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L'AUTORE DIBATTITO L'AUTORE Come nasce la coscienza? Due eminenti neuroscienziati, Christof Koch e Susan Greenfield, discutono sul modello di attività cerebrale che si verifica durante le esperienze soggettive CHRISTOF KOCH è professore di biologia cognitiva e comportamentale al California Institute of Technology, dove da oltre vent'anni è docente e svolge ricerche sui fondamenti neuronali dell'attenzione visiva e della coscienza. La sua teoria: per ciascuna esperienza cosciente, un insieme esclusivo di neuroni in particolari regioni cerebrali scarica in maniera specifica. ome i processi cerebrali si traducono nella coscienza è uno dei grandi interrogativi irrisolti della scienza. Il metodo scientifi- co, che descrive gli eventi immediatamente succes- sivi al big bang e svela i meccanismi fondamentali del cervello, non ha ancora spiegato in modo sod- disfacente come si crea l'esperienza soggettiva. Nel ruolo di neuroscienziati, la nostra priorità è provare a risolvere l'enigma. Molti punti di vi- sta ci accomunano, e fra questi c'è la consapevo- lezza che il problema della coscienza non è uni- voco e che, viceversa, sono numerosi i fenomeni da spiegare. In particolare occorre spiegare la co- scienza di sé (la capacità di esaminare i propri de- sideri e pensieri), il contenuto di coscienza (di che cosa siamo effettivamente coscienti in un qualsiasi istante) e la natura della relazione tra i processi ce- rebrali e la coscienza e la non-coscienza. Allora, da dove comincia la soluzione? I neuro- scienziati non conoscono ancora bene a sufficien- za i meccanismi interni del cervello per spiegare nei dettagli come la coscienza emerga dall'attivi- tà elettrica e chimica dei neuroni. Il primo gran- de passo sarà perciò determinare i migliori corre- lati neuronali della coscienza (gli NCC), vale a dire l'attività cerebrale concomitante con esperienze co- scienti specifiche. Quando vi rendete conto che sta- te vedendo un cane, che cosa è successo ai neuro- ni del vostro cervello? E a quali di questi neuroni? Noi due siamo alla ricerca del correlato di ciascuna esperienza cosciente di un individuo. Ed è a questo punto che cominciano le nostre differenze. Il nostro disaccordo su quale sia il migliore NCC è nato durante un vivace dibattito svoltosi all'Uni- versità di Oxford nell'estate del 2006, sponsoriz- zato dalla Mind Science Foundation di San Anto- nio. Da allora, abbiamo continuato a esplorare e a mettere reciprocamente alla prova la nostra visio- ne delle cose. Da questo dialogo è nato l'articolo. Tuttavia siamo accomunati da un elemento fon- damentale: i nostri punti di vista traggono linfa in primo luogo dalle neuroscienze, e non sono pu- ra teoria. Entrambi, poi, abbiamo considerato una quantità enorme di dati, ricavati dalle neuroscien- ze, dai fenomeni patologici della mente e dalla psi- cologia, ed è da queste osservazioni che muovono le nostre argomentazioni. Christof Koch e Susan Greenfield SUSAN GREENFIELD è professore di farmacologia all'Università di Oxford, direttrice della Royal Institution of Great Britain e membro della Camera dei Lord. Le sue ricerche si concentrano su meccanismi cerebrali nuovi, compresi quelli alla base delle malattie neurodegenerative. La sua teoria: per ciascuna esperienza cosciente, neuroni diffusi nel cervello si sincronizzano in associazioni coordinate che poi si disfano. 92 LE SCIENZE 473 gennaio 2008 www.lescienze.it LE SCIENZE 93

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L'AUTORE

DIBATTITO

L'AUTORE

Come nasce lacoscienza?

Due eminenti neuroscienziati, Christof Koch e SusanGreenfield, discutono sul modello di attività cerebraleche si verifica durante le esperienze soggettive

CHRISTOF KOCH è professore

di biologia cognitiva e

comportamentale al California

Institute of Technology, dove

da oltre vent'anni è docente e

svolge ricerche sui fondamenti

neuronali dell'attenzione visiva

e della coscienza.

• La sua teoria: per ciascuna

esperienza cosciente, un insieme

esclusivo di neuroni in particolari

regioni cerebrali scarica in

maniera specifica.

ome i processi cerebrali si traducono nellacoscienza è uno dei grandi interrogativiirrisolti della scienza. Il metodo scientifi-

co, che descrive gli eventi immediatamente succes-sivi al big bang e svela i meccanismi fondamentalidel cervello, non ha ancora spiegato in modo sod-disfacente come si crea l'esperienza soggettiva.

