Incontro Dicembre 2008

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Per una Chiesa Viva www.incontroravello.blogspot.com www.chiesaravello.it Anno IV - N. 11- Dicembre 2008 Il trenta novembre di questo anno,che non coincide con l’anno della Chiesa, è terminato l’anno liturgico ed è iniziato il nuovo anno della Chiesa, che meglio si potrebbe definire “ l’anno di Dio” che noi discepoli di Cristo intendiamo tra- scorrere in comunione con il Signore, in preghiera, in ascolto della sua parola e in perenne tensione verso l’unica gioiosa meta dell’esistenza: il nostro defi- nitivo incontro con Dio, nostro Padre,unico e insosti- tuibile amore,che ci ha creati per Lui e ci attende per te- nerci sempre con Sé. Nel fluire dei giorni e dei mesi che scorrono di setti- mana in settimana intorno all’ asse del tempo cristia- no,la Domenica, Pasqua set- timanale, nelle celebrazioni dell’anno liturgico della Chiesa, riviviamo tutte le opere compiute da Dio nella storia, dalla creazione alla redenzione, che nel mistero della Pasqua di Cristo, me- diante la morte e resurrezio- ne di Gesù di Nazareth, ha realizzato l'opera della nostra salvezza. Nel libro "Introduzione allo spirito della liturgia", il Cardinale Ratzinger scrisse pagine suggestive sul tempo della Chiesa, che ci aiutano a comprendere il signifi- cato dell’anno liturgico. Egli afferma :”La Pasqua, ossia la passio- ne, la morte e la risurrezione di Gesù, è un atto unico nel tempo, compiuto una volta per tutte, ma è anche un atto com- piuto "per sempre", come ben sottolinea la Lettera agli Ebrei. E questa contempo- raneità si realizza nell'azione liturgica, dove "la Pasqua storica di Gesù entra nel nostro presente e a partire da lì vuole raggiungere e investire la vita di coloro che celebrano e, quindi, l'intera realtà storica". Il tempo della Chiesa ,dunque,è un tem- po in cui passato, presente e futuro si compenetrano e toccano l'eternità. Questo tempo è ritmato dalla domeni- ca. Essa è "il primo giorno della settima- na" (Matteo 28, 1) e quindi il primo dei sette giorni della creazione. Ma è anche l'ottavo giorno, il tempo nuovo che ha avuto principio con la risurrezione di Gesù. La domenica è dunque per i cri- stiani, dice Ratzinger, "la vera misura del tempo, l'unità di misura della loro vita", poiché in ogni messa domenicale irrom- pe la nuova creazione. Lì ogni volta la Parola di Dio si fa carne. Lo mostrano i dipinti di tante chiese del Medioevo e del Rinascimento: da un lato l'Angelo an- nunziante, dall'altro la Vergine an- nunziata, e al centro l'altare sul qua- le in ogni messa "Verbum caro factum est" per opera dello Spirito Santo”. Distribuendo nel corso dell’anno "tutto il mistero della Pasqua di Cristo, dall'Incarnazione e dalla Natività fino all'Ascensione, al gior- no di Pentecoste e all'attesa della beata speranza e del ritorno del Signore" (S C, 102); insieme con la venerazione per Maria e per i santi, giunti alla perfezione "con l'aiuto della multiforme grazia di Di- o" (SC, 104),la Chiesa, nostra ma- dre e maestra, ci istruisce e ci so- stiene guidandoci verso la pienezza della vita che il Signore ci dona nella patria del Cielo. Nell’anno della chiesa, detto anche anno liturgico, più che con la narra- zione a puntate di un'unica grande storia e dei suoi protagonisti, in forza del sacerdozio comune dei figli di Dio conferitoci con il Sacramento del Battesimo, noi siamo comunitariamente impegnati nella lode e nella rievocazione delle meraviglie di Dio; e con il sapiente svolgersi dei misteri della vita di Gesù di cui facciamo memoria nelle celebrazioni liturgiche,veniamo arricchiti dell’inestimabile tesoro del Vangelo di salvezza che ha il potere di santificarci trasformando la nostra esistenza. Continua a pagina 2 Iniziamo con gioia il nuovo Anno di Dio P ERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

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Anno IV - N. 11- Dicembre 2008 PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO la Lettera agli Ebrei. E questa contempo- raneità si realizza nell'azione liturgica, dove "la Pasqua storica di Gesù entra nel nostro presente e a partire da lì vuole raggiungere e investire la vita di coloro che celebrano e, quindi, l'intera realtà Don Giuseppe Imperato INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA PAGINA 2 Giulia Schiavo Elisa Mansi PAGINA 3

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Per una Chiesa Viva

www.incontroravello.blogspot.com www.chiesaravello.it Anno IV - N. 11- Dicembre 2008

Il trenta novembre di questo anno,che non coincide con l’anno della Chiesa, è terminato l’anno liturgico ed è iniziato il nuovo anno della Chiesa, che meglio si potrebbe definire “ l’anno di Dio” che noi discepoli di Cristo intendiamo tra-scorrere in comunione con il Signore, in preghiera, in ascolto della sua parola e in perenne tensione verso l ’unica gi oio sa me ta dell’esistenza: il nostro defi-nitivo incontro con Dio, nostro Padre,unico e insosti-tuibile amore,che ci ha creati per Lui e ci attende per te-nerci sempre con Sé. Nel fluire dei giorni e dei mesi che scorrono di setti-mana in settimana intorno all’ asse del tempo cristia-no,la Domenica, Pasqua set-timanale, nelle celebrazioni dell’anno liturgico della Chiesa, riviviamo tutte le opere compiute da Dio nella storia, dalla creazione alla redenzione, che nel mistero della Pasqua di Cristo, me-diante la morte e resurrezio-ne di Gesù di Nazareth, ha realizzato l'opera della nostra salvezza. Nel libro "Introduzione allo spirito della liturgia", il Cardinale Ratzinger scrisse pagine suggestive sul tempo della Chiesa, che ci aiutano a comprendere il signifi-cato dell’anno liturgico. Egli afferma :”La Pasqua, ossia la passio-ne, la morte e la risurrezione di Gesù, è un atto unico nel tempo, compiuto una volta per tutte, ma è anche un atto com-piuto "per sempre", come ben sottolinea

la Lettera agli Ebrei. E questa contempo-raneità si realizza nell'azione liturgica, dove "la Pasqua storica di Gesù entra nel nostro presente e a partire da lì vuole raggiungere e investire la vita di coloro che celebrano e, quindi, l'intera realtà

storica". Il tempo della Chiesa ,dunque,è un tem-po in cui passato, presente e futuro si compenetrano e toccano l'eternità. Questo tempo è ritmato dalla domeni-ca. Essa è "il primo giorno della settima-na" (Matteo 28, 1) e quindi il primo dei sette giorni della creazione. Ma è anche l'ottavo giorno, il tempo nuovo che ha avuto principio con la risurrezione di Gesù. La domenica è dunque per i cri-stiani, dice Ratzinger, "la vera misura del

tempo, l'unità di misura della loro vita", poiché in ogni messa domenicale irrom-pe la nuova creazione. Lì ogni volta la Parola di Dio si fa carne. Lo mostrano i dipinti di tante chiese del Medioevo e del Rinascimento: da un lato l'Angelo an-

nunziante, dall'altro la Vergine an-nunziata, e al centro l'altare sul qua-le in ogni messa "Verbum caro factum est" per opera dello Spirito Santo”. Distribuendo nel corso dell’anno "tutto il mistero della Pasqua di Cristo, dall'Incarnazione e dalla Natività fino all'Ascensione, al gior-no di Pentecoste e all'attesa della beata speranza e del ritorno del Signore" (S C, 102); insieme con la venerazione per Maria e per i santi, giunti alla perfezione "con l'aiuto della multiforme grazia di Di-o" (SC, 104),la Chiesa, nostra ma-dre e maestra, ci istruisce e ci so-stiene guidandoci verso la pienezza della vita che il Signore ci dona nella patria del Cielo. Nell’anno della chiesa, detto anche anno liturgico, più che con la narra-zione a puntate di un'unica grande storia e dei suoi protagonisti, in

forza del sacerdozio comune dei figli di Dio conferitoci con il Sacramento del Battesimo, noi siamo comunitariamente impegnati nella lode e nella rievocazione delle meraviglie di Dio; e con il sapiente svolgersi dei misteri della vita di Gesù di cui facciamo memoria nelle celebrazioni l i t u r g i c h e , v e n i a m o a r r i c c h i t i dell’inestimabile tesoro del Vangelo di salvezza che ha il potere di santificarci trasformando la nostra esistenza.

