La liuteria italiana -...

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La liuteria italiana L'arte della liuteria, cosí fiorente in Italia nel Settecento continua ancora oggi con la produzione di strumenti da considerare non inferiori a quelli antichi di Umberto Azzolina C he cos'è la liuteria? Se ponessimo questa domanda a un certo nu- mero di persone, anche fornite di buona o eccellente cultura, noterem- mo sicuramente un certo imbarazzo nel- la risposta e riceveremmo definizioni poco appropriate o del tutto inesatte. Il fatto è che, al di fuori del campo degli iniziati, il termine non è popolare e resta circonfuso entro un alone di quasi misteriosa incertezza. I più pensano, come è anche ovvio. alla parola « liuto » (anticamente « leù- to »), ricordandosi che essa designa quegli strumenti a corde alquanto simi- li al moderno mandolino, che venivano usati dai trovatori provenzali per l'ac- compagnamento delle proprie canzoni e che si trovano frequentemente raffigura- ti nei quadri dei pittori italiani e stra- nieri del Trecento e del Quattrocento. Ma oggi il significato proprio della pa- rola è diverso e molteplice, comunque riferito esclusivamente agli strumenti ad arco (violino, viola, violoncello, con- trabbasso). Nel suo poliedrico significato, la pa- rola liuteria indica tanto la scienza e la tecnica della costruzione degli strumen- ti ad arco, quanto la produzione di que- sti ultimi. Si parla perciò, indifferente- mente, di bella liuteria, per alludere a strumenti ad arco ben costruiti; di mae- stri di liuteria, per designare coloro che più eccellono nella costruzione degli strumenti stessi; di liuteria italiana, fran- cese, tedesca, ecc., per qualificare la produzione proveniente dai maestri di quelle rispettive nazionalità. I liuti medioevali, che oggi più non si costruiscono, e di cui restano pochis- simi esemplari in qualche museo, non entrano dunque nel campo della liute- ria; dal quale esulano anche le mando- le, i mandolini o le chitarre, che sono strumenti a corde, ma non ad arco. Ciò premesso, dobbiamo dire che ab- biamo dedicato il presente scritto alla liuteria italiana, in parallelo allo scritto The Physics of Violins apparso su « Scientific American » novembre 1962, perché la liuteria italiana è quella che decisamente primeggia di fronte alle produzioni di tutti gli altri paesi. Pri- meggia, tanto per intenderci, in maniera assoluta e schiacciante, con un enorme scarto di superiorità, universalmente ri- conosciuta anche da tutti gli stranieri. Cosicché, mentre nel campo delle arti figurative o della letteratura le altre più progredite nazioni possono opporre ai nostri artisti e ai nostri scrittori altri artisti e altri scrittori non meno o forse anche più grandi, viceversa nel campo della liuteria la superiorità dei costrut- tori italiani di strumenti ad arco si è affermata in misura che non consente paragone alcuno. Di fronte ai nomi de- gli Stradivari, dei Guarneri e degli Amati — solo per anticipare qualche in- dicazione — non esiste nulla che possa reggere anche da lontano il confronto. Tentare di istituire un ravvicinamento sarebbe come raffrontare le vette del Monte Bianco o del Cervino con le col- line della Brianza. E va detto a questo proposito che la nostra affermazione non costituisce l'effetto di orgoglio scio- vinistico, che sarebbe pur sempre di pessimo gusto, bensí la constatazione obiettiva di una realtà riconosciuta da tutti. Ne fornisce significativa conferma il fatto che le quotazioni commerciali de- gli antichi pregiati strumenti italiani raggiungano livelli mai toccati da quelli stranieri (per esempio lire 50-60 milioni per un bel violino di Antonio Stradivari, contro un massimo di lire 4-5 milioni per i migliori esemplari delle scuole francese e tedesca, che possono essere considerate le più apprezzabili dopo quella italiana). E la quotazione commerciale non è che l'ovvio riflesso dell'apprezzamento artistico e qualitativo, il quale fa sí che tutti i concertisti di grido, senza ecce- zione alcuna, preferiscano valersi, per svolgere la loro attività, dei migliori strumenti italiani. Per spiegare quali siano i fattori che influiscono nel determinare questa ec- cellenza qualitativa, occorre delineare brevemente le nozioni fondamentali che si riferiscono alla struttura e al funzio- namento del violino. Ci riferiamo a que- sto principe degli strumenti ad arco, ma quanto diciamo per esso vale anche ri- spetto agli altri strumenti della famiglia. E bene anzitutto chiarire quale sia stata l'origine storica del violino. C ontro l'opinione del tutto personale, indimostrata e puramente ipotetica, di qualche studioso, il quale ha soste- nuto che il violino sia nato come crea- zione razionale, frutto del talento di un matematico, e precisamente di Nicolò Tartaglia, noi crediamo non potersi re- vocare in dubbio, perché documental- mente dimostrato, che il violino altro non sia che una derivazione dalla viola (ciò che tra l'altro è posto in evidenza dalla sua stessa etimologia: « violino » come « piccola viola »). Infatti nel libro di Silvestro Ganassi intitolato La regola rubertina, stampato a Venezia nel 1543, ossia in epoca nella quale ancora non erano stati costruiti i violini, è conte- nuto un disegno schematico della viola che raffigura questo strumento esatta- mente come un grande violino. Dal che si deduce con sicurezza che il violino è nato qualche decennio dopo la pub- Visione di dettaglio della viola Medicea. Si notino: il perfetto disegno dell'« effe (o foro armonico) di destra; la finezza del- l'incisione in avorio sulla tastiera e sulla cordiera; la regolarità delle fibre dell'abe- te usato per la costruzione della tavola. 72

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La liuteria italianaL'arte della liuteria, cosí fiorente in Italia nelSettecento continua ancora oggi con la produzione distrumenti da considerare non inferiori a quelli antichi

di Umberto Azzolina

C

he cos'è la liuteria? Se ponessimoquesta domanda a un certo nu-mero di persone, anche fornite

di buona o eccellente cultura, noterem-mo sicuramente un certo imbarazzo nel-la risposta e riceveremmo definizionipoco appropriate o del tutto inesatte.

Il fatto è che, al di fuori del campodegli iniziati, il termine non è popolaree resta circonfuso entro un alone diquasi misteriosa incertezza.

I più pensano, come è anche ovvio.alla parola « liuto » (anticamente « leù-to »), ricordandosi che essa designaquegli strumenti a corde alquanto simi-li al moderno mandolino, che venivanousati dai trovatori provenzali per l'ac-compagnamento delle proprie canzoni eche si trovano frequentemente raffigura-ti nei quadri dei pittori italiani e stra-nieri del Trecento e del Quattrocento.Ma oggi il significato proprio della pa-rola è diverso e molteplice, comunqueriferito esclusivamente agli strumenti adarco (violino, viola, violoncello, con-trabbasso).

