OK ARTE Dicembre 2008

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Itinerari fuori porta: Lodi Vecchio, Basilica di San Bassiano a pagina 6 Mantova, Palazzo Te, Il Cammeo Gonzaga a pagina 7 Franciacorta, Santa Maria in Favento a pagina 8 Per informazioni e pubblicità: 02 92889584 - 347 4300482 [email protected] www.okarte.org Brera e dintorni: Lo Specchio dell’Arte, Progetto blocco 21, Rubrica “Parliamo di...” del Prof. Purpura a pagina 15 L’artista Pho all’Istituto Mario Negri a pagina 17 Mostre a Milano: Caravaggio a Palazzo Marino a pagina 7, Il “Nouveau Realisme” al PAC a pagina 19, “Oltre la realtà” alla Galleria Zamenhof a pagina 22 ok Arte MAGAZINE GRATUITO DI ARTE E CULTURA M I L A N O Dicembre 2008 Anno VII - N.4 wilbur Arte a Milano a pagina 23 I l magazine di dicembre è ancora più ricco di no- tizie e di eventi. Grazie ai numerosi contatti e all’ap- prezzamento dei lettori, disponiamo dal gennaio 2009 di spazi all’interno di dimore storiche, in zo- ne centrali di Milano dove presentare le ultime ope- re degli artisti amici e so- stenitori di OK ARTE. Gli artisti giovani ed emer- genti interessati a collabo- rare con il nostro giornale possono inviare biografia, critiche e foto delle ope- re per partecipare alle no- stre selezioni loro dedicate. Riserviamo spazi prestigio- si anche per mostre per- sonali di artisti affermati interessati al nostro proget- to e disponibili a collabora- re con noi. Ringraziamo i nuovi “amici di OK ARTE” selezionati dai nostri critici per le loro recenti iniziati- ve che contribuiscono allo sviluppo artistico e cultu- rale del nostro territorio. In questo numero evi- denziamo fra gli altri: Nando Chiappa, Galleria Tina Parotti, Roberta Musi, Roberto Denti, Giacobino, Endza, Caroline Culubret, Nicola Brindicci. OK ARTE raggiunge sem- pre nuovi consensi e quan- ti desiderino diventare nostri “amici” possono contattarci all’indirizzo [email protected]. Ai nuovi soci ed amici garantiamo un trattamento speciale ri- servando spazi e recensioni dei critici del nostro staff. Il mensile gratuito è a vostra disposizione presso gli abi- tuali punti fra cui citiamo i più importanti: Palazzo Reale, Spazio Cobianchi (ex APT), Biblioteca Sormani, Triennale, Pac, Rotonda della Besana, Umanitaria, Spazio Oberdan, Palazzo della Permanente, etc.; la lista completa dei pun- ti di diffusione è reperi- bile su www.okarte.org. Sul sito è anche possibi- le leggere tutti i numeri della rivista. Auguriamo ad amici e sostenitori ed a tutti i lettori i miglio- ri auguri di buone feste. Fra storia, arte e cultura nelle vie di Milano I beni del FAI intervista a Marco Magnifico I l FAI è la più importan- te fondazione no profit per la salvaguardia e la tu- tela del patrimonio artisti- co e naturalistico italiano ed è la terza in Europa solo dopo il National Trust in- glese e scozzese. Il Fondo per l’Ambiente Italiano na- to nel 1975 grazie all’impe- gno e alla determinazione di Giulia Maria Mozzoni Crespi (Presidente del FAI) e degli altri soci fondatori, attualmente dispone di 39 beni tra castelli, ville, mo- nasteri, giardini e parchi naturali dislocati in tut- to il nostro Paese. Il nostro giornale, che valorizza gli splendidi gioielli d’arte di Milano e della Lombardia spesso sconosciuti dagli stessi abitanti, nei numeri precedenti ha dedicato am- pi spazi alle proprietà del FAI. Abbiamo parlato del- la Villa Necchi Campiglio, un capolavoro del ‘900 che ha riaperto al pubblico nel cuore di Milano, dell’Ab- bazia di S. Fruttuoso ma- gicamente preservata dal clamore e dal forte richia- mo di Portofino, ci siamo occupati inoltre dell’ot- tocentesca Casa Carbone di Lavagna. In questo nu- mero descriviamo la Villa Balbianello (pagina 9) sul lago di Como, la splendida Villa Panza a Varese (pagi- na 9) e il Monastero di Torba (pagina 10). Abbiamo in- contrato il Dott. Magnifico Direttore del FAI duran- te la conferenza stam- pa del 29 ottobre scorso in cui si annunciava un’al- tra importante donazione: il Bosco di San Francesco. La Selva boschiva è situata al fianco della Basilica del Santo di Assisi...segue a pag .10 P ossiamo camminare pia- cevolmente per le vie del centro e dopo aver fatto shop- ping, giunti in Piazza Duomo concederci qualche momen- to per una visita all’interno della Chiesa alla scoperta del “Sacro Chiodo”, uno dei quattro usati per crocifiggere Gesù, e della “Cesta della Nivola” progettata, sembra, da Leonardo da Vinci. I più previdenti che hanno prov- veduto a prenotarsi, possono visitare la terrazza del Duomo, unica percorribile fra tutti gli edifici gotici a tet- to spiovente e godere a di- stanza ravvicinata delle guglie e di un panorama uni- co della città ( di M. Moriconi a pag. 2). Ad un centinaio di metri di distanza in Piazza Pio XI, ci aspetta la Pinacoteca Ambrosiana, con la sua Pinacoteca, la Scuola, la Biblioteca. All’interno si trovano opere di Leonardo, di Raffaello, del Caravaggio e tanti altri (di L. Ganci a pag. 2). In questo numero parlia- mo inoltre (a pag. 3) de la Torre Branca “ Sequoia di ac- ciaio” all’interno del Parco Sempione e l’Anfiteatro Romano “Colosseo di Milano” nella centralissima via De Amicis di J. M. Mangiameli. Presentiamo il Palazzo Arese Litta, storica dimora milanese ( a pag. 4) e la Chiesa di San Bernardino alle Monache in via Lanzone, vicino alla Chiesa di S. Ambrogio, (a pagina 5) a cu- ra di Giuditta Pellizzoni. Paolo Deotto ci racconta de “La Chiesa del Torchio Mistico” (di Corso Garibaldi a pag. 5). Infine imperdibile “La Conversione di Saulo” a Palazzo Marino (di Giuliana De Antonellis a pag. 7). Nuove tangibili realtà contemporanee S i è svolta con gran- de successo di pubblico e di critica dal 5 al 23 no- vembre presso la Galleria Zamenhof : “FormArt” il primo ciclo di mostre di pit- tura e di scultura. “Infinite realtà” titolo della prima collettiva nell’ambito della rassegna “FormArt” fina- lizzata alla valorizzazione delle arti ed in particola- re degli artisti emergenti. L’evento organizzato dal- la rivista “Ok Arte” dedi- cata alla promozione del patrimonio del nostro ter- ritorio, è caratterizzato da quattro mostre collettive che si svolgeranno entro giugno 2009 in collabora- zione con la nuova Galleria Zamenhof. Hanno parte- cipato: Claudia Amadesi, Anna Maria Belli, Antonella Campi, Angelo De Boni, Natali Grunska, Yvonne Manfrini, Marco Nones, Stefania Presta, Rino Gaetano Tammaro. L’intento di FormArt è quello di porre attenzione, dopo un’accurata selezione, agli artisti emergenti e non solo che dimostrino una spiccata sensibilità, creati- vità, dinamismo e talento in ogni forma d’arte. Sono aperte le iscrizioni agli arti- sti di tutta Italia per parte- cipare alle prossime mostre collettive che si svolgeran- no dal Febbraio a Giugno 2009. [email protected] Palazzo Arese Litta Storica dimora milanese P er oltre duecento an- ni, Palazzo Litta, fu il centro nevralgico del- la vita mondana e cultu- rale milanese, la dimora più prestigiosa della città che ha visto amori, chiac- chiere e memorabili ri- cevimenti. Palazzo Litta, ora sede della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia, ha risco- perto la propria vocazione a rappresentare uno spazio di promozione culturale nel centro di Milano attraver- so l’organizzazione di mo- stre, seminari e convegni. Nel 2007 ha aperto le fasto- se stanze seicentesche ai vi- sitatori proprio attraverso una mostra, rendendo così possibile la visita ai diversi ambienti riccamente deco- rati e mai fino ad ora aper- ti al pubblico. Il Palazzo è oggi considerato, soprattut- to per la sua facciata sette- centesca, uno degli esempi più importanti di baroc- chetto lombardo, diffuso- si a Milano nel XVIII sec. ...segue a pag .4 Nando Chiappa, Maria Teresa Ruta ed il soprano Elena D’Angelo all’ antologica del pittore

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OK ARTE Dicembre 2008

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Page 1: OK ARTE Dicembre 2008

Itinerari fuori porta:Lodi Vecchio, Basilica di San Bassiano a pagina 6

Mantova, Palazzo Te, Il Cammeo Gonzaga a pagina 7Franciacorta, Santa Maria in Favento a pagina 8

Per informazioni e pubblicità: 02 92889584 - 347 4300482 [email protected] www.okarte.org

Brera e dintorni:Lo Specchio dell’Arte, Progetto blocco 21,

Rubrica “Parliamo di...” del Prof. Purpura a pagina 15L’artista Pho all’Istituto Mario Negri a pagina 17

Mostre a Milano:Caravaggio a Palazzo Marino a pagina 7,

Il “Nouveau Realisme” al PAC a pagina 19,“Oltre la realtà” alla Galleria Zamenhof a pagina 22

ok ArteM A G A Z I N E G R AT U I TO D I A RT E E C U LT U R A

M I L A N O

Dicembre 2008 Anno VII - N.4

wilbur

Arte a Milano

a pagina 23

Il magazine di dicembre è ancora più ricco di no-

tizie e di eventi. Grazie ai numerosi contatti e all’ap-prezzamento dei lettori, disponiamo dal gennaio 2009 di spazi all’interno di dimore storiche, in zo-ne centrali di Milano dove presentare le ultime ope-re degli artisti amici e so-stenitori di OK ARTE. Gli artisti giovani ed emer-genti interessati a collabo-rare con il nostro giornale possono inviare biografia, critiche e foto delle ope-re per partecipare alle no-stre selezioni loro dedicate. Riserviamo spazi prestigio-si anche per mostre per-sonali di artisti affermati interessati al nostro proget-to e disponibili a collabora-re con noi. Ringraziamo i nuovi “amici di OK ARTE” selezionati dai nostri critici per le loro recenti iniziati-ve che contribuiscono allo sviluppo artistico e cultu-rale del nostro territorio.In questo numero evi-denziamo fra gli altri: Nando Chiappa, Galleria Tina Parotti, Roberta Musi, Roberto Denti, Giacobino, Endza, Caroline Culubret, Nicola Brindicci.

OK ARTE raggiunge sem-pre nuovi consensi e quan-ti desiderino diventare nostri “amici” possono contattarci all’indirizzo

[email protected]. Ai nuovi soci ed amici garantiamo un trattamento speciale ri-servando spazi e recensioni dei critici del nostro staff. Il mensile gratuito è a vostra disposizione presso gli abi-tuali punti fra cui citiamo

i più importanti: Palazzo Reale, Spazio Cobianchi (ex APT), Biblioteca Sormani, Triennale, Pac, Rotonda della Besana, Umanitaria, Spazio Oberdan, Palazzo della Permanente, etc.; la lista completa dei pun-

ti di diffusione è reperi-bile su www.okarte.org. Sul sito è anche possibi-le leggere tutti i numeri della rivista. Auguriamo ad amici e sostenitori ed a tutti i lettori i miglio-ri auguri di buone feste.

Fra storia, arte e cultura nelle vie di Milano

I beni del FAI intervista a Marco Magnifico

Il FAI è la più importan-te fondazione no profit

per la salvaguardia e la tu-tela del patrimonio artisti-co e naturalistico italiano ed è la terza in Europa solo dopo il National Trust in-glese e scozzese. Il Fondo per l’Ambiente Italiano na-

to nel 1975 grazie all’impe-gno e alla determinazione di Giulia Maria Mozzoni Crespi (Presidente del FAI) e degli altri soci fondatori, attualmente dispone di 39 beni tra castelli, ville, mo-nasteri, giardini e parchi naturali dislocati in tut-to il nostro Paese. Il nostro giornale, che valorizza gli splendidi gioielli d’arte di Milano e della Lombardia spesso sconosciuti dagli stessi abitanti, nei numeri precedenti ha dedicato am-pi spazi alle proprietà del FAI. Abbiamo parlato del-

la Villa Necchi Campiglio, un capolavoro del ‘900 che ha riaperto al pubblico nel cuore di Milano, dell’Ab-bazia di S. Fruttuoso ma-gicamente preservata dal clamore e dal forte richia-mo di Portofino, ci siamo occupati inoltre dell’ot-

tocentesca Casa Carbone di Lavagna. In questo nu-mero descriviamo la Villa Balbianello (pagina 9) sul lago di Como, la splendida Villa Panza a Varese (pagi-na 9) e il Monastero di Torba (pagina 10). Abbiamo in-contrato il Dott. Magnifico Direttore del FAI duran-te la conferenza stam-pa del 29 ottobre scorso in cui si annunciava un’al-tra importante donazione: il Bosco di San Francesco. La Selva boschiva è situata al fianco della Basilica del Santo di Assisi...segue a pag .10

Possiamo camminare pia-cevolmente per le vie del

centro e dopo aver fatto shop-ping, giunti in Piazza Duomo concederci qualche momen-to per una visita all’interno della Chiesa alla scoperta del “Sacro Chiodo”, uno dei quattro usati per crocifiggere Gesù, e della “Cesta della Nivola” progettata, sembra, da Leonardo da Vinci. I più

previdenti che hanno prov-veduto a prenotarsi, possono visitare la terrazza del Duomo, unica percorribile fra tutti gli edifici gotici a tet-to spiovente e godere a di-stanza ravvicinata delle guglie e di un panorama uni-co della città ( di M. Moriconi a pag. 2). Ad un centinaio di metri di distanza in Piazza Pio XI, ci aspetta la

Pinacoteca Ambrosiana, con la sua Pinacoteca, la Scuola, la Biblioteca. All’interno si trovano opere di Leonardo, di Raffaello, del Caravaggio e tanti altri (di L. Ganci a pag. 2). In questo numero parlia-mo inoltre (a pag. 3) de la Torre Branca “ Sequoia di ac-ciaio” all’interno del Parco Sempione e l’Anfiteatro Romano “Colosseo di Milano” nella centralissima via De Amicis di J. M. Mangiameli. Presentiamo il Palazzo Arese Litta, storica dimora milanese ( a pag. 4) e la Chiesa di San Bernardino alle Monache in via Lanzone, vicino alla Chiesa di S.Ambrogio, (a pagina 5) a cu-ra di Giuditta Pellizzoni. Paolo Deotto ci racconta de “La Chiesa del Torchio Mistico” (di Corso Garibaldi a pag. 5). Infine imperdibile “La Conversione di Saulo” a Palazzo Marino (di Giuliana De Antonellis a pag. 7).

Nuove tangibili realtà contemporanee

Si è svolta con gran-de successo di pubblico

e di critica dal 5 al 23 no-vembre presso la Galleria Zamenhof : “FormArt” il primo ciclo di mostre di pit-tura e di scultura. “Infinite realtà” titolo della prima collettiva nell’ambito della rassegna “FormArt” fina-lizzata alla valorizzazione delle arti ed in particola-re degli artisti emergenti. L’evento organizzato dal-la rivista “Ok Arte” dedi-cata alla promozione del patrimonio del nostro ter-ritorio, è caratterizzato da quattro mostre collettive che si svolgeranno entro giugno 2009 in collabora-zione con la nuova Galleria

Zamenhof. Hanno parte-cipato: Claudia Amadesi, Anna Maria Belli, Antonella Campi, Angelo De Boni, Natali Grunska, Yvonne Manfrini, Marco Nones, Stefania Presta, Rino Gaetano Tammaro. L’intento di FormArt è quello di porre attenzione, dopo un’accurata selezione, agli artisti emergenti e non solo che dimostrino una spiccata sensibilità, creati-vità, dinamismo e talento in ogni forma d’arte. Sono aperte le iscrizioni agli arti-sti di tutta Italia per parte-cipare alle prossime mostre collettive che si svolgeran-no dal Febbraio a Giugno 2009. [email protected]

Palazzo Arese LittaStorica dimora milanese

Per oltre duecento an-ni, Palazzo Litta, fu

il centro nevralgico del-la vita mondana e cultu-rale milanese, la dimora più prestigiosa della città che ha visto amori, chiac-chiere e memorabili ri-cevimenti. Palazzo Litta, ora sede della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia, ha risco-perto la propria vocazione a rappresentare uno spazio

di promozione culturale nel centro di Milano attraver-so l’organizzazione di mo-stre, seminari e convegni. Nel 2007 ha aperto le fasto-se stanze seicentesche ai vi-sitatori proprio attraverso una mostra, rendendo così possibile la visita ai diversi ambienti riccamente deco-rati e mai fino ad ora aper-ti al pubblico. Il Palazzo è oggi considerato, soprattut-to per la sua facciata sette-centesca, uno degli esempi più importanti di baroc-chetto lombardo, diffuso-si a Milano nel XVIII sec. ...segue a pag .4

Nando Chiappa, Maria Teresa Ruta ed il soprano Elena D’Angelo all’ antologica del pittore

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2 DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

Trovi l’elenco dei punti di diffusione

della rivista su www.okarte.org

Capita a tutti noi di pas-sare ore al computer

per cercare di accaparrarci il volo “last minute” che ci permetta di fuggire da una Milano grigia ed indaffa-rata, che ci risucchia gior-no dopo giorno nel vortice del “devo fare tutto e in fretta”, e sgattaiolare ver-so spiagge bianche e pie-ne di sole, o verso esotiche città. Tutto pur di fuggire da Milano, questo nostro splendido involucro di ar-te, cultura e storia, pregno di un passato che, solo se passeggi in pieno centro, ti avvolge come uno scialle profumato e ti getta all’in-dietro di centinaia di anni. Parliamo di una Milano la-cera e sontuosa nello stes-so tempo, dove i Signori di turno, Visconti o Sforza che fossero, avevano un unico chiodo fisso: lascia-re una traccia del proprio passaggio con la costruzio-ne di opere artistiche por-tentose e bellissime, tali da lasciare tutti a bocca aper-ta. E diciamo che ci sono riusciti. Vediamo, prima di svolazzare verso lidi stra-nieri, di conoscere bene la

Il Duomo di Milano nostra Milano, perché se lo merita e perché, soprattut-to, anche noi ce la dobbia-mo meritare. Sull’onda di quanto già scritto sul nu-mero scorso di Ok Arte, aggiungiamo qualche no-tizia strana in più sul no-stro Duomo, fonte perenne di curiosità che non si met-tono troppo in mostra da sole, ma che hanno biso-gno di essere scovate “ad hoc”. Per esempio, lo sape-vate che il 13 di Settembre di ogni anno, si svolge una antica cerimonia in onore del Santo Chiodo, uno dei quattro usati per crocifig-gere Gesù, e rinvenuto da Sant’Ambrogio in perso-na presso la fucina di un fabbro? In questa occasio-ne, l’arcivescovo di Milano, con 5 canonici, viene sol-levato, a bordo di un par-ticolarissimo contenitore in metallo, denominato

“Cesta della Nivola” e ab-bellito con angeli dipinti, sino a raggiungere la vol-ta dell’abside del Duomo, a 45 mt. d’altezza. Lì giunto, preleva, dall’interno di una croce, una custodia, conte-nente il Santo Chiodo ed un frammento della Croce, per portarla poi in processione

all’interno del Duomo stes-so. La “Cesta della Nivola” sembra sia stata progettata da Leonardo da Vinci, pro-babilmente in un momen-to di relax dopo l’impegno speso nella progettazio-ne della chiusa sui navigli. Gli autori delle ricerche ri-guardo a questa cerimo-nia, Francesca Bellotti e Gian Luca Margheriti, de-scrivono con dovizia di particolari il momento del ritrovamento della reli-quia. In un afoso pomerig-gio estivo, Sant’Ambrogio, coerentemente col suo biz-zarro e simpatico modo di essere e di vivere, anzi che starsene immobile nell’im-probabile, ma tanto spe-rata, frescura di qualche chiostro, decise di andar-sene a spasso per Milano. E così, girovagando, udì un martellio furioso proveni-re dalla bottega di un fab-bro che, a metà tra l’adirato ed il “ce la voglio fare a tut-ti i costi”, cercava dispera-tamente ed inutilmente di forgiare un chiodo che, an-che se incandescente, non ne voleva sapere di muta-re forma. Sant’Ambrogio si fece consegnare l’oggetto e, subito, riconoscendo uno

dei chiodi usati nella cro-cefissione di Gesù (ma co-me avrà fatto???...), lo portò immediatamente in salvo nella basilica di Santa Tecla, poi demolita per consentire la costruzione del Duomo. Trattiamo adesso di una pe-culiarità del Duomo, rap-presentata dalla presenza di ben 8000 mq di terraz-ze, alle quali si può acce-dere, previa prenotazione, con ascensore. E’ un clas-sico, soprattutto per i gio-vani, andare a mangiare un panino a 70 metri d’altez-za e, appoggiati al parapet-to, ammirare tutto il centro storico della città. Ma per-ché peculiarità? Perché, al contrario di qualsiasi altro edificio europeo in stile go-tico, con tetto spiovente, il Duomo è il solo ad avere terrazze percorribili a piedi, con la possibilità di gustar-si da vicino le 135 fanta-stiche guglie fra le quali troneggia quella Maggiore con la Madonnina. Ma sa-pete come si è arrivati ad innalzare questa guglia? Si era nel 1765, in pie-no illuminismo lombardo. Nell’epoca della Ragione, mentre il feudalesimo vol-geva al termine e la scis-

sione fra chiesa e laicismo diventava sempre più evidente, l’arcivescovo Pozzobonelli decideva di rinvigorire la Fede con l’in-nalzamento di una guglia d’appoggio per la statua di una Madonnina tut-ta d’oro. Con l’ausilio del-la Veneranda Fabbrica del Duomo si passava, nel 1774, dal progetto alla realizzazio-ne. L’intento dell’arcivesco-vo Pozzobonelli era quello di erigere una scultura che, in Milano, sovrastasse qualsiasi altra costruzione... Ciò si è verificato, per an-ni, sino a quando, nel 1960, non venne ultima-to il Grattacielo Pirelli che, con i suoi 127 metri di al-

tezza, superava i 108,5 del-la Madonnina. Ed allora, per non venire meno a quanto voluto dalla tra-dizione popolare, si ov-viò ponendo sul tetto del

“Pirellone” una copia per-fetta della Madonnina. Ma per i milanesi quella “ve-ra” è una ed una sola: quel-la che nelle belle giornate di sole, con l’aria profuma-ta di tramontana, quando anche Piazza del Duomo è sfolgorante e bollente di lu-ce, e quando alle spalle della Cattedrale si scorgono, ni-tide, le montagne, risplen-de luminosa e dorata, con le braccia aperte e rivolte al cielo, ad invocare prote-zione sulla nostra cara città.

Milena Moriconi

Curiosità che pochi conoscono

Una domenica “all’Ambrosiana”

Il moderno impianto espo-sitivo dell’Ambrosiana ne

fa una delle più interessan-ti Pinacoteche di Milano, e più all’avanguardia in Europa. La ristrutturazione conclusasi nel 1997 ci sve-la valorizzati i capolavori della collezione personale del fondatore, ma non so-lo, pregiandoli grazie a una disposizione che ci permet-te di fruire di tutta la loro superba bellezza, fra i qua-li: il “Musico” di Leonardo, il grandioso cartone pre-paratorio di Raffaello per l’affresco “La scuola di Atene”, parecchie opere di Bernardino Luini compre-sa la prediletta “Sacra fa-miglia con Sant’Anna e San Giovannino” magi-stralmente leonardesca. La “Canestra di frutta” di Caravaggio fa da anello di congiunzione nel percor-so che ci guida attraverso il fascino dei paesaggi na-turali fiamminghi, di cui tanto amava circondar-si il Cardinale. Paul Bril e Jan Brueghel sono gli au-tori che più apprezzava, per l’assonanza di sensi-bilità artistiche condivise.

“Ho fatto decorare la mia stanza con quadri, badan-do che fossero della miglior qualità; non ve n’è uno che sia volgare o dozzinale. E il piacere che provo con-

templando queste vedute dipinte mi è sempre par-so non minore di quello che danno gli spazi aper-ti della natura…” Parole del Borromeo (1564-1631).

Mecenate, protettore del-le Arti, teologo, umanista, archeologo, la sua munifica produzione di scritti arrivò ad essere raccolta in cento volumi. Ritratto di profilo

mentre stringe fra l’indice e il pollice la pen-na d’oca sospe-sa sul foglio, in un dipin-to esposto nel vestibolo del museo c’intro-duce alla ra-ra rassegna. La visita si snoda lungo ventitrè sale, e supera-te le prime due ci si addentra nel labirinto di spazi che si sus-seguono in un ordine impre-vedibile: si so-vrappongono raddoppiando, si restringono in passaggi, si schiudono im-provvisamente davanti a uno scalone di mar-mo e mosaico scintillante, si frazionano at-

torno a colonne di pietra venata, e il visitatore smar-risce l’invisibile filo che lo ancora al frastuono del-la realtà urbana. Finché si ritrova nell’ultima sezio-

ne riservata alla pittura dell’Ottocento e primi de-cenni del Novecento. Qui campeggia una schiera di personaggi ritratti dal-la mano austera di Hayez, di Appiani, mentre il Gola spande luce soffusa di ro-sa e grigio nella malinconia del crepuscolo inverna-le sulle cascine dei navigli, che popola di lavandaie. Due bimbe in abiti dimessi uscite dal pennello inquie-to di Emilio Longoni fissa-no il visitatore dal centro di una parete, e la più pic-cola delle due sorride così spontaneamente che disin-canta. Il Borromeo all’ori-gine articolò la sua raccolta con intento didattico riser-vato agli studenti dell’”Ac-cademia del Disegno”, e ritenendo com’era d’uso nel Rinascimento, che la formazione artistica non potesse prescindere da quella umanistica, riu-nì in un’unica Istituzione la Pinacoteca, la Scuola, e la famosa Biblioteca, edi-ficandone la sede tra il 1603 e il 1630 dove tuttora si trova: in piazza Pio XI, sotto l’insegna del fonda-tore romano della dioce-si di Milano S.Ambrogio.

