Dicembre 2008

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ASSOCIAZIONE ITALIANA CONTRO LE LEUCEMIE - ONLUS SEZIONE PROVINCIALE DI TREVISO Periodico semestrale dell’AIL Treviso - Anno XV - n.2 (Dicembre 2008) Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB TV In caso di mancato recapito restituire all’ufficio di Treviso CPO detentore del conto, per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa AIL 08G2414 10-10-2008 15:59 Pagina 1

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Rivista dell'AIL sezione Provinciale di Treviso

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ASSOCIAZIONE ITALIANA CONTRO LE LEUCEMIE - ONLUSSEZIONE PROVINCIALE DI TREVISO

Periodico semestrale dell’AIL Treviso - Anno XV - n.2 (Dicembre 2008)Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale

D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB TVIn caso di mancato recapito restituire all’ufficio di Treviso CPO detentore del conto, per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa

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Sommario

AIL NOTIZIE - Periodico dell’Associazione Italiana contro le Leucemie ONLUS - Sezione Provinciale di Treviso (Iscritto al n. 923 del registro

stampa del Tribunale di Treviso il 4 febbraio 1994). Presidente Mariotto Pelos Teresa - sede operativa: via Zoppè, 37 - 31020 S. Fior (TV)

Tel. e Fax 0438/777415 - per la corrispondenza AIL Associazione Italiana contro le Leucemie ONLUS - C.P. 45 - S. Fior (TV) - Direttore responsabile Giovanni

Dan - Redazione e impaginazione a cura di Gianfranco Dal Mas - Stampa: GRAFICHE V. BERNARDI s.r.l. - Pieve di Soligo (Tv)

Per eventuali donazioni a favore dell’AIL Treviso:

CCP n° 13278312 Bonifico: BANCA DELLA MARCA CREDITO COOPERATIVO IBAN IT 07 V 07084 61880 T20990040050

www.ailtreviso.it [email protected] [email protected]

In copertina “AIL Natale 2008”, la nostra Associazione nella fantasia di Manuela Venerandi.

Teresa Pelos trevigiana dell’anno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

Quando la speranza nasce da un scommessa fatta nel buio (M. Gottardi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

AIL Treviso e ULSS 9 insieme per l’assistenza domiciliare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

Gli amici dell’AIL . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

Il volontariato fa bene al cuore (Una volontaria AIL) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

Le nuove speranze dell’AIL . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

Filo diretto con il medico

Il farmaco: dalla ricerca alla cura (P. Bonvini) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

L’ impatto psico-sociale dell’assistenza sui familiari di pazienti oncologici (A. Tammaro) . . . . . . . . . 19

Il trapianto di cellule staminali periferiche nella malattie autoimmuni (P. Stefani) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

AIL Treviso e ULSS 9 insieme per la ricerca: tre progetti per non dimenticare (T. Pelos) . . . . . . . . . . . 21

Ricordiamo i nostri amici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22

Il racconto. Una vita sotto il campanile (A. Da Dalt) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

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Teresa Pelos “TREVIGIANA DELL’ANNO”

Sono più di 23 anni ormai che Teresa Pelos è accantoa quanti sono colpiti dalla leucemia e da altre malattiemaligne. Se, partita dal nulla, l’AIL Treviso è diventatauna grande associazione, lo si deve a questa piccola-grande donna, che ha saputo coinvolgere in questoprogetto tanti amici. Il segreto di tanto successo stanel fascino esercitato dalla sua capacità di donare, lagrande attenzione ai malati e alle loro famiglie, ilcoraggio e la sicurezza con cui scende in campo e simuove nel dedalo delle difficoltà, la disponibilità chenon conosce limiti.Dopo averlo fortemente voluto, è riuscita a realizzareil suo grande sogno: la Divisione di Ematologia ed unDay-Hospital per la cura delle patologie onco-emato-logiche presso l’Ospedale Ca’ Foncello di Treviso. Atali strutture sono collegati un modernissimo labora-torio di Citogenetica ed uno di Biologia Molecolare,anche questi interamente finanziati dall’AIL Treviso.Ma l’AIL Treviso è fondamentalmente colei che allaassociazione dedica 24 ore al giorno, 7 giorni la setti-mana. Instancabile, perché ogni cerimonia di inaugura-zione di una nuova struttura è per lei l’occasione perparlare del prossimo progetto. Ed il nuovo progetto(ambizioso come sempre) sarà la realizzazione di unanuova Casa AIL nei pressi dell’ospedale Ca’ Foncello

per malati e familiari. Per questo ha coinvolto ancorauna volta la nazionale Cantanti che gareggerà a breveallo stadio “Tenni” di Treviso contro la NazionalePiloti.Sempre in silenzio e senza clamori. Ma la sua attività laporta, inevitabilmente, spesso alla ribalta. Così, nono-stante il suo carattere schivo, la vediamo sempre più difrequente accanto a vip e personaggi dello spettacolo,nelle manifestazioni il cui ricavato va alla suaAssociazione, a parlare dell’impegno e delle finalitàdell’AIL. Il 7 aprile 2003, in una cerimonia al Quirinale,il Presidente Ciampi le ha conferito la medaglia d’oroper il suo impegno nella Sanità ed il 2 giugno ha rice-vuto il distintivo di Commendatore della RepubblicaItaliana. Nel maggio 2006 ha poi ricevuto il premio“donna dell’anno” da parte del CIF (Comitato ItalianoFemminile).Il recente riconoscimento “donna dell’anno dellaProvincia di Treviso”, ci ha fatto piacere, significa cheTeresa è conosciuta anche fuori dai corridoidell’Ematologia. Il resto, noi che la conosciamo, ci halasciato nella più totale indifferenza.Ringraziamo Rete Veneta e Corriere del Veneto: la loroiniziativa ha contribuito al dare visibilità alla nostraAssociazione.

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Un referendum lanciato dal quotidianoCorriere del Veneto e dal canale televisivoRete Veneta ha eletto la nostra presidentepersonaggio femminile simbolo del 2007-2008. Attraverso migliaia di voti via e-mail esms, lettori e telespettatori hanno ricordatoed apprezzato il suo impegno nel volonta-riato. La cerimonia di premiazione è stataper la signora Teresa l’occasione per riper-correre la storia della nostra Associazione eper fare il punto sul volontariato nella nostraProvincia. La presidente dell’AIL ha dedica-to il riconoscimento a tutte le mamme che,come lei, hanno perso un figlio.

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L’AIL E LA RICERCA…Ovvero quando la speranza nasce dauna scommessa fatta nel buio

progetti di ricerca che coinvolgono le unità di Ematologia,Anatomia Patologica ed il centro Immunotrasfusionaledell’Ospedale Ca’ Foncello di Treviso. Senza entrare in det-tagli che interessano i tecnici del mestiere, il primo progettosi propone di approfondire alcuni meccanismi che determi-nano la trasformazione di una cellula midollare sana in unacellula leucemica, il secondo di approfondire le caratteristi-che di geni interessati nella sensibilità o resistenza ai farma-ci chemioterapici nei linfomi cerebrali, l’ultimo progetto si

propone di sviluppare tecniche peruna migliore “pulizia” delle cellulestaminali raccolte da un pazienteche deve sottoporsi all’autotra-pianto di midollo.Alcune considerazioni conclusive.Nell’ambito della ricerca i fallimen-ti sono più numerosi dei successi.L’esplorazione della natura, nei suoifenomeni fisiologici o patologici, èinfatti una sfida priva di garanziaalcuna. A differenza di quanto sipossa credere, o si voglia talora farcredere dagli stessi medici o ricer-catori, le scoper te scientifiche,anche quelle di maggior rilievo,necessitano spesso di moltotempo prima di tradursi in nuovistrumenti terapeutici (e molteterapie oggi considerate innovativefondano le loro radici su ricerche

di molti anni precedenti). Gli studi che inizieremo a Trevisorappresenteranno un piccolo contributo, pur ambizioso, adun enorme lavoro che istituzioni anche molto più prestigio-se della nostra svolgono da anni.Non sembrino queste considerazioni pessimistiche. Servonopiuttosto a sottolineare il grande valore morale della ricer-ca, che ci ricorda una grande verità.Le grandi conquiste, di un uomo o di una comunità, nasco-no da una scommessa fatta nel buio. Chi non accetta que-sta regola, non si occupi di ricerca ed investa i suoi denarialtrove.

DDootttt MMiicchheellee GGoottttaarrddii

EEmmaattoollooggiiaa ddii TTrreevviissoo

L’Associazione Italiana contro le Leucemie-Linfomi eMieloma (AIL), sezione di Treviso, è diventata negli anni un“caso di interesse nazionale” per il grande numero di inizia-tive finanziate e realizzate. Nata e cresciuta per volontà delsuo presidente,Teresa Pelos, è oggi un punto di riferimentoper chiunque si trovi a combattere malattie onco-ematolo-giche. L’obiettivo che guida l’associazione, a livello nazionale,è aiutare i malati ed i loro familiari durante la malattia. Ciòche distingue la sezione di Treviso è la capacità di osservareil “mondo” dei pazienti da ogniangolatura. Questo rende ragionedell’ampio spettro di attività cui sidedica: donazione di ingenti finan-ziamenti per la realizzazione distrutture sanitarie all’avanguardia(reparti di degenza, laboratori),contributo alla formazione profes-sionale di medici e biologi attraver-so l’erogazione di borse di studio,istituzione di un programma diassistenza domiciliare, offerta diospitalità in casa AIL a pazienti efamiliari, aiuto economico a fami-glie in difficoltà, assistenza socialeper pratiche burocratiche, fino adoccuparsi di aspetti apparente-mente non essenziali quali la realiz-zazione di un punto di ristoro per ipazienti che in Day Hospital ese-guono prelievi ematici a digiuno oaddirittura la donazione di televisori al plasma nelle stanze didegenza del reparto ospedaliero. Molti di questi interventirealizzano la cosiddetta “umanizzazione” della sanità di cuispesso gli utenti sentono la carenza.Ma AIL Treviso non si dedica solo all’assistenza dei pazienti.Essa infatti affronta a viso aperto le malattie ematologiche.In che modo? Erogando fondi per la ricerca, clinica o di labo-ratorio, con lo scopo di chiarire i meccanismi che stanno allabase dell’insorgenza delle patologie, di sviluppare nuoveterapie o utilizzare in modo migliore quelle già esistenti.Questa attività rimane più nascosta, più “lontana” dai malati,ma è l’unica vera speranza per aumentare il numero delleguarigioni. In questo ambito è nata la recente iniziativa AILTreviso di erogare fondi (400.000 euro) per sostenere tre

