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Periodico di informazione Riservato ai medici e agli operatori sanitari Giugno 2012, Anno 9 - N 25 In questo numero: L’Istituto Clinico Valle d’Aosta: una struttura in evoluzione 2 Focus medico sull’infertilità maschile 11 Tumori: al Policlinico di Monza anche un sostegno psicologico ai pazienti oncologici 15 Chemioterapia e trattamento del glioblastoma multiforme 17 Ortopedia a Ivrea 19 UN PROGETTO SEMPRE IN CRESCITA E’ trascorso oltre un anno dall’ingres- so del Gruppo Policlinico di Mon- za nell’Istituto Clinico Valle d’Ao- sta. Un lasso di tempo che ha visto la struttura crescere ed espandersi, sempre con il modello organizzativo delle struttu- re del Gruppo Policlinico di Monza che tramite un’organizzazione dipartimentale crea le condi- zioni per cui i servizi ruotino attorno al paziente e non viceversa. Così, dopo aver affrontato qualche tempo addietro il lancio di questa struttura, siamo tornati ad Aosta per raccontarvi, attraverso le pa- role dei professionisti che lavorano all’interno della clinica, che cosa è cambiato in questi mesi. E, ciò che è cambiato, lo ha fatto ovviamente in meglio. Scoprirete così una realtà fatta di espe- rienza di prim’ordine in campo medico, legata alla riabilitazione e alla chirurgia ortopedica. Ma an- che una realtà dotata di tecnologie che sono l’ulti- mo ritrovato in campo medicale e inserita in un pregevole contesto naturale quale quello dei mon- ti valdostani, in grado di coadiuvare perfettamen- te il recupero del paziente. Sempre in tema di or- topedia e riabilitazione parleremo poi della Clini- ca Eporediese e del congresso che ne ha celebrato i dieci anni di attività. Infine scopriremo impor- tanti contributi su problematiche come l’infertili- tà maschile e l’oncologia. Buona lettura. Il Presidente Gian Paolo Vergani

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Periodico di informazioneRiservato ai medici e agli operatori sanitari

Giugno 2012, Anno 9 - N 25

In questo numero:L’Istituto ClinicoValle d’Aosta: unastruttura in evoluzione 2Focus medicosull’infertilità maschile 11

Tumori:al Policlinico di Monzaanche un sostegnopsicologico ai pazienti oncologici 15

Chemioterapiae trattamentodel glioblastomamultiforme 17Ortopedia a Ivrea 19

UN PROGETTOSEMPRE IN CRESCITA

E’trascorso oltre un anno dall’ingres-so del Gruppo Policlinico di Mon-za nell’Istituto Clinico Valle d’Ao-sta. Un lasso di tempo che ha vistola struttura crescere ed espandersi,

sempre con il modello organizzativo delle struttu-re del Gruppo Policlinico di Monza che tramiteun’organizzazione dipartimentale crea le condi-zioni per cui i servizi ruotino attorno al paziente enon viceversa. Così, dopo aver affrontato qualchetempo addietro il lancio di questa struttura, siamotornati ad Aosta per raccontarvi, attraverso le pa-role dei professionisti che lavorano all’internodella clinica, che cosa è cambiato in questi mesi.E, ciò che è cambiato, lo ha fatto ovviamente inmeglio. Scoprirete così una realtà fatta di espe-rienza di prim’ordine in campo medico, legata allariabilitazione e alla chirurgia ortopedica. Ma an-che una realtà dotata di tecnologie che sono l’ulti-mo ritrovato in campo medicale e inserita in unpregevole contesto naturale quale quello dei mon-ti valdostani, in grado di coadiuvare perfettamen-te il recupero del paziente. Sempre in tema di or-topedia e riabilitazione parleremo poi della Clini-ca Eporediese e del congresso che ne ha celebratoi dieci anni di attività. Infine scopriremo impor-tanti contributi su problematiche come l’infertili-tà maschile e l’oncologia. Buona lettura.

Il Presidente Gian Paolo Vergani

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L’ISTITUTOCLINICOVALLED’AOSTA:SE SALUTE E NATURA SI INCONTRANO

Persino i valdostani, gente cir-condata 365 giorni l’anno dasplendidi paesaggi, “rimangonoimpressionati dalla bellezza delluogo”, assicura il Dott. Gian-

carlo Canale, responsabile anestesia, riani-mazione e terapia intensiva. L’Istituto Cli-nico Valle d’Aosta sorge sulla collina diSaint Pierre, alle porte di Aosta. Immersonel verde, a 700 metri di altitudine e ai pie-di delle montagne (dalle finestre delle ca-mere di degenze è possibile ammirare siauna splendida veduta su Aosta, così come ilprofilo del monte Grivola 3.969 metri dialtitudine), la clinica (che si estende su unasuperficie di 17.097 metri quadrati) è si-tuata in prossimità del Parco nazionale delGran Paradiso. Circondata da 9.000 metriquadrati di parco, è situata in un contestopaesaggistico incantevole. Provare per cre-dere. Un ambiente che garantisce la quietee il benessere anche ai pazienti che richie-dano periodi di degenza prolungati. L’Isti-tuto, convenzionato con il Servizio Sanita-rio Nazionale, infatti è nato nel 2009 con ilpreciso intento di assistere i pazienti in ri-abilitazione polifunzionale. Oggi la strut-tura offre sia un servizio di terapia fisica eriabilitazione (ortopedica, neuromotoria, diI livello), sia una parte dedicata alla chirur-gia ortopedica. L’Istituto è stato realizzato

LA STRUTTURA ORA OFFRE ANCHE UN’UNITÀ DI CHIRURGIA

NELLE FOTO L’INGRESSODELL’ISTITUTO CLINICOVALLE D’AOSTAE IL PANORAMA DI AOSTACHE SI GODE DALLECAMERE DI DEGENZA

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a misura di paziente e del personale medi-co-sanitario. Offre ospitalità ai degenti incamere doppie e triple, dotate di armadio,predisposizione per l’utilizzo di apparec-chiature multimediali. I posti letto disponi-bili sono: 64 per la riabilitazione, 16 per lachirurgia ortopedica, 3 per la terapia inten-siva. Inoltre l’area di degenza è strutturatain modo tale che vi sia una ridotta distanzatra la camera del paziente e la zona operati-va infermieristica. Il personale complessi-vamente impiegato è di 72 persone. All’in-terno della struttura il paziente e i suoi ac-compagnatori possono inoltre avvalersi disale ricreative, mensa, bar, bancomat e luo-go di culto. L’Istituto è raggiungibile inmodo efficace con mezzi di trasporto pub-blici e dispone di un parcheggio internocon 82 posti auto, di cui 6 riservati a porta-tori di handicap. In inverno è disponibileinoltre un servizio di sgombero neve. Esi-stono percorsi pedonali, privi di barriere ar-chitettoniche, che collegano la struttura el’area di sosta, con aree riservate a disabili ela fermata di servizio pubblico. La clinica,costruita secondo le più avanzate tecnolo-gie di risparmio energetico, è dotata di unimpianto solare termico e di un impiantofotovoltaico per la produzione di acqua cal-da e di energia elettrica. Un sistema di vi-deosorveglianza è attivo 24 ore su 24 con lapresenza di un responsabile dedicato.