Lucia Ganci

Per gustare la bellezza distillata dal passato

Paul Bril (Anversa 1554 - Roma 1626)-Paesaggio con Rebecca al pozzo-olio su tela, cm 95x120 Donazione Cardinale Federico Borromeo, 1618-Pinacoteca, sala 7

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3DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

Una “Sequoia d’acciaio” all’interno del Parco

In una Milano europea, città con ancora la ca-

ratteristica di avere edifi-ci al di sotto di una certa altezza, dove normalmen-te chiese e cattedrali han-no la meglio su palazzi e grattacieli, spicca per i suoi

ciarsi sempre più verso l’al-to, gli architetti, Giò Ponti in primis, decisero che la torre non doveva supera-re il Duomo, lasciando al-la Madonnina il primato di altezza. Il record ven-ne battuto successivamen-te dal Pirellone. Oggi la Torre è considerata una ve-ra e propria opera d’arte e monumento dell’epoca.

La Torre Branca si svela tra passato, presente e futuroCostruita in tempi record (poco più di due mesi), sfi-dava le regole della stabilità proponendo un’architettu-ra slanciata leggera e metal-lica. Quelli erano gli anni della Milano che guarda-va al futuro, della città del nord Italia che ospitava eventi di rilievo mondiale. Oggi i cittadini guardano con orgoglio alla torre rina-

ta, anche luogo di tendenze e mondanità grazie al rino-mato ristorante nato ai suoi piedi. E chi è nostalgico e ci salì per la prima volta negli anni ’30 sicuramente og-gi avrà l’occasione di am-mirare una Milano nuova, quella del presente, quella dei cantieri, una città cam-biata ma con sempre la vo-glia di guardare al futuro.

Jean Marc Mangiameli

Immagine di Jean Marc Mangiameli

Informazioni per pubblicità e redazionali:[email protected] - 347 4300482

Jean Marc Mangiameli

Non tutti i milanesi san-no che nella centra-

lissima e caotica via De Amicis si nascondono (let-teralmente) i resti dell’an-tico anfiteatro romano. Difatti al civico 17 della via, all’interno del complesso di S. Maria della Vittoria, che accoglie prima l’Anti-quarium e poi il chiostro, si trovano le fondamen-

L’anfiteatro romano; anche Milano aveva il suo “Colosseo”

ta romane dell’imponen-te struttura. Circondate da un verde e curato parco di 11.500 metri quadri, i resti del “Colosseo di Milano” (così veniva chiamato per-ché terzo in grandezza do-po l’anfiteatro di Capua e il Colosseo di Roma) ci ripor-tano indietro a quanto era grande la città nel II seco-lo, in piena epoca romana. Del sito, intitolato all’ar-cheologa scomparsa Alda

Levi e reso fruibile al pub-blico nel 2004, fa parte an-che l’Antiquarium, spazio che ospita alcuni reperti archeologici rinvenuti du-rante gli scavi e la ricostru-zione storica del quartiere. Curioso che alcuni ele-menti della struttura, dal IV secolo in poi, siano sta-ti riutilizzati per l’edifica-zione della Basilica di San Lorenzo, all’insegna di un riciclo dei materiali, al-

Una visita all’interno del Parco Archeologico, tra reperti e ricostruzioni storiche

lora pratica diffusissima. Il Parco Archeologico di Milano ci aiuta a ricostru-ire la storia fantasticando sui vecchi splendori non-ché permettendoci di ca-pire come l’area urbana si sia stratificata nel corso dei secoli. Così, resti di fon-damenta, elementi che pro-vengono da altre strutture, oggetti e manufatti diven-tano indizi indispensabi-li per la lettura del passato

a beneficio di un arricchi-mento culturale per il pre-sente. Lo splendido e quieto parco, inoltre, è aperto tut-ti i giorni e rimane un luo-go ancora poco frequentato, un’oasi di pace dove possia-mo trovare persone intente a leggere un libro, mam-me a passeggio con bam-bini, colombi che vivono indisturbati dal traffico metropolitano. Insomma, Milano è affascinante an-

che per questo, per celare al di là delle mura (quelle nuove e moderne, ovvero le facciate dei palazzi) piccoli tesori che una volta scoper-ti fanno riflettere su quan-to sia magica questa città, unica e ricca di storia. Non solo da visitare, quindi, ma anche da vivere personal-mente da parte di tutti i milanesi. La villa sarà aper-ta al pubblico da mercoledì a domenica dalle 10 alle 18.

Immagine di Jean Marc Mangiameli

Immagine di Jean Marc Mangiameli

108 metri la Torre Branca. Situata all’interno del Parco Sempione, nei pressi del Palazzo dell’Arte, con la sua particolare architettura metallica, la torre è uno dei punti di osservazione più alti della città. Denominata Littoria nel 1933, quan-do venne costruita su pro-

getto di Giò Ponti, Cesare Chiodi ed Ettore Ferrari per la “V Mostra Triennale di Arti Decorative”, prese poi il nuovo nome grazie ad un restauro promosso e finanziato dalle distille-rie Fratelli Branca, che re-sero nuovamente agibile la struttura nel 1997. Dopo anni di chiusura, con il de-stino della torre ancora in-certo, dopo la lentezza dei restauri, gli immancabi-li disaccordi tra pubblico e privati, le leggendarie len-tezze burocratiche italiane, i milanesi (e non) hanno potuto finalmente risali-re la cima. Oggi si ha an-cora la fortuna di godere di una vista unica della città. Il Parco Sempione, che si estende ai suoi piedi riem-pie di suggestione il pano-rama che comprende molti dei monumenti più impor-tanti: dall’Arco della Pace al Castello Sforzesco, dal Duomo di Milano ai cam-panili e cupole delle basili-che. Salire in cima alla torre è anche un’occasione per rendersi conto dell’estensio-ne dell’area urbana, nonché della prossimità delle Alpi che, in una giornata limpi-da, offrono uno spettaco-lo mozzafiato. Nonostante l’anima futurista che aleg-giava fortemente all’epoca, con la propensione a slan-

Immagine di Jean Marc Mangiameli

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4 DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

Nel pieno centro del-la città, proprio a due

passi dal Duomo, sorge una piccola chiesa, conosciuta a pochi milanesi, denomi-nata San Bernardino alle Monache e facente parte di un complesso in cui era in-serito un monastero di mo-nache Umiliate. Purtroppo ad oggi si conserva soltan-to la chiesetta dedicata a San Bernardino da Siena e titolata alle monache per-ché edificata per loro. La Chiesa di San Bernardino alle Monache ha subito nel corso dei secoli un al-ternarsi di trasformazioni, splendori e decadenze fino alla sua chiusura al culto avvenuta nel 1989 a causa di gravi lesioni struttura-li. Nel 1997, grazie all’Abate Emerito di Sant’Ambrogio, mons. Franco Verzeleri, si è costituita l’Associa-zione Culturale “Amici

San Bernardino alle Monachedi S. Bernardino alle Monache”ed è così comin-ciato il ripristino del monu-mento. L’Associazione, che ha raccolto ed ancora rac-coglie il denaro necessario per le opere di restauro, ha concluso gli interventi di recupero e conservazione presentando la rinata chie-sa al pubblico nel maggio del 2006. La Chiesa di San Bernardino alle Monache ebbe origine nel 1290 e gli studiosi sono concor-di nel ritenere che autore del progetto sia stato Pietro Antonio Solari. Le succes-sive notizie riguardanti il Monastero, facente par-te del grande complesso in cui era inserita la chiesa, sono davvero scarse a par-te le notevoli modifiche e i ripetuti ritocchi effettua-ti intorno al 1600-1700. La trasformazione più signifi-cativa è stata fatta nel 1645 da Suor Maria Galimberti che fece rinnovare la chie-

sa alla quale fu aggiunta un’ala con facciata baroc-ca. Nel 1782 il convento venne soppresso e diven-tò in principio casa di rico-vero per monache anziane, successivamente vi prese posto una caserma, ed in-fine venne utilizzato come dipendenza dell’Ospeda-le Maggiore in funzione di locale di servizio. La chie-sa sprofondò poi nel totale disinteresse per oltre un se-colo. Gli edifici furono gra-datamente demoliti e nel 1913 fu costruita l’attuale sede del Liceo Manzoni. I successivi bombardamenti del 1943 causarono ingen-ti danni alla struttura con conseguente stato di abban-dono di essa fino all’inter-vento di recupero iniziato, appunto, nel 1997. L’aspetto esterno, in mattoni a vista, conserva l’originale deco-razione in cotto ad archet-ti pensili intrecciati, tipico di molte chiese lombarde

Un piccolo gioiello a due passi dal Duomo

di quel periodo. Gli affre-schi quattrocenteschi che impreziosiscono l’Arco Trionfale e l’Abside sono di scuola lombarda e so-no fatti risalire ai modi del Borgognone, del Foppa, del Bramantino ed altri anco-ra. I recenti restauri hanno inoltre rivelato un’interes-sante decorazione a squa-me multicolore attorno alle chiavi di volta, ed alcune stelle rosse e verdi su into-naco bianco che ricorda-no decorazioni tipiche del Trecento già segnalate nel-la Abbazia di Chiaravalle, nelle chiese di Viboldone e di San Marco a Milano. Un piccolo gioiello da scopri-re nel contesto del patrimo-nio culturale della città di Milano che merita sicura-mente una visita di riguardo. La Chiesa di san Bernardino, via Lanzone 13, è aperta ai visitatori il venerdì pomerig-gio dalle 16 alle 18 e la dome-nica mattina dalle 10 alle 12.

Giuditta Pellizzoni

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Palazzo Arese LittaStorica dimora milanese,fulcro della vita culturale

Il Palazzo Arese Litta è oggi considerato, so-

prattutto per la sua fac-ciata settecentesca, uno degli esempi più impor-tanti di barocchetto lom-bardo, stile che si diffonde a Milano e nei dintorni nel secondo decennio del XVIII secolo. Fu nel 1648 che Bartolomeo Arese commissionò all’architetto Francesco Maria Richini il progetto di un palazzo che avrebbe dovuto celebrare i fasti ed il potere della sua famiglia, nonché servire da maestosa residenza per i numerosi festeggiamen-ti. Si ricordano infatti so-lenni feste per Elisabetta Cristina di Bruswick, Maria Teresa d’Austria, Eugenio Beauharnais e addirittura per l’arrivo di Napoleone. Del nucleo originario sei-

Giuditta Pellizzoni

centesco del Richini si con-serva ad oggi il grande cortile a colonne architra-vate che rappresenta uno dei più begli esempi di cor-tile seicentesco milane-se. Al Richini si riconduce anche un oratorio genti-lizio, consacrato nel 1671, e trasformato nel secon-do Settecento nell’attua-le teatro. A partire dalla metà del settecento l’edi-ficio venne rimaneggiato acquistando così la super-ba veste barocchetta che ancora oggi lo contraddi-stingue. I principali inter-venti commissionati dai Litta, che trasformarono il corpo del palazzo, furono la costruzione dello sceno-grafico scalone “a forbice” che conduce agli appar-tamenti nobili e progetta-to da Francesco Merlo nel 1740. Dopodichè la deco-razione pittorica affida-ta alla bottega di Giovanni Antonio Cucchi, pittore di molte dimore patrizie dell’epoca. Nello stesso pe-riodo, tra il 1752 e il 1761, Bartolomeo Bolli realizzò la nuova facciata dell’abi-tazione costituita da due corpi ad andamento oriz-

zontale ed uno centra-le più alto ed aggettante. Accanto al cortile centra-le risalta quello dell’Oro-logio sul quale si affaccia il corpo di fabbrica del te-atro e da cui si accede an-che al giardino Arese e agli altri corpi di fabbrica edi-ficati nei secoli successivi. Il Palazzo, nel 1873, fu rile-vato tramite un’asta, prima, dalla Società Ferroviaria Alta Italia e poi dalle Ferrovie Italiane nel 1905, trasformandosi così a luo-go di lavoro. All’interno del complesso trova sede anche il Teatro Litta, il più antico in attività a Milano, che utilizza per le sue at-tività culturali il teatri-no settecentesco affacciato sul cortile dell’Orologio. Ancora oggi Palazzo Litta è tra gli edifici che meglio caratterizzano dal pun-to di vista storico-artisti-co la città di Milano. E con l’ausilio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la nobile sede potrà torna-re ad essere luogo di incon-tro ed officina di cultura per i milanesi e per tutti i visitatori, una sorta di Cittadella della Cultura.

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5DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

grandire il territorio del-lo sposo. Eravamo nel 1447 e non vi era nulla di stra-no se nobili e signori con-traevano matrimoni che servivano solo per fini po-litici; successivamente, il 26 febbraio 1450, Francesco Sforza debellò l’Aurea Repubblica Ambrosiana, fondata tre anni prima da un gruppo di notabili, ap-profittando della mancan-za di eredi dei Visconti, e divenne nuovo Duca di Milano, ristabilendo, alme-no “pro forma” i diritti del-la moglie sul trono ducale. Insomma, la novella spo-sa aveva portato allo Sforza nuove terre e il titolo di Duca di Milano. Del resto, ancora agli inizi del XIX se-colo quasi tutte le Case re-gnanti in Europa erano in qualche modo imparentate tra di loro. Eppure Bianca Maria, fossero stati o me-no gli interessi politici al-la base del suo matrimonio, era una sposa devota e in-namorata del marito. Tanto che volle lasciare una for-te e perpetua testimonian-za del suo amore e della sua fedeltà. Una testimonianza che è arrivata sino ai gior-ni nostri, ed è costituita da una delle Chiese più sin-golari di Milano, la Chiesa Parrocchiale di S. Maria Incoronata, sita nel cuo-

Naviglio, non paragonabile però a S. Maria Incoronata, perché la chiesetta doppia sul naviglio è formata da due corpi tra loro ben diffe-renti. La storia di S. Maria Incoronata inizia ben pri-ma della devota edificazio-ne voluta da Bianca Maria. La Chiesa di sinistra infat-ti esisteva già nell’età co-munale, retta dai Padri Eremitani di San Marco e intitolata a Santa Maria di Garegnano. Con la bol-la Licet Ecclesia del 9 aprile 1256 Alessandro IV riuni-sce le varie congregazioni di eremiti negli Eremitani di S. Agostino, e dall’in-contro di questa piccola Chiesa con gli agostiniani inizia la Storia del suo svi-luppo artistico e culturale. Divenuto centro dell’Os-servanza agostiniana, la Chiesa viene restaurata e rinnovata e dedicata a S. Nicola da Tolentino, men-tre negli edifici attigui (dei quali, come vedremo, re-sta solo una piccola parte) trovano posto il Convento e lo Scriptorium, ossia la Biblioteca, parte essenziale in ogni insediamento degli Agostiniani. La Chiesa di-viene così (come tutti i cen-tri agostiniani) luogo non solo di devozione, ma an-che di studio e nel tempo si rendono necessari ulte-

Santa Maria Incoronata

la, e nel 1484 i due edifici vennero messi definitiva-mente in comunicazione, costituendo così un uni-cum architettonico, su pro-getto attribuito a Guiniforte Solari. Chi entra oggi in S. Maria Incoronata ammi-ra un interno di due navate di uguale altezza, divise da pilastri, ognuna su tre cam-pate. Sono numerosi, e illu-stri, gli artisti che hanno arricchito col loro talento questa Chiesa. Al Bambaia (Agostino Busti) sono attri-buite le lapidi funerarie di Aloisino Bossi (consigliere

di Francesco Sforza) e del figlio Giovanni, mentre la lastra tombale in marmo di Candoglia dell’arcive-scovo Gabriele Sforza (fra-tello di Francesco) è attribuita a Francesco Solari. Frammenti di af-freschi quattrocenteschi fanno supporre una de-corazione con storie della Vergine e una raffigurazio-ne di S. Antonio Abate. Ma senza dubbio l’affresco più importante e ben con-servato, è quello concor-demente attribuito ad Ambrogio da Fossano, detto il Bergognone, raf-figurante Cristo premuto sotto il torchio. E proprio su questa singolare raffi-gurazione della Passione di Nostro Signore convie-ne soffermarsi un attimo. Per esprimere il concetto eucaristico l’arte cristiana scelse di rappresentare al-cuni elementi reali desunti dalla Bibbia o dalla litur-gia, combinandoli tra loro in un insieme chiaramen-te evocativo. Punto di par-tenza per queste creazioni artistiche furono le parole stesse di Gesù («Io sono il pane della vita», Giovanni 6, 24), il miracolo del-la moltiplicazione dei pa-ni, la mutazione dell’acqua in vino a Cana (manifesta-zione della gloria di Gesù), e, naturalmente, l’Ultima Cena, in cui viene istitui-ta l’Eucaristia. Non man-carono, tuttavia, anche vere e proprie raffigurazio-ni allegoriche del mistero eucaristico, diffusesi so-prattutto in età medievale. Tra queste la più interes-sante, e per molti versi la più suggestiva, è quella del “Torchio mistico”, che mo-stra Cristo stesso gravato della croce, il cui peso sem-bra spremere letteralmen-te il sangue dalle sue ferite.Il simbolismo che derivò da questa immagine si espan-se da allora in tutta la cri-

stianità, sotto forma di sermoni, inni e preghiere. E, a partire dal XII secolo, anche attraverso raffigura-zioni artistiche. Le prime immagini (miniature, so-prattutto) mostrano Cristo che spreme i grappoli con i piedi in un torchio da cui scorre il vino che viene di-stribuito ai fedeli, eviden-ziando così il ministero della Chiesa. In un secon-do tempo, invece, tra il Quattro e il Cinquecento, Cristo stesso è mostrato sotto la morsa del torchio, con il sangue che trasuda dalle sue piaghe raccolto in un calice, a ricordare con vivace evidenza non solo la Passione, ma anche e so-prattutto il miracolo della transustanziazione. Questa iconografia della “ torchia-tura mistica” ebbe parti-colare fortuna nel centro e nel nord Europa, concen-trandosi soprattutto nelle Fiandre. A Bruges, infatti, verso la fine del XIV seco-lo, era nata una delle prime e delle più importanti con-fraternite del Preziosissimo Sangue, che venerava le gocce del sangue di Cristo che il crociato Thierry d’Alsazia aveva portato con sé dalla Terra Santa. La fama di questa reliquia promosse e divulgò que-ste immagini eucaristiche. Orbene, la rappresentazio-ne del “Torchio mistico” attribuita al Bergognone e che si può ammirare in S. Maria Incoronata, oltre

l’alta qualità artistica, è la prima di tale soggetto rea-lizzata in Italia, e una del-le pochissime di cui si ha notizia nel nostro Paese. All’esterno della Chiesa troviamo ancora una par-te del Chiostro, con affre-schi quattrocenteschi e il piano delle celle dei mo-naci. Ma soprattutto, im-portantissima e restaurata con grande cura, troviamo la preziosa biblioteca, a tre navate e con volte a croce, databile al 1487, con affre-schi riproducenti Dottori agostiniani. È questa una delle otto biblioteche ago-stiniane ancora conserva-te in Italia, testimonianza di un grande amore per lo studio e la riflessione, come via per giungere alla Fede. Insomma, caro amico che fin qui hai avuto la pazien-za di leggerci, speriamo di aver suscitato in te abba-stanza interesse per spin-gerti a fare una passeggiata in corso Garibaldi, entra-re in S. Maria Incoronata e trovarti così tra pietre che parlano della Storia della nostra città, di devozione, di amore, trasmessi attra-verso grandi espressioni d’arte. E speriamo di ri-cordarci sempre che questa nostra amata Milano non è fatta solo di visi cupi, impe-gni d’affari, ore stritolate in metropolitane o a mangia-re panini di corsa per tor-nare al lavoro. È fatta anche di tante cose, ben più gran-di, che non muoiono mai.

Paolo Deotto

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immagine di Maurizio Redaelli

immagine di Maurizio Redaelli

Il vocabolario della lingua italiana ci spiega che la

“dote” è l’assegno, in beni o in denari, che la donna, quando contrae il matri-monio, porta al futuro ma-rito come parte integrante dell’economia familiare. Ora, quando Bianca Maria, figlia naturale di Filippo Maria Visconti, andò spo-sa a Francesco Sforza, por-tò in dote, nientemeno, la città di Cremona, di cui era Signora, che andò così a in-

re di Milano, al civico 116 di Corso Garibaldi. Perché parliamo di Chiesa “sin-golare”? Perché si tratta di una Chiesa doppia, nel ve-ro senso della parola. La se-conda (quella di destra) di queste due “chiese unite”, in tutto uguale alla prima, venne edificata nel 1460 su ordine di Bianca Maria, che volle così pubblica-mente suggellare la fedeltà tra gli sposi. Nella Diocesi ambrosiana troviamo solo un altro esempio di “chie-sa doppia”, S. Cristoforo sul

riori lavori, sia per abbel-lire l’edificio sacro, sia per ingrandire la parte esterna conventuale. Giungiamo così al 1451 quando, termi-nati i lavori di restauro nello stile dell’epoca (il tardo go-tico), la Chiesa viene defini-tivamente intitolata a Santa Maria Incoronata, e dedi-cata a Francesco Sforza, in occasione della sua incoro-nazione a Duca di Milano. Poi, come vedevamo, nel 1460 venne edificata, per volere della consorte del Duca, la Chiesa gemel-

La Chiesa del Torchio Mistico un tesoro che meriterebbe maggior fama

immagine di Maurizio Redaelli

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6 DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

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Basilica dei XII Apostoli detta di San BassianoConversazione con don Antonio Spini

Le molte finestre di sti-le lombardo, danno gran-de luce all’interno. Alle 15.30 di una calda domeni-ca di Settembre apre il por-tone don Antonio Spini, un dolce sacerdote di 72 an-ni che nei modi ha qual-cosa di antico come il “Tempio” che custodisce.E’ lui il Delegato Vescovile del “Centro Bassianeum” annesso alla Basilica e Responsabile della Basilica stessa da circa 30 anni. Alla domanda “Cosa si prova ad essere custodi di un Tempio così antico?” Risponde che prova “Una grande emozione nel vi-

In un’atmosfera rarefat-ta, in mezzo ai campi

che hanno ancora un anti-co sapore, in un’area poco abitata, si staglia nel cielo, limpido o nebbioso, la bel-la Basilica dei XII Apostoli, detta anche di San Bassiano. Fondata nel 387 da San Bassiano, in stile romanico, appare in tutta la sua mae-stosità in fondo all’antico paese di Lodi Vecchio (Lo). Tradizione e cultura ren-dono il clima di questa Basilica dolce e piacevol-mente mistico perchè, nel-la sua semplicità, trasporta l’anima a riflettere, sen-za magnificenza, sul valore interiore della spiritualità.L’attuale struttura non è quella edificata da San Bassiano, ma risale al X e XIV secolo. Nel 1330 ha il suo massimo degra-do con la caduta del tetto. Restaurata in quegli anni la Basilica si innalza, ispi-randosi allo stile gotico, la risultanza è uno stile roma-no-gotico che rende questo tempio notevolmente sug-gestivo e meta di pellegri-naggi non solo religiosi, ma anche di estimatori dell’ar-te in esso contenuta. La fac-ciata a vela con bifore a cielo aperto è divisa in tre par-ti da due poderose colonne. E’ mossa da monofore e oculi e sul frontone centra-le, tripartito da sottili le-sene, vi è un’edicola con la statua in ceramica del San Bassiano, inserita durante i lavori di restauro del 1960. Rifatto in quegli anni an-che il campanile, che vie-ne ironicamente definito “disgraziata aggiunzione”.Le pareti esterne sono soste-nute da robusti contraffor-ti che sostengono gli archi in stile gotico. Splendido il rosone a 16 petali e il por-tale con una piccola lunet-ta che mantiene traccia di un antico affresco, il tut-to con una corniciatu-ra ad archetti in laterizio.

Ivana Metadow

zio della evangelizzazione.Si entra nella Basilica e si vive la bellezza, sen-za chiedersi il perché.” La Basilica entra nella vi-sione didattica dell’arte co-me strumento religioso per essere “letta” anche da chi, nei tempi passati, non sa-peva leggere. Don Antonio spiega “Tutto serviva, attra-verso le immagini ad impa-rare il messaggio cristiano, ciò che non si può imparare con la scrittura, lo si impa-ra con la pittura. La Basilica diventa un testo da legge-re, pieno di simbolismi.lo stile romanico con la struttura architettonica non slanciata e a forma di capanna, ricorda il riparo che l’uomo offre a Dio ac-cogliendolo nella sua umi-le dimora; lo stile gotico, indica il desiderio dell’uo-mo di elevarsi fino a Dio.”Entrando dalla por-ta centrale si trova una acquasantiera a forma ot-tagonale, simbolo nume-rico della Risurrezione, che richiama la puri-ficazione dell’anima.Molti gli affreschi risa-lenti al XVI sec., di au-tore ignoto chiamato “Maestro di San Bassiano”. Al di sotto dell’arco a sesto

a oriente che viene chiama-to “Deesis” cioè ”preghiera”. Si va verso il sole e il Sole è il “Cristo Pantocratore”, un affresco dove il Cristo è racchiuso nella mandor-la, seduto su un arcobale-no con la mano docente e benedicente, alla sinistra la Madonna che lo addi-ta e San Bassiano; alla de-stra San Giovanni Battista e San Cristoforo. Le pic-cole navate terminano con un’ absidina; sulla destra, verso sud, otto tele, com-missionate nel 1565, che rappresentano 8 episodi della vita di San Bassiano e in fondo una bella sta-tua del Santo del XVII sec. L’altra navata ha al cen-tro un grandioso organo e tre affreschi “Madonna in trono”, “San Zeno” e “San Fermo”. Sopra quest’ultimo affresco vi è una formel-la con un bassorilievo di grande importanza storica, sia per la scritta in caratte-ri gotici che per l’immagi-ne di un bovaro in divisa. La scritta tradotta significa: “1323. il paratico [corpora-zione] dei bovari ha fatto fare questo cielo”. In fon-do una meravigliosa sta-tua della Madonna con il Bambino. I cruciformi pi-

lastri portanti che divido-no la navata centrale dalle due laterali, hanno i capi-telli istoriati risalenti al X sec. Don Antonio racconta poi un simpatico aneddo-to: “Una turista giapponese appena entrata in Basilica si è messa a gridare, tutti preoccupati siamo corsi per soccorrerla, ma l’interprete divertita, ci ha tranquilliz-zato dicendoci che le urla erano di stupore, la mera-viglia che la signora aveva provato appena entrata in Chiesa”. Infine Don Spini esprime un suo ultimo ti-more legato all’ambien-te in cui sorge la Basilica. “Temo che l’espansione edilizia possa occupare il cono panoramico che, dal-la provinciale 115, mostra al viaggiatore la struttu-ra della Basilica in tutta la sua maestosa semplicità.” E noi non possiamo fare altro che augurargli buon lavoro e sperare che l’in-differenza dell’uomo non turbi uno spettacolo che da secoli abbellisce le mor-bide campagne lodigiane.

