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Grifone Bimestrale dell’ENTE FAUNA SICILIANA “associazione naturalistica di ricerca e conservazione” - ONLUS ADERENTE ALLA FEDERAZIONE NAZIONALE PRO NATURA 31 dicembre 2012 ANNO XXI n. 6 (115) I diritti degli animali: una riflessione su noi stessi? ** ISSN 1974-3645 nostri rapporti con gli animali sono molteplici: li mangiamo, li allevia- mo per utilizzarli come cibo o per avere altri prodotti, sperimentiamo su di essi gli effetti di farmaci e sostanze di ogni tipo, li utilizziamo nel lavoro, li uccidiamo in attività sportive come la caccia e la pesca, li lottiamo in quanto nemici o in quanto pericolosi, li scegliamo come amici, li modifichiamo attraverso incroci secon- do nostri capricci o fini particolari (cani, gatti, uccelli, ecc.), li amiamo, pretendiamo di salvarli dall’estinzione, li ammi- riamo esteticamente, li imitiamo, li studiamo, li collezioniamo da vivi o da morti. Per fermarsi al più appariscente dei rappor- ti, mangiare altri animali è senza alcun dubbio una attività che fa parte delle origini della nostra specie, che è una spe- cie animale onnivora; è anche probabile che la predazione esercitata dall’uomo abbia contri- buito alla estinzione di molte specie durante l’ultima era glaciale. In questa fase la predazio- ne dell’uomo non aveva, però, caratteristiche molto diverse dalla predazione effettuata da molte altre spe- cie: le prede erano uccise per cibarsene. L’allevamento di animali a scopo alimen- tare appare, invece, il frutto dell’evoluzione culturale. L’allevamento comporta anche la uccisione degli animali allevati. Inoltre le specie allevate subiscono spesso gravi menomazioni della loro natura (basti pen- sare alle caratteristiche degli allevamenti, di Pietro Alicata all’inseminazione artificiale, all’impedimen- to dell’allattamento, alla reclusione nelle gabbie, ecc.). Questa attività non trova un equivalente in natura. Nel caso delle formi- che, il rapporto con gli afidi e altre specie che producono sostanze delle quali si alimentano non comporta una predazione, anzi si tratta di un rapporto simbiotico. Una qualche analogia si riscontra nelle formiche schiaviste, che compiono incursioni nei nidi di altre specie per rapire le pupe di operaie di altre specie; queste divenute adulte nella colonia della specie schiavista lavoreranno per il successo della società in cui sono state inserite comportandosi come le operaie che le hanno rapite; ma lo fanno senza costrizioni, in quanto si iden- tificano con la specie nel cui nido hanno fatto l’ultima muta. Lo stretto rapporto con gli animali che utilizziamo ci ha portato a constatare le affinità delle loro esistenze con quella nostra e a porci domande sui nostri com- portamenti nei loro confronti. A differenza di quanto avviene nei confronti delle piante, riconosciamo in loro una sensibilità al do- lore simile alla nostra, e, in diverse specie, sentimenti e intelligenza confrontabili con i nostri. Uno degli effetti delle riflessioni su questo argomento è il domandarsi se ucciderli e infliggere ad essi sofferenze è etica- mente riprovevole, come lo è nei confronti degli uomini. Insomma, hanno gli animali dei diritti? O, ponendo diversamente il problema, abbiamo noi doveri nei confronti degli animali con cui entriamo in stretto rapporto? Sarebbe erroneo cre- dere che la sensibilità nei confronti della vita degli animali sia una acquisi- zione recente, indotta da processi di evoluzione culturale legata alla svi- luppo del pensiero ecolo- gico e della cultura della conservazione, dalla per- cezione della scomparsa dei paesaggi naturali e della crisi della biodiversi- tà. In realtà, la riflessione su questi temi è antichissima ed è presente in culture molto diverse. Le fonti letterarie antiche greche e romane fanno risalire a Pitagora un rispetto profondo per gli animali, ritenendoli egli legati agli umani attraverso la metempsicosi (reincarnazione dell’anima dopo la morte in altri esseri viventi in ine- sauribili cicli), e Ovidio nelle Metamorfosi mette in bocca a Pitagora ammonimenti, ben più forti del più acceso degli animalisti:

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Grifone1 31 dicembre 2012

Bimestrale dell’ENTE FAUNA SICILIANA“associazione naturalistica di ricerca e conservazione” - ONLUS

ADERENTE ALLA FEDERAZIONE NAZIONALE PRO NATURA

31 dicembre 2012 ANNO XXI n. 6 (115)

I diritti degli animali:una riflessione su noi stessi?

Grifone** ISSN 1974-3645

I nostri rapporti con gli animali sono molteplici: li mangiamo, li allevia-mo per utilizzarli come cibo o per avere altri prodotti, sperimentiamo su di essi gli effetti di farmaci e sostanze di ogni tipo, li utilizziamo nel lavoro, li uccidiamo in attività sportive come la caccia e la pesca, li lottiamo in quanto nemici o in quanto pericolosi, li scegliamo come amici, li modifichiamo attraverso incroci secon-do nostri capricci o fini particolari (cani, gatti, uccelli, ecc.), li amiamo, pretendiamo di salvarli dall’estinzione, li ammi-riamo esteticamente, li imitiamo, li studiamo, li collezioniamo da vivi o da morti.

Per fermarsi al più appariscente dei rappor-ti, mangiare altri animali è senza alcun dubbio una attività che fa parte delle origini della nostra specie, che è una spe-cie animale onnivora; è anche probabile che la predazione esercitata dall’uomo abbia contri-buito alla estinzione di molte specie durante l’ultima era glaciale. In questa fase la predazio-ne dell’uomo non aveva, però, caratteristiche molto diverse dalla predazione effettuata da molte altre spe-cie: le prede erano uccise per cibarsene. L’allevamento di animali a scopo alimen-tare appare, invece, il frutto dell’evoluzione culturale. L’allevamento comporta anche la uccisione degli animali allevati. Inoltre le specie allevate subiscono spesso gravi menomazioni della loro natura (basti pen-sare alle caratteristiche degli allevamenti,

di Pietro Alicataall’inseminazione artificiale, all’impedimen-to dell’allattamento, alla reclusione nelle gabbie, ecc.). Questa attività non trova un equivalente in natura. Nel caso delle formi-che, il rapporto con gli afidi e altre specie che producono sostanze delle quali si alimentano non comporta una predazione, anzi si tratta di un rapporto simbiotico. Una qualche analogia si riscontra nelle formiche schiaviste, che compiono incursioni nei

nidi di altre specie per rapire le pupe di operaie di altre specie; queste divenute adulte nella colonia della specie schiavista lavoreranno per il successo della società in cui sono state inserite comportandosi come le operaie che le hanno rapite; ma lo fanno senza costrizioni, in quanto si iden-tificano con la specie nel cui nido hanno fatto l’ultima muta.

Lo stretto rapporto con gli animali che

utilizziamo ci ha portato a constatare le affinità delle loro esistenze con quella nostra e a porci domande sui nostri com-portamenti nei loro confronti. A differenza di quanto avviene nei confronti delle piante, riconosciamo in loro una sensibilità al do-lore simile alla nostra, e, in diverse specie, sentimenti e intelligenza confrontabili con i nostri. Uno degli effetti delle riflessioni su questo argomento è il domandarsi se

ucciderli e infliggere ad essi sofferenze è etica-mente riprovevole, come lo è nei confronti degli uomini. Insomma, hanno gli animali dei diritti? O, ponendo diversamente il problema, abbiamo noi doveri nei confronti degli animali con cui entriamo in stretto rapporto?

Sarebbe erroneo cre-dere che la sensibilità nei confronti della vita degli animali sia una acquisi-zione recente, indotta da processi di evoluzione culturale legata alla svi-luppo del pensiero ecolo-gico e della cultura della conservazione, dalla per-cezione della scomparsa dei paesaggi naturali e della crisi della biodiversi-tà. In realtà, la riflessione

su questi temi è antichissima ed è presente in culture molto diverse. Le fonti letterarie antiche greche e romane fanno risalire a Pitagora un rispetto profondo per gli animali, ritenendoli egli legati agli umani attraverso la metempsicosi (reincarnazione dell’anima dopo la morte in altri esseri viventi in ine-sauribili cicli), e Ovidio nelle Metamorfosi mette in bocca a Pitagora ammonimenti, ben più forti del più acceso degli animalisti:

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“Fermatevi esseri umani, non dissacra-te i vostri corpi con alimenti empi. Ci sono le colture, ci sono le mele che pendono dai rami, e uve che maturano sulle viti, ci sono erbe saporite, e quelle che possono essere rese piacevoli e dolci sopra le fiamme, e non manca il latte che scorre, e il miele profumato dal timo. La terra, prodiga della sua ricchezza, vi fornisce sostentamento gentile, e offre cibo senza uccisione o spar-gimento di sangue. Oh, quanto è sbagliato che la carne sia ottenuta da altra carne, che un corpo avido si ingrassi inghiottendo un altro corpo, che una creatura viva sottra-endo la vita a un’altra creatura! Così tra tali ricchezze, che la terra, la più grande delle madri, produce, non siete felici se non sbranando con i denti crudeli, come faceva il Ciclope, e non potete soddisfare il vostro appetito vorace, e la vostra fame irrequieta, se non distruggendo altre vite!”

Diversi filosofi greci e romani hanno sostenuto la necessità di un’alimentazione vegetariana e ritenuto che la uccisione degli animali faciliti la ferocia verso gli altri uomini; alcuni hanno persino messo in relazione con il cannibalismo la nutrizione con le carni di altri animali. Non si può co-munque dire che queste correnti filosofiche abbiano avuto effetti significativi sui loro contemporanei o sulle successive gene-razioni, e altre voci troviamo nel corso dei secoli di filosofi e letterati, che propongono un rapporto amichevole con gli animali. Facendo un salto nel secolo dei lumi, tro-viamo numerosi pensatori che propongono riflessioni dello stesso tipo. Nell’epoca in cui alle altre sofferenze si aggiungevano le vivisezioni delle nascenti scienze moderne, mentre Cartesio assicurava che gli animali erano semplici macchine senz’anima e senza sensibilità, Voltaire, in difesa degli animali, scriveva nel dizionario filosofico:

Questo cane, così tanto superiore all’uomo nell’affetto, è afferrato da alcuni virtuosi della barbarie, che lo inchiodano a un tavolo, e lo dissezionano mentre è ancora vivo, per mostrarvi meglio le vene mesenteriche. Tutti gli stessi organi di senso che sono in te stesso si percepi-scono in lui. Ora, meccanicista, cosa dici? rispondimi, ha creato la natura tutte le molle dei sensi in questo animale, in modo che esso possa non sentire? Ha i nervi per essere impassibile? Che vergogna! non imputare alla natura una tale debolezza e incoerenza!

