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Mentre attraversava un periodo di grave declino nell'Europa medievale, l'astronomia fioriva nel mondo islamico, dove la scienza degli antichi greci venne conservata per essere poi trasmessa alla cultura del Rinascimento L'astronomia islamica li storici che ricostruiscono lo svi- luppo dell'astronomia dall'An- tichità al Rinascimento ricorro- no a volte, per designare il periodo di tem- po compreso fra I'VIII e il XIV secolo, alla denominazione di «periodo islamico». Du- rante quell'intervallo, infatti, la maggior parte dell'attività astronomica si svolse nel Medio Oriente, nell'Africa settentrionale e nella Spagna moresca. Mentre l'Europa languiva nell'«Età buia», la fiaccola della cultura antica era passata in mani musul- mane. I dotti islamici ne tennero accesa la fiamma, che trasmisero poi all'Europa del Rinascimento. Due circostanze favorirono la crescita dell'astronomia nei paesi islamici. La pri- ma fu la vicinanza geografica al mondo della cultura antica, unita alla tolleranza per i dotti di altre credenze religiose. Nel IX secolo la maggior parte dei testi scien- tifici greci fu tradotta in arabo, compresa la Syntaxis di Tolomeo, che era l'apice dell'astronomia antica. Proprio attraverso queste traduzioni le opere greche divenne- ro note in seguito nell'Europa medievale. (In effetti la Syntaxis è nota ancora oggi come Almagesto, dall'arabo al-Magisti - corruzione del greco e megiste [mathema- tike syntaxis] - che significa «la massima» [raccolta matematica] .) Il secondo impulso venne dalla religione islamica, la quale presentava una numero- sa serie di problemi di astronomia mate- matica, connessi per lo più al computo del tempo. Nella soluzione di questi problemi i dotti islamici andarono molto oltre i me- todi matematici greci. Questi sviluppi, par- ticolarmente nel campo della trigonome- tria, fornirono gli strumenti essenziali per la creazione dell'astronomia occidentale del Rinascimento. Le tracce dell'astronomia medievale i- slamica sono manifeste ancora oggi. Quando ci riferiamo allo zenit, all'azimut o all'algebra, o quando menzioniamo le stelle Vega, Altair e Deneb, che formano un triangolo facilmente identificabile nel cielo d'estate, usiamo parole di origine di Owen Gingerich araba. Eppure, benché la storia di come l'astronomia greca passò agli arabi sia re- lativamente ben nota, solo ora si sta co- minciando a scrivere la storia della sua tra- sformazione da parte di dotti islamici e della successiva ritrasmissione nell'Occi- dente latino. Migliaia di manoscritti ri- mangono da esaminare. Ciononostante è possibile offrire per lo meno un abbozzo frammentario di questo processo. La «Casa della sapienza» Le basi della scienza islamica in gene- rale e dell'astronomia in particolare furo- no gettate due secoli dopo l'emigrazione del rofeta Maometto dalla Mecca a Me- dina, nel 622 d.C. Questo evento, noto come Egira, segna l'inizio del calendario islamico. I primi secoli dell'Islam furono caratterizzati da un'espansione rapida e turbolenta. Solo verso la fine del II e all'i- nizio del III secolo del calendario dell'Egi- ra la situazione divenne abbastanza stabile e cosmopolita da consentire la fioritura delle scienze. La nuova dinastia abbaside, che nel 750 era ascesa al califfato (assu- mendosi la direzione del mondo islamico) e che nel 1762 aveva fondato la capitale Bagdad, cominciò a patrocinare traduzio- ni di testi greci. In pochi decenni furono tradotte in arabo le principali opere scien- tifiche dell'Antichità, fra le quali gli scritti di Galeno, Aristotele, Euclide, Tolomeo, Archimede e Apollonio. Il lavoro di tradu- zione fu compiuto da dotti cristiani e pa- gani, oltre che musulmani. Il patrono più generoso di questo sforzo fu il califfo al-Ma'mún, salito al potere nell'8 1 3. Al-Ma'nnin fondò un'accademia chiamata «Casa della sapienza» (Bait -Ifikmah), che affidò alla direzione di Irlu- nayn ibn Ishaq al-lbadi, un cristiano ne- stonano che aveva una padronanza eccel- lente del greco. Hunayn divenne il più fa- moso fra tutti i traduttori di testi greci. Si devono a lui versioni in arabo di Platone, di Aristotele e dei loro commentatori, oltre a traduzioni delle opere dei tre padri fon- datori della medicina greca, Ippocrate, Galeno e Dioscoride. Il principale traduttore di opere mate- matiche e astronomiche attivo nell'acca- demia fu un pagano, Thàbit ibn Qurra. Thabit era stato in origine un cambiavalu- te sulla piazza del mercato di Harran, una cittadina del nord della Mesopotamia che era il centro di un culto astrale. Thàbit sostenne coraggiosamente che erano stati gli adepti di quel culto a colonizzare i- nizialmente il paese, a fondare città, a co- struire porti e a scoprire la scienza, ma, nonostante queste opinioni eterodosse, e- gli venne tollerato nella capitale islamica, dove scrisse più di cento trattati scientifici, fra i quali un commento all'Almagesto di Tolomeo. Un altro astronomo matematico affilia- to alla Casa della sapienza fu al-Khwa- rizmi, la cui Algebra, dedicata ad al-Ma- 'mún, potrebbe essere stata il primo libro sull'argomento in arabo. Pur non essendo un'opera particolarmente degna di nota sul piano scientifico, ha il merito di aver contribuito a introdurre nel mondo islami- co metodi indù oltre che greci. Un po' do- po il 1100 essa fu tradotta in latino dal- l'inglese Roberto di Chester, che si era re- cato in Spagna a studiare matematica. La traduzione, che si apre con le parole Dici! Algoritmi («Dice Algoritmi», da cui la pa- rola moderna «algoritmo»), esercitò una forte influenza sull'algebra occidentale del Rinascimento. La carta stellare della costellazione di Perseo è una copia islamica medievale di un disegno ese- guito nel X secolo dall'astronomo persiano `Abd al-Rahman al-Sufi. Al-Sufi fece una revi- sione del catalogo stellare compilato nel II se- colo d.C. da Tolomeo, il principale astronomo dell'Antichità. L'opera di Tolomeo, la Syn- taxis, che cataloga oltre 1000 stelle, è nota an- cora oggi come Almagesto, dall'arabo al-Ma- gisti. La fotografia, di Owen Gingerich, ripro- duce la pagina di un codice ora appartenente alla Biblioteca nazionale egiziana del Cairo. 18 19

