INTRODUZIONE - AIIRO Associazione Italiana … di un paziente... · Web viewIl medico e...

114
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA TESI DI LAUREA PDTA DI UN PAZIENTE AFFETTO DA CARCINO M A DEL CAVO O RALE SO TTOPOSTO A R AD IO TERAPIA R elatore: C andidato: M ANNA G ianluca PETRALIA G iuseppina Anno Accadem ico 2005/2006 1

Transcript of INTRODUZIONE - AIIRO Associazione Italiana … di un paziente... · Web viewIl medico e...

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO

FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA

CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA

TESI DI LAUREA

PDTA DI UN PAZIENTE AFFETTO DA CARCINOMA DEL CAVO ORALE SOTTOPOSTO A RADIOTERAPIA

Relatore: Candidato:

MANNA Gianluca PETRALIA Giuseppina

Anno Accademico 2005/2006

1

RINGRAZIAMENTI

Ringrazio il mio relatore MANNA Gianluca per la disponibilità e la comprensione, l’infermiera GARDES Paule Marie per il suo sostegno e per il suo grande aiuto nel lavoro di realizzazione della tesi.

Ringrazio i miei zii, Marianna e Luigi, e mia cugina Rossella per il loro affetto, per la loro disponibilità e per il loro sostegno.

DEDICA

Dedico la mia tesi ai miei genitori, Alfio e Maria, a mia sorella Giulia e al mio fidanzato Enzo.

INDICE

2

INTRODUZIONE pag. 4

EPIDEMIOLOGIA pag. 5

BIBLIOGRAFIA pag. 7

CAPITOLO 1

ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL CAVO ORALE pag. 9

BIBLIOGRAFIA pag. 16

CAPITOLO 2

BIOLOGIA DEI TUMORI pag. 18

BIBLIOGRAFIA pag. 22

CAPITOLO 3

STADIAZIONE ED OPZIONI TERAPEUTICHE DEL

CARCINOMA DEL CAVO ORALE pag. 24

BIBLIOGRAFIA pag. 27

CAPITOLO 4

4.1 PRINCIPI DI RADIOTERAPIA pag. 29

4.2 PREPARAZIONE AL TRATTAMENTO RADIANTE pag. 30

4.3 EFFETTI COLLATERALI DELLA RADIOTERAPIA pag. 32

4.4 BIBLIOGRAFIA pag. 34

CAPITOLO 5

PRESENTAZIONE DI UN CASO pag. 36

3

CAPITOLO 6

PERCORSO DEL PAZIENTE NEL CENTRO

RADIOTERAPICO pag. 39

BIBLIOGRAFIA pag. 55

CAPITOLO 7

QUALITA’ DI VITA pag. 60

7.1 CHE COSA E’ LA QUALITA’ DI VITA pag. 61

7.2 COME E QUANDO MISURARE LA

QUALITA’ DI VITA pag. 62

7.3 A CHE PUNTO SIAMO E QUALE

SARA’ IL FUTURO pag. 63

BIBLIOGRAFIA pag. 64

CAPITOLO 8

LA FATIGUE pag. 66

8.1 CHE COSA E’ LA FATIGUE pag. 67

8.2 LE CAUSE DELLA FATIGUE pag. 68

8.3 GLI EFFETTI DELLA FATIGUE pag. 69

BIBLIOGRAFIA pag. 71

CAPITOLO 9

IL DOLORE ONCOLOGICO pag. 74

4

9.1 VALUTAZIONE DEL DOLORE pag. 75

9.2 TERAPIA ANTALGICA pag. 77

9.3 SOMMINISTRAZIONE DELLA TERAPIA ANTALGICA pag. 78

BIBLIOGRAFIA pag. 82

CONCLUSIONI pag. 84

ALLEGATO 1

IMMAGINI DEL CAVO ORALE pag. 87

ALLEGATO 2

GUIDA AL PAZIENTE pag. 90.

5

INTRODUZIONE

Il titolo della presente tesi di laurea ha avuto origine dal desiderio di approfondire un

argomento trattato a scuola durante il corso integrato di Oncologia, sia attraverso le lezioni

frontali sia durante i lavori di gruppo. La mia ricerca ha ottenuto molti risultati attraverso

informazioni mediche in merito alla radioterapia, in netta contrapposizione con la mancanza

di notizie sull’assistenza infermieristica. La scelta è stata dovuta alla scarsità di informazioni

presenti in questo specifico campo e, proprio per questo, le osservazioni si basano su

evidenze scientifiche, riscontrate nella pratica professionale ed in letteratura, piuttosto che

su concetti teorici.

Convivere con una grave malattia non è facile. I pazienti neoplastici e i loro cari si

troveranno di fronte a numerosi problemi e sfide, che sarà più semplice risolvere disponendo

di informazioni utili e di servizi di sostegno: Il paziente deve sentirsi assistito e controllato in

modo costante.

Un anello della catena rappresentante l’équipe di professionisti che lavorano per

assistere un paziente radiotrattato, è occupato dall’infermiere e pertanto cercheremo di

delineare quale sia il suo ruolo attraverso la presentazione di un caso clinico e la descrizione

del piano diagnostico, terapeutico ed assistenziale

.

.

6

EPIDEMIOLOGIA

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sottolinea che la salute del cavo orale

è ancora un rischio che interessa tutte le fasi della vita di una persona e ha messo in atto un

sistema di sorveglianza internazionale poiché il carcinoma del cavo orale rimane tra le

malattie più diffuse. Il cancro della bocca colpisce particolarmente le persone sopra i 55 anni

di età, soprattutto quando si tratta di fumatori e di alcolisti. Infatti, molti pensano che alcol e

tabacco esercitino un effetto carcinogeno sinergico; tuttavia l’incidenza tende ad aumentare

negli uomini di età inferiore ai 30 anni per l’uso di tabacco in forme diverse dal fumo

( tabacco da fiuto). In ogni caso negli Stati Uniti il cancro del cavo orale rappresenta il 2% di

tutte le morti per cancro e gli uomini sono più colpiti delle donne, anche se l’incidenza sta

aumentando per l’aumentato uso di alcol e tabacco nel sesso femminile. Per le 8100 morti

annuali dovute al cancro del cavo orale, si stima la seguente distribuzione:

Lingua 1800

Bocca 2300

Faringe 2100

Altro 1900

Se scoperto durante le fasi precoci può essere curato e la sopravvivenza a 5 anni è

pari a 55% per i soggetti di razza bianca e al 33% per gli afro- americani.

Un’ irritazione cronica provocata dal calore irradiato dal bocchino della pipa accesa o

da un’esposizione prolungata ai raggi solari può predisporre al cancro delle labbra.

Le algie boccali sono una delle forme di dolore più comune e più diffusa e

interessano almeno il 25% di quelle che si manifestano in un arco di tempo di sei mesi. E’ un

dolore che interferisce con una serie di funzioni vitali, come mangiare, deglutire, parlare.

Ogni anno più di 400 mila malati di cancro, che si sottopongono a radioterapia, sviluppano

una serie di problemi del cavo orale. Per capire il carico sociale ed economico dei problemi

derivati da disturbi della bocca, basti pensare che ogni anno, negli Stati Uniti, vengono

perdute 164 milioni di ore di lavoro per problemi relativi al cavo orale.

7

Esiste una correlazione tra la diffusione del cancro e le variabili riguardanti la salute e

quelle socio-economiche. Questa associazione suggerisce che lo sviluppo della neoplasia

segue quello dell’economia; infatti, più una società è ricca, maggiori saranno le aspettative di

vita. Essendo in aumento gli anni di vita vissuta, avranno un incremento anche il numero di

persone affette da neoplasia. Le campagne contro il cancro in Europa hanno proprio lo

scopo di concentrare energie e risorse sia sulla prevenzione primaria sia sul trattamento per

contribuire all’allungamento della sopravvivenza.

BIBLIOGRAFIA

RIVISTE

1. Centers for Disease Control and Prevention, Health Resources and Services

Administration, Indian Health Service e National Institutes of Health. Healthy People 2010.

Oral Health, 2003.

2. Petersen PE. The World Health Report 2003. Geneva: World health Organization, 2003.

8

3. Micheli A., Mugno E., Krogh V., Quinn MJ., Coleman M., Hakulinen T., Gatta G., Berrino

F., Capocaccia R., Europreval Working Group. Annals of Oncology: Cancer prevalence in

European registry areas. Oxford: European Society for Medical Oncology, 2002; 13:840-865.

4. Promoting Oral Health: Interventions for Preventing Dental Caries, Oral and Pharyngeal

Cancers and Sports related Craniofacial Injuries. Task Force, 2001; 50:1-13.

LINEE GUIDA

5. Satcher D. Oral Health in America: A Report of the Surgeon General. CDC maggio 2000.

9

Capitolo 1

10

ANATOMIA E FISIOLOGIA DEL CAVO ORALE

Anatomia

La cavità orale è l’organo necessario all’introduzione e all’elaborazione del cibo; con

la lingua e i denti costituisce l’apparato boccale nonché la prima porzione dell’apparato

digerente ma è parte anche delle vie respiratorie e degli organi della fonazione. Il punto di

passaggio tra la cavità orale e la cavità faringea è detto istmo delle fauci.

La bocca, completamente rivestita da mucosa, è delimitata anteriormente dalle

labbra, lateralmente dalle guance, posteriormente dall’istmo delle fauci, in alto dalla volta

palatina, in basso dal pavimento, costituito da un piano muscolare (muscolo miloioideo) su

cui appoggia la lingua.

Le labbra rivestono esternamente le arcate dentali, sono fornite di muscoli, in cui

predominano i fasci di fibre circolari ed intorno ad esse si trovano fascetti muscolari disposti

a raggera: ognuno di essi determina una particolare funzione nel movimento della bocca.

L’esterno delle labbra è rivestito dalla cute, che si continua nel viso, ed è rivestito da una

mucosa sottile che lascia trasparire il colore rosso dei fasci muscolari sottostanti. Questa

mucosa è ricca di terminazioni nervose deputate alla sensibilità termica (caldo e freddo). La

parte interna delle labbra è costituita da una mucosa più spessa ricca di ghiandole a

secrezione sierosa e mucosa.

Le pareti laterali sono costituite dalle guance le quali contengono i muscoli destinati

alla masticazione e una piccola raccolta di tessuto adiposo.

La parete superiore è nota come palato o volta palatina. Lo scheletro osseo del palato

duro è formato da due processi palatini dell’osso mascellare ed è coperto da una mucosa

stratificata di colorito roseo pallida.

La parete inferiore o pavimento buccale è occupato per quasi tutta la sua ampiezza

dalla lingua. La parete posteriore è costituita dal palato molle. Il contorno inferiore del palato

presenta una sporgenza centrale, l’ugola. Da qui si dipartono due arcate tra le quali si

trovano due ghiandole linfatiche, tonsille o amigdale, una per lato.

11

Tra gli elementi di maggior importanza presenti nella cavità della bocca vanno

ricordati i denti, la lingua e gli sbocchi dei canali escretori di molte ghiandole salivari: delle

parotidi (dotti di Stenone), delle ghiandole sottomascellari (dotti di Wharton) e di quelle

sottolinguali (dotti di Rivino). I denti sono costituiti da tre parti principali: la corona, il colletto e

la radice. Essi sono rivestiti dallo smalto, una delle sostanze più dure del corpo umano, la

dentina, sostanza anch’essa dura, e la polpa dentale che costituisce la parte morbida.

La mucosa boccale è assai ricca di terminazioni nervose sensitive che,

particolarmente abbondanti sulla lingua, rappresentano gli elementi fondamentali per il

senso del gusto. La mucosa che riveste la parete interna delle labbra e delle guance è rosea

o rossa, mentre quella che riveste le zone ossee e parte dei denti è più biancastra e viene

denominata gengiva. La gengiva giunge fino alla base della corona dei denti, formando

intorno a essa una struttura anulare, detta cercine gengivale, cui corrisponde il colletto di

ciascun dente.

FISIOLOGIA

Nella cavità orale si verificano le prime modificazioni dei cibi ai fini della digestione e

precisamente la loro masticazione e insalivazione, nonché la formazione del bolo alimentare.

12

La lingua è molto mobile, facilmente distendibile e contribuisce a deglutire il cibo

masticato. Essa è molto vascolarizzata perciò sanguina profusamente in caso di ferite; è

anche estremamente sensibile, in quanto è fornita di molte terminazioni nervose. Come

succede per le labbra, la lingua è rappresentata nelle cortecce cerebrali motoria e

somestesica da un’area molto più ampia delle dimensioni reali. Questa rappresentazione

relativamente estesa nella corteccia motoria permette di compiere i numerosi e fini

movimenti necessari per produrre la parola. Una lesione di qualsiasi tipo alla lingua, anche

molto piccola, può provocare difetti di pronuncia.

Un’importante funzione della lingua è quella di permetterci di gustare il cibo e quindi di

trarne piacere. Infatti, sulla superficie dorsale della lingua si trovano numerose papille che

possono essere chiamate papille filiformi, fungiformi, circumvallate o foliate a seconda della

loro forma. Queste aree contengono circa 10.000 bottoni gustativi che ci permettono di

distinguere le quattro modalità del gusto: dolce, amaro, salato e acido. In questi bottoni

gustativi si trovano cellule recettoriali gustative che sono chemocettori. Queste sostanze

chimiche in soluzione stimolano le suddette cellule e si genera un impulso che viaggia lungo

le fibre nervose che innervano ogni cellula recettoriale, fino a raggiungere la corteccia

cerebrale gustativa. Qui, la sensazione gustativa viene distinta e riconosciuta.

Ogni giorno un individuo adulto produce approssimativamente 1-1,5 litri di saliva. La

saliva è costituita principalmente da acqua (il 99% del totale) e di solito ha un pH di 6,8-7,0.

Tuttavia, diventa più alcalina quando aumenta la velocità di secrezione durante la

masticazione.

