IL MOBBING - Punto di vista giuridico-

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Il mobbing nel diritto del lavoro INDICE 1. UN PO' DI STORIA............................1 1.1. IL FENOMENO........................................5 1.1.a) TIPOLOGIE DI MOBBING............................................................................ 11 1.1.b) LE FASI DEL MOBBING................................................................................ 14 1.2. LA VALUTAZIONE DEL FENOMENO........................19 2. DISEGNI E PROGETTI DI LEGGE............23 2.1. ATTUALE QUADRO NORMATIVO IN ITALIA.................24 2.1.a) PROGETTI DI LEGGE SULLA PREVENZIONE E REPRESSIONE DEL MOBBING................................................................................................................ 27 ELENCO DEI PROGETTI DI LEGGE................................30 2.2. QUADRO NORMATIVO EUROPEO...........................34 2.3. CONCLUSIONE................................................................................................ 38 3. LA GIURISPRUDENZA ITALIANA..............40 3.1. ALCUNE SENTENZE....................................43 4. PREVENZIONE DEL MOBBING.................48 5. CONCLUSIONE.............................54 1

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Il mobbing nel diritto del lavoro

INDICE

1.

UN PO' DI STORIA..........................................................................1

1.1. IL FENOMENO........................................................................................................5

1.1.a) TIPOLOGIE DI MOBBING..............................................................................11

1.1.b) LE FASI DEL MOBBING.................................................................................14

1.2. LA VALUTAZIONE DEL FENOMENO...............................................................19

2. DISEGNI E PROGETTI DI LEGGE.........................................23

2.1. ATTUALE QUADRO NORMATIVO IN ITALIA................................................24

2.1.a) PROGETTI DI LEGGE SULLA PREVENZIONE E REPRESSIONE DEL

MOBBING....................................................................................................................27

ELENCO DEI PROGETTI DI LEGGE.....................................................................................30

2.2. QUADRO NORMATIVO EUROPEO....................................................................34

2.3. CONCLUSIONE...................................................................................................38

3. LA GIURISPRUDENZA ITALIANA........................................40

3.1. ALCUNE SENTENZE.............................................................................................43

4. PREVENZIONE DEL MOBBING.............................................48

5. CONCLUSIONE.........................................................................54

BIBLIOGRAFIA.............................................................................55

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Il mobbing nel diritto del lavoro

1. UN PO' DI STORIA

Definizione- Il termine mobbing è stato coniato agli inizi degli anni settanta

dall'etologo Konrad Lorenz per descrivere un particolare comportamento di alcune

specie animali. Il termine, proveniente dalla lingua inglese e dal verbo «to mob»

(attaccare, assalire), è mediato dall'etologia e si riferisce al comportamento di

alcune specie animali, solite circondare un membro del gruppo per allontanarlo. In

quanto derivato dallo studio sui comportamenti degli animali, il mobbing è

indubbiamente un fenomeno selettivo naturale. Chi non si integra nel sistema, chi

è semplicemente diverso dal contesto in cui è inserito viene avvertito come una

minaccia, perché «altro» rispetto a sé stessi; di qui la necessità di espellerlo o

metterlo nelle condizioni di auto-espellersi. Dal punto di vista sociologico,

nell'ottica dell'impresa, il mobbing viene considerato come un impatto su un

modello organizzativo gerarchizzato, conseguenza del pressing esercitato su un

dipendente per isolarlo ed escluderlo; dal punto di vista medico, nell'ottica del

lavoratore, viene considerato una lesione all'equilibrio psico-fisico, conseguenza

del sopracitato «pressing».

Il primo a parlare di mobbing quale condizione di persecuzione psicologica

nell'ambiente lavorativo, è stato, alla fine degli anni ottanta, lo psicologo svedese

Heinz Leymann, che lo definiva come una comunicazione ostile e non etica,

diretta in maniera sistematica da parte di uno o più individui generalmente contro

un singolo che è progressivamente spinto in una posizione in cui è privo

d’appoggio e di difesa e lì relegato per mezzo di ripetute e protratte attività

mobbizzanti. Leymann ha espressamente affermato: «In caso di conflitto, le azioni

che hanno la funzione di manipolare la persona in senso non amichevole, si

possono distinguere in tre gruppi di forme di comportamento. Un gruppo di azioni

verte sulla comunicazione con la persona attaccata. Un altro gruppo di

comportamenti punta sulla reputazione della persona, utilizzando strategie per

distruggerla. Infine le azioni del terzo gruppo tendono a manipolare la prestazione

della persona per punirla. Alcuni di questi comportamenti si possono trovare nella

comunicazione umana quotidiana o durante casuali litigi. Solo se queste azioni

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vengono compiute di proposito, frequentemente e per molto tempo, si possono

chiamare mobbing»1.

Nel giro di pochi anni il lavoro di questo gruppo ha trovato consensi in tutta

Europa: dapprima in Germania2, quindi in Francia e, da qualche anno, anche in

Italia3.

L'associazione contro lo Stress psico-sociale e il Mobbing, fondata in Germania

nel 1993, lo definisce ufficialmente così: «...Una comunicazione conflittuale sul

posto di lavoro tra colleghi o tra superiori e dipendenti nella quale la persona

attaccata viene posta in una posizione debolezza e aggredita direttamente o

indirettamente da una o più persone in modo sistematico, frequentemente e per

un lungo periodo, con lo scopo e/o la conseguenza della sua estromissione dal

mondo del lavoro. Questo processo viene percepito dalla vittima come una

discriminazione».

In Italia si inizia a parlare di mobbing solo negli anni novanta grazie allo psicologo

del lavoro Harald Ege4, che delinea il fenomeno come «una forma di terrore

psicologico sul posto di lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e

vessatori ripetuti, da parte di colleghi o superiori» attuati in modo ripetitivo e

protratti nel tempo per un periodo di almeno sei mesi. In seguito a questi attacchi

la vittima progressivamente precipita verso una condizione di estremo disagio, che

1 Cfr. Heinz Leymann, The contest and development of mobbing at work, in Mobbing and victimization at Work, in European Journal of Work and Organizational Psychology, vol. 5, n. 2; cfr. anche F. Caracuta, Relazione al convegno nazionale organizzato dalla Uil C.A. nazionale e dalla Uil C.A. di Lecce, con il patrocinio della Provincia di Lecce e dell'Università degli Studi di Lecce, su: Mobbing- Un fenomeno da debellare, svoltosi in Galatina (Le) il 16 Giugno 2000, in www.diritto.it/articoli/lavoro/mobbing4.html; cfr. E. Minale Costa, Percorsi giurisprudenziali nel diritto del lavoro, Torino, 2004, pp. 286 ss.

2 La Germania risulta essere un paese molto evoluto in fatto di studio e prevenzione del mobbing. Secondo i dati riportati da Ege, il mobbing è abituale argomento di discussione tra la gente e attraverso i principali mezzi di comunicazione; è inoltre riconosciuto come malattia professionale e le strutture sanitarie sono dotate di appositi strumenti per la diagnosi e la cura delle vittime di mobbing.

3 In Italia le iniziative riguardanti il mobbing si stanno moltiplicando ogni giorno. La prima divulgazione sul fenomeno si deve al dottor Harald Ege, che a partire dal 1996 ha pubblicato una serie di libri sul mobbing, e precisamente: Mobbing.Che cos'è il terrore psicologico sul posto di lavoro; Il Mobbing in Italia; Stress e mobbing; I numeri del mobbing. Interviste e questionari a più di 300 vittime.

4 Harald Ege, Psicologo del lavoro, ricercatore tedesco residente in Italia da molti anni dove opera, in particolare a Bologna, si è affermato come uno dei più accreditati e conosciuti specialisti nella materia, venendo a collaborare infine anche come Ctu nella controversia conclusasi con la sentenza del Tribunale di Forlì, 15 Marzo 2001- Est. Sorgi- , sentenza che per opinione unanime costituisce il contributo più avanzato alla definizione del fenomeno da parte della giurisprudenza.

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cronicizzandosi, si ripercuote negativamente sul suo equilibrio psico-fisico5. Nel

1996 tale autore ha pubblicato in Italia il primo libro dedicato espressamente

all'argomento6 e ha fornito una nuova elaborazione del fenomeno, la cui

espressione più recente è pervenuta a descrivere «il mobbing (come) una

situazione lavorativa di conflittualità sistematica , persistente e in costante

progresso in cui una o più persone vengono fatte oggetto di azioni ad alto

contenuto persecutorio da parte di uno o più aggressori in posizione superiore,

inferiore o di parità, con lo scopo di causare alla vittima danno di vario tipo e

gravità. Il mobbizzato si troverà nell'impossibilità di reagire adeguatamente a tali

attacchi e a lungo andare accusa disturbi psicosomatici, relazionali e dell'umore

che possono portare anche a invalidità psicofisiche permanenti di vario genere e

percentualizzazione»7.

In altre sue opere Ege arriva anche a definire il mobbing come una vera e propria

«guerra sul lavoro, in cui, tramite violenza psicologica, fisica e/o morale, una o più

vittime vengono costrette a esaudire la volontà di uno o più aggressori. Questa

violenza si esprime attraverso attacchi frequenti e duraturi che hanno lo scopo di

danneggiare la salute, i canali di comunicazione, il flusso di informazioni, la

reputazione e/o la professionalità delle vittime»8.

5 Cfr. G. P. Cioccia, Mobbing e danno alla salute: tutela, diagnosi e valutazione medica legale. Riflessioni sulla difficile «arte del vivere» nell'ambiente lavorativo – tratto da Bollettino dell'Ordine Provinciale di Roma dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri.

6 H. Ege, Mobbing. Che cos'è il terrore psicologico sul posto di lavoro, Pitagora Editrice, Bologna.7 H. Ege, La valutazione peritale del danno da mobbing, 2002, Giuffrè, Milano, pag. 39.8 Cfr. H. Ege, Mobbing, conoscerlo per vincerlo, Franco Angeli Editore, 2001, pag. 51.

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1.1. IL FENOMENO

Nello stesso testo, Ege fornisce un altro preziosissimo contributo nell'individuare

addirittura le categorie in cui suddividere gli attacchi mobbizzanti, le cinque seguenti:

LIPT (Leymann Inventory of Psycological Terrorism)

1. Comunicazione · il capo limita la possibilità di esprimersi della vittima · viene sempre interrotto quando parla · i colleghi limitano la sua possibilità di esprimersi · si urla o si rimprovera violentemente con lui · si fanno critiche continue sul suo lavoro · si fanno critiche continue sulla sua vita privata · è vittima di telefonate mute o di minaccia · è vittima di minacce verbali · è vittima di minacce scritte · gli si rifiuta il contatto con gesti o sguardi scostanti · gli si rifiuta il contatto con allusioni dirette

2. Relazioni sociali · non gli si parla più · non gli si rivolge più la parola · viene trasferito in un ufficio lontano dai colleghi · si proibisce ai colleghi di parlare con lui · ci si comporta come se lui non esistesse

3. Immagine sociale · si sparla alle sue spalle · si spargono voci infondate su di lui · lo si ridicolizza · lo si sospetta di essere malato di mente · si cerca di convincerlo a sottoporsi a visita psichiatrica · si prende in giro un suo handicap fisico · si imita il suo modo di parlare o di camminare per prenderlo in giro · si attaccano le sue idee politiche o religiose · si prende in giro la sua vita privata · si prende in giro la sua nazionalità · lo si costringe a fare lavori umilianti · si giudica il suo lavoro in maniera sbagliata e offensiva · si mettono in dubbio le sue decisioni · gli si dicono parolacce o altre espressioni umilianti · gli si fanno offerte sessuali, verbali e non

4. Situazione professionale e privata

· non gli si danno dei compiti da svolgere · gli si toglie ogni tipo di attività lavorativa, in modo che non possa più nemmeno inventarsi un lavoro · gli si danno lavori senza senso · gli si danno lavori molto al di sotto della sua qualificazione professionale · gli si danno sempre nuovi compiti lavorativi · gli si danno lavori umilianti · gli si danno compiti molto al di sopra delle sue capacità o qualificazioni per screditarlo

5. Salute · lo si costringe a fare lavori che nuocciono alla sua salute · lo si minaccia di violenza fisica · gli si fa violenza leggera per dargli una lezione · gli si fa violenza fisica più pesante · gli si causano danni per svantaggiarlo · gli si creano danni fisici nella sua casa o sul posto di lavoro · gli si mettono le mani addosso a scopo sessuale

Nella sua ultima opera9 Ege delinea i sette criteri fondamentali per l'individuazione

9 Cfr. H. Ege, La valutazione peritale del danno da mobbing, op. cit.,pp.7 ss.

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del mobbing:

Parametri per il Riconoscimento del Mobbing:

Requisiti:

1. Ambiente lavorativo Il conflitto deve svolgersi sul posto di lavoro

2. Frequenza Le azioni ostili devono accadere almeno alcune volte al mese

3. Durata Il conflitto deve essere in corso da almeno sei mesi; almeno tre mesi nel caso del “Quick Mobbing”10

4. Tipo di azioni Le azioni subite devono appartenere ad almeno due delle cinque categorie del "LIPT Ege" (tre su cinque nel caso del “Quick Mobbing”)

5. Dislivello tra gli antagonisti

La vittima è in una posizione costante di inferiorità.