Nel suo poliedrico significato, la pa-rola liuteria indica tanto la scienza e latecnica della costruzione degli strumen-ti ad arco, quanto la produzione di que-sti ultimi. Si parla perciò, indifferente-mente, di bella liuteria, per alludere astrumenti ad arco ben costruiti; di mae-stri di liuteria, per designare coloro chepiù eccellono nella costruzione deglistrumenti stessi; di liuteria italiana, fran-cese, tedesca, ecc., per qualificare laproduzione proveniente dai maestri diquelle rispettive nazionalità.

I liuti medioevali, che oggi più nonsi costruiscono, e di cui restano pochis-simi esemplari in qualche museo, nonentrano dunque nel campo della liute-ria; dal quale esulano anche le mando-le, i mandolini o le chitarre, che sonostrumenti a corde, ma non ad arco.

Ciò premesso, dobbiamo dire che ab-

biamo dedicato il presente scritto allaliuteria italiana, in parallelo allo scrittoThe Physics of Violins apparso su« Scientific American » novembre 1962,perché la liuteria italiana è quella chedecisamente primeggia di fronte alleproduzioni di tutti gli altri paesi. Pri-meggia, tanto per intenderci, in manieraassoluta e schiacciante, con un enormescarto di superiorità, universalmente ri-conosciuta anche da tutti gli stranieri.Cosicché, mentre nel campo delle artifigurative o della letteratura le altre piùprogredite nazioni possono opporre ainostri artisti e ai nostri scrittori altriartisti e altri scrittori non meno o forseanche più grandi, viceversa nel campodella liuteria la superiorità dei costrut-tori italiani di strumenti ad arco si èaffermata in misura che non consenteparagone alcuno. Di fronte ai nomi de-gli Stradivari, dei Guarneri e degliAmati — solo per anticipare qualche in-dicazione — non esiste nulla che possareggere anche da lontano il confronto.Tentare di istituire un ravvicinamentosarebbe come raffrontare le vette delMonte Bianco o del Cervino con le col-line della Brianza. E va detto a questoproposito che la nostra affermazionenon costituisce l'effetto di orgoglio scio-vinistico, che sarebbe pur sempre dipessimo gusto, bensí la constatazioneobiettiva di una realtà riconosciuta datutti.

Ne fornisce significativa conferma ilfatto che le quotazioni commerciali de-gli antichi pregiati strumenti italianiraggiungano livelli mai toccati da quellistranieri (per esempio lire 50-60 milioniper un bel violino di Antonio Stradivari,contro un massimo di lire 4-5 milioniper i migliori esemplari delle scuolefrancese e tedesca, che possono essereconsiderate le più apprezzabili dopoquella italiana).

E la quotazione commerciale non è

che l'ovvio riflesso dell'apprezzamentoartistico e qualitativo, il quale fa sí chetutti i concertisti di grido, senza ecce-zione alcuna, preferiscano valersi, persvolgere la loro attività, dei miglioristrumenti italiani.

Per spiegare quali siano i fattori cheinfluiscono nel determinare questa ec-cellenza qualitativa, occorre delinearebrevemente le nozioni fondamentali chesi riferiscono alla struttura e al funzio-namento del violino. Ci riferiamo a que-sto principe degli strumenti ad arco, maquanto diciamo per esso vale anche ri-spetto agli altri strumenti della famiglia.

E bene anzitutto chiarire quale siastata l'origine storica del violino.

Contro l'opinione del tutto personale,indimostrata e puramente ipotetica,

di qualche studioso, il quale ha soste-nuto che il violino sia nato come crea-zione razionale, frutto del talento di unmatematico, e precisamente di NicolòTartaglia, noi crediamo non potersi re-vocare in dubbio, perché documental-mente dimostrato, che il violino altronon sia che una derivazione dalla viola(ciò che tra l'altro è posto in evidenzadalla sua stessa etimologia: « violino »come « piccola viola »). Infatti nel librodi Silvestro Ganassi intitolato La regolarubertina, stampato a Venezia nel 1543,ossia in epoca nella quale ancora nonerano stati costruiti i violini, è conte-nuto un disegno schematico della violache raffigura questo strumento esatta-mente come un grande violino. Dal chesi deduce con sicurezza che il violinoè nato qualche decennio dopo la pub-

Visione di dettaglio della viola Medicea.Si notino: il perfetto disegno dell'« effe(o foro armonico) di destra; la finezza del-l'incisione in avorio sulla tastiera e sullacordiera; la regolarità delle fibre dell'abe-te usato per la costruzione della tavola.

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L'anatomia degli strumenti della famiglia del violino è essen-zialmente la stessa per il violino, la viola e il violoncello. Nellaviola smontata, rappresentata in queste due pagine, si vedono:il fondo o tavola inferiore, le fasce, la tavola armonica superio-

re o coperchio, la cordiera e il bottone (sulla sinistra), la testa,con la tastiera, il collo, il riccio e il capo-tasto (a destra). Im-mediatamente sotto a destra una sezione della tavola armonicasuperiore illustra la simmetria bilaterale delle venature di abete

rosso. In basso a destra una sezione trasversale del centro dello strumento mostra leposizioni relative del ponticello, della catena e dell'anima. La profilatura è costituitada tre strisce molto vicine di legno poste in una intarsiatura scavata tutta -intorno albordo delle due tavole armoniche: la inferiore (o fondo) e la superiore (o coperchio).

BOTTONEDELLA CORDIERA

PONTICELLOTASTIERA

CAPO-TASTO

RICCIO

TAVOLA ARMONICA

PROFILATURA PONTICELLO

CHIAVETTE

blicazione dell'opera del Ganassi, comerimpicciolimento della viola, di cui haconservato la forma e la struttura es-senziali.

E poiché esistevano varie forme e tipidi viole (da braccio e da gamba, talunecon un numero di corde pari e altrecon un numero dispari), è probabileche queste disuguaglianze nella struttu-ra dello strumento d'origine si siano ini-zialmente riflesse anche nello strumen-to derivato, e cioè nel violino.

É necessario, a questo punto, dareun cenno della struttura del violino, co-

me introduzione necessaria alla spiega-zione del suo funzionamento. Infatti laanatomia dello strumento condiziona,per cori dire, la sua fisiologia; e non sipuò studiare quest'ultima se non in basealla conoscenza della prima.

