenuta ai servi-zi sociali, non sono rimaste nemmeno un giornoall’addiaccio. Per chi rimane senza tetto ci preoccu-piamo di avvisare i centri di competenza per questeemergenze, in altri casi interveniamo preoccupan-

LA FOTOGRAFIA SCATTATA DALL’ASS. AI SERVIZI SOCIALISOLLECITO: «I NUMERI CI PREOCCUPANO, I NUOVIPOVERI AUMENTANO»

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doci di individuare una locazione poco one-rosa e quindi eroghiamo un contributo eco-nomico straordinario per il pagamento dellespese correnti che andranno a coprire alme-no un anticipo di tre mesi di locazione. Cer-chiamo di sopperire ad una emergenza tran-sitoria». È di 133.000 euro il capitolodi spesa messo a disposizione dal-l’Assessorato ai servizi sociali. Pochiin verità per garantire dignità ai po-veri emergenti cui si aggiungono i nu-clei famigliari «storici» che il Comu-ne segue da anni. «Famiglie che portanocon sé una situazione cronica in cui all’emer-genza economica si aggiunge quella della dif-ficile integrazione sociale e del mondo del la-voro». Di certo le politiche sociali del-l’Ente Comune non possono esseresolo di tipo assistenzialistico, quella èsolo la risposta ad un’emergenza. Oc-corre puntare sulla fuoriuscita dallostato di indigenza di queste personefornendo loro i mezzi adeguati. Maun Comune non ce la può fare dasolo, soprattutto alla luce dei tagli go-vernativi.

INCLUSIONE SOCIALE. Èquesto il progetto di più ampio re-spiro formulato all’interno del PianoSociale di Zona con la collaborazio-ne del Sim e dell’ASL di competen-za per aiutare i nuovi poveri. Ce lospiega in breve sempre il dott. Solle-cito «Sono interventi personalizzati in cuici si avvale della sinergia dell’ASL e delSim che interagiscono per conoscere la storiadi vita di soggetti con problemi per l’inseri-mento sociale: andranno incontro, grazieanche alla collaborazione di alcune aziende,ad un’esperienza di lavoro che li integri nel-la società, un’esperienza che gode comunquedel continuo monitoraggio della rete di pro-fessionisti, medici e personale preposto». Unapromessa e una speranza in più per ilfuturo.

SERGIO PISANI

I NUOVI POVERIAlcune caratteristiche socio-demografiche

UTENTI

DISTRIBUITI

PER SESSO

CONDIZIONE LAVORATIVA UTENTI

Non specificato 2Occupato 13Disoccupato in cerca di prima occupazione 3Casalinga 50Inabile parziale o totale al lavoro 4Pensionato/a 22Disoccupato in cerca di nuova occupazione 113Altro 17Totale 224

ISTRUZIONE UTENTINon specificato 11Analfabeta 17Nessun titolo 6Licenza Elementare 47Licenza media inferiore 80Diploma Professionale 25Licenza media superiore 18Diploma Universitario 3Laurea 16Altro 1Totale 224

SESSO UTENTI FREQUENZA

Femminile 166 984Maschile 8 353Totale 224 1.337

UTENTIProblematiche abitative 3Abitazione precaria/inadeguata 11Sfratto 2Sovraffollamento 14Bisogni in migrazione/immigrazione 38Disoccupazione 39Nessun reddito 19Reddito insufficiente 42

I BISOGNI - FREQUENZE DEIBISOGNI INDIVIDUATI DEGLIUTENTI DISTRIBUITI TRA LE

DIVERSE MICROVOCIRichieste TotaleVestiario 191

Viveri 945

Lavoro 13

Lavoro part-time 20

Doposcuola/ 25

sostegno scolastico

UTENTI DISTRIBUITI IN BASE

ALLO STATO CIVILE

STATO CIVILE UTENTINon specificato 1Celibe o nubile 39Coniugato/a 116Separato/a legalmente 20Divorziato/a 8Vedovo/a 28Altro 12Totale 224

UTENTI DISTRIBUITI IN

BASE AL LIVELLO DI

ISTRUZIONE

UTENTI DISTRIBUITI IN BASEALLA CONDIZIONE LAVORATIVA

PERCENTUALE DI DIFFUSIO-NE DELLE RICHIESTE

EFFETTUATE DAGLI UTENTI

*FONTE CENTRO CARITAS

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storia nostra

MENDICI E POVERI NEL XVIII SEC.Non esisteva allora il censimento ma il Catasto onciario del1754, una fonte preziosa per la storia socio-economica del-l’età moderna e che in una sua parte somiglia al nostro 740. Diquesto documento si conservano, per prassi, due copie, l’unaè presso l’Archivio di Stato di Bari, l’altra, quella che origina-riamente doveva essere destinata alla Camera della Sommaria(era la massima magistratura fiscale del regno di Napoli, istitu-ita da re Carlo I) è conservata presso l’Archivio di Stato diNapoli. Per molti versi il documento si presta a letture e con-siderazioni di vario tipo. Interessante è sicuramente poter trac-ciare un profilo della città attraverso la lettura delle partitecatastali di ogni cittadino.

I MENDICI DI GIOVINAZZO

Com’era Giovinazzo nel 1754? Quale la condizione economi-ca dei suoi abitanti? Il loro tenore di vita, gli interessi sociali, ilrapporto dialettico esistente e possibile tra i vari strati socialidella popolazione, i ricchi e i poveri? Quali i motivi dellasperequazione, se c’era, della ricchezza?Sicuramente la presenza di mendicanti è un indicatore dellostato sociale di un paese ma è troppo semplicistico ritenereche se ci sono molti poveri è perché la ricchezza è mal distri-buita, o al contrario in un paese che ha pochi mendicanti sideve concludere che le ricchezze sono equamente distribuite eche oculato e mirato è l’intervento dello Stato. Per non adden-trarci in considerazioni socio-politiche, noi ci limiteremo a co-noscere i soggetti di questa scala sociale, i più e i meno sfortu-nati.L’immagine del «mendico» nei secoli scorsi è particolarmentecolorita. Il catasto onciario nel fornirci il numero dei mendi-canti presenti riesce anche, attraverso le poche e stringate noteriportate, a farci cogliere le differenze nell’atteggiamento e nelcomportamento di ognuno di essi. Si possono distinguere cosìnella massa dei cittadini, i mendici che non potevano lavorareper l’età o per impedimenti fisici, da quelli che non volevanolavorare. I primi meritavano di essere aiutati perché non oziosiper loro volontà, mentre per gli altri ci si aspettava di certo chepotessero impegnarsi in qualche attività, per lo più in campa-gna per conto proprio, se avevano terre di proprietà, o per

conto di altri visto che Giovinazzo si connotava soprattuttocome cittadina agricola, pur essendo sulla costa. Per lo più imendicanti non possedevano nulla: «niente avevano» tre men-dicanti tra i 70 e i 50 anni, registrati in partite catastali che man-cano a Bari e che ho trovato a Napoli. E niente aveva un infe-lice 74enne che «vive di proprie elemosine vive in un sottano senza pagar

pigione»; e «niente possiede venendo alimentato dall’ospedale» un «povero

stroppio (60enne) che guarda continuamente il letto nell’ospedale de pove-

ri». Più fortunato sicuramente poteva considerarsi «Nicola Servo

di Dio, scemo e mendico di anni 50», coniugato e padre di 4 figli che«abita nella casa che fu dello Spoglio di Mons. Chiurlia, alla Piazza,

gratis. Niente possiede». Ma pur registrati e accatastati tutti come«mendici», questi pover’uomini erano assoggettati al alcuni im-pegni economici se nel fuoco (ovvero nella famiglia) erano pre-senti figlioli abili, che lavoravano o avrebbero potuto farlo. Ecosì il mendico Nicolò Antonio di Domenico Palmiotto dianni 72, coniugato e padre di 7 figli, di cui 6 sposati ed unoforese (ovvero conduttore - lavoratore della terra che potevaessere di sua proprietà o presa in enfiteusi) «abita nella casa dello

Spoglio che fu di Mons. Chiurlia alla strada del Carmine» e paga un

ELEMO-SINA

AIMENDI-

CHISAGRESTIA

DELLA

CATTEDRA-

LE

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fitto di ducati 7.50 però «niente possiede». Similmente accadeva aPaolo Illuzzi che però accatastato come mendico abitava con lamoglie sessantenne e 2 dei 4 figli in un sottano del sacerdote

Berardi con fitto di ducati 5 e mezzo, forse in considerazione nonsolo della presenza di un figlio forese ma anche perché risultavaproprietario di una vigna di olive, se pur portatagli in dote dallamoglie. Di diversa origine era la proprietà di Vito di Palo, 60anni, mendico anch’egli, che possedeva una vigna di terra coltiva-ta ad oliveto e giardino, sulla quale gravava anche un peso esoggetta pertanto ad imposta e che pagava anch’egli un fittoammontante a 5 ducati e mezzo per l’abitazione che occupavacon la moglie di 53 anni e due dei 7 figli.

I POVERI DI GIOVINAZZO

Diverso significato doveva assumere l’espressione povero, rispettoa mendico, nella cultura dell’epoca, atteso che questo appellativo,da solo, viene indicato nel Catasto di Giovinazzo una sola voltaed è riservato a «Giuseppe del quondam Giovan Battistade Magri, nobile milanese, commorante in questa città, povero, di anni

63” che “non ha luoco di abitazione».Nel 1754, data sempre riferita alla compilazione del Catastoconciario, chissà quale era il grado di sensibilità verso i mendi-canti e i poveri del nostro più ricco commerciante e del piùagiato nobile vivente. Il primo, Lonardo Rodogni sindaco dellaseconda Piazza, di anni 67, possedeva «solo» 25vigne e ½ diterreno coltivate a oliveto e giardino ma anche 9 bovi aratori, 5mule, di cui due da carrozza, una giumenta, «un trappeto sotto la

casa dei signori Saraceni da macinarsi le olive con magazzeno con vasi da

tenersi oglio» e in più «tiene vari capitali da cui esigge censo redimibile…

e più tiene docati mille al negozio di oglio mosto per servizio del suo

tappeto…più altri docati 2000 al negozio dell’oglio chiaro». Ma certopiù significativa doveva essere la ricchezza di Michele

Bellacosa «nobile vivente e padre onusto in virtù di privilegio spedito

dalla Reggia Camera della Sommaria sotto li 14 marzo 1752, presso

l’Altuario Domenico Barletta di anni 53». Il Bellicosa che « vive in

casa propria nella strada del Carmine, e sotto c’è un tappeto per macinar-

si olive», possedeva ben 270 vigne di terreno coltivate per lo piùa vigneto e oliveto, ma anche 15 capre, 80 pecore, 4 mule, 5giumente, 1 somara, 30 bovi aratori e vacche e «fuori le mura ha

un muracchio che serve per stalla dei suoi animali». Tanto per cogliereancora meglio il divario che lo separava dalla situazione deimendici della città aggiungiamo che poteva permettersi uncocchiere, un cameriere e due servi. (Le trascrizioni sono trattedai Voll. 36-38 del Catasto Onciario - Archivio di Stato, Bari).

* TESTO TRATTO DA

«I MENDICHI DI GIOVINAZZO»

DI DIEGO DE CEGLIA

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DI AGOSTINO PICICCO

la pagina dell’emigrante

I NUOVI POVERI DI MILANO

Milano, la città della finanza e dell’ec-

cellenza, la metropoli europea, sfavil-

lante di luci e carica di potere e ricchez-

za, conserva i suoi angoli nascosti di

povertà, resi ancora più evidenti dall’at-

tuale crisi economica. Dietro la patina

di benessere la povertà esiste.

Il lettore penserà che mi riferisca alle

povertà dei barboni e dei nuovi migran-

ti, in particolare extracomunitari, che

pure sono presenti davanti alle chiese,

alle stazioni della metropolitana, nelle

strade principali dove, seduti su scato-

le di cartone, chiedono qualche spiccio-

lo ai frettolosi passanti. I più ingegnosi

stazionano davanti ai semafori o suo-

nano in metrò qualche nenia o allegri

ballabili, che conservano comunque le

note della tristezza.

No, non stiamo parlando di loro, la cui

realtà è abbastanza evidente, desideria-

mo invece far riferimento ai cosiddetti

«nuovi poveri», a coloro cioè, soprat-

tutto italiani, che – stritolati dalle spe-

se e dall’alto costo della vita – fanno

fatica ad arrivare alla fine del mese.

Anziani, pensionati, single di ritorno,

disoccupati non riescono a bilanciare

i risicati introiti con le elevate spese

(di affitto, di tasse, di bollette, di ge-

stione quotidiana) e si ritrovano alle

soglie della povertà.

Gente dignitosa, che magari in passa-

to aveva un buon posto di lavoro, e

oggi – esauriti i risparmi - è scivolata

nell’indigenza ma cerca di continuare

come prima, tirando la cinghia quan-

to più è possibile soprattutto senza

darlo a vedere e senza chiedere aiuto.

Si comincia con il togliere le spese su-

perflue (ristorante, bar, cinema, viag-

gi, vacanze). Attentissimi al centesi-

mo, risparmiano in tutti i modi sulle

spese personali al fine di poter pagare

le somme che il vivere civile richie-

de. Si recano ai mercati rionali all’ora

di chiusura, per rovistare negli scarti

e prendere la frutta e la verdura an-

cora passabile per la loro tavola. O

ancora si recano alle mense dei pove-

ri gestite da ordini religiosi o dalla

Caritas per usufruire di pasti caldi e

risparmiare sul cibo. Oppure utilizza-

no i guardaroba degli enti di

beneficienza per avere qualche vesti-

to nuovo (si fa per dire). Fanno inol-

tre lunghi tratti a piedi per risparmia-

re sul biglietto del tram. Si privano

dell’apparecchio telefonico per non

pagare più il canone.

Piccoli accorgimenti per sopravvive-

re nella metropoli, per proseguire

un’esistenza soffocata dalla penuria di

denaro, nei loro appartamentini degli

alveari di periferia, dove l’anonimato e

la discrezione riescono a renderli invi-

sibili, facendo venire meno pure quel-

la solidarietà tra poveri, che magari è

facile trovare altrove.

In qualche modo in realtà cittadine più

piccole la povertà è riconoscibile (e

mette più in imbarazzo). Nella metro-

poli è più facile mimetizzarsi, nascon-

dersi con il proprio dolore e il proprio

fardello di disagio.

Per fortuna benemerite organizzazio-

ni, che abbondano nel volontariato me-

tropolitano, mettono a disposizione

uomini e mezzi, per individuare e soc-

correre i nuovi poveri. Non si tratta

solo di fornire pacchi dono ma anche

di venire incontro alla solitudine in cui

costoro si rifugiano. Sono sorti centri

civici di ritrovo dove far intrattenere

anziani e poveri, farli socializzare, fre-

quentare corsi, stabilire rapporti di

amicizia. Mi vengono in mente le pa-

role – sempre attuali - di Paolo VI, già

arcivescovo di Milano, nel Messaggio per

la Quaresima 1975: «La povertà non è solo

quella del denaro, ma anche la mancanza di

salute, la solitudine affettiva, l’insuccesso

professionale, l’assenza di relazioni, gli han-

dicap fisici e mentali, le sventure familiari e

tutte le frustrazioni che provengono da una

incapacità di integrarsi nel gruppo umano più

prossimo». E nella grande Milano è faci-

le imbattersi anche in questi problemi.

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IL CONTRAPPUNTOdell ’alfiere

IN ITALIA. Fra pochi giorni, se non ore,saremo chiamati ad eleggere il nuovo Par-lamento. Le elezioni si svolgeranno in unclima di grande tensione politica sociale edeconomica come da qualche decennio nonsi vedeva. Anche a livello internazionale ilclima non è dei migliori. I Paesi arabi sononuovamente in gran fermento. La prima-vera celebrata dai nostri organi di infor-mazione, dai paesi europei e dagli USA,sta mostrando il volto di nuovi regimi cheal posto delle dittature laiche instaurano,surrettiziamente, quelle islamiche con la leg-ge della sharia quale riferimento del dirittoe della vita di relazione. L’evidente disim-pegno internazionale degli USA, deciso dalpresidente Obama sempre più impegna-to nella gestione della crisi economica in-terna, ha lasciato che emergessero tutti gliestremismi e le pulsioni liberticide. GliUSA, inoltre, grazie all’utilizzo delle risor-se energetiche derivanti dallo sfruttamen-to del gas estratto con una tecnica partico-lare dalle rocce di scisto sono vicinial’autosufficienza energetica a costi moltocompetitivi creando nuovi posti di lavo-ro. L’UE, per ragioni ambientali, è ancoradivisa, come sempre, su questa opportu-nità. Intanto i dati della nostra economiacontinuano a mostrare i segni di una crisigravissima. Produzione industriale, ore dicassa integrazione, i consumi sono tutti no-

tevolmente negativi e, ormai, da molti mesi.Gli unici indicatori in progresso sono quel-li della corruzione e della criminalità che, inquesta situazione, trova terreno fertile perespandersi e rafforzare, con inaudita vio-lenza, il controllo del territorio che dovrebbeessere dello Stato. Un clima di insicurezza,di incertezza, di smarrimento che ormai ac-compagna la nostra vita quotidiana. Gliscandali grandi e roboanti si susseguono inuna triste scia che non lascia spazio alla spe-ranza. Pur tuttavia fra lo scandalo del Montedei Paschi di Siena e quello di Finmeccanicasembrerebbero emergere differenze sostan-ziali. Una grandissima e storica banca na-zionale gestita da uomini che non forniva-no informazioni utili alla redazione del bi-lancio e relativa certificazione oltre a pre-tendere un tangente per i finanziamenti e leoperazioni sottoposte alla loro firma.Un’azienda che rappresenta l’eccellenza ita-liana nel mondo che per lavorare in alcuniPaesi doveva ricorrere al pagamento di

laute «commissioni» pur se, allo stato, nonsembra che i manager italiani abbiano ap-profittato per incassarne anche a titolo per-sonale. In questo caso la conseguenza im-mediata è stata la perdita di credibilità diFinmeccanica presso i governi stranieri ol-tre alla imbarazzata richiesta di chiarimentida parte del governo indiano. Particolarenon trascurabile, alcune componenti deglielicotteri Agusta vengono prodotti nellostabilimento di Brindisi dove lavorano 500addetti. Il presidente francese Hollande, invisita in India, ha, ovviamente, gettato lebasi per sostituire le nostre forniture conquelle di azienda francesi. Un po’ di caute-la sarebbe stata necessaria in questo casoper evitare conseguenze difficilmenterimediabili soprattutto in uno scenario oc-cupazionale così drammatico. Senza assol-vere tangentisti e reati vari, credo si possatrovare la strada del buon senso e dellaragione che questo Paese in balia ditangentisti, da un lato, e moralisti un tantoal chilo, dal’altro, sembra aver smarrito.