6. Andamento secondo fasi successive

La vicenda ha raggiunto almeno la II fase del modello italiano Ege a sei fasi. (vedi pag. 14)

7. Intento persecutorio Nella vicenda deve essere riscontrabile un disegno vessatorio coerente e finalizzato, obiettivo conflittuale e carica emotiva e soggettiva.

L'autore inoltre fornisce parametri atti a chiarire quello che non è e non deve

essere considerato mobbing: il mobbing non è, come già di è detto, una singola

azione, consistente in un unico demansionamento, un trasferimento gravoso, un

ordine di servizio umiliante, l'assegnazione ad una postazione scomoda, ma è una

strategia, un attacco continuo, ripetuto, duraturo; non è una malattia, ancor meno

10 La durata del conflitto deve pro-trarsi per almeno sei mesi, sì può considerare anche un limite di soli tre mesi nel caso in cui la frequenza degli attacchi sia quotidiana e le azioni siano dotate di particolare forza conflittuale e carica persecutoria: in questo caso viene denominato Quick Mobbing.

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una patologia psichiatrica, ma è invece una situazione; non è un problema

dell'ambiente familiare; non è una molestia sessuale, anche se questa può essere

una degli strumenti finalizzati a tale scopo; non individua un tipo particolare di

vittima, ma può essere indirizzato contro chiunque, secondo dinamiche che si

sviluppano maggiormente in ambiente impiegatizio e nel settore pubblico.

Scopo del mobbing è, come già detto, quello d'indurre la vittima ad abbandonare il

posto di lavoro, attraverso il licenziamento o costringendola a consegnare le

dimissioni.

Il fenomeno ha assunto proporzioni a tal punto rilevanti, da coinvolgere in ogni

paese europeo percentuali molto alte di lavoratori. Non esistono casistiche

precise, ma il numero di casi di mobbing sembra essere in continuo aumento.

In Europa tale fenomeno sta assumendo dimensioni sociali di notevole rilievo. In

Italia circa il 6% della popolazione attiva (approssimativamente un milione e

mezzo di lavoratori) ne sarebbe vittima con conseguenti effetti negativi che

ricadono sull'individuo colpito, sul suo nucleo familiare, sulle aziende per le quali il

deterioramento delle dinamiche lavorative di gruppo comporta inevitabilmente un

aumento dei costi aziendali e sulla collettività con il conseguente incremento dei

costi sanitari e previdenziali.

I dati nella tabella seguente sono tratti da “ H. Ege, Mobbing. Che cos'è il terrore

psicologico sul posto di lavoro, Pitagora Editrice, Bologna. “.

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A 301 vittime di Mobbing è stato sottoposto un questionario specifico che riguardava gli effetti e le modalità del terrorismo psicologico che subivano o avevano subito sul posto di lavoro. Ecco alcuni dei risultati della ricerca:

IL SETTORE DI PROVENIENZA DELLE VITTIME DI MOBBING

Più del 38% delle vittime intervistate provengono dal settore dell’industria produttrice di beni/servizi, mentre un altro forte riscontro del mobbing si ha nella pubblica amministrazione (oltre 21%).

All’interno del mondo industriale o del terziario è ben evidente un certo orientamento verso il profitto, che si traduce di solito nella filosofia secondo cui chi produce di più viene anche maggiormente gratificato. Possiamo dunque avanzare l’ipotesi secondo cui esiste una forte relazione tra mobbing e ambizione. Poiché più si produce e più si ricevono gratificazioni, è possibile che un impiegato carrierista ed ambizioso ricorra al mobbing per liberarsi di un collega molto bravo sul lavoro, che è o potrebbe diventare un pericoloso concorrente nella corsa alla promozione. Nell’amministrazione pubblica, invece, solitamente hanno molto peso i favoritismi di ogni tipo, famigliare, politico, etc. Ciò può portare alla spiccata tendenza ad eliminare chiunque non faccia parte della “famiglia”, e che quindi costituisce con la sua semplice presenza, una denuncia al sistema.

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CONSEGUENZE PER UN'IMPRESA CHE PERMETTE IL MOBBING:

-alto turn-over (non sono solo i mobbizzati che vengono licenziati o danno le dimissioni che se ne vanno via, ma anche una discreta percentuale di lavoratori che hanno assistito al caso di mobbing e che per paura non sono intervenuti a difesa della vittima. Questi spettatori hanno paura di diventare a loro volta capri espiatori, cercano nuove opportunità di lavoro e una volta trovato un nuovo posto danno le dimissioni).

-assenteismo e congedi malattia

-diminuzione del tempo di lavoro netto (i mobber passano la maggior parte dell’orario di lavoro a perseguitare la vittima ed a pianificare come perseguitarla in futuro): secondo Casilli11 il mobber perde il 15% del proprio tempo al lavoro in vessazioni.

-calo di produttività a lungo termine della vittima (quando non e’ malata)

-deficit produttivo (aumento degli scarti di lavorazione, maggior numero di errori)

-spese legali per cause civili e/o penali(a seconda della gravità del mobbing)

-danno d’immagine all’azienda (il lavoratore che ha subito mobbing può informare la stampa del suo caso)

-costi per la liquidazione o la buonauscita, oppure per la messa in lista di mobilità (rara nei casi di mobbing).

-costi per rimpiazzare i mobbizzati.

COSTI PER SOSTITUIRE UN LAVORATORE LICENZIATO :

-costi di reclutamento (inserzioni sui quotidiani di offerta lavoro)

-screening: valutazione dei curriculum e delle referenze

-costi di selezione del personale (test, colloqui)

-training del neoassunto

[il costo di selezione e formazione di un neoassunto e’ in totale di circa 15 milioni di lire]

11 A. Casilli, Stop mobbing. Resistere alla violenza psicologica sul luogo di lavoro, Derive Approdi, Roma, 2000.

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Il mobbing nel diritto del lavoro

1.1.a) TIPOLOGIE DI MOBBING

La dottrina ha delineato varie tipologie di mobbing:

1. Mobbing di tipo verticale : quando la violenza psicologica avviene nei

confronti della vittima da parte di un superiore (nella terminologia

anglosassone questa forma viene anche definita bossing o bullying), «che

per diversi motivi (volontà di raggiungere massimi livelli di efficienza,

invidia, paura di perdere potere nella struttura gerarchica) oltrepassa i limiti

della propria supremazia professionale fino a esercitare atteggiamenti

particolarmente aggressivi e punitivi nei confronti della propria vittima. Tali

atteggiamenti di norma vengono poi assunti da altri dipendenti,

determinando un progressivo isolamento della vittima»12; «costituito da

soprusi gerarchici e umiliazioni imposte al subordinato da un superiore

aggressivo [ ... ]. Altro non è che una delle dinamiche più comuni all'interno

dell'area della violenza psicologica in azienda»13. Più propriamente il

bossing è l'azione compiuta dal datore di lavoro o dalla direzione del

personale nei confronti di dipendenti divenuti scomodi. Si tratta, dunque, di

una strategia aziendale di riduzione, ringiovanimento o razionalizzazione

degli organici (detto anche “mobbing pianificato”).

2. Mobbing di tipo orizzontale : quando l'azione discriminatoria è messa in

atto dai colleghi nei confronti del soggetto colpito; di norma questa tipologia

può essere letta in una duplice chiave interpretativa:

la prima riguarda più strettamente l'organizzazione del lavoro. In tal

senso un dipendente, o neoassunto o trasferito o promosso, col suo

arrivo scardina in qualche modo un gruppo già collaudato e dotato di

propri equilibri interni che tendono spesso ad appiattire la personalità

e la professionalità dei singoli. Trattasi, in genere, di persone

intraprendenti e creative, e in quanto tali in grado di turbare

meccanismi conosciuti e accettati da tutti i componenti;

nel secondo caso, l'emarginazione progressiva della vittima passa

attraverso l'essere diversa dal resto del gruppo: si pensi ai portatori

12 Così, L. Pardini, La medicina del lavoro e il fenomeno del Mobbing, pag. 28.13 Così, A. Gilioli, R. Gilioli, Cattivi capi, cattivi colleghi, Mondadori, Milano, 2000, p. 33.

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di handicap fisico o mentale o a soggetti appartenenti a diverse

razze, religioni o di diversa inclinazione sessuale.

3. Mobbing individuale : quando oggetto è il singolo lavoratore.

4. Mobbing collettivo : quando colpiti da atti discriminatori sono gruppi di

lavoratori (si pensi alle ristrutturazioni aziendali, prepensionamenti, cassa

integrazione, etc...); spesso attuato come strategia aziendale mirata a

ridurre o razionalizzare gli organici e rivolto a gruppi numerosi di persone.

5. Doppio mobbing : si realizza, a parere di Ege, quando il mobbizzato

riversa sulla famiglia tutte le sue problematiche. A una prima fase di

comprensione dei familiari, segue una condizione di distacco che, quando

la situazione si aggrava, porta ad un ulteriore isolamento dell'individuo dal

nucleo familiare.

6. Mobbing esterno : la vittima è il datore di lavoro che subisce pressioni

attuate sotto forma di minacce di denuncia per comportamenti mobbizzanti,

sia da parte di organizzazioni sindacali, che da dipendenti con velleità

carrieristiche.

7. Mobbing dal basso (sia individuale che collettivo) : quando viene messa in

discussione l'autorità di un superiore.

8. Mobbing sessuale : molestie a sfondo sessuale, anche se non

caratterizzate da contatto fisico.

9. Mobbing strategico : che corrisponde ad un preciso disegno di esclusione

di un lavoratore da parte della stessa azienda e/o del management

aziendale, che, con tale azione premeditata e programmata, intende

realizzare un ridimensionamento delle attività di un determinato lavoratore o

il suo allontanamento dal lavoro.

10.Mobbing emozionale : si manifesta attraverso un'alterazione delle relazioni

interpersonali (esaltazione ed esasperazione dei comuni sentimenti di

rivalità, gelosia, antipatia, diffidenza, paura, etc... di ciascun individuo), sia

di tipo gerarchico che tra colleghi.

11.Mobbing senza intenzionalità dichiarata : privo di una volontà strategica

di eliminare un determinato lavoratore con azioni di violenza psicologica,

caratterizzato, dall'accentuazione da parte di un pari grado (per eliminare

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Il mobbing nel diritto del lavoro

eventuali ostacoli alle proprie ambizioni carrieristiche), o da parte di un

superiore (al fine di tutelare la propria posizione gerarchica, giudicata in

pericolo), dalla conflittualità latente nell'ambito lavorativo.

Deve inoltre farsi presente che in caso di mobbing, la situazione può essere resa

ancora più grave dalla presenza dei cosiddetti “side mobber”, detti anche

“spettatori silenziosi”, ovvero dipendenti non responsabili delle condotte

persecutorie, ma a conoscenza dei fatti14.

14 Cfr. C. Lensi, op. cit.; cfr. G. P. Cioccia, op. cit.; cfr. R. Gilioli, M. Adinolfi, A. Bagaglio, D. Boccaletti, M. G. Cassitto, B. Della Pietra, C. Fanelli, E. Fattorini, D. Gilioli, A. Grieco, A. Guizzaro, A. Labella, O. Mattei, M. Menegozzo, S. uenzaMenegozzo, R. Molinini, D. Musto, A. Paoletti, F. Papalia, R. Quagliuolo, F. Vinci, Un nuovo rischio all'attenzione della medicina del lavoro: le molestie morali ( Mobbing ), Consensus Document, in La Medicina del Lavoro, vol. 92, n. 1, Gennaio-Febbraio 2001, Casa Editrice Mattioli, Fidenza.

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Il mobbing nel diritto del lavoro

1.1.b) LE FASI DEL MOBBING

A giudizio di Leymann, il mobbing si sviluppa attraverso quattro fasi:

1. Segnali premonitori : fase breve e sfumata nella quale iniziano a

manifestarsi i primi screzi relazionali tra la vittima e i colleghi o il superiore.

Tali screzi si scatenerebbero in seguito a cambiamenti apparentemente non

significativi nell'ambiente lavorativo, quali, ad esempio, una nuova

assunzione oppure una promozione.

