FUORICORSO - Dicembre 2012

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Dicembre 2012 fuoricorso 1

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Mensile degli studenti di Siena; sull'Università, dipartimenti, vita studentesca, satira, mondo e molto altro ancora..!offerto grazie al contributo del DSU Toscana

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Dicembre 2012 fuoricorso 1

2 fuoricorso Dicembre 2012

…"La Direttrice

Amministrativa ci

manda via" dice uno dei

dipendenti "per lei siamo

solo un peso" risponde

qualche altro, ricordando come all'interno della

cooperativa ci siano persone diversamente abili,

che hanno trovato grazie a questo lavoro un motivo

per andare avanti. La crisi, i bilanci, i numeri su

queste storie di vita quotidiana però non si

sofferma molto. Gli studenti aumentano, si

avvicinano al Palazzo, fanno capire le loro

intenzioni. "Entriamo, entriamo!" grida qualcuno

all'interno del presidio, si accendono i fumogeni

rossi. La musica è forte. La piazza sembra

rispondere avvicinandosi ulteriormente al portone.

"Ci stanno aumentando le tasse, il prossimo anno

lo faranno perché sono previsti tagli ai

Finanziamenti" questo è quanto afferma una

studentessa. L'aria è sempre più fredda, ma i

manifestanti sembrano non accusare il tempo

invernale, "Profumo sta scappando da tutte le

manifestazioni, anche a Siena ha deciso di non

venire, un Governo che ha paura e si spaventa del

dissenso", questo è ciò che credono in molti nella

piazza. Sembrerebbe essere proprio così, i mesi

orribili del Ministro Profumo, l'unico a non essere

riuscito in questa esperienza tecnica a portare a

casa alcun risultato. Il Decreto sul Merito è stato

contestato duramente ed è stato ritirato dallo stesso

Ministro insieme alla norma che prevedeva

l'aumento delle ore di insegnamento, un

provvedimento che è stato duramente contestato da

molti docenti, i quali come facevano notare, non

solo hanno pessime strutture e vivono per la

maggiore in una condizione di perenne disagio, ma

hanno anche tra i salari più bassi in Europa. Infine

l'ex ddl Aprea, ritirato al Senato, proprio grazie alle

molte manifestazioni studentesche degli ultimi

mesi. Insomma, per Profumo una sconfitta dopo

l'altra, con i consensi tra i più bassi del Governo,

peggio di lui solo la Fornero, ma almeno lei la

riforma delle pensioni e del lavoro l'ha portata a

casa. Proprio Profumo è il grande assente della

giornata, assenza che però non ha fermato la

piazza, che non ha interrotto la protesta. "La sua

assenza è stata una vittoria per noi, la

dimostrazione che il Ministro si è sottratto in modo

vile al dibattito".

La piazza ora reclama di entrare, vuole invece

confrontarsi con l'altro personaggio della giornata,

non è un invitato, anzi è il padrone di casa, Angelo

Riccaboni, il Rettore. "Entriamo, vogliamo entrare"

la piazza grida, la polizia non può più contenere la

rabbia. E' questione di

pochi secondi, come se

il tempo si fosse fermato

in un attimo, la piazza si

accalca all'entrata, c'è

qualche tafferuglio e qualche scontro, uno “spingi-

spingi” intenso, la polizia si barrica dinanzi al

Palazzo, alcuni chiudono il portone. Qualcuno dirà

dopo "lavoro all'Università da 20 anni, ne ho viste

tante di inaugurazioni, mai avevano chiuso il

Portone". Un gesto simbolico, ad una generazione

che si è vista chiudere per l'ennesima volta la

possibilità di parlare.

Un gesto forte, perché di certo quell'atto tirerà

sull'Amministrazione pesanti critiche e dure

contestazioni. Dopo qualche minuto la calma

sembra tornare in piazza, si ritorna compatti, ma gli

studenti non ci stanno, "se il dialogo è chiuso, se il

portone è chiuso, allora loro restino pure barricati

all'interno, noi andremo in giro per la città".

L'entusiasmo cresce, molti avrebbero però voluto

continuare lì davanti, provare ad entrare, ma

spontaneamente nasce l'esigenza del corteo, un

corteo non autorizzato, come non accadeva dai

tempi delle dure contestazioni alla riforma Gelmini

del 2010, un corteo lungo e colorato che si snoda in

modo armonioso per le vie della Città, che in un

attimo si riscopre viva, dopo mesi di tensioni

istituzionali.

Il corteo è intelligente e gli organizzatori,

nonostante le provocazioni della polizia e le

minacce di denunce prosegue in modo spedito per

le vie di Siena, dimostrando enorme maturità

quando al passaggio di un'ambulanza il corteo si è

diviso in due parti, per farla transitare senza creare

ostacoli e disagi, dopo il passaggio il corteo si

ricompatta e parte l'applauso.

La festa continua, Siena si riscopre capace di

guardare avanti con fiducia e di ritrovare un

reciproco rapporto con i tanti studenti, alcuni fuori

sede, che fino a ieri sembravano essere lontani dai

traumi che stava vivendo la Città.

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Si ritorna al Rettorato, poco dopo l'intervento del

Presidente del Consiglio Studentesco che

strappando la regola del cerimoniale si rivolge

proprio al Rettore "falli entrare", ma non basta

questo, perché in un primo momento Angelo

Riccaboni sembra acconsentire, poi, senza una

reale spiegazione sembra tirarsi indietro. Qualche

uomo in divisa sembra si lasci scappare una parola

di troppo "l'accordo era che non entrassero" questo

è quanto qualcuno sente dire, così il presidio

davanti al Rettorato continua in un ennesimo

corteo, ormai è sera, sono da poco superate le

18,30, si prosegue verso Economia, dove hanno

luogo l'assemblea e il dibattito. "Una grande

giornata" spiegano gli organizzatori "siamo stati

intelligenti a non cadere nelle provocazioni, ora

dobbiamo continuare con la mobilitazione, magari

accanto alle lavoratrici e ai lavoratori che per

ragioni miopi di bilancio si sono visti tagliare

stipendi e posti di lavoro, ora diciamo basta".