Nel ruolo di neuroscienziati, la nostra prioritàè provare a risolvere l'enigma. Molti punti di vi-sta ci accomunano, e fra questi c'è la consapevo-lezza che il problema della coscienza non è uni-voco e che, viceversa, sono numerosi i fenomeni

da spiegare. In particolare occorre spiegare la co-scienza di sé (la capacità di esaminare i propri de-sideri e pensieri), il contenuto di coscienza (di checosa siamo effettivamente coscienti in un qualsiasiistante) e la natura della relazione tra i processi ce-rebrali e la coscienza e la non-coscienza.

Allora, da dove comincia la soluzione? I neuro-scienziati non conoscono ancora bene a sufficien-za i meccanismi interni del cervello per spiegarenei dettagli come la coscienza emerga dall'attivi-tà elettrica e chimica dei neuroni. Il primo gran-de passo sarà perciò determinare i migliori corre-

lati neuronali della coscienza (gli NCC), vale a direl'attività cerebrale concomitante con esperienze co-scienti specifiche. Quando vi rendete conto che sta-te vedendo un cane, che cosa è successo ai neuro-ni del vostro cervello? E a quali di questi neuroni?Noi due siamo alla ricerca del correlato di ciascunaesperienza cosciente di un individuo. Ed è a questopunto che cominciano le nostre differenze.

Il nostro disaccordo su quale sia il migliore NCCè nato durante un vivace dibattito svoltosi all'Uni-versità di Oxford nell'estate del 2006, sponsoriz-zato dalla Mind Science Foundation di San Anto-

nio. Da allora, abbiamo continuato a esplorare e amettere reciprocamente alla prova la nostra visio-ne delle cose. Da questo dialogo è nato l'articolo.Tuttavia siamo accomunati da un elemento fon-damentale: i nostri punti di vista traggono linfa inprimo luogo dalle neuroscienze, e non sono pu-ra teoria. Entrambi, poi, abbiamo considerato unaquantità enorme di dati, ricavati dalle neuroscien-ze, dai fenomeni patologici della mente e dalla psi-cologia, ed è da queste osservazioni che muovonole nostre argomentazioni.

Christof Koch e Susan Greenfield

SUSAN GREENFIELD è professore di

farmacologia all'Università di Oxford,

direttrice della Royal Institution of

Great Britain e membro della Camera

dei Lord. Le sue ricerche si

concentrano su meccanismi

cerebrali nuovi, compresi

quelli alla base delle malattie

neurodegenerative.

• La sua teoria: per ciascuna

esperienza cosciente, neuroni

diffusi nel cervello si sincronizzano

in associazioni coordinate che poi

si disfano.

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473 gennaio 2008

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La coscienza: che cos'è?

Che cosa succede quando vedete un cane, udite una voce, vi sentite improvvisamente

tristi o provate qualsiasi altra esperienza soggettiva?

KOCH: una catena di neuroni piramidali collega la corteccia posteriore a quella anteriore

in modo esclusivo. Differenti catene si attivano per rappresentare stimoli provenienti da

organi di senso differenti (sinistra). Nella corteccia cerebrale di topo (a destra), queste

cellule piramidali (in verde) sono presenti nello strato 5 della corteccia, circondate da

cellule non neuronali (in blu).

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GREENFIELD: neuroni sparsi nel cervello scaricano in sincronia (in verde) e prevalgono

fino a quando un secondo stimolo fa insorgere un'associazione differente (in arancione).Tutta una serie di associazioni si forma e si dissolve da un istante al successivo. Nel

cervello del topo (in basso), si forma un'associazione nella corteccia (a, b), che raggiunge

un picco (c) e poi decade (d) entro 0,35 secondi dalla stimolazione elettrica del talamo.

:E Corteccia

Perché il suono di una svegliainduce la coscienza in una personaaddormentata (inconscia)?La teoria di Koch: i neuroni di una regione del tronco cerebrale, il locus coeruleus,

rispondono a un improvviso segnale di ampie dimensioni trasmesso dal nervo acustico.

Questi neuroni si attivano di colpo, diffondendo a largo raggio un segnale chimico al

talamo e alla corteccia cerebrale; altri neuroni rilasciano molecole di acetilcolina in tutto

il cervello. Come effetto complessivo, la corteccia cerebrale e le strutture associate si

«svegliano». Dopo questi eventi, un gruppo di neuroni della corteccia uditiva dispersi su

un'ampia superficie, ma fortemente connessi, e i neuroni corrispondenti localizzati nella

parte frontale del cervello e nei lobi temporali mediani - aree implicate nella

pianificazione e nella memoria - stabiliscono una coalizione stabile mediante segnali a

feedback ricorsivi. Questa attività richiede solo una frazione di secondo, e rende

coscienti del suono della sveglia.