Basate sulla comune sensibilità tra uomo e animali, in quanto esseri senzienti che possono soffrire, sono le riflessioni del fondatore dell’utilitarismo, Jeremy Ben-tham. Il filosofo inglese, colpito dal fatto che i francesi avevano abolito la schiavitù ancora pienamente accettata in Inghilterra, in Introduzione ai principi della morale e della legislazione scrive:

“Potrà arrivare il giorno, in cui il resto della creazione animale potrà acquisire

quei diritti che mai avrebbero potuto es-sere sottratti a loro, senza la mano della tirannia. I francesi hanno già scoperto che il nero della pelle non è una ragione per cui un essere umano debba essere abbandonato senza rimedio al capriccio di un aguzzino. Si potrà un giorno riconosce-re, che il numero delle gambe, la villosità della la pelle, o la terminazione dell’osso sacro, sono motivi egualmente insufficienti per abbandonare un essere sensibile allo stesso destino. Che altro dovrebbe trac-ciare la linea invalicabile? Sarebbe forse la facoltà della ragione, o, forse, la capacità di tenere un discorso? Ma un cavallo o un cane adulti sono senza confronto animali più razionali e più socievoli di un bambino di un giorno, o una settimana, o anche di un mese. Ma supponiamo pure che il parere sia diverso, cosa importerebbe? la domanda non è: possono ragionare? Né, possono parlare? Ma, possono soffrire?”

La percezione della ingiustizia delle sofferenze inflitte dall’uomo agli animali sta alla base dei primi tentativi di adottare leggi per la protezione degli animali. Dal 1800 in poi, ci sono stati diversi tentativi di introdurre in Inghilterra la legislazione sulla protezione degli animali. Il primo importante risultato si ebbe nel 1822 con la “legge sul maltrattamento dei cavalli e del bestiame”: per impedire il trattamento crudele e improprio del bestiame, “battere, abusare, o maltrattare qualsiasi caval-lo, cavalla, castrone, mulo, asino, bue, mucca, giovenca, vitello, pecore o altro bestiame” diviene un reato, punibile con multe fino a cinque sterline o due mesi di prigione.

La legge fu poco applicata, ma un numero sempre maggiore di persone diveniva sensibile a questi temi; nasce così la Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals, che si impegna nel promuovere la attuazione della legge attra-verso ispezioni nei mercati di bestiame, nei macelli e sullo stato degli animali utilizzati nel trasporto e nella promozione di nuovi interventi legislativi. Altre leggi vengono adottate per impedire la organizzazione di combattimenti tra animali, una pratica ancora oggi diffusa nei più diversi paesi del mondo.

La diffusione delle idee sulla prote-zione degli animali deve molto anche alla pubblicazione da parte di scrittori impe-gnati su questi temi di numerosi libri sul rapporto tra uomini e animali. Inghilterra e USA sono gli Stati in cui si hanno i mag-giori risultati. Anche lo sviluppo della teoria dell’evoluzione delle specie formulata da Darwin ha contribuito a dare maggior cre-dito ai sostenitori dei diritti degli animali. Il contatto con le grandi scimmie, trasportate in Inghilterra dai primi esploratori dell’Afri-ca, impressiona l’opinione pubblica, che non può ignorare la loro straordinaria so-miglianza con l’uomo; e Darwin arriva ad

affermare, in L’Origine dell’uomo:“Non vi è alcuna differenza fondamen-

tale tra l’uomo e i mammiferi più elevati nelle loro facoltà mentali”.

La sperimentazione sugli animali pra-ticata sempre più diffusamente nel campo delle scienze mediche costituisce nel XIX secolo uno dei temi fondamentali dibattuti dai difensori dei diritti degli animali. Non si può certamente negare che tale spe-rimentazione causi gravi sofferenze agli animali; ma, obiettano gli sperimentatori, lo sviluppo della scienza medica non po-trebbe farne a meno: importa più la salute dell’uomo o la sofferenza degli animali? Domanda analoga viene posta nel dibat-tito sulle condizioni di vita degli animali in allevamenti industriali: come faremmo a nutrire diversi miliardi di esseri umani?

La riflessione sulla sofferenza degli animali ha portato, talora, a scelte di vita molto radicali, come quelle di vegetariani e vegani (questi ultimi sostengo la necessità di abolire qualsiasi utilizzazione degli ani-mali). Ma le posizioni radicali hanno avuto solo una funzione di stimolo nello sviluppo di una legislazione sulla protezione della vita animale. Essa, infatti, fa riferimento ad aspetti che coinvolgono direttamente o indirettamente interessi umani: la cru-deltà nei confronti degli animali offende la sensibilità; la caccia minaccia di far estinguere specie della cui presenza non potremo più godere, la pesca eccessiva minaccia di far scomparire una risorsa per noi essenziale; gli allevamenti industriali causano stress agli animali che rendono le loro carni poco salutari; metodi alterna-tivi alla sperimentazione dei farmaci sugli animali possono dare migliori risultati ed essere economicamente più convenienti. A conferma di questa impostazione, la legislazione protettiva prevede sempre per i diritti degli animali il limite dell’esistenza di un imperativo interesse umano: in tal caso, sofferenze, costrizioni, uccisione degli animali sono consentite.

Un aspetto che bisogna attentamente considerare è la distanza tra le leggi e la loro attuazione; non è raro che leggi ottime sulla carta restino quasi del tutto inattuate. Questo è spesso vero in Italia e particolarmente nella nostra regione. Vale la pena soffermarsi su un esempio riguardante il maltrattamento degli ani-mali e il randagismo. Se si leggono le linee guida su questi temi diffuse dalla Regione Siciliana, si ha l’impressione di trovarsi nel paradiso degli animali: strutture sanitarie, comuni, province, associazioni protezioniste, veterinari, rifugi per gli ani-mali, istruzioni per i proprietari, sembrano integrarsi in un sistema virtuoso destinato a illustrare la nostra superiore civiltà. Per la verità l’entusiasmo nella lettura è un po’ disturbato dalla citazione dell’esplicito divieto dell’uso di bocconi avvelenati. Bocconi avvelenati? Viene da esclamare,

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come usano fare i nostri politici, ma di che stiamo parlando? Per farla breve, lo stato di attuazione delle nostre perfettissime leggi è tale, che i bocconi avvelenati sono la popolare, orribile soluzione pratica per il controllo del randagismo. Ma di questo torneremo presto a parlare.

Tornando alla nostra riflessione più generale, nonostante lo sviluppo della legislazione protettiva, le condizioni degli animali in rapporto con l’uomo sono consi-derevolmente peggiorate particolarmente in due campi: la ricerca biomedica e gli allevamenti industriali finalizzati alla pro-duzione di cibo. Nel campo della ricerca si stima che ogni anno vengano utilizzati oltre 100 milioni di animali, mentre nel campo dell’alimentazione vengono allevati e uccisi miliardi di animali. In quest’ultimo ambito un aspetto particolarmente critico per le sofferenze degli animali è quello del loro trasporto, anche se relativamente a questo aspetto esiste un’ampia regola-mentazione. La crescente dimensione del-la popolazione umana e la esponenziale crescita dei commerci ha inoltre ingigantito lo sfruttamento predatorio di molte specie animali - motivato da superstizioni, tradi-zioni culinarie, farmacopee popolari, pos-sibilità di amplificare prestazioni di diverso tipo - sino a minacciarne la sopravvivenza.

Oggi la grande diffusione delle infor-mazioni, i numerosi documentari, i servizi televisivi, pongono sotto gli occhi della pubblica opinione le sofferenze spesso atroci inflitte ad un gran numero di specie animali dallo sfruttamento operato dall’uo-mo. È impossibile, sotto il peso di ciò che sappiamo e vediamo, sostenere che il comportamento dell’uomo nei confronti degli animali non sia eticamente riprove-vole. Tanto più che sempre più evidenti sono le prove scientifiche che sensibilità, percezione di sé, processi cognitivi, negli animali, particolarmente nel caso dei mammiferi superiori, sono fondamental-mente simili a quelli presenti nell’uomo. È questo il motivo per cui in diverse nazioni è in atto il tentativo di estendere i diritti umani alle grandi scimmie (Scimpanzé, Gorilla, Orango e Bonobo). D’altra parte alcune caratteristiche della vita moderna contribuiscono ad attenuare l’efficacia della nostra sensibilità. Ad esempio, nel campo dell’alimentazione, un ostacolo a tradurre in comportamenti coerenti l’orrore per le atroci sofferenze causate agli ani-mali è almeno in parte legato alla distanza esistente tra il consumatore del cibo e la sorte degli animali che lo forniscono: la percezione della sofferenza si consuma così in procedimenti mentali che consen-tono spesso di discuterne con distacco, anche mentre si divora cibo animale.

Migliaia di anni sono passati e gli uomini continuano a studiare se stessi e il mondo che li circonda. Le conoscenze che acquisiamo ci portano inesorabilmente

a riconoscere la comunanza della nostra animalità con quella delle altre specie. E tuttavia sembra restare inalterata la di-stanza tra quello che la ragione e la nostra coscienza ci indica e la nostra vita pratica. Si potrebbe argomentare che nessun animale si preoccupa degli altri animali. Perché dovrebbe farlo la nostra specie? Il risultato del nostro confronto potrebbe essere semplicemente che noi siamo simili agli altri animali e che la differenza tra noi e loro sta nella capacità, fornita a noi dalla maggiore intelligenza, di sfruttare le altre specie in una misura straordinariamente maggiore: i diritti sono una cosa che riguar-dano gli umani e, aveva ragione Hobbes, servono ad evitare di sbranarci l’un l’altro. E poi, la fame, le ingiustizie, le crudeltà, lo sfruttamento diffuso ampiamente nelle

società umane, non dimostra una certa equanimità della nostra specie? Alla fin fine trattiamo male gli animali come trattiamo male gli uomini.

Resta solo da osservare che avere orrore di questo stato delle cose sembra essere una prerogativa dell’uomo?

Forse dobbiamo continuamente ripar-tire dalla nostra incapacità di superare i nostri egoismi.

Una riflessione sincera sui problemi di giustizia che non siamo stati sinora in grado di risolvere e un rinnovato impegno delle nostre intelligenze a percorrere vie nuove per soddisfare la nostra speranza e il nostro desiderio di un mondo giusto è probabilmente una valida alternativa a una insoddisfacente cinica rassegna-zione.