L’ISTITUTO CLINICO VALLE D'AOSTA DISPONE DI 80 POSTI LETTO DI DEGENZAE 3 DI TERAPIA INTENSIVA

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UNA STRUTTURA IN CRESCITAI due punti di riferimento all’interno dellastruttura, ciascuno per il proprio settore, so-no il Dott. Luciano Rassat, direttore sanita-rio e primario di riabilitazione, e la Dott.ssaMaria Lavinia Saracco, direttore ammini-strativo. Il Dott. Rassat illustra come l’Isti-tuto Clinico Valle d’Aosta nell’ultimo annoabbia visto crescere la propria operatività. “Il2011, rispetto al 2010, ha registrato un buonincremento del numero di pazienti riabilita-tivi, con un aumento del 30%, per 732 rico-veri complessivi (di cui il 75% di carattereortopedico, il 20% di carattere neurologico eil 5% di riabilitazione estensiva). Nei primicinque mesi del 2012 il trend è sempre incostante incremento, un dato che ci confor-ta”. L’attività operatoria dal 1 marzo ai primigiorni del mese di giugno infatti ha registra-to ben 250 interventi. La grande novità del-l’ultimo anno è stata la costruzione delle saleoperatorie. La clinica oggi dispone infatti di2 sale operatorie, 1 sala risveglio (detta an-che reveille), 1 sala di terapia intensiva pe-rioperatoria, 1 zona per l’isolamento del pa-ziente. Altra, importante novità, è stata larealizzazione di un ascensore espressamentededicato ai pazienti, in modo tale, a inter-vento eseguito, da permettere di salire ai pia-ni di degenza senza dover transitare daglispazi comuni, garantendo così una maggiortranquillità e privacy al paziente. “A disposi-

LA TECNOLOGIA

Diagnostica per ImmaginiX-RAY PROTEUS GE MEDICAL SYSTEM ITALIA SPA PROTEUS XR/aTOMOGRAFIA ASSIALE COMPUTERIZZATA- TAC - GE MEDICAL SYSTEM ITALIA SPA LIGHTSPEED 8 SLICEPORTATILE PER RADIOGRAFIE PHILIPS PRACTIX 160SISTEMA MOBILE PER FLUOROSCOPIA GE MEDICAL SYSTEM ITALIA SPA BRIVIO 850

Laboratorio AnalisiCENTRIFUGA DA LABORATORIO MPW351 LABOINDUSTRIAROTATORE BASCULANTE 4X250ML LABOINDUSTRIABUCKET ML. 250 SET DA 4PZ LABOINDUSTRIARIDUTTORI DA 12 POSTI PER PROVETTE DA 5/7ML LABOINDUSTRIARIDUTTORI DA 8 POSTI PER PROVETTE DA 10ML LABOINDUSTRIAANALIZZATORE DI CHIMICA CLINICA EXPRESS INSTRUMENTATION LABORATORYCOAGULOMETRO GEM PCL PLUS INSTRUMENTATION LABORATORYCONTAGLOBULI COULTER ACT-DIFF INSTRUMENTATION LABORATORY

IN ALTO IL DIRETTORE SANITARIO DOTT. LUCIANO RASSAT.SOTTO LA RECEPTION

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zione abbiamo anche una centrale di steri-lizzazione e una frigoemoteca che posso abuon diritto definire di eccellenza”, sottoli-nea il Dott. Rassat. L’obiettivo e il ruolo del-la clinica è decisivo anche a livello regionale.“La finalità è arrestare l’emorragia di chi,valdostano, va a curarsi in altre Regioni –puntualizza il Dott. Rassat - La riabilitazio-ne in degenza era l’aspetto che prima man-cava a livello regionale, ed ora abbiamo an-che la chirurgia”. I pazienti degenti prove-nienti da altre regioni rappresentano già og-gi un dato importante: nel 2011 sono stati128, il 17,49% del totale.

LA DIAGNOSTICAL’Istituto Clinico Valle d’Aosta dispone diuna Sala RX dotata del sistema radiograficouniversale Proteus XR/A di GE Healthcare,in grado di eseguire qualunque studio radio-grafico, e di una Sala Tac attrezzata con laTac Lightspeed 8 slice di GE Healthcare.Inoltre è presente un laboratorio analisi cheviene impiegato sia in fase pre sia in fasepost operatoria. “Vi vengono effettuate leanalisi del sangue di emocromo completo,elettroliti, PT e APTT, azotemia – precisa ilDott. Rassat – Inoltre abbiamo a disposizio-ne il contatore globulare Beckman Coulter,che ci permette di ottenere in tempi imme-diati i risultati delle analisi dell’emocromo”.

IN ALTO UNA VEDUTA DEL PARCO DELLA STRUTTURASOTTO LA RX PROTEUS XR/A DI GE HEALTHCARE E LA TAC LIGHTSPEED 8 SLICE

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LA FASE PREPARATORIA: ANESTESIAIl Dott. Giancarlo Canale è il responsabiledegli anestesisti, della terapia intensiva e ri-animazione e coordina 5 anestesisti speciali-sti rianimatori. L’area denominata risveglio,dove i pazienti vengono preparati per entra-re in sala operatoria, è la zona dove vengonoeffettuate le anestesie e dove il paziente vie-ne monitorato a intervento eseguito. “L’areadispone di due letti, ciascuno dotato di mo-nitor, di prese per i gas medicali, di fonte diossigeno e di tutti i presidi sanitari necessariper poter operare in totale sicurezza, abbia-mo tutto quello che ci serve per ogni eve-nienza”, spiega il Dott. Canale. Viene privi-legiata una tecnica di anestesia “mista”. “Uti-lizziamo tecniche miste bilanciate tra ane-stesia periferica e anestesia generale in modotale da poter impiegare meno farmaci, cosic-ché il paziente sia più protetto dal punto divista antalgico nella fase post operatoria –puntualizza il Dott. Canale – Infatti è sem-pre meglio adottare entrambe le tecniche,perché così facendo il paziente nella fasepost operatoria potrà beneficiare di un mag-giore comfort”.

IN ALTO, L’AREA RISVEGLIO. SOTTO, UNA DELLE SALE OPERATORIEIN BASSO, IL PARCO DELLA CLINICA A DISPOSIZIONE DEI PAZIENTI

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LA FASE INTERVENTISTICA:CHIRURGIA ORTOPEDICANelle due sale operatorie della clinica ven-gono eseguiti 20 interventi alla settimana,dal lunedì al giovedì. “Le sale operatorie, di30 metri quadrati ciascuna, sono dotate diapparecchiature di ultima generazione – os-serva il Dott. Canale – I ventilatori Air Li-quide per esempio sono i più moderni a dis-posizione. Permettono infatti 3 tipologie diventilazione: manuale, assistita e controllata,ovvero a bassi flussi, che serve per econo-mizzare consumo e costi. I ventilatori sonodotati di vaporizzatore con Sevorane. Inol-tre le nostre sale operatorie garantiscono unricircolo dell’aria ottimale grazie ai flussi la-minari, il che ci consente di ottenere un am-biente più salubre possibile”. Le sale sonodotate di tutta la strumentazione e i presidisanitari necessari, compresi farmaci salvavi-ta, flebo e plasma expander (utilizzati al bi-sogno nelle trasfusioni dopo gravi emorragieo come sostituto del sangue). “Le prese deigas medicali sono situate su ogni parete del-la sala, il che ci consente di posizionare iventilatori dove ci è più utile”, specifica ilDott. Canale.Il Dott. Marco Patacchini è il responsabiledella chirurgia ortopedica. Dal mese di apri-le, per ampliare l’offerta, alla sua equipe si èaggiunta quella coordinata dal Dott. Pier-giorgio Castelli, responsabile del raggrup-

IN ALTO, I VENTILATORI FELIX AIR LIQUIDE.SOTTO, A SINISTRA, IL DOTT. GIANCARLO CANALE (ANESTESISTA)E, A DESTRA, IL DOTT. MARCO PATACCHINI (CHIRURGO)IN BASSO IN COMPAGNIA DELL’INFERMIERA CREUZA TEIXEIRA (A SINISTRA)E DELLA CAPOSALA LAURA MARIN (A DESTRA)