La saliva ha diverse funzioni:

* pulisce la bocca. All’interno di questa c’è una continua produzione di saliva che

scorre poi all’indietro verso l’esofago. La saliva contiene lisozima che ha azione antisettica, e

anche immunoglobuline (IgA) che hanno funzione di difesa. In generale, un suo normale

flusso contribuisce a prevenire le carie dentali e l’alitosi; un suo improvviso flusso nel cavo

orale spesso precede il vomito;

13

* mantiene il benessere del cavo orale e lubrifica riducendo la frizione provocata dal

parlare e dal masticare. La sensazione di bocca secca (secchezze delle fauci) è molto

spiacevole e rende difficile il parlare. Questa condizione può verificarsi normalmente quando

il soggetto è nervoso, spaventato o ansioso, e quando l’attività del sistema nervoso

simpatico o l’azione di farmaci inibiscono la secrezione salivare;

* contribuisce alla formazione di un bolo, cioè di una pallottola di cibo parzialmente

frammentato che è pronto per essere deglutito.

La saliva contiene un enzima digestivo, l’amilasi salivare o amilasi alfa, chiamata

anche ptialina. L’amilasi salivare agisce sull’amido cotto (per esempio nel pane e nelle torte),

trasformandolo in disaccaridi (maltosio e destrine). Più a lungo l’amido rimane in bocca e più

viene masticato, maggiore sarà l’effetto di questo enzima. L’amilasi salivare, di solito, nella

digestione svolge un ruolo minore e non essenziale.

La saliva è composta anche da ioni calcio, sodio, cloro, bicarbonato e potassio. Se a

causa di qualche patologia, per esempio infiammazioni, infezioni o neoplasie, i dotti delle

ghiandole salivari si ostruiscono, questi elettroliti possono concentrarsi nei dotti ghiandolari e

ciò porta alla formazione di calcoli salivari.

E’ necessario che le sostanze chimiche presenti nel cibo siano in soluzione (cioè

disciolte nella saliva) perché possano stimolare i recettori nelle papille gustative. Un

individuo con la bocca secca non può assaporare pienamente il cibo e perciò non riesce a

gustare i pasti.

La produzione di saliva avviene in risposta a fattori diversi tra loro.

Il pensiero, la vista o l’odore del cibo, sono riflessi condizionati, cioè quando una

sostanza viene riconosciuta come cibo e anticipata dal pensiero, dalla vista o dall’odore,

ecco che gli impulsi nervosi si dipartono e provocano salivazione.

La presenza di cibo nella bocca provoca la stimolazione meccanica delle ghiandole

salivari, e questa risposta rappresenta una riflesso incondizionato, cioè non appreso.

La secrezione di abbondante saliva acquosa si ha come risultato dell’eccitazione del

sistema nervoso parasimpatico, che aumenta anche il flusso ematico alle ghiandole salivari.

14

La stimolazione del sistema nervoso simpatico, che si ha per esempio in condizioni di

stress e di forte ansia, provoca vasocostrizione nella ghiandole, perciò viene prodotta solo

una piccola quantità di saliva concentrata.

Ci sono tre paia di ghiandole salivari principali: ghiandole parotidi, sottomandibolari e

sottolinguali. Altre ghiandole più piccole, dette ghiandole minori, sono presenti sulla

superficie del palato, della lingua e all’interno delle labbra. Queste ultime producono saliva in

risposta a stimoli meccanici locali. Le ghiandole parotidi sono ghiandole a secrezione in

prevalenza sierosa, producono un secreto molto fluido e ricco di componenti proteici; le

ghiandole sottolinguali presentano una maggior componente mucosa; le ghiandole

sottomandibolari risultano prevalentemente sierose.

Il controllo delle secrezioni salivari è essenzialmente determinato da una serie di

attività esercitate dal sistema nervoso centrale e periferico e dalla irrorazione sanguigna.

Questi meccanismi di secrezione mantengono un flusso salivare basale in assenza di stimoli

per evitare l’essiccamento e la disidratazione della mucosa orale e dei primi tratti della

faringe. La secrezione salivare è totalmente riflessa ed involontaria.

Si possono considerare tre fasi nella secrezione salivare:

la fase cefalica, nella quale esiste, in assoluta mancanza di stimolazioni orali,

un controllo corticale della funzione salivatoria, che tenderà ad estinguersi se

non sostenuta da una successiva assunzione di cibo;

la fase orale che si manifesta con l’assunzione di cibo ed è dovuta alla

stimolazione meccanica dei recettori tattili presenti nella mucosa della cavità

orale che incrementa la secrezione salivare;

la fase gastrica che agisce per via nervosa riflessa mantenendo la secrezione

salivare in modo da contribuire alla ulteriore diluizione del contenuto di cibo

presente nello stomaco.

Nell’arco delle 24 ore la quantità media di saliva secreta, in condizioni basali e di

stimolazione fisiologicamente normale, può variare da valori di 700-800 ml ed in particolari

condizioni il volume salivare può arrivare fino a 1500 ml. La formazione di saliva subisce un

picco, definito acrofase, durante le prime ore pomeridiane e, successivamente, tende a

15

diminuire progressivamente sino ad arrivare ad una fase di secrezione minima durante la

notte e nelle ore del sonno.

La saliva è composta principalmente da acqua a cui si aggiungono elettroliti inorganici

che più precisamente sono il sodio, il potassio, il calcio, il cloro, il fluoro. La componente

organica della saliva è invece costituita prevalentemente da molecole proteiche, lipidi e

glucidi. Il glucosio presente nella saliva primaria e secondaria rispecchia proporzionalmente

le concentrazioni ematiche. L’assunzione di cibi e di bevande zuccherate determina aumenti

delle concentrazioni zuccherine nel cavo orale, ma questi valori sono riferibili ai liquidi orali a

non alle secrezioni salivari propriamente dette. La saliva si può considerare leggermente

acida ed il suo pH può variare fra 5,75 e 7,05.

16

BIBLIOGRAFIA

TESTI1. Spadai F. La salivazione. Riflessioni funzionali e salute del cavo orale. Ambulatorio di

medicina e patologia orale della clinica odontoiatrica e stomatologia dell’università degli studi

di Milano: 2001.

2. Hinchliff S.M., Montague S.E., Watson R. Fisiologia per la Pratica Infermieristica. Milano:

Casa Editrice Ambrosiana, 2004.

SITI INTERNET3. Consiglio Nazionale delle Ricerche, Ministero dell’Istruzione dell’Università e della

Ricerca. Disponibile su: http://www.progettoocologia.cnr.it.htm. [Creazione: 2003] [ Ultimo

aggiornamento: 16 settembre 2005].

4. Servizio Nazionale di Supporto ed Informazione in Oncologia. Disponibile su:

http//www.sostumori.org.htm. [Ultimo aggiornamento: 2 febbraio 2006].

17

Capitolo 2

18

BIOLOGIA DEI TUMORI

Dopo la nascita le cellule possono comportarsi in maniera differente a seconda del

tessuto di appartenenza. Vi sono cellule che perdono definitivamente la capacità di

proliferare e cellule che possono continuare a riprodursi e differenziarsi durante tutto l’arco

della vita. I processi proliferativi che permettono i processi rigenerativi in caso di lesioni sono

rigidamente controllati. E’ importante; infatti, che non si producano cellule in numero

maggiore o minore rispetto al fabbisogno. E’ anche importante che, una volta intrapreso, il

processo differenziativo che conduce le cellule proliferanti a cellule mature e funzionanti, sia

completato in tutti i suoi stadi. Talvolta questi meccanismi di controllo non funzionano e di

conseguenza si verifica una proliferazione eccessiva delle cellule dando origine ad una

neoplasia. Si distinguono due tipi di tumore: i tumori benigni e quelli maligni. I primi sono dati

da una proliferazione cellulare ancora relativamente controllata, limitata nel tempo, nello

spazio e nel numero delle cellule. I secondi derivano da una proliferazione incontrollata che

invade i tessuti vicini e può anche colonizzare tessuti distanti e diversi da quelli di origine

dando luogo al fenomeno della metastasi. Più le cellule sono svincolate dai sistemi di

regolazione della proliferazione più la forma neoplastica è maligna.

Il processo proliferativo può fermarsi a vari livelli dando luogo a differenti forme di

neoplasia:

Lesione pre-neoplastica: accumulo di cellule che rimane molto ben limitata

nella sede di origine e l’assetto morfologico del tessuto risulta poco modificato;

Neoplasia benigna: la proliferazione e l’accumulo cellulare è più evidente, ma è

sempre circoscritto al tessuto d’origine e le cellule neoplastiche non superano

la membrana basale dell’epitelio;

Neoplasia maligna: le cellule neoplastiche superano la membrana basale ed

invadono i tessuti circostanti.

Nelle forme più maligne le cellule neoplastiche sviluppano la capacità di produrre

sostanze, dette fattori angiogenetici, che stimolano la formazione di nuovi vasi sanguigni e

del relativo supporto connettivale. Avviene una neovascolarizzazione del tessuto neoplastico

19

che permette l’arrivo delle sostanze nutritive a tutte le cellule che compongono la massa

tumorale.

Le cellule normali se sono a stretto contatto tra di loro smettono di proliferare. Questo

fenomeno viene definito inibizione da contatto. Le cellule neoplastiche perdono questa

importante proprietà inibente la crescita.

Il tumore è causato dalla trasformazione di una singola cellula. Questa cellula

prolifera e origina un clone di cellule neoplastiche, tutte ugualmente trasformate. La cellula

neoplastica è una cellula che ha subito delle alterazioni (mutazioni) a carico di geni

(oncogeni) che normalmente codificano per proteine legate alla regolazione della

proliferazione. Un oncogeno alterato codificherà per una proteina alterata, capace di

innescare la proliferazione, ma insensibile ai meccanismi di inibizione che la controllano.

Esistono in condizioni normali geni che frenano la proliferazione cellulare. Essi sono definiti

anti-oncogeni o geni onco-soppressori. La perdita o l’inattivazione di uno di questi può

essere il responsabile della generazione di un fenotipo neoplastico.

I tumori maligni possono invadere i tessuti vicini per contiguità o possono

metastatizzare in tessuti distanti da quello d’origine. Il processo di metastatizzazione o

metastasi è determinato dal fatto che alcune cellule neoplastiche trovano accesso al torrente

circolatorio e raggiungono tessuti distanti dove ricominciano a proliferare. Le vie che

utilizzano per produrre metastasi sono due: le vie linfatiche dove le cellule si staccano dalla

massa neoplastica e vanno a raggiungere mediante i capillari e i collettori linfatici i linfonodi

satelliti; e le vie ematiche.

La cellula neoplastica mantiene una certa somiglianza morfologica con le cellule del

tessuto normale da cui origina. I tumori vengono classificati generalmente in base all’istotipo.

I tumori maligni di origine epiteliale sono chiamati carcinomi, quelli di origine connettivale

sarcomi. Il tessuto di origine viene ricordato con un prefisso: per esempio vi sono

adenocarcinomi che indicano carcinomi originati da epiteli ghiandolari, epatocarcinomi che

sono carcinomi originati dalle cellule del fegato ed osteosarcomi, cioè sarcomi dell’osso. Le

neoplasie delle cellule del sangue vengono definite leucemie, mentre la neoplasia del

tessuto linfoide prende nome di linfoma.

20

Le neoplasie maligne del cavo orale sono solitamente neoplasie a cellule

squamose .Possono colpire tutte le regioni dell’orofaringe, ma interessano soprattutto le

labbra, gli aspetti laterali della lingua ed il pavimento buccale.

MANIFESTAZIONI CLINICHE

Molte forme neoplastiche sono inizialmente asintomatiche o associate a scarsi

sintomi. Successivamente si forma un’ulcera non dolorosa ed indurita con i margini rilevati o

una massa che non guarisce. Per cui ogni lesione del cavo orale che non guarisce in due

settimane dovrebbe essere valuta con biopsia. Col progredire della neoplasia il paziente

avverte dolore, difficoltà alla masticazione, ad inghiottire e all’articolazione della parola. I

linfonodi cervicali possono essere ingrossati.

Le valutazioni diagnostiche consistono:

nell’esame del cavo orale e nella valutazione dei linfonodi latero cervicali per

accertare la presenza di eventuali metastasi;

nell’esecuzione di una biopsia sulle lesioni sospette

Per i fumatori di sigarette o di pipa sono particolarmente a rischio la mucosa e le

gengive.

Per i consumatori di alcol e tabacco sono a rischio: il pavimento della bocca, la

porzione ventrolaterale della lingua e il complesso del palato molle ( cioè il palato molle,

regione tonsillare anteriore e posteriore, l’ugola e la regione compresa tra i molari e la

giunzione della lingua ).

21

BIBLIOGRAFIA

TESTI

1. Carpanelli I., Canepa M., Bettini P., Viale M. Oncologia e cure palliative. AIIO

Associazione Italiana Infermieri di Oncologia. Milano: McGraw-Hill, 2002.

2. Bonadonna G., Robustelli della Cuna G., Valagussa P. Medicina Oncologica. Settima

edizione. Masson, 2003.

3. Brunner Suddarth nursing medico chirurgico CEI 2001

22

23

Capitolo 3

24

STADIAZIONE ED OPZIONI TERAPEUTICHE DEL CARCINOMA DEL CAVO ORALE

Una volta diagnosticata la presenza del tumore, sono necessari ulteriori accertamenti

per verificare se le cellule tumorali si sono diffuse ad altre parti dell'organismo (stadiazione).

Questa è importante per la scelta del trattamento più indicato. Il carcinoma del cavo orale si

suddivide nei seguenti stadi:

stadio I: il tumore ha un diametro massimo di 2 cm e non si è esteso ai linfonodi

regionali (i linfonodi sono piccole strutture del sistema linfatico, a forma di fagiolo,

presenti in tutto il corpo, che producono e conservano le cellule che combattono le

infezioni);

stadio II: il tumore ha un diametro che misura più di 2 cm, ma meno di 4 cm, e non si

è diffuso ai linfonodi regionali;

stadio III:

- il tumore ha un diametro maggiore di 4 cm (è più lungo di 4 cm); oppure

- il tumore, indipendentemente dalle sue dimensioni, ha invaso un solo linfonodo

omolaterale, ossia localizzato nella stessa parte del collo in cui si trova il tumore; il

linfonodo interessato non misura più di 3 cm;

stadio IV:

25

- il tumore si è diffuso ai tessuti circostanti le labbra e il cavo orale; i linfonodi

possono essere indenni o compromessi;

oppure

- il tumore, indipendentemente dalle sue dimensioni, ha invaso più di un linfonodo

omolaterale, i linfonodi di uno o di tutti e due i lati del collo, oppure un linfonodo, che

misura oltre 6 cm di diametro;

oppure

- il tumore si è esteso ad altri organi;

recidiva: quando il tumore si ripresenta dopo il trattamento. La recidiva può

svilupparsi nella stessa sede del tumore primitivo oppure in un altro organo.