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Anno del pipistrellodi Gaetano Fichera e Giuseppe Sperlinga

l 2011 e il 2012 sono stati dichiarati, rispettivamente, Anno Europeo del pipistrello e Anno Internazionale del pipistrello dalla Convenzione sulle specie migratrici dell’UNEP (United Nations Environment Programme) e dall’Accordo europeo per la tutela dei pipistrelli (EUROBATS). Ora che il 2012 sta finendo possiamo fare un resoconto dello stato dei pipistrelli nel mondo.

I pipistrelli sono mammiferi appartenenti all’ordine dei Chirotteri e con quasi 1.200 specie rappresentano il secondo ordine in ordine di abbondanza di questa classe. Que-sti innocui e utilissimi animali con abitudini notturne (tra i mammiferi sono gli unici capaci di volo attivo) si sono diffusi, nel corso della loro evoluzione, in tutto il mondo colonizzando pure le più remote isole oceaniche. Essi sono la chiave di volta negli ecosistemi in ogni parte del globo, perché impollinano le piante, disper-dono i semi e tengono sotto controllo il numero degli insetti e di altre prede di cui si nutrono. Le popolazioni di pipistrello sono caratterizzate da un turn-over molto lento: una femmina partorisce, in genere, solo un figlio all’anno per un arco di anni tutto sommato breve.

I pipistrelli devono essere difesi so-prattutto dall’ignoranza. Non basta, infatti, sfatare i luoghi comuni (non si attaccano ai capelli, non succhiano il sangue, non sono ciechi, non portano sventura e altre ameni-tà e maldicenze simili), ma occorre anche incrementare le notizie di natura scientifica, perché in molte zone d’Europa (e del mondo) non sappiamo ancora dove siano presenti le colonie riproduttive e le colonie d’ibernazione, né sappiamo che rotte seguano per migrare. Bisogna colmare le lacune dovute alle carenti informazioni scientifiche su questi animali, altrimenti non sarà possibile salvaguardarli. Studi sistematici sono indispensabili.

Purtroppo, a livello mondiale, la loro con-

servazione non si può dire sia soddisfacente, a cominciare dal Nord America, dove, nell’ultima mezza dozzina di anni, una terribile epidemia ha ucciso quasi 6 milioni di esemplari. La malattia che ha colpito i pipistrelli è la WNS, White Nose Sindrome (sindrome del naso bianco), un morbo che uccide gli animali in torpore ricoprendoli di una sorta di “velo” bianco, che altro non è che il fungo Geomyces destructans, che gli studiosi ritengono sia la causa della patologia. Casi di questa malattia sono stati registrati pure in Europa, ma, per fortuna, sono rari e circoscritti. Ciò farebbe pensare verosimilmente che la malattia si sia sviluppata in Europa e per questo i pipistrelli europei ne siano immuni.

In passato, alcune epidemie locali hanno decimato le popolazioni di svariate specie di pipistrelli in ogni parte del mondo, Europa compresa, ed è stato fatto poco di concreto per limitarne la mortalità. Gli USA, invece, hanno investito molto nella lotta alla WNS e sembrerebbe che la costruzione di grotte artificiali sia di grande aiuto ai chirotteri tro-glofili. Nel continente europeo, le politiche di salvaguardia sono le più variegate: si passa da paesi dove l’attenzione da parte degli enti statali è massima, in sinergia con associazioni ambientaliste che si occupano esclusivamen-te di pipistrelli, a paesi dove essi sono del tutto trascurati.

La strada per un corretta conservazione dei Chirotteri è ancora lunga, ma i passi in-trapresi sono quelli giusti. Dal punto di vista legislativo, in Italia, i pipistrelli sono protetti già dal 1939. La loro uccisione, infatti, è proibita a norma di legge, ed in particolare ai sensi dell’art. 38 della legge n. 1016 del 5/6/1939 sulla caccia, più recentemente aggiornata dalla legge n. 157 del 11/2/92 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”, che include tutti i pipistrelli fra le specie non cacciabili e sanci-sce il loro status di specie protette. Almeno dal punto di vista formale, la necessità di accorda-re protezione a questo gruppo animale è stata ufficialmente riconosciuta da oltre 70 anni. Purtroppo, però, proibire l’uccisione diretta

dei pipistrelli non significa proteggerli. Di fatto, anche la sola azione di disturbo sui loro rifugi può mettere in serio pericolo la sopravvivenza di intere popolazioni.

Successivamente, le specie di Chirotteri sono state dichiarate protette dalla Conven-zione di Berna “Conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa” (19/09/79, ratificata in Italia con legge n. 503 del 05/08/81) e dalla Convenzione di Bonn “Conservazione delle specie migratorie appar-tenenti alla fauna selvatica” (Bonn, 23/06/79, ratificata con legge n. 42 del 25/01/83), per la quale i Chirotteri rientrano nelle specie rigo-rosamente protette (Allegato II).

Ulteriori strumenti per la loro difesa sono stati l’entrata in vigore sia con la direttiva 92/43/CEE, meglio nota come direttiva Habi-tat, sulla “Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna sel-vatiche (attuata in Italia con il D.P.R. n. 357 del 08/09/97 e s.m.i.), dove i pipistrelli sono elencati negli allegati II e IV come specie di interesse comunitario che richiedono una rigorosa protezione, sia dell’European Bat Agreement (Eurobats), operativo dal 1994 (in Italia dal 2005), che mira alla protezione dei siti di rifugio e delle aree di foraggiamento, alla divulgazione e sensibilizzazione del pubblico, alla ricerca sulla conservazione e gestione dei Chirotteri. Eurobats è divenuto uno stru-mento formidabile per tutti gli Stati membri per la difesa dei pipistrelli: a oggi, le specie di pipistrelli difese sono 52 e fra gli Stati membri sono presenti pure quelli del Nord Africa e del Medio Oriente.

In Italia, attualmente, è attivo il progetto Batbox, svolto in collaborazione tra il GIRC (Gruppo italiano ricerca chirotteri), il Museo di Storia Naturale “La Specola” di Firenze e la Coop Italia Scarl, che attraverso la pub-blicizzazione delle Bat-box, non solo rende possibile la creazione di nuovi spazi per i pipistrelli, ma contemporaneamente svolge un’opera di educazione ambientale, sfatan-do i falsi miti su questi animali e facendone comprendere il loro ruolo nella natura a grandi e piccini.

Domenica 27 Gennaio 2013Pranzo sociale - Agriturismo Stallaini

con visita alla Necropoli di Stallaini e al Museo civico(dell’emigrazione, del tessuto e della medicina popolare) di Canicattini Bagni

Programma 9,00 - raduno dei partecipanti c/o spiazzo rifornimento ERG ingresso Canicattini Bagni; 9,30 - visita alle Necropoli di Stallaini;12,30 - arrivo ed accoglienza c/o l’Agriturismo Stallaini, pranzo rustico;14,30 - visita al Museo civico di Canicattini Bagni.

La quota di partecipazione è di € 18,00 per adulti, € 10,00 per i bambini.

Menù rusticoAntipasto salame e formaggio degli Iblei, ricotta, pizza sicilianaPrimo penne finocchietto e salsicciaSecondo pollo al limone e polpettine di borragine, pane condito, vino Nero d’Avola StallainiFrutta arance con cannella e zenzero.

N.B. Per partecipare occorre obbligatoriamente prenotarsi - 338 4888822 - 347 9585052.

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Il “default” della Terradi Agatino Maurizio Siracusa

econdo un’autorevole ricerca pubblicata recentemente la Terra rischia il collasso in tempi molto brevi. I risultati sugge-riscono che gli ecosistemi del pianeta stanno “inclinandosi” verso un rapido e irreversibile collasso. Crescita demografica, trasforma-zioni, modifiche e frammentazione degli ha-bitat, eccessivo consumo di risorse naturali e cambiamenti climatici stanno causando una rottura dei sistemi ecologici su scala globale. Per tentare di ritardare, o almeno mitigare, tutto ciò occorrono interventi urgenti; è ad esempio necessario ridurre in modo consi-stente l’aumento demografico ed investire maggiormente in tecnologie sostenibili per la produzione e la distribuzione del cibo o dell’energia senza incidere pesantemente sugli ecosistemi e le specie selvatiche.

Nelle analisi sulla crisi ecologica che sta vivendo il nostro Pianeta non sempre si ha consapevolezza della sua “radicalità”. Una crisi che non è solo ambientale ed economica, ma tocca le radici profonde delle società umane. C’è, ad esempio, un pericolo reale che si possano dimenticare e perdere i principi che hanno fondato e retto le nostre società attuali e c’è effettivamente il rischio che l’uomo che dominerà nel futuro sia un cosiddetto “uomo di superficie”. Un uomo che c’è adesso, ma che non c’era nel passa-to. Nell’uomo di superficie l’elemento primo a cui dare valore è la “bellezza”. Esistono le malattie da bellezza: chi non è bello, o bella, cerca di raggiungere la bellezza attraverso il trucco o la chirurgia. L’”uomo di superficie” non ha più niente dentro; non c’è più la mente, questa è solo qualcosa che serve a misurare la bellezza; giovani, donne, vecchi vogliono nascondere i propri limiti. Nulla ha più valore, l’unico valore è la “bellezza”, che è anche ricchezza e potere. Tre parole che si associano: bellezza-potere-stupidità. La “bellezza” si colloca al denaro e al potere, mentre si allontana tutto ciò che è interiorità, che è la dimensione dei perché; che senso ha l’uomo, il mondo, tutte le domande con cui è nata la nostra civiltà. Il conosci te stesso socratico, il problema che pongono le religioni, la sacralità: tutto è scomparso.

Occorre ritornare ad entrare nel nostro corpo e a scoprire l’interiorità. Bisogna cercare di vedere dentro l’uomo, per poter ritrovare il senso, il dubbio, per interrogarsi su cosa ci fa l’uomo su questa terra. Due sono le vie: o ripartire ritrovando dentro di noi

quello che è stato cancellato, porre le grandi questioni e dare le risposte sulla base della contemporaneità, con quello che si sa oggi, oppure ritornare a cercare l’uomo e anche Dio, che dà un senso all’uomo. L’alternativa è che tutto finisce, per sempre. La fine di una civiltà, cioè di un modo di pensare, un modo di comportarsi è vicino ad una forma di oscurantismo, di possibilità di perdersi.