La verità è che prima con il Ministro che diserta,

poi con il Portone che viene chiuso, infine con il

Rettore che non permette agli studenti e ai

lavoratori di entrare, di fatto si chiude un dialogo

già molto precario.

Gli studenti non sembrano volerci pensare, sono

entusiasti della giornata, sanno che all'indomani ci

saranno le polemiche, saranno anche dure,

qualcuno pensa "ci criminalizzeranno, ma la verità

è che oggi hanno fatto una figuraccia, il Rettore ha

fatto autogol".

Lo slogan era "liberiamo i saperi" per un giorno

questi ragazzi e questi lavoratori hanno fatto

qualcosa di più, hanno liberato la Città.

La giornata si chiude, sono da poco passate le

20,00, la cerimonia al Rettorato è terminata, arriva

nella Facoltà di Economia anche Filippo Caranti

che, come da cerimoniale, ha fatto il suo intervento

di Apertura dell'Anno Accademico, unendosi così

anche alla "sua" protesta.

Sento dei fischi, una nube rossa squarcia il cielo, la

mia bandiera, ancora non la vedo, la sento dentro di

me.

Vedo i miei compagni, stanno cantando!

All’inizio non capisco una parola, sono travolta

dagli studenti, dai precari, da tutti i lavoratori che

ci sono davanti al Rettorato per manifestare, sono

impreparata, ma subito dopo mi unisco al canto, io

canto più forte degli altri. Questa protesta la sento

nel cuore, la sento crescere con forza dentro di me.

Mi guardo intorno e siamo fuori, la polizia non ci

lascia entrare, ma entrare dove?

In un luogo pubblico, un luogo nel quale noi

studenti liceali e universitari non possiamo

partecipare all’inaugurazione dell’anno

accademico? Se non noi, chi?

Oggi caro ministro Profumo io sono qui, sono qui e

non ho paura, sono pronta ad affrontare un dibattito

e ad esporre le mie condizioni e i bisogni che mi

vengono negati ogni giorno a scuola, a favore di

scuole ed università private.

Fondi che vengono negati alla mia istruzione, ma

soprattutto al mio futuro. Oggi io ci sono, e non

sono sola, sono venuta al Rettorato con il mio

grandissimo bagaglio di sogni, speranze e progetti

che con la tua indifferenza e il tuo menefreghismo

verranno distrutti.

Alcuni studenti iniziano a spingere, ho paura,

indietreggio, i poliziotti ci respingono, urlano:”

Chiudete il portone, chiudete il portone!” Tutto pur

di non farci entrare.

Adesso il rettorato è chiuso, sventolo la bandiera

ancora più in alto, i cori iniziano più forti di prima,

ascolto vari interventi, accuse, proposte,

disperazione, alzo lo sguardo le bandiere tutte

insieme sembrano delle farfalle, aprono le ali, ma

presto le richiudono. Sfidare il vento è difficile, ma

non impossibile.

Mi sento così sola davanti a questa porta chiusa.

Una delle tante che mi hanno chiuso in faccia, un

altro schiaffo, un’altra offesa, ma io non ci sto!

Io non mi arrendo!

Sarò anche poco tecnica, ma oggi sono qui e tu,

caro ministro Profumo, non ci sei. Quando ci sarai

per me, quando penserai a me, quando lavorerai per

me, in piazza non vedrò più solo bandiere, ma

anche sorrisi.

E sarà la vittoria del mio paese, dell’Italia che è

riuscita a investire su di me, sul suo futuro.

Con tanta amarezza, ma soprattutto con forza,

coraggio, passione e speranza vi invito a non

accontentarvi mai, vi chiedo di pensare alla vostra

vita e di chiedervi se vi piace.

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Si apre l'Anno

Accademico, il 772° per

la precisione, si apre tra

le polemiche e le

incertezze sul futuro per molti dipendenti, si apre

con una durissima contestazione fuori dal Palazzo

del Rettorato.

Mentre di sotto va in scena la protesta, all'interno a

nome delle Studentesse e degli Studenti di Siena

prende la parola il Presidente del Consiglio

Studentesco, Filippo Caranti.

Il suo intervento previsto dal cerimoniale inizia con

uno strappo alle consuetudini secolari: "fuori ci

sono molte studentesse e studenti dell'Università

che protestano, non possiamo iniziare un Anno

Accademico facendo appello alla coesione sociale,

se poi non gli si permette di entrare e di esporre le

proprie criticità". L'intervento è duro e la platea

applaude. Il discorso del Presidente Caranti

prosegue in modo sereno e spedito: "è per me un

grande onore rappresentare gli studenti in questa

importante occasione dell'inaugurazione dell'anno

accademico dell'Università degli Studi di Siena".

Il primo appello nel suo intervento lo lancia ai

rappresentanti sul territorio: "questa volta ci

auguriamo che domani non ci si dimentichi

dell'esistenza degli uni e degli altri, ma si rimanga

in stretto contatto". Il Presidente del Consiglio va

giù sicuro, parla dei problemi che affliggono la

Città, della situazione di Commissariamento in cui

riversa "quest'ultimo anno è stato particolarmente

travagliato per la gran parte delle istituzioni del

senese ed impone una profonda riflessione da parte

di tutti". L'attenzione poi

si sposta sui drammatici

temi dell'Università e del

Diritto allo Studio:

sebbene la Regione abbia resistito fino ad ora ai

molteplici tagli, ha iniziato oggi a tentennare di

fronte alle prime scosse d'avvertimento.