TUTTI INSIEME APPASSIONATAMENTE

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15 MARZO 2013

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A GIOVINAZZO. I tangentisti, è chiaro, taceranno. Miaspetto la reazione, a questo punto, anche dei moralisti dicasa nostra ormai in servizio permanente effettivo fracui alcuni eletti nella nuovissima amministrazione. Imoralisti impegnatissimi su giornali online e socialnetwork. Attivissimi nel difendere l’amministrazione con-tro le critiche anche quelle costruttive. Anche quelle deicittadini che credendo, in buona fede, nel cambiamentopromesso hanno sostenuto e, con ridotta convinzione,sostengono ancora l’attuale compagine al potere cittadi-no. Dove troveranno il tempo di scrivere, quale como-do lavoro faranno per poter a tutte le ore scrivere ediscettare è un vero mistero. Quel che è certo che tuttaquesta energia potrebbe essere utile al governo della cittàe non sprecata per repliche animose. Non devono nean-che impegnarsi in lunghe sedute consiliari visto l’inconsi-stenza di un’opposizione normalizzata dalla real politik.Tutti insieme, maggioranza e quasi tutta l’opposizione, asostenere la coalizione di sinistra di Bersani, sia pur inordine sparso, fra PD e Centro Democratico di Canonico. Quasitutti impegnati a sostenere alcuni candidati del PD nelleprimarie per i candidati anche contro le scelte del pro-prio partito a livello nazionale. Un consigliere comunaleè candidato nelle liste del Centro Democratico di Cano-nico per «contarsi« . Già «contarsi» come si faceva nelpassato. Nella politica della prima e seconda repubblica.Questa sarebbe la terza? Dov’è la discontinuità? Nellespese sempre più elevate per cartelloni culturali che, al dilà del giudizio, sono dispendiosi per una comunità chepaga tasse elevate a cui ha contribuito, poco o molto lodevono giudicare i cittadini, l’attuale amministrazione.Buon voto a tutti e che la Provvidenza ci aiuti.

[email protected]

«I festeggiamenti avranno luogo dal 16 al 20 Agosto e sarà soprattutto la Grande

Festa religiosa». Così ha anticipato PASQUALE ARBORE, il Presidentedella Frates, l’uomo di fede che ha ricevuto amche la benedizione di papaRatzinger, da oggi Presidente del Comitato Feste Patronali, nominato di-rettamente dal vescovo Martella. Obiettivo primario del Presidente? «Per-

seguire la formula dell’essenzialità, della semplicità, della ospitalità e dell’accoglienza dei

festeggiamenti»? Prossimamente avremo modo di parlare della Grande Fe-sta che verrà. Nulla ancora possiamo anticiparvi ma siamo certi che lavostra curiosità (come del resto la nostra) sarà in grado di attendere. Cipreme però sottolineare in tempi in cui la fede è alle prese con la morsa diuna crisi profonda a livello di valori, di grande tribolazione di cui la crisieconomica è soltanto un segno, che il Presidente e i suoi Ministri porteran-no quel messaggio di speranza che tutti i giovinazzesi stanno aspettando.Anche l’organigramma è in via di definizione. Ve lo anticipiamo:PRESIDENTE ESECUTIVO: Pasquale ArboreVICE PRESIDENTE: Nino MarzellaPRESIDENTE USA: Nicola PrudenteSEGRETARI: Nicola Ditillo - Antonio DegirolamoCASSIERE: Antonio Labombarda

PASQUALE ARBOREè il Presidente del ComitatoFesta Patronale

PASQUALE ARBOREè il Presidente del ComitatoFesta Patronale

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consiglio comunale

7 febbraio 2013, consiglio comunale. Il sindaco Depalmanel gruppo «Cittadini in rete del Comune di Giovinazzo»nel suo diario giornaliero trasmetteva messaggi sufacebook di auguri e speranza di partecipazione attiva aigiovinazzesi ricordando non solo l’orario di convocazio-ne ma anche per i più pigri la diretta streaming: «Mi piace-rebbe vedere la sala piena di cittadini. E’ importante che lorosiano sempre in prima fila nel valutare e giudicare l’operato del-l’intero consiglio comunale». Alla fine il sindaco è stato smen-tito. La sala consiliare non è mai stata così vuota comenon mai. Meno di una quindicina di astanti. Su internetnon si va oltre i 23 utenti connessi. Si fa subito a capirecome le decisioni prese dall’Amministrazione non inte-ressano ai più. Strano ma vero. Al consiglio comunale nonci sono nemmeno più i cronisti locali. Prima erano piùpresenti dei cittadini interessati. Però la cronaca – magiadi internet - la riportano sempre sui giornali. Intanto gliastanti sbuffano. Sbuffano perché non succede mai nien-te. Anche questo consiglio comunale non è poi così diffe-rente dal precedente. Chi si aspettava qualcosa di nuovo,una discussione infuocata, uno scontro dialettico, comeanticipava la voce del Primo cittadino sul diario giorna-liero riguardo alla somministrazione nelle mense scolasti-che di cibo avariato, è rimasto deluso. Se qualcuno pensache le discussioni nei vari gruppi di facebook abbiano so-stituito il Consiglio comunale, il luogo per antonomasiadel confronto e della discussione, si sbaglia di grosso. L’at-mosfera è surreale. Mancano le interrogazioni ed interpel-lanze. Su facebook invece lil confronto è una guerra aper-ta contro il mondo. Se rispondi ad esempio prrr (nel lin-guaggio dei facebookiani è la tipica pernacchia in faccia)ad un membro di Giovinazzo città del Sole, si scatena il fuo-co dei cecchini. Adesso «i bannati dalla Città del Sole»reclusi in un girone del Purgatorio hanno espiato le pro-prie pene e per bontà del Catone il giovinazzese hanno ritro-vato dal peccato la libertà di parola.

Andiamo avanti. Il sindaco sembra anticipare le dovutesmentite almeno nei pensieri di chi avrebbe formulato in-terpellanze e dubbi. Fuga subito quel tam tam di voci cheera diventato prima un brusio, poi un rumore collettivo,sempre su facebook.. Non c’è alcuna rispondenza tra iforti dolori di pancia e la dissenteria accusati da alcunialunni con l’erogazione del servizio mensa erogato dallaLadisa S.p.A, ci sembra di capire. I sintomi sono dovutidal virus influenzale che sta colpendo anche gli adulti.Il consiglio va avanti. C’è il presidente Favuzzi che devecomunicare qualcosa di importante. E questa volta c’èpoco da scherzare. A nome di tutta l’Amministrazione,Favuzzi esprime tutta solidarietà e vicinanza nei confron-ti dell’arch Turturro, dirigente dell’Ufficio Tecnico delComune di Bitonto, e della sua famiglia, vittime di tregravi atti intimidatori. Poi si saprà che l’ach. Turturro si

dimetterà dall’incarico.Il Consiglio comunale approva la perimetrazione degliambiti di raccolta ottimali che gestiranno il servizio diraccolta e trasporto dei rifiuti urbani e assimilati, compresolo spazzamento delle strade e altri servizi complementari.Un provvedimento che secondo l’opposizione potevaessere deliberato in sede di giunta comunale. Chi cicapisce è bravo.

Il Consiglio approva altresì il regolamento per le quattroconsulte comunali (non più due, c’è anche una consultatutta al femminile), nomina il nuovo collegio dei revisoridei conti (Presidente Marcello Danisi, componentiMaria Addolorata Miccoli e Vincenzo Zibisco) e icomponenti esperti delle commissioni consiliari (CiccioMarolla e Sammy Depalo per la 1^ Commissione Bi-lancio - Programmazione Economica - Personale - Patri-monio - Pari opportunità; Antonio Leone e Michele Fio-rentino per la 2^ Commissione Pianificazione del territo-rio - Urbanistica - Lavori Pubblici e Ambiente; IleanaSpezzacatena e Antonio Messere per la 3^ Commis-sione Sviluppo Attività Produttive - Rete CommercialeCittadina - Annona e Polizia Urbana; Camilla Zambettie Nunzia Stufano per la 4^ Commissione Turismo -Cultura - Politiche Giovanili; Giuseppe Selvaggio eGiovanni Del Giudice per la 5^ Commissione Solida-rietà Sociale - Sanità - Pubblica Istruzione - Legalità Tra-sparenza- Sport).

E’ l’una di notte. Vista l’ora è appena finito un giorno eun nuovo giorno è appena iniziato. La prossima volta,sindaco, portiamo il consiglio in piazza, nel cuore dellagente. Non su facebook. Se il giovinazzese non va al con-siglio comunale, portiamo il consiglio comunale alla gen-te! Lo diceva anche qualcun altro che parlava però difede e di montagne.

SERGIO PISANI

UN GIORNO AL CONSIGLIO COMUNALEAula consiliare deserta. La diretta streaming registra ilsuo picco alle 20.30 con soli 22 utenti connessi

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17 MARZO 2013

la polemica

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Un attacco indirizzato all’assessore al ramo Enzo

Posca ma evidentemente diretto all’operato della

intera Amministrazione. E’di questi giorni la pole-

mica che sta animando sul giornale telematico citta-

dino un acceso dibattito sul tema della Cultura e di

come venga localmente gestita. E va be’ che in pie-

na campagna elettorale bisogna tenere serrati i pro-

pri ranghi (e per farlo può servire tutto) ma stavol-

ta a nostro avviso PD e GD sono stati quantomeno

intempestivi se non imprudenti. Come si fa a deci-

dere di attaccare alla vigilia di importanti elezioni

una amministrazione in fin dei conti politicamente

vicina (se non alleata) e, per di più, dimenticando

ciò che è stato fatto e soprattutto non fatto (per la

cultura) da chi – loro diretta emanazione - ha am-

ministrato per due mandati consecutivi la Città?

«Chi di pugnale ferisce, di pugnale perisce» , dagli ap-

partenenti a Città del Sole la risposta circa l’operato

del loro assessore in squadra è subito arrivata diret-

ta e sanguigna, com’è d’altronde nel loro stile. E

così dati e alla mano hanno respinto al mittente, e

con gli interessi, le accuse rivolte al loro responsabi-

le della Cultura vantandone invece i brillanti risul-

tati conseguiti in economia ed in solo 8 mesi di

mandato: 92 eventi realizzati - anche di assoluta

qualità e novità – e, soprattutto, l’importantissimo

avvio di una nuova politica di marketing territoriale

che non solo creasse le premesse necessarie per cre-

are da noi turismo destagionalizzato ma anche, nel-

l’immediato, potesse richiamare qui quanta più gen-

te possibile per ridare ossigeno alla nostra piccola

economia cittadina in affanno per la crisi. E i risul-

tati comunque sono stati evidenti e parlare di suc-

cesso sotto ogni profilo non è certo esagerato: con

la sinergia di tutti (dall’assessorato alle attività pro-

duttive, ai commercianti, alle associazioni e ai sin-

goli cittadini privati) mai prima d’ora

Giovinazzo è apparsa così vitale come adesso e

tanto da meritare persino inedita attenzione da

parte della stampa e delle Tv locali. E il tutto,

parlando adesso di cifre, costando anche meno

che in passato, dove gli esempi di allegra gestio-

ne del denaro pubblico – elencano da GCS –

non mancano certo. E forse si tratta pure di un

vaso di Pandora non ancora del tutto

scoperchiato. Un polverone, quello sollevato da

PD e GD, inspiegabile a questo punto, salvo

non pensare che, più che la Cultura, possano

invece aver visto in pericolo il monopolio quasi

esclusivo degli eventi costruitovi sopra attra-

verso le più svariate associazioni di riferimento

e la occupazione ideologica e strategica anche

dei più insospettabili spazi culturali cittadini.

Significativa, al riguardo, la coincidenza che un

noto accusatore pubblico dell’ultim’ora, nel cri-

ticare le inopportune spese dell’assessorato in

questione con una puntuale descrizione degli

MA VOGLIAMO PARLARE DI CULTURA O DI COSA?

ENRICO TEDESCHI

Botta e risposta tra PD, GD e Giovinazzo Città del Sole«sperperi», non ha però inserito tra questi il

costo reale della associazione comunale di cui è

assiduo frequentatore e che, a dispetto del

nome che porta, non è che abbia certo brillato

per attività e difesa dell’immagine della città.

Ma tornando comunque alla Cultura e alla sua

gestione, siamo certi che «se tanto mi dà tan-

to» una volta avviato il Turismo (non dimen-

tichiamoci che l’assessore Posca ha anche que-

sta vitale delega) e quindi riacquistata maggio-

re disponibilità per organizzare eventi cultura-

li di spessore anche internazionale, i risultati

non mancheranno di sicuro. Da fare c’è davve-

ro tantissimo (dal recupero storico della verità

su Matteo Spinelli, al rilancio dei nostri

Dolmen come fiore all’occhiello dell’archeolo-

gia nazionale, all’avvio di un eventuale proces-

so di santificazione del beato Nicolò Paglia…)

e di carne da mettere sul fuoco ce ne abbiamo

anche troppa. Altro che i 18 falò di S. Antonio

di quest’anno che, tra parentesi e al di là di

qualche piccolo appunto, sono stati l’ennesi-

mo successo di pubblico e di immagine per

Giovinazzo. E anche circa l’ostilità verso l’as-

sessore «straniero» è ora di finirla: Enzo Posca,

confratello onorario per antica tradizione fa-

miliare da ben 18 anni dellaCongraga della

chiesa dello Spirito Santo, pure da imprendi-

tore ha dimostrato - e in tempi non sospetti -

di amare molto questo posto e di crederci ve-

ramente a quella nostra naturale vocazione tu-

ristica su cui sono invece scettici molti nostri

concittadini. E in questo senso è forse più

giovinazzese lui di tanti che lo sono ma non

amano questa città come merita.

Page 18: LA PIAZZA DI GIOVINAZZO MARZO 2013

18

NÉ MAMMA RAI CON IL VESPONE E IL SUO PORTA A PORTA,

NÈ GIOVANNI FLORIS CON BALLARÒ. NON CI È RIUSCITA NEM-

MENO LA MILLY NAZIONALE DI BALLANDO CON LE STELLE AD

ORGANIZZARE UNA SINGOLARE TENZONE DI LATINO-AMERICANO

CON TANTO DI TELEVOTO DA CASA TRA BERLUSCONI, BERSANI,

MONTI, GRILLO, GIANNINO, INGROIA. CHE HANNO SCELTO

INVECE IL SALOTTO BUONO DE LA PIAZZA DI GIOVINAZZO PER

CHIUDERE COL BOTTO LA LORO CAMPAGNA ELETTORALE SENZA RISPARMIARE I POLITICONI DI CASA, SENZA

INCORRERE NELLA CENSURA E NELL’ANSIOGENO TIC-TAC DELL’OROLOGIO DI MINZOLINI. SEI DOMANDE PER 5

CANDIDATI PREMIER E BERLUSCONI, PRESIDENTE DEL PDL, CHE VISTA LA POSTA IN GIOCO HA OSCURATO

ANCHE QUESTA VOLTA IL DELFINO ANGELINO ALFANO

Nome e cognome: - Silvio Berlusconi, detto il cavaliere - Pierluigi Bersani - Mario Monti - Beppe Grillo - Oscar Fulvio Giannino- Antonio Ingroia

Professione:(Berlusconi): Imprenditore(Bersani): Segretario del PD(Monti): Senatore a vita(Grillo): Comico(Giannino): Professore e giornalista(Ingroia): Magistrato

Partiti che sostengono la tua candida-tura a premier(Berlusconi): PDL – Lega Nord – Fratellid’Italia(Bersani): Italia Bene Comune (Pd + Sel)(Monti): Con Monti per l’Italia (Lista Mon-ti – Udc – Fli – Grande Sud)(Grillo): Movimento 5 Stelle(Giannino): FARE per fermare il declino(Ingroia): Rivoluzione civile

Innanzitutto grazie per aver accettato ilconfronto in questa incantevole piazzae non su mamma Rai o su Sky(Berlusconi): Io a Giovinazzo ci sarò sem-pre con i 6x3, ci sono sempre con le mietelevisioni. Sono sempre nei pensieri e nelle

antenne dei giovinazzesi come il Telegattone.Se mi consente, direttore, la sua testata lachiamerei la Piazza della Libertà o – comemeglio preferisce – La Piazza di Berlusconi.Un domani forse anche la piazza con i suoitritoni diventerà Piazza Berlusconi.(Bersani): Ci sarei arrivato comunque col miopullman democratico per portare comunquel’aria del nuovismo.(Monti): Grazie a lei, perché La Piazza insie-me al Sole 24 Ore, Milano Finanza,ItaliaOggi, Banca Italia, Consob, Il Denaro,Sda Bocconi, è nella mia agenda… pardontra le miei riviste privilegiate. Non so ancoratwittare!(Grillo): Ho detto No a Mamma Rai, ho dettoSì al Messaggero di Sant’Antonio, potevo direNo alla Piazza di Giovinazzo?(Giannino): La Piazza ha sempre più visibili-tà della Voce Repubblicana e del Foglio diFerrara che non lo capisce nessuno!(Ingroia): Su La Piazza di Giovinazzo scriveun mio caro amico fustigatore dei potenti:l’Alfiere. Un grande!

