La reologia dei polimeri -...

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Q ualunque ragazzino può compra- re per poche lire un interessante giocattolo chiamato « silly put- ty ». Esso è costituito semplicemente da una massa di materiale, grande circa come una noce, e avente la consistenza dello stucco usato dai vetrai. Lavoran- dolo un poco con le mani, se ne ottie- ne facilmente una pallina; questa rim- balzerà vivacemente e meglio di una pallina da ping-pong (si veda la fotogra- fia a pagina 64). D'altro canto, se la- sciato in un bicchiere per alcune ore, il materiale si dispone sul fondo del bicchiere stesso, sposandone esattamen- te la forma e mostrando una superficie superiore piana e orizzontale (si vedano le fotografie alle pagine 64 e 65). Chiun- que abbia visto tale giocattolo ha forse provato a porsi un'innocente domanda : il materiale in questione è un solido o un liquido? Se andiamo a rivedere nei libri di fisica del liceo le definizioni di liquido e di solido, vediamo che un liquido non ha forma propria, ma assume quella del recipiente che lo contiene, mentre un solido ha una forma propria che ten- de a riassumere se deformato. Il silly putty sembrerebbe dunque essere un li- quido; ma non si è mai sentito parlare di palle di liquido che rimbalzano, e lo stesso libro di fisica spiegherà il rimbal- zare di una pallina solida in termini di elasticità e di tendenza a riacquistare la propria forma dopo la deformazione dovuta all'urto contro una parete. Il sil- ly putty, in realtà, non è né un solido né un liquido, ma un qualcosa di interme- dio; esso ha dei liquidi le proprietà vi- scose, dei solidi le proprietà elastiche : si tratta di un materiale viscoelastico. Pensandoci un poco, è facile render- si conto che in effetti molte sostanze che incontriamo nella vita di ogni gior- no sono un po' come il silly putty; la chiara d'uovo può versarsi da un bic- di Gianni Astarita chiere all'altro come un liquido, ma ha una certa tendenza a muoversi in gru- mi; il « moccio » del naso dei bambini ha certamente la tendenza a « colare », ma una ben congegnata aspirazione può farlo rientrare nel suo ricettacolo natu- rale. In effetti tutte le sostanze a elevato peso molecolare (i cosiddetti polimeri), sia in soluzione sia allo stato puro, so- no viscoelastiche. Se si pensa all'enor- me sviluppo che hanno avuto negli ulti- mi anni le materie plastiche, e se si con- sidera che nella loro lavorazione esse vengono pompate, estruse, soffiate, la- minate ecc., si capisce immediatamente quanto importante sia il problema di capire il comportamento meccanico dei materiali viscoelastici, o, come si dice in gergo scientifico, la loro reologia. Questa parola proviene dal verbo greco puv, fluire, da cui il famoso detto di Eraclito, 7ccorra pa, tutto scorre. Fra il 1940 e oggi, l'intero campo della meccanica dei mezzi continui ha subito un'enorme evoluzione, dovuta sia al rinnovato interesse dei matema- tici per la fisica macroscopica (forse sti- molato dalla tendenza generale dei fi- sici a dedicarsi allo studio delle parti- celle elementari, trascurando gli aspetti macroscopici), sia alla sfida che l'indu- stria delle materie plastiche ha lanciato agli ingegneri: quella cioè di riuscire a progettare le macchine per la lavora- zione di materiali il cui comportamen- to meccanico è del tutto diverso da quello dei materiali tradizionali. La si- tuazione negli ultimi vent'anni è simile a quella che si ebbe nella prima metà del secolo scorso, quando lo sviluppo si- multaneo della tecnologia e della mate- matica rappresentarono l'attrattiva e la possibilità per lo sviluppo della mecca- nica dei mezzi continui tradizionali, va- le a dire la teoria del comportamento meccanico dei solidi (o teoria dell'elasti- cità) e dei liquidi (o idrodinamica). Come si può descrivere il comporta- mento meccanico di un materiale? Per rispondere a tale domanda è necessario introdurre il concetto di sforzo interno. Consideriamo, all'interno di un corpo continuo, una superficie estremamente piccola (si veda la figura in alto a fron- te). Attraverso tale superficie tutta la porzione di corpo che sta da una par- te della superficie esercita una certa for- za sulla porzione di corpo che si trova dalla parte opposta. A ogni punto del corpo è possibile associare una piccola superficie, e la forza esercitata attraver- so di essa dipende dall'orientazione del- la superficie stessa. L'insieme di tutte le forze che agiscono su tutte le possibili superfici infinitesime viene detto « di- stribuzione degli sforzi interni ». Per fare un esempio, riferiamoci a un oggetto sostenuto da una fune (si veda la figura in basso a fronte). Attraverso ogni superficie ortogonale all'asse della fune (ossia attraverso ogni sezione della fune stessa, se la immaginiamo abba- stanza sottile) si esercita una forza pari al peso dell'oggetto. In questo caso la forza è perpendicolare alla superficie considerata. Se però la piccola superfi- cie non è più disposta ortogonalmente all'asse della fune, la forza agente su di essa non sarà più perpendicolare ma in- clinata rispetto al piano in cui giace la superficie stessa. Quanto la fune si di- stende sotto l'azione delle forze agenti dipenderà evidentemente dalla natura fisica del materiale che costituisce la fu- ne stessa. La forza è una grandezza vettoriale, cioè una grandezza definita non soltan- to dal suo valore ma anche dalla sua orientazione. Anche la superficie attra- verso cui essa agisce è un vettore (si deve infatti assegnarne non solo l'area, ma anche l'orientazione); il vettore su- perficie è definito come un vettore di- retto perpendicolarmente alla superficie e di « modulo », o valore, pari all'area di questa. Lo sforzo interno, quindi, os- sia la forza che si esercita attraverso la piccola superficie, è determinato sia dal vettore forza sia dal vettore superficie. Si tratta quindi di qualcosa di più di un semplice vettore, di qualcosa che non può essere rappresentato grafica- mente, di cui si può soltanto avere una idea intuitiva e una rappresentazione matematica. Questa entità, fondamenta- le per descrivere gli sforzi interni di un mezzo continuo, è chiamato tensore. Un tensore, è individuato da nove com- ponenti; come è noto, ogni vettore ha, nello spazio tridimensionale della fisica classica, tre componenti, che sono le proiezioni sui tre assi coordinati. Un tensore è un vettore « di ordine due », ossia un e supervettore », cosí come nello stesso ordine di idee un semplice numero può essere considerato un vet- tore « di ordine zero ». Il tensore sfor- zo interno è quella regola matematica che trasforma il vettore superficie nel vettore forza; disponendo di tale rego- la, è possibile calcolare la forza eser- citata attraverso una qualunque super- ficie, sommando le singole forze agenti attraverso le superfici infinitesime in cui è sempre possibile scomporre qualsiasi superficie. Il più semplice caso possibile di sfor- zo interno in un corpo è quello della pressione idrostatica. Questa situazione si verifica per esempio nell'acqua pro- fonda del mare, che è soggetta a un'e- levata pressione. La forza esercitata at- traverso una qualunque superficie è sempre perpendicolare alla superficie stessa, è cioè un vettore avente la stes- sa direzione del vettore superficie. In questo caso il tensore degli sforzi è di un tipo particolare detto « isotropo » infatti, il vettore superficie e il vettore forza hanno sempre la stessa direzione. È per questo che si suole parlare di iso- tropia della pressione nei fluidi. I comportamento meccanico di un materiale è descritto da una legge che lega tra loro il tensore degli sforzi e una opportuna misura della deforma- zione del materiale stesso; tale legge viene detta equazione costitutiva. La deformazione è una variazione di for- ma. Nel caso di una sostanza solida, che possiede una « forma propria », la deformazione è la differenza tra la for- ma che l'oggetto solido ha e la sua for- ma propria. Un arco ha una sua for- ma; allorché l'arco viene teso per scoc- care la freccia, la sua forma cambia e il materiale di cui l'arco è costituito è sottoposto a un notevole sforzo interno, che scompare rapidamente quando la SUPERFICIE T FORZA Attraverso una qualunque superficie all'interno di un corpo continuo le due parti in cui la superficie stessa divide il corpo si trasmettono reciprocamente una forza. La super- ficie è una grandezza vettoriale, in quanto è definita dall'area e dall'orientazione; la si indica con un vettore (freccia in colore) perpendicolare alla superficie stessa e di «mo- dulo » pari alla sua area. Lo sforzo che si esercita attraverso la piccola superficie è noto una volta che si conosca il tensore degli sforzi T; esso è una regola matema- tica grazie alla quale è possibile calcolare la forza quando sia nota la superficie. Attraverso qualunque superficie perpendicolare all'asse di una fune che sostiene un peso p si esercita una forza p. In questo caso il vettore superficie è parallelo al vettore forza, e la forza per unità di superficie è uguale a p/s (dove s indica l'area della superfì. cie). Se però la superficie è obliqua, il vettore forza e il vettore superficie non sono più paralleli, e la forza per unità di superficie dipenderà dall'orientazione della superficie. La reologia dei polimeri La lavorazione delle materie plastiche propone problemi teorici molto complessi a causa del loro comportamento meccanico, intermedio tra quelli dei solidi e dei liquidi. 62 63