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Iniziamo con gioia il nuovo Anno di Dio

PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

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Nella meditazione della storia di salvezza, di cui, nel ciclo annuale del tempo della chiesa,riviviamo le tappe , gustando-ne le sorgenti, soprattutto con la lettura della sacra scrittura, troviamo l’alimento necessario per la nostra vita di comunio-ne con Dio che si esprime visibilmente anche nella preghiera privata e pubblica e nell’esercizio sempre più intenso e con-creto delle virtù essenziali della vita cristiana: la fede,la spe-ranza e la carità. Lo sottolinea con vigore la Costituzione liturgica del Vatica-no II, che afferma :” La liturgia mediante la quale, specialmen-te nel divino sacrificio dell'Eucaristia, «si attua l'opera della nostra redenzione», contribuisce in sommo grado a che i fe-deli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e la genuina natura della vera Chiesa” ( SC,2). La liturgia infatti che proclama il primato di Dio, è adorazio-ne e rendimento di grazie. È servizio di Dio, come lo fu il sacrifi-cio della croce, dove Gesù ha portato a compimento la volontà del Padre e compiuta la salvezza degli uomini suoi fratelli Dalla liturgia compresa, dignitosamente celebrata e vissuta, ne consegue la cari-tà fraterna in proporzione alla verità dell'adorazione, poiché l'amore è una grazia che viene dalla croce, cioè viene da Dio. Nella celebrazione del mistero pasquale che la Chiesa rinnova nell'Eucaristia impariamo a vedere l'uomo, ma a parti-re da Cristo e dal Padre, dal quale nasce la nostra fraternità di figli di Dio; e nella carità concreta, di-mostriamo che l'Eucaristia che celebriamo è riuscita. A que-sta coerenza di vita conforme al Vangelo di Cristo ci stimola l’anno liturgico, l’anno di Dio, l’anno nuovo che inauguria-mo con le quattro Domeniche di Avvento, prima stagione dell’anno della Chiesa, che ci prepara alla celebrazione del Natale di Gesù, quando chiediamo al Signore"di testimoniare nella vita il mistero che celebriamo nella fede".

Don Giuseppe Imperato GESÙ IL FEDELE

“Il Natale - come memoria liturgica— come festa, è un avvicinarsi di Gesù, un indice della Sua fedeltà, poiché le feste del Signore non sono vuote. Egli si fa personalmente ritrovare in esse. Prima che una istituzione nostra le feste sono un’assicurazione e una fedeltà sua. Come ha cantato il grande e religioso Clemente Rebora: “Gesù il Fedele/il solo punto fermo nel moto dei tempi/in sterminata serie di eventi: / il solo santo che non manca mai, / che trascende dove ci comprende/e si fa dono in cima ai nostri guai”.

SEGUE DALLA PRIMA PAGINA

Nel messaggio conclusivo dei padri sinodali, la prima tappa indicata per avvicinarsi alla lettura della Bibbia è la meditazione della Rivelazione. Un primo sussidio di cui avvalersi è il Cate-chismo della Chiesa Cattolica che già nella prima parte ,sezione prima, capitolo secondo, ai n.50 e 51 insegna che “l’uomo può conoscere Dio con certezza , a partire dalle sue opere . Esiste però un altro ordine di conoscenza a cui l’uomo non può arrivare con le proprie forze, quello della rivelazione divina. Per una decisione del tutto libera Dio si rivela e si dona all’uomo , svelando il suo mistero, il suo disegno di benevolen-za, prestabilito sin dall’eternità, in Cristo, a favore di tutti gli uomini.

Egli rivela pienamente il suo disegno invian-do il suo Figlio Prediletto, il Signore Nostro Gesù Cristo e Lo Spirito Santo. Dio ha offerto agli uomini, nella creazione una perenne testi-monianza di sé,volendo aprire la via della salvezza, fin da principio, ha manifestato se stesso ai nostri progenitori, li ha invitati ad un’intima comunione con sé, rivestendoli di uno splendore di grazia e di giustizia. La Rive-lazione non è stata interrotta dal loro peccato. Partendo da Abramo, Dio concepisce la Sto-ria della Salvezza, parlando al suo popo-lo,attraverso i patriarchi ed i profeti, annun-ziando una radicale redenzione del popolo di Dio,la purificazione di tutte le infedeltà e la salvezza che includerà tutte le nazioni. Infi-

ne , “ Dio che aveva già parlato nei tempi antichi, molte volte ed in diversi modi ,ai padri , per mezzo dei profeti, ultimamen-te, in questi giorni “ ha parlato a noi per mezzo del Fi-glio .” ( Eb,1,1-2) Cristo , il Figlio di Dio fatto Uomo , è la Parola Unica , perfetta e definitiva del Padre .( CCC,n°65). Fulcro della Parola di Dio è il Volto di Cristo, seconda tappa fondamentale per la lettura della Bibbia. Giovanni Paolo II ,nella Lettera Apostolica “ Novo millennio ineunte”, al para-grafo II ci invita ad essere contemplatori di Cristo ,come i greci che in pellegrinaggio a Gerusalemme chiesero all’apostolo Fi-lippo, “ Vogliamo vedere Gesù “ ( Gv ,12,21). Come duemila anni fa anche gli uomini del nostro tempo chiedono ai credenti di oggi, non solo di parlare di Gesù , ma anche di farlo vedere. Una testimonianza valida è possibile solo se ogni battezzato resta con lo sguardo fisso sul Volto del Signore .La contempla-zione del Volto di Cristo non può che ispirarsi a quanto di Lui ci dice la Sacra Scrittura , “ Se restiamo ancorati alla Scrittura,ci apriamo all’azione dello Spirito(Gv 15,26) che è all’origine di quegli scritti e dei Vangeli, testimonianza degli Apostoli ,che hanno fatto esperienza viva di Cristo , Verbo della Vita, lo han-no visto con i loro occhi,udito con le loro orecchie , toccato con le loro mani. La Chiesa continua a contemplare il Volto di Cristo, non fermandosi solo all’Immagine di Gesù Crocifisso;

quattro tappe per penetrare e gustare

la parola di dio

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la Chiesa contempla il Volto Luminoso di Gesù Risorto , avva-lendosi dell’insegnamento di San Paolo “ Se Gesù non fosse risorto, vana sarebbe la nostra predicazione, vana la nostra fede” ( 1 Cor -15,14) . “ Il tuo Volto Signore ,io cerco” (Salmo 27 [ 26] ,8 ). L’anelito del salmista non poteva ricevere rendi-mento più grande e sorprendente che nella contemplazione del Volto di Cristo; in Lui veramente Dio ci ha benedetti e ha fatto “splendere il suo Volto sopra di noi “. ( Salmo 67 [66] ,3 ).La terza tappa per approssimarsi alla lettura della Parola di Dio è la Chiesa.“ Nell’Antico Testamento, la sapienza divina era co-struita nella città degli uomini e delle donne , sorreggendola su sette colonne ( Pr,9.1 ) .Nel Nuovo Testamento , la Parola di Dio ha una sua casa, la Chiesa, fondata su Pietro e sugli Apo-stoli. La Chiesa, oggi, attraverso i vescovi , in comunione con il successore di Pietro , continua ad essere custode, annuncia-trice ed interprete della Parola.( Lumen Gentium,13 ) Luca, negli Atti degli Apostoli ( 2,42) ci traccia l’Immagine della Chiesa delle origini, fondata su quattro punti fondamentali : “Erano perseveranti nell’insegnamento degli Apostoli,nella comunione fraterna,nello spezzare il pane e nelle preghiere”.La Chiesa ha il compito della Predicazione della Parola. Dalla Chiesa è proposto il Kèrigma,“l’annuncio primario e fonda-mentale che Gesù stesso aveva proclamato : “ Il tempo è com-piuto ,il Regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al Van-gelo.” ( Mc,1,15). Importante nella Chiesa è la Catechesi, de-stinata ad approfondire nel cristiano il Mistero di Cristo alla luce della Parola di Dio. La Frazione del Pane , è il momento del dialogo intimo di Dio con il suo Popolo, è l’atto della Nuo-va Alleanza, suggellato dal Sangue di Cristo ( Lc,22-20 ), è l’opera suprema del Verbo che si offre come cibo nel Suo Cor-po Immolato ; è la fonte ed il culmine della vita e della missio-ne della Chiesa .” La preghiera viene particolarmente predilet-ta ,nelle singole comunità parrocchiali,con momenti di Adora-zione Comunitaria e personale, con meditazioni ed approfondi-menti della Parola di Dio, con suppliche ,devozioni e richieste di intercessione verso i Santi, Primi testimoni del Risorto .Non dimentichiamo infine i gruppi e le Organizzazioni che operano nella Chiesa per assicurare condizioni di vita migliore a chi si trova nella necessità ,per esprimere Cristo nel servizio pronto e generoso ad ogni fratello. Quarta ed ultima tappa per l’approfondimento della Parola di Dio è La Missione. La Chie-sa è chiamata ad annunciare Una Persona : Gesù Cristo ,per le strade del mondo .Nei “Lineamenta”,documento bozza conse-gnato ai Padri sinodali per iniziare i lavori,si legge: “L’esperienza di familiarità con Gesù Parola di Dio, la gioia per la scoperta del suo amore per noi , per il dono che Lui ha fatto della sua vita, trasforma in modo profondo le nostre abitudini quotidiane, la vita delle nostre comunità. Un segno di questa trasformazione è la crescita nel cuore della preoccupazione verso la missione universale.” “ Guai a me se non predicassi il Vangelo” (1 Cor 9,22) affermava Paolo. Nell’attuale società in cui prevalgono indifferenze, paure, violenze,crisi devastan-ti,mancanza di valori, tensioni sociali ,non si è capaci di coniu-gare economia e solidarietà, giustizia e perdono , diventa più che mai una necessità primaria testimoniare la Speranza in Cri-sto. Risorto Benedetto XVI , nella lettera Enciclica Spe Salvi,

afferma che è Cristo il futuro dell’umanità, “ il suo Vangelo è comunicazione che cambia la vita ,dona la speranza, e spalanca la porta oscura del tempo ed illumina il futuro dell’umanità”. ( Spe Salvi,n°2 )Benedetto XVI ,ancora, nel Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale, ha ricordato che il mandato missionario deve giungere “ fino agli estremi confini del mon-do .” Dobbiamo ,quindi pregare il Padrone della Vigna affinché susciti “ operai per la sua messe ”, che sentano vivo il bisogno di comunicare l’Amore di Gesù agli altri e possano rispondere con entusiasmo:“Eccomi,manda me” e dare compimento alla Parola di Dio ,attraverso la loro vita .