La teoria di Greenfield: qualsiasi forte stimolo sensoriale, come una luce intensa,

indurrà uno stato di coscienza, dunque nessuna specifica area del cervello è

responsabile del risveglio. Il suono della sveglia causa la coscienza non in virtù della

qualità dello stimolo (in questo caso uditivo), ma della sua quantità (il livello sonoro).

Associazioni transitorie di neuroni sono correlate a gradi variabili di coscienza: la

grandezza di un'associazione da un istante all'altro è determinata dal grado di prontezza

con cui i neuroni sono imbrigliati in una sincronia transitoria. Un fattore essenziale è la

forza dello stimolo sensoriale, i cui effetti ricordano quelli di un sasso gettato in uno

stagno: più grossa è la pietra, più estese saranno le onde. Più intenso è il suono della

sveglia (o più luminosa la luce), più elevata è la probabilità di reclutare un'estesa

associazione di neuroni, e più estesa è l'associazione più è probabile svegliarsi.

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Il modello di Koch«Gruppi specifici di neuroni sono mediatoridi esperienze coscienti distinte.»

Io e Susan siamo alla ricerca dei correlati neura-li di coscienza più appropriati. Se riuscissimo atrovare il giusto NCC, potremmo in seconda battu-ta scoprire i meccanismi diretti di causa ed effettoche creano la coscienza.

Secondo il mio punto di vista, andato maturan-do fin dal 1988, quando con Francis Crick comin-ciammo a studiare la coscienza su basi scientifi-che, ogni percetto cosciente è associato a una spe-cifica coalizione di neuroni dal comportamento al-trettanto specifico: esiste un correlato neuronale dicoscienza del vedere una macchia rossa, un corre-lato del vedere la propria nonna, e uno della pro-pria sensazione di rabbia. Perturbare o interrom-pere un qualsiasi NCC altererà il suo percetto asso-ciato o causerà la sua scomparsa.

Tradotto nei termini della fisiologia, il probabi-le substrato del correlato è una coalizione di neu-roni piramidali - un tipo di neuroni che comunicaa grandi distanze - della corteccia cerebrale. For-se per formare una coalizione è necessario solo unmilione di questi neuroni, dei 50 o forse 100 mi-liardi che compongono il nostro cervello. Nel ca-so, per esempio, in cui Susan entra in una stan-za affollata e io vedo il suo volto, all'improvvi-so, per una frazione di secondo, una coalizione dineuroni inizia una fitta conversazione. Dalla cor-teccia posteriore - dove sono inizialmente elabo-rati gli stimoli visivi - la coalizione raggiunge lacorteccia frontale, a cui spettano compiti esecuti-vi come la creazione di uno scenario o una piani-ficazione. Questa coalizione sarebbe rinforzata seio prestassi attenzione allo stimolo dell'immaginedi Susan sulla mia retina, che rinforzerebbe l'am-piezza o la sincronia dell'attività tra i neuroni se-lezionati. La coalizione alimenta se stessa ed eli-mina le coalizioni rivali, inviando incessantemen-te avanti e indietro segnali eccitatori tra i neuronidella corteccia posteriore e anteriore. Se improv-visamente qualcuno pronuncia ad alta voce il mionome, nella corteccia uditiva si forma una coali-zione di neuroni differente. Quest'ultima stabili-sce una comunicazione bidirezionale con la par-te frontale del cervello e focalizza la mia coscien-za sulla voce, eliminando la coalizione precedenteche rappresenta il volto di Susan e che scompariràdalla mia consapevolezza.

Una lezione della biologia è che gli organismihanno evoluto dispositivi specifici, e il cervello nonfa eccezione. Le cellule nervose hanno sviluppato

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miriadi di forme e di funzioni, insieme a specifi-ci circuiti fra le cellule, un'eterogeneità riflessa neineuroni che formano l'NCC. E qui inizia buona par-te delle differenze tra noi due. Per come la vedo io,la coscienza non è, come sostiene Susan, una pro-prietà olistica di un ampio gruppo di neuroni cheinviano i loro impulsi nervosi immersi in una solu-zione di neurotrasmettitori. La mia tesi è che grup-pi specifici di neuroni siano i mediatori, o addirit-tura gli artefici, di esperienze coscienti distinte.

E molto presto la capacità sempre maggiore dimanipolare in maniera precisa popolazioni di neu-roni ci consentirà il salto di qualità: dall'osservazio-ne che un particolare stato di coscienza è associatoa una determinata attività neuronale all'individua-zione della connessione causale, quando osserve-remo che una determinata popolazione è in parte odel tutto responsabile di uno stato cosciente.