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ualunque ragazzino può compra-re per poche lire un interessantegiocattolo chiamato « silly put-

ty ». Esso è costituito semplicemente dauna massa di materiale, grande circacome una noce, e avente la consistenzadello stucco usato dai vetrai. Lavoran-dolo un poco con le mani, se ne ottie-ne facilmente una pallina; questa rim-balzerà vivacemente e meglio di unapallina da ping-pong (si veda la fotogra-fia a pagina 64). D'altro canto, se la-sciato in un bicchiere per alcune ore,il materiale si dispone sul fondo delbicchiere stesso, sposandone esattamen-te la forma e mostrando una superficiesuperiore piana e orizzontale (si vedanole fotografie alle pagine 64 e 65). Chiun-que abbia visto tale giocattolo ha forseprovato a porsi un'innocente domanda :il materiale in questione è un solido oun liquido?

Se andiamo a rivedere nei libri difisica del liceo le definizioni di liquidoe di solido, vediamo che un liquido nonha forma propria, ma assume quelladel recipiente che lo contiene, mentreun solido ha una forma propria che ten-de a riassumere se deformato. Il sillyputty sembrerebbe dunque essere un li-quido; ma non si è mai sentito parlaredi palle di liquido che rimbalzano, e lostesso libro di fisica spiegherà il rimbal-zare di una pallina solida in termini dielasticità e di tendenza a riacquistare lapropria forma dopo la deformazionedovuta all'urto contro una parete. Il sil-ly putty, in realtà, non è né un solido néun liquido, ma un qualcosa di interme-dio; esso ha dei liquidi le proprietà vi-scose, dei solidi le proprietà elastiche :si tratta di un materiale viscoelastico.

Pensandoci un poco, è facile render-si conto che in effetti molte sostanzeche incontriamo nella vita di ogni gior-no sono un po' come il silly putty; lachiara d'uovo può versarsi da un bic-

di Gianni Astarita

chiere all'altro come un liquido, ma hauna certa tendenza a muoversi in gru-mi; il « moccio » del naso dei bambiniha certamente la tendenza a « colare »,ma una ben congegnata aspirazione puòfarlo rientrare nel suo ricettacolo natu-rale. In effetti tutte le sostanze a elevatopeso molecolare (i cosiddetti polimeri),sia in soluzione sia allo stato puro, so-no viscoelastiche. Se si pensa all'enor-me sviluppo che hanno avuto negli ulti-mi anni le materie plastiche, e se si con-sidera che nella loro lavorazione essevengono pompate, estruse, soffiate, la-minate ecc., si capisce immediatamentequanto importante sia il problema dicapire il comportamento meccanico deimateriali viscoelastici, o, come si dicein gergo scientifico, la loro reologia.Questa parola proviene dal verbo grecopuv, fluire, da cui il famoso detto diEraclito, 7ccorra pa, tutto scorre.