Il violino (ripetiamo che il discorsovale anche per gli altri strumenti adarco) è costituito dalle seguenti partiprincipali:

a) il fondo, o piano inferiore;b) la tavola armonica o coperchio,

che costituisce il piano superiore, in cuisono tagliate le « ff », o fori armonici;

c) le fasce, che segnano verticalmen-te il contorno dello strumento e colle-gano il fondo con la tavola superiore;

d) la testa, costituita da una parte su-periore denominata voluta o riccio, en-tro cui si trovano collocate le chiavettenelle quali viene infilata l'estremità su-periore delle corde, e che servono pertendere o allentare queste ultime; e dauna parte inferiore — detta manico —lungo cui scorre la mano dell'esecu-tore. Sulla parte superiore del manicosi trovano la tastiera e il capotasto:quest'ultimo sta alla sommità della ta-

stiera e serve per l'appoggio delle corde,in modo che le stesse si trovino stac-cate dalla tastiera. Questa a sua voltaha la funzione di ricevere l'appoggiodelle corde premute dalle dita dell'ese-cutore e di consentire che queste si spo-stino lungo di esse per l'estrazione del-le note, determinate dalla diversa lun-ghezza della porzione vibrante dellacorda;

e) la cordiera, sulla quale vengonofissate le estremità inferiori delle corde;

f) il bottone della cordiera, infissoentro apposito tassello collocato all'in-

terno dell'istrumento nella parte più bas-sa delle fasce, e che serve per l'aggan-cio della cordiera;

gl il ponticello, che è un sostegnoquadrangolare munito di due piedini, iquali appoggiano sulla tavola armonica,mentre la parte superiore sorregge lecorde in modo che queste siano benstaccate dalla tastiera con collegamentodiretto sino al capotasto;

h) l'anima, costituita da un cilindret-to di legno del diametro di circa mez-zo centimetro, che viene collocata ver-ticalmente nell'interno del violino (la si

introduce o si toglie attraverso i foriarmonici), e che deve collegare fra lo-ro, con adesione stretta ma non ecces-sivamente forzata, il fondo e la tavolaarmonica;i) la catena o barra, che è una strisciadi legno lunga circa 15 cm incollatanell'interno del violino sotto la tavolain direzione parallela alle fibre di que-st'ultima, e cioè nel senso della lun-ghezza dello strumento, in modo cheessa sia immediatamente vicina all'aper-tura del foro armonico di sinistra, perchi guarda lo strumento dalla partesuperiore;

I) le quattro corde, rispettivamenteagganciate, come già detto, nella partesuperiore del violino alle quattro chia-vette (dette anche piroli) mediante lequali si regola la tensione, e nella parteinferiore ai fori appositamente praticatinella cordiera.

Il violino si suona con l'arco o ar-chetto, costituito da una bacchetta appo-sitamente curvata di legno pregiato (ge-neralmente « pernambuco », detto anche« verzino »), in cui vengono innestatidei crini di cavallo, essi pure suscetti-bili di regolamento della tensione, eche vengono impiegati per produrre losfregamento e quindi la vibrazione dellecorde, da cui, come vedremo in seguito,ha origine la produzione del suono.

L'arco, tuttavia, non è consideratoparte del violino. La sua costruzionerichiede una tecnica particolare che so-lo pochi liutai possiedono: cosicché ge-neralmente i costruttori di archi nonsono liutai costruttori di violini, seb-bene, soprattutto nei tempi antichi, visiano stati liutati che erano in pari tem-po anche costruttori e fornitori di ar-chi per i clienti che da essi acquistava-no i violini.

Il meccanismo della produzione delsuono del violino avviene nel seguentemodo.

L'arco, sfregando le corde, ne deter-mina la vibrazione, che le corde tra-smettono al ponticello sul quale sonoappoggiate. Quest'ultimo poi pone invibrazione la tavola armonica, la qualea sua volta determina una corrisponden-te vibrazione del volume di aria con-tenuto nella cassa: aria che, espanden-dosi attraverso i fori armonici, produceil suono.

Questo varia in funzione del cambia-mento di lunghezza della porzione vi-brante della corda. Come è noto l'ac-cordatura del violino è impostata sullabase dell'intervallo di quinta sol-re-la-mi, il che significa che la tensione del-le corde è regolata in modo che la vi-brazione della quarta corda libera, cioècon porzione vibrante determinata dal-

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La testa della viola detta « medicea », che fu costruita da Anto-nio Stradivari per il Granduca di Toscana insieme a due violini

e a un violoncello. Si tratta di una delle opere più importanticreate dal Maestro cremonese, uno dei capiscuola della liuteria.

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l'appoggio tra il capotasto e il ponti-cello, senza alcuna pressione delle dita,produca il suono del -sol sotto le righedel pentagramma, e quella delle altrecorde — sempre a vuoto — rispettiva-mente del re, del la e del mi.

La successiva variazione delle note èdeterminata dalla punta delle dita del-l'esecutore che, appoggiandosi sulla ta-stiera, fa variare di volta in volta lalunghezza della porzione vibrante, inmodo che questa produca le note vo-lute.

Nel meccanismo cosí descritto eser-citano una funzione particolare, nondel tutto agevolmente comprensibile dalprofano, i due organi interni della cas-sa armonica, e cioè l'anima e la catena.

L'anima, istituendo un collegamentodiretto e strettissimo tra la tavola ar-monica e il fondo, permette anche aquest'ultimo di entrare in vibrazione edi agire a sua volta sul volume d'ariadella cassa, cosa che esso farebbe soloin misura minima se quel collegamen-to mancasse, cosicché il suono di un vio-lino montato senza anima sarebbe estre-mamente debole, povero e privo di mor-

dente. La catena serve da sostegno allaparte sinistra della tavola e opera quasida contrappeso al forte appoggio chel'anima reca alla parte destra della ta-vola stessa. Essa favorisce in pari tem-po l'emissione dei suoni più bassi delviolino, prodotti dalle corde di sol e dire, che si trovano appunto sulla partesinistra dell'istrumento.

Quello che davvero sorprende in unmeccanismo cosi semplice, e quasi sipotrebbe dire strutturalmente primor-diale come il violino, è l'assoluta per-fezione della produzione del suono (siintende, negli strumenti montati a re-gola d'arte). Il succedersi degli impulsitrasmessi dall'arco alle corde e poi, perla via sopra descritta, da queste al pon-ticello, alla tavola armonica, all'anima,alla catena, al fondo e al volume d'ariadella cassa, è cosi rapido e preciso cheil cambiamento delle note si susseguealla perfezione anche nelle esecuzionipiù rapide dovute alla abilità di sommiesecutori.

E perciò che, quando si ascolta, peresempio, il Moto perpetuo di Paganini,suonato da un concertista principe con

uno Stradivari o con un Guarneri delGesù, si resta stupiti per l'incredibilenitidezza delle note che si susseguonoa velocità vertiginosa e delle quali nes-suna si confonde con la precedente ocon la seguente.

