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Cura quotidiana e ricerca scientifica L’ attività del Gruppo Policlinico di Monza continua a svilupparsi, anno dopo anno, aggiungendo continuamente tessere a quel mosaico complesso che è la sanità portata verso il cittadino: presso tutte le cliniche del Gruppo aumentano per i pazienti le opportunità di accertamenti diagnostici di laboratorio, mentre a Monza è entrato pienamente in funzione il Pronto Soccorso, che accoglie le emergenze ortopediche e chirurgiche, di medicina generale e cardiologiche. Crescono i numeri delle prestazioni e cresce la ricerca medica, ormai attiva in diversi ambiti, dalla neuro-bio-oncologia alla cardiologia, passando per la gastroenterologia: nelle prossime pagine illustriamo alcuni significativi progetti di studio che vedono impegnati gli specialisti del Gruppo Policlinico, e del Centro Ricerche da questo sostenuto e finanziato, senza dimenticare la partecipazione a importanti ricerche e sperimentazioni cliniche internazionali. Infine, vi presenteremo le novità della Riabilitazione a Monza e i reparti di Medicina della Clinica San Giuseppe di Asti, che a fianco della Medicina Generale includono anche Psichiatria e Lungodegenza. Buona lettura a tutti! Il Presidente Gian Paolo Vergani Periodico di informazione Riservato ai medici e agli operatori sanitari Giugno 2007, Anno 4 - N.10 In questo numero: La ricerca pag. 2 Il Pronto Soccorso pag. 15 La Clinica San Giuseppe di Asti pag. 19 Il laboratorio analisi pag. 25 La riabilitazione pag. 26

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La ricerca pag. 2 Il Pronto Soccorso pag.15 La Clinica San Giuseppe di Asti pag.19 Il laboratorio analisi pag.25 La riabilitazione pag.26 Giugno 2007,Anno 4 - N.10 Periodico di informazione Riservato ai medici e agli operatori sanitari Il Prof.Elio Guido Rondanelli, Direttore Scientifico del Gruppo Policlinico di Monza 2

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Cura quotidiana e ricerca scientifica

L’attività del Gruppo Policlinico diMonza continua a svilupparsi, annodopo anno, aggiungendo

continuamente tessere a quel mosaicocomplesso che è la sanità portata verso ilcittadino: presso tutte le cliniche del Gruppoaumentano per i pazienti le opportunità diaccertamenti diagnostici di laboratorio,mentre a Monza è entrato pienamente infunzione il Pronto Soccorso, che accoglie leemergenze ortopediche e chirurgiche, dimedicina generale e cardiologiche. Cresconoi numeri delle prestazioni e cresce la ricercamedica, ormai attiva in diversi ambiti, dallaneuro-bio-oncologia alla cardiologia,passando per la gastroenterologia: nelleprossime pagine illustriamo alcunisignificativi progetti di studio che vedonoimpegnati gli specialisti del GruppoPoliclinico, e del Centro Ricerche da questosostenuto e finanziato, senza dimenticare lapartecipazione a importanti ricerche esperimentazioni cliniche internazionali.Infine, vi presenteremo le novità dellaRiabilitazione a Monza e i reparti diMedicina della Clinica San Giuseppe di Asti,che a fianco della Medicina Generaleincludono anche Psichiatria e Lungodegenza.Buona lettura a tutti!

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Periodico di informazioneRiservato ai medici e agli operatori sanitari

Giugno 2007, Anno 4 - N.10

In questo numero:La ricerca pag. 2Il Pronto Soccorso pag.15La Clinica San Giuseppe di Asti pag.19

Il laboratorio analisi pag.25La riabilitazione pag.26

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Il Gruppo e la ricerca:

una scelta portata avanti con impegno

Il Prof. Elio GuidoRondanelli,Direttore Scientifico del Gruppo Policlinico di Monza

N egli ultimi decenni alcune strutture ospedaliere in Italia hanno concretizzato unimportante obiettivo: quello dell’embricazione interdipendente fra assistenza,

ricerca e didattica. Ciò ha determinato, in positivo, un notevole ritorno sulla crescitaqualitativa e quantitativa della prestazione sanitaria. Questo risultato è stato ottenutomediante la creazione di:

1) “Ospedali di insegnamento universitario”, alcuni a diretta gestione universitaria,altri con l’utilizzo di peculiari convenzioni Università – Ospedali pubblici;

2) “Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS)” alcuni dei quali acarattere privatistico.

Sin dal momento della sua fondazione il Gruppo Policlinico di Monza aveva inserito frai punti essenziali e prioritari della propria missione aziendale la promozione delladidattica e della ricerca scientifica (applicata sia al ricovero e cura sia a modellisperimentali), promozione regolata da un codice di valori tipico della “impresa socialeno-profit”, caratterizzata dall’irrilevanza dello scopo di lucro e dalla conseguente sceltadi reinvestire in azienda l’intero profitto. L’utilizzo del modello di Società Etica “no

profit” ha consentito al Gruppo Policlinico di Monza ilpotenziamento dell’intera area della “qualità aziendale” conriflessi di grande e positiva rilevanza in riferimento a quattropunti fondamentali: la didattica e ricerca applicata sia alricovero e cura sia a modelli sperimentali; la qualità dellatecnologia, con la possibilità di acquisire apparecchiature dielevato standard; l’ottimizzazione dei modelli gestionalirigorosamente certificati; la qualità delle tipologie alberghieredei servizi.Il Gruppo Policlinico di Monza, vero modello di Società Etica,rappresenta oggi un ente sanitario altamente tecnologico che èstato realizzato in preordinata e rigorosa modulazione con gliarchetipi sanitari europei, e la cui eccellenza in ambitoassistenziale è mediata positivamente e condizionata dallaproficua e stretta collaborazione fra ricerca biomedica, didatticae assistenza supportate da scelte tecnologiche d’avanguardia.L’attività didattica svolta nel complesso del Gruppo Policlinicodi Monza nel corso dell’ultimo triennio si è espressa conl’attuazione di 116 Corsi E.C.M. - monitorizzati sia per ilpersonale medico sia per quello infermieristico - con lapartecipazione di 4390 discenti.Hanno avuto anche parziale

svolgimento presso il Policlinico di Monza due Master di grande rilevanza coordinatirispettivamente dal Prof. Pipino in ambito ortopedico e dal Prof. Cerri su specificiargomenti di posturologia.L’erogazione da parte del Gruppo Policlinico di Monza di ventotto “Borse di Studio” perle Scuole di Specialità medico-chirurgiche ha già consentito l’acquisizione del rispettivotitolo di specializzazione a dieci specializzandi, che hanno compiuto, con pienasoddisfazione, il loro iter formativo presso i vari Istituti e i Centri di ricerca del Gruppo.Le Università con cui sono state stipulate Convenzioni per Scuole di Specialità sono leseguenti: Università Amedeo Avogadro (Novara); Università di Milano Bicocca;Università di Parma; Università di Pavia; Università di Roma Tor Vergata; Università diTorino; Università di Sassari. Le collaborazioni che si sono sviluppate nell’ambito dicomuni programmi di ricerca con Istituti medici o biologici Universitari, con IRCCS,con Ospedali di insegnamento universitari di ricerca, sono state numerosissime e sarannoanaliticamente elencate nel volume “Struttura e organizzazione del Gruppo Policlinicodi Monza - Relazione clinico-Scientifica anni 2004 – 2005 – 2006” (in corso diapprontamento a cura della Direzione Scientifica). Nel contesto verranno analizzati ecommentati tutti gli aspetti assistenziali, di ricerca e di impegno didattico del Policlinicodi Monza.

Studiinternazionali:

la partecipazionedel Gruppo

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Il percorso del Policlinico di Monza nell’ambito della sperimentazione clinicainternazionale continua. Dopo il completamento della partecipazione allo studio

GISSI-HF e la realizzazione del progetto HHH sul monitoraggio domiciliare delpaziente scompensato (diretto dal dottor Mortara) a giorni il Dipartimento diCardiologia diverrà parte attiva nel reclutamento di pazienti nell’ambito di due studiinternazionali: lo studio CANDAHEART e lo studio SHIFT. Lo studioCANDAHEART si propone di valutare l’effetto di un farmaco, il “Candesartan” su unindice biochimico, il Brain Natruretic Peptide (BNP) oggi comunemente utilizzato nelladiagnosi dello scompenso cardiaco.Il candesartan è una molecola di provata efficacia sia sull’ipertensione arteriosa che sulloscompenso cardiaco e agisce bloccando i recettori per l’Angiotensina, un ormone chesvolge un’importante funzione di regolazione del sistema cardiovascolare ma che, se ineccesso, come avviene nello scompenso di cuore, può creare seri problemi. Capire se ilcandesartan è in grado di modificare i livelli di BNP, riducendoli, in pazienti conscompenso di cuore vuol dire capire un aspetto importante dell’azione di questo farmaco edei meccanismi che portano a scompenso cardiaco.Lo studio SHIFT invece vuole studiare se l’ivabradina è in grado di ridurre la mortalità ela morbilità, ancora una volta, in pazienti con scompenso di cuore. L’ivabradina è unfarmaco già in commercio per la cura dell’angina in grado di rallentare, entro i limiti diun suo buon funzionamento, il battito del cuore. Nello scompenso il cuore accelera il suobattito nel tentativo di mantenere adeguata la perfusione dei nostri organi vitali. Ciòavviene al costo di un enorme consumo di energia che alla fine porta ad esaurimento laforza del muscolo cardiaco. Modulare la frequenza del battito vuol dire dare al muscolo iltempo di respirare e di continuare il suo lungo cammino anche se un po’ a fatica.Il Dipartimento di Cardiologia del Policlinico di Monza attraverso il lavoro del professorSpecchia, del dottor Mortara e del professor Vanoli, ha sviluppato una vasta esperienzanella cura e gestione dello scompenso cardiaco, una delle cause dominanti di morte e lavoce di spesa sanitaria oggi più pesante nel mondo occidentale. Non è quindi un caso chele grandi aziende farmaceutiche e le organizzazioni di ricerca internazionale si rivolganoanche al Policlinico di Monza.

Studiinternazionali:

la partecipazionedel Gruppo

Il Prof. Emilio Vanoli,Responsabile della Ricerca del Dipartimento di Cardiologia del Policlinico di Monza

1. Centro di Neuro-bio-oncologiaDirettore Prof. Schiffer – Sede Vercelli Convenzione Policlinico di Monza con Università di Torino

2. Centro Studi di Tecniche Riabilitative Direttore Prof. Cerri – Sede Policlinico di MonzaConvenzione Policlinico di Monza con Università di Milano Bicocca

3. Centro Studi sull’ipertensione e rischio cardiovascolareDirettore Prof. Cuspidi – Sede Policlinico di MonzaConvenzione Policlinico di Monza con Università Milano Bicocca

4. Centro di ricerca sulle patologie neurodegenerative e neuroinfezioni

Direttore Prof. Mauro Ceroni – Sede Policlinico di MonzaConvenzione Policlinico di Monza con IRCCS Mondino Pavia

5. Centro di ricerche in Scienze Oftalmologiche Direttore Prof. Miglior – Sede Policlinico di MonzaConvenzione Policlinico di Monza con Università Milano Bicocca

6. Centro Studi di genetica cardiovascolareDirettore Prof. J. Schwartz – Sede Policlinico di MonzaConvenzione Policlinico di Monza con Università di Pavia– IRCCS Istituto Auxologico Italiano

7. Centro di Ricerca di neuro cardiologiaDirettore Prof. Vanoli – Sede Policlinico di MonzaConvenzione Policlinico di Monza con Università di Pavia

8. Centro di Ricerca in Scienze Gastroenterologiche e Nutrizionali

Direttore Prof. A. Giacosa - Sede Policlinico di Monza

9. Centro di Alta Specializzazione in Malattie IntestinaliDirettori Prof. A. Giacosa, Dr. E. Ganio, CoordinatoreScientifico Dott. R. J Nicholls, Sede Clinica S.Rita (Vercelli)

