INFO RIONERO - Luglio 2010

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Info RIONERO Info RIONERO Rionero in Vulture a Geo&Geo di Armando Lostaglio Rionero è stata fra le protagoniste della speciale rubrica di Rai3 Geo&Geo in onda nel pomeriggio di venerdì 16 luglio: una quindicina di minuti tecnicamente perfetti (nei tempi e nel montaggio) per raccontare una cittadina, la sua tradizione e quindi il bacino lacustre di Monticchio, con la sua impareggiabile storia e la lussureggiante natura. “Alla scoperta di Rionero in Vulture in Basilicata” il titolo, e questo, in sintesi l’aspetto trattato dal programma: “L’itinerario ci conduce a scoprire Rionero dominata dalla mole dell’antico vulcano del Vulture, la sua antica tradizione vinicola che risale al tempo dei greci e ancora oggi si mantiene a livelli di eccellenza. L’itinerario prosegue all’interno del cono del vulcano dove si trova la riserva naturale gestita dal Corpo Forestale dello Stato. Qui scopriamo due laghi dai colori diversi. I resti dell’abbazia di Sant’Ippolito sembrano fronteggiare l’abbazia di Monticchio ricordando la rivalità e le lotte religiose tra la chiesa greco ortodossa e la chiesa romana che si svolsero in questi territori nell’XI° secolo”. Una sintesi arricchita da efficacissime immagini, lontane da quelle del dopo- ferragosto o di Pasquetta, resoconto di un turismo approssimativo che caratterizza da troppi decenni la non adeguata valorizzazione di un territorio. Il programma ha invece messo in luce la riscoperta di un luogo storico (ha visitato Palazzo Fortunato, le sue stanze, l’immensa biblioteca e i giardini), addentrandosi quindi nelle peculiarità vinicole, e trattando di Monticchio, con il suo immenso valore floro- faunistico. Rispolverando, dunque, libri di storia apprendiamo quanto viaggiatori e storici scrissero di questa cittadina, già nel XIX secolo. Viaggiatori come Edward Lear o Cesare Malpica. Ecco cosa scrive nel 1847 Malpica, quando Rionero in Vulture contava 10193 abitanti, Atella da cui dipendeva 1200; Melfi ne contava 9000 e Potenza 8500; Matera poco meno di 8000 anime. “ Rionero è colto, ricco, fiorente ed industrioso. Ha bei fabbricati, buone strade e una graziosa strada. La sua chiesa, quando sarà restaurata, potrà dirsi bella, ora è solamente grandiosa. Vi si lavora egregiamente il ferro, è abbondante di prodotti, ci ha a dovizia i comodi della vita … Né so perché abbiano nomata la città. Non v’ha nulla di nero in essa; anzi ha un’aria di decenza che potrebbe non scernere sol chi viaggia in cerca di un ottimismo che di rado si incontra. Bellissima è la sua posizione; l’albanese Barile e l’antichissima Atella le stanno ai fianchi, quasi fossero due suoi sobborghi. A ritta si alza il Vulture e con le sue cime boscose le mostra intera la sua forma.” Un’apprezzabile descrizione che viene da lontano nel tempo, e che un buon programma televisivo ha saputo oggi evidenziare con efficacia. Spiacerebbe, tuttavia, se la sua visione non fosse stata fruita da chi decide ai diversi livelli della emancipazione e delle sorti turistiche del territorio, APT compresa. Nuovo canale diretta-web su www.siderurgikatv.tk dedicato agli eventi culturali e sociali di Rionero in Vulture. Dopo “rionerotv” il nuovo canale è “rionerotv2” che si aggiunge a quelli già in rete: SanFeleWebtv, RuvodelMonteTv, VenusiaTv, VultureLive, SiderurgikaLive, SiderurgikaLive2. (La piattaforma per la diffusione in rete di questi canali televisivi è www.worldtv.com) Economia e politica nell’Italia liberale: Gustino Fortunato e il problema del take-off (Prof. Marco Paolino) Per affrontare al meglio la questione di Fortunato e del take-off, dobbiamo partire dal teorico del take-off, vale a dire dall’economista di Harvard Alexander Gerschenkron. Secondo Gerschenkron, le condizioni più certe per il take-off (decollo economico) comportavano una limitazione dei consumi a vantaggio di un incremento degli investimenti nei paesi arretrati (facendo ricorso prevalentemente ai risparmi forzosi creati dalla limitazione dei consumi attraverso il prelievo fiscale), condizioni che avrebbero dovuto contare sull’appoggio delle banche e degli altri mezzi di mobilizzazione degli investimenti (lo Stato e le politiche pubbliche). Questo perché il fattore trainante dello sviluppo sono le banche (nei paesi in ritardo medio) o lo Stato (nei paesi in ritardo forte, come nel caso dell’Italia dell’Ottocento). Prendiamo in esame il modello teorico di sviluppo economico dell’Italia dall’unificazione nazionale alla Prima Guerra Mondiale. Chi sono i protagonisti dello sviluppo economico: gli individui (i privati) o lo stato. La discussione si apre riguardo a chi assegnare la qualifica di protagonista, se agli individui (Francesco Ferrara e l’economia liberista) o allo Stato (il socialismo della cattedra). La cultura politica tedesca in prevalenza assegnava allo Stato il compito di promuovere la politica sociale (basti pensare all’esperienza del Kathedersozialismus). Si assiste ad un dibattito fra i sostenitori del modello anglosassone e i sostenitori del modello tedesco. In un saggio comparso nel 2002 sulla «Contemporary European History» Paul Corner ha analizzato l’esperienza giolittiana. Corner parla di Sonderweg (vale a dire di specificità, di originalità italiana) perché l’età giolittiana è dominata dalla preoccupazione della classe dirigente di sviluppare una politica sociale che sposasse le istanze provenienti dal movimento socialista. Credo che l’analisi di Corner delle varie anime del liberalismo italiano sia giusta: per esempio Emanuele Gianturco e Luigi Luzzatti erano sostenitori della politica sociale, contrari sia al laissez faire degli economisti liberali ottocenteschi (a cui invece era molto sensibile Antonio De Viti De Marco, fortemente legato alla tradizione anglosassone) sia all’individualismo liberale, che costituiva la struttura teoretica del pensiero di Antonio Salandra, il quale si opponeva allo Stato «paterno» che poi finiva per instaurare una forma di «feudalesimo burocratico». L’individualismo liberale costituiva anche la struttura teoretica del pensiero di Giustino Fortunato, sostenitore di un ruolo attivo dell’individuo nella promozione dello sviluppo economico (anche se in questo caso lo Stato informazione sugli eventi culturali e sociali della nostra città Comune di Rionero in Vulture www.comunedirioneroinvulture.pz.it – Numero Verde 800-604444 www.youtube.com/rioneroinvulturetv www.worldtv.com/rioneroinvulture www.siderurgikatv.tk [email protected] Tel: 349.6711604 (Fotocopiato in Proprio) Associazione Vibrazioni Lucane, Via Ortilizi, Rionero Supplemento a : Piccola Città, Autorizzazione Tribunale di Melfi n.2/91, Direttore Responsabile Armando Lostaglio