Ciò che meraviglia è la perfezionecon cui la produzione, l'estinzione e ilsusseguirsi dei diversi suoni si verifica-no, senza dar luogo a differenze o dis-sonanze, che sarebbero sgradevolissime,o anche solo a un insufficiente rilievodegli effetti sonori voluti. Tutto ciò ècondizionato dallo stato di perfetto im-pianto e manutenzione dello strumento.Poiché un violino che fosse costruitocon spessori di legno eccessivamenteforti; oppure con una catena troppogrossa o troppo debole; o nel quale sitrovasse un'anima eccessivamente for-zata, accuserebbe difetti di natura evi-dentemente strutturale, che si ripercuo-terebbero in una difettosa produzionedel suono e che sarebbero subito rile-vati tanto da un tecnico costruttorequanto da un buon esecutore. Analoga-mente, per ciò che riguarda la manu-tenzione, il violino nel quale esistesse

una rottura non riparata (per esempiosul piano armonico) oppure si produ-cessero scollature (le varie parti del vio-lino sono quasi tutte unite fra loro conuna colla che con l'andar del tempo èsuscettibile di allentarsi, provocandocosi il distacco delle parti stesse) deter-minerebbe necessariamente il verificar-si di inconvenienti che si ripercuotereb-bero anche nella produzione del suono.

D opo avere cosí delineate le fonda-mentali nozioni che riguardano la

anatomia e la fisiologia del violino, ci sideve chiedere ora quali sono i fattoriinfluenti per la caratterizzazione del suo-no degli strumenti ad arco, ossia qualisono le ragioni per cui accade che unviolino suoni bene e l'altro male, op-pure perché tra due violini che appa-rentemente, secondo l'impressione delprofano, suonano ugualmente bene, lepreferenze degli esecutori siano diver-samente indirizzate, di guisa che la lo-ro scelta cada sopra un violino piutto-sto che sull'altro.

Pur nell'apparente perfezione di strut-tura degli strumenti ad arco, vi sono di-versi elementi che influiscono sulla qua-lità della voce prodotta.

Il primo di questi è la qualità dellegno impiegato per la costruzione, lacui scelta cade quasi invariabilmentesull'acero per il fondo e sull'abete perla tavola armonica. L'esperienza ha di-mostrato che questi sono i legni piùidonei e, sebbene anche altri legni sia-no tavolta impiegati, non è dubbio chela preferenza universale si orienta suquelli sopra indicati. Ma pure tra legnidi uguale natura sussistono enormi dif-ferenze, determinate dalla particolarequalità delle piante (vi sono infatti di-verse specie tanto di acero che di abete),dalla loro provenienza, dalla loro età,dalla disposizione delle fibre, dal diver-so grado di stagionatura.

Ciò fa si che le_proprietà naturali di risonanza siano sensibilmente diversetra l'uno e l'altro materiale, cosicché laprima dote del liutaio costruttore deveessere quella di saper scegliere bene ilegni che impiega per il suo lavoro.

Ulteriori elementi di fondamentaleimportanza per la produzione del suo-no sono i seguenti.

a) La scelta degli spessori del fondoe della tavola armonica. Se gli spessorisono forti il suono risulta chiaro; aspessori piuttosto deboli corrisponde in-vece un suono scuro. E fondamentale,sotto questo profilo, la combinazionedegli spessori rispettivi del fondo e del-la tavola, che può variare secondo unnumero praticamente illimitato di com-

Un modo moderno di apprezzare la qualità di un violino è dato dalle curve di inten-sità. I diagrammi in figura rappresentano la massima intensità di suono realizzabile adogni intervallo successivo di semitono in violini suonati normalmente e senza vibratocon un archetto premuto sempre con la stessa forza. Le intensità variano da nota anota presentando dei massimi in corrispondenza del suono di risonanza propria dellegno dell'istrumento (punti neri) o del suono di risonanza propria dell'aria contenuta(punti bianchi). Un altro punto di massima si ha un'ottava sotto la nota di risonanzapropria del legno, cioè la nota che rappresenta la prima subarmonica (punti grigi).Nella figura le linee verticali rappresentano le note delle corde a vuoto del violino(ottenute cioè senza mettere le dita sulla tastiera) e sono, come è noto, dalla primaalla quarta corda, MI, LA, RE, SOL a distanza di una quinta una dall'altra. Si notiche le variazioni percentuali di intensità di suono sono molto minori di quanto ap-pare a prima vista nei diagrammi, perché in essi la linea di base è disegnata aquota 70 anziché a quota zero, per rendere il diagramma più appariscente. I graficisi riferiscono a tre violini: in alto un buon Stradivario del 1713; in mezzo un mo-desto violino vecchio di 250 anni; in basso un istrumento cattivo, benché attribuitoa Guarneri. Nello Stradivario, come in tutti gli strumenti ottimi, i vertici di riso-nanza dell'aria e del legno capitano a una quinta di distanza e sono un semitonopiù bassi della 2 (LA) e 3' (RE) corda. Nel diagramma di mezzo il suono corrispon-dente alla risonanza dell'aria sta oltre una sesta più basso di quello relativo al legnoed è poco spiccato; nel terzo diagramma non si apprezza la nota di risonanza dellegno e le intensità sono all'incirca il 20 % più basse di quelle di un buon violino.

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Concerto di dame in onore della visita a Venezia dei conti delNord (pseudonimo sotto cui si celavano il principe ereditario

della Russia, Paolo, e la consorte, Maria Fedorowna) dipintodal Guardi nel 1782 e che si trova a Monaco nella Pinacoteca.

struttori di strumenti ad arco hannosempre avuto cura di far si che i foriarmonici fossero convenientemente di-stanziati, e cioè posti molto vicino aibordi dell'istrumento, in modo che laporzione vibrante interna della tavolarisultasse il più possibile estesa.

Ma anche la collocazione in sensolongitudinale dei fori armonici ha la suaimportanza nella produzione del suono,perché è dalla posizione dei fori- stessiche resta determinato il baricentro acu-stico dell'istrumento, dato che il ponti-cello dev'essere collocato entro le tac-che di contrassegno incise dal costrut-tore alla metà circa delle • ff ».

