Cultura Commestibile 98

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98 uesta settimana il menu è Q Stammer a pagina 5 il paradiso degli alberti la stagione dei Lettristi RiUnione di famigLia a pagina 4 PiCCoLe aRCHiTeTTURe iSTanTanee ad aRTe Martinotti da pagina 2 da non SaLTaRe analisi della legge francese sul cinema Big apple, i’m coming Sangue blu Ho un grande obiettivo: far giocare la Roma con una squadra come Barcellona o Bayern monaco nel Colosseo. imposteremo una pay per view, 25 dollari in tutto il mondo diamo il benvenuto a due nuovi ingressi nella redazione di Cultura Commestibile, Barbara Setti e gianni Biagi morituri te salutant La famigLia di CUCo Si aLLaRga James Pallotta Presidente della Roma 2014 Monaldi a pagina 6

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98 uesta settimanail menu èQ

vuoti&Pieni

Stammer a pagina 5

il paradisodegli alberti

la stagionedei Lettristi

Riunionedi famigLia

a pagina 4

PiCCoLe aRCHitettuRe

istantanee ad aRte

Martinotti da pagina 2

da non saLtaRe

analisi della leggefrancese sul cinema

Big apple,i’m coming

sangue blu

Ho un grande obiettivo:far giocare la Roma con unasquadra come Barcellona o Bayern monaco nel Colosseo.imposteremo una pay per view,25 dollari in tutto il mondo

diamo il benvenuto a due nuovi ingressinella redazionedi CulturaCommestibile, Barbara settie gianni Biagi

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La famigLiadi CuCo si aLLaRga

James PallottaPresidente della Roma

2014

Monaldi a pagina 6

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.com sabato 8 novembre 2014no98 PAG.2DA NON SALTARE

da trent’anni a Firenze si tiene ilfestival del cinema francese, unluogo privilegiato dello scam-bio culturale tra Francia e Italia,

grazie anche alla stretta collaborazionecon le istituzioni del cinema che hannosede a Parigi. Ogni anno il festival seleziona una rosadei migliori film francesi scegliendoli tragli oltre 250 prodotti Oltralpe e ognianno ci rendiamo conto che se nella pa-tria dei fratelli Lumière c’è una conti-nuità e una stabilità del sistema lo sideve a una legge che esiste dal 47 e chesi è perfezionata nel tempo adeguandosialle trasformazioni artistiche e tecnolo-giche . Essa dà a tutti gli operatori dellecertezze rendendo il settore dell’audio-visivo forte e strategico per il paese. La legge è stata molto studiata e citata,ogni volta che si parla in Italia di unalegge di sistema, diventa l’oggetto di di-battiti e approfondimenti.Fin dai suoi inizi quando ancora si chia-mava France Cinema il festival di ci-nema francese di Firenze è stato nonsoltanto una vetrina di film, ma si èanche occupato di questioni più gene-rali relative al cinema, organizzando se-minari, dibattiti, convegni.In questa fase di rinnovamento delpaese sentiamo la necessità e il doveredi tornare sul tema della legge franceseper illustrarla nelle sue caratteristichenon solo nelle linee guida ma anchenegli aspetti più specifici.Con questo obiettivo abbiamo organiz-zato a Palazzo Sacrati Strozzi il conve-gno Belle Toujours: la legge francese sulcinema, al quale hanno partecipatomolti degli operatori e artisti presenti alfestival: Jean-Louis Livi (produttore),David Kessler (consigliere dell’audiovi-sivo del governo francese),Benoit Jac-quot (regista), Angelo Cianci(professore di Cinema alla Sorbona),Agnès de Sacy (sceneggiatrice). Ab-biamo anche avuto nella Senatrice RosaMaria Di Giorgi un’ eccellente interlo-cutrice che ha raccolto proficuamente ivari spunti emersi nel corso del dibat-tito. Tutti i sistemi industriali che produconocinema e audiovisivo necessitano di ri-sorse pubbliche per la loro organizza-zione, il loro sviluppo, il loroadeguamento tecnologico e per la diffu-sione dei loro prodotti sui mercati stra-nieri. Questo accade anche nei sistemipiù liberisti come quello americanodove l’intervento passa attraverso unafortissima detassazione. Sostanzialmente le questioni legate allerisorse sono le seguenti: dove si prendono quante sono con quale continuità il settore ne puòdisporre.Il sistema che dà risposte più precise aqueste questioni è quello francese grazieal quale l’industria cinematografica daldopo guerra a oggi ha saputo superarele difficoltà cicliche ed è da sempre unvolano dell’economia francese. L’industria dell’audiovisivo francese èl’unica a livello planetario in grado di