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Nella parte orientale vi è la massiccia abside divisa in tre corpi da robuste lese-ne sporgenti. Sulla parete cispidale vi sono due pic-cole monofore e un roso-ne. A fianco due absidine.

vere la continuità storica di questo luogo perché le radici si sviluppano con-tinuamente, anche nelle avversità. La cultura prefe-risce l’arte in se stessa che non l’uso dell’arte a servi-

acuto vi sono dipinte im-magini del sole. Sulla pa-rete centrale l’affresco dell’ “Annunciazione” in stile giottesco. Ma l’occhio è at-tratto dal grandioso affre-sco del catino absidale posto

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7DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

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Il Cammeo GonzagaArti preziose alla corte di Mantova

A Palazzo Te dal 12 otto-bre 2008 all’11 gennaio

2009 è in corso la mostra “Il Cammeo Gonzaga”. Le arti preziose alla corte di Man-tova è un affascinante viag-gio nella corte dei Gonzaga a partire dal Quattrocento, con la creazione della stra-ordinaria collezione che diventerà celebre in tutto il mondo. Tra le moltissime gemme antiche e moderne, ci sono anche alcuni pre-ziosi cammei, tra i quali, spicca lo splendido Cam-meo Gonzaga, di grandi dimensioni e con doppio ritratto di una coppia impe-riale, attualmente conser-vato presso il Museo dell’ Ermitage di San Pietrobur-go, e appartenente ad Isa-bella d’Este, come testimo-nia l’inventario redatto dal notaio Stivini tra il 1540 e il 1542. La storia del Cam-meo Gonzaga è avventurosa come un romanzo: da Vin-cenzo I il prezioso oggetto passa nelle mani di Rodolfo II di Praga, dal saccheggio di Praga a Cristina di Sve-zia, poi è in Italia nella col-lezione di Decio Azzolino a

quasi quattrocento anni. Palazzo Te - Viale Te (MN) Orari: lunedì, dalle 13 alle 18; dal martedì alla dome-nica, dalle 9 alle 18. Ingres-so: Intero, 10€; Ridotto, 8€.Info: Tel 0376.369198/ Tel. 199 199 111www.cammeogonzaga.itw w w . m a n t o v a . c o m

Roma, passa a Livio Ode-scalchi, a Papa Pio VI, esce dall’Italia per approdare in Francia nella collezione di Napoleone e Giuseppina e infine arriva in Russia dallo zar Alessandro. Un prezio-so gioiello per una splen-dida mostra che ne cele-bra il ritorno a casa dopo

gda

Grande evento a Palazzo Marino: Caravaggio e MilanoLa Conversione di Saulo della collezione Odescalchi

Il 16 novembre a Milano si è aperta a Palazzo Ma-

rino una straordinaria mo-stra: Michelangelo Merisi detto il Caravaggio e il suo capolavoro, la Conversione di Saulo della Collezione

giunge vette sublimi. L’ope-ra non venne mai esposta nella chiesa e all’improvvisa morte del cardinale l’opera inizia un tortuoso percorso che la conduce in Spagna. Solo un secolo dopo, gra-zie all’acquisizione da parte della famiglia Balbi di Ge-

la cittadinanza milanese. La straordinarietà dell’evento sta nella possibilità di am-mirare da vicino un’ opera proveniente da una col-lezione privata, al centro della Sala Alessi di Palazzo Marino. Unico esempio ri-levante di pittura su tavola

Giulana de Antonellis

Odescalchi. Questa magni-fica tavola sarà esposta dal 16 novembre al 14 dicem-bre a Palazzo Marino, nel luogo simbolo della città, per un mese a ingresso gra-tuito per tutti. II capolavo-ro torna nella Milano che ne riconobbe la paternità proprio durante la prima grandissima mostra mono-grafica sul Caravaggio orga-nizzata da Roberto Longhi nel 1951, e vi arriva a pochi mesi dalla scoperta del cer-tificato di nascita di Cara-vaggio, che ne ha attestato

del grande maestro, l’opera, eseguita nel 1601, ha avuto un destino avventuroso che solo recentemente è stato del tutto ricostruito e com-preso. Commissionata a Caravaggio nell’anno 1600 da Tiberio Cerasi, da lui definito “egregius in Urbe pictor” per la sua Cappella in Santa Maria del Popolo, fu rifiutata dal committen-te in quanto contraria agli Atti degli Apostoli, che par-lano di grande luce e non di apparizione di Cristo a Saulo, caduto da cavallo sulla via di Damasco. Ca-ravaggio mostra in questo quadro la propria idea cri-stiana di conversione, uti-lizzando tutti gli espedienti di verismo, colore e luce per rendere drammatica-mente i sentimenti susci-tati dalla visione di Cristo nel giovane cavaliere. Nel dipinto Odescalchi Cristo, infatti, irrompe sulla scena quasi trattenuto dall’ange-lo, sconvolgendo non solo Saulo, ma lo scudiero e lo stesso cavallo imbizzarrito. Una scena d’azione quasi convulsa dove l’artista rag-

nova, la Conversione torna in Italia diventando la pun-ta di diamante di una delle più prestigiose collezioni dell’epoca, prima di tornare negli anni cinquanta nella città che ne aveva visto l’ori-gine, passando lungo l’asse ereditario alla Famiglia Odescalchi, che ne è l’attua-le proprietaria e custode. Subito dopo il restauro, nel 2006, la tavola fu esposta per breve tempo in S. Maria del Popolo accanto alla ver-sione su tela dipinta dal Ca-ravaggio allocata a tre metri d’altezza. A Milano invece sarà possibile ammirare da vicino ogni singolo parti-colare di questo capolavoro essendo l’opera posta ad al-tezza d’uomo in una parti-colare teca che ne permette la visione a 360°. Si tratta un evento indiscusso che vuole trasmettere il messaggio che da oggi Milano si appresta a diffondere nel mondo in vista di EXPO 2015: co-noscenza e coscienza della storia italiana attraverso lo specchio dell’arte, uso di un linguaggio comune indi-spensabile alla vita di tutti.

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Page 8: OK ARTE Dicembre 2008

8 DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

Al viaggiatore che si in-cammina verso il lago

di Iseo, dal ciglio delle col-line che formano l’anfitea-tro morenico del Sebino si presenta un panorama in-cantevole che ricorda mol-to da vicino la Brianza. È la parte più vasta e stupenda della Franciacorta nonché la più antica dove vengo-no a segnarsi gli antichi confini del lago d’Iseo e del ghiacciaio dell’Adamello. In questo locus amoenus tro-vano collocazione diverse località tra le quali ce ne è una chiamata Favento che spicca per bellezza e par-ticolarità. Questa località accoglie un piccolo gioiello architettonico di epoca me-dioevale conosciuto come Santa Maria in Favento. La chiesetta si presenta agli occhi del visitatore immersa in un contesto suggestivo, circondata da una piccola valletta ricca di vigneti e vegetazione, dalla quale deriva molto probabilmente il significato del termine Favento, forse perché nel luogo soffia un continuo venticello oppu-re perché in passato vi era un faggeto -faeto- dal quale prende origine dalla forma

Santa Maria in Faventodialettale “faet” che ne ri-corda l’origine. Dal punto di vista architettonico, la chiesa presenta all’esterno un piccolo pronao, che ac-compagna il visitatore verso

colo, con immagini della Vergine, dell’Annunciazio-ne e della Crocefissone. Per quanto riguarda il risvolto storico Santa Maria in Fa-vento vanta antiche origini,

delle famiglie franciacor-tine che hanno voluto con tenacia e determinazione dare seguito alle tradizioni e continuare la produzione del Franciacorta, oggi vi-no a denominazione di ori-gine controllata e garantita (DOCG), famoso in tutto il mondo. La Franciacorta non è solo vino ma miele, nocino e grappa, olio ex-tra vergine, ma soprattutto il famoso manzo all’olio, ti-pico di Rovato che si potrà degustare facilmente ovun-que e soprattutto nell’agri-turismo Solive, a Nigoliine di Cortefranca che ne rap-presenta il fiore all’occhiello senza sminuire i numero-si prodotti realizzati all’in-terno dell’azienda agricola

Percorsoenogastronomico

in Franciacorta

In Franciacorta, terra in-cantevole, ormai interna-

zionalmente famosa grazie al suo vino, alle sue spu-meggianti “bollicine”., è tempo di vendemmia. Vale la pena compiere una gi-ta fuori porta per poter constatare di persona co-me questo splendido ango-lo di terra lombarda, con le sue origini millenarie pos-sano accogliere e coniuga-re i più diversi elementi per poter soddisfare nel mi-gliore dei modi le esigenze di chi ne visita i suoi terri-tori. Scegliere poi le canti-ne della Franciacorta per compiere un itinerario eno-gastronomico non significa solo scoprire un vino. Ogni cantina racconta la storia

porre la primitiva esistenza in qualità di xenodochium. Questa tesi, proposta dallo storico adrense Umberto Perini, sarebbe avvalora-ta da particolari affreschi

Un convegno per la ReGiSsui giardini storici aperti al pubblico

Due anni fa, nel novem-bre 2006, nell’ambi-

to del convegno “A 25 anni dalla Carte di Firenze…” nasceva il progetto per la creazione di una re-te di giardini storici aper-ti al pubblico, per mettere in contatto tra loro vari si-ti relativi al territorio del Nord Milano e Brianza e promuovere lo scambio e il confronto delle esperienze tra Enti territoriali posses-sori o gestori di tali giar-dini. L’idea era infatti nata per rispondere alla neces-sità di condividere aspetti e problematiche in riferi-mento alla tutela, valoriz-zazione, manutenzione e gestione di questi beni pa-esaggistici in continuo mu-tamento, portatori di storia e cultura. Possiamo oggi af-fermare che l’autunno 2008 vedrà la nascita della Regis come associazione, con la sottoscrizione formale del-la carta costitutiva da par-te dei legali rappresentanti degli enti e delle istituzio-ni aderenti al progetto. La ReGiS parteciperà quindi all’incontro/tavolo di lavo-ro organizzato dal Centro di Documentazione Storica del Comune di Cinisello Balsamo e Politecnico di Milano nella tradizio-ne, ormai consolidata, dei “Convegni di Cinisello” sui giardini storici e il pae-

saggio, che ha fatto di Villa Ghirlanda Silva un luo-go d’incontro internazio-nale per gli operatori del settore. Quest’edizione del convegno di Cinisello, de-dicato a La gestione dei giardini storici aperti al pubblico: confronti e rifles-sioni tra esperti e operatori di settori, vuole infatti for-nire un contributo operati-vo all’avvio della Rete dei Giardini Storici e si svol-

Laura Pelissetti e Laura Sentina gerà in forma di incontro di informazione/forma-zione destinato a studio-si, appassionati e operatori del settore. Principale fi-nalità dell’incontro è rac-cogliere contenuti – sia su problemi teorici, sia sugli aspetti pratici – utili a co-loro che prestano la propria professionalità nei giardi-ni storici aperti al pubblico, fornendo loro informazio-ni e risposte, fornendo un

contributo alla risoluzio-ne di problemi aperti, evi-denziando ragioni, finalità e soluzioni adottate duran-te il lavoro di ricerca o ope-rativo. Le giornate di studi saranno dunque organiz-zate in tre sessioni/tavoli di lavoro aperti al pubblico, destinati agli operatori di giardini/parchi/architettu-re vegetali che presentano caratteristiche e problema-tiche simili a quelli della ReGiS. Sono previste brevi relazioni introduttive alle tre sessioni e, a seguire, in-terventi di specialisti, stu-diosi e tecnici che hanno maturato un’esperienza nel settore, e poster. Le sessio-ni saranno dedicate ai te-mi: A. Produttività oltre il giardino/ B. Conservazione e gestione/ C. Operatori per la gestione e valoriz-zazione La prima sessio-ne affronterà temi storici dedicati ad esempi italia-ni e internazionali di com-plessi agricoli fondiari, con particolare attenzione al ruolo della villa nella co-struzione del paesaggio. Il tema della produttività sa-rà quindi affrontato dalla duplice prospettiva, inter-na - nelle componenti del frutteto, orto, vivaio, spe-rimentazione botanica, produttiva e tecnica - ed esterna al giardino - siste-ma agricolo governato dai proprietari fondiari qua-li conduttori e beneficiari

delle attività produttive del complesso - evidenzian-do l’importanza dello stu-dio storico come spazio di conoscenza finalizzato alla gestione, all’intervento di restauro, alla pianificazio-ne, etc. La seconda sessione affronterà il problema della conservazione e manuten-zione dei giardini in rap-porto alle competenze degli operatori (giardinieri, ditte specializzate, tecnici spe-cialistici, etc.). Gli esperti tratteranno i temi median-te il confronto con opera-tori e tecnici del settore, affrontando problematiche relative al ruolo dei pro-prietari o gestori di giardi-ni e parchi storici aperti al pubblico, e presentando al-cune esperienze odierne. Si affronteranno le più comu-ni e condivise problemati-che di gestione di giardini e parchi storici di pubbli-ca fruizione, valutando la

compatibilità tra valore sto-rico-culturale di tali beni e il loro uso attuale. I lavori si svilupperanno attraverso fasi di discussione e tavole rotonde. La terza sessione è dedicata al problema del-la formazione degli opera-tori e al tema della gestione di giardini, parchi, archi-tetture vegetali, coordinata tra Amministrazioni pub-bliche e associazioni di vo-lontari. Sarà affrontato il problema di una garan-zia di qualità per le pro-fessionalità coinvolte negli interventi di conservazio-ne e manutenzione, racco-gliendo indicazioni per la messa a punto di un rego-lamento. Si discuteranno inoltre alcune esperienze di “messa in rete” di real-tà culturali, monumentali e paesaggistiche, sia italiane che europee, valutando gli effettivi apporti dei soggetti e degli organismi coinvolti.

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Gloria Guerrini

l’interno che presenta una costruzione a navata unica arricchita da un arco trion-fale e da numerosi affreschi, alcuni dei quali opera di un pittore vicino a Pietro di Cemmo o Giovanni da Marone, risalenti al XV se-

tanto da essere considerata uno dei primi esempi di manifestazione del cristia-nesimo locale, poiché la sua particolare posizione sul tracciato del diverticulum consolare dell’itinerario an-toniniano lascerebbe sup-

presenti all’interno del-la chiesa rappresentanti San Cristoforo, protettore dei viandanti, che secon-do la tradizione medioe-vale avrebbe protetto per qual giorno dalla morte chi lo avesse osservato.

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9DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

Affacciata sulla spon-da occidentale del lago

di Como, Villa Balbianello sorge sull’estrema pun-ta del Dosso di Lavedo, un promontorio boscoso che si protende verso le acque la-riane formando una picco-la penisola. Fu il cardinale Angelo Maria Durini a edi-ficare il complesso, sul fini-re del Settecento, sui resti di un convento francesca-no del XIII secolo, di cui at-

Villa del Balbianellopreso fra Tremezzo e Bellagio), uno dei punti più suggestivi di tutto il Lario, tra Otto e Novecento meta di villeggiatura prediletta non solo della nobiltà mi-lanese ma anche di un col-to turismo europeo. Due ampie stanze affiancano le arcate della Loggia, una è occupata dalla biblioteca e l’altra era originariamente adibita a sala della musica. Alla morte del cardinale, la

dette la proprietà all’amico Giuseppe Arconati Visconti. Con donna Costanza, mo-glie del marchese, la resi-denza tornò ad animarsi, divenendo un importan-te salotto estivo, frequen-tato da Berchet, da Giusti e perfino da Manzoni. Al fi-glio Giammartino, erudito orientalista e convinto an-ticlericale, si devono nuo-vi arredi e libri. Dopo quasi quarant’anni di totale ab-bandono, nel 1919 la di-mora venne acquistata dal generale americano Butler Ames, che la sottopose a un attento restauro. A vent’an-ni dalla sua scomparsa, nel 1974 gli eredi vendettero il complesso all’imprendi-tore Guido Monzino, ap-passionato esploratore e alpinista. Esponente di una delle più solide famiglie della borghesia milane-se, egli si dedicò con ca-parbietà a una nuova opera di ristrutturazione, che in-teressò non solo gli edifi-ci ma anche lo splendido giardino, cui venne con-ferito l’aspetto attuale. Un curatissimo viale condu-ce, dal sagrato della picco-la Chiesa (raggiungibile sia dal già citato porticciolo, sia da un elegante imbarca-dero), fino alla sommità del promontorio. Grandi pla-tani potati “a candelabro”, alternati a statue e ad an-nosi glicini, ingentiliscono la scenografica salita, che si snoda tra ripidi tappeti er-bosi, delimitati da siepi di bosso e di lauro. Sparsi nel parco si possono ammira-re anche esemplari di lecci,

Immagine di Diego Cottino

contesto ideale per il pro-prio cenacolo letterario (a cui aderì anche Parini, che dedicò all’amico l’Ode XXII, La Gratitudine), all’insegna del motto “Fai ce que voudras” (“Fa’ ciò che vuoi”) inciso sul pavi-mento del portico sovra-stante il porticciolo. Una splendida loggia corona l’edificio principale dall’al-to del promontorio, per-mettendo di ammirare

Villa passò al nipote Luigi Porro Lambertenghi, at-tivo patriota antiaustria-co che, tra i carbonari che invitò in Villa, volle anche Silvio Pellico, in veste di precettore per i propri figli. Costretto ad abbandonare l’Italia, Lambertenghi ven-

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canfore, magnolie e cipres-si, oltre a splendidi cespugli di azalee e rododendri, che nella tarda stagione prima-verile regalano ai visitatori straordinarie fioriture. La particolare conformazio-ne geologica di questo ter-reno ostacolò nei secoli la creazione di un giardino formale “all’italiana”, così come la realizzazione di un parco romantico “all’in-glese”. Il Balbianello rap-presenta quindi un vero e proprio unicum, un mon-do a sé stante, il cui fascino è accentuato dalla perfetta fusione con il paesaggio la-custre che lo circonda. Per volere del conte Monzino, inoltre, la Villa venne completamente riarredata con importanti mobili in-glesi e francesi del Sette-Ottocento, tappeti orientali, arazzi della Manifattura di Beauvais e boiserie francesi. Oggetti di arte africana, ci-nese, maya e azteca, esposti in eleganti vetrine accanto a ceramiche cinesi di epo-ca Tang e Ming, si affianca-rono a un’ampia raccolta di stampe del lago e a una del-

le più cospicue collezioni di dipinti su vetro oggi cono-sciute. Nella Biblioteca del-la Loggia egli sistemò il suo importante fondo librario dedicato alle spedizioni al-pinistiche e polari, ancora oggi patrimonio di inesti-mabile valore per gli stu-diosi di queste materie. Nel sottotetto fece infine alle-stire un piccolo Museo de-dicato alle sue imprese più significative: tra i tanti ci-meli conservati, spicca, al centro della sala, una del-le slitte trainate da cani con cui, nel 1971, raggiunse il Polo Nord. Molte anche le immagini e i ricordi re-lativi alla prima ascensio-ne italiana dell’Everest, da lui compiuta nel 1973. Fu lo stesso Monzino – le cui ceneri sono state tumula-te, per sua precisa volon-tà, nelle rocce dell’antica ghiacciaia del parco – a de-cidere di lasciare la Villa, insieme con gran parte del Dosso di Lavedo, in eredità al FAI, che dal 1988 la ge-stisce con cura e passione, sottoponendola a periodici interventi di manutenzione.

tualmente resta la facciata dell’antica Chiesa, caratte-rizzata da due snelli cam-panili. Già proprietario della vicina Villa Balbiano, costruita nel Cinquecento per il cardinale Tolomeo Gallio, egli riconobbe in questo splendido angolo il

contemporaneamente due opposti paesaggi lacustri: da una parte il più selvag-gio golfo di Diana, a sud, verso il Balbiano e l’isola Comacina, dall’altra quello di Venere, a nord, affaccia-to sulla celebre Tremezzina (lo specchio d’acqua com-

Immersa in uno splendi-do parco di 33,000 metri

quadrati, Villa Menafoglio Litta Panza si affaccia sulla città di Varese dal colle di Biumo Superiore. La dimo-ra venne edificata intorno alla metà del XVIII secolo su una preesistente “casa da nobile” per volere del marchese Paolo Antonio Menafoglio, vivace uomo di mondo e abile banchiere con interessi a Milano e a Modena. Lo schema a “U”, tipico della dimora baroc-ca, con il cortile rivolto ver-so gli spazi pubblici, venne rovesciato: la nuova Corte d’onore fu infatti orientata verso il parco anziché verso la facciata d’ingresso, pri-vilegiando quell’atmosfe-ra d’intimità e isolamento propria delle cosiddette “ville di delizia”. Nei giar-dini il Menafoglio fece rea-lizzare tre scenografici par-terres “alla francese”, con eleganti aiuole geometriche e grandi fontane. Dopo vari passaggi di proprietà segui-ti alla morte del marchese

(1769), nel 1823 la Villa venne acquistata dal duca Pompeo Litta Visconti Are-se, discendente di uno dei più facoltosi e illustri casati milanesi e committente dei nuovi lavori affidati a Luigi Canonica, allievo del Pier-marini e architetto di Stato in età napoleonica. All’il-lustre maestro si devono la costruzione di un nuovo Salone di rappresentanza, e la realizzazione dell’ala dei rustici, destinata alle scuderie e alle rimesse per le carrozze. Il parco venne ridisegnato “all’inglese” con vaste zone verdi e luoghi romantici come il laghetto e la collina con la grotta per la ghiacciaia, dominata dal tempietto classicheggiante. Dopo un periodo di abban-dono, nel 1935, il comples-so di Biumo fu acquistato dal milanese Ernesto Panza di Biumo, che diede inizio a un’importante opera di ristrutturazione, affidando-ne il progetto all’architetto Piero Portaluppi. Tra gli in-terventi, spiccano la realiz-

zazione del cortiletto ver-so piazza Litta e quella di un secondo parterre. Alla morte di Ernesto Panza, la Villa di Biumo passò ai suoi quattro figli: Giulia, Ales-sandro, Giuseppe e Maria Luisa. Tra questi, fu Giu-seppe ad abitarla e ad amar-la più degli altri, legando la Villa di Varese alla propria celeberrima collezione di arte contemporanea, oggi parzialmente distribuita tra i maggiori musei inter-nazionali. Fin da giovane Giuseppe Panza manifestò un profondo interesse per la storia dell’arte. Nei primi anni cinquanta, trasferitosi dopo la laurea negli Stati Uniti, venne in contatto con gli esordi dell’espressioni-smo astratto, rimanendone fortemente colpito. Tornato in Italia, approfondì la co-noscenza delle nuove ten-denze europee e americane e cominciò ad acquistare le prime tele, orientando da subito la sua ricerca verso personalità artistiche an-cora sconosciute al grande

pubblico. L’ampio appar-tamento al primo piano si arricchì quindi di molte opere d’arte americana (tra i tanti artisti citiamo: Ro-bert Morris, Claes Olden-burg, Robert Rauschenberg e James Rosenquist), cre-ando reazioni controverse nei numerosi ospiti della casa. Ben presto la colle-zione Panza iniziò a essere conosciuta nel mondo, di-venendo meta di studiosi e appassionati, che resero omaggio alla lungimiranza e alla straordinaria sensi-bilità artistica del proprie-tario. Dopo aver occupato lo spazio disponibile del piano nobile, dalla fine de-gli anni sessanta Giuseppe Panza adattò gli ambienti delle scuderie e dei rustici per ospitare le installazioni d’arte ambientale dei cali-forniani James Turrel, Ma-ria Nordman e Robert Ir-win. Alcuni di questi lavori – in prevalenza interventi sullo spazio e sulla luce che tendevano a creare nuove situazioni percettive – fu-

rono progettati e realizzati permanentemente per Biu-mo dagli stessi artisti fra il 1973 e il 1976. Ampiamente rappresentato in questa ala anche il newyorkese Dan Flavin, di cui la collezione Panza vanta la più grande concentrazione di opere perennemente esposte. A partire dagli anni ottanta, è la volta di Phil Sims, David Simpson, Ruth Ann Fre-denthal, Stuart Arends, Max Cole e altri ancora: artisti meno noti dei preceden-ti ma identificati da Panza come i possibili depositari dell’arte delle generazioni future. Nelle splendide sale dell’ala padronale i loro la-vori sono mirabilmente

accostati a mobili di alta epoca e a opere d’arte afri-cana e precolombiana, altre passioni del collezionista milanese. Nel 1996 Giusep-pe Panza decise di donare al FAI l’intera proprietà con l’intento di consegnare in-tatta ai posteri non solo la sua abitazione, ma anche il vasto patrimonio artistico in essa raccolto, scrigno eu-ropeo di quell’arte america-na ancora oggi riconosciuta come una delle più alte te-stimonianze culturali della seconda metà del XX secolo. Il complesso, aperto al pub-blico nel settembre del 2000 dopo un’impegnativa cam-pagna di restauri, ospita mo-stre di livello internazionale.

lenno, como

Villa e collezione Panza varese Immagine di Giorgio Majno

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10 DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

Il complesso monumen-tale di Torba, situato ai

piedi del parco archeologi-co di Castelseprio e immer-so nei boschi della valle del fiume Olona, è testimone di una vicenda antichissima. La presenza dell’uomo ha trasformato il luogo pri-ma in presidio militare, poi in monastero benedettino e infine in cascina agrico-la, definitivamente abban-donata nel 1970. Al limite del degrado, il complesso è stata acquistato nel 1976 da Giulia Maria Mozzoni Crespi allo scopo di donar-lo al Fondo per l’Ambiente Italiano, che, al termine dei necessari lavori di recupe-ro e restauro, nel 1986 lo ha aperto al pubblico. La sto-ria di Torba ha origine in età tardo-imperiale, epo-ca in cui, per proteggersi dalla minaccia dei barba-ri, i Romani avevano elabo-rato un articolato sistema difensivo che dalle Alpi e dai laghi scendeva fino al-la pianura ed era costituito da possenti capisaldi col-legati da torri di vedetta. Tra i principali capisaldi vi era il castrum romano, po-sto sul crocevia tra tre la-ghi (Verbanus, Ceresius e Larius). Torba ne divenne l’avamposto militare situato a valle, con funzione di con-trollo lungo il fiume Olona.