L'intervento prosegue indicando il percorso fatto

dall'Ateneo fino ad oggi, dopo la riforma Gelmini

"non ci troviamo più infatti di fronte le 9 facoltà

dello scorso anno, ma 15 dipartimenti", il

Presidente del Consiglio fa appello a coloro che

gestiscono i Dipartimenti affinché si lavori in

modo comune sui vari corsi di studio e

permangano il dialogo e la stima tra i nuovi attori

dell'Università di Siena, per arricchire e non per

impoverire la crescità del nostro Ateneo.

Filippo Caranti rilancia anche il tema della

'cittadinanza studentesca', utile "per comprendere i

bisogni e le necessità dei molti studenti, senesi e

fuori sede, che vivono in questa comunità"

prosegue "quando scegliamo una sede a noi

studenti non interessa soltanto la qualità della

didattica e della ricerca compiuta dall'Ateneo, ma

speriamo di trovare anche una situazione che ci

faccia vivere appieno l'esperienza universitaria.

Quindi una buona rete di trasporti, luoghi idonei in

cui abitare, e dei servizi culturali a prezzi attrattivi

per le tasche degli studenti, dai teatri ai cinema".

L'affondo è duro, ed è rivolto a chi gestisce

l'Università, ma anche a chi si candida a guidare la

città di Siena nella prossima primavera "per

guardare oltre le mura di questo Rettorato, in cui

abbiamo assistito a tagli di alcuni servizi peculiari

di questa realtà universitaria, come l'apertura serale

e nei week end di numerosi spazi di studio, oltre ai

temuti prossimi tagli del personale della

cooperativa che gestisce i punti informazioni delle

ex Facoltà, o si pensi al caso emblematico del

complesso Santa Maria della Scala. Non solo i

cittadini senesi, toscani, ma l'intera Italia non può

accontentarsi di una tantum offerta dalla Regione e

da una integrazione comunale, che non ha

comunque permesso di mantenere i precedenti

livelli occupazionali e l'apertura dei più piani di cui

è composto il Plesso".

Il discorso prosegue, questa volta Filippo Caranti si

sofferma sul tema che è ormai frutto di un enorme

dibattito mediatico, la "questione generazionale".

"Gli studenti, la mia generazione, ma anche i più

giovani, sentono un peso enorme sulle spalle,

aumentato anche a causa della crisi e delle gravi

decisioni prese nell'ultimo anno dal Governo. I

giovani e i meno giovani scesi nelle piazze nelle

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ultime settimane non sono choosy o facinorosi, a

seconda del contesto, ma si sentono esclusi dalla

maggior parte dei luoghi decisionali".

E' il tema abitativo quello centrale nel discorso del

Presidente del Consiglio Studentesco "in questo

senso la decisione di aumentare l'IMU da parte del

commissario, motivata da ragioni di bilancio, si

tramuterà in un ennesimo aumento degli affitti, in

un momento in cui anche le nostre possibilità di

spesa si riducono drasticamente".

L'attenzione torna sul tema del diritto allo studio,

Filippo Caranti si rivolge al Ministro Profumo, il

grande assente della giornata "prima del progetto

di riforma dell'attuale Ministro sul merito e

sull'eccellenza, c'è ancora da garantire la

possibilità di accedere all'istruzione a livello

universitario anche a chi non se lo può permettere

ricordando che in molte Regioni, la quantità di

idonei ma non vincitori delle borse di studio è

scandalosamente alta". L'attacco alle politiche

dell'attuale Governo si fa più forte quando si tratta

il tema della sostituzione, sempre paventata dal

Ministro Porfumo, di sostituire le borse di studio

con prestiti agevolati "la soluzione prospettata di

utilizzare i canali di prestito d'onore non ci sembra

all'altezza di questo Paese" afferma il Presidente

del Consiglio Studentesco "e soprattutto manca di

attenzione all'articolo 3 della nostra Costituzione

che al contrario ci impone, come Repubblica, di

occuparci direttamente di questo settore

fondamentale".

L'intervento è di uno spessore politico enorme,

che dimostra la crescita ottenuta dal movimento

studentesco in questi anni, soprattutto sulle analisi

politiche che hanno ridimensionato il ruolo sociale

dell'Università. L'appello del Presidente del

Consiglio Studentesco, che si candida a ricoprire

tale ruolo anche per i prossimi due anni,

rappresenta un punto di svolta nel dibattito

istituzionale, imponendo a tutti gli attori politici

dell'Università e del Territorio le enormi

contraddizioni in materia di cittadinanza

studentesca emerse in questi anni.

La platea apprezza l'intervento, salutando il

discorso di Filippo Caranti con enormi applausi.

Intanto fuori gli studenti manifestano per la città,

quella stessa città che è stato il tema più caro del

Presidente del Consiglio, quella città che ora

dovrà dare una risposta a tutta la comunità

studentesca.

LinkSiena denuncia:

NO ai diritti al ribasso! "Da molto tempo ormai l'Università di Siena adotta come pratica per il reclutamento del personale il meccanismo sistematico dell'esternalizzazione per cui, al posto di as-sumere regolarmente lavoratori, appalta la gestione di importanti servizi a cooperative esterne. Questo “modus operandi” permette all'università di risparmiare sui costi creando, quindi, una concorrenza a ribasso tra i lavoratori e non assicurando una continuità nei servizi alle strutture dell'ateneo". Questo l'inizio di una nota del sindacato uni-versitario Link Siena. "Paradigmatico è l'esempio della Cooperativa "Solidarie-tà". Questa impiega all'interno dell'Università di Siena ben 63 lavoratori, buona parte dei quali appartenenti a cate-gorie protette. Molti di loro, ad oggi, sono in cassa inte-grazione. Ad inasprire la tensione si aggiungono, inoltre, le situazioni di grave disagio in cui, già ora, si trovano ad o-perare (l'affidamento ad una sola persona di un'intera struttura ne è un concreto esempio).