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pamento chirurgico della clinica La Vialar-da di Biella. “Eseguiamo interventi di chi-rurgia – spiega il Dott. Patacchini – tra cuil’intervento di ricostruzione della cuffia deirotatori della spalla in artroscopia ed ese-guiamo interventi di chirurgia protesica dianca e ginocchio. In 3 mesi abbiamo appli-cato più di 50 protesi, tra ginocchio e anca,un trend altissimo per la Val d’Aosta. Per lamaggior parte dei pazienti tendiamo co-munque a conservare il più possibile il le-gamento, evitando di intervenire in manie-ra invasiva. Il discorso è diverso invece pergli sportivi professionisti, che hanno altreesigenze. Operiamo più legamenti crociatiche menischi in artroscopia”. Il Dott. Pa-tacchini per eseguire gli interventi si avvaledella colonna artroscopica, dotata di tuttele apparecchiature necessarie. “Grazie almonitor non solo io posso guardare con lamassima precisione lo svolgimento e l’areadell’intervento, ma anche il paziente puòvedere in presa diretta quello che viene ese-guito – spiega il Dott. Canale – Secondouno studio giapponese i pazienti che guar-dano l’intervento che subiscono statistica-mente hanno possibilità di recupero più ra-pido rispetto a quelli che preferiscono nonguardare. Dalla nostra esperienza possiamoconstatare comunque che i pazienti chescelgono di assistere al proprio interventorimangono più sereni”.

IN ALTO, I CORRIDOI RISERVATI ALLE DEGENZE SONO STUDIATI PER FAVORIRE UNA MIGLIOREINTERAZIONE TRA I PAZIENTI E IL PERSONALE INFERMIERISTICO. SOTTO, IL PANORAMA VISIBILEDALLE CAMERE DI DEGENZA. IN BASSO, LA SALA BAR CON VISTA SUL PARCO

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LA FASE RIABILITATIVA: FISIOTERAPIAL’Istituto Clinico Valle d’Aosta mette a dis-posizione dei pazienti uno staff dedicato al-la fase riabilitativa composto da 9 fisiotera-pisti, coordinati dalla Dott.ssa Michela DeBona, 1 terapista occupazionale, la Dott.ssaElisa Empereur, 1 logopedista, la Dott.ssaLaura Mencio, 1 psicologa, la Dott.ssa Na-dia Pochintesta. Il primario è il direttore sa-nitario, il Dott. Luciano Rassat, coadiuvatodal Dott. Antonio Dell’Utri (fisiatra e spe-cialista in medicina dello sport) e dal Dott.Andrea Geminiani (ortopedico). La fase ri-abilitativa viene seguita nelle due palestrepresenti, una per piano, e nella piscina at-

trezzata per l’idrokinesiterapia. Le palestresono dotate di tutto ciò che serve per la ri-abilitazione: cyclette, tapis roulant, elettro-stimolatori e apparecchiature ad ultrasuoni.Il percorso di fisioterapia è modellato in ba-se alla tipologia di intervento subito dal pa-ziente.In special modo vengono distinti i percorsidi riabilitazione per pazienti ortopedici eneurologici. “Per i pazienti operati di prote-si al ginocchio la fisioterapia inizia subito,fin dal primo giorno successivo a quello del-l’intervento – spiega la Dott.ssa De Bona –In questo caso procediamo subito alla mo-bilizzazione del paziente, facendogli com-piere qualche passo. Per i pazienti inveceoperati di protesi d’anca è necessario ungiorno di riposo in cui la terapista occupa-zionale possa spiegare loro le precuazioni daadottare, le indicazioni e le controindicazio-ni. La fisioterapia in questo caso inizia dalsecondo giorno successivo all’interventochirurgico, con i primi movimenti effettuatistando in piedi oppure seduti sul letto. Do-podiché si passa alla riabilitazione vera epropria, che prevede 1 seduta al giorno delladurata di 70 minuti (composta da mobiliz-zazione, lavoro alla cyclette e rinforzo mu-scolare), a cui si aggiungono 3 sedute allasettimana di idrokinesiterapia da svolgere inpiscina (si lavora su cammino, equilibrio,tono muscolare)”. La piscina, lunga 6 metri

LE PALESTRE PER LA FISIOTERAPIA

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e larga 5, è attrezzata con tutti i dispositivinecessari a pazienti con difficoltà motorie.“Abbiamo a disposizione l’idromassaggio, lamodalità di nuoto contro corrente, che, tra-mite l’utilizzo di un particolare soffione,aiuta a rimuovere in maniera delicata le ci-catrici, l’acquabike, il tapis roulant, appositigalleggianti che aiutano il paziente a recu-perare la mobilità e un sollevatore per i pa-zienti con difficoltà motorie maggiori -puntualizza il Dott. Rassat – L’esercizio inacqua viene sempre seguito sotto strettocontrollo del fisioterapista. L’idrokinesitera-

pia favorisce il recupero dell’arto operato eserve per il rilassamento muscolare”. “L’atti-vità in piscina dà buoni risultati ed è utileanche per quei pazienti che hanno subitofratture ossee”, aggiunge la Dott.ssa De Bo-na. La durata media di riabilitazione per ipazienti ortopedici dura una ventina digiorni.Per i pazienti neurologici invece il percorsoè un po’ più lungo. “Per questa tipologia dipaziente, che rappresenta da noi tra il 15% eil 20% del totale, sono previste 2 sedute algiorno della durata di 60 minuti ciascuna difisioterapia – spiega la Dott.ssa De Bona –Più un’ora di fisioterapia occupazionale, cheè finalizzata al ripristino delle ADL, ovverole Activities of Daily Living: al pazienteviene reinsegnato a vestirsi, lavarsi e ad ef-fettuare tutte le attività quotidiane prima-rie. I pazienti in riabilitazione neurologicahanno inoltre a disposizione la logopedistae la psicologa. In qualche caso sono previsteanche sedute di idrokinesiterapia. Per questipazienti, a differenza degli ortopedici, sonopreviste attività anche di sabato. Se alla finedel percorso, che dura al massimo due mesi,il paziente non dovesse essere completa-mente autosufficiente, viene fatta una se-gnalazione al presidio sanitario di compe-tenza”.

IN ALTO, LA PISCINA DEDICATA ALLA IDROKINESITERAPIA.IN BASSO, LA VEDUTA DELLA STRUTTURA DELL’ISTITUTO CLINICO VALLE D’AOSTA

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INFERTILITÀ MASCHILE: LE CAUSEE LE TERAPIE PER CONTRASTARLA

Nel pieno rispetto del suo significato medico, siparla di sterilità in presenza di un’oggettiva in-capacità della coppia di ottenere una gravidan-za dopo 12 mesi di rapporti sessuali regolari esenza uso di metodi anticoncezionali; taluniautori estendono tale periodo sino a due anni.Da ciò si evince che la problematica vada af-frontata su entrambi i fronti, sia quello femmi-nile che quello maschile. Il tema che trattiamoin questa sede (dal punto di vista urologico conil Dott. Massimo Tura, responsabile dell’UnitàOperativa di Urologia del Policlinico di Mon-za, e da quello microvascolare con il Prof. Fran-cesco Giuseppe Albergati, direttore del Centrodi Microcircolazione del Policlinico di Monza)è quello dell’infertilità maschile.