Giulia Schiavo

Un cammino di preparazione Ogni anno tante coppie decidono di unirsi in matrimonio e prima di affrontare questo passo così importante, è d’obbligo una fermata al corso prematrimoniale. Niente di eccezional-mente difficile, circa 10 lezioni, che per la nostra forania si svolgono quasi sempre ad Amalfi con l’aiuto di un Sacerdote e di alcune coppie responsabili. Durante gli incontri si affondano temi di grande spessore teologico e umano. Si parte infatti, da quello che è il concetto di “coppia”, lontano dagli egoismi dell’”io” e del “tu”, per decidere e fare progetti “insieme”. Questo porterà ad un distacco da quella che è la famiglia d’origine, per la formazione di un nuovo nucleo legato da a-more e fedeltà per sempre. L’unione e il carattere temporale senza fine è tipico del nostro essere cristiani, Dio ci ama sem-pre, e sarebbe bello che anche gli uomini riuscissero a fare al-trettanto, purtroppo però le pressioni esterne sono tante, e non sempre si riesce ad arginarle nei loro giusti confini. Le coppie responsabili, raccontano spesso momenti della loro vita coniugale durante i quali hanno dovuto affrontare problemi ai quali non erano preparati, e testimoniano come il dialogo e il rispetto reciproco, riescano a mitigare le situazioni più spiace-voli. Queste due parole, “rispetto” e “dialogo”, sono forse le più pronunciate durante il corso; dal Sacerdote alle coppie responsabili, l’invito ai partecipanti è quello di vivere il matri-monio con semplicità, come una conquista continua, giorno dopo giorno, con tanto senso di responsabilità. Il corso non è un inno al matrimonio, anzi, se qualcuno è poco convinto, forse è il modo migliore per dissuaderlo, perché anticipa quelle che saranno le preoccupazioni future e le proiezioni, non sono molto rosee, però fornisce anche ottimi suggerimenti e pur essendo di natura cristiana, non è di morale condannatrice. Nostro Signore non nega all’umanità nulla per cui l’ha creata: le gioie dell’unione fisica, la soddisfazione di essere padri e madri, ma neanche il coraggio di vivere secondo i Suoi insegna-menti. I mezzi ci sono e molto spesso sono ben conosciuti, tuttavia la reticenza nell’adoperarli può produrre gravi conse-guenze: aborti, divorzi,…Non esiste una regola per il matri-monio perfetto, ma se c’è la piena coscienza delle responsabili-tà del matrimonio, allora ci saranno di sicuro coppie che non “scoppieranno”. Il corso è questo, una presa di coscienza, fre-quentarlo e mettersi in discussione aiuta la coppia a maturare per giungere al suo traguardo.

Elisa Mansi

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Vocazione, missione ed ecumenismo: sono le tre parole chiave che hanno orientato il cammino della Chiesa di Amalfi-Cava de' Tirreni nell'anno giubilare dedicato a sant'Andrea Apostolo. Lo ha ricordato il Papa durante l'incontro con i fedeli dell'arcidiocesi campana ricevu-ti sabato mattina 22 novembre, nell'Aula Paolo VI.

Discorso del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle! Benvenuti nella casa del Successore di Pietro: vi accolgo con affetto e a tutti rivolgo il mio cordiale saluto. In primo luogo va al Pastore della vostra comunità ecclesiale, l'Arcivescovo Mons. Orazio Soricelli, al quale sono grato anche per le parole che mi ha rivolto a vostro nome. Saluto poi i sacerdoti, i dia-coni e i seminaristi, i religiosi e le religiose, i laici impegnati nelle varie attività pasto-rali, i giovani, la corale e gli ammalati con i volon-tari dell'Unitalsi. Saluto le Autorità civili, i Sindaci dei Comuni della Diocesi con i gonfaloni. Estendo infine il mio pensiero all'intera Arcidiocesi di Amalfi-Cava de' Tirreni, venuta a Roma in pelle-grinaggio presso la tomba dell'apostolo Pietro con le venerate reliquie di sant'Andrea, vostro augu-sto Patrono, conservate sin dal secolo XIII nella cripta della vostra Cattedrale. Anzi, questo pellegrinaggio si compie proprio nel nome dell'apostolo Andrea, in occasione dell'VIII Centenario della traslazione delle sue reliquie dalla grande Costantinopoli alla vostra città di Amalfi, piccola per dimensione ma grande anch'essa per la sua storia civile e reli-giosa, come ha ricordato poc'anzi il vostro Arcivescovo. Di-nanzi a questo prezioso reliquiario ho potuto sostare in pre-ghiera anch'io in occasione della festa di Sant'Andrea del 30 novembre 1996, e di quella visita conservo ancora grata me-moria. In tale ricorrenza ormai imminente, si concluderà que-sto anno giubilare con la Santa Messa celebrata nella vostra Cattedrale dal Cardinale Tarcisio Bertone, mio Segretario di Stato. È stato un anno singolare, che ha avuto il suo culmine nel solenne atto commemorativo dell'8 maggio scorso, presie-duto dal Cardinale Walter Kasper quale mio Inviato speciale. Guardando all'esempio e ricorrendo all'intercessione di sant'Andrea, voi volete infatti ridare nuovo slancio alla vostra vocazione apostolica e missionaria, allargando le prospettive del vostro cuore alle attese di pace tra i popoli, intensificando la preghiera per l'unità tra tutti i cristiani. Vocazione, missione ed ecumenismo sono pertanto le tre parole-chiave che vi hanno

orientato in questo impegno spirituale e pastorale, che oggi riceve dal Papa un incoraggiamento a proseguire con generosi-tà ed entusiasmo. Sant'Andrea, il primo degli Apostoli ad esse-re chiamato da Gesù sulle rive del fiume Giordano (cfr. Gv 1, 35-40), vi aiuti a riscoprire sempre più l'importanza e l'urgen-za di testimoniare il Vangelo in ogni ambito della società. Pos-sa l'intera vostra comunità diocesana, ad imitazione della Chie-sa delle origini, crescere nella fede e comunicare a tutti la spe-ranza cristiana. Cari fratelli e sorelle, questo nostro incontro avviene proprio alla vigilia della solennità di Cristo Re. Pertanto, vi invito a volgere lo sguardo del cuore al nostro Signore Gesù Cristo, Re dell'universo. Nel volto del Pantocrator, noi riconosciamo, come affermava mirabilmente il Papa Paolo vi durante il Con-cilio Vaticano II, "Cristo, nostro principio! Cristo, nostra via e nostra guida! Cristo, nostra speranza e nostro termi-

ne!" (Discorso di apertura del ii periodo, 29.9.1963). La Parola di Dio, che domani ascolteremo, ci ripeterà che il suo volto, rivelazione del mistero invisibile del Padre, è quello del Pastore buo-no, pronto a prendersi cura delle sue pecore disperse, a radunarle per farle pascolare e poi ripo-sare al sicuro. Egli va in cerca con pazienza della pecora smarrita e cura quella malata (cfr. Ez 34, 11-12.15-17). Solo in

Lui possiamo trovare quella pace che Egli ci ha acquistato a prezzo del suo sangue, prendendo su di sé i peccati del mondo e ottenendoci la riconciliazione. La Parola di Dio ci ricorderà anche che il volto di Cristo, Re universale, è quello del giudice, perché Dio è al tempo stesso Pastore buono e misericordioso e Giudice giusto. In particola-re, la pagina evangelica (Mt 25, 31-46) ci presenterà il grande quadro del giudizio finale. In tale parabola il Figlio dell'uomo nella sua gloria, circondato dai suoi angeli, si comporta come il pastore, che separa le pecore dalle capre e pone i giusti alla sua destra e i reprobi alla sinistra. I giusti li invita ad entrare nell'eredità preparata da sempre per loro, mentre i reprobi li condanna al fuoco eterno, preparato per il diavolo e per gli altri angeli ribelli. Decisivo è il criterio del giudizio. Questo criterio è l'amore, la carità concreta nei confronti del prossi-mo, in particolare dei "piccoli", delle persone in maggiore difficoltà: affamati, assetati, stranieri, nudi, malati, carcerati. Il re dichiara solennemente a tutti che ciò che hanno fatto, o non hanno fatto nei loro confronti, l'hanno fatto o non fatto a Lui stesso. Cioè Cristo si identifica con i suoi "fratelli più

PELLEGRINAGGIO DIOCESANO ALLA CATTEDRA DI PIETRO

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Piccoli “, e il giudizio finale sarà il rendiconto di quanto è già avvenuto nella vita terrena. Cari fratelli e sorelle, è questo ciò che interessa a Dio. A Lui non importa la regalità storica, ma vuole regnare nei cuori delle persone, e da lì sul mondo: Egli è re dell'universo inte-ro, ma il punto critico, la zona dove il suo regno è a rischio, è il nostro cuore, perché lì Dio si incontra con la nostra libertà.