L'Università ha avviato un processo di rinegoziazione dell'appalto con la cooperativa al fine di sostituirla con un'altra per ottenere un significativo risparmio. Tale somma potrebbe, però, essere facilmente reperita con una decurtazione delle indennità del rettore e del diretto-re amministrativo che ancora non hanno reso pubblici i propri compensi. Inoltre, una voce di bilancio riutilzzabile per il recupero fondi è rappresentata dalla quota annual-mente devoluta dall'Università alla C.R.U.I. (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane): un organo autorefe-renziale che non ha mai espresso, nel corso degli anni, giudizi e criticità sulle riforme che hanno distrutto il si-stema universitario pubblico. Link Siena, appoggiando le mozioni portate avan-ti nell'ultimo periodo dai dipendenti della cooperativa, denuncia questa scelta miope che attraverso la logica dell'asta al massimo ribasso va livellare sempre più i salari dei lavoratori provocando un consequenziale disservizio agli studenti".

6 fuoricorso Dicembre 2012

"Cari Colleghi, per

definire l'assetto

organizzativo della

cerimonia di

stasera, anche in funzione

delle ultime indicazioni della

Questura, e fare la

ricognizione dei compiti

assegnati a ciascuno di noi, è

fissata un riunione per le ore

13,00 presso il mio ufficio.

Dovendo prevedere un

consistente servizio d'ordine,

vi prego di verificare la

disponibilità di altri colleghi

nell'ambito dei vostri uffici."

Questa la mail inviata dalla

Segreteria del Rettore a una

parte, non meglio specificata,

del personale tecnico

amministrativo poche ore

prima della cerimonia di

inaugurazione del 772° anno

accademico. Immediata la

denuncia partita dall'Unione dei Sindacati di Base,

rivolta al Rettore e finalizzata ad ottenere

spiegazioni in merito al ruolo di “servizio d'oridne”

richiesto al personale. L'accusa mossa nel

communicato suona ancora più dura nell'affermare

che "i nomi dei destinatari sono in massima parte

responsabili di divisioni ed uffici del rettorato e in

massima parte sindacalizzati e anche con incarichi

in organi dei rispettivi sindacati". Il Sindacato

dunque, da una parte contesta ai colleghi del

personale, successivamente definiti dal Rettore

mossi da "attaccamento all'Istituzione", la loro

disponibilità alla presunta richiesta, dall'altra l'USB

stesso si rivolge in modo estremamente diretto nei

confronti dell'Amminsitrazione chiedendo che

espliciti in maniera chiara "quali sono state poi le

indicazioni della Questura a cui si sono attenuti i

nostri solerti sceriffi/spie? E quali i compiti

assegnati?".

Solerte la risposta del Magnifico Rettore, il quale

ci tiene prontamente a specificare cha "da

parte mia era stata ribadita l'esigenza che la

cerimonia presentasse i

caratteri tradizionali di apertura e pubblicità. E

questo è avvenuto." In tale dichiarazione risulta da

subito evidente che il Magnifico non abbia ben

compreso ciò che stava succedendo all'esterno del

Rettorato, eludendo di fornire una chiara

giustificazione ad uno spiegamento di forze

dell'ordine verso studenti e lavoratori di questo

Ateneo a cui ha

difatto precluso

"l'accesso a priori"

in contrasto con

quanto da lui dichiarato nella

stessa nota. Sempre

proseguendo nella sua

dichiarazione si legge "

Eravamo sicuri che tutto

sarebbe fluito nel modo più

civile, così come è

effettivamente avvenuto, e

dunque non erano stati

previsti compiti particolari."

Parole che alla luce dei fatti si

dimostrano privi di ogni

veridicità.

Non essendo arrivate le

risposte attese, proviamo noi

a muovere più chiaramente i

nostri quesiti al Magnifico

Rettore, Angelo Riccaboni.

1) Chiarito che la mail in

questione è partita dagli uffici

dell'amministrazione, a chi era rivolta? Chi erano i

destinatari?

2) Quali erano i compiti che Lei ha concordato con

la Questura ed il personale?

3) Quali sono le norme a cui Lei si appella per

giustificare tale servizio d'ordine interno? Le

chiediamo di specificarle.

4) Quand'anche appurassimo che tali norme

sussistano, Lei ritiene che tali disposizioni rientrino

nelle competenze del personale tecnico-

amministrativo?

5) Tali mansioni si basano su un rapporto

strettamente fiduciario o sono stati previsti

compensi straordinari di natura economica? In tal

caso di che entità si tratta?

6) In un passaggio della mail al personale Lei

dichiara che non vi sarebbe dovuta essere "alcuna

intenzione di precludere a priori l'accesso." Visto

che di fatto ciò è avvenuto con la preventiva

chiusura delle porte d'ingresso del Rettorato, Le

chiediamo di specificare: da chi è partita tale

disposizione? Nel caso in cui non fosse dipesa da

sue direttive, Lei si sente di avallare tale gesto?

A tal proposito, auspichiamo che Lei fornisca al

più presto risposte esaustive ai nostri quesiti, non

sottraendosi ulteriormente dal fare chiarezza

rispetto alla sua posizione, in merito ai fatti del 6

dicembre. Fatti che lasciano ad oggi aperto un

ennesimo spiacevole capitolo per il nostro Ateneo.

