La scissione del Pangea -...

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La scissione del Pangea Gli attuali continenti sembrano derivare dctlla frammentazione di un'unica grande massa continentale, il Pangea, di cui vengono ora individuati i limiti e la possibile evoluzione futura nella deriva dei singoli frammenti di Robert S. Dietz e John C. Holden La tettonica a zolle spiega il meccanismo intimo della deriva dei continenti. Il processo comincia (I) quando sotto un continen- te (in colore) che giace al di sopra di una unica zolla crostale, si sviluppa una frattura in espansione. Dalla astenosfera giunge basalto fuso sino in superficie. Successivamente, si forma una zona di subduzione o fossa, nella quale la crosta oceanica del- la zolla mobile A viene spinta e distrutta (2). Mentre il nuo. vo continente trasportato dalla zolla A si sposta verso sinistra, tra le due masse continentali si apre un nuovo bacino occenico. Nel terzo stadio (3) il continente che si trova sulla zolla A in- contra la fossa e la ricopre per una certa distanza X; in qual. che caso la direzione di immersione della fossa si inverte diri. gendosi invece che verso ovest verso est. Dato che il continente che si trova sulla zolla B è qui fissato arbitrariamente, la frat- tura medio oceanica migra verso sinistra, rimanendo nel centro del nuovo bacino oceanico la cui ampiezza da D è divenuta D'. 1- j a storia della scienza è ricca di ipotesi ardite. Esse, nel migliore dei casi, vengono per la maggior parte dimenticate, ma, di quando in quando, qualcuna si rivela successiva- mente esatta. Cosí è stato per il con- cetto della sfericità della Terra e della sua rotazione nello spazio, che, al mo- mento della formulazione, non era so- stenuto da alcun dato di fatto. La stes- sa cosa pare ora accadere con la teoria della deriva dei continenti che, nella sua forma estrema, afferma che tutti i continenti erano originariamente riu- niti in una sola grande massa continen- tale denominata Pangea. Tale massa successivamente si suddivise e i fram- menti che ne derivarono, i continenti odierni, compirono un moto di deriva fino a raggiungere le loro attuali po- sizioni. Nei tre anni scorsi, geologi e geo- fisici sono stati obbligati dall'evidenza dei fatti ad abbandonare il vecchio dog- ma che affermava che la crosta della Terra è essenzialmente fissa; essi sono stati costretti invece ad accettare l'af- fermazione che la crosta terrestre è suf- ficientemente mobile, ipotesi che inizial- mente era sembrata eretica. La nozio- ne che i continenti possono compiere moti di deriva lungo percorsi di migliaia di chilometri nello spazio di poche cen- tinaia di milioni di anni, è ora accettata universalmente. La geologia, dunque, si trova nella stessa condizione in cui si trovava la astronomia ai tempi di Co- pernico e Galileo: i testi scolastici de- vono essere ora riscritti per includere il punto di vista mobilistico. Anche se la teoria della deriva dei continenti ha trionfato, alcuni dettagli rimangono ancora incerti. I sostenitori della deriva devono a questo punto il- lustrare nei particolari come gli at- tuali continenti possano essere inca- strati l'uno nell'altro per dar luogo al Pangea o, in alternativa, a ricostruire i due successivi supercontinenti di Lau- rasía e Gondwana che alcuni preferi- scono al continente unico. Il concetto originale di Pangea (che letteralmente significa e tutte le terre ») fu proposto negli anni venti da Alfred Wegener. Successivamente sono stati fatti molti tentativi per perfezionare la sua rico- struzione; sono stati realizzati cori schiz- zi abbastanza generici che mostravano come i diversi continenti potevano es- sere fra di loro riuniti. Un certo nu- mero di ricercatori ha prodotto mosai- ci sufficientemente accurati che però non potevano tener conto dei recen- tissimi risultati ottenuti in geotettoni- ca. Recentemente alcuni ricercatori in- glesi hanno presentato una ricostru- zione dettagliata che mostra come le masse continentali fossero giustapposte prima dell'apertura sia dell'oceano A- tlantico sia dell'oceano Indiano. Le lo- ro soluzioni però, mostrano soltanto i moti relativi che hanno interessato le diverse masse continentali. In questo articolo viene presentata una ricostruzione del Pangea nella qua- le i continenti vengono riuniti con una certa precisione cartografica. Per la prima volta il Pangea viene sistema- to sul globo in una posizione defini- ta da coordinate assolute. La ricostru- zione è accompagnata da quattro carte che mostrano la scissione e la successi- va dispersione dei continenti alla fine dei quattro maggiori periodi geologici che coprono gli ultimi 180 milioni di anni : il Triassico, il Giurassico, il Cre- taceo e il Cenozoico. L a linea razionale su cui si basa la nostra ricostruzione è il meccani- smo della deriva associato con quelli della tettonica a zolle e dell'espansione dei fondali oceanici (si veda l'illustra- zione alla pagina a fronte). Secondo tali ipotesi, la Terra ha un guscio esterno roccioso, la litosfera, dello spessore di circa 100 chilometri. Tale guscio ester- no si è spezzato in un certo numero di zolle separate, probabilmente in conse- guenza di tensioni generatesi nella sotto- stante astenosfera che rappresenta la parte superiore del mantello terrestre. Finora sono state riconosciute dieci zol- le principali, più un certo numero di zolle minori. I continenti che giacciono su queste zolle sono stati quindi da esse trasportati sulla superficie del pianeta. Il meccanismo attraverso cui le zolle si muovono non è ancora chiaro : es- se potrebbero essere spinte, trascinate lungo cellule di convezione presenti nel mantello, guidate da forze gravita- zionali, oppure trascinate. Riteniamo sia preferibile il modello basato sul tra- scinamento; sospettiamo infatti che tali zolle siano piú fredde e piú pesanti presso uno dei loro margini che non al- trove e che quindi in tale zona esse si immergano entro il mantello terre- stre lungo zone dette di e subduzione ». Tali zone normalmente coincidono con le profonde fosse oceaniche che sono disposte principalmente alla periferia del Pacifico. Il risultato dell'azione di un tale meccanismo lungo uno dei li- miti della zolla è la localizzazione di una zona di tensione o addirittura di una spaccatura che si apre lungo un limite opposto; tale spaccatura viene riempita da un flusso in solido di rocce che costituiscono il mantello viscoso e da dicchi di basalto toleitico fuso (il basalto toleitico rappresenta il risulta- to di una parziale fusione e differenzia- zione del mantello). Siccome le rocce del mantello e i loro derivati basaltici sono entrambi pi ú pesanti che non le rocce granitoidi che costituiscono i con- 20 21