Noi, e solo noi, possiamo impedir-gli di regnare su noi stessi, e quindi possiamo porre ostacolo alla sua regalità sul mondo: sulla famiglia, sulla società, sulla storia. Noi uo-mini e donne abbiamo la facoltà di scegliere con chi vogliamo allear-ci: se con Cristo e con i suoi angeli oppure con il diavolo e con i suoi adepti, per usare lo stesso linguag-

gio del Vangelo. Sta a noi decidere se praticare la giustizia o l'iniquità, se abbracciare l'amore e il perdono o la vendetta e l'odio omicida. Da questo dipende la nostra salvezza persona-le, ma anche la salvezza del mondo. Ecco perché Gesù vuole associarci alla sua regalità; ecco perché ci invita a collaborare all'avvento del suo Regno di amore, di giustizia e di pace. Sta a noi rispondergli, non con le parole, ma con i fatti: scegliendo la via dell'amore fattivo e generoso verso il prossimo, noi per-mettiamo a Lui di estendere la sua signoria nel tempo e nello spazio. Vi aiuti sant'Andrea a rinnovare con coraggio la vostra decisione di appartenere a Cristo e di porvi al servizio del suo Regno di giustizia, di pace e di amore, e la Vergine Maria, Madre di Gesù nostro Re, protegga sempre le vostre comuni-tà. Da parte mia, vi assicuro il ricordo nella preghiera mentre, ringraziandovi ancora per la vostra visita, di cuore tutti vi be-nedico.

Dall’Osservatore Romano del 23 novembre 2008

TESTIMONIANZA DELL’EVENTO “Abbiamo trovato il Messia!”: con queste parole, il vangelo di Giovanni tratteggia la gioia incontenibile che brillava negli occhi di Andrea quando si recò da Pietro per gridargli la bel-lezza del suo incontro con il Signore. L’ho rivista quella luce, rifulgere negli occhi dei seimila pellegrini dell’arcidiocesi di Amalfi- Cava, che il 22 novembre hanno rinnovato, con la loro fede e il loro entusiasmo, l’abbraccio tra Pietro ed Andrea recandosi a Roma per incontrare il Santo Padre. È in questo spirito che ho contemplato tutta la ricchezza della mia Chiesa, con la sua storia e le sue tradizioni, la sua gente e le sue spe-ranze così come ha delineato in maniera unica il nostro Santo Padre nel suo discorso rivolto a tutti noi. Ho così respirato la predilezione che Dio ha per me chiamandomi a servirlo nell’Ordine del Diaconato, a cui mi sto preparando, proprio in questa bella comunità diocesana. Spero di poter mostrare a tutti quelli che il Signore vorrà porre sul mio cammino, con la grazia del ministero, l’icona di queste emozioni.

Giuseppe Milo

TEMPO DI AVVENTO In attesa del Signore

La Chiesa- e ognuno che partecipa al suo mistero– vive tutta della memoria del Signore e dei suoi avvenimenti. Ma questi avvenimenti non sono per sempre trascorsi e solo recuperabili con un ricordo che affatica gli strappi all’avidità del tempo. Quello che Gesù ha compiuto non è ancora definitivamente trascorso; ancora adesso la Chiesa si sente segnata dalle opere di Cristo, dalla Sua natività, dalla Sua morte, dalla Sua risurre-zione. Una Chiesa smemorata che non ritorni ai misteri del Signore, si smarrirebbe, perdendo la propria identità. I cristiani sono nati grazie alla vita umana del Figlio di Dio; sono stati salvati per causa e per merito dei gesti del Signore.

Il ripassare di Gesù della Chiesa Ora, l’anno liturgico, che riprende con l’avvento, è il ripassa-re di Gesù nella chiesa, che tali gesti ritrova via via nei lunghi periodi in cui l’anno sacro è diviso, e nelle feste che lo riassu-mono e sono l’appuntamento atteso per la loro più fervide ed efficace memoria, per la scoperta del loro senso profondo. I giorni con il loro avanzare non annebbiano, non disanimano l’interesse della Chiesa. Essa non si annoia mai, quasi si trattas-se di cose solide e ovvie, quando i misteri di Gesù le sono ri-chiamati, soprattutto perché colui che viene ricordato nei suoi atti è vivo. La Chiesa lo sente (qui adesso), e il ritorno ai suoi misteri non tanto attraggono a un età passata quando introdu-cono al Signore presente. A ben considerare è lo Spirito stesso di Gesù che suscita e illu-mina la memoria della Chiesa, perché comprenda il signore ed entri in intima comunione con Lui. Vale, come significato e sostanza dell’anno liturgico, quanto già esclamava il salmista: “Ricordo i prodigi del Signore, sì, ricordo le tue meraviglie di un tempo. Vado considerando le tue opere, medito tutte le tue prodezze”. È la meditazione incessante della Chiesa, aperta su un anno e continuamente ripresa. Ora incominciamo il tempo dedicato a considerare il Natale del Figlio di Dio nella natura umana, il suo apparire nella visi-bilità e nella forma dell’uomo, il suo inconcepibile (abbreviarsi) nei limiti del nostro corpo e dei nostri giorni. È diffiicile sostenere a lungo un’intensa contemplazione di que-sto mistero. Esso racchiude tutta la manifestazione e l’offerta di Dio per noi e tutto il segreto del nostro essere uomini. Ecco perché non possiamo trovarci subito a Natale senza prepara-zione. Le settimane di Avvento sono sorte perché disponessi-mo lo Spirito alla memoria natalizia e vi conformassimo i sen-timenti. Intraprendiamo un itinerario che all’esterno è contato dal succedersi dei giorni del calendario, ma dentro l’anima è computato a seconda del nostro avvicinarci al Natale (con le opere buone).

Da “I. Biffi, L’anno di Dio. Una corona di Grazia, pp.243-244”

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"La fede, se è vera, se è reale, diventa amore, diventa carità, si espri-me nella carità". Lo ha ricordato Benedetto XVI all'udienza generale di mercoledì 26 novembre, nell'Aula Paolo VI. Nella catechesi il Papa ha sottolineato che "la centralità della giustificazione senza le opere, oggetto primario della predicazione di Paolo, non entra in contraddi-zione con la fede operante nell'amore". Cari fratelli e sorelle, nella catechesi di mercoledì scorso ho parlato della questione di come l'uomo diventi giusto davanti a Dio. Seguendo san Paolo, abbiamo visto che l'uomo non è in grado di farsi "giusto" con le sue proprie azioni, ma può realmente divenire "giusto" davanti a Dio solo per-ché Dio gli conferisce la sua "giustizia" unendolo a Cristo suo Figlio. E questa unione con Cristo l'uomo l'ottiene median-te la fede. In questo senso san Paolo ci dice: non le nostre opere, ma la fede ci rende "giusti". Questa fede, tuttavia, non è un pensiero, un'opinione, un'idea. Questa fede è comu-nione con Cristo, che il Signore ci dona e perciò diventa vita, diventa conformità con Lui. O, con altre parole, la fede, se è vera, se è reale, diventa amore, diventa carità, si esprime nella carità. Una fede senza carità, senza questo frutto non sarebbe vera fede. Sarebbe fede morta. Abbiamo quindi trovato nell'ul-tima catechesi due livelli: quello della non rilevanza delle no-stre azioni, delle nostre opere per il raggiungimento della sal-vezza e quello della "giustificazione" mediante la fede che pro-duce il frutto dello Spirito. La confusione di questi due livelli ha causato, nel corso dei secoli, non pochi fraintendimenti nella cristianità. In questo contesto è importante che san Paolo nella stessa Lettera ai Galati ponga, da una parte, l'accento, in modo radicale, sulla gratuità della giustificazione non per le nostre opere, ma che, al tempo stesso, sottolinei pure la rela-zione tra la fede e la carità, tra la fede e le opere: "In Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità" (Gal 5, 6). Di conseguenza, vi sono, da una parte, le "opere della carne" che sono "fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatri-a..." (Gal 5, 19-21): tutte opere contrarie alla fede; dall'altra, vi è l'azione dello Spirito Santo, che alimenta la vita cristiana suscitando "amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé" (Gal 5, 22): sono que-sti i frutti dello Spirito che sbocciano dalla fede. All'inizio di quest'elenco di virtù è citata l'agape, l'amore, e nella conclusione il dominio di sé. In realtà, lo Spirito, che è l'Amore del Padre e del Figlio, effonde il suo primo dono,

l'agape, nei nostri cuori (cfr. Rm 5, 5); e l'agape, l'amore, per esprimersi in pienezza esige il dominio di sé. Dell'amore del Padre e del Figlio, che ci raggiunge e trasforma la nostra esi-stenza in profondità, ho anche trattato nella mia prima Encicli-ca: Deus caritas est. I credenti sanno che nell'amore vicendevole s'incarna l'amore di Dio e di Cristo, per mezzo dello Spirito. Ritorniamo alla Lettera ai Galati. Qui san Paolo dice che, por-tando i pesi gli uni degli altri, i credenti adempiono il coman-damento dell'amore (cfr. Gal 6, 2). Giustificati per il dono della fede in Cristo, siamo chiamati a vivere nell'amore di Cri-sto per il prossimo, perché è su questo criterio che saremo, alla fine della nostra esistenza, giudicati. In realtà, Paolo non fa