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CURE DOMICILIARIIN EMATOLOGIA:

una sfida del terzo millennio

L’assistenza domiciliare in Ematologia ha una lunga e prestigio-sa storia. In Italia nasce dall’intuizione di due autorevoli ema-tologi romani il prof. Giuseppe Papa e il prof. Franco Mandelliche nei primi anni ‘90 istituirono due servizi di cure domicilia-ri, di cui uno con sede presso l’Ospedale S. Eugenio e unopresso il Policlinico Umberto I. Anche all’estero, in particolarein Svezia, Australia, USA, sono attivi programmi di assistenzadomiciliare, anche se spesso la fruizione del servizio da partedel paziente non è gratuita. L’efficacia e la fecondità di taleproposta assistenziale sono evidenti considerando quale disa-bilità fisica e psicologica possono causare una malattia emato-logica e i trattamenti volti a curarla. Nonostante gli incorag-gianti risultati della ricerca, alcune patologie sono ancora gra-vate da un enorme carico di sofferenza sia per il paziente cheper la sua famiglia; la malattia non altera soltanto la condizio-ne fisica del malato, ma comporta anche un importante stresspsichico e porta spesso all’isolamento sociale del paziente edella sua famiglia. L’assistenza domiciliare rappresenta unaforma innovativa di assistenza perché si fa carico di tutti i biso-gni del malato considerandolo nella sua dimensione globalecon i relativi legami familiari, amicali, sociali. Di tale forma diassistenza possono beneficiare non solo pazienti con patolo-gie in fase avanzata, con scarse probabilità di guarigione, maanche malati cronici non autosufficienti, o pazienti con possi-bilità di cura e guarigione, reduci da terapie intensive come iltrapianto di cellule staminali.Nell’agosto 2007 è stata concretamente attivata a Treviso l’as-sistenza domiciliare per i pazienti affetti da patologie emato-logiche. Il progetto che è stato fortemente voluto e sostenu-to dalla presidente dell’AIL Treviso,Teresa Pelos, è realizzato incollaborazione con il Centro Immunotrasfusionale, Medici diMedina Generale, i Distretti della USLL 9 e Medicasa S.P.A.L’equipe della U.O. di Ematologia dell’Ospedale Ca’ Foncelloche si occupa dell’Assistenza Domiciliare Ematologica è com-posta da un medico specialista, un medico specializzando, uninfermiere professionale (dal maggio u.s.), una psicologa eduna assistente sociale. Dall’agosto 2007 ad oggi sono stati assi-stiti 23 pazienti, con un età mediana di 75 anni. La maggior

AAIILL TTrreevviissoo ee UULLSSSS 99 iinnssiieemmee ppeerr ll’’aassssiisstteennzzaa ddoommiicciilliiaarreeddeell ppaazziieennttee aaffffeettttoo ddaa PPaattoollooggiiaa EEmmaattoollooggiiaaBILANCIO DEL PRIMO ANNO DI ATTIVITÀ E LE PROSPETTIVE FUTURE

parte dei pazienti è affetta da sindrome mielodisplastica, masono stati assistiti anche pazienti con leucemie acute mieloidie linfoblastiche, linfomi non Hodgkin, sindromi mieloprolifera-tive croniche e mieloma multiplo. A domicilio sono state tra-sfuse più di 120 unità di emazie concentrate, 24 aferesi pia-striniche, oltre che somministrate varie terapie infusive(Bisfosfonati, Idratazione, Steroide).Tali risultati del tutto preli-minari sono comunque promettenti, soprattutto in virtù delrecente apporto in termini di professionalità ed esperienza diun infermiere, intermante dedicato al progetto. Dobbiamosottolineare come l’Assistenza Domiciliare Ematologica siainteramente finanziata da AIL di Treviso che fornisce la coper-tura economica per i contratti di tutti gli operatori sanitarimedici e paramedici coinvolti nel progetto. Dal punto di vistaprofessionale ed umano questo primo anno di assistenzadomiciliare ci ha insegnato molto; entrare nella casa di unpaziente ci ha permesso di capire concretamente la realtàdella malattia, toccare con mano il disagio, la paura, le difficol-tà della vita quotidiana. Allo stesso tempo ci ha restituito ladimensione umana dei nostri pazienti, persone con una storiafamiliare, dei legami affettivi, dei sentimenti e dei valori di cuiogni giorno si armano per affrontare la malattia. Purtroppoqueste componenti non riescono ad emergere in Ospedaledove il paziente troppo spesso non è visto come un uomo ouna donna ma come una malattia da curare e dove la fretta ela confusione possono impedirci di avere un dialogo.Nel futuro ci proponiamo sia di incrementare l’attivitàdell’Assistenza Domiciliare in termini di numerosità dellapopolazione assistita, che di valutare qual è il livello di soddi-sfazione del servizio portato al paziente. Stiamo inoltre strin-gendo collaborazioni con altri Centri Ematologici che sioccupano di Assistenza Domiciliare, per tenere sempreaggiornato e ricco di nuove iniziative il nostro progetto. Inquest’ottica si inserirà la nostra partecipazione al congresso“Cure Domiciliari in Ematologia: una sfida del TerzoMillennio” che si terrà a Roma il 21 novembre 2008.

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Da sinistra: dott.ssa Stefania Cavallin, dott.ssa Elisabetta Calistri(responsabile del progetto), Pietro De Santis, dott.ssa Marta Bellè

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GLI AMICI DELL’AIL

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Il 20 dicembre 2007 l’assessore provinciale alla Formazione Professionale,Denis Farnea, e gli allievi dei corsi “acconciatura” ed “estetica” del Centrodi Formazione Professionale della Provincia di Treviso, hanno consegnatoalla signora Teresa Pelos, presidente dell’AIL, il contributo ricavato dalleofferte donate dalle modelle che usufruiscono dei servizi di benessere per-sonale offerti dalla scuola, durante le simulazione di esperienze lavorativeche consentono agli allievi di acquisire delle competenze tecnico-praticheed imparare come rapportarsi direttamente con il cliente.Gli allievi del Centro di Formazione Professionale della Provincia hannoattivamente partecipato all’iniziativa, decidendo di destinare anche per il2008 il ricavato all’attività benefica della nostra Associazione. L’AIL ringrazia.

Quando tra le attività didattichenasce la cultura della sensibilità

Una bella serata con Giancarlo

GLI AMICI DELL’AIL

Il giorno 8 febbraio, presso il ristorante “Perché” di Roncade,ha avuto luogo una cena a favore della nostra associazione.Organizzatore della serata è stato Giancarlo, ex paziente delReparto di Ematologia di Treviso, insieme alla sua famiglia, inparticolare alla moglie Pilar. Il bel locale dall’architetturamoderna è stato gradevolmente allestito per l’occasione. Laserata si è aperta con un sentito discorso di Giancarlo che,commosso ma sicuro, ha voluto ringraziare tutte le personeche gli sono state vicine nei momenti più dolorosi, durante iquali solo lui può sapere veramente cosa abbia sentito nelsuo cuore. Prima fra tutti Giancarlo ha citato la nostra presi-dente, la signora Teresa Pelos, descritta come una donna chededica tutte le sue energie per cercare di alleviare la soffe-renza nella malattia; ha poi nominato i medici dell’Ematologiaed in particolare il dottor Piero Maria Stefani, che in occasio-ni particolarmente critiche è riuscito a sollecitare tenacia eforza. Infine ha ringraziato tutti i presenti, parenti e amici, igestori del locale “Perché”, chi ha fornito i vini e il pasticcereche ha preparato il dolce. Alla cena è seguita l’esibizione delcantautore Giorgio Barbarotta, accompagnato al piano daGiacomo Li Volsi. Il successo della serata è stato garantitodalla partecipata adesione: più di 200 persone hanno volutoessere presenti, per dimostrare a Giancarlo il loro affetto.Giancarlo prova una profonda gratitudine per tutto il perso-nale dell’Ematologia: medici, infermieri, operatori, psicologa,volontari e con questa serata ha desiderato restituire del

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bene, quel bene che ha sentito ricevere con generosità nelmomento del bisogno. Fornire una cura umana alla personavuol dire dare la possibilità di avere le condizioni migliori peraffrontare la sofferenza. Questo sentimento di gratitudinerende il nostro amico Giancarlo desideroso di restituireall’AIL ciò che gli è stato a suo tempo dato. E questo suo sen-tirsi riconoscente e volenteroso di dare fa di Giancarlo unapersona sensibile, forte e generosa.Quindi vogliamo dire Grazie a te Giancarlo!

Marta Bellè

Come da prassi il taglio della torta èaffidato alla nostra presidente, conpasticcere, dottor Stefani e figlia.