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La scissione del Pangea

Gli attuali continenti sembrano derivare dctlla frammentazione di un'unicagrande massa continentale, il Pangea, di cui vengono ora individuati i limitie la possibile evoluzione futura nella deriva dei singoli frammenti

di Robert S. Dietz e John C. Holden

La tettonica a zolle spiega il meccanismo intimo della deriva deicontinenti. Il processo comincia (I) quando sotto un continen-te (in colore) che giace al di sopra di una unica zolla crostale,si sviluppa una frattura in espansione. Dalla astenosfera giungebasalto fuso sino in superficie. Successivamente, si forma unazona di subduzione o fossa, nella quale la crosta oceanica del-la zolla mobile A viene spinta e distrutta (2). Mentre il nuo.vo continente trasportato dalla zolla A si sposta verso sinistra,

tra le due masse continentali si apre un nuovo bacino occenico.Nel terzo stadio (3) il continente che si trova sulla zolla A in-contra la fossa e la ricopre per una certa distanza X; in qual.che caso la direzione di immersione della fossa si inverte diri.gendosi invece che verso ovest verso est. Dato che il continenteche si trova sulla zolla B è qui fissato arbitrariamente, la frat-tura medio oceanica migra verso sinistra, rimanendo nel centrodel nuovo bacino oceanico la cui ampiezza da D è divenuta D'.

1- j a storia della scienza è ricca diipotesi ardite. Esse, nel migliore dei casi, vengono per la maggiorparte dimenticate, ma, di quando inquando, qualcuna si rivela successiva-mente esatta. Cosí è stato per il con-cetto della sfericità della Terra e dellasua rotazione nello spazio, che, al mo-mento della formulazione, non era so-stenuto da alcun dato di fatto. La stes-sa cosa pare ora accadere con la teoriadella deriva dei continenti che, nellasua forma estrema, afferma che tuttii continenti erano originariamente riu-niti in una sola grande massa continen-tale denominata Pangea. Tale massasuccessivamente si suddivise e i fram-menti che ne derivarono, i continentiodierni, compirono un moto di derivafino a raggiungere le loro attuali po-sizioni.

Nei tre anni scorsi, geologi e geo-fisici sono stati obbligati dall'evidenzadei fatti ad abbandonare il vecchio dog-ma che affermava che la crosta dellaTerra è essenzialmente fissa; essi sonostati costretti invece ad accettare l'af-fermazione che la crosta terrestre è suf-ficientemente mobile, ipotesi che inizial-mente era sembrata eretica. La nozio-ne che i continenti possono compieremoti di deriva lungo percorsi di migliaiadi chilometri nello spazio di poche cen-tinaia di milioni di anni, è ora accettatauniversalmente. La geologia, dunque, sitrova nella stessa condizione in cui sitrovava la astronomia ai tempi di Co-pernico e Galileo: i testi scolastici de-vono essere ora riscritti per includere ilpunto di vista mobilistico.

Anche se la teoria della deriva deicontinenti ha trionfato, alcuni dettaglirimangono ancora incerti. I sostenitoridella deriva devono a questo punto il-lustrare nei particolari come gli at-tuali continenti possano essere inca-

strati l'uno nell'altro per dar luogo alPangea o, in alternativa, a ricostruire idue successivi supercontinenti di Lau-rasía e Gondwana che alcuni preferi-scono al continente unico. Il concettooriginale di Pangea (che letteralmentesignifica e tutte le terre ») fu propostonegli anni venti da Alfred Wegener.Successivamente sono stati fatti moltitentativi per perfezionare la sua rico-struzione; sono stati realizzati cori schiz-zi abbastanza generici che mostravanocome i diversi continenti potevano es-sere fra di loro riuniti. Un certo nu-mero di ricercatori ha prodotto mosai-ci sufficientemente accurati che perònon potevano tener conto dei recen-tissimi risultati ottenuti in geotettoni-ca. Recentemente alcuni ricercatori in-glesi hanno presentato una ricostru-zione dettagliata che mostra come lemasse continentali fossero giustapposteprima dell'apertura sia dell'oceano A-tlantico sia dell'oceano Indiano. Le lo-ro soluzioni però, mostrano soltanto imoti relativi che hanno interessato lediverse masse continentali.

In questo articolo viene presentatauna ricostruzione del Pangea nella qua-le i continenti vengono riuniti con unacerta precisione cartografica. Per laprima volta il Pangea viene sistema-to sul globo in una posizione defini-ta da coordinate assolute. La ricostru-zione è accompagnata da quattro carteche mostrano la scissione e la successi-va dispersione dei continenti alla finedei quattro maggiori periodi geologiciche coprono gli ultimi 180 milioni dianni : il Triassico, il Giurassico, il Cre-taceo e il Cenozoico.

La linea razionale su cui si basa lanostra ricostruzione è il meccani-

smo della deriva associato con quellidella tettonica a zolle e dell'espansione

dei fondali oceanici (si veda l'illustra-zione alla pagina a fronte). Secondo taliipotesi, la Terra ha un guscio esternoroccioso, la litosfera, dello spessore dicirca 100 chilometri. Tale guscio ester-no si è spezzato in un certo numero dizolle separate, probabilmente in conse-guenza di tensioni generatesi nella sotto-stante astenosfera che rappresenta laparte superiore del mantello terrestre.Finora sono state riconosciute dieci zol-le principali, più un certo numero dizolle minori. I continenti che giaccionosu queste zolle sono stati quindi da essetrasportati sulla superficie del pianeta.

