Fisiologia I

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FISIOLOGIA La fisiologia è lo studio dei meccanismi fisici e chimici che fanno del corpo umano un organismo vivente. Le cellule sono l’unita fondamentale vivente dell’organismo. Cellule che svolgono funzioni diverse sono coordinate tra di loro per uno scopo comune e presentano comunque caratteristiche fondamentali comuni, ad esempio utilizzo dell’ossigeno per la produzione di energia. Il 56% del nostro corpo risulta costituito da H 2 O che per 2/3 si trova all’interno della cellula e per 1/3 all’esterno. Nel liquido extracellulare sono presenti ioni e nutrienti per il mantenimento della vita cellulare: Na + , Cl - , HCO 3 . Per omeostasi intendiamo il mantenimento di condizioni stabili o costanti nel mezzo interno. Il liquido extracellulare viene trasportato attraverso le parti del corpo in due stadi: 1- attraverso il circolo del sangue nei capillari 2- scambio con il liquido interstiziale Il processo di diffusione avviene nelle due direzioni, dal sangue ai tessuti e viceversa. Questo avviene grazie all’energia cinetica delle molecole presenti sia nel plasma che nel liquido interstiziale. Il sangue assume O 2 nei polmoni, carboidrati, AA e acidi grassi dal cibo ingerito nell’apparato digerente. Il fegato modifica molte sostanze assorbite e non direttamente utilizzabili.. CARATTERISICHE DEI SISTEMI DI CONTROLLO Feedback negativo: metodo più presente per il controllo dell’organismo. Quando una variabile aumenta o si riduce interviene un sistema che riporta il valore ad un livello medio per mantenere l’omeostasi. Ad esempio un aumento di CO 2 causa un aumento della ventilazione polmonare in maniera tale da riportare la concentrazione a valori normali. L’efficienza con cui il sistema mantiene condizioni costanti viene definito guadagno. Feedback positivo: uno stimolo iniziale tende ad amplificare lo stimolo stesso. Ad esempio il sistema di coagulazione del sangue o il meccanismo del parto. controllo a feed-forward (negativo ritardato) PRINCIPI DI EMODINAMICA Funzione della circolazione è quella di mantenere un ambiente ottimale per la sopravvivenza ed il funzionamento cellulare. Componenti funzionali: arterie: trasporto del sangue ad altri regimi pressori arteriose: rami terminali del sistema arterioso che aprendosi e chiudendosi consentono di variare il flusso di sangue capillari: scambio delle sostanze da sangue ai tessuti venule: raccolgono il sangue dai capillari vene trasporto del sangue dai tessuti al cuore. Nelle vene sistemiche è contenuta la maggior parte del sangue. La circolazione sistemica contiene l’84% del sangue circolante. A livello venoso si verifica un maggior accumulo di sangue.

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FISIOLOGIA La fisiologia è lo studio dei meccanismi fisici e chimici che fanno del corpo umano un organismo vivente. Le cellule sono l’unita fondamentale vivente dell’organismo. Cellule che svolgono funzioni diverse sono coordinate tra di loro per uno scopo comune e presentano comunque caratteristiche fondamentali comuni, ad esempio utilizzo dell’ossigeno per la produzione di energia. Il 56% del nostro corpo risulta costituito da H2O che per 2/3 si trova all’interno della cellula e per 1/3 all’esterno. Nel liquido extracellulare sono presenti ioni e nutrienti per il mantenimento della vita cellulare: Na+, Cl-, HCO3. Per omeostasi intendiamo il mantenimento di condizioni stabili o costanti nel mezzo interno. Il liquido extracellulare viene trasportato attraverso le parti del corpo in due stadi:

1- attraverso il circolo del sangue nei capillari 2- scambio con il liquido interstiziale

Il processo di diffusione avviene nelle due direzioni, dal sangue ai tessuti e viceversa. Questo avviene grazie all’energia cinetica delle molecole presenti sia nel plasma che nel liquido interstiziale. Il sangue assume O2 nei polmoni, carboidrati, AA e acidi grassi dal cibo ingerito nell’apparato digerente. Il fegato modifica molte sostanze assorbite e non direttamente utilizzabili.. CARATTERISICHE DEI SISTEMI DI CONTROLLO

Feedback negativo: metodo più presente per il controllo dell’organismo. Quando una variabile aumenta o si riduce interviene un sistema che riporta il valore ad un livello medio per mantenere l’omeostasi. Ad esempio un aumento di CO2 causa un aumento della ventilazione polmonare in maniera tale da riportare la concentrazione a valori normali. L’efficienza con cui il sistema mantiene condizioni costanti viene definito guadagno.

Feedback positivo: uno stimolo iniziale tende ad amplificare lo stimolo stesso. Ad esempio il sistema di coagulazione del sangue o il meccanismo del parto.

controllo a feed-forward (negativo ritardato) PRINCIPI DI EMODINAMICA Funzione della circolazione è quella di mantenere un ambiente ottimale per la sopravvivenza ed il funzionamento cellulare. Componenti funzionali:

arterie: trasporto del sangue ad altri regimi pressori arteriose: rami terminali del sistema arterioso che aprendosi e chiudendosi consentono di

variare il flusso di sangue capillari: scambio delle sostanze da sangue ai tessuti venule: raccolgono il sangue dai capillari vene trasporto del sangue dai tessuti al cuore.

Nelle vene sistemiche è contenuta la maggior parte del sangue. La circolazione sistemica contiene l’84% del sangue circolante. A livello venoso si verifica un maggior accumulo di sangue.

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Lo stesso volume di sangue fluisce ogni minuto attraverso ciascuna sezione dell’albero circolatorio, la velocità del flusso di sangue è inversamente proporzionale all’area della sezione traversa. Se la velocità media è di 33 cm/sec nell’aorta, nei capillari è mille volte più bassa. La pressione arteriosa varia da 120 mmHg ad 80 mmHg. Nel punto in cui le vene cave entrano nell’atrio destro questa cade a 0. La pressione media funzionale a livello del letto capillare è di 17 mmHg. A livello polmonare la pressione ha valori tra 25mmHg e 8 mmHg. La quantità di sangue che passa attraverso la circolazione polmonare è la stessa di quella che passa attraverso la circolazione sistemica. La bassa pressione presente a livello polmonare è sufficiente a permettere che il sangue sia esposto all’ossigeno e riesca a cedere i prodotti di rifiuto metabolici. Principi fondamentali della funzione circolatoria:

1- Il flusso sanguigno in ogni tessuto del corpo è controllato secondo le esigenze funzionali e tessutali

2- la gittata cardiaca è il risultato della somma di tutti i flussi locali tessutali 3- la pressione arteriosa è controllata indipendentemente dai sistemi locali di controllo del

flusso ematico sia da quelli di controllo della gittata cardiaca. Relazione tra pressione, flusso e resistenza: La differenza di pressione tra due estremità di un vaso spinge il sangue attraverso il vaso stesso. L’impedimento che trova il sangue nello scorrere viene definita resistenza vascolare. Per calcolare il flusso ematico che scorre in un vaso in un dato momento si utilizza la legge di Ohm che definisce:

Q = Δ P / R

dove Q è il flusso, ΔP è la differenza di pressione tra p1 e p2 ed R è la resistenza del vaso. E’ la differenza di pressione tra le due estremità del vaso a stabilire l’entità del flusso. Per flusso ematico intendiamo la quantità di sangue che passa in un dato punto della circolazione per un dato tempo. In un adulto la quantità di sangue pompata dal cuore in una unita di tempo è di 5l/min. Il sangue che si muove nei vasi, lo fa con flusso laminare questo significa che sono presenti degli strati circolari che dall’esterno verso l’interno della circonferenza del vaso aumentano gradatamente la loro velocità La pressione del sangue è misurata in mm/Hg ed esprime la forza esercitata dal sangue sull’unita di superficie della parete vasale. Unita di resistenza E’ l’impedimento che il flusso di sangue incontra durante il suo scorrimento in un vaso, si deduce dalle misurazione del flusso sanguigno e dalla differenza di pressione sanguigno e dalla differenza di pressione del vaso. Se la differenza di pressione è di 1 mmHg e il flusso di 100ml/sec la resistenza sarà pari ad 1 URP Resistenza periferica totale In soggetto adulto la quantità del flusso ematico nel sistema circolatorio è di 100 ml/sec e la differenza di pressione tra arterie e le vene sistemiche è di 100 mmHg il rapporto è di 1 URP. Resistenza polmonare totale Essendo la pressione arteriosa media a livello polmonare di 16 mmHg, quella striale di sinistra raggiunge in media 2 mmHg con differenza di pressione di 14 mmHg ossia 0,14 URP

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Per conduttanza intendiamo la quantità di flusso sanguigno che attraversa un vaso per una data differenza di pressione e viene espressa in ml x sex /mmHg. Piccolissime variazioni del calibro dei vasi esercitano enorme effetto sulla conduttanza. La conduttanza nel vaso aumenta in proporzione alla quarta potenza del diametro. Il sangue vicino alla parete del vaso scorre molto lentamente mentre quello al centro velocemente. In un vaso piccolo tutto il sangue è vicino alla parete cosi che viene a mancare lo scorrimento centrale. E’ importante quindi la relazione per la portata espressa dalla legge di Poiseuille secondo cui

Q = π Δ P r4

8 η l

dove Q è la portata, delta P la differenza di pressione ai due estremi del vaso, r è il raggio del vaso n la viscosità del mezzo e l la lunghezza del vaso. Perché la legge di Poiseuille non va bene:

- il flusso sanguigno è pulsatile - i tubi sono elastici, ramificati - il sangue non è un fluido newtoniano - l’ematocrito e la temperatura variano nel circuito - fra arterie e vene è compreso un compartimento filtrante - il flusso non puo essere laminare

L’effetto ematocrito L’ ematocrito indica il volume percentuale del sangue occupato da cellule. Tanto più viscoso è il sangue, tanto più lento sarà il suo flusso. Tanto maggiore è la percentuale di cellule nel sangue e tanto più alto è l’ ematocrito e quindi tanto più alto sarà l’attrito tra gli strati adiacenti del sangue. La viscosità del sangue è circa 1,5 volte quella dell’acqua. Distensibilità vascolare I vasi sono distendibili e questo permette loro di accogliere la gittata pulsatoria del cuore. Per calcolare la distensibilità vascolare si usa la formula

∆ = aumento volume / aumento di pressione x volume iniziale

che indica l’incremento di volume per ogni mmHg di incremento pressorio Le pareti arteriose sono otto volte meno distendibili delle arterie. Complianza vascolare (capacitanza) Quantità totale di sangue che può essere immagazzinata in una specifica parte del circolo per ogni incremento pressorio di un mmHg. Attraverso la curva volume-pressione si esprime la relazione tra pressione e volume L’incremento del tono del muscolo liscio vasale causato dalla stimolazione simpatica causa aumento pressorio per ogni dato volume. Un incremento del tono vasale a livello sistemico può provocare lo spostamento di una grande quantità di sangue verso il cuore, importante questo nel caso di imponenti emorragie. Complianza ritardata Se i vasi sono sottoposti ad incremento di volume, si verifica prima un notevole aumento pressorio e poi un ritorno a valori normali. La distensione dei vasi che si verifica è chiamato effetto stress-rilasciamento.

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La combinazione della sistole cardiaca con la distensibilità arteriolare permette al sangue di scorrere nel sistema cardio circolatorio attraverso pulsazioni pressorie. La differenza calcolata tra la pressione sistolica e diastolica è definita pressione pulsatoria o differenziale. La pressione pulsatoria è influenzata da:

1- gittata sistolica (volume sistolica) 2- complianza (distensibilità totale)

Distribuzione della gettata cardiaca Il circolo sistemico è costituito da tante sezioni disposte in parallelo. Normalmente il cuore a riposo pompa 5 litri di sangue al minuto e questo corrisponde alla gittata cardiaca. La gittata cardiaca è proporzionale al consumo di ossigeno del corpo. Ogni sezione riceve una frazione della gettata cardiaca, corrispondente alle sue esigenze metaboliche e funzionali. La frazione dipende dal peso dell’organo e dalle sue caratteristiche funzionali. La caduta di pressione nel sistema arterioso non è progressiva ma avviene a cavallo dei vasi di resistenza. La distribuzione della gettata cardiaca è regolata dalle resistenze vascolari di ogni sezione. La somma delle resistenze di ogni sezione (resistenze periferiche totali) contribuisce alla pressione arteriosa. Le resistenze sono regolate in funzione di due esigenze talvolta conflittuali:

- mantenimento della pressione arteriosa, regolazione delle resistenze periferiche totali operata dal controllo nervoso e umorale

- mantenimento di un flusso di sangue adeguato per ogni organo o tessuto, regolazione delle resistenze distrettuali operata dal controllo locale.

Tanto maggiore è la gittata, tanto maggiore deve essere la quantità di sangue accolta dal sistema arterioso. Una minore complianza del sistema arterioso genera un incremento pressorio. Durante la sistole il cuore spinge il sangue in circolo. La forza della spinta si trasmette alle pareti dei vasi che accumulano energia e la rilasciano sotto forma di onda sfigmica che permette al sangue di circolare. La progressiva diminuzione delle pulsazioni in periferia è detta smorzamento dell’onda di pressione. Onda sfigmica E’ un onda di pressione generata dal cuore che percorre tutto l’albero arterioso e scompare nei capillari. Le arterie pulsano e il cuore pompa il sangue contro un postcarico. L’albero arterioso è chiuso dalle resistenze periferiche e si presenta elastico. Il sangue espulso dal cuore ad alta pressione si accumula nella parte prossimale dell’albero aumentandone la pressione. L’onda di pressione cosi generata si propaga verso la periferia, essa viene smorzata dalle arteriose. L’ampiezza dell’onda sfigmica aumenta verso la periferia mentre il valore medio cala poco. La velocità di propagazione dell’onda è:

- 3-5 m/sec nell’aorta - 7-10 m/sec nelle grandi arterie - 15-35 m/sec nelle piccole arterie

Nei ventricoli la pressione scende vicino a 0 mmHg durante la diastole, nelle arterie rimane elevata e decade esponenzialmente. Questo accade perché le valvole semilunari chiudendosi, separano il compartimento arterioso dal cuore. Le arterie hanno una funzione di mantice.

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LE VENE E LE LORO FUNZIONI Il sangue torna al cuore da tutto il sistema venoso, e finisce nell’atrio destro. La pressione misurata qui, è la pressione venosa centrale. Essa è regolata da un equilibrio tra la capacità del cuore di pompare via dall’atrio il sangue e la tendenza del sangue a ritornare dai vasi periferici all’atrio destro. La pressione normale dell’atrio destro è di circa 0 mmHg, il valore della pressione sistemica può elevarsi fino a 20-30 mmHg in condizioni di gravi anomalie o ridursi fino ad una pressione negativa di -5 mmHg. Le grosse vene quando sono distese offrono poca resistenza. Queste pero quando entrano nel torace sono compresse in parecchi punti. Lo stesso avviene nell’addome. Questi elementi fanno si che le grandi vene offrano di solito una resistenza considerevole al flusso per cui la pressione oscilla tra i 4 e i 7 mmHg, valore più alto della pressione striale. Se la pressione nell’atrio destro si alza al di sopra dello 0, il sangue tende ad accumularsi nelle grosse vene e a distenderle. Nella cavità peritoneale la pressione si aggira attorno ai 4-6 mmHg. Se questa si alza, la pressione nelle gambe deve alzarsi a valori al di sopra di quella addominale prima che le addominali si distendano e permettano al sangue di fluire al cuore. La pressione idrostatica si fa sentire anche sul sistema vascolare. In un uomo fermo in piedi la pressione dovuta al peso del sangue sui piedi raggiunge valori di 90 mmHg. Le vene del collo per effetto della pressione atmosferica tendono a collabire. Le vene interne del cranio sono contenute in una camera rigida e per questo non collassato. Questo rende possibile una pressione negativa nei seni durali della testa. Un effetto di pompa venosa è dovuta al contrarsi dei muscoli delle gambe che contraendosi spremono il sangue fuori dalle vene mantenendo la pressione nelle gambe pari a 25 mmHg. A questa azione si combina la funzione delle valvole venose. La loro funzione viene meno qualora si verifichi uno stiramento delle stesse che ne aumenti il calibro. Valutazione della pressione venosa A 10 mmHg le vene del collo appaiono distese. Misurazioni dirette possono essere effettuate con l’inserimento di un CVC. Punto di riferimento per le misurazioni è in corrispondenza della valvola tricuspide. Le vene fungono da riserva di sangue, contengono infatti il 60% del sangue in circolo. Funzionano quindi come deposito, tra queste consideriamo: - milza - fegato - grosse vene addominali - plesso venoso sottocutaneo La milza ha due porzioni che fungono da riserva la polpa ed i seni venosi.

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MICROCIRCOLO E SISTEMA LINFATICO E’ qui che si realizza il trasporto di nutrienti ai tessuti e la rimozioni dei cataboliti. A livello dei capillari si attua lo scambio di sostanze. Struttura della parete capillare

strato unicellulare circondato all’esterno da una membrana basale il diametro va da 4 a 9 mm presenza di comunicazioni tra l’interno e l’esterno del vaso ad opera di fessure intercellulari

tra due cellule endoteliali adiacenti con ampiezza di 7 nm circa. presenza di vescicole del plasmalemma che mediano gli scambi tra il lume e l’esterno del

vaso.

Il sangue non scorre in maniera continua nei capillari ma ad intervalli regolari in base al fenomeno di vasomozione che consiste nella contrazione intermittente delle metarteriole e degli sfinteri precapillari. Un fattore che condiziona l’apertura e la chiusura degli sfinteri è la concentrazione di ossigeno nei tessuti. Lo scambio di nutrienti e di altre sostanze tra sangue e liquido interstiziale avviene principalmente grazie alla diffusione attraverso la membrana capillare. La diffusione è il risultato del movimento termico delle molecole dell’acqua e delle sostanze disciolte nel liquido. Le sostanze liposolubili possono diffondere direttamente attraverso le membrane mentre le sostanze idrosolubili devono passare attraverso i pori della membrana. L’ampiezza dei pori è di 6-7 nm. La permeabilità varia a seconda dell’ampiezza del diametro molecolare proteico. La permeabilità varia anche in relazione al tipo di tessuto. La velocità netta di diffusione di una sostanza attraverso una qualsiasi membrana è proporzionale alla differenza di concentrazione ai due lati della membrana. Un sesto del corpo è costituito da liquido interstiziale che riempie l’interstizio. La struttura di questo è data da fasci di fibre collagene e filamenti di proteoglicani. Il liquido deriva dalla filtrazione e dalla diffusione dai capillari, contiene gli stessi costituenti del plasma tranne che per le proteine. Il liquido più i filamenti di proteoglicano formano il gel tessutale. La dove il liquido non è legato al proteoglicano si formano dei rivoli di liquido libero.