La psicologa Marta Bellè, Giancarlo Pasquini con lamoglie Pilar, il dottor Stefani e la mamma di Giancarlo

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GLI AMICI DELL’AIL

Sabato 1 marzo 2008 il Gruppo Sportivo “Biano Azzuro” haospitato presso i suoi impianti la Compagnia Teatrale

Si sono disputate sabato 30 giugno le gare di finale del tor-neo dei Bar in notturna “Memorial Michele Toffoli, GiuseppeSalmasi, Manlio Padovan, con la vittoria della Pizzeria Flora,che ha battuto ai calci di rigore il Bar “al Portego” con il pun-teggio di 6 a 4.Come negli anni precedenti le quattro serate hanno regi-strato un notevole afflusso di pubblico. Ringraziamo gli orga-nizzatori che ogni anno, nel ricordo degli amici che non ci

“Tentativo” di San Pelaio di Treviso per una serata a favoredell’AIL. Gli attori si sono esibiti nella commedia “Il malatoimmaginario” di Molière. Con stupore da parte degli orga-nizzatori la sala si è riempita velocemente. Presentazionedella Compagnia, discorso di Serena (volontaria dell’AIL )che ha motivato lo spirito della serata e saluto della poetes-sa Renata Alberti. Quindi la commedia, che fin dall’inizio haprovocato ilarità ed applausi a scena aperta. Al terminedello spettacolo le volontarie AIL e quelli del GruppoSportivo hanno allestito una bella tavolata imbandita di dolcifatti in casa, buon vino, bibite e caffé a volontà. La bella sera-ta è stata l’occasione per raccogliere una bella somma dadevolvere all’AIL e di questo i partecipanti devono essereorgogliosi dal momento che Navolè è un paese piccolo.Grazie di cuore alla generosità del simpaticissimi attori del“Tentativo”, al Gruppo Sportivo “Biano Azzuro”, alle volon-tari dell’AIL e a tutti coloro che hanno partecipato alla bellaserata.

Gabriella

La Compagnia Teatrale “Tentativo”

A Navolè di Gorgo al Monticano sportivi e commedianti per l’AIL

sono più, fanno sentire in maniera tangibile l’attaccamentoalla nostra associazione.

Calci di solidarietà aZenzon Di Piave

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GLI AMICI DELL’AIL

Fine settimana a casa TashiDi Casa Tashi, casa soggiorno per pazienti e fami-liari sita a Lamosano, un paese dell’Alpago, avevosentito parlare alcune volte la signora Teresa, perònon avevo mai avuto l’occasione di andarci nono-stante avessi capito che il posto e la strutturadovessero essere molto accoglienti.A luglio, per uncaso fortuito, ci andai con alcune compagne e lasignora Teresa e rimanemmo a Casa Tashi per tuttoil giorno. Subito mi resi conto quanto amore, lavo-ro, tempo e fatica, la signora Teresa ed il maritoBenito avessero dedicato a questa struttura perrenderla accogliente, comoda e confortevole per ipazienti. Attraverso le grandi finestre che tuttointorno fanno da cornice alle stanze si possonoammirare bei paesaggi con tanto verde e respirarearia pura. In una bella terrazza, molto spaziosa,sono stati posizionati ombrelloni, tavolini e griglieper poter pranzare all’aperto. La sala da pranzopuò ospitare anche 30 persone, tutto è sistematocon gusto, spicca il bel turchese dei copritavoli con cestini difiori ed il tavolo bar, decorato dalla pittrice Maria Patriziodi Venezia, raffigurante il lago di Santa Croce. Non manca ilsalottino con la televisione. Le stanze da letto sono spazio-se, comode e luminose, con lettino e seggiolone, a dimostra-zione che si è pensato ad ogni esigenza.La signora Teresa mi invitò a trascorrere con amici e paren-ti un fine settimana: accolsi l’invito e in poco tempo ci ritro-vammo in ventuno, una bella compagnia. Verso la fine diluglio un sabato mattina arrivammo a Lamosano, dove ci

accolsero i signori Irene ed Ernesto, già ospiti di Casa Tashi,che furono felici di condividere con noi due belle giornate diferie. Irene ed Ernesto, conoscitori del posto, ci hanno gui-dato in varie escursioni.Dobbiamo ringraziare la signora Teresa per la sua ospitalitàe chissà se anche l’anno prossimo potremo ritornare aLamosano. Ancora una volta dobbiamo dare atto a quan-to ha fatto e continua a fare con passione, umiltà e dedizio-ne per l’AIL. Grazie di cuore da parte di tutti.

Una volontaria

Insieme a Casa Tashi

Cara Teresa averla con noi alla laurea di Marika è stata una veragioia. E’ stata l’occasione per tornare indietro con la memoria ericordare la sua presenza e il suo aiuto nei momenti più difficili.Con l’aiuto di Dio abbiamo trovato la forza per andare avanti.Ed ora eccoci qui festeggiare Marika e il suo primo traguardo.Siamo certi che la sua determinazione, Teresa, ha contagiatoanche Marika e per questo ci sentiamo di ringraziarla di cuoreper quello che ha fatto e quello che continua a fare. Un caloro-so abbraccio a tutti gli amici dell’AIL e in particolare alle perso-ne incontrate a Lamosano e nel viaggio fatto a Roma in occasio-ne dell’incontro, molto emozionante, con Giovanni Paolo II.

Mamma Silvana

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GLI AMICI DELL’AIL

Sabato 6 ottobre, Oderzo, entri… c’è la musica e la foto di unaragazza, un viso bello e sereno che illumina la stanza. E’ Monica,che ci accoglie con il suo sorriso dolce e coinvolgente. L’abbiamoricordata insieme a chi le ha voluto bene. C’erano tanti giovani, isuoi amici, è stata una serata strana, che celava sofferenza, maesternava speranza: la speranza che un giorno la ricerca possasconfiggere queste terribili malattie, la speranza che amori nonvengano interrotti, che genitori non perdano i loro figli.Ringraziamo tutte le persone che hanno collaborato col loroapporto e la loro presenza, dimostrando affetto e bontà d’ani-mo. Ci siamo sentiti veramente partecipi e a nostro agio.Ringraziamo soprattutto i genitori di Monica che ci hanno fattocapire quanto meravigliosa e splendida fosse questa ragazza, dan-doci la carica per continuare nel nostro lavoro, a volte difficile, divolontari. Grazie ancora a tutti

I Volontari AIL Oderzo e Motta

Sabato 28 giugno 2008 il Gruppo AIL di ZeroBranco ha avuto il piacere di organizzare l’annua-le cena estiva “per ricordare Elia e Moreno”. Unincontro significativo che ha coinvolto attivamen-te sia i volontari dell’associazione, con cui colla-boravano il Gruppo Alpini e il Gruppo Sagra diZero Branco, sia gli ospiti della serata (gradita lapresenza del dottor Gherlinzoni) contribuendoinsieme alla positiva e piena realizzazione dell’ini-ziativa. Il ricavato della serata, sempre più gene-roso, e stato devoluto all’AIL di Treviso, con lasperanza e la certezza che sarà di aiuto per lacura e la guarigione di tante persone. Il clima diarmonia e familiarità erano accompagnate dallaconvinzione che i nostri due angeli erano lì connoi in prima fila a tifare perché queste malattiesiano un giorno definitivamente sconfitte.

“Per ricordare Elia e Moreno”

Dedicato a Monica

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Siamo il Gruppo AIL di Conegliano.Desideriamo ringraziare tutte le persone sensibili e generose cheogni anno, puntuali, acquistano la Stella di Natale e l’uovo diPasqua. Un grazie speciale a Don Fausto della parrocchia di Parè e atutti i parroci che promuovono questa campagna di solidarietà.

Luigi D. N., Luigi M.,Luigi S., Felix, Mario,

Augusto, Rita,Gabriella, Luigi e

Fernanda Z.

GLI AMICI DELL’AIL

Era forse il 1993 quando ho conosciuto la signora Pelos.Andava su e giù con la sua panda rossa piena zeppa di sca-tole, Dio quante uova di Pasqua riusciva a far stare dentroquell’auto, cose da non credere!Mi diede qualche numero di telefono per organizzare lemanifestazioni dell’AIL della mia zona: Paola di Oderzo, lasignora Pasquali di Mansuè, il prof. Rorato di San Polo, aPortobuffolè c’erano Caterina, Martina e Simonetta. Ma civoleva più gente. Per fortuna avevo molti amici, passavamole domeniche in montagna, le serate in compagnia. Abbiamocondiviso anche questo impegno, poi, si sa, un amico tira l’al-tro. Nel frattempo si è formato un bel gruppo a Colfrancui,un altro a Navolè, direi il migliore. Fra loro ci sono le signo-re che noi chiamiamo “Angeli” perché fanno volontariato inOspedale. Hanno frequentato i corsi organizzati dall’AIL esvolgono un ottimo lavoro, soprattutto dal punto di vistaumano. Storie di amore e di amicizia di questo nostro per-corso, da un piccolo seme è nato un albero che ha dato e

L’Albero della Vita(storie di amore e di amicizia)

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dà buoni frutti. Fra i volontari c’è collaborazione e possiamocontare sul sostegno dei parroci e delle Pro Loco, che vor-rei ringraziare. Abbiamo conosciuto associazioni straordina-rie, come l’ARISMA di Magera e il gruppo Arcobaleno diVazzola, artisti e sportivi sempre disponibili per le nostre ini-ziative. Ed è con l’aiuto di persone come queste che lasignora Teresa ha realizzato il progetto più importante. E quimi viene in mente il nostro Luca Zaia, ora al Governo e nesiamo felicissimi, se lo merita. L’Albero della Vita è semprepiù verde e i miei amici ci sono ancora tutti, qualcuno si èsposato, sono nati dei bambini, ma loro continuano a soste-nere l’AIL. A proposito: la vecchia panda rossa è stata sosti-tuita da un bel pulmino, ma la signora Pelos, anche se dice diaver le batterie scariche, ... lei no non la possiamo sostituire.

Paola Tomasella Gruppo AIL Oderzo

Gruppo AIL Conegliano

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GLI AMICI DELL’AIL

La prima comu-nione è stata perme un’esperienzaemozionante conla quale mi sonoincontrata conGesù.Come Gesù miha fatto questoimmenso donoanch’ io ho fattoun piccolo dono acoloro che sonomeno fortunati dime. Vorrei tantoche tutte le per-sone che soffronotornassero a sor-ridere.

Marica Zurolo

San Fior Pedala

Prima Comunione

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Battesimo, PrimaComunione,Cresima eMatrimonio semprepiù spesso sonol’occasione per un pensiero nei confronti dellanostra associazione.

L’AIL

ringrazia

Già da 21 anni il Circolo ACLI di San Fior organizza “SAN FIOR PEDA-LA” donando parte del ricavato all’AIL. Ringraziamo la presidente signo-ra Nicoletta, il marito e tutti gli organizzatori per la fedeltà alla nostraassociazione.