che ripetere ciò che aveva detto Gesù stesso e che ci è stato riproposto dal Vangelo di domenica scorsa, nella parabola dell'ultimo Giudizio. Nel-la Prima Lettera ai Corinzi, san Paolo si diffonde in un famoso elogio dell'a-more. È il cosiddetto inno alla carità: "Se par-lassi le lingue degli uomi-ni e degli angeli, ma non avessi l'amore, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepi-ta... La carità è magnani-

ma, benevola è la carità, non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse..." (1 Cor 13, 1.4-5). L'amore cristiano è quanto mai esigente poiché sgorga dall'amore totale di Cristo per noi: quell'amore che ci reclama, ci accoglie, ci abbraccia, ci sostiene, sino a tormentarci, poiché costringe ciascuno a non vivere più per se stesso, chiuso nel proprio egoismo, ma per "Colui che è morto e risorto per noi" (cfr. 2 Cor 5, 15). L'a-more di Cristo ci fa essere in Lui quella creatura nuova (cfr. 2 Cor 5, 17) che entra a far parte del suo Corpo mistico che è la Chiesa. Vista in questa prospettiva, la centralità della giustifi-cazione senza le opere, oggetto primario della predicazione di Paolo, non entra in contraddizione con la fede operante nell'a-more; anzi esige che la nostra stessa fede si esprima in una vita secondo lo Spirito. Spesso si è vista un'infondata contrapposi-zione tra la teologia di san Paolo e quella di san Giacomo, che nella sua Lettera scrive: "Come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta" (2, 26). In realtà, mentre Paolo è preoccupato anzitutto di dimostrare che la fede in Cristo è necessaria e sufficiente, Giacomo pone l'ac-cento sulle relazioni consequenziali tra la fede e le opere (cfr. Gc 2, 2-4). Pertanto sia per Paolo sia per Giacomo la fede ope-rante nell'amore attesta il dono gratuito della giustificazione in Cristo. La salvezza, Cristo, ha bisogno di essere custodita e

CATECHESI PER L’ANNO PAOLINO

Una fede incarnata nell'amore evita divisioni nella Chiesa

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testimoniata "con rispetto e timore. È Dio infatti che suscita in voi il volere e l'operare secondo il suo disegno d'amore. Fate tutto senza mormorare e senza esitare... tenendo salda la paro-la di vita", dirà ancora san Paolo ai cristiani di Filippi (cfr. Fil 2, 12-14.16). Spesso siamo portati a cadere negli stessi fraintendimenti che hanno caratterizzato la comunità di Corinto: quei cristiani pensavano che, essendo stati giustificati gratuitamente in Cri-sto per la fede, "tutto fosse loro lecito". E pensavano, e spesso sembra che lo pensino anche cristiani di oggi, che sia lecito creare divisioni nella Chiesa, Corpo di Cri-sto, celebrare l'Eucaristia senza farsi carico dei fratelli più biso-gnosi, aspirare ai carismi migliori senza rendersi conto di esse-re membra gli uni degli altri, e così via. Disastrose sono le conseguenze di una fede che non s'incarna nell'amore, perché si riduce all'arbitrio e al soggettivismo più nocivo per noi e per i fratelli. Al contrario, seguendo san Pao-lo, dobbiamo prendere rinnovata coscienza del fatto che, pro-prio perché giustificati in Cristo, non apparteniamo più a noi stessi, ma siamo diventati tempio dello Spirito e siamo perciò chiamati a glorificare Dio nel nostro corpo con tutta la nostra esistenza (cfr. 1 Cor 6, 19). Sarebbe uno svendere il valore inestimabile della giustificazio-ne se, comprati a caro prezzo dal sangue di Cristo, non lo glo-rificassimo con il nostro corpo. In realtà, è proprio questo il nostro culto "ragionevole" e insieme "spirituale", per cui sia-mo esortati da Paolo a "offrire il nostro corpo come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio" (Rm 12, 1). A che cosa si ridurrebbe una liturgia rivolta soltanto al Signore, senza diventare, nello stesso tempo, servizio per i fratelli, una fede che non si esprimesse nella carità? E l'Apostolo pone spes-so le sue comunità di fronte al giudizio finale, in occasione del quale tutti "dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male" (2 Cor 5, 10; cfr. anche Rm 2, 16). E questo pensiero del Giudizio deve illu-minarci nella nostra vita di ogni giorno. Se l'etica che Paolo propone ai credenti non scade in forme di moralismo e si dimostra attuale per noi, è perché, ogni volta, riparte sempre dalla relazione personale e comunitaria con Cristo, per inverarsi nella vita secondo lo Spirito. Questo è essenziale: l'etica cristiana non nasce da un sistema di comandamenti, ma è conseguenza della nostra amicizia con Cristo. Questa amicizia influenza la vita: se è vera si incarna e si realizza nell'amore per il prossimo. Per questo, qualsiasi decadimento etico non si limita alla sfera individuale, ma è nello stesso tempo svalutazione della fede personale e comuni-taria: da questa deriva e su essa incide in modo determinante. Lasciamoci quindi raggiungere dalla riconciliazione, che Dio ci ha donato in Cristo, dall'amore "folle" di Dio per noi: nulla e nessuno potranno mai separarci dal suo amore (cfr. Rm 8, 39). In questa certezza viviamo. È questa certezza a donarci la forza di vivere concretamente la fede che opera nell'amore.

(©L'Osservatore Romano - 27 novembre)

UNA FAMIGLIA UMANA

Anche se gran parte di noi non ne è consapevole, quando par-liamo di “famiglia” ci riferiamo ad uno dei modelli in cui questo ganglio vitale della società si è sviluppato nel tempo: la famiglia borghese. Infatti, la famiglia è uno stato di fatto sociale che nelle varie civiltà ha assunto una molteplicità di forme ed esperienze, de-rivanti dalla struttura economica, dall’ordinamento politico, dall’organizzazione giuridica e dalle tradizioni culturali della società. La storia umana ha conosciuto la famiglia monogamica e quella poligamica, quella patriarcale, unioni di famiglie come il clan e la sippe, la cosiddetta “famiglia allargata”, eccetera. Nel corso dei secoli XVIII e XIX, con la formazione e l’affermazione della borghesia, la forma familiare assunta da questa classe diventa la struttura nucleare primaria della socie-tà. Il modello di relazione della famiglia borghese è semplice e ben definito: si basa sul matrimonio, con ruoli differenziati per i coniugi, prevede dei figli (pochi), e una cultura affettiva della familiarità e della domesticità. Verso la fine del secolo XIX il modello di famiglia borghese raggiunge i lavoratori, andando a costituire la struttura di riferimento che darà le basi al diritto matrimoniale e familiare. Oggi il modello di famiglia borghese, pur rappresentando an-cora la regola, sta conoscendo importanti trasformazioni: la stratificazione della società, i nuovi rapporti generazionali, il mutamento del ruolo e delle funzioni dei sessi fanno sì che alle relazioni familiari codificate subentrino esperienze che vedono nuovi tipi di unioni fra esseri umani e di rapporti tra adulti e bambini. Sintetizzando, siamo arrivati alle nozze gay e alle ri-chieste di adozioni omosessuali, unioni “familiari” che alcuni Stati europei hanno legalizzato. E’ inevitabile che situazioni e decisioni tanto delicate generino accesi dibattiti e prese di posizione che appaiono spesso incon-ciliabili. Lasciando ad altri le considerazioni di carattere mora-le, sociologico o giuridico, c’è un aspetto della questione che, stranamente, quasi tutti dimenticano, e che invece non do-vrebbe assolutamente rimanere escluso dal dibattito: sono i dati biologici, i fondamenti naturali del comportamento umano. Quando i fautori delle nuove unioni chiedono con aria ironica che cosa si intenda per “famiglia naturale”, noto che gli interlo-cutori appaiono spesso disarmati ed incerti. Ma la risposta a una tale domanda esiste, ed è basata non su convincimenti giu-ridici, etici o confessionali, ma su dati biologici: sono questi a mostrarci che la famiglia intesa come l’unione naturale di un maschio e una femmina, e relativa prole, è un universale presente in tutte le culture umane. “Fino ad oggi”, scrive lo scienziato tedesco Irenaus Eibl-Eibesfeldt nella monumentale Etologia Umana, “non siamo a conoscenza di alcun gruppo umano che viva senza un’unione duratura. Nella maggior parte dei casi, inoltre, un uomo vive con un’unica donna, con la quale instaura un legame matrimo-niale. Anche nelle società dove la poligamia è usuale, i matri-moni monogamici hanno una frequenza di 2,5 volte maggiore rispetto ai matrimoni poligamici. Ciò significa che anche nelle società poligamiche gli uomini sono sposati per lo più con una

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sola donna”. Non meno importanti, nell’ottica di eventuali adozioni da parte di coppie omosessuali, sono le conclusioni di Eibl-Eibesfeldt riguardanti il fondamentale legame madre-figlio. Dopo aver affermato: “L’opinione che i ruoli sessuali siano stati indotti nell’uomo dalla cultura, allo stesso modo di altri comportamenti, non regge ad un esame critico. Tra uo-mo e donna esiste uno schema universale di divisione dei com-piti che si ritrova persino presso le popolazioni di cacciatori e raccoglitori definite egalitarie”, l’etologo tedesco prosegue in questo modo: “Fin dalla prima comparsa dei mammiferi, e cioè per lo meno da duecento milioni di anni, esiste infatti la stretta unità fisiologica madre-figlio, cosicché è probabile che adattamenti filogenetici abbiano determinato le caratteristiche maschili o femminili della personalità e quindi anche il com-portamento tipico del sesso e il ruolo sessuale”. Non è dunque il “buon senso”, sono i dati scientifici a dimo-strarci che la triade madre-padre-figlio rappresenta il vero nucleo di cristallizzazione della famiglia e della società umana; sancire la totale parità di diritti tra la famiglia naturale e l’unione di omosessuali non regge a un esame biologico. E in un’etica della sopravvivenza, i fondamenti biologici e cul-turali del comportamento umano assumono valore primario nell’effettuazione di scelte che possono avere un’enorme por-tata per le generazioni presenti e future.