di francesco R. [email protected]

noidifferenzaLatra

loroe

competere con quella americana (l’In-dia merita una considerazione a parte).Il comparto dell’audiovisivo d’Oltralpe,comprensivo dei videogiochi, produceogni anno complessivamente l’1% delPIL pari a 16,3 Miliardi di euro e im-piega 340.000 addetti, che equivalgonoall’1,3% dell’occupazione generale: peravere un termine di paragone, quantol’industria automobilistica e più diquella farmaceutica e della moda.Il sistema fu pensato nel 1948 da AndréMalraux, il romanziere autore de Lacondition humaine che ricoprì il ruolodi ministro della Comunicazione nelgoverno provvisorio De Gaulle del pe-riodo post-bellico.Il principio cardine prevede che tutti co-loro che traggono profitto dallo sfrutta-mento di un’opera cinematograficadebbano necessariamente reimmettereuna minima parte di quel profitto nel si-stema generale nel quale sono maturate

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.com sabato 8 novembre 2014no98 PAG.3C.com DA NON SALTARE

le condizioni per la creazione e lo sfrut-tamento di quell’opera. Quindi di fatto un prelievo di scopo chenon costa niente all’Erario.In cosa consiste? Il meccanismo è sem-plice e chiaro: il 10,72% del costo del bi-glietto della sala, il 5,5% del fatturatodelle televisioni e il 2% degli utili sullevendite dvd e del Video On Demandecostituiscono il nucleo centrale delle ri-sorse che fanno da volano al cinema. Untotale di 750M€ annui che vengonosuddivisi secondo le necessità tra lo svi-luppo delle storie, la scrittura, la produ-zione, la distribuzione nazionale e

internazionale, l’esercizio, la conserva-zione del patrimonio, l’insegnamentodel cinema nelle scuole, ma anche alleserie televisive. Attenzione! Questi soldi non sono ver-sati all’erario, ma vanno direttamente alCentro Nazionale del Cinema e dell’Au-diovisivo.Poi ci sono altri strumenti fiscali e ban-cari sempre previsti e coordinati dallalegge che esulano da questi 750M,come il Tax credit, un tax credit stabilee continuativo le SOFICA Società per ilFinanziamento del cinema e dell’audio-visivo, e l’IFCIC Istituto per il Finanzia-mento del cinema e dell’industriacinematografica, che è importantissimo,perché fa da garante alle operazioni ban-carie, per esempio dà la possibilità aiproduttori di scontare i contratti senzaimpegnare la propria casa come succededa noi.A questi strumenti di finanziamento, siaggiungono ingenti risorse pari ad altri330M € annui derivate dagli obblighidelle televisioni a investire nel cinema In particolareil 3,2% del fatturato delle reti generalistee il 27% della rete tematica Canal+. de-vono essere destinate obbligatoria-mente al cinema attraversocoproduzioni e pre-acquisti di film na-zionali. Ma il dispositivo che per noi è fanta-scienza e quello che l’obbliga Orange lacompagnia di telefonia mobile francese,l’ equivalente di TIM, a investire unaparte del suo fatturato nel cinema (peril 2012, la somma è stata di 18,5 M€.) Il sistema francese come si può notareprevede non solo diverse forme di inve-stimenti, ma anche una pluralità dellefonti, il che garantisce la massima li-bertà di espressione e di impresa. In Ita-lia attualmente questo non accadeperché gli unici veri finanziatori intornoai quali si concentra la maggior partedella produzione cinematografica sonodue: Rai e MediasetPer concludere si può notare che il si-stema che si è andato ad elaborare e aperfezionare a partire dal 1947 è moltopreciso ed elaborato ed è stato armoniz-zato con le norme che regolano il si-stema televisivo. Inoltre una particolare attenzione laFrancia rivolge alle scuole e al sistemaeducativo nel quale sono inserite politi-che di educazione dei giovani all’imma-gine. La materia è prima di tutto materiad’insegnamento nelle scuole. Da qui do-vremmo ripartire anche noi per la for-mazione del pubblico di domani.

leggeanalisiun’della

cinemasulfrancese

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perché Eugenio se la canta e se la suona:Presidente (manco a dirlo) del Comitatoscientifico dell’Unione Fiorentina-MuseoCasa di Dante resuscita l’iniziativa e ilprimo relatore sulla storia di Firenze ro-mana chi è? Ma Eugenio Giani, of course!Grande novità!