Testimonianza di quest’epo-ca è il Torrione, eretto tra il V e il VI secolo e anco-ra oggi visibile, inglobato nelle strutture del succes-sivo Monastero. Il sistema tardoromano venne in se-guito ripreso dai Goti e dai Bizantini, i quali crearo-no un distretto militare che assunse il nome di Sibrium e che fu mantenuto anche durante la dominazione longobarda. Nell’VIII se-colo, al fragore delle armi si sostituirono i sussurri del-le preghiere: Torba, infatti, divenne sede di una comu-nità di monache benedet-tine. A far luce su questa significativa trasformazio-ne, non essendo note fonti scritte, vi sono gli splendi-di affreschi che ancora oggi decorano il secondo pia-no della Torre e che sono legittimamente datati al-

Il Monastero di Torba

la fine del secolo, quando le monache riutilizzarono il Torrione come oratorio, costruendo in seguito la Chiesa e il Monastero adia-cente. La Sala superiore era interamente affresca-ta: sulla parete est è an-cora visibile l’immagine di Cristo benedicente se-duto in trono e affiancato da due angeli, mentre so-no scomparsi la Vergine e gli apostoli che l’accompa-gnavano. Nello zoccolo vi è la raffigurazione di sei ve-li tra loro differenti, uno dei quali (con una croce al centro fra quattro croci di Sant’Andrea) deve esse-re attribuito a Maria. Nella parete sud vi sono, sul la-to sinistro, frammenti di alcuni personaggi, proba-bilmente martiri, mentre, sulla parte destra, campeg-gia la figura della Vergine

con il Bambino, circonda-ta da santi, vescovi e da una donna offerente. Sulla pa-rete ovest vi sono due or-dini di figure rappresentate in una scena d’intercessio-ne: un gruppo di sante in alto e una teoria di otto monache in basso. Queste ultime sono ritratte fron-talmente con una mano aperta in segno di preghie-ra e una croce nell’altra. A causa di annose infiltra-zioni d’acqua, si sono per-duti i lineamenti dei loro volti e soltanto le due figu-re all’estremità destra con-servano i tratti fisionomici. Di notevole raffinatezza, al contempo, è l’agile gestua-lità delle mani. Il primo piano della Torre, origina-riamente adibito a sepolcre-to, ha subito danni notevoli, prima nel Quattrocento, con l’apertura, nell’ango-lo sud-est, di una finestra ogivale e, in seguito, con la trasformazione in loca-le cucina durante il periodo agricolo. Tra le tracce delle monache sepolte nella torre e lì effigiate, rimane l’affa-scinante volto di Aliberga, simbolo della spiritualità di Torba, il cui nome lon-gobardo è stato sostituito, in una scritta successiva, da Casta Abba(tissa). È databi-le alla metà dell’ XI secolo la costruzione della piccola

Chiesa abbaziale, il cui re-stauro, curato dal FAI, ha riportato alla luce la crip-ta dell’ VIII secolo. Risale, invece, al XIII secolo l’ab-side attualmente visibi-le e che ha sostituito quella originaria. La distruzione del vicino castrum, avve-nuta nel 1287 per mano di Ottone Visconti durante la lotta contro i Della Torre, non toccò fortunatamen-te il Monastero, che restò in attività per i due seco-li successivi. A causa del-la povertà di questi luoghi e della mancanza di sicu-rezza, nel 1426 le religio-se furono però costrette ad abbandonare Torba, trasfe-rendosi nel monastero di Luvinate. Dopo alcuni an-ni di difficile convivenza, anche per la condotta spre-giudicata di alcune di esse,

le monache fecero ritorno a Torba per un breve periodo, fino al definitivo trasferi-mento a Tradate, avvenuto nel 1482. Seguì la trasfor-mazione del Monastero in complesso rurale finché, in epoca napoleonica, con la soppressione degli or-dini religiosi, Torba per-se definitivamente lo status di monastero. Iniziò così il lento declino del complesso che si protrasse tristemente fino all’arrivo del FAI, che, negli anni, ha restituito al sito coerenza e dignità, ani-mandone inoltre la vita con numerose manifestazioni.

Immagine dall’ archivio FAI

Immagine dall’ archivio FAI

Varcando la porta di un muro che delimita

il confine della piazza del Santuario, si giunge in ses-santa ettari di bosco incon-taminato, dove la natura prende il sopravvento re-galando un paesaggio an-cora intatto con boschi, uliveti e alberi da frutta. Attraversando la val-le percorsa da un torren-te, si giunge alla Chiesa di Santa Croce del XII° seco-lo, nella quale è custodi-to l’affresco di una croce senza il corpo di Cristo. La simbologia del dipin-to è particolarmente at-tuale: rappresenta, infatti, un luogo di culto riserva-to alle persone di tutte le religioni che vogliono ra-dunarsi in meditazione.In questo sublime pae-saggio dove si possono ammirare i ruderi di un convento benedettino, un antico mulino e il trecen-tesco Ponte dei Galli, pas-seggiava San Francesco parlando ai fiori e predican-do l’amore per l’universo.Dott. Magnifico può fare un bilancio sulla vostra attività?La nostra perseveran-za e la nostra tenacia è stata premiata, a distan-za di trent’anni abbiamo raggiunto oltre settan-tottomila iscritti e siamo orgogliosi di poter vantare beni di inestimabile valore.

Come investe Milano nell’arte?Molti musei compreso Palazzo Reale program-mano un calendario basato sulle grandi mostre, rivol-gendosi sempre ai nomi di richiamo, come gli impres-sionisti, o artisti celebrati migliaia di volte, noi voglia-mo dire alle persone che ol-tre a questi eventi “di massa” c’è molto altro da scoprire.Lei ha definito questo incan-tevole panorama “Museo del paesaggio” e ha an-che ribadito che necessi-ta della collaborazione di tutti noi per facilitare la tu-tela del territorio. Ha trova-to difficoltà a tal proposito?Certo, mi rivolgo soprat-tutto al turismo irrespon-sabile, quello “becero” dove i turisti arrivano in mas-sa, sporcano, si fermano

La selva di San Francesco

in più tappe col pullman; un giorno ad Assisi, uno a Roma l’altro a Venezia e poi ripartono. Cosa avran-no capito della nostra cultura? Abbiamo riscon-trato numerose difficoltà per portare a termine que-sto progetto, ma forse i pro-blemi ci temprano, del resto lei non ne ha mai avuti?In effetti….. Non pensa che si corra il rischio sen-za severi controlli, di subi-re atti vandalici in un’area così vasta e tranquilla?Non sussiste questo proble-ma, infatti, quando la gen-te capita in un giardino ben curato o per le strade pu-lite, cerca di non sporca-re evitando così di lasciare le solite cartacce o mozzi-coni di sigarette per terra.Danneggiamenti o co-se spiacevoli sono capi-

tati nelle vostre dimore storiche nel corso degli anni?Per fortuna, che io ricor-di, abbiamo subito solo un furto di una lampada dal-la chiesetta (XI secolo) del Monastero di Torba (Va). Può riassumere in che cosa consiste il restau-ro ambientale di que-sto meraviglioso bosco?Questo luogo di preziosis-simo valore storico, artisti-co e spirituale, è stato per anni tenuto in uno stato di abbandono, così anche la vegetazione si è impoverita. Noi dobbiamo semplice-mente svolgere il lavoro che un tempo facevano i conta-dini, concimare il terreno, potare le piante, piantare al-beri da frutta, ristrutturare gli appezzamenti coltivati a ulivo, rendere percorribili i sentieri. Dobbiamo restitu-ire al bosco la sua identità, facendo rinascere i profu-mi dei fiori e della vege-tazione per ripopolarlo di piante e animali come de-cantava San Francesco nel “Cantico delle Creature”.

La passione che ha Marco Magnifico nel comunica-re i propri desideri è pro-rompente e contagiosa. I beni culturali sono patri-monio di tutti e forse, se ri-uscissimo a rispettare di più il nostro pianeta preser-vandolo da inutili scempi, potremmo beneficiare delle risorse del nostro Bel Paese.

Il Dott. Magnifico Direttore del FAI ci parla della recente donazione

Francesca Bellola

ON POO DE DIALETT

Milano sino all’inizio del secolo scorso poteva considerarsi città d’acqua, coi suoi fiumi, i suoi navigli, le sorgenti, le darsene: è perciò norma-le che tanti detti e proverbi vi facciano ricorso. Ne proponiamo alcuni con le traduzio-ni in italiano risalenti alla metà dell’Ottocen-to e pertanto talvolta in forma alquanto arcaica.

ACQUA DE RAPINNA = TORRENTE

ACQUA IN GIAZZ = ACQUA GELATA

ACQUA SPESSA = ACQUA TORBIDA

A QUELL’ACQUA CHE NO ME BAGNA NO GHE BADI = DICESI DI COSA PER NOI INDIFFERENTE

AVE’ ( O VESS) CONT ON PE’ A MOEUI E L’OLTER IN L’ACQUA = ESSERE TRA L’INCUDINE E IL MARTELLO

CHI E’ STAA SCOTTAA DE L’ACQUA COLDA, SE GUARDA DE LA FREGGIA = CHI E’ SCOTTATO UNA VOLTA, L’ALTRA VI SOFFIA SU

EL GIUGARAV IN L’ACQUA = DICESI DI CHI E’ APPAS-SIONATO AL GIOCO

FA’ ON BOEUCC IN L’ACQUA = FARE UN BUCO NELL’ACQUA

L’ACQUA LA FA MARSCI I FONDAMENT – L’ACQUA L’E’ BONNA DE LAVASS I PEE = COSI’ DICONO IBEVITORI DI VINO PRETTO

LASSA ANDA’ L’ACQUA DOVE LA VOEUR = LASCIARE CHE LE COSE CAMMININO PER IL LORO CORSO

LASSAS VEGNI’ L’ACQUA ADOSS = E’ MAL PER CHI HA TEMPO E TEMPO ASPETTA, CHE’ MENTRE PISCIA IL CAN LA LEPRE SBIETTA.

L’OEIL EL STA DESURAVIA DE L’ACQUA = LA VERITA’ STA SEMPRE A GALLA

METT ACQUA = RAPPACIFICARE

PESTA’ L’ACQUA IN DEL MORTEE = FARE COSE INUTILI

LA PRIMA ACQUA D’AGOST LA PORTA VIA UN SACCH DE PURES E UN SACCH DE MOSCH = LA PIOGGIA AGOSTINA RINFRESCA SUBITO L’ARIA

QUANDO EL SO EL SE VOLTA INDREE, LA MATINA L’ACQUA AI PEE = QUANDO IL SOLE TRAMONTA SOTTO UNA BASSA STRISCIA DI NEBBIONI, LA MATTINA DOPO SUOL PIOVERE

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11DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

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La Porta dell’Arte, IN & OUTVenerdì 12 dicembre l’opera di Carla Cardinaletti

installata presso l’arco trionfale di Porta NuovaL’arte pubblica, una del-le tendenze più interessan-ti e feconde del panorama internazionale, interagi-sce con il tessuto sociale e con la struttura del terri-torio, determinando una specifica modalità di rela-zione tra opera e fruitore. Nella città l’arte si sovrappo-ne a stratificazioni storiche ed effimere, all’architettu-ra, all’arredo urbano, al-la pubblicità e si confronta con un pubblico eteroge-neo, culturalmente e social-mente. IN&OUT, l’opera di Carla Cardinaletti in-stallata presso l’arco trion-fale di Porta Nuova, sede dell’Associazione Castelli e Ville aperti in Lombardia, in occasione del suo de-cennale (dicembre 2007), ha inaugurato una serie di manifestazioni a cadenza annuale, capaci di coniu-gare arte contemporanea, dimensione pubblica e va-lorizzazione di un sito mo-numentale di primaria importanza per la città di Milano. Ogni anno, nel mese di dicembre, l’Associazio-ne Castelli e Ville aper-ti in Lombardia invita

un giovane artista a rea-lizzare un’installazione d’arte contemporanea ap-positamente ideata per la propria sede, l’ottocente-sca Porta Nuova di Milano. L’idea è quella di mettere a disposizione le proprie ri-

sorse e competenze per re-alizzare ogni anno un’opera d’arte pubblica che possa concorrere a rigenerare lo spazio intorno a sé, modi-ficandone non solo la per-cezione ma anche l’uso, per migliorare la qualità della

vita dei cittadini. Con que-sta iniziativa, l’Associazio-ne intende offrire alla città il proprio contributo nel valorizzare uno dei suoi luoghi più suggestivi e ca-rico di memorie storiche, aprendosi nello stesso tem-

po alle nuove energie cre-ative presenti sulla scena artistica contemporanea. Catturando lo sguardo del pubblico, lo si invita inoltre a soffermare l’attenzione su un luogo che, normalmente percepito come mero pun-to di passaggio, sarà invece nevralgico in un’area inte-ressata da importanti tra-sformazioni urbanistiche. Il successo ottenuto du-rante la prima edizione e, soprattutto, lo studio sul-la Porta Nuova seguito da Carla Cardinaletti nell’ar-co di questi mesi, ci hanno spinto a ricoinvolgere l’arti-sta nel 2008, riconoscendo-le un’importante continuità di lavoro. L’Arco di Porta Nuova, luogo storico di Milano depositario della nostra memoria, diventa il contenitore dell’installa-zione di Carla Cardinaletti “PortaMi Via”. In contrap-posizione alla monumen-talità del luogo l’artista propone l’impalpabilità dell’aria e l’immaterialità del pensiero. Tramite un’in-stallazione che si articolerà nell’arco di una serata l’Ar-co si riempirà di pallonci-

ni bianchi pronti a spiccare il volo all’unisono. Ad ogni palloncino gli avvento-ri potranno agganciare un messaggio che travaliche-rà lo spazio circoscritto dell’arco per raggiungere il cielo. Il palloncino di-venta veicolo del pensiero silente intimo di chi vor-rà interagire con l’Arco. Così gli Ex Caselli dazia-ri di Porta Nuova si aprono non solo architettonica-mente al nuovo assetto ur-bano di Milano, ma anche alle aspettative, ai pensie-ri e ai desideri di chi vor-rà confrontarsi con l’opera “PortaMi Via”. Durante la serata del 12 Dicembre, nello spazio interno dei ca-selli daziari, verrà presen-tato il progetto di musica contemporanea “Musica da cucina”, ispirato al te-ma della Porta. Contatti: Associazione Castelli e Ville aperti in Lombardia. Tel. 02 65589231, Gaia Brambilla, [email protected]. P.zza Principessa Clotilde, 12 – 20121 Milano Tel. +39 02 65589231 [email protected] www.castellieville.it

Museum of Modern Art Liu Hai Su 8 Novembre - 10 Dicembre

Maestri di Brera nell’in-tento di creare nuo-

vi e proficui rapporti artistici tra Italia e Cina, hanno realizzato un in-teressante progetto soste-nuto dalla provincia di Milano. Quello di porta-re a Shangai nel prestigio-so Museo di Arte Moderna Liu Hai Su, settantasei gal-lerie d’arte lombarde che presentano centoventi ar-tisti. Sicuramente un’ope-razione di grande interesse in un momento nel qua-le Shangai è diventata un centro di crescita economi-ca e culturale. Una delega-zione italiana sarà presente all’inaugurazione per tes-sere scambi e contatti con le gallerie locali. Ci augu-riamo che questi eventi aprano nuove prospettive, sia per gli artisti cinesi che per quelli italiani. Tra i tan-ti artisti presenti, ne segna-liamo due che abbiamo già presentato sulle nostre pa-gine. Clara Bartolini con le sue opere polimateriche realizzate con legno, smal-to, ferro, calco in gesso ed elementi computerizzati.

Nicola Brindicci che por-terà i suoi lavori più ispira-

Arte italiana a Shangai

I Concerti del Vespro pa-trocinati dalla Regione

Lombardia, dalla Provincia e dal Comune di Segrate, sono nati con l’inten-to di creare per la città di Segrate (Mi) un’alternati-va alle svariate offerte cul-turali e musicali di Milano.Il loro inizio risale al 7 ot-tobre 2001 e da subito hanno ottenuto un impo-nente successo di pubblico.I Concerti, di Musica clas-sica, che inizialmente si te-nevano solo nella antica Chiesa prepositurale di S. Stefano in Segrate centro, da qualche anno vengo-no distribuiti nelle diver-se Chiese del territorio.Ogni mese, da ottobre ad aprile dell’anno successi-vo, si alternano concertisti o ensemble famosi prove-nienti da diversi stati euro-pei, o talvolta di nazionalità extra-europea ma residenti in Italia. Sono stati ospita-ti in questa Rassegna con-certisti italiani, polacchi, belgi, svedesi, spagnoli, giapponesi, coreani, ameri-cani, sud africani, austriaci, bulgari, ucraini, tedeschi.

Sono stati inoltre presenta-ti strumenti di raro ascolto in concerto come l’armo-nica cromatica, la fisar-monica, le nacchere, etc., e non c’è ambito della musi-ca classica che non sia sta-to esplorato e proposto come fine di un assoluto impegno alla conoscenza delle tecniche, degli stili, delle correnti compositive.Il profilo della Stagione 2008/2009 conferma l’in-dirizzo artistico delle pre-cedenti Stagioni: oltre ad un concerto in collabora-zione col Conservatorio di

Musica ‘G. Verdi’ di Milano, anche la partecipazio-ne del famoso direttore di Coro M° Mino Bordignon. I concerti avranno inizio alle ore 16 Ingresso libero www.comune.segrate.mi.it tel. +39 02 26.90.22.61

Direttore Artistico M° Anna GemelliComune di Segrate, Ufficio Cultura - tel. +39 02 26.90.22.61www.comune.segrate.mi.itemail: [email protected], tel e fax +39 02 213.77.77

Rassegna Internazionale di Concerti Vespro

CALENDARIO: 14 dicembre 2008

UN CORO PER MILANO MINO BORDIGNON

direttoreFRANCO CACCIA - CAMILLA MARONE

BIANCO pianoforte. Chiesa ‘S.S. Carlo e Anna’, S. Felice di Segrate

1 febbraio 2009 MAURIZIO CARNELLI

pianoforteChiesa ‘Dio Padre’, Milano 2 – Segrate

segrate cultura

ti realizzati, come sempre, con fotografia analogica.

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12 DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

Prima di essere un foto-grafo Roberto Denti è un

creativo. Anziché immorta-lare passivamente soggetti esistenti ama avventurar-

“Espressionismo fotografico” di Roberto Denti

Tra fototele quantistiche e fotosculture si nella rappresentazione di pensieri, concetti, for-mule. Studia fotografia dai primi anni ’70 e da subito incomincia a giocare con l’obiettivo. Tecniche di ri-presa e studi sull’illumi-

nazione l’hanno introdotto poi ad un’ampia sperimen-tazione; da li, sempre nuovi spunti, sempre nuove idee.Così i suoi lavori si possono definire vere e proprie cre-azioni, fotografie che non sono solo scatti ma vere e proprie tele, palcoscenici sui quali egli studia, elabo-ra, gioca. “Espressionismo fotografico” una visua-le interna, personale che non è creata da un’abi-le mano ma è pura istan-tanea. Un concetto, che si materializza, che prende realtà. Un vero e proprio frame interiore di un arti-sta che è arrivato a rende-re fedelmente riproducibile la sua emozione, il suo so-gno, attraverso la com-mistione di oggetti reali.Forte influenza nelle opere

di Denti è la fisica quanti-stica che si riflette vivace-mente su alcuni suoi lavori. Il punto di incontro tra ar-te, fisica e matematica ge-nera contrastanti risultati cromatici come anche con-flitti tra supporti foto-grafici e pittorici. E qui, quando sembra che l’ar-tista si indirizzi deciso verso l’astratto lo si sco-pre intento ad intrappo-lare un’altra dimensione. Denti “fotografa” le vi-brazioni energetiche del-la materia che, attraverso una particolare tecni-ca di rappresentazione grafica, portano ad un risultato decisamente sug-gestivo. Questo è il lavo-ro di Denti: un continuo immortalare quello che gli altri non si aspettano.

Jean Marc Mangiameli

Si è inaugurata il 12 no-vembre al locale B

ART- Bar Music Gallery, la mostra personale di Giuseppe Giacobino a cu-ra di Davide Corsetti in-titolata “Kōan. Con le sue nuove opere, Giacobino ci presenta una delle possibi-li direzioni della sua ricer-ca artistica, esplorando le pieghe di quegli “spazi in-

determinati” che si deline-ano nelle sue composizioni. Questo nuovo ciclo di ope-re infatti, si inoltra, forse ancor più dei precedenti, in quel “gioco dell’esistenza” elegante e poetico, questa volta facendosi contem-plativo, raffinandosi, as-sottigliandosi, in modo da esprimersi ed impor-si con la ieratica incisività di parole sussurrate. Poesia silenziosa. Colore ed inco-lore. Ombre portate e tra-sparenza. Echi di percorsi intellettuali che in que-ste opere rimandano alla Pittura Analitica, all’Ar-te Concettuale, all’Astrat-tismo, all’Arte Minimale. Rifiutando, in modo simi-le a Kelly Ellsworth, distin-zioni tra pittura e scultura;

Kōan Personale di Giacobino

al B ART di Milanoabbracciando, in un istin-to simile a Cézanne e Yves Klein, la forza espressiva e meditativa del colore; rac-chiudendo, in una scato-la alla Cornell, un elegante mondo espressivo intimo e minimale. Tuttavia non vi è nulla, nelle intenzioni dell’artista di voler in qual-che modo interloquire con l’Arte Minimale o l’Arte Concettuale. Quello che ci vuol dire è che non impor-

ta il senso dell’opera. Non vi sono significati cerebra-li o rimandi a nulla se non ciò che compone l’opera. Importa l’esistere. Importa l’azione dialettica tra il fru-itore e l’opera senza che vi sia un’ermeneutica di essa. Importa ciò che, meditan-do di fronte ad un’opera, si scopre di sé, e non ciò che si scopre dell’opera. A questo ora Giacobino, nel suo “gio-co dell’esistenza”, ci pone di fronte. La ricerca di un se-greto che ci sfuggirà sempre fino a quando non lo accet-teremo per ciò che è: un mistero. E come un mistero non va interpretato o capi-to, ma contemplato ed assa-porato nella sua profonda incomprensibilità ed inde-terminazione. Come avvie-

Davide Corsetti

“L’artista è colui che trasfigura la real-

tà, mettendoci di fronte ad una nuova visione del mondo che a volte non ri-usciamo a percepire, per-ché nell’arte i drammi e gli entusiasmi degli uomi-ni vengono trasmessi senza le quotidiane sovrastruttu-re mentali che la vita ci co-stringe a costruire. Questo Endza lo regala in ogni sua immagine che ci propone, i suoi passaggi di vita che potrebbero essere quelli di ognuno di noi, li propo-ne alla nostra vista schiet-ti e detonanti. A volte cupi nei colori e nei tratti, a vol-te brillanti e sinfonicamen-te movimentati, così come la vita di ognuno si dipana negli anni. Fermarsi ad os-servare un’opera di Endza è un po’ come possedere uno specchio che porta con se la memoria della nostra vi-ta, come una finestra dal-la quale non abbiamo mai il coraggio di affacciarsi. E’ proprio così che Endza vuole farsi ricordare ed è

Endza I colori

dell’Animaproprio così che nascono le sue opere, con il suo mi-te approccio al mondo e la sua tenacia nella vita, i suoi viaggi tra Armenia, Israele e Italia, il desiderio di cre-scere fino alla maturità ar-tistica, lasciarsi dietro ciò che gli ha fatto da maestro e del quale se ne è appropria-to, per poter da qui parti-re verso la “sua” arte. Così come è vero che l’arte è ge-nio, intraprendenza, ricer-ca e rischio, così è vero che soltanto chi ha desiderio di farsi ascoltare può riuscire ad aprire un varco nella sor-dità emotiva che ci invade.”Questo è scritto sull’ultima biografia dell’Artista pub-blicata in occasione del-le nuove mostre che Endza proporrà in Italia a par-tire dal prossimo anno.Pittore armeno nato nel 1968 e che, dopo aver vissu-to ed esposto in Palestina, Gerusalemme, Giordania, Canada ed America, ha de-ciso di trasferirsi in Italia, paese, che come afferma lui, sarebbe la patria della pittura, e, suo nuovo stimo-lo di produzione artistica.

Marco Marsili

Nelle opere della pittri-ce spagnola Caroline

Culubret stilisticamente si osserva una concezione realistica con un’intimi-sta traccia simbolica che ha come vera protagoni-sta la figura umana, spesso femminile e nuda. La per-fezione nel disegno, sia co-me fine dell’opera sia come preparazione per la pittura, sconvolge per la sua qualità tecnica. Eugenio Serrano, critico d’arte spagnolo, definisce l’opera dell’ar-tista come “ sottile, intu-itiva, perfetta...” con una “espressività comunicativa” che non lascia indifferen-ti. Caroline Culubret certa-mente, continua la ricerca artistica e umana sulla li-nea della pittrice madrile-na Soledad Fernandez. Il loro simbolismo, senso tec-nico, tematico ed estetico si avvicinano, nonostan-te Culubret possieda una iconografia più contem-poranea. Nel suo virtuosi-smo pittorico mani e volti di donne percorrono i no-stri sentimenti. La donna dipinta per la donna ricer-ca davanti allo specchio, le immense sfaccettature del-la psicologia dell’universo femminile. L’eleganza dei corpi nudi e seminudi, do-ve tradizione e contempo-

Realismo e sensualità La pittura di Caroline Culubret

raneità si coordinano senza rifiutarsi, cercano qualcosa di specifico: l’eternità della bellezza; l’olio e la matita in una mano, nell’altra il cuo-re. Possiamo sottolineare brevemente la biografia del-la Culubret; sposata con un artista e madre di tre figli, inizia il suo percorso arti-stico guidato dalla pittrice Renèe Pauthal. Entra a far parte del gruppo artistico «Jóvenes Realidades» (sot-to la direzione di Antonio Lòpez ), svolgendo i propri studi in diverse Scuole d’ar-te come: La Palma, López Torres, l’Accademia di Belli Arti di San Fernando che alla fine lascia per dedi-carsi in modo professiona-le alla pittura. L’artista ha ricevuto numerosi premi in diversi concorsi come: VI Certamen Virgen de las Viñas, Campo de Criptana, Ciudad de Tomelloso e Torralba de Calatrava. Inoltre, ha partecipato ad importanti eventi co-me il Curso Internacional de Pittura Universidad de Cádiz. Caroline Culubret dotata di un enorme poten-ziale tecnico ed espressi-vo, presenterà le sue opere al pubblico milanese, du-rante la mostra colletti-va: “FormArt” organizzata da “OK Arte”, il prossi-mo 25 febbraio 2009 pres-so la Galleria Zamenhof.