Dall'intercombi nazione di questi varielementi risulta quindi un complesso difattori valutabili solo in via del tuttoempirica, il quale fa si che l'istrumentonasca più o meno idoneo a produrre unsuono di particolare volume e qualità.

d) La vernice che ricopre la cassaarmonica. A proposito della vernice so-no sorte vere e proprie leggende, chehanno impressionato e tuttora influen-zano l'opinione dei profani, ma chehanno potuto attecchire solo per effetto

binazioni. Alcuni liutati impiegano spes-sori più forti per il fondo e meno fortiper la tavola; altri preferiscono l'inver-sione del criterio; altri ancora usano glispessori forti tanto sotto quanto sopra;viceversa taluno preferisce attenersi aspessori relativamente modesti per en-trambe le parti.

b), La forma conferita alla cassa ar-monica. Infatti tanto il fondo quanto latavola—non sono—piatti, bensl_costruiticon una curvatura (detta anche « sca-vo ») che può essere più o meno pro-nunciata. I costruttori del Settecento,influenzati dal gusto barocco, che predi-ligeva le forme tondeggianti, ci hannolasciato un gran numero di violini dal-la cassa piuttosto rigonfia, e cioè co-struita con curvature molto pronuncia-te, mentre nell'Ottocento e nel nostrosecolo si è preferito il ricorso a formepiù piatte, benché non del tutto privedi curve. I due diversi indirizzi dannoluogo, ovviamente, a risultati diversi,perché i violini con la cassa rigonfiaproducono un suono dolce, ma menodotato di potenza espansiva, e quindisono soprattutto adatti a esecuzioni di

musica da camera; mentre i violini acassa pianeggiante producono una so-norità più idonea a espandersi e quindia giungere lontano, e sono perciò piùadatti per la musica sinfonica e con-certistica.

c) La posizione e l'ampiezza del ta-glio dei fori armonici. È questo un al-tro dato fondamentale che influiscemoltissimo sulla qualità del suono pro-dntto dallo strumento—Poiché i fori ar- monici, detti comunemente « effe »,consistono in una doppia apertura pra-ticata sulla parte superiore del violinoai fianchi del ponticello, ne segue chequesto intaglio riduce la parte vibrantedella cassa armonica alla superficie diessa che non sia stata asportata. Lacollocazione delle « ff » è dunque diestrema importanza, perché, se i foriarmonici sono troppo ravvicinati, laparte di tavola compresa fra essi, e cioèquella centrale, su cui poggia il ponti-cello, che costituisce il perno motoredella trasmissione delle sollecitazioni vi-bratorie, rimane troppo ridotta, e quin-di perde buona parte della sua potenzafunzionale. I migliori e più classici co-

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La cassa del « violone d'arco da tasti .» riprodotto in dettaglio dal Ganassi. È palesela sostanziale identità tra questo violone e il moderno violino. A parte il numero dellecorde (ridotto da sei a quattro nello strumento moderno), l'unica differenza di « mo.desto rilievo » è costituita dalla posizione del ponticello, che nel violone si trova coi.locato al termine inferiore delle « ff » anziché al centro di essi come attualmente si usa.

di una difettosa e superficiale conoscen-za della materia. La vernice è una par-te complementare dell'istrumento, cheha soprattutto funzione estetica e pre-servativa. Essa costituisce la veste este-riore del violino e conferisce bellezzae vivacità alle sue forme, mentre lodifende dall'umidità e dalla polvere. Mala vernice da sola non crea il suono,perché uno strumento costruito difetto-samente o con legname inidoneo nonpotrebbe suonare bene neppure se fos-se ricoperto dalla più bella vernice chesia mai stata applicata in liuteria. È ve-ro però che la vernice, in quanto rico-pre la cassa armonica dell'istrumento,è suscettibile di influire essa pure sulsuono, e particolarmente sul timbro diquesto, perché una vernice dura o ve-trosa (e l'essere tale dipende dalla suacomposizione) irrigidisce la cassa armo-nica e ne riduce la vibratilità, cosicché

anche il suono risulta duro e freddo.mentre la vernice soffice ed elastica per-mette all'istrumento di vibrare libera-mente e docilmente sotto gli impulsidell'esecutore. Le migliori vernici ita-liane rispondono tutte a questo secondorequisito, sia pure in diversa misura. Ela riconosciuta eccellenza delle vernicicremonesi e veneziane — per citare quel-le delle due scuole italiane più impor-tanti — sono pregiate appunto per laloro particolare morbidità, a cui si deveanche il fatto che le vernici stesse, nellamaggior parte degli strumenti che sianostati lungamente suonati, sono in granparte consunte, per l'effetto del conti-nuo sfregamento. L'idea, comunque.che le antiche vernici costituissero unsegreto di questo o di quel maestro liu-taio non ha alcuna base storica di ve-rità. È assodato invece che per lo piùle vernici impiegate dai liutati non era-

no neppure fabbricate dai medesimi, maprovenivano dalle botteghe degli spe-ziali, che le vendevano già preparate achiunque ne facesse richiesta. Ed è per-ciò che le vernici dell'epoca d'oro dellaliuteria cremonese o veneziana o napo-letana presentano — nell'ambito dei pro-dotti di ciascuna di queste scuole — ca-ratteristiche di uniformità tali, per cuisarebbe assurdo e non giustificato rav-visare differenze sostanziali tra le ver-nici imp ; egate dai vari maestri di unamedesima scuola, perché, pur non po-tendosi escludere che ciascun maestro,nell'applicare la vernice, ne abbia ac-centuate in un modo o nell'altro leparticolari caratteristiche (per esempio,variandone la qualità e il modo di ap-plicazione, eventualmente anche con laaggiunta di qualche correttivo) sta difatto che le caratteristiche essenzialisono, regione per regione, uniformi.

T utti gli elementi ora esaminati con-tribuiscono a creare un particolare

risultato — la produzione del suono —che viene da essi influenzato e determi-nato. E poiché il violino è strumentocreato per suonare, la produzione delsuono è il risultato alla cui valutazioneinevitabilmente si giunge nel giudicarel'istrumento.

Quando dunque parliamo di qualitàdella voce (normalmente chiamata« suono » o « sonorità ») dell'istrumen-to e della bellezza esteriore del violino,diamo per presupposto che si tratti deirequisiti di un oggetto autentico (cioèdalla paternità chiaramente individuata)e in ottimo stato di conservazione.

L'esperienza ha permesso di stabilireche quando un violino autentico di pri-maria scuola italiana è bello e ben con-servato, esso suona sempre bene. Leeventuali mancanze acustiche rilevabiliin una prima sommaria prova possonoessere soltanto la conseguenza di un mo-mentaneo difetto di condizione.

La voce invece costituisce oggetto diun apprezzamento del tutto personalee mutevole, che può non coincidere dautente a utente. Pur essendo certo che,come già detto, tutti i violini prodottidai grandi maestri, e rimasti in buonecondizioni, suonano splendidamente be-ne, sussistono tuttavia fra le rispettivesonorità grandi differenze, suscettibili diinfluenzare il gusto personale e la sceltacorrispondente. Cosí in primo luogo lenumerose gradazioni del carattere delsuono, per cui dalla voce molto chiarasi può passare a quella molto scura at-traverso una gamma sorprendente divariazioni, dalla voce dolce a quellabrillante e cosí via.

In ultima analisi, ciò che più influisce

sulla scelta della sonorità è il timbroche caratterizza ogni strumento: del chediremo tra poco.