Come possiamo determinare quale insieme dineuroni, e quale attività fra essi, costituisce un per-cetto cosciente? Gli NCC coinvolgono tutti i neu-roni piramidali della corteccia cerebrale in ognideterminato istante? O invece gli NCC riguarda-no solo un sottoinsieme di cellule con proiezionia lungo raggio e comunicanti tra i lobi frontali e lecortecce sensoriali nel cervello posteriore? Oppure,ancora, gli NCC coinvolgono neuroni di qualun-que area che si attivano in sincronia?

Buona parte delle ricerche sugli NCC si è con-centrata sulla visione. Gli psicologi della visionehanno perfezionato alcune tecniche che nascondo-no gli oggetti alla percezione cosciente. Un esem-pio è la soppressione istantanea (flash suppres-sion), un fenomeno scoperto nel 2005 da NaotsuguTsuchiya, all'epoca studente nel mio laboratorio,e da me. La percezione di una piccola immaginestazionaria mostrata a un occhio, per esempio unapallida faccia grigia arrabbiata proiettata sull'oc-chio destro, è completamente soppressa da un flus-so di macchie di colore costantemente cangiantie proiettate rapidamente sull'altro occhio. Questasoppressione può durare alcuni minuti, anche se ilvolto minaccioso è perfettamente visibile nel casoin cui l'osservatore ammicca con l'occhio sinistro.Il senso dell'esperimento è che, se pure stanno sca-ricando vigorosamente come risposta allo stimo-lo nell'altro occhio, gruppi di neuroni nella cortec-cia visiva primaria non partecipano alla coscienza.Un risultato difficile da spiegare nella concezionedi Susan, per cui qualsiasi scarica coerente di ungrande insieme di neuroni è indice di coscienza. Iricercatori si servono di queste illusioni per trovaregli NCC nei primati o nei volontari addestrati.

Prima della sua scomparsa, Francis e io avan-zammo diverse ipotesi sul funzionamento del-

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Come funzionanogli anestetici?La teoria di Koch: oggi gli anestesisti somministrano un insieme eterogeneo di

sostanze chimiche. Eppure, tutte inibiscono la coscienza. Un tempo si pensava che gli

anestetici interferissero sistematicamente con i lipidi delle membrane cellulari dei

neuroni. Oggi però sappiamo che queste sostanze interferiscono con diversi processi

neuronali legandosi a determinate proteine della membrana. Non esiste un unico

meccanismo che determina l'interruzione della coscienza. Tuttavia, una delle cause più

importanti è che l'anestesia rinforza l'inibizione sinaptica, o riduce l'eccitazione

sinaptica, in ampie regioni del cervello. L'attività non è bloccata del tutto, ma la capacità

dei gruppi di neuroni di formare coalizioni stabili è gravemente compromessa. Quando i

neuroni che includono la parte posteriore e quella anteriore della corteccia cerebrale non

riescono a stabilire una comunicazione sincronizzata, lo stato cosciente non emerge.

La teoria di Greenfield: gli anestetici non disattivano una qualsiasi singola area

cerebrale, ma deprimono l'attività neuronale in differenti regioni in tutto il cervello.

Quindi gli anestetici esercitano il loro effetto alterando una proprietà emergente del

cervello olistico: le associazioni neuronali. Riducendo l'ampiezza delle associazioni

neuronali, gli anestetici riducono il grado di coscienza finché quest'ultima cessa di

esistere. Questo scenario spiega anche i differenti stadi di coscienza che possono

verificarsi mentre si è sotto anestesia, come l'ipereccitabilità e il delirio. Ho anche

ipotizzato che le persone il cui cervello presenta connessioni ipofunzionanti, e dove

dunque le associazioni sono piccole, manifestano spesso emozioni forti e assenza di

raziocinio. Si tratta esattamente degli stati manifestati da molti pazienti mentre

l'anestesia sta avendo effetto e le loro associazioni si stanno riducendo.

«Le neuroscienzehanno bisogno

di una teoria chepreveda se un

moscerino dellafrutta, un cane,

un malato diAlzheimer nonreattivo, il Web

sono o menocoscienti.»

la coscienza basate su risultati sperimentali. Unaè che l'NCC include neuroni piramidali posizionatinello «strato 5», una zona della corteccia cerebra-le da dove partono i segnali in uscita. Queste cellu-le inviano i segnali verso un altro insieme di neu-roni piramidali di una regione differente, da cui ri-cevono forti input eccitatori. Questa organizzazio-ne costituisce un anello a feedback positivo, vale adire una coalizione di neuroni che, una volta at-tivata, scarica fino a quando non è disattivata dauna seconda coalizione di neuroni. Inoltre questigruppi scaricano per frazioni di secondo, una scalatemporale più vicina all'ordine di grandezza dellacoscienza rispetto alla scarica di singoli neuroni.