Alejandro de Luna

ne appunto nella lettura di un Kōan, uno dei dilemmi del buddismo Ch’an e dello Zen, in cui non vi è rispo-sta. Poiché la risposta non è importante. Poiché nel cer-care di trovare un senso ad una domanda senza senso, ciò che è importante si ri-trova nel recupero del no-stro essere bambini, della nostra genuina libertà di stupirci, di meravigliar-ci di fronte al “nonsenso”;

di pensare all’Isola Che Non C’è e sorridere ed ac-cettare la sua indetermi-nazione; di immaginarsi il suono che può fare il bat-tito di mani di una mano sola e stupirsi di fronte al solo fatto di avervi pensato.Alzaia Naviglio Grande 54 ang. via Casale. Fino al 7 dicembre dal lunedì alla domenica dalle ore 9 alle 2 di notte (sabato matt. chiu-so) info tel. 02.45.47.46.40

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13DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

Poesia e ritorno all’infanzia nelle opere di Nando Chiappa

Si è svolta il 31 otto-bre scorso presso Villa

Ghirlanda, a Cinisello Balsamo, la presentazio-ne della mostra antologi-ca allestita in occasione del cinquantennale di at-tività artistica di Nando Chiappa, artista lombardo che vanta al suo attivo più di un centinaio di mostre nazionali ed internaziona-li, cui si sommano premi e riconoscimenti di impor-tanti Istituzioni del settore artistico-culturale italia-no. La serata inaugurale è stata presentata da Maria Teresa Ruta, a cui si sono affiancati il soprano Elena D’Angelo, in qualità di ma-drina dell’evento, ed il cri-tico Domenico Montaldo, curatore della presentazio-ne del catalogo monogra-fico dedicato al maestro. Nato a Cinisello Balsamo (1934), Nando Chiappa è artista del tutto lombardo, narratore fuoricampo di realtà agresti e contadine ormai sopraffate dal con-temporaneo tecnologico, ma che vivono nitide nei dialoghi pittorici da lui for-temente sentiti e voluti, in flash back nostalgici di ciò che fu e che rimane nella mente di colui che in que-ste terre nacque e crebbe.Il paesaggio è punto di vi-sta principale di fron-te all’interezza della natura: l’artista si adden-tra in quest’ultima coglien-done gli elementi primi, la sinuosità con cui spes-

so egli si unifica inseguen-done le forme. La natura si confronta con l’uomo-arti-sta in chiave immaginativa e sensoriale; da ciò deriva la scoperta più inconscia di un paesaggio celato nel Sé, velato interiormente in una sorta di microfisiologi-ca tradizione conoscitiva.Pittura sincera ed onesta è quella realizzata da Nando Chiappa, sentimentale, in-nocente, idilliaca ed agreste; sinergicamente suggestiva, atmosferica, la “maniera” di questo artista crea spes-so soggetti che acquista-no valenza pittoricamente

apotropaica. Si tratta di un segno poetico ed intrinse-camente onirico, di un na-turalismo contemplativo di una realtà perlopiù contadi-na ormai soffocata e messa a tacere dall’industrializ-zazione contemporanea, ma che rivive nella ricer-ca artistica di Chiappa. La sua arte risulta a suo modo entusiasmante ed energi-ca dal punto di vista nar-rativo, sebbene velata dal sentimento e dall’espressi-vità di un gesto soggettivo.E’ presente, nelle sue ope-re, una lieve sospensione del reale contemporaneo,

un annientamento dei cru-di canoni estetici odier-ni in favore di una più marcata rivalsa percetti-va dell’ imitatio naturale.Già nel Settecento Charles Batteux sosteneva che l’imitazione è l’unico prin-cipio comune alle arti ed è sempre fonte di diletto (“Le Belle Arti ricondotte ad un unico principio”, 1746); dunque il genio creatore deve rifarsi ad una natura ideale, così come potreb-be concepirla lo spirito. La natura, imperfetta in sé, dovrebbe essere perfezio-nata dal gesto artistico, con

Carla Ferraris l’unico scopo di raggiun-gere la vera bellezza; da ciò deriva una sorta di idea se-lettiva del dato naturale, che prescinde la mera mi-mesis di particolari insi-gnificanti in favore di più espliciti significati espres-sivi. Precedentemente an-che Leon Battista Alberti aveva sottolineato il piace-re derivante dalla visione di dipinti raffiguranti luo-ghi faceti, scene agresti e contadine, paesaggi di fiori e fronde. In relazione a ciò, la pittura di Chiappa esula dal puro paesaggismo mi-metico ed accademico per elevarsi a narrazione spi-rituale di sentimentali-smi più reconditi e umani. Non semplice fissazione di scene arcadiche dun-que, ma più precisamente invenzione artistica, deri-vante da ricordi impres-sionisti e divisionisti ben calibrati nel gesto e nel se-gno grafico di pennellate al-

quanto lievi ed impalpabili.L’impressionismo è la sta-gione cara all’artista, da cui egli sembra carpire, oltre alla preparazione tecnico-formale, anche la ricerca ba-silare: l’applicazione cioè di una nuova verità ottica, me-diante cui esprimere la po-etica naturale di un attimo fuggente, del cambiamento luminoso sulla scena, della matericità degli elementi. Chiappa rappresenta infat-ti, nei suoi dipinti, l’inces-sante mutamento di attimi che scorrono e fuggono nelle azioni fissate sapien-temente sulla tela, raccon-tando il mutamento degli eventi in via di accadimen-to. Più tecnicamente c’è, nelle sue opere, una visione che sembra voler rappre-sentare al massimo grado l’intensità luministico-to-nale della natura, negando grevi chiaroscuri in virtù di un più calibrato utilizzo cromatico della tavolozza.

“Tau”: Percorsi di Artigianato e Fede

Artigiani, artisti e foto-grafi insieme per una

rassegna dedicata alla valo-rizzazione dell’artigianato, in particolare “religioso”, sviluppata nell’ambito del-le iniziative della Regione Piemonte. Si potranno quindi apprezzare le opere dell’artigenialità piemon-tese frutto dell’esperien-za, fantasia e creatività degli artigiani in posses-so del riconoscimento di “Eccellenza Italiana”. Il te-ma della Croce e quella del Volto Santo sono realizza-ti dai maestri italiani con i loro materiali (legno, ve-tro, ceramica, metallo, car-ta, pietra) e fotografati con

F.B. professionalità ed artisti-ca interpretazione dai fo-tografi artigiani per il catalogo della manifesta-zione. L’evento è organiz-zato con il Patrocinio della Regione Piemonte in col-laborazione con la Diocesi di Novara Uffici Beni Culturali e Confartigianato Imprese Novara, Verbano Cusio Ossola. Tra gli ar-tisti invitati per l’occasio-ne, non poteva mancare la poliedrica Roberta Musi la quale ha realizzato un boz-zetto su tela da cui ha ide-ato, dipinto e decorato una croce lignea realizzata dal-la falegnameria Piaterra di Nebbiuno che sarà collo-cata nella chiesetta scon-sacrata di San Sebastiano e

San Fabiano sul lago di Lesa (NO). Si tratta di una chiesa romanica del 1100 attual-mente in fase terminale di restauro e il manufatto ver-rà esposto in permanenza il prossimo anno, dopo la fine dei lavori. L’evento è nato da un’idea del Dott. Renzo Fiammetti di Confindustria il quale durante un viaggio del 1° novembre dell’an-no scorso nel convento dei Cappuccini di Addis Abeba, rimase folgorato dalle croci copte. La magia e la spiritualità del luogo diventò fonte d’ispirazio-ne per l’attuale progetto. La Croce è stata presentata in-sieme ad altre 15, al Sermig Arsenale della Pace di Torino il 14 novembre scor-

so durante un convegno a cui sono intervenuti nu-merose autorità. Tra i pre-stigiosi ospiti segnaliamo: Mario Giuliano Presidente Confartigianato Imprese Piemonte, S.E.R Mons. Debernardi Presidente della Consulta Regionale ai Beni Ecclesiastici, Mons. Albertazzi Direttore Ufficio Liturgico Diocesiano di Vercelli e Direttore Commissione Liturgica Regionale, Francesco Pernice Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Piemonte. Dal 21 al 25 gennaio 2009 le opere verranno esposte nella Saletta della Fabbrica Lapidea della Basilica di San Gaudenzio a Novara.

Roberta Musi realizza una Croce in Legno per l’Evento

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14 DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

Infinite Realtà

Si è svolta con gran-de successo di pubblico e di critica dal 5 al 23 no-vembre presso la Galleria Zamenhof: “FormArt” il primo ciclo di mostre di pittura e di scultura. “Infinite realtà” titolo della prima collettiva nell’ambito della rassegna “FormArt” finalizzata alla valorizzazio-ne delle arti ed in partico-lare degli artisti emergenti, prevede una serie di espo-sizioni curate da Francesca Bellola, rivolte ad un pub-blico attento e sensibile alle espressioni del panorama artistico contemporaneo. L’evento organizzato dalla rivista “Ok Arte” dedicata alla promozione del patri-monio del nostro territorio, è caratterizzato da quattro mostre collettive che si svol-geranno entro giugno 2009 in collaborazione con la nuova Galleria Zamenhof. Lo spazio di 180 metri qua-drati, inaugurato il 24 set-tembre scorso a Milano in zona navigli, dispone di ampie sale ideali per espo-sizioni di sculture ed in-

stallazioni anche di grandi dimensioni. Durante l’inau-gurazione del 5 novembre scorso, sono state presen-tate una ventina di ope-re nella sala Vedova della galleria. Hanno partecipa-to: Claudia Amadesi, Anna Maria Belli, Antonella Campi, Angelo De Boni, Natali Grunska, Yvonne Manfrini, Marco Nones, Stefania Presta, Rino Gaetano Tammaro. Siamo orgogliosi delle numerose testimonianze di apprez-zamenti da parte di artisti, giornalisti, critici, collezio-nisti ma anche di persone che svolgono attività in al-tri settori, che ogni gior-no giungono in redazione. La nostra rivista si occupa prevalentemente della va-lorizzazione delle dimore storiche di Milano e della Lombardia e quindi non è diretta a un’élite di esper-ti d’arte ma si prefigge lo scopo di estendere il go-dimento delle bellezze del nostro Paese a tutti, coor-dinando e organizzando anche mostre di buon livel-lo. La nostra prima espo-sizione si è chiusa con un

bilancio estremamente po-sitivo e rassicurante per il futuro artistico italiano. I luoghi comuni sono molti, tutto si è già vi-sto, chi cerca di imitare i maestri del passato spes-so ne esce completamen-te stremato dalle delusioni e dalle mancate vendite. L’intento di FormArt è quello di porre attenzio-ne, dopo un’accurata sele-zione, agli artisti emergenti e non solo che dimostri-no una spiccata sensibilità, creatività, dinamismo e ta-lento in ogni forma d’arte. Questa esposizione “Infinite realtà” in particolare, ha avuto il merito di eviden-ziare nove artisti diver-si tra loro, ma simili nella concezione e nella volontà di esprimere attraverso la creazione delle loro opere, le emozioni più profonde. Per l’occasione, attraverso le molteplici tecniche pit-toriche: si va dall’astratti-smo delle pennellate calde ed intense di Tammaro, Manfrini e Presta agli ori-ginali figurativi di Campi e ai paesaggi decorativi di Grunska, dai polima-

Ivan Belli

Rassegna d’Arte contemporanea

terici di Belli e Amadesi all’elaborata ricerca di es-senzialità del bianco di De Boni, si scoprono mon-di infiniti e complessi estremamente suggestivi. Inoltre, sono state pre-sentate due sculture di notevole espressività scol-pite in legno da Nones. Il logo di FormArt è sta-to ideato da Ann Mari Johansen che ha an-che concesso le immagini dell’inaugurazione insie-me ad Alessandro Baito. Sono aperte le iscrizio-ni agli artisti di tutta Italia per partecipare alle pros-sime mostre collettive. Calendario: 25 Febbraio - 15 Marzo 2009 8 Aprile – 26 Aprile 2009 20 Maggio – 07 Giugno 2009.

Per partecipare alla selezione e richiedere ulteriori in-formazioni sulle prossime mostre, è necessario invia-re curriculum e fotografie di almeno 5 opere via email a: [email protected] - [email protected]

o tel: 347-4300482 entro il 15 dicembre 2008.

Natali Grunska Angelo De Boni Rino Gaetano Tammaro

Anna Maria Belli

Antonella Campi

in alto: Natali Grunska con l’or-ganizzatrice Francesca Bellola

Stefania Presta

Claudia Amadesi

Yvonne Manfrini

Marco Nones

in alto: un momento dell’inaugurazione

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15DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

Informazioni per pubblicità e redazionali:[email protected] - 347 4300482

Accademia di Brera:progetto blocco 21

Auschwitz31 agosto 2008: 32 stu-

denti della Scuola di Restauro dell’Accademia di Brera accompagnati dai docenti Marco Duilio Tan-chis e Armando Romeo To-magra, dal Direttore della Scuola di Restauro Sandro Scarrocchia, dai rappre-sentanti dell’Isrec e dei Sin-dacati Confederati, hanno raggiunto Auschwitz in Polonia per una missione di studio, documentazione e conservazione del Memo-

potente veicolo sentimen-tale e spirituale, secondo i rappresentanti A.N.E.D. il più potente. Il lavoro arti-stico è testimone e l’arte si fa carico dell’impegno di testimoniare: questa l’origi-nalità del Memoriale che si impone come documento della storia italiana del no-vecento. L’ A.N.E.D. legitti-ma proprietaria dell’opera, in questa missione ha difeso il memoriale dalla presun-ta volontà della Direzione del Museo di Auschwitz di stravolgere l’opera ritenuta

una passerella di traversine ferroviarie.Primo Levi scris-se il testo che dà voce al Me-moriale, Pupino Samonà, artista palermitano, dipinse la tela che avvolge la spirale metallica, Nelo Risi curò la regia e Luigi Nono concesse la sua musica Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz.Il gruppo di 32 studenti di Brera ha realizzato la map-patura del degrado median-te rilievi grafici, metrici e fotografici che hanno incre-mentato e accertato le in-formazioni già a disposizio-ne segnalando le modifiche dello stesso Samonà dalla prima stesura alla seconda e restituendo in scala i dan-ni che presenta la spirale. È stata anche rilevata l’en-tità del danno all’impian-to sonoro e valutata la possibilità di ripristino. L’intervento di pulitura si è limitato alla spolveratura con pennelli morbidi e aspi-ratori eliminando gli spessi strati di polvere soprattutto nelle parti inferiori della spi-rale. In isolati casi sono state utilizzate le spugne wishab. L’intervento sulla passerella in legno è consistito nella preparazione della super-ficie con lana d’acciaio e aspiratori e nella stesura e lucidatura di cera naturale. Appare chiaro che que-sto è stato l’inizio di una serie d’interventi che oc-correrà effettuare per mantenere nel tempo il si-gnificato del Memoriale. Su Auschwitz e sul Cantiere Blocco 21 è stata inaugurata il giorno 27 settembre 2008 al Campo Fossoli di Car-pi una mostra itinerante.

Emanuela Nolfo

riale in onore degli italiani caduti nei campi di stermi-nio nazisti sito nel Blocco 21. L’ Associazione Naziona-le ex deportati (A.N.E.D.) fin dall’inizio si assunse la responsabilità di affidare all’arte la funzione di testi-mone dello scempio, scelta coraggiosa perché l’arte è spesso difficile da compren-dere e richiede conoscenze specifiche, ma è anche un

troppo discordante dalla linea documentale dei me-moriali all’interno di Au-schwitz. L’installazione è una complessa opera d’arte contemporanea collettiva realizzata su un progetto del 1979 dello studio di ar-chitettura milanese BBPR (Belgiojoso, Banfi, Rogers, Peressutti), concepita come un nastro spiraliforme all’interno del quale corre

Lo specchio dell’Arte

Di prossima uscita è il catalogo della mostra

d’arte contemporanea Lo Specchio dell’Arte, eventoespositivo conclusosi il mese scorso nel suggesti-vo Castello Visconteo di Trezzo sull’Adda, e nelquale ha partecipato un gruppo di giovani artiste giapponesi –Rika Akahori, Makiko Asada, Yuka Imai, Kazumi Kurihara, Kaori Miyayama. Le loro interes-santi e sensuali opere in-stallative sono riflessioni tra pensiero e realtà, spazio e tempo, visibile e invisibi-le, nate da una dimensione sempre aperta e in perenne interazione sensoriale e cul-turale. La mostra è stata cu-rata da Pier Luigi Buglioni, artista e docente dell’Acca-demia di Belle Arti di Brera di Milano e dalla giovanis-sima critica d’ arte Ambra Viola, entrambi redattori del catalogo, il quale racco-glie, documenta e analizza l’esperienza di notevole si-nergia creatosi dall’incon-tro fra due culture di provenienza diverse: orien-tale-asiatica, quella delle artiste, ed occidentale-eu-ropea quella dei curatori. Questo progetto di scam-bio –Lo Specchio dell’Ar-te– è rivelativo infatti dei due fenomeni che hanno caratterizzato e riconfigu-rato il panorama artistico contemporaneo del nuovo

millennio: l’avvento di una forte e sempre più nume-rosa presenza delle donne nell’arte, che si affermano come vere e proprie pro-tagoniste all’interno dello star system internaziona-le; e l’avanzare con ritmo sempre più incalzante e ra-pido dei Paesi extra-occi-dentali, i quali forniscono e propongono in maniera sempre più frequente i lo-ro rappresentanti nella sce-na artistica contemporanea

(rilevante è il continuo pro-liferare di Biennali in tut-te le parti del mondo). Due fenomeni questi, che anco-ra oggi, continuano a pla-smare e mutare il nuovo volto dell’arte. Lo Specchio dell’Arte è un esempio, dun-que, di cooperazione attiva di una rete di rapporti cul-turali tesi all’innovazione della ricerca e dell’indagi-ne artistica contemporanea in tutti i suoi aspetti: dal-la produzione alla critica.

Attivo scambio creativo fra Oriente e OccidenteAmbra Viola

Quando le percezioni diventano ArteFino ad oggi abbiamo

parlato delle percezio-ni e quindi di come il mon-do entra in relazione con l’organismo, non abbiamo trascurato la motivazio-ne, importante elemento che sostiene l’intensità e la qualità della percezione e da cui ovviamente dipende la soluzione dei problemi. Ecco, allora, possiamo dire:l’intelligenza organizza il mondo riorganizzandosi. Da questo principio, si svi-luppano infatti i fenome-ni della percezione e della cognizione stessa conside-rando le elaborazioni men-tali scaturite come prodotti dell’interazione tra l’uomo e il mondo. Il pensiero tra l’altro non è solo trascen-dente, ma dipende da code-sta interazione; i significati si dipanano dalle relazioni tra le funzioni e le esigen-ze non solo del corpo fisi-co e del cervello, ma anche in rapporto con i sentimen-ti scaturiti. La realtà quin-di non è da considerarsi oggettiva, ma è come noi la percepiamo. L’animo di un artista ad esempio sa-rà più sensibile a certi sti-moli piuttosto che ad altri e

le percezioni possono avere valenze più intense tali da far nascere reazioni emoti-ve e creative che lo portano

ad una espressione artisti-ca. Infatti molti atti menta-li sono dipendenti non solo da un linguaggio verbale,

parliamo di... a cura del prof. purpura

ma anche da un linguaggio pittorico e iconico: è il mo-do con cui l’intelligenza e la razionalità si intersecano con le sensazioni e le emo-zioni che dà forma e signifi-cato al mondo organizzato. Tutto ciò porta all’azione che diventa conoscenza e cultura: l’aspetto cognitivo appare quindi come fatto integrante della vita stessa. Mi è capitato non molto tempo fa, di incontrare un artista o meglio di scopri-re un artista, ripeto scopri-re, in quanto conoscevo già Leonardo Scaglioni, perso-na amabilissima, di grande sensibilità e cultura, pro-fessore e ricercatore presso l’Università degli Studi di Milano, ma non ne conosce-vo le doti artistiche. Nato a Milano nel 1957, Leonardo Scaglioni segue corsi di

pittura per affinare quelle che poi si rivelano doti di grande spessore artistico. In Lui è evidente come le sue percezioni molto pe-culiari, derivate da un’at-tenta osservazione del mondo, si trasformino in bisogno di produrre rap-presentazioni pittoriche.Ricercare un riscontro per-cettivo significa ricercare la verità, egli infatti è un ri-cercatore non solo di una verità, ma di verità multi-ple: le verità della natura che è in continua trasfor-mazione. Spesso la verità è rinchiusa anche in noi, ec-co che allora la ricerca in-trapersonale del dialogo e della riflessione è inevitabi-le. Le percezioni di forme, colori, ombre, luci produ-cono così emozioni che si trasformano in linguag-

gio pittorico. Le pastose pennellate e il magico cro-matismo di Leonardo rac-contano di una realtà che è quella di tutti i giorni, ma vista con gli occhi di co-lui che con la sua comuni-cazione pittorica fissa nelle tele, con un senso libera-torio, le proprie emozioni. Ecco che le percezioni ma-gicamente diventano Arte, stimoli che si tramuta-no in un linguaggio, quasi un’alchimia che permette alle sue emozioni di vei-colarsi in altri uomini. Il percorso pittorico di Leonardo si può consi-derare di grande interes-se, intenso nella ricerca dei volumi del colore e de-gli equilibri, efficace nei ri-sultati che mirano sempre più ad obbiettivi di pre-gevole interesse artistico.

Leonardo Scaglioni

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16 DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

Ubelly Guerrero MartinezTra i tanti artisti che

abbiamo presenta-to nelle nostre pagine del-le scorse edizioni, diamo il benvenuto alla gene-rosa e poliedrica Ubelly Guerrero Martinez in qua-lità di Socio dell’Associa-zione “Amici di Ok Arte”.

Seguiremo con attenzio-ne la sua attività artistica.Nella foto vediamo Ubelly in posa con il Console co-lombiano durante una sua mostra personale.

I. V.

Pittura del vero tra Lombardia e Canton Ticino (1865 - 1910)Paesaggi suggestivi e

frammenti di vita quo-tidiana, pervasi da grande forza espressiva, sono il filo conduttore della mo-stra La pittura del vero tra Lombardia e Canton Tici-no (1865 -1910) che si tiene alla Pinacoteca Giovanni Züst di Rancate (Men-drisio - Canton Ticino, Svizzera) dal 21 settembre all’8 dicembre 2008. Co-ordinata da Mariangela Agliati Ruggia, curatrice della Pinacoteca Züst, e da Alessandra Brambilla, col-laboratrice scientifica, la rassegna si collega al ciclo di esposizioni preceden-ti - fra cui quella dedicata alla Scapigliatura nel 2006 – e prosegue il percorso di studio e di ricerca rivol-to all’Ottocento italiano e ticinese, iniziato nel 1990 dall’Istituzione svizzera. Un’importante esposi-zione che pone al cen-tro dell’attenzione il Na-turalismo e il Verismo. Due movimenti artisti-ci ispirati alla descrizione della realtà che, insieme alla Scapigliatura, al Divi-sionismo e al Simbolismo, hanno caratterizzato il complesso e variegato pa-norama culturale milanese tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecen-to. Le origini e gli sviluppi della pittura del vero costi-tuiscono inoltre il punto di osservazione per documen-tare il determinante influs-so esercitato dal capoluogo lombardo sull’area ticinese. Curata da Giovanni An-zani ed Elisabetta Chiodi-ni, la mostra propone una carrellata di circa 70 opere che permettono di coglie-re il fermento culturale e le nuove tendenze in atto fra gli artisti dell’epoca. I pittori, che manifestano una forte attenzione per la realtà e per la società a loro contemporanea, raffigura-no personaggi e immagini a cui è affidato il compito di narrare la vita di tutti i giorni, per arrivare a una dimensione più allargata che affronta temi sociali. Il percorso espositivo accosta i dipinti dei grandi maestri della tradizione pittorica lombarda - fra i quali Ca-priolo morto di Giovanni Segantini o La sostra di pietra di Eugenio Spreafi-co - a quelli di importanti artisti svizzeri - come Ber-ta, Franzoni, Rossi, Preda

Gignous e Emilio Longo-ni. L’attenzione per il vero non si limita al paesaggio, ma guarda anche alla cit-tà. I nostalgici navigli di Emilio Gola, vivacizzati dalla presenza delle sue inconfondibili lavandaie, e le vedute della Milano innevata di Mosè Bianchi, offrono un’immagine sin-golare del capoluogo lom-bardo che contrasta con il vedutismo più tradizionale.La mostra è accompagnata

o Galbusera -, offrendo al visitatore un’accurata rico-gnizione dei soggetti con cui si è espressa la pittura del vero tra Milano e l’area ticinese. Elemento di no-vità della mostra è la pre-senza di numerose opere “quasi inedite”: presentate al pubblico in occasione della loro realizzazione, le tele successivamente non sono state mai più viste perché conservate in col-lezioni private o acquistate

da un catalogo edito da Sil-vana Editoriale (www.silva-naeditoriale.it) con saggi di Giovanni Anzani ed Elisa-betta Chiodini e schede di Giovanni Anzani, Marian-gela Agliati Ruggia, Matteo Bianchi, Elisabetta Chiodi-ni, Nicoletta Colombo, Giu-lio Foletti, Monica Vinardi.

PINACOTECA CANTO-NALE GIOVANNI ZÜST - CH 6862 Rancate (Men-drisio – Canton Ticino)Tel. +41 (0)91 646 45 65 - Fax.+41 (0)91 646 30 20; email: decs-pi-n a c o t e c a . z u e s t @ t i . c h Web: www.ti.ch/zuest Orari: martedì - sabato 9-12 / 14-17; domenica 10-18; chiuso lunedì Visite guidate su prenotazioneUff, stampa: Laura Do-ronzo Cell. + 39 335 204948 - +39 02 655 89 021;email: laura.do-r o n z o @ g m a i l . c o m

direttamente dall’autore. LA PITTURA DI PAE-SAGGIO. Nella rassegna svolge un ruolo di primo piano la pittura di paesag-gio il cui rinnovamento ha aperto la strada verso il Naturalismo e il Verismo. Protagonista assoluto di questo rinnovamento è la figura di Filippo Carcano, a cui è dedicata una sorta di “personale” con la quale si apre l’esposizione. L’arti-sta milanese porta infatti a compimento un processo di innovazione che modifica il modo di rappresentare il paesaggio: da veduta legata a schemi stilistici predefini-ti, si evolve verso la ricerca e la restituzione sulla tela del-le impressioni che derivano dall’osservazione del vero. Al Maestro del naturali-smo lombardo, e al nuovo modo di indagare la realtà, si riferisce una folta schie-ra di autori fra cui Eugenio

Milano, 25 Novembre 2008

Wild Soul by Gianluigi AlberioGALLERIA: The New Ars Italica LUOGO: Via De Amicis, 28 - Milano- Tel.: 02876533, Fax: 0292877351 - Web: www.arsitalica.it

Curatori: Kristina Snajder e Mariasole Brivio Sforza

VERNISSAGE: martedì 25 Novembre 2008 dalle 19.00 alle 21.00

APERTURA MOSTRA 26 Novembre 2008

FINISSAGE: 8 Dicembre 2008

ABSTRACT: La produzione più recente dell’artista comasco viene ripercorsa in questa mostra che propone al suo pubblico una ric-ca selezione di “volti” di animali selvaggi, che rivivono, tanto che li senti quasi respirare, svelando nella complessità della loro raffinatezza come una forza creatrice, capace di confrontarsi con la Natura stessa e di sfidarla a un gioco di specchi.