Dicembre 2012 fuoricorso 7

Nell’ultimo periodo,

(pressappoco per tutto il

2012) i giornali e i Tg

hanno dedicato ampi

spazi alla Sardegna;

purtroppo non per

ragioni turistiche o inerenti alla ricchezza culturale

dell’Isola, ma per l'accesa questione del Sulcis. Per

chi non lo sapesse, il Sulcis è una regione storico

geografica situata nella porzione sud-occidentale

della Sardegna, all’interno del quale sono

concentrati diversi stabilimenti industriali e

minerari, che, insieme a qualche piccola realtà

agro-pastorale e turistica, caratterizzano

l’economia del

territorio.

E saranno proprio

questi stabilimenti a

rendere famoso il

Sulcis. Ovviamente,

i media, più che

sugli stabilimenti e

le loro condizioni in

termini economici,

preferiscono

concentrarsi sugli

operai che ci lavorano. Lavoratori preoccupati per

il loro posto e decisi a difenderlo ad ogni costo e

con ogni mezzo. Le immagini più ricorrenti

riportano le delusioni degli operai seduti per terra

che battono i caschi ritmicamente o le occupazioni

delle miniere, ultime resistenze di chi è deciso a

difendere il proprio lavoro, forse uno fra i lavori

più faticosi che l’uomo possa fare. Ovviamente

queste proteste sono connesse a dei fattori

economici che i tg e le testate nazionali hanno sì,

riportato, ma superficialmente.

Ormai tutti conoscono l’Alcoa, la multinazionale

che ha affidato allo stabilimento di Portovesme la

produzione di allumini primari, la quale, dopo aver

messo in cassa integrazione metà degli operai, ha

deciso di fare armi e bagagli e lasciare l’Isola senza

troppi complimenti.

Perché? Perché, onestamente, la Sardegna non è un

buon posto dove installare un bacino industriale.

La storia ce lo insegna: le prime industrie, non

proprio volute, in Sardegna, durante gli anni del

Boom, create per scopi clientelari e politici,

lavoravano ad un basso regime di produzione, in

quanto le spese sormontavano le entrate,

costringendole, dopo poco tempo dalla loro

apertura, a mettere già centinaia di operai in cassa

integrazione.

Il problema è sempre lo stesso, da un punto di

vista industriale la

Sardegna è anti-

economica. Se prima il

problema erano le

infrastrutture e i

collegamenti con la

“terraferma” ora, nonostante questi non siano

migliorati, il problema è l’energia. Sì, nel caso

particolare dell’Alcoa, lo stabilimento verrà chiuso

perché l’energia elettrica in Sardegna costa troppo.

Ma come, una regione come la Sardegna,

caratterizzata da venti forti che soffiano tutto

l’anno, non può sfruttare l’eolico? Certo che ci

sono le centrali eoliche, ma non possono produrre

troppa energia.

Questo paradosso

logico è frutto dei

trattati commerciali

stipulati dall’Italia,

in particolare con

la Francia, per

l’acquisto

dell’elettricità dalle

centrali elettriche

d’Oltralpe,

costringendo le

centrali eoliche e termoelettriche a “bloccarsi”;

questo, infatti, è ciò che succede alle pale e alle

dighe presenti in Sardegna: per ordine dell’ENEL,

le suddette centrali sono costrette a lavorare a

basso regime, evitando che possano rispondere

pienamente al fabbisogno energetico della regione

e quindi determinare una diminuzione del costo

dell’elettricità, portando l’Italia a non adempiere

pienamente agli accordi precedentemente stipulati

e costringendo la Sardegna a vivere di un industria

che non porta alcun beneficio al territorio, sia dal

punto di vista economico che ambientale,

innalzando il numero di operai cassintegrati

rispetto al 2011 del 20%.

Ovviamente la Regione può fare affidamento su

altri settori, come il turismo, pietra miliare

dell’economia sarda. Ma quando vedi che i flussi

turistici son diminuiti a causa delle politiche

monopolistiche adottate dalla Moby Lines in

congiuntura con la Grimaldi Lines e la Tirrenia e

che l’Alitalia – salvata da una cordata di

imprenditori della quale fa parte Corrado Passera,

ministro dello Sviluppo Economico del Governo

Monti – denuncia la Ryanair per presunta

concorrenza sleale a causa dei volo low cost, ci si

comincia a preoccupare. Ma queste sono altre

questioni che, forse, richiederebbero più di un

trafiletto in un giornalino.

8 fuoricorso Dicembre 2012

La crisi del Monte dei Paschi sembra non aver fine.

Un’azione della banca oggi vale circa 21 centesimi,

quando appena 5 anni fa valeva 25 volte tanto: 5,22

euro. Certo, nel frattempo c’è stata la crisi finanzia-

ria con tutto quello che ne è conseguito. Ciò, però,

non giustifica un risultato così disastroso che ha ri-

dotto sul lastrico sia tanti piccoli risparmiatori, sia

la stessa Fondazione Mps.

Ma cos’è esattamente la Fondazione? Innanzitutto

è l’azionista di maggioranza della banca. Essa è

una “persona giuridica privata, senza fine di lucro,

e persegue fini di utilità sociale nei settori della ri-

cerca scientifica, dell’istruzione, dell’arte, della sa-

nità, dell’assistenza alle categorie sociali deboli…”

e così via. In soldoni: quando la Banca produce di-

videndi, ne distribuisce una parte alla Fondazione

che li distribuisce a sua volta al territorio nel rispet-

to dei “fini di utilità sociale” … per l’appunto.

Questo non accade più ormai da 2 anni. Complice è

una crisi profonda della stessa Mps che non riesce

più a macinare utili ma è addirittura in costante

perdita.