Fra il 1940 e oggi, l'intero campodella meccanica dei mezzi continui hasubito un'enorme evoluzione, dovutasia al rinnovato interesse dei matema-tici per la fisica macroscopica (forse sti-molato dalla tendenza generale dei fi-sici a dedicarsi allo studio delle parti-celle elementari, trascurando gli aspettimacroscopici), sia alla sfida che l'indu-stria delle materie plastiche ha lanciatoagli ingegneri: quella cioè di riuscirea progettare le macchine per la lavora-zione di materiali il cui comportamen-to meccanico è del tutto diverso daquello dei materiali tradizionali. La si-tuazione negli ultimi vent'anni è similea quella che si ebbe nella prima metàdel secolo scorso, quando lo sviluppo si-multaneo della tecnologia e della mate-matica rappresentarono l'attrattiva e lapossibilità per lo sviluppo della mecca-nica dei mezzi continui tradizionali, va-le a dire la teoria del comportamentomeccanico dei solidi (o teoria dell'elasti-cità) e dei liquidi (o idrodinamica).

Come si può descrivere il comporta-mento meccanico di un materiale? Perrispondere a tale domanda è necessariointrodurre il concetto di sforzo interno.Consideriamo, all'interno di un corpocontinuo, una superficie estremamentepiccola (si veda la figura in alto a fron-te). Attraverso tale superficie tutta laporzione di corpo che sta da una par-te della superficie esercita una certa for-za sulla porzione di corpo che si trovadalla parte opposta. A ogni punto delcorpo è possibile associare una piccolasuperficie, e la forza esercitata attraver-so di essa dipende dall'orientazione del-la superficie stessa. L'insieme di tutte leforze che agiscono su tutte le possibilisuperfici infinitesime viene detto « di-stribuzione degli sforzi interni ».

Per fare un esempio, riferiamoci a unoggetto sostenuto da una fune (si vedala figura in basso a fronte). Attraversoogni superficie ortogonale all'asse dellafune (ossia attraverso ogni sezione dellafune stessa, se la immaginiamo abba-stanza sottile) si esercita una forza parial peso dell'oggetto. In questo caso laforza è perpendicolare alla superficieconsiderata. Se però la piccola superfi-cie non è più disposta ortogonalmenteall'asse della fune, la forza agente su diessa non sarà più perpendicolare ma in-clinata rispetto al piano in cui giace lasuperficie stessa. Quanto la fune si di-stende sotto l'azione delle forze agentidipenderà evidentemente dalla naturafisica del materiale che costituisce la fu-ne stessa.

La forza è una grandezza vettoriale,cioè una grandezza definita non soltan-to dal suo valore ma anche dalla suaorientazione. Anche la superficie attra-verso cui essa agisce è un vettore (sideve infatti assegnarne non solo l'area,ma anche l'orientazione); il vettore su-perficie è definito come un vettore di-retto perpendicolarmente alla superficie

e di « modulo », o valore, pari all'areadi questa. Lo sforzo interno, quindi, os-sia la forza che si esercita attraverso lapiccola superficie, è determinato sia dalvettore forza sia dal vettore superficie.Si tratta quindi di qualcosa di più diun semplice vettore, di qualcosa chenon può essere rappresentato grafica-mente, di cui si può soltanto avere unaidea intuitiva e una rappresentazionematematica. Questa entità, fondamenta-le per descrivere gli sforzi interni di unmezzo continuo, è chiamato tensore.Un tensore, è individuato da nove com-ponenti; come è noto, ogni vettore ha,nello spazio tridimensionale della fisicaclassica, tre componenti, che sono leproiezioni sui tre assi coordinati. Untensore è un vettore « di ordine due »,ossia un e supervettore », cosí comenello stesso ordine di idee un semplicenumero può essere considerato un vet-tore « di ordine zero ». Il tensore sfor-zo interno è quella regola matematicache trasforma il vettore superficie nelvettore forza; disponendo di tale rego-la, è possibile calcolare la forza eser-citata attraverso una qualunque super-ficie, sommando le singole forze agentiattraverso le superfici infinitesime in cuiè sempre possibile scomporre qualsiasisuperficie.

Il più semplice caso possibile di sfor-zo interno in un corpo è quello dellapressione idrostatica. Questa situazionesi verifica per esempio nell'acqua pro-fonda del mare, che è soggetta a un'e-levata pressione. La forza esercitata at-traverso una qualunque superficie èsempre perpendicolare alla superficiestessa, è cioè un vettore avente la stes-sa direzione del vettore superficie. Inquesto caso il tensore degli sforzi è diun tipo particolare detto « isotropo »infatti, il vettore superficie e il vettoreforza hanno sempre la stessa direzione.È per questo che si suole parlare di iso-tropia della pressione nei fluidi.

Icomportamento meccanico di un

materiale è descritto da una leggeche lega tra loro il tensore degli sforzie una opportuna misura della deforma-zione del materiale stesso; tale leggeviene detta equazione costitutiva. Ladeformazione è una variazione di for-ma. Nel caso di una sostanza solida,che possiede una « forma propria », ladeformazione è la differenza tra la for-ma che l'oggetto solido ha e la sua for-ma propria. Un arco ha una sua for-ma; allorché l'arco viene teso per scoc-care la freccia, la sua forma cambia eil materiale di cui l'arco è costituito èsottoposto a un notevole sforzo interno,che scompare rapidamente quando la

SUPERFICIE T FORZA

Attraverso una qualunque superficie all'interno di un corpo continuo le due parti in cuila superficie stessa divide il corpo si trasmettono reciprocamente una forza. La super-ficie è una grandezza vettoriale, in quanto è definita dall'area e dall'orientazione; la siindica con un vettore (freccia in colore) perpendicolare alla superficie stessa e di «mo-dulo » pari alla sua area. Lo sforzo che si esercita attraverso la piccola superficie ènoto una volta che si conosca il tensore degli sforzi T; esso è una regola matema-tica grazie alla quale è possibile calcolare la forza quando sia nota la superficie.