Il meccanismo attraverso cui le zollesi muovono non è ancora chiaro : es-se potrebbero essere spinte, trascinatelungo cellule di convezione presentinel mantello, guidate da forze gravita-zionali, oppure trascinate. Riteniamosia preferibile il modello basato sul tra-scinamento; sospettiamo infatti che talizolle siano piú fredde e piú pesantipresso uno dei loro margini che non al-trove e che quindi in tale zona essesi immergano entro il mantello terre-stre lungo zone dette di e subduzione ».Tali zone normalmente coincidono conle profonde fosse oceaniche che sonodisposte principalmente alla periferiadel Pacifico. Il risultato dell'azione diun tale meccanismo lungo uno dei li-miti della zolla è la localizzazione diuna zona di tensione o addirittura diuna spaccatura che si apre lungo unlimite opposto; tale spaccatura vieneriempita da un flusso in solido di rocceche costituiscono il mantello viscoso eda dicchi di basalto toleitico fuso (ilbasalto toleitico rappresenta il risulta-to di una parziale fusione e differenzia-zione del mantello). Siccome le roccedel mantello e i loro derivati basalticisono entrambi pi ú pesanti che non lerocce granitoidi che costituiscono i con-

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tinenti, esse tendono a disporsi lungo unlivello che si trova a circa 4 km al disotto del livello deI mare. Come con-seguenza, quindi, del trascinamento siforma continuamente nuova crosta o-ceanica. Mentre due zolle adiacenticontinuano nel loro movimento di al-lontanamento, dicchi basaltici continua-no a svilupparsi entro le dorsali sotto-marine che si trovano a mezza via trale due zolle. Tale meccanismo estrema-mente simmetrico, che crea nuovi baci-ni oceanici o rinnova continuamentefondali oceanici antichi, è chiamato« espansione dei fondali oceanici ». Lavelocità di espansione misurata dalladorsale oceanica verso entrambe le zol-le adiacenti, varia da 1 cm all'anno(equivalente a 10 km ogni milione dianni) fino a diversi cm all'anno. Si trat-ta quindi di un meccanismo geologicoassai rapido, molto più veloce che nonil sollevamento delle catene montuoseper tettonismo o del loro livellamentoper erosione. Per esempio, la zolla nor-damericana si muove verso ovest di cir-ca due metri in un secolo.

La scoperta della Dorsale medio-o-ceanica, che si allunga per circa 40 000km interessando tutti gli oceani, è sta-ta una premessa essenziale alla formu-lazione dell'ipotesi dell'espansione deifondali oceanici. Si riconobbe presto,infatti, che ogni dorsale è caratterizzatadalla presenza di una fossa, o depres-sione assiale, nell'ambito della qualevengono continuamente iniettati dicchibasaltici. Questa depressione linearenella dorsale è null'altro che la frattu-ra di cui si è parlato più sopra. Il ter-mine « medio-oceanica », anche se èparticolarmente appropriato per quellaparte della dorsale che interessa l'Atlan-tico e l'oceano Indiano, è fuorvianteper la dorsale del Pacifico. Gli oceaniAtlantico e Indiano sono oceani di frat-tura, formatisi quando i continenti siallontanarono l'uno dall'altro e dunqueè naturale che l'asse dell'espansione,segnata dal sistema di dorsali, riman-ga nella parte centrale di tali oceani.11 Pacifico, invece, non è un oceanodi frattura; esso è chiaramente l'oceanoprimordiale e sta diventando semprepiù piccolo mano a mano che nuovibacini oceanici vengono sviluppandosi.Anche se il Pacifico ha esso pure unadorsale, essa decorre in senso meridia-no molto più a est del centro del ba-cino.

In realtà i movimenti crostali sononotevolmente più complessi di quantosia stato finora detto. Le fosse e le frat-ture sembrano migrare e le zolle con-trapposte sono anche soggette a dislo-cazioni prodotte da attriti interni. Le

grandi zone di attrito lungo i marginidelle zolle sembrano anche in grado diassorbire una certa quantità dello sta-to di tensione o di compressione dellacrosta. Soltanto alcune zolle corrispon-dono esattamente alla loro configura-zione ideale : non tutte sono rettilinee,non tutte hanno una frattura accompa-gnata da una fossa oceanica contrappo-sta e sono caratterizzate da una zonadi grandi attriti in connessione con taliantitetiche strutture. La zolla antartica,per esempio, non ha alcuna fossa ocea-nica. Tuttavia, tale anomalia è in partespiegata dal fatto che una sfera non puòessere coperta da elementi rettangolari.

Possiamo visualizzare il moto di tra-scinamento passivo cui sono soggetti icontinenti come quello di piastre siali -che giacenti al di sopra di zolle crosta-li più grandi e più spesse. I continenti,dall'epoca in cui il Pangea si è scissoin una serie di frammenti, hanno ge-neralmente mantenuto la loro forma ele loro dimensioni. Deve essersi verifi-cata una qualche modificazione con laaggiunta alle masse continentali dellecatene montuose che però sono per lamaggior parte confinate ai margini del-l'oceano Pacifico.

I margini dei continenti che si af-facciano su oceani di frattura (oceanoAtlantico e Indiano) non devono ave-re subito grossi cambiamenti, dato cheessi possono essere giustapposti comele tessere di un mosaico.

Per contro, le zolle crostali possonomutare di forma e di dimensioni siaper aggiunta di nuovo fondo oceanicolungo le fratture che si allungano alcentro delle dorsali, sia per riassorbi-mento di porzioni della crosta oceanicaentro le fosse oceaniche. È stato cosípossibile per le zolle nordamericana esudamericana in moto attraverso il Pa-cifico crescere di più in principio, poi,attraversato il cerchio massimo terre-stre, di meno, e ora convergere attra-verso il Pacifico centrale. Una storiaanche più complessa è quella dell'evo-luzione della regione del Mar dei Ca-raibi, incastrata tra le zolle nordamerica-na e sudamericana, cosí come quelladel Mar di Scozia, tra le zolle sudameri-cana e antartica. Come vedremo nel se-guito, almeno due zolle sono senza pos-sibilità di dubbio entrate in collisione,producendo una catena montuosa in-tercontinentale: la catena dell'Himalaya.