Esiste la speranza che ci possa essere un giro di boa, per evitare “un’apocalisse”. Il tema dell’apocalisse annunciata dai profeti è un tema della cultura occidentale, in par-ticolare della religione ebraica e cristiana. Si può parlare anche di apocalissi “laiche”, inserite in un contesto “civile”. Il fantasma della povertà materiale, ma soprattutto il fantasma della povertà spirituale è ciò che genera tutte le povertà. La storia ha compiuto una delle sue grandi svolte e ci troviamo oggi a fronteggiare l’oscuro, l’irrazionale, l’imprevedibile e la violenza. Il mito del XXI secolo, quello dell’economia che “è tutto, che sa tutto, che può tutto” ci ha rubato un pezzo di vita e di storia, di come eravamo prima, con il nostro vecchio ordine e le nostre vecchie leggi, con le nostre tradizioni e con valori che pensavamo immutabili, immersi nella nostra cultura. Gli interessi sono stati confusi con i valori, l’avere con l’essere, il consumismo con l’umanesimo e abbiamo fatto un patto con l’ «onnipotente mercato». L’uomo nuovo si riduce nella nuova ideologia mercatista (mai nella storia un mercato così potente aveva dominato una estensione così estesa del mondo ed un numero così alto di abitanti; mai l’idea del primato del mercato su ogni altra forma sociale era stata una ideologia così forte e dominante), a una sorta di vittima, “l’uomo a taglia unica” che non solo consuma per esistere, ma esiste per consumare. Un soggetto che pensa come consuma e consuma come pensa, per cui i vecchi simboli civili e morali sono sostituiti dalle icone e dalle immagini commerciali. Tramontati gli ideali di una “società miglio-re”, tramontate le “idee” che non sono più di moda e sostituite quelle con gli “interessi”, ciò che resta è l’economia “che è tutto, che sa tutto, che fa tutto”. Tutto in un Occidente dove tutte le necessità sono state, più o meno, soddisfatte, e dove restano soltanto desideri proiettabili senza limiti in nuove dimensioni di sogno che ben si addicono all’uomo a taglia unica.

Si tratta di una crisi sociale e morale, forte-mente determinata dalla prevalenza assoluta del liberismo su tutto il resto. L’uomo, ormai, quell’uomo a taglia unica immerso nel “pen-siero unico” creato dal mercatismo (liberismo) non appartiene più a una comunità storica e le sue radici non affondano più “nella stessa terra in cui riposano i suoi padri”, negando il valore della memoria. Nel mondo del mercato stiamo per essere privati completamente delle nostre radici, il che equivarrebbe “a staccarci dalla nostra anima e dalla nostra coscienza”. Privi dei nostri valori e della nostra identità, non potremo sopravvivere. Una comunità,

qualunque comunità, può definire la propria identità solo attraverso i suoi valori, rispetto ai quali le altre comunità sono “altre”. Identità, infatti, non è solo ciò che siamo, ma anche la differenza da ciò che non siamo.

La crisi occidentale è senza dubbio una crisi identitaria, come lo è ogni crisi all’interno di una società che cambia e che vede mo-dificata, di conseguenza, la propria cultura “tradizionale”. L’Occidente non è certo il primo a trovarsi di fronte a un evento simile: a una crisi più drammatica, andarono incon-tro proprio i popoli colonizzati, i “nativi”, che con l’arrivo degli europei, portatori di nuovi “valori”, vedevano andare in frantumi i propri, la propria coesione sociale, il proprio mondo. Il cambiamento imposto dai colonizzatori, veloce quanto la globalizzazione, certamen-te più violento, creava nei “nativi” una crisi identitaria non molto dissimile da quella che riscontriamo oggi in Occidente.

Poiché le culture non sono blocchi mo-nolitici e immutabili, ogni cultura è soggetta a mutamenti, dovuti sia ai contatti con altre culture, sia a dinamiche interne. E questo sta accadendo anche in Occidente. I mutamenti nella “tradizione” e nei valori base di una determinata società incontrano sempre una grande resistenza ma, nondimeno, hanno luogo. L’analisi antropologica ed il ritorno ai valori “tradizionali” consente di vedere come l’Occidente rischi la disintegrazione culturale. In ogni cultura l’aspirazione alle innovazioni più radicali convive con forme di tenace attaccamento alla tradizione. Dalla compresenza di questi fattori deriva un forte impulso ad accogliere temi della cultura “al-tra” e a rielaborarli per inserirli creativamente nel bagaglio culturale tradizionale che, in tal modo, risulta decisamente rinnovato e proiettato verso nuovi obiettivi. La “speranza” per un rinnovamento dell’Occidente, di un “rinnovamento” e non di una “morte”, può esserci grazie al contributo di culture “più giovani e vitali”, senza per questo dover rinunciare ai nostri valori e alle nostre tradi-zioni. Inoltre, attraverso la comparazione con altre culture e sotto lo stimolo del confronto con altri modi di essere uomini, grazie a una rinnovata presa di coscienza della portata e dei limiti della storia culturale occidentale, si potrebbe contribuire al recupero della nostra civiltà. Un recupero che equivale alla “riappropriazione” critica di un’insostituibile ‘patria culturale’, poiché essa ha, come pre-supposto, l’ampliamento dell’autocoscienza e, come finalità, lo sforzo volto a sbloccare i limiti che condizionano negativamente una fase storica del cammino dell’Occidente.

BIBLIOGRAFIAV. andreoli, 2012 - L’Uomo di superficie –

Rizzoli. Pp. 216.a. m. Cossiga, 2009 - La paura c’è ma la spe-

ranza potrebbe essere un’altra. Un commen-to al libro di Tremonti. Riviste Scientifiche UniCredit. Pp. 199 – 207.

g. TremonTi, 2009 - La paura e la speranza. Europa: la crisi globale che si avvicina e la via per superarla. – Mondadori. Pp. 111.

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Floridia, superato il ponte Mulinello, si giunge in contrada Balatazza dove si trova la parte terminale della Cava Molinello posta a sud-ovest di Floridia e raggiungibile dalla strada provinciale per Canicattini Bagni. Percorrendo prima un sentiero battuto poi il greto del Molinello si raggiungono le cave Spampinato-Culatrelli e Cirino. Il fiume Molinello, oggi a regime torrentizio stagionale, ha scavato nei secoli la roccia calcarea realizzando uno scenario di grande bellezza. Le acque hanno plasmato il territorio creando forre, dette cave e realizzando grotte e gallerie. Le cave racchiudono ambienti di grande interesse vegetazionale, paesaggistico e archeologico. La zona, assieme al monte Climiti, fa parte della catena montuosa degli Iblei. I monti Iblei costituiscono, sotto il profilo naturalistico, uno degli ecosistemi più interessanti e ricchi dell’area siracusa, nonostante la progressiva ed incessante aggressione perpetrata al suo territorio. Vedremo di approfondire l’aspetto natu-ralistico, storico e archeologico dei luoghi, che poi sono i veri tesori degni di essere conosciuti, studiati e salvaguardati.

Sotto l’aspetto vegetazionale il vallone risulta un luogo dove la macchia mediter-ranea ha subito profonde modificazioni, ma si riscontra la presenza di vegetazione arbustiva ed arborea. Questa cava, tipica dei monti Iblei ha il fondo secco, privo d’acqua, per quasi tutto l’anno, tranne nel periodo delle piogge, quando scorre un torrente le cui acque favoriscono lo sviluppo della macchia. Fra i tanti arbusti si possono osservare il Lentisco (Pista-cia lentiscus), il Leccio (Quercus ilex), la Roverella (Quercus gr. pubescens), il Terebinto (Pistacia terebinthus), l’Uli-vo selvatico (Olea europea), l’Alaterno (Rhamnus alaternus), ect. Nel periodo primaverile fiorisce l’Erica arborea, il Ro-smarino, la Rosa canina e piccoli gruppi di Orchidee selvatiche. In estate sono frequenti le macchie verdi di Artemisia arborea, tappeti gialli di Bocca di leone e cespugli di Capperi. Una fitta rete di muri a secco divide le proprietà circondate da piante di Olive, Carrubi, Peri selvatici, Mandorli e Fichi d’India. Frequenti sono

A

Cava Spampinato-Culatrello e i tesori riscopertiPARTE PRIMA

di Concetto Giuliano

le steppe di Asfodeli e Ampelodesma e le garighe di Timo e Spinaporci,sono inoltre presenti piccoli gruppi di Palma nana (Chamaerops humilis).

Sotto l’aspetto faunistico un’importan-te presenza fra le specie dell’avifauna è quella della Coturnice siciliana. Tra i pas-seriformi sono da segnalare: il Cardellino, il Pettirosso, il Verdone, la Cinciallegra, la Tortora, il Tordo, il Fringuello e il Frosone. Tra i rapaci sono certamente presenti la Civetta, il Gufo, il Gheppio, la Poiana e il raro Capovaccaio. Non mancano i mammiferi quali Volpi, Conigli selvatici, Lepri, Ricci, Istrici e Martore. Tra i rettili si possono osservare il Ramarro, la Natrice, la Lucertola campestre e più raramente la Testuggine di Herman e il Colubro leopardino.

Sotto l’aspetto archeologico, le cave sono state frequentate dall’uomo fin dal-la più antica età del bronzo, divenendo rifugio di numerose popolazioni, che in diverse ere, protette dalle impervie pareti, fondarono al loro interno villaggi fortificati, scavarono necropoli, edificarono luoghi di culto. La cava del Molinello è stata abitata fin dall’antichità e si sono rinvenuti resti di ciotole e di vasellami, attrezzi di lavoro e armi in pietra e in osso e rare monete, conservati al Museo Paolo Orsi di Siracusa.

Numerose le grotte degne di essere visitate, prima abitate dai Sicani, poi dai Siculi e dai primi greci di Archia e dai Ro-mani, ed in seguito dimora dei Bizantini, per sfuggire agli arabi invasori.

Houel studiò gli ingrottamenti della cava Spampinato tra i quali: “… È molto interessante una grotta che è ordinata quasi perfettamente come una casa, con parecchie camere di abitazione, una scala e perfino delle latrine…”. Houel menzionò anche un fatto degno di attenzione: “Un tempo il fondo della cava era coperto da boschi con cespugli inestricabili, ma per un incendio, gli alberi ed i cespugli bru-

ciarono. Gli abitanti, in seguito, rivoltando il terreno per coltivarlo vi trovarono lance, frecce ed altri strumenti di guerra, tutti in bronzo….” Del luogo parla Tucidite nelle “Guerre del Peleponneso”, descriven-dola come strada segnalata dai Sicilioti ai Greci di Nicia e Demostene, durante la nefasta ritirata verso Akrai dopo la sconfitta ad opera dei siracusani (v. Cava Spampinato-Culatrelli - Cava e vicus 1, Grifone n. 111).

Il termine Molinello indica l’omonimo fiume affluente dell’Anapo, che attraversa le terre floridiane, così chiamato perché lungo il suo percorso esistevano ponti e diversi mulini ad acqua. All’uscita sud di Floridia (l’attuale via Roma) venne costruito, nel 1884, il ponte Mulinello. Prima della sua costruzione la stradella detta “do Giardineddu” o delle Galere, rappresentava la principale via di acces-so e di uscita del paese. In prossimità dello sbocco al Molinello dell’attuale via Palestro, era attivo un mulino ad acqua, rimosso nel 1882.