PROTEINE CHE DETERMINANO I VOLUMI La pressione capillare tende a spingere il liquido e le sostanze disciolte al di fuori del capillare. La pressione osmotica causata dalle proteine tende a richiamare liquidi Le forze di Sterling:

Pc = pressione capillare Pli = pressione del liquido interstiziale Pp = pressione colloido osmotica del plasma Phili = pressione colloido osmotica dei capillari

La pressione capillare viene misurata direttamente oppure indirettamente. La pressione del liquido interstiziale è lievemente negativa rispetto alla pressione atmosferica soprattutto in quegli organi racchiusi in involucri rigidi, si pensa assuma valore di – 3 mmHg. La pressione colloido osmotica del plasma è quella derivata da ioni o molecole che non sono in grado di passare attraverso una membrana semipermeabile. Chiamata anche pressione oncotica. Nel plasma assume un valore di 28 mmHg. Tra le proteine che mediano la pressione oncotica nel plasma ricordiamo:

- albumine - globulina - fibrinogeno.

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La pressione colloido osmotica nel liquido interstiziale è data da una piccola quantità di proteine plasmatiche che escono dai pori e filtrano negli spazi interstiziali. La pressione capillare media all’estremo arteriolare dei capillari è di 15-25 mmHg più grande di quello venulare. Forze che causano filtrazione all’estremo arteriolare Le forze che spingo il liquido all’esterno sono:

- pressione capillare 30 mmHg - pressione liquido libero interstiziale 3 mmHg - pressione colloido osmotica interstiziale 8 mmHg - FORZE TOTALI VERSO ESTERNO 41 mmHg

Forze che spingono liquido all’interno

- Pressione colloido osmotica plasmatica 28 mmHg - FORZE TOTALI VERSO INTERNO 28 mmHg

FORZE EFFETTIVE VERSO L’ESTERNO 41-28 = 13 mmHg Forze che causano il riassorbimento Forze che spingono verso l’interno

- pressione colloido osmotica plasmatica 28 mmHg - FORZA TOTALE VERSO L’INTERNO 28 mmHg

Forze che spingono verso l’esterno

- pressione capillare 10 mmHg - pressione liquido libero interstiziale negativa 3 mmHg - pressione colloido osmotica liquido interstiziale 8 mmHg - FORZE TOTALI VERSO ESTERNO 21 mmHg

FORZE EFFETTIVE VERSO L’INTERNO 28-21 = 7 mmHg A livello della membrana si trova uno strato vicino all’equilibrio tra quello che filtra all’esterno del capillare e quello che viene riassorbito. Il lieve squilibrio che esiste da ragione dlela piccola quantità di liquido che torna al circolo per la via linfatica Forze medie che spingono liquido all’esterno dei vasi

- pressione capillare media 17.3 mmHg - pressione negativa liquido libero interstiziale 3.0 mmHg - pressione colloido osmotica del liquido interstiziale 8.0 mmHg - FORZE TOTALI VERSO ESTERNO 28.3 mmHg

Forze medie che spingono verso l’interno dei vasi

- pressione colloido osmotica del plasma 28.0 mmHg - FORZE TOTALI VERSO INTERNO 28.0 mmHg

FORZE EFFETTIVE VERSO L’ESTERNO 28.3-28 = 0.3 mmHg La differenza di 0,3 mmHg causa una filtrazione di liquido netta di 2 ml/min attraverso il sistema linfatico

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CONTROLLO LOCALE DEL FLUSSO EMATICO Ogni distretto del corpo regola il proprio flusso locale in proporzione alle esigenze metaboliche. Tanto più elevato è il metabolismo di un organo tanto più rapido è il suo metabolismo. Il flusso ematico in ogni tessuto è regolato al minimo livello per rispondere alle esigenze funzionali. Meccanismi di controllo:

a breve termine: cambiamenti del grado di costrizione delle arteriose metarteriole e degli sfinteri precapillari, meccanismo che avviene in pochi secondi o minuti. a lungo termine: variazioni lente che richiedono giorni settimane o mesi. Sono variazioni di

calibro e/o del numero dei vasi. O2: fattore di controllo più importante, ogni volta che diminuisce nei tessuti aumenta il flusso

ematico. Teorie sull’aumento del flusso ematico:

1- Teoria della vasodilatazione: Maggiore è il grado di metabolismo o minore è la disponibilità di ossigeno, più grande è la liberazione di una sostanza vasodilatatrice. Tra queste sostanze si pensa svolgano ruolo importante: adenosina, acido lattico, fosfati, istamina, ioni potassio, idrogeno. Alcuni pensano che l’adenosina sia il fattore più importante.

2- Teoria richiesta di ossigeno (nutrienti) O2 è necessario per mantenere la muscolatura in contrazione. Mancando, i vasi tendono spontaneamente a dilatarsi. I capillari possiedono sfinteri per la regolazione ematica. Questi sono costituiti da tessuto muscolare che quando contratto causa la chiusura degli sfinteri. Quando manca O2 la contrazione non avviene e aprendosi gli sfinteri permettono il passaggio del sangue. Anche altri nutrienti possono causare vasodilatazione. Si è visto ad esempio che la carenza di glucosio per alcuni minuti nei tessuti può causare vasodilatazione.

I meccanismi di cui sopra sono detti metabolici. Casi particolari: Iperemia reattiva se l’apporto ematico viene bloccato in un tessuto e successivamente ripristinato, il flusso aumenta da 4 a 7 volte rispetto la norma. Se il blocco è durato molto anche il fenomeno di iperemia dura molto Iperemia attiva quando l’attività metabolica in un tessuto aumenta lo fa anche la quantità di flusso ematico. In qualsiasi tessuto del corpo un rialzo rapido della pressione arteriosa provoca aumento di flusso ma successivamente si ha il ritorno a valori normali per autoregolazione del flusso. A questo proposito troviamo due teorie:

Teoria metabolica: Quando la pressione è troppo alta lo è anche il flusso e di conseguenza l’apporto di fattori nutritivi. L’ossigeno causa costrizione dei muscoli ed un ritorno del flusso a valori più vicini alla norma. Teoria miogena:

Il brusco stiramento dei vasi provoca la contrazione della muscolatura vasale. Lo stiramento dovuto all’alta pressione provoca costrizione vascolare.

Secondariamente all’attivazione del microcircolo si attua un meccanismo in grado di dilatare le arterie più grandi. Le cellule endoteliali che rivestono le arteriole sintetizzano delle sostanze che influiscono sul grado di contrazione della parete vasale. E’ questo il fattore rilasciante endoteliale (ossido nitrico). Quando il sangue scorre nelle arterie produce uno stress dovuto alla trazione della forza viscosa del sangue che induce le cellule endoteliali a rilasciare ossido nitrico. La regolazione a lungo termine

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del flusso sanguigno consiste in una variazione del grado di vascolarizzazione dei tessuti. L’ossigeno svolge un ruolo importante nel lungo periodo. Se si ha una bassa concentrazione di ossigeno aumenta la vascolarizzazione. Nuovi vasi sono stimolati a crescere da fattori angiogenetici REGOLAZIONE UMORALE DELLA CIRCOLAZIONE - Agenti vasocostrittori:

Noradrenalina e adrenalina: hanno potente attività vasocostrittrice, sono rilasciate dalle terminazioni del simpatico e dalla midollare del surrene angiotensina: è il più potente vasocostrittore, un decimo di grammo agisce su tutte le arteriole

del corpo vasopressina: ormone antidiuretico più potente dell’angiotensina. Si forma nell’ipotalamo,

svolge un ruolo importante nel controllo del riassorbimento dell’acqua a livello renale. endotelina: rilasciata dalle cellule endoteliali a seguito di un danno.

- Agenti vasodilatatori:

bradichinina: le chinine sono polipeptidi che si staccano dalla alfa-globuline per azione di enzimi proteolitici. Importante è la callicreina. La bradichinina svolge potente vasodilatazione ed incrementa la permeabilità capillare istamina: rilasciata in tutti i tessuti del corpo quando vengono danneggiati o sono infiammati,

prodotta da mastociti. Il sistema nervoso opera a livello generale e non locale per il controllo della pressione arteriosa. Il sistema simpatico è quello che maggiormente svolge il controllo sulla circolazione. Le sue fibre partono dal midollo spinale e raggiungono i vasi sanguigni attraverso due strade, i nervi simpatici specifici diretti a tutti i vasi, ed i nervi spinali. Il parasimpatico svolge un ruolo di controllo nella frequenza cardiaca tramite le fibre che arrivano al cuore con i nervi vaghi. I nervi simpatici possiedono molte fibre vasocostrittrici che vengono controllate dal centro vasomotore nel bulbo. In condizioni normali l’area vasocostrittrice trasmette di continuo segnali alle fibre vasocostrittrici del simpatico mantenendo in tutto l’organismo una attività di scarica a bassa frequenza che permette la presenza di un tono vasocostrittore. Il centro vasomotore svolge un ruolo di controllo anche sull’attività cardiaca incrementando forza e frequenza di contrazione. L’ipotalamo svolge effetti sia eccitatori che inibitori del centro vasomotore. La noradrenalina agisce sui recettori alfa del muscolo liscio e provoca vasocostrizione. La midollare del surrene libera sia noradrenalina che adrenalina e sono trasportati in tutto il corpo dalla corrente sanguigna. Il sistema nervoso è in grado di aumentare la pressione con estrema rapidità operando:

- costrizione arteriole del corpo - costrizione delle vene e degli altri grossi vasi - incremento dell’attività di pompo cardiaca

Il sistema nervoso è in grado di raddoppiare la pressione in 5-10 secondi. Durante l’esercizio muscolare si verifica un aumento pressorio per adeguarsi all’incremento dell’attività metabolica . Questo effetto è chiamato reazione di allarme per generare un carico di pressione che possa fornire subito sangue a i muscoli. Vi sono numerosi sistemi a feedback negativo per mantenere la pressione arteriosa normale.

Controllo dei barocettori: Sistema avviato da stiramento di recettori situati nelle pareti di grosse arterie. I barocettori sentono le variazioni della PA, sono recettori ad efflorescenza che si trovano nelle pareti delle

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arterie. Sono molto abbondanti alla biforcazione delle carotidi comuni in un area chiamata seno carotideo. Da qui attraverso il nervo di Hering gli impulsi sono portati al tratto solitario del bulbo. I barocettori del seno carotideo sono stimolati a pressioni arteriose al di sopra dei 60 mmHg. Anche lievi modificazioni pressorie sono in grado di modificare la risposta riflessa. Dopo che i segnali sono arrivati al bulbo, segnali di secondo ordine vanno ad inibire il centro vasocostrittore ed eccitano il centro vagale andando cosi a diminuire la frequenza e la forza di contrazione e causando vasodilatazione. E’ importante la funzione dei barocettori nel controllo pressorio nei cambiamenti di postura. I barocettori non svolgono ruoli significativi nel controllo a lungo termine poiché in uno o due giorni si adattano a qualsiasi livello pressorio a cui vengano sottoposti. Controllo dei chemocettori

I chemocettori sono cellule sensibili alla carenza di ossigeno, eccesso di ioni idrogeno e anidride carbonica. Si trovano alla biforcazione delle carotidi comuni con il nome di corpi carotidei, e nell’arco aortico con il nome di corpi aortici. Ogni corpo è fornito di abbondante vascolarizzazione cosi che i chemocettori sono sempre in stretto contatto con il sangue. Se stimolati inviano segnali effettori al centro vasomotore per innalzare la pressione arteriosa. Recettori a bassa pressione

Presenti negli atri e nelle arterie polmonari. Non rilevano direttamente la pressione arteriosa sistemica, rilevano invece i simultanei aumenti pressori nelle aree a bassa pressione. Il riflesso di Bainbridge è un aumento della pressione atriale che provoca un aumento di frequenza cardiaca dovuto a recettori di stiramento nella parete atriale. Risposta ischemica del SNC

Quando il flusso ematico scende a livello del centro vasomotore gli stessi neuroni del centro rispondono all’ischemia. La pressione arteriosa sale di molto e questo si ritiene sia causato dall’aumento di concentrazione di CO2. La risposta ischemica del SNC è uno dei più potenti riflessi che attivano il sistema vasocostrittore. Si attiva solo in situazioni di emergenza quando la PA scende a livelli di 15-20 mmHg. Reazioni di Cushing

Provocata da un aumento pressorio intracranico. Ad esempio la pressione del liquido cerebrospinale cresce fino ad occludere i vasi arteriosi, si attiva una risposta ischemica che causa un aumento pressorio fino a che la pressione arteriosa non sale a livelli pressori superiori di quella del liquido cefalorachidiano. Riflesso di compressione addominale

Quando si stimola il sistema vasocostrittore simpatico, segnali inviati ai muscoli scheletrici, ne aumentano il tono. In particolare in quelli addominali permettono il riversamento di molto sangue in circolo.

LEGGI DEI GAS Legge generale dei gas: il prodotto della pressione per il volume di un gas è uguale al numero di moli del gas moltiplicato per una costante e per la temperatura.

PV = nRT

Legge di Boyle: per una data temperatura, il prodotto della pressione per il volume di un gas è costante.

P1V1= P2V2

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Legge di Dal ton: la pressione parziale di un gas in una miscela gassosa è uguale alla pressione che il gas eserciterebbe se occupasse da solo tutto il volume occupato dalla miscela.

Px= Pb x C Px = (Pb –PH20) x C

Legge di Henry: all’equilibrio, la pressione parziale di un gas nella fase liquida è uguale alla pressione parziale nella fase gassosa.

Pressione = concentrazione gas disciolto/coefficiente di solubilità

Legge di Fick: per i gas la velocita di diffusione è direttamente proporzionale alla forza, al coefficiente di diffusione ed all’area della superficie disponibile per la diffusione, ed è inversamente proporzionale allo spessore della struttura attraverso cui avviene il processo

Vx= D x A x/ X

La seconda fase del processo respiratorio è la diffusione dell’ossigeno dagli alveoli al sangue e dalla anidride carbonica in direzione opposta. Si tratta di una diffusione semplice dovuta ai movimenti casuali delle molecole che passano da un lato all’altro della membrana respiratoria. Tutti i gas nella fisiologia respiratoria sono molecole semplici, libere di muoversi le une rispetto le altre. Perché la diffusione possa verificarsi è necessaria una fonte di energia costituita dall’energia cinetica delle molecole stessa. Se in un recipiente o in una soluzione è contenuto un gas la cui concentrazione non è omogenea, si verificherà una diffusione netta del gas dal punto a concentrazione maggiore verso il punto a concentrazione minore. La pressione che un gas esercita su una superficie è dovuta all’impatto che costantemente si verifica tra le molecole che si agitano a causa dell’energia cinetica e la superficie stessa. La pressione esercitata da un gas sulla superficie delle vie aeree e degli alveoli è proporzionale alla somma della forza d’urto di tutte le molecole contro la superficie. La pressione totale di un gas è direttamente proporzionale alla sua concentrazione. L’aria che respiriamo è una miscela di gas e la velocità di diffusione di ciascuno di questi gas è direttamente proporzionale alla pressione che esso avrebbe se considerato singolarmente, cioe alla pressione parziale del gas. La pressione di un gas in una soluzione è dovuta non solo alla sua concentrazione ma anche al coefficiente di solubilità del gas. Alcune molecole sono fisicamente o chimicamente attratte dalle molecole di H2O, mentre altre ne sono respinte. Nel secondo caso è sufficiente una concentrazione molto bassa per sviluppare una pressione alta. Quando nelle vie respiratorie entra aria, dalla sua superficie evapora acqua che umidifica l’aria. Questo perché le molecole di acqua sfuggono dalla superficie acquosa per entrare in quella gassosa. La pressione che le molecole d’acqua esercitano quando sfuggono attraverso la superficie si chiama tensione di vapore d’acqua. Alla normale temperatura di 37°C questa tensione è pari a 47 mmHg. Più è elevata la temperatura maggiore è la probabilità che le molecole entrino in fase gassosa. La diffusione netta di un gas da un area ad alta pressione verso una zona a bassa pressione, è uguale al numero di molecole che si muovono lungo la prima direzione meno il numero di molecole che si muovono lungo la direzione opposta gradiente di pressione.

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Molti, oltre la pressione, sono i fattori che influenzano la velocità netta di diffusione: solubilità del gas nel liquido area della superficie di diffusione del gas distanza lungo la quale il gas deve diffondere peso molecolare del gas temperatura del liquido

Questi fattori si riassumono nella formula I gas importanti nel processo respiratorio sono tutti molto solubili nei lipidi e di conseguenza lo sono anche attraverso le membrane cellulari. COMPOSIZIONE DELL’AREA ALVEOLARE Le concentrazioni dei vari gas a livello alveolare non sono identiche a quelle dell’aria atmosferica. I motivi delle differenze sono diversi. Innanzitutto, ad ogni atto respiratorio l’aria alveolare viene solo parzialmente sostituita da aria atmosferica. Inoltre sia l’ossigeno che l’anidride carbonica continuano a diffondere nei due versi lungo l’albero respiratorio. Per ultimo l’aria atmosferica è umidificata prima di raggiungere gli alveoli. Pressioni parziali dei gas atmosferici Aria atmosferica Aria umidificata Aria alveolare Aria espirata N2 597,0 mmHg 563,4 mmHg 569,0 mmHg 566,0 mmHg O2 159,0 mmHg 149,3 mmHg 104,0 mmHg 120,0 mmHg CO2 0,3 mmHg 0,3 mmHg 40,0 mmHg 27,0 mmHg H2O 3,7 mmHg 47,0 mmHg 47,0 mmHg 47,0 mmHg TOT 760,0 mmHg 760,0 mmHg 760,0 mmHg 760,0 mmHg Non appena l’aria entra nelle vie aeree, viene esposta allo strato liquido che bagna la superficie delle vie respiratorie. La pressione totale negli alveoli non può elevarsi oltre 760 mmHg, quindi la pressione del vapore acqueo assunto si limita a diluire gli altri gas presenti nell’aria inspirata. La quantità di aria che viene rinnovata ad ogni atto respiratorio è di 350 ml, cosi che occorrono numerosi atti respiratori perché possa essere rinnovata la maggior parte dell’aria alveolare. E’ importante il lento rinnovamento dell’aria alveolare e fondamentale per prevenire il verificarsi di improvvisi cambiamenti delle concentrazioni dei gas nel sangue. Quanto più rapidamente l’ossigeno diffonde nel sangue, tanto minore diventa la sua concentrazione degli alveoli. Da questo si deduce che la concentrazione dell’ossigeno a livello alveolare, cosi come la sua pressione parziale, è controllata dalla velocità con cui l’ossigeno viene assorbito nel sangue e in un secondo luogo dalla velocità con cui nuovo ossigeno entra nei polmoni per mezzo della ventilazione. Per quanto la ventilazione alveolare aumenti in modo elevatissimo, non potrà mai indurre una PAO2 superiore a 149 mmHg. Anidride carbonica viene continuamente formata nell’organismo e prontamente riversata negli alveoli e da qui rimossa grazie alla ventilazione. La normale velocità di eliminazione dell’anidride carbonica è pari a circa 200 ml/min. La PACO2 aumenta in modo direttamente proporzionale alla velocità di eliminazione dell’anidride carbonica, e diminuisce in modo inversamente proporzionale alla ventilazione alveolare. L’aria che viene espirata è una miscela costituita da aria dello spazio morto ed aria alveolare.