Una delle cause di questa vera e propria debacle,

che un po’ tutti imputano al Monte, è l’acquisto di

Antonveneta, una banca italiana comprata per più

di 10 mld di euro quando Il banco Santander

l’aveva acquistata solo 2 mesi prima per 6,6 mld di

euro. Su questo si sono avviate indagini della ma-

gistratura che hanno toccato tutto l'establishment

senese. Difatti è indagato Giuseppe Mussari che,

dopo aver ottenuto questo brillante risultato gestio-

nale con la Banca di cui era presidente, giustamen-

te, è stato promosso ed è diventato presidente

dell’ABI (Associazione Bancaria Italiana).

Nel frattempo, mentre la crisi economica interna-

zionale si aggravava e lo scandalo si estendeva, la

Fondazione per dare liquidità alla Banca ha ceduto

una parte cospicua del suo pacchetto azionario pas-

sando dal 55% al 36,5%. In questo modo la Fonda-

zione non controlla più totalmente la sua Banca ma

ne è solo un’azionista.

Ci si sarebbe aspettato che una classe politica lun-

gimirante si assumesse le proprie responsabilità di

fronte a questa grave situazione. Invece la giunta

comunale (quasi monocolore) è caduta, e se ora

qualcuno si domanda in giro : “Chi governa Sie-

na?”, la risposta più frequente è “Il commissario”.

Come se Siena fosse una normale città di provincia

dove chi governa si limita ad asfaltare le strade e

non, com'è invece, a gestire un patrimonio di mi-

liardi di euro. Tutti sanno a Siena che il blocco di

potere, economico politico e culturale, che ruota

intorno alla Città-Banca è trasversale. Banca, Fon-

dazione, partiti politici, Università e contrade sono

anelli che si rafforzano a vicenda e che non potreb-

bero esistere gli uni senza gli altri. Da qui la crisi o,

oserei dire, la decadenza di questa città che non si

fida più dei suoi amministratori che hanno dilapi-

dato un patrimonio “costruito in secoli”; che non

provano più a modificare un modello di sviluppo,

incentrato purtroppo su una gestione assai discuti-

bile troppo spesso clientelare, delle immense risor-

se finanziarie di cui disponeva.

Le scelte sbagliate però si sono riversate a cascata,

come sempre accade, sui lavoratori. E così, dopo

aver completamente rinnovato i vertici del CdA

della Banca, i nuovi amministratori hanno dato via

ad un “piano industriale” per far diminuire i costi

riducendo essenzialmente il personale che lavora in

Banca e dando inizio ad uno spaventoso processo

di esuberi e di esternalizzazioni. Più di 2000 lavo-

ratori della Mps sono a rischio e già ci sono stati

massicci scioperi (fin troppo inusuali) per Siena.

Questi momenti di conflitto sembrano smuovere la

città dal torpore politico e istituzionale che l’ha

contraddistinta per anni. Una città in cui le que-

stioni più spinose venivano sempre appianate dalla

generosità del “Babbo Monte”.

Ad oggi la Mps naviga in cattive acque poiché de-

ve restituire ben 3,9 mld di euro allo Stato che ha

concesso questi finanziamenti, pena il fallimento

della Banca stessa. E qui emerge una considerazio-

ne: quando si decide (Governo Berlusconi prima,

governo Monti poi) di prestare soldi ad una istituto

praticamente fallito e non di nazionalizzarlo o fa-

vorire spese sociali, si sta prendendo una decisione

che non è nemmeno lontanamente “tecnica”, ma è

del tutto politica. Una decisione che fa pagare ad

un intero territorio e alla collettività nazionale una

crisi, quella del Mps, che è stata causata dalle scel-

te di poche uomini. Perciò scendere nelle piazze e

gridare slogan come “noi la crisi non la paghiamo”

non è vuoto esercizio di retorica ed estetica del

conflitto, ma trova la sua ragion d’essere in dati e

fatti precisi che vedono tutte le colpe della classe

dirigente scaricarsi, ancora una volta, sui più debo-

li.

Dicembre 2012 fuoricorso 9

In Grecia, si sa, c’è la crisi; c’è la crisi più che in

ogni altro paese d’Europa. Per questo ormai da tan-

to tempo si stanno mettendo in campo politiche di

austerity che possano permettere alla Grecia di ri-

solvere i suoi problemi, di pagare i suoi debiti, di

non dover uscire dall’Europa, dall’euro.

Ma, attenzione: c’è differenza tra salvare un paese

e salvare la gente di quel paese. Le politiche di au-

sterity stanno lentamente massacrando il popolo el-

lenico, senza condurre a una vera risoluzione dei

loro problemi economici; queste, infatti, sono per-

seguite solo per volontà sovranazionali. Logica-

mente, anche i settori che sono alla base di un

qualsiasi paese civile stanno subendo la crisi:

l’esempio perfetto è la sanità. L’ultima decisione

del governo ellenico (ancora una volta, voluta dai

creditori internaziona-

li) è un progetto di

legge che, se approva-

to, prevede, fra l'altro,

la riduzione retroattiva

(dal primo gennaio

2012) del prezzo dei

medicinali. Questo si-

gnificherebbe per le

farmacie una perdita

stimata fra i 50.000 e i

500.000 euro, a se-

conda del loro fattura-

to annuo. Per questo il

26 e il 27 novembre

scorsi l’Ordine nazio-

nale dei farmacisti ha

indetto uno sciopero e

ha deciso quindi di so-

spendere la fornitura

dei medicinali a credi-

to agli assistiti

dell’Istituto ellenico per l’assistenza sanitaria -

Eopyy-, che sono la maggior parte dei greci, se

prima lo Stato non salderà i debiti già contratti nei

confronti delle farmacie, che ammontano a circa un

miliardo di euro. Questa situazione, a cui comun-

que il governo spera di poter dare risoluzione in

fretta, si aggiunge alle già grandi difficoltà sanita-

rie del paese, che da settimane vede la mancanza,

parziale o totale, di importanti medicinali, circa un

centinaio, soprattutto quelli fondamentali per chi è

malato di Aids e di cancro. Ma la beffa, oltre al

danno, in questa storia, è che i rifornimenti manca-

no perché molte case farmaceutiche che producono

in Grecia, come dichiarato da Theodoros Abatzo-

glou, capo dell'Associazione dei Farmacisti panel-

lenici, preferiscono esportare all’estero, dove i pro-

fitti sono maggiori, a causa della drastica riduzione

della spesa pubblica per i medicinali.