I toponomi “Culatreddu, Spampinatu, Cirinu” sembrano riferiti a soprannomi di famiglie floridiane e solarinesi. La tradi-zione popolare narra un fatto di sangue gravissimo avvenuto fra membri di una fa-miglia soprannominata Culatrello: un figlio uccise il padre e poi si diede alla macchia rifugiandosi nelle grotte della cava, che da costui prese il nome. La tradizione popolare narra pure che alcuni membri delle famiglie Forte, Di Mauro, sopran-nominata Cirino, operavano numerosi furti nella zona. Scoperti e ricercati dalle forze dell’ordine (Carabinieri), si diedero al brigantaggio, rifugiandosi nelle grotte della cava (grotte dei ladroni). Nelle car-te topografiche IGM (Istituto Geografico Militare), le cave presero il nome di cava Spampinato-Culatrello e cava Cirino.

Le acque piovane di buona parte delle terre poste nei territori di Floridia, Solarino, Canicattini Bagni, Palazzolo Acreide (località di Bibia, Montegrosso, ex feudo Miliddi, Serra, Zaira, Macchiotta, Cugno Canne, Marchesa), si incanalano in due profonde cave chiamate una Ci-rino, con bacino idrografico più grande, l’altra Spampinato–Culatrello, con bacino idrografico più piccolo. Gli alvei di questi due torrenti, incontrandosi in vicinanza di Floridia, continuano in un profondo vallone chiamato semplicemente “vad-duni”, per quanto nelle carte topografi-che dell’Istituto Geografico Militare del 1868 e successive edizioni, il tratto sia denominato “Cava Ciaraulu”. La Cava Cirino, dopo avere costeggiato il limite territoriale sud-ovest di Solarino, in vici-nanza di Floridia, si congiunge con la cava Spampinato. La cava Spampinato riceve acque da un bacino idrografico che risulta più ampio, rispetto a quello della cava Cirino. Bisogna dire che lungo le Cave

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di fossilizzazione, un organismo deve essere sepolto rapidamente, prima che ne subentri la decomposizione o venga aggredito dagli agenti demolitori. Nella maggior parte dei casi questo seppelli-mento avviene ad opera della deposizio-ne di sedimenti, come la sabbia o il fango trasportati dall’acqua, che ricoprono, depositandosi sul fondo, gli organismi morti. Il criterio di datazione dei fossili si basa sulla biostratigrafia, la quale afferma che, normalmente, gli strati più bassi del terreno sono più antichi di quelli superiori (principio geologico della sovrapposizione di Stenone. Utilizzando tale criterio si può confrontare un certo fossile con altri rinvenuti in strati di altre località per vedere se appartengono allo stesso periodo oppure no. Tale metodo si basa sui fossili guida, che sono ca-ratterizzati dalla diversificazione e da rapida evoluzione. Con i metodi degli isotopi radioattivi e del carbonio 14 si può avere la datazione radiometrica, che misura l’età della roccia in anni, ma che risulta meno preciso del metodo della datazione relativa.

Cirino e Spampinato-Culatrelli, oggi non esistono sorgenti d’acqua. Le prime quat-tro polle sgorgano nel territorio di Floridia ed hanno una portata inferiore al litro/secondo, mentre le due sorgenti denomi-nate ufficialmente Cifalino e Giustiniani, ricadono nelle terre di Cardinali (v. Acque dolci floridiane). Il vallone, oltrepassato il Comune di Floridia, entra nel territorio di Siracusa, prendendo dapprima il nome di vallone Cifalino e più a est, verso il mare, è chiamato vallone Fontanelle. Le sue acque, entrando nella zona del pantano siracusano (syrakos), perdevano, fino al secolo scorso, il loro alveo e si sparge-vano, alimentando le paludi. (v. L’acqua a Siracusa).

Proseguendo lungo l’’alveo del Moli-nello si giunge in una radura evidenziata da un enorme scavo effettuato nella parete sud-ovest. Un’ulteriore ferita inferta dall’uomo per la realizzazione abusiva di una cava per estrazione di sabbie arenarie e pietre. Oggi la cava è stata chiusa, ma nelle pareti, ad un’al-tezza variabile di circa un metro, sono stati riscontrati numerosi fossili. La cava

d’estrazione, infatti, offre la possibilità di ammirare grossi mitili bivalvi fossilizzati di ragguardevoli dimensioni. (cozze, in vernacolo: “ugna i crapi”). I fossili si tro-vano inglobati nelle rocce sedimentarie abbondantemente presenti nella parte superiore della crosta terrestre. Utili per la datazione delle rocce calcaree me-sozoiche sono: stromatoliti, ammoniti, belemniti, bivalvi, gasteropodi, brachio-podi, echinodermi, crinoidi, denti isolati di squalo e microfossili. Il processo di trasformazione di un organismo vivente in un fossile può durare diversi milioni di anni. La fossilizzazione è un evento estremamente improbabile. Infatti non appena gli animali o le piante muoiono inizia la loro decomposizione. Sebbene le parti più resistenti, come conchiglie, ossa e denti degli animali o il legno delle piante, resistano più a lungo dei tessuti molli, spesso questi elementi vengono disgregati da agenti naturali esterni (fisici e chimici), come vento e acqua, e anche dall’azione di animali necrofagi (agenti biologici). General-mente, per subire un processo completo

Attività delle Sezionia cura diEmanuele Uccello

DOMENICA 13 GENNAIOFerla – I boschi di GiarranautiEscursione di lieve difficoltàGuide: Concetto Giuliano, Franco GiarratanaRaduno: ore 8,30 c/o Piazza Melbourne – Floridia;Durata: Mezza giornata (8,30-12,30);Equipaggiamento: da trekking (binocolo, borraccia, mantellina impermeabile);Contributo: € 5,00 (soci € 4,00);Info: 338/9595568Vicino Ferla, percorrendo una strada ster-rata, si raggiunge la foresta di Giarranauti, gestita dal Corpo Forestale. Qui ci si trova immersi in una natura lussureggiante, vero angolo di paradiso dove la fitta boscaglia incanta coi suoni degli uccelli e del fogliame scosso dal vento. Querce, roverelle, pioppi, rare peonie, fanno da cornice durante il cam-mino. Un largo sentiero sterrato permette di attraversare questo posto paradisiaco, dove le acque del torrente Sperone ci indicano il percorso che conduce a Case Giarranauti, antica masseria restaurata. Una deviazione permette di arrivare ad un complesso siste-ma di vasche scavate nella roccia calcarea e una cisterna per accumulo di acqua. Le vasche, forse, sono state utilizzate per la concia delle pelli, ed il luogo testimonia la

laboriosa e millenaria presenza dell’uomo. Il sentiero conduce ai ruderi di un antico villag-gio dove si notano i resti di una cittadina del periodo tardo imperiale. Si tratta di un “vicus” costituito da una decina di case dislocate attorno ad una piccola chiesa monolocale. Si scende a fondovalle fino a raggiungere l’antico tracciato della ferrovia Siracusa – Vizzini, che costeggia le pareti a picco del canyon. Si ritorna lungo un sentiero fino ad uscire dal bosco.

DOMENICA 17 FEBBRAIOBrucoli–Costa Gisira–Eremo M.na AdonaiEscursione di media difficoltàGuide: Concetto Giuliano, Giuseppe Maz-zarellaRaduno: ore 8,30 c/o Piazza Melbourne – Floridia;Durata: Mezza giornata (8,30-12,30);Equipaggiamento: da trekking (binocolo, borraccia, mantellina impermeabile);Contributo: € 5,00 (soci € 4,00);Info: 338/9595568 - 339/6681571La contrada denominata Costa Gisira è una delle più importanti aree archeologico-naturalistiche del territorio megarese. Difatti, oltre alla lussureggiante vegetazione che si protende fino alla rocciosa costa brucolese, vi è un’importante sito archeologico di epoca neolitica. Visiteremo l’Eremo della Madonna Adonai che è uno dei più importanti santuari monastici della Provincia di Siracusa. Sorge su un antico complesso cimiteriale siculo, adattato ad “Oratorio Rupestre” da eremiti Bizantini nel III Secolo d.C. Dopo circa un secolo, in seguito all’editto di Costantino, il Santuario conobbe un periodo lunghissimo di abbandono: fu riutilizzato solo dopo il 1500, quando l’originaria grotta fu allargata e nelle sue prossimità fu eretto un monastero, di-

strutto poi dal terribile terremoto del 1693 e in seguito ricostruito. A poca distanza dall’Ere-mo, vi sono le cosiddette “Grotte del Greco”, grotte artificiali utilizzate in epoca sicula come cimiteri rupestri e in epoca bizantina come “Chiese rupestri”.

DOMENICA 24 FEBBRAIOSiracusa - Penisola Maddalena - “Grotta Pellegrina”Escursione di media difficoltàGuide: Concetto Giuliano, Peppe MancarellaRaduno: ore 8,30 c/o Piazza Melbourne – Floridia;Durata: Mezza giornata (8,30-12,30);Equipaggiamento: da trekking (binocolo, borraccia, mantellina impermeabile);Contributo: € 5,00 (soci € 4,00);Info: 338/9595568 - 339/6681571Subito dopo l’ex minareto della Penisola Maddalena, verso il faro di Murro di Porco, troviamo la costa chiamata dai Siracusani come “ ‘a Piddirina”, la Pellegrina.La costa si presenta alta e verticale con di-verse insenature naturali più o meno grandi con acque di un blu profondo. Qui in un ampio golfo dalla forma tondeggiante si trova una interessante grotta chiamata anch’essa la grotta della “Pillirina”.Il nome si ricollega ad una leggenda di pe-scatori, secondo cui, un tempo, una giovane soleva incontrare l’innamorato, un giovane marinaio, tutte le notti di luna piena in questa grotta posta in fondo ad una Cala della costa. I pescatori raccontano che ancora oggi, nelle notti di luna piena, sia possibile vedere la po-vera Pellegrina nei pressi della grotta, mentre scruta trepidante l’orizzonte aspettando invano il suo giovane marinaio.È la conferma che la Sicilia è la terra in cui il sacro s’intreccia con il profano, la storia si sposa con la leggenda.

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Nuove frontiere per la conservazione e per la sostenibilità

l 15 settembre si è chiuso il World Conservation Congress dell’International Union for Conservation of Nature (IUCN) tenutosi sull’isola di Jeju nella Repubblica di Corea. 8.000 partecipanti (governi, agenzie delle Nazioni Unite, ONG, cittadini e imprese), provenienti da oltre 170 nazio-ni, hanno discusso di biodiversità, clima, risorse, gestione e sviluppo.