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BIOFISICA DELLE MEMBRANE CELLULARI A causa dell’interno idrofobico, il doppio strato lipidico delle membrane serve da barriera al passaggio della maggior parte delle molecole polari. Questa funzione è importante in quanto permette alla cellula di mantenere concentrazioni di soluti nel citosol diverse da quelle del fluido extracellulare. E’ necessario pero che le cellule abbiano mezzi idonei per il trasferimento attraverso la membrana di sostanze nutrienti e per l’eliminazione delle sostanze di rifiuto. Il trasporto degli ioni inorganici e delle piccole molecole organiche idrosolubili attraverso il doppio strato lipidico è ottenuto per mezzo di proteine transmembrana specializzate. Doppi strati lipidici privi di proteine sono altamente impermeabili agli ioni. Se si aspetta a lungo, qualsiasi molecola diffonderà attraverso un doppio strato lipidico privo di proteine seguendo semplicemente il suo gradiente di concentrazione. La velocità di diffusione varia pero enormemente in rapporto alla solubilità della molecola attraverso il doppio strato lipidico. Generando concentrazioni ioniche diverse, le membrane cellulari conservano energia potenziale sotto forma di gradienti elettrochimici. Molecole piccole e non polari si dissolvono rapidamente attraverso le membrane. Anche molecole polari prive di carica diffondono rapidamente attraverso il doppio strato lipidico. Molecole cariche (ioni) per quanto piccole che siano non passano attraverso la membrana Esistono due classi principali di proteine specializzate nel trasporto attraverso la membrana lipidica:

- proteine di trasporto: si legano al soluto specifico che deve essere trasportato subendo una serie di modificazioni conformazionali per trasferire il soluto attraverso la membrana.

- proteine canale: non hanno bisogno di legare il soluto, formano pori idrofilici attraverso il doppio strato lipidico.

Entrambe permettono il passaggio di ioni e molecole. Se la molecola trasportata è priva di carica, è semplicemente la differenza di concentrazione sui due lati della membrana che spinge il trasporto passivo e ne determina la direzione. Se il soluto ha una carica netta invece, sia il suo gradiente di concentrazione che la differenza di potenziale elettrico attraverso la membrana ne influenzano il trasporto. (gradiente elettrochimico) Quando parliamo di diffusione, si intende un movimento molecolare casuale sia attraverso aperture nella membrana che in combinazione con una proteina trasportatrice. Per il trasporto attivo abbiamo un movimento contro un gradiente di energia. Ioni e molecole sono incostante movimento e questo produce calore. La diffusione attraverso le membrane può avvenire per :

- diffusione semplice: dove il movimento di molecole avviene attraverso aperture della membrana, non è necessario il legame con proteine trasportatrici (proteine canale)

- diffusione facilitata: interazione delle molecole o degli ioni con una proteina trasportatrice Le proteine canale Le proteine canale formano pori idrofilici attraverso le membrane. La maggior parte dei canali proteici hanno pori stretti ed altamente selettivi e sono deputate soprattutto al trasporto di ioni inorganici e quindi sono detti canali ionici. Le caratteristiche per i canali ionici sono:

permeabilità selettiva: dipende dal forma, diametro e natura delle cariche elettriche disposte lungo le sue pareti interne. Ad esempio i canali del sodio presentano forte elettronegatività interna che trascina lo ione disidratato del sodio.

gating: apertura e chiusura dei canali ad opera di modificazioni conformazionali della proteina canale. L’apertura e la chiusura sono regolati da porte a voltaggio dipendenti in cui

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la conformazione varia al variare del potenziale elettrico; porte a controllo chimico, dove le porte si aprono per effetto della combinazione chimica della proteina canale con un'altra molecola che provoca modificazione conformazionale. Il canale conduce corrente “tutto o nulla”

La diffusione facilitata Si necessita di un trasportatore che carica la molecola da portar all’interno della cellula. Nella diffusione facilitata la velocità aumenta in modo non proporzionale fino a raggiungere una Vmax. Tra le sostanze che diffondono per diffusione facilitata troviamo il glucosio e gli amminoacidi. Le sostanze che diffondono in una direzione possono farlo anche in senso contrario. Per la cellula è importante la velocità netta di diffusione in una direzione determinata da:

- differenza di concentrazione tra i due lati della sostanza - differenza di potenziale tra i due lati della membrana - differenza di pressione tra i due lati della membrana

1) Per determinare la diffusione netta Concentrazione esterna – concentrazione interna

2) applicando una differenza di potenziale gli ioni cominciano ad attraversare la membrana per effetto della carica. La differenza di concentrazione tende a riportare gli ioni nella posizione originaria. Ad un dato punto la differenza di concentrazione sarà aumentata tanto da bilanciare l’effetto del gradiente elettrico. Per calcolare la differenza di potenziale elettrico capace di equilibrare una data differenza di concentrazione di ioni monovalenti si usa l’equazione di Nerst E (in millivolt) = 61 ± log C1/C2

3) La pressione è la somma delle forze che agiscono contro la parete in un dato istante H2O diffonde attraverso la membrana ed è bilanciata in maniera che non si ha un movimento netto di acqua . Il movimento di acqua per effetto di una differenza di concentrazione si chiama OSMOSI. La pressione osmotica: è la pressione minima necessaria per bloccare l’osmosi e dipende dal numero delle particelle per unità di volume di liquido.

Energia cinetica media K = mv2/ 2

Per esprimere la concentrazione in funzione del numero di particelle si usa l’osmole ossia il numero di particelle in un grammo molecola di soluto. Ad esempio 180 g di glucosio = 1 grammo-molecola di glucosio = 1 osmole. Alla normale temperatura di 37°C una concentrazione di 1OSM/litro stabilisce nella soluzione una pressione di 19300 mmHg. Il trasporto attivo Si necessitano concentrazioni di ioni più alte all’interno della cellula rispetto all’esterno. Situazione che non si può realizzare attraverso diffusione semplice. Serve energia per il movimento di potassio verso l’interno della cellula e sodio verso l’eterno (TRASPORTO ATTIVO). Distinguiamo:

- trasporto primario: che necessita di energia da degradazione di ATP - trasporto secondario: che ricava energia dai un processo di immagazzinamento che consiste

in un gradiente di concentrazione ionica.

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Nel trasporto primario troviamo:

Pompa Na+/K+: è il trasporto più studiato che porta ioni Na+ all’esterno della cellula e allo stesso tempo fa affluire ioni K+ all’interno. E’ presente in tutte le cellule ed è responsabile del mantenimento della differenza di concentrazione di sodio e potassio da un lato e dall’altro della membrana. La proteina trasportatrice è un complesso costituito da due proteine globulari. Possiede tre siti recettoriale per gli ioni sodio e due per gli ioni potassio. Quando tre ioni sodio si legano alla porzione interna e due ioni potassio a quella esterna si attiva la funzione ATPasica. La pompa ha un ruolo nel controllo del volume cellulare. Si definisce elettrogenica poiché abbiamo la perdita di una carica positiva ad ogni ciclo generando una differenza di potenziale.

Ca+: gli ioni calcio sono mantenuti ad una concentrazione bassa nel citosol grazie ad una pompa per il calcio. Due tipi, una che pompa all’esterno ed una all’interno degli organelli intracellulari.

H+: presenti nelle cellule parietali in profondità delle ghiandole gastriche. La quantità di energia necessaria per trasportare una sostanza attraverso la membrana è data dal grado di concentrazione cui viene portata la sostanza durante il trasporto. L’energia richiesta è proporzionale al logaritmo del grado di concentrazione e è calcolato secondo: Energia : 1400 log C1/c2 Il trasporto attivo secondario Il gradiente che si instaura con il trasporto di sodio all’esterno della cellula rappresenta una riserva di energia che può essere usata da altre molecole per penetrare nella cellula, co-trasporto antiporto. Due meccanismi di controtrasporto sono dati dal controtrasporto del sodio/calcio del controtrasporto sodio/idrogeno. Trasporto epiteliale Una distribuzione asimmetrica di proteine trasportatrici nelle cellule epiteliali è alla base del trasporto transcellulare di soluti. Nelle cellule epiteliali coinvolte nei meccanismi di assorbimento, le proteine trasportatrici sono distribuite asimmetricamente nella membrana plasmatica. FORZA ELETTRICA (gradiente elettrico) Cariche elettriche sono sottoposte a forze elettriche. All’equilibrio si ha una situazione di neutralità in cui le cariche positive e negative si annullano. Per separare queste cariche dovrò compiere un lavoro che si quantifica nella differenza di potenziale.

IL POTENZIALE DI MEMBRANA ED IL POTENZIALE D’AZIONE Abbiamo detto che la membrana funziona come una barriera posta tra un mezzo interno, il liquido intracellulare, ed un mezzo esterno, il liquido extracellulare. Questo garantisce una differenza di concentrazione di ioni tra i due lati della membrana. La differenza di concentrazione ionica tra la cellula e l’ambiente esterno dovuta soprattutto alla difficoltà di diffusione degli anioni organici verso l’esterno, crea in condizioni di riposo della cellula una differenza di potenziale elettrico tra i due lati della membrana con il lato interno negativo e quello esterno positivo. Un potenziale di membrana si forma quando esiste una differenza di carica elettrica sui due lati di una membrana dovuta ad un leggero eccesso di ioni positivi su di un lato e un leggero deficit sull’altro. Si definisce potenziale a riposo di una cellula la differenza di potenziale all’equilibrio tra il liquido intracellulare ed il liquido interstiziale.+

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Il potenziale in questione può essere misurato con grande precisione con un microelettrodo e sperimentalmente si trova un valore di –90 mV, con negativo il potenziale del liquido intracellulare. I liquidi intracellulare ed interstiziale possono essere paragonati dal punto di vista fisico a due soluzioni acquose in cui sono disciolti ioni monovalenti positivi e negativi come: Na+, K+, Cl-, A-. MEMBRANA CELLULARE A B Liquido interstiziale liquido intracellulare (esterno) (interno) Na+ …142 14 K+……. 4 140 PER Cl-……108 4 LA A-…….. 0.11 4.11 FISICA POMPA Na - k In A gli ioni K+ tendono a diffondere verso l’esterno portando con essi cariche positive e lasciando all’interno cariche negative. La differenza di potenziale che si instaura tende a riportare il potassio all’interno ed è pari a – 94mV. Lo stesso si può dire per il sodio che tende ad uscire. Gli ioni sodio e potassio i due meccanismi non portano ad una condizione di equilibrio, quindi ci deve essere un altro meccanismo in grado di garantire l’equilibrio. Questo è garantito dalla pompa Na+/K+

La pompa Na+/K+ aiuta a conservare l’equilibrio osmotico mantenendo la concentrazione di sodio bassa all’interno della cellula. Bisogna che ci siano pero altri cationi per bilanciare internamente alla cellula le cariche negative delle sostanze organiche. Questa funzione è svolta dal potassio. Esso è pompato attivamente nella cellula e può uscire da essa attraverso i canali passivi per il K+

Il numero di ioni che si deve muovere attraverso la membrana per stabilire il potenziale di membrana è molto piccolo. Si può quindi pensare al potenziale come sei si formasse per movimenti di cariche che lasciano le concentrazioni degli ioni praticamente inalterate. La condizione di equilibrio in cui non c’è flusso netto di ioni attraverso la membrana plasmatica, definisce il potenziale di membrana a riposo per quella cellula in esame. Attraverso l’equazione di Nerst esprime la condizione di equilibrio ad una concentrazione nota. Potenziale di Nerst Livello del potenziale di membrana in grado di impedire la diffusione netta di uno ione attraverso la membrana sia in una direzione che nell’altra.

E (in millivolt) = 61 ± log C1/C2

dove C1 = concentrazione dello ione esterna alla membrana dove C2 = concentrazione dello ione interna alla membrana Usando questa formula si assume che il potenziale all’esterno sia sempre a 0 ed il potenziale di Nerst calcolato è il potenziale all’interno della membrana.

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Se la membrana è permeabile a diversi ioni il potenziale che ne deriva dipende da: - segno delle cariche di ogni specie ionica - permeabilità della membrana - concentrazione di ogni specie ionica interna ed esterna alla membrana

Potenziale di riposo Se non trasmettono impulsi le fibre nervose hanno potenziale di membrana pari a – 90mV (il potenziale interno della membrana è 90 volte più negativo rispetto al liquido extracellulare). Gradienti dovuti alla pompa Na+/K+

Na+ (esterno) 142 mEq/litro 0,1 Na+ (interno) 14 mEq/litro K+ (esterno) 4 mEq/litro 35 K+ (interno) 140 mEq(litro A livello della membrana sono presenti dei canali proteici denominati canali passivi (o con perdita) molto più permeabili al potassio. Abbiamo detto che un potenziale di membrana si genera quando esiste una differenza di carica elettrica sui due lati di una membrana, dovuta ad un leggero eccesso di ioni positivi su di un lato ed un leggero deficit sull’altro. In una cellula animale, sono i movimenti passivi di ioni che contribuiscono maggiormente al potenziale elettrico attraverso la membrana plasmatici.. La pompa Na+/K+ aiuta a conservare l’equilibrio osmotico mantenendo bassa la concentrazione di sodio nella cellula. Essendoci poco sodio nella cellula sono necessari altri cationi per bilanciare le cariche negative intracellulari. Questo ruolo equilibratore è svolto in gran parte dal potassio che si muove liberamente attraverso canali passivi per il potassio. Quando questo si muove verso l’esterno della cellula, lascerà dietro di se cariche negative non bilanciate che generano un campo elettrico che tenderà ad opporsi ad un ulteriore efflusso di potassio dalla cellula. Come si origina il potenziale di riposo

contributo del potenziale di diffusione del potassio si considera il potassio unico movimento di ioni ad un potenziale all’interno della fibra di - 94 mV

contributo diffusione del sodio attraverso la membrana lieve permeabilità nella membrana al sodio attraverso i canali passivi sodio/potassio. Considerando anche il potenziale del potassio di – 94 mV avremo un potenziale interno di - 86 mV

contributo della pompa Na+/K+ pompati continuamente ioni sodio verso l’esterno e ioni potassio verso l’interno, grado addizionale di elettronegatività di – 4 mV

Date queste costanti avremo un potenziale di riposo di – 90 mV Il potenziale d’azione Una serie di fenomeni elettrici dei sistemi biologici, indicati con il termine di potenziali bioelettrici. Questi fenomeni sono originati dalla presenza, all’interno del corpo, di differenze di potenziale, queste possono essere stazionarie (come nel caso del potenziale di membrana) o transienti (come nel caso del potenziale d’azione). Il potenziale d’azione si manifesta solo in cellule eccitabili cioè in grado di mutare temporaneamente le loro caratteristiche di permeabilità a seguito di stimoli esterni.

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I potenziali d’azione si dividono in due categorie:

1) quelli che si originano e si propagano in cellule o fibre nervose (questo sistema costituisce la base del sistema di informazione del nostro corpo)

2) quelli che hanno origine e si propagano in cellule muscolari (questi segnali sono indispensabili per le contrazioni muscolari).

Ci sono anche effetti macroscopici dei potenziali d’azione rilevabili tramite strumenti quali gli ECG o l’E.E.G. Il potenziale d’azione è una variazione locale della polarizzazione. Il potenziale d’azione insorge solo quando uno stimolo porta ad una depolarizzazione tale per cui il potenziale della membrana supera il valore di soglia. Gli stimoli possono essere di varia natura : chimica, calorica, elettrica…, comunque tutti inducono una modificazione della permeabilità della membrana che comporta una depolarizzazione della stessa. Tutto quindi è in funzione del rapporto delle permeabilità: quando uno stimolo fa aumentare il potenziale si ha che il rapporto tra le permeabilità aumenta, entra quindi più sodio che ha una carica positiva, la sua carica positiva fa diminuire le cariche negative e quindi fa aumentare il potenziale, continua così il processo di depolarizzazione della membrana. Una volta che il valore di soglia è superato la depolarizzazione è inarrestabile, entrano molti ioni sodio e la pompa sodio potassio non riesce ad espellere fino al momento che ricomincia a funzionare , fa uscire gli ioni sodio ed il potenziale comincia a diminuire.

Il potenziale d’azione non rimane localizzato nel punto in cui ha avuto inizio la depolarizzazione, ma si propaga. I segnali nervosi sono trasmessi attraverso i potenziali d’azione, ossia una rapida variazione del potenziale di membrana da negativo a positivo. La propagazione si effettua lungo tutta la membrana. Fasi:

1- riposo: precede l’insorgenza del PdA. La membrana si definisce polarizzata a causa del forte potenziale negativo.

2- depolarizzazione: la membrana diventa permeabile agli ioni sodio ed il potenziale di membrana sale verso la positività

3- ripolarizzazione: pochi millisecondi dopo che il sodio è entrato, i canali iniziano a chiudersi e i canali del potassio diventano più permeabili avendo cosi rapida diffusione di ioni potassio all’esterno che ripristinano l’assetto negativo di membrana.

Principale protagonista della depolarizzazione e ripolarizzazione è il canale del sodio a voltaggio dipendente ed il canale del potassio voltaggio dipendente. Il canale del sodio voltaggio dipendente presenta due porte, una di attivazione che si trova sull’apertura esterna del canale, ed una di inattivazione che si trova sullo sbocco interno. A riposo la porta è chiusa. L’attivazione avviene quando si raggiunge un potenziale di -70/50 mV. Si ha una modificazione conformazionale che fa scattare l’apertura. L’aumento del voltaggio provoca la chiusura della porta di inattivazione che non si aprirà di nuovo finche il potenziale non sarà tornato al livello originario del potenziale di riposo. Il canale del potassio voltaggio dipendente , al variare del potenziale di riposo presenta una lenta apertura della porta, aumenta la diffusione del potassio verso l’esterno. Nella genesi del potenziale di azione devono essere considerati anche altri ioni:

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- ioni negativi non in grado di attraversare la membrana quali molecole proteiche, fosfati organici, composti solforati.

- ioni calcio trasportati esternamente o in organelli. Si attivano lentamente e sono molto numerosi nel muscolo cardiaco e nei muscoli lisci.

La concentrazione degli ioni calcio nel liquido extracellulare ha forte influenza sul valore del voltaggio al quale i canali del sodio sono attivati. Questo fa diventare la fibra altamente eccitabile.