L’INFERTILITÀ MASCHILE DAL PUNTO DI VISTA UROLOGICOSecondo uno studio condotto dal Prof. NielsErik Skakkebaek del 1994 l’infertilità ricono-sce per il 30-40% una causa maschile, per il 30-40% una patologia femminile, per il 20% unproblema di entrambi e per il restante 10-20%una causa sconosciuta. L’infertilità maschilenon è considerata una sindrome omogenea eben definita ed essa può essere determinata dacause: pretesticolari (mancata o ridotta produ-zione spermatica da inadeguata secrezione go-nadica), testicolari (patologie primitive del te-sticolo), post-testicolari (da ostacolato traspor-to lungo le vie spermatiche, da disturbi dell’eia-culazione, da alterata biofunzionalità nema-spermica). È importante elencare quali sono ifattori di rischio che possono influenzare nega-

tivamente per tutto l’arco della vita di un uomola sua capacità riproduttiva:

- Febbre, in quanto se per diverso tempo la tempe-ratura supera i 38,5° questa può alterare la sper-matogenesi per un periodo compreso fra 2 mesi e 6mesi successivi. - Farmaci, alcuni farmaci possono avere un effettosoppressivo sulla fertilità. L’arresto definitivo dellaspermatogenesi puo' essere causato dall’irradiazio-ne in zona genitale o da farmaci antitumorali. - Trattamenti chirurgici, alterazione temporaneadella spermatogenesi a causa di un grosso interven-to chirurgico che può durare da 3 a 6 mesi, ricor-dando che taluni interventi sull’apparato genitou-rinario possono provocare una riduzione definiti-va e permanente della fertilità. - Infezioni urinarie, episodi ricorrenti e tratta-menti inadeguati possono associarsi a danni testi-colari, epididimari e delle vie di trasporto con con-seguente scarsa o nulla qualità del liquido semina-le. - Malattie sessualmente trasmesse, possono rap-presentare un fattore di rischio per la fertilità.- Epididimite - Orchite post-parotitica - Varicocele, è una patologia presente sino al 35%degli uomini infertili e può essere abbastanza diffi-coltoso il suo riconoscimento all’esame obiettivo. Lapatologia è rappresentata dalla incompetenza dellavena spermatica a far progredire il sangue verso ilcuore con comparsa di vene varicose a carico delplesso pampiniforme del testicolo. - Criptorchidismo, ossia la ritenzione del testicolo,mono o bilaterale, influenza in maniera variabilela fertilità. La sua correzione precoce, chirurgica ofarmacologia, è ritenuta fondamentale per garan-tire la fertilità e per ridurre il rischio di tumore deltesticolo. - Traumi e torsioni testicolari, sono fattori di ri-schio soprattutto se accompagnati da danno direttodel testicolo.- Disfunzioni sessuali, rappresentate dell’eiacula-zione retrograda e dalla disfunzione erettile.

Tra gli altri fattori che incidono negativasmen-te sulla fertilità maschile dobbiamo ricordare:fumo, inquinamento, esposizione a sostanze

IL RESPONSABILEDELL’UNITÀ OPERATIVADI UROLOGIADEL POLICLINICO DI MONZADOTT. MASSIMO TURA

LA PATOLOGIA OSSERVATA DAGLI SPECIALISTI DEL POLICLINICO

SECONDO UNO STUDIO CONDOTTODAL PROF. NIELS ERIK SKAKKEBAEK DEL 1994L’INFERTILITÀ RICONOSCE PER IL 30-40% UNA CAUSA MASCHILE, PER IL 30-40% UNAPATOLOGIA FEMMINILE, PER IL 20% UN PROBLEMADI ENTRAMBI E PER IL RESTANTE 10-20% UNA CAUSA SCONOSCIUTA

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tossiche, abuso di alcol e uso di droghe. Ladiagnostica dell’infertilità maschile segue uniter specifico standardizzato rappresentato da:- Anamnesi e valutazione del fattore femminile - Esame obiettivo - Esame del liquido seminale - Ecocolordoppler scrotale - Ecografia transrettale della prostata, vescicole se-minali - Esami ematologici - Diagnostica genetica - Esami citologici e colturali su secreto prostatico - Diagnostica invasiva L’esame fondamentale risulta essere la valuta-zione dei caratteri qualitativi e quantitativi del-lo sperma ossia lo spermiogramma. Questorappresenta il punto di partenza o primo livelloe comprende la valutazione degli aspetti ma-croscopici (aspetto, viscosità, fluidificazione,volume, pH, ecc.) e microscopici (concentra-zione nemaspermica, concentrazione totale,pecentuale di motilità, morfologia, vitalità). Peruna corretta esecuzione dell’esame è necessarioosservare un corretto periodo di astinenza su-periore a 5 giorni; è inoltre consigliabile che ilcampione non venga raccolto in una sede di-versa da dove verrà analizzato. I più importantiparametri di riferimento dello spermiogrammasono: - Volume eiaculato ml >1.5 - Conta totale spermatozoi/ eiaculato > 39 milioni- Concentrazione nemaspermica/ml > 15 milio-ni/ml - Motilità totale (progressiva + non progressiva)>40%- Motilità progressiva >32%- Vitalità (spermatozoi vivi) > 58%- Forme normali > 4% - pH > 7.2 - Leucociti < 1x 106/ml Tale iter diagnostico fatto eseguire dallo spe-cialista andrologo può in molti casi, ma non intutti, portare a stabilire la causa dell’infertilità

maschile. Nel liquido seminale le anomalie chepiù frequentemente si possono evidenziare so-no: un basso numero di spermatozoi od Oligo-spermia; l’assenza totale di spermatozoi odAzoospermia; ridotta mobilità od Astenosper-mia; alterazioni della forma o Teratospermia.Oltre agli esami ematologici di routine si ag-giungono gli esami ormonali, indirizzati allavalutazione degli ormoni che stimolano la pro-duzione e talvolta gli esami genetici. L’Ecoco-lordoppler scrotale e l’ecografia prostaticatransrettale sono esami fondamentali con iquali si valutano la morfologia dei testicoli edella prostata, l’eventuale presenza di masse,noduli e infiammazioni. Ma soprattutto ciconsentono di fare una diagnosi accurata di va-ricocele o di prostatite. Nei casi in cui sia ri-scontrata la totale assenza di spermi nell’eiacu-lato o una severa riduzione è utile e talvoltafondamentale eseguire una Biopsia del testico-lo, che potrà non solo dimostrarci la eventualepresenza di spermatozoi nel testicolo stesso,ma darci la possibilità di prelevarne per utiliz-zarli in varie procedure di fecondazione assisti-ta. Inoltre la presenza di spermi maturi nel te-sticolo può indirizzare all’esecuzione di unaVescicolodeferentografia nell’intento di dimo-strare una causa ostruttiva a carico della via ditrasporto degli spermi. Parlando di terapia, l’o-biettivo del trattamento è quello di migliorarela qualità del seme del paziente. Il trattamentodella causa dell’infertilità maschile può deter-minare un aumento di probabilità di concepi-mento naturale. Laddove ciò non avvenga onon sia possibile serve comunque a migliorarela probabilità di successo delle tecniche di fe-condazione assistita o consentire di utilizzaretecniche meno complesse come ad esempiol’inseminazione uterina. Si stima che 1/3 degliuomini infertili, una volta sottoposto alle ade-guate cure, riesce ad avere una paternità natu-rale. Per gli altri aumentano le possibilità disuccesso della fecondazione assistita. In basealla gravità delle alterazioni, l’andrologo puòavvalersi di differenti trattamenti, dai più sem-plici ai più complessi. È importante sottolinea-re che anche i casi più ostinati possono esseresottoposti a terapia medica, infatti, perfino i ca-si che fino a pochi anni or sono avevano comeunica soluzione l’inseminazione artificiale dadonatore o l’adozione, oggi possono esseretrattati con successo mediante tecniche di mi-cromanipolazione. La terapia farmacologica èfinalizzata a correggere quelle alterazioni chehanno determinato l’infertilità non esistendo

UN TERZO DEGLI UOMINI INFERTILI, SOTTOPOSTOALLE ADEGUATE CURE, RIESCE AD AVERE UNAPATERNITÀ NATURALE. PER GLI ALTRI AUMENTANOLE POSSIBILITÀ DI SUCCESSO DELLA FECONDAZIONEASSISTITA. IN BASE ALLA GRAVITÀ DELLEALTERAZIONI, L’ANDROLOGO PUÒ AVVALERSI DITRATTAMENTI DAI PIÙ SEMPLICI AI PIÙ COMPLESSI