Giovinazzo ancora una volta ricopre ilruolo di riempi-lista in queste politiche.Perché questo trattamento?(Berlusconi): A me, si sa, piacciono le donnein carne. E a qualcuna ho riservato perfinoun seggio in Parlamento. Ma è questione ditempo, deve mettersi in lista di attesa per il2018. Sono i tempi fisiologici per ricevere

una coronarografia in Puglia. E’ già succes-so con Mara Carfagna in Campnia. Potreb-be accadere anche con Maria omissis anchese non sono ancora andato a nessun 18° deisuoi figli pur essendo stato invitato. Una chesa far bene la spesa non è comunista. Miconsenta, direttore, se mi si ti ci presenta l’oc-casione non disdegnerei Maria omissis (le fa-remo i capelli azzurri). Una donna che ha ilfisico prosperoso non può essere comuni-sta. Sì, con Maria omissis non faccio eccezio-ni. Sarebbe capolista in Puglia per la Came-ra. So io quello che vogliono i giovinazzesi.La carne e le giarrettiere. Sì ma tutto questonel 2018. Maria omissis capolista al posto del-la Santanchè che non è una Santa e nemme-no una donna!(Bersani): L’identità cittadina conta poco.Conta invece quello che un onorevole fa perla città da cui ha ricevuto i propri suffragi. Eper questo che invito a votare AngelaFinocchiaro, attrice protagonista di Benve-nuti al Nord e Benvenuti al Sud. Voti unasiciliana e sai che sarà sempre benvenuta aGiovinazzo. Voi giovinazzesi non siete amantidei forestieri?(Monti): Aiaiai signor direttore, lei mi è ca-duto sul pisello. Giovinazzo avrà un senato-re, avv. Domenico Claudio Pannoli, e un onore-vole, Luigi Foglio, rispettivamente 3° nella li-sta per il Senato e 26° alla camera per il par-tito Con Monti per l’Italia e perché no, ConMonti per Giovinazzo.

l’intervistal’intervistadi SERGIO PISANI

I SEI CANDIDATI PREMIER RISPONDONO AL DIRETTORE

MAMMA LA PIAZZA!!!

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19 MARZO 2013

(Grillo): Ma che stai dicendo???? Tu nonconosci Depergola? Ma come si faa??? VotiGrillo e prendi Depergola. Sì, quello diEventi digitali. Mi ha mandato diGiovinazzo delle foto che bucano il video.Il sindaco Depalma trasformato in un canecol Photoshop. Un cane gioioso ma che nonmuove più la coda... è la coda che muovelui!(Giannino): «FARE per fermare il declino»si può. Intanto schierando la Nazionale dicalcio dei giornalisti. Lei non ha né piedi néuna penna buona per far parte del mioGoverno. Ecco perché sono costretto acandidare giornalisti delle altre città toglien-do il posto di titolare ai vostri. La Favorita,San Siro, San Nicola, il Depergola diGiovinazzo: tutta l’Italia deve diventare solorosanero. Viva l’Italia. L’Italia rosanero.(Ingroia): Niente di più infamante. Lei nonconosce la storia e i nomi. Si penta. Lei èsul ruolo paga del cavaliere. Non accettosimili provocazioni da un merlo del padro-ne. Comunque confidi i giovinazzesi che inPuglia si è candidata la Nazionale di calciodei magistrati per la Rivoluzione non genti-le ma civile. Gentile, già. Un nazionale chea morsi ha strappato le magliette diMaradona e Zico. Lo voti e si riscatti dal-l’essere un merlo!

Giovinazzo non è come Molfetta. I casidi morti bianche sul lavoro sono nulli.La verità è che non lavora nessuno!(Berlusconi): Mi consenta, il tasso di mor-talità sul lavoro è nullo perché sono tutticomunisti. Tutta gente che lavurà minga… Iericome oggi. Prima Antonello, oggi Depalma,tutti ultracomunisti. Prima un professur che in-vece di lavorare lui faceva lavorare i suoi assisten-ti... Te capì... Oggi un elettricista che fa ilsindaco e che scarica il lavoro sugli assi-stenti degli assistenti. E gli assistenti degliassistenti sugli assistenti degli assistenti de-gli assistenti. Tutta gente che lavurà minga…tutti comunisti. Te capì...(Bersani): Noi abbiamo pensato anche aloro. Ai giovani, a chi non lavora, a chi sigratta, a chi gioca a flipper dalla mattinaalla sera. Costruiremo un’Italia Giusta, unPaese nuovo. La Giovinazzo che vogliamosarà lavoro e legalità, nuova passione. Pas-sione mediterranea!(Monti): Non lavora nessuno? Ma ci sonobanche o parassiti in paese?(Grillo): Ma chi è il vostro sindacooo?

Depalmaaaa??? Ma come si faaaa?? Perché loavete votato? Ma come si faaa? Voi avete votatoun elettricistaaa, e un elettricista è soprattuttoun correntista che stringe alleanze con i ban-chieri e i faccendieri! Ma vi rendete contooo??Come si faaaa! Gli elettricisti accendono solo ipropri desideri! Ma come si faaa… Fortuna cheadesso con l’Europa unita, se sei un disoccu-pato di Giovinazzo puoi andare a fare il di-soccupato a Stoccolma.(Giannino): Se mi votate riporterò il Pil citta-dino ai fasti degli anni 70, quando con il mioamico La Malfa, Vice Ministro del Consiglio,potevate comprare orate e saraghi non a pez-zi ma a peso!(Ingroia): Lei non è un teste affidabile. Qui aGiovinazzo non c’è la Mafia che fa mangiarela gente! Lei è un istigatore delle istituzioni. Sipenta!

A Giovinazzo governa una maggioranzacivica, Giovinazzo città del Sole. Come sischiererà per le politiche?(Berlusconi): Chiii…? Gli amici dell’elettrici-sta-sindaco Depalma, l’amico di Confalonieri?E allora pagatevi Imu prima, seconda e terzacasa, Tarsu, Tosap, Irpef, imposta sulle pub-blicità, sulle affissioni, sui manifesti da morto.Te capì? Tutta gente che lavurà minga… tutti co-munisti. Se ci fosse la sciuerta della Brambilla, lifaceva tutti neri questi elettricisti della cittàdel sole. Pardon, blu!(Bersani): Depalma è amico di Emiliano.Emiliano è amico di Vendola. Vendola è ami-co di Antonia Pansini. L’assessora Pansini èamica a Corsignano Lapanza. CorsignanoLapanza è come il formaggio Locatelli: sa farele cose per bene!(Monti): Il sindaco Depalma? Un elettricista-amico che si occupa dell’installazione, manu-tenzione e riparazione degli impianti elettricidelle banche del mio gruppo. Lo ringrazioanticipatamente per il sostegno che darà allamia agenda!(Grillo): Ma chi Depalmaaaa??? Un amicone mioe di Depergola, quello di Eventi digitali! Sa-pessi quante volte mi ha telefonato per le bat-taglie a favore delle rinnovabili! Un elettrici-sta-martire! Gli ho fatto cambiare l’illumina-zione tradizione in illuminazione a led per farrisparmiare un po’ di quattrini ai giovinazzesi.Solo che lui quando ha cambiato le lampadi-ne ha lasciato al buio tutto il quartiere anti-stante alla stazione. Pensava di illuminarlo conil Sole del suo partito. Il ragazzo si farà anchese ha le spalle strette. Dategli tempo!

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(Giannino): Io sono un promotore di una le-gislazione organica sui conflitti d’interesse. EDepalma è la rappresentazione di paese di unmodello di governo che per 20 anni ha man-dato l’Italia in rovina! I suoi 4 voti li desse alCentro Democratico. Tanto a Giovinazo mivoteranno tutti i giornalisti e i professori!(Ingroia): Depalma è amico a CorsignanoLapanza. E Corsignano Lapanza è un panzarodella vecchia guardia. Amico di ingegneri, ar-chitetti, costruttori. E’ travestito da sagresta-no cattocomunista. Un altro che adora solo ilmagna magna. Minghia… Un altro che non vuolelavoraarreee. Ma come diceva il Manzoni «Dioperdona tante cose per un’opera di misericordia». Io,Corsignano l’ho già perdonato. Corsignano, daiun voto a chi vuoi tu. A me.

Infine, ce l’hai uno slogan per farti vota-re dai giovinazzesi?(Berlusconi): Ecco, mi consenta, lei ècomunista. Lei è un altro che strapà l’erba cunla scèna. Un comunista che lavurà minga. Parladi slogan e non dei grandi mutamenti chel’Italia beneficerà in questi 5 anni di gover-no. Ma se proprio vuole uno slogan chearrivi dritto al cuore, visto il successo alleultime amministrative di Pino Martino,candidato sindaco per il partito dellaPerchia, allora le suggerisco: «Con il PDL,una perchia per tutti».(Bersani): Ne ho molti. Senta questo: «Tette,culetti e cervelletti». Oppure: «Sono riuscito perfinoa farvi leggere qualcosa di buono su La Piazza chenon sia l’Alfiere».(Monti): Io ho un amico-elettricista-sindacoche mi ama. Quindi proporrei per igiovinazzesi: «Più luce sul Comune, più luce sullebanche, più luce sull’Italia di Monti».(Grillo): Volete che vi parli di corrente? Quantisono gli analfabeti in paese, 18mila? 13milainvece sono gli elettori che vanno a votare?Almeno la metà non ha un pc con la rete perseguire le dirette del consiglio comunale. L’al-tra metà ha meno di 3 chilowatt di corrente incasa cosi che se accendono il computer devo-no spegnere il frigo. Dal 25 febbraio avretetutti internet. Mi raccomando con le parolac-ce. Scrivete tutti c...o!(Giannino): FARE per fermare il declino. Hogià parlato con Angiolino Turturro.(Ingroia): «Ingroia il rospo, Depalma!»

Ogni riferimento a fatti e/o personaggiesistenti è da ritenersi puramente casua-le e/o inventato di sana pianta

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LA LEGGE ELETTORALE, IL PORCELLUM,SCIPPA AI CITTADINI IL DIRITTO DI ESPRI-MERE LE PREFERENZE PERCHÈ LE

NOMENCLATURE DEI PARTITI HANNO GIÀ

SCELTO CHI ANDRÀ IN PARLAMENTO. E CHI

HA OPTATO PER LE PRIMARIE PER RESTI-TUIRE L’ISTITUTO DELLA RAPPRESENTAN-ZA, SI È ACCORTO CHE ERANO ANCHE

QUELLE PRIMARIE PORCELLUM, PRIMARIE

AD PERSONAM, CALIBRATE SU NOMI NON

SCELTI DAI CITTADINI MA NELLE STANZE DEI

BOTTONI, FORTI DELLA SCARSA PARTECI-PAZIONE DEGLI ELETTORI. I GRANDI PAR-TITI HANNO BLINDATO I NOMI NOTI NEI COL-LEGI PIÙ SICURI, COME BERLUSCONI, FINI,FITTO, AZZOLLINI, IGNAZIO LA RUSSA,GIORGIA MELONI, GIULIO TREMONTI,ANNA FINOCCHIARO, ANTONIO INGROIA

CHE CON LA PUGLIA C’ENTRANO POCO ONIENTE, MA IN PUGLIA SARANNO ELETTI

PERCHÉ PRIMI DELLA LISTA. CON LE PRE-FERENZE, L’OPERAZIONE SI SAREBBE RI-VELATA PIÙ RISCHIOSA, PERCHÉ I VOTI, CIA-SCUNO AVREBBE POI DOVUTO ANDARSELI

A CONQUISTARE SUL TERRITORIO CON ESI-TI PER NULLA SCONTATI. GIOVINAZZO AN-CORA UNA VOLTA RECITA IL RUOLO DI RIEM-PI-LISTA, DOVREBBE INSOMMA PARTECIPA-RE ALLA COMPETIZIONE ELETTORALE PER

GIUSTO SPIRITO DI SERVIZIO NEI CON-FRONTI DI UN LEADER E DEL SUO PRO-GETTO. IL SEN. ADINOLFI, L’ON.SCIANATICO E SICOLO RESTERANNO DEI

CIMELI? FINO A QUANDO GIOVINAZZO

AVRÀ QUESTO RUOLO MARGINALE, SARÀ

RIEMPILISTA ALLE POLITICHE?

TOMMASO DEPALMA

Sindaco da maggio

2012 ad oggi

Premetto che la questio-ne non mi appassiona perniente. In ogni caso cre-do che tutto nasca dall’in-capacità di individuare unleader carismatico cittadi-no negli ultimi 30 anni. La statura politicae carismatica di personaggi come il dott.

Franco Milillo e il prof. Antonio

Pansini è andata dispersa in mille rivoli.Ho citato volutamente due personaggiche sono stati eletti in Enti minori rispettoal Parlamento. Solo per significare quan-to già la nostra città allora era incapacedi «sognare in grande». A mia memorial’ultimo nostro concittadino che ci ha rap-presentato in un Ente (Regione Puglia) èstato Leo Magarelli, consigliere regio-nale 12 anni fa. Tra l’altro eletto perchéinserito nei listini con bonus e non pernumero di suffragi raccolti. E’ questa lafotografia di una comunità che ha pre-ferito lo spezzatino politico alla ragioncomune. Che fare? C’è da sperare checontinui lo smantellamento delle solitenomenclature e che vengano avanti nuo-vi soggetti, capaci di ridare visibilità allecomunità locali, calcando il territorio, en-trando nei problemi della gente e facen-dosi carico delle loro aspettative. E’ ov-vio che accarezzare questa visione, servecambiare la legge elettorale, esponendoi singoli candidati al giudizio degli eletto-ri, piuttosto che dover votare un simbo-lo di partito. Domanda: questa classepolitica vorrà essere giudicata «diretta-mente» dai cittadini?

PROF.

ANTONELLO

NATALICCHIO

Sindaco da maggio

2002 a maggio 2012

Per necessaria esigenzadi sintesi, la questioneposta occulta un nodocruciale. Sia consentito richiamarlo bre-vemente.

1. Il Porcellum è responsabilità delcentrodestra. Berlusconi e Calderoli lo va-rarono. Berlusconi lo ha difeso. Prima si èopposto a qualsiasi trasformazione dellalegge elettorale che sacrificasse ai diritti deicittadini gli interessi della sua parte. Poi hachiesto e ottenuto l’anticipo delle politicheper avere l’election day in Lombardia e haimpedito così la celebrazione di primarievere.2. Il Porcellum non è un frutto casuale, bensìè parte strutturale del programma di rifor-ma dello Stato sostenuto dal centrodestra.Tale programma prevedeva e prevede lariduzione dell’autonomia del Parlamento eil rafforzamento del primato del capo delgoverno, cioè di Berlusconi.3. Il PD ha fatto quello che era nelle suepossibilità per cambiare. Se pure qualcunonel partito ha tratto beneficio dalla confer-ma del Porcellum, questo non può modi-ficare la lettura degli avvenimenti e il giudi-zio sulle responsabilità. Se gli Italiani conti-nueranno a non avere un Parlamento di verirappresentanti, ma ne avranno uno di per-sone cooptate dai gruppi dirigenti politicinazionali e locali, è per volere del PDL edella LEGA.

A questo punto, nel merito: Adinolfi eScianatico non erano espressione del terri-torio di Giovinazzo, ma di una realtà piùvasta e complessa. L’on. Sicolo diventò undirigente nazionale e un deputato a partiredall’esperienza politica del movimento ope-raio di Giovinazzo, che fu una realtà collet-tiva straordinaria, di rilevanza non solo lo-cale. La generazione successiva ha espressopunte di eccellenza. Vado a memoria eguardo nella mia parte. Isidoro Mortellaro

GIOVINAZZO RIEMPILISTAil caso

Ecco il porcellum-pensiero degli ultimi 4 sindaci

Page 21: LA PIAZZA DI GIOVINAZZO MARZO 2013

21 MARZO 2013

ebbe un ruolo di rilievo nella federazionedel PCI di Bari e sarebbe diventato parla-mentare, se al momento del congresso concui il PCI si sciolse per diventare PDS aves-se fatto calcoli di carriera piuttosto che ra-gionamenti di coerenza politica. Franco

Lovecchio è diventato un importante diri-gente nazionale, ma nel sindacato, quindi lon-tano dai ruoli parlamentari. Antonio

Daconto era una figura di rilievo nel sinda-cato della scuola pugliese quando ci ha la-sciato prematuramente.Gli attuali gruppi parlamentari vengono se-lezionati con logiche diverse da partito a par-tito, ma, in generale, mi sento di dire che, acausa della debolezza delle struttureorganizzative, alla fine conta la prossimità aileader locali e nazionali. Per altro, non misembra strano che l’attuale logica della co-struzione del consenso, che tende a privile-giare il leaderismo, produca questo corollario.Un ultimo pensiero. Se anche si dovesse tor-nare a un sistema di preferenze o ai collegiuninominali, i dirigenti giovinazzesi sarebbe-ro comunque penalizzati dal fatto di essereschiacciati in mezzo a comunità più grandi einfluenti (Bari, Bitonto,Molfetta).