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Mentre attraversava un periodo di grave declino nell'Europa medievale,l'astronomia fioriva nel mondo islamico, dove la scienza degli antichi grecivenne conservata per essere poi trasmessa alla cultura del Rinascimento

L'astronomia islamica

li storici che ricostruiscono lo svi-luppo dell'astronomia dall'An-tichità al Rinascimento ricorro-

no a volte, per designare il periodo di tem-po compreso fra I'VIII e il XIV secolo, alladenominazione di «periodo islamico». Du-rante quell'intervallo, infatti, la maggiorparte dell'attività astronomica si svolse nelMedio Oriente, nell'Africa settentrionale enella Spagna moresca. Mentre l'Europalanguiva nell'«Età buia», la fiaccola dellacultura antica era passata in mani musul-mane. I dotti islamici ne tennero accesa lafiamma, che trasmisero poi all'Europa delRinascimento.

Due circostanze favorirono la crescitadell'astronomia nei paesi islamici. La pri-ma fu la vicinanza geografica al mondodella cultura antica, unita alla tolleranzaper i dotti di altre credenze religiose. NelIX secolo la maggior parte dei testi scien-tifici greci fu tradotta in arabo, compresala Syntaxis di Tolomeo, che era l'apicedell'astronomia antica. Proprio attraversoqueste traduzioni le opere greche divenne-ro note in seguito nell'Europa medievale.(In effetti la Syntaxis è nota ancora oggicome Almagesto, dall'arabo al-Magisti -corruzione del greco e megiste [mathema-tike syntaxis] - che significa «la massima»[raccolta matematica] .)

Il secondo impulso venne dalla religioneislamica, la quale presentava una numero-sa serie di problemi di astronomia mate-matica, connessi per lo più al computo deltempo. Nella soluzione di questi problemii dotti islamici andarono molto oltre i me-todi matematici greci. Questi sviluppi, par-ticolarmente nel campo della trigonome-tria, fornirono gli strumenti essenziali perla creazione dell'astronomia occidentaledel Rinascimento.

Le tracce dell'astronomia medievale i-slamica sono manifeste ancora oggi.Quando ci riferiamo allo zenit, all'azimuto all'algebra, o quando menzioniamo lestelle Vega, Altair e Deneb, che formanoun triangolo facilmente identificabile nelcielo d'estate, usiamo parole di origine

di Owen Gingerich

araba. Eppure, benché la storia di comel'astronomia greca passò agli arabi sia re-lativamente ben nota, solo ora si sta co-minciando a scrivere la storia della sua tra-sformazione da parte di dotti islamici edella successiva ritrasmissione nell'Occi-dente latino. Migliaia di manoscritti ri-mangono da esaminare. Ciononostante èpossibile offrire per lo meno un abbozzoframmentario di questo processo.

La «Casa della sapienza»

Le basi della scienza islamica in gene-rale e dell'astronomia in particolare furo-no gettate due secoli dopo l'emigrazionedel •rofeta Maometto dalla Mecca a Me-dina, nel 622 d.C. Questo evento, notocome Egira, segna l'inizio del calendarioislamico. I primi secoli dell'Islam furonocaratterizzati da un'espansione rapida eturbolenta. Solo verso la fine del II e all'i-nizio del III secolo del calendario dell'Egi-ra la situazione divenne abbastanza stabilee cosmopolita da consentire la fiorituradelle scienze. La nuova dinastia abbaside,che nel 750 era ascesa al califfato (assu-mendosi la direzione del mondo islamico)e che nel 1762 aveva fondato la capitaleBagdad, cominciò a patrocinare traduzio-ni di testi greci. In pochi decenni furonotradotte in arabo le principali opere scien-tifiche dell'Antichità, fra le quali gli scrittidi Galeno, Aristotele, Euclide, Tolomeo,Archimede e Apollonio. Il lavoro di tradu-zione fu compiuto da dotti cristiani e pa-gani, oltre che musulmani.

Il patrono più generoso di questo sforzofu il califfo al-Ma'mún, salito al poterenell'8 1 3. Al-Ma'nnin fondò un'accademiachiamata «Casa della sapienza» (Bait-Ifikmah), che affidò alla direzione di Irlu-nayn ibn Ishaq al-lbadi, un cristiano ne-stonano che aveva una padronanza eccel-lente del greco. Hunayn divenne il più fa-moso fra tutti i traduttori di testi greci. Sidevono a lui versioni in arabo di Platone,di Aristotele e dei loro commentatori, oltrea traduzioni delle opere dei tre padri fon-

datori della medicina greca, Ippocrate,Galeno e Dioscoride.

Il principale traduttore di opere mate-matiche e astronomiche attivo nell'acca-demia fu un pagano, Thàbit ibn Qurra.Thabit era stato in origine un cambiavalu-te sulla piazza del mercato di Harran, unacittadina del nord della Mesopotamia cheera il centro di un culto astrale. Thàbitsostenne coraggiosamente che erano statigli adepti di quel culto a colonizzare i-nizialmente il paese, a fondare città, a co-struire porti e a scoprire la scienza, ma,nonostante queste opinioni eterodosse, e-gli venne tollerato nella capitale islamica,dove scrisse più di cento trattati scientifici,fra i quali un commento all'Almagesto diTolomeo.

Un altro astronomo matematico affilia-to alla Casa della sapienza fu al-Khwa-rizmi, la cui Algebra, dedicata ad al-Ma-'mún, potrebbe essere stata il primo librosull'argomento in arabo. Pur non essendoun'opera particolarmente degna di notasul piano scientifico, ha il merito di avercontribuito a introdurre nel mondo islami-co metodi indù oltre che greci. Un po' do-po il 1100 essa fu tradotta in latino dal-l'inglese Roberto di Chester, che si era re-cato in Spagna a studiare matematica. Latraduzione, che si apre con le parole Dici!Algoritmi («Dice Algoritmi», da cui la pa-rola moderna «algoritmo»), esercitò unaforte influenza sull'algebra occidentale delRinascimento.

La carta stellare della costellazione di Perseo èuna copia islamica medievale di un disegno ese-guito nel X secolo dall'astronomo persiano`Abd al-Rahman al-Sufi. Al-Sufi fece una revi-sione del catalogo stellare compilato nel II se-colo d.C. da Tolomeo, il principale astronomodell'Antichità. L'opera di Tolomeo, la Syn-taxis, che cataloga oltre 1000 stelle, è nota an-cora oggi come Almagesto, dall'arabo al-Ma-gisti. La fotografia, di Owen Gingerich, ripro-duce la pagina di un codice ora appartenentealla Biblioteca nazionale egiziana del Cairo.