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Rionero in Vulture a Geo&Geo di Armando Lostaglio

Rionero è stata fra le protagoniste della speciale rubrica di Rai3 Geo&Geo in onda nel pomeriggio di venerdì 16 luglio: una

quindicina di minuti tecnicamente perfetti (nei tempi e nel montaggio) per raccontare una cittadina, la sua tradizione e quindi il bacino lacustre di Monticchio, con la sua impareggiabile storia e la lussureggiante natura. “Alla scoperta di Rionero in Vulture in Basilicata” il titolo, e questo, in sintesi l’aspetto trattato dal programma: “L’itinerario ci conduce a scoprire Rionero dominata dalla mole dell’antico vulcano del Vulture, la sua antica tradizione vinicola che risale al tempo dei greci e ancora oggi si mantiene a livelli di eccellenza. L’itinerario prosegue all’interno del cono del vulcano dove si trova la riserva naturale gestita dal Corpo Forestale dello Stato. Qui scopriamo due laghi dai colori diversi. I resti dell’abbazia di Sant’Ippolito sembrano fronteggiare l’abbazia di Monticchio ricordando la rivalità e le lotte religiose tra la chiesa greco ortodossa e la chiesa romana che si svolsero in questi territori nell’XI° secolo”. Una sintesi arricchita da efficacissime immagini, lontane da quelle del dopo-ferragosto o di Pasquetta, resoconto di un turismo approssimativo che caratterizza da troppi decenni la non adeguata valorizzazione di un territorio. Il programma ha invece messo in luce la riscoperta di un luogo storico (ha visitato Palazzo Fortunato, le sue stanze, l’immensa biblioteca e i giardini), addentrandosi quindi nelle peculiarità vinicole, e trattando di Monticchio, con il suo immenso valore floro-faunistico. Rispolverando, dunque, libri di storia apprendiamo quanto viaggiatori e storici scrissero di questa cittadina, già nel XIX secolo. Viaggiatori come Edward Lear o Cesare Malpica. Ecco cosa scrive nel 1847 Malpica, quando Rionero in Vulture contava 10193 abitanti, Atella da cui dipendeva 1200;