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una terapia univoca che aumenti la concentra-zione degli spermatozoi e ne corregga le ano-malie di forma. Ad esempio determinati or-moni vengono utilizzati con successo per com-battere l’ipogonadismo ipogonadotropo o do-po l’intervento di varicocele. Antibiotici ed an-tinfiammatori si usano nella terapia delle in-fiammazioni del testicolo e della prostata e gliantiossidanti (es. il coenzima Q10) che si uti-lizzano per migliorare la qualità dello sperma-tozoo. Nel caso in cui l’infertilità sia legata apatologie non suscettibili di approccio medicointerviene la chirurgia; questa è finalizzata allarisoluzione delle patologie come il varicocele,l’ostruzione delle vie genitali, cisti o malforma-zioni dell’utricolo prostatico. Se nonostante taliapprocci le caratteristiche dello sperma nonmiglirano a tal punto da determinare il conce-pimento, oggigiorno possono essere intrapresele tecniche di recupero degli spermatozoi chemirano alla risoluzione della forma patologicadefinita come Azoospermia. Tale forma a suavolta si può suddividere in Azoospermia secre-tiva (caratterizzata da azoospermia, atrofia te-sticolare ed elevati livelli di FSH) e Azoosper-mia ostruttiva (azoospermia, livelli FSH nor-mali e normale trofismo del testicolo). La for-ma congenita principale di azoospermiaostruttiva è l’assenza bilaterale dei dotti defe-renti CBAVD. Le tecniche più comuni di re-cupero degli spermatozoi dall’epididimo e daltesticolo sono: MESA (Microsurgical Epi-didymal Sperm Aspiration), PESA (Percuta-neous Epididymal Sperm Aspiration), TESE(Testicular Sperm Extraction), TESA (Percu-taneous Testicular Sperm Aspiration).

L’INFERTILITÀ MASCHILE DAL PUNTO DI VISTA MICROVASCOLARELa Microcircolazione ricopre un ruolo fonda-mentale in ambito andrologico per il delicatis-simo compito che hanno i piccoli vasi sangui-gni sia arteriolari che venulari nel favorire (“viserigendi”) e mantenere (“vis coeundi”) lo statodi rigidoerezione peniena. Ulteriori dati clinicie sperimentali indicano a chiare lettere che lamicrocircolazione è coinvolta anche nella ferti-lità e numerosi sono anche i dati bioptici in no-stro possesso che confermano questo impor-tante ruolo e mostrano quante e quanto estesesiano le modificazioni microvascolari presentinei microvasi dei testicoli in corso di varicocele.I primi dati evidenziati (pubblicati sul “Gior-nale Italiano di Andrologia”) di severe altera-

zioni microvascolari in pazienti con varicocelerisalgono al 1993, quando il Prof. Sergio Currie il Prof. Francesco Albergati misero in eviden-za che esistevano nette differenze tra soggettisani e pazienti con varicocele sia mono che bi-laterale. Un altro aspetto interessante fu anchequello che simili alterazioni riscontrate nel va-ricocele, ma di minore estensione, vennero evi-denziate in soggetti sani a costituzione “brachi-tipica-longilinea” che si sottoponevano a ripe-tuti “sforzi muscolari” a carico del torchio ad-dominale (ad esempio con il sollevamento pe-si) e in pazienti senza varicocele, ma con insuf-ficienza venosa anche di moderata intensità.Queste alterazioni non vennero mai riscontratein soggetti sani. Le conclusioni sono che laipossia microcircolatoria, ovvero la cronica ri-duzione del microflusso sanguigno, crea severiproblemi ai testicoli. A questo punto occorreperò aprire una piccola parentesi di tipo con-cettuale. Il varicocele è considerato come unamalattia predominantemente “monolaterale”sinistra e causa principale di infertilità maschi-le. Poiché sappiamo che la normale fertilitàpuò essere conservata anche con un solo testi-colo funzionante, ne consegue che l’infertilità ènecessariamente sinonimo di disfunzione testi-colare bilaterale. Per spiegare questo aspettosono state proposte due principali teorie per cuisi ritiene che, in primo luogo, il varicocele de-stro sia di difficile riconoscimento anche perragioni anatomiche vere e proprie dei vasi san-guigni coinvolti. In secondo luogo si pensa cheil varicocele destro può causare difetti ematici eossigenativi a carico del testicolo sinistro anche“sano”. Senza entrare nei dettagli complicatidelle leggi della fisica dei fluidi, il dato micro-circolatorio fondamentale è, in termini estre-mamente sintetici ed esplicativi, che in seguitoalla distruzione irreversibile delle valvole veno-se “ad una via”, che appunto garantiscono la co-stante unidirezionalità dello scorrimento delsangue quando sono perfettamente integre, sivengono a creare inizialmente gravi “turbolen-ze” a carico della colonna ematica endolumina-le cui seguono iniziali, reversibili e “localizzate”alterazioni endoteliali che danno origine a mi-crospasmi ed a piccolissime (ma ben riconosci-bili a livello microcircolatorio) microflebiti lo-cali.Poiché l’endotelio vicino alle zone di costanteriflusso venoso è costantemente sottoposto atale turbinoso scorrimento del sangue, “infor-ma” zone sempre più distanti di cellule endote-liali identiche del proprio stato di sofferenza e

IL DIRETTOREDEL CENTRODI MICROCIRCOLAZIONEDEL POLICLINICO DI MONZAIL PROF. FRANCESCOGIUSEPPE ALBERGATI

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le “preallerta”, nel senso che se il processo pato-logico di ristagno per distruzione delle valvoletende a durare più di quanto “sopportabile”queste cellule reagiranno esattamente comequelle già sofferenti, conducendo in tal modoalla formazione di microflebiti sempre più nu-merose e estese anche a zone distanti dal pro-cesso iniziale. Sulle microflebiti si verranno acreare delle microtrombosi venose con il risul-tato, in termini puramente “microidraulici”, di“chiusura” al passaggio del sangue in questi ca-pillari e di “iperpassaggio” in altri che devonosupportare e sopportare un sempre maggiore eabnorme incremento sia di quantità che diflusso ematico. A lungo andare anche altri fat-tori (ad esempio quelli cosidetti “chemiotatti-ci”) aggravano lo stato generale del microcirco-lo testicolare dirottandolo in una vera e propria“Microangiopatia da Stasi” (malattia da rista-gno dei piccoli vasi) a livello sia capillare vero eproprio che delle iniziali venule post-capillari,strutture anatomiche di vitale importanza poi-ché “cardine formativo” delle vene vere e pro-prie. Da notare che questi processi si ritrovanopresenti in quantità cinque volte maggiore neltesticolo con varicocele rispetto al testicolo sa-no. Il processo di “stasi” non si ferma alle solevenule, ma viene a coinvolgere, seppur in tempisuccessivi, anche le minuscole arteriose chehanno il delicato compito di fornire sangue alcapillare ed alle stesse venule post-capillari. Insintesi, il normale gradiente di pressione tra ilcomparto arteriolare e capillaro-venulare vienead essere completamente e irreversibilmentealterato fino alla vera e propria scomparsa deinormali valori di “microperfusione tissutale”,con il risultato finale che anche le arteriose si“sfiancano” e non sono più in grado di spingereadeguatamente e costantemente il sangue inavanti, processo che in microcircolazione pren-de il nome di “iposfigmia-asfigmia arteriolare”che è sinonimo di persistente ipossia. Ai nostrigiorni questi dati sembrano essere ulterior-