DURATA: Dal 26 Novembre all’8 Dicembre 2008

ORARI DI APERTURA: da Marte-dì a Venerdì dalle 11.00 alle 14.00 e dalle 16.00 alle 19.00. Lunedì e Sa-bato dalle 16.00 alle 19.00. Domenica e festivi su appunta-mento telefonando al numero 02 876533.

BIGLIETTO: INGRESSO LIBERO

GENERE: Wildlife art

La Stella del FiumeA pochi minuti da

Milano è possibile rilassarsi e godersi la na-tura sulle sponde del fiu-me Adda. Gli amanti delle passeggiate e del trekking possono godersi il panora-ma della riserva naturale che regala, specialmente al tramonto, dei colori incan-

tevoli e indimenticabili ai fortunati visitatori. In que-sto clima poetico di Trezzo d’Adda, si trova il ristoran-te: “La stella del Fiume”. Il locale dispone oltre che di una sala per banchet-ti, cerimonie, pranzi e cene aziendali, di una veranda immersa nel verde con vi-

sta sul fiume ideale per le cene romantiche a lume di candela. Il menù dai prez-zi modici è allettante, offre infatti tra le specialità: pe-sce, carne alla griglia e ri-sotti preparati con cura dal giovane proprietario e Chef Alberto. E’ il deside-rio di molti trascorrere una giornata serena degustan-do i piatti tipici in piacevo-le compagnia. La Stella del Fiume rispetta la tradizione e il sapore anche con la piz-za, rigorosamente cucina-ta in forno a legna, sempre oggetto di soddisfazione dei clienti. Ampio parcheggioVia Alzaia, 1320056 Trezzo S/Adda (MI)Info e prenotazioni:Tel. 02-9091693www.lastelladelfiume.it

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17DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

Una concreta astrattezza: l’immagine della Malinconia1842, Romanticismo

italiano. Francesco Hayez dà alla luce uno dei suoi capolavori.Non ancora tuttavia la tre-pidante emozione del Bacio, segreto e forse fuggevole, ma intensamente vissuto, appassionato sigillo tra due popoli e nazioni; non ancora il dominante magnetismo dell’abbraccio, non ancora l’emblema dell’unione, ma la rappresentazione della più amara solitudine: l’im-magine della Malinconia.La fanciulla dell’opera qui riprodotta, conserva-ta a Milano nelle sale della Pinacoteca di Brera, è infatti splendida e singolarissima rappresentazione del pen-siero malinconico, allegoria di quella profonda mestizia tutta interiore, cupa dispo-sizione d’animo provoca-ta dall’influsso di Saturno.La sua personificazione è qui mollemente e langui-damente appoggiata al-la fredda pietra, priva di quella forza interiore che le permetta di ergersi fie-ra ed attiva nei confron-ti della vita e del mondo: la scura rassegnazione con-ferisce alla fanciulla una sorta di grigia sterilità, co-sì come il sasso e la pietra che ne costituiscono l’ina-nimata cornice. “…il me-lanconico, è duro, sterile di parole & di opere, per se, & per gli altri, come il sas-so che non produce her-ba, ne lascia che la produca la terra, che gli sta sotto.” Già con tali parole si espri-me infatti Cesare Ripa, nel suo più antico e flori-do trattato d’Iconologia.

Nell’opera di Hayez si re-spira un’aria quasi deca-dente: si percepisce infatti una spinta verso il basso, come se una potente ed oscura forza magneti-ca proveniente dalle visce-re della Terra esercitasse la propria attrazione, trasci-nando inesorabilmente la fanciulla nell’infimo ba-ratro della depressione. I capelli, umilmente accon-ciati, sono infatti lasciati liberi di caderle sulle spal-le, a loro volta liberate dal-la veste, che fiaccamente si abbassa lasciandole nude e senza protezione; a nul-la può essere utile, in tal sede, la ricchezza dell’abi-to, cangiante in un azzur-ro metallico, ad indicare forse come i beni terreni nulla possano di fronte al-la più cupa depressione. Ulteriore elemento che si ricollega al concetto del-la latina vanitas, che, come a breve vedremo, è sovente stata sottolineata nell’ico-nografia della Malinconia, è il vaso di fiori posto in primo piano a fianco del-la fanciulla; la ricca com-posizione, d’ispirazione fiamminga, è infatti ben lontana dalla vigorosa flo-ridezza di un fresco mazzo appena colto. I fiori, sep-pur non ancora appassiti, sono anch’essi in procinto di cadere con ormai debole dolcezza , privati del turgi-do vigore; il vaso è quin-di patente latore della ben nota idea di caducità dei beni terreni, concetto ico-nograficamente associato alla malinconia soprattut-to nelle opere del periodo barocco; talvolta la perso-nificazione della profon-

da depressione, totalmente concentrata nel proprio mondo interiore, è rappre-sentata con una teschio (ca-nonicamente presente in qualità di memento mori), simbolo appunto della va-nità degli sforzi interiori.L’opera di Brera è tuttavia molto singolare, mostran-do un’iconografia piuttosto inusuale rispetto alla docu-mentata tradizione di tale allegoria. Delineando per sommi capi le più compro-vate caratteristiche della fi-gura della malinconia nel corso dei secoli, possono essere individuate alcune sostanziali linee iconogra-fiche, seppur tra loro in-trecciate; la prima trova un proprio manifesto nella xi-lografia di Albrecht Dürer Melancolia I (1514), dove la figura è femminile e dotata di ali ed è ritratta nella sua tradizionale posa, ossia con il mento appoggiato sulla mano chiusa a pugno, pro-babile rimando alla chiusu-ra del soggetto nella propria cupa interiorità. L’incisione mostra anche tutta una se-rie di elementi che evoca-no da un lato la sovracitata caducità della vita e dei be-ni terreni, ulteriore motivo di depressa disperazione, come la clessidra, men-tre dall’altro la Geometria, quella, tra le sette Arti Liberali, legata a Saturno: sono infatti strumenti rela-tivi a tale arte il compasso e il righello, così come l’enig-matico quadrato magico posto alle spalle della figura. Tanta ricchezza e densi-tà di simboli viene invece abbandonata se si fa riferi-mento alla descrizione del-la Malinconia regalataci

da Cesare Ripa nella sua “Iconologia”: egli la descri-ve infatti come una “donna vecchia, mesta, & doglio-sa, di brutti panni vesti-ta, senz’alcun ornamento” , immaginandola poi ritrat-ta seduta con i gomiti po-sati sopra le ginocchia ed entrambe le mani sotto il mento. Accanto ad essa solo un albero spoglio, ad indi-care la sterilità, e nient’al-tro che un paesaggio brullo e roccioso. Nulla, dunque, della fanciulla di Hayez. Un’ulteriore rappresenta-zione della Malinconia è quella che l’assimila all’al-legoria della Carità, rappre-sentandola contornata da bambini; questo è però, con tutta probabilità, solo un ri-mando al già citato Saturno (mitologico padre della ma-linconia), che si narra ab-bia divorato i propri figli.Nel corso dei secoli poi, la donna alata di Dürer si è trasformata, sotto l’in-quieto e vibrante tratto di Van Gogh, in una cor-rucciata figura maschi-le, ed in particolar modo nel Ritratto del dottor Gachet, rassegnatamente adagiato sul proprio gomi-to. L’identificazione di Van Gogh con il medico li ren-di uniti in una sorte comu-ne: entrambi, come afferma il pittore, sono affetti da un “male nervoso”, colpiti da quella vorticosa ed ango-sciante sensazione di com-pleto malessere interiore. Varietà di elementi e sim-boli, dunque, ma una con-divisa disgrazia: neppure un misero bagliore di sal-vezza, né una piccola spe-ranza, solo un tenebroso orizzonte di angoscia.

Sabrina Panizza

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Inaugurata a Milano alla Bovisa la nuova Sede dell’Istituto Mario Negri

Nel quartiere Bovisa sorge una nuova cit-

tadella scientifica con tec-nologie d’avanguardia e 42 mini appartamen-ti riservati ai ricercatori, il tutto ad un costo comples-sivo di 80 milioni di euro.

L’Istituto farmacolo-gico diretto dal Prof.

Silvio Garattini, inaugu-rato l’ottobre scorso alla presenza del ministro alla Salute Sacconi e di presti-giosi ospiti intervenuti per l’occasione, oltre allo stes-so Garattini, si estende su una superficie 30mila me-tri quadrati. La struttura privata dotata di laborato-

ri tecnologicamente avan-zati distribuiti su cinque piani, si avvale di ricerca-tori altamente qualifica-ti provenienti da tutto il mondo. L’Istituto è nato nel 1961 da una donazione di Mario Negri, gioiellie-re e filantropo milanese, al giovane ed intraprendente Garattini che in quel perio-do, era già uno dei più am-biti ricercatori in America. L’arte è diventata protago-nista insieme alla scien-za, con la donazione di una delle maggiori opere pitto-riche di Marco Grassi, in arte Pho. L’opera di am-pie dimensioni (vedi foto) esposta precedentemen-te alla Triennale, ha trova-

to una nuova collocazione permanente nella hall della Clinica. Pho viene influen-zato dall’arte di strada per la prima volta, sui muri e tre-ni di Parigi e dalla Graffiti- Art parigina e newyorkese. Si afferma sulla scena della street art intorno agli anni ’90, sino a raggiungere una più personale e meditata pittura. Sarebbe auspica-bile portare la bellezza ar-tistica in tutte le strutture ospedaliere, ospitando i de-genti in ambienti più armo-niosi, affrescati e decorati fondamentali per riequi-librare il corpo e la psiche.

Nella fotografia l’artista Pho con il Prof. Garattini

Francesca Bellola

L’artista Pho dona la sua opera al Prof. Garattini

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18 DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

Cerchiamo collaboratori per la redazione

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Laboratorio sperimentale Arti visive

Ospitiamo su questo nu-mero l’articolo e la sequen-za fotografica del restauro di un’opera pittorica ad olio effettuato dalla professores-sa Valeria Modica presso il Laboratorio Sperimentale per le Arti Visive. Ho po-tuto assistere personalmen-

Carla Ferraris

Milano misteriosa«Il paesaggio invisibile

condiziona quello vi-sibile, tutto ciò che si muo-ve al sole è spinto dall’onda che batte chiusa sotto il cie-lo calcareo della roccia». Con questa citazione dal-le Città invisibili di Italo Calvino si apre un libro che ci dischiude l’affascinante, e misconosciuto, mondo del-la Milano «underground». Frutto di oltre un venten-nio di ricerche dell’asso-ciazione Speleologia Cavità Artificiali Milano (SCAM) e scritto a quattro mani da Gianluca Padovan, che ne è il fondatore, e dal giallista e mercante d’arte Ippolito Edmondo Ferrerio, Milano sotterranea e misteriosa coniuga felicemente il rac-conto delle esplorazioni e la documentazione fotografi-ca e d’archivio con leggen-de, superstizioni e misteri della città sommersa (per quanto certi excursus lette-rari, da Tolkien a Lovecraft, paiano un po’ introdotti a forza). Dalle origini celti-che di Medhelan alla capi-tale economica dell’Italia unita, passando per la Mediolanum romana, il comune medievale, la si-gnoria visconteo-sforzesca e le dominazioni spagno-la e austriaca, l’insedia-mento urbano ha imposto di necessità la creazione di «servizi» ipogei (pozzi, ci-sterne, acquedotti, ghiac-

ciaie, ecc.). Ma non solo: cave e miniere, cripte e os-sari, grotte artificiali, cuni-coli e opere d’uso militare innervano il sottosuolo del-la città; e tutto questo senza dimenticare la fitta rete di canali che da sempre han-no servito i commerci e le comunicazioni di Milano e che nel corso dei secoli so-no state dotate di volte di copertura, rimanendo oggi sotto l’attuale piano di cal-pestio. Il resoconto, adatta-to in forma narrativa, delle attività della SCAM apre le porte (o forse sarebbe me-glio dire: solleva i tombi-

Jacopo M. Colucci ni) su una Milano inedita, capace di sorprese inspe-rate. Misteriose gallerie sotto Sant’Eustorgio, pas-saggi segreti del Castello di Porta Giovia, templi mas-sonici in Gorla scoperti nel parco di villa Ottolenghi-Battyani-Finzi. Ma non vogliamo rivelare troppo, rovinando il piacere della scoperta a chiunque sia in-teressato alla città, alla sua storia, alle sue leggende. Recensione a: Ippolito Edmondo Ferrario e Gianluca Padovan, Milano sotterranea e misteriosa, Mursia, Milano, 2008, € 16.

Palazzo RealeLorenzo CapelliniLa mano di Palladio MI, piazza Duomo, dal 13/10/08 al 18/1/09 Palazzo RealeGeorges Seurat, Paul SignacE i Neo impressionisti MI, dal 28/10/08 al 30/1/09

Palazzo della RagioneL’eredita’ di Luigi EinaudiLa nascita dell’Italia repubblicana e la costruzione dell’Europa MI, via Gerolamo Morone, 6 dal 19/11/08 al 23/12/08 Museo Poldi PezzoliNetsuke

Sculture in palmo di mano MI, piazza Pio XI, 2 dal 24/11/08 al 1/3/09 Pinacoteca di BreraRestauri per BreraI cartoni della collezione restaura-ti dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze MI, Via Brera, 28 dal 12/11/08 al 20/12/08 Fondazione Antonio MazzottaWalter CremoniniLa grafica, i dipinti, la scultura. Presentazione della monografia cura-ta da Ietta Buttini Damonte MI, foro Buonaparte, 50 dal 13/11/08 al 22/2/09

Padiglione d’Arte Contemporanea - PAC

Il Nouveau Realisme dal 1970 ad oggiOmaggio a Pierre Restany Milano, via Palestro, 16 dal 11/11/08 al 14/12/08 Museo della PermanenteAda Marchetti e Orazio BarbagalloComposizioni e figure MI, c.so di Porta Ticinese, 95 dal 11/11/08 al 21/12/08

Triennale di MilanoUgo La PietraLe ceramiche MI, Viale Alemagna, 6 dal 10/11/08 al 8/2/09 Triennale di MilanoAlberto Burri - Retrospettiva MI, Corso Magenta, 63 dal 23/10/08 al 4/12/08

Centre Culturel FrancaisJean Cocteau le joli coeurOmaggio “alla moda” di un seduttore MI, Corso Magenta, 63 dal 22/9/08 al 5/12/08 ’OoraMonochrome Milano, via Tadino, 26 dal 18/11/08 al 23/12/08

Fondazione Arnaldo PomodoroArnaldo PomodoroGrandi Opere 1972 - 2008 Milano, Via Giuriati, 9 dal 14/11/08 al 20/12/08

Rotonda della BesanaMigrartVolti di una nuova Milano. Foto di Alex Majoli e Lorenzo Pesce MI, via Solferino, 44 dal 20/11/08 al 31/1/09

Programma delle mostre a Milano

Un esempio di restauro

te ad alcune fasi del lavoro, che ha richiesto competen-ze di tecnica pittorica e di alchimia dei colori oltre a magistrali abilità manuali e sartoriali ed una notevole dose di certosina pazienza. Sull’esito del restauro vo-glio certificare la piena sod-

disfazione del proprietario dell’opera, affermato profes-sionista della nostra città. Alessandro Ghezzi

Le due immagini fotogra-fiche mostrano il quadro prima (a sinistra) e do-po (a destra) il restauro.

Ha inaugurato giovedì 20 novembre il Labo-

ratorio di Arti Visive di Va-leria Modica e Alessandro Ghezzi, in via Plinio 46. Si tratta di un piccolo scrigno a due piani in cui opere pla-stiche e sperimentali, realiz-zate dai due artisti, trovano la loro giusta collocazione come piccoli tesori tanto cari ai loro creatori, da mo-strare al pubblico curioso. Ho sempre creduto che ar-tista sia colui che esprime un messaggio attraverso il proprio operato, sia esso riconoscibile a livello vi-sivo oppure celato dietro rappresentazioni esteti-che non convenzionali. Mediante il proprio lavoro l’artista si fa mentore, voce distinta di una narrazione riguardante più disparati temi del vissuto quotidiano, della propria essenza incon-scia o di messaggi sublimi-nali ai più sconosciuti, ma che si possono apprendere attraverso la semplice com-prensione di opere pubbli-camente esposte. Questo il fulcro di ogni ricerca ar-tistica, che spesso avviene mediante contaminazioni

derivanti da svariati setto-ri culturali ed artigianali, oltre che pittorici e sculto-rei. All’interno del Labo-ratorio di Arti Visive oggi inaugurato si agglomerano differenti forme artistico-espressive contemporanee quali la pittura, la ceramica, la manipolazione artisti-ca, grazie a cui è possibile vivere esperienze emo-zionanti e personalissime. Qui protagonisti d’eccezio-ne sono i lavori di Alessan-dro Ghezzi e Valeria Modi-ca. Ho conosciuto l’opera di Ghezzi grazie alla sua mostra personale allestita nei locali della Galleria San Pietro la scorsa primave-ra. Artista autodidatta, ha esordito negli anni ’60 con creazioni paesaggistiche ed urbane ricche di conta-minazioni fantasticamente concepite, per rinascere, a livello pittorico e lessicale, nel 2002 con una ricca e florida produzione multi-soggettiva espressa con la realizzazione di tele alter-nanti paesaggi e ritratti. Nei lavori di recente fattura poi l’accento è stato posto su di un nuovo genere creativo, in cui soggetti sacralmente mitologici si plasmano in

composizioni ambientali pressoché meta-storiche e di vago gusto surrealista. Ad oggi Ghezzi affronta una nuova sfida artistica, cimentandosi nell’arte scul-torea e dell’assemblage e proponendo al suo pubbli-co opere plurimateriche su tela, in cui corpi femminili fuoriescono dall’alto rilievo per prender vita nella real-tà ambientale circostante.In questa nuova ricerca espressiva Ghezzi è affian-cato dalla collega ed artista Valeria Modica, creatrice fin dagli anni ’90 di lavo-ri ceramici e pittorici e protagonista di numerose mostre e manifestazioni. La professoressa Modica è artista matura nei cui lavori vengono filtrate esperien-ze formalmente evolutive e interpretazioni del rea-le attraverso il linguaggio scultoreo tridimensionale; nelle sue creazioni si leg-gono rilievi, spessori ma-terici, contrasti coloristici dettati da scelte cromatiche ben definite e calibrate, che spesso sfociano nel non-co-lore monocromo di lavori plurimaterici e per questo storicamente informali. Con estrema libertà di spe-

rimentazione materica, con addizioni di carta, gesso, colori acrilici e tele, l’arti-sta plasma forme femminee spesso parziali come un solo braccio, oppure corpi idealizzati di esseri fanta-stici come le sirene, in cui è sempre presente una più soggettiva sensibilità cre-atrice percepibile proprio nell’uso tonale del colore.

E se per Hume la bellez-za non è qualità intrinseca alle cose, ma esiste solo in colui che le contempla; se ogni mente è dunque in grado di percepire una dif-ferente bellezza estetica; se il senso comune del gusto non ha regolamentazioni aprioristiche, ma nasce da emozioni spirituali più in-consce ed appartiene perciò

solo a colui che sa liberarsi dai pregiudizi tradizional-mente accademici, allora tale lezione è necessaria per meglio comprendere l’operato di Ghezzi e Modi-ca, nelle cui opere è celato tutto l’entusiasmo e la ca-pacità narrativa di coloro che artisticamente portano il proprio messaggio al ser-vizio del pubblico fruitore.

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19DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

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The unusual café

“Giovanni carissimo, buong ior no” d ice

Davide rivolgendosi al ba-rista mentre si avvicina al bancone. “Buongiorno a lei signor Davide. Come va?”“Bene, bene... e lei?”“Tutto bene. Il solito caffè?”“Sì, grazie. Ho pensa-to a lei in questi giorni...”“Come mai? Non è stato di suo gradimento l’ultimo caf-fè?” risponde Giovanni con un’aria tra il serio e il faceto.“Sempre il solito burlo-ne. Lo sa benissimo, su... non mi dica che non ricor-da la conversazione che ab-

biamo avuto su Magritte”“Certo che sì, la ricordo be-nissimo. Non capitano spes-so conversazioni del genere”“E non riesce a immagi-nare perché ho pensato a lei? La devo ringrazia-re per l’indicazione che mi ha dato, ricorda?” “Mmm... quale?” dice Giovanni ag-grottando le sopracciglia, “Si riferisce a «la map-pa non è il territorio»?”“Precisamente. Quel sug-gerimento mi ha permesso finalmente di mettere in-sieme le tessere del puzzle. Ricorda che le avevo parla-to di un senso di sconcerto, di incompletezza di fron-

te alle opere di Magritte? Ecco, almeno per quanto riguarda la Trahison des images penso di aver com-preso ciò che mi sfuggi-va, il «messaggio», l’«idea» all’origine ed essenza stes-sa del dipinto” dice Davide indicando la riproduzio-ne alle spalle del barista“Perdonatemi” intervieneun uomo, al bancone affian-co a Davide, che aspetta di essere servito, “non ho potu-to fare a meno di ascoltare...”“Oh... professore, buongior-no” dice cordiale Giovanni, “vi conoscete? Davide, le presento il professor Rocco, insegna storia dell’arte

Alessandro Ermesi

Il Codice Magritte -II parteall’accademia qui vicino, quella in Via della Scorza.”“Buongiorno professo-re” “Buongiorno a lei”“Si parlava di Magritte e delle «idee» all’origine dei suoi dipinti” ripren-de Davide, “naturalmen-te sarei felice di sapere cosa ne pensa lei a proposito”“È molto semplice” inizia il professore, “non c’è nessun messaggio, nessuna idea. Ed è una perdita di tempo arrovellarsi per cercare di trovare a tutti i costi un si-gnificato nelle sue opere. Magritte, come quasi tutti gli artisti moderni, ha per-seguito l’originalità a tutti i costi a scapito dell’esteti-ca... o forse, proprio perché incapace di opere che col-pissero e lasciassero il se-gno per la loro intrinseca qualità estetica, ha ripiega-to su queste stramberie per impressionare il pubblico e far parlare di sé. Insomma, ha dovuto sopperire in questo modo alla sua man-canza di talento. Ma non vedete come tutti i suoi quadri siano così “piatti”, poco rappresentativi del-la realtà, e come in essi sia del tutto assente ogni virtù estetica? Dov’è la bellezza che emoziona e rapisce, che lascia incantati e senza pa-role, ammutoliti di fronte alla sua grandezza? Signori miei, l’arte moderna non è arte, la stessa parola “ar-

te” in questo caso è usata a sproposito, è solo un im-barbarimento che ottunde lo spirito. Ma sapete quale lavoro faceva Magritte pri-ma di conquistare una certa notorietà con le sue trova-te? Disegnatore di carte da parati... e non si può negare che ciò traspaia chiarissi-mamente dalle sue opere... Magritte un pittore? Un artista? Ma nossignore... tutt’al più un illustrato-re... L’arte è cosa ben più nobile” “Comprendo be-ne il suo punto di vi-sta...” dice Giovanni“Lo comprendo anch’io” aggiunge Davide, “le vostre parole, pro-fessore, sono davvero con-vincenti, però...” “Però” domanda il professore“Però” prosegue Davide,

“non le posso condivide-re incondizionatamente. Nonostante l’autorevolezza che le deriva dai suoi stu-di e dal suo titolo, aldilà di quanto ha detto sull’ar-te in generale, ciò che lei afferma a proposito di Magritte contrasta con la mia esperienza personale...”“Cosa intende dire?” inter-viene Giovanni mentre di-spone davanti a sé i piattini per i caffè che sta preparando“Voglio dire che aldilà del-le considerazioni artistiche e tecniche del professore su Magritte, le sue opere con-tengono un «messaggio». O meglio, esprimono del-le idee ben precise, affat-to banali, e, a mio parere, anche molto interessanti. Oggettivamente interessan-ti oserei dire...” continua....

serate musicaliConcerti del mese di DICEMBRE 2008

Sala Verdi del Conservatorio – Via Conservatorio, 12 MI - ore 21.00 Teatro Dal Verme – Via San Giovanni Sul Muro, 2 – MI- ore 21.00

Lunedì 1 dicembre 2008 – ore 21.00 Conservatorio G. Verdi Violinista SHLOMO MINTZ - Pianista TORLEIF TORGERSENB. MARTINU: 5 Pezzi brevi H. 193E. DOHNANYI: Sonata per violino e pianoforte in do diesis minore op. 21J. BRAHMS: Scherzo Sonata n. 3 in re maggiore op. 108A. SKOUMAL: DjinniaA. BAZZINI: La Ridda dei FollettiBiglietti: Intero € 20,00 Ridotto € 15,00

Sabato 13 dicembre 2008 – ore 21.00 Teatro Dal Verme “Natale con Bach”ORCHESTRA DI PADOVA E DEL VENETOJ. S. BACH: I Concerti brandeburghesi (BWV 1046-1051)Biglietti: Intero € 20,00 Ridotto € 15,00

Lunedì 15 dicembre 2008 – ore 21.00 Conservatorio G. Verdi Violinista LEONIDAS KAVAKOS - Pianista PETER NAGYF. SCHUBERT: Sonata per violino e pianoforte in la maggiore D 574 (Grand Duo)L. JANACEK: Sonata per violino e pianoforteB. BARTOK: Sonata n. 1 per violino e pianoforte Sz 75Biglietti: Intero € 15,00 Ridotto € 10,00

Venerdì 19 dicembre 2008 – ore 21.00 Teatro Dal Verme “NataleProfano”ORCHESTRA I POMERIGGI MUSICALI - Direttore JADER BIGNAMINISTRAUSS: ValzerBiglietti: Intero € 20,00 Ridotto € 15,00

Lunedì 22 dicembre 2008 – ore 21.00 Conservatorio G. Verdi Violinista DOMENICO NORDIO – Pianista HANS FAZZARIBiglietti: Intero € 15,00 Ridotto € 10,00

D.D.D “Natale Sacro” ACCADEMIA INTERNAZIONALE DELLA MUSICA – I CIVICI CORI Direttore MARIO VALSECCHIPALESTRINA: Missa aeterna Christi MuneraBiglietti: Intero € 20,00 Ridotto € 15,00