Melfi ne contava 9000 e Potenza 8500; Matera poco meno di 8000 anime. “ Rionero è colto, ricco, fiorente ed industrioso. Ha bei fabbricati, buone strade e una graziosa strada. La sua chiesa, quando sarà restaurata, potrà dirsi bella, ora è solamente grandiosa. Vi si lavora egregiamente il ferro, è abbondante di prodotti, ci ha a dovizia i comodi della vita … Né so perché abbiano nomata la città. Non v’ha nulla di nero in essa; anzi ha un’aria di decenza che potrebbe non scernere sol chi viaggia in cerca di un ottimismo che di rado si incontra. Bellissima è la sua posizione; l’albanese Barile e l’antichissima Atella le stanno ai fianchi, quasi fossero due suoi sobborghi. A ritta si alza il Vulture e con le sue cime boscose le mostra intera la sua forma.” Un’apprezzabile descrizione che viene da lontano nel tempo, e che un buon programma televisivo ha saputo oggi evidenziare con efficacia. Spiacerebbe, tuttavia, se la sua visione non fosse stata fruita da chi decide ai diversi livelli della emancipazione e delle sorti turistiche del territorio, APT compresa.

Nuovo canale diretta-web su www.siderurgikatv.tk dedicato agli eventi culturali e sociali di Rionero in Vulture. Dopo “rionerotv” il nuovo canale è “rionerotv2” che si aggiunge a quelli già in rete: SanFeleWebtv, RuvodelMonteTv, VenusiaTv, VultureLive, SiderurgikaLive, SiderurgikaLive2. (La piattaforma per la diffusione in rete di questi canali televisivi è www.worldtv.com)

Economia e politica nell’Italia liberale:

Gustino Fortunato e il problema del take-off (Prof. Marco Paolino)

Per affrontare al meglio la questione di Fortunato e del take-off, dobbiamo partire dal teorico del take-off, vale a dire dall’economista di Harvard Alexander

Gerschenkron. Secondo Gerschenkron, le condizioni più certe per il take-off (decollo economico) comportavano una limitazione dei consumi a vantaggio di un incremento degli investimenti nei paesi arretrati (facendo ricorso prevalentemente ai risparmi forzosi creati dalla limitazione dei consumi attraverso il prelievo fiscale), condizioni che avrebbero dovuto contare sull’appoggio delle banche e degli altri mezzi di mobilizzazione degli investimenti (lo Stato e le politiche pubbliche). Questo perché il fattore trainante dello sviluppo sono le banche (nei paesi in ritardo medio) o lo Stato (nei paesi in ritardo forte, come nel caso dell’Italia dell’Ottocento). Prendiamo in esame il modello teorico di sviluppo economico dell’Italia dall’unificazione nazionale alla Prima Guerra Mondiale. Chi sono i protagonisti dello sviluppo economico: gli individui (i privati) o lo stato. La discussione si apre riguardo a chi assegnare la qualifica di protagonista, se agli individui (Francesco Ferrara e l’economia

liberista) o allo Stato (il socialismo della cattedra). La cultura politica tedesca in prevalenza assegnava allo Stato il compito di promuovere la politica sociale (basti pensare all’esperienza del Kathedersozialismus). Si assiste ad un dibattito fra i sostenitori del modello anglosassone e i sostenitori del modello tedesco. In un saggio comparso nel 2002 sulla «Contemporary European History» Paul Corner ha analizzato l’esperienza giolittiana. Corner parla di Sonderweg (vale a dire di specificità, di originalità italiana) perché l’età giolittiana è dominata dalla preoccupazione della classe dirigente di sviluppare una politica sociale che sposasse le istanze provenienti dal movimento socialista. Credo che l’analisi di Corner delle varie anime del liberalismo italiano sia giusta: per esempio Emanuele Gianturco e Luigi Luzzatti erano sostenitori della politica sociale, contrari sia al laissez faire degli economisti liberali ottocenteschi (a cui invece era molto sensibile Antonio De Viti De Marco, fortemente legato alla tradizione anglosassone) sia all’individualismo liberale, che costituiva la struttura teoretica del pensiero di Antonio Salandra, il quale si opponeva allo Stato «paterno» che poi finiva per instaurare una forma di «feudalesimo burocratico». L’individualismo liberale costituiva anche la struttura teoretica del pensiero di Giustino Fortunato, sostenitore di un ruolo attivo dell’individuo nella promozione dello sviluppo economico (anche se in questo caso lo Stato