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SOLSTIZIO D'ESTATE POLONORDCELESTE

ORIZZONTE

EQUINOZIOD'AUTUNNO

EQUATORECELESTE

EQUINOZIODI PRIMAVERA

SOLSTIZIOD'INVERNO

Gli astronomi antichi pensavano che fosse la rotazione della sfera celeste attorno alla Terra aspiegare il moto apparenti diurno del Sole e delle stelle. In base a questa concezione, i poli el'equatore della sfera celeste sono proiezioni in cielo dei poli e dell'equatore della Terra. In conse-guenza della rotazione diurna, da est a ovest, della sfera attorno al suo asse, il Sole e le stelle simuovono lungo cerchi concentrici attorno ai poli. Il Sole si muove un po' più lentamente dellestelle, cosicché nel corso dell'anno percorre sulla sfera celeste una traiettoria circolare, da ovest aest, detta eclittica. Il corso del Sole (l'eclittica) interseca l'equatore celeste in due punti, corrispon-denti agli equinozi; al solstizio d'estate e al solstizio di inverno il Sole si trova alla sua massimadistanza dall'equatore, circa 23,5 gradi verso nord o verso sud. Un osservatore che sia situatosulla Terra vede solamente la metà della sfera celeste che si trova al di sopra dell'orizzonte.

ZENIT

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POLONORDCELESTE

EQUATORECELESTE

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CELESTE

La sua influenza è inoltre ancora avver-tibile nell'intera matematica e nella scienzain generale: essa segnò l'introduzione inEuropa dei «numerali arabi». Assieme acerti procedimenti trigonometrici, gli arabiavevano preso a prestito dall'India un si-stema di numeri comprendente lo zero. Inumerali indiani esistettero nel mondoislamico in due forme, e fu la forma occi-dentale a passare, attraverso la Spagna,nell'Europa medievale. Questi numerali,con un segno esplicito per lo zero, sonomolto più efficienti, per il calcolo, dei nu-merali romani.

Un altro astronomo, attivo a Bagdadnel IX secolo, fu Atimad al-Farghàni(l'Alfraganus dei latini). La sua operaastronomica più importante furono i Ru-dimenta astronomica o Elementi di astro-nomia (Jawàmi`), che contribuirono alladiffusione delle parti più elementari e nonmatematiche dell'astronomia geocentricadi Tolomeo.

I Rudimenta ebbero un'influenza consi-derevole in Occidente. Vennero tradottidue volte in latino a Toledo, una volta daGiovanni da Siviglia (Johannes Hispalen-sis) nella prima metà del XII secolo e unaseconda volta, in modo molto più comple-to, da Gherardo da Cremona alcuni de-cenni dopo.

La traduzione di Gherardo dell'opera diAlfraganus fu per Dante la principale fon-te di conoscenza dell'astronomia tolemai-ca. (Nel Paradiso il poeta sale verso l'em-pireo passando per i cieli dei pianeti, cheerano sfere incentrate sulla Terra.) In Oc-cidente la versione più nota dei Rudimentafu però quella anteriore di Giovanni da Si-viglia. Essa servì di base alla Sphaera diSacrobosco, esposizione ancor più sempli-ficata dell'astronomia sferica, scritta all'i-nizio del XIII secolo da John of Holywood(Johannes de Sacrobosco). Nelle universi-tà del mondo occidentale la Sphaera diSacrobosco rimase il libro di testo tradi-zionale per secoli. Nell'epoca della stampaebbe più di 200 edizioni, prima di esseresoppiantato da altri testi all'inizio del Sei-cento. Con l'eccezione degli Elementi diEuclide nessun altro testo scientifico ebbeuna fortuna così costante e duratura.

Così dalla Casa della sapienza nell'an-tica Bagdad, con la sua tolleranza e la suamiscela unica di culture, usci una sequen-za impressionante non solo di traduzionidi opere scientifiche e filosofiche greche,ma anche di commenti e di trattati origi-nali. Nel 900 erano ormai state poste lebasi per la grande fioritura di una scienzainternazionale, con un'unica lingua - l'ara-bo - come proprio veicolo.

Religione e astronomia

Un forte contributo alla fioritura dell'a-stronomia nel mondo islamico venne dallareligione, che si trovò a dover affrontareuna varietà di problemi di astronomia ma-tematica, e specificamente di geometriasferica.

Al tempo di Maometto tanto i cristianiquanto gli ebrei osservavexo giorni sacri,come la Pasqua, la cui data era determi-nata dalle fasi della Luna. Entrambe le co-munità avevano dovuto confrontarsi conil fatto che i mesi lunari, di (circa) 29,5giorni, non sono commensurabili con l'an-no solare di 365 giorni: la somma di 12mesi lunari dà infatti solo 354 giorni. Perrisolvere il problema, cristiani ed ebreiavevano adottato uno schema fondato suuna scoperta fatta attorno al 430 a.C. dal-l'astronomo ateniese Metone. Nel ciclometonico di 19 anni c'erano 12 anni di 12mesi lunari e 7 anni di 13 mesi lunari. L'in-serimento periodico di un tredicesimo me-se manteneva le date del calendario in ac-cordo con le stagioni.

A quanto pare, però, nell'aggiunta delmese intercalare non si seguì sempre unaregola precisa; sovrani di pochi scrupoliaggiungevano a volte il tredicesimo mesequando più conveniva loro. Per Maomettoil mese intercalare era opera del demonio.Nel Corano (cap. 9, versetto 36) egli de-cretò che «Presso Dio il numero dei mesi[in un anno] è di dodici, iscritti nel Libro diDio il giorno in cui creò i cieli e la terra. Diessi quattro sono sacri: tale è l'autenti-ca legge religiosa» (traduzione italiana diMario M. Moreno, UTET, Torino, 1967,p. 177). Il califfo 'Omar 1(634-644) inter-pretò questo versetto come la richiesta diosservare un calendario lunare rigoroso, ilquale è seguito a tutt'oggi nella maggiorparte dei paesi islamici. Poiché l'anno del-l'Egira è di 11 giorni circa più breve del-l'anno solare, ricorrenze come il ramadan,il mese del digiuno, si spostano lentamentelungo i mesi e le stagioni, percorrendo l'in-tero anno nel corso di una trentina di annisolari.