Si è certamente trattato di un evento importante e significativo in particolare sui temi del futuro per la difesa della bio-diversità e per l’implementazione della sostenibilità.

Riportiamo qui di seguito la Dichia-razione “Nature+: Towards a New Era of Conservation, Sustainability and Nature-based Solutions”, approvata a conclusione del congresso, che apre nuovi scenari per le strategie della conservazione sulle quali torneremo in queste pagine e sulle quali invitiamo i lettori a intervenire (ndc).

1. La conservazione della diversità bio-logica, alla base stessa di tutta la vita sulla Terra, riveste un’importanza capitale per la vita degli esseri umani. Tuttavia, la diversità biologica, il clima e gli altri aspetti del piane-ta sono minacciati dalle attività umane e in particolare dalla nostra crescita basata sulle energie fossili, affamata di energia e non sostenibile. La nostra generazione ha la re-sponsabilità morale e l’occasione di impedire il più grande deterioramento della diversità biologica e della biosfera della Terra e noi ci impegniamo a contribuire attivamente.

2. Dalla sua creazione nel 1948, l’IUCN ha partecipato a tutti i principali dibattiti mondiali sull’ambiente e lo sviluppo sostenibile, occu-pando recentemente un ruolo di primo piano alla Conferenza Rio+20. Il documento finale della Conferenza descrive “l’avvenire che noi vogliamo” e raccomanda che i governi del mondo prevedano che «L’eliminazione della povertà, l’abbandono dei modi di consumo e di produzione non percorribili, in favore di modi sostenibili, così come la protezione e la gestione delle risorse naturali sulle quali si basa lo sviluppo economico e sociale, sono sia gli obiettivi primari che i prerequisiti dello sviluppo sostenibile». Questo documento invita ugualmente tutti i Paesi ad adottare

misure urgenti per lottare contro gli effetti nefasti dei cambiamenti climatici.

3. L’IUCN fornisce delle conoscenze scientifiche e dei consigli politici al fine di ve-nire a capo delle grandi sfide che minacciano l’insieme dell’umanità. Durante i dibattiti, ai quali hanno partecipato i governi, le imprese e la società civile, all’IUCN World Conservation Forum organizzato nel settembre 2012 nella Provincia autonoma speciale di Jeju, nella Repubblica di Corea, sono state identificate le seguenti azioni per conservare la diversità biologica sulla Terra.

Passare a un livello superiore in ma-teria di conservazione

4. Tutti i settori della società devono adot-tare delle misure forti per passare al livello superiore in materia di conservazione della diversità biologica e mettere un termine al suo declino rapido e continuo. La perdita di specie, ecosistemi e geni, ha conseguenze nefaste per l’umanità, il che non può essere accettato.

5. La conservazione della natura prova ogni giorno di più la sua efficacia. Conse-guentemente, dobbiamo ampliare le nostre azioni sulla terra e sul mare grazie a degli sforzi di conservazione mirati. In particolare, dobbiamo vigilare affinché le aree protette siano ben gestite; creare dei programmi di ripopolamento per le specie in pericolo, adot-tare delle misure per ripristinare e riabilitare gli habitat; rafforzare i programmi di riproduzione per la conservazione e ridurre o attenuare il sovrasfruttamento delle risorse naturali.

6. Sappiamo che la conoscenza è il motore dell’azione e che un’azione efficace e delle misure correttive richiedono migliori conoscenze sui pericoli che minacciano la biodiversità. Dobbiamo intensificare i nostri sforzi per riunire le informazioni sulle specie, gli habitat, gli ecosistemi, la governance ed offrire così ai decision makers gli strumenti di

cui hanno bisogno per una gestione efficace dei paesaggi terrestri e marini, che conservi la natura e sostenga i mezzi di sussistenza delle popolazioni.

Soluzioni basate sulla natura7. La biodiversità non deve essere con-

siderata come un problema, ma al contrario come un’occasione per raggiungere degli obiettivi sociali più vasti. La natura è una gran parte della soluzione per alcune delle sfide più urgenti del nostro pianeta, come il cam-biamento climatico, l’energia sostenibile, la sicurezza alimentare e lo sviluppo economico e sociale. Le soluzioni fondate sulla natura si basano sul contributo provato degli ecosiste-mi diversi e ben gestiti per accrescere la loro resilienza ed offrire alle donne ed agli uomini delle comunità povere delle opportunità sup-plementari. Così, dobbiamo incoraggiare la presa di coscienza, le conoscenze, la buona governance e degli investimenti sostenibili per dimostrare che la protezione dell’ambiente è affare di tutti e che l’umanità è fondamental-mente dipendente dalle natura.

8. Valorizzare la natura ed i servizi ecosi-stemici è una prima tappa cruciale per offrire dei vantaggi, dei pagamenti ed un riconosci-mento ai guardiani della natura. Le soluzioni basate sulla natura offrono una vasta gamma di vantaggi sociali e possono attirare l’investi-mento pubblico e privato. L’IUCN prenderà la testa di un movimento della conservazione che riavvicini le comunità, la società civile, i governi e gli investimenti al fine di negoziare e di mettere in opera le soluzioni pratiche che ci offre la natura per far fronte alle molteplici sfide dello sviluppo, dimostrando così la loro reddi-tività e misurando e verificando i loro effetti.

La sostenibilità in azione9. I governi, la società civile, le imprese

e le altre parti interessate devono rafforzare i loro impegni verso la sostenibilità tenendo conto delle sue tre dimensioni: la crescita economica sostenuta, inclusiva ed equa, lo sviluppo e l’integrazione sociale equi e la gestione integrata e sostenibile delle risorse naturali e degli ecosistemi.

10. Dobbiamo integrare la sostenibilità in tutte le decisioni della società e sostenere la messa in opera totale degli accordi ambientali multilaterali, in particolare la Rio Conventions e l’Intergovernmental science-policy platform on biodiversity and ecosystem services (Ip-bes) recentemente istituite.

11. Dobbiamo lavorare con i settori privati e pubblici per accrescere il trasferimento delle tecnologie verdi e condividere le conoscenze, esperienze e competenze al fine di integrare la biodiversità ed i valori degli ecosistemi nella produzione e nel consumo mondiali. Incorag-giamo i governi e le imprese a ricercare una crescita verde ed inclusiva e rispettosa della parità uomo-donna, che garantisca l’integra-zione sociale dei gruppi vulnerabili, eradichi la povertà e mantenga l’impronta dell’umanità entro dei limiti ecologici ragionevoli.

12. Dobbiamo mobilitare le comunità ope-rando per la conservazione della biodiversità, lo sviluppo sostenibile e la riduzione della po-vertà negli sforzi comuni per mettere fine alla

Il Monte Halla (1.950 m), nell’isola vulcanica di Jeju, (Repubblica di Corea).

a cura di Alfredo Petralia

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perdita della diversità biologica ed applicare delle soluzioni basate sulla natura con l’obiet-tivo di conservare la biodiversità, accrescere la resilienza, rafforzare l’equità, promuovere l’uguaglianza tra i sessi e, allo stesso tempo, ridurre la povertà e dunque migliorando il benessere degli abitanti del pianeta.

13. Tutti i settori della società devono impegnarsi totalmente nella messa in opera delle conclusioni della Conferenza Rio+20 a tutti i livelli, in particolare formulando degli obiettivi di sviluppo sostenibile ben mirati. Dobbiamo mobilitare tutti gli stakeholders per l’attuazione del “Piano strategico per la diver-sità biologica 2011-2020” e degli “Obiettivi di Aichi” (adottati durante il decimo meeting della conferenza delle parti della Conven-tion on Biological Diversity), che sono degli strumenti fondamentali per lottare contro le cause sottostanti alla perdita di biodiversità, ed accrescere i vantaggi per tutti provenienti dalla biodiversità e dai servizi ecosistemici.

Per il nostro avvenire comune: ridurre i divari nella governance dell’utilizzo della natura

14. Rio+20 ha rafforzato la constatazione che esistono numerosi divari sostanziali in termini di governance ambientale e questo a tutti i livelli. Ma la Conferenza ha anche pre-sentato numerosi esempi incoraggianti, prova che dei gruppi possono unirsi per negoziare efficacemente dei risultati e prendere deci-sioni migliori per quel che riguarda le risorse naturali, dalle quali dipendono.

Sappiamo che le azioni e le decisioni degli esseri umani - considerati in quanto cittadini, agenti economici o organismi politici - for-mano la governance e possono proteggere o deteriorare la natura, quindi quel che è la base della vita sulla Terra. Dobbiamo vigilare per migliorare la governance dell’utilizzo della natura, attraverso una maggiore regolarità e coerenza, offrendo ai decisori degli strumenti e delle informazioni in grado di valutare e negoziare l’utilizzo sostenibile della natura e la condivisione equa dei vantaggi.

15. Dobbiamo incoraggiare la governance efficace ed equa dell’utilizzo della natura a tutti i livelli necessari: gestione oculata delle risorse naturali come arte delle popolazioni autoctone, gestione integrata delle aree protette e delle risorse naturali e presa di

decisioni nazionale e internazionale per uno sviluppo sostenibile.

16. Dobbiamo essere i primi a fornire una forte leadership per una migliore governance, più equa, dell’utilizzo della natura e delle risorse naturali. Il potere unico dell’insieme dell’IUCN rafforzerà le conoscenze e l’azione necessarie per permettere alla specie umana di condividere le responsabilità ed i vantaggi della conservazione della diversità biologica.

17. Dobbiamo rispettare i diritti e gli stake-holders socialmente vulnerabili, in particolare le comunità locali ed i popoli autoctoni, e in-coraggiare la condivisione giusta ed equa dei vantaggi provenienti dalle funzioni ecologiche della diversità biologica. A questo riguardo, in-coraggiamo tutti i Paesi a ratificare il Protocollo di Nagoya sull’accesso alle risorse genetiche e la condivisione giusta ed equa dei vantaggi.

La strada da seguire dopo Jeju18. Il Governo della Repubblica di Corea

e la Provincia autonoma speciale di Jeju hanno proposto di organizzare con frequenza regolare a Jeju i World Leaders Dialogues inaugurati durante questo World Conserva-tion Forum e che prenderanno il nome di Jeju World Leaders’ Conservation Forum. L’IUCN lavorerà per fare in modo che le solu-zioni basate sulla natura siano al centro della realizzazione degli Obiettivi di Aichi e della Conclusioni della Conferenza Rio+20 e delle sessioni del World Conservation Congress.