Attraverso qualunque superficie perpendicolare all'asse di una fune che sostiene unpeso p si esercita una forza p. In questo caso il vettore superficie è parallelo al vettoreforza, e la forza per unità di superficie è uguale a p/s (dove s indica l'area della superfì.cie). Se però la superficie è obliqua, il vettore forza e il vettore superficie non sono piùparalleli, e la forza per unità di superficie dipenderà dall'orientazione della superficie.

La reologia dei polimeri

La lavorazione delle materie plastiche propone problemiteorici molto complessi a causa del loro comportamentomeccanico, intermedio tra quelli dei solidi e dei liquidi.

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Il « silly putty » è uno strano oggetto che può essere acquistatonelle cartolerie o nei negozi di giocattoli. Esso possiede alcuneproprietà interessanti: per esempio, può essere tirato e ridottoin fili sottilissimi, può venire spezzato con un colpo deciso, rim-balza come una pallina di gomma e lasciato abbastanza a lungo

in un bicchiere ne assume la forma, comportandosi come unliquido (si vedano le fotografie in basso in queste due pagine).In questa fotografia stroboscopica si può vedere come una pal-lina di silly putty (che è una sostanza viscoelastica formata disilicone) rimbalzi come e meglio di una pallina da ping pong.

MATERIALE PROPRIETÀ ESEMPIO

- RIGIDO INDEFORMABILE DIAMANTE

SOLIDO - ELASTICO SFORZO INTERNO PROPOR- ACCIAIOZIONALE ALLA DEFORMAZIO-NE

IN GENERE SFORZO INTERNO DIPENDEN- GOMMATE NON LINEARMENTE DALLADEFORMAZIONE

CORPO VISCOELASTICO POLIMERI

- PERFETTO ISOTROPO ACQUA

LIQUIDO - NEWTONIANO VISCOSO OLIO

IN GENERE SFORZO INTERNO DIPENDEN- SCHIUMATE NON LINEARMENTE DALLAVELOCITÀ DI DEFORMAZIONE

È possibile definire, in base al comportamento meccanico, una serie continua di materialia densità costante. Tra il più generale dei solidi, per il quale lo sforzo dipende inmodo qualunque dalla deformazione, e il più generale dei liquidi, per il quale essodipende in modo qualunque dalla velocità di deformazione, si trovano i corpi viscoela-etici, che non sono né solidi né liquidi. I polimeri appartengono a questa categoria. Gliesempi riportati sono solo indicativi di materiali reali che, sotto certe condizioni, appros-simano il comportamento di materiali ideali definiti dalle relative equazioni costitutive.

per un materiale che rimbalza cosi bene: dopo un certo temposi è adagiato leggermente sul fondo del bicchiere, dopo qualche

tempo ancora nulla fa più ricordare la sua precedente formasferica, e, infine, il bicchiere sembra contenere acqua colorata.

freccia viene scoccata. Possiamo quindidare una definizione un poco più rigo-rosa di solido, dicendo che in un corposolido il tensore dagli sforzi interni èdeterminato in ogni punto dalla defor-mazione del solido stesso rispetto allasua forma propria. Tra i corpi solidipotremo poi distinguere due tipi parti-colari, e precisamente, in ordine dicomplessità crescente : 1) il corpo rigi-do, che non può essere deformato, peril quale l'equazione costitutiva esprimesemplicemente il fatto che la deforma-zione è nulla; 2) il solido elastico, peril quale vale la legge di Hooke di pro-porzionalità diretta tra sforzo e defor-mazione (in questa legge figura una co-stante di proporzionalità che viene det-ta modulo elastico).

È importante rendersi conto del tipodi posizione logica che stiamo assumen-do, una posizione che possiamo definireassiomatica (in contrasto con la posi-zione naturalistica). Noi scegliamo cioèdi definire certi tipi di materiali, di cuipoi studieremo il comportamento sottovarie condizioni di carico; è chiaro che,sotto questo punto di vista, non è neces-

sano chiedersi se materiali come quellida noi definiti esistono in realtà, ma sol-tanto se è concepibile che essi esistano.Nelle parole di C. Truesdell, lo scien-ziato (assiomatico) non studia la naturaquale essa è, ma quale potrebbe esseresenza infrangere i principi della logica.Sul piano pratico, è evidente che unascienza assiomatica è tanto più utilequanto più frequenti sono i casi reali incui gli assiomi di base sono, almenoapprossimativamente, rispettati dai ma-teriali reali.

I solidi, come precedentemente defi-niti, hanno tutti una proprietà in comu-ne: una « forma propria », che essi ten-dono ad assumere non appena cessal'azione di forze esterne. Questa formapropria è, per cosí dire, indelebilmentestampata nella memoria del materiale :non importa quanto tempo sia trascor-so da quando la forma propria è statain effetti assunta dal corpo stesso (e ineffetti, può anche non essere stata as-sunta mai), ciò che conta è che il solidotende sempre a riassumerla, e bisognaesercitare continuamente una forza e-sterna per mantenerlo deformato.