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non risultava del tutto estraneo). Risulta con tutta evidenza quindi l’influenza del modello economico anglosassone su Fortunato. Il suo articolo dal titolo Le due Italie venne pubblicato sulla «Voce» di Prezzolini nel marzo 1911 e per Benedetto Croce era una delle cose «più robuste e più perfette» che fossero uscite dalla penna di Fortunato. Il meridionalismo di Fortunato presentava alcuni tratti caratteristici: il suo liberalismo era più attento all’aspetto distributivo rispetto a quello accumulativo, sulla scia dell’insegnamento di John Stuart Mill. Compito dello Stato (e della politica) era quello di porre un rimedio ai guasti che il corso dei secoli aveva determinato nella società del Mezzogiorno d’Italia, e ciò si poteva fare con provvedimenti di politica finanziaria. È questo il ruolo dello Stato prefigurato da Fortunato. Occorre quindi riflettere sul modello di sviluppo economico che gli esponenti del meridionalismo liberale avevano ipotizzato per le regioni del Sud dell’Italia, sul ruolo da essi prefigurato per l’iniziativa privata, sulla considerazione della natura e dei limiti dell’iniziativa dello Stato nell’economia. Il punto centrale della loro analisi era costituito dalla convinzione che la promozione dello sviluppo delle aree depresse del Paese dovesse puntare sulle forze endogene della società meridionale ed in particolare sui ceti medi innovatori, mentre l’iniziativa dello Stato veniva considerata complementare, accessoria rispetto al ruolo propulsivo dei privati. Da ciò scaturiva una proposta politica che auspicava la nascita di un partito liberale moderno e capace di porsi come interlocutore dei ceti medi innovatori; questo partito sarebbe stato il fattore che più di tutti avrebbe favorito lo sviluppo delle regioni meridionali. Come ho avuto modo già di affermare in passato, ritengo che uno degli ispiratori del modello economico e sociale di Fortunato fosse Werner Sombart, «Der Bourgeois», come si intitola il

libro più famoso dell’economista e sociologo tedesco. L'analisi che conduce Fortunato riguardava proprio coloro che avrebbero dovuto essere gli attori del decollo economico, vale a dire i ceti medi, e conduce un’analisi che potremmo definire “in negativo”. Egli denunciava il basso livello etico della borghesia meridionale, che considerava "infingarda" ed in buona parte chiusa ad ogni istanza di rinnovamento: nel 1899 ebbe a scrivere a Pasquale Villari che la classe media nel Mezzogiorno era "reazionaria nell'anima, corrotta, plebea, desiderosa di dominio assoluto nel proprio interesse esclusivo"; e nel 1921 rincarava la dose, sottolineando come purtroppo la borghesia meridionale fosse in gran parte animata da egoismo, avidità e cinismo. Fortunato avvertiva profondamente l'esigenza

di avere nel Mezzogiorno una borghesia diversa: una classe produttrice di cultura e di civiltà, dedita all'incremento del capitale, operosa e produttiva; alla mancanza di una siffatta borghesia egli attribuiva la responsabilità della debolezza politica dell'intero liberalismo italiano, e non solo di quello meridionale: "In Italia l'idea liberale è stata debole, perchè debole nel Mezzogiorno è stata la parte di borghesia dedita all'incremento del capitale".

L'aspirazione di Fortunato ad avere anche nel Mezzogiorno una borghesia operosa e produttiva trovava la propria origine nell'attività imprenditoriale del fratello Ernesto, che veniva considerato uno dei più moderni proprietari terrieri dell'intero Mezzogiorno e che aveva creato un'azienda modello nella tenuta di Gaudiano, presso Lavello. Ernesto Fortunato era un esempio di quelle forze imprenditoriali endogene, interne al Mezzogiorno, che si erano affermate nella seconda metà dell'Ottocento, riuscendo a fare a meno del sostegno economico da parte dello Stato. Nel 1911, celebrando i 50 anni dell'unità italiana, l'allora presidente dell'Associazione

Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d'Italia, Leopoldo Franchetti, non aveva mancato di sottolineare l'importanza di queste forze imprenditoriali endogene, nonostante esse fossero largamente minoritarie: anche nel Mezzogiorno esistevano proprietari "intelligenti", che avevano apportato miglioramenti considerevoli nei terreni di loro proprietà, sul modello di quanto avveniva nell'Italia settentrionale e centrale; il successo delle loro iniziative era molto importante, perchè poteva segnare la strada del "miglioramento generale" dell'intera realtà meridionale. In realtà, dobbiamo dire in sede di giudizio storico che la mancanza di iniziative imprenditoriali nella borghesia meridionale non era attribuibile soltanto all'infingardaggine di cui parlava Fortunato, ma alle difficoltà esistenti nel Mezzogiorno: Nitti aveva presente la realtà delle regioni settentrionali, dove la primitiva formazione della ricchezza, adoperata successivamente per gli investimenti produttivi, era stata favorita dalle scelte di politica generale dello Stato italiano; tali scelte avevano creato condizioni che permettevano una più facile remunerazione del capitale investito: «Quando i capitali si sono raggruppati al Nord è stato possibile tentare la trasformazione industriale. Il movimento protezionista ha fatto il resto, e due terzi d’Italia hanno per dieci anni almeno funzionato come mercato di consumo. Ora l’industria si è formata, e la Lombardia, la Liguria e il Piemonte potranno anche, fra breve, non ricordare le ragioni prime della loro presente prosperità. […] la verità è che l’Italia meridionale ha dato dal 1860 assai più di ogni altra parte d’Italia in rapporto alla sua ricchezza; […] Il problema del Mezzogiorno è il più grande problema attuale: la libertà e l’avvenire d’Italia sono nella soluzione di questo problema (Francesco Saverio Nitti,