DOTT. GIUSEPPE

ILLUZZI

Sindaco da maggio

1997 a giugno 2000

Con l’attuale legge elet-torale, come tutti bensappiamo, è stato leso il principio della so-vranità del Popolo italiano, in quanto sonostate abolite le preferenze. E’ in questo e sol-tanto, secondo il mio modesto parere, ilmaggior punto da riformare, in quanto glialtri punti nevralgici della legge(proporzionalità con premio di maggioran-za, percentuale delle donne nelle liste, ecc)potrebbero rimanere tutti, poiché assicura-no, almeno sulla carta (Fini docet ), lagovernabilità del nostro Paese. Tutti i partiti,comunque, affermano a parole di volerlacambiare ma, in pratica, tutti la voglionomantenere, in quanto tutte le «cariatidi» dellapolitica nostrana, che rappresentano la mag-gioranza all’interno di ciascun partito, si op-pongono decisamente per il fondatissimo ti-more di non essere più eletti e, quindi, dirimanere «disoccupati». Sono quelle stesse«cariatidi» che invocando la democrazia(pseudo) di partito si inventano le «prima-rie» proponendosi quali traghettatori di un«nuovo che non c’è» ed affossano il «veronuovo» che vuole emergere (vedi Renzi).Nemmeno l’ultimo «Governo Monti» , che

peraltro vantava un larghissimo sostegnoda parte dei partiti, è riuscito a varare lariforma necessaria a questa legge, ma per ilvero motivo da me sopra evidenziato e nonper le motivazioni addotte, in lungo e inlargo, da tutti gli esponenti politici.L’attuale legge, ci tengo a precisare, trovale sue origini nella legge regionale della To-scana, regione da sempre «di sinistra»; aquesta si ispirò l’allora Ministro Calderoli ené il governo Prodi, allora eletto con unasimile legge elettorale, si cimentò nel rifor-marla, anche se durante la campagna elet-torale, e ancor prima, tutto il centro sinistral’aveva da sempre avversata.Con ciò non voglio difendere nessuno, mail mio auspicio è quello che, qualunque sia ilGoverno futuro, si metta tra i provvedi-menti a farsi quello della riforma della leg-ge elettorale. A tal proposito, però, nutroseri dubbi che quanto da me auspicatopossa verificarsi, perchè nessuno ne parlain questa campagna elettorale.Pertanto, penso che fino a quando non cisarà la riforma che ristabilisca la sovranitàpopolare attraverso l’espressione delle pre-ferenze, Giovinazzo non esprimerà mai piùun suo rappresentante in seno alla Provin-cia, alla Regione e tanto meno al Parlamen-to nazionale.In pratica, Giovinazzo, se fino a poco tem-po fa si diceva che fosse politicamente un«rione dimenticato di Molfetta», ora è «ter-ra di conquista da parte di tutti» e le espres-sioni politiche locali saranno ancor più dei«riempi lista» e Giovinazzo perderà anchel’identità, sia pur negativa, di «rione dimen-ticato di Molfetta»: politicamente è e di-venterà ancor più una “città-meteora”, cioèuna città che compare nella geografia poli-tica quando servono i voti e subito doposcompare, praticamente una «stella caden-te».Questa amara constatazione riviene dal-l’esperienza personale avuta nell’ultima tor-nata elettorale della nostra Regione, ma so-prattutto dai nominativi giovinazzesi attual-mente inseriti nelle varie liste e confinati negliultimi posti o quasi nei primi posti ma diliste poco rappresentative. Spero, perGiovinazzo, di essere sconfessato nei pros-simi giorni.Comunque, i tempi dell’elezione del Sen.Adinolfi e degli On. Scianatico e Sicolo nonverranno più! Nemmeno, a mio avviso, sevenissero restituite le «preferenze»:- perché il campanilismo politico di unavolta non esiste più;- perché i grandi (con la «g» minuscola)politici non permetteranno mai che sia in-

serito nelle liste solo e soltanto uno comerappresentante di Giovinazzo, ma tente-ranno sempre di spaccarci politicamente;- perché si è riusciti anche a toglierci l’uni-ca possibilità che potevamo avere di fareleggere un nostro rappresentante alme-no in seno alla Provincia: dalle ultime ele-zioni Provinciali, infatti, la nostraGiovinazzo fa parte di 2 collegi provin-ciali e non più di 1!! Non penso proprioche ci sarà un seguito dopo i compianticonsiglieri provinciali Dott. Pansini eDott. Milillo.Infine, non esistono più le Segreterie poli-tiche locali di una volta (intelligenti pauca).

Non è pessimismo il mio; è solo, nel miopiccolo, una lettura spassionata della poli-tica attuale.

DOTT.

RUGGIERO

IANNONE

Sindaco da maggio

1995 a febbraio 1997

La domanda anticipa larisposta. Tutto vero. Con questo sistemaelettorale, il cittadino non ha la possibilitàdi esprimere una propria preferenza,diesprimere il suo voto ad un candidato. Macome ben si sa tutti i partiti, nella legislatu-ra appena finita, si erano impegnati, a pa-role, a modificare la legge elettorale da tutticriticata ufficialmente, ma da tutti volutanonostante le mille sollecitazioni da partedei cittadini e delle più alte cariche istitu-zionali della Repubblica. Scorrendo le li-ste, qualche peccato di pensiero è facile far-lo circa i motivi che hanno indotto i partitia non volere cambiare legge elettorale pe-nalizzando, di fatto, la partecipazione deicittadini ai processi democratici, primo fratutti la selezione delle candidature. Poi se sidovesse un domani modificare ilPorcellum, le posizioni tra i partiti sonoben diverse, e tranne qualche distinguo(vedi PDL elezione diretta del Presidentedella Repubblica alla francese o all’ameri-cana di Almirantiana memoria) gli altrischieramenti politici offrono soluzioni checomunque sono riconducibili al«porcellum». La realtà locale? Le attuali can-didature giovinazzesi fungono da meririempilista e «porta acqua». Per avere unacandidatura di spessore a Giovinazzo, sidovrebbero individuare figure che cresca-no nel tempo e con l’esperienza nei partiti.

SERGIO

PISANI

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23 MARZO 2013

FURTI DI RAME E ATTREZ-ZATURE ELETTRICHEAttenzione ai tubi di scolo. Anchequelli sono diventati oggetto diruberie. Tutto serve e si vende, perprodurre immediata liquidità. E cosìil 21 Gennaio nella notte i ladri han-no provveduto ad asportare la parteterminale dei tubi di rame destinatiallo scolo dell’acqua piovana in viaCrocifisso. Il 30 gennaio invece è sta-ta presa di mira la ditta Grossano sul-la SS 16 tra Giovinazzo e Molfetta esono state rubate attrezzature elettri-che, oltre a materiale di edilizia. Ungrosso disagio per una delle aziendepiù importanti della zona. Sembra pro-prio che il piano era stato ben studia-to. In corso le indagini della locale sta-zione dei Carabinieri.

LE RAPINENon smettono di importunare e dan-neggiare i giovinazzesi, i soliti rapi-natori d’assalto che, da tempo, hannosottratto la serenità della vita quoti-diana. Il 26 gennaio è stato colto disorpresa un medico che si apprestavaad uscire la sua Audi A6 dal garage,nella II trav. di via Marconi, per re-carsi al lavoro. Tre malviventi munitidi pistola gli hanno intimato la con-segna dell’auto. La vittima non hapotuto sottrarsi alla minaccia e haconsegnato a malincuore le chiavi.Come dire? Ancora sicurezza zero!Un altro pomeriggio da brividi nellaFarmacia Comunale, dove il 5 febbra-io, i soliti malviventi con volti travi-sati hanno minacciato con una pisto-

la la consegna dell’incasso. Ve-nuti in possesso dei soldi, sisono allontanati tranquillamen-te a piedi e poi dileguati nelnulla. Sono intervenuti i Cara-binieri della locale stazione.Indagini difficili perché pareche nessuno si sia accorto dinulla.Il 6 febbraio ancora una voltaè stato preso di mira il super-mercato Sami di via Eustachio.Non è certo la prima volta chei dipendenti del negozio si trovano da-vanti ai soliti ignoti travisati che, pi-stola alla mano, minacciano la conse-gna dell’incasso. E poi scappano via apiedi senza lasciare tracce. I carabinierihanno subito impiantato dei posti diblocco alle vie di uscita di Giovinazzoma nessun furfante in fuga è stato in-dividuato.I cittadini, ormai esausti da scippi erapine continuano a chiedersi quandosi potrà tornare a vivere tranquillamen-te in una cittadina ormai presa quoti-dianamente d’assalto da rapinatoriesperti che sanno bene come far per-dere immediatamente le tracce dopogli episodi criminosi e, ad oggi, conti-nuano a muoversi indisturbati ai dan-ni di privati e commercianti in totaleallarme.

I ROGHI? SI CONTINUAUn’altra auto in fiamme. Ogni tanto imostri ritornano. I fantasmi pure. Daquasi due anni questi episodi non han-no ancora trovato un autore del gestodoloso, né tanto meno una spiegazio-

la cronaca nera

ne. In quest’ultimo caso, il 02 febbra-io a farne le spese è stato un abitantedi via Molino e una Volkswagen Poloè andata letteralmente danneggiata no-nostante l’intervento tempestivo deiVigili del Fuoco di Molfetta. Sono in-tervenuti anche i carabinieri della lo-cale stazione. Nessuna persona però èstata identificata.

IL FURTO ALLA BENEFICEN-ZAErano soldi destinati ai poveri e nonai ladri. Invece, il 9 febbraio i ladrinon hanno risparmiato nemmeno lasede della Caritas. Nella notte è statodivelto il cancello e sono entrati conl’intento preciso di ricercare danarocontante. Per fortuna non lo hanno tro-vato. In buona sostanza hanno porta-to via circa 180 euro raccolti per esse-re offerti attraverso la cessione di pa-sti caldi, ai bisognosi che, sempre piùnumerosi, si rivolgono all’Istituto diBeneficenza. Un furto ai danni deipoveri, quindi che non esige commen-ti.

I LADRI NON RISPARMIANO NEMMENO

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CRONACA DI «GIORNATE DI MEZZO

INVERNO»: RAPINE E FURTI!

DI

GABRIELLA

MARCANDREA

PH. GIOVINAZZOLIVE.IT

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27 MARZO 2013

LO SCORSO 3 FEBBRAIO CI HA LASCIATO IL PROF. MICHELE CARLUCCI.

NATO A GIOVINAZZO NEL 1948, CRESCIUTO NEL CENTRO STORICO

DOVE I GENITORI GESTIVANO UNA RIVENDITA DI TABACCHI, DOPO GLI

STUDI LICEALI A GIOVINAZZO SI ERA LAURETO IN LETTERE NEL 1971

PRESSO L’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI DISCUTENDO UNA TESI SULLA

STORIA DELLA DIOCESI DI GIOVINAZZO NEL SECOLO XVII ED ERA DIVE-

NUTO DOCENTE DI LETTERE PRESSO LE SCUOLE MEDIE. AVEVA TRASFERITO

LA SUA RESIDENZA A MOLFETTA DOPO IL MATRIMONIO CON ANGELA

ABBATTISTA. GIÀ COLLABORATORE DELLE TESTATE GIORNALISTICHE

MOLFETTESI, DOPO LA SCOMPARSA DELLA MOGLIE NEL 2003, AVEVA CO-

MINCIATO A COLLABORARE ANCHE CON QUESTA REDAZIONE. NEL PORGERE

IL CORDOGLIO ALLE FIGLIE DANIELA E ROBERTA ED AI FAMILIARI TUTTI,

LO RICORDIAMO CON UN PENSIERO DI DUE PERSONE CHE LO HANNO AVUTO

COME AMICO. A QUANTI L’HANNO CONOSCIUTO TANTI ALTRI RICORDI

VERRANNO DA QUESTE FOTO, DI TRE DIVERSI PERIODI DELLA SUA VITA

ADDIO PROFESSORE!il ricordo

CI HA LASCIATO MICHELE CARLUCCI,DAL 2003 NOSTRO COLLABORATORE.ERA LA FINESTRA SUL PASSATO

Queste poche righe nascono dal desiderio di far sapereche ci sono tanti modi di reagire al dolore, c’è chi deci-de di lasciarsi andare, o chi si auto commisera, ma c’èanche chi si inventa una diversa strada per continuare avivere: usa la sua creatività, il suo sapere, la penna. Sonostato testimone delle sofferenze del prof. MicheleCarlucci. Con coraggio e pazienza, dopo un primo mo-mento di sgomento per la perdita della sua adorata mo-glie Angela, dieci anni fa, giorno dopo giorno, nella ri-cerca di una strada consolatoria ha trovato una via al-ternativa, creativa, inaspettata per superare e sublimareil dolore. Ha cominciato a scrivere per il nostro giorna-le divenendone un insostituibile collaboratore. Appas-sionato di storia, folclore e quant’altro potesse fissare etramandare gli usi e consuetudini della sua città natia,Giovinazzo, ma anche di Molfetta dove abitava da piùdi trenta anni, o delle altre città viciniori e della Puglia eItalia tutta, ha scritto appassionatamente di questa oquella festa popolare, di questo o quell’artista, poeta,pittore musicista che fosse, non per sentito dire maperché in prima fila era sempre presente ad ogni mani-festazione culturale della quale, nel recensirle sul nostrogiornale, sapeva cogliere significati e valori profondiperché profondamente colto, cultura che celava conprofonda modestia.Raccontava, per farci conoscerequanta cultura plasma l’uomo e raccontava perché, di-ceva, nessuno dimenticasse luoghi, eventi e tradizioni, eforse raccontava per non dimenticarli egli stesso. Nel-l’ultimo periodo però non gli bastava una penna e unfoglio di carta. Sono tornato dalla visita che gli ho fattoa Natale con tanti pensieri in testa, tante emozioni nelcuore, tante storie nelle orecchie, quelle storie della nostra amata terra che mi ricordava,sempre dicendosi certo che io le sapessi già. In questi anni di amicizia mi ha riservato sempreuno sguardo dolce e accogliente. Con l’entusiasmo di un bambino scattava con la sua piccoladigitale le foto che mi proponeva per corredare i suoi e anche i miei articoli. Nel nostrorapporto non si è mai posto in veste di docente, per quanto lo fosse. Era professore diitaliano alle scuole secondarie di primo grado, in pensione da quasi un decennio. Ho semprepensato che mi sarebbe piaciuto come insegnante se fossi stato suo allievo perché credo chearricchisse con tale calore le sue lezioni da stimolare la curiosità del “sapere” nei suoi discenti.Deve esistere ancora un’altra diversa strada per continuare a vivere e sono sicuro che il prof.Michele Carlucci l’ha trovata, per l’amore profondo che aveva per le figlie, i nipotini e pertutti i suoi innumerevoli amici. DIEGO DE CEGLIA

Caro Michele,

non ho potuto, non ho saputo sfio-rare e violare la sofferenza che ti hacolto in questi ultimi mesi della tuaesistenza terrena.Voglio ricordarti col sorriso deglianni della nostra adolescenza,allorquando l’antica e comune ami-cizia familiare ci portava a vivere in-sieme, uniti nella sana semplicità diun tempo, ormai scomparso e lon-tano.Caro amico, voglio ricordarti alle-gro quando giocavamo sulla porta nova

al pallone; Voglio ricordarti quando

aspettavamo la notte per poter iniziare il

pellegrinaggio a San Michele e a Padre

Pio con il vecchio torpedone o conla solita grande auto nera del buonVincenzo;Voglio ricordarti quando aspettavamo

la notte per recarci a piedi, il 6 agosto,

alla chiesetta del Padre Eterno con gli amici

del nostro amato paese vecchio, per pre-gare e per rinnovare il voto tradi-zionale verso la nostra Madre diCorsignano;Voglio ricordarti felice e sorridentequando hai consacrato la tua vitaunendoti in matrimonio alla tuaadorata Angela;Voglio ricordarti per la tua fedele,generosa e lunga amicizia fraterna.Ciao Michele, arrivederci amico.. ,mi mancherai soprattutto quandosaranno i festeggiamenti in onoredella nostra Madonna di Corsignano. MICHELE BONSERIO

LUTTO

DEPERGOLA

MARTAN.26.07.1925M.27.01.2013

OLIVETTA SAN MICHELE (IM).

ZIA MARTA RIMARRAI SEMPRE NEI

NOSTRI CUORI.

I NIPOTI TUTTI

DECEGLIE

STEFANON.12.04.1942M.10.01.2013

CARISSIMO STEFANO,

NONOSTANTE L’OCEANO CI DIVIDEVAERI E SARAI SEMPRE NEL MIO CUORE.