OPZIONI TERAPEUTICHE

Tutti i pazienti portatori di cancro del cavo orale possono essere sottoposti a

trattamento. Esistono tre opzioni terapeutiche:

chirurgia, che consiste nell'asportazione del tumore;

radioterapia, che utilizza dosi elevate di raggi X per distruggere le cellule tumorali.

chemioterapia: che consiste nella somministrazione di farmaci che distruggono le

cellule tumorali.

La chirurgia è un trattamento comune per il tumore del labbro e del cavo orale. Il

chirurgo potrà asportare il tumore con un margine di tessuto sano circostante. In alcuni casi

eseguirà anche una dissezione linfonodale, vale a dire asporterà anche i linfonodi del collo.

La radioterapia consiste nell'applicazione di radiazioni ad alta frequenza per

distruggere le cellule neoplastiche e ridurre le dimensioni del tumore. Le radiazioni possono

essere erogate da una macchina esterna all'organismo (radioterapia esterna) oppure può

essere immessa direttamente nella lesione (radioterapia interna o intracavitaria).

26

La chemioterapia è la modalità terapeutica che distrugge le cellule tumorali

attraverso la somministrazione di farmaci, che possono essere assunti per bocca in forma di

compresse, oppure iniettati per via endovenosa o intramuscolare. La chemioterapia si

definisce trattamento sistemico, perché il farmaco entra nella circolazione sanguigna, si

diffonde nell'organismo e in questo modo può raggiungere e distruggere le cellule tumorali

che si sono diffuse a distanza.

Se il chirurgo rimuove tutto il tumore visibile, il paziente potrà essere sottoposto a

chemioterapia o radioterapia postoperatoria allo scopo di distruggere eventuali cellule

tumorali residue. Questa terapia attuata dopo l'intervento quando non ci sono

apparentemente più cellule tumorali si definisce adiuvante. La chemioterapia o la

radioterapia eseguita prima dell'intervento allo scopo di ridurre le dimensioni del tumore, per

poterlo poi asportare più agevolmente, si definisce neoadiuvante.

 

BIBLIOGRAFIA

TESTI

1. Bonadonna G., Robustelli della Cuna G., Valagussa P. Medicina Oncologica. Settima

edizione. Masson, 2003.

27

SITI INTERNET

2. AimaC-Profili DST-Cancro del labbro e del cavo orale. Disponibile su:

http://www.aimac.it.htm. [Ultimo aggiornamento: dicembre 2001]

3. http://www.tumori.net.htm.

28

Capitolo 4

29

4.1 PRINCIPI DI RADIOTERAPIA

L’effetto della radioterapia si basa su un’azione selettiva, lenta e graduale che, poco

per volta, determina danni incompatibili con la sopravvivenza delle cellule tumorali lasciando

ai tessuti sani la possibilità di riparare più o meno completamente gli effetti dell’irradiazione.

L’indirizzamento alla radioterapia può essere ad utilizzo esclusivo o in associazione

alla chirurgia e alla chemioterapia.

La radioterapia esclusiva viene utilizzata con i seguenti scopi:

trattamento curativo, con lo scopo di ottenere la guarigione dal tumore;

sintomatico, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita ed eventualmente

prolungare la sopravvivenza;

precauzionale o profilattica, con il fine di irradiare territori microscopicamente non

interessati dalla neoplasia, ma che si considerano sedi di localizzazioni occulte.

La radioterapia può essere associata alla chirurgia: direttamente sullo stesso

bersaglio (tumore primitivo o linfonodi regionali) oppure su obiettivi diversi.

Si ricorre alla radioterapia preoperatoria in presenza di tumori localmente avanzati

con lo scopo di rendere operabile la neoplasia, riducendone le dimensioni, e

contemporaneamente, di eliminare eventuali focolai occulti periferici, clinicamente non

evidenti; per tumori radicalmente operabili, l’intento è quello di ridurre il numero delle recidive

locali.

La radioterapia postoperatoria viene utilizzata in caso di asportazione non radicale

della neoplasia, quindi come prevenzione in interventi chirurgici demolitivi sia di ordine

estetico che funzionale; oppure per ridurre il numero di recidive locali, dopo interventi

apparentemente radicali.

La radioterapia associata alla chemioterapia ha lo scopo di migliorare i risultati con un

più efficace controllo del tumore primitivo e delle eventuali metastasi; a parità di risultati,

riduce le dosi e quindi la tossicità dei singoli trattamenti ed eventualmente evita interventi

chirurgici demolitivi e mutilanti.

30

4.2 PREPARAZIONE AL TRATTAMENTO RADIANTE

L’identificazione del volume bersaglio rappresenta il primo passo nella pianificazione

del trattamento radiante. L’accurata localizzazione ed identificazione del volume bersaglio

tumorale nonché degli organi critici, richiedono un’approfondita conoscenza della malattia

neoplastica e si basano sulle informazioni fornite dall’esame clinico, dagli esami diagnostici

radiologici e di medicina nucleare, così come da eventuali interventi chirurgici e relativi esami

istologici.

La scelta della posizione del paziente durante il trattamento e l’utilizzo di sistemi di

immobilizzazione del distretto corporeo d’interesse sono procedure fondamentali per

realizzare una simulazione corretta e garantire la riproducibilità quotidiana dell’irradiazione, I

sistemi di immobilizzazione garantiscono la riproducibilità del trattamento e includono

speciali poggiatesta, sistemi di bloccaggio per il mento, maschere per il capo e collo in

materiale termoconformabile, impronte di vari distretti corporei ottenute con appositi materiali

schiumosi o materassini nei quali è possibile creare il vuoto e riprodurre in modo

permanente l’anatomia del paziente.

Il simulatore convenzionale è una particolare apparecchiatura radiologica che

riproduce l’isocentro, ovvero il punto nello spazio dove si intersecano tutti gli assi di rotazione

delle macchine per la radioterapia. Il paziente viene sistemato sul lettino del simulatore nella

posizione prescelta in modo da allineare, utilizzando un sistema di laser ottici, la regione

d’interesse o altri punti di repere anatomici con l’isocentro del simulatore. Il simulatore

produce radiazioni di bassa energia che danno luogo a radiografie definendo la geometria di

ogni singolo campo di trattamento prescelto. Al termine della simulazione, i punti

corrispondenti agli assi di riferimento dell’isocentro o dei campi di trattamento, vengono

marcati sulla cute del paziente e/o sul sistema di immobilizzazione. Le procedure di

simulazione dono facilitate dalla disponibilità dei cosiddetti TAC simulatori.

La simulazione computerizzata o simulazione virtuale utilizza immagini TAC per

determinare la distribuzione della dose di irradiazione sia a livello del bersaglio tumorale che

degli organi critici.

Si definiscono cinque volumi di interesse in relazione al trattamento radiante:

31

volume tumorale macroscopico (Gross Tumor Volume, GTV): volume che contiene

la sede e l’estensione della neoplasia microscopicamente documentata;

volume bersaglio clinico (Clinical Target Volume, CTV): volume che include il GTV

più le aree circostanti possibili sedi di infiltrazione microscopica. Il CTV

rappresenta il volume che deve ricevere la dose terapeutica per garantire

l’efficacia sia curativa che palliativa del trattamento radiante;

volume bersaglio pianificato (Planning Target Volume, PTV): volume che contiene

il GTV e il CTV con dei margini correlati alla geometria dell’irradiazione e a

possibili incertezze del trattamento dovute ai movimenti involontari degli organi e

del paziente o a errori nel posizionamento;

volume di trattamento (Treated Volume, TV): può essere maggiore del PTV, anche

se il rapporto ottimale TV/PTV dovrebbe essere uguale a 1, indicando, in questo

caso, una perfetta conformazione della dose intorno al PTV;

volume irradiato (Irradiated Volume, IV): volume di tessuto che riceve una dose

considerata significativa in relazione alla tolleranza all’irradiazione dei tessuti sani.

I sistemi di verifica durante il trattamento sono indispensabili per verificare e garantire

la riproducibilità del trattamento radiante nel tempo. In particolare, si controllano gli aspetti

del trattamento riguardanti i rapporti di posizione tra paziente e fascio radiante e i

modificatori del fascio quali le schermature. Questi sistemi devono essere usati durante la

seduta iniziale del trattamento per verificare la corretta irradiazione del volume bersaglio e

l’appropriata schermatura degli organi critici e, nel corso della terapia, per la riproducibilità

del trattamento e per ridurre l’incidenza degli errori di posizionamento dei campi di

trattamento.

4.3 EFFETTI COLLATERALI DELLA RADIOTERAPIA

La reazione dell’organismo alle radiazioni dipende da diversi fattori, tra cui la zona del

corpo trattata e il dosaggio delle radiazioni somministrate.

Gli effetti collaterali delle radiazioni includono:

irritazione o ustione della cute;

32

caduta dei capelli (alopecia) e dei peli;

irritazione oculare;

nausea e vomito;

mucosite;

bocca e gola secca;

faringite;

afonia;

disfagia;

perdita dell’appetito;

modificazione dell’olfatto;

disgeusia;

esofagite, gastrite con dispepsia;

stipsi o diarrea;

infiammazione dei muscoli del torace o delle spalle;

fatigue;

cistite;

proctite;

anemia, leucopenia, piastrinopenia.

Gli effetti locali della radioterapia si mostrano in correlazione al distretto corporeo

sottoposto all’irradiazione: la cute della regione irradiata appare irritata, secca e di

colorazione più scura; nel trattamento delle stazioni linfonodali, laterocervicali si può

verificare mucosite del cavo orale, dell’esofago e della trachea, con disfagia, secchezza delle

fauci, alterazione del gusto e tosse; l’irradiazione del capo-collo provoca sempre alopecia.

I disturbi generali più frequentemente riscontrati sono invece affaticabilità, nausea,

inappetenza e una diminuzione dei valori della crasi ematica.

33

BIBLIOGRAFIA

TESTI

1. Bonadonna G., Robustelli della Cuna G., Valagussa P. Medicina Oncologica. Settima

edizione. Masson, 2003.

2. Perez CMD. Principles and practise of radiation oncology. St. Louis: JB Lippincott

Company, 1999.

SITI INTERNET

3. Associazione Italiana Radioterapia Oncologica. Disponibile su:

http://www.radioterapiaitalia.it.htm. [Creazione: 2001] [Ultimo aggiornamento: 2003].

4. Associazione Italiana contro le Leucemie- linfomi e mielosa ONLUS. Disponibile su:

http://www.ail.it.htm. [Creazione: 2003].

34

5. Malecare. Disponibile su: http://www.malecare.com.htm. [Creazione: 1998] [Ultimo

aggiornamento: 2005].

6. [Alliance for Lung Cancer Advacacy, Support and Education-ALCASE Italia Onlus.

Disponibile su: http://www.alcase.it.htm. [Creazione: 1998] [Ultimo aggiornamento: 2005].

Capitolo 5

35

36

PRESENTAZIONE DI UN CASO

Il signor C. M. di anni 79, affetto da diabete mellito tipo 2 ed ipertensione arteriosa, si

è presentato alla visita radioterapica con gli esami ed i relativi esiti sottoelencati, a causa

della comparsa nel novembre 2004 di adenopatia LTC dx e di una neoformazione del cavo

orale positiva per carcinoma squamoso.

Panendoscopia: lesione infiltrante sottomucosa del cavo orale dx che interessa il

palato molle della regione sovratonsillare dx, ad evoluzione sottomucosa, con area ulcerata

della mucosa orale (T2 N2 a cavo orale). Il cavo rinofaringeo appare indenne da lesioni, con

ipertrofia simmetrica del torus tubaricus bilateralmente. La laringe, l’ipofaringe e l’esofago

cervicale, fino a 30 centimetri dall’arcata dentaria superiore, appaiono indenni da lesioni.

Biopsie multiple ed esame istologico.

Referto istologico: aree di carcinoma squamoso scarsamente differenziato infiltrante

in lembi di mucosa orale. Biopsia eseguita su lesione infiltrante dello spessore dell’

emipalato molle di dx.

Rx torace: non lesioni pleuro-polmonari con carattere di attività. Ombra cardiaca

regolare. Deviazione a dx della trachea con marcata riduzione del lume, per compressione

estrinseca.

Tac collo + tac massiccio facciale: esame eseguito sia in condizioni basali, sia durante

infusione endovenosa di mezzo di contrasto iodato non ionico. A dx si rileva un ispessimento

della parete laterale dx del passaggio oro-ipofaringeo cui si associa un assottigliamento

dell’ostio tubarico. Omolateralmente in sede retro-sotto-angolo mandibolare, dal muscolo

sternocleidomastoideo, dalle ghiandole parotidi e sottomandibolari, dalla vena giugulare

interna che appare inglobata ed infiltrata e dalla biforcazione carotidea. Anteriormente a tale

lesione si rileva un linfonodo ovaliforme del diametro di 10 mm. La tiroide ha volume

notevolmente aumentato e struttura disomogenea in rapporto con struma plurinodulare: in

particolare prevale notevolmente il lobo sx che determina compressione e dislocazione a dx

del lume tracheale con discreta riduzione del diametro latero-laterale. Lo struma si affonda in

sede retrosternale circa 25 mm caudalmente al piano passante per il profilo superiore del

manubrio sternale, determinando impronta sui vasi mediastinici.