Inoltre il ramadan e gli altri mesi isla-mici non cominciano al novilunio astrono-mico, definito come l'epoca in cui la Lunaha la stessa longitudine celeste del Sole edè perciò invisibile, bensì quando si avvistaper la prima volta in cielo a ponente, disera, la sottile falce della Luna crescente.Prevedere il tempo esatto in cui la Lunacrescente diventava visibile era una diffici-le sfida per gli astronomi matematici isla-mici. Benché la teoria di Tolomeo del com-plesso moto lunare fosse accettabilmenteesatta attorno all'epoca del novilunio, essaspecificava però la traiettoria della Lunasolo rispetto all'eclittica (il percorso appa-rente del Sole sulla sfera celeste). Per pre-vedere la prima visibilità della Luna eranecessario determinarne il moto rispettoall'orizzonte, e la soluzione di questo pro-blema richiedeva una geometria sfericapiuttosto complessa.

Altri due usi religiosi comportavano lasoluzione di problemi che richiedevano

l'applicazione della geometria sferica. Unproblema, in considerazione del desideriodei musulmani di pregare rivolti verso laMecca e di orientare le moschee in quelladirezione, era quello di determinare la di-rezione della città santa da qualsiasi loca-lità. Un altro problema era quello di deter-minare, dalla posizione osservata dei corpicelesti, l'ora giusta per le preghiere quoti-diane al levar del Sole, a mezzogiorno, nelpomeriggio, al tramonto del Sole e allasera.

La soluzione di ciascuno di questi pro-blemi comportava che si trovassero i lati ogli angoli incogniti di un triangolo sullavolta celeste a partire da lati e angoli noti.Per esempio, un metodo per stabilire cheora è consiste nel costruire un triangolo icui vertici siano lo zenit, il polo celestenord e la posizione del Sole. L'osservatoredeve conoscere l'altezza del Sole e quelladel polo; la prima può essere osservata, ela seconda è uguale alla latitudine del luo-go in cui si trova l'osservatore. L'ora èdata così dall'angolo formato dall'interse-zione del meridiano (il cerchio che passaper lo zenit e per il polo) con il cerchioorario del Sole (l'arco che unisce il Sole alpolo).

Per risolvere i triangoli sferici Tolomeousava un procedimento macchinoso esco-gitato verso la fine del I secolo da Menelaodi Alessandria. Il procedimento implicavala costruzione di due triangoli rettangoliintersecantisi; applicando il teorema diMenelao era possibile trovare uno dei seilati, ma solo se si conoscevano gli altricinque. Per stabilire l'ora dall'altezza delSole, per esempio, si richiedevano ripetuteapplicazioni del teorema di Menelao. Gliastronomi islamici erano chiaramente po-sti di fronte alla sfida di trovare un metodotrigonometrico più semplice.

Nel IX secolo erano state definite le seifunzioni trigonometriche moderne - seno ecoseno, tangente e cotangente, secante ecosecante - mentre Tolomeo conoscevasolo una funzione di una singola corda.Delle sei funzioni, pare che cinque sianostate introdotte essenzialmente dagli ara-bi; solo la funzione del seno fu introdottanel mondo islamico dall'India. (L'etimolo-gia della parola «seno)) è un racconto inte-ressante. In sanscrito la parola per senoera ardhagiya, che significa «mezza cor-da», parola che in arabo fu abbreviata etranslitterata come giyb. In arabo non siscrivono le vocali, cosicché la parola fuletta come giayb, che significa «tasca» o«golfo». Nell'Europa medievale essa fuquindi tradotta con sinus, la parola latinaper «golfo» o «seno» in senso geografico.)Dopo il IX secolo lo sviluppo della trigo-nometria sferica fu rapido. Gli astronomiislamici scoprirono identità trigonometri-che semplici, come la legge dei seni, chesemplificarono e abbreviarono la soluzio-ne di triangoli sferici.

Stelle e astrolabi

Uno fra gli esempi più vistosi dell'eredi-tà araba entrata nell'astronomia moderna

LINEE DI UGUALEAZIMUT

Le coordinate altazimutali sono un modo per rappresentare l'emisfero celeste visibile a una datalatitudine. Il cielo è diviso da linee di uguale altezza sopra l'orizzonte e da linee di uguale azimutattorno all'orizzonte. Queste ultime convergono allo zenit, il punto sulla verticale dell'osservatore.

La soluzione di triangoli sferici fu il nodo cruciale di molti problemi che si ponevano agli astronomiislamici. Per dedurre l'ora dall'altezza del Sole, per esempio, si dovevano trovare l'angolo orarioformato al polo celeste boreale dal meridiano (il cerchio massimo che passa per lo zenit e per i poli)e il cerchio orario del Sole (il cerchio massimo che passa per il Sole e per i poli). A mezzogiorno,quando il Sole attraversa il meridiano, la sua altezza è massima e il suo angolo orario è nullo.

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perno centrale, che rappresenta il polo celeste boreale, si potevano ripro-durre i moti diurni delle stelle. Il primo passo per ottenere l'ora consistevanel determinare l'altezza del Sole con l'aiuto di un'alidada e di una scalagraduata sul rovescio dell'astrolabio. Poi si faceva ruotare la rete finchéla posizione del Sole sull'eclittica (o dell'indicatore di una stella) si tro-vava in corrispondenza della giusta linea di altezza. L'angolo orario

corrispondeva allora all'angolo formato al perno centrale dal meridianoe dalla linea che passava per la posizione dell'oggetto. L'astrolabio illu-strato fu costruito in Inghilterra nel Duecento e appartiene al MertonCollege dell'Università di Oxford. Gli astrolabi furono la via principaleattraverso cui i nomi arabi delle stelle passarono in Occidente. Nellafotografia sono leggibili Wega, Altahir, Algeuze, Rigil, Elfeta e Alferaz.

L'astrolabio semplificava i calcoli astronomici, compresa la determinazione dell'ora. I suoi dischidi ottone sovrapposti sono una proiezione della sfera celeste su una superficie bidimensionale. Ildisco superiore, detto rete o ragno, è un disco traforato irto di punte che indicano le posizioni dellestelle più brillanti. Il cerchio eccentrico sulla rete è l'eclittica. Sotto la rete si trova un disco pieno- un timpano o clima - su cui è inciso un sistema di coordinate celesti per una particolare latitudine;linee di uguale altezza, linee di uguale azimut e cerchi orari. Facendo ruotare la rete attorno al

è rappresentato dai nomi delle stelle. Be-telgeuse, Rigel, Vega, Aldebaran e Fo-malhaut sono alcuni fra i nomi che hannoun'origine direttamente araba o che sonotraduzioni arabe di descrizioni greche diTolomeo.