Iniziano le prime critiche e i primi rimproveri.

La vittima inizia ad avvertire un certo malessere, che tuttavia cerca ancora

di gestire con il ricorso alla razionalità e alla pazienza.

Di solito dopo sei mesi appaiono disturbi psicosomatici (insonnia, diarrea,

vomito, nausea, incubi e così via...), che divengono ansia generalizzata

entro un anno dall'inizio delle persecuzioni.

2. Mobbing e stigmatizzazione : in questa fase si rendono palesi tutti i

comportamenti del mobbing, attraverso incalzanti e reiterati attacchi nei

confronti della vittima al fine di screditarne la reputazione, isolarla dal

contesto lavorativo impedendogli ogni forma di comunicazione e di

espressione, demotivarla riducendone la considerazione di sé attraverso

continue critiche e richiami oppure dequalificandolo professionalmente.

Il protrarsi delle suddette aggressioni per un periodo che va dai quindici ai

diciotto mesi determina nella maggior parte dei casi uno stato cronico di

ansietà. Dai due ai quattro anni dall'inizio delle vessazioni appaiono gravi

disturbi psichici, quali depressione accompagnata da fobie, automatismo e

ruminazioni mentali, ossessioni, dipendenza da farmaci tranquillanti,

assenze dal lavoro per malattia.

3. Ufficializzazione del caso : la vittima denuncia le vessazioni, ma viene

additata dai suoi aguzzini come soggetto psichicamente labile. La malattia

assume il ruolo di causa e non di conseguenza e la vittima viene bollata

come «problematica», «strana», «piantagrane», dando vita ad un vero e

proprio fenomeno di stigmatizzazione. In questi casi, la via preferibile resta

l'intervento di sindacalisti esterni all'impresa in cui si trova il mobbizzato.

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Il mobbing nel diritto del lavoro

4. L'allontanamento : è la fase conclusiva dell'azione mobbizzante, che

culmina con il completo isolamento della vittima. Il mobbizzato si trova

completamente isolato, dequalificato professionalmente e incapace di

reagire alla situazione. Inizia a manifestare depressione e somatizzazioni

che lo portano a consultare un medico specialista. Con il passare del tempo

la situazione diviene insopportabile e il lavoratore stremato, non riuscendo

a trovare una soluzione al problema, sceglie la strada delle dimissioni

volontarie quale estremo tentativo di salvezza. Arrivato a questo stadio, il

fenomeno è difficilmente arginabile. Il soggetto viene definitivamente

escluso. Frequente è la cronicizzazione di manie ossessive; più raro, ma

comunque possibile, il rischio di suicidi15 e lo sviluppo di comportamenti

criminali.

Anche quando non si decide per il licenziamento con indennità o per la

decisione autoritaria di internamento psichiatrico, l'esclusione dal mondo

del lavoro avviene, comunque, mediante l'assegnazione di incarichi di

minore importanza o la successione di trasferimenti da un posto all'altro.

Harald Ege ha modificato il modello di Leymann, aggiungendo due fasi:

0. «Condizione zero» : non si tratta di una fase, ma di una pre-fase, di una 15 Gli studi condotti in Svezia attribuiscono al mobbing la corresponsabilità per il 15% dei suicidi

annuali.

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Il mobbing nel diritto del lavoro

situazione iniziale normalmente presente in Italia e del tutto sconosciuta

nella cultura nordeuropea: il conflitto fisiologico, normale ed accettato. Una

tipica impresa italiana è conflittuale. Sono poche le imprese che sfuggono a

questa regola. Questa conflittualità fisiologica non costituisce mobbing,

anche se è evidentemente un terreno fertile al suo sviluppo. Si tratta di un

conflitto generalizzato, che vede tutti contro tutti e non ha una vittima

individuata. Non è del tutto latente, ma si fa notare di tanto in tanto con

banali diverbi d’opinione, discussioni, piccole accuse e ripicche,

manifestazioni del classico ed universalmente noto tentativo generalizzato

di emergere rispetto agli altri. Un aspetto è fondamentale: nella “condizione

zero” non c’è da nessuna parte la volontà di distruggere, ma solo quella di

elevarsi sugli altri.

Vediamo un esempio pratico: un'impresa di servizi che elabora programmi

di computer e software. I tempi di consegna sono sempre strettissimi e i

dipendenti sono continuamente sottoposti a superlavoro. ”Dipendente X” è

un programmatore dipendente di questa impresa: a volte si trova in

difficoltà e indietro col lavoro, ma nessun collega può e vuole aiutarlo,

perché impegnato a gestire i suoi stessi tempi strettissimi. Inoltre,

nell'impresa esiste una forte competitività: ogni dipendente che riesce a

consegnare in tempo il lavoro riceve una gratificazione, mentre chi resta

indietro corre seri rischi. In conseguenza di tutto questo, i rapporti personali

tra tutti i colleghi (e non solo nei confronti di “Dipendente X”) sono

praticamente inesistenti e improntati a una gelida cortesia formale.

1. Conflitto mirato : è la prima fase del mobbing in cui si individua una vittima

e verso di essa si dirige la conflittualità generale. Il conflitto fisiologico di

base dunque prende una svolta, non è più una situazione stagnante, ma si

incanala in una determinata direzione. In questo momento l’obiettivo non è

più solo quello di emergere, ma quello di distruggere l’avversario, “fargli le

scarpe”.

Nel nostro esempio, “Dipendente X” riceve una cospicua gratificazione per

aver portato a termine in tempo un importante lavoro. Questo suscita invidia

nei colleghi che temono di venire ingiustamente surclassati: ora, pensano, il

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Il mobbing nel diritto del lavoro

capoufficio privilegerà lui invece di noi. Cominciano così a isolarlo e a

prenderlo in giro: “Sei tu il fenomeno, quindi non hai bisogno di consigli da

parte nostra”.

2. Inizio del mobbing : gli attacchi da parte del mobber non causano ancora

sintomi o malattie di tipo psico-somatico sulla vittima, ma tuttavia le

suscitano un senso di disagio e fastidio. Essa percepisce un inasprimento

delle relazioni con i colleghi ed è portata quindi ad interrogarsi su tale

mutamento.

“Dipendente X” è ora fatto bersaglio di veri e propri attacchi: è accusato di

stakanovismo e di superbia nei confronti dei colleghi. Prima era spesso

attaccato, ora ogni problema viene riversato su di lui, che è diventato ormai

il capro espiatorio dell’intero ufficio: “La colpa del ritardo è sua, voleva fare

tutto da solo”, “Non ci ha informato per avere da solo tutto il vantaggio”,

“Quello vuole farci le scarpe a tutti”. “Dipendente X” si accorge della

freddezza che improvvisamente lo circonda e comincia a chiedersi cosa

mai ha fatto per meritarsela.

3. Primi sintomi psicosomatici : la vittima comincia a manifestare problemi di

salute e questa situazione può protrarsi anche per lungo tempo. Questi

primi sintomi riguardano in genere un senso di insicurezza, l’insorgere

dell’insonnia e problemi digestivi.

A furia di interrogarsi, il nostro “Dipendente X” è arrivato al punto che la

situazione in ufficio è diventata un chiodo fisso: non dorme più bene, si

sveglia spesso in preda ad incubi, comincia ad avvertire tremori alle gambe

quando va in ufficio ed entra in una lieve depressione, poiché vede che non

riesce in nessun modo a migliorare le cose.

4. Errori e abusi dell'amministrazione del personale : il caso di mobbing

diventa pubblico e spesso viene favorito dagli errori di valutazione da parte

dell’ufficio del personale. La fase precedente, che porta in malattia la

vittima, è la preparazione di questa fase, in quanto sono di solito le sempre

più frequenti assenze per malattia ad insospettire l’Amministrazione del

Personale.

In seguito ai sintomi psicosomatici che avverte, “Dipendente X” va una

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Il mobbing nel diritto del lavoro

prima volta in malattia, ma al ritorno in ufficio la situazione peggiora: ora i

colleghi lo prendono in giro anche per avere, a loro dire, rimediato delle

vacanze extra quando loro erano oberati di lavoro. “Dipendente X” cerca di

resistere, ma deve chiedere altri giorni di permesso: l’insonnia si è

aggravata e la depressione è sempre più profonda, non riesce a entrare in

ufficio e a mettersi al lavoro. L’ufficio personale, allarmato anche dal ritardo

del lavoro, nota le ripetute assenze di “Dipendente X” e comincia a

indagare: la soluzione più facile è inviare richiami disciplinari a una sola

persona (“Dipendente X”) piuttosto che a tutto l’ufficio.

5. Serio aggravamento della salute psicofisica della vittima ( ha inizio

l'isolamento della vittima ): in questa fase il mobbizzato entra in una

situazione di vera disperazione. Di solito soffre di forme depressive più o

meno gravi e si cura con psicofarmaci e terapie, che hanno solo un effetto

palliativo in quanto il problema sul lavoro non solo resta, ma tende ad

aggravarsi. Gli errori da parte dell’amministrazione infatti sono di solito

dovuti alla mancanza di conoscenza del fenomeno del mobbing e delle sue

caratteristiche. Conseguentemente, i provvedimenti presi sono non solo

inadatti, ma anche molto pericolosi per la vittima. Essa finisce col

convincersi di essere essa stessa la causa di tutto o di vivere in un mondo

di ingiustizie contro cui nessuno può nulla, precipitando ancora di più nella

depressione

“Dipendente X” è in piena depressione: non riesce più a dormire o ad

andare avanti senza farmaci. Ora è convinto più che mai che tutto il mondo

ce l’ha con lui, non solo i colleghi, ma anche l'impresa stessa, che lo

richiama, lo rimprovera, gli nega permessi, ferie e aspettative.

6. Esclusione dal mondo del lavoro : implica l’esito ultimo del mobbing,

ossia l’uscita della vittima dal posto di lavoro, tramite dimissioni volontarie,

licenziamento, ricorso al pre-pensionamento o anche esiti traumatici quali il

suicidio, lo sviluppo di manie ossessive, l’omicidio o la vendetta sul mobber.

Anche questa fase è preparata dalla precedente: la depressione porta la

vittima a cercare l’uscita con le dimissioni o licenziamento, una forma più

grave può portare al pre-pensionamento o alla richiesta della pensione di

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Page 18: IL MOBBING - Punto di vista giuridico-

Il mobbing nel diritto del lavoro

invalidità. I casi di disperazione più seri si concludono purtroppo in atti

estremi.

“Dipendente X”, ormai incapace di reggere ancora la pressione cui è

sottoposto, si dimette. Le sue referenze per un altro eventuale impiego, non

sono certo migliori, e comunque, prima di riprendere il lavoro, ha bisogno di

riposo e di cure per uscire dal tunnel della depressione e riprendere fiducia

in se stesso.

18

Page 19: IL MOBBING - Punto di vista giuridico-

Il mobbing nel diritto del lavoro

1.2.LA VALUTAZIONE DEL FENOMENO

La determinazione del mobbing in base ai sette parametri tassativi di

riconoscimento non è che il primo stadio di un processo articolato, attraverso cui si

giunge alla quantificazione del Danno da Mobbing ai fini peritali e che è stato

denominato "Metodo Ege 2002" per la determinazione e quantificazione del danno

da mobbing. Si tratta del primo esperimento in assoluto di tabellazione matematica

per il risarcimento del danno da mobbing: esso è presentato e dettagliatamente

spiegato nel citato libro edito da Giuffré16, che contiene anche in Appendice le

Tabelle complete di monetizzazione del danno da mobbing.

Il "Metodo Ege 2002" è così schematizzato:

16 H. Ege, La valutazione peritale del Danno da Mobbing, Giuffré Milano 2002.

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Page 20: IL MOBBING - Punto di vista giuridico-

Il mobbing nel diritto del lavoro

"METODO EGE 2002"

per la valutazione e quantificazione del Danno da Mobbing

FASE I

Determinazione del Mobbing

Sulla base del risultato del test "LIPT Ege" e del colloquio specialistico sulla vicenda lavorativa, il perito verifica la presenza contestuale dei sette parametri tassativi e quindi è in grado di stabilire se la vicenda in esame è o meno riconducibile al mobbing.

FASE II

Valutazione della Lesione Accertata da Mobbing (L.A.M.) totale permanente

Se la fase precedente ha dato esito positivo, l'Esperto procede, sulla base del calcolo matematico di valori convenzionali, alla percentualizzazione della cosiddetta L.A.M. totale permanente, che indica il grado di lesione che la vittima di mobbing ha riportato sia a livello professionale/economico, sia dal punto di vista cosiddetto esistenziale (maggiorazioni relative al doppio-mobbing e al calo di autostima). Nella valutazione si tiene conto di più varianti, come la durata e la frequenza del mobbing, lo stadio raggiunto dalla vicenda lavorativa e la fascia di reddito della vittima.