Questa concezione delle reti neuronali è stata direcente corroborata dai risultati di ricercatori del-la Mount Sinai School of Medicine, della ColumbiaUniversity e dell'Istituto di psichiatria dello Stato diNew York, guidati da Stuart C. Sealfon, del MountSinai, e da Jay A. Gingrich, della Columbia. I grup-pi di Sealfon e Gingrich hanno dimostrato che neitopi geneticamente modificati alcune sostanze allu-cinogene, come LSD, psilocibina e mescalina, agi-scono su un recettore della serotonina, individuatonelle cellule piramidali che formano aggregati nel-lo strato 5. L'ipotesi che gli effetti psichedelici degliallucinogeni derivino dall'attivazione di un tipo direcettore su un insieme specifico di neuroni, inve-ce che da uno «sconvolgimento» olistico dei circui-ti cerebrali, si può verificare con strumenti moleco-lari, che attivano e disattivano le cellule piramidalidello strato 5, fino alla precisa identificazione del-l'insieme di neuroni influenzati.

Una seconda ipotesi riguardo il modo in cuil'NCC è alla base della coscienza riguarda il clau-stro, una struttura a foglietto interna alla corteccia.I neuroni che compongono questa struttura rice-vono segnali da quasi tutte le aree della corteccia,dove poi li rinviano. Questa struttura svolgerebbeun ruolo perfetto nel legare l'attività delle corteccesensoriali in un unico percetto coerente.

Per far avanzare queste idee, i neuroscienziatidevono misurare l'attività elettrica di un gran nu-mero di neuroni che dialogano fra loro, e in mol-ti punti diversi. Si tratta di un lavoro da certosi-ni, oggi reso possibile dalla miniaturizzazione de-gli elettrodi. Ricerche preliminari confermano chegruppi specifici di neuroni esprimono percezioniche formano la nostra esperienza quotidiana.

Nessuna di queste intuizioni implica che ununico neurone, né 100 e neppure un milione col-tivati in vitro siano coscienti. I neuroni sono parteintegrante di vaste reti, e solo in quel contesto ge-nerano la coscienza. Un'analogia ci aiuterà a capi-re: anche se il DNA di una cellula specifica la com-

posizione delle proteine del nostro organismo, percostruire e conservare quelle proteine la cellula de-ve disporre di molte altre molecole.

La diversa estensione e origine delle coalizionidi neuroni può a loro volta spiegare il differentecontenuto di coscienza nei bambini, negli adulti enegli animali L'esistenza di una coalizione dipendedalla presenza dei circuiti di attivazione che si tro-vano nel tronco cerebrale e nel talamo (che ritra-smette i segnali sensoriali alla corteccia), che sonosempre attivi e inondano la corteccia e le struttu-re associate con neurotrasmettitori e altre sostan-ze. Se i circuiti di attivazione sono silenti, come nelsonno profondo, sotto anestesia o in stato vegeta-tivo, non può nascere alcuna coalizione stabile dineuroni corticali, e la persona non è cosciente.

Anche se questo modello può essere verificatocon esperimenti di fisiologia, si può sempre obiet-tare che non si tratta di una teoria costruita a par-tire da un insieme di principi: non prevede qualetipo di sistema prova esperienze coscienti. Le neu-roscienze hanno bisogno di una teoria che preve-da, a partire da misurazioni fisiche, quale dei se-guenti organismi è cosciente: un moscerino dellafrutta, un cane, un feto umano di cinque mesi, unpaziente di Alzheimer non reattivo, il Web.

Alcuni esperti, fra i quali Giulio Tononi, del-l'Università del Wisconsin a Madison, stanno lavo-rando a questa ipotesi. Ma il cervello è ancora trop-po misterioso, e possiamo solo avanzare delle ipo-tesi. Come amava dire Crick, a guidare lui e Wat-son alla scoperta della struttura del DNA furono gliesperimenti, e non una teoria su come l'informa-zione genetica fosse codificata nelle molecole.

La mia spiegazione quindi è che la coscienzaemerge da differenze qualitative, e non quantitati-ve, dell'attività neuronale. Importante non è, comesottolinea Susan, il numero di neuroni coinvolti,ma la complessità informativa che essi rappresen-tano. Per un percetto specifico è necessaria una re-te specifica di neuroni, e non un insieme casualeche si attiva intensamente. Inoltre, per avere unacoscienza nel vero senso della parola, una coali-zione di neuroni deve includere sia la rappresenta-zione sensoriale nella parte posteriore della cortec-cia sia le strutture frontali coinvolte nella memo-ria, nella pianificazione e nel linguaggio.