Nell'A lmagesto Tolomeo aveva fornitoun catalogo di più di mille stelle. La primarevisione critica del catalogo fu compilatada `Abd ai-Rakun gui Ull astronomo

persiano del X secolo che fu attivo sia inIran sia a Bagdad. Il Kit .ab suwar al-ka-wàlcib («Libro delle costellazioni e dellestelle fisse») non aggiunse né sottrasse stel-le rispetto all'elenco dell'A lmagesto;fi, inoltre, non misurò nuovamente le po-sizioni, spesso erronee, delle stelle elenca-te, ma forni magnitudini più esatte, oltre anomi arabi. Questi ultimi non erano, perla maggior parte, se non semplici traduzio-ni da Tolomeo.

Per molti anni si suppose che la nomen-clatura delle stelle in Occidente fosse deri-vata dal testo arabo di al-Stífi. Oggi pareinvece che i suoi traduttori latini del Tre-cento e del Quattrocento abbiano derivatoi nomi delle stelle da una versione latinadalla traduzione araba dell'A Imagesto,combinandoli con le splendide raffigura-zioni pittoriche delle costellazioni presentinei codici di al-Sdi. Frattanto la nomen-clatura araba delle stelle filtrava in Occi-dente anche per un'altra via: la costruzio-ne degli astrolabi.

L'astrolabio era un'invenzione greca. Èessenzialmente un modello bidimensionaledel cielo, un elaboratore analogico per ri-solvere i problemi di astronomia sferica (siveda l'articolo L'astrolabio di J. D. Northin «Le Scienze» n. 68, aprile 1974). Unastrolabio tipico è costituito da una seriedi dischi di ottone alloggiati in una matri-ce, anch'essa di ottone, nota in arabo co-me umm (che significa «grembo») e in ita-liano come «madre». Il disco superiore,chiamato in arabo `ankabút («ragno») e initaliano «ragno» o «rete», è un reticolo tra-forato comprendente due o tre decine dipunte che indicano la posizione di stellespecifiche. Inferiormente alla rete si trova-no uno o più dischi piani, i climi o timpani,ciascuno dei quali reca inciso un sistemadi coordinate celesti appropriato per fareosservazioni a una particolare latitudine:cerchi di uguale altezza al di sopra dell'o-rizzonte (analoghi ai paralleli terrestri) ecerchi di uguale azimut lungo l'orizzonte(analoghi ai meridiani terrestri). Facendoruotare la rete attorno a un perno centrale,che rappresenta il polo celeste boreale, èpossibile riprodurre il movimento diurnodelle stelle sulla sfera celeste.

Benché l'astrolabio fosse noto nell'An-tichità, lo strumento datato più antico checi sia pervenuto risale al periodo islamico(si veda l'immagine pubblicata in coperti-na). Costruito da un certo Nastulus nel315 dell'era dell'Egira (927-928 d.C.), èoggi fra gli oggetti di maggior pregio con-servati nel Museo nazionale del Kuwait.Per contare gli astrolabi arabi del X secolobastano le dita di una mano, mentre nesono rimasti una quarantina dei secoli XI

e XII. Di questi astrolabi, diversi furonocostruiti in Spagna alla metà dell'XI seco-lo e hanno uno stile chiaramente moresco.

Il più antico trattato arabo sull'astrola-bio che si sia conservato fu scritto aBagdad da uno degli astronomi del califfoal-Ma'ma, 'Ali ibn `Isà. In seguito scris-sero sull'astrolabio anche altri membri del-la scuola di Bagdad, fra i quali ha un rilie-vo particolare al-Farghimi. Nel trattato dìquest'ultimo è sorprendente il modo mate-matico con il quale egli applicò lo strumen-to alla soluzione di numerosi problemi diastrologia, di astronomia e di computo deltempo.

Molti di questi trattati arrivarono inSpagna, dove nel XII e XIII secolo furonotradotti in latino. Il più famoso, sopravvis-suto in circa 200 copie manoscritte com-plete, fu attribuito per molto tempo erro-neamente a Màshà'alla (Messala), unastronomo ebreo dell'VIII secolo che ebbeparte nei calcoli per la fondazione diBagdad; probabilmente il trattato è peròuna stesura posteriore basata su una va-

rietà di fonti. Attorno al 1390 questo trat-tato fornì la base per un saggio sull'astro-labio del poeta inglese Geoffrey Chaucer.Pare, in effetti, che l'Inghilterra sia stata lavia per l'introduzione dell'astrolabio dallaSpagna nella cristianità occidentale versola fine del Duecento e nel corso del Tre-cento. Non è escluso che l'attività scienti-fica incentrata a Oxford a quel tempo ab-bia ,-,-,ntrikn it ,, A diffondersi dell'intereRRPper tale strumento. Il Merton College el'Oriel College dell'Università di Oxfordconservano ancora oggi pregevoli astrola-bi del Trecento.

Su di essi si trovano incise tipiche seriedi nomi arabi di stelle scritti in caratterilatini gotici. Sull'astrolabio del MertonCollege, per esempio, si leggono nomi ara-bi che sono entrati, sia pure con qualchemodifica, nella comune nomenclatura mo-derna: Wega, Altahir, Algeuze, Rigil, El-feta, Alferaz e Mirac. Così, in conseguen-za della tradizione dell'astrolabio dell'I-slam orientale, trasmessa attraverso laSpagna all'Inghilterra, la maggior parte

delle stelle usate oggi nella navigazione hanomi arabi, introdotti in parte dagli arabistessi o derivati dai nomi greci di Tolomeotradotti in arabo.

Perfezionamenti dell'opera di Tolomeo

Sarebbe sbagliato concludere, sulla ba-se della preponderanza dei nomi arabi distelle, che gli astronomi arabi abbianocompiuto uno studio esauriente del cielo.Al contrario, le loro osservazioni furonodel tutto limitate. Per esempio, la spetta-colare supernova (esplosione stellare) del1054, che produsse la Nebulosa del Gran-chio, non fu registrata in testi islamici an-che se trovò grande attenzione in Cina. Gliastronomi moderni, colpiti da questa vi-stosa omissione, spesso non si rendonoconto che gli astronomi arabi trascuraro-no di documentare la maggior parte deifenomeni astronomici specifici. Essi ave-vano poco incentivo a farlo. La loro astro-logia, diversamente da quella dei cinesi,non dipendeva da presagi celesti insoliti

quanto dalle posizioni dei pianeti, le qualierano descritte con sufficiente precisionedai procedimenti usati da Tolomeo.