FASE III

Quantificazione monetaria della L.A.M. totale permanente

Con apposite tabelle di monetizzazione del danno da mobbing, elaborate sulla base dell'attuale tabella per la quantificazione del danno biologico, si giunge alla determinazione dell'indennizzo monetario che il mobbizzato può chiedere davanti al giudice a titolo di risarcimento per l'insieme dei danni che il mobbing gli ha arrecato. I valori di tale indennizzo variano a seconda del sesso e dell'età della vittima, oltre naturalmente a tener conto dell'inflazione.

La non facile valutazione medico legale dei casi di mobbing è basata innanzitutto

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Page 21: IL MOBBING - Punto di vista giuridico-

Il mobbing nel diritto del lavoro

sull'accertamento della realtà del danno, con la constatazione obiettiva della

lesione e la conferma delle circostanze e delle cause responsabili del fatto lesivo

(studio analitico dell'ambiente lavorativo, del tipo di vessazione e di terrorismo

psicologico subita ecc.).

Fondamentale è la dimostrazione del rapporto di causalità esistente tra le cause o

concause che devono essere cronologicamente, qualitativamente,

quantitativamente idonee a produrre l'effetto dannoso che sarà analizzato nella

sua natura, entità e conseguenze che ha provocato.

Per i danni da mobbing non è possibile applicare il principio della causalità

esclusiva ma si dovranno valutare tutte le concause e le condizioni che prendono

parte al verificarsi dell'evento con conseguente riconoscimento ed esclusione di

eventuali occasioni prive di valenza causale.

È di cruciale importanza, per una corretta metodologia valutativa medico legale,

considerare che il danno biologico provocato dal mobbing riconosce sicuramente

una genesi multi fattoriale, per cui non sarà possibile prescindere da quella che è

la specifica ed individuale costituzione del soggetto e dalla sua personale

suscettibilità e capacità di reazione ad un determinato evento dannoso e/o a

diversi stimoli relazionali ed ambientali. È assolutamente necessario

individualizzare il caso, senza ricorrere a inquadramenti standardizzati, per

accertare la natura specifica della patologia riconducibile al mobbing.

Per la complessità delle problematiche correlate, l'approccio al fenomeno mobbing

deve essere multidisciplinare e deve coinvolgere diversi profili professionali:

il medico del lavoro che dovrà valutare scrupolosamente tutti i "rischi

lavorativi" analizzando tutte quelle nozioni di tipo tecnico ed organizzativo

in grado di alterare la condizione di benessere psico-fisico del lavoratore e,

in sinergia con il datore di lavoro, identificare e bloccare eventuali anomalie

nei vari processi lavorativi;

lo specialista psichiatra al quale è affidato il compito di enunciare una

diagnosi clinica differenziale tra un disturbo dell'adattamento (condizione

transitoria che solitamente si sviluppa entro tre mesi dall'esordio dei fattori

stressanti e si risolve entro sei mesi dalla cessazione degli stessi) e un più

importante disturbo post traumatico da stress (maggiore compromissione

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Page 22: IL MOBBING - Punto di vista giuridico-

Il mobbing nel diritto del lavoro

della affettività dell'individuo con conseguente grave disagio alla sua vita di

relazione e cronicizzazione dei disturbi che permangono anche dopo

l'allontanamento dai fattori stressanti). Dovrà fornire un’accurata

valutazione della personalità del mobbizzato identificandone i problemi

adattativi di personalità, la capacità di interazione con l'ambiente lavorativo

e i limiti soggettivi di ipersuscettibilità a stress lavorativi generici .

Il medico legale attraverso un’approfondita anamnesi inchiesta ed analisi

documentale dovrà:

inquadrare a 360 gradi lo stato anteriore del soggetto per ottenere

informazioni circa la sua vita lavorativa antecedente e attuale, la

presenza di malattie pregresse, motivazioni ed eventuali interessi

extra-lavorativi, ecc.

individuare la persecuzione e l'illecito comportamento;

dimostrare il nesso causale tra l'azione lesiva ed il danno;

quantizzare il danno.

Da quanto esposto si evince come sia complesso l'accertamento e l'acclaramento

di una condizione di mobbing in un lavoratore che, nel nostro ordinamento

giuridico, anche in assenza di norme giuridiche "ad hoc", trova già sufficiente

tutela per le azioni o comportamenti riconducibili alle vessazioni connesse con

l'ambiente lavorativo.

È fondamentale, a mio avviso, pervenire ad un’univoca definizione di mobbing che

tenga conto di tutte le componenti qualitative, quantitative, cronologiche e modali

che lo costituiscono al fine non solo di ridimensionare esagerate aspettative nei

lavoratori, vista la grande eco che in questi ultimi tempi il mobbing sta suscitando,

ma anche per circoscrivere un fenomeno all'interno del quale, attualmente, si può

ricomprendere tutto e il contrario di tutto e che rischia di assumere una

connotazione di sproporzionata novità a livello di contenzioso.

2. DISEGNI E PROGETTI DI LEGGE

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Page 23: IL MOBBING - Punto di vista giuridico-

Il mobbing nel diritto del lavoro

2.1. ATTUALE QUADRO NORMATIVO IN ITALIA

L’assenza di una specifica previsione legislativa non impedisce di difendersi dal

mobbing dal momento che nel nostro ordinamento già esistono norme

(costituzionali, civilistiche, penali e specialistiche) le quali, grazie ad una paziente

opera di interpretazione, costituiscono un buon argine a protezione delle vittime di

violenze psicologiche in ambito lavorativo potendo assicurare la tutela del

lavoratore ed il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dei comportamenti

mobbizzanti oltre che la sanzione di tali comportamenti.

Numerose sono le norme della Costituzione poste a tutela della persona in

quanto tale e del lavoratore inserito nella realtà lavorativa (artt. 2, 3, 4, 32, 35, 36,

41) e tra queste, in particolare vanno segnalati gli articoli: 32, che riconosce la

tutela della salute come diritto fondamentale dell'uomo (la salute è il fondamentale

diritto dell’individuo e l’interesse primario della collettività); 35, che prevede la

tutela del lavoro in tutte le sue forme (Il lavoro è tutelato in tutte le sue forme); 41,

che vieta lo svolgimento dell'attività economica privata se esercitata in contrasto

con l'utilità sociale o qualora rechi danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità

umana (qualsiasi attività economica non può svolgersi se in contrasto con l’utilità

sociale, se reca danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana).

Sotto il profilo civilistico, occorre prima di tutto distinguere le ipotesi in cui

l'autore del mobbing è un datore di lavoro da quella in cui è un superiore

gerarchico o un collega della vittima. Nella seconda ipotesi, l'autore delle violenze

psicologiche potrà essere chiamato a rispondere ai sensi dell'art. 2043 c.c., quindi

per responsabilità extracontrattuale.

La norma di carattere generale contenuta nell'art. 2043 stabilisce, infatti, che

qualunque fatto doloso o colposo che causa ad altri un danno ingiusto, obbliga

colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno ed è, quindi, perfettamente

applicabile alle varie configurazioni del mobbing poiché contiene il principio

generale di responsabilità e sancisce il divieto di cagionare danni ad altri.

L'importanza dell'articolo, quale efficace strumento di lotta al mobbing, è messa in

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Il mobbing nel diritto del lavoro

particolare risalto dalla sentenza n° 411 del 24 Gennaio 1990 della Corte di

Cassazione nella quale la stessa Corte “ha stabilito che il bene della salute

costituisce oggetto di autonomo diritto primario e quindi il risarcimento per la sua

lesione non può essere limitato alle conseguenza che incidono soltanto sulla

idoneità del soggetto a produrre reddito e cioè al danno patrimoniale inteso come

diminuzione del reddito per esborsi di denaro (cure e/o trattamenti medici o

acquisto di prodotti farmaceutici) cosiddetti danno emergente, o come possibilità di

perdita di guadagno a causa dalla condotta del molestatore (lucro cessante), ma

deve essere esteso al danno biologico inteso come lesione inferta al bene

dell'integrità psichica in sé e per sé”.

Qualora invece l'autore della violenza psicologica sia il datore di lavoro. La

responsabilità derivante dall'art.2043 potrà concorrere con quella contrattuale da

inadempimento di cui all'art. 2087 del Codice Civile che dispone, integrando le

obbligazioni nascenti dal contratto di lavoro, che, “l'imprenditore è tenuto ad

adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del

lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la

personalità morale dei prestatori di lavoro”.

E' evidente che dall'articolo 2087 discende non solo il divieto per il datore di lavoro

di porre in essere direttamente comportamenti riconducibili al mobbing, ma anche

l'obbligo di attivarsi per impedire che tali comportamenti siano messi in atto dai

propri dipendenti.

In giurisprudenza, infatti, è stata riconosciuta la legittimità del licenziamento in

tronco di lavoratori che abbiano posto in essere delle gravi condotte nei confronti

di altri dipendenti. Nel merito, il lavoratore dovrà provare la condotta illegittima ed il

nesso di causalità tra l'inadempimento delle misure previste dall'art. 2087 ed il

danno subito, mentre a carico del datore di lavoro rimane la prova di aver operato

secondo le disposizioni di legge.

Analogamente trovano sanzione anche i comportamenti riconducibili all'abuso del

diritto da parte del datore di lavoro.

Quindi la tutela del lavoratore vittima di vessazioni psicologiche può essere

esercitata ai sensi degli articoli 2043 e 2087 c.c., e la scelta del meccanismo di

tutela più idonea spetterà al lavoratore. Un importante principio è stato

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Page 25: IL MOBBING - Punto di vista giuridico-

Il mobbing nel diritto del lavoro

recentemente affermato dalla Corte di Cassazione con l'innovativa sentenza del 5

Ottobre 200117.

La Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sul caso di un lavoratore, che dopo

aver svolto per tre anni le mansioni per le quali era stato assunto, nei successivi

sedici anni – pur continuando a ricevere la retribuzione – non era stato impiegato

in nessuna attività, riconoscendogli il diritto ad essere risarcito per il danno subito

ha sancito il principio secondo il quale la negazione o l'impedimento allo

svolgimento delle mansioni lede il diritto fondamentale alla libera esplicazione

della personalità del lavoratore”.

Ancora sotto il profilo civilistico è possibile esperire la tutela in via d'urgenza in

presenza di comportamenti vessatori o discriminatori che pongono in grave

pericolo i diritti del lavoratore, attraverso l'art. 700 c.p.c.

Per quanto riguarda invece il profilo penalistico, non pochi operatori del diritto

sostengono a ragione che il mobbing, potendo causare anche malattie

professionali, potrebbe costituire reato configurandosi come diritto di lesione

personale colposa previsto dall'art. 590 del codice penale (pena della reclusione

per colui che procura delle lesioni ad una persona per colpa. La pena è maggiore

se il fatto si crea anche a causa della violazione delle norme di prevenzione sugli

infortuni sul lavoro. Il procedimento è d’ufficio e non a seguito di denuncia della

parte offesa, nei soli casi di violazione delle norme di prevenzione sugli infortuni

sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia

professionale).

L'applicazione delle regole generali del diritto penale al mobbing comporta, in ogni

caso, l'esigenza di valutare in concreto se la compromissione dell'integrità psico-

fisica del lavoratore sia riconducibile ad una condotta del datore di lavoro colposa

o dolosa.

Norme di tipo specialistico:

17 Vedi: www.infoius.it/sentenze/cass_2001 Sezione Tributaria n. 9116

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Il mobbing nel diritto del lavoro

La legge n. 300/70 (Statuto dei lavoratori), è uno degli strumenti più importanti

che la legislazione mette a disposizione per la tutela del lavoratore.

Tra le varie norme dello Statuto un particolare rilievo assumono l'art. 7 con

l'obbligo di specifica procedura disciplinare contro gli abusi del datore di lavoro,

l'art. 13 a tutela delle mansioni del lavoratore dai comportamenti di

dequalificazione professionale e l'art. 15 per la tutela della nullità degli atti che

abbiano finalità discriminatorie ai danni del lavoratore.

Il Decreto legislativo 626/94 che ha affermato il diritto alla salute inteso come

assenza di malattia, ma anche come assenza di disagio e segnato il passaggio

all'idea della tutela della sua integrità psico-fisica. Da qui, deriva l'ammissione del

risarcimento del danno biologico che andrebbe totalmente addebitato in maniera

personale e diretta agli autori delle violenze psicologiche e dovrebbe avvenire ogni

volta che ricorrano le condizioni previste dall'art. 2043 c.c. indipendentemente

dalle obbligazioni che gravano sul datore di lavoro (vedi artt. 2049 e 2087 c.c.).