Nella nostra ricostruzione del Pangeanon abbiamo utilizzato le attuali

linee di costa ma i contorni dell'isoba-ta corrispondente ai 2000 metri (si ve-da l'illustrazione a pag. 24). Essa è sta-ta prescelta poiché si trova all'incirca

a metà della scarpata continentale e

segna quindi grossolanamente la metàdel muro verticale generatosi nel mo-mento in cui i continenti iniziarono illoro moto di deriva. Supponendo chetali pareti abbiano successivamente rag-giunto condizioni di stabilità, l'isobatadei 2000 metri indica con buona ap-prossimazione la posizione dell'origina-ria frattura.

Per accostare i due margini dell'A-tlantico, abbiamo seguito con qualchemodifica, la ricostruzione proposta daE. Bullard, J. E. Everett e A. G. Smith.dell'Università di Cambridge. Per l'o-ceano Indiano abbiamo invece usatol'ottima soluzione messa a punto tra-mite calcolatore da W. P. Sproll, delMarine Geology and Geophysics La-boratory della ESSA (EnvironmentalScience Services Administration). Glistudi di Sproll hanno avuto come ri-sultato un preciso incastro tra Australiae Antartide e tra Antartide e Africa: itre continenti insieme costituiscono lamaggior parte del Gondwana. Presu-mibilmente anche l'India era parte delGondwana ma non è ancora chiaro do-ve essa si incastrasse. Fortunatamentel'andamento delle zone di frattura suifondali oceanici fornisce una tracciagrossolana ma utile del movimento dideriva dei continenti. Sulla scorta ditali tracce siamo stati in grado di col-locare le coste occidentali dell'Indiacontro l'Antartide; tale soluzione diffe-risce da quella tradizionale che vedeval'India accostarsi all'Australia occiden-tale.

Un'altra difficoltà di incastro è rap-presentata dalla convessità dell'Africae dalla concavità dell'America setten-trionale. Le zone di non coincidenza,in particolare quella della piattaformadella Florida e delle Bahamas, sonosufficientemente ampie perché se nepossa dedurre ragionevolmente che A-frica e America settentrionale non so-no mai state collegate. Sulla base diquesta supposizione, in luogo del Pan-gea, si ottengono due supercontinentiseparati : Laurasia, nell'emisfero setten-trionale, e Gondwana in quello meri-dionale. Questa versione della derivadei continenti è attualmente assai ac-creditata.

Noi tuttavia preferiamo la soluzio-ne del Pangea. Le aree di non coin-cidenza, a nostro avviso, possono esse-re ragionevolmente considerate comemodificazioni intervenute dopo che A-frica ed America settentrionale inizia-rono il moto di deriva. La piattaformadella Florida e delle Bahamas può esse-re considerata come il risultato delriempimento sedimentario di un picco-lo bacino oceanico sviluppatosi quando

SCIENZEDELLATERRALE SCIENZEedizione italiana di

SCIENTIFIC AMERICAN

ha finora pubblicato:

LA CONFERMA DELLADERIVA DEI CONTINENTIdi P.M. Hurley (n. 3)

IL DUALISMO DELLAATTIVITÀ VULCANICAdi A. Rittmann (n. 6)

L'ESPANSIONE DEI FONDIOCEANICIdi J.R.Heirtzler (n. 7)

DERIVA DEI CONTINENTIED EVOLUZIONEdi B. Kurtén (n. 11)

LE CALOTTE POLARI,ARCHIVIO DEL RECENTEPASSATO DEL NOSTROPIANETAdi E. Picciotto (n. 13)

DEEP SEA DRILLINGPROJECT: PRIMI RISULTATIdi M.B. Sironi Cita (n. 16)

LA PIATTAFORMACONTINENTALEdi K.O. Emery (n. 16)

IL TRIANGOLO DELL'AFARdi 1-L Tazieff (n. 21)

LA SUPERFICIE DI MARTEdi R.B. Leighton (n. 24)

NEOGLACIAZIONEdi G.H. Denton e S.C. Porter(n. 25)

IL SUOLO LUNAREdi J.A. W ood (n. 27)

La deriva dell'India verso nord è un esempio di come e di quanto una massa continen•tale possa essere dislocata quando le condizioni geotettoniche sono favorevoli. La zollache trasporta la massa continentale indiana è quasi un rettangolo perfetto che si è di.staccato dall'Antartide quando entrambe facevano parte del grande continente unicoPangea. La zolla che ha trasportato l'India ha compiuto una migrazione verso nord equindi è entrata attraverso un meccanismo di subduzione nella fossa Tetide che cor-reva da est a ovest in prossimità dell'Equatore. La zolla evidentemente scorreva libe-ra entro due zone di grandi attriti parallele che si trovavano ai suoi limiti orientale edoccidentale, senza interagire con le altre zolle crostali. Infine, l'India è entrata in col.lisione con il margine su cl occidentale dell'Asia, generando la catena dell'Himalaya.

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EUROPA

PANTHALASSA

40".

"efuntitikuloolo°*400 minim",00 80'

Africa e America settentrionale si sepa-rarono. Senza questa ipotesi prelimi-nare la piattaforma Florida-Bahamas sisovrappone a una larga porzione del-l'Africa settentrionale (Si veda l'illustra-zione a pag. 30).

Secondo la nostra ricostruzione, ilPangea era un vastissimo continente daicontorni irregolari circondato dal gran-de oceano del Panthalassa: il Pacificoprimordiale. Se America settentriona-le e Africa vengono accostate, ne de-riva direttamente l'incastro tra il bloc-co del futuro continente settentriona-le e quello del futuro continente me-ridionale. A oriente, la Tetide, un gran-de golfo triangolare, separava l'Eu-rasia dall'Africa: l'attuale Mediterra-neo è ciò che resta della Tetide. Adot-tando la terminologia usata sulla Luna,le altre più importanti irregolarità neicontorni del Pangea possono esserechiamate Sinus Borealis (l'Oceano Ar-tico primordiale) e Sinus Australis (unabaia meridionale che separava l'India

dall'Australia). Resta problematica laricostruzione della regione centro-ame-ricana. Una possibilità è che il Golfodel Messico sia ciò che resta di unbraccio di mare che si estendeva dalPanthalassa entro le Americhe, ciò chepotremmo chiamare Sinus Occidentalis.