Nord e Sud: prime linee di una inchiesta sulla ripartizione territoriale delle entrate e delle spese dello Stato in Italia, 1900). Ritornando a Fortunato, possiamo concludere procedendo per schemi: se il take off si verifica facendo perno su due fattori (iniziativa dei privati e ruolo dello Stato), Fortunato li ha presenti entrambi. Se gli manca la consapevolezza della necessità di una politica economica attiva dello Stato che punti agli investimenti pubblici attingendo al risparmio forzoso attraverso il prelievo fiscale, è presente però in lui il ruolo fondamentale dell’imprenditore. Qui il richiamo è

ovviamente ad uno dei più grandi economisti del Novecento, Joseph Schumpeter, il quale nella sua opera Storia dell’analisi economica fa vedere non solo il ruolo dell’imprenditore innovatore nei processi di decollo e di sviluppo economico, ma anche formula la famosa teoria dell’attrazione del capitale (umano e finanziario) da parte

dei centri economici e finanziari più forti. Il decollo economico si ha per opera dell’imprenditore innovatore, vale a dire di chi innova, non di chi possiede i capitali o di chi è proprietario. Gli economisti contemporanei parlano di capitale umano, che è il più importante fattore della produzione.

“Economia e politica nell’Italia liberale: Gustino Fortunato e il problema del take-off” è la Relazione tenuta dal PROF. MARCO PAOLINO al Certamen Giustino Fortunato il 22 aprile 2010. La stessa relazione con altri passaggi del Certamen Fortunato si possono vedere su WWW.SIDERURGIKATV.TK

Le notizie di Rionero e del Vulture su www.siderurgikatv.tk

nella rubrica: VULTURE MAGAZINE

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(continua dalla prima) Nel corso dell’incontro è stato pure proiettato un documentario su P. Achille Fosco e Madre Francesca Semporini, realizzato dall’emittente televisiva Telecento di Rionero in Vulture nel 1997 curato da Angela Traficante, in occasione del 50° anniversario di Fondazione dell’Istituto “Sorelle “Misercordiose”, Padre Achille Fosco, ultimo nato di sette figli di una modesta famiglia di Orsogna, dopo i primi passi presso i fratini d’Abruzzo va ad Assisi e tra il 1915 e il 1919 è a Roma nel Collegio Serafico Internazionale per gli studi teologici. E’ compagno di studi col polacco Massimiliano Kolbe, il martire del nazismo beatificato solennemente in San Pietro il 17 ottobre 1971. Il 12 marzo 1921 Achille Fosco è ordinato sacerdote in Assisi dal vescovo mons. Ambrogio Luddi. Incomincia così la mirabile esistenza di Achille Fosco, uomo irrequieto dalla solida cultura, di scrittore, di conferenziere che lo porta a girare l’Italia e anche fuori. Nel 1929 esce dall’Ordine dei Frati Conventuali e passa al Clero secolare, girovagando per l’Italia quale parroco di numerose comunità. Il 6 gennaio 1946 papa Pio XII, con l’Enciclica “Quemadmodum cum”, lancia il suo accorato appello in favore dell’Infanzia abbandonata: “ Fra le sciagure senza numero prodotte dall’orribile conflagrazione, nessuna al Nostro cuore paterno reca una ferita più dolorosa di quella che si abbatte su una moltitudine di innocenti fanciulli, che a milioni, come ci è riferito, in molte nazioni cadono vittime del freddo, dell’inedia e delle malattie che, spesso abbandonati da tutti, non solo mancano di pane, di vesti, di tetto, ma anche di quell’affetto, di cui la tenera età sente così vivo il bisogno…”. L’animo sensibile di don Achille è profondamente colpito da queste parole: “Salvare il fanciullo, accogliere gli orfani, aiutarli a crescere, ad educarli, perché diventino dei buoni cristiani e dei degni cittadini”. Questo lo scopo della sua vita a cui dedicherà tutto se stesso. Ispirato da tale impellente necessità, su invito del vescovo diocesano mons. Domenico Petroni, don Achille Fosco ( allora sacerdote secolare) approda a Rionero in Vulture e qui getta il seme di una grande opera assistenziale per i più bisognosi, gli orfani e i fanciulli privi di ogni assistenza. Le parole di Gesù riportate nel Vangelo: ” Tutte le volte che avete fatto qualcosa a uno di questi minimi tra i fratelli, l’avete fatto a me ( Matt. XXV, 40) e “ Siate misericordiosi com’è misericordioso il Padre