Da una parte quindi c’è un popolo che chiede me-

dicinali fondamentali per la sopravvivenza, e

dall’altra una classe che è costretta a scioperare e a

bloccare la fornitura di medicine per poter continu-

are a vivere. Ancora una volta, senza poter far nul-

la, siamo costretti a osservare con rabbia un’altra

guerra tra poveri. Ma l’importante, lo sappiamo

tutti, è l’austerity.

Neofascimo istituzionalizzato

Hassan Mekki, 32 anni, migrante del Sudan è in

Grecia legalmente da Marzo. Ad Agosto è stato ag-

gredito da un gruppo di persone in moto vestite di

nero nel pieno centro di Atene. Stando alle ricostru-

zioni gli aggressori erano del partito neonazista "Al-

ba Dorata". In Grecia negli ultimi mesi sono aumen-

tate in modo vertiginoso le aggressioni a sfondo

razzista.

10 fuoricorso Dicembre 2012

"Forte era tra i giovani resistenti il consenso ai

partiti di sinistra, che promuovevano

l'arruolamento volontario come mezzo di

democratizzazione dell'esercito e di acquisizione di

peso politico nell'ordine del dopoguerra; e forte

era l'idea di combattere per più ampi ideali politici

e di giustizia sociale, che non erano ancora

realizzati con la liberazione della propria città."

Guido Lisi

''Cosa vi ha spinto a combattere, a scegliere di

essere partigiani antifascisti?'' domanda del

professor Balestracci rivolta a Vittorio Meoni,

Guido Lisi e Renato Masi, in occasione di

un'intervista pubblica ai tre partigiani, tenutasi

martedì 11 dicembre nell'aula magna dell'ex facoltà

di Lettere e Filosofia. Durante questo prezioso

momento di incontro, essi hanno portato la loro

testimonianza che parla di atti scellerati di violenza

gratuita nei confronti di persone care, del

conseguente sentimento di impotenza di fronte a

ripetute ingiustizie e imposizioni, divenuto ben

presto desiderio di giustizia sociale.

Un racconto di vita, di esperienze drammatiche, di

soprusi e restrizioni che hanno portato tutti loro a

desiderare la libertà e dunque a combattere per la

salvezza del loro Paese, opponendosi ad una

dittatura che li ha costretti alla povertà e privati di

ogni diritto e dignità.

Minacce, ricatti e torture, dai piedi bruciati su un

"braciere" rovente ad una finta fucilazione. Le loro

parole ci hanno raccontato cosa vuol dire fuggire

dalla morte e crescere in fretta quando in fondo si è

ancora bambini. Attraverso un velo d'umorismo,

hanno messo in luce l' "umano" protagonista

dell'antifascismo. Giovani pieni di voglia di vivere,

come quei diciannove che lasciarono la vita sulle

pendici del Montemaggio. Questi presero parte alle

operazioni di sabotaggio delle vie di

comunicazione verso Siena, alle quali partecipò

Vittorio Meoni, unico superstite che riuscì a

salvarsi dall'eccidio, scappando poco prima della

fucilazione.

Renato Masi, nome di battaglia Gino, ci ha invece

ricondotto alle lotte antifasciste in Piemonte, a

Torino, e in seguito nella divisione Cremona,

partecipando alla liberazione del nord-est d’Italia.

"E nessuno si sarebbe mai immaginato che quel

giorno sarebbero stati proprio gli italiani a liberare

l'Italia, molti si aspettavano gli americani o gli

inglesi, invece arrivarono gli

italiani e Torino si liberò in

una grande festa nelle

piazze...".

Ultima testimonianza, quella

di Guido Lisi, attuale

presidente dell'Anpi -

Associazione Nazionale

Partigiani d'Italia-, ha

narrato della lotta per la liberazione del suo piccolo

paese d'origine, San Gimignano. Tre storie fatte di

scelte difficili, soprattutto alla caduta del regime,

con l'arresto di Benito Mussolini e la successiva

formazione della Repubblica di Salò. Renato Masi

racconta di quando ricevette la lettera dai

repubblichini per arruolarsi a loro fianco e con i

nazisti per contrastare la progressiva occupazione

delle forze alleate e di come disertare volesse dire

mettere in pericolo la propria famiglia.

Tale incontro è stato un momento fondamentale per

ricordare quanta sofferenza e coraggio siano

occorsi per arrivare a conquistare la democrazia e

la libertà. Da tale grande impresa nacque la nostra

Costituzione, pagata a caro prezzo. Proprio quella

Costituzione che negli ultimi anni ha subito tanti

contraccolpi e che soprattutto negli ultimi mesi è

stata ulteriormente violentata con l'introduzione del

pareggio di bilancio. Manovra che ha ormai reso

palese la volontà di piegare la democrazia alle

logiche di mercato e ai dictat dell'alta finanza.