Il Decreto legislativo 38/00 che ha introdotto, seppure con alcune eccezioni, la

tutela assicurativa INAIL del danno biologico, (art. 13: il lavoratore è tutelato da

un’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie

professionali che ricomprende anche il danno biologico quale lesione all’integrità

psico-fisica del lavoratore valutata da parte del medico legale. La quota

d’indennizzo non dipende dalla capacità di produzione del reddito del

danneggiato).

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Il mobbing nel diritto del lavoro

2.1.a) PROGETTI DI LEGGE SULLA PREVENZIONE E

REPRESSIONE DEL MOBBING

Attualmente sono stati presentati in Parlamento 20 progetti di legge sul mobbing,

in totale (9 al Senato, 5 alla Camera). Diversi di essi, costituiscono la

riproposizione di d.d.l. e p.d.l. presentati dalle (stesse) forze politiche nella XIII

legislatura. Sono il d.d.l. n. 924 del 5 dicembre 2001 (DS – U) che ripropone il

precedente n. 4265 del sen. Tapparo; il n. 122 del 6 giugno 2001 d’iniziativa

Tomassini (FI) che ripropone il proprio precedente n. 4512; il n. 422 del 9 luglio

2001 del sen. Magnalbò (AN) che ripropone il proprio precedente n. 4802. Altri,

quali AC n.1128 (Benvenuto), AC n. 2040 (Fiori), ripropongono i precedenti con

aggiornamenti o con omissione della (pregressa) configurazione penale della

fattispecie mobbing (Fiori).

Si tratta di proposte animate da analoghi fini ispiratori che:

a) definiscono concettualmente il mobbing e descrivono i comportamenti

persecutori in modo generale, ovvero attraversi esemplificazione delle più comuni

ipotesi vessatorie od emarginanti in azienda. In alcune di esse si rinvia ad un

decreto del ministero del lavoro il compito di individuare le fattispecie concrete (e

tassative) di violenza psicologica e morale ai danni dei lavoratori;

b) individuano nei possibili persecutori i datori di lavoro, i superiori gerarchici, i pari

grado e (solo alcuni progetti) i subordinati;

c) in alcuni casi prevedono che la persecuzione debba avere la finalità di

danneggiare il lavoratore, in altri ritengono sufficiente l’attuazione del

comportamento persecutorio, considerato illegittimo e condannabile anche in

assenza di una precisa finalità;

d) prevedono precise responsabilità disciplinari a carico dei promotori del mobbing

e la responsabilizzazione del datore di lavoro che viene obbligato a verificare le

denunce di mobbing e ad assumere le necessarie conseguenti iniziative

(irrogazione di provvedimenti disciplinari, rimozione degli effetti, ecc.);

e) pongono a carico del datore di lavoro l’onere di indicare le azioni di prevenzione

e informazione che vanno realizzate (imponendo chiarezza e trasparenza nei

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Il mobbing nel diritto del lavoro

rapporti aziendali) disponendo, a tal fine, anche lo svolgimento di apposite

assemblee del personale, consultazioni periodiche o l’istituzione di un apposito

organo (progetto di Forza Italia), composto da rappresentanti del datore di lavoro,

dei lavoratori e delle ASL;

f) si propongono l’individuazione e la punizione di eventuali strategie aziendali che,

attraverso il mobbing siano dirette a ridurre o a razionalizzare il personale ;

g) definiscono le azioni di tutela che la vittima potrà promuovere (ricorso alla

conciliazione, anche attraverso le rappresentanze sindacali e alla autorità

giudiziaria);

h) impongono l’obbligo di ripristino delle situazioni professionali colpite dalle azioni

persecutorie, il risarcimento dei danni subiti e la nullità degli atti discriminatori e di

eventuali atti di ritorsione in seguito alla promozione di iniziative di tutela;

i) prevedono la possibilità di pubblicità del provvedimento del giudice.

Un esame approfondito dei progetti di legge potrà fornire agli interessati un

completo quadro delle iniziative che, in linea di principio, dovrebbero essere in

grado di rinforzare le difese del lavoratore dalle persecuzioni psicologiche.

Nel merito si deve valutare positivamente l'individuazione e la condanna di quelli

che vengono considerati comportamenti persecutori, che è la prima necessaria

condizione per garantire una difesa delle vittime.

Per quanto concerne l'indicazione dei potenziali colpevoli di mobbing, si ritiene

preferibile la soluzione che comprende anche i subordinati della vittima che, in

molti casi, visto un soggetto in difficoltà, non esitano ad unirsi al gruppo dei

persecutori, per i più svariati motivi (ad esempio per vendetta) o senza alcuna

concreta ragione.

Le soluzioni che assegnano a datore di lavoro e rappresentanze sindacali compiti

preventivi, di accertamento e di individuazione delle misure necessarie per il

ripristino della legalità (con riferimento alla legge n. 626 del 1994) si considerano

preferibili, in quanto più consone alla nostra tradizione sindacale, rispetto a quelle

che assegnano tali compiti ad appositi organi estranei ed esterni alla azienda.

Un ulteriore elemento di valutazione positiva è dato dal fatto che le misure previste

nei vari progetti di legge siano applicabili anche in concorso con le leggi vigenti (e

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Il mobbing nel diritto del lavoro

con altre in itinere come quelle in materia di molestie sessuali) e ne consentano un

migliore utilizzo, contribuendo a rafforzare il sistema di tutele nel suo insieme.

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Il mobbing nel diritto del lavoro

Elenco dei progetti di legge

Senato:

1. Disegno di legge d’iniziativa del sen. Tapparo ed altri (Dem. Sin.) n. 4265,

intitolato «Tutela della persona che lavora da violenze morali e persecuzioni

psicologiche nell'ambito dell'attività lavorativa», comunicato alla Presidenza il 13

Ottobre 1999. Il disegno offre innanzitutto una definizione del fenomeno (art. 2). A

livello preventivo (art. 3), suggerisce «iniziative di informazione periodica verso i

lavoratori» a cura delle rappresentanze sindacali aziendali (r.s.a.) e dei datori di

lavoro, soggetti che, nel caso in cui ricevano denunce di mobbing, «hanno

l'obbligo di attivare procedure tempestive di accertamento dei fatti denunciati e

misure per il loro superamento». Viene previsto altresì l'obbligo per il datore di

lavoro di consegnare al momento dell'assunzione «una dichiarazione del Ministero

del Lavoro relativa alla tutela delle violenze morali e persecuzione psicologica nel

lavoro», con obbligo di affissione della stessa nelle bacheche aziendali e diritto per

i lavoratori ad ulteriori due ore annue di assemblea per trattare il problema. Per

quanto riguarda la repressione del fenomeno, invece, ferma restando la

«responsabilità disciplinare, secondo quanto previsto dalla contrattazione

collettiva» di chi pone in essere azioni di mobbing o dolosamente denuncia azioni

poi rivelatesi inesistenti (art. 5), viene confermata l'applicabilità dell'art. 2113 c.c. ai

provvedimenti maturati in ambito di mobbing (art. 4), nonché l'esperibilità delle

procedure arbitrali e di conciliazione, oltre che della competenza del Tribunale del

Lavoro in caso di ricorso in giudizio (art. 6). A livello sanzionatorio, il disegno

prevede due novità interessanti: la condanna del responsabile al risarcimento del

danno, liquidato dal giudice in forma equitativa (art. 6), e la possibilità di richiedere

che il provvedimento, di condanna o di assoluzione, sia comunicato «mediante

lettera ai dipendenti interessati, per reparto e attività, dove si è manifestato il caso

di violenza morale e persecuzione psicologica oggetto dell'intervento giudiziario»

(art. 7). In chiusura (art. 8) il disegno di legge, oltre a sanzionare con la nullità

«tutti gli atti o fatti» che derivano dal mobbing, stabilisce una presunzione di

«contenuto discriminatorio» per tutti provvedimenti peggiorativi che colpiscono la

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Il mobbing nel diritto del lavoro

vittima di mobbing «adottati entro un anno dalla denuncia».

E' stato poi ripresentato dal sen. Battafarano (DS – U) con il n. 924 del 5 dicembre

2001.

2. Disegno di legge d’iniziativa del sen. Tomassini (FI), n. 4512, ripresentato dallo

stesso nella XIV legislatura con il n. 122 del 6 giugno 2001, (“Disposizioni a tutela

dei lavoratori dalla violenza o dalla persecuzione psicologica”).

3. Disegno di legge d’iniziativa del sen. Magnalbò (AN) n. 4802, ripresentato dallo

stesso nella XIV legislatura con il n. 422 del 9 luglio 2001, (“Norme per contrastare

il fenomeno del mobbing”).

4. Disegno di legge n. 266 del 21 giugno 2001 d’iniziativa del sen. Ripamonti

(Verdi) – identico al n. 924/2001.

5. Disegno di legge n. 870 del 21 novembre 2001 d’iniziativa del sen. Costa (FI),

(“Norme per contrastare il fenomeno del mobbing”).

6. Disegno di legge n. 986 del 20 dicembre 2001 d’iniziativa del sen. Tofani ed altri

(AN), (“Disposizioni a tutela dei lavoratori dalla violenza o dalla persecuzione

psicologica”).

7. Disegno di legge n. 1242 del 14 marzo 2002 d’iniziativa del sen. Montagnino

(Mar. – DL – U), (“Tutela della persona che lavora da violenze morali e

persecuzioni psicologiche nell'ambito dell'attività lavorativa”).

8. Disegno di legge n. 1280 del 21 marzo 2001 d’iniziativa del sen. Sodano

Tommaso (Misto –RC), (“Norme per la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori da

molestie morali e psicologiche nel mondo del lavoro”).

9. Disegno di legge n. 1290 del 27 marzo 2002 d’iniziativa del sen. Eufemi

(UDC:CCD – CDU-DE), ("Norme generali contro la violenza psicologica nei luoghi

di lavoro").

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Page 32: IL MOBBING - Punto di vista giuridico-

Il mobbing nel diritto del lavoro

10. Progetto di legge n. 4313 ("Disposizioni a tutela dei lavoratori dalla violenza

psicologica"), presentato al Senato della Repubblica dall'on. Athos De Luca. Il

progetto si caratterizza per la particolare attenzione dedicata all'accertamento

clinico delle patologie da mobbing (art. 6), e per l'esplicita previsione e peculiare

repressione del fenomeno del bossing (art. 4, strategia societaria illecita); per il

resto ricalca sostanzialmente l'impostazione dei precedenti progetti legislativi.

Camera :

11. Proposta di legge n. 581 del 6 giugno 2001 dell’on. Loddo Tonino (Mar. –DL –

U), (“Disposizioni a tutela dei lavoratori dalla violenza e dalla persecuzione

psicologica”).

12. Proposta di legge n. 1128 del 28 giugno 2001 dell’on. Benvenuto (DS – U),

(“Disposizioni a tutela dei lavoratori dalla violenza e dalla persecuzione

psicologica”).

13. Proposta di legge n. 2040 del 28 novembre 2001 dell’on. Fiori (AN),

(“Disposizioni a tutela dei lavoratori dalla violenza e dalla persecuzione

psicologica”).

14. Proposta di legge n. 2143 del 21 dicembre 2001 dell’on. Tarantino (FI),

(“Disposizioni per la tutela dei lavoratori da molestie morali e violenze

psicologiche”).

15. Proposta di legge n. 2346 del 14 febbraio 2002 dell’on. Zanella (Misto, Verdi –

U), (“Disposizioni per la tutela dalla persecuzione psicologica nei luoghi di lavoro”).

16. Progetto di legge n. 6410 del 16 Febbraio 2000, (“Disposizioni a tutela dei

lavoratori dalla violenza e dalla persecuzione psicologica”), a firma Benvenuto ed

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Il mobbing nel diritto del lavoro

altri, relatore l'on. Carlo Stelluti, di contenuto del tutto analogo al progetto di legge

n. 4265, a firma del Senatore Tapparo e altri.

17. Proposta di legge n. 1813 presentata il 9 Luglio 1996 alla Camera dei

Deputati dagli onorevoli Cicu ed altri, intitolata «Norme per la repressione del

terrorismo psicologico nei luoghi di lavoro».

Tale proposta, che si prefigge lo scopo di «prevedere il reato di mobbing e

perseguire penalmente tale comportamento, equiparandolo ad un reato verso la

persona e verso la società», risulta oggi assegnata alla Commissione Giustizia

della Camera.

18. Progetto di legge n. 6667 (“Disposizioni per la tutela della persona da

violenze morali e persecuzioni psicologiche”), di iniziativa del deputato Fiori,

presentato alla Camera il 5 Gennaio 2000.