I modelli planetari escogitati da Tolo-meo nel II secolo d.C. facevano muovereil Sole, la Luna e le stelle attorno alla Ter-ra. Una semplice orbita circolare non po-teva però rendere ragione del fatto che unpianeta sembra invertire periodicamente lasua direzione di movimento in cielo. (Se-condo il moderno punto di vista eliocentri-co, questo moto apparente retrogrado siha quando la Terra supera un altro piane-ta, o viene superata da esso, nella sua ri-voluzione attorno al Sole.) Tolomeo face-va muovere perciò ogni pianeta su un epi-ciclo, un cerchio rotante il cui centro sispostava attorno alla Terra lungo un cer-chio maggiore detto deferente. L'epiciclo,assieme ad altri espedienti geometrici in-ventati da Tolomeo, forniva un'approssi-mazione abbastanza buona al moto appa-rente dei pianeti. Essendo un grande teori-co, Tolomeo doveva essersi sentito abba-stanza fiducioso circa la particolare geo-

metria dei suoi modelli, giacché non si sof-ferma mai a spiegare in quale modo siapervenuto alla decisione di adottarli.

D'altra parte l'idea di applicare la ma-tematica a una descrizione numerica spe-cifica del mondo fisico era qualche cosa dipiuttosto nuovo per i greci ellenistici, e diben lontano dalla matematica pura di Eu-clide e di Apollonio. In questa parte delsuo programma Tolomeo deve essersi resoconto che valori migliori per i parametrinumerici dei suoi modelli erano non solodesiderabili ma anche inevitabili, cosicchédiede istruzioni accurate su come stabilirei parametri a partire da un numero limitatodi osservazioni scelte. Gli astronomi isla-mici appresero questa lezione anche trop-po bene. Essi limitarono le loro osserva-zioni, o almeno le pochissime che deciserodi registrare, soprattutto a misurazioni chepotessero essere usate per riderivare para-metri chiave. Queste osservazioni concer-nevano, fra l'altro, l'orientazione e l'ec-centricità dell'orbita solare e l'inclinazionedel piano dell'eclittica.

2223

Il sistema tolemaico poneva il Sole, la Luna e i pianeti in orbita attornoalla Terra. La Luna e i cinque pianeti noti si muovevano su cerchi sus-sidiari, detti epicicli, il centro dei quali percorreva cerchi maggiori chia-mati deferenti. Gli epicicli riproducevano il moto retrogrado apparentedei pianeti (a destra). Ma la velocità orbitale di un pianeta presenta

variazioni anche fuori dei cappi di moto retrogrado. Per rappresentarequesto moto non uniforme, Tolomeo adottò altri due espedienti geome-trici. Innanzitutto rese eccentrici i deferenti, ossia ne spostò il centro fuoridella Terra, poi suppose che il moto angolare di un pianeta fosse uniformenon attorno al centro del deferente bensì attorno all'equante, un punto

SATURNO •

GIOVE

CAPPIO DiMOTO RETROGRADO

3

1DEFERENTE

•EQUANTE

EPICICLO 45„4N CENTRO

TERRA

2

e.

Un esempio particolarmente significati-vo di un astronomo islamico che lavorò inuna cornice di riferimento rigorosamentetolemaica, stabilendo però nuovi valoriper i parametri di Tolomeo, fu Muham-mad al-Bàttani (Albategno), un contempo-raneo più giovane di Thàbit ibn Qurra. LeZik («Tavole astronomiche))) di al-Bàttanisono ammirate ancor oggi come una delleopere astronomiche più importanti fratempo di Tolomeo e quello di Copernico.Fra l'altro, al-Bàttani fu in grado di stabi-lire la posizione dell'eclittica (la traiettoriaapparente percorsa in cielo dal Sole in una

rivoluzione annua) con miglior precisionedi Tolomeo (un compito equivalente in ter-mini moderni a trovare la posizione del-l'orbita della Terra).

Poiché al-Bàttani non descrive le sueosservazioni nei particolari, non è chiarose abbia adottato una strategia di osserva-zione diversa da quella di Tolomeo. Inogni caso ottenne buoni risultati e qualchesecolo dopo i suoi parametri per l'orbitasolare furono molto noti in Europa. Le sueZig arrivarono dapprima in Spagna, dovefurono tradotte in latino all'inizio del XIIsecolo, e in castigliano un po' più di cen-

t'anni dopo. Il fatto che ne sia rimasta soloun'unica copia araba (nella Biblioteca del-l'Escorial nei pressi di Madrid) induce apensare che l'astronomia di al-Bàttani nongodesse nel mondo islamico di una consi-derazione così elevata come in Europa,dove l'avvento della stampa ne assicurò lasopravvivenza e, in particolare, la rese di-sponibile a Copernico e ai suoi contempo-ranei. Nei De revoiutionibus urbium coele-stium l'astronomo polacco cita il suo pre-decessore del IX secolo non meno di 23volte.

Di contro, uno dei massimi astronomi

dell'Islam medievale, 'Ah ibn `Abd al--Rattmàn ibn Yaus, rimase completa-mente ignoto agli astronomi europei delRinascimento. Lavorando al Cairo un se-colo dopo al-Bàttani, Ibn Yúrius scrisse unimportante manuale astronomico noto co-me libkinù Zig («Tavole hakimite»). Di-versamente da altri astronomi arabi, eglipremise alle sue Zik una serie di più dicento osservazioni, per lo più di eclissi e dicongiunzioni planetarie. Benché il manua-le di Ibn Ytìnus fosse molto usato nel mon-do islamico, e le sue tavole per il computodel tempo siano rimaste in uso al Cairo

in posizione simmetrica alla Terra sul prolun-gamento della linea che unisce la Terra al cen-tro del deferente. Alcuni astronomi islamici me-dievali considerarono sia gli equanti sia i defe-renti eccentrici filosoficamente inaccettabili.

fino al secolo scorso, la sua opera rimasetotalmente sconosciuta in Occidente fino ameno di 200 anni fa.