vostro” ( Luca, c.VI, 36) sono di sprone e, infine, sostenuto dal monito dell’Apostolo San Paolo: ”Charitas Christi urget nos” dà avvio alla sua vasta attività assistenziale. Il 4 settembre 1948 viene posta la prima pietra del nascente Orfanotrofio sul colle S. Francesco. Due anni dopo, il 23 ottobre 1950, i primi locali accolgono orfani e bambini poveri provenienti dalle varie località della Basilicata e dell’Italia che erano già ospitati nelle modeste case di Via Garibaldi e Via Vittorio Emanuele III di Rionero in Vulture. Poi è un crescendo di realizzazioni rese possibili grazie alla grande generosità di migliaia e migliaia di benefattori che, travolti dall’entusiasmo e dallo spirito di carità di don Achille, fanno affluire generose offerte in denaro ed in natura alla nascente Opera di beneficenza. Il tutto minuziosamente informato col bollettino “Il Misericordioso”, diretto e quasi per intero scritto da don Achille Fosco. Ma è l’incontro fra don Achille e madre Francesca Semporini, due anime d’eccezione votate a Dio e al bene del prossimo, a segnare il successo dell’Opera di carità, sotto la protezione della mamma celeste: “ La Madonna della Misericordia”. Nasce così, l’11 maggio 1947, l’Istituto delle “Sorelle Misericordiose” ( era il ramo femminile della Pia Associazione dei Misericordiosi), del quale Madre Francesca Semporini ( al secolo Luigina Semporini, insegnante di scuola elementare scesa dalla lontana Lombardia per essere a disposizione della povera gente di Lucania), sempre amorevolmente guidata e sorretta dal Padre Fondatore, ne è l’anima e l’artefice principale. Nel dicembre 1953 don Achille Fosco rientra nell’Ordine francescano dei Frati Minori e il giorno 24, vigilia del santo Natale, riprende l’abito conventuale e la vita dei frati. “Quasi insieme sono volati in cielo beati - ha scritto Nicolino Iocco -; insieme riposano nella cripta del santuario della Madonna della Misericordia, ove sono stati traslati il 31maggio 1995 e lì, vigilando, proteggendo e pregando per il loro Istituto, attendere il giorno della Resurrezione”. Su www.siderurgikatv.tk il documentario su Padre Achille Fosco ed una serie di testimonianze raccolte da SiderurgikaTv “Il Dono della Misericordia”: con L’Assessore Maria Pinto, La Superiora Generale delle Sorelle Misericordiose Madre Valeria Dema, Suor Francesca, il Presidente dell’Associazione Collaboratori Misericordiosi Biase Marcello.

INTITOLATO A P. ACHILLE FOSCO IL “BELVEDERE” DI ORSOGNA Il frate francescano molto noto come benefattore a Rionero in Vulture di Michele Traficante “L’esempio di Padre Achille Fosco, il suo messaggio SALVIAMO IL FANCIULLO, alimentino la speranza di un futuro di GIUSTIZIA, PACE E SOLIDARIETA’ basato sull’AMORE”. Questo il testo inciso su una targa che l’Amministrazione comunale di Rionero in Vulture, per mano del sindaco Antonio Placido, ha consegnato al comune di Orsogna (Chieti) quale segno di riconoscimento e gratitudine nei confronti del frate francescano per quanto bene egli ha fatto alla comunità rionerese con la sua opera di carità in favore dell’infanzia abbandonata e dei poveri emarginati. Rionero in Vulture, con delibera n. 336 del 28/9/2001, ha intitolato a P. Achille Fosco una Piazza nella zona S. Francesco della città. Una sorta di gemellaggio ideale, dunque, fra le due comunità nel nome ed in memoria di un uomo che ha fatto dell’amore e della carità verso i fanciulli bisognosi, per lo più orfani del tremendo secondo conflitto mondiale, lo scopo della sua vita di religioso sull’orma e sull’insegnamento del poverello di Assisi. L’occasione è stata la cerimonia, avvenuta nei giorni scorsi, d’intitolazione del “Belvedere” della cittadina abruzzese, a P. Achille Fosco ( Orsogna 19 marzo 1897 – Atri 18 ottobre 1971) a cui ha partecipato una folta delegazione di fedeli di Rionero in Vulture, costituita oltre al sindaco Antonio Placido, all’assessore comunale Maria Pinto e al presidente del Consiglio comunale Antonio Giansanti, anche da un gruppo di aderenti all’Associazione