Misurata a livello dell'isobata dei2000 metri, l'area totale del Pangearisulta essere di 200 000 km2, ossia il40% dell'intera superficie terrestre; ilche equivale all'area dei continenti at-tuali, misurata all'altezza della stessaisobata. Quando i continenti facevanoancora parte del Pangea essi eranogeneralmente più a sud e più a est diquanto attualmente non siano, cosic-ché la distribuzione delle terre emersenei due emisferi all'incirca si equiva-leva; oggi invece due terzi di tutte leterre emerse si trovano a nord dell'E-quatore. La giunzione a Y lungo laquale si accostavano America setten-trionale, meridionale e Africa, si tro-vava nell'Atlantico meridionale non

molto distante dalla posizione attualedelle Isole dell'Ascensione. Se fosseesistita New York a quell'epoca, si sa-rebbe trovata sull'Equatore a una lon-gitudine di 10° est (invece che a 74°ovest). Anche la Spagna si sarebbe tro-vata sull'Equatore, ma in prossimitàdella sua longitudine attuale. Il Giap-pone si sarebbe trovato nell'Artico,molto più a nord della sua posizioneattuale. India e Australia avrebbero co-stituito le rive dell'Antartico, assai piùa sud della loro posizione attuale.

L'evento che ha avuto come risultatola scissione del Pangea e la deriva deisuoi frammenti, non può essersi verifi-cato più di 200 milioni di anni fa. Puòinvece essersi verificata (cosa che conogni probabilità è accaduta realmente)una deriva antecedente alla deriva dicui stiamo trattando; il risultato dellaprima deriva deve essere stata la for-mazione del Pangea dalla riunione didue o più continenti più piccoli. Leprove di questo sono ancora scarse e

d'altro canto non toccano direttamentel'argomento in discussione.

JI preludio immediato alla scissione

del Pangea deve essere stato l'in-trusione di una grande quantità di roc-ce basaltiche lungo i margini continen-tali dove devono essersi generate frat-ture. Le serie basaltiche triassiche diNewark lungo le coste orientali de-gli USA, sono un buon esempio. Mi-sure radiometriche indicano che la piùantica di queste rocce ha un'età di200 milioni di anni, che coincide all'in-circa con la metà del Triassico. Inter-pretando i dati, ne risulta che circa 200milioni di anni fa due grandi frattureiniziarono a svilupparsi nel Pangea: daesse risultò l'apertura degli oceani Atlan-tico e Indiano verso la fine del Triassi-co, 180 milioni di anni fa (si veda l'illu-strazione qui sotto). La frattura setten-trionale spaccò il Pangea da est a ovestlungo una linea poco a nord dell'Equa-tore e creò il Laurasia, costituito da

America settentrionale ed Eurasia. IlLaurasia, senza dubbio, ruotò in sensoorario come una sola zolla, attorno aun polo di rotazione che si trova attual-mente in Spagna, generando un « Medi-terraneo » occidentale che infine diven-ne parte del Golfo del Messico e delMar dei Caraibi. La frattura meridiona-le staccò dal Gondwana una zolla checomprendeva America meridionale eAfrica; a questo punto il Gondwanaera costituito da Antartide, Australia eIndia. Non molto tempo dopo, se noncontemporaneamente, l'India si staccòdall'Antartide a causa di una fratturapiù piccola e iniziò la sua rapida deri-va verso nord.

Durante il Giurassico, compreso tra180 e 135 milioni di anni fa, la dire-zione di deriva instauratasi in relazionealle fratture triassiche, causò l'ulterio-re apertura degli oceani Atlantico e In-diano (si veda l'illustrazione a pag. 26).Come l'America settentrionale proseguiil moto di deriva in direzione nord-

ovest, l'Atlantico superò i 1000 km diampiezza e probabilmente rimase incollegamento diretto con il Pacifico. Lacosta orientale degli attuali USA si spo-stò in senso quasi est-ovest a una lati-tudine di circa 25° nord, cosicché po-terono svilupparsi scogliere corallinelungo tutto il margine della piattaformacontinentale atlantica fino all'attualeGrand Banks, di fronte alla NuovaScozia.

Durante il Giurassico, durato 45 mi-lioni di anni, la frattura atlantica siestese verso nord delimitando le costedel Labrador e, forse, dando inizio al-la apertura del Mar del Labrador tral'America settentrionale e la Groenlan-dia. L'interazione tra le zolle africanaed eurasiatica provocò la rotazione di350 in senso antiorario della Spagna:nacque il Golfo di Biscag'ia. La Tetide,oceano che può essere considerato pre-cursore del Mediterraneo, andò manmano chiudendosi alla sua estremitàorientale. La Tetide non era soltanto

Il Pangea, il continente unico, doveva apparire cosi circa 200milioni di anni fa. Il Panthalassa, che lo circondava, era l'ocea.no Pacifico primordiale. La Tetide, il Mediterraneo primordia-le, si è formata da una grande baia che separava l'Africadall'Eurasia. Le posizioni relative dei continenti, fatta eccezioneper l'India, sono basate sull'incastro ottenuto con il calcolato-re, usando, per definire i limiti dei continenti attuali, l'isobata

corrispondente ai 2000 metri di profondità. Quando i continentisono stati sistemati nel modo in cui appaiono qui sopra, le po-îizioni relative dei poli magnetici permiani, ricavate sulla scor-ta delle analisi paleomagnetiche, vanno a cadere nelle posizionisegnate dai circoli. I semicerchi A e S servono come punti diriferimento geografico: essi rappresentano gli archi delle Antillee l'arco insulare del Mar di Scozia, nell'Atlantico meridionale.