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Registrazione del tribunale di firenzen. 5894 del 2/10/2012

direttoresimone siliani

redazionegianni biagi

sara chiarelloaldo frangioni

rosaclelia ganzerlimichele morrocchi

barbara settiprogetto graficoemiliano bacci

editorenem nuovi eventi musicali

viale dei mille 131, 50131 firenzecontatti

[email protected]

[email protected]/cultura.commestibile “

Giulio Tremonti

Non lodevole, bensì prestigiosa iniziativa,l’ultima nata dalla fronte spaziosa di Eu-genio nostro Giani: resuscitare la Liberacattedra della civiltà fiorentina. S’era nel1950 quando l’Unione Fiorentina partorìquesta, allora normale, iniziativa; dive-nuta poi prestigiosa con una serie di illu-stri relatori: da Giuseppe Ungaretti aGiovanni Spadolini, da Giovanni Miche-lucci a Eugenio Garin. E, dunque, qualepiù luminosa idea se non quella di far rivi-ver l’iniziativa riprendendo da un altroEugenio? ma questa volta illustrissimo,

LE NIPOTINE DI BAKUNIN

Cattedrao poltrona

RIUNIONE DI FAMIGLIA

BOBO

Alla fine più contenti deirepubblicani americani pa-iono essere i giornalisti ita-liani. A loro, non importa sedi destra o di sinistra,Obama non è mai piaciuto più ditanto. Sopravvalutato, poco efficace,senza strategia, sono tra i commentipiù benevoli che il Presidente ha,dopo un iniziale in-namoramento, go-duto qui da noi. Equesto a discapito dicifre e azioni politi-che che l’amministra-zione USA hasnocciolato in questianni. Sì bene l’Obamacare ma inpolitica estera…. Bene il ritiro dal-l’Iraq ma il controllo delle armi…Per cui un elezione di midtermpersa, certo malamente, diventa lacartina di tornasole di anni di ana-lisi di Obama bravo ma però. Pocoimporta che il presidente uscente alsecondo mandato perda quasi sem-pre le elezioni di metà mandato.Poco importa soprattutto se il par-tito del Presidente ha perso questeelezioni nonostante abbia tenutofuori il presidente da tutti i comiziimportanti, da tutte le sfide cruciali.La sconfitta è di Obama non di unpartito democratico che, detestandoin buona parte i Clinton, non ha co-struito nessun Obama, non ha co-struito alcuna macchina di consensoparagonabile a quella dell’allora se-natore dell’Illinois. In fondo qui danoi i presidenti repubblicani liamiamo e li detestiamo in ragionedella loro politica estera, quelli de-mocratici li consideriamo, con l’ecce-zione mitologica di Kennedy, o deisimpatici venditori di Noccioline(Carter) o al massimo come deimandrilli (Clinton) a Obama è toc-cato il ruolo di quello bravo che nonsi applica.

Ahi, ahi,ahi, si mette male per il nostroVate archeologico, il prof. dott. pres. SESilvano Vinceti, famoso cercatore diossa nobili e VIPs: un comunicatostampa del 29 ottobre fa sapere urbi etorbi che l’estrazione del DNA dalleossa ritrovate in Sant’Orsola e che lui èpronto a giocarci una tibia essere dellaMonna Lisa si sta rivelando “com-plessa, lunga e difficile”. Perché fra ilmescolume di ossa ritrovate potrebberoesserci anche quelle del marito e del fi-glio della Monna Lisa (ma, osserviamonoi, anche di altri ben più oscuri perso-naggi che si trovassero lì in quel fran-gente). E poi le ossa son malridotte.Ma lui, lui no, non demorde. Si speri-menteranno nuove tecniche di estra-zione. E poi, alle brutte, “datal’importanza dell’indagine [ovvero, digrazia?], se non riusciremo ad estrarreil Dna dai resti mortali a disposizione,sono convinto che la principessa Nata-lia Strozzi Guicciardini [sembra, di-scendente della Monna] saràdisponibile a questo prelievo”. Le duesorelle Natalia ed Irina sono state defi-nite le “Gioconde del Terzo Millennio”e oltre ad avere i quarti di nobiltà in re-gola, sono le eredi della rinomataazienda vitivinicola di famiglia, che hasede nel Tenuta di Cusona vicino a SanGimignano, attiva nella produzione divino dal 994 d.C. Insomma, sangueblu d’annata. E certamente, noblesseoblige, ça va sans dire... Mica tanto:pare che la Natalia al buon Vincetiabbia fatto un inequivocabile gesto del-l’ombrello.