“Collaboratori Misericordiosi” e da alcune suore dell’Istituto “Mater Misericordie”, Congregazione religiosa di cui P. Achille Fosco è stato co-fondatore con madre Francesca Semporini (Sale Marasino 8 marzo 1915 – Betania di Sale Marasino 14 agosto 1972). La significativa manifestazione è iniziata con un’interessante tavola rotonda nel teatro “Camillo De Nardis”, moderata con intelligenza dal prof. Nicolò Iocco, nipote di P.Achille Fosco (è figlio della sorella Serafina), che ha seguito lo zio sacerdote a Rionero nel 1951, allorché rimase orfano di padre e poi negli ultimi tormentati anni della sua vita, e dalla consigliera comunale di Orsogna Anna Bucci. L’incontro ha visto la partecipazione, fra gli altri, del vescovo della diocesi di Melfi mons. padre Gianfranco Todisco, francescano, dei sindaci di Orsogna Alessandro D’Alessandro e di Rionero in Vulture Antonio Placido, del parroco don Mario Persoglio, oltre alla presenza del ministro provinciale dei frati minori d’Abruzzo padre Carlo Serri, del ministro provinciale dei frati minori conventuali P. Giorgio Di Lembo, della superiora generale delle “Sorelle Misericordiose” madre Valeria Dema, del ministro generale dei frati minori conventuali P. Marco Tasca e dello studioso francescano P.Nicola Petrone, autore, nel 1997, di una pregevole biografia di P. Achille Fosco dal titolo “Padre Achille Fosco- Apostolo Misericordioso”. E’ seguita la celebrazione di una Santa Messa nella chiesa parrocchiale e la cerimonia di dell’intitolazione del “Belvedere” della cittadina, adiacente la Chiesa di S. Nicola di Bari che si affaccia sulla Maiella e che ospita un monumento dedicato agli emigrati orsognesi, a P. Achille Fosco quale degno figlio della terra d’Abruzzo, le cui virtù e le tappe salienti della sua inquiete e travagliata vita, costellata da tante opere di generosità e di carità cristiana, sono state ampiamente illustrate nel corso della tavola rotonda anche con le appassionate testimonianze di coloro che lo hanno personalmente conosciuto e apprezzate le sue doti di mente e di cuore.

Luglio / Agosto 2010 – Periodico di cultura e tradizioni

Piccola Città, Autorizzazione Tribunale di Melfi n.2/91, Direttore Responsabile Armando Lostaglio

CineClub Vittorio De Sica Fotocopiato in Proprio: Associazione Vibrazioni Lucane, Via Ortilizi, Rionero

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“Italiani d’Argentina” e dintorni

E’ il titolo della struggente canzone di Ivano Fossati dedicata (alcuni anni fa) a quei genovesi che

sognavano di far ritorno dalla lunga emigrazione in Sudamerica. “Ah, quanto mar!...la distanza è atlantica, la memoria cattiva e vicina…” Ed ora, dalla delusa Latino America dei mondiali di calcio in fase di conclusione, c’è ancora un leggero vento tutto di matrice lucana che soffia dal Sudafrica: quello dell’argentino Gerardo Martino dalle origini di Ripacandida, Ct del meritevole Paraguay (la prima croce “italiana” della prima fase) che compare comunque fra le migliori otto squadre della fase finale dei mondiali; e l’uruguayano Walter Gargano, terza generazione con nonni di Marsiconuovo, centrocampista della semifinalista Uruguay, unica sudamericana fra le prime quattro del torneo planetario 2010. Gerardo Martino è argentino di Rosario, nato il 20 novembre 1962, è commissario tecnico della nazionale paraguayana dal febbraio 2007. Da giocatore ricopriva il ruolo di centrocampista ed ha vestito le maglie di Newell’s Old Boys (dal 1980 al 1990, dal 1991 al 1994 e nel 1995, vincendo i campionati 1987/88 e 1991/92), Tenerife (nel 1990/91), Lanus (1994/95), Barcelona SC (1996) e O’Higgins (1996). Per due volte ha anche vestito la maglia della nazionale maggiore del proprio paese. Intrapresa la carriera tecnica, ha guidato Club Almirante Brown, Platense, Instituto, Libertad, Cerro Porteno, Colon di Santa Fè. Nel 2007 è stato eletto allenatore sudamericano dell’anno. Il tecnico dei «guarani» è dunque un lucano di seconda generazione. Il giovane Walter

Alejandro Gargano Guevaa (questo il nome completo) ha invece debuttato nel Danubio nel 2004 vincendo il campionato uruguayano “Apertura”, “Clausura” e “Annuale”; ha partecipato anche alla Coppa Sudamericana. Nel 2005 ha partecipato alla Copa Libertadores y Sudamericana. Messosi in mostra con buone prestazioni, che gli sono valse il premio di miglior giovane del torneo, ha esordito in Nazionale e si è guadagnato la convocazione per la Copa America 2007 in Venezuela, dove si è piazzato al quarto posto finale. E’ da due anni in forza al Napoli, e con l’Uruguay sogna di rinverdire gli antichi fasti di campioni del mondo di un tempo. Una ventata lucana sui campi di calcio, dunque, a conferma della tenacia e della passione dei nostri conterranei partiti nel secolo scorso, come i Farenga di Muro Lucano, che furono tra i fondatori della blasonata squadra del Boca Juniors, uno dei club più prestigiosi del mondo. E al River Plate, altra formazione di punta del calcio argentino, potrebbe arrivare sulla panchina un altro lucano: Miguel Angel Cappa, originario di Barile. Una storia, quella legata al calcio, che rinverdisce legami di sangue con il Sudamerica: negli anni ‘60 il portiere dell’Estudiantes, con presenze nella Nazionale argentina, porta il nome di Angel Miguel Santoro, cognome diffusissimo in Italia specie al sud. Ma molti, in quegli anni, giuravano che avesse origini proprio a Rionero. Figurine di altri tempi. Altro calcio, altro sudore e muscoli, fra gli italiani di Argentina. Armando Lostaglio

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Vuoi conservare nel tempo le tue foto? Stampale!