I Centri di Ricerca del Gruppo Policlinico di Monza

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Il Dipartimento di Gastroenterologia del Policlinico di Monza, diretto dal professorAttilio Giacosa, ha avviato lo sviluppo di un ampio programma di ricerca articolato nei

vari settori della gastroenterologia con valenze cliniche, endoscopiche, chirurgiche, e conmarcato coinvolgimento di specialisti in discipline che possano integrare l’attività deigastroenterologi (Oncologi, radioterapisti, radiologi, anatomopatologi, anestesisti, etc.).In accordo con le Indicazioni del Direttore Scientifico, professor Elio Guido Rondanelli,sono stati varati progetti collaborativi con istituzioni di elevato valore scientifico operanti

in Italia e in ambito internazionale. Il programmadi ricerca gastroenterologico vede oggi ilcoinvolgimento di due sedi operative, ilPoliclinico di Monza e la Clinica Santa Rita diVercelli, con intendimento alla futura espansionein altre sedi del Gruppo.Uno degli aspetti cruciali del progetto operativo èrappresentato dalla caratterizzazione selettiva deiprogetti con focalizzazione sulle tematicheintestinali presso la Clinica Santa Rita, ove è insviluppo un Centro di elevata specializzazione perle malattie intestinali mediante collaborazione fragastroenterologi e chirurghi coloproctologi. Letematiche prioritarie della ricerca alla Clinica SRita, saranno le patologie funzionali intestinali(sindrome da colon irritabile, stipsi,

incontinenza), le malattie infiammatorie intestinali e la diverticolosi del colon.Per contro presso il Policlinico di Monza la ricerca gastroenterologica sarà focalizzatasulle patologie oncologiche digestive, sulla fitoterapia in gastroenterologia e sullanutrizione clinica.Il canovaccio delle progettualità in corso o in fieri distingue progetti volti allaottimizzazione della “good clinical practice” in aree ben definite della gastroenterologia(ad es. tumori del retto, metastasi epatiche, fast track surgery, etc.) e progetti di ricercapropriamente detti nei vari settori testè citati.Il programma di lavoro è stato illustrato e discusso in più meetings collegiali, con ilcoinvolgimento di tutti i gastroenterologi e i chirurghi interessati al problema.

La sperimentazione clinicaQualche informazione ulteriore può essere utile per comprendere cosa significapartecipare alle sperimentazioni cliniche, come operatori o come pazienti. È soprattuttoimportante chiarire, proprio ai pazienti che frequentano le strutture del Policlinico, chenon devono temere di essere utilizzati come ‘cavie’: non è così, la sperimentazione clinicaa questo livello è un passo fondamentale che permette di migliorare la capacità di capire ecurare. Senza sperimentazione non ci sarebbe progresso in medicina. Quindi, il farmacocontenuto nella scatola bianca senza nome non deve spaventare: oggi gli studi sonostrettamente controllati dal Ministero della Sanità e dai Comitati Etici, che hanno unafunzione fondamentale nel controllo della correttezza scientifica e metodologica di ognistudio. I farmaci che giungono a questa fase della sperimentazione sono di sicuratollerabilità e, spesso, di già comprovata efficacia in altre malattie. L’Ivabradina peresempio è stata provata in migliaia di pazienti con angina ed è risultata ben tollerata edefficace. Per poterla usare in pazienti con scompenso di cuore, per fare sì che il medicospecialista o di base possa prescrivere il farmaco, è necessaria la conferma in uno studio incui i pazienti sono periodicamente controllati e i cui dati vengano rigorosamente raccolti.Lo studio SHIFT, ad esempio, è direttamente coordinato dal presidente della SocietàEuropea di Cardiologia, professor Roberto Ferrari. Il paziente aiuta a capire ma dall’altraparte riceve un’assistenza specifica. È fondamentale sapere che l’entrare a far parte di unostudio internazionale non comporta nessuna modifica della terapia che il paziente avrebbecomunque ricevuto. Il nuovo farmaco si aggiunge ma, per definizione, non sostituiscenessuno dei farmaci che il paziente deve assumere per il suo miglior beneficio.

Il Prof. Attilio Giacosa,Direttore del Dipartimento di Gastroenterologia del Gruppo Policlinico di Monza con il Dott.Claudio Monti (a destra) e il Dott. Gianluca Bassanini (al centro)

La Ricercain AreaGastro-

enterologica

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Programma di Ricerca in ScienzeGastroenterologiche presso il Policlinico di Monza

Team di ricerca: A. Giacosa, P. Pizzi, C. Monti, G. Bassanini, D. Lochis, S.Agradi, A. Gramaglia, M. Taverna, L. Fibbi, M. Spinelli, A. Porta, A.Raspanti, , T. Khouri, F. Mortillaro, R. Navone

PROGETTI DI COLLABORAZIONE CLINICA CON REDAZIONE DI LINEE GUIDA ISTITUZIONALI

I tumori del rettoProgramma collaborativo per la definizione e attivazione di linee guida sulla diagnosie cura dei tumori del retto, con coinvolgimento di gastroenterologi, chirurghi,anatomopatologi, radioterapisti, oncologi e radiologi del Policlinico di Monza

Le metastasi epaticheProgramma collaborativo per la standardizzazione e ottimizzazione dellagestione clinica e terapeutica di pazienti con metastasi epatiche, con ilcoinvolgimento di gastroenterologi, epatologi, chirurghi, anatomopatologi,oncologi, radioterapisti, radiologi

La familiarità quale fattore di rischio per la patologia oncologica del colon-retto Il progetto si propone l’avvio di un programma collaborativo per la diagnosiprecoce di lesioni preneoplastiche e neoplastiche del colon-retto in familiari dipazienti con neoplasia di tale distretto

PROGETTI DI RICERCA

A AREA ONCOLOGICA 1. Comportamenti alimentari e rischio oncologico

(Progetti collaborativi con IRCCS Oncologici e con l’Istituto Mario Negri,con finanziamento della Lega Italiana per la lotta contro i Tumori)• Studio epidemiologico sul rischio di tumore del colon-retto in relazione

all’esposizione a lungo termine ai prodotti disinfettanti per le acque(progetto già in essere)

2. L’esofago di Barrett• Studio caso-controllo sui fattori di rischio per il cancro dell’esofago e per

l’esofago di Barrett.Studio collaborativo con l’Istituto Mario Negri e con l’Università diMilano e l’IRCCS Oncologico di Aviano (PN)

3. Tecniche innovative nella diagnostica e tipizzazione endoscopica dellelesioni preneoplastiche e neoplastiche • Cromoendoscopia• Magnificazione endoscopica • La EMR (mucosectomia endoscopica)

4. La Chemioprevenzione oncologica5. La cachessia e anoressia oncologica

• Progetto collaborativo con l’Università la Sapienza di Roma e con Networkinternazionale

6. Le stomatiti ed enteriti post chemioterapiche e postattiniche• Progetto di ricerca con intervento fitoterapico in collaborazione con

Radioterapia e Oncologia Medica del Policlinico di Monza

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B AREA DELLE MALATTIE INFIAMMATORIE INTESTINALI

La celiachia: caratterizzazione diagnostica e clinica delle lesioni minime.Progetto collaborativo con gli anatomopatologi del Policlinico di Monza edella Clinica Santa Rita di Vercelli

Il ruolo del Micobatterio Paratubercolare nella patogenesi del morbo diCrohn. Progetto collaborativo del Dipartimento di Gastroenterologia delPoliclinico di Monza con l’Istituto di Malattie Infettive dell’Università di Pavia,con il Gruppo coloproctologico della Clinica Santa Rita di Vercelli, con l’IstitutoZooprofilattico di Pavia e di Piacenza e con la Società Biodiversity di Brescia

Valutazione dell’efficacia della mesalazina nella prevenzione a lungotermine delle recidive in pazienti affetti da diverticolite.Studio multicentrico randomizzato coordinato dal professor Giacosa, con ilcoinvolgimento di gastroenterologi e chirurghi del Policlinico di Monza esupportato da Sofar Spa, Milano

Aspetti morfologici macro e microscopici delle mucose digestive prossimalinegli ultraottuagenari.Studio collaborativo condotto in collaborazione con l’anatomopatologia dellaClinica Santa Rita di Vercelli (dottor A. Marsico)

C AREA DELLA FITOTERAPIA

1. La fitoterapia nella dispepsia funzionaleStudio randomizzato in avanzata fase di programmazione

2. La fitoterapia nella stipsi funzionaleStudio in fase di sviluppo programmatico sulla base di progetto terapeuticoinnovativo legato a ricerca di base condotta dal professor Giacosa

D AREA NUTRIZIONALE CLINICA

1. La nutrizione enterale perioperatoria nella chirurgia digestiva

2. La nutrizione parenterale: ruolo di specifici substrati (omega-3,glutamina) nella gestione della cachessia oncologica

3. La grelina e i BCAA nella gestione dell’anoressia oncologica

4. Gli alimenti funzionali nella prevenzione (e terapia) di patologiedell’uomo

• Il riso e i suoi derivati bioattivi• L’olio e le sue componenti bioattive• Il vino e le sue componenti bioattive

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Centro di Alta Specializzazione in Malattie Intestinali - Clinica Santa Rita di Vercelli

Team di ricerca: A. Giacosa, E. Ganio, M. Trompetto, A. Realis Luc, G. Clerico,I. Giani, G. Bassanini, M. Berzero, D. Messori, A. Marsico, G. Lazzari, R. Navone

PROGETTI DI COLLABORAZIONE CLINICA

Fast Track Surgery (coordinamento Chirurgia coloproctologica e Anestesiologia)Il progetto si propone di attivare modelli gestionali della chirurgia del colon-retto in accordo alle metodologie note come “Fast Track” con l’obiettivo dimigliorare la performance chirurgica, la compliance del paziente e ridurre ladegenza ospedaliera.

PROGETTI DI RICERCA

La patologia funzionale del colon-retto (progetto redatto dal GruppoColoproctologico della Clinica S Rita di Vercelli)Le fistole del colon-retto e ano (progetto redatto dal Gruppo Coloproctologicodella Clinica S Rita di Vercelli)La diverticolosi del colon (coordinatore: professor Giacosa)L’infezione da Micobatterio Paratubercolare nell’eziopatogenesi del morbo diCrohn (progetto coordinato dal professor Giacosa)

La diverticolosi del colon

La malattia diverticolare è una condizione patologica catterizzata da elevata prevalenzanei Paesi occidentali, prova ne è che il 60% della popolazione sviluppa tale disturbonell’arco della vita.Le cause della patologia diverticolare risultano ad oggi incerte, ma crescente interesse èconnesso al potenziale ruolo della flogosi cronica della parete intestinale. In tale ambito siidentifica un’innovativa area di ricerca scientifica dedicata alla valutazione degli aspettipatogenetici e a nuove potenzialità terapeutiche di tale condizione morbosa, con specificoriferimento al controllo della flogosi e alla modulazione della flora colica.

Si segnala l’attivazione di un protocollo di ricerca in linea con queste premesse, dal titolo:“Valutazione dell’efficacia della mesalazina nella prevenzione a lungo termine dellerecidive in pazienti affetti da diverticolite”.Lo studio multicentrico, controllato, randomizzato, in doppio cieco è avallato dallaDirezione Scientifica del Policlinico di Monza e dal Comitato Etico di riferimento per ilPoliclinico di Monza.

Altra area di significativo interesse scientifico, con ampie ricadute clinico-applicative, èrappresentata dalla definizione di nuove procedure terapeutiche di tipo chirurgico conriferimento al timing operativo, alla tipologia d’intervento e al ruolo dellavideolaparoscopia.

Bibliografia di riferimentoFloch H e White JA Management of diverticular disease is changingWorld J Gastroenterol 2006, 3225-3228

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La fitoterapia nella gestione clinica del paziente affetto da patologia del colon-retto

La fitoterapia costituisce un potenziale di grande rilievo nell’approccio alla gestioneclinica di molte patologie e sintomi gastrointestinali, con particolare riferimento aidisordini di tipo funzionale.In termini epidemiologici, clinici e sociali tale capitolo assume grande rilievo data lamarcata prevalenza di disturbi quali la dispepsia, la sindrome da colon irritabile, la stipsi,la diarrea, il meteorismo.In queste condizioni patologiche la fitoterapia offre un’ampia gamma di opportunitàterapeutiche. È però chiara l’esigenza di affrontare il problema alla luce di evidenzescientifiche rigorose, supportate da ricerca di base e studi clinici controllati.