19. Progetto di legge camera n. 601, “Norme a tutela della libertà e della dignità

della persona dalle molestie sessuali nei luoghi di lavoro”.

20. Progetto di legge Camera n. 5090, “Norme a tutela della persona che lavora

contro le molestie sessuali nei luoghi di lavoro”.

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Page 34: IL MOBBING - Punto di vista giuridico-

Il mobbing nel diritto del lavoro

2.2. QUADRO NORMATIVO EUROPEO

In attesa di una direttiva o regolamento in materia di mobbing, il Parlamento

Europeo ha emesso la risoluzione del 20.09.2001 contro la violenza o le molestie

nei luoghi di lavoro, che riassume i dati a disposizione degli esperti e sottolinea la

necessità di rafforzare le misure per fronteggiare il fenomeno del mobbing.

Per contrastare il fenomeno, il Parlamento raccomanda agli Stati membri di

imporre alle imprese ed ai sindacati l’attuazione di efficaci politiche di

prevenzione, invitando, altresì, la Commissione a combattere il fenomeno del

mobbing sul posto di lavoro ed a valutare l’esigenza di iniziative legislative in tal

senso. La risoluzione esorta, inoltre, gli Stati membri ad uniformare la definizione

del mobbing, sottolineando la loro responsabilità per il mobbing e la violenza in

genere sul posto di lavoro, da combattere attraverso una strategia comune di

lotta.

Nei paesi dell'Unione Europea, il fenomeno del mobbing non è affrontato in

maniera uniforme.

Basterà guardare i Paesi Scandinavi, che sono stati i pionieri del pieno

riconoscimento normativo del mobbing grazie al fondamentale contributo fornito

dagli studi del Prof. Heinz Leymann negli anni '80. In particolare, la Svezia, che è

stata il primo Paese Europeo ha dotarsi di una legge nazionale sul mobbing

attraverso l’Ente Nazionale per la Salute e la Sicurezza Svedese, che - già nel

lontano 1993 - emanò una specifica Ordinanza (AFS 1993/17), entrata in vigore

dieci anni fa (il 31 marzo 1994), recante misure contro qualsivoglia forma di

"persecuzione psicologica" negli ambienti di lavoro. Essa attribuisce particolare

importanza agli aspetti psicologici, sociali ed organizzativi dell'ambiente di lavoro

e addossa al datore di lavoro la responsabilità riguardo all'organizzazione e la

programmazione dell'attività di lavoro. Si tratta di un vero codice

comportamentale delle relazioni sociali all'interno dei luoghi di lavoro. Esiste

inoltre una legge del 1992, che obbliga il datore ad effettuare controlli periodici

nell'ambiente di lavoro e vi è un'altra normativa riguardante la riabilitazione

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Page 35: IL MOBBING - Punto di vista giuridico-

Il mobbing nel diritto del lavoro

professionale che deve essere garantita alle vittime del mobbing.

O ancora, si veda la Norvegia, che ha preferito optare per una tutela a livello

legislativo del mobbing attraverso l’introduzione di una specifica previsione nella

legge sulla tutela dell'ambiente di lavoro del 1977 ad opera del § 12 della legge

24 giugno 1994, n. 41, che così recita: "..I lavoratori non devono essere esposti a

molestie o ad altri comportamenti sconvenienti…..".

Anche nei Paesi Francofoni, notevoli sono stati i passi in avanti compiuti.

In Francia, nel 2000 è stata varata la legge "lutte contre le harcélement moral au

travail" specifica sul mobbing, in cui si legge: "Nessun lavoratore deve subire atti

ripetuti di molestia morale che hanno per oggetto o per effetto un degrado delle

condizioni di lavoro suscettibili di ledere i diritti e la dignità del lavoratore, di

alterare la sua salute fisica o mentale o di compromettere il suo avvenire

professionale. Nessun lavoratore può essere sanzionato, licenziato o essere

oggetto di misure discriminatorie, dirette o indirette, in particolare modo in materia

di remunerazione, di formazione, di riclassificazione, di qualificazione o

classificazione, di promozione professionale, di mutamento o rinnovazione del

contratto, per aver subito, o rifiutato di subire, i comportamenti definiti nel comma

precedente o per aver testimoniato su tali comportamenti o averli riferiti.". Con

questa legge, entrata in vigore il 17 gennaio 2002, la Francia è, dopo la Svezia, il

secondo Paese comunitario ad essersi dotato di uno strumento legislativo per la

lotta contro il mobbing o meglio, in gergo nazionale, l’harcèlement moral. Le due

peculiarità di maggior interesse riguardano l’introduzione dell’istituto

dell’inversione dell’onere della prova (per cui è il soggetto accusato di aver posto

in essere azioni dirette o indirette di violenza morale in ambito lavorativo a dover

dimostrare l’estraneità da qualsiasi forma di responsabilità) e l’introduzione di

un’apposita figura di reato, con l’inserimento nel codice penale francese di una

nuova sezione intitolata, per l’appunto, all’harcèlement moral e di un articolo, il

222-33-2, che sanziona espressamente "il fatto di molestare gli altri attraverso

comportamenti ripetuti aventi per oggetto o per effetto una degradazione delle

condizioni di lavoro suscettibili di ledere i suoi diritti e la sua dignità, di alterare la

sua salute fisica o mentale o di compromettere il suo avvenire professionale", con

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Page 36: IL MOBBING - Punto di vista giuridico-

Il mobbing nel diritto del lavoro

la pena della reclusione fino a un anno o della multa di 15.000 euro.

Si veda poi il Belgio, dove esiste dall'11 Giugno 2002 la legge per regolamentare

il fenomeno. La legge si qualifica per la previsione dell'obbligo per il datore di

lavoro di designare, in accordo con i rappresentanti dei lavoratori, un “Consigliere

per la prevenzione” (interno od esterno a seconda delle dimensioni dell'impresa)

con specifiche competenze psico-sociali in particolare riferite all'ambiente

lavorativo. Le imprese al di sopra di 20 dipendenti, qualunque sia il settore di

attività, dovranno disporre del servizio interno di prevenzione, mentre quelle con

meno di 20 dipendenti che ne sono prive, saranno affiliate ad un servizio esterno

di prevenzione inter-aziendale che raggruppa specialisti di ben cinque discipline

(medicina del lavoro, sicurezza, igiene industriale, ergonomia e psicologia).

Da alcuni anni, grazie all'azione svolta dal sindacato, si è costituita presso i

servizi pubblici per la protezione e prevenzione sul lavoro, una commissione

“d'avviso” composta da rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, con lo

scopo di offrire ai lavoratori vittime del mobbing un'assistenza al di fuori

dell'attività lavorativa.

In Spagna, in data 23 novembre 2001, sono state presentate al "Congreso de los

Deputatos", da parte del Gruppo parlamentare socialista, due nuove proposte di

legge (la n. 122/000157 intitolata "derecho a no sufrir acoso moral en el trabajo" e

la n. 122/000158 intitolata "Organica por la que se incluye un articulo 314 bis en

el Codigo Penal tipiticando el acoso moral en el trabajo") miranti a regolare

normativamente l’acoso moral e, in data 14 aprile 2001, il Parlamento Catalano

ha approvato una "Proposicion no de llei" sul mobbing, nella quale, tra l’altro,

propone di modificare l’attuale legge di prevenzione dei rischi lavorativi in modo

da includere la prevenzione dell’acoso moral tra le obbligazioni del datore di

lavoro.

In Germania, pur non essendoci ancora alcuna legge specifica, alla Volkswagen

nel 1996 è stato firmato un accordo tra azienda e sindacato con l’obiettivo di

prevenire molestie sessuali, mobbing ed ogni forma di discriminazione al fine di

creare un clima di lavoro positivo basato sulla reciproca collaborazione e il 23

dicembre 1988 è stato sottoscritto il "Betriebsverfassungsgesetz" (BetrVG), ossia

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Page 37: IL MOBBING - Punto di vista giuridico-

Il mobbing nel diritto del lavoro

un accordo sul mobbing nell’area del pubblico impiego.

In Austria è rinvenibile un’esplicita menzione del termine mobbing, all'interno del

piano d'azione per la parità uomo-donna approvato il 16 maggio 1998, che così

recita: "Tra i comportamenti che ledono la dignità delle donne e degli uomini nel

luogo di lavoro vanno annoverati in particolare le espressioni denigratorie, il

mobbing e la molestia sessuale. Le collaboratrici devono essere edotte sulle

possibilità giuridiche di tutela delle molestie sessuali".

In Svizzera, in assenza di una normativa specifica sul mobbing, forme di tutela

adeguate sono apprestate attraverso l'applicazione di norme generali poste a

tutela della salute fisica e psichica dettate dalla Legge federale sul lavoro e da

quella sull'uguaglianza tra donne e uomini, dal Codice delle obbligazioni nonché

da alcune disposizioni del Codice Penale.

In Gran Bretagna è in discussione una proposta di legge che, pur non tenendo

conto della dimensione collettiva o dell'organizzazione del lavoro come fattori alla

base del mobbing, dispone l'adozione da parte del datore di lavoro di una politica

mirata a prevenire il fenomeno da sottoporre alla consultazione dei

rappresentanti sindacali e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.

Anche a livello internazionale hanno cominciato ad interessarsi al problema le

grandi Organizzazioni specializzate dell'ONU, come l'OMS (Organizzazione

Mondiale della Sanità) e l'ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) che ha

promosso azioni contro la violenza sul luogo di lavoro. Quest’ultima, in un recente

studio (promosso nel corso della Conferenza Internazionale sul trauma sul luogo

di lavoro" tenutasi l’8-9 Novembre 2000 a Johannesburg,), intitolato "La violenza

sul lavoro: la minaccia globale", ha chiarito come non tutta la violenza sia fisica e

ha riconosciuto il grande impatto sul lavoro della violenza psicologica, categoria a

cui ha ricondotto diversi comportamenti, tra cui anche il mobbing ed il bullying. Da

questa ricerca è emerso un nuovo approccio alla violenza sul lavoro, che

attribuisce uguale enfasi sia ai comportamenti lesivi dell’integrità fisica del

lavoratore, sia a quelli che mirano ad intaccare il suo equilibrio psicologico.

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Page 38: IL MOBBING - Punto di vista giuridico-

Il mobbing nel diritto del lavoro

2.3. CONCLUSIONE

Comunque, nel nostro Paese, in considerazione della carenza esistente in materia

e della crescente domanda di tutela proveniente dai lavoratori, la questione

mobbing è stata finora affrontata soprattutto a livello giurisprudenziale e dottrinale

con l’utilizzo degli strumenti legislativi vigenti.

Viceversa, in ambito legislativo, l’elemento costante di armonia delle varie

proposte di legge italiane e delle varie norme sul tema è sempre quello di adottare

definizioni ampie e ricche di casistica che mal si conciliano con l’effettiva esigenza

di tutela di chi ricorre alla vie giudiziarie e affronta l’enorme ostacolo dell’onere

probatorio a suo carico.

Al di là della circostanza evidente che adottare una definizione ampia e flessibile -

com’era stato fatto nella Legge Regione Lazio -, pone seri problemi di

costituzionalità, soprattutto laddove si prevedano sanzioni amministrative e

pecuniarie per il presunto mobber, resta ancora la necessità di prefigurare

correttamente gli estremi giuridici che connotato in astratto l’illegittimità del

comportamento mobbizzante.

Il rischio principale è di ripetere gli errori del passato, con definizioni (come è stato

per quella che sanciva il reato di plagio, poi abrogata perché dichiarata

incostituzionale) che implichino una “probatio diabolica” (cioè una prova

impossibile da fornire) a tutti gli effetti o che siano troppo vaghe per ricondurvi le

peculiarità di ogni caso specifico.

In realtà, in Italia, nell’enorme prolificare legislativo che vi è stato, soprattutto con

riguardo alle garanzie e alle forme di tutela offerte ai lavoratori, esistono già, come

visto, sia a livello costituzionale che legislativo primario (civile e penale), tanti

strumenti normativi validi per garantire al singolo una tutela specifica contro il

mobbing. Pur in assenza di una definizione scritta da parte del legislatore, l’illecito

derivante e l’ingiustizia conseguente, è sanzionata opportunamente con forme

risarcitorie ed inibitorie che ampiamente offrono ristoro alla potenziale vittima.

Basterà focalizzare l’attenzione su quelle che comunemente vengono elencate

come fattispecie tipiche del mobbing (dequalificazione, violenza morale, abuso del

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Page 39: IL MOBBING - Punto di vista giuridico-

Il mobbing nel diritto del lavoro

potere gerarchico o disciplinare, calunnie sistematiche, ingiuria e/o diffamazione,

maltrattamenti ed offese verbali, etc…) per constatare che il maggior numero di

esse costituiscono, in linea di astratta previsione, fattispecie penalmente rilevanti

e/o integrano ipotesi tipiche di violazioni di obblighi del datore di lavoro.