Digital Point, uno dei massimi esperti nella conservazione delle immagini, lo dice da anni: un archivio fotografico, per essere tramandato nel tempo, necessita di essere stampato. Nonostante la diffusione di supporti magnetici e ottici sempre più tecnologicamente avanzati, i nostri archivi fotografici non sono al sicuro. E la nostra vita si è complicata, perché se fino ad oggi era sufficiente conservare l'oggetto (cioè la foto), oggi è necessario salvaguardare anche l'hardware e il software necessari a leggere il dato digitale e l'oggetto che lo contiene. Quindi, per essere certi di mantenere nel tempo i nostri ricordi e tutte quelle immagini che testimoniano il nostro passato, è necessario avere una copia stampata. E questo è tanto più vero nel privato e nella vita quotidiana, dove tipicamente mancano sia la consapevolezza del problema, sia le competenze per il mantenimento nel tempo dei supporti digitali. Abbiamo le foto dei nostri avi, non avremo quelle dei nostri figli e delle nostre vacanze. Grazie alle copie stampate, infatti, è stato possibile ricostruire la nostra storia. Basti pensare a tutte quelle immagini che ci sono giunte dal passato, realizzate in tempi lontani quando la tecnologia digitale ancora non era stata inventata. Oggi invece si scatta a ripetizione con la fotocamera digitale o il telefonino, quando la scheda è piena si riversa sul pc e infine, ma sono pochi quelli che lo fanno, si crea un CD o un DVD, convinti di aver così assicurato l'immortalità ai nostri ricordi, ignorando che solo una copia stampata delle nostre foto ci assicura un recupero nel caso il supporto digitale venga a mancare o smetta di funzionare. Gli hard disk, i supporti ottici (CD e DVD), le diffusissime chiavette USB possono infatti essere a rischio di guasti o di smagnetizzazione, facendoci perdere in pochi attimi anni di ricordi. Per sempre. Con una foto stampata, invece, è sempre possibile ripristinare il nostro archivio fotografico, per esempio effettuando con lo scanner una digitalizzazione dell'immagine stessa. DIGITAL POINT1, Contrada Scavone Zona P.I.P, Rionero in Vulture (Pz) www.digitalpoint1.it - [email protected]

San Nicola di Melfi, 27 agosto 2010

La Conferenza dei Sindaci dell’area del Vulture – Alto Bradano, riunitasi in data odierna dinanzi ai cancelli della FIAT – SATA di Melfi,

nell’esprimere profonda preoccupazione per la situazione che si è determinata a seguito dei licenziamenti dei tre operai, Barozzino, Lamorte e Pignatelli, in ossequio alle parole pronunciate dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, auspica una pronta soluzione alla vicenda ed invita l’azienda a dare attuazione al provvedimento di immediata reintegra del Tribunale di Melfi in attesa della complessiva definizione giudiziaria. La posizione che i sottoscritti Sindaci assumono, corrisponde al diffuso sentimento dei cittadini da Lui rappresentati. La odierna Conferenza, inoltre, invita le Istituzioni Provinciali e Regionali ad assumere iniziative analoghe e che, comunque, contengano un monito all’azienda al rispetto di quanto disposto dall’Autorità Giudiziaria. Antonio PLACIDO – Sindaco di Rionero in Vulture Roberto TELESCA- Sindaco del Comune di Atella Rossella QUINTO – Sindaco di Acerenza Vito SUMMA – Sindaco del Comune di Avigliano Nicola VERTONE – Sindaco del Comune di Banzi Giuseppe MECCA – Sindaco del Comune di Barile Salvatore SANTORSA – Sindaco di Bella Pasquale VERTULLI – Sindaco di Genzano di Lucania Fabrizio CAPUTO – Sindaco di Ginestra Antonio ANNALE – Sindaco di Lavello Antonio MASTRODONATO– Sindaco di Maschito Gennaro MENNUTI – Sindaco di Montemilone Michele SONNESSA – Sindaco di Rapolla Felicetta LORENZO – Sindaco di Rapone Giuseppe ANNUNZIATA – Sindaco di Ripacandida Donato ROMANO – Sindaco di Ruvo del Monte Gerardo FASANELLA – Sindaco di San Fele

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