Ci si propone pertanto di avviare un programma operativo basato sui seguenti obiettivi:

1 identificazione e caratterizzazione farmacologica di principi attivi di tipo fitoterapico enutriceutico

2 ricerca traslazionale con utilizzo in ambito clinico di principi attivi estratti da prodottinaturali, con realizzazione di studi clinici controllati per la terapia di problematichecoloproctologiche

3 collaborazione con altre Istituzioni pubbliche e private quali:• Istituto di Farmacologia dell’Università di Pavia (Prof. Tonini)• Istituto Mario Negri di Milano (Prof. La Vecchia)• Università di Milano (Prof. Solimene)• Università di Pavia (Prof.ssa Rondanelli)• Università di Milano-Bicocca, Cattedra di Riabilitazione (Sede operativa presso

Policlinico di Monza)• Aziende Farmaceutiche• Regione Piemonte, Regione Lombardia• Ministero della Salute

L’infezione da Micobatterio paratubercolare (MAP) e il morbo di Crohn

Il morbo di Crohn è una patologia infiammatoria cronica umana a prevalentelocalizzazione intestinale. Questa malattia, caratterizzata da dolore addominale, perdita dipeso e diarrea cronica, compare spesso in giovane età in eguale misura in maschi efemmine. In italia si calcola che le persone ammalate siano circa 40.000. Sin dall’iniziodel secolo scorso è stata ipotizzata un’associazione fra questa malattia e un’infezione tipicadei ruminanti. L’ipotesi del coinvolgimento del Micobatterio paratubercolare (MAP) nellagenesi del morbo di Crohn non è stata ancora confermata in modo definitivo, mal’importanza di questa possibile evenienza ha motivato la creazione di un gruppo diricerca multidisciplinare italiano (“MICRO”), coordinato dal Prof. Giacosa.Il gruppo coinvolge i gastroenterologi del Gruppo Sanitario Policlinico di Monza, iChirurghi (coordinati dal Gruppo coloproctologico della Clinica S. Rita di Vercelli),esperti in infettivologia e microbiologia (coordinati dal Prof. Marone del Policlinico S.Matteo di Pavia), esperti in Veterinaria (coordinati dal Dr. Fabbi e dalla Dr.ssa Arrigonidegli Istituti Zooprofilattici di Pavia e di Piacenza) e la Società Biodiversity di Brescia.Più meetings e un workshop presieduto dal Prof. Redi (Direttore Scientifico dell’IRCCSPoliclinico S. Matteo di Pavia) e dal Prof. Rondanelli (Direttore Scientifico del Gruppo

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Policlinico di Monza) hanno condotto alla pianificazione di un progetto di ricercacollegiale ripartito in tre linee di programmatiche:1) caratterizzazione dell’infezione MAP in ruminanti e in pazienti affetti da morbo di

Crohn in Italia2) caratterizzazione della potenziale predisposizione genetica in pazienti affetti da morbo

di Crohn, suscettibili alla infezione MAP3) identificazione di percorsi terapeutici innovativi con eradicazione della infezione MAP

in pazienti con morbo di Crohn e futuro avvio di un progetto di ricerca per lo sviluppodi vaccinoterapia.

Progetti di ricerca del Gruppo Coloproctologico della Clinica S Rita di Vercelli

1. La patologia funzionale del colon-retto Obiettivo ambizioso è la ricerca delle basi fisiopatologiche di una patologia di grandeimpatto sulla popolazione moderna: la stipsi. Attraverso la ricerca delle alterazionianatomiche, sia strutturali che ultrastrutturali, e delle alterazioni funzionali alla base dellastipsi, sia questa dovuta ad un transito rallentato o ad un quadro di defecazione ostruita, ilColorectal Eporediensis Centre vuole finalmente offrire delle soluzioni veramente efficaciper il trattamento di questa patologia.Di indiscusso valore scientifico risulta il contributo dato alla crescita dellaNeuromodulazione Sacrale in ambito Coloproctologico. Questa metodica, applicata siaper il trattamento dell’incontinenza fecale sia per la stipsi, sta dimostrando una efficaciaben superiore ad ogni previsione. L’obiettivo è quello di allargare l’ambito di applicazione

della Neuromodulazione Sacrale a patologie il cuitrattamento risulta ancora oggi molto complesso econtroverso e la ricerca scientifica delle basifisiopatologiche del funzionamento.In una seconda fase si prevede la messa a punto di unanuova metodica di mappatura cerebrale per lo studio deicentri cerebrali implicati nella continenza enell’evacuazione e la valutazione delle alterazioni cerebralinelle diverse situazioni patologiche e le variazioni indottedalla Neuromodulazione sacrale

2. Le fistole del colon-retto e ano Altro settore di interesse è quello della ricerca di nuovitrattamenti e di nuovi materiali da impiegare nella curadi pazienti portatori di fistola perianale: particolareattenzione è riservata all’applicazione di nuovemetodologie, di nuovi materiali che consentano unaefficace e più rapida cura di questi pazienti.

L’applicazione delle nuove ricerche sull’uso delle cellule staminali, di nuovi tessutiprodotti dell’ingegneria biomedica risulta un campo di sicuro interesse ed ampioorizzonte per il futuro.

3. La Endorectal proctopessy (ERPP)L’esperienza del Colorectal Eporediensis Centre ha dato alla luce questa nuova tecnicachirurgica per il trattamento dei pazienti affetti da defecazione ostruita. Scopo dellaricerca è la valutazione funzionale completa dei pazienti trattati tesa non solo ad unaaccurata validazione della metodica, ma anche alla ricerca delle basi fisiopatologiche diquesta malattia la cui incidenza sembra essere in continuo aumento.

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L’équipe dei coloproctologidella Clinica Santa Rita di Vercelli.Da destra il Dott. Mario Trompetto,il Dott. Ezio Ganio,il Prof. Ralph John Nicholls(Coordinatore Scientifico),il Dott. Giuseppe Clerico ed il Dott. Alberto Luc Realis

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Centro di Neuro-

bio-oncologia di Vercelli,

un anno di attività

Il Centro di Neuro-bio-oncologia di Vercelli - diretto dal professor Davide Schiffer e acui collaborano i dottori Alessandro Bulfone, Marta Mellai, Valentina Caldera, LauraAnnovazzi, Elisa Andreoli e Simona De Rosa - ha cominciato a funzionare nel marzo2006 ed è attualmente impegnato in varie attività di ricerca, mentre altre sono in progettoper il prossimo futuro.La prima attività iniziata nel Centro è stata lo studio della Tenascina nei tumori cerebralimaligni. Si tratta di un trial terapeutico, che ha però risvolti traslazionali, coordinato dallaSigma Tau: prevede una selezione di pazienti operati di glioblastoma cerebrale in base alcontenuto tumorale in Tenascina, per essere sottoposti a radioimmunoterapia pressol’Istituto Europeo di Oncologia. La Tenascina è un antigene espresso nel corso dellosviluppo embrionale che scompare con l’età adulta. Nei gliomi maligni essa ricompare conl’anaplasia e l’immaturità delle cellule ed è implicata nella neo-angiogenesi. Nei soggettiidonei il protocollo prevede la somministrazione di un anticorpo monoclonale anti-tenascina biotinilato e seguita da quella di avidina e di biotina marcata con Ittrio (90Y). Ilprotocollo ancillare per valutare i biomarkers, inclusa la Tenascina, è condotto presso ilCentro, mentre quello per il profilo genetico è condotto presso l’Istituto NeurologicoBesta. Lo studio della Tenascina è immunoistochimico, così come quello di una serie dibiomarkers di oncogeni che accompagnano la progressione tumorale nel glioblastoma, e lasua analisi è anche quantitativa, comportando un cut-off nella selezione dei pazienti. Atutt’oggi sono stati esaminati oltre 26 campioni tumorali, provenienti da varie partid’Italia e d’Europa.

La seconda ricerca iniziata e attualmente quasi al termine è quella relativa allo studio diMGMT (metil-guanina-metil-transferasi). Molte ricerche tese a identificare nuovi

approcci diagnostici e bersagli terapeutici nella cura delleneoplasie hanno focalizzato l’attenzione su geni conmetilazione aberrante associati ai tumori. Uno di questigeni è la O-6-metilguanina-DNA metiltransferasi checodifica per una proteina di riparo del DNA. La suafunzione consiste nel rimuovere sostanze mutagene ocitotossiche dalla O-6-guanina, che vengono addotte perl’azione di agenti alchilanti (molecole altamente reattive).Attraverso questo meccanismo MGMT causa resistenza aifarmaci alchilanti, in particolare alla Temozolomide(TMZ), comunemente utilizzata nella chemioterapia. Illivello di espressione della proteina varia ampiamente neidiversi tipi di tumori e anche nello stesso tumore, a causadel silenziamento genico di MGMT.È stato valutato lo stato di metilazione del promotore delgene MGMT su 80 gliomi maligni operati, secondo una

metodica concordata col dottor Gaetano Finocchiaro dell’Istituto Neurologico “C. Besta”di Milano, consulente del Centro. Il profilo di metilazione del gene è stato determinatomediante analisi molecolare con Methylation Specific PCR (MSP) (Esteller et al, 2004) eseparazione elettroforetica capillare (Fig. 2), utilizzando il sequenziatore automatico del

Fig. 1Dimostrazione immunoistochimica della Tenascina: A) Parenchimale, 400x; B) Pervasale, 200x.

A BPant. 369

Il Prof. Davide Schiffer,con l’équipe del Centro di Neuro-Bio-Oncologia di Vercelli

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Laboratorio di Genetica Umana del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Universitàdegli Studi del Piemonte Orientale di Novara diretto dalla professoressa MomiglianoRichiardi.

Parallelamente all’analisi genetica, è stata eseguita l’analisi immunoistochimica dellaproteina utilizzando uno specifico anticorpo monoclonale (MAB16200, ChemiconInternational Inc., Temecula, CA) contro l’enzima MGMT (Fig. 3) ed è quasi al terminela sua analisi qualitativa e quantitativa in Western Blotting.Attualmente è in corso di valutazione il confronto dei risultati ottenuti dall’analisiimmunoistochimica, genetica e di Western Blotting e soprattutto il rapporto con lasopravvivenza dei pazienti. Il tutto avrà un valore retrospettivo importante perché fungeràdi base alla progettazione di uno studio su campioni neurochirurgici freschi sia di GBMsia di altre forme neoplastiche cerebrali che afferiranno al Centro per la predizione disopravvivenza e di risposta tumorale agli agenti alchilanti. Lo studio di metilazione diMGMT sarà anche effettuato in vitro su linee cellulari di GBM umano isolate dabiopsie, non appena sarà completato l’avviamento nel Centro la sezione di ColtureCellulari.

Con l’entrata in funzione a pieno ritmo del Centro, altri progetti sono stati iniziati eperseguiti, fra i quali lo studio della Survivina. Questa è una molecola codificata dal genesu 17q25.3 che comprende 142 aminoacidi ed è un membro della famiglia IAP(Inhibitory apoptotic proteins). La sua funzione principale è quella di regolare la mitosi edi inibire l’apoptosi con meccanismi piuttosto complicati. Presente nei tessuti embrionali,scompare nell’adulto, ma nei tumori è altamente espressa proporzionalmente al grado dimalignità. Tentativi terapeutici sono stati fatti per bloccarla, con molecole anti-senso oanticorpi, e in coltura con la sua introduzione si è ottenuto un arresto delle mitosi ol’induzione di apoptosi. Questo ha reso molto interessante la molecola per fini terapeuticinei tumori umani.Lo studio è stato condotto su materiale d’archivio di una cinquantina di casi diglioblastoma multiforme, di provenienza dal Dipartimento di Neuroscienze, Università diTorino, con tecniche immunoistochimiche e di Western Blotting quantitativo. È statoosservato che l’indice di Survivina e cioè la percentuale di nuclei positivi in confronto atutti i nuclei correla linearmente con gli indici proliferativi (mitotico o di Ki.67/MIB.1),

Fig. 2Elettroferogrammidei prodotti della reazione di MSP in gliomi con MGMT metilatoe non-metilato

Fig. 3Dimostrazioneimmunoistochimica di cellule diglioblastoma esprimentiMGMT, 40X.