37

RM collo senza e con mdc + RM massiccio facciale senza e con mdc: l’indagine è

stata eseguita mediante scansioni T1 e T2 dipendenti orientate nei tre piani dello spazio e

completata con la somministrazione di mdc paramagnetico. In corrispondenza del cavo

orale, a livello del trigono retromolare di dx, si rileva un lieve ispessimento della mucosa,

esteso per un tratto di circa 1 cm, caratterizzato da ipointensità di segnale nelle scansioni T1

dipendenti, sfumata iperintensità di segnale nelle scansioni T2 dipendenti e disomogeneo

enhancement dopo somministrazione di mdc. A dx si conferma la presenza di un pacchetto

linfonodale già noto (25 x 26 mm). Tale lesione, a margini irregolari, appare indissociabile

dalla porzione anteriore del fascio vascolo-nervoso del collo e in particolare circonda a

manicotto la vena giugulare omolaterale che tuttavia appare pervia. Posteriormente è adeso

al muscolo sternocleidomastoideo.

Visita otorinolaringoiatria: in considerazione dell’estensione della malattia e dei

rapporti con l’asse vascolo-nervoso del collo, non si pongono indicazioni chirurgiche.

Diagnosi: carcinoma squamoso del trigono retromolare dx cT2cN2a, IV stadio,

scarsamente differenziato, non operabile.

Visita radioterapica: a livello obiettivo si apprezza la lesione descritta nell’ imaging ed è

palpabile un pacchetto adenopatico duro del diametro di circa 3 cm con iniziale fissità ai

piani sottostanti. Vi è indicazione a radioterapia con intento esclusivo. Dose: 70.2 Gy,

frazionamento della dose 1.8. Tecnica: CC + Barrage.

38

Capitolo 6

39

PERCORSO DEL PAZIENTE NEL CENTRO RADIOTERAPICO

Il primo contatto tra il paziente ed il centro radioterapico avviene con la prima visita,

chiamata consulto radioterapico, che si effettua presso il reparto di Radioterapia. Nel corso

di essa il radioterapista stabilisce la natura e l’estensione della malattia per definire la

possibilità e l’utilità di effettuare o meno un trattamento radiante, tracciandone

indicativamente anche le possibili modalità di esecuzione. Per questo motivo il radioterapista

raccoglie l’anamnesi prossima e remota ed effettua una visita sia generale che mirata alla

sede della malattia. Già qui si inserisce il ruolo dell’infermiere in quanto prepara il dossier

clinico del paziente e seleziona i referti degli esami utili per la visita. Il radioterapista, poi,

analizza i referti degli esami di laboratorio e degli accertamenti diagnostici e, se lo ritiene

necessario, ne richiede di nuovi allo scopo di completare le informazioni, tra cui la necessità

di eseguire una panoramica dentaria. Le modalità con cui il trattamento radioterapico viene

effettuato variano in funzione di tipo, dimensione e sede del bersaglio, delle condizioni

generali del paziente e della finalità curativa o palliativa del trattamento stesso. In questo

modo ogni persona può avere un piano di trattamento personalizzato. Allo scopo di ridurre

gli effetti collaterali della terapia radiante, la dose totale di radiazioni viene divisa in parti

frazionate che costituiscono nell’insieme il ciclo completo di trattamento. L’elaborazione del

piano di trattamento comprende il centraggio, ossia la demarcazione della dose da irradiare.

Viene eseguito per mezzo di una macchina detta “simulatore” proprio perché simula i

movimenti della macchina con cui verrà attuata la radioterapia, consentendo di calcolare la

posizione esatta del campo di irradiazione. Per garantire la giusta posizione durante ogni

sessione di trattamento viene utilizzato un sistema di immobilizzazione comprendente una

maschera termosensibile aderente al viso e al collo. Questa maschera è costituita da

materiale termoplastico che immerso in acqua calda permette, una volta appoggiata sulla

parte da irradiare, di prenderne la forma. In questo modo è possibile la riproduzione del

trattamento radioterapico. I segni di demarcazione potranno essere eseguiti su questa

impronta anziché sulla cute. La simulazione e la successiva terapia verranno eseguite

insieme al Fisico sanitario, il quale verifica il regolare funzionamento di tutte le

apparecchiature, e al Tecnico di radioterapia, responsabile dell’esecuzione del trattamento e

della realizzazione di dispositivi personalizzati per l’ottimizzazione del trattamento ( presidio

di immobilizzazione come la “maschera”).

40

Il radioterapista informa la segreteria del reparto, dove lavora il personale

amministrativo con il compito di gestire l’accettazione del paziente, di segnalare gli

appuntamenti per le visite di consulenza dietologica, odontostomatologica ed infermieristica,

di prenotare le sedute di trattamento, di consegnare le prenotazioni al paziente, ricordando

la necessità di portare con se l’ RX panoramica arcate dentarie, per la visita

odontostomatologica.

Prima di iniziare il trattamento radiante il paziente, come prevenzione, effettua una

visita dall’odontostomatologo e dall’igienista dentale. Il primo valuta lo stato del cavo orale,

esegue interventi di bonifica dentaria e collabora con l’igienista in caso di complicanze.

L’igienista dentale invece, valuta l’igiene del cavo orale, utilizza scale di valutazione,

documenta i dati raccolti e attua una prevenzione mirata educando il paziente ad eseguire

una corretta igiene orale. Il paziente segue i protocolli di prevenzione e si presenta alle visite

di controllo, durante le quali verrà verificata l’aderenza della persona al progetto educativo e

l’insorgenza di complicanze, ad esempio mucosite.

Il paziente continua il suo percorso con una consulenza dietologica. Il dietista prende

informazioni sulla quantità e qualità di cibo che il paziente è solito mangiare, e pesa la

persona assistita in modo da valutare oggettivamente una perdita futura di peso corporeo.

Inoltre spiega gli effetti collaterali della radioterapia sulla capacità di mangiare e di bere,

sull’alterazione dei gusti e sull’importanza di mantenere uno stato nutrizionale adeguato ad

affrontare la terapia.

Al centro di questo percorso organizzativo è situata la figura dell’infermiere. Egli è il

legame tra i diversi operatori sanitari: comunica i nuovi pazienti all’igienista dentale,

all’odontostomatologo e al dietista, collabora con il medico, verifica l’adesione ai protocolli,

gestisce gli effetti collaterali in autonomia o in collaborazione con la figura specializzata, se

non possiede le competenze adeguate. Infine agisce anche nella sfera psicologica della

persona assistita. [14] [15]

Il medico radioterapista dopo aver visitato il signor C.M. e consultato tutta la

documentazione, decide di eseguire una radioterapia ad intento esclusivo. Spiega al

paziente e ai familiari lo scopo del trattamento, il numero delle sedute, gli effetti secondari

che potrebbe riportare; chiede di firmare il consenso informato all’esecuzione della

41

radioterapia ed inoltre mostra l’importanza di eseguire visite di prevenzione e di controllo da

parte di altri specialisti. Il radioterapista si mette in comunicazione con la segreteria del

reparto che prenoterà le consulenze necessarie e deciderà anche la data per la TC e la

simulazione. Stabilito il tipo di acceleratore da utilizzare (il 600) e la dose (70.2 GY),

confezionato il presidio di immobilizzazione (maschera) e individuati i punti di repere, non

resta che prendere appuntamento per l’inizio del trattamento.

Effettuata la presa in carico il paziente esegue una consulenza da parte

dell’odontostomatologo e dell’igienista dentale; in quanto, risulta necessaria e urgente

un’attività di prevenzione e di controllo dei denti, delle lesioni della mucosa orale, delle

cellule preneoplastiche e neoplastiche, del dolore e della qualità di vita correlati alla salute

del cavo orale. L’esperienza del dolore, la difficoltà a mangiare e la perdita dei denti hanno

una rilevanza sempre maggiore sulla qualità di vita, con implicazioni economiche, sociali,

psicologiche e funzionali. [ 7 ]

È epidemiologicamente evidente la positiva associazione tra le visite irregolari dal

dentista e la diagnosi di stato avanzato di carcinoma del cavo orale. A pazienti fumatori

viene diagnosticato il tumore ad uno stadio più avanzato rispetto ai non fumatori ed esiste

anche una correlazione tra il numero di sigarette fumate negli anni e l’incremento di uno

sviluppo della malattia. Una stima superiore al 90% ha riscontrato come fattori di rischio più

comuni del carcinoma del cavo orale, l’uso di tabacco associato a scarsa pulizia orale e

prematura perdita dei denti. [12]

Lo smalto dentario, lo strato più esterno del dente, è formato per il 96% da minerali e

per il 4% da sostanze organiche ed acqua. La dissoluzione della parte minerale è chiamata

demineralizzazione, la sua formazione remineralizzazione. In una bocca sana questi due

processi si bilanciano. I termini “bocca sana” sono le parole chiave che guidano tutto il

trattamento radioterapico. Data l’impossibilità di sottoporsi a cure odontoiatriche a causa

dell’osteonecrosi provocata dalla radioterapia, al paziente viene eseguita come prevenzione

una bonifica dentale e un’accurata igiene del cavo orale. Inoltre viene educato ad eseguire

autonomamente ed in modo corretto una buona igiene orale. Al paziente si effettua anche

uno schema di fluoroprofilassi, che consiste nella prevenzione della carie dentaria

attraverso l’utilizzo del fluoro, un minerale che favorisce la formazione di uno smalto più

resistente all’attacco acido della placca batterica. L’uso del fluoro nelle pratiche igieniche del

42

cavo orale quotidiane riduce l’insorgenza della carie. Dentifricio al fluoro, acqua fluoridata,

gel e placche al fluoro prevengono la carie dentale. [ 7 ], [ 13 ]. Un nuovo dentifricio al fluoro

e al sodio permette di ridurre anche l’ipersensibilità, attraverso un effetto desensibilizzante

già alla quarta settimana di utilizzo, con una diminuzione del 71% della sensibilità dentale

all’ottava settimana. [ 1 ]. Nella saliva, sulla lingua e negli spazi sopragengivari e

sottogengivari si sviluppano batteri, un esempio è lo Streptococcus mutans, la cui crescita

può essere prevenuta con l’utilizzo di antisettici, come la clorexidina, insieme all’usuale uso

di dentifricio [ 5].

Dopo aver documentato gli interventi eseguiti si stabiliscono con il paziente le visite

periodiche di controllo durante le quali verrà valutata l’adesione al protocollo di igiene orale e

l’insorgenza di complicanze da radioterapia, ad esempio mucosite e xerostomia. La

sensazione soggettiva e oggettiva di “bocca secca” è significativamente associata al binomio

salute orale e qualità di vita, dando valore alla sua monitorizzazione. Ogni valutazione viene

eseguita con scale e con documentazione appropriata [ 4].

Il paziente durante il trattamento radioterapico ha presentato mucosite oro-faringea

G2-G3 (scala WHO) a chiazze confluenti e ulcerazioni, e xerostomia G1-G2 (scala Common

Criteria For Adverse Events CTCAE).

SCALA WHO

GRADO 1 Focali cambiamenti tessutali,

eritema a chiazze, alimentazione

normale.

GRADO 2

Focali cambiamenti tessutali,

eritema e piccole ulcere <2mm,

dolore lieve, alimentazione normale.

Moderati cambiamenti tessutali,

eritema e ulcere per circa la metà

43

GRADO 3 della mucosa, dolore moderato,

alimentazione difficoltosa.

GRADO 4

Marcati cambiamenti tessutali,

eritema e ulcere per quasi la totalità

della mucosa, dolore marcato,

alimentazione impossibile.

CTCAE XEROSTOMIA

GRADO 1

Sintomatico senza significativa

alterazione nell’alimentazione, flusso

saliva >0.2 ml/min.

GRADO 2

Sintomatico e significativa

alterazione della capacità di

assorbimento orale, flusso saliva tra

0.1 a 0.2 ml/min.

GRADO 3

Incapacità di alimentarsi oralmente

in modo adeguato, si consiglia NPT,

flusso saliva <0.1 ml/min.

La difficoltà per i professionisti dentali a controllare le lesioni neoplastiche, consiste

nel differente sviluppo di esse in base all’età e al sesso della persona, ed inoltre non si può

sottovalutare la possibilità di insorgenza di lesioni rare. [ 6].

44

Hanno importanza sia il comportamento del professionista sia le aspettative e le

credenze del paziente; quindi, fornire informazioni cliniche concentrandosi sullo stato d’ansia

del paziente più che sulla usuale pratica clinica, comporta un beneficio psicologico per la

persona assistita. [ 11].

Gli effetti collaterali della radioterapia compaiono dopo due settimane di trattamento e

possono essere temporanei o permanenti. Alcuni effetti secondari come xerostomia,

disgeusia, mucosite, disturbo della deglutizione, fatigue e dolore possono modificare l’introito

alimentare e, per questo, la perdita di peso è un evento che assume l’importanza di essere

affrontato attraverso una visita dietologica specifica.

Il dietista spiega al paziente come un accettabile stato nutrizionale consente di

ricevere le terapie pianificate senza o con poche complicanze, di stimolare la funzione

immunitaria, di migliorare le sue condizioni fisiche e, quindi, qualità di vita. A tal fine elenca

le principali conseguenze legate a questo stato di malnutrizione che il paziente oncologico si

trova a dover affrontare:

calo di peso corporeo involontario e progressivo;

disgregazione muscolare con deplezione della massa magra;

alterazione della qualità di vita in termini fisici e psichici;

anemia;

ridotta tolleranza e risposta ai trattamenti oncologici;

aumento delle complicanze infettive;

alterazione della immunocompetenza;

aumento generale della morbilità;

necessità di ricovero;

prolungamento delle visite specialistiche;

prognosi sfavorevole a distanza.

Poi approfondisce i fattori legati al “mangiar meno” spiegando la loro interdipendenza

con la malattia e con il trattamento oncologico specifico:

45

- effetti locali provocati dal tumore: odinofagia, disfagia, ostruzione gastrointestinale,

sazietà precoce;

- effetti collaterali legati alla malattia e al trattamento oncologico: anoressia,

alterazione del gusto e dell’olfatto, nausea, vomito, dolore;

- effetti psicologici quali paura, depressione e ansia.