La signora Pelos con la presidente del Circolo ACLI,Nicoletta De Nadai

San FiorPedala

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GLI AMICI DELL’AIL

A Bavaria la solidarietà si rinnova

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Franca non ha voluto essere meno del marito. L’anno scorso, grazie ad Elio, i cresimandi si erano ricordati della nostra asso-ciazione: la catechista dei cresimandi quest’anno era Franca e cosi si è …replicato. Grazie a Franca, al Parroco, ai Cresimandi eai loro genitori.

Gruppo AIL Vittorio VenetoQuest’anno il nostro gruppo ha voluto festeggiare ilbuon esito della Campagna Nazionale Uova di Pasqua inun modo nuovo ed originale. Grazie alla professionalitàdello studio “Foto Turchetto” di Vittorio Veneto ed allacomplicità di una splendida giornata di sole, molti deisuoi componenti si sono ritrovati davanti al Municipioper farsi immortalare in una foto.Osservandola si capisce che per entrare a far parte delmondo del volontariato non è necessario essere uomi-ni o donne, giovani o meno giovani perché quello cheserve è il cuore e la disponibilità a mettersi in gioco.Cogliamo qui l’occasione per ringraziare tutti i Vittoriesiche ci hanno premiato con la loro generosità, senza laquale il nostro gruppo non avrebbe ragione d’esistere.

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LE NUOVE SPERANZE

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GLI AMICI DELL’AIL

Daniele

LE NUOVE SPERANZE

Gioele

Benvenuta Diletta, ti auguro di crescerein bontà e grazia. Congratulazioni amamma Chiara e papà Adriano.

Zia e madrina Teresa

UN FIGLIO COS’È?

Un figlioè un tu con cui dialogare,una libertà da rispettare,

una coscienza da educare,una vita da generare.

Un figlionon è un piacere,

è una responsabilità.Signore non possiamo

essere superficiali,non possiamo amarci

pensando solo a noi stessi.Un figlio esige da noi speranza,sacrificio, pazienza e coraggio.

Signore, aiutaciad essere non solo marito e moglie,

ma anche padre e madre.

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DELL’AIL

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GLI AMICI DELL’AIL

Nicola Francesca e Veronica

DELL’AIL

Samuele

La dolce Sofia il 4 settembre ha festeggiato il suo primoanno di vita, per la gioia di mamma e papà, nonni, zie e zii.Buon compleanno Sofia.

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Il farmaco:dalla ricerca alla cura

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FILO DIRETTO CON IL MEDICO

l’aggiunta di successive mutazioni (spontanee o indotte) che

producono cellule neoplastiche dotate di maggiore aggressi-

vità, e per le quali l’identificazione della causa è ancora più

difficile. Quella che oggi va sotto il nome di Genetica Inversa

(Reverse Genetics) altro non è che la possibilità di conosce-

re il ruolo dei geni prima ancora che si sviluppi la malattia, e

stabilire il loro grado di importanza in condizioni normali e

patologiche,“nel bene e nel male, in salute e in malattia”. Ma

non basta. Trovato il colpevole bisogna trovare il modo di

sfruttare tale conoscenza. Bisogna trasferire la scoperta bio-

logica nella pratica clinica, e tradurre questa consapevolezza

in cure efficaci per i malati. La capacità di diagnosticare le

malattie sulla base del genotipo (diagnosi differenziale) deve

permettere di identificare le condizioni di rischio correlate al

tipo di “danno” ed identificare la terapia migliore. Una tera-

pia mirata sulla causa genetica/biologica, non in base ad un

gruppo di caratteristiche fisiche, e utile a tutte le malattie

che ne condividano i meccanismi patogenetici. Nuove tec-

nologie diagnostiche favoriscono nuove strategie terapeuti-

che. Nuove strategie terapeutiche significano nuovi farmaci:

farmaci “su misura”.

La vita di un farmaco ha inizio qui, nella mente di un team

interdisciplinare di ricercatori, composto da farmacologi, bio-

logi e chimici, che comincia ad immaginare una nuova cura

sulla base del bersaglio terapeutico individuato (il gene o il

suo prodotto, la proteina) e del meccanismo biologico su cui

intervenire per sconfiggere la malattia. Cercare e testare

sostanze naturali, sintetizzarle in laboratorio, o utilizzare

sistemi biologici: sono queste le strategie utilizzate per “sco-

prire” un nuovo farmaco. La prima, la più antica, consiste nel

cercare sostanze già disponibili in natura che possano inter-

ferire con il meccanismo biologico che causa la malattia

(sono molti i farmaci scoperti in questo modo: molti antibio-

tici e un numero sempre crescente di antitumorali). La

seconda strada, quella della sintesi chimica, prevede di pas-

Le conoscenze della biologia e della medicina sono in con-

tinua evoluzione, ma in nessun altro campo come in

Oncologia tali conoscenze sono fortemente legate all’aspet-

tativa di vita. Si sa che il cancro è una malattia dovuta all’al-

terazione dei geni delle nostre cellule, e sapere cosa provo-

ca il cancro è la prima tappa della ricerca oncologica.

Quando un ricercatore studia da anni i meccanismi respon-

sabili della trasformazione di una cellula sana nella sua con-

troparte tumorale, deve sapere a cosa serve quel gene e

cosa produce; cosa

consente alla cellula

maligna di moltipli-

carsi in assenza di

controllo e più velo-

cemente del norma-

le; cosa permette al

tumore di non esse-

re riconosciuto

come estraneo e,

quindi, eliminato dai

sistemi di difesa del

nostro organismo.

Come procedere in

questo è fondamen-

tale, e cinquanta anni di progressi nel campo della medicina,

della biologia e della genetica hanno modificato profonda-

mente il modo di pensare e agire di un ricercatore: non più

alla ricerca della causa (il gene) sulla base dell’osservazione

dell’effetto (la malattia) e della risposta alla cura, ma sulla

base dell’analisi della loro struttura (genomica strutturale), dei

loro prodotti e dei meccanismi regolatori della loro espres-

sione (genomica funzionale). Il genoma, l’insieme di tutti i geni

di un individuo, è un testo che in ogni momento viene letto

dall’ambiente. Nel cancro questo testo viene alterato in

modo significativo senza possibilità di correzione, spesso con

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FILO DIRETTO CON IL MEDICO

sare al vaglio un gran numero di molecole in grado di inte-

ragire con il meccanismo biologico su cui si sta lavorando,

quando si hanno scarse informazioni strutturali sul bersaglio.

La terza via, quella più recente, utilizza i sistemi biologici

(batteri o cellule di mammifero) per ottenere molecole più

adatte all’uomo (ad esempio alcune forme di insulina) e per

perfezionare i meccanismi che favoriscono la selettività e

l’efficacia una volta all’interno dell’organismo. Si possono

usare i farmaci antineoplastici classici, le cosiddette chemio-

terapie, che funzionano bene e permettono a molte perso-

ne di guarire, ma sono poco precise: per bloccare il gene

alterato uccidono la cellula del tumore, ma in parte anche

quelle sane vicine. Oppure si possono usare quelli conosciu-

ti come farmaci biologici o “intelligenti”, capaci di riconosce-

re nella cellula tumorale, e solo in quella, il “problema”. Tali

farmaci sono attivi su una frazione forse più modesta di

pazienti, identificati sulla base di specifici marcatori genetici,

biologici o biochimici, e per i quali il bersaglio molecolare

risulta accessibile e/o biologicamente rilevante. Ma riescono

a risolvere il problema alla radice senza danneggiare le cel-

lule sane.Talvolta è possibile disegnare la molecola intelligen-

te al computer, se si conoscono bene le caratteristiche che

dovrebbe avere (drug design). Così facendo se ne ottimizza-

no selettività, specificità e stabilità, prima ancora di valutarne

l’efficacia sperimentale, limitando, o annullando addirittura, i

possibili effetti tossici. Si avvia così la cosiddetta fase precli-

nica, che consiste nello studio, in laboratorio e su modelli in

vivo, delle proprietà chimiche e tossicologiche della sostan-

za, perché la cura sia efficace nei confronti del bersaglio pre-

visto (e che quindi curi la malattia) ma non sia ovviamente

tossica. Altrimenti non sarà di nessuna utilità. Bisogna infatti

partire dal presupposto che nessun farmaco è privo di effet-

ti collaterali, neanche i più intelligenti: tutti possono fare

danni, e tali danni devono essere messi in evidenza prima

che la cura sia a disposizione. Un farmaco deve innanzitutto

rispondere ad un principio inderogabile, quello del primum

non nocere (anzitutto non nuocere), e l’obbiettivo della fase

preclinica, la cosiddetta fase zero, è verificare in laboratorio il

maggior numero possibile di caratteristiche del principio

attivo, sia quelle positive che negative, valutando la sua effi-

cacia terapeutica sulle cellule tumorali, ma anche gli eventua-

li effetti tossici sulle quelle sane. E’ la prima fase della ricer-

ca, e coinvolge più molecole chimicamente simili tra loro, e

più modelli tumorali, istologicamente differenti ma con

caratteri patogenetici comuni. Le cellule vengono paziente-

mente adattate alla crescita asettica, per evitare contamina-

zioni con le cellule sane o con microorganismi patogeni, in

un ambiente “artificiale”, il laboratorio. Il profilo biologico di

quelle che sono ora linee cellulari viene studiato mediante

analisi di espressione genica e proteica con tecnologie sofi-

sticate e strumenti bio-informatici, per escludere che l’adat-

tamento in laboratorio (la cosiddetta crescita in vitro) modi-

fichi le caratteristiche specifiche della cellula tumorale del

paziente. Così come vengono analizzati, descritti e, quando

necessario, modificati tutti i parame-

tri chimici e biochimici che permet-

tono la crescita della cellula neopla-

stica in condizioni simili a quelle del-

l’organismo in cui il tumore si è svi-

luppato. E’ fondamentale che le cel-

lule tumorali stiano bene prima della

fase zero, altrimenti il rischio è quel-

lo di sovrastimare l’efficacia del far-

maco per le condizioni non ottimali

in cui si sta lavorando. I test in vitro

prevedono l’utilizzo di un largo pan-

nello di linee cellulari e complesse

analisi bio-molecolari di più target

farmacologici, e il confronto con le

cellule sane, nelle medesime condizioni sperimentali, serve

per confermare la specificità del farmaco in vivo. La prolife-

razione e la sopravvivenza della cellula tumorale vengono

analizzate prima e dopo trattamento farmacologico, per sta-

bilire l’attività cito-tossica (quando la molecola causa la

morte della cellula tumorale) e cito-statica (quando viene

rallentata o impedita la proliferazione cellulare senza indur-

re mortalità) del farmaco. I tempi e le dosi di somministra-

zione sono critici per approfondire le conoscenze sui mec-

canismi cellulari implicati nella inibizione della tumorigenesi

in vitro, o su quelli responsabili della eventuale refrattarietà,

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prima del suo riconoscimento: l’analisi tossicologica sull’uo-

mo (Fase 1), l’efficacia nel tempo (Fase 2), e la sua capacità

di eliminare effettivamente la malattia (Fase3). Ecco la cura.