Il cervello funziona non in virtù delle sue pro-prietà di massa, ma perché i neuroni sono cablati incircuiti specifici e peculiari. Questi schemi rifletto-no l'informazione appresa dall'organismo nell'ar-co della sua vita, come pure in quella dei suoi ante-nati, la cui informazione è rappresentata nei geni.Cruciale non è che sia attivo un numero sufficientedi neuroni, ma che siano attivi i neuroni giusti.

Il modello di Greenfield«La coscienza è generata da un aumentoquantitativo del funzionamento olistico delcervello.»

Se, come ipotizza Christof Koch, i correlati neu-ronali della coscienza sono semplicemente gli im-pulsi nervosi di particolari neuroni e non di altri,allora la coscienza risiede nei neuroni stessi. MaKoch non spiega quali debbano essere le proprie-tà qualitative di questi neuroni o regioni, rispettoagli altri. Inoltre, se nemmeno un milione di neu-roni genera la coscienza senza essere parte di retiestese, allora l'onere di identificare l'NCC si spostasulla descrizione della natura di queste reti. Consi-derando specifiche connessioni cerebrali per formedifferenti di coscienza, Christof è colpevole di unaforma di frenologia da XXI secolo, in cui differen-ti funzioni sono in relazione con differenti regionicerebrali, in particolare con la corteccia. Per inciso,gli uccelli non hanno una corteccia ma, a detta de-gli esperti, sono coscienti. E anche se fosse possi-bile, questa compartimentazione non spiegherebbel'origine della coscienza.

A mio modo di vedere, la coscienza non è di-visibile in differenti esperienze parallele. In effet-ti, sappiamo che uno stimolo visivo può cambiarequello che udiamo, e viceversa. Questa mescolan-za dell'esperienza sensoriale contraddice il concet-to di coscienza visiva isolata. Ma, soprattutto, o siè coscienti o non lo si è. Nel laboratorio di Christof,i soggetti sono coscienti per tutta la durata degliesperimenti sui loro neuroni. Dunque quella mani-polata non è la coscienza, ma il contenuto di quel-la coscienza. Qualsiasi spiegazione conseguente si-gnifica in realtà rispondere a «che cos'è l'attenzio-ne?». Una domanda certamente valida, ma diversada: «Che cosa è la coscienza?». Io sostengo che perdefinire il miglior NCC dobbiamo prima chiarire ladifferenza tra coscienza e non coscienza.

La mia ipotesi di partenza è che non esista al-cuna qualità intrinseca, magica, in alcuna regio-ne cerebrale o insieme di neuroni che spiega la co-scienza, ma che sia necessario identificare un pro-cesso speciale nel cervello. E per essere davveroun robusto correlato di coscienza questo proces-so deve spiegare una serie di fenomeni di vita quo-tidiana, come l'efficacia del suono di una sveglia,l'azione degli anestetici, la distinzione tra i so-gni e lo stato di veglia, l'esistenza della coscien-za di sé, l'eventuale differenza tra coscienza uma-na e coscienza animale, e la possibile esistenza diquest'ultima nei feti. Una concezione più plausi-bile della coscienza è che essa non sia generata da

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Perché c'è una differenza soggettivatra sogno e stato di veglia?La teoria Koch: anche se il cervello è molto attivo durante la fase del sonno

caratteristica dei movimenti oculari rapidi (REM) - quasi sempre associata con sogni

vividi - lo schema di attività delle diverse regioni cerebrali è assai distinto da quello dello

stato di veglia. In particolare il sistema limbico (semplificando, il sistema delle emozioni

e della memoria) è molto attivo, ma le parti dei lobi frontali implicate nel pensiero

razionale sono attenuate. Le coalizioni di neuroni si formano sia nel sogno sia nello stato

di veglia, ma includono neuroni di parti differenti del cervello. Durante lo stato di veglia,

le coalizioni coinvolgono molti più neuroni della corteccia prefrontale, dove la ragione e i

racconti dotati di un senso sono imposti per dare ordine alle percezioni: un'attività,

invece, palesemente assente nel sogno. Questi caratteri riflettono il contenuto spesso

bizzarro e lo spiccato carattere emozionale dei sogni.

La teoria di Greenfield: i sogni sono il più delle volte correlati con associazioni di

neuroni più piccole di quelle che si manifestano da svegli. Le associazioni sarebbero

limitate poiché nessuno stimolo esterno forte sta coinvolgendo un numero elevato di

neuroni. Quindi il reclutamento transitorio dei neuroni durante i sogni è guidato

puramente dalla risposta all'attività intrinseca del cervello, un'attività spontanea. E

poiché le associazioni non sono attivate da un racconto in sequenza di eventi nel mondo

esterno, i collegamenti tra associazioni sono irregolari, particolari oppure inesistenti.

