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D opo la scoperta di Plutone nel 1930, molti astronomi furono affascinati dalla possibilità di trovare un decimo pianeta in orbita intorno al Sole. Celato dalle enormi distanze dello spazio interplanetario, il misterioso «Pianeta X» poteva essere sfuggito all'osservazione anche dei migliori telescopi, o almeno così pen- savano questi scienziati. Tuttavia sono passati decenni senza che venisse fatta alcuna scoperta, e gran parte dei ricercatori accetta ormai che il sistema solare sia limitato ai nove pianeti che ci sono familiari. Molti scienziati, tuttavia, hanno cominciato a rivedere profondamente la loro concezio- ne del sistema solare a partire dal 1992, quando il nostro gruppo identificò un piccolo cor- po celeste - di poche centinaia di chilometri di diametro - situato a una distanza dal Sole superiore a quella di tutti i pianeti conosciuti. Da allora abbiamo identificato una trentina di oggetti simili nel sistema solare esterno. È probabile che vi 4ia un numero considerevo- le di questi piccoli corpi nella fascia di Kuiper, una regione così chiamata in onore di Ge- rard P. Kuiper, l'astronomo americano di origine olandese che nel 1951 propose per primo che il sistema solare potesse includere una simile famiglia di oggetti lontani. Ma che cosa spinse Kuiper a ipotizzare, quasi un quarto di secolo fa, che il piano del sistema solare fosse popolato da numerosi piccoli corpi orbitanti a grande distanza dal Sole? Questa sua convinzione derivava dalla conoscenza del comportamento delle co- mete, agglomerati di roccia e ghiaccio la cui orbita le porta, a intervalli regolari, ad av- vicinarsi al Sole provenendo dalle regioni esterne del sistema solare. Molti di questi og- getti relativamente piccoli assumono periodicamente un aspetto spettacolare, non appe- na la radiazione solare li riscalda a sufficienza da creare una grande chioma luminosa, fatta di polvere e gas, e una coda allungata. Gli astronomi hanno compreso da lungo tempo che queste comete attive devono esse- re membri relativamente nuovi del sistema solare interno. Un corpo come la cometa di La fascia di Kuiper Nelle zone remote del sistema solare si conserva materia primordiale residua dell'epo- ca di formazione dei pianeti. In questa fase primitiva Plutone (in primo piano) potreb- be avere catturato il suo satellite Caronte (a destra), allontanando nel contempo un terzo corpo nello spazio (in alto). All'epoca la regione doveva contenere grandi quan- tità di polvere, nonché molti oggetti della fascia di Kuiper in via di acdescimento. Anziché terminare bruscamente con l'orbita di Plut il sistema solare contiene un'ampia regione occupata da„.niccoli corpi di Jane X. Luu e David C. Jewitt

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opo la scoperta di Plutone nel 1930, molti astronomi furono affascinati dallapossibilità di trovare un decimo pianeta in orbita intorno al Sole. Celatodalle enormi distanze dello spazio interplanetario, il misterioso «Pianeta X»

poteva essere sfuggito all'osservazione anche dei migliori telescopi, o almeno così pen-savano questi scienziati. Tuttavia sono passati decenni senza che venisse fatta alcunascoperta, e gran parte dei ricercatori accetta ormai che il sistema solare sia limitato ainove pianeti che ci sono familiari.

Molti scienziati, tuttavia, hanno cominciato a rivedere profondamente la loro concezio-ne del sistema solare a partire dal 1992, quando il nostro gruppo identificò un piccolo cor-po celeste - di poche centinaia di chilometri di diametro - situato a una distanza dal Solesuperiore a quella di tutti i pianeti conosciuti. Da allora abbiamo identificato una trentinadi oggetti simili nel sistema solare esterno. È probabile che vi 4ia un numero considerevo-le di questi piccoli corpi nella fascia di Kuiper, una regione così chiamata in onore di Ge-rard P. Kuiper, l'astronomo americano di origine olandese che nel 1951 propose per primoche il sistema solare potesse includere una simile famiglia di oggetti lontani.