Un liquido è invece una sostanzache non ha forma propria. Possiamoquindi definire un liquido come una so-stanza per cui gli sforzi interni dipen-dono non già dalla deformazione (que-st'ultima, non esistendo una forma pro-pria, non può definirsi), bensí dalla ve-locità di deformazione, cioè dalla rapi-

Lasciato in un bicchiere, il silly putty haun comportamento piuttosto inconsueto

dita di variazione della forma. Anchein questo caso, potremo poi distingueredue tipi particolari, in ordine di com-plessità crescente, di liquidi : 1) il li-quido perfetto, per il quale gli sforziinterni sono isotropi » e non dipendo-no dalla deformazione ma solo dal va-lore della pressione (tale, in prima ap-prossimazione, può considerarsi l'ac-qua), e 2) il liquido newtoniano, per ilquale gli sforzi interni possono essereconsiderati direttamente proporzionalialla velocità di deformazione. Anchenell'equazione costitutiva del liquidonewtoniano, come in quella del solidoelastico, figura una costante di propor-zionalità che ha un rilevante significatofisico. Tale costante di proporzionalitàviene detta viscosità.

Siamo ora in grado di costruire unoschema generale di classificazione

dei materiali aventi densità costante,usando come criterio operativo il com-portamento meccanico (si veda la figurain alto in questa pagina). In questo sche-ma non vengono considerati i gas, inquanto la loro densità dipende dalle con-dizioni di pressione e temperatura. Alcentro del nostro schema c'è uno spa-zio vuoto a cui abbiamo dato il nomedi corpo viscoelastico. Il nostro proble-ma è quello di riempire questo vuoto,e è un problema acuto, perché sappia-mo che proprio in tale spazio vuoto do-vranno incasellarsi i materiali che vo-gliamo studiare, cioè i polimeri. È benechiarire che non si tratta di determinareil comportamento meccanico di questoo quel materiale, bensí di definire insenso lato una categoria di materiali,aventi caratteristiche intermedie traquelle dei solidi e quelle dei liquidi. Piùavremo successo nel mantenere gene-rale la nostra formulazione, più ampiosarà l'insieme di materiali reali a cuipotranno applicarsi i risultati ottenuti.

La difficoltà contro la quale urtiamo

è la seguente : da un lato, desideriamodefinire un materiale che, pur non aven-do forma propria, ha però alcune ca-ratteristiche elastiche (come quella dirimbalzare); d'altro canto, noi sappiamodefinire l'elasticità solo in termini dideformazione rispetto a una forma pro-pria. Tale difficoltà viene aggirata in-troducendo il concetto di « memoriaobsolescente ». Un solido ha una formapropria che, come abbiamo detto, è in-delebilmente stampata nella memoriadel corpo stesso; un liquido non ha nes-suna memoria, non ricorda affatto qua-li forme aveva assunto nel passato, senon quella assunta immediatamente pri-

ma dell'istante attuale, tanto è vero cheesso risente solo della velocità di defor-mazione. t chiaro che è possibile im-maginare l'esistenza di materiali che,senza avere la memoria ferrea dei soli-di, non l'hanno nemmeno casi labilecome i liquidi, materiali cioè che ricor-dano si le forme assunte nel passato,ma tendono a dimenticarle col trascor-rere del tempo, si da potere, dopo untempo sufficientemente lungo, assumerequalsiasi forma e conservarla senza chevengano applicate forze esterne. Ricor-diamoci che il silly putty assume si laforma del bicchiere che lo contiene, masolo dopo un periodo di tempo suffi-

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SOLIDI

LIQUIDI

SOSTANZE VISCOELASTICHE

cientemente lungo (si veda la figura inquesta pagina).

È possibile tradurre in termini ma-tematici il concetto di memoria obsole-scente, ma una trattazione rigorosa ri-chiede una certa dimestichezza con itensori e il calcolo tensoriale. Cerche-remo perciò di restare il più possibile« sulle generali », indicando a grandi li-nee come si deve procedere se si vuoledare un significato preciso alle sostanzeviscoelastiche, e riempire in tal modola casella vuota della figura a pagina65. Per far ciò partiremo da qualcosadi molto generale, che cercheremo, im-ponendo di volta in volta determinatecondizioni, di adattare ai materiali dicui ci stiamo occupando. In altre paro-le, il nostro obiettivo è trovare una leg-ge generale in cui possano rientrare.oltre ai polimeri, anche i liquidi e i so-lidi come casi particolari.

Consideriamo un materiale, e chiedia-

moci qual è lo sforzo interno in uncerto istante, che chiameremo tempo

zero. Come ricorderemo, lo sforzo in-terno è una grandezza tensoriale, chepossiamo indicare con T, che consentedi calcolare la forza esercitata attraver-so una qualunque superficie interna alcorpo. Ma anche la deformazione a cuiè sottoposto il materiale è un tensore(che chiameremo C), e cosí pure la ve-locità di deformazione (t) che esprimecompiutamente in ogni istante la formadel materiale. Immaginiamo ora di ri-salire all'indietro nel tempo dall'istantedi osservazione, ossia dal tempo zero,e indichiamo con T il tempo misuratoa ritroso. Le varie forme che il mate-riale ha assunto nel passato sono perciòdescritte completamente dai valori deltensore velocità di deformazione, ossiada una funzione che potremo indicarecon e'(T). Chiameremo tale funzione« storia delle deformazioni ». Per for-mulare in termini generali l'equazionecostitutiva di un materiale viscoelasticobasterà perciò stabilire semplicementeche il tensore degli sforzi al tempo ze-ro dipende dalla storia delle deforma-

zioni. In simboli, potremo scrivere l'e-quazione costitutiva in questa forma:T ='- .[È(T)].

L'equazione a cui siamo pervenuti ri-chiede il ricorso a un concetto matema-tico molto diverso da quello classico difunzione, cioè il concetto di funzionale.Il simbolo che abbiamo scritto, cherappresenta appunto un funzionale, staa significare che lo sforzo interno T di-pende dall'insieme di tutti i valori cheil tensore velocità di deformazione haassunto nel passato, ossia, come abbia-mo detto, dalla storia delle deformazio-ni. Non si tratta quindi di un operatoreche alimentato con grandezze producegrandezze, ma di un operatore che ne-cessita di funzioni per produrre gran-dezze (e infatti, t(T) è una funzione).