Armando Santarelli

Che cos’è la visita pastorale?

La visita pastorale del Vescovo alla Diocesi risale ai tempi apo- stolici. I primi visitatori furono Tito e Timoteo, inviati da Paolo a vi- sitare le Chiese da lui fondate a Creta e ad Efeso (1 Tm 1,3.4.18; 2 Tm 2,23; 3,1-12; Tt 1,5-9; 2,1-3...). Essa è praticata dai Padri della Chiesa, Ambrogio di Milano, Ilario di Poitiers, Agostino d’Ippona, Gregorio Magno, Ata-nasio, Basi- lio, Gregorio Nazianzeno, Giovanni Crisosto-mo, e viene codificata dai concili. La visita del Vescovo alla Diocesi è stata regolata dal Concilio di Trento, che ne indica le finalità e le modalità di svolgi-mento. Anche oggi la Visita Pastorale rappresenta uno degli impegni più importanti e più significativi del Vescovo diocesano. Il Vescovo, nell’ambito delle sue attività pasto-rali, quotidianamente è in giro per la Diocesi, incontrando Comunità, persone e istituzioni; ma vive un’occasione particolare, appunto la Visita Pastorale, almeno ogni 5 anni, per farlo in maniera ordinata e continua, sostando per più tempo in ogni comunità. Legata a tale visita, per antichissima tradizione, i Vescovi, vivono la visita "ad limina Apostolorum" (alle soglie degli apostoli); in tale occasione essi presentano al Papa la relazio-ne circa lo stato della loro Diocesi.Nella Visita Pastorale alla Diocesi e nella visita “ad limina Apostolorum” si consolida-no i vincoli di comunione gerarchica tra il ve- scovo e la propria Chiesa locale, tra i Vescovi e il Papa, e si evidenzia la cattolicità della Chiesa e l'unione del collegio dei vescovi.

“Si accostò e camminava con loro” (Lc 24,15)

Carissima Famiglia Cristiana, l’icona dei pellegrini di Emmaus riassume in pieno lo spirito e il senso dell’esperienza che tra poche settimane vivrò avvi-cinandomi ad ogni singola Comunità di questa Chiesa locale per camminare insieme, condividere, incoraggiare e confer-mare. La Visita Pastorale, che inizierò tra qualche giorno, non è altro che il farsi pellegrino del Vescovo presso le varie Comuni-tà dell’Arcidiocesi per camminare con loro condividendo la fede, sostenendo la speranza, incoraggiando nella carità e ri-confermando i fratelli nel cammino verso il Signore risorto. I due “Viandanti” manifestano al “Divino ospite” i sentimenti, le incertezze e le speranze della loro esperienza di fede. Nei loro sentimenti ritroviamo il paradigma del nostro cammino di fede. Mi piace immaginarmi in cammino dalla Gerusalem-me dei grandi avvenimenti e dello sconcerto, verso l’Emmaus della quotidianità della fede e in questo “camminare” incontrare le vostre Famiglie, la vostra Comuni-tà Parrocchiale. Seguendo l’esperienza dei due pellegrini di Emmaus, mi pare di sentire la vici-nanza del Signore risorto, che si inserisce nei “discorsi” di fede, nei pensieri an-nebbiati, nelle domande esistenziali che tutti ci portiamo dentro. Mi pare di percepire la voce del Signore che dice: “Stolti e tardi di cuore nel credere... non bisognava che il Cristo sop-portasse queste sofferenze per entrare nella sua glo- ria?” (Lc 24,25-26). Come hanno fatto i due Discepoli, così anch’io invito il Mae-stro a fermarsi e ad entrare presso ogni Comunità, a sedere a mensa con me e con le Comunità che la Provvidenza ha affi-dato alle mie cure pastorali. Egli “spezza” il pane, memoria e realtà del suo rimanere in mezzo a noi. Poi scompare. Nella nostra esistenza si susseguono i tramonti e mi auguro che il Signore risorto ci accompagni nel cammino, illuminan-do di nuovi significati la Parola, di cui ci ha fatto dono, e le situazioni più complicate del nostro quotidiano L’esperienza della Visita Pastorale rinnoverà la mia e la vostra fede; tutto è nato da un incontro, tutto continua attraverso l’incontro. Nei giorni in cui mi farò compagno di strada della Vostra Comunità Parrocchiale per la Visita, mi piacerebbe incon-trarvi personalmente per esprimervi tutta la mia gratitudine e stima per la fede, la speranza e la carità che quotidia-namente testimoniate nella vostra famiglia. Vorrei conoscere le vostre situazioni di gioia e di dolore per rivolgere a Dio parole di ringraziamento e a voi parole di speranza. Vorrei

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incontrare i vostri figli per indicare in Gesù l’unico modello e maestro di vita. Mi piacerebbe incontrarvi nella vostra casa per condividere la gioia della vostra famiglia, ascoltarvi, incoraggiarvi e loda-re insieme il Signore per le tante meraviglie che opera all’interno della nostra Chiesa. Da alcuni mesi ho consegnato alla Diocesi il Piano Pastorale che ci accompagnerà per i prossimi tre anni, mi piacerebbe verificare con Voi, se esso ci sta aiutando a “camminare in-sieme”, se è utile a far crescere il nostro senso di apparte-nenza ad una Chiesa locale, se ci stimola a riscoprire la bellez-za dell’essere fratelli in Cristo. Amici miei carissimi, accompagnatemi con la preghiera perché il passaggio del vostro Vescovo e il suo “camminare” con le varie Comunità possa aiutarci a riprendere cammini interrotti, a ricucire i rapporti rendendoli più autentici e fra-terni, a leggere i segni dei tempi, a progettare senza paura il futuro. Solo così potremo liberarci da ogni chiusura, pregiudizio e superficialità, allargando il nostro sguardo verso orizzonti di comunione, riuscendo ad offrire ragione della nostra speran-za e di essere, tutti insieme, protagonisti e corresponsabili della vita ecclesiale.

Nell’attesa di incontrarci, Vi benedico tutti nel Signore. Amalfi, 6 gennaio 2007 Epifania del Signore

+ Orazio Soricelli

I giovani : lievito della comunità

L’Avvento è attesa del Signore che viene ed invito a cammina-re verso di Lui. È questo lo spirito che da alcune settimane sta animando fruttuosamente gli incontri dei giovani della nostra comunità parrocchiale. L’avvento difatti è il tempo liturgico che ci fa rivivere la prima venuta di Cristo, è un periodo di immediata preparazione al Natale. Ma si proietta anche sul futuro, in attesa del suo ritorno glorioso, della sua seconda venuta. Il tempo presente non è eterno. L’uomo contempora-neo sembra dimenticarlo, preferisce ignorare le verità della fine dei tempi e di conseguenza, dimentica il fine dell’esistenza umana, l’incontro con il Salvatore. La Chiesa vigila e prega invocando: “ Vieni, Signore Gesù!”. Questo diventa per tutti noi giovani un invito a riscoprire che la vita non è un semplice subire gli eventi che passano, ma è un vivere da protagonisti le occasioni preziose che essa ci propone. Siamo vivi non solo perché respiriamo, ma perché proviamo dei sentimenti, per-ché viviamo delle emozioni, perché costruiamo l’esistenza su dei progetti e ideali che sono quanto Dio vuole per ciascuno di noi. Il fine educativo dei nostri incontri settimanali è incentra-to appunto sull’obiettivo di far accrescere la comunione tra noi giovani speranza della Chiesa. Non è questo anche l’insegnamento che ci viene guardando a Maria che con un semplice “SI” permette a Dio di entrare nel mondo e di portar-

vi la salvezza? Ella pur essendo turbata e domandandosi il sen-so della visita dell’angelo e delle sue parole di saluto, chieden-do ragioni di come ciò che le veniva prospettato potesse acca-dere, si fida della promessa di cui Gabriele è messaggero, e pronuncia il suo si. Per compiere la storia della salvezza dell’uomo e della creazione, Dio, pur non avendone alcun bisogno, chiede la collaborazione dell’uomo, esaltandone la dignità. Dio cerca appunto la partecipazione e la testimonianza di ogni uomo e donna di tutti i tempi come pure di ogni gio-vane pronto ad accogliere il suo messaggio e il suo disegno d’amore affidato oggi alla mediazione della Chiesa. Tale mes-saggio non va solo accolto ma bensì deve essere interiorizzato e vissuto ognuno nella propria vita e nella specifica quotidiani-tà. Di fatti una volta incontrato e ascoltato il Signore, affasci-nati dalla sua proposta e dal suo invito a Lui si aderisce con il proprio si. Ma dove possiamo incontrare il Signore? Lo si in-contra e lo si riconosce nella sua vera identità in un contesto comunitario, cosi come Gesù stesso ci dice: “dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Da que-sto scaturisce l’esigenza e l’importanza di ritrovarci insieme, nei gruppi, per divenire lievito per la nostra comunità parroc-chiale. In questo senso facciamo nostre e accogliamo come invito e augurio per i nostri incontri le parole di Sua Santità Benedetto XVI: “non è forse possibile, ancora oggi, per voi ragazzi e giovani fare della vostra vita una testimonianza di comunione con il Signore, che si trasformi in un autentico capolavoro di santità?”