Ma che cosa spinse Kuiper a ipotizzare, quasi un quarto di secolo fa, che il piano delsistema solare fosse popolato da numerosi piccoli corpi orbitanti a grande distanza dalSole? Questa sua convinzione derivava dalla conoscenza del comportamento delle co-mete, agglomerati di roccia e ghiaccio la cui orbita le porta, a intervalli regolari, ad av-vicinarsi al Sole provenendo dalle regioni esterne del sistema solare. Molti di questi og-getti relativamente piccoli assumono periodicamente un aspetto spettacolare, non appe-na la radiazione solare li riscalda a sufficienza da creare una grande chioma luminosa,fatta di polvere e gas, e una coda allungata.

Gli astronomi hanno compreso da lungo tempo che queste comete attive devono esse-re membri relativamente nuovi del sistema solare interno. Un corpo come la cometa di

La fascia di KuiperNelle zone remote del sistema solare si conserva materia primordiale residua dell'epo-ca di formazione dei pianeti. In questa fase primitiva Plutone (in primo piano) potreb-be avere catturato il suo satellite Caronte (a destra), allontanando nel contempo unterzo corpo nello spazio (in alto). All'epoca la regione doveva contenere grandi quan-tità di polvere, nonché molti oggetti della fascia di Kuiper in via di acdescimento.

Anziché terminare bruscamente con l'orbita di Plutil sistema solare contiene un'ampia regione occupata da„.niccoli corpi

di Jane X. Luu e David C. Jewitt

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Nel corso delle prime fasi dell'esistenza del sistema solare laforza di gravità esercitata dai pianeti sortì l'effetto di spaz-zare via i piccoli corpi che si trovavano all'interno dell'orbi-

ta di Nettuno. Alcuni di questi piccoli oggetti precipitaro-no in direzione del Sole, mentre altri si allontanarono ver-so la remota nube di Oort (non mostrata nell'illustrazione).

FASCIA DI KUIPER

1100 UNITA ASTRONOMICHE

Gli oggetti che orbitano nella fascia di Kuiper, a grande distanza dal Sole, potreb-bero essere in numero enorme, ma non tutti risultano visibili dalla Terra. I cor-pi (cerchi) che potrebbero essere individuati con il telescopio situato sul Mau-na Kea, nelle Hawaii, si trovano tipicamente vicino al bordo interno della fascia,come si vede in questa simulazione della distribuzione della materia lontana.

20 UNITA ASTRONOMICHE

te di polvere. Perché allora esistono an-cora tante comete in grado di stupircicon le loro pirotecniche apparizioni?

Lcomete attualmente attive si sonoformate nelle prime fasi di vita

del sistema solare, ma fino a tempi re-centi si sono conservate in uno statoinattivo, per lo più all'interno di quel«congelatore» celeste che è la nube diOort. L'astronomo olandese Jan H.Oort ipotizzò nel 1950 l'esistenza diquesta sfera di materia cometaria. Egliriteneva che la nube avesse un diametrodi circa 100 000 UA (unità astronomi-ca, una distanza definita pari alla sepa-razione media fra Terra e Sole, ossiacirca 150 milioni di chilometri) e checontenesse centinaia di miliardi di co-mete. Secondo la concezione di Oort,gli effetti gravitazionali casuali dovutial passaggio delle stelle vicine strappe-rebbero dalle loro orbite stabili alcunecomete della nube e le spingerebberogradualmente verso il Sole.

Per buona parte dell'ultimo mezzosecolo l'ipotesi di Oort ha spiegato ade-guatamente dimensioni e orientazionedelle traiettorie seguite dalle cosiddet-te comete di lungo periodo (quelle cheimpiegano più di 200 anni per com-pletare un'orbita intorno al Sole). Leosservazioni astronomiche dimostranoche questi corpi giungono nella zonaoccupata dai pianeti provenendo da di-rezioni casuali, come ci si aspettereb-be se le comete avessero origine in unaregione sferica come la nube di Oort.Viceversa, l'ipotesi di Oort non potevaspiegare le orbite delle comete di breveperiodo, che normalmente sono più pic-cole e solo leggermente inclinate ri-spetto all'eclittica (il piano dell'orbitaterrestre).

La maggior parte degli astronomi ri-

teneva che le comete di breve periodopercorressero in origine orbite immen-se, orientate in maniera casuale (comefanno oggi le comete di lungo periodo),e che fossero state portate nella loro at-tuale configurazione orbitale dagli ef-fetti gravitazionali dei pianeti, soprat-tutto di Giove. Non tutti gli scienziatiperò erano d'accordo con questa ipote-si. Già nel 1949 Kenneth Essex Ed-geworth, studioso non professionista ir-landese (che non apparteneva ad alcunistituto di ricerca), scrisse una memorianella quale proponeva che nel sistemasolare esterno potesse esistere un anellopiatto costituito da comete. Nel suo ar-ticolo del 1951, anche Kuiper parlò diuna simile fascia di comete, ma senzafare riferimento al precedente lavoro diEdgeworth.