LA TUA DIPARTITA HA LASCIATO UN

VUOTO INCOLMABILE NELLA MIA VITA.TUA SORELLA,

FRANCESCA DECEGLIE

STELLACCI

LUTTO

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28

DI GABRIELLA MARCANDREA

l’angolo del lettore

La scienza non sta tutta da una parte. Icervelli non fuggono tutti. Le eccellen-ze ci sono. Basta cercarle. Anche bighel-lonando per il centro storico. Qui, nellamagia delle bianche chianche, i vicolistretti e il silenzio, scorgi la facciata del-la dimora di Donato Francesco

Altomare, medico e professore di chi-rurgia all’Università di Bari, il ricerca-tore che con la sua ricerca pubblicatasul prestigioso British Journal of Surgerydell’individuazione delle patologiecancerogene attraverso l’analisi del re-spiro, ha fatto accendere i riflettori -pensate - alla BBC e alla CNN.L’angolo del lettore questo mese ospitail pensiero di un ricercatore di eccellen-za, Donato Francesco Altomare. Pri-ma di illustrare la sua scoperta, il discor-so scivola inevitabilmente sulla ricercascientifica. Si legge spesso che le uni-versità italiane sono indietro nellegraduatorie internazionali. «Oggi – spie-ga il Professore – purtroppo i nostri inse-gnamenti rischiano di congelarsi perché non cisono prospettive immediate per i futuri profes-sionisti del settore».Altri tempi, quando il dott. Altomareebbe la fortuna di diventare uno degliallievi prediletti del prof . Rubino, ilcapostipite della chirurgia del Policlini-

co di Bari che lo spinse verso la ricercae in questo settore riuscì immediata-mente ad inserirsi. Oggi non è comeieri. Tagli alla spesa pubblica, tagli allaricerca ed ecco che i giovani medici re-stano in standby, in attesa che qualcosain Italia possa cambiare. Cosa? Ad ogginon è dato saperlo, chi può, vola anco-ra dall’altra parte dell’oceano, dove co-munque è utile imparare la lingua e fareesperienza: «E’un percorso professionale chenon può che arricchirti sotto vari aspetti, peròpoi è necessario poter ritornare e trasferire ilbagaglio di conoscenze acquisite nella propriaterra, a disposizione della tua gente». Pen-sieri e parole di chi per amore della ri-cerca ha approfondito i suoi studi pri-ma negli Stati Uniti, poi in Inghilterra.Tornato alle origini, il prof. Donato

Francesco Altomare, è oggi nell’am-bito della ricerca pubblica e del servi-zio sanitario nazionale una punta di ec-cellenza che funge da traino per tuttoil Paese. Come dire, fare ricerca consuccesso al Sud si può!LA RICERCA IERI E OGGI. «Neglianni’70 – precisa il Professore – si face-vano gli esperimenti anche sui cani. Oggi nonpiù, si utilizzano le cavie geneticamente mo-dificate e purtroppo anche i conigli». Non èpiacevole scriverlo ma è una dura real-tà, non esiste oggi una legge che lo vie-ta. Vige però anche la convinzione chespesso non occorrono maestosi inve-

stimenti nella ricerca per raggiungereobiettivi storici capaci di cambiare lavita dei malati. A volte basta un’intui-zione, unica e straordinaria, che riescea sconvolgere la scienza. Così come èsuccesso per il prof. Altomare che at-traverso il respiro riesce a capire se unsoggetto è affetto da patologiecancerogene. «Nel respiro sono presentimolecole volatili che possono rivelare lo statodi salute del soggetto. Già Ippocrate, il padredella medicina, affermò che dall’alito si pote-va diagnosticare una patologia al fegato». Unapasso avanti nella medicina sperimen-tato proprio da un giovinazzese che cifa onore e che da anni profonde le sueenergie per dimostrare che lo screeningper individuare i pazienti portatori ditumori del colon-retto (seconda causadi morte per cancro nei paesi occiden-tali) può essere effettuato con un sem-plice analisi del respiro con unaattendibilità maggiore dei vecchi test diricerca del sangue occulto nelle feci,evitando un gran numero di inutili e ri-schiose colonscopie. Una nuova bran-ca della medicina che la Regione Pugliaha sostenuto indirettamente perché «neilaboratori che aveva allestito per lo studio del-l’inquinamento ambientale si è potuto ancheeffettuare lo studio delle patologie tumoraliattraverso l’uso di due apparecchi specifici, ilgascromatografo e lo spettometro di massa iquali permettono rispettivamente di isolare i

UN SOFFIO PER DIAGNOSTICARE IL TUMORELa scoperta di

Donato Francesco

Altomare, medico

e professore di

chirurgia all’Uni-

versità di Bari

FOTOGRAFIA MICHELE DECICCO

«ANCHE DA NOI È

POSSIBILE FARE CON

LA RICERCA COSE

BELLE E IMPORTANTI».

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29 MARZO 2013

GABRIELLA MARCANDREAha collaborato MICHELE DECICCO

tipi di molecole e identificarle».Il dott. Gianluigi Degennaro del Dipartimento dichimica dell’Università di Bari ha rivestito unruolo di rilievo nell’approfondimento di questostudio. La percentuale di successonell’individuazione dei tumori con questo tipodi tecnica è molto elevata e un compito specifi-co nella fattispecie è già stato assegnato in pre-cedenza agli sniffer dogs, tali sono i cani che ven-gono addestrati per riconoscere i tumori dall’ali-to dei pazienti e anche in questo caso è moltoalto il numero dei casi individuati con successo.

IL FUTURO? «Il prossimo passo sarà lo sviluppodel naso elettronico. Si potranno archiviaredefinitivamente tutte le tecniche invasive per scoprirequesto tipo di malattia».Schivo, riservato, il dott. Donato FrancescoAltomare affronta le sfide della medicina in si-lenzio. A Giovinazzo non ama molto ciondolare«per vasche». Ma non per questo è sfuggito al-l’onorificenza di qualche lucido amministratoredel passato. Che il Sud sia un paese di cervelli infuga non è una novità degli ultimi tempi. Ed èper questo che il dott. Donato FrancescoAltomare ci congeda con una speranza: «Ancheda noi è possibile fare con la ricerca cose belle e impor-

tanti. E’ più difficile, certo, ma non impossibile».

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30

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31 MARZO 2013

Neanche a pochi giorni dall’appello nella salaS. Felice a favore di Enrico ‘Chico’ Forti

(un nostro connazionale detenuto da 12 anniin Usa per omicidio, ma con prove dubbiesulla sua colpevolezza ndr) sempre organiz-zato dall’Associazione Culturale Il Simposio,presieduta da Maria Restivo e con il pa-trocinio del Comune, si è tenuto un altroconvegno sui Diritti violati. Come impli-citamente già nel sottotitolo «Pene più aspre in

caso di reato di violenza sessuale sui minori» unappuntamento che si è rivelato anche unmomento di mobilitazione civile per modi-fiche alla legislazione ed in particolare la ri-chiesta di un inasprimento delle pene previ-ste dall’articolo 609 del nostro codice pena-le. Un problema particolarmente sentito edattuale quello della violenza sui minori che,al di là della spesso solo strumentale atten-zione mediatica, risente appieno di tutte leinadeguatezze di una normativa «superata» edincapace a garantire che poi nella pratica siriesca sempre e veramente a fare giustizia;anzi addirittura col concreto rischio che se lenorme vengono pure male interpretate oapplicate, può andare paradossalmente a fi-nire che siano proprio le vittime, che la leg-ge dovrebbe invece tutelare, quelle che fini-scono col pagare il prezzo più alto di unreato consumato a loro danno. E’ la denun-cia forte e senza mezzi termini che daGiovinazzo Alfonso Frassanito, padre diuna ragazza suicida a 13 anni e a capo del-

l’associazione ‘Io so Carmela’ creata perricordarla, ha voluto rilanciare per richia-mare l’attenzione non solo su questa vicen-da giudiziaria «in sospeso da quasi cinque anni e

con gli indagati ancora tranquillamente a piede li-

bero» ma anche per aprire una discussionesu tutto il tema vastissimo e delicato deisoprusi sui minorenni. Non a caso la pre-senza al tavolo dei relatori dell’avv. Stefa-

nia Belmonte, presidente regionale umbradell’associazione C.S.IN., che ha dato unprezioso ed importante contributo tecnicoa tutto l’evento ma con la passione sottesa– nessun accenno personale - di chi è statoanche evidentemente toccato negli affetti piùcari da certi problemi, oltre che impegnatoad affrontarli professionalmente nella pra-tica quotidiana. A far gli onori di casa perl’Amministrazione il sempre inappuntabilevicesindaco Michele Sollecito e a suo agionel ruolo di moderatore la brava Paola

Corsignano Carrieri, è stato, cosa rara, unconvegno che ha toccato le corde del cuo-re oltre che della mente. Ancora dalla no-stra città, dunque, un’iniziativa forte persmuovere le coscienze e rivolgere l’ ennesi-mo appello alla politica per creare le condi-zioni di una giustizia davvero all’altezza delsuo nome e di quelle antiche tradizioni chefanno tuttora dell’Italia un faro e un puntodi riferimento per le legislazioni di tutte lenazioni occidentalizzate. Una giustizia giu-sta con tutti, cioè, come quella reclamata da

un genitore affinché la sua «Carmela non muo-

ia due volte» oppure quella invocata da tut-t’altro percorso nell’evento per la proie-zione di «Cesare deve Morire». No, néCarmela né Cesare devono morire. Almenonon qui, non a Giovinazzo che, famosanel mondo (a suo discapito) più per l’in-credibile vicenda giudiziaria di un suo gio-vane concittadino che per la sua bellezza,ha veramente tutti i numeri per ospitaregrandi eventi e manifestazioni a sfondogiuridico che ne possano fare il centro ide-ale da cui aprire un dialogo su questi temiuniversali; e soprattutto in modo privile-giato con quei paesi ad Oriente di cui siamola Porta culturale oltre che geografica. Enon stiamo certo dicendo di poter arriva-re in bicicletta sulla luna perché, se si ana-lizzano bene le cose, potrebbe essere unprogetto che rilancerebbe l’immagine ditutto il territorio e, oltretutto, più cherealizzabile se solo si creano le giustesinergie con Bari e le altre realtà vicine. D’al-tronde un buon punto di partenza noi loavremmo già, se vogliamo, sulla scia delsuccesso che ha riscosso la felice iniziativache l’assessorato alla cultura ha preso que-st’estate con il film dei fratelli Taviani; e,cosa importante, ancor prima che il lorobellissimo ‘Cesare deve Morire’ riportassein Italia, dopo ben 21 anni, il prestigiosoOrso d’Oro del Festival del Cinema di Ber-lino e successivamente si guadagnasse pureuna nomination per l’Oscar! E poi, ultimoindimenticabile convegno di Paolo Bor-sellino in vita proprio da noi, non è forsequi che si tiene regolarmente ogni anno unautorevole appuntamento di magistrati? Ese, come diceva Totò, «E’ la somma che fa il

totale!», trarre qualche debita conclusionenon è poi così difficile.

ENRICO TEDESCHI

DIRITTI VIOLATIANCORA UN APPELLO ALLA GIUSTIZIA DA GIOVINAZZO

«A

GIOVINAZZO

CESARE

NON DEVE

MORIRE!»

«A

GIOVINAZZO

CESARE

NON DEVE

MORIRE!»

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SINTESI DELLE VICENDE DEL TEMPIO

Lo stato attuale della chiesa di piazza Benedettine, meglio nota comechiesa di S. Francesco di Paola per l’omonima confraternita che vi siinsediò nel 1878, è il risultato di diverse ristrutturazioni e rifacimentiin particolare quello del 1849 del quale vi è memoria nella lapideapposta dietro l’altare maggiore.La chiesa era una delle parrocchie istituite dal vescovo di Giovinazzoin osservanza delle disposizioni del Concilio di Trento, ed era dedi-cata ai santi Martiri Giovanni e Paolo.La relazione predisposta dal suo parroco per la visita pastorale del1754 ne delinea sinteticamente le vicende: «si rileva l’antichità suada una scrittura originale autentica di monsignor Paulino (Vescovodi Giovinazzo 1181-1201) di felice memoria in carta bergamena,che si conserva tra le scritture della sudetta parocchia dal paroco,fatto nell’anno 1191, regnante domino nostro Tangredi rege magni-fico, nella quale si legge, che detta Chiesa era communità colla facol-tà di amministrare i sagramenti, e colla fonte battesimale, quia abantiquo sic erat, … Parimente la sudetta chiesa nel 1552 era consagratasotto il titolo dell’istessi Martiri, e la solennità della consegrazione, osia dedicazione celebravasi la prima domenica di maggio … Qualsollenità non si celebra in oggi, a cagione che in tempo dello stessoPrelato, fu riedificata, e solamente benedetta». Circa la riedificazionedi quella chiesa, la relazione del 1754 fornisce altri dettagli, relativiall’annessione ad essa del vicino monastero delle Benedettine e rela-tiva chiesa: «Non passò molto tempo che (nel 1554) Draqut Rajscapitano de Turchi espugnò la città di Viesti, ed altre città del marAdriatico, al lido del quale è sita la città di Giovenazzo, onde perordine reale si videro tutte le città e terre di tal marina (fortificate)con le mura, e perché in Giovinazzo il Monistero di San GiovanniBattista si ritrovava in quel tempo pro muro ipsius civitatis in eodem litorecome si legge nell’epitaffio scolpito sulla porta di detta chiesaparocchiale taliter quod aquae innundabant ipsum murum, et in maximunpericulum dicti monasterij, et civitatis, quod erat magnum infirmitatum intermoniales dicti monasterii, il zelantissimo (vescovo) Briziani pensò ab-battere gran (parte della) fabrica del sudetto monastero, e la chiesatutta di San Giovanni Battista, come infatti, abbattute tali fabriche,lasciò il luogo per l’edificio delle mura, e ritrovandosi una stradamediante il sudetto monastero dalla chiesa de’ Santi Giovanni e Pauloautoritate ordinaria, eam propter angustiam dictae civitatis, quam propterpaupertatem dicti Monasterij,trasportò detto monastero circum dicta ecclesiaSancti Iohannis et Pauli in certis domibus particularibus et strata supradicta etplateis dictae ecclesiae, pro ut nunc apparet, ed unì le monache sudette allachiesa parocchiale de’ Santi Giovanni e Paulo». A questa disposizio-ne, ne seguì un’altra dello stesso vescovo Briziano «per lafortificazione e sicurtà di questa Città e trovandose questa Chiesa diSanti Giovanni e Paolo antica e li Santi Martiri avvocati di essa città,ordinamo e statuimo che nell’altare maggiore si accomodi la Iconadi San Giovanni Battista, in quella delli Santi Martiri».Non sappiamo se tale ordine venne eseguito, infatti dalla descrizionedella pala dell’altare maggiore fornita nella relazione del 1754 siintuisce che una effige di San Giovanni Battista era presente nellazona presbiteriale ma in cornu evangeli e non già sull’altare: «Nell’alta-re maggiore si osserva un quadro col ritratto dell’ImmacolataCongezione in mezzo, ai due lati del medesimo quadro l’immaginede’Santi Martiri Santi Giovanni e Paolo, nella parte inferiore delmedesimo San Pasquale e Santo Andrea d’Avellino. In cornu evan-geli la statua di San Giovanni Battista, ed in cornu epistolae la statuadi San Benedetto, vi sono bellisime colonne sull’altare di pietramarmorea, la mensa col pagliotto di finissimo marmo; il tutto fattoa spese delle reverende monache donna Brigida, e donna Rosa dePerilli».

STATO DELLA CHIESA NEL 1754

Quindi la stessa relazione riporta una descrizione della chiesa comeappariva nel 1754: «si vede abbellita nella parte interiore di altari,cioè uno maggiore, l’altro in cornu evangeli di Santa Anna, e l’altro incornu epistolae di Santa Caterina, e vicino al medesimo l’effigie dellaSantissima Vergine Annunziata; di più un bellissimo pergamo percomodo del sudetto Paroco, e di ogn’altro oratore invitato a qualcheorazione panegirica, come in ogn’anno nel giorno di San Benedetto,

storia DI DIEGO DE

L’ALTARE DI SANTA C

CHIESA DI S. GIACOMdi più sopra la porta maggiore della sudetta chiesa un ben fornitocoro per officiare le sudette monache; oltre di un altro dietro l’istessoaltare maggiore. Si osservano bellissimi suffitti con belle pitture edornamenti di finissimo oro ed ogn’altro, che la rende meravigliosa, epiacevole a chiunque vi entra per orare … Nell’altare di Santa Annasi osserva in mezzo l’effigie della medesima Santa, di Maria Santissi-ma, di San Giuseppe, e di San Gioacchino; da un lato vi è l’ArcangeloRafaele, e dall’altro l’Angelo Custode; questo altare si provvede disuppellettili dalle reverende monache. ... Nell’altare di Santa Caterinavi è in mezzo l’effigie della sudetta Santa, da un lato Santo Eustachio,e dall’altro Santa Lucia. Questo altare parimente si provede di sup-pellettili dalle sudette monache. Vi è l’obbligo di messe due la setti-mana per lo beneficio che si possiede da Don Francesco VolpicellaPatrizio di Giovenazzo commorante in Molfetta. Vi è l’obbligo diuna messa piana di Requiem prima die non impedite dopo la comme-morazione de morti, colla torcia sopra il sepolcro delli furono Valloni».Nel descrivere la parrocchia si fa menzione esplicita all’assenza delfonte battesimale, elemento che giuste le disposizioni del Concilio diTrento contraddistingue tuttora le chiese parrocchiali dalle semplicirettorie: «Il Sagramento del battesimo per i figliani della sudettaparocchia de Santi Giovanni e Paolo, a causa che per trascuragionede’ Parochi antecessori nella reedificazione della sudetta Chiesa nonfu riposto il fonte battesimale, il Paroco de’ Santi Giovanni e Paolol’amministra nel fonte della Cattedrale; dovendoseli dare tutto ilbisognevole per tale amministrazione dal reverendo arciprete-parro-co col peso anco di farlo assistere dal sacristano in quella manierache assiste al sudetto signor Arciprete ed il Paroco è obbligato scrive-re il battesimo, nel libro, che si conserva dal suddetto signor Arcipretenell’istesso fonte» (ADG, fondo Curia Vescovile, Atti S. Visita 1754).