LE SORELLE MARX

Trasferta di Giani Eugenio nellaGrande Mela! Si sa, non c’è inaugura-zione, lodevole iniziativa, che non am-bisca avere come padrino(ma anche madrina, testi-monial, Gran Sacerdote oGran Visir) il Nostro. Equal è l’evento inaugurativodel secolo? Senz’altro quelloche segue l’evento catastro-fico che l’ha iniziato: l’at-tentato terroristico alleTwin Towers di New York. E così Eu-genione, che ha dovuto rinunciare aisogni di grandezza municipali, haormai assunto la dimensione di Inau-

gurista (oh, pardon,di statista) internazio-nale e, munito del suo

spettacolareIphone, si è scatenato inun’orgia di cinguettii ameri-cani: “World Trade Center aNew York ricostruito e ria-perto dopo 13 anni daldrammatico 11 settembre2001, attentato alle torri ge-melle. Storico!”

Segue rinfresco (anzi, follows refre-shment) avrebbe voluto scrivere il No-stro, ma i 140 caratteri erano finiti.Imprescindibile!

LO ZIO DI TROTSKY

I CUGINI ENGELS

Big apple, i’m comingsangue blu

LA STORIA DI EUGENIO

La colpadi obama

Con la culturanon si mangia

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Quando gli operai inziarono ademolire quel muro, chiara-mente posticcio che occultaval’abside della cappella, non

sapevano di dare il primo colpo dipiccone all’inizio di una lunga avven-tura culturale. Il convento di San Sal-vatore e Santa Brigida sorgeva allependici della collina dei "moccoli" inprossimità della piana di Ripoli. Erastato fondato, su volere di Antoniodegli Alberti, nel 1392 e, in realtà, eracomposto di due conventi. Il primo,a sud ed a quota lievemente più ele-vata, era il convento delle monache.Più a nord verso il corso dell’Arno,sorgeva il monastero dei monaci.Quest’ultimo, in preda ad un deva-stante degrado, fu demolito negli annitrenta del secolo scorso e, al postodelle antiche mura conventuali, fu-rono realizzati edifici per abitazionidegli indigenti; edifici tuttora esi-stenti, e visibili lungo la via del Para-diso. Il convento delle monache nonaveva subìto lo stesso destino di de-molizione, ma era stato ampiamenterimaneggiato nei secoli, fino al 1960quando fu "vincolato" ai sensi dellenorme sui beni storico-architettonici.A dire il vero il Ministero della Pub-blica Istruzione (poi sostituito dalMinistero dei Beni Culturali) avevaanche avviato, agli inizi del 1940, lepratiche per l’acquisto del bene ma,forse anche a causa della guerra, l’ac-quisto non fu mai perfezionato. Il de-grado del complesso era oramaitalmente evidente che il comune diFirenze, con un atto di una certa "au-dacia urbanistica", inserì, molti annidopo, il complesso all’interno delPiano Casa del 1987. Il Piano preve-deva la realizzazione di 24 nuovi al-loggi e il recupero dell’ex conventoper fini residenziali, incentivandoquindi la fattibilità del recupero conl’intervento di nuova costruzione. Ilprogetto fu affidato a Paolo AntonioMartini che si è così trovato a gestireun intervento "doppio". Il restauro ele nuove costruzioni. Ma realizzare unnuovo intervento in un contesto pe-decollinare, limitrofo ad un contestostorico di grande importanza, e so-pratutto limitrofo ad una articolataedificazione degli anni settanta, nonfu semplice. E non solo per le diffi-coltà del progetto. Gli abitanti degliedifici limitrofi si organizzarono in uncomitato e chiesero all’amministra-zione di non realizzare i nuovi alloggie di ampliare gli spazi a verde pub-blico. Solo nel 2000, con una nuovaamministrazione, si arrivò ad unaconclusione che mise la parola fine aduna questione iniziata nel 1990.. L’in-tervento di nuova edificazione potèessere realizzato e anche il verde pub-blico fu ampliato. Nel frattempo gliinterventi di restauro del complessodell’ex convento di santa Brigidaerano stati avviati e subito si rileva-rono di grande interesse. La demoli-zione della muratura aveva riportatoin luce alcune parti di affreschi del-