COSA DA INIZIO AL POTENZIALE D’AZIONE Senza variazioni del potenziale di membrana non si può avere potenziale d’azione. Se un evento induce una variazione del potenziale e se questa è sufficiente si apriranno molti canali del sodio. Si instaura cosi un feedback positivo che genera il potenziale d’azione. Il valore di membrana al quale si attiva il potenziale è di -65 mV. Il potenziale d’azione una volta instaurato non presenta un'unica direzione di propagazione, si propaga infatti per tutta l’estensione della membrana secondo il principio del tutto o nulla. Le concentrazioni ai valori iniziali sono riportate dalla pompa Na+/K+ che richiede ATP per il funzionamento. In alcuni casi la membrana non si ripolarizza immediatamente dopo la depolarizzazione ma rimane in uno stadio di plateau. Ad esempio nel cuore il plateau dura due tre millisecondi e determina la contrazione miocardica. Concorrono a determinare questo i canali rapidi e i canali lenti. La ritmicità è data da determinate scariche ripetitive da ripetitivi potenziali d’azione. Essa si genera spontaneamente se la membrana è per sua natura permeabile al sodio da consentire una depolarizzazione automatica della membrana. Situazione caratteristica dei tessuti autoeccitabili. In una fibra eccitabile non si può generare un potenziale d’azione finche essa rimane depolarizzata. Viene definito questo, periodo refrattario. Differenze tra eccitamento sinaptico e potenziale d’azione Nel potenziale sinaptico il movimento di sodio e potassio avviene simultaneamente mentre nel potenziale d’azione avviene in successione (prima si aprono i canali per il sodio, poi quelli per il potassio). Il neurotrasmettitore apre un solo canale con permeabilità quasi uguale per il sodio e per il potassio. L’apertura del canale responsabile dell’eccitamento sinaptico dipende dalla concentrazione di acetilcolina (non aumenta la conduttanza sinaptica totale, i potenziali sono relativamente piccoli e soggetti a sommazione). I canali che generano il potenziale d’azione sono voltaggio dipendenti. Il PdA ha caratteristiche di tutto o nulla. Il potenziale di riposo delle cellule nervose è pari a -55 mV, quello delle fibre a -90 mV. BIOFISICA DELLA CONTRAZIONE MUSCOLARE

LA CONTRAZIONE DEL MUSCOLO SCHELETRICO I muscoli scheletrici rappresentano il 40% del peso corporeo e sono composti da fibre con un diametro di 80-100 micron. Queste possono estendersi per tutta la lunghezza del muscolo. Sarcolemma: membrana cellulare della fibra muscolare costituita da membrana propriamente detta e rivestimento polisaccaridico. Miofibrille: costituente delle fibre muscolari. Queste risultano a loro volta costituite da 1500 molecole di miosina e 3000 di actina.

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I filamenti di miosina ed actina sono tra loro interdigitati in maniera che le miofibrille presentano bande chiare e scure alternate. Le bande chiare contengono principalmente filamenti di actina e sono dette bande I (isotrope alla luce polarizzata). Le bande scure sono formate da filamenti di miosina e dalle estremità dei filamenti di actina e sono le bande A. Ogni banda I presenta la linea Z al centro. Ogni banda A presenta al centro una linea più chiara, la banda H bisecata a sua volta dalla linea M. I filamenti di actina sono collegati ad un estremità al disco Z. La porzione di miofibrilla compresa tra due dischi Z successivi viene detta sarcomero. La titina è una proteina di natura filamentosa che può assumere disposizione spiraliforme e da intelaiatura dove i filamenti di actina e miosina sono alloggiati. Sarcoplasma: matrice in cui sono immerse le miofibrille. Presente K+ Mg+ un elevato numero di mitocondri e proteine enzimatiche. Reticolo sarcoplasmatico: importante per la contrazione può essere più o meno sviluppato. Generazione della contrazione:

1- potenziale d’azione trasmesso da motoneurone alle fibre muscolari 2- rilascio dalle terminazioni nervose di acetilcolina. 3- apertura dei canali acetilcolina-dipendenti 4- ingresso sodio nella fibra muscolare ed insorgenza PdA 5- propagazione lungo la membrana della fibra muscolare del PdA 6- depolarizzazione membrana fibra e propagazione in profondità con liberazione dal RE di

CA 7- generazione forze attrattive actina/miosina 8- rimozione degli ioni calcio attraverso la pompa di membrana

La contrazione avviene per un meccanismo di scorrimento dei filamenti che si instaura per l’interazione di ponti trasversali dei filamenti di miosina con quelli di actina. Queste forze si attivano grazie agli ioni calcio. I filamenti di miosina sono costituiti da molecole di miosina affiancate, due catene pesanti e quattro leggere. Le due catene pesanti sono avvolte a spirale le cui estremità sono ripiegate a formare la testa della miosina (due teste). Le quattro catene leggere si dispongono due per ogni testa. Ogni filamento di miosina risulta costituito da circa duecento molecole di miosina. Il corpo è dato dall’affiancamento delle code. Lateralmente al corpo troviamo le teste che vanno a costituire con il braccio i ponti trasversali ognuno dei quali si ritiene flessibile in due punti uno dove il braccio lascia il corpo e l’altro dove il braccio diventa testa. I bracci sono incernierati dal centro del filamento verso le estremità. Ogni serie di ponti è spostata lungo l’asse rispetto al precedente di 120°. La testa della miosina ha attività ATPasica.

IL FILAMENTO DI ACTINA Costituito da molecole di actina tropomiosina troponina L’ossatura del filamento è data da due filamenti ad elica di F-actina il quale a sua volta risulta costituito da 13 molecole di G-actina ogni giro. Ad ogni molecola di G-actina è legata una molecola di ADP e si ritiene che questo sia il sito attivo. Le basi dei filamenti sono inserite nei dischi Z. La tropomiosina è una proteina che costituisce un ulteriore filamento unita debolmente ai filamenti di F-actina. Allo stato di riposo la tropomiosina copre i siti attivi dell’actina.

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La troponina è un complesso costituito da tre subunita: 1- I affinità alta per l’actina 2- T affinità alta per la tropomiosina 3- C affinità alta per gli ioni calcio

Complesso troponina- tropomiosina funge da inibitore dei siti attivi dell’actina. Gli ioni calcio si legano alla troponina C e si suppone che il complesso subisca delle modificazioni conformazionali che fan spostare la tropomiosina più profondamente scoprendo i siti attivi dell’actina. Teoria dell’avanzamento per la contrazione. L’attacco delle teste ad un sito attivo crea modificazione nelle forze intramolecolari e questo fa si che la testa si fletta verso il braccio trascinando con se l’actina. Dopo essersi flessa la testa si distacca dall’actina e ritorna perpendicolare. Subito dopo si ripete lo stesso meccanismo su di un altro sito attivo adiacente al precedente. Per la contrazione si richiede ATP

1- teste dei ponti legano ATP prima della contrazione. Idrolisi ad ADP e Pi che restano attaccati alla testa

2- esposizione dei siti attivi e legame miosina ad actina 3- flessione della testa verso braccio trasversale grazie all’energia accumulata precedentemente 4- rilascio ADP e Pi e attacco di nuovo ATP che provoca distacco della testa.

Il ciclo si ripete su di un nuovo sito attivo dell’actina La contrazione massima si realizza quando si ha la massima sovrapposizione tra i filamenti di actina e di miosina. Se un muscolo viene stirato ad una lunghezza superiore a quella presente prima della contrazione si sviluppa una tensione di riposo. Quando al muscolo si applicano carichi la velocità di contrazione si riduce con l’aumentare del carico. Energetica per la contrazione Il muscolo contratto per spostare un carico compie un lavoro. Fonti di energia per :

- avanzamento dell’actina sui ponti trasversali - pompare calcio nel RES - pompa sodio potassio

dove si ricava energia: 1- fonte primaria per ricostruire ATP è la fosfocreatina che fornisce energia per una

contrazione massimale per non più di 5-8 secondi 2- glicogeno: usato per ricostruire sia ATP che fosfocreatina, viene degradato ad acido piruvico

e acido lattico e si ha liberazione di energia. Rapido metodo anaerobico per avere energia 3- metabolismo ossidativi: reazione O2 con i vari substrati nutritivi. Utilizzo dei carboidrati, dei

grassi e delle proteine.

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CARATTERISTICHE DELLA CONTRAZIONE MUSCOLARE Per ottenere una scossa muscolare si utilizza una semplice serie di impulsi elettrici o sul nervo o sul muscolo stesso. Riconosciamo per il muscolo una :

- contrazione isometrica: quando il muscolo non si accorcia durante la contrazione - contrazione isotonica: quando il muscolo si accorcia senza modificare la tensione

Ogni muscolo è costituito da:

fibre lente: sono fibre muscolari piccole innervate da fibre nervose più piccole. Possiedono una ricca vascolarizzazione per un maggiore apporto di ossigeno. Presentano un elevato numero di mitocondri ed un elevato contenuto di mioglobina che conferisce un colorito rossastro al muscolo. Tipo di fibra adatta ad una attività muscolare continua e sostenuta. fibre rapide: sono fibre più grandi per una maggiore forza di contrazione. Presentano un reticolo sarcoplasmatico più sviluppato per il rilascio rapido di ioni calcio. Il metabolismo ossidativo è di minore importanza. Tipo di fibra adatta per contrazioni rapide e potenti.

Unita motoria: costituita da motoneurone e fibre muscolari da esso controllate . Le fibre si raccolgono in piccoli fasci di 3-15 fibre. Per sommazione intendiamo l’addizione degli effetti di singole scosse per ottenere una contrazione più intensa. Distinguiamo un tipo di sommazione:

- spaziale: aumento del numero di unita motorie che si contraggono simultaneamente. Le unita motorie con un numero minore di fibre e con fibre più piccole sono stimolate più facilmente.

- temporale: con l’aumentare della frequenza di contrazione si raggiunge un punto in cui ogni nuova contrazione inizia prima che la precedente sia esaurita. Nella tetanizzazione il muscolo resa contratto perché gli ioni calcio sono sufficienti a non consentire il rilascio della contrazione.

Quando un muscolo si contrae dopo lungo riposo la forza iniziale può essere anche la metà. Il tono muscolare è la tensione sviluppata dal muscolo a seguito di impulsi nervosi a bassa frequenza. La fatica nel muscolo aumenta in proporzione alla diminuzione del contenuto di glicogeno. Tutti i muscoli sono sottoposti ad un continuo rimodellamento per adattarsi alle esigenze funzionali. Quando la massa totale di un muscolo aumenta si parla di ipertrofia muscolare, questo è dovuto all’aumento del numero di fibre di actina e di miosina. Effetti della denervazione: aplasia, sostituzione del tessuto muscolare con tessuto fibroso. Rigor mortis Dopo la morte i muscoli vanno incontro ad un tipo di contrattura in cui il muscolo è contratto in assenza di potenziali d’azione. Questo è dovuto all’esaurirsi dell’ATP necessario per separare i ponti trasversali dai filamenti di actina. Questo rimane finche le proteine non si distruggono per autolisi.

LA TRASMISSIONE DEGLI IMPULSI NERVOSI Le fibre muscolari sono innervate da grossi fibre nervose che originano dalle corna anteriori del midollo spinale. La terminazione forma una giunzione con la fibra muscolare detta giunzione neuromuscolare a meta della fibra. La placca motrice è la specializzazione terminale della fibra nervosa che si invaginano nella fibra muscolare.

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Il potenziale sinaptico eccitatorio a livello della placca motrice comporta un flusso simultaneo di sodio e di potassio. Poiche il potenziale di placca determina una depolarizzazione, esso deve risultare da un movimento netto di cariche positive verso l’interno. Gli ioni responsabili del potenziale di placca possono essere individuati determinando il potenziale di inversione (potenziale a cui l’ampiezza del potenziale sinaptico è zero) Questo dimostra che sia gli ioni sodio che quelli potassi passano attraverso i canali dell’acetilcolina. Infatti se la corrente di placca fosse dovuta solo al sodio, il potenziale di inversione dovrebbe essere di +55 mV. In realtà, la corrente di placca cambia direzione e diventa uscente a 0 mV, e nessuna specie ionica presenta un pEq vicino a questo valore. Quindi esso deve dipendere dal flusso di piu ioni e questo spiega il perché il potenziale di inversione sia 0. L’invaginazione della membrana è detta doccia sinaptica e lo spazio tra il bottone sinaptico e la membrana della fibra è detto spazio sinaptico. Sul fondo della doccia ci sono numerosi ripiegamenti della membrana, le pliche neurali, che aumentano la superficie su cui può agire il mediatore chimico. Il mediatore prodotto dal bottone terminale è l’acetilcolina. Il neurotrasmettitore viene liberato in quanti. Ogni quanto determina la comparsa di un potenziale sinaptico in miniatura. Il potenziale sinaptico è composto da un numero variabile di questi. Un potenziale sinaptico in miniatura è determinato da un pacchetto contenente fino a 10.000 molecole di acetilcolina. Gli ioni calcio controllano le dimensioni di ogni singolo quanto, influendo sulla probabilità che venga liberato. Acetilcolinersterasi è l’enzima per la rimozione dell’acetilcolina. Ad ogni impulso nervoso si ha il rilascio di 125 vescicole di Ach. Sul bottone sinaptico i canali calcio dipendenti si aprono alla ricezione dell’impulso. Il calcio attira acetilcolina verso gli ispessimenti densi della membrana presinaptica. Sulla membrana postsinaptica si ha l’apertura dei canali Ach-dipendenti. Il canale di Ach è costituito da 5 subunità a formare un canale tubulare transmembrana. L’apertura da passaggio ai principali ioni positivi (sodio e calcio). Si ha cosi una variazione del potenziale locale e l’avvio del potenziale d’azione sulla membrana. La rimozione di Ach avviene grazie all’enzima acetilcolinersterasi ancorato sulla lamina basale. La rapida rimozione dell’Ach impedisce alla fibra una nuova contrazione. Nell’area della placca abbiamo un aumento di 50-70 mV del potenziale interno di membrana. Fattore di sicurezza per la trasmissione soglia alla quale avviene una modificazione tale che si scatena il potenziale. Come si forma Ach:

1- vescicole da apparato di Golgi nel corpo del motoneurone del midollo e trasporto attraverso l’assone all’estremità delle fibre

2- sintesi di Ach nelle terminazioni nervose 3- occasionali liberazione di vescicole nel citosol generano potenziali d’azione in miniatura 4- esocitosi di molecole di Ach dovuto al calcio che le trascina 5- recupero molecole grazie a riutilizzo colina ed endocitosi.

Sostanze che influenzano la giunzione neuromuscolare

Ach simile: metilcolina, carbacolo, nicotina. Non vengono distrutte da Ach-asi. Depolarizzano la membrana e restano legate ai recettori. blocco trasmissione a livello della giunzione: sostanze curarizzanti che impediscono la

propagazione degli impulsi dalla placca motrice al muscolo. La D-tubocurarina compete per il legame al recettore dell’acetilcolina inattivazione acetilcolinersterasi: neostigmina, fisostigmina, diisopropilfluorofosfato. Manca

l’idrolisi dell’Ach perché l’enzima è bloccato, presenza di spasmi muscolari.

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Miastenia gravis Paralisi per incapacità delle giunzioni neuromuscolare a trasmettere gli impulsi. Anticorpi contro le proteine canale Ach-dipendenti. Potenziale d’azione del muscolo

- potenziale di membrana a riposo: -80 a -90 mV - durata potenziale: 1-5 msec - velocità conduzione: 3-5 m/sec

A causa della lunghezza della fibra muscolare non si instaurano flussi di corrente in profondità. Per questo esistono i tubuli T che penetrano nella fibra decorrendo trasversalmente. Hanno inizio sulla membrana plasmatica, sono aperti verso l’esterno e contengono nel lume liquido extracellulare. I tubuli T sono introflessioni della membrana. Il reticolo sarcoplasmatico risulta accoppiato ai tubuli T e costituito da tubuli longitudinali e cisterne terminali. Al suo interno sono presenti ioni calcio ad alte concentrazioni che si liberano quando eccitato il tubulo T. La concentrazione cellulare si mantiene finche rimane calcio. Una pompa calcio riporta gli ioni nel reticolo sarcoplasmatico e qui la calsequestrina causa aumento del calcio accumulato.

CONTRAZIONE ED ECCITAZIONE NEL MUSCOLO LISCIO Il muscolo liscio è organizzato diversamente da quello scheletrico, le fibre sono inoltre più piccole. Tipi di muscolo liscio:

- multiunitari: fibre ben distinte, ogni fibra agisce indipendentemente dalle altre ed è innervata da una sola fibra nervosa. Isolata da collagene e glicoproteine. Esempi: muscolo ciliare occhio, iride, erettori del pelo.

- unitari: massa di fibre che si contraggono come fossero una singola unità. Le fibre sono aggregate in molti punti e le membrane sono unite attraverso gap junctions in maniera tale che gli ioni possano passare da una fibra all’altra. Questo tipo di muscolo si trova nella maggior parte dei visceri del corpo.

Processo contrattile nel muscolo liscio:

1- presenza actina e miosina 2- manca complesso troponine 3- processo attivato dal calcio 4- energia derivata da ATP

Nel muscolo liscio sono presenti corpi densi, alcuni dei quali anche attaccati alla membrana. Attraverso i ponti che si instaurano tra corpi densi di cellule vicine si trasmette la forza della contrazione. La maggior parte dei muscoli lisci presenta contrazione tonica prolungata che dura ore o giorni.

Ciclo lento dei ponti trasversali. La velocità con cui i ponti trasversali si attaccano all’actina e si distaccano è molto più bassa. La frazione di tempo in cui i ponti trasversali rimangono attaccati all’actina è maggiore nel muscolo liscio. La testa dei ponti trasversali hanno attività ATPasica minore del muscolo scheletrico.

Energia per la contrazione nel muscolo liscio è minore di quella del muscolo scheletrico. Minore consumo di ATP. La durata della contrazione dl muscolo è 30 volte più lunga di quello scheletrico. Il lento avvio della contrazione è dovuto alla lentezza di attacco e distacco dei ponti trasversali.

La forza massima di contrazione è spesso più elevata del muscolo scheletrico forse a causa del prolungato periodo di attacco dei ponti trasversali della miosina.

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capacità del muscolo di tornare alla forza originaria dopo che è stato allungato od accorciato. Fenomeno stress-rilasciamento (ad esempio vescica).

regolazione contrazione dovuta ad un aumento del calcio in seguito a stimoli di natura ormonale o nervosa. Il calcio si lega alla calmodulina che attira i ponti trasversali della miosina. Processi contrattivi:

1- calcio legato alla calmodulina 2- legame del complesso alla miosina chinasi 3- fosforilazione di una catena leggera di miosina 4- defosforilazione quando scende il livello di calcio, attivazione della miosina fosfatasi

Il potenziale di membrana del muscolo liscio è compreso tra i -50 e i -60 mV. Nei muscoli unitari i potenziali d’azione si generano come nei muscoli scheletrici. In quelli multiunitari invece non si hanno potenziali d’azione.

potenziali a punta: evocati per stimolazione elettrica, chimica ormonale e per lo stiramento potenziale con plateau: la ripolarizzazione avviene molto lentamente

Grande importanza nei processi contrattili dei canali del calcio. Alcuni muscoli lisci sono autoeccitabili e il potenziale d’azione sorge spontaneamente. Il ritmo basale ha onde lente dovute ad oscillazioni dell’attività della pompa Na+/K+. Quando le onde superano i -35 mV si instaura un potenziale d’azione. In seguito a stiramento il muscolo liscio unitario da luogo a un potenziale d’azione. Affinché nel muscolo liscio unitario si produca un potenziale d’azione, devono depolarizzarsi 30-40 fibre muscolari. Non compaiono di solito PdA perché le fibre sono troppo piccole. La metà delle contrazioni nel muscolo liscio si verificano grazie a fattori stimolanti che agiscono direttamente sul muscolo e che sono:

- fattori tessutali: ad esempio nel tessuto vascolare periferico, adenosina, acido lattico, ioni potassio

- effetto ormonale: noradrenalina, adrenalina, acetilcolina, angiotensina, vasopressina, ossitocina, istamina, serotonina

Recettori specifici sulla membrana del muscolo mediano l’apertura di canali del calcio o del sodio come in seguito a stimolazione nervosa. Da dove viene il calcio per il muscolo liscio? Affluiscono dal liquido extracellulare e diffondono rapidamente grazie o attraverso potenziale d’azione o attraverso canali del calcio attivati da ormoni. La concentrazione di calcio nel liquido extracellulare non ha effetto sulla forza di contrazione del muscolo scheletrico ma è importante per quelli lisci. Se lo ione calcio diminuisce la contrazione cessa quasi completamente. Per indurre il rilassamento del muscolo liscio basta rimuovere gli ioni calcio dal liquido extracellulare con una pompa del calcio che espelle ioni all’esterno della cellula. CELLULE RECETTORIALI DEI SISTEMI SENSORIALI E TRASDUZIONE

ORGANIZZAZIONE DEL SNC Il SNC è deputato al controllo della maggior parte delle funzioni corporee. Il SNC risulta costituito da altre 100 miliardi di neuroni. I segnali in ingresso giungono ai neuroni attraverso sinapsi a livello dei dendriti o del corpo cellulare. Il segnale in uscita invece viaggia attraverso un unico prolungamento che emerge dal neurone, l’assone, che da a sua volta origine a numerose ramificazioni.