Stabilito infatti che nella valutazionedel violino è fondamentale anche la bel-lezza dello stesso e venendo in partico-lare all'analisi della voce (che rispetto astrumenti di equivalente bellezza costi-tuisce il dato decisivo per l'attribuzionedi una superiorità o comunque di unapreferenza), bisogna dire che ai fini del-la valutazione della sonorità si distin-guono tre elementi fondamentali: il vo-lume, l'uguaglianza e il timbro.

Taluno ha creduto di poter ravvisareanche ulteriori elementi, ma a nostro av-viso senza fondati motivi, poiché quelliora indicati esauriscono le reali e fon-damentali esigenze della classificazione.

a) Il « volume » del suono è un datoapprezzabile anche quantitativamentecon gli apparecchi elettroacustici chemisurano l'ampiezza delle vibrazioniemesse dal violino. Esso consiste percosí dire nella quantità di suono pro-dotta e nel modo con cui questo si pro-paga e giunge alle orecchie dell'ascol-tatore che sia collocato a una certa di-stanza dal punto in cui l'istrumento sitrova e nel quale pertanto è situata lasorgente del suono.

Sotto questo profilo si parla anche di« portata » del suono per indicare lacapacità del medesimo di propagarsinell'aria e di giungere sino all'ascolta-tore con sufficiente intensità.

Il requisito, come ognuno comprende.è di massima importanza per gli stru-menti che devono essere adoperati daiconcertisti in grandi e spesso affollatesale, in modo tale che la risonanza acu-stica ne risente in modo negativo, cosic-ché un istrumento di sonorità debole,cioè con poco volume e scarsa portatadi suono, rischia di non essere sufficien-temente sentito dagli ascoltatori.

b) L'« uguaglianza » è la capacità del-l'istrumento di emettere suoni di inten- sità uniforme—per tutte le note, a pa •pressione dell'arco.

Questa proprietà — strano a credersi— è molto rara e caratterizza in mododeterminante la grande qualità dei po-chi strumenti che ne sono provvisti.

Accade infatti assai frequentementeche strumenti dotati di ottima emissio-ne per una parte della gamma dei suonisiano invece deficienti per la restanteparte. E ciò comporta che nella succes-sione dei suoni ricavati dall'esecutorevenga a mancare l'uniformità e la com-pattezza, in quanto taluni suoni risul-tano pieni e altri invece mancano diforza. Queste variazioni, che si tradu-cono in cedenze improvvise, sono na-turalmente percepite tanto dall'esecuto-

re quanto dall'ascoltatore, e natural-mente infastidiscono l'uno e l'altro.

Esse dipendono da una difettosa di-stribuzione degli spessori del legno concui sono stati costruiti il fondo e la ta-vola armonica.

L'uguaglianza dei suoni, posseduta in-vece dagli strumenti di grande pregio,

è l'effetto naturale di una perfetta scel-ta degli spessori, che pongono la cassaarmonica in grado di risonare con ugua-le intensità sotto l'effetto della solleci-tazione in qualsiasi punto della gammaacustica.

c) Il timbro è l'elemento che, a pa-rità di sussistenza degli altri due requi-

La parte posteriore e la parte anteriore del celebre violino di Antonio Stradivari, detto«Il Cremonese », costruito nel 1715 e attualmente di proprietà del comune di Cremona.

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siti, cioè rispetto a violini ugualmentedotati di sufficiente volume di suono edi perfetta uguaglianza di emissione, piùcaratterizza la personalità dell'istrumen-to, attraverso il suono da esso prodotto.Il timbro infatti è la risultante della so-vrapposizione al suono fondamentaledei cosí detti armonici, cioè dei suoniminori e complementari che si produ-cono in un corpo vibrante in aggiuntaal suono fondamentale (nota) emesso.

Quando si parla di suono bello o disuono caldo non ad altro si allude senon alla ricchezza e alla gradevolezzadell'impasto sonoro che nasce dall'unio-ne tra il suono fondamentale e i suoiarmonici. La qualità di questo impastonon è prevedibile né regolabile né, tan-to meno, ottenibile a piacimento. Essa

costituisce in definitiva il risultato a cuisono giunti per via empirica i grandimaestri fiutai del passato o al quale per-vengono tuttora i migliori costruttoricontemporanei, attraverso il loro intui-to e la loro esperienza, che li porta ascegliere i legni meglio dotati di pro-prietà acustiche, a valorizzarli con unimpiego costruttivo sagace e con l'ado-zione di una buona ed elastica vernice.

Il timbro di voce generalmente prefe-rito è quello che caratterizza gli stru-menti della scuola cremonese, semprecontraddistinti da un carattere di dol-cezza, che pur si accompagna a forza ea penetrazione. Gli strumenti di Stradi-vari, che, secondo il giudizio univer-sale, rappresentano l'optimum, il nonplus ultra dell'arte della liuteria, sono

violino di G. Guarneri del Gesù. La cele-Guarneri, allievo di Nicolaliuteria Antonio Stradivari.

tutti provvisti di un timbro caratteristi-co, dovuto al fatto che il grande arte-fice impiegò sempre legname di una me-desima qualità e adottò nella costruzio-ne lo spessore uniforme di 3 mm per latavola armonica.

Ma il sommo degli esecutori — NicolòPaganini — che pure possedette circauna decina di strumenti creati dai piùgrandi maestri della scuola cremonese,tra cui alcuni Stradivari, suonava abi-tualmente un violino costruito da Giu-seppe Guarneri del Gesù, dotato di ca-ratteristico timbro argentino.

Forse la preferenza era dovuta allanatura particolare di quel timbro, forsead altri fattori che sfuggono alla no-stra valutazione, ma che sicuramenteincidono sulla scelta dell'esecutore, qua-li per esempio le dimensioni (piuttostoridotte), la forma della cassa armonica,e specialmente della parte superiore de-stra a cui si appoggia la mano del vio-linista quando egli deve salire alle posi-zioni più alte; la conformazione delle« C », e cioè degli spazi compresi, dal-l'una e dall'altra parte dell'istrumento,tra le quattro punte degli angoli, spaziche hanno grande importanza per il fa-cile maneggio dell'arco.

Altri grandi violinisti del passato, co-me Ole Bull e De Beriot, diedero invecela preferenza a strumenti di Maggini,uno dei primitivi bresciani, i cui violinisi caratterizzano per una grande purez-za e intensità di suono.