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di John stammer

PICCOLE ARCHITETTURE PER UNA GRANDE CITTÀ

il paradisodegli alberti

l’antica cappella del convento, poi di-ventata sala capitolare. "Un episodiofra i più significativi dell’arte fioren-tina di fine Trecento" lo ha definito lasoprintendente Alessandra Marino.Un ciclo di affreschi che Antoniodegli Alberti volle fossero realizzati daNiccolò di Pietro Gerini, che aveva af-frescato a Firenze la sede della Com-pagnia del Bigallo. Un ciclo diaffreschi che oggi è visibile grazie adun accurato lavoro di restauro, ini-ziato a partire dal 1992, realizzato del-l’Istituto Arte e Restauro di PalazzoSpinell, a cura e spese della proprietà.Un ciclo di affreschi che ha al suo cen-tro ideale la "visione del Paradiso"come nella Cappella del Podestà (oCappella della Maddalena) al Bar-gello di Firenze. Un ciclo di affreschi"ritrovati" che non è la sola opera direstauro eseguita sul complesso. L’in-tervento ha permesso infatti di recu-perare le antiche "quote" del convento(eliminando gli "interramenti eseguitinel corso dei secoli), l’integrità fun-zionale e architettonica del chiostro(che era stato completamente tampo-nato per utilizzare gli spazi, così repe-riti, per residenze) e anche il giardinoesterno (demolendo le superfetazionipreesistenti che lo occupavano) cheinizialmente era destinato a verdepubblico, ma che studi più accuratihanno consigliato di mantenere inte-gro, e a destinazione privata, come"hortus", non realizzando le aperturepreviste sulla muratura perimetralequattrocentesca. Un intervento cheha anche realizzato quattro edifici,con tipologie a schiera terratetto -peri soci della stessa cooperativa di abi-tazioni che ha eseguito il restauro-proprio in fronte alle case realizzatenegli anni sessanta, su progetto di Ser-gio Sozzi, per dare una casa agli abi-tanti degli spazi (dichiarati inagibiliper il degrado strutturale e sanitario)dell’ex convento. Una storia di bel-lezza e di degrado lunga oltre sei se-coli. Oggi le parti monumentalidell’ex convento sono accessibili alpubblico previo appuntamento(www.paradisodeglialberti.wor-dpress.com) e il "paradiso degli Al-berti" è tornato ad essere unpatrimonio dei cittadini di Firenze.

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nella Parigi del primo dopoguerra,dominata dalla pittura astratta einformale, i lettristi, ponendosiin continuità con le modalità

espressive dei dadaisti e dei surrealisti,svilupparono un’inedita sperimentazionesul linguaggio che svincolava il significatodal significante e proponeva una nuovaidea di estetica, capace di sovvertire l’ideadi Arte e abbracciare ogni aspetto cultu-rale. A partire dal Lettrismo l’artista di-venne colui che dà vita a una suggestioneastratta, ossia a quella pura presenza chesuggerisce un nuovo atteggiamento versol’Arte, in grado di esprimere l’idea di poe-sia anche attraverso il silenzio. Nelleopere dei lettristi artisticità e poeticitàgiungono a uno stesso livello di concet-tualizzazione: le particelle linguistichevengono private di ogni possibile sensoimmediato e gli elementi esistono nellamisura in cui è permesso al fruitore di im-maginare un altro elemento inesistente opossibile. L’obiettivo del Lettrismo èquello di inventare una lingua vergine e

incontaminata dai legami razionali del si-gnificato, che sia contemporaneamenteudibile e visibile e che tenda alla interdi-sciplinarietà, in quanto costruzione e ri-costruzione sensoriale del legame fra lalingua e il proprio aspetto grafico-visuale-sonoro-gestuale. La lettera viene perce-pita come l’unità primordiale dellinguaggio, capace in sé di superare i li-miti dell’alfabeto e costruire una nuovalingua che, svincolata dai debiti seman-tici, si apre alle infinite possibilità del si-gnificante. Con il Lettrismo la letteraviene percepita in una dimensione este-tica inedita, generale e totalizzante, quasiperformativa, poiché riconsegnata allapropria fisicità, gestualità e visività, legan-dosi necessariamente all’occasionalitàdell’evento e della fonazione.Le opere di Isidore Isou, Maurice Lemaî-

di Laura [email protected]

ISTANTANEE AD ARTE

Dall’alto Roland Sabatier Luspurgraphie aux références, 1989Tecnica mista di cartoncinocm. 49,5x49,5Maurice LemaîtreSonnet, 1963Tecnica mista e collage su cartoncinocm 50x50Isidore Isou La méchanique de la chasse, 1960

Tutte courtesy Collezione Carlo Palli, Prato

Letristti

tre e Roland Sabatier si inseriscono pie-namente all’interno di un’attenta analisidel linguaggio artistico e letterario, deisuoi rapporti formali e ideologici, ritmicie metrici, che intercorrono fra significatoe significante, fra il mondo e la parola re-ferente, nella consapevolezza che l’attua-lità è avvolta da una tale indeterminatezzae vanità gnoseologico-esistenziale, laquale si configura come una crisi del lin-guaggio, la crisi di una parola che non rie-sce più a percepire il tempo, la Storia e ilsenso del Tutto. Una parola essenzializ-zata, ridotta alla lettera a ad altri segni lin-guistici ma, tuttavia, ancora capace di darvita a nuovi messaggi e continuare la pro-pria funzione comunicativa, grazie adazioni e gesti artistici che travalicano il ca-none e hanno dato atto all’originalitàdelle neo-avanguardie.