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Versante afferente: i recettori:

La maggior parte delle attività del SNC prende inizio da esperienze sensoriali generate da recettori. Queste esperienze possono produrre risposte immediate oppure possono essere immagazzinate nel cervello per anni. La componente somatica trasmette informazioni provenienti da recettori localizzati sull’intera superficie del corpo e in alcune strutture profonde. L’informazione che entra nel SNC viene condotta a molteplici aree:

- a tutti i livelli del midollo spinale - alle formazioni reticolari del bulbo, ponte e mesencefalo - nel talamo - nelle aree somestetiche della corteccia cerebrale

Versante efferente: gli effettori

Il più importante ruolo funzionale del SNC è quello di regolare le varie attività corporee controllando:

- contrazioni dei muscoli scheletrici - contrazioni dei muscoli lisci e dei visceri - secrezione ghiandole esocrine ed endocrine

Tutte queste sono dette funzioni motorie od effettrici. Il controllo della muscolatura scheletrica viene esercitato a livelli diversi del SN tra cui:

- midollo spinale - formazione reticolare del bulbo, ponte e mesencefalo - nuclei della base - cervelletto - corteccia cerebrale motoria

Ognuno di questi livelli ha un ruolo specifico nel controllo dei movimenti corporei, i livelli inferiori sono implicati soprattutto nelle risposte automatiche ed istantanee dell’organismo. Una delle principali funzioni del sistema nervoso consiste nell’elaborare l’informazione in arrivo in modo tale che si generino delle risposte appropriate. Viene detta questa funzione integrativa del SN. La sinapsi è la zona di giunzione tra un neurone e quello successivo e qui si verifica il controllo della trasmissione del segnale. Sono le sinapsi a stabilire la direzione nella quale i segnali si propagano nel sistema nervoso. L’immagazzinamento dell’informazione avviene nella corteccia cerebrale e costituisce il processo della memoria. Ogni volta che certi tipi di segnali passano attraverso una serie di sinapsi, queste acquistano una maggiore capacita a trasmettere gli stessi segnali in un successivo momento. E’ questo il processo della sinapsi detto di facilitazione. LIVELLI FUNZIONALI DEL SNC Esistono tre livelli del SNC con specifici compiti funzionali:

1- livello spinale molte funzioni del midollo spinale persistono anche dopo che esso sia stato sezionato a livello della parte superiore della regione cervicale ossia: - movimenti di deambulazione - riflessi di allontanamento dal corpo di stimoli nocivi - riflessi per contrazione dei muscoli contro gravita - riflessi per il controllo del circolo sanguigno distrettuale

2- livello encefalico inferiore o sottocorticale: sono attività subconsce controllate dal bulbo, ponte, mesencefalo, ipotalamo, talamo cervelletto e nuclei della base. Il controllo della pressione arteriosa e della respirazione si attuano principalmente nel bulbo e nel ponte

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3- livello encefalico superiore o corticale: è un deposito di informazioni. Non funziona mai da solo ma sempre in associazione con strutture inferiori del SN. In assenza della corteccia cerebrale, le funzioni dei centri sottocorticali sono imprecise. La corteccia è essenziale per la maggior parte dei processi mentali.

Le sinapsi del SNC L e informazioni vengono trasmesse nel SNC sotto forma di impulsi ossia potenziali d’azione nervosi. Ogni impulso può:

essere bloccato nella sua trasmissione da un neurone al successivo essere convertito da impulso singolo ad impulsi ripetitivi essere integrato con impulsi provenienti da altri neuroni

Le sinapsi, giunzioni neuronali, possono essere di due tipi, chimiche ed elettriche. Nell’uomo quasi tutte le sinapsi sono di tipo chimico. Il primo neurone secerne a livello della fessura sinaptica, una sostanza chimica, il neurotrasmettitore, che agisce su proteine recettoriale presenti sulla membrana del neurone successivo. Le sinapsi elettriche sono caratterizzate da canali diretti che conducono cariche elettriche da una cellula alla successiva tramite piccoli canali proteici chiamati gap junctions. Le sinapsi chimiche presentano una caratteristica estremamente importante, trasmettono i segnali sempre in un'unica direzione, cioè dal neurone che secerne il neurotrasmettitore, chiamato neurone presinaptico, a quello su cui il neurotrasmettitore agisce, chiamato neurone postsinaptico. Anatomia funzionale delle sinapsi Il motoneurone presente nelle corna anteriori del midollo spinale è composto da tre parti:

- soma - assone - dendriti

Sulla superficie dei dendriti e del soma sono presenti piccole espansioni terminali chiamate terminazioni presinaptiche, queste sono le parti terminali di ramificazioni di fibre provenienti da altri neuroni. Molte di queste terminazioni sono eccitatorie e altre sono inibitorie. Altri neuroni presenti in zone differenti dal midollo spinale differiscono per morfologia, numero e lunghezza delle terminazioni stesse. Le terminazioni presinaptiche hanno forma rotondeggiante od ovale. E’ separata da l neurone postsinaptico da una fessura sinaptica. Ogni terminazione ha due importanti strutture per la funzione eccitatoria od inibitoria, le vescicole ed i mitocondri. Le vescicole contengono il neurotrasmettitore che si definisce eccitatorio se si lega a recettori eccitatori sul neurone postsinaptico, si dice inibitorio se lega a recettori inibitori sul neurone postsinaptico. Quando un PdA raggiunge la terminazione subisce un immediata modificazione della sua membrana divenendo più permeabile o meno permeabile. La depolarizzazione permette l’apertura di numerosi canali Ca2+ dipendenti, la quantità di sostanza che viene liberata è strettamente correlata al numero di ioni calcio che entrano nella terminazione. Gli ioni Ca2+ entrati si combinano con molecole proteiche sulla faccia interna della membrana sinaptica. La negatività del neurotrasmettitore delle vescicole fa si che queste si fondano con la membrana riversando il loro contenuto all’esterno. Funzione dei recettori: La membrana del neurone postsinaptico possiede numerose proteine recettoriale. Questi recettori presentano un componente che agisce come sito di legame ad un componente ionoforo interno alla membrana che può essere o un canale ionico o un attivatore di un secondo messaggero.

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I canali ionici sono di due tipi: 1- canali cationici che lasciano passare ioni Na+ K+ Ca2+

2- canali anionici che fanno passare principalmente Cl-

L’apertura dei canali del sodio eccita il neurone postsinaptico, l’apertura dei canali del cloro inibisce il neurone postsinaptico. I canali ionici non sono adatti a mantenere variazioni nel tempo. Una prolungata azione su di un neurone viene prodotta attivando un sistema di secondo messaggero. Uno dei più diffusi meccanismi è quello della proteina G trimerica. Le funzioni che può svolgere sono:

apertura di specifici canali ionici a livello di membrana postsinaptica attivazione di AMP ciclico e GMP ciclico attivazione di uno o più enzimi intracellulari attivazione della trascrizione di un gene.

Meccanismi che portano ad eccitazione

1- apertura canali del sodio, entrata di gran numero di cariche positive nel neurone postsinaptico in modo da elevare il potenziale di membrana fino a raggiungere la soglia per la genesi del potenziale d’azione

2- depressione conduzione ionica attraverso i canali del K+ o del Cl- o di entrambi, in entrambi i casi l’effetto è di rendere il neurone postsinaptico più positivo del normale

3- induzione di modificazioni del metabolismo cellulare Meccanismi che portano ad inibizione

1- apertura canali del cloro, entrata rapida di ioni negativi che rendono più difficile il generarsi di un PdA

2- aumento conduttanza agli ioni potassio attraverso i canali della membrana. Gli ioni potassio escono all’esterno della membrana con effetto inibitorio

3- attivazione di enzimi che inibiscono le funzioni metaboliche cellulari che aumentano il numero dei recettori

Sostanze chimiche che agiscono come neurotrasmettitori Esistono due gruppi di trasmettitori simpatici

- a basso peso molecolare ad azione rapida, responsabili della maggior parte delle risposte immediate del SN

- neuropeptidi ad azione più lenta, responsabili di effetti più prolungati. I neurotrasmettitore a basso peso molecolare sono sintetizzati nel citosol della terminazione nervosa presinaptica. I più importanti sono:

Acetilcolina: secreta dalle grandi cellule piramidali della corteccia motoria, da neuroni dei nuclei della base, dai motoneurone, dai neuroni pregangliari del sistema nervoso autonomo(simpatico e parasimpatico), dai neuroni postgangliari del parasimpatico e alcuni neuroni postgangliari del simpatico. Ha quasi sempre effetto eccitatorio Noradrenalina: secreta da neuroni i cui corpi cellulari si trovano nel tronco encefalico e

nell’ipotalamo. Questi neuroni partecipano al controllo globale dell’attività cerebrale e dell’umore aumentando il livello di vigilanza. E secreta dalla maggior parte dei neuroni postgangliari del sistema simpatico. Dopamina: secreta da neuroni localizzati nella sostanza nera. Ha di solito funzioni inibitorie Glicina: secreta a livello sinaptico midollare, effetto inibitorio Acido gamma amminobutirrico (GABA): midollo spinale, nuclei della base, cervelletto,

Inibitorio Glutammato: terminazioni presinaptiche circuiti della sensibilità. Ha sempre effetto

eccitatorio.

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Serotonina: neuroni del rafe mediano del tronco encefalico, fibre che si proiettano alle corna posteriori del midollo spinale e all’ipotalamo. Agisce come inibitore afferenze dolorifiche nel midollo spinale. Controllo dell’umore e del sonno. Ossido nitrico: in aree encefaliche del comportamento a lungo termine e della memoria. Non

viene preformato e accumulato. Viene sintetizzato istantaneamente quando necessario. Neuropeptidi La loro sintesi non avviene nel citosol delle terminazioni presinaptiche, ma dai ribosomi del soma neurale. Nel reticolo si operano modificazioni proteiche che portano alla formazione dei neuropeptidi che vengono liberati nel citosol e trasportatori grazie al flusso assoplasmatico alle terminazioni. Le vescicole dei neuropeptidi subiscono un processo di autolisi una volta rilasciate e non sono riutilizzate. I neuropeptidi sono anche 1000 volte più potenti ed inducono effetti molto più duraturi dei neurotrasmettitori a basso peso molecolare. Gli studi fatti sugli eventi elettrici neuronali sono stati fatti studiando i neuroni delle corna anteriori del midollo spinale. Eventi elettrici durante l’eccitazione neuronale Il potenziale di riposo di un motoneurone è di -65 mV. Questo potenziale è un valore inferiore rispetto le fibre muscolari scheletriche. Il voltaggio più basso permette una efficiente regolazione del grado di eccitabilità del neurone. La membrana neuronale risulta più eccitabile. Gli ioni più importanti per il funzionamento del neurone sono gli ioni sodio, potassio e cloro. La concentrazione di sodio è molto alta nel liquido extracellulare (142 mEq/l) mentre è bassa all’interno (14 mEq/l). Il potassio invece è molto concentrato nell’ambiente intracellulare (120 mEq) ed è basso all’esterno del neurone (4,5 mEq/l). Il cloro è molto alto nell’ambiente extracellulare. La ragione della bassa concentrazione di ioni cloro all’interno della cellula sta nel potenziale negativo di – 65 mV all’interno del neurone. L’esistenza di un potenziale elettrico tra i due lati della membrana può opporsi al movimento di ioni attraverso la membrana nonostante la differenza di concentrazione. Questo potenziale è il potenziale di Nerst che può essere calcolato facendo riferimento al lato interno della membrana. All’interno del soma neurale si trova una soluzione di elettroliti ad elevata conducibilità perciò qualsiasi variazione di potenziale in una qualunque parte all’interno del soma provoca una variazione di potenziale quasi esattamente uguale in tutti gli altri punti del soma. Quando un neurotrasmettitore agisce su un recettore della membrana postsinaptica, agisce aumentando la permeabilità agli ioni sodio, che tendono ad entrare nella cellula portando il potenziale di membrana da -65 mV a – 45 mV. Questa variazione è definita potenziale postsinaptico eccitatorio (PPSE). L’attivazione di una singola terminazione presinaptica non riesce ad aumentare il PPSE di + 20 mV. Per farlo è necessaria l’attivazione di più terminazioni creando un effetto di sommazione. Quando il potenziale di membrana raggiunge valori sufficienti, si sviluppa un PdA in corrispondenza del segmento iniziale dell’assone, punto in cui la membrana presenta il maggior numero di canali del sodio voltaggio-dipendenti. Il potenziale postsinaptico eccitatorio ha un valore compreso tra +10 a +20 mV e la soglia del neurone postsinaptico è di -45 mV. L’inibizione neuronale Le sinapsi inibitorie agiscono principalmente determinando l’apertura dei canali del cloro. All’apertura dei canali del cloro, ioni cloro penetrano nella cellula provocando un aumento della negatività del potenziale di membrana. Si instaura in questo modo uno stato di iperpolarizzazione. Questo potenziale più negativo rispetto al normale si chiama potenziale postsinaptico inibitorio. Nel caso dell’apertura dei canali il valore del PPSI e di – 5 mV. Nell’inibizione presinaptica, l’effetto inibitorio è causato dall’attivazione di sinapsi inibitorie localizzate sulla terminazione nervosa presinaptica. Il neurotrasmettitore inibitorio è il GABA il cui

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effetto è di aprire i canali anionici permettendo ad un gran numero di ioni cloro di entrare nella terminazione della fibra nervosa. La membrana neuronale diventa permeabile agli ioni sodio per soli uno o due secondi. Il tempo necessario affinché le cariche positive in eccesso lascino il neurone eccitato e si ristabilisca il normale potenziale di riposo è di 15 millisecondi. L’eccitazione di una singola terminazione presinaptica sulla superficie di un neurone non è in grado quasi mai di provocare un PdA in quanto la quantità di neurotrasmettitore liberata da una terminazione provoca un PPSE non superiore a 0,5-1 mV. Si necessita allora della sommazione, che può essere spaziale o temporale. Qualora si sommino PPSE e PPSI si avrà un corto circuito con riduzione e annullamento degli effetti. I dendriti dei motoneurone delle corna anteriori del midollo spinale si estendono in tutte le direzioni per una distanza da 0,5 a 1 mm dal soma neuronale ricevendo cosi segnali da un area molto estesa intorno al neurone. CARATTERI SPECIALI DELLA TRASMISSIONE SINAPTICA Quando le sinapsi eccitatorie vengono stimolate in modo ripetitivo ad alta frequenza, inizialmente il numero degli impulsi del neurone postsinaptico è molto elevato, ma poi si ha una progressiva diminuzione dell’attività di scarica nel giro di millisecondi. Questo fenomeno è detto fatica della trasmissione sinaptica. Costituisce un meccanismo protettivo contro un iperreattività neuronale. Si ritiene che la causa di questo fenomeno sia dovuto all’esaurimento della quantità di neurotrasmettitore immagazzinato nelle terminazioni presinaptiche. L’alcalosi determina un aumento enorme dell’eccitabilità neuronale. Al contrario un quadro di acidosi determina una depressione dell’attività neuronale. Un inadeguata disponibilità di ossigeno può provocare la completa ineccitabilità di alcuni neuroni.

RUOLO DEI RENI NELLA REGOLAZIONE A LUNGO TERMINE Il sistema nervoso non riesce ad opporsi a variazioni pressorie quando queste si instaurano nel giro di ore o giorni. Sistema reni-liquidi Un aumento della pressione arteriosa porta ad eliminare a livello renale il liquido in eccesso attraverso le urine e riporta la pressione nella norma. Può bastare un aumento di PA di pochi millimetri di mercurio per raddoppiare l’eliminazione renale di acqua. Diuresi pressoria un aumento del volume urinario in risposta all’aumento della PA. Punto di equilibrio punto in cui l’eliminazione di H2O e Na+ è bilanciata da una pari assunzione. La pressione arteriosa sia che si alzi che se si abbassi, tende sempre a ritornare nel punto di equilibrio. Ci sono due fattori determinanti nel mantenimento della pressione arteriosa a lungo termine:

1) entità dello spostamento della curva di eliminazione renale di acqua e di sale 2) il livello dell’assunzione di acqua e sale

Risulta impossibile modificare il livello della pressione arteriosa a lungo termine senza cambiare uno od entrambi i due fattori responsabili del livello pressorio arterioso. Un aumento della resistenza periferica totale non può alzare a lungo termine il livello della pressione arteriosa senza che si verifichi una variazione dell’assunzione di liquido e della funzione renale.

Pressione arteriosa = gittata cardiaca x resistenza periferica totale

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L’aumento della resistenza vascolare si attua ovunque nell’organismo ad eccezione del livello renale. I reni cominciano quindi a rispondere subito all’aumento della pressione arteriosa. Il sovraccarico di liquidi innalza la pressione.

Aumento del volume fluido extracellulare.

aumento del volume sanguigno

aumento della pressione media di riempimento

aumento del ritorno venoso al cuore.

aumento pressione arteriosa

aumento della gittata cardiaca

AUTOREGOLAZIONE

aumento resistenza periferica totale

Un aumento dell’assunzione di sale può essere molto più significativo nel provocare un rialzo pressorio che un aumento di acqua. Il sale non viene eliminato dai reni con cui viene eliminata l’acqua, e quando si accumula determina:

1- stimolazione del centro della sete e una maggiore assunzione di H2O per ridurre la concentrazione del sale

2- stimolazione della produzione dell’ormone antidiuretico che provoca il riassorbimento a livello renale di H2O

Ipertensione da eccessivo volume extracellulare Si dice iperteso un soggetto che presenta la sua pressione arteriosa media superiore ai 90 mmHg Effetti letali nell’ipertensione sono:

- sovraccarico di lavoro per i cuore e sviluppo di una cardiopatia - frequenti rotture di vasi a livello cerebrale - emorragie multiple dei reni

Un ipertensione da sovraccarico di liquidi è dovuta ad un eccesso di liquidi nel corpo.