Il fabbisogno nutrizionale necessario ad un paziente oncologico è differente da quello

di una persona sana. L’ipermetabolismo, le alterazioni delle funzioni organiche e

l’assunzione dei farmaci sono tra i fattori che influiscono sul metabolismo dei pazienti o

inducono malnutrizione. [ 16 ]

La responsabilità della perdita di peso è attribuita oggi all’attivazione di processi

infiammatori e alla produzione di una sostanza da parte delle cellule neoplastiche, chiamata

Proteolysis Inducing Factor (PIF). Tale fattore toglie aminoacidi al muscolo per fornirli al

tumore. Quest’azione può essere contrastata mediante trattamento con un integratore

proteico-calorico arricchito con l’acido eicosapentaenoico (EPA), una sostanza estratta

dall’olio di pesce. A questo acido grasso omega-3 è riconosciuta un’ampia azione

antinfiammatoria e una funzione immunomodulatrice. L’assunzione di cibo arricchito da acidi

grassi non altera la risposta infiammatoria e immunitaria dell’organismo, ma aiuta a

mantenere una buona difesa immunitaria. [ 8 ] [9] [17].

Tenendo conto del principio fondamentale della medicina “primum non nocere”, ci

sono ragioni per credere che il consumo di antiossidanti durante il trattamento radioterapico

del capo-collo, può essere dannoso [2]. Un incremento statisticamente significativo

nell’assunzione di antiossidanti aumenta il rischio di tumore secondario durante i primi 3- 5

anni. Il rischio diminuisce se non vengono più assunti e, dopo 8 anni, non hanno più

influenza come fattore di rischio. [ 3 ]

Anche il dietista prenota con la persona assistita visite di controllo periodiche, durante

le quali il paziente si peserà, per avere una curva oggettiva del peso corporeo, elencherà gli

introiti alimentari, quantità e qualità, assunti in una giornata tipo, specificando la comparsa di

effetti collaterali e l’impatto che questi hanno sulla capacità nutrizionale. Il dietista fornisce

consigli sulla preparazione dei pasti o consiglia alimenti sostitutivi o prescrive diete

personalizzate.

46

Il paziente ha sviluppato disfagia, mucosite e xerostomia, valutate e trattate durante le

visite di controllo settimanali. Il dietista ha prescritto dieta semiliquida ed integratori

alimentari.

ASPETTO PSICO-SOCIALE

Il calo di peso in conseguenza del tumore e/o del trattamento radioterapico, ricorda

alla persona affetta la gravità della sua malattia; in quanto, l’immagine di se stesso

elaborata nella mente non coincide con quella riflessa nello specchio. Problema legato al

cambiamento fisico è il rapporto con il partner, con i familiari e con gli amici. La situazione di

disagio nella difficoltà a consumare un pasto completo, porterà anche alla perdita del piacere

di mangiare in compagnia e dello stare insieme. Uno studio sugli acidi grassi omega-3, in

particolare sull’estere etilico dell’acido eicosapentaenoico (E-EPA), ha cercato un legame

con il disordine depressivo unipolare. È stato dimostrato un effetto dell’ E-EPA già dalle

prime due settimane di trattamento, tempo analogo a quello trascorso per l’efficacia della

terapia antidepressiva. Questa analisi mostra che l’E-EPA ha un effetto su alcuni sintomi

della depressione, tra cui umore basso, sensi di colpa, inutilità ed insonnia. Nel gruppo che

ha assunto placebo è significativo il basso tasso di miglioramento e l’elevato rischio al

raggiungimento del livello di resistenza alla terapia antidepressiva standard. Questo studio è

un grande inizio e uno stimolo alla replicazione dello stesso ad un gruppo di persone sempre

più ampio, riuscendo a tener anche conto dei sottotipi che caratterizzano la depressione.

[ 10 ]

L’aspetto psicologico del paziente neoplastico è senz’altro un lato arduo da affrontare.

Lo stato funzionale deteriorato e gli effetti collaterali della terapia colpiscono violentemente lo

stato psicologico della persona affetta da carcinoma del cavo orale. Per questo motivo

interagisce anche un’altra figura, l’infermiere, il quale fornisce assistenza empatica in

relazione alla patologia e alla persona assistita. Quando l’infermiere si accorge dei suoi limiti

o quando il disagio del paziente supera le sue potenzialità, segnala la persona assistita ad

uno specialista per una consulenza. [7].

47

IL CONSENSO INFORMATO

Nel nostro ordinamento giuridico vige il principio della volontarietà del trattamento

sanitario. In primo luogo, l’art. 32 della Costituzione della Repubblica stabilisce che nessuno

può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di

legge e, anche in quel caso, comunque la legge non può in alcun modo violare i limiti imposti

dal rispetto della persona umana. Il “consenso”, per essere validamente prestato, deve

essere “informato”. Il medico e l’infermiere hanno il dovere di informare e il paziente ha il

diritto di scegliere se essere informato o meno. I caratteri essenziali dell’informazione sono:

onestà, cioè deve essere effettuata con chiarezza di linguaggio ed essenzialità di contenuti;

verità, cioè non deve nascondere né complicanze né speranze; completezza, il contenuto

deve avere per oggetto i dati essenziali. Il consenso informato deve essere “attuale” e

“reale”. Di fronte ad un “rifiuto autentico” nessun potere può imporre tale trattamento.

L’infermiere si deve misurare con il principio del consenso informato in una duplice veste:

da professionista che agisce autonomamente, in uno spazio di competenza e

di attribuzioni a lui riconosciute;

da professionista che agisce come collaboratore con il medico sul progetto

diagnostico-terapeutico. [28].

RAPPORTO INFERMIERE-PAZIENTE

Esso è caratterizzato da:

presa in carico del paziente;

controllo delle informazioni recepite;

compilazione della cartella infermieristica;

creazione di percorsi assistenziali fornendo i protocolli necessari;

educazione sulla prevenzione degli effetti collaterali della radioterapia.

Al momento della presa in carico l’infermiere spiega al paziente l’importanza di

mantenere la zona da irradiare sempre ben pulita. Educa il paziente ad eseguire degli

48

impacchi con un asciugamano di spugna bagnato in acqua fredda, mantenuto per 5’,

ripetendo l’operazione per altre due volte, una sola volta al giorno.

In seguito applicare, senza massaggiare per non danneggiare la cute, uno strato di

crema due volte al giorno, facendo attenzione a rimuoverla prima della seduta di

trattamento.

Inoltre l’infermiere informa il paziente che appena vede la cute cambiare colore o

aspetto di contattare per una consulenza, anche al di fuori della visita settimanale di

controllo. [27].

Per quanto riguarda gli interventi specifici l’infermiere fornisce supporto tecnico

professionale al medico durante esami, visite, emergenza e interventi,

supporto in continuità di cure seguendo i problemi clinici ed emotivi nel tempo, somministra

terapie, con prescrizione medica, effettua medicazioni ed educa il paziente a gestire gli

effetti secondari del trattamento. L’infermiere controlla periodicamente i pazienti con lo scopo

di promuovere l’utilizzo dei protocolli forniti e, di conseguenza, ridurre la gravità di

complicazioni del cavo orale [19].

La mucosite orofaringea da radioterapia per carcinoma orale, produce effetti sia

localizzati sia generali in relazione alla gravità della mucosa danneggiata. La mucosite è

valutata dall’infermiere sia da un punto di vista anatomico-clinico, cioè segnala frequenza,

sede, grado (scala di valutazione WHO); sia rispetto all’impatto che essa ha sulla vita

quotidiana. In particolare viene controllato lo stato funzionale (qualità di vita correlata ai

sintomi) e lo stato nutrizionale (perdita di peso e compromissione della capacità di mangiare

e bere). Il trattamento delle lesioni orali è multidisciplinare, in quanto lavorano insieme

infermieri, medici e specialisti dentali.

Oggetti non monouso sono fonte di trasmissione di patogeni tra un paziente e l’altro.

Prevenire le infezioni nosocomiali è un altro aspetto di cui si occupa l’infermiere. L’utilizzo di

un singolo prodotto specifico per la pulizia e/o disinfezione può non essere sufficiente. L’uso

di un prodotto rispetto ad un altro prende in considerazione diversi fattori: la capacità di

uccidere i patogeni, la superficie trattata, il costo, la sicurezza, la concentrazione e la facilità

49

di utilizzo. Selezionare un prodotto che abbia un grande potere disinfettante da poter

utilizzare in tutte le situazioni, potrebbe essere più vantaggioso [22].

La cute trattata con radioterapia è soggetta ad ustioni. Queste lesioni possono partire

da uno stadio iniziale come l’eritema caratterizzato da cute arrossata, calda e irritabile ed

evolversi in edema, desquamazione e infine ulcerazione. L’infermiere medica la lesione ed

educa il paziente a gestirla correttamente. Insegna a lavare la parte ustionata con movimenti

delicati utilizzando un sapone a pH neutro, ad asciugare la cute tamponando con un

asciugamano morbido e ad utilizzare per la rasatura della barba un rasoio elettrico [8].

La medicazione viene eseguita dall’infermiere in modo da valutarne il decorso.

Applica a scopo terapeutico medicamenti a base di calendula, una pianta erbacea,

utilizzabile su cute secca, arrossata, ustionata, contusa, eritematosa, infiammata, poiché

esercita un effetto addolcente, decongestionante e idratante. Tende ad equilibrare

l’idratazione della cute, e ad agire come cicatrizzante, lenitivo e rinfrescante. Sempre per la

cura della cute ustionata l’infermiere utilizza anche solfadiazina argentica (“sofargen”) crema

o frumento estratto fenossetolo (“fitostimoline”) garze o crema. [10].

DECORSO DEL PAZIENTE PRESO IN ESAME

Il paziente ha sviluppato eritema cutaneo durante il trattamento radioterapico,

medicato con crema a base di calendula e solfadiazina argentica (“sofargen”), previa

detersione.

Altro effetto secondario che ha sviluppato il paziente e che richiede un approccio

multidisciplinare, è la xerostomia che viene controllata dal dietista per la difficoltà che

provoca alla nutrizione e dall’infermiere insieme al medico, per una sua valutazione e per la

terapia associata.

Uno studio ha confermato una grande efficacia della pilocarpina cloridrato come

possibile trattamento, con un utilizzo di tre volte al giorno, per dieci settimane, ad una dose

di 15 mg al giorno.

50

Gli effetti prodotti sono un incremento nella produzione di saliva, un miglioramento del

gusto, una minore difficoltà a deglutire e a parlare e, di conseguenza, una riduzione di

idratazione artificiale della mucosa orale. Inoltre la dose giornaliera è ben tollerata con pochi

effetti collaterali, i quali non sono causa d’interruzione del trattamento [11].

Gli effetti collaterali da radioterapia sono comparsi dopo due settimane dall’inizio del

trattamento, con un miglioramento dopo circa dieci giorni di valutazione e di cura con

controlli giornalieri e poi settimanali. Il paziente ha terminato la radioterapia con un’ustione

cutanea sul collo, mucosite G1 (scala WHO) e xerostomia G1 (scala CTCAE).

Perché non suggerire una comunicazione elettronica tramite e-mail? Questo non

comporterebbe una diminuzione delle visite di controllo con ricadute sull’assistenza al

paziente, ma implementerebbe la cura per la presenza di una comunicazione continua. La

persona assistita potrebbe avere documentazioni, protocolli, schede o potrebbe chiedere

informazioni senza doversi recare al reparto di Radioterapia, che spesso è lontano da casa.

La possibilità di offrire “aiuto” in forma elettronica non deve essere visto come una

disuguaglianza per coloro che non sono capaci ad usare le tecnologie moderne, ma

semplicemente come stimolo all’adattamento alla società moderna che diventa sempre più

tecnologica [9] [16].

L’INFERMIERE: ANELLO DI CONGIUNZIONE TRA I VARI PROFESSIONISTI

L’infermiere risulta essere l’anello di congiunzione tra i vari specialisti. Questa

definizione significa avere la capacità di saper lavorare con tutti i professionisti utilizzando la

“formazione di base” – acquisita con l’università - come inizio sulla quale costruire il futuro

della professione.

Ogni decisione scaturisce dalla formazione di una domanda clinica focalizzata in

risposta ad un bisogno riconosciuto. Cercare l’evidenza più adatta, incorporare l’evidenza in

una strategia d’azione, valutare gli effetti dell’azione; queste sono le componenti importanti

nel prendere una decisione basata sulle evidenze scientifiche o meglio sulla letteratura. Le

51

fonti utili non sono più solo quelle “umane” dei colleghi, ma soprattutto la ricerca sarà un

prezioso modello da utilizzare per il passaggio di conoscenze [12].

Il comportamento etico-professionale dell’infermiere è soggetto a norme che hanno lo

scopo di guidare e di controllare come egli vive la specificità del prendersi cura della persona

in situazione di bisogno sanitario. Per lo svolgimento delle sue funzioni gli viene richiesta una

responsabilità competente, autonoma e decisionale, che necessita di un alto grado di

maturità professionale e personale. È una responsabilità complessa e degna di una

professione che gestisce il bene “salute” delle persone in tutti i campi del vivere umano.

PROFILO PROFESSIONALE DELL’INFERMIERE D.M. 739/1994

1. l’infermiere è responsabile dell’assistenza generale infermieristica.

2. l’infermiere: a) partecipa all’identificazione dei bisogni di salute della persona e

della collettività; c) pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale

infermieristico.

CODICE DEONTOLOGICO 1999

3.1 L’infermiere aggiorna le proprie conoscenze attraverso la formazione permanente,

la riflessione critica sull’esperienza e la ricerca, al fine di migliorare la sua

competenza. L’infermiere fonda il proprio operato su conoscenze validate ed

aggiornate …. cura la diffusione dei risultati al fine di migliorare l’assistenza

infermieristica.

52

4.2 L’infermiere ascolta, informa, coinvolge la persona e valuta con la stessa i bisogni

assistenziali, anche al fine di …. consentire all’assistito di esprimere le proprie scelte.

4.4 L’infermiere ha il dovere di essere informato sul progetto diagnostico terapeutico,

per le influenze che questo ha sul piano di assistenza e la relazione con la persona.

4.5 L’infermiere …. garantisce le informazioni relative al piano di assistenza ed

adegua il livello di comunicazione alla capacità del paziente di comprendere…..

riconosce alla persona il diritto alla scelta di non essere informato.