Un momento cruciale per ribadire quindi le origini

e l'importanza della nostra Costituzione, per

riscoprirsi antifascisti del 21esimo secolo.

Perchè non sia possibile dimenticare quanto sia

necessario oggi, in questo tempo di crisi economica

e politica, ma soprattutto culturale e sociale, il

riconoscimento dei valori costituzionali quali

conquiste degli eroi della Resistenza.

Dicembre 2012 fuoricorso 11

L'idea delle arti in

Italia durante il

ventennio fascista,

in particolar modo

negli anni '30, è spesso

vaga e sintetizzata con

pressapochismo in un

assoggettamento di

tutte le espressioni

intellettuali e artistiche

al verbo dittatoriale del

duce. La ricerca della

verità storica del resto è

stata raramente

affrontata dal

dopoguerra in poi.

Tra le più importanti, due sole mostre se ne sono

curate: la prima nel 1967, promossa dal critico

Ragghianti; la seconda negli anni '80, promossa

da un membro del Gruppo 63, Renato Barilli, in

concomitanza con altri artisti. A distanza di

trent'anni, viene assemblata un'esposizione

quantomai necessaria e delucidativa sul tema.

Quasi cento dipinti, 17 sculture e 20 oggetti di

design compongono la mostra esposta al Palazzo

Strozzi di Firenze, ordinando i luoghi e le correnti

che hanno caratterizzato la vita culturale in Italia.

Dire comunque che la dittatura fascista non abbia

influenzato le arti sarebbe ugualmente una

menzogna: le prime sale, infatti, espongono opere

che furono esposte alle Biennali di Venezia e alle

Quadriennali di Roma, manifestazioni che

rappresentavano "l'arte di Stato'. Oltre a maestri

come De Chirico, Guttuso e Fontana, la mostra si

declina in una suddivisione per le città in cui gli

artisti hanno vissuto, ovvero i quattro poli

principali: Milano, placenta del primo fascismo e al

contempo città immersa nel contesto europeo;

Torino e Firenze, con artisti del calibro di Soffici,

Rosai, Lega e Casorati; e infine Roma, dove al

Gruppo dei Novecento, che rappresentava il

"ritorno all'ordine" in chiave fascista, si

contrapponevano movimenti come la Scuola di via

Cavour, rappresentata in mostra da Corrado Cagli.

La "libertà" che lasciò il regime ai non ligi alla

linea fascista, tuttavia, diminuì sempre di più con

l'avvicinarsi al secondo conflitto mondiale. Periodo

in cui oltre agli artisti con idee politiche diverse,

furono allontanati, a causa dell'adesione alle leggi

raziali, artisti che avevano sempre sostenuto

Mussolini (caso eclatante è la stessa Margherita

Sarfatti, ebrea e amica di vecchia data del duce).

Sono presenti inoltre delle sale dedicate al design

creato in quel periodo (Gio Ponti), e ai nuovi mezzi

di comunicazione

(come la radio)

prediletti dal

regime.

Una mostra necessaria sull'epoca, che solo ora

inizia ad essere più nitida, perché semplicemente

più scevra dai fervori politici che hanno

caratterizzato tutto il XX secolo.

Sede: Palazzo Strozzi, Firenze

Durata esposizione: 22 settembre 2012 - 27

gennaio 2013.

Chi pensa che il rock sia finito, che sia morto per

sempre deve fare i conti con Blunderbuss, il primo

album solista dell'ex cantante e chitarrista dei

White Stripes, Jack White. L'album è stato

rilasciato il 23 aprile 2012 comprendente tredici

tracce viene anticipato dal singolo ove

Interruption.

«Sarà un album come mai prima ne ho realizzati»,

ha dichiarato Jack.

Blunderbuss, che significa "colubrina", arma da

fuoco settecentesca, richiama le sonorità e i potenti

riff dell'ultimo album delle Strisce Bianche, Icky

Thump del 2007.

Le sonorità prog rendono incredibile il brano

Missing Pieces, e l'elegante country di Blunderbuss

( che da il titolo all'intero lavoro) che è colmo di

riferimenti al recente divorzio di Jack, anche se lui

nega ogni cosa.

Anche Love Interruption parla della fine di un

amore con la voce femminile di Ruby Amanfu ,

pop-soul singer di Nashville, originaria del Ghana.

Un geniale polistrumentista come Jack White non

può far mancare improvvisi cambiamenti di

sonorità, come nella brillante introduzione di

Hypocritical Kiss che presenta frammenti di

musica classica; l'incredibile rockabilly swing di

I'm shoking"e lo stile soul di Trash Tongue Talker .

Con Freedom at 21 si avvicina ai Black Keys e in

Guess I Should Go To Sleep"mescola il raffinato

jazz con il popolare ( con un coro a tre voci tipico

del bluegrass).

Il rock atmosferico di On And On And On e Take

Me Whit You chiudono quello che resterà per

sempre un incredibile e potente disco rock'n'roll.

12 fuoricorso Dicembre 2012

Netanyahu Style!

Attenzione: può contenere alte dosi di senso

critico.

Monologo di Berlusconi da Barba-

ra D'Urso. Davvero? Ha ucciso

qualcuno?

Brunetta: "non ho i soldi per pa-

gare l'IMU sulla cuccia".

In genere, quando muore un regi-

sta, la TV manda in onda un suo

film. Bene, oggi è morto Riccardo

Schicchi.

Il Comune di Napoli distribuisce

8mila preservativi con il logo

dell'amministrazione:

"Avita scassà..."

Risultato delle primarie: dopo 3

mesi, Firenze potra' riavere un

sindaco.

Non so se nella stalla di Gesu'

bambino c'era il bue e l'asinello.

Di sicuro era esente IMU.

http://twitter.com/VivalaSATIRA