Sarà bene esaminare un po' più afondo il concetto di funzione e quellodi funzionale prima di procedere oltre,perché la teoria matematica dei funzio-nali, o analisi funzionale, è più recentedi quella delle funzioni, essendo statasviluppata da V. Volterra e da D. Hil-

hert alla fine del secolo scorso, e quindigeneralmente ancora poco conosciuta.

C he cos'è una funzione? In altre pa-role, cosa intendiamo con la sim-

bologia y = f (x)? La funzione f è una« macchina » che, quando alimentatacon valori numerici della variabile x,fornisce valori numerici della variabiley. Ad esempio, sia f la funzione loga-ritmo (si veda la figura a pagina 68),ossia y = log x. Questa particolare« macchina », la macchina logaritmo,se alimentata con il valore x =10, for-nisce il valore y = 1; se alimentata conil valore x = 1, fornisce il valore y = 0;e cosi via. La macchina logaritmo è unatabella a doppia entrata, in cui a ognivalore di x corrisponde un valore di y.Sfortunatamente è invalso l'uso di usa-re lo stesso simbolo per la funzione eper il suo valore, come quando si scrivey = y (x); il che equivale a confondereuna macchina che fabbrica cioccolatinicon un cioccolatino. In termini rigorosi,una funzione ha per argomento un nu-mero e per valore un numero; e, più ingenerale, ha per argomento e per valo-re grandezze dello stesso tipo, includen-do i vettori, i numeri e i tensori in ununico tipo di grandezza.

Un funzionale è una macchina parti-colare, del tutto diversa, la quale produ-ce grandezze quando è alimentata confunzioni. Il prodotto di un funzionale èdello stesso tipo di quello di una fun-zione; ma la materia prima è del tuttodiversa : la funzione usa grandezze, ilfunzionale usa funzioni. Ad esempio,l'espressione y = /(10) — f (1) rappre-senta un funzionale: infatti il valorenumerico di y dipende dal tipo di fun-zione e non dal valore numerico diun'altra variabile. Nell'espressione ap-pena scritta, y = 1 se f è la funzionelogaritmo; y = 99 se f è la funzionequadrato; e cosí via. In termini rigorosi,un funzionale ha per argomento unafunzione, e per valore una grandezza.Il funzionale ha per argomento la fun-zione C(r), e per valore lo sforzo in-terno T, cioè una grandezza dello stessotipo del valore della funzione terl.

L'equazione che lega il tensore deglisforzi interni alla storia delle defor

mazioni, pur non includendo ogni con-cepibile possibilità, è però di forma as-sai generale, fintantoché non si specifi-chi la « forma » del funzionale gf cioèla particolare regola che lega il tensoredegli sforzi interni alla velocità di de-formazione. La pura e semplice analisimatematica del problema pone alcunelimitazioni alla forma di limitazioniche traducono il principio di invarian-za, ossia il principio secondo cui il mo-do di comportarsi del materiale non può

dipendere dal modo convenzionalmentescelto per descrivere il problema. Ov-viamente, non si può prescindere dalprincipio di invarianza, ma, anche te-nendo conto di tali limitazioni, la flessi-bilità del funzionale risulta ancoraassai grande, vale a dire esso è ancoracapace di rappresentare una grandissi-ma varietà di materiali.

A questo punto, però, invece di con-tinuare a mantenere nella forma piùgenerale possibile, conviene vedere qua-li risultati si possono conseguire asse-gnando a forme particolari. Esami-nando alcuni casi particolari si può in-fatti giungere a conclusioni che sonoqualitativamente valide in generale, mache possono essere poste più facilmen-te in rilievo per questa via che conti-nuando a conservare nella sua formagenerica.

Supponiamo di introdurre una parti-colare funzione, che chiameremo fun-zione memoria e indicheremo con «T);

questa funzione sarà ovviamente unacaratteristica del materiale in esame,e sarà diversa per ogni materiale. Fa-cendo il prodotto fra questa funzione ela velocità di deformazione, e facendol'integrale della funzione cosí ottenutafra zero e infinito, ossia esprimendo la

SOLIDI

somma di tutti i valori assunti dallanuova funzione fra l'istante di osserva-zione e la « notte dei tempi », si giungea un'espressione matematica che tradu-ce agevolmente il concetto di memoriaobsolescente. Si trova cosí che un ma-teriale avrà memoria obsolescente sem(T) è una funzione decrescente di T,

il cui valore tende a zero allorché -rtende all'infinito: in altre parole, dopoun tempo sufficientemente lungo un ma-teriale a memoria obsolescente dimenti-ca completamente le deformazioni su-bite nel passato.

Il concetto di memoria obsolescenteimplica che un evento è ricordato tantomeglio quanto meno tempo è trascorsodal suo verificarsi. È chiaro che questoconcetto è limitato rispetto a tutti i tipiconcepibili di memoria: per esempio,le persone molto anziane tendono a ri-cordare meglio gli eventi della loro gio-ventù che non quelli del passato piùrecente, hanno cioè una memoria nonobsolescente.

Nel caso particolare sopra descrittoè possibile fare rientrare i solidi elasticie i liquidi newtoniani (conservandocome funzionale generico si sarebberoinvece ottenuti i solidi e i liquidi comecasi particolari) semplicemente definen-

Per studiare il comportamento delle sostanze viscoelastiche ènecessario introdurre il concetto di memoria obsolescente, ossiadi memoria che diventa sempre più flebile via via che si procedea ritroso nel tempo. Un solido è dotato di memoria ferrea: an-che sottoposto a deformazione, esso ritorna sempre alla sua for-ma precedente quando la causa della deformazione viene rimossa(in alto). Un liquido, invece, non ricorda affatto la forma assuntanel passato (al centro), e si 'adatta di volta in volta alla forma

del recipiente in cui si trova. Una sostanza viscoelastica rappre-senta una via di mezzo fra questi due casi estremi (in basso). Es-sa dimentica via via la sua storia più antica, ma conserva il ri-cordo di eventi relativamente recenti, e la sua evoluzione è con-dizionata dal suo passato non troppo lontano. Nello stato attuale(a destra in colore pieno), in cui si comporta come un liquido,conserva il ricordo via via più sfumato della sua storia prece-dente, arrivando quasi a dimenticare di essere stata un « solido ».