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ma non correla con l’apoptosi, la cui inibizione da parte della Survivina è molto mediata econsiste nell’invio della caspasi-9, responsabile dell’apoptosi, al sistema proteasoma-ubiquitina per la degradazione. Il dato vuole fornire un aiuto all’allestimento di strategieterapeutiche contro i glioblastomi. I risultati ottenuti sono stati inviati al CongressoNazionale di Neuropatologia francese (Parigi, dicembre 2006) e a quello Americano diNeuropatologia (Washington, giugno 2006). Il lavoro definitivo è stato inviato in USAper la pubblicazione su Neuro-oncology.In tutte le ricerche finora svolte, così come in quelle in fase di svolgimento, ladimostrazione delle proteine codificate dai geni interessati dallo studio è stataaccompagnata dall’esecuzione del Western Blotting con sua valutazione quantitativa.Questa procedura è stata eseguita con una variante tecnica per adattarla all’uso di sezioniin paraffina, che rende il risultato più aderente a quello contemporaneoimmunoistochimico o di biologia molecolare.Le proteine vengono dapprima estratte dal tessuto con l’uso di adeguati tamponi di lisi,solubilizzate con detergenti e agenti riducenti e successivamente separate medianteelettroforesi su gel di poliacrilamide in condizioni denaturanti (SDS-PAGE). Vengonopoi trasferite mediante passaggio di corrente su una membrana di nitrocellulosa, dove puòavvenire una reazione tra anticorpi specifici per ogni singola proteina target. Il legame conl’anticorpo viene infine rilevato (sotto forma di banda) con metodi colorimetrici o dichemiluminescenza grazie a particolari reattivi. In questo modo è stato possibile valutarenon solo qualitativamente la presenza della Survivina nei campioni in studio, bensìottenere un’informazione di tipo quantitativo dall’indagine densitometrica delle singolebande. Il Western Blotting è una tecnica altamente sensibile, in grado di rilevare quantitàdi proteine dell’ordine di 1-5 ng. Nel caso specifico della Survivina, si è potutoconfermare il dato quantitativo fornito dall’analisi immunoistochimica che indica unacorrelazione positiva tra aumentata espressione di Survivina e grado di malignità deiglioblastomi esaminati (Fig. 4).Sono ancora in corso esperimenti di Western Blotting per lo studio dell’enzima MGMT,implicato nei processi di riparo del DNA e responsabile della resistenza ai chemioterapici.L’indagine verrà completata in tutti gli 80 campioni di gliomi maligni già studiati. Siprevede una sua larga parte negli studi sulle cellule staminali tumorali, sia su materiale inparaffina, che fresco che sulle colture cellulari.

È iniziata la fase preparatoria di un progetto che ha per finalità la contribuzione allasoluzione di un dilemma di ordine tumorigenetico: esistono e come si identificano lecellule staminali tumorali nei gliomi?Esistono ormai numerose dimostrazioni che la tumorigenesi dei gliomi segue le tappedella citogenesi nervosa e che la composizione cellulare e antigenica delle cellule tumoralicorrisponde alle tappe della citogenesi, a partire dagli elementi neuroepiteliali primitivi o

Fig. 4A - Western Blotting dell’espressione

di Survivina.1 Adenocarcinoma del colon (AC);2 Tessuto nervoso normale (NNT);3, 4, 5, 6 campioni di glioblastoma.B - Analisi quantitative dei livelli di Survivina

normalizzati con il contenuto di Vimentina.

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stem cells fino alle cellule adulte, attraverso i progenitori e precursori. Nei gliomi poi sitroverebbero ad accompagnare l’anaplasia alterazioni degli stessi geni che regolano lacitogenesi normale. Secondo l’ipotesi di Ryan, nei tumori in genere la proliferazionecellulare sarebbe sostenuta da un piccolo numero di cellule che hanno conservato aspettoembrionale e capacità proliferativa, mentre la massa delle cellule del tumore sarebbequiescente e in fase G0. Queste sarebbero cellule staminali tumorali e l’ipotesi è stataestesa anche ai gliomi,Il problema nei gliomi riguarda l’origine di queste cellule (Fig. 5): derivano da cellulestaminali neurali o loro progenitori/precursori trasformati oppure da elementi tumoralide-differenziati, cioè che hanno perso le capacità differenziative e riacquistato proprietàembrionali, compresa la potenza proliferativa, per effetto dell’accumulo delle mutazioni, eacquisito così uno stem cell-like status. Se così fosse, queste dovrebbero mostrare tutte lealterazioni genetiche accumulate nel corso dell’anaplasia che le ha prodotte.

Il progetto di ricerca che sta per iniziare riguarda proprio l’identificazione della natura diqueste cellule staminali tumorali.In letteratura vi sono molti tentativi di identificarle usando anticorpi contro antigeninormalmente espressi nella citogenesi nei primi stadi, quali Nestina, Musashi, CD133,Olig2, BMP4, che funzionano in coltura in vitro, ma non nelle sezioni oppure in modonon soddisfacente. È previsto il loro studio in linee cellulari di glioblastoma su cui èsoprattutto previsto lo studio di una serie di alterazioni genetiche riconosciutecaratterizzare i glioblastomi: PDGFR, EGFR, EGFRvIII, PTEN, MDM2, TP53, Akt,Survivina, MGMT, mTOR, etc. Questa ricerca dovrebbe chiarire il dilemma di cui soprae rientra in un progetto più generale cui partecipa la dottoressa Galli del San Raffaele diMilano per le colture in vitro e le cellule staminali, e la professoressa Rinaudo delDipartimento di Medicina Sperimentale e Oncologia dell’Università di Torino per lostudio del ubiquitina-proteasoma nelle colture cellulari di gliobastoma. Fra i risultati attesiè da contemplare la possibilità che le cellule de-differenziate possano riacquistare lacapacità di esprimere antigeni di differenziazione dei primi stadi persi durante il processodi differenziazione, secondo lo schema:1) Cellule neurali trasformate esprimenti Nestina2) Cellule de-differenziate ri-esprimenti Nestina3) Cellule esogene attratte dal tumore

Un’altra parte di questo progetto generale dal titolo “Cellule staminali tumorali:identificazione, mediante analisi computazionale e validazione sperimentale, di nuovimarcatori molecolari”, condotta dal Dr. Bulfone, mira 1) a identificare e caratterizzarenuovi marcatori molecolari (i.e. proteine di superficie e RNA non-codificanti), specificidelle cellule staminali tumorali del glioblastoma; 2) a produrre anticorpi policlonalimurini generati su epitopi specifici delle proteine di superficie identificate, o di sondemolecolari adatte alla rivelazione di trascritti mediante ibridazione in-situ; 3) analizzaresistematicamente la distribuzione dei marcatori identificati.Esiste infine un progetto di studio sulla Sclerosi Laterale Amiotrofica, che prevede inmateriale spinale e corticale autoptico di casi di SLA lo studio di PARP.1, quale molecolainserita al bivio fra riparazione del DNA e induzione di apoptosi. PARP-1 attivato da

Fig. 5

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Fig. 6

Pubblicazioni e partecipazione a congressi nel 2006

p53 dopo un signaling di danno al DNA può polimerizzare ribosi per la sua riparazioneoppure può indurre apoptosi con caspasi-3, come risulta dallo schema (Fig. 6).L’induzione di apoptosi viene studiata con metodi adeguati alla sua evidenziazione,mentre la riparazione del DNA viene studiata evidenziando la sua attività polimerasica.

Pubblicazioni del Centro nel corso del 2006

- Piccinini M, Rinaudo MT, Schiffer D: The ubiquitin proteasome system in the pathobiology of human gliomas.In: The UPS in the nervous system. From physiology to pathology (M. Di Napoli and C Wojcik eds). NovaScience Publ USA 2006.

- Mellai M, Schiffer D: Studio della metilazione del promotore del gene MGMT nei gliomi maligni. Il Polietico2006

- Schiffer D, Manazza A, Tamagno I. Nestin expression in neuroepithelial tumors. Neurosci Lett. 2006, 29: 80-5- Tamagno I, Schiffer D. Nestin expression in reactive astrocytes of human pathology.

J Neuro-oncol. 2006, 80: 227-33.- Mellai M, Schiffer D. Apoptosis in brain tumors: prognostic and therapeutic considerations.

Anticancer Res. 2007, 27: 437-48.

Capitoli - Schiffer D. Citologia del sistema nervosa centrale. In: Fitopatologia diagnostica. Boccato editore.

Piccin, Padova, 2006- Vigliani MC, Polo P, Schiffer D. Citologia del liquido cefalo-rachidiano in condizioni normali e nelle malattie

infiammatorie. In: Dicotpatologia diagnostica. Piccin Padova, 2006- Cavalla P, Vigliani MC, Schiffer D. Citologia del liquido cefalo-rachidiano in corso di tumori metastatici. In:

Fitopatologia diagnostica, Piccin, Padova, 2006.

Libri- Schiffer D. Brain tumor pathology: current diagnostic hotspots and pitfalls. Springer, Dordrecht, 2006.

Partecipazioni a Congressi

- Maggio 2005, Saluzzo, Congresso nazionale di NeuropatologiaSchiffer D, Fiano V. “Tumor progression”. Proc. In Clinical Neuropathology

- Ottobre 2005, Corfù, Congresso di Anticancer ResearchSchiffer D, Ghimenti C, Tamagno I. “Apoptosis in brain tumors: prognostic and therapeutic considerations”.Abstract su Anticancer Research

- Maggio 2006, Roma, Congresso nazionale di Neuropatologia,Tamagno I, Mellai M, Panattaro G, Schiffer D. “Inferences from nestin distribution in gliomas”. Abstractpubblicato su Clinical Neuropathology, 2006

Pronto Soccorso,

una nuova realtà

per Monza

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- Maggio 2006, Roma.Schiffer D. “Italian Neuropathology between past and future”. Clinical Neuropathology 2006.

- Giugno 2006, San Francisco, International Congress of NeuropathologySchiffer D, Mellai M, Panattaro G: “Nestin expression in malignant gliomas”.Abstract pubblicato su Brain Pathology 2006-10-03

- Settembre, 2006, Washington, American Assoc. Neuropathology. Schiffer D, Mellai M, Panattaro G. “Nestinexpression in gliomas and reactive astrocytes”. JNEN, 2007.

- Ottobre, 2006, Bari Congresso Nazionale di NeurologiaSchiffer D, Mellai M, Panattaro G: “Intermediate filament proteins in reactive astrocytes in differentpathological conditions”. Abstract pubblicato su Neurological Sciences 2006

- Parigi, dicembre 2006. Réunion de la Societé de Neuropatologie françaiseSchiffer D, Mellai M, Panattaro G. “La survivine dans les gliomes cérébrales”. Revue Neurol. 2007.

- Arezzo, aprile 2007. Incontro italo-americano di Neurochirurgia.Sciabello N, Boccaletti R, Ducati A, Lanotte M, Mutani R, Mellai M, Schiffer D.“Survivin: a possibile therapeutic target in glioblastomas”. Proceedings

Attività didattica

Nel corso del 2006 sono stati tenuti 10 conferenze-seminari in Italia dal prof. Schiffer in rappresentanza delCentro di Neuro-bio-oncologia.È prevista per l’autunno l’organizzazione di un incontro didattico presso il Centro dal titolo “L’origine e laprognosi dei gliomi in rapporto alle terapie” con la partecipazione dell’Istituto Neurologico “Besta” di Milano e ilDipartimento di ricerca biologica e tecnologica del Dibit –Fondazione Centro S. Raffaele del Monte Tabor.