Dodici anni il tempo medio che una ricerca impiega per

diventare cura, dalla prima intuizione di un ricercatore alla

comparsa del suo rimedio.

La valutazione preclinica dell’efficacia anti-tumorale di nuove

molecole è un interesse della Clinica di

Oncoematologia Pediatrica di Padova ormai

consolidato. Il laboratorio di Biologia dei

Tumori Solidi del Dott. Angelo Rosolen, ha

tra le sue attività la validazione clinica e ana-

litica di marcatori biomolecolari di cancero-

genesi, invasione e progressione della malat-

tia neoplastica e conseguente applicazione

delle fasi di prevenzione, diagnosi precoce e

trattamento. In questo campo, con l’obbietti-

vo di migliorare la cura dei nostri piccoli

pazienti, il nostro laboratorio è da diversi anni

coinvolto in progetti di attività preclinica

nazionali ed internazionali, e ha sviluppato

collaborazioni con industrie farmaceutiche

italiane o estere, così come proficue sinergie

di ricerca con laboratori universitari di altri

Istituti dell’Università di Padova.

E’ grazie all’impegno di tante persone, giovani ricercatori

(chimici, biologi, biotecnologi, farmacologi), medici e tecnici

se i nostri studi hanno consentito l’individuazione di nuovi

marcatori farmacologici nella terapia del cancro e lo svilup-

po di molecole di nuova sintesi più specifiche e selettive di

quelle attualmente in uso.

E’ grazie all’aiuto benefico di diversi enti privati, in particola-

re dell’AIL, se questi anni di fatiche hanno mantenuto viva

la…. speranza.

Dr. Paolo Bonvini

Laboratorio Biologia dei Tumori Solidi.

Clinica di Oncoematologia Pediatrica,

I.O.V. (Istituto Oncologico Veneto)

Azienda Ospedaliera di Padova

così da identificare tutti gli indicatori di risposta che influen-

zeranno l’efficacia clinica del farmaco.

Una volta identificato il meccanismo patogenetico, l’analisi

può essere estesa ad altri istotipi tumorali che presentino

tale caratteristica, o verificata in cellule normali in cui la

mutazione genica sia stata indotta dallo sperimentatore. Se

il farmaco funziona, viene testato su animali che abbiano

caratteristiche compatibili con quelle umane. Se ne verifica

l’effetto, ma anche la tossicità. Questo serve a comprendere

le proprietà farmacodinamiche e farmacocinetiche della

sostanza: come viene assunto e assorbito, il suo tropismo (la

capacità di “correre” verso il tumore), il suo metabolismo e

la sua escrezione. La sperimentazione sugli animali è una

premessa assolutamente necessaria, e viene fatta nel rispet-

to di leggi molto severe e precise. Delle centinaia o migliaia

di molecole inizialmente esaminate, solo poche superano

tutti i test preliminari della fase zero. Questa fase dura 3-4

anni, un quarto circa dell’iter procedurale che un farmaco

attraversa dalla scoperta all’entrata in commercio, e la sele-

zione di quello che sarà il principio attivo migliore del grup-

po, adatto all’impiego sull’uomo prevederà altre tre fasi

Biologi e medici del laboratorio

FILO DIRETTO CON IL MEDICO

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Nella vita di una persona, la diagnosi di tumore potrebbe esse-

re paragonata, a ragion veduta, ad una vera e propria “catastro-

fe”, alla quale conseguono cambiamenti e sconvolgimenti che

inevitabilmente coinvolgono anche il nucleo familiare.Vi è un’in-

fluenza reciproca fra la qualità di vita della persona malata e

quella dei suoi famigliari; si imporrebbe quindi come doverosa

un’ attenzione alla famiglia non disgiunta da quella per la perso-

na ammalata. La famiglia intesa come “unità” che affronta la

malattia, si trova di fronte ad alterazioni delle normali dinamiche

e relazioni parentali.Molte cose cambiano: le prospettive, il senso

del tempo, i valori essenziali… Vengono sperimentate emozioni

quali, ad esempio, paura, rabbia, impotenza, solitudine, dolore,

depressione, ansia, emozioni del tutto normali e comprensibili, la

cui intensità, però, può assumere un valore negativo che non

dovrebbe essere ignorato da medici, personale infermieristico,

psicologi, volontari. Negli ultimi anni la letteratura in ambito

psico-oncologico, seppur esigua, ha evidenziato il coinvolgimen-

to della famiglia nell’assistenza, enfatizzandone il ruolo di “attore”

e non di semplice “spettatore” e stimolando la ricerca di ogget-

tivazione dell’impatto psico-sociale, dei bisogni e delle risorse

della famiglia, legati alla malattia. Da gennaio 2004, presso il CRO

(Centro di Riferimento Oncologico) di Aviano è in atto una

ricerca dal titolo “L’impatto psico-sociale dell’assistenza sui fami-

gliari di pazienti oncologici” finanziata dall’AIL Treviso. L’obiettivo

è di raccogliere informazioni sull’esperienza del familiare che si

occupa dell’ammalato, nell’ottica di programmare possibili inter-

venti di sostegno psicologico. Fino ad oggi, i familiari coinvolti

nella studio sono 110, ognuno dei quali ha compilato il questio-

nario “Impat-on Family Scale” specifico per misurare il carico glo-

bale dell’assistenza. I dati riportati di seguito sono relativi a 82

questionari analizzati statisticamente. Il campione è composto da

50 maschi (60%) e 32 femmine (40%) l’età media è di 55 anni,

per la maggioranza sono coniugi del paziente (71%) residenti nel

triveneto (74%) con grado di scolarità > 8 anni (69.1%). L’

impatto globale dell’ assistenza risulta essere pari a 51.92, valore

lievemente più basso rispetto alla media di riferimento (57.56).

In particolare per quanto riguarda le 4 aree indagate: preoccu-

pazioni economiche legate alla malattia (PE); ripercussioni sui

rapporti familiari e sulle interazioni sociali (FS); affaticamento

personale (FP); capacità di fronteggiare l’assistenza (COPPE), si

nota che, tranne quest’ultima, tutte risultano moderatamente

inferiori rispetto alle medie di riferimento. In occasione del

Congresso internazionale di psico-oncologia (IPOS) che si terrà

a Venezia saranno presentati dettagliatamente i risultati sin qui

ottenuti. Vorrei concludere dicendo che ho condotto questa

ricerca per il periodo di un anno, durante il quale ho potuto

maturare competenze professionali ma sicuramente anche

umane. Nell’ambito dello studio sull’impatto psicosociale, infatti,

il “luogo” fisico e temporale in cui avviene l’incontro col familia-

re è un momento dedicato alla compilazione del questionario

me è anche un momento di relazione. In un ambiente come

l’Ospedale, cui ci si reca principalmente, se non esclusivamente,

per curare il corpo e, nel particolare caso dei soggetti della ricer-

ca, per accompagnare il proprio congiunto malato, si crea la pos-

sibilità di scegliere di dare spazio ad aspetti interiori e da qui il

plus valore dell’esperienza in cui reciprocamente avviene uno

scambio.

Dott.ssa Anna Tammaro

CRO di Aviano

L’ impatto psico-sociale dell’Assistenzasui familiari di pazienti oncologi

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FILO DIRETTO CON IL MEDICO

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Il trapianto di cellule staminali periferiche nella malattie autoimmuni:Treviso ancora in prima linea nel Veneto.

Il giorno 14 gennaio 2008 abbiamo eseguito a Treviso il primo

trapianto di cellule staminali periferiche autologhe precedente-

mente criopreservate in un Paziente affetto da Sclerosi Multipla.

Il nuovo anno è cominciato con un’esperienza nuova e poco

conosciuta almeno per la nostra regione. Le Malattie

Autoimmuni costituiscono un gruppo estremamente eteroge-

neo di patologie in cui il sistema immunitario per motivi ancora

non ben chiariti sviluppa una reazione infiammatoria autoimmu-

ne (autoanticorpi) in grado di danneggiare spesso irreversibil-

mente organi e tessuti propri, determinando conseguentemen-

te un malfunzionamento degli stessi. Può essere interessato il

tratto gastrointestinale (es. Rettocolite Ulcerosa), la Tiroide, il

Fegato, globuli rossi e/o piastrine (anemia emolitica autoimmu-

ne, piastrinopenia autoimmune), il Polmone e, non da ultimo, il

Sistema Nervoso Centrale. In questo caso il meccanismo di

autoaggressione sembra essere molto più complesso che negli

altri casi (mediato probabilmente dai linfociti) e comporta la

distruzione della guaina (la mielina) che riveste i neuroni (le cel-

lule che nel sistema nervoso convogliano l’impulso elettrico). Si

tratta di una malattia dall’andamento variabile ma in alcuni casi

particolarmente aggressiva nel deteriorare progressivamente

l’autonomia e l’autosufficienza del paziente causando livelli di

disabilità estremamente gravi.