CONCERTI FUORI ABBONAMENTO IN ALTRE SEDIDomenica 14 dicembre 2008 – ore 17.00 SpazioTeatro89, Via Fratelli Zoia 89 MilanoVioloncello MATTEO TABBIA – Pianista VIVIANA LASARACINA L. v. BEETHOVEN: Sonata op. 5 n. 2J.S. BACH: Suite per violoncello in re minore J. BRAHMS: Sonata in mi minore op. 38

Giovedì 18 dicembre 2008 - ore 21 Chiesa di San Bartolomeo, Via della Moscova 6/8 MilanoFlauto dolce MITSUKO OTA - Clavicembalo MICHELE BENUZZIR. COBB: Suite in sol maggiore (Playford, London 1655)M. LOCKE: Suite III in la minore, maggioreW. CROFT: Ground in do minore (per cembalo solo)ANONIMO: A division on a Ground (Walsh, London 1706)J.CARR: Italian Ground (Playford, London 1686)ANONIMO: Old Simon the King (Walsh, London 1706)CH. SIMPSON: Suite in re minore (Playford, London 1655)J. OSWALD: Collection of courious Scots tune (London 1742 ca.) When absent from the Nymph I love Magie Lawder

Per informazioni e prenotazioni:Serate Musicali Uff. Biglietteria Tel: 02/29409724 dal lun. al ven. 10.00 - 17.00

e-mail: [email protected] sito: www.seratemusicali.it

Il Nouveau Realisme dal 1970 ad oggi

Non di rado la fine di qualcosa si tramuta in

un nuovo inizio. Potrà cer-to rendersene conto chi si trovi a visitare le sale del-la mostra, che dal 6 no-vembre scorso sino al 2 febbraio 2009 è ospita-ta al Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano. Celebrare “Il Nouveau Realisme dal 1970 ad og-gi” significa ripercorre-re la storia del movimento artistico, nato nel 1960, a partire dalla data del suo ufficiale scioglimento, de-ciso dagli stessi artisti esat-tamente in occasione dei festeggiamenti per il pri-mo decennale. «È vero che proprio in quell’occasio-ne i membri del gruppo ne avevano decretato la mor-te, ma in seguito quasi tutti hanno continuato a lavo-rare nel medesimo solco, producendo in genere ope-re più impressionanti per mole e qualità». Nelle pa-role del curatore della ras-segna, Renato Barilli, si ritrova il motivo della forza e dell’importanza storico-

artistica di un evento ideato come omaggio che la città di Milano doveva all’opera di Pierre Restany – che ave-va nel capoluogo lombardo la sua seconda patria – cui appartiene la paternità del Nouveau Realisme, come la propria maggiore im-presa critica. I “frammen-ti postumi” del Nouveau Realisme raccolti al Pac ri-uniscono undici dei tredi-ci artisti che costituivano il gruppo, ad eccezione di Y. Klein e M. Raysse. Le sale del Padiglione ospitano così una decina di compressioni di César, le accumulazioni, le collere, i tagli di Arman, gli inquietanti idoli tote-mici di Daniel Spoerri, ol-tre ai lavori dei décollagisti Dufrene, Hains, Rotella e Villeglé, ai progetti per gli impacchettamenti di

Christo e Jean Claude ed al-le ricerche sul kitsch e sugli elementi soffici e di cattivo gusto rispettivamente por-tate avanti da N. de Sainte Phalle e G. Deschamps. Ci sarà infine spazio anche per un richiamo a Klein, morto prima del ’70, in “Derniere collaboration avec Yves Klein” di Jean Tinguely. Completa il per-corso espositivo la rievo-cazione dei festeggiamenti per il decennale del 1970, con il documentario gira-to da Mario Carbone e le testimonianze fotografiche registrate da Ugo Mulas, mentre un filmato di Marc Israel-Le Pelletier testimo-nia del marchio indelebile lasciato, nella sua industrio-sa presenza milanese, dal grande Pierre Restany.PAC, Via Palestro, 14 MI

Mauro De Sanctis

Page 20: OK ARTE Dicembre 2008

20 DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

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Qui casca l’asino: animali e risorse pubbliche

specifico regolamento, non ci sarà causa mancanza di fondi a disposizione. Il pro-blema è che però ENPA non potrà continuare all’infini-to se non troverà le risorse che servono per alimenta-re questa grande macchina e, visto il panorama politi-co amministrativo, non ci resta che ricorrere una vol-

ta ancora alla sensibilità, all’attenzione, al cuore e al-la passione di tutta la comu-nità che ci sostiene. Perché a fronte di una indifferen-za globale di chi gestisce la cosa pubblica, ci sentiamo in diritto di chiedere a tut-ti voi, una volta ancora, di sostenerci perché il nostro lavoro, come tutte le atti-

Sussidiarietà: parola or-mai diffusa ed entrata

piano piano nel lessico pri-ma amministrativese e poi, più lentamente, nel voca-bolario della solidarietà, del terzo settore, dell’as-sistenza ai piu’ deboli. La sussidiarietà è uno dei prin-cipi cardine nel rapporto tra Stato e cittadino, tanto da essere stata introdotta nella nostra Costituzione, che all’articolo 118 reci-ta “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’au-tonoma iniziativa dei citta-dini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla ba-se del principio di sussidia-rietà”. Più concretamente, questo principio si sdoppia in due concetti, quello del-la sussidiarietà orizzonta-le e verticale. Quest’ultima prevede come la ripartizio-ne gerarchica delle compe-tenze sia spostata verso gli enti più prossimi al cittadi-no e – attenzione a questo punto - più vicini ai biso-gni del territorio. Quella orizzontale è invece il prin-cipio per cui il cittadino, come singolo o in gruppo, come associazione, deve poter cooperare con le isti-tuzioni per definire gli in-terventi che incidono sulle realtà sociali a lui vicine. Fino qui, tutto bene. Le istituzioni hanno da tem-po imparato a fare i conti, con questo principio antro-pologico che ha scardinato molti paradigmi del potere. Dapprima restie, come un cane randagio che ci guar-da, ringhia e scodinzola, pian piano sindaci e ammi-nistratori negli anni hanno imparato a mangiare dalle mani, a capire che dal rap-porto con le associazioni (e quindi con i cittadini) ci si guadagna. In qualità (la motivazione dei volontari), in comprensione dei biso-gni (io, associazione, li vi-vo quotidianamente), in prossimità. Le istituzioni hanno digerito il fatto che i loro fondi nel sistema so-ciale, impiegati in proget-ti con le associazioni, erano spesi bene. Fino qui, anco-ra tutto bene. Non benissi-mo, ahimè, perché il nostro welfare è ancora sganghe-rato, ma in qualche modo la macchina, con qualche cigolio, funziona. Poi ci so-no gli animali. E qui, ma-gicamente, tutto diventa minore, trascurabile, legge-ro. La sussidiarietà sparisce e subentra un nuovo mera-viglioso sostantivo: surro-ga. La tutela degli animali e il randagismo, dopo de-cenni da una norma che li

pone in capo alla pubbli-ca amministrazione, sono ancora e sempre vaste feri-te aperte nel nostro Paese e mentre le associazioni lavo-rano, si indebitano, le am-ministrazioni in linea di massima guardano, rin-graziano, con le mani ben chiuse in tasca. Qualcuno è riuscito nel tempo a strap-pare qualche convenzione con il Comune per gesti-re canili o gattili ed è co-stretto a difenderla come Leonida alle Termopili ad ogni cambio di ammini-strazione. Qualcun altro ha avviato progetti qua e là, creando qualche “isola feli-ce”, ma in linea di massima un grande e sincero apprez-zamento per il lavoro svol-to e un portafoglio vuoto sono tutto quello che viene concesso alle associazioni che come ENPA si occupa-no di animali. Una monta-gna di normativa in Italia, statale e regionale, procla-ma i diritti degli animali e la loro tutela come priorita-ria, stimolando e più spes-so obbligando le istituzioni a intervenire direttamente. Le pubbliche amministra-zioni, tranne rari esempi di eccellenza dovuti più al-la capacità ed alla tenacia dei singoli funzionari che al sistema stesso, si limita-no al minimo sindacale. Il resto lo devono fare le or-ganizzazioni come ENPA ma qui casca l’asino, perché di risorse non se ne par-la proprio. Parlo di risorse nel vero senso della paro-la, non di piccoli contribu-ti erogati con lo stile della mancia al parcheggiatore; quelli, che alla politica co-stan poco e fanno comodo, se ne vedono anche mol-ti. Prendete, ad esempio, la nostra Sezione milanese. 365 giorni all’anno, pasqua natale e capodanno com-presi, dalle 9 di mattina a mezzanotte. Cinquanta vo-lontari circa, dodici medi-ci veterinari che lavorano su 250 mq di clinica, con quattro sale visita e due aree chirurgiche. 1655 ani-mali soccorsi nel 2007 (tra cui 362 gatti randagi). 300 mq di reparti di degen-za condizionati estate/in-verno. Complessivamente una macchina grande, im-portante, che svolge un la-voro su Milano e provincia non sostituibile. Questo si-gnifica in poche parole che la grande maggioranza di questi animali (feriti, ma-lati o comunque in difficol-tà) se non fosse curata nella nostra struttura non avreb-be molte chance di so-pravvivenza. Il Comune di Milano ci ha però annun-ciato che per quest’anno il contributo, previsto da uno

vità che esprimono quali-tà, costa parecchio denaro. Non c’è un euro solo che sia sprecato, ma la gestio-ne di un sistema comples-so come ENPA a Milano ha bisogno di un sostegno economico forte. Abbiamo quindi bisogno di voi, che avete un modo molto sem-plice di aiutarci: diventare

soci, darci un contributo, fare volontariato, adotta-re un animale e, perché no, pensare alla nostra sezio-ne nelle vostre volontà te-stamentarie. Sul sito www.enpamilano.org trovere-te tutto quello che vi po-trà essere utile per questo.

Ettore Degli Esposti

lontana: per quale motivo, tu credi, le tue onde riesco-no a vibrare tanto lunghe?Spesso lo dico e lo ripoeto: il poeta, per come la vedo io, sei tu che leggi. Luogo, po-esia e vernice sono per me strettamente legati. Parlo di luogo propriamente, nel senso di territorio identita-rio, di spazio attraversato e non di superficie ritaglia-ta dal contesto. E’ nel solco di questa relazione tra me ed il sociale d’intorno che si strutturano le mie tema-tiche e il mio decorare il tes-suto sociale: la mia poesia richiama situazioni comu-ni, vissuti particolari per-sonali e non, piccoli eroismi invisibili, eventi fondanti della nostra memoria col-lettiva, i viaggi e le genti che ho incontrato, le not-te ubriache finite in rissa tra amici, il tifo della cur-va sud, l’esclusione sociale e la condizione dei migranti, l’ode alla malinconia o al-le notti qualunque, ritratti di volti a cui sono sbattu-to contro, istanze di critica sociale, osterie e periferie... forse per questo è poesia vi-va che il pubblico sente vi-cina. Circa la street art in generale credo, nel mio caso, che più che un tratto esteti-co riconoscibile, sia il parti-colare assetto comunicativo che propongo (l’altro prota-gonista) che mi permette di vibrare, quindi di produr-re suono, e di far vibrare, quindi di far correre onde.4) “Il sapere non s’accresce se non condiviso”, opere no-copyright ed un mai ce-lato disinteresse per la

pubblicazione delle stesse... Come già accennavo cre-do pubblicarsi significhi sostanzialmente render-si pubblici. Un libro oggi ha un prezzo, un luogo de-putato, un circuito ed un target di riferimento, del-le esigenze commerciali ge-nerali. Io preferisco sviare a questi vincoli e proporla li-bera e liberamente; non che la diffusione di letteratu-ra a mezzo libro sia un de-mone da combattere, anzi è stata fondamentale in tem-pi passati, solo sento un po-co la necessità di trovare il mio luogo naturale per la poesia e di declinarla con contenuti rinnovati in con-testi innovativi. Credo poi appunto che la circolazione del sapere sia tra i pochi beni necessari e universali da ga-rantire all’umanità tutta...e poi come si può pensare di “possedere una parola” ?5) Un saluto ai lettori di “OK Arte” che, già dan-zante e viva lo atten-do, sarà densa armonia.Cos’altro se non gettate i vo-stri semi il vento che di cer-to farete fiorire il cielo. Ho infatti imparato che crede-re fortemente nelle proprie convinzioni, anche qualo-ra possano sembrare folli o scomode, dia, prima o poi, i suoi frutti; l’idea di fon-do è sostanzialmente es-ser convinti che “se ci credi prima o poi s’avvera”. Di fatto, col mio assalto poeti-co, getto semi tra l’asfalto, voi ne fate vento soffian-done per strada le parole, poi tutti insieme terra fer-tile e domani primavera.

“... La poesia di stra-da nasce gettan-

do parole tra le vie, pugni di semi nel vento, è sensazione precipitata in sassi d’assal-to tra lo snocciolarsi scom-posto di questa città. Versi come pioggia tra le gen-ti, inzuppate fin’oltre l’orlo dell’attenzione, senza cor-te di dotti nè corona, per-ché d’ovunque e da sempre, una pagina bianca è una poesia nascosta...” Siamo stati compagni di scuola, media: “Rinascita”, col suo approccio artistico e la sua precorritrice meta-didatti-ca. Ed Ivan, ora spirito cre-ativo e rivoluzionario nel senso più letterale del ter-mine, rende orgogliosa me, che ho avuto onore e piace-re di crescere un po’ accan-to a lui, e quanti sappiano scorgere in lui quella co-stante vibrazione di pensie-ri e sentimenti che, tradotti in parole, egli è tanto abile a far suonar melodia. 1) Un linguaggio comprensibile (ai più), canali di diffusio-ne tanto innovativi quanto raggiungibili: la tua poe-sia parla a noi di te e di noi, e lo fa in maniera roman-ticamente cruda, sempli-cemente ricercata... Quali ispirazioni ti hanno gui-dato, magari spinto od, ad-dirittura, travolto; in quali radici le tue idee d’assalto?La poesia di strada e l’as-salto poetico nascono da un’istanza critica che vede la poesia chiusa negli an-goli bui della nostra socie-tà, soffocata nelle pagine di libri che troppi stampano e pochi leggono, affidata ad un élite letteraria auto refe-renziale, invece al suo luo-go naturale, la collettività. Credo che pubblicare, nel-la sua accezione più vera, voglia dire rendersi pubbli-ci, confrontarsi e scontrarsi per proporre responsabil-mente le proprie convinzio-ni, generare dal conflitto dialettica e dalla dialettica condivisione. Ho imparato che diffondere i propri con-tenuti a viso aperto e libera-mente, è possibile ed efficace

anche al di fuori dei classi-ci sistemi editoriali. La stra-da è una ribalta libera e di libertà, è il luogo in cui espongo e sono esposto, do-ve critico e vengo criticato, dove spiego e spesso imparo. 2) Le tue orme a Milano, Bari e Torino; impron-te indelebilmente impresse su lidi bohemienne qua-li Amsterdam, l’Avana e Parigi: cosa pensi d’aver lasciato a/in quei luoghi; quanti mondi convivono invece in te, quante real-tà ormai espiri ed i(n)spiri?Di certo ho lasciato i miei semi d’assalto poesia e tan-to tanto crederci. Viaggiare, per chi come me fa arte pub-blica o ha costante necessità di condivisione e contami-nazione, è fondamentale, forse obbligato. Ogni luogo che ho attraversato è stato scelto per il suo carattere so-ciale, per l’intorno urbano di riferimento ora architet-tonico ora d’immaginario. Mi piacciono le strade dense di gente, le periferie, le uni-versità, i luoghi di potere, gli spazi sociali. Fino ad oggi ho visitato e portato il mio as-salto tra le strade di Milano, Torino, Vercelli, Bologna, Roma, Amsterdam, l’Ava-na, Parigi, Beirut, Città del Messico e altrove ancora. Viaggiare è la cosa più stan-cante che faccio, ma l’unica che mi carichi di energie pu-re. 3) La tua eco è risuonata nei quotidiani nazionali, nei magazine di culto, persino nelle riviste di moda; Ivan che interessa ed incuriosi-sce, una voce che risuona e rimbalza diametralmente

Intervista a IvanSara Moriconi Ghezzi

Page 21: OK ARTE Dicembre 2008

21DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

Il FattoQuando ci siamo sposa-

ti (1984) avevo detto a mio marito di non provar-ci nemmeno a portare a ca-sa un cane, o qualsiasi altro animale, visto e conside-rato che lui aveva sempre vissuto con animali, addi-rittura con una scimmietta. Furono le mie ultime pa-role famose. In un mo-mento molto difficile della mia vita, Alberto mi ha convinta a portare a ca-sa, per me e per nostra fi-glia Veronica, un cane. Da qui comincia una bel-lissima ed entusiasmante avventura (anche se un ani-male non si può definire co-sì perchè un animale è per sempre !!) Il 29 Novembre 1999 arriva Casper. Faceva parte di una cuccio-lata di otto bellissimi me-ticci, la classica scelta di chi non sterilizza il proprio ca-ne e poi si ritrova a cercar padrone per ben 8 cuccio-li!) Sin dal primo giorno Casper si è rivelato vivace e

birbante (come tutti i cuc-cioli, direte voi). Ma non era così. Anche da adulto, in-fatti, dava il suo bel da fare. Era un “dominante” e non cedeva molto facilmente . Con noi era un gran cocco-lone, ma con gli estranei e con gli altri cani.... Ma an-dava bene così. Anche gli umani non hanno tutti un bel carattere. O no ? Casper è sempre venuto in vacanza con noi (se è un componen-te della famiglia, non vedo perchè lasciarlo a casa), e così, nel 2001. siamo an-dati tutti in Puglia. Ed ec-co che qui qualcosa cambia. Il primo giorno Alberto va in spiaggia, alle 14 cir-ca, orario per me insop-portabile per il gran caldo. Arrivando in spiaggia as-siste ad una scena racca-pricciante: un uomo, con una bimba piccola a fian-

co, abbandona un cuccio-letto di circa 350 grammi e poi scappa via. Alberto non può restare indifferente (purtroppo molti lo fanno!). Ferma il tipo, splendido esemplare di “homo im-probus”, che, con molta ar-roganza e leggerezza, dice che non può tenere il cuc-ciolo, che non è il suo, che l’ha salvato dalla strada do-ve era finito perchè lancia-to dal finestrino di un’auto che precedeva la sua.... E voi ci credete??? Come la-sciare quel piccolino sotto quel sole? Sarebbe morto sicuramente e.... come po-tete immaginare .........Birba è ancora con noi. E’ una femmina meticcia, incro-cio tra uno yorkshire ed un bassotto: uno spettacolo di pelo! Per Casper accettarla non è stato facile, ma dopo un impegno non indiffe-rente di 2 mesi da parte no-stra diventano inseparabili. Dormono e mangiano in-sieme, anche perché Birba, al contrario di Casper, è buona, affettuosa e dolcis-

sima, soprattutto col suo salvatore Alberto... E sì, lo-ro capiscono tutto e an-che di più. Peccato che il 29 Dicembre 2005 Casper ci lascia ed il dolore è inde-scrivibile. Aveva scelto me come padrona ed ha fat-to in modo di morire tra le mie braccia. La decisione istintiva è di non voler pro-vare ancora un altro dolo-re così grande. Ma, ogni giorno, il pensiero è rivol-to a tutti i cani che soffro-no, chiusi nei canili, anche se accuditi da volontari che fanno un lavoro strepitoso per alleviare le loro soffe-renze. Quindi si naviga su Internet e si vedono tanti cani in cerca di padrone....e un bel giorno Alberto mi dice :”Ho fissato un appun-tamento con una ragazza di nome Francesca per saba-

dizioni, ne aveva chiesto la soppressione.... Ho parla-to con Alberto e, superata l’impressione per la cica-trice, ci siamo detti subito che il terzo cane in fami-glia doveva essere come lei: un cane bisognoso, un ca-ne rifiutato da un padrone ingrato, un cane che aveva sicuramente ancora molto da dare. Con immenso pia-cere oggi dico che è stato proprio così. Quando sia-mo andati a trovarla, la pri-ma volta, nel nostro cuore sapevamo già come sareb-be andata a finire: alla pri-ma carezza di Alberto è stato amore a prima vista. Ci siamo spostati tutti a ca-sa per verificare che Birba e Aky l’accettassero. Così è stato. Era il 22 Giugno del 2008. Sissi (questo è ora il suo nome) era molto pro-vata. Non mangiava, non beveva e gli occhi erano tristissimi. Ma, accudita con amore e pazienza, sono bastati pochi giorni per ve-dere i primi miglioramen-ti. Abbiamo sempre sentito parlare della soddisfazione che si prova ad aiutare ani-mali in condizioni difficili, ma certe emozioni bisogna provarle per capirle.... Sono inspiegabili... Vedere ora Sissi che corre (ogni tan-to scorda di essere tripode e cade, ma non si arrende), che si relaziona benissimo con gli altri cani (si cer-cano a vicenda), che gioca con la pallina da tennis, è bello e gratificante. Ma la cosa più toccante è sentirla mugugnare per chiamarti, sentirla piangere dalla con-tentezza quando si rientra a casa e vederla rilassata a pancia in su, alla sera, sul divano, davanti alla televi-sione insieme a noi. E ieri Veronica, nostra figlia, l’ha anche sentita abbaiare per la prima volta. Cosa vole-re di più da un’adozione ?Grazie Sissi !!!!!!

to mattina. Ci farà vedere Achille, il cane che abbia-mo visto sul sito dell’En-pa di Monza....” Che dire ? Va bene, aspettiamo Sabato mattina... Arriva Francesca con un cucciolotto nero fo-cato ed in lui notiamo su-bito la somiglianza con Casper. E’ fatta! Anche Francesca si meraviglia del-la nostra scelta immedia-ta: non le era mai successo prima di affidare un ca-gnolino al primo incontro. Ritiene però che siamo la famiglia giusta per lui , così, anche senza sape-re quasi nulla di noi (le sensazioni, in chi si oc-cupa dell’affidamento di animali, sono fondamen-tali). Achille, chiamato Aky, è buono e tremendo. Ha solo una prerogati-va, della quale Francesca ci aveva già informati: è un abbaione. E’ stato sal-vato da Enpa nella pineta di Ostia, figlio di una lupa randagia. Entra subito nei nostri cuori. Qualche gior-no dopo, però, notiamo che ha una coscia piena di pal-lini da caccia. Non abbia-mo parole. Cosa avrà mai fatto di male un cucciolo per meritarsi tanto dolore? Sì, crediamo abbia soffer-to, povero piccolo, e cre-diamo anche che qualche fratellino non ce l’abbia fat-ta. Bene, credete sia finita qui? No, perché il bello de-ve ancora arrivare. Nel me-se di Giugno di quest’anno ricevo un messaggio da Francesca, con la quale non abbiamo mai interrotto i contatti, e vedo la richiesta di aiuto per una setter ir-landese la cui storia è sta-ta pubblica sul precedente numero di Okarte. Ebbene, per chi non lo sapesse, a questo cane, investito da un treno, sono state am-putate coda ed una zampa posteriore. Il vecchio pro-prietario, viste le sue con-

Nicoletta ed Alberto

Noi...per loro

Nicoletta ed Alberto. Ovvero l’altra faccia

della medaglia. Da un la-to, coloro che gli anima-li non li amano, e quindi li ignorano (cosa totalmen-te accettabile. L’amore non si può imporre: o c’è o non c’è). Oppure coloro che gli animali non li amano ma amano perseguitarli, arri-vando anche a maltrattarli fisicamente, perché, con-siderati esseri senz’anima ed a disposizione dello sfi-zio dell’uomo, concepito invece, ed a loro differen-za, intelligente e superiore (cosa indegna, che fa desi-derare, alle persone nor-mali, di potersi dissociare dall’appartenenza a que-sto così detto “genere uma-no” che di umano non ha nemmeno un vago sentore). Oppure coloro che gli ani-mali dicono di “amarli tan-to”, a condizione che siano sani, belli, buoni, docili, coccoloni, che si facciano vivi, o che spariscano dal-la circolazione, a comando (cosa preoccupante perché totalmente a rischio abban-dono per l’animale che non appaghi appieno le aspetta-tive ). Questo, a mio avvi-so, è il lato in ombra della medaglia, Anche se non siamo sempre di fronte ad azioni deprecabili, o ad-dirittura delinquenziali,

diciamo che anche il sem-plice atto di ignorare gli animali non li aiuta certo a vivere meglio. Ma faccia-mola ruotare questa meda-glia e ne vedremo la parte splendente. Qui troveremo persone che gli animali li raccolgono, ed accolgono in famiglia con tutto l’af-fetto possibile. Li portano con loro nei viaggi (basta organizzarsi e tutto diven-ta fattibile), li curano con amore quando si amma-lano, spendono del tempo per educarli ad un compor-tamento corretto in mezzo agli altri, soffrono per la lo-ro perdita etc.. etc.. etc.. La storia che segue, storia vera e raccontata in prima per-sona da chi l’ha vissuta, è un chiaro esempio di come la convivenza con gli ani-mali possa dare grande fe-licità ad entrambe le parti e di come possa arricchi-re l’individuo in termini di sensibilità e rispetto verso l’ambiente che lo circonda. Perché non la fate leggere ai vostri bimbi? Sicuramente è dolce come una fiaba ed educativa come i messag-gi trasmessi dai genitori buoni e dai buoni genito-ri. Permettetemi, infine, di esprimere un’opinione per-sonale: se esistessero più persone come Nicoletta ed Alberto forse questo no-stro sconquassato mondo andrebbe un po’ meglio!