Pronto Soccorso,

una nuova realtà

per Monza

La recente apertura del Pronto Soccorso del Policlinico di Monza è stato un eventoaccolto da tutti come l’inizio di un nuovo e importante periodo per la cittadinanza, oltreche per la struttura stessa. Infatti, superate le validazioni istituzionali e concordato unpercorso ideale con il 118 territoriale, il Policlinico ha inaugurato l'attività conun’impostazione della guardia prevalentemente di tipo traumatologico-chirurgico,supportata da una serie di consulenti specialistici (cardiologi, neurologi, etc.) e da unaguardia internistica dipendente dall’organico della Medicina Interna.

A illustrare l'attività dell'area ortopedica è il professor Francesco Pipino, responsabiledell'Ortopedia del Gruppo.“In Italia le discipline dell’Ortopedia e della Traumatologia hanno sempre marciato

affiancate, tanto nelle Università come nei repartiospedalieri: ma pur riguardando la stessa area, ossia lepatologie del sistema scheletrico e dell’apparatolocomotore, presentano importanti differenze quando sitratta di affrontare l’emergenza. È quindi fondamentale,quando si organizza un Pronto Soccorso, identificarepersone capaci di gestire problemi traumatologiciimpegnativi in tempi molto rapidi. Il Policlinico diMonza, che annovera nel suo ambito quasi tutte lespecialità, ha fin dall’inizio impostato il pronto soccorsocome un piccolo DEA: il paziente viene trattato dalmedico di guardia, che convoca lo specialista reperibile dicompetenza. Se occorre intervenire chirurgicamente, adesempio nel caso di fratture, il paziente viene ricoverato e,una volta operato e dimesso, continuerà ad essere seguitodal traumatologo che ha effettuato l’intervento, così dagarantire una continuità terapeutica basata sullaconoscenza diretta del singolo caso”.

Il Prof. Francesco Pipino,Direttore del Dipartimento di Ortopedia del Policlinico di Monza

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Come è stata curata l’impostazione traumatologica del pronto soccorso? “Anzitutto, ho portato qui la mia esperienza, maturata sia all’estero sia nella scuola diTraumatologia che ho diretto a Genova. Poi abbiamo organizzato un corso diaggiornamento in Traumatologia avvalendoci della competenza del professor Santolini,della professoressa Sanguineti e del dottor Cremaschi, in qualità di docenti. Vorreisottolineare come i nostri specialisti del Policlinico abbiano accolto con consapevolezza,volontà di fare e serenità la novità del Pronto Soccorso: una struttura in crescita, attentaalle nuove esigenze che man mano si manifestano, creata per offrire un migliore servizio euna maggiore tranquillità non solo ai cittadini di Monza, ma anche di tutto il territoriocircostante”.

Molte delle urgenze in arrivo in un Pronto Soccorso riguardano casi di problemi acutidi cuore. Chiediamo al professor Giuseppe Specchia, responsabile del Dipartimento diCardiologia, cosa cambia per questi pazienti.“L’apertura del Pronto Soccorso era nei desideri dei cardiologi sin da quando questaspecialità ha iniziato la sua attività all’interno del Policlinico. La sua assenza rendevainfatti impossibile ricevere nel Dipartimento pazienti con patologie cardiologiche acute eciò, oltre a essere oggettivamente riduttivo rispetto alle potenzialità assistenziali dellastruttura, determinava anche un limite culturale degli operatori, soprattutto dei piùgiovani. Negli ultimi trent’anni, infatti, l’attenzione della cardiologia si è progressivamentediretta sempre più verso la diagnosi e terapia delle forme acute, identificando in queste ilmomento cruciale per un intervento destinato non solo a determinare la sopravvivenza,ma anche a influenzare, nei sopravvissuti, la successiva qualità della vita. Così che, se siconsidera come è cambiato in questi anni il destino di un paziente affetto da unasindrome cardiologica acuta come l’infarto miocardico, dal primo salto di qualitàterapeutico, che ha portato alla costituzione delle unità coronariche, fino alle odierneprocedure di rivascolarizzazione percutanea (angioplastica) o chirurgica, la mortalitàospedaliera si è ridotta da oltre il 30% a poco più del 5%”.

Quanto conta il fattore tempo in questi casi?“È fondamentale. Il concetto che la rapidità dell’intervento terapeutico sia in grado disalvare il muscolo cardiaco dalla distruzione e dalla successiva sostituzione con tessutoinerte, inutile per l'essenziale funzione di pompa, ha portato a cercare di realizzare ilpercorso più diretto e rapido tra l’inizio del sintomo e l’arrivo del paziente al primosoccorso. Era frustrante pensare che il Policlinico di Monza fosse, sin dall’inizio, la solastruttura in un esteso territorio in grado di offrire al paziente colpito da una forma acutaun'assistenza specialistica cardiologica e cardiochirurgica completa, lungo tutto l’arco delle24 ore, ma che l’assenza di un Pronto Soccorso impedisse, di fatto, al territorio di usarequesta risorsa. D’altra parte se si considera che nel 2005 in Lombardia sono statieffettuati 18.791 interventi di angioplastica nell’infarto acuto e, nel territorio

Il Prof. Giuseppe Specchia,Direttore del Dipartimento di Cardiologia del Policlinico di Monza

Personale sanitarioall’interno della camera caldadel Pronto Soccorso

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Il locale osservazione del Pronto Soccorso (4 posti letto)

comprendente Desio, Vimercate e Monza solo 207 (in Monza città solo 66), sicomprende quanti pazienti non abbiano potuto usufruire di questa possibilità terapeutica,oppure come sia stato necessario inviarli, con inevitabile maggior rischio e minorevantaggio, in strutture ospedaliere più lontane. Oggi per fortuna gli ostacoli che portavanoa questa grave lacuna, in termini di salute pubblica, sono stati superati e, con questi, anchesituazioni imbarazzanti come quelle di pazienti già seguiti con loro soddisfazione inquesto centro i quali, in caso di necessità urgenti dovevano recarsi altrove, dove il lorocaso non era noto”.

Quali sono le principali patologie cardiache a essere trattate nel Pronto Soccorso?“La cardiologia ha purtroppo un ampio spettro di pazienti, oltre a quelli con infartomiocardico o comunque con dolore al petto sospetto, nei quali i primi segni della malattiacoincidono con la fase più grave. Intense palpitazioni, affanno ingravescente, sincopi,possono essere la spia di situazioni patologiche che, se non soccorse in tempo ediagnosticate in ritardo, possono costare la vita. Un accesso in un Pronto Soccorso cui siaaffiancato un Ospedale altamente specializzato e provvisto di tutte le necessariecompetenze cardiologiche, cardiochirurgiche e rianimatorie, oltre che di servizid’appoggio fondamentali e dotati di alta tecnologia (Radiologia, Laboratorio) è perMonza e il suo territorio una risorsa che sarebbe stato incomprensibile continuare a nonsfruttare”.

Presso il Pronto Soccorso del Policlinico è disponibile assistenza anche per i casi chericadono sotto le ampie competenze riferibili alla Medicina Interna: il dottor AlvaroPorta, responsabile di questo Dipartimento, illustra le tipologie più frequentementetrattate.“La nostra attività è particolarmente orientata alla risoluzione dei problemidell'emergenza e della medicina d'urgenza, con competenze specialistiche nell'ambitointernistico come pneumologia, endocrinologia, diabetologia, epatologia, reumatologia,ematologia e nefrologia, rendendo possibile un efficace approccio multidisciplinare allecondizioni cliniche più complesse. La prevalenza delle prestazioni effettuate ha riguardatopatologie del distretto broncopolmonare sia acute sia croniche riacutizzate, seguite daeventi cardiovascolari, patologie oncologiche e diabetologiche. Possiamo giudicarel’esperienza iniziale incoraggiante e ricca di spunti per affinare il servizio prestato, proprioin previsione di un costante aumento dell'attività. I servizi correlati, Radiologia eLaboratorio, sono a nostra disposizione 24 ore su 24, compreso il supporto trasfusionaleadattato alle nuove esigenze. Anche il servizio di endoscopia digestiva assiste concontinuità l’emergenza gastroenterologica. La struttura, organica e funzionale in ogni suaparte, può inoltre contare su un personale infermieristico motivato e competentesoprattutto nell’applicazione del triage e nella gestione dell’emergenza e urgenza.Un'ultima annotazione: oltre alle prestazioni urgenti di pronto intervento, i pazienti di

Il Dott. Alvaro Porta,Responsabile dell’Unità Operativa di Medicina Interna del Policlinico di Monza

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tutte le specialità (affiancate da emato-immunologia, gastroenterologia, epatologia,reumatologia e diabetologia) possono essere seguiti anche in regime ambulatoriale perquanto riguarda le prestazioni dilazionabili di pronto soccorso.

Il dottor Marco Chiumenti è il responsabiledella Traumatologia del Pronto Soccorso, evive quindi in prima linea l’attività quotidiana.“I nostri pazienti arrivano sia direttamente, con ipropri mezzi, sia portati qui in ambulanza dal118. Il primo inquadramento viene effettuatodagli infermieri professionali addetti al triage,ossia alla prima valutazione della gravità deiparametri vitali (pressione, battito cardiaco, statodi coscienza, respirazione…), in base alla qualeviene attribuito un codice. Li ricordobrevemente, perché sono alla base della prioritàdi intervento: il codice rosso segnala un’urgenzaassoluta, con necessità di soccorso immediato, inquanto i parametri vitali sono alterati, o ad altorischio di alterazione, e il paziente può essere in

pericolo di vita. Il codice giallo indica un paziente in condizioni serie, con funzioni vitalicompromesse, ma che può sopportare una breve attesa rispetto a un paziente con codicerosso. Il codice verde identifica una situazione in cui le funzioni vitali non sonocompromesse, e il rischio di alterazione dei parametri vitali è basso, ma in cui è presenteuna situazione di sofferenza. Infine, il codice bianco viene attribuito alle situazioni chenon hanno alcuna priorità, e che non dovrebbero essere risolte in un servizio d’urgenza. Icodici bianchi vengono comunque considerati ricorsi appropriati se necessitano di cure inun tempo non superiore alle 24 ore. Se invece il problema può essere affrontato anche inun tempo maggiore delle 24 ore, viene considerato ricorso improprio, e quindi sottopostoal pagamento del ticket regionale. Dopo il triage, il paziente viene visitato dal medico diguardia, che convoca il responsabile di competenza, ad esempio il cardiologo o

l’internista, il quale stabilisce tutte le azioninecessarie per la diagnosi e il trattamento, edecide per l’eventuale ricovero o interventochirurgico o terapeutico”.

Come può descrivere questo primo periodo diattività del Pronto Soccorso del Policlinico?“Per prima cosa va sottolineato come leaspettative da parte della popolazione monzesesiano molto alte: chi già ci conosce, e dopododici anni di presenza sul territorio si trattadavvero di tante persone, viene da noi sicuro ditrovare lo stesso tipo di servizio e di rapportoumano precedentemente sperimentato in altreoccasioni. Una riprova? Il giorno in cui abbiamoinaugurato il pronto soccorso il primo paziente siè presentato alle 6 del mattino! Altri arrivano

perché hanno sentito dire che le attese sono brevi, e finora la maggior parte dei casitrattati sono ‘veri’, ossia che giustificano il passaggio in pronto soccorso. Un’ultima parolala vorrei spendere per ringraziare il personale infermieristico del pronto soccorso, che staaffrontando la nuova attività con un lavoro di eccezionale qualità professionale e umana, econ grande entusiasmo”.

Il Dott. Marco Chiumenti(secondo da sinistra),Responsabile della Traumatologia del Pronto Soccorso del Policlinico di Monza,con il relativo personaleinfermieristico

Personale sanitarionella sala emergenza del Pronto Soccorso

Clinica San Giuseppe

di Asti: ilraggruppamento

di Medicina

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Clinica San Giuseppe

di Asti: ilraggruppamento

di Medicina

Il raggruppamento di Medicina della Clinica San Giuseppe di Asti, entrata a far partedella famiglia Policlinico di Monza lo scorso anno, comprende le specialità di MedicinaGenerale, Neuropsichiatria e Lungodegenza.