In questa patologia, come negli altri casi di malattie autoimmuni,

il cardine della terapia verte sull’immunosoppressione anche se

talvolta la malattia purtroppo progredisce o non migliora nono-

stante il trattamento. Sono queste le condizioni in cui è neces-

sario procedere con un’ immunosoppressione molto più inten-

siva usando farmaci a dosaggi che comportano anche una seve-

rissima depressione non solo del sistema immunitario ma anche

del midollo osseo emopoietico. In questi casi, analogamente a

quanto usualmente

avviene in corso di

mobilizzazione di

cellule staminali

periferiche per

patologia tumorale

ematologica, è

necessario sommi-

nistrare un tratta-

mento chemiotera-

pico di mobilizza-

zione cui segue la

raccolta di cellule

staminali periferi-

che che vengono

successivamente

reinfuse al termine

di un trattamento chemio-immunoablativo.Al fine di evitare che

i linfociti reinfusi possano successivamente causare una ripresa

della malattia neurologica a tale trattamento, viene fatta seguire

la somministrazione di un anticorpo che elimina anche queste

cellule. Ne deriva quindi una severissima depressione del midol-

lo (fase di aplasia) e del sistema immunitario, pertanto il pazien-

te deve rimanere ricoverato in stanza singola, con particolari

accorgimenti di igiene personale ed ambientale. In questi casi

inoltre non è raccomandabile somministrare il fattore di cresci-

ta granulocitario (che in altri contesti viene usato per ridurre la

durata della fase di aplasia): questo farmaco infatti è potenzial-

mente in grado di determinare un aggravamento del quadro

neurologico. Da tutto ciò deriva che il rischio di infezioni è net-

tamente maggiore rispetto al trapianto autologo “convenziona-

Dottor Piero Maria Stefani

(Ematologia di Treviso)

FILO DIRETTO CON IL MEDICO

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tuttavia per conoscere gli effetti ottenuti da tale trattamento sul

quadro neurologico.

Per la nostra Struttura si tratta di un’ulteriore meta che docu-

menta la solidità e la continuità di un processo formativo/assi-

stenziale che coinvolge tutto il Personale Medico, Infermieristico

e di Supporto in un’attività di alta specializzazione. Come recen-

temente è avvenuto per il primo trapianto allogenico, anche in

questo caso si tratta “solo” di una tappa in un percorso di con-

tinuo miglioramento dell’offerta assistenziale non solo in termi-

ni di disponibilità e accoglienza ma anche in termini di compe-

tenza, esperienza e sicurezza.

Dottor Piero Maria Stefani

(Ematologia di Treviso)

le ed emerge chiaramente come questo tipo di trapianto, pur in

un contesto completamente diverso da una malattia tumorale,

in realtà sia una procedura estremamente più delicata e poten-

zialmente molto rischiosa. Dopo il recupero della depressione

midollare infatti sono necessari molti mesi prima che anche il

sistema immunitario si ricostituisca ed in questo periodo il

Paziente deve eseguire periodici controlli dell’emocromo, dei

livelli di immunoglobuline e dei livelli di immunizzazione verso le

malattia cui si viene generalmente vaccinati in età pediatrica al

fine di evitare manifestazioni infettive molto pericolose.

Il decorso clinico del paziente sia durante il ricovero sia nei mesi

successivi alla dimissione è stato del tutto regolare con una rapi-

da ricostituzione del suo sistema immunitario; è ancora presto

Il 21 giugno 2008 presso la Sala Convegni dell’Ospedale Ca’ Foncello di Treviso sono stati presentati tre progetti di ricerca: sulle leu-cemie acute, sui linfomi cerebrali e sul mieloma multiplo. I tre progetti sono intitolati a giovani vite vinte da queste patologie e nasco-no dalla consapevolezza che senza ricerca non c’è futuro. Coinvolgono l’Ematologia, il Centro Trasfusionale e il Laboratorio di AnatomiaPatologica per un costo complessivo di Euro 450 mila euro e la loro durata sarà di due e tre anni. Erano presenti il dottor Farronato,il pro sindaco di Treviso Gentilini, l’assessore provinciale Carla Puppinato ed il presidente onorario di Treviso AIL, l’on. Fabio Gava.L’appuntamento è fra un anno per la verifica dei primi risultati.

Teresa Pelos

AIL Treviso e ULSS 9 insieme per la ricerca

TRE PROGETTI PER NON DIMENTICARE

FILO DIRETTO CON IL MEDICO

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Ricordiamo i nostri amici

In ricordo di Renzo e Beppe De Polo Renzo De Polo nasce a Vittorio Veneto il 14 novembre 1929, ultimogenito di una famiglia di tre figli. L’infanzia trascorre serena, nonostantele ristrettezze e le paure imposte dal regime fascista prima e dalla guerra poi, fino al 14 ottobre 1944 quando il fratello maggiore Gianni,diciannovenne, a cui era fortemente legato e che era partigiano nella brigata Piave, muore eroicamente, ucciso dai miliziani fascisti. Questodramma segna indelebilmente Renzo che in tutti gli anni a seguire manterrà viva la memoria dell’amato fratello e del suo sacrificio in molte-plici modi peraltro sempre molto discreti e mai esibiti.Divenuto enologo presso il famoso Istituto Enologico Cerletti di Conegliano, apre e gestisce con grande professionalità , fino ai primi anni90, un noto emporio agricolo a Vittorio Veneto. Molto conosciuto nella sua città, cui è stato profondamente legato, la sua onestà e corret-tezza nei rapporti interpersonali sia di lavoro che extraprofessionali ne contraddistinguono tutta l’esistenza.Sposato serenamente con Nikla, il matrimonio viene allietato da ben 5 figli: la famiglia è stato il fulcro di tutta la sua vita, e ad essa si è dedi-cato completamente, sempre teso a rinsaldare i legami parentali, superando qualsiasi problema che potesse turbarli.La sua storia, e quella dei congiunti, viene sconvolta alla fine del 1982, quando il secondogenito Beppe si ammala di leucemia mieloide acutae muore a Vicenza il 20 gennaio 1983 dopo un decorso tanto rapido quanto drammatico per la gravità della malattia, per la sofferenza fisi-ca patita con coraggio impensabile, per lo strazio di padre nel vedere ripetersi il destino di perdere un caro, questa volta il proprio figlio nelfiore degli anni, anche lui diciannovenne come il fratello Gianni. Supera questa tragedia con grande dignità, ancor di più dedicandosi alla amatamoglie, agli altri quattro figli ed infine anche ai nipoti, sorretto dalla incrollabile convinzione cristiana di potere un giorno riabbracciare chi, perun disegno incomprensibile, gli era stato sottratto così dolorosamente e prematuramente.Renzo è morto il 1 agosto 2008, dopo quasi due mesi di ricovero in ospedale a seguito di un intervento cardochirurgico, resosi necessarioper le precarie condizioni di salute ed al quale si era sottoposto consapevole dei rischi elevati che esso implicava, ma serenamente sorrettodalla fede forte, concreta e semplice che lo ha accompagnato in tutta la sua esistenza.Questa è, in sintesi estrema, la sua storia, in cui il bene è sempre stato fatto bene e in cui gli immancabili difetti sono stati grandemente supe-rati dalla bontà, dalla generosità e dalla fede con cui ha vissuto.La moglie Nikla ed i quattro figli Gianni, Nicoletta, Gabriele ed Adriano, hanno scelto di indirizzare le offerte raccolte in occasione della suascomparsa, a favore dell’ Associazione Italiana contro le Leucemie, a memoria di Beppe, certi che Renzo per primo avrebbe desiderato checiò accadesse.

In ricordo di AndreaCaro Andrea,Sono ormai passati sei mesi da quella triste sera nella quale, all’ospedale di Verona, hai incontrato la morte. Dopo due anni di lunga malattia,di cure, di speranze….quando in tutti noi ed in te si era fatta strada la convinzione che il male fosse definitivamente debellato e che tu, final-mente, potessi riprendere il cammino che avevi progettato con la tua bella e giovane famiglia….tu, in silenzio, te ne sei andato.E’ vero, fisicamente non ci sei più, ma di te ci è rimasta un’inestimabile eredità fatta di enormi valori morali.Non dimenticheremo mai la tua umiltà nell’affrontare la vita quotidiana. Ricorderemo sempre il tuo semplice e spontaneo sorriso e la natu-rale gioiosità che ogni giorno appariva sul tuo volto. Non potremmo mai scordare con quale coraggio hai saputo affrontare la vita, soprat-tutto quando questa ti ha posto di fronte il duro ostacolo della malattia; con quale dignità hai sopportato il dolore,con quale forza sei riusci-to a dare coraggio, a chi coraggio ti doveva dare.Rimarrà sempre vivo in noi il ricordo dell’affetto che hai dispensato a chi ti stava vicino, dell’amore con il quale ti sei curato di tua moglie edella tua splendida figlia Marta.Caro Andrea, grazie di cuore, perché ci hai fatto capire quanto sia bella la vita e quanto sia necessario avere una voglia infinita di viverla nono-stante gli ostacoli.Ti porteremo sempre nel cuore.

I tuoi cari.

Alberto LandiIl tuo sorriso sarà sempre nei nostri cuori.

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Carniel GianniGrazie per il tuo buon umore,

per la tua dolcezza,per la tua inesauribile forza,

la tua fermezzae la tua sincerità di sempre,

per tutte le risatee per averci dimostrato

che il coraggiopuò non finire mai.

Irma ZanattaNon piangetela mia assenza,sentitemi vicinae parlatemi ancora,io vi amerò dal Cielocome vi ho amatosulla terra.

Marisa OlivottoNessuno muore su questa terra

finché vive il suo ricordo.

Corrado

CamillottoNel nostro animosarà sempre vivoil tuo ricordo.

Dalla Bona LucianoTutto parla di te,il cuore ti ricorda;noi sappiamo che dal cielotu vegli su di noi.