Milena Moriconi

“La civiltà di un popolo si misura dal rispetto

che ha verso gli animali” (Mahatma Gandhi )

ASSICURAZIONI IN TUTTI I RAMIPREVIDENZA COMPLEMENTARE

GESTIONE DEI SINISTRI

PRESENTANDO LA TESSERA DELL’ASSOCIAZIONE AMICI DEL GIORNALE

OK ARTE SARANNO PRATICATE CONSISTENTI AGEVOLAZIONI

AGENZIA GENERALE DI MILANO LORETOCORSO BUENOS AIRES 45 – 20124 MILANO

TEL. 0229406125 – FAX 0229535031Posta Elettronica: [email protected]

www.cattolicamilano.it

Page 22: OK ARTE Dicembre 2008

22 DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

Aggiornamenti e notizie ulteriori su:[email protected]

Pezzi da MuseoNel nostro lavoro la ri-

cerca è una attività dif-ficile, talune volte faticosa, ma sempre interessante, che, ogni tanto offre l’emo-zione e la felicità di imbat-tersi in pezzi di assoluto valore e pregio, come quelli che mi accingo a descriverviDiverse centinaia di anni fa (vi sono testimonianze che risalgono all’ottavo se-colo dopo Cristo) l’inven-tiva dell’uomo consentì di passare dal coltello a la-ma fissa a quello chiudibi-le o a serramanico. Molte volte, per coltello a serra-manico, si intende il col-tello a scatto, ma è un errore tecnico. Il motivo per cui così si può chiama-re è perché la lama si “ser-ra” all’interno del manico e non perché scatta all’uscitaQuesta evoluzione ed in-novazione ha consentito di creare moltissime varian-ti di coltelli, tutte caratte-rizzate dalla possibilità di dimezzare le dimensioni, semplicemente ripiegan-do il coltello su stesso. Si è aperta così la strada alla nascita di nuovi modelli di coltelli dagli usi e forme più disparati. Dai coltelli da la-voro con manico in legno, che tutti, almeno una volta nella nostra vita abbiamo utilizzato, alle roncole, dai coltelli multilama grezzi a quelli di lusso. In passa-to, quando l’ambientazione storica lo esigeva e la legge ancora lo consentiva, sono stati realizzati importanti coltelli da difesa persona-le, caratterizzati spesso da ragguardevoli dimensioni. Ne esistono esemplari che misurano 250 cm aperti! Uno dei più antichi esem-plari di coltello pieghevole è quello di seguito presen-tato (un esemplare molto simile è custodito presso il Deutsches Klingenmuseum di Solingen) che è databi-le attorno agli ultimi anni del XVI secolo. Il coltello misura 16,5 cm, con mani-co da 9 cm in argento mas-siccio, scolpito e cesellato, in modo da rappresentare una figura antropomorfa e dotato di lama anch’es-sa in argento da 7,5 cm. Come si vede dai detta-gli la figura rappresenta un bambino od un “put-to”, con un copricapo ed una capigliatura fluente. La testa è formata da due parti che combaciano so-lo quando il coltello è chiu-so e la lama va a lambire i due lati interni del mani-co. La difficile lavorazione interamente artigianale fa si che le due metà non sia-no perfettamente identi-che e che l’espressione nelle due parti del viso sia leg-germente differente, sen-za comunque togliere nulla alla magistralità del pezzoSi tratta probabilmente di un coltello da donna o da bambino, date le dimensio-ni molto ridotte, che mal si addicono alla manuali-tà di un uomo, seppur con-siderando la statura media

di allora, che faceva si che anche gli uomini potesse-ro avere delle mani di di-mensioni molto contenute. Il coltello ha le rifiniture del classico oggetto realiz-zato come dono importante che, nel contempo, avreb-be potuto essere utilizza-to e portato appresso tutti i

giorni, come per altro deve essere accaduto perché, no-nostante il perfetto stato di conservazione dell’ogget-to, che ha più di 420 anni, la lama risulta affilata. Il si-stema di blocco della lama è “a molla semplice” che si-gnifica che la lama, una vol-ta aperta, poggia su di una molla racchiusa tra le due guancette in argento, che fa si che la lama possa ri-sultare fissata anche in po-sizione aperta, pur se non agganciata. Questo siste-ma permette di utilizzare il coltello in quasi tutte le po-sizioni evitando che le lama si richiuda inavvertitamen-te su se stessa e possa feri-re le dita di chi lo maneggiaIl caso ci aveva già consen-tito di imbatterci in un pez-zo simile un paio di fa in Francia quando reperim-mo un pezzo quasi identi-co, contraddistinto però da una lama in acciaio al car-bonio, come quella mon-tata sul coltello esposto a Solingen. Questo secon-do ritrovamento ci fa ra-gionevolmente supporre che, in origine, questi col-telli, fossero parte di un set composto dai due col-telli stessi racchiusi in una custodia od in un fodero, come spesso capita ai col-telli “da gentiluomo” fran-cesi. La necessità di un set composto da due coltelli, con lame diverse, nasceva dall’esigenza di utilizzare materiali diversi per sco-pi diversi; la lama in accia-io, per il taglio della carne e del pesce, mentre quel-la in metallo nobile, per il taglio della verdura e del-la frutta, in modo da evi-tare eccessive ossidazioniL’evoluzione e la popolarità del coltello, sia esso fisso o chiudibile, fanno si che es-so non venga più solo vi-sto come uno strumento di lavoro, ma come un og-getto che può essere ab-bellito ed impreziosito nei modi più svariati. Nel XVII secolo la maestria degli artigiani che intarsiano, ce-

sellano e scolpiscono i ma-nici raggiunge il suo apice ed i coltelli diventano delle vere e proprie opere d’arte. Ne è un sicuro esempio un pezzo esposto al Museo de la Coutellerie di Thiers in Francia, caratterizzato da uno splendido manico in bosso scolpito che raffi-

gura due divinità agresti; la prima, Flora, dea roma-na e italica della fioritu-ra dei cereali e delle altre piante utili all’alimentazio-ne e la seconda, Pomona, dea romana dei frutti.Oltre ogni nostra più rosea aspettativa siamo riusciti a trovare un coltello simile a quello di Thiers, ma ancora più ricco nel manico che, in questo caso, non si limita a due sole figure, ma rappre-senta cinque cherubini scol-piti in differenti posizioni.I primi due in basso paiono sorreggere il resto della scul-tura, composta a sua volta da un cuore e da una serie di volute, sulle quali sono arrampicati gli altri tre che-rubini che a loro volta pa-iono sorreggersi a vicendaLa volontà di conferire tri-dimensionalità e movimen-to al pezzo coincide con la grande difficoltà tecnica che l’artigiano ha dovuto affrontare lavorando il ma-nico da tutte le angolazioni con particolare riferimen-to alle tre figure superiori, che non sono solo scolpi-

te “a basso rilevo” ma sono lavorate anche all’inter-no in modo da creare tre statuette * a tutto tondo*Il livello di dettaglio è ve-ramente eccezionale sino a distinguere le espressio-ni, i muscoli, gli ombeli-chi ed i capelli di tutti i cherubini, le volute han-

no un disegno che simu-la così bene il movimento che da un effetto plastico e

convincente a tutta l’opera. Il tutto in 8 cm di ma-nico ed in 15 cm di col-

tello in posizione aperta. A dispetto della preziosi-tà del manico pare che il coltellino sia stato utilizza-to, dato il livello di consun-zione e di molatura della lama ma fortunatamente salvo piccolissime imper-fezioni questa magnificen-za è arrivata intatta sino a noi dal XVIImo secolo. In caso di domande non esitate a contattarci sul no-stro sito www.fineandmint.com od alla nostra email: info@f ineandmint.com

Laura Veroli e Carlo Vittalone

Nelle ultime settimane, lavorando alla sele-

zione delle opere per una mostra di prossima inau-gurazione (“Oltre la realta’”, galleria Zamenhof, dal 26 novembre al 14 dicembre 2008, opere di Bluer, Butt, Carluccio, Crini, Nata-li, Pedotti, Polichtchouk), mi e’ capitato di tornare a riflettere sulla piu’ antica e vessata questione del-la storia dell’arte: vale a dire il rapporto tra Arte e Realta’. (Ci sono questio-ni cosi’ cruciali, domande cosi’ fondamentali, che le risposte che si trovano fi-niscono sempre per esse-re parziali e provvisorie). Come deve porsi un’opera d’arte nei confronti della realta’? Deve rappresentar-la, reinventarla, alluderla, ignorarla? Dai tempi di Aristotele con la sua teo-rizzazione sul concetto di mimesis fino al ready made di Duchamp o al nouve-au realisme teorizzato da Pierre Restany non solo la questione e’ rimasta sempre aperta, ma il modo in cui artisti e teorici l’hanno an-che solo impostata e’ stato determinante nella defini-zione della loro concezio-ne estetica. Ora per quanto riguarda la causa occasio-nale di queste riflessioni, non avevo certo velleita’ ermeneutiche o anche solo blandamente filosofiche. Mi ero posto, con Valen-tina Carrera, co-curatrice della mostra di cui sopra, il semplice obiettivo di inda-gare come concretamente sette artisti contempora-nei affrontino la questione. Nella speranza che la mo-stra stessa poi possa far scaturire, direttamente, con lo squadernarsi delle opere esposte, riflessioni e ripen-

samenti sulla questione nella mente del fruitore. Tuttavia gia’ nell’impostazione gene-rale della mostra affiorava una prima essenziale, ine-ludibile domanda: di quale realta’ stiamo parlando?Per semplicita’ di esposi-zione diro’ che la mostra in oggetto e’ divisa sostanzial-mente in due parti: da una parte Butt, Crini, e Natali, che hanno un approccio che possiamo definire spiccata-mente “icastico”; dall’altra Bluer, Pedotti e Carluccio che sono decisamente piu’ “iconici”. Nel mezzo la Po-lichtchouk di cui si presen-tano opere che oscillano tra i due poli. Entrambi i grup-pi affrontano “di petto” il rapporto con la realta’. Butt, Crini e Natali si relaziona-no con una realta’ che in prima istanza potremo de-finire “fenomenica”: osser-vano (e riproducono) la re-alta’ in quanto “fenomeno”, ossia manifestazione fisica,

le’ di poesia: bucolica quella di Butt, elegiaca quella di Crini, epica quella di Natali.Bluer, Pedotti e Carluccio si occupano invece della re-alta’ dal punto di vista, per cosi’ dire, “noumenico”: os-sia della realta’ intesa come essenza, come pensiero. Se dipingono una sedia o un albero, non dipingono una sedia o un albero partico-lare, bensi’ l’idea dell’al-bero o della sedia. Un albero o una sedia “sub specie aeternitatis”. Per que-sto la stilizzazione e’ spicca-ta e la pittura (o la scultura) e’ prepotentemente “ico-nica”: e’ la forma stilizzata, “iconizzata” che allude alla cosa che si vuole raffigurare. Olga Polichtchouk costitui-sce il ‘trait d’union’ tra i due gruppi e la dimostrazione concreta di come, in qual-che modo, approccio “nou-menico” e approccio “fe-nomenico” siano due facce della stessa medaglia…“Tra

La realta’ e i suoi doppiAppunti e spunti di riflessione sul rapporto tra Realta’ e Arte

Virgilio Patarini

Alessandro Crini

visiva. Tutti e tre costoro partono dal dato fenome-nico per poi esasperarlo grazie all’ausilio della speci-fica tecnica pittorica adot-tata, con esiti decisamente e ugualmente poetici. Anche se si tratta di un diverso ‘sti-

l’idea e la realta’ cade l’om-bra”, scriveva T.S. Eliot. Ma io, personalmente, ancora ho qualche difficolta’ a di-stinguere l’ombra dall’idea e dalla realta’. E se tutto fosse, al tempo stesso, sia ombra che idea che realta’?

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23DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

ARIETE Tempesta di stimoli nuovi e di situazioni in rapida evoluzione ma vi faranno sentire la brutta copia di Guernica.

TORO Momenti folgoranti e in-namoramenti fulminei vi faranno sentire in mezzo ad un campo di grano di-pinto da Van Gogh.

GEMELLI Con Mercurio siete pronti a cogliere ogni buona oc-casione, prendete ispira-zione dall’Ercole di Cano-va e sarete imbattibili.

CANCRO Su di voi si addensano nubi come ne La Tempe-sta del Giorgione. Dopo vi attenderanno il sereno e la gloria.

LEONE Un buon periodo per la vostra attività professiona-le: avrete opportunità asso-lutamente invidiabili. Pro-ducete, lavorate, create! VERGINE Mercurio e Marte favori-scono le attività contabili. La teconologia migliore-rà qualità del lavoro e del guadagno.

BILANCIA Vi attende un bacio più appassionato di quello di Hayez e il colore dell’amo-re riempirà le vostre tele e la vostra casa. SCORPIONE I vostri progetti verranno accolti con favore. Tutti sa-ranno incantati dal vostro fascino come davanti al Duomo di Milano.

SAGITTARIO Assecondate la vostra na-turale curiosità e andrete lontano, in tutti i sensi. Un viaggio rivoluzionerà le vo-stre preferenze artistiche.

CAPRICORNO Il viola! questo il colore da cui trarre ispirazione, que-sta unione di colore caldo e freddo esprime le corren-ti dal vostro animo.

ACQUARIO Enigmatici come la Gio-conda non avete però la fila di estimatori che aspettano di incontrarvi. Ci vorrebbe un po’ di modestia. PESCI La storia dell’arte e’ piena di grandi artisti, che hanno avuto vita dura. La popo-larità arriverà, ma ci vorrà ancora un po’ di pazienza.

OroscopArte

Direttore responsabileAvv. Federico Balconi

Direttore editorialeFrancesca Bellola

Progetto Grafico e impaginazione

Kerr [email protected] 8321963

Stampato dalla IgepVia Castelleone 152 CR

Testata OK ArteReg. Tribunale di

Milano del 6 maggio 2008 n. 283

Hanno collaborato:

Enpa LombardiaIvan Belli

Francesca BellolaClara Bartolini

Castelli e Ville della LombardiaJacopo ColucciDavide Corsetti

Alejandro De LunaPaolo Deotto

Giulana de Antonellis Alessandro Ermesi

Ettore Degli EspostiMauro De Sanctis

FAICarla FerrarisLucia Ganci

Sara Moriconi GhezziAlessandro Ghezzi

Gloria GuerriniJean Marc Mangiameli

Marco MarsiliIvana Metadow

Milena Moriconi

Ncoletta ed AlbertoEmanuela NolfoSabrina PanizzaVirgilio PatariniLaura Pelissetti

Giuditta PellizzoniAntonio Purpura

Laura Sentina Laura VeroliAmbra Viola

Carlo VittaloneAmarenaChicStudio

Yari

Informazioni e pubblicità

02-92889584 - 3474300482

[email protected] OK ARTE sede in

c.so Buenos Aires 45 presso agenzia Cattolica

Ok Arte MilanoEdito dall’Associazione Culturale Ok Arte

CruciArte

O R I Z Z O N T A L I1. Bruno, artista e designer italiano del XX secolo – 5. Stanislaw, scrittore, medico e filosofo polacco contem-poraneo, autore di Solaris – 8. Preposizione sempli-ce – 9. Hugo Alvar Henrik, architetto e designer finlan-dese a cavallo tra il XIX e il XX secolo – 11. Il cuore di Sanzio – 12. Catania sul-le targhe – 14. Pari in sen-za – 15. Matematico greco autore di un famoso teo-rema – 18. Gomito del fiu-me – 19. Joseph Fernand Henri, pittore francese a ca-vallo tra il XIX e il XX seco-lo – 20. Salvador Domingo Jacinto Domènech marche-se di Pùbol, pittore, scultore, scrittore e cineasta spagno-lo del XX secolo – 21. Rialzo posteriore della scarpa – 23. Imposta sul Valore Aggiunto – 25. Insieme a “Hop” è un tipo di musica – 26. Il no-me dell’attore statunitense Grant – 28. Costruì la bibli-ca Arca – 29. Il biondo me-tallo – 30. Vocali in Balla.

V E R T I C A L I1. L’isola con Wall Street –

2. Né sì, né no – 3. Lamina flessibile all’imboccatura degli strumenti a fiato – 4. I confini dell’Iowa – 5. Iniziali del cantante Ligabue – 6. Liquido volatile facilmen-te infiammabile usato co-me anestetico – 7. Johannes Chrysostomus Wolfgangus Theophilus, compositore e pianista austriaco del XVIII secolo – 10. Beato, pittore e religioso italiano a caval-lo tra il XIV e il XV seco-lo – 13. Iniziali del Tasso, autore della Gerusalemme Liberata – 15. Insieme ad “Amore” in una celebre scultura di Antonio Canova – 16. Si spiega per volare – 17. Arco o volta a sesto acu-to – 20. Poi, in seguito – 22. A noi – 24. Altare paga-no – 27. La fine di Goya.

Antonio Ligabueastroarte di yari

L’arte nasce dalla na-tura e si impossessa

prepotentemente dello zo-diaco ma in egual misura irradia l’universo di colo-ri celestiali e diavoleschi. Costui è Antonio Ligabue principe incontrastato di un mondo astrale dove i pianeti s’inchinano solen-nemente alla bizzarrerie di un pennello così solenne e goliardico. Uomo e pitto-re, unico ed ineguagliabile quanto a mostruosità talen-tuosa insita alla sua straor-dinaria umanità acclamata da una luna ai suoi piedi.Il destino lo colloca nell’iso-lamento incontrastato di una natura sagace ma ispi-ratrice e non è un caso, ma una magia di Giove che sommo delle sue maestrie, lo consegna alla benevo-lenza di noi esseri umani. La sua arte trae ispi-razione dai fiori, dal-le piante e dagli animali. Una Venere ingrata cer-to non lo privilegia, non gli regala la sontuosità di un Adone, ma lo traspor-ta nella casa della bellezza interiore; gli bussa vana-mente le porte dell’amo-re, gli assegna un trono nel paradiso degli artisti e con l’aiuto di Marte, gli dise-gna una mano angelica per la sensibilità dei colori, ag-guerrita invece per le for-me e le pennellate funeste. Nato sotto il segno del sa-gittario, traspare la ferocia nelle sue opere che aggredi-scono lo spettatore così ca-parbiamente da offuscare gli occhi da tanta bellezza così suprema da catturare i

sentimenti di chi lo ammira.La determinazione di Giove e l’ingegno di Mercurio, proiettano il poeta del co-lore in una sfera tridi-

18 dicembre 1899 – 27 maggio 1965

mensionale acuita da un sole particolarmente rag-giante nel suo percorso di vita. Difficilmente qual-cuno riuscirà a specchiar-

si ai suoi livelli, in quella che si definisce espressio-ne pittorica naif, la più ambita e ricercata dai no-stri artisti contemporanei.

OGGIMR. WILBURÈ DI OTTIMO

UMORE!MAGNIFICO!!

SUBLIME!!

AVRÀ AGGIUNTOUNA NUOVA

OPERA D’ARTEALLA SUA

COLLEZIONE?

PERFINOUN MILIARDARIO

COME LUI,UN UOMO CHE

POSSIEDEGIÀ TUTTO,SA ANCORA

EMOZIONARSIDI FRONTE

ALLA BELLEZZA!

IMPAREGGIABILE!!!

UNICO!!

Page 24: OK ARTE Dicembre 2008

24 DICEMBRE 2008 OK Arte Milano

L’artista Nicola Brindicci visto dal filosofo Schiavocampo

Nicola Brindicci, artista fotografo dalla persona-lità inconfondibile, dopo aver presentato nel mese di Settembre a Bologna al-la Galleria 18, una parte della sua più riconoscibile produzione artistica, e an-cora alla galleria Zamenhof di Milano alcuni suoi lavo-ri di “scrittura fotografica minimalista”, e di “arte co-smica”, eccolo nuovamente proporre a Milano, pres-so la storica Libreria Bocca, le sue opere più rappresen-tative in una mostra cu-rata da Clara Bartolini e Antonio D’Amico. Poiché il lavoro di questo artista si distingue per il tentativo di rappresentare il mondo dell’anima, interessante ne risulta la lettura dell’opera da parte del critico e filoso-fo Giovanni Schiavocampo. Qui proponiamo una parte delle sue riflessioni. “Quello di Nicola Brindicci si ca-ratterizza come un percor-so eterodosso rispetto al campo della fotografia che interpreta. L’intento è evi-dentemente quello di espli-citare una visione interiore, cosa in cui l’obiettivo del-la macchina riesce perfet-tamente, ma col risultato di mettere in crisi i processi di identificazione dell’oggetto, trasposto su un orizzonte in primo piano la cui ubi-

cazione, in un’alterità spa-ziale indefinita, ne varia la percezione, senza che ne ri-sulti d’altra parte contrad-detta la natura e quindi la possibilità di intuirlo an-che per ciò che è realmen-te. L’immagine si presta

così a molteplici livelli di lettura sottesi come chia-vi concettuali, associative, psicologiche, sullo sfondo di un nucleo esplorativo di concetti elementari di spa-zio, di luce, di geometria, di tempo astronomico, che è al tempo stesso un campo in cui poterli cogliere co-

me fenomeni. Non manca, per collocarli all’interno della situazione, quello che si potrebbe chiamare un espediente: una macchina, nel senso in questo caso, se vogliamo, originariamente etimologico, greco, di truc-

co scenico. Ciò in cui consi-ste è di solito l’allestimento di un repertorio minimale: cocci di bottiglia, sassi, steli di piante, fiori. Frammenti di un microcosmo a prima vista scelti si direbbe ca-sualmente, ma che, in real-tà, non lo sono, perché tutto è invece preordinato a par-

tire dall’idea progettuale: dalla composizione di que-sti stessi reperti che scatu-risce dalle forme e valenze di combinazione di ciascu-no di essi. Peculiare la tec-nica di ingrandimento che conferisce dimensioni am-

bientali, a volte addirittura monumentali al particola-re... e il senso del viaggio, in quanto, per chi lo compie, a maturare è un’esperienza interiore che coincide infi-ne con un apprendimento di sé, una conoscenza dei propri mezzi e potenziali-tà. E che è anche, quindi,

la possibilità di costituirsi un repertorio di memorie, di luoghi e di situazioni: un bagaglio di emozioni di cui – al di là del fatto che ci si trovi di fronte a un itine-rario immaginario anziché reale - interessa soprattut-to il punto di vista, ciò che è in grado di riferirne l’os-servatore e il modo in cui lo racconta. Punto di os-servazione che è quasi sem-pre lo stesso, o con minimi cambiamenti, in cui in gio-co è il tempo: il levarsi del sole o della luna al variare delle condizioni atmosferi-che della giornata. Evento il cui riferimento astrono-mico impone quasi un se-condo livello di lettura dei rapporti che si determi-nano tra il piano di base, i riflessi di luce che vi intera-giscono, gli oggetti instal-lati e la posizione dell’astro. Inquadratura che segna di quest’ultimo “il momento di stasi”, come lo intende Brindicci, e che si può con-siderare un punto di equili-brio, anche psicologico, nel campo in cui sorge, ma che presuppone concettual-mente due porte: una di in-gresso e una di uscita. Ci troviamo quindi di fronte a un osservatorio, delimitato e costruito, che sussiste in virtù di una registrazione, ma che, in definitiva, diven-ta un modello di astrazione: un modo per concettualiz-

zare il fenomeno. Di qui un’accezione dello spa-zio che finisce per diven-tare irreale, se non persino surreale: virtualmente in-definibile dal punto di vista delle coordinate di orienta-mento. L’alba costituisce un orizzonte polare, non mi-surabile cronologicamen-te e quindi invariabile. Ma proprio questa sospensione nel tempo e nello spazio ne fa una dimensione mitica, in cui il motivo del viaggio, e quindi il ripetersi delle osservazioni di ciò che si fa incontro – isole, vele, perso-naggi o quant’altro queste microinstallazioni lasciano immaginare –, acquista una concretezza che ha a suo modo il valore di una te-stimonianza del vedere, del vissuto. Insomma, proprio quello che l’artista – defi-nizione preferibile a quella di fotografo - si propone di mettere in rilievo: una pro-pria visione e un proprio mondo interiori.” Acuto e profondo, lo sguardo del filosofo non si è lasciato sfuggire nulla. Ne emerge un artista che ha usato la macchina fotografica, co-me dice spesso Brindicci, perché non sa dipingere, ma è quasi esclusivamente dall’arte, e non dalla foto-grafia, che ha tratto le sue ispirazioni, per tentare di tradurre in immagini ana-logiche gli spazi dell’anima.

Clara Bartolini

Galleria d’Arte 2000

Il contemporaneo si esal-ta alla Galleria d’Arte 2000 situata nel cuore di Brera, meta indiscussa del pano-rama artistico milanese. Da sempre appassionata d’ar-te, l’effervescente ed eclet-tica Tina Parotti che oltre ad essere gallerista è anche artista, vanta una grande produzione grafica che spa-zia dai disegni ai biglietti d’arte su carta pregiata per-sonalizzati, dai gioielli in argento e oro all’oggettisti-ca in legno. Il suo fermen-to creativo non conosce limiti e abbraccia anche la scrittura, sfociando nella composizione di versi poetici.

House ad A rconate dove, ac-c a n t o alla colle-zione per-ma nente , sta alle-s t e n d o una nuova galleria e uno show r o o m . Una pas-

confronto e della collettivi-tà, il suo spazio milanese di via Statuto dona visibilità ad artisti affermati e ai gio-vani esponenti del panora-ma italiano. Nel corso degli anni, assieme ai lavori della Parotti, sono state presenta-te anche opere di Christian Angeloro, Patrizia Cigoli, Coen, Marco del Corso, Fabian, Cristina Fumagalli, Simone Lammando, Ilaria Locati, Giacomo Lusso,

Veniero e Stefan Zarkov. In prevalenza si tratta di opere pittoriche, scultu-re e fotografie. Alcuni de-gli artisti citati espongono fino a fine novembre, in una collettiva che ospite-rà anche alcuni lavori del-la Parotti. Questa piccola galleria, è il ritrovo ideale per gli artisti, appassionati d’arte e creativi che posso-no confrontarsi in un’at-mosfera genuina e discreta. La Galleria d’Arte 2000 è un luogo gentile, che lascia le sue pareti a disposizio-ne di chi ambisce a rappre-sentare le proprie passioni. Tina Parotti si impegna anche ad organizzare mo-stre in ambiti pubblici. A tal proposito il 30 no-vembre, ad Arconate, nel-la rotonda del Gelso, verrà inaugurato “L’Angelus”, monumento bronzeo rea-lizzato dall’artista Marco Del Corso, tratto esatta-mente dall’omonimo famo-so dipinto di Jean Francois Millet. Collaborazioni ven-gono intraprese anche con Enti pubblici e priva-ti. Inoltre, in novembre, la galleria promuove ol-tre alla collettiva a cui par-tecipano P. Cigoli, Coen, Fabia, S. Lammardo, M. Levo Rosemberg, G. Lusso, Veniero e la stessa Parotti, la personale: “Entropica-

Jean Marc Mangiameli

Tina Parotti: artista e gallerista nel cuore di Brera

Mente” di Antoh presso la Cantina di Manuela, di via Procaccini 41fino al 6 gennaio 2009. Per tutti gli appassionati ed interessa-ti d’Arte contemporanea l’invito è quello di visitare lo spazio anche nel perio-do natalizio, non manche-ranno infatti occasioni ed idee per regali originali senza spendere un capitale. La galleria è aperta dal lu-nedì al sabato dalle 16 al-le 19 o su richiesta, tramite appuntamento; a dicem-bre è aperta tutti i giorni.w w w. t i n a p a r o t t i . c o mvia Statuto 13 tel. 02-29004960/338-2105247 Coen

CoenDa due anni l’ar-tista con-duce anche una sua G a l l e r y -

sione per l’arte cresciu-ta con gli anni ed espressa attraverso differenti forme che raccontano di una don-na sempre in cerca di nuo-ve ispirazioni. Nel nome del

Ilaria Locati

Tina Parotti