Fra le attività di ricovero della Clinica, vi è l’Unità Operativa di Medicina Generale, dicui è responsabile il dottor Piereugenio Fea, coadiuvato dalla dottoressa Lucia Klingly.Nel corso degli anni, questo reparto si è sempre più affermato come punto di riferimentoper pazienti e medici di famiglia della provincia di Asti, per la diagnosi del trattamentodelle più svariate patologie internistiche acute o per le riacuzie di patologie croniche.In linea con le percentuali di prevalenza delle entità nosologiche su scala nazionale, si puòaffermare che le malattie cardiovascolari e le loro complicanze, quali lo scompensocardiaco acuto, le crisi ipertensive, la cardiopatia ischemica sintomatica, l’ischemiacerebrale acuta sono all’ordine del giorno; il diabete mellito scompensato (tipo 1 e tipo 2)con le sue importanti complicanze a livello vascolare periferico e renale è una patologiafrequentemente trattata, tanto che empiricamente si può dire che in reparto siano semprepresenti uno o più diabetici con problematiche acute.Le riacuzie di broncopneumopatia cronica con insufficienza respiratoria severa, così comei focolai broncopneumonici e le pleuriti si rilevano anche frequentemente.Particolare attenzione va riservata anche agli stati di grave deperimento da calo ponderalee disidratazione, talora correlati a patologie neoplastiche in via di accertamento e talora almultiforme quadro clinico della sindrome involutiva da insufficienza cerebrovascolarecronica.Le patologie infiammatorie dell’intestino (morbo di Crohn, rettocolite ulcerosa, etc.), lecollagenopatie in via di diagnosi o in riacuzie, le osteomalacie con le loro complicanze,completano il panorama dell’eclettica attività di questa Unità Operativa.Caratteristica frequente poi del paziente ricoverato in Medicina è quella di presentarecontemporaneamente più patologie.La qualità del servizio offerto ai pazienti non potrebbe essere garantita se l’esperienzaclinica degli internisti che vi operano non fosse sostenuta da un competente e tempestivoapporto delle attività di diagnosi strumentale, del laboratorio analisi, degli specialistioperanti nelle altre unità operative. Tale collaborazione è sempre stata perseguita conimpegno e consapevolezza della sua essenzialità; con le più recenti modifichedell’organizzazione delle attività in clinica questo aspetto è una certa e confortante realtà.Va sottolineato come gli internisti operanti nell’Unità di Medicina generale si impegninocostantemente ad accostare il malato non solo come portatore di uno squilibrio organicoda correggere, ma come uomo sofferente nella sua totalità, con i suoi affetti, le sueabitudini, le sue peculiarità culturali e psicologiche. Il rispetto per questa visione globaledel paziente è parte essenziale del buon esito dell’episodio di ricovero. In questo tipo diapproccio è molto importante inoltre la collaborazione di personale paramedico attento emotivato, quale sempre più si cerca di individuare in questa Unità Operativa.L’inserimento della Clinica San Giuseppe nel Gruppo Policlinico di Monza garantisceinoltre a questo reparto la possibilità di avvalersi dei servizi diagnostici “di gruppo” e diaccedere alle strutture ad Alta specializzazione di riferimento quando ve ne è la necessità.

Il reparto di Lungodegenza

Il reparto di Lungodegenza della Clinica San Giuseppe di Asti è stato inaugurato nel1994. Lo dirige il responsabile, dottor Alberto Caratti, insieme agli assistenti dottoriDaniela Nencioni e Andrea Rinaldi. Inizialmente dotato di dieci posti letto, il reparto neconta oggi venti, di cui sedici sono a disposizione di strutture ospedaliere. Ogni camera èa due letti, con bagno privato e televisore.Le principali patologie che determinano il ricovero riguardano prevalentemente pazienticon vasculopatia cerebrale cronica (esiti di ictus cerebri), pazienti operati per fratture difemore o per protesi d’anca, e pazienti con tumori, operati o meno. Questi ultimi sono imalati più impegnativi e anche quelli che maggiormente necessitano di un’assistenza nonsolo di tipo farmacologico, ma anche di un supporto psicologico per essere accompagnaticon umanità alla fase finale.

Il Dott. Piereugenio Fea,responsabile dell’UnitàOperativa di MedicinaGenerale della clinica San Giuseppe di Asti,insieme alla Dott.ssa Lucia Klingly

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La filosofia che ispira l’attività della Lungodegenza della Clinica San Giuseppe è quelladi lenire il dolore fisico nel modo più efficace possibile: fortunatamente la farmacologiaodierna mette a disposizione una vasta gamma di farmaci, compresi gli oppiacei, in grado

di affrontare in modo radicale tale problema. Nelcontempo, però, la stessa filosofia di rispetto verso ilpaziente e la sua qualità di vita impone di evitare unaccanimento non solo di tipo terapeutico ma anche di tipodiagnostico. Si ritiene infatti che, una volta che la diagnosidi tali patologie sia stata formulata con certezza assoluta,sottoporre tali pazienti a ulteriori iter diagnostici, a menoche non si siano presentati eventi nuovi, rappresenti unulteriore momento stressante per loro e per i parenti, oltrea essere del tutto inutile ai fini terapeutici.Gli altri pazienti sono per la maggior parte personeanziane con sindromi da allettamento: purtroppo accadespesso che giungano nel nostro reparto con decubitiimportanti. Decubiti che vengono affrontati conprofessionalità e dedizione dal personale infermieristicodella Clinica San Giuseppe, mirando alla completarisoluzione.

Molti di questi pazienti presentano inoltre disturbi psichici satelliti, che possono andaredallo scadimento delle condizioni cognitive sino a vere turbe psicotiche condisorientamento spazio temporale e con variazioni del ritmo sonno-veglia. In questi casi ilsupporto farmacologico può essere utile, ma risolutiva è una terapia atta a reidratareadeguatamente tali pazienti. Il rischio concreto è, infatti, che la sola terapia farmacologicaalteri ulteriormente il ritmo sonno-veglia, creando situazioni in cui i pazienti dormano digiorno e siano poi svegli e agitati di notte, ma soprattutto, non si alimentino e nonintroducano una quantità sufficiente di liquidi. Appena si è giunti ad un punto diequilibrio questi pazienti vengono stimolati a reintegrarsi gradualmente con l’ambienteche li circonda e si procede con la mobilizzazione. In questo senso è molto utile l’apportodella fisioterapista.Non di rado al reparto di Lungodegenza approdano pazienti afflitti da patologieassociate: sono frequenti i casi di diabetici scompensati o i casi di processi broncopneumonici resistenti a selettiva terapia antibiotica e aggravati dalle scadenti condizionigenerali e dall’allettamento prolungato. A questi pazienti è doveroso riservare una grandeattenzione dal punto di vista sanitario, ma non meno importante è l’approccio umano: difronte a persone che rappresentano casi complessi, ancor più che per gli altri pazienti, unabuona collaborazione del team diventa indispensabile, così come uno spirito all’occorrenzacreativo nei rapporti. Di rilevante importanza è anche il colloquio con i parenti, con cui sideve instaurare un rapporto fiduciario e collaborativo nell’interesse dei degenti.

Neuropsichiatria

L’Unità di Neuropsichiatria della Clinica San Giuseppe è composta da un’équipemultidisciplinare di psichiatri, psicologi, educatori e infermieri che operano in modocoordinato e sinergico. Primario è il dottor Giuseppe Rosso, psichiatra; il dottor CarloRosso, professore a contratto di psicopatologia sessuale all’Università di Torino, ècorresponsabile, mentre la dottoressa Maura Garombo, psicologa, è coordinatrice delleattività psicologiche dell’Unità.L’obiettivo generale dell’intervento attuato nel corso della degenza è la comprensionedella dimensione psicologica, sociale, familiare ed economica della vita della persona, alfine di individuare i fattori di rischio psicosociale di recidiva della patologia e definire unprogramma di trattamento territoriale che favorisca la continuità terapeutico/assistenzialenel periodo che segue la dimissione.L’obiettivo specifico è, invece, l’assessment e il trattamento della dimensionepsicopatologica, cioè il tratto personologico e il quadro sintomatologico/sindromico,spesso non convergenti (la persona non è mai completamente riconducibile alla sua

Il responsabile del repartodi Lungodegenza dellaClinica San Giuseppe,Dott. Alberto Caratti(al centro), insieme agliassistenti dottori DanielaNencioni e Andrea Rinaldi

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malattia né ad essa si consegna completamente). Il fine è di formulare diagnosi corrette eindividuare trattamenti efficaci nell’acuzie, tollerabili e utili per prevenire le possibiliricadute.Diversi sono gli strumenti utilizzati per realizzare questi ambiziosi obiettivi. Oltre a quellidella tradizione medica, quali il trattamento psicofarmacologico, vengono utilizzati anchetrattamenti biologici non farmacologici (manipolazione del ritmo sonno veglia). A questisi aggiungono le indagini psicodiagnostiche, i colloqui di supporto psicoterapeutico, leattività di gruppo riabilitative (gruppo per la cura del sé, gruppo di arte terapia, gruppo dielaborazione delle dinamiche interpersonali), gli interventi di collegamento con le altreagenzie terapeutiche territoriali, i colloqui con la famiglia, e, infine, la psicoeducazione delpaziente e dei familiari sulle caratteristiche della malattia e delle terapie al fine dimigliorare la compliance terapeutica. È ovvio che un intervento così articolato necessiti dimomenti di integrazione e confronto tra i membri dell’équipe per permettere laconvergenza e la condivisione delle conoscenze sul paziente e potenziare la valenzaterapeutica generale dell’intervento. Queste riunioni di équipe svolgono anche la funzionedi contrastare il pessimismo diagnostico e prognostico e il conseguente logoramentoemotivo e assistenziale dell’operatore che rischia di devitalizzare le relazioni di cura e gliinterventi tecnici. Un ultimo importante strumento terapeutico è la collaborazione con imedici internisti e chirurghi della clinica che vigilando sulla salute fisica dei nostripazienti aiutano ad attuare un approccio bio-psico-sociale alla salute del paziente.

Nell’unità di Neuropsichiatria vengono trattate diverse patologie afferenti all’areapsichiatrica: i disturbi dello spettro affettivo (varie forme di depressione, disturbi dipanico, d’ansia, disturbo ossessivo compulsivo, fobie); i disturbi dello spettro psicotico(schizofrenia, disturbi schizoaffettivi, psicosi reattive brevi, complicanze psicotiche incorso di altri disturbi); i disturbi di dipendenza, soprattutto quelli in comorbidità con altrepatologie psichiatriche (dipendenza da alcool, dipendenza da gioco d’azzardo, dipendenzada sostanze, bulimia, dipendenza sessuale); e infine tutte le complicanze psichiatricheriscontrabili in corso di demenza e in corso di malattie neurologiche quali ad esempio lostroke e il morbo di Parkinson.

Due ambiti di problematicità in cui l’Unità è particolarmente coinvolta sono quello deidisturbi dell’umore e quello delle problematiche alcol correlate.

Cura della depressioneLa malattia depressiva è sicuramente una delle patologie più trattate dall’équipe diNeuropsichiatria della San Giuseppe. Circa il 54% dei pazienti dimessi dall’Unitànell’anno 2006 presentavano una patologia depressiva associata o meno ad altri disturbipsichiatrici.La depressione rappresenta una sindrome clinica, ossia una costellazione di segni esintomi da intendersi primariamente come espressione di una disregolazione di sistemifunzionali cerebrali. Essa può manifestarsi con quadri diversificati, sia per sintomatologiache per decorso, epidemiologia, risposta terapeutica e familiarità. I riscontri di cui oggidisponiamo indicano che i fattori genetici rivestono un ruolo di primo piano neldeterminismo di alcuni specifici disturbi dell’umore quali il disturbo bipolare e il disturbodepressivo ricorrente. È una patologia misconosciuta non solo dai familiari ma spessoanche dai medici. Le conseguenze di ciò sono spesso nefaste in senso prognostico, infattigli studi scientifici offrono una solida evidenza della natura spesso ricorrente di questidisturbi che si accentua in caso di mancato trattamento.La depressione è una condizione psicopatologica molto diffusa nella popolazionegenerale: interessa almeno un individuo su otto nel corso della vita, con esordio in ognietà, e ha maggiore frequenza nel sesso femminile. Il grado di sofferenza personale ed illivello di disabilità sociale conseguenti sono notevoli; quest’ultimo è legato allemanifestazioni proprie dell’episodio, a fenomeni residui o alla risoluzione incompletadello stesso. Le complicanze sono molto frequenti, in particolare è aumentato il rischioper altri disturbi psichiatrici o somatici, per abuso o dipendenza da sostanze, per suicidio.I costi personali e sociali, diretti e indiretti, sono enormi: spese per il trattamento, ricoveri,disadattamento residuo, interruzione della carriera, interruzione curriculum di studi.