Giuseppe Milo

Ascoltiamo il Papa che ci interpella: “Cari giovani, permettetemi di farvi ora una domanda. Che cosa lascerete voi alla prossima generazione? State voi costruendo le vostre esistenze su fondamenta solide, state costruendo qualcosa che durerà? State vivendo le vostre vite in modo da fare spazio allo Spirito in mezzo ad un mondo che vuole dimenticare Dio, o addirittura riget-tarlo in nome di un falso concetto di libertà? Come state usando i doni che vi sono stati dati, la “forza” che lo Spi-rito Santo è anche ora pronto a effondere su di voi? Che eredità lascerete ai giovani che verranno? Quale differen-za voi farete?”

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Domenica 26 ottobre, sono ripresi gli incontri mensili della “Pastorale Giovanile Vocazionale Monache Redentoriste” pres-so il Monastero delle Redentoriste in Scala. Alle ore 10:00, incontro al giardino del Monastero, vecchi amici da salutare, nuovi da imparare a conoscere, e le Monache ad accoglierci, con il loro sorriso e la gioia dell’essere a servizio del Signore. Quest’anno tra le “accoglitrici”, e non più tra noi “accolti”, le tre postulanti, Maria, Roberta e Giovanna, ed è un po’ strano vederle uscire dagli ambienti della Clausura, con la gonna lun-ga e la croce Redentorista, tuttavia, adesso questa è la loro esperienza di vita, e il nostro augurio, non può che essere quello di veder realizzata la loro vocazione. Nel salone del Monastero, già tutto pronto: le sedie, disposte in cerchio se-condo la tradizione, Padre Alfonso, e un bel manifesto al muro con l’invito dell’anno: “Vieni…camminiamo a passo con la speranza!”, infatti, il tema scelto per gli incontri mensili è pro-prio la speranza. Abbiamo cominciato con il presentarci, o-gnuno “chiamato per nome”, a seguire la preghiera, un’invocazione allo Spirito Santo, e le lodi del mattino. Il pas-so del Vangelo posto alla nostra attenzione è stato quello della prima moltiplicazione dei pa-ni, ed in particolare l’inizio, dove gli Apostoli, dopo aver riferito a Gesù del loro opera-to, con Lui si ritirarono in un luogo in diparte. Esattamente cinque righi, proprio pochi, e a prima vista anche semplici, in fondo non è difficile capire l’italiano, è la nostra lingua corrente…Quasi un’ora e mezza di lectio, perché? Per-ché la Parola di Dio è come il pane, si moltiplica. Una fetta di pane può essere un solo pezzo, ma se lo sbricioliamo, non avremo più “una fetta” di pane, bensì “più pane” e la materia, anche se rimpicciolita, è sempre della stessa consistenza, non perde nessuna delle sue caratteristiche solo perché in parti più piccole. Così è stato per quei cinque righi…con l’aiuto di Padre Alfonso, li abbiamo sviscerati, ogni verbo nel suo significato più intenso, ogni peri-copo (breve frase), nella sua più completa spiegazione. Ad esempio “gli Apostoli”, non sono generici, erano settantadue; “riferirono a Gesù”, parlavano di ciò di cui erano stati partecipi al Cristo; “si ritirarono”, sono andati via dagli altri; “in dispar-te”, si sono separati dalla folla, ma sono insieme tra di loro. Con questo anche l’idea del movimento, “la folla che andava e veniva”, li cercava senza stancarsi; “partirono sulla barca”, la necessità di un distacco fisico da preludio a quello spirituale. In un attimo si è accesa un’animata conversazione sull’interpretazione, con interventi spontanei e appelli nomati-vi, c’è stato spazio per ogni punto di vista e mettendoli insie-me, Padre Alfonso ci ha reso partecipi di quel passo del Van-

gelo, così fossimo lì, anche noi, a partecipare. La passione degli Apostoli, speranza della folla, è diventata la nostra voglia di sapere e di poter far conoscere. Neanche il momento del deserto, per le riflessioni personali sulla voglia di comunicare la Parola di Dio e il giusto isolamento per capirla e poter esse-re a Tu per Tu con Nostro Signore, ci ha distolto dal discute-re, ma il suono della campana ci ha richiamato nel salone. Era già ora di salutare le Monache ritiratesi per il pranzo e noi, data la bella giornata, tutti fuori in giardino per condividere il pasto. Il momento della mensa è uno degli spazi più proficui per la promozione della conoscenza reciproca, siamo lì solo noi, e se non collaboriamo rischiamo di rendere sterile questo tempo. Almeno nei primi incontri, soprattutto con i nuovi arrivati, non c’è una grande comunicazione, tuttavia a pranzo qualunque argomentazione s’intavoli è di tutti e piano piano si superano le reticenze iniziali e fondiamo le basi di incontro per i prossimi appuntamenti. Si è insieme nel condividere e anche nel pulire, e rimesso tutto a posto, sono arrivate le postulanti a tenerci compagnia in attesa del ritorno di Padre Alfonso. Anche se il tempo è volato, non è ci è mancato: abbiamo im-

parato e provato i canti per la Messa, e tenuto una picco-la lezione di animazione per ragazzi, molto utile per chi tra di noi è impegnato in parrocchia, magari con i più piccoli. Con Padre Alfonso poi, si è aperta la riflessione sul nostro rapporto persona-le con la preghiera in Cristo e ci siamo resi conti che non esiste “un modo “ di pregare, ogni parola che rivolgiamo a Cristo, può essere preghiera, sia essa stessa un’orazione o anche una richiesta di aiuto. E’ la speranza che sboccia

dalla fede a renderci propensi al dialogo con Dio, ciascuno di noi si pone al Suo confronto in modo diverso e non c’è uno schema predefinito infallibile, anche se la preghiera comunita-ria è di certo più interessante, per gli uomini, che imparano a stare insieme, e per Dio che vede realizzato il suo progetto di unione e pace per l’umanità. Non abbiamo dovuto attendere molto per sperimentare la conclusione a cui eravamo giunti, perché dopo poco è stata celebrata la Santa Messa e rigenerati dalla parola di Dio, a fine incontro ci siamo salutati. La giorna-ta è stata impegnativa, ma non abbiamo perso il sorriso che l’ha inaugurata, perché anche se un po’ stanchi siamo stati felici di esserci, e sulla via della fede, abbiamo sicuramente messo un altro solido mattone.

Arrivederci a domenica 23 novembre.

Elisa Mansi

La tua passione…è la speranza mia

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Arrivederci 2008… Anno 2008: anno nuovo; anno di speranza; anno bisesto, anno fune-sto; anno di caldo; anno di anniversari; anno di dolore…Proprio quest’ultima descrizione è quella che più si addice al 2008 per Ravel-lo, e in particolar modo per la piccola parrocchia del Lacco. Forse nessun abitante si sarebbe aspettato da questo anno, quello che real-mente ci sta lasciando, il vuoto. In dodici mesi abbiamo sentito suo-nare la campana di San Martino tante, per noi esseri umani, forse troppe volte. Popolarmente si racconta che questa campana è come se si sentisse sola, perché da sola non suona mai a festa, ma sempre e solo per annunciare qualche dipartita dal mondo terreno, e poi segue la tabellina del tre. Un morto dietro l’altro… “Anna Mansi, Giovanna Mansi, Pantaleone Cioffi, Vincenzo Cioffi, Maria Malafronte, Angela Coppola, Gaetano Ruocco, Raffaella Di Palma, Lorenzo Cioffi, Giustina Della Mura, Pasqualina Palumbo, Maria Raffaella Schiavo, Di Lieto Trofimena, Salvatore Coppola, Carmela Esposito, Mario Mansi,…” Uomini e donne, chi più chi meno, sofferenti; padri, madri, adorati nonni; giovani e meno giovani; vite dedicate alla famiglia, alla comu-nità religiosa; memorie vive della nostra storia; esempi di vita. Nes-suno di loro era circondato dai clamori della vita mondana, gente semplice e umile che incontrandoli per strada, pur essendo in ordine di età più grandi, dicevano”Buongiorno!” ricordandoci quel minimo di buona educazione e di rispetto che tante volte scappa dalle nostre giovani teste…In punta di piedi, uno alla volta ci hanno salutato, e anche se a tutti piacerebbe tenere stretti i propri affetti per sempre, questo non è possibile, non è nel disegno di Dio. Per quanto dolorosa può essere, anche la morte è giusta, e i giusti non ne hanno paura. “Signore, hai già accolto queste anime, che nella Tua luce risplendo-no lontane dalle sofferenze, accolte nella Tua gloria. Ti ringraziamo per averci donato la Loro vita, aiutaci affinché possiamo far tesoro del Loro ricordo superando il dolore della perdita, per poterlo tra-smettere a chi materialmente non ha avuto modo di conoscerli, o superficialmente, si sta accorgendo della Loro mancanza solo ora, che non ci sono più. Amen.”