Dopo 20 milioni di anni di deriva, alla fine del Triassico, cir-ca 180 milioni di anni fa, si era separato un gruppo di conti-nenti a nord, chiamato Laurasia, da uno a sud, chiamato Gond.wana. Quest'ultimo cominciò a frammentarsi: l'India fu lascia.ta libera dallo svilupparsi di una frattura a Y (linea spessa incolore), che fra l'altro innescò il meccanismo che doveva poiisolare la massa dell'Africa e America meridionale da quella

della Antartide e dell'Australia. La fossa della Tetide (zona trat-teggiata in nero) corre da Gibilterra fino al Borneo. Le linee ele frecce nere indicano le zone di grandi attriti e le zone di slit.tamento ai limiti fra le zolle crostali. Le frecce bianche individua-no il vettore del movimento quando è iniziata la deriva. Le areeoceaniche rappresentate in colore indicano le zone di fondaleoceanico nuovo creatosi attraverso il meccanismo dell'espansione.

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una zona di subduzione crostale, unafossa, ma anche una zona di attrito lun-go la quale l'Eurasia slittava verso ovestrispetto all'Africa: la compressione asso-ciata con la fossa della Tetide provocòlo sviluppo di catene montuose costitui-te da serie sedimentarie profonde.

Alla fine del Giurassico, lungo unafrattura incipiente, iniziò la separazio-ne tra America meridionale e Africa;tale frattura si spinse tra le due massecontinentali a cominciare dal sud e nonpiù a nord della Nigeria attuale. Lasituazione tettonica dapprima dovevarassomigliare a quella che si incontraoggi nelle zone di frattura dell'Afri-ca orientale (dall'Etiopia alla Tanza-nia); la frattura poi gradualmente deveessersi aperta per formare la sede diuna massa d'acqua simile all'odiernoMar Rosso. In un primo tempo, infatti,nei bacini interni apertisi per l'azionedelle faglie, si accumulavano spessi de-positi di sedimenti d'acqua dolce che,in seguito, vennero coperti da depositisalini.

Dalla fine del Cretaceo, circa 70milioni di anni più tardi (e circa 65milioni di anni fa), la separazione traAmerica meridionale e Africa era com-pleta e l'Atlantico meridionale avevarapidamente raggiunto un'ampiezza dialmeno 3000 km (si veda l'illustrazionealla pagina a fronte). Nello stesso tempola frattura nord atlantica, senza penetra-re nell'area dell'oceano Artico attuale, siera spinta dal margine occidentale dellaGroenlandia fino al suo margine orien-tale, delineandone quindi la forma. L'A-frica aveva compiuto un movimento dideriva verso nord di circa 100 e conti-nuato la sua rotazione in senso antiora-rio mentre l'Eurasia ruotava lentamen-te in senso orario.

I due moti opposti finirono col chiu-dere la Tetide al suo estremo orientale.Nel frattempo continuava la lenta rota-zione verso ovest dell'Antartide.

A questo punto tutti i continenti at-tuali erano delineati nelle loro forme,fatta eccezione per le connessioni traGroenlandia e Europa settentrionale e

tra Australia e Antartide.Anche se non appare nelle nostre

carte, nell'area dell'antico Pacifico do-veva esistere un esteso sistema di fosseorientate in senso nord sud: ciò per eli-minare, attraverso la subduzione, la cro-sta eccedente derivata dalla rapida deri-va verso ovest delle due zolle su cui gia-cevano America settentrionale e Ame-rica meridionale. L'America settentrio-nale, presumibilmente, entrò in contat-to con una di tali fosse nel Giurassicosuperiore e nel Cretaceo inferiore, conil risultato che si sviluppò la fascia dipieghe Franciscan, lungo il margine oc-cidentale del continente, quella che hapreceduto l'attuale California CoastRanges. Sembra che tale fossa sia sta-ta poi coperta e chiusa dal moto di de-riva verso ovest del continente nordamericano; tali fosse hanno infatti lacapacità di riassorbire la crosta ocea-nica ma non la crosta granitica dei con-tinenti che è più leggera.

Contemporaneamente, o poco dopo,l'America meridionale incontrò la fossa

andina e la dislocò verso ovest senzamai coprirla : la prima fascia di piegheche dovevano dar luogo alle Ande de-rivò direttamente da tale incontro. Sem-bra logico pensare che la fossa, origi-nariamente, si immergesse verso ovest eche sia stata successivamente costrettaa mutare la propria immersione fino aquella attuale che è orientata verso est.

Nel Cenozoico e nel Quaternario (da65 milioni di anni fa fino a oggi) i con-tinenti proseguirono il loro moto di de-riva fino a raggiungere le posizioni chepossiamo oggi osservare. La fratturamedioatlantica si propagò fino al baci-no artico, distaccando infine la Groen-landia dall'Europa (si vedano l'illu-strazione in alto alle pagg. 28 e 29).Ricordiamo che, durante il Cretaceo,vi erano stati altri tre eventi principali:le due Americhe erano entrate in col-legamento attraverso l'istmo di Pana-ma, generatosi per vulcanismo e persollevamento del mantello terrestre; lamassa continentale indiana aveva con-cluso il suo rapido viaggio verso nord

entrando in collisione con i marginiprofondi dell'Asia; l'Australia si era se-parata dall'Antartide e aveva compiu-to il suo moto di deriva verso nordfino a raggiungere la sua attuale posi.zione.

Nella collisione tra India e Asia, ilmargine settentrionale della zolla india-na subí il fenomeno della subduzioneal di sotto della zolla asiatica : ne è na-ta l'Himalaya. Traversando l'equatore,il margine occidentale dell'India, cheall'inizio del Cenozoico proseguiva ilsuo movimento verso nord, entrò in con-tatto con una fonte di magma basalticoche dal mantello terrestre saliva fino insuperficie a tale latitudine. Grandi mas-se di magma eruppero attraverso lacrosta terrestre e si estesero sopra tut-to il subcontinente indiano, dando luo-go allo scudo basaltico del Deccan. An-che dopo che l'India, nel suo moto dideriva si era lasciata alle spalle la gran-de sorgente, il magma continuò a flui-re sul fondo dell'oceano, producendo ladorsale Chagos-Laccadive che in segui-

to, all'atto in cui iniziò un moto disubsidenza entro l'oceano Indiano siricopri di coralli. Da ultimo, un ramodella frattura dell'oceano Indiano se-parò l'Arabia dall'Africa, creando ilGolfo di Aden e il Mar Rosso; una de-rivazione di tale frattura si estese si-nuosamente verso ovest e verso sud nelcontinente africano.