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.com sabato 8 novembre 2014no98 PAG.7C.com SÌ, VIAGGIARE

di francesco [email protected]

shangay. Con calma. Senza en-fatizzare troppo. Fredda-mente. Nell’orrore delcontemporaneo, nella bruta-

lità dello sviluppo selvaggio, conti-nuare a coltivare la poesia quale prassie rito del quotidiano, ciò ad ogni oasi,laddove possibile. È ciò che abbiamooggettivamente smarritoCon calma. Senza enfatizzare. Ma quiabbiamo amici che vengono da mesidi terapie, medicine allopatiche, an-tinfiammatori, osteopati, fisioterapi-sti...risultati zero. Si va in un centrospecializzato in Shangai, e in una solaseduta ciaociao si risolve il problema.Meditare.Paradossi. I motorini a Shangai sonoin buona parte elettrici. La sera viag-giano senza luci. Nessuno indossa ilcasco. Si va in tre tranquillamente.Padri e madri trasportano i bambini ei neonati in motorino. Non si sente ilrumore. Quindi te li ritrovi ovunque.Molti vanno in controsenso o usano ilmarciapiede. Nel caotico traffico c’èun surreale ordine. Immagino però gliincidenti possano essere numerosi. È

davvero strano questo incrocio tratecnologia e caos. Ah! Molti hanno indotazione un ombrellone (giuro!).Una cosa che va contro ogni principiodel movimento. Un ombrellone pian-tato sul mini motorino. L’esperienza del nostro concerto mat-tutino all’università di Chongquing èstata incredibile. Ragazze e ragazzi indelirio. Dopo il concerto, un assaltostile Beatles, con tanto di urla e sveni-menti delle ragazze (letteralmente).Cd polverizzati. Finiti. Ok. Analiz-ziamo freddamente la cosa...la classicafrase “l’educazione comincia dallescuole”. Qui, fra le divise militari deltraining universitario dei quindicigiorni, si respiravano Bellezza, Curio-sità, Gioia. Non si faccia l’errore di li-quidare la pratica pensando al paeseingenuo e pieno di entusiasmo. Que-sto è vero solo in parte. I ragazzi sonoinformatissimi. Qui si fa cultura. Quic’è fame di cultura. Il direttore è unapersona splendida. Tutti vogliono ca-

pire. Dopo i concerti le domande. Par-liamo di interi dipartimenti dedicatialle arti. Questo entusiasmo non è in-genuo, semmai poetico. Questo fer-mento non è proprio dei paesiemergenti. E’ semmai la naturale con-dizione legata all’esperienza del quo-tidiano, della condivisione, dellapartecipazione (ciò che abbiamoperso). Spero che l’orgoglio che li ca-ratterizza possa salvare loro - e dun-que il Mondo - dalla globalizzazione.Auspico che queste generazioni nonfacciamo il nostro medesimo errore.Essi necessitano dei fondamentali“tools”, certamente, ma questi devonopoi essere funzionali ad un processodi sviluppo culturale che parta dalleloro medesime radici. Viceversa na-sceranno altre colonie ed il cinismofarà la sua comparsa, deturpando lanaturale bellezza di questi volti. Il Rito: alla fine del nostro concertoall’università siamo stati invitati apranzo dal direttore e dai responsabilidel dipartimento. Qui in Cina le deci-sioni importanti vengono prese apranzo o a cena. In questi giornisiamo stati accompagnati in banchettida sogno. La ricchezza, immensa,della cucina cinese, non rappresenta

alcunché di commensurabile rispettoai nostri standards del gusto (ovvia-mente, quando in Italia si va a man-giare “cinese” non stiamo andandoaffatto a mangiare cinese). Nella re-gione del Chongqing, ad es., i cibisono speziati fino all’inverosimile, maal contempo delicatissimi. Per nondire del trionfo delle decorazioni, delpreziosismo dei rituali che introdu-cono poi alla degustazione. Solo dopoun po’ si parla di “affari”, e si ascoltaquanto ognuno ha da dire. Le impres-sioni. Le possibilità di instaurare rela-zioni e scambi. Affascinante ilmomento del commiato. Esso arrivasecco, come una lama. A tagliare ogniinutile ridondanza dopo tutta l’affabu-lazione precedente. Tutto ciò rimandaalla repentinità del termine dell’am-plesso: dopo immani corteggiamenti,la donna cede e si “consuma” l’atto, nelculmine della “petite morte” di batail-lana memoria.