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Il mobbing nel diritto del lavoro

3. LA GIURISPRUDENZA ITALIANA

La giurisprudenza (e cioè le decisioni dei giudici di legittimità e di merito), ha

sostanzialmente “tappato il buco” venutosi a creare a livello legislativo nazionale,

attraverso una serie di sentenze e di provvedimenti che hanno progressivamente

nel tempo rafforzato la tutela dei lavoratori da danni per mobbing.

Più precisamente, si è osservata una crescente presa di posizione da parte dei

giudici del lavoro nei riguardi del già esposto fenomeno, tanto da poter riscontrare

un percorso evolutivo che, partendo dalle prime timide sentenze di

riconoscimento della problematica di specie con una serie di limiti e di vincoli ed

un ambito di applicabilità assai ristretto, attualmente concede al mobbing spazi di

applicazione di tutela assai vasti ed eterogenei tra loro, con un onere probatorio a

carico del dipendente assai ridotto rispetto anche al passato più prossimo.

Per somme linee si può affermare che originariamente per danno da mobbing era

strettamente inteso quello relativo alla lesione dell’integrità psico – fisica del

lavoratore, da cui scaturiva una malattia; si trattava, in sintesi, di un danno non

patrimoniale di natura extracontrattuale.

Successivamente, i giudici (esemplare in tal senso la sentenza del Tribunale di

Tempio Pausania del 10.07.2003 n. 15718) hanno esteso il concetto di danno non

patrimoniale da mobbing, includendo in esso oltre al danno biologico anche il

danno esistenziale, comprendente il danno da demansionamento, il danno

all’immagine e, più in generale, le sofferenze patite dal lavoratore per aver

lavorato per un certo lasso di tempo in un ambiente ostile ove ripetutamente

venivano emessi nei suoi confronti provvedimenti disciplinari e non, aventi natura

pregiudizievole.

Ulteriore passo in avanti si è avuto con la sentenza della Cassazione, sezione

lavoro del 2.01.2002 n. 1019. Tale sentenza ha aperto la strada ad un danno

18 Vedi: www.studiolegalelaw.it

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Il mobbing nel diritto del lavoro

patrimoniale da mobbing, inteso come lesione del fondamentale diritto al lavoro

da considerarsi soprattutto come mezzo di estrinsecazione della personalità di

ciascun cittadino e dell’immagine e della professionalità del dipendente. In

pratica, quando viene lesa la dignità professionale del lavoratore (quale esigenza

umana di manifestare la propria utilità e le proprie capacità nel contesto

lavorativo) viene danneggiato un bene immateriale per eccellenza, non stimabile

economicamente, ma comunque rilevante sul piano patrimoniale (per la sua

attinenza agli interessi personali del lavoratore), determinabile necessariamente

solo in via equitativa. Detto provvedimento è assai importante perché permette,

tra l’altro, di superare il concetto pregresso che la mortificazione della

professionalità del lavoratore potesse dar luogo a risarcimento solo ove venisse

fornita la precisa prova dell’effettiva sussistenza di un danno patrimoniale; si

afferma infatti in suddetta sentenza che la prova è già insita nell’affermazione del

diritto fondamentale del lavoratore al riconoscimento ed alla tutela del bene a

carattere immateriale del valore superiore della professionalità.

Ulteriori sentenze (Tribunale di Pisa 3.10.200120 ed alcune pronunce della Corte

di Cassazione del 200321) si sono poi spinte fino a considerare il danno morale,

inteso quale “prezzo del dolore” che incide prettamente sulla sfera privata

attraverso una compromissione della personalità, risarcibile autonomamente

rispetto a cd. danno biologico. Si è infatti argomentato che ben può capitare che

un lavoratore subisca una evidente lesione della sua personalità morale senza

alcun danno psichico, allorquando il destinatario della pressione o della

vessazione – per sua fortuna – possegga risorse proprie che gli consentano di

superare indenne il comportamento vietato, così avvertendo un pregiudizio della

sua personalità, ma senza alcuna conseguenza permanente nelle sue capacità

psico fisiche. Ebbene, tale danno morale sfugge ai dettami codicistici (di cui

all’art. 2058 c.c. e 185 c.p.) in virtù dei quali il danno morale è intanto risarcibile in

quanto correlato ad un fatto illecito che sostanzi gli estremi di un fatto reato

perseguibile penalmente. Si è, in parole povere, dedotto che il danno morale da

mobbing può assurgere a figura autonoma, risarcibile in via equitativa, scisso da

19 Vedi: www.lavoropa.it/archivio/0/700/780/789/CorteCassazione2gennaio2002n10.pdf 20 Vedi: www.unicz.it/lavoro/SENTENZE_TOSCANE.htm 21 Vedi: www.infoius.it/sentenze/cass_2003/default.asp

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Page 42: IL MOBBING - Punto di vista giuridico-

Il mobbing nel diritto del lavoro

qualsiasi collegamento sia con il danno biologico sia con la commissione di un

fatto illecito che costituisca reato.

Infine, va segnalata la sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite del

4.05.2004 n. 8438 22. Detta sentenza, avente a presupposti un’azione giudiziaria

da mobbing per demansionamento, vessazioni e prevaricazioni di un lavoratore

da parte del datore di lavoro, evidenzia che la fattispecie di responsabilità, pur

quando il mobbing possa essere riferito ad ipotesi di pratiche vessatorie poste in

essere da uno o più soggetti diversi per danneggiare un lavoratore in modo

sistematico nel suo ambiente di lavoro, è prettamente riconducibile alla violazione

di obblighi contrattuali derivanti dal rapporto di impiego. Controversie aventi

siffatta natura attengono, infatti, a diritti soggettivi derivanti direttamente dal

medesimo rapporto di lavoro che vengono violati, nell’esercizio di tipici poteri

datoriali, da condotte lesive del principio negoziale di protezione delle condizioni

di lavoro e della stessa tutela della professionalità prevista dall’art. 2103 c.c.

L’importanza di tale pronuncia è di aver operato il definitivo passaggio dal

concetto iniziale limitato di mobbing quale malattia del lavoratore avente natura

extracontrattuale e sfera non patrimoniale, ad un concetto di lesione da mobbing

quale estrinsecazione di una violazione di diritti soggettivi che vengono disciplinati

e ricevono tutela nell’ambito delle stesse regole negoziali inserite nel contratto di

lavoro.

3.1. ALCUNE SENTENZE

22 Vedi: http://www.legge-e-giustizia.it/2004

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Il mobbing nel diritto del lavoro

1. Tribunale di Torino, sentenza del 16 Novembre 1999

Giudice Ciocchetti - Erriquez c. Ergom

Risarcibilità ai sensi dell'art. 2087 c.c. e dell'art. 32 Cost. - Il mobbing come fatto

notorio - Danno psichico temporaneo.

Questa decisione costituisce la prima sentenza con cui un giudice italiano si

avvale del mobbing per definire ed inquadrare il comportamento aggressivo e

molesto di un superiore gerarchico nei confronti di un dipendente. Oggetto di

giudizio è il caso di un'impiegata costretta a svolgere le sue mansioni in uno

spazio angusto, isolato dai colleghi di lavoro e adibito a deposito e ripetutamente

insultata dal capo reparto per le lamentele relative a tale trattamento. A causa di

tale situazione, dopo circa 5 mesi dall'inizio dell'attività lavorativa la ricorrente si

assenta dal lavoro per malattia avendo contratto una grave forma di depressione

con frequenti stati di pianto ed agorafobia.

Il Tribunale di Torino con tale decisione: a) qualifica il mobbing come "fatto

notorio" ex art. 115 c.p.c. comma II, e quindi tale da non esigere dimostrazione

alcuna in giudizio, b) afferma la responsabilità contrattuale del datore di lavoro ex

art. 2087 c.c. in combinato disposto con l'art. 32 Cost., per i danni psicologici

subiti dalla dipendente e dovuti ai trattamenti incivili ed ingiuriosi posti in essere

dal suo preposto; c) non ritiene necessario ricorrere alla consulenza tecnica

d'ufficio per l'accertamento del danno subito dalla ricorrente, dal momento che

idonei certificati clinici ed univoche testimonianze ricollegano l'insorgenza della

patologia al tempo in cui la vittima è stata sottoposta al mobbing; d) accerta la

mancanza di postumi di natura permanente e condanna la convenuta alla

liquidazione del danno biologico temporaneo assoluto, calcolato in via equitativa.

2. Tribunale di Torino, sentenza del 30 Dicembre 1999

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Il mobbing nel diritto del lavoro

Giudice Ciocchetti - Stomeo c. Ziliani s.p.a.

Responsabilità ai sensi dell'art. 2087 c.c. e art. 32 Cost. - Il mobbing come fatto

notorio - Danno psichico temporaneo.

A distanza di un mese e mezzo dalla prima decisione il Tribunale di Torino torna

a pronunziarsi relativamente ad un altro caso di mobbing. La fattispecie è relativa

ad una lavoratrice che viene indotta dal presidente della società per cui lavorava

a dimettersi, in quanto la società stessa era venuta a conoscenza della

circostanza che il di lei convivente aveva iniziato a prestare attività lavorativa per

una società concorrente. Dopo un colloquio richiesto dalla società resistente

avente ad oggetto tale circostanza, la ricorrente entrava in malattia;  cosicché la

società assumeva a tempo indeterminato un'altra lavoratrice con attribuzione a

quest'ultima delle mansioni già assegnate alla dipendente assente; inoltre la

stessa società , al rientro della malattia, attribuiva alla ricorrente  mansioni

dequalificanti. In seguito al comportamento del datore di lavoro la ricorrente

accusava sindrome ansioso-depressiva, insonnia, ansia, inappetenza e crisi di

pianto.

Il Tribunale di Torino, con tale decisione riafferma i principi già enunciati nella

precedente sentenza del 16.11.1999, per quanto attiene a) la qualificazione del

mobbing come fatto notorio; b) l'accertamento del danno e del relativo nesso

causale, sulla base dei certificati clinici e delle univoche testimonianze, ritenendo

superfluo l'ausilio della consulenza d'ufficio; c) l'accertamento della responsabilità

del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. in combinato disposto con l'art. 32 Cost.; d)

l'accertamento della mancanza di postumi di natura permanente. Il caso  de quo

è una tipica ipotesi di mobbing orizzontale; il mobber, infatti, è il datore di lavoro e

non un preposto. Lo schema giuridico che il Tribunale applica  è arricchito dall'art.

2103 c.c, stante il danno da dequalificazione subito dalla dipendente rimasta

vittima di pratiche di mobbing.

3. Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza dell'8 Gennaio 2000, n. 143

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Il mobbing nel diritto del lavoro

Pres. Trezza - Rel. Prestipino - Filonardi c. Henkel s.p.a.

Accuse di mobbing - Mancata prova - Giusta causa di licenziamento.

Con tale pronuncia la Suprema Corte conferma le sentenze di merito che

avevano ritenuto giustificato il licenziamento comminato alla dipendente, in

seguito alla diffusione di accuse diffamatorie da parte della lavoratrice ai danni

dell'azienda. La ricorrente, a sostegno delle proprie ragioni, esponeva che fin dal

giorno della sua assunzione in servizio avvenuta nel 1974 aveva svolto la propria

attività lavorativa con piena soddisfazione sua e dei suoi superiori ma che, a

partire dall'anno 1985, quando era stato sostituito il capo del personale e a causa

del rifiuto che aveva opposto alle insistenti attenzioni di natura extra

professionale rivoltole dal suo superiore, aveva cominciato a subire un'opera di

“boicottaggio”, con irrogazione di sanzioni disciplinari e arresto della carriera, poi

culminata nel licenziamento, Con l'indicata decisione la Corte di Cassazione: a)

definisce il mobbing come quel fenomeno che consiste nell'aggressione della

sfera psichica altrui; b) pone a carico del lavoratore l'onere della prova del

mobbing; c) stabilisce che il mancato raggiungimento di tale prova giustifica la

comminazione di un licenziamento per giusta causa per violazione del rapporto di

fiducia.

E' bene, per non fraintendere il valore e la portata applicativa di tale precedente,

chiarire che la Corte di Cassazione e i giudici di merito, nel pervenire all'indicato

giudizio, sono stati influenzati non soltanto dal mancato assolvimento, ad opera

della ricorrente, del suo onere probatorio, ma anche dal comportamento della

stessa la quale, prima del licenziamento, aveva affidato le sue accuse all'azienda

ad un comunicato stampa, che successivamente risultò firmato dal marito.