Kuiper, insieme con altri, sostenneche il disco del sistema solare non ter-minasse bruscamente con Nettuno ePlutone (ognuno dei quali, a secondadella sua posizione nell'orbita, puòavere la palma del pianeta più lontanodal Sole); egli immaginò invece una fa-scia, situata fra Nettuno e Plutone, con-sistente di materia residua della forma-zione dei pianeti. La densità della ma-teria in questa regione esterna sarebbestata troppo bassa per consentire l'ac-crescimento di grandi pianeti, ma que-sto non impediva che vi si trovasserooggetti più piccoli, forse di dimensioniasteroidali. Essendo situati a grande di-stanza dal Sole, questi residui sparsi dimateria primordiale presumibilmentehanno sempre avuto una temperaturasuperficiale bassa; sembrava quindiprobabile che questi oggetti lontani fos-sero composti di ghiaccio d'acqua e divari gas allo stato solido, una composi-zione che li rendeva molto simili (senon identici) ai nuclei di comete.

L'ipotesi di Kuiper languì fino aglianni settanta, quando Paul C. Joss delMassachusetts Institute of Technologycominciò a chiedersi se la gravità diGiove potesse davvero trasformare effi-cientemente comete di lungo periodo incomete di breve periodo. Egli fece nota-re che la probabilità di una cattura gra-vitazionale era così bassa da non potere

Una serie di immagini ottenute nel 1992per mezzo di sensori a scorrimento dicarica (CCD) ha rivelato chiaramen-te l'oggetto QB„ appartenente alla fa-scia di Kuiper, in moto sullo sfondodelle stelle fisse (al centro e in basso).Queste due immagini coprono solo u-na piccola parte dell'inquadraturacompleta (in alto a destra) che si è do-vuta analizzare prima che gli autori po-tessero identificare QB, (frecce) e de-terminarne l'orbita (in alto a sinistra).

in alcun modo spiegare il gran numerodi comete di breve periodo oggi esisten-ti. Altri ricercatori, tuttavia, non riusci-rono a confermare questo risultato, e l'i-dea che la nube di Oort desse origine atutte le comete, sia di lungo sia di breveperiodo, rimase la più accettata.

Ma Joss aveva gettato il seme deldubbio, e a poco a poco altri astronomicominciarono a mettere in discussionela teoria consolidata. Nel 1980 Julio A.Fernandez (allora al Max-Planck-Insti-tut fiir Aeronomie di Katlenburg-Lin-dau) aveva, per esempio, effettuato cal-coli che indicavano come le comete dibreve periodo potessero provenire dauna zona appena oltre l'orbita di Nettu-no, come proposto da Kuiper. Nel 1988Martin J. Duncan dell'Università di To-ronto, Thomas Quinn e Scott D. Tre-maine (entrambi del Canadian Institutefor Theoretical Astrophysics) utilizza-rono simulazioni al calcolatore per sta-

diare il meccanismo della cattura di unacometa da parte dei pianeti giganti gas-sosi. Come Joss, essi scoprirono che ilprocesso non funzionava molto bene, ilche sollevava dubbi sulla verosimi-glianza delle concezioni tradizionali ri-guardo all'origine delle comete di bre-ve periodo. In effetti, i loro studi rivela-rono un'ulteriore discrepanza: essi in-fatti fecero notare che le poche cometeche potrebbero essere state espulse dal-la nube di Oort a causa dell'attrazionegravitazionale dei pianeti giganti tendo-no a formare uno sciame sferico, men-tre le orbite delle comete di breve pe-riodo giacciono per lo più in un pianovicino a quello dell'eclittica.