DESCRIZIONE DEL 1782

Non meno dettagliata è una descrizione della chiesa fornita in occa-sione di un contenzioso che nel 1782 le monache aprirono con Fran-cesco Saverio Severo Vernice che aveva illegalmente costruito unarco a chiusura del vico attiguo alla chiesa dei Santi Giovanni e Pao-lo, al fine di annettere quel tratto di strada alla sua dimora. Alcunimastri muratori di Bisceglie che dovettero predisporre relazione eperizia per il carteggio del contenzioso, fornirono un’ottima descri-zione non solo dell’esterno della chiesa ma anche del suo interno:«ove abbiamo osservato che in essa a propriamente nell’entrata stasito un arco e poggiato sopra colonne di pietra e il muro della faccia-ta di detta chiesa, il coro delle monache alto dal pianterreno palmiventuno e da in faccia al muro corrispondente al luogo dove si eraformata dal Severi la succitata lamia, vi è l’altare di S. Anna comeabbiamo conosciuto dall’effigie dipinta nel quadro e che ne’ due late-rali di detto altare vi sono due armi coll’impresa di una croce e nevani di essa quattro rose [è questo lo stemma dei Vernice], consimili armiabbiamo osservate pure nella suffitta di legno della chiesa di dettemonache, cio è una nel fine della medesima suffitta sopra l’altaremaggiore, e l’altra nel fine del quadro di mezzo di detta suffitta epropriamente sopra la cornice di detto quadro. Di più abbiamo os-servato che nell’altro altare (di S. Caterina) che sta dirimpetto al disopra descritto altare di S. Anna vi sono ne’ laterali di esso due consimiliarmi ed un’altra sotto la suffitta del coro. Con quest’istessa occasioneabbiamo osservato che nell’altare maggiore di detta chiesa vi è diffe-rente arma indicante un albero con due rose ne’ laterali da piedi edun uccello sopra di esso [dovrebbe trattarsi dello stemma dei Framarinoimparentati con qualche altra famiglia] ed in ultimo abbiamo osservatoalla parte di fuori nella facciata di detta chiesa un’altra diversa armada quella degli altari descritti, e supposta, e sotto alla detta arma una

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nostraE CEGLIA

CATERINA NELLA

MO E PAOLO

DIEGO DE CEGLIA

lapide con iscrizione che non abbiamopotuto intendere veruna parola» (ADG,fondo Benedettine, s.c.).Sempre un membro della famiglia Ver-nice nel 1687, con la costruzione di unanuova cappella in quella chiesa, avevagià aperto un altro contenzioso con inobili Volpicella come emerge da unatto notarile rogato dal notaio VitoCarlo Riccio (ASBa, piazza diGiovinazzo, sk. 17, vol. 273, ff. nn.).

IL CONTENZIOSO TRA LE FAMIGLIE VERNICE E

VOLPICELLA

La controversia vide da una parte don Giovanni Antonio Volpicelladi Molfetta e il diacono Giovanni Battista de Pago di Giovinazzo, edall’altra donna Caterina Vernice, monaca del convento, sostenuta erappresentata in primis dalla badessa e da alcune sue consorelle,nonché dal vicario della Diocesi don Gaetano Vernice.Di fronte al notaio Riccio il 9 dicembre 1687 donna Caterina dichia-rò ritenere ingiustificata l’opposizione manifestata dal Volpicella aché si erigesse una cappella «dentro la chiesa del detto monastero adestra della porta maggiore quando s’entra, sotto il coro di notte, trale colonne et il parete maestro di detta porta maggiore». Precedente-mente, il 20 luglio dello stesso anno il Vescovo mons. Alfieri avevainfatti con apposito decreto autorizato tale erezione tant’è che don-na Caterina Vernice in virtù di tale concessione aveva «cominciato ...l’erettione, e gl’ornamenti di detta cappella con haver posto il qua-dro di detta santa in mezzo, al corno destro di santo Eustachio, et alsinistro di santa Lucia, con l’arme et insegne de sigg. Vernici, due dailati et una sul quadro sudetto di santa Caterina». Ma evidentementeil Vescovo nel rilasciare tale concessione non doveva aver tenutoconto di quali fossero i diritti che i Volpicella vantavano su quel sito.Il Volpicella infatti asseriva «che il luogo sudetto ut supra concedutoera e fu anticamente occupato dall’altare di S. Eustachio, fondatodal quondam Lillo de Turcolis e dal medesimo dotato e benficiatocon la riserba del ius patronato che hoggi si tiene da esso sig. Vulpicella,come donatario del fu sig. d. Colamaria de Turcolis». Essendo d’ob-bligo presentare documentazione adeguata a sostegno di qualsivogliarichiesta, il Volpicella per dare maggiore forza alla sua pretesa nonsolo di «doversi admovere dette armi, ma gl’ornamenti fino all’horafatti», ma anche perchè fosse intimato al Vicario don Gaetano Ver-nice di dar «ordine alli artefici che desistessero dall’opera, e chefratanto non s’innovasse cos’alcuna, come si è fin hora osservato»,presentò alcuni documenti il primo dei quali era di trecento anniprima. Trattavasi di un atto del 3 aprile 1395 rogato dal notaio Gio-vanni de Leone de Ioannatio col quale veniva eretto un beneficionella «detta cappella di santo Eustachio nella sudetta chiesa di SantoGiovanni e Paolo di detto monasterio con peso di celebrare in essodue messe la settimana». Il Volpicella produsse anche una bolla d’in-vestitura del sudetto benficio del 1597 nella persona dell’ abbatedon Geronimo Barberisio. I documenti relativi a tale beneficio oggisono conservati nell’Archivio di Stato di Napoli, fondo Volpicella,perg. n. 10 e busta n. 15. Nell’atto del possesso del 1597 era scrittoche si mettesse l’abate «nell’attuale e corporale possessione in dettacappella» che veniva così descritta «accessimus ad dictam cappellam dirutamsancti Eustachii sitam et positam in ala sinistra dicte parochialis ecclesiaesanctorum Iohannis et Pauli prope cappellam Annuntiatae, et portam dicteecclesiae et per tactum arcus et parietum dictae cappellae», e si precisa cheper questo diritto concessogli, il beneficiato «ha preso possesso in

detta chiesa per osculum altaris nell’altare maggiore».Nel contradditorio tra le parti ognuno si difese come meglio potèinterpretando diversamente i documenti. Il Vicario don Gaetano Ver-nice e donna Caterina Vernice convenivano che «da dette enunciatescritture apparisse esservi stata in detta chiesa la sudetta cappella disanto Eustachio» ma ne contestarono la collocazione, asserendo che«non appariva però dove e quale fusse il suo determinato luogo».Essi dichiararono che quando nella bolla del 1597 si descriveva illuogo della nuova cappella, si diceva solo che «la cappella di santoEustachio trovava solamente l’arco e questa nuovamnete eretta vie-ne a stare tutta sotto l’arco». Fu messo in discussione anche il bene-ficio perché nell’atto istitutivo era stato disposto che le messebeneficiali fossero celebrate su un altare, che però mancava. «In ol-tre agiungeva che quando anche si fusse detto ius patronato di dettacappella concludentemente provato, la chiesa, ed il monasterio s’eravendicato in libertà a causa che a memoria d’huomo non si sa esservistato detto altare, anzi nella medesima bolla del 1597 detta cappellasi chiama diruta et in altra del 1*** si dice alla cappella “que erat”agiungendo che nelle visite antiche vi era sempre ordinata la refettione,e poi … non esserne havuta non mai più … onde per il corso di tantianni esser fatta libera e non competere ius alcuno a detto sig. Vulpicella,come tucto costa da gl’atti».

IL SOPRALLUOGO DEL VICARIO

I dati oggettivi erano però incontestabili infatti il Vicario don GaetanoVernice il 15 dicembre aveva fatto un personale sopraluogo nellasuddetta chiesa accompagnato dal sig. don Camillo Chiurlia e da donFelice de Cecco e aveva «riconosciuto quanto si è detto di sopra, etessersi anche osservato uno scudo d’arma con l’insegna de Turcolissistente in detta chiesa al parete dell’ala sinistra dietro appunto l’ulti-ma colonna di detta ala». Ma ciascuna delle parti avanzava preteseper cui si convenne ascoltare e affidarsi al disinteressato parere di unterzo, estraneo alla controversia ovvero «di rimetterci ambedue aldetto sig. don. Felice de Cecco, il quale come amicabile compositorene dicesse quello che a lui ne piacesse e paresse per commune quiete,a ciò poi havutane ricorso per la debita licenza a mons. Ill.mo sipotessero stipulare secondo detto parere le debite cautele». Giudizio-so ed equilibrato si rivelò l’intervento pacificatore di don Felice deCecco che «ha dechiarato esser suo parere che al detto don GiovanniAntonio Volpicella nel nome di sopra e padroni suoi successori erettori presenti e futuri in perpetuo ha permesso, che permetta il iusdi prendere nell’investiture future il possesso del beneficio di S.Eustachio in detto altare di S. Catarina nuovamente eretto et ornatocome sopra, e che alli medesimi beneficiati sia lecito celebrare indetto altare due volte la settimana senza nessuna altra servitù diparamento o di cera». Dovevano essere però accontentate entrambele parti altrimenti ci sarebbero state nuove proteste, per cui con moltoacume don Felice propose che «questo però debbia principiare amettersi in uso doppo la morte della presente signora donna CatarinaVernice, durante la di cui vita, nè in caso di vacanza, possano ibeneficiati prendere possesso, né celebrarsi le sopradette due messe,ma debbia detto altare restare libero et esente da ogni peso e patro-nato alla detta signora donna Catarina conforme sta conceduto, conrestarvi per sempre perpetuo in esso affisso l’arme postovi dellafamiglia Vernice».

L’ACCORDO TRA LE PARTI

Don Felice de Cecco si confermò proprio «amicale compositore»della controversia, e la sua proposta fu avanzata al Vescovo cheemise relativo decreto. «Sopra il qual parere piaciuto et accettato daambe le parti essendoci havuto ricorso a mons. Ill.mo il quale si èdegnato quello approvare, e dare in ciò il suo consenso e beneplacito,come dal decreto copia del quale in piede a questo presente contrat-to si conserverà». Nel carteggio del notaio Riccio non vi è l’allegatocitato ma dobbiamo presumere che tutto si compì secondo le dispo-sizioni, poiché in effetti nella relazione per la Visita del 1754 è scrittoche «Vi è l’obbligo di messe due la settimana per lo beneficio che sipossiede da don Francesco Volpicella patrizio di Giovenazzocommorante in Molfetta».

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Oggi, orientarsi nella scelta per l’acquisto diun nuovo autoveicolo, è un’impresa di nonpoco conto perché il mercato ti offre mo-delli idonei ad ogni tua esigenza secondol’uso cui l’autoveicolo è destinato. Imbaraz-zante anche la scelta del modello: sportivo,per la città, per il tuo lavoro, suv, furgonato,cabriolet in una gamma infinita di colori eprestazioni che possono soddisfare ogni tuaesigenza. Ma, la macchina di cui vi voglioparlare è l’automoble, per noi ragazzi per fareprima la tomoble. Ed è quella che fece le sueprime apparizioni ai miei tempi. I mezzi ditrasporto erano limitati o trainette che si cari-cava e conduceva a mano, u traiene tirato do

ciucciaridde, do cavadde o da la meule e u carre a

piatte che era un carro un poco più largo elungo molto capiente, che aveva talvolta leruote gommate e che serviva al trasportodelle merci da Bari a Giovinazzo.Erano usati dai vettori dell’epoca.

A Giovinazzo tutti i commercianti cono-scevano Marcelline chi te murte che provvede-va con questi mezzi al trasporto dai grossi-sti di Bari, quasi tutti siti all’estramuraleCapruzzi, di fermangie romane, preveleune, ricot-

te asquande, salumi e mortadelle. Altre merciingombranti e meno deperibili viaggiava-no sui treni o per pacco postale che aveva-no tempi lunghi di percorrenza. Per la spe-dizione di pacchi si ricorreva a Portoghese,Menza a la chiazze, che curava un ufficio dispedizioni. Per chi non ha una certa età saràdifficile fargli capire e intravedere le enor-mi e profonde differenze tra le attualiautovetture e quelle esistenti ai miei tempi,diverse in tutto.Le prime auto che compaiono nei miei ri-cordi sono quelle che si intravidero subitodopo la fine della seconda guerra mondia-le. Ne transitavano pochissime per la scar-sità di carburante e per le condizioni dellestrade non ancora asfaltate. Al loro passag-

gio sollevavano nuvole di polvere. Le mac-chine scomparivano subito dopo il loropassaggio cancellate dal polverone che la-sciavano dietro di loro. A Giovinazzo era-no rarissime perché, anche chi aveva le pos-sibilità economiche, aveva bisogno du cioffer

per condurla. Le scuole guida non eranostate ancora inventate per cui anche chi ave-va le possibilità economiche doveva risol-vere il problema di come farla cammina-re. Per dare, a quelli che non hanno la miaetà, la possibilità di farsi un’idea di quelloche erano le auto della mia epoca, prove-rò ad accennare solo a qualche differenza.La messa in moto era già un grosso pro-blema. Oggi basta girare una chiavetta edil motore si avvia, mentre allora doveviinfilare una manovella al centro dell’ante-riore della macchina e farla velocementegirare in senso orario fino a quando ilmotore non cominciava a tossire. L’ope-razione richiedeva non poco sforzo e bi-sognava cercare di evitare pericolosi con-traccolpi. Le difficoltà di far avviare l’autoaumentavano d’inverno quando il motoreera freddo. I camionisti ricorrevano altrucchetto di scaldare con il fuoco alcuneparti del motore del camion per facilitarela partenza del motore. E che dire del-l’apertura del cofano per qualche interventoal motore? Oggi è sufficiente tirare unalevetta sbloccando il davanti. Il cofano siapriva verticalmente al centro mollandoalcune levette sistemate sulla fiancata de-stra e su quella sinistra dove era allocato ilmotore. Le frecce direzionali erano dellebacchettine rosse sistemate ai lati del para-brezza che uscivano e rientravano dalla car-rozzeria stessa. Inesistenti condizionamentod’aria, alzacristalli e sbrinatori.Il condizionamento d’aria consisteva nelviaggiare con la camicia aperta d’estate ecol cappotto e sciarpa d’inverno poichénell’auto, gli spifferi d’aria non mancava-

no affatto. E che dire se avevi, data la condi-zione delle strade, la sfortuna di forare? Ilcambio della ruota era un’impresa sovruma-na ma ancora più gravoso era il problema diriparare il pneumatico. Leve di acciaio pertogliere il copertone, mazze ferrate per ri-metterlo col rischio anche di farsi molto male.Nell’immediato dopoguerra più che le autoda diporto iniziarono a circolare auto che po-tessero servire a dare inizio a qualche attivitàlavorativa soprattutto commerciale. I primis-simi mezzi che iniziarono a circolare eranovecchi mezzi residuati bellici. Il Dodge, vec-chio camion usato dagli alleati, era quello piùin uso e più frequente da incontrare oltre aqualche malandata jeep abbandonata daglieserciti alleati. Chi aveva bisogno di mezzipiù piccoli usava la Giardinetta della Fiat, usci-ta subito dopo il periodo postbellico ed erauna piccola auto con una carrozzeria in le-gno saldamente rinforzata da tiranti elongheroni in metallo. Questi piccoli malan-dati mezzi consentirono la ripresa delle atti-vità commerciali e industriali del paese debi-litato dagli avvenimenti bellici. I pochigiovinazzesi in possesso di questi modestimezzi li usavano pe’ scieje a la mendagne. Af-frontavano pericolosissime e dissestate stra-de verso l’interno della Puglia, del Materanoe del Molise per far incetta di uova, formag-gi, ovini e pollame da macellare o già macel-lati. Per quanto strano ora possa sembrare, leuova che oggi si vendono a migliaia, veniva-no portate a Giovinazzo da l’ovareule ca sciajve

a la mendagne. Chi aveva spazi in casa, sope a la

sippigne, cresceva qualche gallina pe’ fe’ veve l’uve

frische o piccininne ma la loro produzione eralimitata al consumo domestico. Con questevetturette anche le telaiule iniziarono a portareinvece nei paesi interni, stoffe, capi per il cor-redo che ai miei tempi era un bene obbliga-torio per la donna che doveva sposarsi.