4. Suprema Corte di Cassazione Sezione Lavoro, sentenza del 25

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Il mobbing nel diritto del lavoro

Maggio 2000, n. 5491

Francesco Florindo c. Ansaldo Industria s.p.a.

Accuse di mobbing- onere della prova a carico del lavoratore

Con questa sentenza la Suprema Corte riconosce il diritto del lavoratore, che sia

vittima di comportamenti "persecutori", al risarcimento del "danno biologico" ma

ribadisce che il riconoscimento di tale diritto è condizionato alla dimostrazione

dell'esistenza di un "nesso causale" tra il comportamento del datore di lavoro ed il

pregiudizio alla propria salute.

Il caso oggetto di giudizio è quello di un lavoratore impegnato nell'attività

sindacale, che lamenta di aver subito un comportamento persecutorio da parte

del datore di lavoro, il quale gli aveva spesso inflitto sanzioni risultate poi

illegittime. Questi soprusi determinano nel lavoratore l'insorgenza di disturbi

nervosi con somatizzazioni (nausea, vomito, dolori epigastrici), i quali inducono la

vittima ad avanzare richiesta di risarcimento del danno biologico.

Il Pretore, in primo grado, accoglie il ricorso, in secondo grado la decisione viene

riformata, sicché il lavoratore ricorre in Cassazione. La Suprema Corte, però

rigetta la domanda ritenendo il lavoratore non abbia provato l'esistenza di un

rapporto di causalità tra la condotta del datore di lavoro ed il danno alla salute.

5. Tribunale di Forlì, sentenza del 15 Marzo 2001

Estensore Sorgi - Mulas c. Banca Antoniana Popolare.

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Page 47: IL MOBBING - Punto di vista giuridico-

Il mobbing nel diritto del lavoro

Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale - Danno esistenziale.

Con questa sentenza il Tribunale di Forlì individua un caso di mobbing attraverso

la ricostruzione della storia professionale del ricorrente: dipendente modello della

Banca convenuta per la quale lavorava da oltre un ventennio, con riconoscimento

assoluto delle proprie capacità e della propria professionalità fino al momento in

cui qualcosa cambia e da dipendente modello in piena ascesa professionale

diventa, nel volgere di pochi anni, un problema da gestire per la Banca. Le

qualifiche professionali si abbassano, si stenta a trovare per lui un ruolo

professionale effettivo, viene trasferito da Forlì, sede di suo gradimento, a Rimini

e non viene considerato per lui più nessun avanzamento in carriera.

Tale sentenza è profondamente innovativa rispetto alle pronunce del Tribunale di

Torino che l'hanno preceduta. Il Tribunale di Forlì, infatti: a) non si affida al

principio del "fatto notorio" ex art. 115, 2° comma c.p.c.; b) non attribuisce piena

ed esclusiva efficacia probatoria ai certificati medici prodotti dal ricorrente a

sostegno della risarcibilità del danno; b) dispone un preventivo colloquio del

lavoratore con uno specialista; c) affronta il tema del risarcimento del danno alla

salute sotto il duplice profilo della responsabilità contrattuale ex art. 2087 c.c. ed

extracontrattuale ex art. 2043 c.c; e) ritiene il danno esistenziale congeniale a

situazioni di mobbing.

4. PREVENZIONE DEL MOBBING

Ricapitoliamo:

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Il mobbing nel diritto del lavoro

il mobbing esiste;

il mobbing non è una malattia;

il mobbing può indurre a patologie;

il mobbing è un pericolo;

il mobbing sul posto di lavoro consiste in un comportamento ripetuto e

immotivato, o una singola decisione ingiustificata le cui conseguenze si

protraggono nel tempo, rivolto contro un dipendente o un gruppo di

dipendenti, tale da creare un rischio per la salute e la sicurezza;

il mobbing può essere verticale, esercitato dai vertici verso la “base”, (ed in

questi casi viene anche definito bossing) o in verso opposto, dalla base

contro il vertice; e può essere orizzontale, esercitato tra colleghi di pari

grado;

il mobbing genera delle diseconomie aziendali e sociali;

l'organizzazione del lavoro è un fattore di rischio;

la salute del lavoratore è un bene sociale;

un generale interesse collettivo deve essere istituzionalmente tutelato;

uno stato di pericolo per la salute del lavoratore è penalmente sanzionato;

il datore di lavoro ha il compito di valutare tutti i rischi per la sicurezza e la

salute dei lavoratori;

la salute è uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale del

soggetto.

La prevenzione in un ambiente di lavoro, intesa a migliorare la vita lavorativa e,

nel caso del mobbing, ad evitare l'emarginazione sociale, deve procedere

attraverso due canali ben definiti:

la prevenzione aziendale

la prevenzione istituzionale

La prevenzione aziendale, intesa come miglioramenti apportati all'ambiente di

lavoro.

Secondo l'Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro sono:

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Il mobbing nel diritto del lavoro

dare ai singoli lavoratori la possibilità di scegliere le modalità di esecuzione

del proprio lavoro;

diminuire l'entità delle attività monotone e ripetitive;

aumentare le informazioni concernenti gli obiettivi;

sviluppare uno stile di leadership;

evitare definizioni imprecise di ruoli e mansioni.

Sempre nell'ambito della prevenzione aziendale vanno sicuramente inserite tutte

quelle attività che tendono a sviluppare una cultura organizzativa i cui standard e

valori siano contro il mobbing:

una consapevolezza, da parte di tutti, del significato di mobbing;

indagare l'estensione e la natura del fenomeno;

sollecitare l'impegno etico dei datori di lavoro e dei lavoratori dipendenti a

creare un ambiente in cui non ci sia posto per il mobbing;

delineare i tipi di azione che sono accettabili e quelli che non lo sono;

esporre le conseguenze dell'infrazione degli standard e dei valori

dell'organizzazione, con le relative sanzioni;

indicare dove e come le vittime possono trovare un aiuto;

impegnarsi ad impedire che i fatti segnalati producano ripercussioni sul

testimone;

spiegare la procedura per segnalare gli episodi da mobbing;

chiarire il ruolo dei dirigenti, supervisori, colleghi e rappresentanti sindacali;

dettagliare i servizi di consulenza e di supporto disponibili per la vittima e

per chi pratica il mobbing;

mantenere la riservatezza;

distribuire/comunicare efficacemente gli standard ed i valori

dell'organizzazione a tutti i livelli organizzativi, tramite manuali, riunioni

informative, opuscoli, etc..;

fare in modo che gli standard ed i valori dell'organizzazione siano noti ed

osservati da tutti i lavoratori dipendenti;

migliorare la responsabilità e la competenza del management per quanto

riguarda la gestione dei conflitti e la comunicazione;

stabilire un contatto indipendente per i lavoratori;

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Il mobbing nel diritto del lavoro

coinvolgere i dipendenti ed i loro rappresentanti nella valutazione del rischio

e nella prevenzione del mobbing.

La prevenzione istituzionale deve elaborare modelli di riferimento, linee guida,

procedure, metodologie di analisi, verificare e controllare se e come il fenomeno

sia stato affrontato nelle aziende o nelle unità produttive, utilizzando la sanzione

penale con lo spirito e le finalità preventive che gli istituti legislativi oggi

permettono, con tutti gli altri strumenti, di “rimuovere” lo “stato di pericolo” nel più

breve tempo possibile.

In questo scenario dato dalla prevenzione aziendale e dalla prevenzione

istituzionale, le forze sindacali sono indiscutibilmente una parte attiva, costruttiva

e propositiva: il sindacato deve definire e proporre codici di condotta per la tutela

della dignità del lavoratore che deve ispirarsi ai principi di correttezza nelle

relazioni interpersonali. Le organizzazioni sindacali dovranno effettuare azioni

divulgative sul fenomeno mobbing attraverso convegni, pubblicazioni, marketing

sociale, analisi dei processi lavorativi promotori di patologie, studio ed analisi delle

proposte istituzionali finalizzate alla tutela della salute ed allo sviluppo delle risorse

umane ed alla formazione mirata allo sviluppo delle competenze.

SCHEDA

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Il mobbing nel diritto del lavoro

COME FERMARE IL MOBBING

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Il mobbing nel diritto del lavoro

Oltre alla disciplina giurisprudenziale, esistono moltissimi siti che trattano

l'argomento e che offrono informazioni e assistenza on-line e sul territorio. Basta

digitare “assistenza mobbing” su un qualunque motore di ricerca e si perviene ad

una grande quantità di contatti, sfruttabili attraverso una moltitudine di progetti,

iniziative e attività preposte al riconoscimento, alla denuncia e, quindi, alla

prevenzione e repressione del mobbing.

Un esempio ne sono questi indirizzi:

www.mobbing.comunitaeuropea.com

www.ugl.it/ugl/mobbing/Page.asp

www.buoniesempi.it/scheda.asp

www.101professionisti.it/guide/mobbing/home.aspx

www.girodivite.it

www.provincia.le.it/sis/doc/propleggemobbing.doc

www.aziendalex.kataweb.it/article

www.riflessioni.it/testi/mobbing.htm

www.ausl.pe.it/mobbing/mobbing.htm

www.uil.it

www.unicam.it/ssdici/mobbing/mobb5III_00.html

www.studiolegale-online.net/assistenza_legale.php

e molti altri ancora.

5. CONCLUSIONE

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Il mobbing nel diritto del lavoro

Le uniche strategie imprescindibili sono quelle atte a prevenire il fenomeno ed

aggredire le sue manifestazioni.

E' necessario intervenire sull'organizzazione del lavoro e su un efficace ed

efficiente processo formativo ed informativo dei lavoratori a tutti i livelli operativi,

attraverso un'adeguata valutazione del rischio.

Vista l'interdisciplinarità con la quale si deve affrontare una problematica

complessa è assolutamente indispensabile raggiungere una “uniformità di

linguaggio” da parte di tutte quelle professioni coinvolte nel processo.

Il fenomeno deve essere riconosciuto, assimilato, interiorizzato dall'azienda e dai

lavoratori per poter essere riconosciuto, combattuto ed eliminato il più presto

possibile, ossia aggredirlo quando rappresenti un rischio non accettabile. La

vigilanza ed il controllo istituzionale sono imprescindibili, perché stiamo

affrontando fenomeni e problemi, ossia pericoli e rischi per la salute e la sicurezza

dei lavoratori che sono dei beni sociali e come tali costituiscono un generale

interesse collettivo e quindi istituzionalmente tutelato, e lo stato di pericolo per un

lavoratore deve essere penalmente sanzionato.

Il lavoro è uno dei momenti fondamentali di autorealizzazione dell'individuo; la

menomazione di questa opportunità per conflitti interpersonali nei luoghi di lavoro

o per decisione dell'azienda, ente o amministrazione pubblica è un fatto

gravissimo sia sotto l'aspetto della tutela individuale della persona, sia perché

genera delle diseconomie interne ed esterne, dirette ed indirette al luogo di lavoro.

La cooperazione nel lavoro è la miglior strada per un'adeguata utilizzazione e

valorizzazione delle risorse umane e per questo è necessario trovare un metodo

che riveli e non nasconda i legami, le articolazioni, le solidarietà, le implicazioni, le

connessioni, le interdipendenze e le complessità. La convergenza di interessi tra

imprese, lavoratori, istituzioni e rappresentanze delle forze sociali è a questo

punto evidente, ed è per questo che il percorso di soluzione del problema e tutela

dal fenomeno deve essere tracciato da tutti i soggetti che ne sono coinvolti, così

da creare una sistema che valuti realmente tutte le problematiche emergenti e si

adoperi per risolverle.

Bibliografia

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Il mobbing nel diritto del lavoro

”Il Mobbing in Italia. Introduzione al Mobbing culturale”

Ege H., 1997, Pitagora Editrice, Bologna

“Mobbing. Che cos'è il terrore psicologico sul posto di lavoro”

Ege H., 1996, Pitagora Editrice, Bologna

”Stress e Mobbing”

Ege H., Lancioni M., 1998, Pitagora Editrice, Bologna

”I numeri del Mobbing. La prima ricerca italiana”

Ege H., 1998, Pitagora Editrice, Bologna

“Stop Mobbing”

Casilli A. A., 2000, Derive Approdi, Roma

”Mobbing: conoscerlo per vincerlo”

Ege H., 2001, Franco Angeli, Milano

“Cattivi capi e cattivi colleghi”

Gilioli A. e R., Ed. Mondadori, 2000

“Mobbing. Vessazioni sul lavoro”

Monateri P. G., Bona M., Oliva U., Giuffrè editore, Milano, 2000

“La valutazione peritale del danno da mobbing”

Ege H., Giuffrè editore, Milano, 2002

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