FORMAZIONE UNIVERSITARIA D.M. 509/1999

I laureati in infermieristica partecipano all’identificazione dei bisogni di salute della

persona e collettività e formulano i relativi obiettivi; pianificano, gestiscono e valutano

l’intervento assistenziale infermieristico; garantiscono la corretta applicazione delle

prescrizioni diagnostico-terapeutiche; agiscono sia individualmente che in

collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali…… concorrono direttamente

all’aggiornamento relativo al loro profilo professionale e alla ricerca.

53

BIBLIOGRAFIA

RIVISTE

1. Schiff T., Sagel L., Baker R., He T., DMD, MA, MS, DDS, PhO. Efficacy and Safety of

a Novel Stabilized Stannous Fluoride and Sodium Haxametaphosphate Dentrifice for

Dental Hypersensitivity. The Journal of Contemporary Dental Practice, 2006; 7(2).

2. Gabriella M., D’Andrea M., MD. Use of Antioxidants During Chemotherapy and

Radiotherapy Should Be Avoid. CA Cancer J Clin, 2005; 55:319-321.

3. Bairati I., Meyer F., Gelinas M., Fortin A., Nabid A., Brochet F., Mercier JP., Tetu B.,

Harel F., Masse B., Vigneault E., Vass S., Del Vecchio P., Roy J. A Randomized Trial

of Antioxidant Vitamins to Prevent Second Primary Cancers in Head and Neck Cancer

Patients. Journal of the National Cancer Institute, 2005; 97(7):481-488.

4. Gerdin EW., Einarson S., Jomsson M., Aronsson K., Johansson I. Impact of dry

mouth conditions on oral health-related quality of life in older people. Gerodontology,

2005; 22:219-226.

5. De Soete M., Dekeyser C., Pauwels M., Teughels W., Van Steenberghe D., Quirynen

M. Increase in Cariogenic Bacteria after Initial Periodontal Therapy. J Dent Res, 2005;

84(1):48-53.

54

6. Bataineh A., Al-Dwairi ZN., BDS, MDSc, CSOS, PhD. A Survey of Localized Lesions

of Oral Tissues: A Clinopathological Study. The Journal of Comtemporary Dental

Practice, 2005; 6(3).

7. Hassanein KA, Musgrove BT, Bradbury E. Psychological outcome of patients

following treatment of oral cancer and ist relation with functional status and coping

mechanisms. J Craniomazillofac Surg, 2005; 33(6):404-409.

8. D’haese S., Bate T., Claes S., Boone A., Vanvoorden V., Efficace F. Management of

skin reactions during radiotherapy: a study of nursing practice. European Journal of

Cancer Care, 2005; 14:28-42.

9. Castren J., Niemi M. Use of email for patient communication in student health care: a

cross-sectional study. BMC Med Inform Decis Mak, 2005; 5.

10. Pommier P., Gomez F., Sunyach MP., D’Hombres A., Carrie C., Montbarbon X.

Phase III Randomized Trial of Calendula Officinalis compared with Trolamine for the

prevention of acute dermatitis during irradiation for breast cancer. Journal of Clinical

Oncology, 2004; 22 (8):1447-1453.

11. Taylor AM., Ortiz KL., Camacho MEI., Franco MAD., Munoz AMC. Efecto del

clorhidrato de pilocarpina como estimulante de la produccion salival en pacientes

sometidos a radioterapia de cabeza y cuello. Med Oral, 2004; 9: 204-211.

12. Thompson CRN., PhD, Cullum N., RN, MSc, McCaughan D., Sheldon T., Raynor FP.

Nurses, information use, and clinical decision making-the real world potential for

evidence-based decisions in nursing. Evidence Based Nursing, 2004; 7: 68-72.

13. Petersen PE. Continuous improvement of oral health in the 21st century-the approach

of the WHO Global Oral Health Programme. The World Oral Health report, 2003.

14. Rhodes LE., Shahbakhti H., Azurdia RM., Moison RMW., Steenwinkel MJST.,

Homburg MI., Dean MP., McArdle F., Hanagouwen GMJB., Epe B., Vink A. Effect of

eicoesapentaenoic acid, an omega-3 polynsaturated fatty acid, on UVR-related

cancer risk in humans. An assessment of early genotoxic markers. Carcinogenesis,

2003; 24(5):919-925.

55

15. Kew S., Banerjee T., Minihane AM., Finnegan YE., Muggli R., Albers R., Williams

CM., Calder PC. Lack of effect of food enriched with plant-ormarine-derived n-3 fatty

acids on human immune function. American Journal of Clinical Nutrition, 2003;

77(5):1287-1295.

16. Katz SJ., MD, MPH, Moyer CA., Cox DT, Stern DT. Effect of a Triage-based e-mail

system on clinic resource use and patient and physician satisfaction: A randomized

controlled trial. J Gen Intern Med, 2003; 18 (9): 736-744.

17. Nemets B., Stahl MDZ., Belmarker RH., MD. Addition of Omega-3 Fatty Acid to

Maintenance Medication Treatment for Recurrent Unipolar Depressive Disorder. Am J

Psychiatry, 2002; 159:477-479.

18. Dailey YM., Humphris GM, Lennon MA. Reducing patients’ state anxiety in general

dental practice: a randomized controlled trial. J Dent Res, 2002; 81(5):319-322.

19. Rose-Ped AM., Bellm LA., BS, MIM, DMD, MSD, Epstein JB., Trotti A., Gwede C.,

PhD., MPH, RN, Fuchs HJ. Complications of radiation therapy for head and neck

cancers. Cancer Nursing, 2002; 25 (6): 461-467.

20. Mucci LA, Brooks DR. Lower use of dental services among long term cigarette

smokers. J Epidemiol Community Health, 2001; 55:389-393.

LINEE GUIDA

21. CDC Centers for Disease Control and Prevention. Recommendation for Using

Fluoride to Prevent and Control Caries in the United States. At A Glance, 2006.

22. Recommendations and Reports. Regulatory Framework for Disinfectants and

Sterilants, 2003; 52 (RR17): 62-64.

SITI INTERNET

56

23. www.centroaktis.it/radioterapia.html.

24. www.geocities.com

25. www.nutrizioneoncologia.it [Ultimo aggiornamento 2006].

26. www.gut.it. [Ultimo aggiornamento 2006].

ATTI DI CONVEGNO

27. VII Congresso Nazionale AIOM. Napoli; 18-21/10/2005.

NORMATIVA

28. Art. 4.4 e 4.5 Codice Deontologico degli Infermieri.

57

Capitolo 7

58

QUALITA’ DI VITA

Fino a non molti anni fa, il rapporto tra medico e paziente è stato caratterizzato da una

situazione di totale dipendenza del paziente, che si affidava passivamente al medico il quale

decideva e “imponeva” le cure. Questo tipo di rapporto aveva le sue radici agli albori della

civiltà, quando il processo di cura era rivestito da un’aura di magia e di mistero. L’antenato

del medico era infatti lo stregone o sciamano, che utilizzava nel curare il paziente, oltre ai

rimedi derivanti dall’osservazione della natura, come le pianti medicinali, anche le forze

derivanti da un suo “rapporto privilegiato” con il mondo soprannaturale.

Tutto questo ha subito una profonda rivoluzione. Si è andato affermando il concetto di

un paziente non più oggetto passivo delle cure, ma protagonista del processo di cura. Si è

riconosciuto al paziente non solo il diritto di sapere i vantaggi e svantaggi delle possibili

opzioni diagnostiche e terapeutiche, ma anche di partecipare al processo di decisione sul

tipo di indagini da eseguire e di cura da adottare, e anche il diritto di rifiutare di sottoporvisi.

Questo principio di non obbligatorietà della cura è stato anche sancito in legge.

Per poter partecipare al processo di decisione il paziente deve conoscere vantaggi e

svantaggi dei diversi metodi di diagnosi e di cura. Di qui la necessità di informare il paziente,

ad ogni tappa del processo diagnostico-terapeutico, circa i benefici attesi da un esame o da

una terapia, ma anche circa i rischi a questi connessi, in modo che il paziente possa, in

piena libertà, decidere se accettare o rifiutare la procedura diagnostica o la terapia che il

medico gli propone. Questo orientamento trova espressione sintetica nel cosiddetto

“consenso informato”: prima di intraprendere un accertamento diagnostico invasivo o una

terapia, il medico è tenuto a spiegare al paziente di che cosa si tratta. Al termine del

processo di spiegazione, medico e paziente firmano congiuntamente un modulo che attesta

che il medico ha dato le spiegazioni richieste e che il paziente ha capito e ha dato il proprio

consenso all’esecuzione dell’atto.

Il considerare il paziente non più come oggetto delle terapie ma come soggetto attivo

nel processo di cura, ha come conseguenza che il risultato non va più valutato solo sulla

base della normalizzazione degli esami e dei sintomi o del prolungamento della

sopravvivenza, ma anche “dal punto di vista del paziente”, cioè tenendo presente l’effetto

che la malattia e le cure hanno sul paziente inteso come individuo inserito in un contesto

59

sociale e culturale, con bisogni, aspirazioni, relazioni umane ed affettive. Emerge la

necessità di valutare l’impatto che la malattia e le cure hanno sulla qualità di vita del

paziente.

7.1 CHE COSA E’ LA QUALITA’ DI VITA

Il concetto di qualità di vita è molto antico. Epicuro nel IV secolo a.C. scrisse: ”una

salda conoscenza dei bisogni inclina a ricondurre ogni assenso o diniego al benessere del

corpo ed alla piena serenità dell’animo, poiché questo è il fine della vita felice. A questo fine

noi rivolgiamo ogni nostra azione, per allontanarci dalla sofferenza e dall’apprensione”.

Nonostante questo, il concetto di qualità di vita come entità misurabile è relativamente

recente. Una definizione dell’OMS del 1948 dice: ”qualità di vita è la percezione soggettiva

che un individuo ha della propria posizione nella vita, nel contesto di una cultura e di un

insieme di valori nei quali egli vive, anche in relazione ai propri obiettivi, aspettative e

preoccupazioni”. La qualità di vita può essere descritta da una serie di aree o dimensioni

della esperienza umana che riguardano non solo le condizioni fisiche e i sintomi, ma anche

la capacità di un individuo di funzionare, dal punto di vista fisico, sociale, psicologico e di

trarre soddisfazione da quanto fa, in rapporto sia alle proprie aspettative che alla propria

capacità di realizzare ciò che desidera.

Per gli usi medici è stato introdotto il concetto di “qualità di vita correlata alla salute”,

definita come “l’insieme degli aspetti qualitativi della vita dell’individuo correlabili ai domini

della malattia e della salute, e pertanto modificabili dalla medicina”. A sua volta la definizione

di Salute data dall’OMS è: ”completo benessere fisico, psicologico e sociale e non solamente

di assenza di malattia”.

Qualità di vita è un concetto multidimensionale che descrive la soddisfazione

complessiva rispetto alla propria vita e che può essere a sua volta declinato in varie

componenti quali lo stato di salute e le capacità funzionali, la situazione psicologica e il

benessere, le interazioni sociali, la situazione economica, la realizzazione professionale, la

dimensione spirituale e religiosa.

La misurazione della qualità della vita può avere importanti applicazioni. Innanzitutto,

indipendentemente dalle terapie, essa può aiutare a valutare l’impatto della malattia nella

60

sensazione soggettiva di benessere dei pazienti. Inoltre essa può aiutare a valutare

l’efficacia di una strategia terapeutica nei Trials Randomizzati e Controllati. In questi studi la

misurazione della qualità di vita inserisce una nuova dimensione nella valutazione

dell’efficacia dei trattamenti, e può essere molto utile del decidere quale tra due terapie di

pari efficacia risulti meno sgradevole per il paziente. Lo stesso discorso può essere fatto per

la valutazione dell’efficienza di una terapia nell’applicazione quotidiana. Ancora, essa può

fornire informazioni utili a medici e pazienti circa la prognosi di una malattia e soprattutto

sull’esito atteso di una terapia. Infine, essa può entrare in maniera decisiva nella valutazione

del rapporto costo/efficacia di una terapia.

7.2 COME E QUANDO MISURARE LA QUALITA’ DI VITA

La qualità di vita è un insieme di immagini e di percezioni mentali che, in quanto tali,

non può essere rilevato direttamente. Inoltre, per definizione, essa è soggettiva e quindi la

sua valutazione richiede domande dirette al paziente e una scala di valutazione oggettiva, la

più usata è il fact an. Vengono analizzate le diverse dimensioni o aree dell’esperienza

umana connesse allo stato funzionale del soggetto, esaminato sotto diversi profili (fisico, di

ruolo, cognitivo, emozionale, sociale e sessuale). Lo scopo è valutare sia lo stato generale

del paziente, sia più specificamente i disturbi o le limitazioni che il paziente può subire a

causa di una particolare malattia.

La qualità di vita è un parametro da valutare in modo continuo: primo incontro con il

paziente, prima di eseguire accertamenti diagnostici o terapie, dopo gli interventi e ogni volta

che si verificano modificazioni delle condizioni cliniche del paziente.

7.3 A CHE PUNTO SIAMO E QUALE SARA’ IL FUTURO

La misurazione della qualità di vita in medicina è una disciplina relativamente giovane.

In tutti i Paesi gli sforzi si sono finora concentrati nel definire la metodologia per lo sviluppo

degli strumenti di misura adatti alle più varie condizioni patologiche.

61

La prossima tappa sarà l’applicazione sistematica della misurazione della qualità di

vita come complemento della valutazione dell’impatto delle malattie sull’individuo, e

dell’effetto delle diverse terapie.

Il passo successivo sarà l’utilizzo della misurazione della qualità di vita come

elemento essenziale nella valutazione della utilità clinica delle terapie. In quest’ottica la

qualità di vita rappresenterà probabilmente un ruolo importante nella valutazione del

rapporto costo-beneficio delle terapie, e verrà utilizzata alla scopo di definire la rimborsabilità

o meno di una terapia da parte dello Stato o degli Enti assicurativi.