Franco LorenzoIl 27 novembre improvvisamente ed in punta di piedi ci hai lasciati.Non era questo il viaggio che avevi progettato, aspettavi solo di passare il Natale con noi e poi avresti preso il volo per “andare al caldo” comedicevi tu, in quell’isola dove sei sempre stato bene e dove avevi da poco aperto un’altra attività.Tu sei sempre stato così nella tua vita, non ti sei mai fermato, hai sempre lavorato, la tua mente era sempre un susseguirsi di idee, progetti ed obbiet-tivi da realizzare.Anche se questa malattia ti aveva messo qualche freno, tu l’hai affrontata come noi facciamo con un raffreddore, era un ostacolo in più, ma non haipensato che fosse invalicabile, perché ci hai sempre creduto fino alla fine e dicevi a tutti che stavi bene.Finché un giorno, il tuo corpo non ha seguito la tua voglia di vivere.… ma tu sei ancora fra noi, perché sei stato e sarai sempre per tutti noi un grande uomo, un punto di riferimento in cui trovare sostegno e forzae anche se è da qualche mese ormai che non ti vediamo più, che non si sente la tua voce, che non ti possiamo più toccare, l’amore sincero e l’af-fetto per tutte le persone che facevano parte della tua vita non morirà mai.Franco, il tuo ricordo, vivrà per sempre nelle nostre menti, nei nostri cuori, più forte di qualsiasi abbraccio, più importante di qualsiasi parola....

Mamma, Daniela, Ingrid, Rainer, tutta la tua famiglia, tutti gli amici,

e tutti coloro che di te avranno per sempre un ricordo.

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Ricordiamo i nostri amici

Tarcisio Bozzon Non chiedetevi perché vi ho lasciato,ricordate soltanto il beneche vi ho voluto.

Clara Ottombri Un ringraziamento all’AIL nel ricordo di nostra mamma

E’ con gratitudine verso l’AIL Treviso che ricordiamo la nostra cara mamma pensando che la sua memoria rimanga viva, oltre che per sempre neinostri cuori, anche in chi legge queste righe. E’ nata nelle campagne del Noalese, in una grande casa patriarcale dove si lavorava faticosamente laterra ed il cibo non era sempre presente nella tavola. Sette fratelli, lei era la secondogenita, e toccò a lei, come era di consuetudine a quei tempi,fare da mamma ai più piccoli. Diceva sempre che la sua era stata un’infanzia di sacrifici e privazioni. Aveva vissuto il periodo della guerra ed erafiera nel raccontarci di quando aveva salvato la vita di suo fratello rimasto prigioniero.Tutte queste dolorose esperienza avevano fatto di lei unamamma forte, grande lavoratrice, capace per i suoi figli di superare qualsiasi stanchezza e sacrificio, sempre disponibile, superando dignitosamen-te anche la morte di nostro padre avvenuta quando lei aveva 50 anni. Anche in questa fase si dimostrò una vera roccia superando il grande dolo-re dedicandosi interamente ai nipoti ed aiutando il figlio più piccolo a farsi strada nella vita. La vita andava avanti tranquilla, con gli alti e bassi deisuoi tre figli, matrimoni, battesimi, quando parlava di noi era fiera, per non parlare poi dell’unico figlio maschio suo prediletto, per cui aveva sem-pre un complimento in più: voleva bene a tutti ma quando nominava il suo Beppino il viso le si illuminava e noi sorelle eravamo felici di questo.Era l’anno 2003 quando cadde e si fratturò un femore, ma la nostra grande mamma guarì abbastanza in fretta e dopo poco era già a cavallo dellasua bicicletta, sempre attiva ed instancabile. Ma dopo poco, i primi segnali di quella malattia che l’accompagnerà sino alla fine. La prima visita alreparto di Ematologia, nel novembre del 2004, eseguita dal dottor Michele Gottardi, conferma la diagnosi di Mieloma multiplo. Il Dr. Gottardi rie-sce, fin dall’inizio, a trasmettere tanta fiducia, sicurezza e simpatia alla mamma, da sempre restia alle cure mediche, con la sua grande umanità tra-smette coraggio e fiducia, è sempre gentile e pieno di frasi confortevoli: “Signora, il suo emocromo è migliore del mio”. Così nostra madre usci-va felice e con tanta voglia di vivere. Reagiva bene anche alle varie terapie, cicli mensili, che ci facevano soggiornare nel Day Hospital per mezzegiornate, in un ambiente sempre sereno con infermieri e volontari disponibili, simpatici, educati e.... ogni volta che uscivamo era sempre la solitafrase: “Ma perchè l’ospedale non è tutto così?”.Tutto questo per quattro anni…La nostra riconoscenza per l’attenzione verso nostra madre, Ottombri Tecla, al dottor Gottardi e a tutto il personale dell’Ematologia. Un granderingraziamento all’AIL Treviso che ha realizzato questa stupenda realtà.

Alida, Giuseppe,Adelina

Pasqua Samossi Il tuo spirito

viva in noi

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Soldera Augusta

Marangon Italo

Imerio Gioia

Zanette Pietro

Scatamburlo Elio

Rinaldi Angelo

Zago Adelina

Devanport Silvana

Ricordiamo anche

Rosa Uliana Visse

per l’amore della famiglia.Riposa

nella serenità del Giusto.Rivive

nella luce di Dio.

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Gabriele TrentaIl mio angelo di nome Gabriele

Gabriele è stato il più coraggioso e bravo bambino che unamamma si possa aspettare di avere. Nonostante fosse ammala-to lui infondeva forza a tutti dicendo a noi e a sé stesso “devoguarire”. Ha sofferto tantissimo, ma nel momento in cui si senti-va un briciolo di forza era pronto a sorprenderci tutti con sor-risi che riempivano i nostri cuori. La frase più bella che mi dice-va spesso e che non dimenticherò mai è:“mamma io e te abbia-mo il cordone ombelicale attaccato e staremo sempre insieme”.Purtroppo non è andata così, il mio Gabriele è volato via lascian-do un vuoto incolmabile in noi e in tutti quelli che lo hannoconosciuto ed anche nell’AIL che ci è stata tanto vicina e cheringraziamo con la poesia scritta dal nostro angelo di nome

Gabriele.

La tartaruga

La tartarugafruga fruga

per trovare la lattugatrova un bruchino piccolinocon in testa un cappellino

trova una farfallinache ha smarrito la stradina

fruga frugae finalmente ha trovato

la lattuga.

CarmenLettera a mamy Carmen

Cara mamy,come stai, dove sei, cosa stai facendo adesso? E’ bello il Paradiso assieme all’altra mamma? Mi stai guardando?

Sembra ieri che tu sei venuta a prendermi all’aeroporto di Roma assieme a papà. Eri tutta contenta di avere in braccio me, la tua bambina.Dopo 10 anni è arrivato Edoardo il mio fratellino.Tu eri sempre così allegra, forte, piena di iniziativa, prendevi una decisione subito dopoesserti consultata con papà.Quando ti diagnosticarono la malattia che ti segnò per sempre, ogni giorno era una corsa tra ospedali.Tu con la tua forza vitale riuscivi adaffrontare qualsiasi cosa, non ti lamentavi mai, eseguivi tutto alla lettera come dicevano i medici. Ogni sera prima di andare a dormire mi davila buona notte, e mi chiedevi come era andata la giornata e se avevo ripassato tutte le materie. Sei riuscita a sopportare due trapianti e seisopravvissuta solo grazie all’amore che provi per me e Edoardo. Hai lottato fino alla fine, senza mai tirarti indietro. Sembra ieri quando ti veni-vo a trovare a Perugia, e ogni pomeriggio io e te facevamo un sonnellino, assieme, schiena contro schiena.Inutile spiegare il nostro dolore. Papà ti è sempre rimasto vicino, portando con sé la difficile realtà. Edoardo con la sua età innocente cresce-rà sano e forte. Saremo io e papà a raccontargli la tua storia. Oggi hai la possibilità di vedere dal Cielo il tuo bambino fare il chierichetto.Vivremo sempre secondo il tuo insegnamento.Ti vogliamo bene.

I tuoi 3 tesori

Auyu, Edoardo e Luciano

Rigo Benito Italo Ci hai lasciato in punta di piedi, forse stanco di lottare dopo anni di speranze, paure, vittorie e delusioni vissute con dignità e coraggio insieme allasua famiglia. Ogni cosa ci parla di te: la casa, l’orto, il giardino, le canne da pesca... e noi, nei gesti del quotidiano, ritroviamo il tuo sguardo di uomomite e laborioso, le tue parole ed i tuoi insegnamenti. Ci manchi sempre più ma sappiamo che da lassù ci vedi , ci sorridi e ci guidi.

Teresa, Carmen, Cinzia generi e nipoti.

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Mio padre era il sacrestano del paese, professione che si tramanda-va da generazioni nella famiglia, quindi sono nato e vissuto all’ombradel campanile.Ora l’elettricità ha fatto sparire i campanari e chiuso per sempre leporte dei campanili e riesce difficile ai giovani capire perché gli sca-lini dei vecchi campanili della zona presentino degli incavi così visto-si. Si cominciava alle cinque del mattino con l’Ave Maria che era undoppio (due campane). Poi veniva l’ultimo (altro doppio) poi il bot ealle sei la messa veniva annunciata dal campanello. Al Sanctus, mio

padre lasciava la celebrazione e raggiungeva il campanile per unaltro doppio.Le campane annunciavano poi mezzogiorno, l’Ave Maria dellasera e, mezz’ora dopo, l’ora de not, che era l’invito ad unaprece per i morti. Nei giorni festivi il doppio diventava terzo

(tre campane).Il giovedì, il venerdì ed il sabato che precedevano una festa

granda, prima di mezzogiorno e prima dell’Ave Maria dellasera, venivano suonate le grezze. Mio padre saliva nellacella campanaria e legava le corde ai tre batocchi: duevenivano manovrate a mano, la terza da un piede, cuiera assicurata da un nodo sopra la caviglia. Erano varia-zioni di rintocchi allegri, giochi di note festose. Dopo le

grezze veniva suonato un terzo quindi altra legrezzà-

da e altro terzo. C’era chi dava una mano e chi vole-va far parte del concerto, anche perchè questa eral’occasione per ammirare un panorama unico. E

così bisognava chiudere la porta del campanile perevitare che lassù si venissero a formare pericolosiaffollamenti.