Duncan, Quinn e Tremaine ne de-dussero che le comete di breve periododevono essere state catturate a partireda orbite che non erano molto inclinaterispetto all'eclittica: forse provenivanoda una fascia appiattita di comete situa-

Halley, che passa nelle vicinanze delSole ogni 76 anni, perde circa un deci-millesimo della propria massa nel corsodi ogni visita. Questa cometa sopravvi-verà quindi solo per circa 10 000 orbite,pari forse a mezzo milione di anni in tut-

to. Dato che simili comete ebbero origi-ne durante la formazione del sistema so-lare, 4,5 miliardi di anni fa, ormai do-vrebbero aver perduto totalmente i lorocostituenti volatili, trasformandosi in nu-clei rocciosi inattivi o in correnti rarefat-

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ta nel sistema solare esterno. Tuttaviala loro cosiddetta ipotesi della fascia diKuiper non mancava di suscitare per-plessità. Per far sì che i calcoli fosserotrattabili, essi avevano considerato va-lori di massa per i pianeti esterni an-che 40 volte superiori a quelli reali (au-mentando così l'intensità dell'attrazio-ne gravitazionale e accelerando l'evo-luzione orbitale che desideravano stu-diare). Altri astrofisici si chiedevanose questo «gioco di prestigio» compu-tazionale non avesse potuto condurre auna conclusione errata.

Ancora prima che Duncan, Quinn e

Tremaine pubblicassero il loro la-voro, ci eravamo domandati se il siste-ma solare esterno fosse davvero vuoto,oppure se potesse essere occupato dapiccoli corpi mai osservati. Nel 1987iniziammo una ricognizione telescopicaproprio allo scopo di rispondere a que-sta domanda. Il nostro intento era quel-lo di cercare eventuali oggetti presentinel sistema solare esterno sfruttando laminuscola quantità di luce solare da es-si riflessa a distanze così enormi. Seb-bene nei nostri primi tentativi avessimoimpiegato lastre fotografiche, decidem-mo ben presto che le prospettive appa-rivano migliori con l'uso di un rivelato-re elettronico (un dispositivo a scorri-mento di carica o CCD) fissato a unodei nostri telescopi più grandi.

Abbiamo condotto gran parte del no-stro studio utilizzando il telescopio da2,2 metri dell'Università delle Hawaiisul Mauna Kea. La nostra strategia eraquella di impiegare con questo strumen-to una schiera di CCD per ottenerequattro esposizioni da 15 minuti, in se-

quenza, di una particolare zona di cielo.Ci siamo poi serviti del calcolatore permostrare le immagini della sequenza inrapida successione; un oggetto che simuova leggermente nell'immagine, sul-lo sfondo delle stelle (che appaiono fis-se), viene così rivelato come apparte-nente al sistema solare.

Per cinque anni abbiamo continuatola ricerca, ottenendo solo risultati nega-tivi. Ma la tecnologia a nostra disposi-zione migliorava così rapidamente cheera facile conservare l'entusiasmo (senon i finanziamenti) nella continua ri-cerca della nostra elusiva preda. Il 30agosto 1992 stavamo eseguendo la ter-za di una sequenza di quattro esposizio-ni, e nello stesso tempo alternavamo ra-pidamente le prime due immagini sulloschermo del calcolatore. Notammo co-sì che la posizione di una «stella»debole sembrava cambiare lievementeda una immagine all'altra. Entrambirestammo ammutoliti: lo spostamentonon era certo vistoso, ma sembrava rea-le. Quando confrontammo le prime dueimmagini con la terza, ci rendemmoconto di aver senza dubbio trovatoqualcosa di insolito. Il suo lento motonel cielo indicava che l'oggetto cheavevamo scoperto doveva trovarsi ad-dirittura al di là dell'afelio della lontanaorbita di Plutone. Avevamo il sospettoche l'oggetto misterioso potesse essereun asteroide vicino che si muoveva inparallelo con la Terra (fenomeno chepotrebbe provocare a sua volta un len-to moto apparente), ma ulteriori misu-razioni portarono a escludere questapossibilità.

Osservammo di nuovo lo strano cor-po nelle due notti successive e ne misu-

rammo accuratamente posizione, lumi-nosità e colore. Comunicammo poiquesti dati a Brian G. Marsden, diretto-re del Central Bureau of AstronomicalTelegrams della International Astrono-mical Union presso lo Smithsonian A-strophysical Observatory di Cambridgenel Massachusetts. I suoi calcoli indica-rono che l'oggetto da noi scoperto orbi-tava realmente a grande distanza dalSole: 40 UA, ossia poco meno di quan-to avessimo ipotizzato inizialmente.Egli assegnò al corpo celeste appenascoperto un nome formale, anche senon particolarmente fantasioso, basatosulla data della scoperta: «1992 Q131».(Noi preferivamo chiamarlo «Smiley»,in onore della celebre spia dei romanzidi John Le Carré, ma il nome non trovòmolti sostenitori nella serissima comu-nità degli astronomi.)