Mutamenti meno drastici, manifesta-tisi durante il Cenozoico, sono quelliche hanno provocato la parziale chiu-sura della regione caraibica e la con-tinua apertura dell'Atlantico meridio-nale mentre nuova crosta oceanica siaggiungeva tramite il meccanismo del-la espansione dei fondali oceanici.Mentre l'Atlantico continuava ad espan-dersi a settentrione, il moto verso nordovest della massa eurasiatica si fermòe si inverti, invertendo cosí contempo-raneamente anche il suo moto relativorispetto all'Africa. La nuova direzionedi attrito ha influito in modo fonda-mentale sui caratteri tettonici del Me-diterraneo e del Medio Oriente. La

Dopo 65 milioni di anni, alla fine del Giurassico, circa 135 mi-lioni di anni fa, gli oceani Atlantico settentrionale e Indiano sierano aperti considerevolmente. Lo sviluppo dell'Atlantico me-ridionale cominciò da una frattura tra Africa e America meri-dionale. La rotazione della massa continentale eurasiatica co-minciò a chiudere la Tetide alla sua estremità orientale. La zol-

la indiana in questo periodo si trovò a passare al di sopra diun centro termico (punto colorato) dal quale defluí il basaltoche formò lo scudo del Deccan. Più tardi, dallo stesso centrotermico, si sviluppò la dorsale della Chagos-Laccadive nell'Ocea-no Indiano. Cosí un centro termico nell'Atlantico meridionale(punto colorato) genererà le dorsali di Walvis e del Rio Grande.

Dopo 135 milioni di anni di deriva, alla fine del Cretaceo, 65milioni di anni fa, l'Atlantico meridionale si era aperto dive-nendo un oceano. Una nuova frattura staccò il Madagascar dal-l'Africa. La frattura nord atlantica delineò il margine orientaledella Groenlandia, mentre ormai il Mar Mediterraneo era giàchiaramente riconoscibile. L'Australia era ancora unita all'An-

tartide. Una grande fossa in senso nord sud, non rappresentatanella figura, doveva esistere nell'ambito del Pacifico per as-sorbire la crosta in più che continuava a formarsi a causa delmovimento verso ovest delle zolle dell'America settentrionale emeridionale. Si noti che il meridiano centrale per tutte questericostruzioni è 200 di longitudine est dal meridiano di Greenwich.

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frattura principale in senso nord sudnell'oceano Indiano cessò di essere unalinea di espansione e divenne invece illuogo in cui venivano assorbiti i gran-di attriti derivanti dal moto in sensoantiorario e verso nord della zolla afri-cana.

i potrà osservare che le carte cheaccompagnano questo articolo mo-

strano piú della posizione relativa e deimoti relativi dei singoli continenti: aciascuno di essi, cominciando con ilPangea, è stata anche assegnata unaprecisa posizione geografica. Dato chequesto non è mai stato tentato prima,riteniamo opportuno dire come si è ar-rivati a tale risultato. Nel quadro dina-mico della tettonica a zolle, bisognasupporre che ogni parte della crosta siain grado di muoversi e che quasi sicu-ramente si è mossa.

Dopo una ricerca approfondita perindividuare alcuni punti di riferimentofissi, si è concluso infine che il centrotermico di Walvis poteva fornire ciòche si cercava. Nell'arrivare a tale con-clusione, si è accettata l'ipotesi formu-lata in precedenza da J. Tuzo Wilsondell'Università di Toronto: la dorsaledi Walvis e del Rio Grande nell'Ame-rica meridionale sono particolarissimedorsali basaltiche che si sono formatevia via che la crosta oceanica si espan-deva, da una sorgente fissa di lava pro-veniente da una regione profonda delmantello; mentre la nuova crosta ve-niva spostata, dall'orifizio fisso la lavasarebbe periodicamente defluita per for-mare tutta una serie di piccoli coni vul-canici. Osservando la collocazione diciascuno dei coni successivi è possibile

stabilire la direzione assoluta dello spo-stamento della crosta in quella regione.Lo studio delle dorsali di Walvis e delRio Grande ci ha messo in condizionedi stabilire non solo la direzione di deri-va della zolla sudamericana rispetto aquella africana ma anche il moto chele due zolle possono aver avuto in qua-lunque altra direzione (si veda l'illustra-zione a pag. 31).

Sfortunatamente, la emissione basal-tica a Walvis è iniziata non prima di140 milioni di anni fa, cosicché essanon serve per i movimenti verificatisiprima della fine del Giurassico. Pertracciare i movimenti della crosta du-rante i primi 60 milioni di anni dopola frammentazione del Pangea è ne-cessario fare assegnamento su pure esemplici supposizioni. Si è supposto chel'Antartide si sia mossa assai poco dal-la sua posizione iniziale quando essaera parte del Pangea: ciò sembra pro-babile perché la zolla antartica è in-teramente circondata da un sistema difratture e di zone di grandi attriti, men-tre non vi sono fosse verso le quali lazolla avrebbe potuto muoversi allonta-nandosi dalla sua posizione polare at-tuale.

Una conferma di tale supposizione.ottenuta con una metodologia indipen-dente, si ha individuando la posizionedei poli nord e sud prima della fram-mentazione e dispersione del Pangea.Tali posizioni si ottengono studiandola direzione di magnetizzazione dellerocce del Permiano ottenute da E. Ir-ving del Dominion Observatory cana-dese e dai suoi collaboratori. Noi ab-biamo individuato le posizioni dei po-li nel Permiano rispetto a ciascun con-

Il mondo cosi come appare oggi si è formato durante gli ultimi 65 milioni di anni, nelCenozoico e nel Quaternario. All'incirca metà dei fondali dell'oceano sono stati creatiin questo periodo geologicamente breve, come è indicato dalle zone differenziate incolore. L'India completò un b110 spostamento verso nord andando a collidere conl'Asia, mentre una frattura separava l'Australia dall'Antartide. La frattura nordatlantica,infine, penetrò nell'area dell'oceano Artico, spezzando il Laurasia. L'apertura crescentetra America meridionale e Africa è delineata con precisione dalle dorsali vulcanicheprodotte dal centro termico di Walvis. Gli archi insulari delle Antille e del Mar diScozia occupano la loro posizione attuale, rispetto alle circostanti masse continentali.