mente importanti, si considerino alcuni studiscientifici che evidenzierebbero che anche ilcosidetto “stress ossidativo” potrebbe rappre-sentare una delle molteplici cause di microan-giopatia da stasi oltre che di numerose altrepatologie a carico di cellule e tessuti, anche seper la verità le conclusioni su tali aspetti nonsembrano ancora del tutto univoche. Un’altraipotesi di coinvolgimento precocissimo del mi-crocircolo nel varicocele vedrebbe coinvoltauna severa alterazione dei normali “connettivi”testicolari (complicate strutture che “collegano”le cellule tra loro) proprio in virtù di studi effet-tuati in animali da esperimento ove si è vistoche l’iniziale incremento delle pressioni venosein seguito a una primitiva microangiopatia dastasi venulare proprio a livello del “plesso pam-piniforme” sarebbe in grado di far aumentare dicirca l’80% la pressione arteriolare precapillarenel tentativo di “forzare” questo blocco micro-circolatorio a monte, producendo un iniziale“allagamento” ulteriore di sangue che si ag-giungerebbe alla stasi già presente nelle venulepost-capillari e che darebbe origine a quella se-rie di eventi flebitico-trombotici descritti inprecedenza. Anche se questi dati attendono ul-teriori e più ampie conferme ed anche se oggiconcordiamo sul fatto che il varicocele rappre-senta una vera e propria “varice” a livello testi-colare, non bisogna mai dimenticare che inogni varice c’è un vaso sia “piccolo” che “gran-de” che soffre e che soffre perché inzialmente levalvole interne sono andate incontro a processiirreversibili di “incontinenza” non riuscendopiù a garantire una corretta circolazione venosaverso il cuore. Occorre non dimenticare maiche accanto ad un microvaso “sanguigno” c’èsempre un microvaso “linfatico” che ha al suointerno le medesime valvole che garantisconola normale direzione di scorrimento della linfa.Tutto quello che succede a livello circolatoriosanguigno si riverbera a livello circolatorio lin-fatico, tanto a livello degli arti inferiori quanto alivello dei testicoli. È quindi sempre più importante inquadrare lamalattia e pensare alle soluzioni, tenendo inconsiderazione sia l’aspetto più “macroscopico”che l’aspetto più “microscopico”, dal momentoche il primo funziona proprio perché il secon-do gli garantisce, istante per istante e per tuttala durata della nostra vita, la capacità di “conti-nuare a funzionare”.

È SEMPRE PIÙ IMPORTANTE INQUADRARELA MALATTIA E PENSARE ALLE SOLUZIONI, TENENDO IN CONSIDERAZIONE SIA L’ASPETTO PIÙ«MACROSCOPICO» CHE L’ASPETTO PIÙ«MICROSCOPICO», DAL MOMENTO CHE IL PRIMOFUNZIONA PERCHÉ IL SECONDO GLI GARANTISCELA CAPACITÀ DI «CONTINUARE A FUNZIONARE»

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LA DIAGNOSI DI UNA MALATTIA ONCOLOGICARAPPRESENTA PER LA PERSONA E PER LA SUAFAMIGLIA UNA PROVA ESISTENZIALE“SCONVOLGENTE”, CHE METTE IN DISCUSSIONEL’INDIVIDUO, I SUOI VALORI ESISTENZIALI, LA SUAPROGETTUALITÀ DI VITA; UN CAMBIAMENTO CHEPORTA INEVITABILMENTE A RIVEDERE RUOLI ERELAZIONI INTERNE. LA CRISI È RESA ANCOR PIÙ DOLOROSA DALLETRASFORMAZIONI DETERMINATE DAI TRATTAMENTIONCOLOGICI.

L’IMPORTANZA DELLA PSICOLOGIANELLA TERAPIA DEI TUMORI RARI

Ogni persona nel corso dellapropria esistenza si interrogapiù volte sul proprio domani.Quando siamo in piena salu-te, ad ogni età, cerchiamo il

modo di realizzare i nostri progetti di più omeno grande estensione. Da soli o con lepersone che amiamo pensiamo a ciò che cipossiamo attendere. Qualche volta, però,queste aspettative per il futuro sono improv-visamente annientate, cambiando completa-mente la nostra vita.La diagnosi di una malattia oncologica rap-presenta per la persona e per la sua famigliauna prova esistenziale “sconvolgente”, chemette in discussione l’individuo, i suoi valoriesistenziali, la sua progettualità di vita; uncambiamento di stato che porta inevitabil-mente a rivedere ruoli e relazioni interne.La crisi è resa ancor più dolorosa dalle tra-sformazioni fisiche determinate dai tratta-menti oncologici, che possono portare all’in-sorgenza di problemi sulla percezione dellapropria immagine corporea, dei rapporti dicoppia e sociali con peggioramento dellaqualità di vita.Ma non solo! Il paziente oncologico si trovaemarginato anche dalla società, che lo perce-pisce come se fosse già morto; allontanatodal lavoro o impossibilitato a praticarlo, si ri-trova spesso in una condizione di “inutilità” edi discriminazione.

Sia al lavoro che in famiglia, viene posto inuna posizione di dipendenza, alienato dalsuo precedente ruolo, estromesso da ogni re-sponsabilità. Tutto questo proprio nel mo-mento in cui ha più bisogno di sentirsi “nor-male”, di mantenere i rapporti con i Colle-ghi, la sua situazione lavorativa, il suo ruoloin famiglia per non trovarsi in solitudine e ri-cevere un sostegno non solo pratico, ma so-prattutto psicologico.Egli, perciò, mette in atto una serie di mec-canismi di difesa per elaborare i vissuti e leemozioni suscitati dalla malattia orientandola propria progettualità esistenziale, in modoche essa possa in qualche modo contenere lamalattia neoplastica e le angosce di morte adessa correlate.Parlare con i propri cari, con gli amici o conil personale sanitario delle proprie paure, an-sie, angosce di morte non è sicuramente untema semplice sia per il malato che per chi siprende cura di lui. Spesso perciò tali temivengono tralasciati ostentando ottimismoverso la guarigione, minimizzando la gravitàdella malattia o il disagio dato dai sintomi orinchiudendosi in uno stato depressivo senzaparole.La capacità che l’equipe di cura ha di farsicarico di queste problematiche, consideran-dole parte integrante del processo di cura, el’abilità del malato di confrontarsi anche suaspetti intimi della propria vita e di utilizzaretutte le fonti di aiuto a sua disposizione, per-mette di superare tali problematiche e di ri-appropriarsi della propria vita.Spesso questo avviene attraverso cambia-menti così significativi da trasformare la crisilegata al cancro in una opportunità di cresci-ta personale.Il confronto e la condivisione con chi ha af-frontato precedentemente l’esperienza delcancro ed ha sviluppato una sensibilità parti-colare, specie all’impatto psicologico che taleesperienza ha nella vita delle persone, rap-presenta una risorsa significativa nel percorsodi riadattamento dopo il cancro. Detto ciò,risulta evidente l’importanza per il pazientedi essere accolto e supportato non solo dai

UNO STUDIO I.T.M.O. SUI RISVOLTI UMANI DELLA MALATTIA

LA DOTT.SSA CARMEN RUSCA(PSICOLOGA)E LA DOTT.SSA NADIA BIANCO(MEDICO ONCOLOGO).ENTRAMBE FANNO PARTEDELL’EQUIPE DELL’ISTITUTODI ONCOLOGIADEL POLICLINICO DI MONZA