Elisa Mansi

Seconda edizione de "Il Segreto dei tesori di Palazzo Rufolo"

Dopo soli 4 mesi dall´uscita della prima edizione, a grande richiesta arriva la seconda edizione dell´opera "Il segreto dei Tesori di Palazzo Rufolo" di Salvatore Ulisse di Palma. L´opera, ambientata nel lonta-no 1890, è una novella tra storia e leggenda che tratta argomenti realmente vissuti all´interno del palazzo dei Rufolo. La prima edizio-ne, stampata su pregiata carta amalfitana delle cartiere Amatruda di Amalfi ed edita da Gutenberg, ha riscontrato un grande successo, in soli 4 mesi i primi volumi sono andati letteralmente a ruba, spingen-do così l´autore e la stessa casa editrice a partire con la ristampa. L'opera inizia con l'arrivo a Ravello di un turista, il personaggio prin-cipale, il quale, grazie all´aiuto di Andrea Bonadies proprietario della locanda Bonadies (l´attuale Hotel Bonadies), riuscirà a visitare l'intera città, ambientarsi e portare a termine il motivo del suo viaggio: risol-vere un mistero di cui gli aveva parlato un amico. La seconda edizio-ne de "Il segreto dei tesori di Palazzo Rufolo" è stata presentata, con un evento speciale organizzato dall´Ass. Cult. Notte Ravellese, Saba-to 29 Novembre 2008 presso il Duomo di Ravello. Nel corso della serata sono intervenuti il Nob. Cav. Prof. Ciro Romano, responsabi-le dell´Agg. Campania dei Cavalieri di Malta ad Honorem, lo storico Prof. Giuseppe Gargano, i dirigenti scolastici delle scuole superiori

della Costiera Amalfitana e dell´Istituto Comprensivo di Ravello, il responsabile della P.A. Millenium di Amalfi, Antonio Galileo, ed il direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, Padre Enzo Fortunato. Concluderà la presentazione il Prof. Luca Iannuzzi, Diri-gente dell´ufficio Scolastico Provinciale di Salerno, coordinerà e modererà il Prof Gaetano Califano. Nel corso della serata il Dott. Salvatore Ulisse di Palma ed Umberto Gallucci, responsabile del Progetto, hanno illustrato il "Progetto Arcobaleno" 2008/2009 e hanno premiato i ragazzi di Ravello e Scala delle scuole superiori che hanno ottenuto la media dell´otto durante l´ anno scolastico 2007/08 e la migliore ragazza ed il miglior ragazzo dei comuni di Ravello e Scala, sono stati premiati con una medaglia d´oro e riceve-ranno una sorpresa che verrà svelata solo nel corso della presentazio-ne. "Progetto Arcobaleno" è un progetto che sostiene attività per ragazzi, prende vita il 22 marzo 2008 a Ravello da un´idea del dott. Salvatore Ulisse di Palma e di tre giovani di Ravello: Umberto Gal-lucci, Andrea Gallucci e Raffaele Amato. Durante l´anno scolastico 2008/2009 lo stesso dott. di Palma, presso l´Istituto Comprensivo Ravello-Scala, continuerà a “raccontare” ai ragazzi delle 3e medie il ‘900 Ravellese, progetto inserito nel POF (Piano di offerta formati-va), e i ragazzi che verranno licenziati con la media dell´ottimo ver-ranno premiati con un viaggio premio che, da quest´anno, sarà esteso anche i ragazzi di Ravello e Scala delle scuole medie superiori che prenderanno la media dell´otto. Le attività svolte dal "Progetto Ar-cobaleno" vengono finanziate grazie al ricavato dalle vendite dell´opera "Il segreto dei Tesori di palazzo Rufolo”.

Andrea Gallucci Ci piace riportare dalla rivista “San Francesco patrono d’Italia” quanto la nota conduttrice televisa Paola Saluz-zi ha scritto sul “Progetto Arcobaleno” in cui impegnati i nostri generosi Andrea e Umberto Gallucci e Raffaele A-mato “Lasciatevi dare un consiglio, se c’è una cosa che conta nella vita dei vostri figli, quella è la scuola. Tutti noi, chi più giovane e chi con più primavere sulle spalle, abbiamo un ricordo vivissimo del nostro passato scolastico, perché in quella particolare stagione della vita, la scuola rappresenta un habitat completo. La scuola è il pane che fa crescere le nostre coscienze critiche, che apre orizzonti infiniti alla nostra vista, ma è anche l’ambiente che ci fa stringere le prime amicizie, quelle che, se si è fortunati, durano una vita intera. C’è un cammino formativo che so-stiene attività per ragazzi, che motiva i ragazzi allo studio, questo cam-mino ha un nome, Progetto Arcobaleno. Nasce nel mese marzo 2008 nel cuore della costiera amalfitana, un luogo al quale da sempre mi lega una naturale affinità elettiva, da un medico che della buona intrapren-denza ne ha fatto il significato della vita. Il dottor Salvatore Ulisse di Palma con tre giovani Umberto Gallucci, Andrea Gallucci e Raffaele Amato hanno contaminato l’intero territorio scolastico. Il prossimo 29 novembre, nel corso della presentazione della ristampa del libro “Il segre-to dei tesori di Palazzo Rufolo” – un libro che con grande delicatezza poetica ci dipinge l’atmosfera magica della costiera amalfitana di fine ottocento – il Progetto Arcobaleno premierà i ragazzi delle scuole supe-riori che hanno preso la media dell’otto, premiando con una medaglia d’oro la migliore ragazza e il miglior ragazzo. Come viaggio il prossimo anno si prevedono i luoghi più importanti della Seconda Guerra Mondiale in Italia e si concluderà ad Auschwitz. Un itinerario che proietterà i nostri giovani fiori in un brutto passato, ma è anche grazie a queste iniziative che ci assicureremo un futuro mi-gliore, perché laddove c’è un obiettivo, un sogno, non c’è spazio per gli incubi.”

Page 12: Incontro Dicembre 2008

CELEBRAZIONI DEL MESE DI DICEMBRE Messa Vespertina nei giorni festivi (sabato e domenica)

sarà celebrata alle ore 18.00 e nei giorni feriali alle 17.30. 1 DICEMBRE

SOLENNITA’ LITURGICA DI SANT’ANDREA PATRONO DELLA DIOCESI Duomo 17.30: Santa Messa

4 DICEMBRE FESTA DI SANTA BARBARA COMPATRONA DI RAVELLO

INAUGURAZIONE DELLA VISITA PASTORALE DELL’ARCIVESCOVO ALLE PARROCCHIE DELLA CITTA’

7—14– 21 DICEMBRE II—III-IV DOMENICA D’AVVENTO

In Duomo Sante Messe: ore 08.00-10.30-18.00 8 DICEMBRE

SOLENNITA’ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA VERGINE MARIA Programma DELLA Visita Pastorale :

PARROCCHIA S. M. ASSUNTA—E S. M. DEL Lacco 4 – 14 dicembre 2008

Giovedì 4 dic. ore 18.00 Duomo: Accoglienza S. Messa. Con tutte le Parrocchie (Festa S. Barbara) 19.00: Duomo: Incontro con tutti i Ministranti 20.00: Incontro con i Soci di “Ravello nostra” Venerdì 5 dic. 10.00 – 12.30 Visita agli ammalati (Duomo e Lacco) 16.00 Visita agli ammalati 18.00 S. Trifone (S. Martino) S. Messa 19.00 Duomo: Incontro con l’ACI 20.00 Incontro con i Soci della “Ribalta”. Sabato 6 dic. 10.00 Scuola media 11,30 – 12.30 Duomo: Colloqui personali 16.00 Duomo: Incontro con i ragazzi catechismo con genitori. Domenica 7 dic. Santa Maria della Pumice: ore 10.00 S. Messa Venerdì 12 dic. 10.00 Scuola elementare e d’infanzia 16.00 S. Messa al Cimitero 18.00 Duomo: Incontro C.P.P – EPAP – Messaggeri Sabato 13 dic. 10.00 Monastero delle Clarisse: S. Messa e incontro con le Monache 12.00 Incontro al Comun 16.30 Duomo: Incontro con i gruppi giovanili e gli sportivi di “Rebellum”. 18.00 Lacco: S. Messa (Festa di S. Lucia) Domenica 14 dic.: 17.00 Duomo: Incontro Confraternita e O.F.S. 18.00 Duomo: S. Messa conclusiva

18—21 DICEMBRE VISITA PASTORALE PARROCCHIA S.PIETRO ALLA COSTA

E SAN MICHELE ARCANGELO TORELLO