Ecco perché i sogni sono popolati di immagini o di eventi casuali. La mancanza di estese

connessioni neuronali operative spiegherebbe, inoltre, l'evidente assenza dei controlli e

dei bilanciamenti tipici dei normali processi cognitivi dell'adulto in stato di veglia.

una proprietà qualitativamente distinta del cervel-lo, ma da un aumento quantitativo nel funziona-mento olistico del cervello. Più aumenta l'attivitàcerebrale, più aumenta la coscienza.

Ma qual è l'azione neuronale essenziale in que-sto processo? Il tentativo di dimostrare un corre-lato di coscienza analogo a un processo più che auna singola entità è stato ispirato da diverse sco-perte, incluse quelle del neurofisiologo tedescoWolf Singer. Egli ha dimostrato che un'enorme po-polazione di neuroni tra il talamo e la corteccia ce-rebrale scarica transitoriamente insieme 40 volteal secondo. Ma poiché la stessa attività può scatu-rire in un tessuto in vitro, per garantire la coscien-za deve verificarsi una condizione aggiuntiva.

Rodolfo Llinas, neuroscienziato del New YorkUniversity Medical Center, ha proposto più recen-temente che questa scarica coordinata e transito-ria stabilisca due cicli complementari tra il talamoe la corteccia cerebrale, che lavorano di concertoper alimentare la coscienza: un sistema «specifi-co» riferito al contenuto di coscienza e un sistema«non specifico» riferito all'attivazione e allo statodi allerta della coscienza. Questa descrizione spie-ga perché il forte input sensoriale di una svegliascatena una coscienza. Non solo. Il modello di Lli-nas distingue la coscienza dei sogni dalla coscien-za nella veglia: nei sogni non esistono input senso-riali che alimentano il ciclo di attivazione, e quindifunziona solo il ciclo del contenuto di coscienza.

Il problema centrale è che i modelli sviluppatida Llinas e da altri ricercatori concepiscono la co-scienza come una condizione «tutto o niente». Nondescrivono il modo in cui il cervello soddisfa i con-tinui flussi e riflussi di uno stato di coscienza chevaria in continuazione. Io propendo per una teo-ria alternativa. Sappiamo che l'attività di decine dimilioni di neuroni si può sincronizzare per pochecentinaia di millisecondi, per poi disperdersi in unafrazione di secondo. Queste «associazioni» di cel-lule coordinate possono variare continuamente neltempo e nello spazio dell'esperienza cosciente cheavviene qui e ora. Reti ad ampio raggio di neuro-ni si formano, si disfano e si riformano sotto formadi coalizioni esclusive per ciascun istante. Dunque,secondo il mio modello, la coscienza varia di gradoda un istante al successivo, e il numero di neuro-ni attivi all'interno di un'associazione è correlato algrado di coscienza in ciascun preciso istante.

Questo NCC, detto associazione transitoria, sod-disfa tutti i requisiti nell'elenco dei fenomeni appe-na menzionati. L'efficacia di una sveglia è spiegatacome un input molto energico, che stimola un'as-sociazione sincrona di grandi dimensioni. I sognie lo stato di veglia differiscono perché i sogni sca-

turiscono da una piccola associazione guidata dadeboli stimoli interni, e invece lo stato di vegliada un'associazione più grande, guidata da stimoliesterni più intensi. Gli anestetici limitano le dimen-sioni delle associazioni inducendo la non coscien-za. La coscienza di sé può scaturire solo in un cer-vello grande e interconnesso a sufficienza da in-cludere ampie reti neuronali. Anche il grado di co-scienza di un animale o di un feto umano dipendedalla dimensione delle loro associazioni.

Vorrei fosse chiaro che io e Christof non stiamocercando di spiegare come nasce la coscienza. Nonstiamo cercando di rispondere all'«arduo proble-ma», come l'ha definito il filosofo australiano Da-vid Chalmers, ovvero come gli eventi fisiologici delcervello si traducono in quello che voi sperimen-tate come coscienza. Siamo, invece, alla ricerca diuna correlazione, cioè di un modo per dimostrarecome si abbinano fenomeni cerebrali ed esperien-ze soggettive, senza identificare il cruciale passag-gio intermedio, vale a dire come un fenomeno cau-sa un'esperienza.

Le associazioni neuronali non «creano» la co-scienza, ma sono un indice dei gradi di coscienza.Poiché la dimensione di un'associazione e il cor-rispondente grado di coscienza derivano da fatto-ri fisiologici - il grado di connettività, la forza deglistimoli e la competizione di altre associazioni cel-lulari - prima o poi ciascun fattore potrebbe esseremanipolato sperimentalmente. La capacità del mo-dello associativo di generare ipotesi falsificabili e dispiegare la gamma dei fenomeni in relazione con lacoscienza lo rende particolarmente efficace.