Infine, l’IUCN svolgerà un ruolo attivo per dimostrare il ruolo potenziale di una green economy nelle politiche pubbliche e nel comportamento delle imprese a livello locale, regionale e mondiale.

19. Durante il 2012 il World Conservation Congress, sulla bella isola di Jeju, nella Re-pubblica di Corea, L’IUCN ed i suoi numerosi partner si sono riuniti per rafforzare la loro co-operazione e costruire così un mondo giusto, che valorizzi e conservi la natura.

1 Sarai protagonista nella difesa della natura.2 Potrai partecipare ai nostri progetti di ricerca e conservazione naturalistica.3 Potrai usufruire dei servizi riservati ai Soci (attività sociale, escursioni, conferenze, sconto del 50% su tutte le

pubblicazioni dell’Ente, ecc.).4 Riceverai gratuitamente Grifone, bimestrale di informazione per i Soci e di divulgazione naturalistica.5 Riceverai gratuitamente l’annuario Atti e Memorie, bellissimo volume, il resoconto annuale sulle attività svolte

dall’Ente ed importanti memorie scientifiche curate da specialisti della fauna selvatica.6 Contribuirai alla realizzazione di un mondo migliore.

ENTE FAUNA SICILIANAO N L U S

TESSERAMENTO 20136 buone ragioni per… essere uno di noi

Quote sociali per il 2013Junior euro 7,00 - ordinario euro 20,00 - sostenitore euro 60,00

le adesioni possono essere effettuate: direttamente nelle varie sezioni - tramite versamento sul c/c postalen. 11587961 - oppure tramite bonifico al cod. IBAN IT24 FO76 0117 1000 000 1 1587 961sempre intestati a: Ente Fauna Siciliana - Noto con la causale “Quota iscrizione anno 2013”

IL 2013 è L’ANNO DEDICATOAL RANDAGISMO

7 novembre 2012Riunione presso il Centro Visitatori di

Vendicari tra una delegazione della Se-zione di Floridia e il Segretario Regionale dell’E.F.S. Tema della riunione le attività nel controllo del randagismo a Floridia.

8 novembre 2012 Riunione al Comune di Noto per l’isti-

tuzione dell’Albo delle Associazioni di Volontariato. Ha partecipato per l’E.F.S. il Consigliere Regionale Paolo Pantano.

5 dicembre 2012Si riunisce a Catania presso la ex sede

del Dipartimento di Biologia Animale “M. La Greca” la Giunta Regionale dell’E.F.S. E’ presente anche il Presidente Pietro Alicata.

10 dicembre 2012Effettuato sopralluogo e lavori presso

l’ex scuola rurale di S. Lucia di Mendola, a seguito di un albero caduto.

Dal “Giornaledi Bordo”dell’Associazione

13 dicembre 2012Conferenza a Pachino tenuta dal Segre-

tario Regionale, organizzata dall’UNITRE locale, sul tema “Aree protette e prospettive di sviluppo”.

14 dicembre 2012Siglato al Comune di Rosolini un pro-

tocollo d’intesa tra il Comune di Rosolini e l’Ente Fauna Siciliana, per la gestione e la fruizione della “Cava Prainito” in territorio di Rosolini.

17 dicembre 2012Riunione a Noto, presso la sede legale

dell’Ente Fauna Siciliana, degli appartenenti al Corpo Guardie Ecologiche dell’Ente Fau-na Siciliana.

19 dicembre 2012Si riuniscono a Noto, nella sede le-

gale dell’Ente Fauna Siciliana, le Guide Naturalistiche che operano al Centro Visitatori della Riserva Naturale Orientata di Vendicari.

20 dicembre 2012Incontro a Siracusa, presso la sede

dell’Ufficio Provinciale dell’Azienda Fore-ste Demaniali, tra il Dirigente Provinciale dell’Azienda, il Dirigente dell’UOB2, il Segretario Regionale e il Vice Segretario dell’Ente Fauna Siciliana.

Page 10: GRIFONE dicembre 2012

10Grifone 31 dicembre 2012

I l 4 settembre 2012 si spegneva Luigi Prestinenza, giornalista e astrofilo, come amava definirsi, dalle due anime per niente gemelle e ancor meno specu-lari: lo Sport e la Scienza. La sua scom-parsa è stata una grave perdita per la Cultura catanese, perché fu un valoroso giornalista scientifico che, per oltre mezzo secolo, divulgò la Scienza, l’Astronomia in particolare, collaborando con emittenti radiotelevisive (Rai, Antenna Sicilia, Te-lecolor), periodici specializzati (Scienza e Vita, L’Astronomia, Le Stelle, Nuovo Orione), quotidiani (La Stampa di Torino). Per La Sicilia curò per alcuni anni la pagi-na settimanale dedicata alla divulgazione scientifica, che costituì un appuntamento con i lettori assetati di notizie, approfon-dimenti e aggiornamenti del mondo della Scienza. Riprese a divulgare la Scienza sul “suo” giornale accettando di scrivere per la rubrica “Scienza e Tecnica”, dove, ogni lunedì, firmò i suoi pezzi fino a un mese prima della sua morte. Si può affermare senza tema di smentita che Egli fu uno degli artefici principale della divulgazione scientifica in Sicilia, tenne migliaia confe-renze, seminari, dibattiti, incontri, lezioni e “Incontri con l’Astronomia” in tutte le scuole di ogni ordine grado dell’Isola, nei fastosi saloni dei club service, nelle aule universi-tarie, al Parco Gioeni nelle serate del primo quarto di Luna. Fu presente ovunque si parlasse di Cultura, perché i suoi orizzonti culturali erano illimitati, spaziavano dalla Storia e Filosofia (gli mancò soltanto la discussione della tesi per conseguire la laurea in queste discipline, meriterebbe, dall’Ateneo catanese, il conferimento della Laurea a honorem alla memoria), alle Lettere e alle Arti, dall’Archeologia alla Paleoantropologia, alla Cosmologia, alla Geologia, alla Zoologia, alla Botanica: una splendida simbiosi tra discipline che comunemente (ed erroneamente) sono considerate appartenenti a due culture distinte.

Conobbi Luigi Prestinenza nell’au-tunno del 1977. A presentarmelo fu un mio alunno di primo liceo classico della scuola in cui insegnavo, all’inizio della mia carriera scolastica. Il mio giovane studente

Luigi Prestinenza, un “marziano” tra noidi Giuseppe Sperlinga

aveva aderito al nascente gruppo astrofili catanesi, fondato sei mesi prima proprio da Prestinenza e del quale fu presidente ininterrottamente per ben 26 anni, fino a quando, nel febbraio del 2003, prese la dolorosa decisione di separarsene e, cinque mesi dopo, fondare l’associazione onlus “Stelle e Ambiente” per la divulga-zione e la ricerca scientifica astronomica e ambientale intitolata alla memoria del prof. Marcello La Greca, di cui fu presidente per nove anni e, nell’ultimo anno, presidente onorario, perché le sue precarie condizioni di salute non gli consentirono di partecipa-re attivamente alla vita sociale.

Prestinenza, l’Astronomia doveva averla impressa nella doppia elica del suo DNA. Riusciva a essere coinvolgente e convincente nelle sue trattazioni al punto da far germogliare, nella mente dei giovani che l’ascoltavano, il seme della curiosità e imprimere in loro stimoli tali da risultare determinanti nella scelta dei loro corsi di studi universitari. Qualche anno fa, infatti, gli astronomi dell’Osservatorio Astrofisico di Catania, notando il crescente numero di studenti nei corsi a indirizzo astronomico-astrofisico, dicevano tra il serio e il faceto che ciò era dovuto all’”effetto Prestinenza”. Il suo amore per l’Astronomia sbocciò prestissimo, quando, appena decenne, gli capitò tra le mani una copia de “L’Astro-nomia popolare” di Camille Flammarion, il celebre astronomo francese che in forma molto didattica e discorsiva enunciava i principi e le conoscenze della scienza astronomica con impareggiabile rigore scientifico e completezza. Esattamente

come avrebbe poi fatto lui per decenni. Unico abbonato di Catania della rivista “Coelum”, diretta dal grande astronomo Guido Horn-D’Arturo, ebbe il privilegio di ricevere una visita a casa sua - lui, bambino di appena 10 anni - del grande scienziato triestino, allora direttore dell’Os-servatorio Astronomico universitario di Bologna e titolare della cattedra di Astro-nomia, che volle conoscere il suo unico lettore catanese.

Cominciò a scrutare il cielo a occhio nudo per imparare a riconoscere le costel-lazioni, a distinguere un pianeta da una stella, per comprendere l’avvicendarsi degli astri nel mutevole scenario celeste nel corso dell’anno. Puntò il suo primo telescopio verso Marte e fu amore a prima vista, perché osservò e studiò il pianeta rosso finché visse, soprattutto dal suo osservatorio della casa di Pedara, alle pendici meridionali dell’Etna, una struttura dotata di due potenti telescopi, uno dei quali installato sulla montatura Cooke in dotazione all’antico Osservatorio Astrofi-sico, quando la sede era in piazza Vacca-rini, salvandolo così da sicura distruzione o perdita. Era talmente attratto dal pianeta Marte che finì col diventare... un “marzia-no”, nel senso che acquisì e accumulò una mole di conoscenze scientifiche che, nel 2004, si decise a pubblicarle nel volume “Marte tra storia e leggenda” (Utet), con la prefazione della notissima astrofisica Margherita Hack, sua amica da sempre. Tre anni dopo, dedica al “suo” pianeta un ampio e particolareggiato capitolo nel libro “La scoperta dei Pianeti. Da Galileo alle sonde spaziali” (Gremese), la cui prefa-zione porta la firma del suo grande amico prof. Giuliano Romano, astronomo veneto di chiara fama esperto in Cosmologia e Archeoastronomia, che scrive: “Marte, per l’autore, è giustamente il pianeta la cui storia delle sue esplorazioni ottiche e fisiche è trattata con maggiori dettagli, e questo per due ragioni, primo per il fatto che è stato studiato con estrema cura per due secoli con tutti i telescopi disponibili e secondo perché ha sempre interessato particolarmente l’autore che non solo l’ha osservato lungamente ma ha già scritto recentemente un pregevolissimo volume dal titolo “Marte tra storia e leggenda” (…). Interessanti sono anche gli inserti curati dal prof. Giuseppe Sperlinga, che utilizzando il minimo di matematica, illu-strano la legge di Titius-Bode e la misura del raggio della Terra e la sua forma. Il libro sulla Scoperta dei Pianeti si legge proprio di un fiato. Lo stile è conciso e piacevole, rapido e accattivante; è lo stile di un giornalista sportivo che sa illustrare con precisione i fatti e sa anche porre in evidenza, piacevolmente, il difficile cam-mino della scienza dei pianeti”.