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suoi familiari, ma anche dalle strutture ospe-daliere che devono offrire un clima sereno erassicurante.E’ pensando al nostro paziente con le sue dif-ficoltà, drammi e preoccupazioni che abbia-mo sviluppato un progetto nato dall’esigenza

di individuare le problematiche psicosociali erelazionali, che si sviluppano soprattuttoquando ci si trova di fronte ad una diagnosidi tumore “raro”, una malattia grave e in que-sto caso anche poco comune, meno cono-sciuta e “purtroppo” incontrata all’internodella propria vita!L’Istituto di Oncologia del Policlinico diMonza, diretto dal prof. Emilio Bajetta, è ilteatro all’interno del quale tutti gli attori me-dici oncologi (Nadia Bianco, Laura Catena,Monica Valente, Palma Giglione, FernandaBellomo), la psicologa (Carmen Rusca), ilchirurgo (Massimiliano Nicolosi), la radiote-rapista (Michela De Santis), lo statistico(Eugenio Novelli), le assistenti alla ricerca(Maria Luisa Varcasia e Carmela Turco) etutto il supporto informatico insieme ai pro-tagonisti (i nostri pazienti e le loro famiglie)avranno modo di esprimersi e di migliorarsi.Il Gruppo I.T.M.O. (Italian Trials in Medi-cal Oncology), quale promotore di tale pro-getto, con la sua ampia esperienza in ambitodi ricerca scientifica, patrocinato daCE.RI.CA. (Centro ad Alta Specializzazio-ne per lo Studio e la Cura dei Carcinoidi edei Tumori Neuroendocrini), FondazioneGiacinto Facchetti e con la preziosa collabo-razione della Prof.ssa Emanuela Saita, delDipartimento di Psicologia della Salute del-l’Università Cattolica del Sacro Cuore diMilano, ha reso fattibili le idee di strutturareun percorso di gruppo in questa direzionespecifica.Questo prevede una serie di incontri tra i pa-zienti e i loro familiari guidati dallo staff pro-fessionale coinvolto.Un percorso che accomuna tutti, dal pazienteai parenti fino allo staff curante, nel segno diuna malattia chiamata “cancro”. Il percorso in gruppo, che verrà propostodall’Istituto di Oncologia del Policlinico diMonza, unirà in sé sia la possibilità per il pa-ziente e i suoi familiari di trovare uno spaziodi comunicazione e confronto sulla malattia,sia un occasione per esplorare, in un ambien-te protetto, le proprie paure e angosce al finedi migliorare l’adattamento alla malattianeoplastica e il benessere generale del pa-ziente. Inoltre, sarà un ottima occasione, anche per ilpersonale medico e sanitario, di avvicinarsiancor più al mondo del paziente e trovareuno spazio protetto dove ascoltare e rifletteresui propri vissuti.

IL PAZIENTE SPESSO SI TROVAEMARGINATO DALLA SOCIETÀNEL MOMENTO IN CUI INVECEHA MAGGIOR BISOGNODI SUPPORTO PSICOLOGICO.SOTTO, IL DIRETTORE CLINICOE SCIENTIFICO DELL’IDOPROF. EMILIO BAJETTA

IL PERCORSO IN GRUPPO, CHE VERRÀ PROPOSTODALL’ISTITUTO DI ONCOLOGIA DEL POLICLINICODI MONZA, UNIRÀ IN SÉ SIA LA POSSIBILITÀPER IL PAZIENTE E I SUOI FAMILIARI DI TROVAREUNO SPAZIO DI COMUNICAZIONE E CONFRONTOSULLA MALATTIA CON LO STAFF CURANTE, SIA UN OCCASIONE PER ESPLORARE, IN UN AMBIENTE PROTETTO, LE PROPRIE PAUREE LE PROPRIE ANGOSCE.

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TRATTAMENTODELGLIOBLASTOMAEDEFFICACIADELLACHEMIOTERAPIA

LLa sopravvivenza del gliobla-stoma, il più maligno dei glio-mi cerebrali, non è di moltocambiata negli ultimi cinquan-t’anni: 6 mesi dopo chirurgia,

12 mesi dopo chirurgia + radioterapia e 14mesi con l’associazione della chemioterapia.La mancata efficacia di questa è legata a di-versi fattori come la policlonalità del tumo-re, la mancanza di antigeni specifici, la suamodalità di invasione, ma soprattutto allaresistenza delle cellule tumorali. La resistenza cellulare è stato dimostratoessere secondaria alla staminalità di unacerta popolazione cellulare del tumore. Sitratta delle cellule staminali tumorali chesono proliferanti, auto-riproducentesi, clo-nogenetiche e tumorigenetiche. Trapiantatein topi riproducono il tumore. La resistenzacellulare è dovuta anzitutto all’incapacità dimolti composti di superare la barriera ema-to-encefalica (BEE) e poi sostanzialmenteall’espressione del sistema ABC (ATP-bin-ding cassette) e cioè a quel sistema che re-gola nelle cellule la pompa di efflusso cheha la capacità di estrudere il composto che-mioterapico. Esso è rappresentato sostan-zialmente da MDR1, MRP1 e ABCG2.Questo sistema sarebbe attivo non solo nel-le cellule tumorali, ma anche in quelle en-doteliali nella BEE. Altri sistemi che si af-

fiancano sono quelli relativi alla riparazionedel danno al DNA prodotto dai chemiote-rapici alchilanti come la O6-metilguanina-DNA metiltransferasi (MGMT) che ri-muove il metile dalla posizione O6 dellaguanina e il PARP.1 (Poli[ADP-ribosio]polimerasi 1). Danni al DNA sono oggetto di un signa-ling attraverso un complicato meccanismodi sensori e di effettori che conduce alla ri-parazione del DNA o alla morte cellulareper apoptosi. E’ chiaro che la riparazionedel DNA ha un significato sfavorevole neltumore, perché si oppone all’effetto che-mioterapico, mentre l’apoptosi ha un signi-ficato favorevole, perché conduce all’arrestoproliferativo. Lo schema della cascata dieventi molecolari, tratto da Kastan e Bartek(2004) è:

dove i DSB rappresentano i double strandbreaks del DNA.L’intera cascata degli eventi molecolari, ri-ferita alla Temozolomide, includente la ri-parazione e il danno al DNA è riportatanelle figure 1 e 2.

LE ULTIME RICERCHE DEL CENTRO DI NEUROBIONCOLOGIA

IL PROF. DAVIDE SCHIFFER,DIRETTORE DEL CENTRODI RICERCA INNEUROBIONCOLOGIADELLA CLINICA SANTA RITADI VERCELLI

SOTTO, MODIFICATO DASARKARIA ET AL, 2008.MODIFICATO DABOLDERSON ET AL, 2009.

FIGURA 1 FIGURA 2

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Nel primo schema alcuni step funzionanocome sensori del danno (ATM, istoneγH2AX, 53BP1) e altri come effettori ver-so apoptosi o riparazione (Chk2, etc,). In linea generale, quando un composto che-mioterapico attacca le cellule tumorali, puòavere un effetto “citotossico” o “genotossico”a seconda che danneggi irreversibilmente lacellula o il suo DNA soltanto. Il primoevento si mette in evidenza con la mortedelle cellule e il secondo con la frammenta-zione del suo DNA. In coltura in vitro dicellule tumorali staminali di glioblastoma,la morte delle cellule si evidenzia con la loroconta o con il test della LDH (lattico-dei-