SISTEMA RENINA-ANGIOTENSINA La renina è una piccola proteina enzimatica rilasciata quando la PA scende troppo. E’ sintetizzata ed immagazzinata in una forma inattiva, la prorenina, nelle cellule juxtaglomerulari del rene. Una volta secreta, la renina circola nell’organismo e si distribuisce al corpo oltre che attivare le funzioni intrarenali. La renina agisce su una proteina plasmatica, angiotensinogeno liberando un decapeptide, l’angiotensina I. L’angiotensina I a livello dei capillari polmonari viene modificata dall’enzima convertitore e trasformata in angiotensina II che induce vasocostrizione e ritenzione di acqua e sale. Il sistema renina-angiotensina richiede 20 minuti per divenire pienamente attivo. A livello renale l’angiotensina causa ritenzione di cloruro di sodio e acqua in due modi

azione diretta sul rene inducendo ritenzione di acqua e sale

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secrezione di aldosterone dalla ghiandola surrenale che provoca riassorbimento di sale e H2O dai tubuli renali. Uno degli effetti più importanti dell’angiotensina a livello renale è la costrizione dei vasi renali che diminuisce il flusso di sangue nel rene. La diminuzione del flusso sanguigno nei capillari abbassa la pressione e consente un maggior riassorbimento osmotico. L’angiotensina è una delle più potenti sostanze che controllano la secrezione di aldosterone. Una delle più importanti funzioni di questo ormone è quella di indurre un incremento notevole del riassorbimento di sodio dai tubuli renali aumentando la sua concentrazione nel liquido extracellulare. Ipertensione neurogena forte attivazione del sistema simpatico Ipertensione essenziale: Dovuta ad origini non conosciute, forte componente ereditaria. Caratteristiche:

- PA media aumentata del 40-60 % - flusso renale sanguigno ridotto alla metà - resistenza del flusso ematico attraverso il rene è aumentata da due a quattro volte - resistenza periferica totale aumentata del 40-60% - i reni non eliminano un adeguata quantità di sale ed H2O se non a livelli pressori elevati

Il trattamento di questo tipo di ipertensione si effettua tramite farmaci vasodilatatori oppure farmaci che inibiscono il riassorbimento di acqua e sale. ELEMENTI DEL SISTEMA CARDIOVASCOLARE Il cuore risulta costituito da quattro camere ( due atri e due ventricoli). Presenta uno scheletro fibroso costituito da connettivo denso e che conferisce al cuore un impalcatura di notevole rigidità. La muscolatura del cuore si distingue in

- atriale: costituita da due strati sottili, uno superficiale comune e uno piu profondo perpendicolare al primo e costituito da due foglietti

- ventricolare: diversi strati spessi che hanno disposizione delle fibre oblique in maniera tale che la contrazione determina la riduzione delle camere ventricolari in senso obliquo e circolare.

Ruolo dei muscoli papillari: nella sistole, contraendosi riducono il volume delle cavità ventricolari accentuando la formazione di un canale cilindrico di efflusso, e occludendo contemporaneamente la regione di afflusso sotto le valvole atrio ventricolari. Nella diastole riducono di poco il volume delle cavita ventricolari. Il muscolo cardiaco richiede un flusso capillare di 3-4 volte superiore a quello richiesto dal muscolo scheletrico. Proprietà funzionali:

1- eccitabilità: proprietà che ha un tessuto di rispondere ad uno stimolo,l adeguato per qualità ed intensità con un cambiamento di stato

2- ritmicità: proprietà che ha il cuore di eccitarsi e quindi di contrarsi spontaneamente e ritmicamente

3- conducibilità: proprietà che ha il tessuto cardiaco di condurre l’eccitamento insorto nelle cellule del nodo seno atriale, propagandolo a tutto il miocardio

4- contrattilità: capacita di rispondere ad uno stimolo con un cambiamento di dimensioni geometriche (accorciamento) o di caratteristiche meccaniche.

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Ciclo cardiaco: serie di eventi che caratterizzano la funzione di pompa cardiaca. Viene suddiviso in fasi Osservazioni particolari:

- sistole relativamente costante, diastole variabile con la frequenza - volume ventricolare: asimmetria delle fasi di svuotamento e di riempimento.

GITTATA CARDIACA, RITORNO VENOSO E REGOLAZIONE

La gittata cardiaca è la quantità di sangue pompata dal cuore ogni minuto nell’aorta. Corrisponde alla quantità di sangue che scorre. Il ritorno venoso è la quantità di sangue che affluisce ogni minuto dalle vene nell’atrio destro. La gittata cardiaca varia in relazione a:

- attività fisica - metabolismo corporeo - età - dimensioni corporee

La gittata a riposo in un uomo adulto è di 5,6 litri/min L’indice cardiaco indica il valore della gittata cardiaca per metro quadrato di superficie corporea. La gittata cardiaca è controllata da tutti quei fattori che permettono al sangue di ritornare al cuore e quindi dal ritorno venoso. I fattori periferici sono i principali sistemi di controllo della gittata cardiaca poiché il cuore ha la capacita di pompare qualsiasi quantità di sangue arrivi all’atrio destro secondo la legge di Frank-Sterling che definisce che un aumento del flusso ematico distende le pareti delle cavità cardiache e per effetto di questo stiramento il cuore sviluppa una forza di contrazione maggiore. Altro sistema di controllo è dato dall’aumento della frequenza dovuto allo stiramento delle fibre del nodo seno atriale secondo il riflesso di Bainbridge. La regolazione della gittata cardiaca è il risultato della somma di tutti i controlli locali del flusso sanguigno. Il flusso aumenta nella maggior parte dei tessuti in modo proporzionale al loro metabolismo.

Legge di Ohm = Pressione arteriosa/resistenza periferica totale Ci sono dei limiti precisi alla quantità di sangue che il cuore può pompare, sono il caso di un cuore iperefficiente o ipoefficiente. Nel cuore iperefficiente:

- stimolazione nervosa: aumento sia la frequenza cardiaca che la forza di contrazione del miocardio

- ipertrofia cardiaca: aumento della massa muscolare del miocardio Fattori che causano ipoefficenza (riduzione della capacita di pompa)

- inibizione nervosa - malattie valvolari - aumento della pressione arteriosa - malattie cardiache - miocarditi - anossia cardiaca

Una gittata cardiaca elevata è quasi sempre provocata dalla riduzione della resistenza periferica totale.

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L’incremento dell’attività propulsiva del cuore non causa incrementi durevoli della gittata cardiaca per diversi motivi:

1- eccessi di flusso ai tessuti causa vasocostrizione 2- aumento della pressione arteriosa e relativo aumento nel liquido interstiziale

Riduzione della gittata cardiaca

Fattori cardiaci intrinseci - IMA - malattie valvolari - miocarditi - tamponamento cardiaco

Fattori periferici –riduzione del ritorno venoso - riduzione volume sanguigno - dilatazione venosa acuta - ostruzione delle grandi venerdì

Qualsiasi sia la causa della bassa gittata cardiaca, quando la gittata scende al di sotto del livello richiesto per il nutrimento dei tessuti, il soggetto va incontro a shock cardiaco. I fattori primari che regolano la gittata cardiaca sono: - capacità di pompa del cuore - fattori periferici che influenzano il ritorno venoso La curva della gittata cardiaca viene utilizzata per un analisi qualitativa e quantitativa della gittata. La gittata può venire influenzata dalla pressione extracardiaca presente nella cavità toracica (-4 mmHg) Aumenti pressori all’interno della cavità toracica, richiedono aumenti nella forza di contrazione del cuore e in particolare dell’atrio destro. Fattori che influenzano il ritorno venoso:

PRESSIONE ATRIO DX: esercita forza a ritroso sulle vene ed ostacola il flusso ematico verso l’atrio. PRESSIONE SISTEMICA MEDIA DI RIEMPIMENTO: grado di riempimento della

circolazione sistemica che spinge il sangue verso il cuore. E’ la pressione presente in qualsiasi punto della circolazione sistemica quando si blocca il flusso sanguigno. RESISTENZA AL FLUSSO SANGUIGNO: tra i vasi periferici e l’atrio destro.

La curva del ritorno venoso confronta il ritorno venoso con la pressione atriale destra. Qualora la pressione atriale raggiunga i 7 mmHg in mancanza di riflessi circolatori, il ritorno venoso si riduce a zero. Il plateau presente nella curva del ritorno venoso a pressioni atriali negative è dovuto al collasso delle vene che entrano nel torace. Se si viene a bloccare l’attività di pompa del cuore, dopo qualche secondo il flusso di sangue si ferma in ogni parte del circolo e in qualche minuto le pressioni diventano uguali in qualsiasi punto della circolazione. All’equilibrio la pressione rappresenta la pressione circolatoria media di riempimento. La pressione sistemica media di riempimento è lievemente differente da quella circolatoria media di riempimento. La pressione sistemica media di riempimento è quella che si può calcolare in un punto qualsiasi della circolazione sistemica dopo che il flusso ematico è stato bloccato con delle pinze a livello dei grandi vasi del cuore in modo che la pressione a livello sistemico si possa valutare indipendentemente da quelle della circolazione polmonare. La pressione sistemica media di riempimento è quasi sempre uguale alla pressione circolatoria media di riempimento perché la circolazione polmonare ha meno di un ottavo della capacita della circolazione sistemica.

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Quando la pressione dell’atrio destro aumenta ed eguaglia la pressione sistemica media di riempimento, tutte le altre pressioni nella circolazione sistemica raggiungono questo stesso livello pressorio. Non esistendo più differenza di pressione tra vasi periferici e atrio destro non può più esserci ritorno venoso all’atrio. Vale la regola generale che più grande è la differenza tra la pressione sistemica media di riempimento e la pressione dell’atrio destro maggiore sara il ritorno venoso. Abbiamo una forza che si oppone al ritorno venoso ed è la resistenza al ritorno venoso. Quando la resistenza aumenta, il sangue comincia a ristagnare ed accumularsi in periferia data l’elevata distensibilità delle vene. Possiamo calcolare il ritorno venoso:

RV = Psr – PAD/ RRV

dove RV = ritorno venoso Psr = pressione sistemica media di riempimento PAD = pressione atrio destro RRV = resistenza al ritorno venoso Nell’uomo normale RV = 5 litri/min RRV = 1,4 mmHg / litro flusso sangue Psr =7 mmHg PAD = 0 mmHg Una riduzione alla meta delle resistenze permette di duplicare il flusso ematico. Nella funzione circolatoria globale il ritorno venoso dalla circolazione sistemica deve eguagliare la gittata del cuore. Un aumento del volume ematico può causare incremento della gittata cardiaca, aumento che in genere viene contenuto da un meccanismo compensatorio. Nell’uomo la gittata cardiaca è misurata attraverso dei metodi indiretti. METODO DI FICK ALL O2200 ml di sangue sono assorbiti al minuto dal sangue polmonare. Il sangue che entra nell’atrio destro ha concentrazioni di 160 ml/l, mentre quello che lascia l’atrio sinistro ha una concentrazione di 200 ml/l. Ciascun litro di sangue che passa dai polmoni raccoglie 40 ml di ossigeno. Poiche 200 ml sono l’ossigeno assorbito, 5 saranno i litri di sangue al minuto che passano per i polmoni Gittata = ossigeno assorbito / differenza A-V ossigeno METODO DILUIZIONE INDICATORE Un colorante viene iniettato in una grande vena o nell’atrio destro e viene misurata la concentrazione del colorante a livello delle arterie periferiche. In particolari condizioni fisiche il flusso sanguigno muscolare può incrementare più di 20 volte, questo a sua volta determina un aumento della gittata cardiaca di 4-5 volte. A riposo il flusso ematico nel muscolo scheletrico si aggira attorno ai 3-4 ml/min per 100 gr di muscolo, valore che si alza fino a 50 ml/min/gr di muscolo. Il flusso ematico in un muscolo, aumenta e diminuisce ad ogni contrazione muscolare, questo a causa della compressione dei vasi che si verifica ad ogni contrazione.

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A riposo i capillari muscolari hanno flusso scarso, ma durante le attività fisiche vigorose, tutti i capillari tendono ad aprirsi e questo permette una rapida diffusione di O2 e nutrienti dai vasi ai tessuti. La riduzione di O2 nei tessuti muscolari è uno dei più importanti fattori che causano aumento del flusso ematico. I muscoli utilizzano rapidamente O2 facendone diminuire la concentrazione nel liquido extracellulare. Questo causa vasodilatazione sia per il rilascio di sostanze vasoattive che per il fatto che i vasi non riescono sostenere lo stato di contrazione. Il controllo nervoso avviene grazie a:

- fibre vasocostrittrici simpatiche: secernono noradrenalina che agisce sui recettori alfa inducendo vasocostrizione

- fibre vasodilatatrice del simpatico. Meccanismi principali nel controllo del flusso Scarica massiva del simpatico Impulsi dal cervello attivano il simpatico e contemporaneamente inibiscono il parasimpatico. Il cuore aumenta la frequenza e la forza di contrazione e le arteriole della circolazione periferica si contraggono. Abbiamo un guadagno di circa due litri di sangue per i muscoli. Il circolo coronario e cerebrale non subiscono vasocostrizione perché non sono provvisti di ricca innervazione vasocostrittrice. Le pareti muscolari delle vene e di altri sistemi di capacita della circolazione sono potentemente contratti con il risultato di alzare la pressione sistemica media di riempimento. Durante un esercizio fisico si verifica un aumento della pressione arteriosa a causa di

- vasocostrizione periferica - aumento attività propulsiva del cuore - incremento della pressione sistemica media di riempimento

Questo incremento è importante per permettere un adeguato flusso di sangue. Un aumento della gittata cardiaca è importante per permettere al muscolo che sta lavorando di ricevere ossigeno ed altri nutrienti.

LA CIRCOLAZIONE CORONARICA Le principali arterie coronariche si trovano sulla superficie del cuore e le arterie più piccole penetrano nel muscolo cardiaco. Da queste il muscolo riceve nutrimento. L’arteria coronaria di sinistra irrora principalmente le parti anteriori e laterali del ventricolo di sinistra mentre l’arteria coronaria di destra irrora la maggior parte del ventricolo destro. La maggior parte del sangue venoso refluo viene raccolto attraverso il seno coronario e le vene cardiache anteriori. A riposo il flusso coronario è di circa 225 ml/min cioè circa 0,7/08,8 ml/g. Nell’esercizio fisico intenso l’aumento dell’apporto nutritivo al miocardio è inferiore a quello richiesto per questo aumenta il rendimento dell’utilizzazione dell’energia. Il flusso ematico nei capillari del ventricolo sinistro scende a valori molto bassi durante la sistole a causa della forte compressione dei vasi da parte del miocardio. Durante la sistole si sviluppa un gradiente di pressione all’interno del muscolo e da questo risulta che la pressione intramiocardica comprime i vasi ematici subendocardici molto più che i vasi dello strato esterno. Il flusso nel sistema coronario è regolato quasi interamente in risposta alle necessita nutritive del muscolo cardiaco, quindi quando la forza di contrazione aumenta, aumenta anche il flusso coronario. Il flusso di sangue è regolato quasi esattamente in funzione del fabbisogno di ossigeno. E’ stato ipotizzato che la mancanza di ossigeno provochi il rilascio di sostanze vasoattive che provocano vasodilatazione.

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La stimolazione dei nervi autonomi del cuore può influenzare per via diretta ed indiretta il flusso ematico. Tra gli effetti indiretti riconosciamo l’incremento o la diminuzione dell’attività cardiaca. Questi hanno un ruolo molto importante nel controllo del flusso. La stimolazione simpatica con rilascio di adrenalina, aumenta sia la frequenza che la contrattilità cardiaca. La stimolazione del vago con liberazione di acetilcolina, rallenta l’attività cardiaca. La stimolazione parasimpatica ha soltanto un lieve effetto diretto sulla dilatazione delle coronarie. I vasi coronarici presentano invece estesa innervazione simpatica. I mediatori chimici possono provocare sia dilatazione che costrizione a seconda del tipo di rettori localizzati nelle pareti dei vasi. In condizioni di riposo il muscolo cardiaco utilizza come fonte di energia principalmente gli acidi grassi al posto dei carboidrati. Durante condizioni di anaerobiosi o di ischemia , il cuore può ricorrere alla glicolisi anaerobica con formazione di acido lattico, probabile causa di dolore durante un attacco ischemica. Nell’insufficienza cardiaca il cuore è incapace di pompare il sangue per soddisfare i bisogni dell’organismo. Se il cuore subisce un grave danno, si riduce immediatamente la gittata cardiaca e si verifica un ristagno di sangue con conseguente aumento della pressione venosa sistemica. Se si realizza una situazione di questo genere subito entrano in gioco meccanismi compensatori. Il riflesso barocettivo, viene ad esempio attivato dall’abbassamento della pressione arteriosa. Altri tipi di riflessi sono quelli chemocettivi o quelli da risposta ischemica. Il sistema simpatico viene fortemente attivato entro pochi secondi permettendo un maggior ritorno venoso al cuore. Dopo pochi minuti ha inizio una fase che si prolunga nel tempo:

1- ritenzione di liquidi da parte dei reni 2- progressivo recupero della funzionalità cardiaca

Una riduzione della gittata può portare alla riduzione alla meta della produzione di urine. Un moderato aumento del volume di liquidi svolge un ruolo facilitante nel compensare la capacita propulsiva del cuore. Questo di verifica in due modi:

- eleva la pressione sistemica media di riempimento determinando un aumento del gradiente di pressione che spinge il sangue verso il cuore.

- distende le vene riducendo la resistenza venosa In un quadro di grave insufficienza cardiaca un accumulo di liquidi crea gravi conseguenze:

- eccepiva distensione del cuore - formazione di edema polmonare - edema nei tessuti

Formazione di circolo collaterale ed ipertrofia del cuore sana. Il soggetto necessita di riposo. L’insufficienza cardiaca si dice compensata quando i meccanismi di controllo permettono un progressivo recupero e ritorno alla normalità nel soggetto a riposo. Insufficienza cardiaca scompensata Il cuore risulta gravemente danneggiato ed è incapace di pompare sufficiente sangue per consentire al rene di eliminare la necessaria quantità giornaliera di liquidi. Il livello minimo per consentire un bilancio di liquidi è di 5 litri di gittata. Si instaura quindi:

- progressiva ritenzione di liquidi - progressivo aumento della pressione sistemica media di riempimento - progressivo aumento della pressione nell’atrio destro.

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I TONI CARDIACI La chiusura delle valvole cardiache è udibile con uno stetoscopio. Auscultando un cuore normale si riconosce:

- primo tono cardiaco : LUB chiusura delle valvole A-V all’inizio della sistole - secondo tono cardiaco: DUB chiusura delle valvole semilunari (aortiche e polmonari) alla

fine della sistole L’origine dei toni cardiaci sta nella vibrazione delle valvole che vengono poste in tensione subito dopo la loro chiusura e alla quale sono associati fenomeni di vibrazione. La durata di ciascun tono è di circa 0.14 secondi. Talvolta si riconosce un terzo tono all’inizio del terzo medio della diastole dovuto all’irruzione del sangue dagli atri ai ventricoli. Un quarto tono può essere registrato con un fonocardiogramma quando gli atri si contraggono.