Oggi la maggior parte dei concertistiimpiega strumenti dello Stradivari e diGiovan Battista Guadagnini, altro gran-dissimo liutaio del settecento, costrut-tore di numerosi violini ugualmenteprovvisti di qualità e di potenza, equindi particolarmente idonei all'impie-go nelle grandi sale da concerto, spessoin unione alle orchestre sinfoniche.

possiamo ora chiederci quali ragioniabbiano reso eccellenti e fascinosi

gli strumenti prodotti dai grandi liutaiitaliani del passato, e in primo luogo sesia vero che costoro abbiano possedutoparticolari segreti di fabbricazione poiandati perduti.

A tale quesito abbiamo già rispostonegativamente per quanto riguarda lavernice, e dobbiamo ora rispondere al-trettanto negativamente anche in ordi-ne agli altri fattori influenti sulla co-struzione del violino.

Quegli antichi liutai erano arteficiprovvisti di sensibilità artistica, che ave-vano formato e raffinato la propria co-noscenza dei problemi tecnici della liu-teria attraverso l'esperienza di una tradi-zione familiare consolidata e traman-data di padre in figlio, e poi diffusa

dalla formazione naturale di scuole.Gli strumenti costruiti da quei mae-

stri erano dunque il risultato dell'espe-rienza acquisita e della sensibilità for-mata attraverso il succedersi degli espe-rimenti, la maturazione delle cognizio-ni e la valutazione dei risultati a manoa mano ottenuti.

Che tuttavia, a fianco e più in altodi quella esperienza, fosse anche unaragionata valutazione dei vari problemie dei modi possibili per raggiungerne operfezionarne la soluzione, è luminosa-mente dimostrato dall'esempio di Anto-nio Stradivari, giustamente consideratoe qualificato come il maestro dei mae-stri della liuteria, per l'evidente origi-nalità e personalità dei risultati da luiconseguiti. Infatti lo Stradivari, che ap-prese la liuteria nella bottega di NicolaAmati, in un primo tempo costruí i vio-lini secondo lo stile e i canoni del suomaestro (perciò appunto si chiamano« amatizzati »); in un secondo momentoideò un modello personale piuttostolungo e stretto (conosciuto, per questecaratteristiche, come longuet), che au-mentò le misure adottate dagli Amati,migliorando la potenza del suono; e inun terzo tempo, cioè nell'ultima partedella sua lunghissima esistenza, ricca dirisultati produttivi (poiché lo Stradivarivisse 93 anni e costruí gran numero distrumenti), creò il suo classico e defi-nitivo modello, denominato grande mo-dello Stradivari, conferendogli quellaforma tipica che oggi è presentata dallastragrande maggioranza degli strumentie che viene considerata come il proto-tipo di una insuperabile perfezione co-struttiva. Sono quelli gli strumenti del-lo Stradivari che raggiungono i più altiprezzi, perché accoppiano alla grandebellezza, l'eccellenza e la potenza delsuono.

Ma ciò che si dice ed è stato consta-tato, sotto questo profilo, rispetto adAntonio Stradivari, vale in misura nontrascurabile anche per moltissimi altrimaestri antichi e moderni, che hannosaputo imprimere la loro particolarepersonalità agli strumenti da essi co-struiti, attraverso la creazione di nuovimodelli e il conseguimento di risultatiacustici di grande valore.

Ricordiamo, a solo titolo di esempli-ficazione, perché un elenco completosarebbe troppo lungo, Giovan BattistaGuadagnini che, pur allievo di Stradi-vari, creò un suo caratteristico modellopersonale, in cui fa spicco il partico-lare taglio dei fori armonici ovalizzatinella parte inferiore; Giovan FrancescoPressenda — il più grande maestro del-l'Ottocento — che seppe fondere armo-nicamente le caratteristiche dei modelli

di Stradivari e di Guarneri del Gesù, ri-coprendo i suoi strumenti di una ver-nice particolarmente ricca di pasta e dicolore e dotandoli di una sonorità estre-mamente generosa; Augusto Pollastridi Bologna, primario artefice italianodel nostro secolo, autore di una produ-zione limitata ma sceltissima, che spic-ca essa pure per l'originalità del mo-dello, per la bellezza della vernice eper l'eccellenza qualitativa della sono-rità.

Cosí stando le cose, e stabilito che igrandi liutai antichi non hanno usu-fruito di alcun segreto costruttivo chesia oggi scomparso e dalla cui mancatacognizione i liutai moderni possanotrovarsi posti in condizioni di inferio-rità rispetto ai loro celebrati predeces-sori, ne segue la facile risoluzione diuno dei problemi più generalmente po-sti e discussi nel campo della liuteria,ossia quello se esista una superiorità deicostruttori antichi rispetto a quelli mo-derni.

Il problema, si noti, è tutt'altro chenuovo, e già nel passato, in particolaredurante l'Ottocento, ha dato luogo anon poche discussioni e ripetuti esperi-menti, con cui si sono volute confron-tare le proprietà acustiche rispettive deimigliori strumenti antichi e dei migliorimoderni. Ma un raffronto cosi istituitonon ha senso, mentre il problema èagevolmente risolubile sulla base diconsiderazioni che hanno sicuro fon-damento.

I liutai antichi esplicavano il loro la-voro sulla base delle proprie conoscen-ze ed esperienze, acquisite, come ab-biamo detto, attraverso gli insegnamen-ti familiari e le scuole. I liutai modernifanno altrettanto, con lo svantaggio pe-rò che solo taluni di essi possono usu-fruire di una esperienza familiare, poi-ché nei tempi moderni più non sussi-stono le grandi famiglie del passato, néle celebri scuole in cui numerosi al-lievi si recavano anche da lontane con-trade per apprendere i canoni della liu-teria. Ma come nel passato non tuttii liutai raggiunsero l'eccellenza dei piùcelebri maestri, quali Andrea Guarneri,Nicola Amati, Antonio Stradivari, Giu-seppe Guarneri del Gesù e altri an-cora, cosí nei tempi moderni l'estro ele capacità individuali conferiscono a ta-luni artefici' una particolare maestriache altri liutai non riescono a raggiun-gere, per modo che tra le rispettive ope-re degli uni e degli altri sussiste un no-tevole dislivello, esattamente come acca-deva tra i maggiori e i minori arteficidel passato. Il problema va dunque po-sto in termini generali, esaminando lapossibiltà di un confronto tra le opere

dei migliori maestri moderni (ve ne so-no sicuramente di eccellenti, quali ilgià nominato Pollastri, Annibale Fa-gnola, Stefano Scarampella e altri an-cora) e i migliori del passato.

Ma il confronto sperimentale si svol-gerebbe su basi impari e non certoeque, perché gli ottimi strumenti delpassato, che siano anche rimasti in buo-ne condizioni di conservazione, pre-sentano un grado di addestramento acu-stico che le opere dei maestri moderniancora non possiedono e che potrannoacquistare solo in un prosieguo di tem-po, a mano a mano che matura la loroanzianità e si prolunga l'uso fattonedagli esecutori.

assodato che la prolungata desti-nazione dell'istrumento al suo impiegonaturale, e cioè alla produzione delsuono, ne migliora gradualmente l'effi-cienza, sino a raggiungere il maximumpossibile.