drogenasi), mentre la genotossicità si evi-denzia con il comet assay, che consiste nelsottoporre ad un campo elettrico il DNAche in caso di frammentazione si sfarina inuna coda, donde il nome.Attualmente presso il nostro Centro è incorso uno studio sulla resistenza delle cellu-le di glioblastoma ad alcuni chemioterapiciche va dal loro passaggio attraverso la BEE,alla messa in funzione della cascata di fig. 1e 2 e al rilievo della morte cellulare o alla ri-parazione del DNA. Questo è riferito nonsolo ai chemioterapici, come la Doxorubici-na, un agente intercalante, e la Temozolo-mide, un agente alchilante attualmente usa-to in clinica, ma anche al blocco di vie mo-lecolari regolatrici della proliferazione cel-lulare mediante inibitori specifici o con deisiRNA (silencing RNA).Lo studio è condotto su linee cellulari pro-venienti da campioni di glioblastoma ope-rati, espresse come “neurosfere” o “celluleaderenti”, rappresentanti le cellule staminalitumorali. La fig. 3 mostra cellule staminali che espri-mono positività per sensori ed effettori del-lo schema della fig. 1, mentre la fig. 4 mo-stra la formazione della coda di DNA perazione della Temozolomide nel test del co-met assay. In questa fase dello studio stiamo valutandoil complesso dei sensori e degli effettori del-la cascata della DNA repair in tre modi:contando le cellule morte con il Tripan blu,evidenziando gli step della cascata con deglianticorpi in immunoistochimica e immu-nofluorescenza e applicando il comet assay.Abbiamo osservato a quali concentrazioni econ quali tempi di azione del chemioterapi-co muoiono le cellule, si evidenziano glistep e si positivizza il comet assay. Osserva-zioni preliminari dicono che la Doxorubici-na agisce con dosi più basse e più efficace-mente della Temozolomide e che quest’ulti-ma richiede tempi più lunghi di azione esoprattutto che vi può essere una dissocia-zione fra l’azione citotossica e quella geno-tossica che in genere si verifica a concentra-zioni più basse e con tempi più brevi. Que-ste informazioni sono di grande aiuto nel-l’applicazione clinica dei composti.Quanto è stato esposto è stato recentemen-te presentato al Congresso Europeo diNeuropatologia tenutosi a Edimburgo il 6-9 giugno 2012.

ATTUALMENTE PRESSO IL CENTRO RICERCHEDI NEUROBIONCOLOGIA DELLA FONDAZIONEPOLICLINICO DI MONZA È IN CORSO UNO STUDIOSULLA RESISTENZA DEI GLIOBLASTOMIAD ALCUNI FARMACI CHEMIOTERAPICI CHE VADAL LORO PASSAGGIO ATTRAVERSO LA BARRIERAEMATO-ENCEFALICA, ALLA MESSA IN FUNZIONEDELLA CASCATA DI EVENTI MOLECOLARIFINO AL RILIEVO DELLA MORTE CELLULAREO ALLA RIPARAZIONE DEL DNA.

FIGURA 3

FIGURA 4

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COLLABORAZIONE PUBBLICO-PRIVATOAL SERVIZIO DELLA FORMAZIONE

Idieci anni di chirurgia ortopedica allaClinica Eporediese di Ivrea sono staticelebrati in grande stile. A tenere lefila dei festeggiamenti, manifestaticon un congresso dedicato lo scorso

26 maggio all’Istituto Salesiano CardinalCagliero, il Dott. Angelo Bertelli, responsa-bile dell’Unità Operativa di Ortopedia all’E-porediese. Bertelli è approdato all’Eporedie-se nel lontano 2002, quindi ha visto la nascitadell’equipe chirurgica e tutte le sue evoluzio-ni. Il congresso “Novità in chirurgia ortope-dica”, che godeva dell’accredito Ecm grazieall’organizzazione dell’ISFAI (Istituto Supe-riore di Formazione per Aziende e Imprese)del Gruppo Policlinico di Monza, si è apertoaffrontando i temi principali del futuro dellachirurgia ortopedica. “Abbiamo parlato – haspiegato Bertelli – dei principali argomentiche riguardano l’ortopedia attuale a livellochirurgico”. Così si è discusso soprattuttodelle tre branche della chirurgia ortopedica:la chirurgia della spalla, la chirurgia dell’ancae la chirurgia del piede. Quest’ultima è pro-prio uno dei vanti della Clinica Eporediese.“Proprio a partire da quest’anno – ha infattiricordato il Dott. Bertelli – abbiamo inaugu-rato un corso pratico di chirurgia del piede.Ma non solo. Qui all’Eporediese di Ivrea ab-biamo anche dato vita a un teaching sul lega-mento crociato. Tutti progetti che hanno go-duto di molti consensi da parte dei professio-nisti”. Il congresso si è aperto con una “lectiomagistralis” tenuta dal Professor FrancescoPipino, una delle punte di diamante dell’e-quipe ortopedica del Gruppo Policlinico di

Monza. Pipino ha affrontato il tema dellachirurgia protesica ripercorrendo passo dopopasso la sua storia fin dagli albori della spe-cialità.Al termine è iniziata una tavola roton-da che ha visto nuovamente affrontare leprincipali tematiche e problematiche dellachirurgia ortopedica. L’incontro ha avuto co-me moderatore un ospite d’eccezione come ilDott. Paolo Ghiggio. Quest’ultimo, Diretto-re della SOC di Ortopedia e Traumatologiadell’Asl Torino 4 del Piemonte - zona diIvrea e Cuorgnè dal 2006 a tutt’oggi, è statonel corso della sua carriera autore di oltre 80pubblicazioni scientifiche inerenti l’ortope-dia e traumatologia e in particolare la chirur-gia della mano.”La presenza del Dott. Ghig-gio – spiega ancora Bertelli – è la dimostra-zione di una fruttuosa collaborazione sul no-stro territorio tra la sanità pubblica e la sanitàprivata. Una collaborazione sottolineata an-che dalla presenza al nostro congresso delSindaco di Ivrea, Carlo Della Pepa”. Un’ulte-riore “tavola rotonda” è quella che si è tenutain relazione al trattamento ed al recupero dellegamento crociato anteriore nei calciatoriprofessionisti. Un tavolo di lavoro che ha vi-sto la partecipazione di tutti i medici socialidelle squadre calcistiche di serie A, B e C delPiemonte. Erano quindi presenti i responsa-bili sanitari di squadre come Juventus, Nova-ra e Torino. Tutte “vecchie conoscenze” delDott. Bertelli, che proprio insieme allo staffmedico del Novara Calcio ha dato vita allaSpimec, la Società piemontese medici delcalcio. “Abbiamo affrontato – ha poi dettoBertelli – soprattutto le novità nel campo delrecupero dei giocatori, che ovviamente sonopazienti esigenti”. I convegni della Spimec,tra l’altro, proseguiranno anche nei prossimimesi con cadenza quadrimestrale e le riunio-ni si terrano alternativamente al Centro diMedicina dello Sport di Torino piuttosto chenel Centro Sportivo di Novarello, sede di al-lenamento del Novara Calcio. Durante l’in-contro si è anche tenuto un’intervento delDott. Clemente Ponzetti, relativo alle pro-blematiche giuridico-legali connesse con lachirurgia ortopedica.

IL DOTT. ANGELO BERTELLIRESPONSABILEDELL’UNITÀ OPERATIVADI ORTOPEDIAALLA CLINICA EPOREDIESEDI IVREA

UN SUCCESSO IL CONGRESSO ORTOPEDICO DELL’I.S.F.A.I.

«LA PRESENZA AL NOSTRO CONGRESSODI PROFESSIONISTI COME IL DOTTOR PAOLOGHIGGIO, AUTORE DI SVARIATE PUBBLICAZIONIE DEL SINDACO DI IVREA, CARLO DELLA PEPA, HA SOTTOLINEATO LA FRUTTUOSACOLLABORAZIONE SUL TERRITORIO TRA LA SANITÀPUBBLICA E LA SANITÀ PRIVATA»

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Clinica Salus Alessandria

Policlinico di Monza - Via Amati, 111 - 20052 Monzawww.policlinicodimonza.itUfficio Stampa e coordinamento redazionale:Tel. 039/2810618www.policlinicodimonza.it

Anno IX numero 25 - Giugno 2012Autorizzazione del Tribunale di Monza n. 1724 del 5 marzo 2004Direttore responsabile: Marco PirolaStampa: Novarello Servizi, Vercelli Progetto grafico: Marco MicciImmagini: Policlinico di Monza

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Via Bruno Buozzi 20 - Alessandria - Tel. 0131 314500www.nccalessandria.itDir. Sanitario: Dott. Alfredo Lamastra

Via Ramella Germanin 26 - BiellaTel. 015 35931www.lavialarda.itDir. Sanitario: Dott. Roberto Terzi

LO/0200/2008