I collegamenti di persone con Molfetta,Bitonto, Terlizzi e Bari si facevano cu break de

nguidde che era una carrozza coperta tirata daun paio di cavalli. Un poco alla volta e tramille difficoltà le auto, che cominciavano adiventare più maneggevoli, cominciarono asostituirsi ai vecchi malandati mezzi. Le pri-me vetturette che cominciarono a circolareper il paese furono le famose Topolino. Erauna piccola auto che si poteva acquistare conuna spesa accessibile al ceto medio. Venneropoi la Fiat Seicento e la Bianchina mentre ipiù facoltosi acquistavano la Balilla che erauna macchina considerata già di lusso e veni-va acquistata anche in versione decappotta-bile per dare al guidatore la possibilità di far-

SCENE DI VITA D’ALTRI TEMPI

DI VINCENZO

DEPALMA

LA TOMOBLELA TOMOBLE

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si ammirare al suo passaggio. L’auto che invece era consideratacome un bene irraggiungibile era il Millenove Fiat Gran Luce. Eral’Ammiraglia della Fiat che circolava invece a Giovinazzo poichéun non anonimo concittadino aveva avuto la fortuna di centrareun tredici multimilionario alla Sisal portando a casa sette milioni dilire che per la nostra epoca era un tesoro da Alì Babà ed i quarantaladroni. Iniziammo anche a sentir parlare di auto da corsa conMaserati ed Alfa Romeo quando a Bari si iniziò a correre in GranPremio. Tra i primi a svolgere l’attività di noleggiatore di auto aGiovinazzo vi era un certo Piscitelli che aveva il suo punto diappoggio in piazza accanto al Bar Pugliese. Era un lusso ricorrereall’uso della macchina e lo si faceva solo in occasione di urgenti estraordinarie necessità. Ricordo che quando Piscitelli guidava l’au-to, in presenza di ogni più piccola discesa, andava a folle pe sparagne’

la benzine. La moglie gestiva sotto o comune in un minuscolo locale difronte alla Pro Loco u telefone che altro non era che un complicatocentralino telefonico che qualcuno usava a pagamento per comu-nicare, per motivi di urgenza, con qualcuno residente fuoriGiovinazzo che aveva un telefono o che veniva fatto chiamarepresso il centralino di quel paese.

Oltre a Piscitelli, ma sempre in piazza sotto o Palazze di Capurse,

all’inizio di Via Molfetta e Via Cappuccini vi era u noleggie de Vinginze

Bonvine più famigliarmente chiamato Meste Mbrugghie.

Gestiva anche un distributore di benzina che funzionava manual-mente a manovella. Io ero amico fraterno del figlio e lì passavoore intere aspettando i clienti. La nostra presenza al distributorenon era disinteressata. Quando qualcuno veniva a far rifornimen-to facevamo finta di sollevare il tubo per svuotarlo fino all’ultimagoccia, in realtà qualcosa facevamo rimanere sempre nel tubo chenoi pazientemente recuperavamo goccia su goccia perché il saba-to sera eravamo soliti fregare, unitamente al figlio, la macchina de

Meste Mbrugghie dal garage e, dopo aver scollegato i fili delcontachilometri facevamo una scappatina a Molfetta in giro perle case chiuse o per ammirare e farci ammirare dalle ragazze chepasseggiavano sul Corso. Anche noi sfruttavamo ogni più pic-cola discesa perché il carburante catturato era a mala pena suffi-ciente per il ritorno. Non so quante volte, al ritorno, ci è finita labenzina dalle parti del cimitero costringendoci a spingere l’autofino al garage. Meno male che all’epoca eravamo giovani e pre-stanti. L’uso dell’auto cominciò ad essere considerato come unavera sciccheria al punto tale che si iniziò ad usarle per i matrimo-ni importanti e sfarzosi. Le famiglie degli sposi, per dare solen-nità alla cerimonia iniziarono a far prelevare gli invitati, per por-tarli con la macchina dalle loro abitazioni alla Sala Maldarelli, allaSala Mazzilli o a quella dell’Asilo Comunale sope a Cappicceine. Leauto portavano a queste sale prima i genitori degli sposi, poi uchembere e la commare e poi tutti gli altri invitati. Non so quantevolte ho percorso la spaventosa distanza che mi separava daquesti luoghi io che abitavo in Via Veneto nei pressi della ScuolaElementare Don Bosco ossia a non più di 500 metri da queiluoghi. Ma vu mette acquanne arrivive che la tomoble! Parive nu Signore!

Gli ultimi ad arrivare erano gli sposi. Prima del taglio della tortanuziale, di solito, la tomoble portava gli sposi a casa perché sicambiassero gli abiti e li riportava elegantemente vestiti alla Salapronti a pigghie’ u trene pu viaggie de nozze.

Come sono cambiati i tempi. Oggi si può dire che in famigliaogni persona ha una macchina a sua disposizione per cui credoche i ragazzi difficilmente riusciranno a capire l’importanza cheaveva per noi il poter salire e prendere posto in un’autovettura,accompagnati dallo sguardo carico di invidia di chi rimaneva aterra.

VINCENZO

DEPALMA

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Vero incontro culturale quello che si è tenu-to il 15 febbraio alle ore 18 nella sala S. Feli-ce, alla presenza del sig. Sindaco, degli As-sessori alla Cultura ed alla Pubblica istruzio-ne del Comune di Giovinazzo, del Dirigen-te Scolastico del Liceo Classico-Scientificodi Giovinazzo, per la presentazione del li-bro curato da Cinzia Nuzzolese “Rime” diGiovanni Antonio Paglia storico e poeta delCinquecento giovinazzese.La curatrice aveva già avuto modo di pre-sentare il libro agli studenti del Liceo Classi-co-Scientifico “M. Spinelli” di Giovinazzoche si sono fatti parte attiva della manifesta-zione recitando, accompagnati dalla musicai versi del Paglia, dimostrando così che que-sto poeta aveva colpito la loro fantasia e lecorde più profonde del loro cuore. Il mae-stro Daniele de Palma ha introdotto e con-cluso la serata eseguendo musicherinascimentali coeve ai versi declamati.Cinzia Nuzzolese nella sua presentazione haringraziato lo sponsor che le ha permessodi sostenere la spesa per la pubblicazione,quanti l’hanno coadiuvata per la revisione deltesto, e l’amico Diego de Ceglia che, trovatepresso la Biblioteca Ambrosiana di Milanoqueste rime, gliele aveva sottoposte per unattento studio letterario.L’opera della Nuzzolese, oggetto della suatesi di laurea, è stata presentata dal prof.Ferdinando Pappalardo, docente di Teoriae storia dei generi letterari presso l’Universi-tà degli studi di Bari.Il professore ha evidenziato come il Paglia,autore cinqucentesco, non può certamenteessere paragonato ad uno dei grandi poetidel suo periodo, ma allo stesso tempo la suaproduzione non può essere classificata «comeuna mera esercitazione scolastica» e dimo-stra come «anche la periferia fosse lambitadal fermento intelletuale che interessò nel Cin-quecento le corti centro-settendrionali». Nellerime del Paglia è chiara la sua conoscenzadella poesia e della cultura allora presente inItalia ed in Europa tant’è che i suoi versi di-mostrano come egli seppe riprendere la for-

ma del canzoniere, ma anche introdurre del-le modificazioni rispetto agli archetipidantesco e petrarchesco. La valenza dellasua opera l’ha resa degna d’essere trattatain sede universitaria, poiché l’autore si in-quadra in uno scenario culturale ben defi-nito. Il testo presenta oltre all’edizione deiversi, datati al 1579 e sinora rimasti inediti,anche la realtà storica della città diGiovinazzo nel secolo XVI, nonché notebiografiche del Paglia. Il racconto lirico delleRime «muove dall’innamoramento, passaper l’esperienza del pentimento, e giungeinfine all’approdo catartico, suggelleto si-gnificativamente dall’immagine della Don-na celeste».Giovanni Antonio Paglia fu autore oltre chedi questi versi, anche di un discorso storicosulla città di Giovinazzo e della traduzionedal latino delle Bucoliche virgiliane, operedivulgate a fine Ottocento. Oltre alla pro-duzione in versi e prosa, resta di lui unacopiosa corrispondenza epistolare con bennoti personaggi dell’epoca tra i quali il ti-pografo veneziano Aldo Manuzio jr. ed al-

RIME DI PAGLIArecensione

cune di queste lettere inedite sono ripor-tate in appendice al volume delleNuzzolese, mentre altre erano già statepubblicate sin dal secolo XVI.Il Paglia doveva nutrire anche interessiarcheologici tenuto conto che contribuìalla raccolta delle antiche iscrizioni presentiin Puglia.Con l’edizione di questo testo dellaNuzzolese, trova la sua giusta collocazio-ne nello scenario culturale del Cinquecen-to anche la figura ecclettica di questo sto-rico e poeta giovinazzese, che tra l’altroricoprì per ben due volte nel 1547 e 1554la carica di Sindaco dei nobili della città.

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Un traguardo che oggi non tutti riesconoa raggiungere: il pensionamento. A piediuniti vi è giunto Pietro Stallone. Ed è feli-cissimo di questo risultato. Ha gettato viaquella sveglia onnipresente che ogni mat-tina faceva sentire alta la sua voce, un im-perativo per iniziare la giornata. Senza con-siderare i complessi rapporti con le mae-stranze in azienda e l’impegno quotidia-no. E poi, volete mettere? Guardarsi allospecchio ogni mattina ed accorgersi chela quotidianità pian piano fa imbiancarele tempie, le rughe aumentano e si prendecoscienza della vecchiaia che si avvicina.È questa però la vita, che ci piaccia o no.E Pietro Stallone non può che adeguarsi.Vediamo un po’ la sua storia.Nasce a Giovinazzo il 6 novembre 1947da Michele Stallone e Antonia Santoro.Michele era un uomo onesto e corretto,un gran lavoratore dedito ai campi. Lamoglie, una moglie modello che si è de-dicata sempre alla casa e alla famiglia.Pietro, dopo aver completato le scuoleelementari a Giovinazzo viene ammessoin un prestigioso istituto di Roma il “DonGnocchi” e lì frequenta i tre anni di scuo-la media inferiore e i quattro anni di scuolamedia superiore che lo porteranno al con-seguimento del diploma di Tecnico Mec-canico. Un attestato che dopo il suo rien-tro a Giovinazzo lo agevolò per potersicandidare nelle assunzioni della grande fa-miglia A.F.P. Le sue prestazioni nelle A.F.P.però furono di breve durata, poiché il 30aprile 1967 all’età di quasi 20 anni, accom-pagnato dal padre, Pietro iniziava unanuova avventura approdando nella patriad’adozione, l’America. Dopo pochi giornidal suo arrivo Pietro veniva assunto comemeccanico nelle famose Officine“Stroba” dirette all’epoca da un nostroconcittadino, il sig. Michele Mastropasqua.L’avventura americana Pietro l’ha condi-visa con il suo concittadino Rocco Stellacci,anche lui operaio specializzato. È statoquello, un incontro molto importante,perché era indispensabile condividere leincognite che la nuova patria riservava.Un’amicizia che, dopo 46 anni non ha maisubito incrinature e che si è cementificatasoprattutto per aver vissuto per ben dueanni nella stessa città, Hoboken. Pietro pur-troppo dopo questo periodo decise ditrasferirsi a Brooklyn, ove risiedeva unasua vecchia fiamma di origine giovinazzesee con la quale aveva già iniziato una rela-

DENTRO LE VALIGE:

PIETRO STALLONEzione sentimentale nellacittadina, la signoraGilda Piccolino emigra-ta anche lei negli U.S.A.Il loro sogno d’amoresi coronò con il matri-monio celebratosi il 24luglio 1971. Gilda donòa Pietro tre figli, duefemmine ed un maschio, oggi adulti.Antonella felicemente coniugata con un po-liziotto residente nello stato del Coloradoe manager di una rete televisiva locale; Annaimpiegata in un rinomato studio dentisticoin Long Island e Michele laureato in Scien-ze Informatiche e impiegato presso unaimportante catena di negozi “La Macy’sCorp” con la qualifica di Senior Analyst.Niente da eccepire, una famiglia che riflet-teva le caratteristiche di sani principi mo-rali, di rispetto e rimarchevole condotta,in breve una famiglia modello. A volteperò la vita è imprevedibile e può sottrar-re la felicità. Dopo 19 anni l’unione fu in-terrotta da un tragico e funesto incidenteautomobilistico nel quale Gilda perse la vitalasciando le due ragazze ancora adolescen-ti, Michele in fasce e Pietro in una profon-da costernazione e solitudine. Pietro dopola tragica scomparsa della sua amata com-pagna era oberato da una gravosa respon-sabilità, quella di accudire le tre giovani vite.Con il passare del tempo si rendeva sem-pre più necessaria la presenza di una figu-ra femminile, degna sostituta di Gilda ePietro la riconobbe nella persona dellasig.ra Castellano anche lei reduce da unaprecedente vedovanza. La sig.ra Castellanodi origini calabresi, si era trasferita in Ar-gentina in tenera età, trascorrendo lì la suafanciullezza e giovinezza. Nel 1987, dopola scomparsa del suo consorte, ebbe l’op-portunità di emigrare in America. Pietrola conobbe lì e il 1 agosto 1993 si unì a leiin seconde nozze. Questo nuovo equili-brio gli permise di impegnarsi maggior-mente nel lavoro ed acquisire esperienza epadronanza. Tutto ciò gli servì per entrarea far parte nel 1982 della rinomata azien-da metallurgica “Target Rock Corp”. Inquella grande realtà per pura coincidenza,conobbe il nostro concittadino, l’Ing. NickPalmiotto che rivestiva la carica di dirigente.In questo luogo trascorse trent’anni di car-riera lavorativa, concludendo questo per-corso con la qualifica di leader.Una bella soddisfazione che serenamente

lo ha condotto al pensionamento.Oggi Pietro Stallone, libero dagli impegnilavorativi, ha deciso di investire il propriotempo nei viaggi, nella dedizione alla fami-glia e ai nipoti ma soprattutto ad impiega-re le sue energie nell’Associazione di LongIsland dedicata a Maria SS. di Corsignano.Una devozione sempre viva per la Protet-trice di Giovinazzo che i suoi amici conti-nuano ad apprezzare.Un invito dunque ad una promessa di im-pegno sempre maggiore per le attività delsodalizio che vive del sentimento puro digiovinazzesi che mai dimenticheranno laloro terra.

little italyDI ROCCO STELLACCI

Benvenuto al mondoil piccolo angelo cheha portato tanta, matanta felicità nei cuoridi papà Giuseppe,mamma Antonella,

sorella e fratello, Swamy eDennis, compresi i nonni Mario,Luisa, Angelo, Francesca e gli zii.

18.12.2012

SAMUEL

DEPALMA

27.12.2012

LUIGI

MAISTO Rossella, Pasqua-le e la piccola

Marta annunciano con gioiala nascita del piccolo Luigi

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L’ANGOLODI FIDO

VIETATO VIETARE NEI CONDOMINIQuesto mese vogliamo porre sotto lalente di ingradimento una situazione chepurtroppo da un po’di tempo fa dapadrona in alcuni stabili della nostra caraGiovinazzo, l’affannosa questione deglianimali domestici nei condomini. Dasempre si ricordano su tali tematichesempre cause e ricorsi, regolamenti con-dominiali e leggi che nella maggior par-te dei casi hanno costretto anche alcunipadroni o a cedere a terzi il proprioanimale domestico o a cambiare casa. Il20 Novembre 2012 però, rappresentauna data storica per tutti gli amanti deglianimali: la Commissione Giustizia delSenato, in sede deliberante, ha approva-to definitivamente il progetto di leggedi riforma del condominio. Il nuovo re-golamento condominiale infatti nonpotrà vietare di possedere animali do-mestici. Dal 1° gennaio 2013 la perma-

nenza degli animali negli appartamenti con-dominiali e negli spazi comuni dei palazzinon è più un problema. Per anni infatti lanostra ridente città come il resto d’Italiaha fatto spesso da teatro a denunce di stiz-zosi vicini pronti ad additare il dirimpettaioperché i rumori prodotti dal suo animaledisturbavano e invitavano a portare vial’animale. Per non parlare degli episodi poi

LA GRANDEZZA DI UNA NAZIONE E IL SUO PROGRESSO MORALE SIPOSSONO GIUDICARE DAL MODO IN CUI TRATTA GLI ANIMALI

in cui i locatori alzavano il prezzo dell’affit-to quando l’inquilino decideva di adottareun cane. Ora però con questa riforma lavita dei condomini con animali sta diven-tando più semplice, la situazione per loro èdiventata più morbida. Le varie associazio-ni animaliste hanno espresso la propria sod-disfazione in merito affermando che la ri-forma condominiale sancisce un grande se-gno di civiltà: gli animali si prendono unospazio dovuto. Il personale parere primacome cittadino e poi come responsabiledegli «Animalisti Italiani onlus» diGiovinazzo è che questa riforma segni an-che l’inizio di un cambiamento vero che per-metta un incremento di adozioni e miglioril’interazione tra uomo e animale, senza di-menticare comunque che i detentori dei canidovranno sempre rispettare quelle che sonole norme - base della civile e corretta con-vivenza. SAVERIO SOLLECITO

A SCUOLA CON FIDONel mese di Gennaio sono proseguiti nelle scuole gli incontrirelativi al progetto degli «Animalisti Italiani onlus» di Giovinazzo,per spiegare ai più piccoli le questioni relative ai diritti deglianimali. Abbiamo fatto visita prima alla scuola dell’ infanziaGianni Rodari e poi al plesso di via Dante, affrontando questavolta temi come lo sfruttamento degli animali nei circhi e neglizoo. Infine abbiamo dimostrato ai bambini come costruire unamangiatoia in materiale riciclabile utile a sfamare i passeri du-rante l’inverno rigido. Il responsabile degli «Animalisti Italianionlus» Saverio Sollecito con l’aiuto di diapositive ed attività dilaboratorio ha spiegato ai bambini in modo ludico e creativoqual è la situazione degli animali nei circhi. I bambini hannocompreso come e perché gli animali vengono deportati dalcontinente africano in Europa per essere protagonisti negli spet-tacoli circensi. L’obiettivo di questi incontri era proprio quellodi sensibilizzare i più piccoli su questa tematica, ‘giocando’ sul-l’innocenza dei bambini e sulla loro voglia di scoprire ed impa-rare. L’attenzione e la voglia di sapere dei bambini ha fatto dapadrona in tutti e tre gli incontri rendendo utile e importante illavoro dei volontari dell’associazione. Questi incontri prose-guiranno fino ad aprile, trattando altri temi come il randagismoe i canili provando a formare in modo alternativo quelli chesaranno gli uomini del futuro. Siamo orgogliosi inoltre di esse-

re state una delle prime associazioni a portare il cane nelle scuo-le, provando a far interagire al massimo i bambini con gli ani-mali. Il responsabile Sollecito Saverio infatti ha affermato che«la riforma della scuola deve partire da queste tematiche, deverinnovarsi trattando temi come questi, arrivando pian pianoanche a trattare argomenti come l’ecologia, la raccolta diffe-renziata e le energie rinnovabili».