Le nostre osservazioni mostravanoche la luce riflessa da QB, è decisa-mente più rossa della luce solare che loillumina. Questa strana colorazione siritrova in un solo altro oggetto del si-stema solare: un asteroide (o cometa)peculiare, denominato 5145 Pholus. Iplanetologi attribuiscono il colore ros-so di questo corpo alla presenza sullasua superficie di materiale scuro riccodi carbonio. La somiglianza fra QB, e5145 Pholus non fece che aumentare ilnostro entusiasmo nei primi giorni do-po la scoperta. Forse l'oggetto che ave-vamo appena localizzato era ricopertoda un qualche tipo di materiale rossa-stro ricco di composti organici. Quantoera grande questo nuovo mondo ruggi-noso? Dalla prima serie di misurazioni,stimavamo che QB, avesse un diametrocompreso tra 200 e 250 chilometri, os-

sia circa 15 volte le dimensioni del nu-cleo della cometa di Halley.

Alcuni astronomi dubitarono in unprimo momento che la scoperta di QB,implicasse realmente l'esistenza di unapopolazione di oggetti nel sistema sola-re esterno, come Kuiper e altri avevanoipotizzato. Tuttavia i dubbi cominciaro-no a venir meno quando scoprimmo,nel marzo 1993, un secondo oggetto,lontano dal Sole quanto QB,, ma loca-lizzato sul lato opposto del sistema so-lare. Negli ultimi tre anni diversi altrigruppi di ricerca si sono uniti ai nostrisforzi, e le scoperte non si sono fatte at-tendere: l'attuale elenco di oggetti si-tuati nella fascia di Kuiper, oltre l'orbi-ta di Nettuno, comprende 32 membri.

I componenti noti della fascia diKuiper presentano svariate caratteristi-che comuni. Per esempio, si trovanotutti oltre l'orbita di Nettuno, che quin-di potrebbe definire il margine internodella fascia. Questi corpi celesti di re-cente scoperta si muovono su orbite so-lo leggermente inclinate rispetto all'e-clinica, a sostegno dell'ipotesi che essicostituiscano una fascia piatta di come-te. Ciascuno dei membri della fascia diKuiper, inoltre, è milioni di volte piùdebole del limite di visibilità a occhionudo. 1 32 corpi individuati hanno undiametro variabile tra 100 e 400 chilo-metri: sono quindi notevolmente piùpiccoli sia di Plutone (che ha un diame-tro di circa 2300 chilometri) sia del suosatellite Caronte (circa 1100 chilometridi diametro).

Il campione di oggetti finora identifi-cati è abbastanza modesto, ma suffi-ciente per dimostrare al di là di ognipossibile dubbio l'esistenza della fascia

di Kuiper. È anche chiaro che la popo-lazione totale della fascia deve essereconsiderevole; stimiamo che essa con-tenga almeno 35 000 oggetti di diame-tro superiore a 100 chilometri. Pertantoè probabile che la fascia di Kuiper ab-bia una massa complessiva centinaia divolte maggiore di quella della ben notafascia degli asteroidi situata tra le orbi-te di Marte e di Giove.

Ammettiamo che la fascia di Kuiper

sia ricca di materia; può davveroessere la sorgente delle comete di breveperiodo, che si consumano così rapida-mente? Matthew J. Holman e Jack L.Wisdom, che allora lavoravano entram-bi al MIT, hanno affrontato questo pro-blema servendosi di simulazioni al cal-colatore. Essi hanno così dimostratoche, in un intervallo di 100 000 anni,l'influenza gravitazionale dei pianetigiganti gassosi (Giove, Saturno, Uranoe Nettuno) allontana le comete che or-bitano nelle loro vicinanze, espellendo-le nelle zone più esterne del sistema so-lare. Ma una frazione considerevoledelle comete che orbitano oltre Nettunopuò sfuggire a questo destino e rimane-re nella posizione di partenza anche do-po 4,5 miliardi di anni. È dunque pro-babile che gli oggetti della fascia diKuiper situati a più di 40 UA dal Solesi trovino in orbite stabili fin dalla for-mazione del sistema solare.