LA VENTILAZIONE POLMONARE La funzione della respirazione è di portare ossigeno ai tessuti e rimuovere anidride carbonica. Identifichiamo quattro processi:

ventilazione polmonare che consiste nell’immissione di aria dall’atmosfera agli alveoli polmonari diffusione dell’ossigeno e dell’anidride carbonica tra gli alveoli ed il sangue trasporto nel sangue e liquidi dell’organismo di O2 e CO2 regolazione della respirazione

Meccanica della ventilazione I polmoni si possono espandere e retrarre grazie allo spostamento verso il basso o verso l’alto del diaframma e all’elevazione o all’abbassamento delle coste che fanno aumentare o diminuire il diametro anteroposteriore del torace. Durante l’inspirazione il diaframma si contrae e abbassandosi causa la trazione verso il basso della superficie inferiore dei polmoni. Il secondo meccanismo di espansione dei polmoni è dato dall’innalzamento delle coste. Il polmone è una struttura elastica che in assenza di una forza che lo tiene espanso collassa. Non ha punti di attacco alle pareti toraciche tranne nel punto in cui è sospeso al suo ilo. E’ circondato da un sottile strato di liquido pleurico che agisce da lubrificante per i movimenti del polmone all’interno della cavità pleurica. La continua rimozione di questo liquido attraverso i vasi linfatici mantiene una leggera aspirazione tra la superficie della pleura viscerale che riveste il polmone e quella della pleura parietale che riveste la parete toracica. La pressione pleurica è la pressione che vige nello spazio tra pleura viscerale e parietale. La leggera aspirazione qua presente si traduce in una pressione leggermente negativa. All’inizio dell’inspirazione la pressione pleurica normale è pari a – 5 cm H2O. Durante un inspirazione normale poi scende ad un valore di – 7,5 cm H2O con un aumento del volume polmonare di 0,5 litri. La pressione alveolare è quella che vige all’interno degli alveoli. Quando la glottide è aperta la pressione esistente in ogni punto dell’albero respiratorio è uguale alla pressione atmosferica. Affinché durante l’inspirazione l’aria possa affluire nei polmoni, la pressione negli alveoli deve scendere ad un valore leggermente inferiore. La pressione transpolmonare rappresenta la differenza tra la pressione alveolare e la pressione pleurica. E’ data dalla differenza di pressione esistente tra gli alveoli e la superficie esterna dei polmoni ed è una misura delle forze elastiche polmonari che tendono a far collassare i polmoni ad ogni grado della loro espansione detta pressione di ritorno.

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COMPLIANCE POLMONARE (COMPLIANZA POLMONARE) Il grado al quale i polmoni si espandono per ogni aumento unitario della pressione transpolmonare è definita come la loro distensibilità o complianza. Nell’uomo è pari alla pressione di 200 ml/cm H2O ossia ogni volta che la pressione transpolmonare aumenta di 1 cm H2O i polmoni si espandono di 200 ml. Le forze che entrano in gioco sono:

- forze elastiche proprie del tessuto polmonare - forze elastiche dovute alla tensione superficiale del liquido che riveste le pareti interne degli

alveoli. A livello delle superfici interne degli alveoli si sviluppa una forza tra le molecole di acqua all’interfaccia acqua-aria. E’ chiamata tensione superficiale. La superficie di acqua negli alveoli tende continuamente a contrarsi e questo spinge l’aria fuori dagli alveoli attraverso i bronchi e tende a far collassare gli alveoli. La forza generata è detta forza elastica di tensione superficiale. Surfactante: è un tensioattivo e quando immerso in un liquido, tende a disporsi alla sua superficie riducendo notevolmente la tensione superficiale. Viene secreto da cellule presenti nelle pareti alveolari chiamate cellule epiteliali alveolari di tipo II. E’ una complessa miscela di diversi fosfolipidi, proteine e ioni. La tensione superficiale è una forza che tende a far collassare gli alveoli. Questa pressione da collasso può essere calcolata con la formula:

Pressione = 2 x tensione superficiale / raggio alveolo

Quanto più piccolo sarà l’alveolo, tanto maggiore è la pressione di collasso. Anche la gabbia toracica possiede caratteristiche di elasticità e viscosità simili al polmone, se questi mancassero, ci sarebbe comunque bisogno di uno sforzo muscolare per espandere la gabbia toracica. Complianza torace-polmoni Viene misurata facendo espandere i polmoni di un soggetto completamente rilassato o paralizzato. Per far espandere il complesso polmoni-torace, si richiede una pressione quasi doppia di quella necessaria ad espandere i soli polmoni dopo rimozione della gabbia toracica. Lavoro respiratorio La contrazione nel respiro normale si verifica solo durante l’inspirazione. Il lavoro dell’inspirazione si distingue in :

1- lavoro di complianza o lavoro elastico: è la forza necessaria per vincere le forze elastiche dei polmoni stessi e del torace

2- lavoro di resistenza dei tessuti: forza per vincere la viscosità dei tessuti (polmoni e torace) 3- lavoro di resistenza delle vie aeree: forza per vincere la resistenza delle viee aeree al flusso

di aria che entra nei polmoni. Il lavoro di complianza è il lavoro che bisogna compiere per distendere i polmoni superando la loro resistenza elastica:

Lavoro di complianza = ΔV x ΔP /2

dove ΔV = variazione del volume dove ΔP = variazione della pressione pleurica

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In un respiro normale la massima parte del lavoro compiuto dai muscoli respiratori serve ad espandere i polmoni, solo dal 3 al 5 % dell’energia totale spesa dal corpo viene richiesta per il processo della ventilazione. Per studiare la ventilazione si registra il volume di aria che entra ed esce dai polmoni. Questo metodo è detto spirometria. VOLUMI POLMONARI

1- volume corrente: è quello inspirato od espirato ad ogni atto respiratorio tranquillo e normale, ammonta a 500 ml.

2- volume di riserva inspiratoria: è il volume d’aria che può essere inspirato oltre il normale volume corrente, ammonta a circa 3000 ml

3- volume di riserva espiratoria: è il volume di aria che può essere ancora emessa mediante espirazione forzata oltre la normale espirazione tranquilla, ammonta a 1100 ml

4- volume residuo: è quello che rimane nei polmoni anche dopo un espirazione forzata massima, ammonta a 1200 ml

La somma complessiva dei diversi volumi polmonari, rappresenta il volume massimo al quale i polmoni possono essere espansi. CAPACITA POLMONARI

capacità inspiratoria: è la somma del volume corrente e del volume di riserva inspiratoria. E’ la quantità di aria che un soggetto può inspirare dalla fine di un espirazione tranquilla fino alla massima distensione dei polmoni. capacita funzionale residua: è la somma del volume di riserva inspiratoria e del volume

residuo. E’ la quantità di aria che rimane nei polmoni alla fine di una espirazione tranquilla. capacità vitale: è la somma del volume di riserva inspiratoria, del volume corrente e del

volume di riserva espiratoria. E’ la quantità massima che l’individuo può espellere dai polmoni con un espirazione forzata dopo un inspirazione forzata massima. capacità polmonare totale: è il massimo valore a cui i polmoni possono essere espansi con

una inspirazione forzata massima ed è uguale alla capacita vitale più il volume residuo. Abbreviazioni VT = volume corrente 500 ml IRV = volume riserva inspiratoria 3000 ml ERV = volume riserva espiratoria 1100 ml RV = volume residuo 1200 ml IC = capacità inspiratoria 3500 ml VT + IRV FRC = capacita funzionale residua 2300 ml ERV + RV VC = capacita vitale 4600 ml ERV +IRV+ VTTLC = capacita polmonare totale 5800 ml VC = IRV + VT + ERV VC = IC + ERV TLC = IC + FRC

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La capacita funzionale residua è la quantità di aria che rimane nei polmoni tra un respiro e l’altro ed è importante per il funzionamento polmonare. Il suo valore in alcuni tipi di patologie polmonari varia. Il volume minuto respiratorio indica la quantità di nuova aria che viene introdotta nelle vie respiratorie ad ogni minuto e corrisponde al volume corrente per la frequenza respiratoria. Il normale volume corrente è di 500 ml e la normale frequenza respiratoria si aggira attorno ai 12 atti respiratori minuto. Il volume minuto respiratorio si aggira quindi attorno ai 6 litri minuto. La ventilazione alveolare Quello che più conta nella ventilazione polmonare è la quantità di aria che viene sostituita da nuova aria atmosferica nelle aree polmonari, alveoli, sacchi alveolari, dotti alveolari, bronchioli. La frequenza con cui l’aria nuova raggiunge queste aree è detta ventilazione alveolare. Nella respirazione normale, l’aria del volume corrente arriva a riempire solo le vie aeree fino ai bronchioli terminali e solo piccole porzioni raggiungono gli alveoli. L’aria raggiunge la distanza dai bronchioli agli alveoli per diffusione. Non tutta l’aria introdotta con l’inspirazione raggiunge le aree polmonari dove avviene lo scambio gassoso. Parte dell’aria introdotta non raggiungerà mai queste zone. In zone come il naso, la faringe, la trachea non avviene lo scambio di gas ma sono comunque piene di gas. Quest’aria è definita come spazio morto respiratorio. Nell’espirazione l’aria dello spazio morto è emessa per prima. Normalmente il volume dello spazio morto è di 150 ml. Può capitare che non tutti gli alveoli possono essere considerati attivi da un punto di vista funzionale. Questi vengono allora considerati come spazio morto fisiologico. La ventilazione alveolare minuto è il volume totale di nuova aria che ad ogni minuto entra negli alveoli, essa è data dal prodotto della frequenza respiratoria per il volume di nuova aria che ad ogni respiro entra negli alveoli. Con un normale VT di 500 ml, un normale spazio morto di 150 ml, ed una frequenza respiratoria di 12 atti respiratori al minuto, avrò: 12 x (500-150) = 4200 ml/min La ventilazione alveolare è uno dei principali fattori da cui dipendono la concentrazione dell’ O2 e della CO2 negli alveoli. Funzioni vie respiratorie L’aria viene distribuita ai polmoni tramite la trachea i bronchi ed i bronchioli. La trachea è detta via aerea respiratoria di prima generazione, i due bronchi principali, destro e sinistro, sono le vie di seconda generazione. E’ importante la pervietà delle vie aeree. Per impedire che la trachea collassi, numerosi anelli cartilaginei la circondano, placche rigide sono presenti anche a livello dei bronchi. Le pareti dei bronchi e dei bronchioli sono costituite da muscolatura liscia. Le maggiori resistenze al flusso d’aria si riscontrano a livello dei bronchi più grandi, in prossimità della trachea. L’albero bronchiale è molto esposto all’adrenalina e per azione sui recettori beta si induce dilatazione dell’albero bronchiale. Nel parenchima polmonare penetrano fibre parasimpatiche che secernono acetilcolina e provocano una costrizione dei bronchioli da lieve a moderata. Riflessi irritativi a livello polmonare possono causare broncocostrizione. Tutte le vie respiratorie sono umettate da uno strato di muco secreto da cellule caliciformi presenti nel rivestimento epiteliale. Esso mantiene le superfici umide ed intrappola piccole particelle. I bronchi e la trachea sono sensibili a lieve stimolazione e sostanze estranee scatenano il riflesso della tosse. Gli impulsi dalle vie respiratorie attraverso il nervo vago arrivano al bulbo dove viene a stimolarsi il centro della tosse. L’aria nei polmoni durante un colpo di tosse, è proiettata all’esterno ad una velocità che raggiunge i 120-160 Km/ora.

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Tre differenti funzioni vengono svolte dalle cavità nasali: 1- aria viene riscaldata 2- aria viene umidificata 3- aria viene filtrata

Queste tre funzioni sono designate come condizionamento dell’aria. La filtrazione avviene sia grazie alla presenza di peli, sia grazie alla precipitazione per turbolenza. L’aria passando per i turbinati nasali, deve più volte cambiare direzione permettendo cosi alle particelle più pesanti di urtare contro le pareti delle cavità nasali e rimanere invischiate nel muco. Nessuna particella superiore ai 6 micron grazie a questo meccanismo raggiunge i polmoni. Vocalizzazione Il linguaggio parlato viene espletato da due funzioni meccaniche, la fonazione espletata dalla laringe, e l’articolazione, che viene attuata dalle strutture della bocca. nella laringe si trovano delle strutture vibranti, le corde vocali le quali vengono stirate da muscoli specifici. Durante la fonazione le corde vocali si chiudono e l’aria è costretta a passare tra di esse, e questo ne causa la vibrazione. La frequenza di vibrazione è data dal grado di tensione delle corde stesse. I tre principali organi per l’articolazione delle parole sono le labbra, la lingua ed il palato molle. I risuonatori comprendono la bocca, il naso ed i seni paranasali, la faringe e la cavità toracica.

ANATOMIA FUNZIONALE DEL SISTEMA CIRCOLATORIO POLMONARE Vasi polmonari: arteria polmonare destra e sinistra, le sue ramificazioni sono molto corte. I vasi hanno pareti sottili e distendibili, compliance 7 ml/Hg. Contengono 2/3 della gittata sistolica del ventricolo destro. Vasi bronchiali: è sangue ossigenato che arriva ai polmoni ed irrora le strutture di sostegno dei polmoni, si riversa nelle vene polmonari. La pressione sistolica del ventricolo destro si aggira attorno ai 25mmHg. Durante la sistole, la pressione dell’arteria polmonare è uguale a quella nel ventricolo destro. La pressione media dell’arteria polmonare è di 15 mmHg. La pressione capillare media polmonare si aggira intorno ai 7 mmHg. La pressione media dell’atrio sinistro e delle grosse vene polmonari è di 2 mmHg. Volume di sangue polmonare Corrisponde a circa 450 ml, il 9% del volume totale del sangue in circolo. I polmoni possono servire come serbatoio di sangue. Il flusso di sangue nei polmoni è uguale alla gittata cardiaca. I vasi polmonari si comportano come condotti passivi distendibili che si dilatano se la pressione aumenta e si restringono quando la pressione diminuisce. Affinché si verifichi un adeguata ossigenazione del sangue è necessario che il sangue venga distribuito a quei settori in cui gli alveoli sono meglio ventilati. Quando gli alveoli sono mal ventilati e la concentrazione di O2 si abbassa, i vasi sanguigni si costringono lentamente facendo aumentare la resistenza vascolare. Questo effetto è opposto a quello che si verifica normalmente nel circolo sistemico. La causa è nel rilascio da parte del tessuto polmonare di una sostanza vasocostrittrice L’influenza della bassa concentrazione di ossigeno sulla resistenza dei vasi polmonari ha la funzione di distribuire il flusso ematico dove più è conveniente. In questo modo la maggior parte del sangue viene dirottata verso le aree meglio ventilate. Anche a livello del cuore si verifica l’effetto dovuto alla pressione idrostatica per cui tra il punto più alto e quello più basso del polmone abbiamo una differenza di pressione di circa 28 mmHg.

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La pressione al di sopra del cuore è di 15 mmHg più bassa, mentre al di sotto del cuore questa è di 8 mmHg più alta. Questa differenza influisce sul flusso di sangue nelle diverse zone dei polmoni. Il polmone viene diviso in tre zone:

1- assenza del flusso sanguigno in ogni fase del ciclo cardiaco poiché la pressione capillare locale non diventa mai superiore alla pressione alveolare

2- flusso sanguigno intermittente solo durante i picchi di pressione arteriosa perché la pressione sistolica è più grande di quella alveolare

3- flusso sanguigno continuo perché la pressione capillare alveolare rimane superiore alla pressione alveolare durante l’intero ciclo cardiaco.

Normalmente i polmoni presentano solamente zone di flusso sanguigno del tipo 2 e 3. Un flusso sanguigno da zona 1 si verifica solo in condizioni anormali, ad esempio in stati di ipovolemia. Durante un esercizio fisico intenso, l’intero polmone si trasforma in zona 3 , il flusso aumenta fino a 4-7 volte. Questo aumento si attua in due modi; incrementando il numero di capillari aperti, distendendo i capillari e aumentando la velocità del flusso.

DINAMICA DEI CAPILLARI POLMONARI Le pareti alveolari sono cosi ricche di capillari che nella maggior parte dei distretti entrano in contatto l’uno con l’altro. La pressione capillare polmonare misurata con il metodo isogravimetrico da valori di 7 mmHg. Quando la gittata cardiaca è normale, il sangue impiega 0,8 secondi per passare attraverso i capillari polmonari. La dinamica degli scambi è la stessa dal punto di vista qualitativo dei capillari periferici. Vi sono pero notevoli differenze dal punto di vista quantitativo.

nei capillari polmonari abbiamo bassa pressione (7 mmHg) la pressione nel liquido interstiziale è leggermente più negativa i capillari polmonari sono relativamente permeabili a molecole proteiche cosi che la

pressione colloido osmotica risulta essere nei liquidi interstiziali polmonari di circa 14 mmHg. le pareti alveolari sono estremamente sottili e l’epitelio è cosi fragile che si rompe per una

qualsiasi pressione positiva negli spazi interstiziali che superi la pressione atmosferica. Le forze a livello della membrana capillare sono:

forze che spingono il liquido verso l’esterno negli spazi interstiziali - pressione capillare 7 mmHg - pressione colloido osmotica interstiziale 14 mmHg - pressione negativa del liquido interstiziale 8 mmHg FORZE VERSO L’ESTERNO 29 mmHg

forze che tendono a riassorbile liquido nel capillare - pressione colloido osmotica del plasma 28 mm Hg FORZE VERSO L’INTERNO 28 mmHg PRESSIONE NETTA DI FILTRAZIONE 1 mmHg Questa provoca un flusso continuo di liquido dai capillari negli spazi interstiziali. Il liquido viene aspirato attraverso la pressione negativa presente nell’interstizio, dai vasi linfatici, mantenendo cosi asciutti gli alveoli. LA DIFFUSIONE DEI GAS ATTRAVERSO LA MEMBRANA L’unita respiratoria risulta costituita da un bronchiolo respiratorio, dai dotti alveolari, da atri ed alveoli. Le pareti degli alveoli sono estremamente sottili e sono circondati da una fittissima rete

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capillare. Questo fa in modo che i gas alveolari ed il sangue siano in strettissimo contatto. Gli scambi gassosi si verificano attraverso le membrane di tutte le componenti terminali dei polmoni e non solo attraverso gli alveoli. L’insieme dei queste membrane respiratorie è detto MEMBRANE POLMONARI. Le componenti della membrana sono:

1- surfactante che riduce la tensione superficiale 2- epitelio alveolare 3- membrana basale dell’epitelio 4- spazio interstiziale tra epitelio alveolare e parete capillare 5- membrana basale capillare 6- membrana endoteliale capillare

Lo spessore complessivo della membrana respiratoria è di appena 0,2 mm. L’area totale di superficie della membrana respiratoria in un uomo adulto è di circa 70 metri quadrati. La quantità totale di sangue presente nei capillari è pari a 60-140 ml. Il diametro medio dei capillari è di soli 5 mm e questo fa si che i globuli rossi per passare attraverso di essi si deformano entrando in contatto con la membrana capillare. Possiamo applicare i principi di diffusione dei gas respiratori attraverso l’acqua, alla diffusione attraverso la membrana respiratoria. I fattori pertanto che influenzano questo sono:

- lo spessore della membrana - l’area della superficie della membrana - il coefficiente di diffusione del gas nella sostanza di cui è costituita la membrana - la differenza di pressione tra i due lati della membrana

Lo spessore della membrana può a volte aumentare come in presenza dei liquido edematoso. L’area della superficie della membrana può ridursi, ad esempio enfisema polmonare. Il coefficiente di diffusione per il trasferimento di ciascun gas attraverso la membrana respiratoria dipende dalla sua solubilità nella membrana ed è inversamente proporzionale alla radice quadrata del suo peso molecolare. La differenza di pressione corrisponde alla differenza tra la pressione parziale del gas negli alveoli e la pressione del gas nel sangue. L’attitudine della membrana respiratoria a permettere lo scambio di un gas tra gli alveoli e il sangue polmonare si può esprimere come capacita di diffusione definita come il volume di determinato gas che diffonde in ogni minuto attraverso la membrana per una differenza di pressione di un mmHg. Nell’adulto la capacita di diffusione per l’ossigeno in condizioni di riposo è di 21 ml/min per mmHg. La differenza di pressione per l’O2 è di 11 mmHg. Moltiplicando i due valori si ottiene la quantità di ossigeno che ogni minuto attraversa la membrana respiratoria ed è pari a 230 ml. In molte patologie ma anche in condizioni normali, alcune aree polmonari sono ben ventilate ma pressoché prive di flusso sanguigno, mentre altre sono perfettamente irrorate ma non ventilate. Si viene cosi a creare uno squilibrio tra la ventilazione e la per fusione Il trasporto di O2 e CO2 nel sangue E’ grazie alla presenza dell’emoglobina nel sangue che si realizza un efficiente trasporto di O2 e di CO2. L’Hb permette al sangue di trasportare da 30 a 100 volte in più di ossigeno di quanto non faccia il sangue con ossigeno disciolto. I gas si muovono da un punto all’altro per diffusione a causa della differenza di pressione tra due diversi punti. La PO2 dell’ossigeno gassoso presente nell’alveolo ha un valore medio di 104 mmHg, mentre la PO2 del sangue venoso ha un valore medio di 40 mmHg. La differenza di pressione che permette all’ossigeno di diffondere all’interno dei capillari polmonari è pari a 104-40 cioè 64 mmHg.