Ricordo l’emozione che provai quando la primavolta la mia vista spaziò oltre la balaustra della

cella campanaria. Mai avevo immaginato che lacampagna fosse così sconfinata ed il cielo tantovasto, che l’altezza potesse alterare le distanze eridurre i campi a fazzoletti multicolore.Da lassù una successione di piante, fossi, rettango-li d’erba, di frumento, di mais: un ordine stupendo,una bellezza stupefacente, una fuga di colori sem-pre più indefinibili.La mia vista poteva dominare in una sola volta Villadi Villa, Silvella, Santo Stefano, Ponte della Muda,Godega, Orsago, la prateria dei Palù oltre laPontebbana, invisibile sotto la folta scia dei platani.Si librava poi nell’azzurro del cielo, che da lassùsembrava più intenso. Più a sud altri campaniliparevano tenersi compagnia, mi segnalavano paesidi cui ignoravo l’esistenza: sparsi in modo irregola-re, davano alla campagna la forma di un unico, smi-surato presepio. E mi compiacevo di constatareche, fin dove arrivava la mia vista, il campanile piùalto era quello del mio paese, quello di cui miopadre era l’unico a tenere le chiavi.Ma dalla cella campanaria potevo anche violare i

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segreti di villa Brandolini: le geometrie dei giardini segnate dai sen-tieri in ghiaino, le aiuole, gli alberi secolari, le multiformi attività chesi sviluppavano nella masseria retrostante la grande casa, il pullularedei contadini attorno alle stalle, ai granai, alla cantina, alla latteria…

…Tutti i riti che segnano il passaggio da un’età all’altra, la nascita, lenozze, l’agonia e la morte, venivano annunciati dalle campane perdarne rilevanza comunitaria e non avessero significato solo indivi-duale. L’agonia consisteva in 33 rintocchi lenti che invitavano a pre-gare per il moribondo; si poteva anche capire se si trattava di unuomo o di una donna: nel primo caso si diceva l’à ciot do bot, e nelsecondo caso l’à ciot un bot e cioè la campana veniva tenuta sospe-sa due o una volta.La sera che precedeva la notte tra i santi e i morti, rintocchi moltolenti accompagnavano la processione dei defunti che si diceva avve-nisse in cimitero. Era tradizione che gli uomini, riuniti nel campanileper tale opera, vegliassero tra castagne e vino. Facevo parte anch’iodella compagnia e ricordo che, nonostante le campane a morto, erauna festa.L’approssimarsi del brutto tempo veniva annunciato da un terzo arovescio: prima la grande, poi la mezzana, poi la piccola. I rintocchisi spandevano per la campagna mescolandosi spesso al pauroso fra-gore del tuono. Gli uomini rientravano dai campi, le donne si affret-tavano a bruciare rametti di ulivo benedetto e, accesa la candeladella Ceriola, venivano recitate le litanie della Madonna. “Andrea al

sona, le brut davèro...” Sembrava che fossero le campane a stabilirese i lampi ed i tuoni erano segnali fallaci o meno. Consapevole diquesto, mio padre era diventato esperto meteorologo.Il sabato venivano suonati i vei de festa. Era il segnale che, interrottii lavori e riposti gli attrezzi, ci si poteva preparare alla festa del gior-no dopo. Ricordo in particolare i concerti di campane del venerdìche precedevano un matrimonio (allora i matrimoni si celebravanosolo di sabato) ed erano tanto più lunghi quanto numerosi erano ifiaschi di vino ed i biscotti che il padre della sposa portava ai suo-natori.Sì, i suonatori. Perché mio padre io l’ho sempre visto ammalato ec’era sempre qualcuno che lo aiutava. Così fin da piccolo mi trovai,primo di tre fratelli, a sostituirlo spesso nei preparativi per le funzio-ni o nel riordino della sacrestia.Ma tutta la mia famiglia era coinvolta, a cominciare da mia madreAntonietta, che divideva il suo tempo tra le faccende domestiche el’impegnativa pulizia della chiesa e, man mano che crescevano, Livioe Maria Teresa.Ma tante altre persone collaboravano e ci sostenevano. Ogni mat-tina, alle cinque o sei, il proprietario del panificio adiacente al cam-panile dava una voce ai garzoni: “’ndè fora vèder che Andrea no’ l’àpie

bisogno de ‘na man…”. E così prima di partire con le biciclette e leceste cariche di pane per raggiungere le botteghe di Cordignano edintorni, che già alle sette aprivano i battenti, i garzoni si facevano laloro bella suonata di campane. Ogni tanto lo rivedo uno di queiragazzi, ora è lui a gestire un fiorente panificio. Mi dice sempre: “tiricordi quando aiutavamo il tuo papà a suonare le campane?”. Ecome potrei dimenticare… C’era tanta solidarietà (ma allora non si

IL RACCONTO“... che Andrea no’ l’àpie bisogno de ‘na man…”

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chiamava così) nei confronti della nostra povera famiglia. Come nonpotrò mai dimenticare la fatica di mio padre nel salire in cima alcampanile, con i bronchi che non funzionavano più. E quella volta,avevo 13 anni, che lo aiutavo a suonare per il temporale che giàimperversava ed un fulmine si scatenò lungo il corrimano in ferrodella scala che scendeva dal campanile ed andò a scaricarsi in stra-da, attraversando la porta che in questi frangenti veniva lasciataaperta. Uno spettacolo lungo meno di un istante, terrificante, bellis-simo….

…A volte mi par di intrave-dere i volti di persone chenon ci sono più e che mivolevano bene. Hannosegnato la mia giovinezza emi sono rimasti nel cuore.Rivedo Demetrio, giulivo,spiritoso e sempre prontoalla battuta. Otorino, che inchiesa non perdeva l’occa-sione per riprenderci con losguardo severo quando ilnostro comportamentonon era irreprensibile. Maera troppo buono per darsiatteggiamenti di severità,severità che nemmeno igrandi baffi riuscivano a ren-dere credibile. Poi Varisto,sempre sorridente e gentile.Una vita passata sul banchetto da calzolaio aveva curvato il suotronco quasi a renderlo deforme, ma lui non aveva rinunciato adessere presente nelle cerimonie con la veste di capàto, anche se lasua presenza metteva in difficoltà l’equilibrio del baldacchino duran-te le processioni con il Santissimo. Si diceva, infatti, che Varisto tirèa

bass.I capàti, uniformati dall’ampia tunica bianca ricoperta da una capparossa… Non ho mai capito se far parte della ristretta cerchia deicapàti fosse un segno di distinzione o una testimonianza di fede.Anche il MoroTomè metteva in crisi l’andare del baldacchino, ma permotivi opposti. “Moro, tièn bass”, gli bisbigliavano i capàti, dalmomento che i suoi 30 centimetri in più creavano problemi al grup-po. Per questo al Moro veniva affidato più volentieri il compito diaprire la processione con l’enorme stendardo colorato, ogni terzadel mese in Biorca. Il Moro Tomè, imponente, con quei baffi enormied il cappello a grandi tese calato sulla fronte fino a nascondere gliocchi.Rivedo la signorina Resi, una figura esile, presente a tutte le funzio-ni sempre nello stesso banco della chiesa. La ricordo sempre inci-priata, con il suo bel cappellino nero con veletta che le conferiva unaspetto di spiccata signorilità. Poi la siora Pina, affabile e sempre conle gonne lunghe alla caviglia. Il peso degli anni l’aveva talmente cur-vata da non essere capace di alzare la testa.

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E la signorina Irene, titolare con il fratello Nino della locanda “AllaRegina”. Era perennemente circondata da gatti di ogni razza e colo-re che ne condividevano l’esistenza. L’accompagnavano anche amessa prima: lei li fermava fuori della porta della chiesa, loro se nestavano in attesa fino alla fine, poi la riaccompagnavano ripercorren-do il sagrato e la piazza fino alla locanda, attaccati alle caviglie della loropadrona.Poi Nano Mian, el postin. Con la sua bicicletta con i freni a bacchet-ta e la borsa di cuoio, sdrucita e consunta dall’uso, sformata da fascidi buste, lettere, cartoline e pacchi, si faceva ogni giorno tutto il ter-

ritorio comunale, dai Palù aVilla di Villa e fino a SantoStefano.Persona sempre allegra, intempi in cui tutta la comuni-cazione avveniva solo perposta lui sapeva tutto di tutti,pì ancòra del piovàn. Entravanei cortili scampanellando econsegnava lettere col timbroposto su francobolli svizzeri,belgi, francesi e d’oltre ocea-no. Sapeva anticipare il conte-nuto delle lettere e, nel por-tare la notizia, sembrava sifosse assunto il ruolo di con-dividerla, bella o brutta chefosse. Per questo era l’amicodi tutti ed ovunque benvolu-to. Quando, ultimamente,

erano diventati di moda i telegrammi in occasione dei matrimoni,Nano Mian aveva introdotto la consuetudine di accomodarsi e con-sumare un brodino caldo in casa dello sposo o della sposa, ritenen-do naturale che il postino del paese dovesse essere anche lui partedella festa.E Vittorio Cao, commerciante di carbone e legna da ardere, che concavallo e carretto si faceva tutti i mercati, anche quelli lontani diOderzo e Portogruaro. Poi la sera, in osteria, pontificava davanti agliavventori, lui che sapeva come andava il mondo, lui che frequenta-va piazze ben più vaste di quella di Cordignano. Aveva la fama disaper fare i conti senza penna e carta nonostante fosse analfabeta.Amava atteggiarsi ad uomo di mondo e, quando la domenica aspet-tava gli amici sotto i portici davanti all’osteria, non disdegnava di sfo-gliare il giornale, senza preoccuparsi se fosse dritto o storto.Figure amate ed indimenticabili. Sembra che siano tutte appenausciti da messa, se ne stanno tornando a casa e, passando davantialla mia bottega, sbirciano dentro e mi sorridono. A volte vedo miopadre che sale con fatica i sette scalini che portano al campanile persuonare un’Ave Maria. Umile, grande protagonista di una storia cheè finita nel 1960 con il taglio delle corde delle campane…

Da “Una vita sotto il campanile – ricordi di Antonio Da Dalt”

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