ZOLLANORDAMERICANA ZOLLA EURASIATICA

ZOLLA DELMADAGASCAR

Tra 50 milioni di anni il mondo apparirà come delineato nella cartina adiacente. Gliautori hanno estrapolato i movimenti attuali delle zolle per indicare in che modo pro-seguirà il movimento di deriva dalla fine di quella che essi propongono di chiamareera Psicozoica (era della consapevolezza). L'Antartide rimarrà essenzialmente fissa mapotrà ruotare debolmente in senso orario. L'Atlantico, e in particolare quello meridio-nale, e l'oceano Indiano continueranno a crescere a spese del Pacifico. L'Australia con-tinuerà il movimento di deriva verso nord entrando quindi in contatto con la zollaeurasiatica. La porzione orientale dell'Africa si distaccherà mentre la sua deriva versonord finirà col chiudere il Golfo di Biscaglia e forse il Mediterraneo. Una nuova areacontinentale si creerà nella zona dei Caraibi per sollevamento crostale dovuto acompressione. La Baia di California e quella parte della California che si trova a ovestdella faglia di S. Andreas verranno separate dall'America settentrionale e inizieranno unmoto di deriva verso nord ovest. In circa 10 milioni di anni Los Angeles verrà atrovarsi di fianco a S. Francisco che rimarrà fissa sulla massa continentale. Tra cir-ca 60 milioni di anni Los Angeles comincerà a scivolare entro la fossa delle Aleutine.

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L'incastro tra l'Africa e l'America settentrionale è stato realiz-zato da Walter P. Sproll con l'aiuto del calcolatore. Come nellaricostruzione del Pangea, anche in questo caso si suppone chele masse continentali realmente si estendano nell'oceano fino acirca metà della scarpata continentale, fino alla profondità cioèdi 2000 metri. La costa dell'America settentrionale tra A e A'mostra le migliori possibilità di incastro con la costa africanacompresa tra B e B'. Le zone bianche sono quelle di non coin-cidenza nel mosaico ; quelle nere sono zone di ricopertura. La

ricopertura prodotta dalla piattaforma delle Bahamas, una zo-na in realtà assai estesa, è messa in evidenza dal colore scuro.Gli autori ritengono che la piattaforma rappresenti una zona diaccumulo di sedimenti seguito dalla crescita di barriere coral-line dopo la separazione dei due continenti. La non coinciden.za maggiore nel mosaico proposto si trova al largo della co-lonia spagnola di Ifni. La cavità che vi corrisponde deve es-sersi creata quando una piccola parte dell'Africa scivolò di 190km verso sud ovest per formare il gruppo orientale delle Canarie.

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La separazione fra le zolle sudamericana e africana può essere delineata nelle sue coor-dinate geografiche assolute osservando l'orientazione a V delle dorsali vulcaniche pro-dotte dal centro termico di Walvis (C). Il centro caldo rappresentava evidentemente unasorgente di magma che si alimentava profondamente nel mantello durante i 140 milionidi anni trascorsi. Gli schemi qui sopra illustrano un'ipotesi inizialmente formulata daJ. Tuzo Wilson. Le dorsali vulcaniche mostrano che le zolle sudamericana e africananon solo hanno compiuto un movimento rapido di deriva allontanandosi l'una dal-l'altra ma sono anche migrate verso nord. Le strutture come le faglie trasformi, cheinteressano la dorsale medio-oceanica (A-A') e le strutture B-B' sui continenti opposti,possono fornire indicazioni ben più ampie che non il solo moto relativo di due zolle.

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tinente attuale e abbiamo quindi ruo-tato tali posizioni cosí come era neces-sario per riunire i continenti nella no-stra versione del Pangea. Con questometodo le posizioni dei poli nord e sudavrebbero dovuto teoricamente andarea coincidere ciascuno in un punto. Inrealtà, vi è una certa dispersione, cosícome avviene anche nella nostra rico-struzione del Pangea (si veda l'illustra-zione a pag. 24), ma tutte le posizionicadono entro il circolo polare artico oil circolo polare antartico.

Si può quindi ora riassumere comei continenti si siano mossi nel tempo enello spazio.

Le due Americhe hanno compiuto unlungo moto di deriva generalmente o-rientato verso ovest. L'America setten-trionale si è spostata di piú di 8000km in direzione ovest nord-ovest; lapenisola della Florida una volta si esten-deva nell'Atlantico meridionale in pros-simità della posizione attuale delle iso-le dell'Ascensione.

Muovendo verso il sistema di fossedella Tetide, India e Australia sono sta-te spostate assai a nord.

L'Africa ha ruotato in senso antiora-rio di circa 20° mentre la massa eurasia-tica che pure si muoveva verso le fos-se della Tetide, aveva ruotato in sensoorario all'incirca della stessa quantità.

Il rapido viaggio compiuto dall'Indiaè probabilmente da attribuirsi al fattoche essa doveva poggiare su una zollaideale: di forma approssimativamenterettangolare essa si staccò dal Pangeasecondo una frattura che si estendevalungo quelle che sono oggi le costeorientali dell'India: a questo punto lamassa subcontinentale indiana è statalibera di muovere verso nord in dire-zione di una fossa principale, con unmovimento che fu facilitato da due zo-ne parallele di scorrimento.

Qualche decina di anni fa Wegenerha proposto la teoria della deriva deicontinenti, dicendo che essa era dovutaallo sviluppo di forze che egli avevachiamato Westvanderung (deriva versoovest) e Polarfluchtkraft (spostamentolatitudinale dai poli). Anche ammessoche esistano, tali forze non sono suffi-cientemente grandi per essere causa del-la deriva.

La nostra soluzione, tuttavia, con-ferma la deriva verso ovest indicatanell'ipotesi di Wegener e che, come av-viene nell'atmosfera, si oppone diret-tamente alla rotazione terrestre. Abbia-mo potuto anche intuire una certa de-riva latitudinale ma solo dal polo sude cioè, parafrasando la terminologiadi Wegener, abbiamo individuato unaSudpolarfluchtkraft.