Infatti le molecole del legno di unostrumento continuamente suonato ac-quistano una maggiore vibratilità e, percosi dire, l'assuefazione all'emissionedel suono. I cosí detti strumenti into-nati sono quelli che emettono con gran-de facilità le note volute, non appenail dito si posi sulla corda nel giustopunto e l'arco trasmetta la sua solleci-tazione. Tra uno strumento intonato euno che ancora non sia tale, perchésuonato da poco tempo, sussiste unagrande differenza, che non è da attri-buire a diverse qualità intrinseche deidue strumenti, bensí soltanto al loro di-verso grado di maturazione acustica. Equindi non ha senso paragonare la so-norità di uno Stradivari costruito nel1710 con quella di un Fagnola o di unPollastri costruiti intorno al 1920, cioèoltre duecento anni dopo, e che con-seguentemente non hanno ancora po-tuto conseguire la pienezza del lororendimento.

Il confronto in termini di uguaglian-za dovrebbe essere istituito tra lo Stra-divari del 1710 e il Fagnola o il Pol-lastri quali saranno dopo duecento annidalla loro costruzione, naturalmentetrascorsi con adeguato impiego esecu-tivo. Ma poiché una comparazione diquesto genere non è possibile, il giudi-zio sperimentale non può essere dato,ed è lecito solo un giudizio di proba-bilità secondo gli elementi di valutazio-ne già acquisiti, in base ai quali si puòasserire con sufficiente sicurezza che imigliori strumenti moderni non sonoinferiori, dal punto di vista costruttivo,ai migliori antichi, anche se questi re-stano tuttavia preferiti dai concertisti,in virtù soprattutto della loro più facilesensibilità e rispondenza alle esigenze

delLa parte posteriore e la parte anteriorebre famiglia dei Guarneri ebbe come capostipite AndreaAmati, cui spetta anche il merito di aver iniziato alla

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dell'esecutore, che dipendono essenzial-mente dal maggiore addestramento acu-stico e non già da una differenza diqualità originarie.

In un certo senso, anzi, si può direche gli strumenti moderni presentano,rispetto agli antichi, un margine di su-periorità per quanto concerne la loroconsistenza strutturale, e cioè la robu-stezza, perché gli strumenti del Sei-cento e del Settecento sono stati co-struiti per sostenere una accordaturaragguagliata a un la fissato sopra unnumero di vibrazioni inferiore alle 400.mentre il la moderno è stato portato a440 vibrazioni. Da questa variante con-segue che la pressione esercitata dallecorde sul violino moderno è di circa11 kg, mentre gli strumenti antichi era-no idonei a sostenere una pressione va-riante fra gli 8 ed i 9 kg. E ne risultache numerosi strumenti antichi nonsono più idonei all'impiego concerti-stico per insufficienza degli spessori,e altri restano impiegabili, ma con unmargine minimo nella loro capacità diresistenza.

I costruttori moderni hanno inveceadottato spessori maggiori, pienamenteadeguati alla nuova accordatura, e quin-di i loro strumenti, sotto questo pro-filo, risulteranno adatti all'impiego ese-cutivo, per lo meno sino a quando nonintervengano altre eventuali modifica-zioni che, allo stato attuale delle cose,sono estremamente improbabili.

La conclusione del discorso è che,mentre non si può affermare che alcunliutaio dell'Ottocento o del Novecentoabbia superato la maestria dei più gran-di artefici del passato quali Stradivari eGuarneri del Gesù, pur essendo sin daora evidente che i migliori costruttorimoderni, quali Pressenda e Rocca, sipongono già quasi al loro livello, tutta-via non si può escludere che nel futuronascano altri grandi costruttori, desti-nati a uguagliare o a sopravanzare imaggiori del passato.

In sostanza, il problema del raffrontodella superiorità tra il passato, il pre-sente e il futuro è da risolvere nel sen-so che una superiorità rispettiva nonesiste e che la preferenza oggi accor-data agli antichi è l'effetto di una disu-guaglianza temporanea destinata a li-vellarsi allorquando potranno verificar-si condizioni di raffronto in parità dicondizioni. I singoli valori individualirestano dominanti in questo, come inogni altro campo dell'attività umana.Ai grandi del passato fanno riscontroquelli del presente; e certamente nonmancheranno neppure i grandi dell'av-venire, perché l'umanità non può cherestare uguale a sé stessa.

ASTRONOMIAE ASTROFISICAI problemi della struttura e della co-stituzione dell'universo hanno affasci-nato la mente dell'uomo fin dalla piziremota antichità. I nostri progenitorierano ancora allo stadio di « pastori »e « raccoglitori », non conoscevanoagricoltura e industria, ma già nellelunghe veglie notturne si ponevanoquesti problemi.

LE SCIENZEedizione italiana di

SC I ENTI FIC AM E RI CAN

ha sempre sottolineato questo inte-resse antichissimo dell'uomo per zproblemi del cosmo. Ha infatti pub-blicato:

LA SFERA DI FUOCO PRIMORDIALEdi F.J.E. Peebles e D.T. Wilkinson (n. 2)

La terra è avviluppata da radioonde,la cui origine pare risalga all'epocadella grande esplosione primordiale.

IL CIELO NELL' INFRAROSSOdi G. Neugebauer e R.B. Leigbton (n. 4)

Il primo panorama completo del cie-lo notturno nell'infrarosso ha rivela-to alcuni tra gli oggetti celesti pit'ifreddi sinora scoperti.

I PULSARdi A. Hewisb (n. 5)

Questi nuovissimi e misteriosi oggettiastronomici, che emettono impulsi ra-dio con una regolarità impressionan-te, sono forse stelle pulsanti e rotantiin via di esaurimento.

STELLE A CONTATTOdi O.J. Eggen (n. 8)

Una stella su mille è una coppia distelle tanto vicine che tra le loro atmo-sfere avvengono scambi di materia.

ASTROFISICA DEI RAGGI COSMICIdi V.L. Ginzburg (n. 9)

Queste particelle di alta energia co-minciano a essere considerate una del-le componenti principali dell'universo.

LE GALASSIE SEYFERTdi R.J. Weymann (n. 10)

Queste galassie, a prima vista, sem-brano delle normali galassie a spira-le, ma nelle loro regioni centrali staaccadendo qualcosa di violento.

CIRCHI, CRATERI E MARI DELLA LUNAdi H. Tazieff (n. 11)

Oltre alle ipotesi vulcanica e meteo-ritica, che da sole non spiegano lamorfologia lunare, ne esiste una ter-za, quella delle cellule di convezione.

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