62

BIBLIOGRAFIA

RIVISTE

1. Pandey M, Bejot CT, Kunnambath R, Eremenco S, Madhvan KN. Reliability and validity of

the Malayalam Functional Assessment of Cancer Therapy for Head and Neck Cancer. Indian

J Med Res, 2004; pagg 51-55.

2. Yamazaki H, Inoue T, Yoshida K, Inai A, Yoshioka Y, Tanaka E, Shimamoto S, Nakamura

S, Yamada Y, Araki Y. Changes in Performance Status of Elderly Patients after

Radiotherapy. Radiation medicine, 2001; 19(1): 9-18.

3. Chen AY, Frankowski R, Bishop-Leone J, Hebert T, Leyk S,Lewin J, Goepfert H. The

development and validation of a dysphagia-specific quality-of-life questionnaire for patients

with head and neck cancer: the M. D. Anderson dysphagia inventory. Arch Otolaryngol Head

Neck Surg., 2001;127(7):870-6.

SITI INTERNET

4. Federazione nazionale AMICI ITALIA. Disponibile su http://www.amici.it.htm. [Ultimo

aggiornamento: 2006].

5. http://www.aimac.it.htm. [Ultimo aggiornamento:2006].

63

Capitolo 8

64

LA FATIGUE

La fatigue è l’insieme di sintomi fisici e psichici tra i più debilitanti e meno trattati nei

malati di cancro. Se si pensa che ne soffre fino al 90% dei malati oncologici, si può parlare di

una vera e propria “malattia nella malattia”, che spesso può persistere anche dopo la fine del

trattamento. La fatigue influisce pesantemente sulla vita di ogni giorno. E’ il sintomo che

condiziona maggiormente la vita, che costringe a modificare le abitudini lavorative, e può

persino creare difficoltà ad accudire la famiglia. La fatigue interferisce quindi sulle attività

fisiche, mentali, emotive e anche lavorative. Eppure, nonostante la fatigue sia una delle

manifestazioni più invalidante e con il maggior impatto sulla qualità della vita, sono pochi i

pazienti che riferiscono i sintomi di astenia, debolezza, dolori muscolari, inappetenza, ansia,

stress, anemia e depressione, che sono le manifestazioni più caratterizzanti di questa

sindrome. Le persone, non essendo tali sintomi ben definiti e costanti, come, invece, ad

esempio il dolore o la nausea e il vomito, tendono a non esporli, ritenendo che siano parte

ineluttabile e incurabile della malattia.

La fatigue può invece essere curata, ma è indispensabile che il malato collabori

raccontando come l’insorgenza dell’affaticamento abbia modificato le proprie abitudini di vita

e quali attività non riesca più a svolgere come prima.

In considerazione dell’importanza che ha lo stato emotivo nella molteplicità di

manifestazioni della fatigue, anche un sostegno psicologico può risultare di particolare aiuto.

Il miglior approccio per la cura della fatigue è sicuramente quello “olistico”, basato

sulla persona nella sua globalità.

8.1 CHE COSA E’ LA FATIGUE

65

La fatigue (termine inglese che significa astenia, stanchezza) può essere considerata

come parte integrante della sintomatologia causata dal tumore, come effetto collaterale delle

terapie oncologiche, oppure come espressione di uno stato depressivo.

La fatigue può essere acuta e cronica:

fatigue acuta: i meccanismi di recupero conservano tutta la loro efficacia,

permettendo quindi all’organismo di riacquistare le forze, per mezzo di un

adeguato periodo di riposo e/o reintegrando i supporti energetici consumati;

fatigue cronica: il paziente non riesce a recuperare un adeguato livello

energetico neppure dopo un prolungato periodo di riposo e/o una terapia di

supporto.

Le persone che provano fatigue non hanno energia e trovano difficoltoso compiere

quelle semplici attività quotidiane che di norma svolgono senza difficoltà, impedimento o

preoccupazione.

Gli aggettivi più comunemente usati dai pazienti per descrivere come si sentono sono:

svogliato, prostrato, debole, lento, confuso, scoraggiato, apatico, stanco, trascurato, pigro,

fiacco, indifferente, abbattuto, sfinito, esausto, esaurito, a terra. La fatigue è, dunque, una

sensazione soggettiva e per tale motivo è ancor difficile inquadrare il fenomeno. Tali

descrizioni ben evidenziano la variabilità dei disturbi lamentati e la soggettività della

sindrome: la fatigue è, infatti, fondamentalmente un fenomeno multidimensionale che si

sviluppa nel tempo, riduce i livelli di energia, le capacità mentali e lo stato psicologico dei

pazienti.

8.2 LE CAUSE DELLA FATIGUE

Molte sono le cause che provocano la fatigue nei malati di cancro. Alla base possono

essersi disordini del metabolismo, infezioni e anemia, cui si sovrappongo fattori psicologici

quali le inevitabili paure che la diagnosi di cancro porta con sé. Altre cause che provocano

66

fatigue sono i trattamenti oncologici, i dolori di varia natura, i problemi alimentari e i disturbi

del sonno.

L’anemia è una delle principali cause di fatigue ed è un problema molto comune nel

paziente oncologico. La sua correzione, anche di lieve entità, può determinare un

miglioramento della qualità di vita. L’anemia può verificarsi o a seguito di emorragie,

ulcerazioni con perdita di sangue e/o ridotta sintesi di emoglobina. Se il livello

dell’emoglobina scende al di sotto del valore 11-12 g/dl, il senso di stanchezza aumenta e

incide molto sulla qualità della vita.

L’anemia si può curare con:

l’eritropoietina: un ormone naturale che stimola la produzione di globuli rossi

nel midollo osseo;

la trasfusione di sangue: riversa i globuli rossi direttamente nella corrente

sanguigna per via venosa e in tal modo ne innalza rapidamente il numero. Si

ricorre alle emotrasfusioni quando l’anemia è molto grave.

La fatigue è un sintomo comune in tutte le principali modalità di trattamento

antineoplastico: interventi chirurgici, chemioterapia, radioterapia, terapia ormonale, terapia

immunologica. Chemioterapia e radioterapia possono causare fatigue fin dal primo giorno di

terapia. In generale, nella chemioterapia la fatigue è correlata al tipo e alla combinazione di

farmaci utilizzati ed alla modalità di somministrazione, mentre nella radioterapia

all’estensione della area irradiata. Il normale livello di energia si ripristina da sei mesi ad un

anno dopo la fine dei trattamenti, benché alcuni pazienti continuino ad avvertire stanchezza

anche uno o due anni dopo i trattamenti.

8.3 GLI EFFETTI DELLA FATIGUE

Un’adeguata considerazione della fatigue non può limitarsi alla semplice stima della

sua presenza e severità, ma deve evidenziare gli effetti che ha sulla qualità della vita. La

fatigue può influire sul modo di pensare e di sentire: ci si accorge di non riuscire a

67

concentrarsi non soltanto sul lavoro, ma anche nelle normali attività della vita quotidiana (es.

anche leggere o guardare la televisione possono risultare troppo faticose).

La fatigue può ripercuotersi anche sulle relazioni interpersonali, con familiari ed amici,

perché la vita di relazione sembra richiedere troppo sforzo.

La percezione della fatigue è soggettiva: alcuni pazienti avvertono un senso di

stanchezza molto lieve che non interferisce con le attività della vita quotidiana, per altri,

invece, le conseguenze sono molto pesanti.

Alcuni degli effetti della fatigue più comunemente riferiti dai pazienti sono:

difficoltà a compiere le normali attività quali cucinare, rifare il letto, fare la

doccia, pettinarsi, ecc.;

non avere la forza di fare nulla, sentirsi completamente svuotato di ogni

energia;

difficoltà a concentrarsi e prestare attenzione, a parlare e a prendere decisioni;

difficoltà a ricordare le cose;

sensazione di vertigini o di avere la testa vuota;

disturbi del sonno;

perdita del desiderio sessuale;

tendenza alla facile commozione.

La percezione della fatigue è soggettiva e varia da paziente a paziente. Per

descrivere la fatigue nel modo più preciso possibile vengono utilizzate scale di valutazione:

le più usate sono la Scala Analogica Visiva (VAS), la Class, il Fact an e la Scala Numerica di

cui segue la rappresentazione.

Nessuna fatigue Il massimo di fatigue

1 2 3 4 5

68

Ove 1 = nessuna fatigue; 2 = fatigue lieve (essere in grado di svolgere le normali attività); 3

= fatigue moderata (essere in grado di svolgere qualche attività, ma dovendo riposare); 4 =

fatigue severa (difficoltà a camminare o a svolgere attività come cucinare o fare la spesa); 5

= massimo livello di fatigue (bisogno di dormire o riposare per tutto il giorno).

69

BIBLIOGRAFIA

TESTI

1. Tabloni S, Pugliese P, Spazzapan S, Tirelli U, Macellari U. La Fatigue. Roma: La Nuova

MDM, 2006.

RIVISTE

2. Uwe Reinhardt, Augustinos Tulusan, Ralf Angermund, Harald Lutz. For The German

Epoetin Alfa Study Group Increased Hemoglobin Levels and Improved Quality-of-Life As-

sessments During Epoetin Alfa Treatment in Anemic Cancer Patients: Results of a Prospect-

ive, Multicenter German Trial The Oncologist, 2005; 10(3): 225-237.

3. D. Cella, J. Kallich, A. McDermott and Xu X. The longitudinal relationship of hemo-

globin, fatigue and quality of life in anemic cancer patients: results from five randomized clin -

ical trials . Annals of Oncology, 2004; 15:979-986.

4. Visovsky, C., Schneider S. Cancer-Related Fatigue. Online Journal of Issues in Nursing,

2003; 8(3).

5. B. Holzner, G. Kemmler, R. Greil, M. Kopp, A. Zeimet, M. Raderer, M. Hejna, S.

Zöchbauer, G. Krajnik, H. Huber, W. W. Fleischhacker and B. Sperner-Unterweger. The

impact of hemoglobin levels on fatigue and quality of life in cancer patients. Annals of

Oncoloy, 2002; 13:965-973.

6. Sadler, I.J., Jacobsen, P.B., Booth-Jones, M., Belanger, H., Weitzner, M.A., Fields, K.K.

Preliminary evaluation of a clinical syndrome approach to assessing cancer-related fatigue .

Journal of Pain and Symptom Management, 2002; 23 (5): 401-416.

7. Barsevick, A.M., Whitmer, K., Sweeney, C., & Nail, L.M. A pilot study examining energy

conservation for cancer treatment-related fatigue. Cancer Nursing, 2002; 25 (5): 333-341.

70

8. Mock, V., Pickett, M., Ropka, M.E., Lin, E.M., Stewart, K.J., Rhodes, V.A. et al. Fatigue

and quality of life outcomes of exercise during cancer treatment. Cancer Practice, 2001;9

(3): 119-127.

LINEE GUIDA

9. National Comprehensive Cancer Network. Clinical Practice Guidelines in Oncology-

volume 1, 2003. Disponibile su http:// www.nccn.org.htm.

SITI INTERNET

10. http://www.aimac.it.htm. [Ultimo aggiornamento: 2006].

11. http://www.wikipedia.org/Fatigue.htm. [Ultimo aggiornamento: 2006].

12. http://nursingworld.org.htm.

13. American Cancer Society. Cancer: Basic facts. Disponibile su http:// www

cancer org.htm.

71

Capitolo 9

72

IL DOLORE ONCOLOGICO

Il dolore nelle malattie oncologiche assume caratteristiche di dolore globale, ossia di

sofferenza personale che trova la propria eziopatogenesi, oltre che nella sofferenza fisica,

anche in quella inerente alla sfera psichica e sociale.

Nel 70% dei casi il dolore dei pazienti è determinato dalla neoplasia, nel 20% dalle

terapie antitumorali, mentre nel 10% da cause diverse. Il paziente può presentare due o più

dolori importanti, in sedi diverse, indipendenti l’uno dall’altro, spesso anche con varia

eziopatogenesi. Inoltre possono comparire episodi di riacutizzazione del dolore dalla

copertura antalgica di base, con puntate dolorose spesso di difficile controllo, in

concomitanza con movimenti volontari e con posture particolari o con puntate di dolore

senza chiari rapporti causali. Il dolore da cancro e il suo trattamento influenzano e sono

influenzati da molti sintomi oncologici. Il dolore può impedire il sonno ed avere impatto

negativo sul movimento e sulle attività di vita quotidiana. Il dolore da cancro è definito

“dolore totale” ed è caratterizzato dalla presenza contemporanea di componenti organiche,

psicologiche, sociali ed esistenziali.

I principi fondamentali per una corretta gestione del dolore oncologico comprendono:

valutazione del paziente, dando credito a quanto riferisce;

definizione piano di cura diagnostico-terapeutico;

attuazione del piano stesso;

rivalutazione periodica del paziente e del piano di cura.

9.1 VALUTAZIONE DEL DOLORE

73

La valutazione clinica del dolore deve comprendere l’identificazione delle cause e

della tipologia del dolore con rilevazione delle caratteristiche temporali della sede e

dell’intensità del dolore.

I tentativi di misurare il dolore utilizzando specifici strumenti, prima nella ricerca e poi

nella pratica clinica, hanno confermato la validità dell’utilizzo delle scale di intensità che

comprendono:

Scale analogiche visive (VAS);

Scale numeriche (NRS);

Scale verbali (VRS).

Le scale numeriche, di solito da 0 a 10, sono le più utilizzate nella pratica clinica. Un

dolore di intensità da 1 a 4 è lieve, da 5 a 6 moderato e da 7 a 10 severo. Una soddisfacente

terapia antalgica dovrebbe mantenere il dolore a livelli = < 4. Quando il dolore supera il

valore 5, soglia oltre la quale si ritiene che il dolore inizi ad interferire in modo importante con

le attività di vita quotidiana con un impatto sfavorevole sulla qualità di vita, deve essere

considerata una modifica della strategia terapeutica in atto.

Il numero di episodi di riacutizzazione del dolore e il numero di volte in cui è stato

necessario somministrare farmaci al bisogno, costituiscono due ulteriori e importanti

parametri di cui tenere conto nella valutazione complessiva del dolore.