Una critica al modello dell'associazione, espres-sa da Christof durante il nostro dibattito a Oxford,è che si limita a sostenere che «la grandezza è tut-to». Ma buona parte della scienza è «questione dimisurazioni», di quantificazione oggettiva delle os-servazioni. Nella scienza la dimensione è tutto. Se-condo altri colleghi scettici le associazioni sono unconcetto troppo vago. Ma diversi ricercatori hannoindividuato in modo dettagliato alcuni meccanismineuronali su cui si fonda la generazione di associa-zioni che durano meno di un secondo.

Esperimenti decisivi riguardanti l'uomo dovran-no attendere migliori tecniche non invasive di ima-

ging cerebrale, dotate di una risoluzione tempora-le nell'ordine dei millisecondi, la stessa durata del-la formazione e del disfacimento delle associazionineuronali. Quando disporremo di queste tecniche,dovremmo poter osservare associazioni che si cor-relano con le esperienze soggettive, per esempio deldolore neuropatico, della depressione e della schi-zofrenia. Comunque sia, il modello dell'associazio-ne è già stato osservato in azione. Nel 2006, Toby

Collins e altri ricercatori del mio gruppo a Oxfordhanno dimostrato nei topi che la formazione, l'atti-vità e la durata delle associazioni è correlata selet-tivamente con l'azione degli anestetici. Inoltre al-cune osservazioni svolte nel nostro laboratorio, enon ancora pubblicate, dimostrano che il numerodi neuroni attivi nelle associazioni della cortecciasensoriale di un topo anestetizzato riflette il gra-do di anestesia. All'inizio di quest'anno SubhojitChakraborty, altro ricercatore del nostro gruppo,ha dimostrato che nei ratti le associazioni nei siste-mi visivi e uditivi potrebbero essere un buon puntodi partenza per distinguere lo stato soggettivo delvedere rispetto a quello dell'udire.

Altre critiche si riferiscono al tempo e allo spa-zio. Per esempio nell'epilessia un'associazione neu-ronale prolungata alimenta una crisi epilettica, cheequivale a una perdita di coscienza. Ma l'aspettoessenziale delle associazioni è di essere estrema-mente transitorie: una crisi epilettica funge da mec-canismo di interferenza che impedisce questa tran-sitorietà, e consente dunque a una singola associa-zione di durare più a lungo del normale di diversiordini di grandezza. In un articolo recente, Collins,Michael Hill, Eleanor Dommett e io abbiamo ipo-tizzato sulla stessa linea che anche gli anestetici sicomportino da meccanismo di interferenza.

Altra fonte di obiezioni è che il modello dell'as-sociazione è privo di proprietà spaziali: che nonesiste, cioè, una sede anatomica precisa. Il fatto èche troppo spesso attribuiamo un significato ecces-sivo alla localizzazione fine a se stessa. Non è ne-cessario un «centro» per una qualsiasi funzione ce-rebrale, e ancora meno per la coscienza.

Uno scenario più plausibile è che molte regio-ni cerebrali diverse, generando associazioni estre-mamente transitorie, inviano segnali convergenti aun collettore spazio-temporale, e ostacolare questoprocesso elimina la coscienza. La difficoltà è checon le attuali tecniche sperimentali non troviamo ilcollettore, di cui forse potremmo prima o poi crearemodelli matematici. Questi modelli e le loro intera-zioni potrebbero essere la strada da seguire.

Un ultimo problema, che attiene al livello fon-damentale dell'NCC, è come sfruttare i correlati perstabilire il modo in cui gli eventi fisiologici del cer-vello si traducono in quello che sperimentiamo co-me coscienza. Non troveremo una soluzione finchénon sapremo quale genere di prove sarà soddisfa-cente: un'immagine del cervello, il comportamen-to di un ratto, un robot, una formula? O magari uncambiamento indotto in un nostro stato soggettivo,per esempio la manipolazione del cervello di Chri-stof per fargli sperimentare il mondo come me, finoa farlo essere d'accordo con me...

«Non ènecessario un"centro" peruna qualsiasifunzionecerebrale,ancora meno perla coscienza.»

km. LettureThe Private Life of the Brain.

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Gli autori desiderano ringraziare JosephDial, della Science Mind Foundation,per il sostegno. Susan Greenfieldringrazia Michael Hill, Nicholas Sheae Kathleen Tumer per i loro importantisuggerimenti.

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473 gennaio 2008

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