Il Dott. Giuseppe Rosso,primario dell’Unità di Neuropsichiatria della Clinica San Giuseppedi Asti

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Troppo spesso la depressione non è diagnosticata oppure è mal trattata; si calcola chemeno del 50% dei pazienti con depressione siano riconosciuti come tali, e che di questimeno del 20% ricevano un trattamento appropriato. È quindi incalcolabile l’aumento deicosti personali e sociali.Lo stesso quadro sindromico può essere l’espressione di un disturbo primario dell’umore(alla cui espressione convergono fattori bio-psico-sociali) oppure la conseguenza di variecondizioni mediche o di trattamenti farmacologici non psichiatrici, la complicanza di unaltro disturbo psichiatrico (ad esempio disturbi d’ansia o della condotta alimentare) o didipendenza o astinenza da sostanze.Sia il riconoscimento sia la diagnosi di depressione si basano sull’attenzione ai fattori dirischio tanto quanto sulla ricerca di segni e sintomi chiave, e sull’anamnesi.I fattori di rischi includono:• Precedenti episodi depressivi• Anamnesi familiare positiva per disturbo depressivo• Precedenti anticonservativi• Sesso femminile• Età di comparsa prima dei 40 anni• Periodo post partum• Patologia medica associata• Perdita di supporto sociale• Eventi vitali stressanti• Presenza di abuso di sostanze

Esistono diversi quadri clinici della depressione. Oltre all’abbassamento del tonodell’umore possiamo osservare altri sintomi caratteristici quali il rallentamentopsicomotorio in cui i movimenti spontanei sono globalmente ridotti: l’andatura è lenta,trascinata, qualsiasi azione risulta difficile e richiede un notevole sforzo per essere portataa termine. Un profondo senso di astenia, prevalente nelle prime ore del mattino, rendeterribilmente faticoso l’inizio della giornata. Nelle forme più gravi si può verificare unvero e proprio blocco o arresto psicomotorio: il paziente giace a letto, mutacico, nonreagisce alle sollecitazioni ed è del tutto incapace di provvedere a se stesso.Sempre nella depressione possiamo osservare quadri di depersonalizzazione affettiva incui il paziente soffre per l’incapacità di provare sentimenti ed emozioni e la sensazione disvuotamento può essere così marcata da indurlo a ritenere di aver perduto i valori diriferimento in grado di dare significato alla propria esistenza. Sul piano cognitivo, lacompromissione delle prestazioni intellettuali, la sensazione di aridità affettiva e diinefficienza portano il paziente all’autosvalutazione, al disprezzo di sé, alla convinzionedella propria indegnità, talora accompagnati da un continuo ripensare a colpe ed errorilontani. Anche una sequela di sintomi vegetativi può caratterizzare il quadro clinico econfondere il medico. I pazienti, infatti, tendono a perdere gradualmente ogni interesseper il cibo che sembra loro privo di sapore. Si osserva anche la presenza di difficoltà

digestive e stitichezza dovute all’ipotoniaintestinale che spesso si associa al quadroclinico. L’insonnia angustia la vita di questipazienti e si manifesta con risvegli notturni,precoci o sensazione di non ristoro del sonno.Infine, nelle forme più gravi si osservanomanifestazioni deliranti con tematiche dipersecuzione, di rovina, di colpa che possonospingere il paziente a commettere gestiautolesivi. La mutevolezza e, talora, la gravitàdel quadro clinico, spesso reso ancora piùcomplesso dalla comorbidità medica epsichiatrica, in associazione alla grave disabilitàsociale e relazionale, fanno delle malattiedepressive un fenomeno clinico e sociale chenecessita di interventi terapeuticipluridisciplinari e integrati.

Il Dott. Carlo Rosso,corresponsabile dell’Unità di Neuropsichiatriadella Clinica San Giuseppedi Asti

La facciata della Clinica San Giuseppe di Asti

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La hall della Clinica San Giuseppe di Asti

Alcolismo e dipendenze Un’altra area clinica che contraddistingue il lavoro della unità di Neuropsichiatria è iltrattamento delle problematiche alcol-correlate e complesse (sostanze illegali, giocod’azzardo). È nozione scientificamente consolidata che i fenomeni legati all’uso disostanze psicoattive, legali e illegali, creano condizioni neuro-biologiche che hanno lecaratteristiche delle abitudini consolidate e degli automatismi ripetitivi.Il consumo di bevande alcoliche è da considerarsi un comportamento a rischio. L’alcol inquanto sostanza psicoattiva è in grado di alterare il comportamento dell’individuo esviluppare seri danni alla salute (patologie alcolcorrelate internistiche, neurologiche,psichiatriche), ma soprattutto si sviluppano problematiche in ambito relazionale, familiaree sociale. In ambito familiare si assiste spesso ad un elevato livello di conflittualità, fino almaltrattamento. Le dinamiche familiari risultano estremamente complesse: a volte lapersona che beve è quella su cui vengono riversate tutte le responsabilità e insoddisfazionirispetto ad obiettivi mancati, e tale comportamento non rappresenta altro che un sintomodi disagio, spesso di tipo relazionale. Le condizioni sociali risultano compromesse dallaperdita del lavoro, dall’emarginazione, dall’isolamento e dalla precarietà delle condizionidi vita. I costi sociali sono elevatissimi non solo in termini di ricoveri, ma per gli estesidanni che il fenomeno porta con sé.L’Organizzazione Mondiale della Sanità da molti anni ha posto l’accento sulle priorità, intermini di tutela della salute, rappresentate dall’incidenza e dalla prevalenza dei problemialcol-correlati individuando in particolare che:• Il carico globale di malattia trova l’alcol quale principale determinante di patologia nella

popolazione.• L’alcol etilico, anche a dosi non eccessivamente elevate, induce stati di disinibizione che

favoriscono comportamenti aggressivi e trasgressivi, determinando rischi perl’incolumità individuale e collettiva, soprattutto nel campo della sessualità, e dimaltrattamenti in famiglia con il coinvolgimento dei minori.

• Il consumo di alcol è uno dei fattori determinanti nella gestione della malattia mentale,sia in termini d’impostazione, sia di gestione dei trattamenti farmacologici sia, inoltre,per quanto riguarda la slatentizzazione di alcuni disturbi psichiatrici.

Sulla base di quanto indicato dalle linee guida - valutata l’incidenza e la prevalenza deiricoveri presso l’Unità di Neuropsichiatria di soggetti con problematiche alcolcorrelate(fisiche, famigliari, sociali, lavorative) misurate nel corso degli anni con una media del10% del totale dei ricoveri, collocandosi al terzo posto dopo i disturbi dell’umore e idisturbi psicotici - si è resa indispensabile l’individuazione di una metodologiad’intervento che garantisse la continuità di trattamento anche successivamente al periododi disassuefazione e sensibilizzazione al problema attuato nel corso del ricovero.Il metodo che maggiormente soddisfa i criteri di complessità è l’approccio ecologico-sociale. Tale approccio è frutto di una evoluzione metodologica iniziata nel 1954 ad operadel Prof. Hudolin, psichiatra croato, già consulente dell’OMS per le problematiche

alcolcorrelate e introdotta nel 1979 in Italia.Il metodo, pur non costituendo un trattamentopsicoterapeutico, trae spunto da modelliscientifici di matrice psicologica e sociologicaquali: l’approccio sistemico-familiare el’approccio di comunità.Il nucleo portante del metodo è costituito dalClub degli alcolisti in trattamento (CAT): uninsieme di famiglie, una comunità multifamiliareche grazie al confronto settimanale e al sostegnoreciproco permette il recupero di potenzialità erisorse delle singole persone.Il CAT è autonomo ed indipendente, aderisceall’Associazione regionale dei Club degliAlcolisti in trattamento ARCAT ed è parte dellacomunità locale costituendo un nodo della reteterritoriale al servizio della collettività.

La Dott.ssa Maura Garomboè coordinatrice delle attivitàpsicologiche dell’Unità di Neuropsichiatriadella Clinica San Giuseppedi Asti

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Differentemente da altri approcci il Club collabora con i Servizi Pubblici Territoriali inquanto costituisce un tipo di trattamento che spesso il Servizio di Salute Mentale, il Sert,i Servizi sociali e i Medici di base identificano come modalità d’intervento.Attualmente costituisce l’approccio più diffuso, a livello nazionale, nel trattamento deidisagi legati all’uso di sostanze alcoliche e alle nuove “dipendenze”. Attualmente inPiemonte sono attivi 280 Club e 2800 sono i Club attivi su tutto il territorio nazionale.Grazie a corsi di sensibilizzazione tenuti a Grado e a Firenze, in lingua inglese, il metodosi è diffuso ed è utilizzato in 32 paesi nel mondo.L’area psicologica dell’Unità di Neuropsichiatria, a partire dagli anni ’90, si è formataall’utilizzo di questa metodica attraverso la partecipazione al Corso di sensibilizzazionealle problematiche alcol-correlate e complesse e lo stesso metodo è oggetto di formazioneall’interno dei differenti tirocini post-laurea di psicologia. Tale formazione è stataproposta anche al corpo infermieristico.Durante il ricovero, oltre agli interventi dell’area clinica, quali la valutazione e iltrattamento della comorbidità psichiatrica, medica e la disassuefazione, si effettuanovalutazioni psicodiagnostiche, colloqui individuali e familiari finalizzati alla presa diconsapevolezza del problema e al sostegno delle difficoltà dell’individuo e della famiglia.L’elaborazione di un programma d’intervento da effettuare alle dimissioni viene elaboratodall’équipe nonché concordato con il paziente e la sua famiglia. Già nella fase di ricoverosi offre la possibilità di partecipare al Club con la propria famiglia.Qualora il nucleo familiare non risieda sul territorio si prendono contatti con altririferimenti regionali o nazionali affinché, grazie ad un corretto invio, la famiglia possacontinuare il percorso che ha già avviato nella struttura.Per dare continuità a quanto proposto durante la fase di ricovero a partire dal dicembre2004 sono stati creati 2 Club afferenti all’Unità, attualmente attivi, uno dei quali ha sedepresso la stessa Unità di Neuropsichiatria e accoglie 7 famiglie (Servitore-insegnante:dottoressa Stefania Musso, psicologa). Il secondo Club ha trovato ospitalità presso i localidell’oratorio della parrocchia di Santa Maria Nuova ed è formato da 3 famiglie(Servitore-insegnante: Iole Chiorra, infermiera).Tale attività viene effettuata in regime di volontariato. L’approccio prevede inoltre cicli dieducazione alla salute denominati Scuole Alcologiche Territoriali (SAT) destinate nonsolo alle famiglie in trattamento, ma alla collettività per stimolare una riflessione circa ilbere e le sue conseguenze.L’équipe svolge mensilmente una riunione di auto-mutua supervisione e partecipa alprogramma di formazione ed aggiornamento continuo organizzato a livello regionale enazionale.Dal 30 marzo 2007 la Clinica San Giuseppe è componente del CoordinamentoNazionale dei servizi pubblici e privati aderenti all’approccio ecologico-sociale

Il servizio dietro al test

diagnostico

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Per offrire ai pazienti un servizio caratterizzato da tempestività, accuratezza dei referti,qualità ed esami innovativi, il Gruppo Policlinico di Monza ha da tempo avviato unapartnership con il Centro Analisi Fleming di Brescia. A illustrare le modalità di questacollaborazione sono il Prof. Filippo Mortillaro, Responsabile del Laboratorio analisi delPoliclinico di Monza, e il dottor Luigi Lattuada, Direttore Responsabile di Laboratoriodel Centro Analisi Fleming.