CRISTINA BALDASSARRE

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ANIMALISTI ITALIANI

SEZ. GIOVINAZZO

SOS BIANCA E BARNY

IL MISTERO DELL’AREA-CANIArea cani sì, area cani no, questo èil problema. L’estate scorsa daquando l’ordinanza 42 ha turbatoil sonno dei detentori dei cani, unaltro dilemma di cui si è parlatopoco ma che ora sta tornando inauge, è la questione della famosaarea cani. E’ iniziato tutto con ildivieto di ingresso dei cani in Piaz-za Garibaldi e nelle varie villettepubbliche, divieto che ha reso im-possibile la vita ai detentori dei caniche supportati dalle associazioni delposto hanno espresso tutto il lorodisappunto sulle restrizioni dell’or-dinanza 42. Per tale motivo l’amministra-zione comunale ha deciso di impegnarsiper la realizzazione di un area cani che possapermettere ai detentori dei cani di muo-versi liberamente. Inizialmente si parlavadi «dog toilet» subito scartate dalle asso-ciazioni animaliste ed è iniziata una ricercaal posto migliore per realizzare l’area cani.Il posto indicato dall’amministrazione co-munale è la villetta ormai abbandonata daanni che confina con il campo di calcio a 5della parrocchia Immacolata, un ex ango-lo di verde che durante gli anni è stato de-vastato dall’usura del tempo e dai vandali.Il verde è pressoché scomparso, le ringhiereda rifare e soprattutto le dimensioni sonomolto piccole per la realizzazione di un

area cani sicura a norma di legge e soprat-tutto facilmente gestibile. Come associa-zione animalista riteniamo infatti che quelposto non sia idoneo per la realizzazionedi una area cani, non c’è infatti solo il pro-blema delle dimensioni ristrette, ma anchequello della mancanza di uscite di sicurez-za. In un area cani infatti è necessario co-struire delle vie di sicurezza che garanti-scono il flusso corretto dei cani ed un areadi sgambamento che permetta ai detentori,di lasciare liberi i cani. Tutto questo in unarea di 60-70 mq2 non solo è impossibilema è anche improponibile, perché il tutto,aggiunto all’inciviltà e alla superficialità dialcuni detentori di cani, potrebbe creareserie difficoltà nella gestione dell’area - cani

e il rischio peggiore è che i canipossano anche azzuffarsi tra loro.L’associazione Animalisti Italiani

onlus di Giovinazzo invece propo-ne un progetto alternativo. La no-stra proposta infatti consiste nelcostruire l’area - cani utilizzandopiazza don Tonino Bello, lascian-do anche a disposizione solo unlato per il parcheggio delle auto.Riteniamo infatti che quella zonapossa davvero rappresentare a pie-no un area cani, dove sia possibilefar svagare il cane e soprattutto ren-dere più facile la vita ai padroni.Ovviamente il tutto senza trascu-

rare e dimenticare le norme igienico sani-tarie di base e del rispetto reciproco. Ab-biamo indicato quella zona perché secon-do noi realizzare lì un area cani comportianche un risparmio economico per l’am-ministrazione, dal momento che piazza don

Tonino Bello è stata realizzata da poco e quin-di non necessita di grandi lavori. Speria-mo che supportino la nostra istanza inmolti perchè con il passare del tempo inmolti hanno cambiato idea, volendosi for-se accontentare delle briciole. Serve nonuna toppa al problema sorto l’estate scor-sa. Serve una soluzione e noi l’abbiamoproposta!

SAVERIO SOLLECITO

Questo mese la storia di Bianca e Barny, due splendidi cuccioliospiti dell’ associazione «Zampe Felici». Questi due cagnolini sonostati abbandonati per ben 2 volte, perché Bianca e Barny sonovittime di un passato fatto solo di cattiveria e malvagità. Strappatidall’affetto della mamma, ancora in tenera età, sono stati tenuti inun recinto senza alcun riparo, prima di essere regalati ad altrepersone che dopo poco si sono prontamente sbarazzati di loro,legandoli ad un cancello di una villa. Sono un maschietto ed unafemminuccia, rimasti non si sa per quanti giorni al freddo, primadi essere notati da una ragazza che li ha raccolti senza possibilitàperò di garantir una pappa e un rifugio. Ora sono a casa di unavolontaria, ma il sovraffollamento di cani anche da lei rende dif-ficile e impossibile la loro permanenza. Sono dolcissimi e spa-ventati a causa dei continui cambiamenti, hanno solo bisogno diuna casa e di una famiglia che li ami davvero e per sempre. Ilmaschietto ha il muso scuro, mentre la femmina è bianca, en-trambi sverminati e vaccinati. Hanno 4 mesi circa, una futurataglia medio-grande. Si adottano in tutta Italia con controlli pre epost affido.PER INFO: AGATA: 3496335749 – LUCIA: 3454096942

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Non sarà famoso come il Giotto delCampanile di Firenze ma ci siamo quasi.Perché quando il noto pasticciere NicolaGiotti si cimenta con sculture e decora-zioni fa rabbrividire il pittore del ‘300.Zucchero, cioccolato, creme, tutto si tra-sforma nelle mani sapienti di chi ha scel-to questa professione con coscienza eprofessionalità, frutto di studio continuo,aggiornamenti, confronti con grandi ma-estri nazionali e internazionali, capacità ditrasfondere il suo operato agli allievi piùattenti, persino ai bambini nei progettiscolastici.Nicola Giotti non poteva così nonsensibilizzarsi verso le nuove frontiere delmangiare, del mangiare bene e naturale.Perché se utilizza sempre ingredienti natu-rali nelle sue preparazioni, aggiungendoquel tocco d’artista che trasformerebbequalsiasi pan di spagna realizzato dalla mas-saia, da tempo ha ormai deciso di fare dipiù. Andare incontro a tutti coloro che,per intolleranze o allergie alimentari nonpossono assaggiare le sue delizie, anchesemplicemente per tutti coloro che hannofatto di un’alimentazione vegana la sceltadella propria vita. Tant’è! È vero che l’oc-chio vuole la sua parte ma è soprattuttoimportante che tutti possano entrare nellastorica pasticceria giovinazzese (dovel’operosa famiglia Giotti trascorre l’interagiornata) ed uscire con un dolce superlati-vo da poter gustare in base al proprio sta-to di salute e alle proprie scelte alimentari.LE PREPARAZIONINiente zucchero e latte quindi e niente tortedeliziose? Macché! La Pasticceria Giotti hauna soluzione per tutti. Dal cioccolato senzazucchero al soffice pan di spagna con me-ringa anziché panna per chi è allergico allattosio.«Per tale motivo chi è intollerante al lattosio, allatte, allo zucchero o alle uova ha comunque un’am-pia scelta di torte, pasticcini, biscotti, torte semi-

freddo in tutte le stagioni» - precisa il famosopasticciere. Ovviamente tutte queste pre-parazioni devono sempre essere pianifi-cate, ogni scelta è personalizzata.

DOLCI SENZA ZUCCHEROSavoiardi per colazione, torta al cocco ecioccolato, semifreddo al cioccolato fon-dente, cremoso alla nocciola e tanto al-tro ancora su richiesta. Senza dimentica-re però che, anche i dolci senza zuccherodevono essere mangiati con parsimoniasoprattutto se consumati da un soggettodiabetico. L’assenza di zucchero non èun invito a mangiarne senza criterio e giu-ste dosi.

DOLCI SENZA LATTE E SEN-ZA UOVAIl latte di soia sostituisce il latte di muccao capra senza nessuna carenza. Anzi! Sievitano così le intolleranze che riguarda-no sempre più giovani ed adolescenti. Viadunque ad una dolce pasta di mandorle,fragranti biscotti e torte fresche prepara-te con questo perfetto alleato della no-stra salute. Anche le uova possono esse-re facilmente eliminate nella preparazio-ne di bignè e crema, in sostituzione si puòusare il nostro genuino olio extra verginedi oliva famoso in tutto il mondo.

evento

UN PO’ DI RICETTE VEGANCrema pasticcera: 500 ml. di latte di soiao riso, 100 gr. di zucchero, 50 gr. di farina,25 gr. di amido di frumento, 1 bacca divaniglia, 2-3 gr. di curcuma.Torta alle mandorle con crema al caf-fè: 200 gr. di farina, 50 gr. di amido di mais,30 gr. di fecola di patate, 150 gr. olioextravergine di oliva o margarina, 160 gr.di zucchero, 250 gr. di farina di mandorle,100 gr. di latte di soia, 1 bustina di lievitoper dolci, 150 gr. di gocce cioccolato fon-dente.Per la crema: come per la crema pasticcerapiù una tazzina di caffè ristretto.

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ANDREA

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Hanno festeggiato il loro 50°anniversario di matrimonio

circondati dall’affetto dei

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i tifosi dell’afp ci scrivono

Caro Sergio Pisani, Le scrive il Collettivo Ultras A.F.P. Giovinazzoin relazione all’articolo «Ingratitudine Gimnez» pubblicato il mesescorso. Come il nostro nome dimostra chiaramente, seguiamo levicende dell’AFP, squadra del cuore da sempre, viviamo a stretto ediretto contatto al punto - senza la presunzione - di definirci i «cu-stodi delle verità assolute». Riteniamo che nel suo articolo sia statadata una cattiva informazione, tradotta in inesattezze, falsità, addi-rittura sonore «panzane», fino a rasentare le calunnie ingiuriose neiconfronti dello stesso Gimenez nonché di alcuni di noi. Essendo anoi già nota la paternità delle stesse e di chi meticolosamente sioccupa della loro mendace diffusione, di cui il suo giornale è statofatto strumento, per amor di verità vorremmo invece rendere notealla platea locale determinate circostanze che ribaltano del tutto igiudizi e le condanne formulati oltre ai destinatari delle stesse. Pro-cediamo con ordine. Partiamo dai «suoi» conclamati tre indizi:1. Pur parzialmente concordando con Lei sulla pericolosità per ilmondo dello sport in generale dell’apertura dei Monopoli di Statoalle scommesse sportive, non riusciamo ad intravedere alcuna cor-relazione tra chi PER LEGGE non può scommette (giocatori edirigenti, pena il reato di frode sportiva) e gli ultras! Quindi se «qual-cuno» sostiene qualcosa di certo ed ha PROVE tangibili tra le maniè tenuto a DENUNCIARE! Perché in caso contrario sempre per laLEGGE è COMPLICE e passibile di reati non meno gravi. Se poisi tratta di «calunnie gratuite» a mezzo stampa allora oltre allapassibilità di querela i lettori stessi avranno ben chiaro il quadro diCHI sia colui che diffonde queste «VOCI». Non si capisce poi qualesarebbe l’OSCURA LOGICA per la quale questi discorsi potrebbe-ro valere solo per l’A.F.P. Giovinazzo e non altresì per altre squadrecome il Matera in primis ma anche il Follonica, il Sarzana, il Prato, ilTrissino ecc. Per quanto riguarda la pretestuosa calunnia dell’esul-tanza di alcuni di noi, ribadendo che siamo DA SEMPRE a favoresolo e soltanto dell’A.F.P. non abbiamo difficoltà a riconoscere diaver SPORTIVAMENTE apprezzato e dovuto applaudire la supe-riorità e le gesta tecniche riconosciute da campioni del Valdagno diPedro Gil & Co.2. Oltre a non risultarci che Gimenez sia stato insignito del «cuc-chiaio di legno» (invenzione tutta Sua?), consci del calo pauroso direndimento dell’argentino differendo dalla profonda MIOPIA (VO-LUTA secondo noi) di alcuni, abbiamo analizzato anche chi gli stavaintorno, e ci siamo accorti che non era l’unico ad esser soggetto aquesta carenza! E’ dunque corretto «gettare la croce» addosso alsolo Gimenez quando TUTTA LA SQUADRA dura fisicamentesolo 10 minuti dopo l’inizio delle partite? Ed ancora ci chiediamo sefosse vera quest’ennesima PANZANA che ci viene propinata, comemai la società ha deciso di esonerare l’allenatore a cui era stato affi-dato l’incarico ad inizio stagione richiamando il vecchio (Caricato),oltreché il vecchio preparatore atletico-fisico?! Chi si è assunto laPATERNITA’ di quelle scelte poi risultate SBAGLIATE eDELETERIE per l’intera società oltre che determinanti per la DI-SASTROSA situazione attuale? Dove sono le ammissioni pubblichedi colpa ed i progetti per l’immediato rilancio di squadra e società?!Ed ancora può sembrare proporzionato cedere l’uomo di punta os-sia Gimenez di cui sappiamo la classe e le capacità anche negli anniaddietro, ad una diretta concorrente (il Matera) e presentarsi con dei«sostituti» di cui uno è affetto da un problema fisico cronico che loha visto in campo sinora poco più di una partita con rendimentogiustificatamente inguardabile e l’altro che era stato messo fuori squa-dra per scarso rendimento dalla società di provenienza?!3. L’ingratitudine non è in maniera assoluta una caratteristica che faparte dell’essere Giovinazzesi! Per lo meno di chi è VERAMENTEGiovinazzese. Dario Gimenez ha dato davvero tanto a questa citta-dina, a questi colori al punto di essere UNO DI NOI di diritto e nongliene saremo mai grati a sufficienza! E’ stato anche colpevolmentecon un macroscopico errore tecnico-tattico-strategico lasciato SOLO

a tirare innanzi la baracca per troppo tempo, senza tener conto dellasua età da ragazzino, della sua provenienza da un altro continenteoltreoceano, del fatto che non ci sia nessuno dei suoi affetti familiaria proteggerlo dalla cattiveria di chi per scampare e sviare le sueevidenti responsabilità preferisce «gettare la croce» addosso adun 25enne proprio come la vecchia e marcia politica ci ha abituati adover assistere in questo paese! Chi garantisce poi che qualcunosolo perché regolarmente pagato non debba più essere di carne edossa, non abbia più il diritto ad avere giornate o addirittura periodinegativi come per altri, o malumori dovuti ad altre vicende della suavita che si possano ripercuotere sulla sua professione?

Tornando all’A.F.P., la situazione in classifica è sotto gli occhi di tuttied in pista ormai si susseguono sconfitte dopo sconfitte anche con-tro avversari che non sfoggiano né gioco da extra-terrestri né nomialtisonanti come il Breganze, il Follonica ecc. mettendo a rischioaddirittura persino la nostra permanenza in A1! Più che Gimenezdunque i fatti dimostrano che ad annegare nella polvere c’è l’A.F.P.per quanto è stato deciso e fatto sinora dalla dirigenza societaria,passata da quasi venti membri a meno di cinque, con l’allontana-mento dettato dall’INCOMPETENZA di chi è restato a danno de-gli altri! Alla luce di tutto ciò il nostro atteggiamento è d’incitamentoprofondo e sentito ai ragazzi, gli unici che possono in pista tirarcifuori da questa brutta situazione, ma al tempo stesso fortementecritico nei confronti della società e del DIRETTORE SPORTI-VO nello specifico, in quanto VERO RESPONSABILE della quasitotalità delle scelte errate, a cui senza sbagliare il tiro forse andreb-bero indirizzati gli oscuri presagi da Lei evocati!

COLLETTIVO ULTRAS A.F.P. GIOVINAZZO

RISPONDE SERGIO PISANI

Per motivi di spazio la lettera è stata parzialmente ridotta nella pubblicazio-ne, anche se il senso non è stato affatto alterato. Sono dispiaciuto perché miaccusate di essere un merlo, un pennivendolo del padrone che assolve al ruolo diinformazione con impegno meschino, per fini meschini «essendo a noi già nota lapaternità di chi meticolosamente si occupa della loro mendace diffusione, di cuiil suo giornale è stato fatto strumento». Piuttosto da 17 anni siete i primi adaccusarmi di fare informazione assoggettato a schemi o a logiche di scuderia.Accipicchia. Forse non ricordate che quando feci per accendere le spie rosse sulfenomeno delle scommesse che stanno rovinando l’hockey in generale (non certo ilGiovinazzo), qualche tifoso molto goliardico espose uno striscione bianco con suscritto in verde «Scommettiamo che Pisani è giovinazzese?». Io ho solo parlatoquesta volta con sommo dispiacere (il mio inchiostro profuma sempre della terradi cui scrivo) del fenomeno Gimenez, la stecca d’oro precipitata negli inferi percolpa di qualcuno. Il lettore maturo, intelligente, più misurato riescirà a coglierele sfumature della vicenda più o meno discussa o discutibile. Il lettore maturosaprà scindere il vero dalla chiacchiera, saprà anche questa volta districarsi traimessaggi cifrati. Chi scrive deve carpire chi vuole andare a colpire, cosa puòessere giusto o sbagliato scrivere, perché tutto e niente possono apparire lesivi.Allora rispondo che ci sono giocatori, ultras e dirigenti dalla dirittura morale aprova di ferro, altri dalla dirittura morale arrugginita. La notizia è come unfarmaco: può far bene a qualcuno ma può far male a qualche altro. Come dire:oggi a te domani a lui.

INGRATITUDINE GIMENEZ? SOLO

DISINFORMAZIONE PILOTATA!

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