(Continua

travels

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.com sabato 8 novembre 2014no98 PAG.8SCENA&RETROSCENA

Entrambe le foto sono di Pia Salvatori

cosa e non con qualcuno. Uno spetta-colo è questo, non è “di” un’altra per-sona, è un’altra persona. Qualcosa in piùche occupa uno spazio, proprio accantoe in mezzo a noi. Abbiamo visto, quantemacellerie nell’arte? Quante ne fre-quentiamo nella vita? Luoghi dove fac-ciamo ogni giorno le stesse cose, fino albisogno di evadere o alla nevrosi. Ierisera in scena un uomo comandava, oimmaginava di comandare. Nessunanota ‘assurda’ o sorriso nero, solo il fa-scino del macabro di ogni giorno e cheogni giorno sopportiamo. Ormai nonlo vediamo più. A teatro, ieri, lo ab-biamo visto. Tanto che ci ha dato final-mente fastidio. Tanto che, volendoraccontare come si comportavano glispettatori intorno a noi... lo sapremmodire? Forse no. Eravamo presi dalla no-stra ribellione?Finalmente.

entrare in teatro, attraversare la so-glia, penetrare la folla, sedersi, nonsono che azioni di riempimento.Di tempo, di spazio, di posto. Non

il posto assegnato, non il numero a cuicorrispondiamo in una fila, ma il postoche abbiamo preso. Entrare, ieri sera, alTeatro Studio Krypton, è stato unmoto. Prima dello spettacolo era comefuori da un bar, in una strada senza l’at-trattiva dei negozi aperti: bicchieri, si-garette e un giornale di mano in mano.Quanti spazi ha un teatro? Uno per in-contrare persone che conosciamo omai viste; uno per sedersi a fumare, inattesa; uno persino per non essere vistie osservare. Questi spazi non esistonocontemporaneamente per tutti. In salapalco, quinte e proscenio, non ci sonopiù, anche se continuiamo a percepirneforte il fantasma. Entrare in teatro èun’azione precisa. Come quando si pre-senta una persona nuova. Stringiamo lamano, sorridiamo in attesa di cono-scerla. Al Krypton il sipario non c’è.Spesso s’incontrano gli attori seduti sulpalco, che aspettano pazienti. A volteinvece, ad attendere c’è una scenografia.Pensiamo mai, davanti alla televisionein casa, che le immagini sullo schermosiano estranee? Che mettano mano al-l’arredamento, o che i suoni di un filmo di un dibattito ci trascinino fuori dallastanza dove non abbiamo rifatto il lettoo sparecchiato? Entrando in gruppo, lapresenza di una scenografia nuda, nonilluminata di senso, sembra un po’ unintruso tra i nostri discorsi. Di frontequalcosa di così stranamente muto. Ep-pure non era muto per niente. Noi len-tamente, stavamo già accumulando unastoria a quelle che ci stavamo raccon-tando. Facevamo conoscenza con qual-

3 lanterne, vecchierelle, la prima daminiera, la seconda da marina e laterza delle ferrovie dello Stato, a pe-trolio e con i vetri colorati. Visto chesiamo nella “bizzarria” darò notizie intal ambito...La prima da sinistra è una lampada acarburo, di simili si usavano, oltre chesotto ai carri o ai lati dei medesimi,per scendere in miniera. Il carburo dicalcio, sorta di pietra grigiastra, a con-tatto con l'acqua, contenuta nel serba-toio di queste lampade, producevaacetilene, gas infiammabilissimo, cheusciva da apposito beccuccio e che,acceso, emanava una luminosafiamma biancastra. Una curiosità:Léon Blum presidente socialista delneo eletto Governo del Fronte Popo-lare assiste, nel 1946, a Parigi, alla pa-rata del giorno della Bastiglia,tenendo in mano una lampada da mi-natore. La foto è di Robert Capa.La seconda è una lanterna marinara....

Lanterna si chiama il faro di Genova,suo simbolo, costruito intorno al1100, è una torre squadrata, ma alta,elegante e sottile direi, con due ter-razzamenti, la “luce”,posta alla suasommità, ha un diametro di 4 metri, ivetri che la delimitano sono alti 4,40metri. Ci si arriva salendo 365 scalini.La terza è un “fanale” da segnalazionedelle Ferrovie dello Stato, trattasi diparticolari lanterne costruite in me-tallo e in cui erano disposti dei vetri

colorati verdi e rossi montati su telaigirevoli in modo da interporre la la-stra colorata alla lente e alla fonte lu-minosa in base ad un comandomosso manualmente o meccanica-mente. La torcia, lanterna o bandieraa luce rossa segnalavano al macchini-sta di arrestare immediatamente iltreno, in qualsiasi momento, in casodi pericolo. Non resisto e devo nomi-narvi le Lampisterie, piccoli edificiadiacenti alle stazioni “terminali”, de-