La valutazione del dolore assume significato se è assicurata la massima visibilità di

rivelazione, con la presenza degli strumenti di valutazione del dolore nella cartella clinica del

paziente.

La rilevazione dell’intensità del dolore va effettuata regolarmente, nei pazienti

ricoverati almeno due volte al giorno, nei pazienti seguiti in assistenza domiciliare ad ogni

accesso, senza dimenticare la misurazione del dolore nei pazienti che accedono a visite

programmate.

ESEMPIO DI SCALA NUMERICA

74

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

nessun dolore il più forte dolore immaginabile

Lieve 0-4 Moderato 5-6 Severo 7-10

ESEMPIO DI VAS

Nessun ___________________________________ il più forte dolore dolore immaginabile

ESEMPIO DI SCALA VERBALE (VRS)

□ Nessun dolore □ Molto lieve □ Lieve

□ Moderato □ Forte □ Molto forte

9.2 TERAPIA ANTALGICA

La strategia terapeutica suggerita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è

rappresentata dalla Scala Analgesica a tre gradini.

75

Questa terapia per il trattamento del dolore da cancro deve porsi alcuni obiettivi

sequenziali che possono essere schematizzati come segue:

Aumento delle ore di sonno libere da dolore;

Riduzione del dolore a riposo;

Riduzione del dolore in posizione eretta o al movimento.

Dal punto di vita strettamente sintomatico, il cardine fondamentale della strategia

terapeutica è rappresentato proprio dalla scala analgesica a tre gradini. Prevede l’utilizzo di

tre categorie di farmaci: non oppioidi, oppioidi per il dolore lieve-moderato ed oppioidi per il

dolore moderato-severo con l’integrazione o meno di farmaci adiuvanti. Ciascuno dei tre

gradini può essere integrato, se indicato, ad altre procedure di tipo invasivo (trattamenti non

farmacologici, infiltrazioni, radioterapia, interventi psico-sociali).

Mentre in passato nell’utilizzo dei farmaci dei tre gradini si era sottolineato l’approccio

progressivo e sequenziale, oggi si è evidenziato come debbano essere l’intensità del dolore

e le caratteristiche del paziente, e non la sequenzialità dei gradini (né tanto meno la prognosi

del paziente) a dettare la scelta farmacologica con la quale iniziare un trattamento del

dolore.

Il suggerimento dell’OMS è di inserire la strategia terapeutica in un appropriato

programma di assistenza continuativa in terapia antalgica.

76

9.3 SOMMINISTRAZIONE DELLA TERAPIA ANTALGICA

Le principali regole per la somministrazione della terapia antalgica sono:

Personalizzazione del dosaggio analgesico;

Utilizzo preferenziale della via orale, la più fisiologica e la meno invasiva per

trattamenti di lunga durata;

Adeguato trattamento dell’insonnia, che può contribuire a debilitare

ulteriormente il paziente e a renderlo sofferente e irritabile;

Trattamento sistematico e preventivo degli effetti collaterali più comuni. E’ nota

la gastrolesività dei Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei (FANS),

soprattutto in caso di trattamento per lunghi periodi. Da tener presente, inoltre,

le alterazioni renali farmaco-indotte e l’interferenza con altre terapie;

77

Per quanto riguarda gli oppioidi, per alcuni effetti collaterali (nausea e vomito)

si può sviluppare tolleranza e può esser utile il trattamento degli stessi. Altri

effetti secondari rimangono costanti nel tempo (stipsi).

I farmaci non oppioidi, da utilizzare per la terapia del dolore lieve, comprendono

l’Acido acetilsalicilico, i FANS e il Paracetamolo. Proseguire l’uso di FANS anche in caso di

trattamento con farmaci del 2° e del 3° gradino, con l’obiettivo di poter utilizzare dosaggi

ridotti di oppioidi ed avere quindi meno effetti collaterali. Oltre a tale effetto favorevole, il

prolungamento del trattamento con FANS consentirebbe un’azione sinergica sul dolore.

Fra gli oppioidi per il dolore lieve-moderato, i farmaci di base sono la codeina e il

tramadolo.

La morfina per via orale è il farmaco di riferimento del 3° gradino della scala

analgesica dell’OMS; alternative sono rappresentate da metadone, fentanyl, buprenorfina,

ossicodone.

Il trattamento con oppioidi deve essere iniziato in tutti i pazienti con dolori di intensità

da moderata a severa, qualunque sia il meccanismo fisiopatologico ipotizzato.

Il farmaco di partenza va scelto in base a:

Caratteristiche del paziente;

Intensità del dolore;

Tipo di formulazioni disponibili;

Considerazioni di farmacocinetica (nelle prime fasi, nelle quali il dosaggio va

titolato, sarebbero preferibili formulazioni di farmaci ad emivita breve, che

consentano tempestivi aggiustamenti);

Risposta a precedenti trattamenti con oppioidi;

Patologie concomitanti.

Gli oppioidi vanno somministrati per la via meno invasiva che consenta analgesia

adeguata in assenza di effetti collaterali. La via orale rimane la via da privilegiare nella

78

pratica clinica. Vie alternative sono la sottocutanea (a boli o in infusione continua), la

transdermica, la sublinguale, l’endovenosa continua e la spinale. Il cambiamento della via di

somministrazione è, insieme alla rotazione degli oppioidi, una delle strategie per affrontare

situazioni cliniche nelle quali l’indice terapeutico non sia ottimale o per insufficiente analgesia

o per soddisfacente analgesia ma con eccesso di effetti collaterali.

Gli effetti collaterali più comuni dei farmaci oppioidi sono: stipsi, nausea-vomito e

sedazione; altri possono comparire meno frequentemente e sono: xerostomia, confusione,

disforia, vertigini, allucinazioni, incubi, ritenzione urinaria, prurito, sudorazione. I diversi

oppioidi presentano profili di tossicità differenti.

Le strategie riportate per il controllo degli effetti collaterali sono: riduzione del

dosaggio, quando possibile, cambio d’oppioide e/o della via di somministrazione, controllo

farmacologico sintomatico dell’effetto collaterale, idratazione per favorire la “diluizione” dei

metaboliti e l’escrezione urinaria.

L’applicazione corretta della scala sequenziale dell’OMS consente di controllare il

dolore oncologico nella gran maggioranza dei casi, tuttavia in una minoranza di pazienti

l’approccio farmacologico non è sempre risolutivo ed è pertanto indispensabile ricorrere ad

un approccio specialistico che prevede l’applicazione di procedure invasive per il controllo

del dolore. Una cura particolare va riservata nel chiarire alla persona sofferente il significato

di tali procedimenti e che essi non hanno alcun collegamento con prognosi infauste.

Le procedure invasive si distinguono in procedure di tipo neuromodulativo e di tipo

neurolesivo. Le prime sono tecniche di somministrazione spinale (epidurale, subaracnoidea

o intraventricolare) che possono essere eseguite attraverso un catetere che permette

l’infusione continua o intermittente del farmaco; questa somministrazione è controindicata

nelle persone non collaboranti o incapaci di esprimere un consenso informato. La terapia

neurolesiva si propone, agendo a diversi livelli del sistema nervoso, di abolire la trasmissione

dell’impulso nocicettivo attraverso la distruzione irreversibile delle vie nervose centrali o

periferiche tramite l’utilizzo dei mezzi meccanici, chimici o fisici; tali procedure richiedono una

selezione accurata del paziente e vanno riservate ai casi in cui non vi sia una risposta

antalgica efficace alle terapie tradizionali.

79

BIBLIOGRAFIA

RIVISTE

1. Elves de Andrade F, Pereira LV, Sousa FAEF. Mensuracao da dor noidoso : una revisao.

Rev Latino-am Enfermagem, 2006; 14(2): 271-6.

2. Laxmaiah Manchikanti, MD, Kimberly A Cash, RT, Kim S Damron, RN, Rajeev

Manchukonda, BDS, Vidyasagar Pampati, MSc, and Carla D McManus, RN, BSN. Controlled

Substance Abuse and Illicit Drug Use in Chronic Pain Patients: An Evaluation of Multiple

Variables. ISSN, 2006; 9: 215-226.

3. Sven-Olof Isacsson, Agneta H Isacsson, H Ingemar Andersson, John Ektor-Andersen,

Per-Olof Östergren, Bertil Hanson, and , the Malmö Shoulder-Neck Study group, Christina

Gummesson. The transition of reported pain in different body regions – a one-year follow-up

study. BMC Musculoskelet Disord, 2006; 7: 17.

4. Norwegian Knowledge Centre for the Health Service, .Stein Rokkan Centre for Social

Studies, Claire Glenton. Lay perceptions of evidence-based information – a qualitative

evaluation of a website for back pain sufferers. BMC Health Serv Res, 2006; 6: 34.

5. Tim A. Ahles, PhD, John H. Wasson, MD, Janette L. Seville, PhD, Deborah J. John-son, BA, Bernard F. Cole, PhD, Brett Hanscom, MS, Therese A. Stukel, PhD4 and Eliza-beth McKinstry, MA, RN. A Controlled Trial of Methods for Managing Pain in Primary Care

Patients With or Without Co-Occurring Psychosocial Problems. Annals of Family Medicine, 2006; 4:341-350.

6. Cancan M, Lora Aprile P. Cure Palliative in Medicina Generale. Pisa: Pacini Editore,

2004.

7. Hearn J, Higginson IJ. Cancer pain epidemiology: a sistematic review. Cancer pain,

assessment and management. Cambridge University Press, 2003: pp 19-37.

8. SIAARTI. Recommendations on the assessment and treatment of chronic cancer pain.

Minerva Anestesiol, 2003; 69: 697-716, 717-729.

80

9. Caraceni A, Cherny N, Fainsinger R, et al. Pain measurement tools and methods in clinic

research in Palliative Care: recommendations of an Expert Working group of the EAPC. J

Pain Symptom Manage, 2002; 23: 239-255.

10. Hanks GW, De Conno F, Cherny N, et al. Morphine and alternative opioids in cancer

pain : the EAPC recommendations. Br J Cancer, 2001; 84: 587-93.

11. Joranson DE, Ryan KM, Gilson AM, Dahl Jl. Trends in medical use and abuse of opioid

analgesics. JAMA, 2000; 283: 1710-1714.

SITI INTERNET

12. http://www.eerp.usp.br/rlae.it. [Ultimo aggiornamento: 2006].

NORMATIVA

13. Legge 8 febbraio 2001, n°12. Norme per agevolare l’impiego dei farmaci analgesici

oppiacei nella terapia del dolore. Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n°41 del 19 febbraio

2001.

CONCLUSIONI

La figura dell’infermiere in radioterapia assume un ruolo molto importante in quanto

collabora con altri professionisti a soddisfare i bisogni della persona assistita, migliorando, in

81

questo modo, la qualità dell’assistenza. Questa azione si svolge a livello teorico, pratico,

relazionale, educativo, riabilitativo, palliativo e sociale.

Spesso i pazienti sottoposti a radioterapia del cavo orale presentano paure e ansie

per il trattamento, ma anche molta rabbia per non aver ricevuto informazioni soddisfacenti e

dettagliate relative agli effetti collaterali legati a questo tipo di cura. Gli effetti secondari

influiscono sull’equilibrio fisico-psichico della persona trattata e per questo motivo assume un

ruolo importante, se non fondamentale, la valutazione, la comunicazione, l’educazione

terapeutica che effettua l’infermiere, supportato da continuo aggiornamento.

L’assistenza ad un paziente radiotrattato si intreccia come una “rete” tra diversi

professionisti: l’infermiere, lo psicologo, il dietologo, l’odontostomatologo, l’igienista dentale,

il radioterapista; tutti collaborano strettamente con lo scopo di erogare un’assistenza

“globale” al soggetto. E’ importante non minimizzare gli effetti collaterali reali e potenziali

trattando solo il problema fisico, allargandoli alla vita lavorativa, relazionale, sociale e

familiare, poiché queste sfaccettature vengono sicuramente colpite e modificate, se non

eliminate, dalla patologia o dalla radioterapia.

E’ proprio da questi bisogni e disagi che l’infermiere deve partire cercando di svolgere

un lavoro di prevenzione, cura, palliazione, educazione nel modo in cui è possibile farlo.

Le persone che convivono con il carcinoma possono nutrire preoccupazioni riguardo

alla possibilità di continuare a lavorare, di occuparsi della famiglia o di svolgere una normale

vita sociale. E’ inoltre diffusa la paura di esami, terapie, ricoveri in ospedali. I medici, il

personale infermieristico ed altri membri dell’équipe di assistenza potranno rassicurare il

paziente risolvendo tutti i suoi dubbi sul trattamento, sulla ripresa del lavoro e sulla possibilità

di svolgere le normali attività quotidiane. Per coloro che desiderano parlare dei propri

sentimenti e confidare le proprie ansie, un colloquio con un infermiere, uno psicologo, un

assistente sociale o un religioso, potrà essere d’aiuto.

Tuttavia è importante ricordare che ogni persona è un caso a sé. I trattamenti e

metodi terapeutici che funzionano per un paziente possono rivelarsi non efficaci per un altro,

persino se entrambi sono affetti dalla stessa forma di carcinoma.

I malati e i loro familiari desiderano inoltre conoscere cosa riserverà loro il futuro,

talvolta basandosi su statistiche che riportano le aspettative di vita di pazienti affetti da

82

carcinoma del cavo orale, ma non ci si può basare su di esse per sapere che cosa accadrà

ad un paziente in particolare, perché ogni persona è diversa da un’altra.

Dare sempre più importanza ai termini “prevenzione” e “trattamento”, nasce dal

desiderio di rendere i pazienti protagonisti della loro salute, considerata non più come un

bene da consegnare a medici e infermieri, ma come uno stato fisico e mentale da perseguire

e mantenere nel tempo.

L’infermiere in radioterapia svolge un ruolo particolarmente arduo. L’assistenza

infermieristica erogata richiede conoscenza, competenza e abilità per la sua specifica

articolazione.

ALLEGATO 1

83

Anatomia del cavo orale.

84

Aree di carcinoma squamoso della mucosa orale.

85

ALLEGATO 2

86

87