Dottor Lattuada, cosa significa “Service di laboratorio”?“Per Service di laboratorio si intende tutto il servizio che sottende l’effettuazione dianalisi cliniche per strutture sanitarie quali Laboratori, Istituti di Cura privati e Ospedalipubblici. In altri termini significa: proposta sempre ampia di esami, accettazione e ritirodei referti, gestione logistica dei trasporti dei referti, analisi e successiva consegna. Per farequesto e per garantire l’alta qualità del servizio, i laboratori Fleming di Brescia, attiviormai da 30 anni, hanno messo a punto un notevole sistema logistico e informatico conl’utilizzo di un applicativo web, Labgate, in grado di accelerare notevolmente la fase diaccettazione degli esami, garantire refertazioni veloci, sempre monitorabili on line anchedagli utenti. Questa organizzazione conta su un organico di 300 collaboratori, oltre 70automezzi, con una media settimanale di 3.000 passaggi con trasporti refrigeratiottimizzati per materiali biologici, comunicazioni dirette fra gli automezzi e i laboratori,rotazioni giornaliere pianificate. Un servizio logistico-organizzativo attivo 6 giorni allasettimana per tutto l’anno”.

Prof. Mortillaro, cosa caratterizza la partnership?“Tra le due strutture esiste un’intesa ormai consolidata da anni di attività. Una sintoniache ha creato fiducia e capacità di lavorare in team. Siamo soddisfatti del rapporto che cilega. Il nostro servizio può essere completo grazie a questa partnership. Non solo. Inquesto tipo di attività il rapporto umano è essenziale. E con il Fleming possiamo contaresu un contatto costante tra dirigenti e tra direttori di laboratorio. Inoltre, va ricordatocome il Gruppo Policlinico di Monza conti numerosi presidi in Lombardia e inPiemonte: la Clinica Santa Rita a Vercelli, la Clinica San Gaudenzio a Novara, la ClinicaEporediese a Ivrea, la Nuova Casa di Cura Città di Alessandria, la Clinica La Vialarda diBiella, Istituto Clinico Salus in Alessandria e la Clinica San Giuseppe in Asti. Potercontare su un servizio costante in un’area così vasta significa essere in grado di offriregaranzie di qualità e coordinamento del servizio, anche nella lunga distanza, con rapiditàe accuratezza. E con la sicurezza che deriva dalla lunga esperienza del Fleming e per l’altolivello di organizzazione di cui dispone”.

Dottor Lattuada, come è organizzato il Centro Analisi Fleming?“Il nostro centro di analisi conta su una struttura in grado di operare a più livelli. In ambitolocale si rivolge agli utenti di Brescia e provincia avvalendosi di 3 laboratori certificati eaccreditati, 22 punti prelievo e 1 poliambulatorio multifunzionale. A livello nazionale offrea laboratori e strutture sanitarie pubbliche e private su tutto il territorio nazionale analisicliniche con un’ampia gamma di test diagnostici. La divisione Service Italia si avvale di 10sedi logistiche decentrate, serve circa 800 clienti al giorno in 600 località”.

Prof. Mortillaro, quali sono i valori aggiunti nel servizio che offre un Service dilaboratorio? “Il Gruppo Policlinico di Monza è un gruppo sanitario privato che per scelta aziendale sicaratterizza come Società Etica, ispirandosi a principi precisi, primo tra i quali, porre alcentro dell’attività l’uomo con i suoi bisogni sanitari. Il contatto diretto con il paziente loabbiamo noi medici. Gli esami diagnostici, nella sostanza, sono solo dati numerici, in sestessi possono dire poco o nulla. È essenziale analizzare la sintomatologia con i dati dilaboratorio. Per farlo si deve sfruttare l’intuizione del medico, il confronto con il pazientee con la propria esperienza. In questo senso il rapporto di sinergia tra Service e Istituto dicura è essenziale: se si nutre un dubbio è vitale decidere di rifare un esame, confrontarsisui dati, chiedere di accelerare la consegna di un referto in particolare. Quando in unService si incontra la totale disponibilità, accompagnata da un servizio ottimale in terminiefficienza e qualità, la partnership diventa vincente”.

Il servizio dietro al test

diagnostico

Il Dott. Luigi Lattuada,Direttore Responsabile di Laboratorio del Centro Analisi Fleming di Brescia

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Quali tipologie di esami siete in grado di offrire al Fleming? “Grazie alla rete di collaborazioni e partnership nazionali e internazionali il nostro Centroè in grado di soddisfare richieste di ogni tipo: ematologia, coagulazione, chimico clinica,citologia, istologia, tossicologia, microbiologia, biologia molecolare, autoimmunità,sierologia, citogenetica, allergologia, farmaci e droghe, intolleranza alimentare. Per fare un

esempio proprio sull’intolleranza alimentare, l’ultimo testdiffuso da Fleming è il test Higea. Una tipologia di analisirapida e non invasiva, in grado di individuare le intolleranzealimentari che infastidiscono la vita di numerose persone. Laprecisione del test è uno degli aspetti più innovativi: Higeaindica quali cibi siano da evitare ottenendo una diagnosi clinicadifferenziale. Basa i parametri di misurazione degli anticorpiIgG su standard internazionali rendendolo più attendibile econfrontabile con altri test. Per citare un altro esempio dinovità diagnostica che Fleming ha introdotto, come nuovoapproccio diagnostico, giudico notevolmente importantel’analisi integrata denominata GASTROPANEL: mediante unsolo prelievo è possibile dosare alcuni metaboliti e anticorpi chediagnosticano in maniera approfondita la presenza di gastrite, e

sono in grado di evidenziare se questa gastrite è determinata da Helicobacter o può avere,in alcuni casi, altre cause, evidenziando inoltre la gravità della gastrite e la sualocalizzazione a livello delle varie parti dello stomaco. Questo test può in molti casisostituirsi o essere propedeutico alla gastroscopia, coadiuvando correttamente il clinico. Ilaboratori Fleming sono quindi orientati al cliente eminentemente per quanto riguardal’organizzazione logistica e la produzione analitica, ma rappresentano un partner sempreall’avanguardia anche nella proposizione di nuovi test diagnostici”.

Nell'ambito dell'attività ambulatoriali del Dipartimento di Riabilitazione del Policlinicodi Monza, presso la sede di via Modigliani sono stati attivati due nuovi servizi clinici chevengono a completare quell'approccio globale al paziente che costituisce l'essenza dellamedicina riabilitativa.

L’incontinenza urinaria femminileIl primo concerne l'attività di riabilitazione dell'incontinenza urinaria femminile, e hacome obiettivo primario il miglioramento della qualità della vita delle persone affette dauna sintomatologia intrinsecamente sgradevole e spesso sottovalutata. Infatti l'uso dimezzi meccanici o del pannolino non risolve il problema e può rappresentare la via perinfezioni o irritazioni locali che possono portare ad ulteriori complicanze, mentrel'intervento chirurgico ha la sua validità e ragion d'essere in casi selezionati e a fronte diproblemi complessi, oppure dopo il fallimento della terapia conservativa. I dati pubblicatiin letteratura e le più recenti Cochrane reviews confermano che l'approccio riabilitativopermette, in un considerevole numero di casi, di risolvere l'incontinenza da disfunzionedel pavimento pelvico, che è la più frequente, sia nel post-parto che nella menopausa. Ilprogetto terapeutico riabilitativo si attua in media attraverso una decina di sedutefinalizzate al rinforzo e alla presa di coscienza della muscolatura perineale, sia attraversoesercizi con la terapista sia con tecniche di tipo feed-back ed elettrostimolazionecomputerizzata (sempre sotto controllo della terapista). I risultati sono notevoli, con unritorno all'assenza di perdite nella quasi totalità dei casi non complicati da altra patologia,con un buon recupero della funzionalità nei casi con complicanze quali il prolasso opregressi interventi chirurgici e, infine, con migliori sopportazione ed esiti nella situazionein cui sussista l'indicazione chirurgica. La visita specialistica effettuata dalla ginecologafacente riferimento all’équipe riabilitativa del Policlinico di Monza consente direttamentela formulazione del programma di riabilitazione previsto dalla normativa per l'accesso alleprestazioni riabilitative a carico del servizio sanitario regionale; in caso di visiteginecologiche effettuate presso altre strutture, la stesura del piano riabilitativo può essereeffettuata presso l'ambulatorio di medicina riabilitativa di via Modigliani con una corsiapreferenziale per gli appuntamenti.

Il Prof. Filippo Mortillaro,Coordinatore dei Servizi di Patologia del GruppoPoliclinico di Monza

Monza, laRiabilitazione

cresce

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Valutazione psicoriabilitativaLa seconda attività riguarda gli aspetti psicoemotivi che possono contribuire alla genesi ocomplicare la risoluzione delle patologie di interesse riabilitativo.La situazione di disabilità conseguente a patologie croniche invalidanti senza possibilità disuperamento della lesione non infrequentemente comporta conseguenze anche sulversante emotivo affettivo; questa constatazione è anche confermata da riscontri dellevisite presso l'ambulatorio di Medicina Riabilitativa del Policlinico di Monza. Nellamaggior parte dei casi la persona è comunque in grado di gestire la propria frustrazione o

tristezza senza ricorrere a specifici presidi farmacologici opsicodinamici. In una piccola ma non trascurabilepercentuale dei casi è invece opportuno il ricorso ad unsostegno specialistico ma, come è facilmente intuibile, siviene a creare una situazione in cui gli aspetti funzionalifisici si intrecciano con quelli psichici (per fare unesempio: “mi muovo con difficoltà e perciò divento triste,sono triste e ho meno voglia di muovermi: comeconseguenza meno mi muovo e meno mi muoverò e, dalpunto di vista psichico, più sono triste e meno mi muovo,meno mi muovo e più divento triste” generandosi così undoppio circolo vizioso). Per ovviare a questo inconvenientee soprattutto per poter sfruttare al massimo la sinergia e illavoro in team della riabilitazione, presso la struttura di viaModigliani si è aperto un ambulatorio per la valutazione

psichica a disposizione dei pazienti con patologie potenzialmente invalidanti osintomatologie apparentemente banali, ma fastidiose per la loro componente dolorosa (daipostumi di lesione del sistema nervoso alle cervicalgie passando per l'artrite reumatoide eil Parkinson, e così via). Lo scopo di questo servizio è offrire da una parte la possibilità diuna valutazione approfondita delle dinamiche psicologiche, dall'altra la possibilità di unamessa a punto di eventuali terapie così che, soprattutto nella popolazione che per motiviorganici assume politerapie farmacologiche, diventi possibile ottimizzare la terapiariducendo i tempi di somministrazione e i dosaggi di eventuali farmaci psicoattivi assuntidal paziente.

Accesso ai nuovi serviziPer l’Uroriabilitazione è necessaria una richiesta di visitaginecologica ambulatoriale presso il Policlinico di Monzao, se la visita è già stata effettuata presso un ginecologoesterno, la richiesta di visita fisiatrica per progettoriabilitativo: a questo punto viene stilato un progettoterapeutico e si prendono gli appuntamenti per le sedute diterapica. Le terapie sono a carico del Servizio SanitarioRegionale, alla paziente viene richiesto il pagamento delticket per visita.

Per la valutazione psicoriabilitativa è necessaria la richiestadi visita specialistica psichiatrica; rimane a carico delpaziente, se non esente, il ticket per visita specialistica.

Il Prof. Cesare Cerri (a destra), Direttore del Corso di Laurea di Medicina Fisica e Riabilitazionedell’Università di MilanoBicocca, con alcunicollaboratori

La Dott.ssa Savina Dipasquale,Psichiatra e Psicoterapeuta,consulente presso gli Ambulatori di Riabilitazione del Policlinico di Monza

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Clinica SalusAlessandria

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Alessandria

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Asti

Chirurgia generale, Chirurgia della mano, Chirurgia proctologica, Oculistica,Otorinolaringoiatria, Urologia, Medicina generale, Lungodegenza, Neuropsichiatria,Terapia intensiva

Via De Gasperi 9 - AstiTel. 0141 34385Dir. Sanitario: Dott.Giuseppe Veglio