Per l'intero periodo islamico gli astro-nomi se ne rimasero al sicuro all'internodella cornice di riferimento geocentrica.Per questo fatto non dovremmo criticarlitroppo duramente. Fino alle osservazionitelescopiche delle fasi di Venere da partedi Galileo verso la fine del 1610 non sipoté addurre alcuna prova empirica con-tro il sistema tolemaico. Neppure le osser-vazioni di Galileo riuscirono a distinguerefra il sistema geo-eliocentrico di TychoBrahe (in cui gli altri pianeti compivanorivoluzioni attorno al Sole, mentre il Solesi muoveva attorno alla Terra) e il sistemapuramente eliocentrico di Copernico (siveda l'articolo L'affare Galileo di OwenGingerich in «Le Scienze» n. 170, ottobre1982). Inoltre, benché gli astronomi isla-mici osservassero l'ingiunzione di Tolo-meo di verificare i suoi risultati, non si li-mitarono semplicemente a migliorarne iparametri. I particolari tecnici dei suoimodelli non furono immuni da critiche.Questi attacchi, tuttavia, furono condottiinvariabilmente sul piano filosofico e nonsul piano dell'osservazione.

Dubbi su Tolomeo

I modelli di Tolomeo erano essenzial-mente un sistema matematico per prevede-re le posizioni dei pianeti. Eppure nelleHypotheseis ton planomenon (Ipotesi suipianeti) egli cercò di inquadrare i modelliin un sistema cosmologico, lo schema ari-stotelico di sfere strettamente racchiusel'una nell'altra e aventi il centro in corri-spondenza della Terra. Egli situò il puntopiù vicino della sfera di Mercurio subitodopo il punto più lontano di quella dellaLuna; alla massima escursione di Mercu-rio seguiva immediatamente il punto piùvicino della sfera di Venere, e così via perle sfere del Sole, di Marte, di Giove e diSaturno.

Per riprodurre i moti apparenti non uni-formi dei pianeti, Tolomeo adottò, oltreall'epiciclo, due espedienti puramente geo-metrici. Innanzitutto situò i cerchi deferen-ti in posizioni eccentriche rispetto alla Ter-ra. In secondo luogo, fece l'assunto inge-gnoso che il moto dei corpi celesti fosseuniforme non attorno alla Terra né attornoal centro dei loro deferenti, bensì attornoa un punto chiamato equante, situato sulprolungamento della linea che univa laTerra al centro del deferente, dal quale di-stava, in posizione simmetrica, esattamen-te quanto la Terra. Deferenti eccentrici edequanti funzionavano benissimo nel rap-presentare le varie velocità con le quali ipianeti sembrano muoversi in cielo, mamolti li consideravano inaccettabili dalpunto di vista filosofico.

L'equante, in particolar modo, sembra-va sconveniente ai filosofi, che concepiva-no le sfere planetarie come oggetti fisicireali, mossi ciascuno dalla sfera a essoesterna (e l'ultimo dal primo motore im-mobile) e che volevano essere in grado di

costruire un modello meccanico del siste-ma. Per esempio, come sottolineò Maimo-nide, un dotto ebreo del XII secolo attivoin Spagna e al Cairo, il punto equante perSaturno veniva a coincidere con le sfere diMercurio, cosa chiaramente disdicevoleda un punto di vista meccanico. L'equanteviolava inoltre la nozione filosofica che icorpi celesti dovessero essere mossi da unsistema di cerchi perfetti, ciascuno deiquali ruotasse con velocità angolare uni-forme attorno al suo centro. Per alcuni pu-risti persino i deferenti eccentrici di Tolo-meo, che espellevano la Terra dal centrodel cosmo, erano insoddisfacenti sul pianofilosofico.

Gli astronomi islamici adottarono lacosmologia tolemaico-aristotelica, ma in-fine cominciarono a emergere alcune criti-che. Una delle prime fu espressa da Ibnal-Haytham (Alhazen), attivo al Cairo nel-l'XI secolo e uno tra i fisici più importanti.Nei Dubbi su Tolomeo egli si dolse chel'equante non soddisfacesse la richiesta delmoto circolare uniforme e si spinse fino adichiarare sbagliati i modelli planetari del-l'A Imagesto.

Solo una fra le opere astronomiche diAlhazen, un libro intitolato Sulla configu-razione del mondo, penetrò nell'Europalatina nel Medioevo. In esso Alhazen siproponeva di scoprire la realtà fisica che èalla base dei modelli matematici di Tolo-meo. Concependo i cieli come sfere e gusciconcentrici, egli tentò di assegnare un sin-golo corpo sferico a ciascuno dei motisemplici dell'A lmagesto. L'opera fu tra-dotta in castigliano alla corte di Alfonso Xil Saggio e poi, all'inizio del Trecento, dalcastigliano in latino. Questa versione lati-na dell'opera, o una traduzione latina diuna delle sue esposizioni, esercitò un'influ-enza importante in Europa all'inizio delRinascimento. L'idea di sfere celesti sepa-rate per ogni componente dei moti plane-tari di Tolomeo acquistò una vasta circo-lazione attraverso le Theoricae novae pla-netarum, scritte dall'astronomo e mate-matico austriaco Georg von Peurbach at-torno al 1454.

Frattanto nel XII secolo, nella regioneislamica occidentale dell'Andalusia, l'a-stronomo e filosofo islamico Ibn Rushd(Averroè) pervenne a suo modo a una cri-tica estrema a Tolomeo. «Affermare l'esi-stenza di una sfera eccentrica o di un sferaepiciclica è contrario alla natura...», scris-se. «L'astronomia del nostro tempo nonoffre alcuna verità, ma si accorda solo coni calcoli, non con ciò che esiste.» Averroèrifiutò perciò i deferenti eccentrici di Tolo-meo e sostenne un modello rigorosamenteconcentrico dell'universo.

Un suo contemporaneo andaluso, AbuIshàq al-Bitrùgi, si sforzò di sviluppare untale modello rigorosamente geocentrico. Irisultati furono disastrosi. Nel suo siste-ma, Saturno, per esempio, poteva a voltediscostarsi dall'eclittica di ben 26 gradi(anziché dei tre gradi richiesti). Quanto aimoti osservati che avevano indotto Tolo-meo a proporre l'equante, furono comple-tamente ignorati. Nelle parole di un com-

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Il sistema doppio-epiciclico proposto nel Trecento da Ibn-al-Shatir climi- triche attorno alla Terra. Il disegno, da un codice conservato allanò gli equanti di Tolomeo ponendo Sole, Luna e pianeti in orbite concen- Bodleian Library dell'Università di Oxford, mostra posizioni della Luna.

mentatore moderno, al-Bitrtigi «aggiungecaos alla confusione». All'inizio del Due-cento la sua opera fu nondimeno tradottain latino sotto il nome di Alpetragio, e apartire dal 1230 circa le sue idee furonoampiamente discusse in tutta l'Europa.Persino Copernico cita il suo ordine deipianeti, con Venere situato oltre il Sole.