NOTTE DEI T2TEMPI

D

TEMPO

PRESENTE

Rappresentazione delle funzioni memoria per corpi solidi, liquidi e viscoelastici. I solidihanno memoria costante, ricordano cioè gli eventi passati indipendentemente dal tempotrascorso (linea tratteggiata in alto). I liquidi ricordano soltanto l'immediato passato, eil loro comportamento dipende dagli eventi presenti: hanno cioè memoria nulla (lineaorizzontale piena) per il passato, memoria ferrea per il presente (linea verticale piena).I corpi viscoelastici hanno memoria obsolescente, ricordano cioè gli eventi passati matendono a dimenticarli col trascorrere del tempo (curva in colore). Eventi trascorsi daun tempo -r, molto minore di è (« tempo naturale ») vengono ricordati perfettamente(tratto in colore pieno), mentre eventi trascorsi da un tempo -r 2 molto maggiore disono quasi completamente dimenticati (linea tratteggiata in colore). Il « tempo naturale »

è una misura della lunghezza della memoria di una sostanza: il suo valore è finitoper i materiali viscoelastici, zero per le sostanze liquide e infinito per i corpi solidi.

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LOGARITMO10

o 99QUADRATO

LOGARITMO(IN BASE 101 1(10) -

FUNZIONI FUNZIONALI

VALOREy = f(x)

VALORE FUNZIONEy = F [f(x)]

VALORE

DI x DI y f(x) DI y

Le funzioni (colonna a sinistra) sono « macchine » che trasformano numeri in altri nu«meri, o vettori in altri vettori, e cosi via. La materia prima e il prodotto di queste« macchine » sono dello stesso tipo: numeri, vettori, eccetera. La materia prima si diceargomento, il prodotto finito valore della funzione. I funzionali (colonna a destra) so-no invece « macchine » particolari che trasformano funzioni in grandezze, sono cioè« macchine » il cui prodotto finito è di tipo diverso da quello della materia prima.

TVETTORE

SUPERFICIE

VETTORE

FORZA

Dopo un periodo dì tempo molto lungo, superiore al temo() te spontaneamente (al centro), e tolta dagli appoggi rimanenaturale, una lastra di granito appoggiata a due sostegni si flet- incurvata (a destra). In questo senso, anche il granito è un corpo viscoelastico; il suo tempo naturale è però così lungo da rendere inosservabile il feno-

meno di flusso, ossia la lentissima modificazione del corpo, durante una vita umana.

do la funzione memoria in modo op-portuno. Infatti, considerando costantela funzione memoria, e ammettendoche nella e notte dei tempi » il materia-le aveva forma propria, il tensore deglisforzi interni risulta proporzionale alladeformazione totale, ossia si ritrova lalegge di Hooke che, come ricorderemo,definisce il comportamento meccanicodei solidi elastici. Analogamente, cam-biando la definizione della funzione me-moria, ossia definendola come il dop-pio del prodotto fra la viscosità p. e lafunzione delta di Dirac, ossia ponendom(T) = 2 p. 8(T), l'equazione costitutivadiventa l'equazione di Newton. In altreparole, si trova che un liquido ha unamemoria infinitamente corta, ossia co-nosce solo il presente. (La funzione del-ta di Dirac è una funzione molto parti-

colare su cui i matematici hanno a lun-go discusso, che venne introdotta nel1926 da P.A.M. Dirac : essa è definitauguale a zero per valori della variabilediversi da zero, e il suo integrale fra— ce e + ce è uguale a 1.)

t necessario ora introdurre il con-cetto di e tempo naturale », una gran-dezza caratteristica del materiale consi-derato che indicheremo con il simboloh. Tale grandezza rappresenta, in uncerto senso, la lunghezza della memoriadel materiale : la definizione che ne dia-mo è necessariamente piuttosto vaga,proprio per consentire di mantenere uncarattere di generalità alla nostra trat-tazione. L'utilità dell'introduzione dellagrandezza h risulta dal fatto che, pervalori di T molto minori di D, il valoredella funzione memoria in() è prati-

camente uguale al suo valore inizialem(0); mentre per valori di -c moltomaggiori di h, il valore della funzionememoria è praticamente nullo.

In altre parole, riferendosi al « temponaturale » risulta possibile dividere l'in-tera e vita » del materiale in tre perio-di: il primo è compreso fra il momentozero e un opportuno tempo T i moltominore di h, il secondo va dal valoreT i a un secondo valore di T, che indi-cheremo con T 2 e che dovrà essere mol-to maggiore di D, e infine un terzo pe-riodo compreso fra T2 e la e notte deitempi ». In tal modo possiamo scom-porre l'equazione costitutiva che aveva-mo ottenuto introducendo la funzionememoria, e che in sostanza esprimevail fatto che il tensore degli sforzi è de-terminato sia dalla storia della deforma-zione sia dalla memoria del materiale,in tre parti distinte, ognuna delle qualiriferita a uno dei tre periodi in cui ab-biamo suddiviso l'intera « vita » delmateriale.

L'espressione matematica che cosí siottiene è abbastanza complicata, maconsente interessanti analisi e semplifi-cazioni. Per esempio, si trova che la vi-ta del materiale prima del momento T2

è in molti casi cosí poco interessante,per quanto riguarda la storia successivadel materiale stesso, da poter essere tra-scurata, limitando quindi l'analisi aisoli due periodi più vicini (si veda la fi-gura a pagina 67).