Gli astronomi ritengono inoltre chela massa contenuta nella fascia di Kui-per fosse sufficiente per formare tuttele comete di breve periodo che sianomai esistite; questa regione del sistemasolare sembra quindi essere una buo-na candidata a «magazzino di comete».

Anche il meccanismo di trasferimentoal di fuori della fascia oggi è ben cono-sciuto. Simulazioni al calcolatore han-no dimostrato che l'azione gravitazio-nale di Nettuno erode lentamente ilbordo interno della fascia di Kuiper (laregione compresa entro 40 UA dal So-le), espellendo oggetti situati in questazona verso il sistema solare interno.Molti di questi piccoli corpi finisconoper diventare comete che si consumanolentamente, ma alcuni - come la cometaShoemaker-Levy 9, caduta su Giovenel luglio 1994 - possono trovare unafine violenta collidendo con un pianeta(o anche con il Sole). Altri possono es-sere intrappolati in una «fionda gravita-zionale» che li scaglia verso le zone re-mote dello spazio interstellare.

Se la fascia di Kuiper è la fonte dellecomete di breve periodo, si pone un'al-tra domanda ovvia: attualmente vi sonoforse comete che hanno abbandonatoquesta regione e stanno dirigendosiverso il sistema solare interno? La ri-sposta potrebbe essere costituita daiCentauri, un gruppo di oggetti che in-clude il già menzionato 5145 Pholus. ICentauri seguono orbite immense cheattraversano le orbite planetarie e sonointrinsecamente instabili; possono ri-manere nella zona dei pianeti gigantisolo per alcuni milioni di anni primache le interazioni gravitazionali li sca-glino fuori dal sistema solare o li tra-sferiscano in orbite più strette.

Dato che i loro tempi di permanenzain orbita sono di gran lunga più brevidell'età del sistema solare, i Centaurinon possono essersi formati dove si tro-vano attualmente. Tuttavia la naturadelle loro orbite fa sì che risulti presso-

2060 Chirone potrebbe aver lasciato la fascia di Kuiper per immet-tersi nella sua attuale traiettoria che incrocia le orbite dei pianeti (asinistra). Per quanto molto debole, il bagliore che circonda 2060Chirone (nella pagina a fronte) indica che esso potrebbe essere cor-relato con altri corpi «attivi», come la cometa Peltier (qui sopra).20 UNITA ASTRONOMICHE

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ché impossibile risalire con certezza alloro luogo di origine. Nonostante ciò,la fonte più vicina (e più probabile) è lafascia di Kuiper. I Centauri possonoquindi essere «comete di transizione»,ossia oggetti un tempo appartenenti allafascia di Kuiper che si apprestano a ini-ziare una vita breve ma spettacolare nelsistema solare interno. Gli elementi piùsolidi a sostegno di questa ipotesi sonoforniti da uno degli oggetti di questogruppo: 2060 Chirone. Sebbene i suoiscopritori lo avessero inizialmente con-siderato solo un asteroide insolito, 2060Chirone viene oggi risolutamente clas-sificato come una cometa attiva dallachioma debole ma persistente.

Via via che lo studio della fascia diKuiper continua, alcuni astronomi han-no cominciato a chiedersi se da questo«serbatoio» potrebbe provenire qualco-sa di più che semplici comete. È una

coincidenza che Plutone, il suo satelliteCaronte e Tritone, uno dei satelliti diNettuno, si trovino tutti nelle vicinanzedella fascia di Kuiper? Questa doman-da è giustificata, in quanto Plutone, Ca-ronte e Tritone hanno alcuni tratti incomune nelle loro proprietà fondamen-tali e differiscono drasticamente dai lo-ro vicini.

densità di Plutone e di Tritone, per esempio, è molto maggiore diquella di tutti i pianeti giganti gassosidel sistema solare esterno; inoltre ancheil moto orbitale di questi corpi è alquan-to strano. Tritone ruota intorno a Nettu-no in senso «retrogrado», ossia oppostoal senso orbitale di tutti i pianeti e dellamaggior parte dei satelliti. L'orbita diPlutone è fortemente inclinata rispettoall'eclittica e così allungata che incrociaaddirittura l'orbita di Nettuno. Plutone

tuttavia non rischia una collisione con ilpianeta gigante in quanto le loro orbitehanno un particolare rapporto di riso-nanza, 3:2; ciò significa che, per ognitre orbite di Nettuno intorno al Sole,Plutone ne compie due.