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Esiste un margine di sicurezza per la diffusione di ossigeno nel sangue che risulta evidente soprattutto durante un esercizio fisico intenso. In questo caso la capacita di diffusione dell’ossigeno aumenta di almeno tre volte durante l’attività muscolare, questo è dovuto all’aumento dell’area di superficie dei capillari e all’instaurarsi di un rapporto ventilazione-perfusione più vicino a quello ideale nelle parti alte del polmone. Circa il 98% del sangue che entra nell’atrio sinistro provenendo dal circolo polmonare è stato ossigenato ed ha una PO2 di 104 mmHg. Il 2% irrora le strutture polmonari e rientra nelle vene polmonari mescolandosi al sangue ossigenato. Quando il sangue proveniente dall’aorta per il circolo bronchiale lascia queste strutture la sua PO2 è di 40 mmHg. Questo causa un abbassamento della PO2 pompata dal ventricolo sinistro nell’aorta e porta la PO2 ad un valore di 95 mmHg. Quando il sangue arterioso raggiunge i tessuti la PO2 nei capillari è ancora di 95 mmHg mentre quella presente nei liquidi interstiziali ha un valore di 40 mmHg. Questa differenza di pressione causa il rilascio di ossigeno nel tessuto. Le cellule consumano ossigeno ininterrottamente e la PO2 cellulare rimane sempre più bassa di quella nei capillari. La normale PO2 può variare tra il limite inferiore di 5 mmHg e quello superiore di 40 mmHg con un valore intermedio di 23 mmHg. Per sopperire alle esigenze metaboliche, una cellula necessita di soli 1-3 mmHg. L’utilizzo dell’ossigeno da parte delle cellule comporta la produzione di CO2. Questo aumenta la PCO2 intracellulare e la CO2 diffonde dai tessuti ai capillari tessutali dove viene trasportata da sangue ai polmoni per diffondere infine agli spazi alveolari. L’anidride carbonica può diffondere con una velocità 20 volte maggiore di quella dell’ossigeno.

PCO2 intracellulare è di 46 mmHg PCO2 interstiziale è di 45 mmHg PCO2 del sangue arterioso che arriva ai tessuti è di 40 mmHg PCO2 del sangue venoso che lascia i tessuti è di 45 mmHg PCO2 nell’aria alveolare è di 40 mmHg

Una differenza di solo 5 mmHg permette la diffusione di CO2 dai capillari agli alveoli. Un aumento dell’attività metabolica nei tessuti causa un incremento di PCO2 a qualunque livello di flusso ematico. Diminuzione al contrario dell’attività metabolica causa una drastica diminuzione della PCO2 IL TRASPORTO DI O2 NEL SANGUE Il 97% dell’O2 trasportato dai polmoni ai tessuti si trova legato chimicamente con l’emoglobina presente nei globuli rossi. Il restante 3% si trova sotto forma di gas disciolto in fase acquosa nel plasma. Con l’aumento della PO2 ematica, aumenta anche la percentuale di emoglobina che si combina con l’ossigeno e questa viene detta percentuale di saturazione dell’emoglobina. La normale saturazione dell’ossigeno nel sangue arterioso è pari a circa 97%. Un soggetto normale possiede nel sangue circa 15 grammi di emoglobina in 100 ml e ogni grammo di emoglobina può combinarsi con un massimo di 1,34 ml di ossigeno. Mediamente l’emoglobina contenuta in 100 ml di sangue può combinarsi con 20 ml di ossigeno. In condizioni normali circa 5 ml di ossigeno vengono trasportati ai tessuti per ogni 100 ml di sangue. La percentuale del sangue che passando lungo i capillari cede il suo ossigeno ai tessuti è chiamata coefficiente di utilizzazione. In condizioni normali è pari al 25%. L’emoglobina svolge una funzione essenziale comportandosi come sistema tampone dell’ossigeno.. Essa è il principale fattore responsabile del controllo della pressione dell’ossigeno nei tessuti. L’emoglobina svolge un ruolo importante nel mantenere la PO2 tessutale costante nonostante ci siano profondi cambiamenti della concentrazione atmosferica di ossigeno. Cambiamenti che possono risultare evidenti in ambienti pressurizzati o ad alte quote.

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Vi sono dei fattori che determinano uno spostamento della curva di dissociazione dell’emoglobina e sono importanti nel trasporto dell’ossigeno.

1- aumento di anidride carbonica e ioni idrogeno effetto Bohr A seguito del cambiamento di concentrazione di anidride carbonica e ioni idrogeno si ha un effetto positivo sull’ossigenazione poiche favorisce la cessione di ossigeno dal sangue ai tessuti. La riduzione a livello alveolare della PCO2 ematica causa riduzione di acido carbonico e la quantità di O2 che si combina con l’emoglobina è maggiore.

2- Effetto del DGP (2,3-difosfoglicerato) In condizioni di ipossia aumenta la quantità di DGP plasmatico. Questo causa un rilascio di ossigeno ai tessuti ad una pressione che può essere fino a 10 mmHg più elevata di quella in condizioni normali.

3- aumento della temperatura corporea I muscoli in attività producono cospicua quantità di CO2. La temperatura può aumentare di 2 o 3 gradi centigradi e causare un effetto sulla cessione di ossigeno ai tessuti con un incremento di 15 mmHg della PO2.

Per le normali reazioni chimiche della cellula è sufficiente anche una piccola pressione parziale di ossigeno. I sistemi enzimatici sono organizzati in modo che quando la PO2 della cellula è superiore a 1 mmHg, la disponibilità di ossigeno non è più il fattore limitante. Fattore limitante è invece la concentrazione di ADP. Un aumento di ADP determina l’utilizzo di ossigeno e vari nutrienti che si combinano con ossigeno con effetto finale di un aumento dell’energia prodotta. Questa energia viene usata per riconvertire ADP in ATP. A volte le cellule possono trovarsi ad una distanza maggiore di 50 mm, e la diffusione di ossigeno a queste cellule è cosi bassa che la PO2 intracellulare scende sotto il livello critico di un mmHg. TRASPORTO DI ANIDRIDE CARBONICA NEL SANGUE L’anidride carbonica può essere trasportata in quantità molto più cospicue dal sangue che non l’ossigeno. La quantità di CO2 nel sangue svolge un importante ruolo nel mantenimento dell’equilibrio acido-base dei liquidi corporei. Nelle normali condizioni di riposo, per ogni 100 ml di sangue vengono trasportati in media dai tessuti ai polmoni 4 ml di CO2. Una piccola frazione di CO2 viene trasportata ai polmoni sotto forma di gas disciolto in soluzione ed è pari a 2,7 ml per 100 ml. L’anidride carbonica disciolta nel sangue reagisce con l’acqua per formare HCO3

-. Nei globuli rossi è presente l’enzima anidrasi carbonica che catalizza la reazione tra H2O e CO2. Questo permette a grandi quantità di anidride carbonica di reagire con H2O contenuta nei globuli rossi prima ancora che il sangue abbia lasciato i capillari tessutali. In meno di un secondo, l’acido carbonico formatosi nei globuli rossi si dissocia in ioni idrogeno e ioni bicarbonato. Molti degli ioni idrogeno si combinano con l’emoglobina nei globuli rossi. Molti degli ioni bicarbonato diffondono dai globuli rossi al plasma e ioni cloro li sostituiscono nei globuli rossi. Il contenuto di ioni cloro negli eritrociti del sangue venoso è maggiore di quello nei globuli rossi del sangue arterioso. Il legame di CO2 con H2O grazie all’anidrasi carbonica è responsabile del trasporto del 70 % di CO2. Oltre a combinarsi con H2O, la CO2 si combina anche con radicali amminici delle molecole di Hg per formare la carbaminoemoglobina. Una piccola quantità di CO2 reagisce anche con le proteine plasmatiche. L’anidride carbonica si può trovare nel sangue in molte forme:

- gas libero in soluzione - combinato con H2O - combinato con proteine - combinato con residui amminici

La quantità totale dipende comunque solo dalla PCO2.

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L’aumento della CO2 nel sangue provoca un distacco dell’ossigeno dall’emoglobina e questo è un importante fattore che facilita il passaggio dell’ossigeno nei tessuti. A sua volta il legame dell’ossigeno tende ad eliminare anidride carbonica dal sangue. Questo è noto come effetto Haldane:

legame O2 rende nei polmoni Hg più acida Hg più acida tende di meno a combinarsi con l’anidride carbonica per formare

carbaminoemoglobina. l’aumento dell’acidità causa il rilascio da parte dell’emoglobina di ioni idrogeno che si

combinano con gli ioni bicarbonato del plasma per dare acido carbonico. Questo si dissocia dando H2O e CO2 negli alveoli.

L’acido carbonica che si forma quando la CO2 entra nei capillari dei tessuti fa diminuire il ph del sangue. Il Ph normale del sangue arterioso ha un valore di 7,41. Quoziente respiratorio Il normale trasporto di ossigeno per ogni 100 ml di sangue è di 5 ml, mentre il trasporto di CO2 è di 4 ml. Il rapporto tra la quantità di CO2 eliminata e la quantità di O2 assunta e detto Q LA REGOLAZIONE DELLA RESPIRAZIONE Il sistema nervoso regola autonomamente la ventilazione a seconda delle esigenze metaboliche dell’organismo. Il centro respiratorio controlla tutte le attività respiratorie. E’ costituito da vari gruppi neuronali situati nel bulbo e nel ponte encefalico. Distinguiamo tre raggruppamenti:

1- gruppo respiratorio dorsale: nella parte dorsale del bulbo con funzione inspiratoria 2- gruppo respiratorio ventrale: nella parte centrolaterale del bulbo con funzione sia

inspiratoria che espiratoria 3- centro pneumotassico: dorsalmente nella porzione superiore del ponte che controlla la

frequenza e le fasi respiratorie. Il gruppo respiratorio dorsale I neuroni si estendono per quasi l’intera lunghezza del bulbo, nell’ambito del tratto solitario. Il ritmo basale del respiro ha origine nei neuroni del gruppo respiratorio dorsale. Questo gruppo di neuroni emette scariche ripetitive inspiratorie di potenziali d’azione. Il segnale che viene trasmesso da questi neuroni ai muscoli inspiratori primari come il diaframma, non è costituito da una scarica istantanea. E’ un segnale che all’inizio è molto debole e che seguentemente aumenta progressivamente di intensità terminando poi bruscamente determinando la soppressione dei segnali eccitatori al diaframma, e il ritorno elastico della parete toracica e dei polmoni causando l’espirazione. Il segnale inspiratorio per questa sua caratteristica viene chiamato segnale a rampa ed ha il vantaggio di provocare un regolare progressivo aumento del volume dei polmoni nell’inspirazione. La regolazione avviene:

- regolazione velocità di incremento del segnale - controllo del punto limite in cui il segnale a rampa cessa

Il centro pneumotassico Si trova dorsalmente nella parte superiore del ponte nel nucleo parabrachiale ed invia impulsi all’area inspiratoria. Il suo effetto primario è la regolazione del punto di interruzione del segnale inspiratorio a rampa e quindi della durata della fase di espansione polmonare. La funzione del centro pneumotassico è fondamentalmente quella di limitare la durata dell’inspirazione e di conseguenza aumentare la frequenza. Una intensa attività del centro può far salire la frequenza a 30-40 atti respiratori al minuto.

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Gruppo respiratorio ventrale I neuroni di questo gruppo si trovano nel nucleo ambiguo rostralmente e nel nucleo retro-ambiguo caudalmente.

i neuroni restano inattivi durante la normale respirazione se la ventilazione sale al di sopra del normale questi gruppi vengono attivati

Alcuni neuroni del gruppo ventrale provocano inspirazione mentre altri espirazione. Il loro ruolo è specialmente importante nell’inviare potenti segnali espiratori ai muscoli addominali durante l’espirazione. Centro apneustico Si trova nella porzione più caudale del ponte. Da questo centro partono segnali diretti ai neuroni del gruppo respiratorio dorsale che impediscono o ritardano l’interruzione del segnale a rampa. Il riflesso di Hering-Breuer è originato nei polmoni ad opera di recettori da stiramento che quando distesi inviano tramite i nervi vaghi segnali al gruppo respiratorio dorsale.- La loro attivazione provoca l’interruzione del segnale a rampa bloccando il protrarsi dell’inspirazione. Anche questo riflesso aumenta la frequenza respiratoria. Nell’uomo il riflesso di Hering-Breuer si attiva quando il volume corrente aumenta oltre i 1,5 litri. REGOLAZIONE CHIMICA DELLA RESPIRAZIONE Con la respirazione si mantengono appropriate concentrazioni di O2, CO2 e H+ nei tessuti. L’apparato respiratorio è sensibile a variazioni di queste sostanze. CO2 e H+ stimolano direttamente il centro respiratorio mentre O2 ha effetto diretto sui chemocettori periferici dei glomi carotidei ed aortici. Nel centro respiratorio esiste un area neuronale chemocettrice che si trova bilateralmente al di sotto della superficie ventrale del bulbo ed è molto sensibile alle variazioni della concentrazione di CO2 e H+ nel sangue. I neuroni dell’area chemocettrice sono eccitati in special modo dagli idrogenioni. Questi pero non attraversano con facilita la barriera emato-encefalica ne quella emato-liquorale. Le variazioni di idrogenioni nel sangue hanno quindi effetto minore di quello prodotto dalla CO2. L’anidride carbonica ha un potente effetto stimolatorio secondario. Essa passa attraverso entrambe le barriere emato-encefalica ed emato-liquorale ed ogni volta che la concentrazione di CO2 nel sangue aumenta, sale anche la PCO2 del liquido interstiziale del bulbo e del liquido cerebrospinale. In seguito la CO2 reagisce con l’acqua tessutale a formare acido carbonico che si dissocia in HCO3

- e H+. L’eccitazione da parte di CO2 del centro respiratorio è molto intensa nella prime ore per poi gradualmente diminuire nei successivi 1-2 giorni. In parte questa diminuzione è dovuta alla funzione renale che riporta verso il livello normale la concentrazione degli ioni idrogeno. I reni aumentano i bicarbonati del sangue combinandosi con gli idrogenioni riducendone la concentrazione. Gli HCO3

- attraversano la barriera emato-encefalica ed emato-liquorale fino a giungere in prossimità dei neuroni respiratori riducendo la concentrazione di H+ nell’ambiente intorno ad essi. IL SISTEMA DEI CHEMOCETTORI Situati in periferia sono dei recettori nervosi al di fuori del SNC e svolgono un ruolo importante per segnalare variazioni di concentrazione di O2 nel sangue. La maggior parte dei essi si trova nei corpi carotidei, bilateralmente alla biforcazione delle arterie carotidi comuni. Le loro fibre afferenti decorrono lungo i nervi di Hering e poi nei nervi glossofaringei per raggiungere l’area respiratoria dorsale del bulbo.

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Altri chemocettori si trovano nei corpi aortici, sull’arco dell’aorta e le loro fibre afferenti raggiungono l’area respiratoria dorsale con i nervi vaghi. Ciascuno di questi corpi chemocettoriali riceve uno speciale apporto di sangue da una piccola arteria nutritizia. Questo fa si che i chemocettori siano continuamente esposti a sangue arterioso ma mai a sangue venoso. La variazione della concentrazione di ossigeno provoca forti variazioni della trasmissione degli impulsi al centro respiratorio. Per quanto riguarda le variazioni di CO2 o H+, la stimolazione periferica è 5 volte più veloce della stimolazione centrale. L’effetto della diminuzione della PO2 arteriosa può stimolare in maniera intensa la ventilazione alveolare nonostante rimangano costanti le concentrazioni di CO2 e H+. Quando si sale in quota lentamente impiegando giorni, si possono tollerare concentrazioni di ossigeno atmosferico molto più basse che non quando l’ascensione venga fatta rapidamente. E’ questo il fenomeno dell’acclimatazione. Il centro respiratorio nel giro di 2-3 giorni perde sensibilità alle variazioni della PCO2. La riduzione della PCO2 che dovrebbe inibire la respirazione perde efficacia e la bassa concentrazione di O2 stimola la ventilazione alveolare. Un esposizione acuta a bassi livelli aumenta la ventilazione del 70 %, un esposizione graduale arriva invece ad aumentare del 400% la ventilazione alveolare. A seguito dell’aumento dell’attività muscolare, aumenta anche il consumo di O2 e la produzione di CO2. La ventilazione alveolare aumenta quasi esattamente con il metabolismo, per mantenere un livello basale. I fattori che inducono una modificazione e aumento della ventilazione sono:

impulsi trasmessi simultaneamente all’inizio dell’attività fisica al tronco encefalico per stimolare il centro respiratorio i movimenti del corpo fanno aumentare la ventilazione polmonare a seguito dell’eccitazione

di propriocettori articolari e muscolari L’aumento della ventilazione comincia a verificarsi prima dell’inizio dell’attività fisica, probabilmente a causa di impulsi eccitatori provenienti dai centri cerebrali superiori e da riflessi propriocettivi stimolatori. In alcuni casi i segnali nervosi sono troppo deboli o troppo forti nella loro azione stimolante, i fattori chimici assumono allora un ruolo importante negli aggiustamenti della respirazione per mantenere le concentrazioni di CO2 e di H+. Si ritiene che il controllo neurogena della respirazione sia una risposta appresa dall’encefalo che con il ripetersi dell’attività fisica, acquisisce progressivamente una maggiore capacita di fornire segnali adeguati.