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Grifone11 31 dicembre 2012

Prestinenza fu molto stimato dagli astronomi professionisti e non. Gianluca Masi, astrofisico, ricercatore di pianeti extrasolari e curatore scientifico del Pla-netario di Roma, gli dedicò un pianetino, che rivolve intorno al Sole tra Marte e Giove, da lui scoperto il 14 febbraio 1999: è l’Asteroide Prestinenza (20433 Presti-nenza), ubicato nella fascia principale degli asteroidi.

L’Unione astrofili italiani (UAI) lo in-signì, nel 2006, dell’importante premio nazionale “Guido Ruggieri” (intitolato alla memoria di uno dei suoi più grandi amici, astrofilo, esperto planetologo ed eccezionale divulgatore) con la seguen-te motivazione: “Per una vita dedicata all’Astronomia e alla divulgazione della Scienza. Osservatore attento e sistema-tico dei pianeti e in particolare di Marte, al quale ha dedicato uno splendido libro. Giornalista e divulgatore scientifico per oltre un cinquantennio, sempre in prima linea nel rapporto con il pubblico e con gli studenti. Socio e sostenitore UAI già dai primi anni della sua costituzione, ha contribuito in maniera determinante, con la sua autorevole e assidua presenza, a uno svolgimento corretto e sereno delle Assemblee sociali. Fondatore e presidente per venticinque anni del Gruppo Astrofili Catanesi che porta il nome di Guido Rug-

gieri. Più recentemente fondatore e presi-dente dell’Associazione Stelle e Ambiente. A Luigi va la gratitudine incondizionata di tutti i Soci dell’Unione Astrofili Italiani”.

Non gli mancò la vis polemica e fu durissimo nei confronti dei sostenitori di quelle che considerava pseudoscienze: l’Astrologia e l’Ufologia. Non perdeva occasione per lanciare strali contro gli astrologi, rei di ammannire ciarpame im-

perversando tutto l’anno nei mass media, dalla radio alla tv, ai giornali quotidiani e periodici. “La gente - diceva - finirà che pri-ma o poi ci crede davvero, perché l’hanno detto in televisione!”. Altrettanta durezza manifestava apertamente contro certi pro-grammi televisivi che mettevano in dubbio la conquista della Luna o che tentavano di spacciare la fantascienza per Scienza.

XLVIII ASSEMBLEA GENERALE DEI SOCI DELL’ENTE FAUNA SICILIANADomenica 20 gennaio 2013 alle ore 9,00, presso il Centro Visitatori della R.N.O. “Oasi Faunistica di Vendicari”, si

svolgerà la XLVIII Assemblea Generale dei Soci dell’Ente Fauna Siciliana, convocata in via ordinaria dal Segretario Regionale (Assemblea di fine anno, art. 8 dello Statuto), con il seguente ordine del giorno:

ore 9,00 Relazione del Segretario Regionale;ore 9,30 Relazioni dei Segretari di Sezione e dei Responsabili di Settore;ore 10,30 Approvazione conto consuntivo 2012;ore 10,45 Programmazione di massima per il 2013;ore 11,00 Dibattito.

Questa convocazione ha valore formale di convocazione dei Soci.Il Segretario Regionale

Corrado BianCa

Egli non perdeva occasione per demolire il cosiddetto “Triangolo delle Bermuda” o l’avvistamento di oggetti volanti con omini verdi a bordo, contro i quali fu un irriduci-bile oppositore nei suoi numerosi articoli e interventi in tv.

La scomparsa di uomini della levatura morale e culturale di Prestinenza lascia sempre una voragine nell’anemico pano-rama culturale scientifico di questa città, un vuoto che sarà difficilmente colmabile nei prossimi decenni. E altrettanto irto di difficol-tà è il sentiero di cui Egli ha lasciato il solco, perché pur volendo seguirne il magistero, senza il suo carisma culturale sarà durissi-mo ottenere una inversione di rotta in una città come Catania che continua a puntare sulla becera politica culturale dell’effimero, rinunciando alle strutture culturali stabili, quali sono il planetario, il Museo civico di Storia naturale, il Museo vulcanologico dell’Etna, il parco vulcanospeleologico per la tutela e fruizione delle grotte laviche presenti nel sottosuolo del territorio metro-politano che costituiscono un patrimonio naturale unico in tutta l’Europa continenta-le, idee e progetti fortemente sostenuti da Prestinenza e da altri due “giganti” della cultura scientifica catanese: lo zoologo prof. Marcello La Greca, scomparso dieci anni fa, e il vulcanologo prof. Salvatore Cucuzza Silvestri, morto lo scorso 5 luglio.

Hanno collaborato a questo numero- Pietro ALICATA, Presidente dell’ E.F.S.- Salvatore ARCIDIACONO, Segretario Sezione di

Catania, E.F.S.- Gaetano FICHERA, Dipartimento di Scienze Biologi-

che, Geologiche ed Ambientali, Università di Catania.- Concetto GIULIANO, E.F.S., Floridia- Alfredo PETRALIA, Consigliere Regionale E.F.S.- Agatino Maurizio SIRACUSA, Dipartimento di Scienze

Biologiche, Geologiche ed Ambientali, Università di Catania.

- Giuseppe SPERLINGA, Presidente dell’Associazione “Stelle e Ambiente” di Catania.

- Emanuele UCCELLO, Direttore della Biblioteca Na-turalistica “Bruno Ragonese”.

Organo Bimestrale dell’Ente Fauna Siciliana“Associazione naturalistica di ricerca e conservazione”Grifone

N. 3/93 reg. stampa - Tribunale di Siracusa

Direttore responsabile Corrado BiancaResponsabile di redazione Giorgio SabellaComitato di redazione Fabio Amenta, Marco Mastriani, Messaoud Yamoun, Paolo Pantano, Alfredo Petralia, Abubaker Swehli, Paolino Uccello.Redazione e Amministrazione Via Sergio Sallicano, 74 - Noto (SR)Tel. 338 4888822.Versamenti sul c/c postale n. 11587961 intestati a: Ente Fauna Siciliana - NotoSito: www.entefaunasiciliana.it - E-mail: [email protected]

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Page 12: GRIFONE dicembre 2012

a Scilla (Charybdis pancration ex Urginea maritima), detta in dialetto Cipuddazza, è una pianta mediterranea fornita di un bulbo, alquanto volumi-noso, potendo raggiungere i 12 cm di diametro, il quale sovente sporge dal suolo. Da questo bulbo, formato da più tuniche carnose, in primavera, compa-iono grandi foglie coriacee, che seccano sul finire dell’estate, nel contempo in cui emerge un asse fiorifero, alto fino a 2 metri, portante un grappolo di fiori bianco candidi.

Il bulbo della Scilla, fino ad un re-cente passato, veniva utilizzato dai contadini siciliani per svariati impieghi, in parte concreti e in parte immaginari.

Si è creduto che, se esso fosse stato piantato nei pressi di un albero da frut-to, questo sarebbe stato liberato dalle infestazioni delle cocciniglie parassite (piducchi, furami). In particolare se ne fossero stati piantati tre, ai vertici di un triangolo, attorno ad un albero di fico, questo sarebbe divenuto immune dalle invasioni delle formiche.

Ma l’uso più diffuso in tutta l’Isola è stato come veleno per i ratti. Per ottenere questo rodenticida, dal nostro bulbo si eliminavano sia le squame più esterne (perché tigliose), che quelle più interne (perché mucillaginose) e si pren-devano solo quelle intermedie; queste si pestavano in modo da farne una pol-tiglia; la quale emanava un odore ed un sapore assai graditi a questi roditori. Ma ciò costituiva una trappola mortale, in quanto il nostro bulbo contiene sostanze (scilliroside, scillarene, proscillaridina) assai velenose per l’animale. Con tale prospettiva le esche alla Scilla veniva-no poste nei magazzini agricoli, nelle cantine e in tutti i luoghi in cui erano conservate derrate alimentari.

Un altro impiego, abbastanza co-mune, del nostro bulbo riguardava una particolare applicazione della medicina popolare: le dermatiti pruriginose (car-

dacia), alle quali andavano incontro gli agricoltori che manipolavano la favetta. Questo legume, destinato come man-gime, si raccoglie nei campi, si essicca sulle aie, i suoi baccelli si battono per liberare i semi secchi ed infine quest’ul-timi si stipano in sacchi di iuta. In tutte queste operazioni i contadini non accu-savano alcunché. Viceversa, quando i sacchi con la favetta venivano accumu-lati nei magazzini angusti e poco areati, allora accadeva che chi fosse entrato in questi locali veniva colpito da fastidiosissimi arrossamenti cutanei, seguiti da irrefrenabile prurito. Il fenomeno, a quei tempi, era ritenuto qualcosa di sopranna-turale; tuttavia i conta-dini avevano trovato un rimedio strofinandosi sulla pelle un impiastro ottenuto dalla triturazio-ne delle squame della Scilla. Al giorno d’oggi si è scoperto che gli ar-rossamenti sono causati dalle spoglie della muta cui vanno incontro certi acari, spoglie che flutta-no nell’aria stagnante del locale; sicché bastereb-be areare questi locali per eliminare il danno. Gli acari non vivono a spese dei semi, bensì sono parassiti di piccoli coleotteri - tonchi delle fave – (papuzze o gad-dinedde) che si nutrono

12Grifone 31 dicembre 2012Grifone

L

Una pianta ratticida

Etnobotanica. 29di Salvatore Arcidiacono

Voluminoso bulbo di Scilla

dei cotiledoni del seme della leguminose. Per-tanto basterebbe trattare con insetticidi innocui (ad esempio, piretroidi) i semi accumulati per eliminare alla radice il problema.

Oltre all’uso popolare del medicamento soprac-cennato l’organo ipogeo della Scilla trova riscon-tro nella farmacopea uf-ficiale in cui gli vengono riconosciute varie azioni curative: ipertensivante cardiotonico (digitalsimi-le), emetico e fluidificante broncopolmonare.

Le larghe foglie della pianta hanno anch’esse

avuto un uso agricolo-pa-storale; sono servite per

ricoprire l’imboccatura delle cavagne di ricotta, legandole con legacci ricavati dall’Ampelodesmo.

Ancora con le nostre foglie, i fanciulli di un tempo, ottenevano un elemen-tare strumento a fiato (trummittedda), avvolgendole a cono e ripiegandone il suo vertice. Indi, ponendo questo cono schiacciato fra le labbra, vi soffiavano dentro in modo da farlo vibrare e così ricavare un suono unicorde, alquanto acuto.

Fioritura estiva