All'altro capo del mondo islamico unanuova critica dei meccanismi tolemaici fuintrapresa nel Duecento da Nasir al-Dinal-Thsi. Fra i dotti islamici più versatili eprolifici, con 150 fra trattati e lettere notial suo attivo, al-Tùsi ha anche il merito diavere costruito un importante osservato-rio - che era anche un vero e proprio isti-tuto scientifico - a Maragha (l'attuale Ma-ràgheh, nell'Iran nordoccidentale).

Al-Ttisi trovò particolarmente discuti-bile l'equante. In Tadhkira («Memoran-dum») lo sostituì aggiungendo altri duepiccoli epicicli al modello di ciascuna orbi-ta planetaria. Attraverso quest'espedienteingegnoso, poté conseguire l'obiet-tivo di generare i moti non uniformi deipianeti attraverso combinazioni di cerchiin rotazione uniforme. I centri dei deferentierano però ancora esterni alla Terra. Altridue astronomi all'osservatorio di Mara-gha, Mu'ayyad al-Din ab`Urdi e Qutb al--Din al-Shiràzi, offrirono una disposizionealternativa, ma anche questo sistema con-servava l'eccentricità dei deferenti, cheprestava il fianco a obiezioni di caratterefilosofico.

Infine, una nuova disposizione comple-tamente concentrica dei meccanismi pla-netari fu ottenuta da Ibn al-Shàpr, che la-vorò a Damasco attorno al 1350. Usandouno schema affine a quello di Ibnal-Shàtir riuscì a eliminare dalle costruzio-ni di Tolomeo non solo l'equante, ma an-che altri cerchi discutibili. Egli sgombròperciò la via a un insieme meccanicamenteaccettabile di sfere celesti inserite l'unanell'altra. (Così Ibn al-Shàtir descrisse ilsuo lavoro: «Trovai che i più eminenti fragli astronomi posteriori avevano addottodubbi incontestabili circa la ben nota a-stronomia delle sfere di Tolomeo. Chiesiperciò a Dio Onnipotente di ispirarmi e diaiutarmi a inventare modelli che soddisfa-cessero ciò che veniva richiesto, e Dio -possa Egli essere lodato ed esaltato - mimise in grado di escogitare modelli univer-sali per i moti planetari in longitudine elatitudine e per tutti gli altri caratteri osser-vabili dei loro moti, modelli sottratti aidubbi ai quali non sfuggivano invece i mo-delli precedenti.») Eppure la soluzione diIbn al-Shàtir, come pure l'opera degliastronomi dell'osservatorio di Maragha,rimase in generale ignota in Europa.

Influenza su Copernico?

Il modello dimenticato di Ibn al-Shàtirfu riscoperto verso la fine degli anni cin-quanta di questo secolo dallo storico dellematematiche islamiche E. S. Kennedy e dasuoi allievi dell'Università americana diBeirut. La scoperta sollevò un problema digrande interesse. Si riconobbe prontamen-

te che le invenzioni di Ibn al-Shàtir e dellascuola di Maragha erano affini al mecca-nismo che sarebbe stato adottato qualchesecolo dopo da Copernico per eliminarel'equante e per generare le complesse va-riazioni nella posizione dell'orbita dellaTerra. Copernico, ovviamente, presentauna disposizione eliocentrica dei corpi delsistema solare, ma il problema di spiegarele lente ma regolari variazioni nella veloci-tà orbitale di un pianeta restava esatta-mente lo stesso. Poiché Copernico accet-tava le obiezioni filosofiche all'equante -alla stregua di alcuni fra i suoi predecesso-ri islamici egli riteneva a quanto pare chei corpi celesti fossero trasportati da sferefisiche, cristalline - tentò anch'egli di sosti-tuire gli espedienti geometrici di Tolomeo.In un'opera preliminare, il Commentario-lus, Copernico adottò una disposizioneequivalente a quella di Ibn al-Shàtir. Inseguito, nel De revolutionibus, tornò all'u-so delle orbite eccentriche, adottando unmodello che era l'equivalente, incentratosul Sole, di quello sviluppato a Maragha.

Copernico potrebbe aver risentito del-l'influenza degli astronomi di Maragha, odi quella di Ibn al-Shàtir? Non è stata tro-vata traduzione latina di nessuna delle loroopere, come pure di nessuna opera che de-scriva i loro modelli. Si potrebbe concepirela possibilità che Copernico abbia visto unmanoscritto arabo mentre studiava in Ita-lia (fra il 1496 e il 1503) e che se lo siafatto tradurre, ma la cosa sembra moltoimprobabile. Sappiamo che una traduzio-ne greca di parte del materiale di al-Ttísigiunse a Roma nel Quattrocento (molti co-dici greci furono trasportati in Occidentedopo la caduta di Costantinopoli avvenutanel 1453), ma non esiste alcuna prova delfatto che essa sia mai capitata sotto gliocchi di Copernico. Oggi gli studiosi sonodivisi sul problema se Copernico abbia ri-cevuto dal mondo islamico il suo metodoper la sostituzione dell'equante o se lo ab-bia escogitato in modo autonomo. È miaconvinzione che possa averlo inventato in-dipendentemente.

Tutto lo spirito delle critiche a Tolomeoe l'idea dell'eliminazione dell'equante sononondimeno parte del clima d'opinione chel'Occidente latino ereditò dal mondo isla-mico. Gli astronomi islamici sarebberostati probabilmente sorpresi, e sarebberoforse addirittura inorriditi, se avessero po-tuto prevedere la rivoluzione avviata daCopernico. Eppure i motivi che indusseroCopernico a introdurre il suo nuovo siste-ma non erano del tutto diversi dai loro.Nell'eliminare l'equante, e persino nel farrivolgere i pianeti attorno al Sole anzichéattorno alla Terra, Copernico stava in par-te tentando di formulare un sistema in gra-do di funzionare meccanicamente, un si-stema che offrisse non solo una rappresen-tazione matematica, ma anche una spiega-zione fisica dei moti planetari. In un sensoprofondo, Copernico non fece altro chesviluppare le implicazioni dell'astronomiafondata da Tolomeo, ma trasformata dagliastronomi islamici. Oggi tale eredità ap-partiene all'intero mondo della scienza.

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