I pezzi di questo puzzle celeste pos-sono essere ricomposti se si postilla chePlutone, Caronte e Tritone siano gli ul-timi superstiti di un gruppo, un tempomolto più grande, di oggetti di dimen-sioni simili. S. Alan Stern del South-west Research Institute di Boulder fu ilprimo a proporre quest'idea nel 1991. Itre corpi potrebbero essere caduti sottol'influenza di Nettuno, che catturò Tri-tone e bloccò Plutone - forse con Ca-ronte a ruota - nella sua attuale risonan-za orbitale.

È interessante il fatto che le risonan-ze orbitali sembrano influenzare anchela posizione di molti oggetti della fa-scia di Kuiper. Fino a metà dei corpiscoperti di recente sembrano avere lostesso rapporto di risonanza 3:2 conNettuno mostrato da Plutone; comequest'ultimo, essi potranno rimaneretranquillamente nelle loro orbite permiliardi di anni. (La risonanza impedi-sce a Nettuno di avvicinarsi troppo eperturbare l'orbita del corpo più picco-lo.) Abbiamo battezzato questi oggettidella fascia di Kuiper «Plutini», ossia«piccoli Plutoni». A giudicare dalla li-mitata regione di cielo che abbiamoesaminato, stimiamo che debbano esi-stere diverse migliaia di Plutini di dia-metro superiore a 100 chilometri.

Le recenti scoperte di oggetti dellafascia di Kuiper aprono nuove prospet-tive sul sistema solare esterno. Attual-mente Plutone sembra avere un posto aparte solo perché è più grande di tuttigli altri membri della fascia di Kuiper, esi può persino dubitare che meriti il tito-lo di pianeta a tutti gli effetti. Strana-mente, una serie di ricerche iniziate nel-la speranza di trovare un decimo piane-ta potrebbe, in un certo senso, averne ri-dotto il numero finale a otto. Questabeffa della sorte, insieme con le molteinteressanti osservazioni che abbiamocompiuto di oggetti della fascia di Kui-per, ci ricorda che il sistema solare ser-ba ancora innumerevoli sorprese.

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SEMIASSE MAGGIORE (UNITA ASTRONOMICHE)

Fenomeni di risonanza regolano dimensione e forma delle orbite di molti oggettidella fascia di Kuiper. Un'orbita è descritta dall'eccentricità (ossia la deviazionedalla forma circolare) e dal semiasse maggiore (freccette rosse). Come Plutone, circametà dei corpi conosciuti della fascia di Kuiper (punti rossi) compie due orbite in-torno al Sole nello stesso tempo in cui Nettuno ne completa tre; si ha quindi una ri-sonanza 3:2. L'oggetto 1995 DA, orbita in una delle altre possibili risonanze. RenuMalhotra del Lunar and Planetary Institute di Houston propone che questo feno-meno rispecchi le prime fasi di evoluzione del sistema solare, quando molti picco-li corpi furono espulsi nello spazio e i pianeti più grandi si allontanarono dal Sole.Durante questi movimenti verso l'esterno Nettuno potrebbe aver trascinato Pluto-ne e numerosi altri corpi più piccoli nelle orbite risonanti che si osservano oggi.

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JANE X. LUU e DA`v'ID C. JEWITT collaborano nello stu-dio del sistema solare dal 1986, quando entrambi si trovavanoal Massachusetts Institute of Technology. Oggi Jewitt lavoraall'Università delle Hawaii e Luu alla Harvard University.

DLTNCAN MARTIN, QUINN THOMAS e TREMAINE SCOTT, TheOrigin of Short Period Comets in «Astrophysical Journal»,328, pp. L69-L73, 15 maggio 1988.

LUU J. X., The Kuiper Beli Objects in Asteroids, Comets,Meteors 1993, a cura di A. Milani, M. Di Martino e A. Celli-no, Kluwer Academie Publishers, 1993.

JEWITT D. C. e LUU J. X., The Solar System beyond Neptunein «Astronomical Journal», 109, pp. 1867-1876, aprile 1995.

MALHOTRA RENU, The Origin of Pluto's Orbit: Implica-tions for the Solar System beyond Neptune in «AstronomicalJournal», 110, pp. 420-429, luglio 1995.

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