Questa scomposizione permette inol-tre di analizzare qualitativamente dueinteressanti tipi particolari di flusso, e-semplificati dal duplice comportamentodel silly putty. Il primo di questi civiene suggerito dal fenomeno (moltorapido) del rimbalzare della pallina disilly putty. Scegliendo come tempo zerol'istante in cui la pallina ha ripreso laforma sferica dopo il rimbalzo, il se-condo termine della equazione costitu-tiva scomposta diventa nullo, e l'equa-zione stessa si riduce a quella di un so-lido avente per modulo elastico il valo-re m(0). L'urto e il successivo rimbalzosono cosí veloci che il materiale nonha il tempo di dimenticare nulla, e si

comporta quindi come un solido!Consideriamo ora il caso opposto,

cioè quello di un movimento estrema-mente lento del nostro materiale, qualequello che si realizza allorché il sillyputty viene lasciato per alcune ore inun bicchiere. L'analisi dell'equazionecostitutiva scomposta porta alla con-clusione che per un movimento moltolento il valore della velocità di defor-mazione rimane praticamente costanteabbastanza a lungo da far si che il ma-teriale, la cui memoria non è infinita,non si accorga affatto della sua lentavariazione. In queste condizioni, l'equa-zione costitutiva diventa semplicementel'equazione di un liquido newtoniano.

L'analisi appena fatta ci ha permessodi osservare che uno stesso materia-

le può comportarsi come un solido o co-me un liquido, a seconda che la defor-mazione che esso subisce sia molto rapi-da o molto lenta. Questo è appunto quelsorprendente comportamento dei mate-riali polimerici che aveva suggerito lanecessità della nostra analisi. Questo ri-sultato positivo incoraggia a percorrerela strada che abbiamo intravisto comeuna strada utile per la soluzione delproblema dell'analisi del comportamen-to reologico dei polimeri.

Come sempre accade, la scienza nonprocede rifiutando i risultati ottenutinel passato, ma includendoli come casiparticolari in una legge più generaleche spiega una categoria di fenomeninaturali più ampia di quella preceden-temente considerata. Potremo ora ri-guardare i liquidi come quelle partico-lari sostanze per le quali il valore diD, o « tempo naturale », è cosí piccoloda far si che in tutti i fenomeni osser-vati si abbia una situazione simile aquella del silly putty nel bicchiere. Sipensi ad esempio che per l'acqua il va-lore di h viene valutato in 10- 13 secondi,cioè in un decimilionesimo di milio-nesimo di secondo : una pallina d'ac-qua dovrebbe veramente urtare con for-za per rimbalzare come se fosse solida!Analogamente, potremo considerare so-lide quelle sostanze per cui il valore di

D è talmente grande da far si che intutti i fenomeni osservabili si abbia unasituazione del genere di quella dellapallina di silly putty che rimbalza; ba-sterebbe pensare a valori di D superiorialla durata della vita umana (si veda lafigura in basso in queste due pagine).Questo concetto è stato elegantementediscusso da M. Reiner, il quale, ricor-dando il canto della profetessa Deborahnel Libro dei Giudici, propone di dareal rapporto tra la durata del fenomenoosservato e la lunghezza della memo-ria del materiale il nome di numero diDeborah. Infatti, Deborah cantò che« innanzi al Signore le montagne flui-scono »: cioè le rocce si comportanocome liquidi per movimenti sufficiente-mente lenti, cosí lenti però da poter es-sere osservati solo dall'eterno Dio.

Quel che ho tentato di illustrare èun intero settore dello scibile che haacquisito nel mondo scientifico odiernoun'importanza particolare per i fonda-mentali riflessi applicativi che compor-ta. Questo settore dello scibile è in ra-pida e continua evoluzione, e a essoportano il loro contributo i matematici,che pongono a disposizione lo strumen-to indispensabile per il progresso dellaricerca; i chimici, che potranno discri-minare tra le varie forme possibili delleequazioni costitutive quali siano quelleprevedibili per i vari tipi di materialisulla base della conoscenza della lorostruttura molecolare; e infine gli inge-gneri, a cui è affidato il compito di sin-tetizzare i risultati ottenuti dai matema-tici e dai chimici e di applicarlo al finedi migliorare sempre più la tecnologiadi lavorazione dei polimeri.

È forse fin troppo facile prevedere, emolti segni indicano che questa previ-sione sta già iniziando a realizzarsi, l'in-sorgere di un interesse da parte dei bio-logi, considerando che la gran parte deimateriali di cui è costituito un organi-smo vivente hanno elevatissimo pesomolecolare. E mentre può concepirsiuna società tecnologicamente progredi-ta che non faccia uso di materie plasti-che, non può concepirsene una senzaesseri viventi.

TECNICAE CULTURAdi Lewis Mumford

60 illustrazioni3 4 edizioneLire 2500

Urbanista, sociologo, umani-sta nel senso alto della paro-la, Lewis Mumford analizzain questo volume, primo diun ciclo dal programmaticotitolo «Il rinnovamento del-la vita », la crisi delle formee l'impoverimento dei valoricon cui oggi paghiamo la con-quista di nuove energie e lapiú larga produzione di beni.Il suo pensiero non si esauri-sce tuttavia nel vagheggiareritorni a chimeriche origini,o nel gusto della denunziae della flagellazione, ma siorienta verso una società fu-tura e possibile, che sappiausare le macchine per fini in-tegralmente umani. Le sottilianalisi storiche del rapportotra uomo e macchina, e inparticolare l'individuazione,aldilà degli schemi piú cor-renti, delle fasi eotecnica, pa-leotecnica e neotecnica, sonotra i contributi piú rilevantidi quest'opera che, a oltre30 anni dalla prima edizioneamericana, ha ormai acquista-to la statura di un classico.

LA CULTURABiblioteca di filosofia e discienze dell'uomo

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IL SAGGIATOREdi Alberto Mondadori Editore

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