dicati alla custodia del petrolio illumi-nante e di altri prodotti infiammabili.Erano mini casotti in muratura, dotatidi una piccola porta e una finestra, ge-neralmente vicini o quasi a ridosso difabbricati adibiti a magazzino di mercio a rimessa di locomotive. Nelle lam-pisterie, affidate agli accenditori, si de-ponevano i fanali, le lanterne ed ipezzi di ricambio degli apparecchi il-luminanti delle locomotive o dei con-gegni fissi, nonché si verificava illivello dei piccoli serbatoi, gli stoppinie la pulizia dei vetri e degli ottoni,”fatta generalmente con cascameasciutto”....Ultima bizzarra notizia, è nato da po-chissimo un altro Museo della Ferro-via (ve ne sono moltissimi in Italia,anche qui a Firenze), nei locali delladismessa Stazione di Carpanè- Valsta-gna, ricostruisce stanza del Caposta-zione, sala d'attesa, ha molteimmagini e documenti e pochi og-getti ancora …”sono graditi suggeri-menti e donazioni...”forse Rossanopuò correre in suo aiuto!

a cura di Cristina [email protected]

di mariangela milone

sono temi altissimi quelli che ladanza contemporanea sembravoler affrontare: e lo fa sempre piùspesso ibridandosi, nutrendosi di

alfabeti propri ad altre discipline e co-niando con essi nuove parole e nuovi si-gnificati. Libertà e sua negazione,controllo della volontà, costrizione fisica:questo il materiale su cui il gruppo CANI- fondato e diretto dal 2012 da RamonaCaia, Jacopo Jenna e Giulia Mureddu - co-struisce il suggestivo “Good Vibrations”,andato in scena ieri al Teatro Studio: unospettacolo per due performer, chiamatituttavia a coprire anche il ruolo del con-certista. E di un “concerto per Lev There-min”, nelle parole dei coreografi, si tratta:il progetto è infatti incentrato sulla figuradel celebre fisico, inventore dell’omonimostrumento, ma soprattutto straordinarioesempio di esule e fuggitivo. Seduti dietroa un tavolo colmo di mixer e distorsori, Ja-copo Jenna e Francesco Casciaro ricor-dano più tecnici del suono che danzatori;al primo - magnifico nella capacità di unireatleticità e mimica facciale - spetta il com-pito di trasformare il palco in una sala diregistrazione, allestendolo con un tappetoe un microfono e dando vita ad una sinfo-nia di respiri e smorfie. Proprio il rumoredel respiro di Jenna - moltiplicato e di-storto da Casciaro, cui si deve la parte piùprettamente musicale dello spettacolo -costituisce il basso continuo su cui scrivereuna melodia di movimenti inizialmentesolo accennati, via via sempre più evidenti.Un processo che raggiunge il suo climaxnella seconda parte della performance,dove al respiro di Jenna si unisce, come inun coro, quello di Casciaro. Se la sugge-stione visiva è quella dei Beach Boys, aiquali i CANI rubano il titolo di una can-

di alessandro iachino

BIZZARRIE DEGLI OGGETTI

Lanterne di terra, di mare e fanali

zone, ciò che udiamo ricorda proprio ilsuono di un theremin. In America l’inven-tore trascorse solo una breve parentesi diuna vita raminga: morì nella Russia sovie-tica, dopo aver subito la violenza della pri-gionia e dei lavori forzati. Udendo undeterminato suono, il cane avrà sempreuna stessa reazione: e a un determinato or-dine musicale, Jenna/Theremin esegue undeterminato gesto. Spogliatosi dall’abitoelegante che indossava nei primi due mo-vimenti del concerto, Jenna adesso è soloun cane di Pavlov, un mero esecutore diuna volontà esterna, costretto a compieregesti assurdi e ripetitivi. Unica liberazione,possibile e paradossale, dalla gabbia che ilsuono del respiro ha creato è un’apnea,lunga fino a diventare fatale. La ricerca dinuove soluzioni coreografiche, il lavorosulla respirazione, il dialogo con la musicaforniscono gli strumenti su cui muovereuna più ampia riflessione: il teatro sembraavere qualcosa da imparare, dalla danzavista allo Zoom Festival.

Per unteatromondo

Perrespirosolo

dalla collezione

di Rossano

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.com sabato 8 novembre 2014no98 PAG.9C.com VISIONARIA

di simonetta [email protected]

In alto la scrivania di Balzac, a destra la sua tombanel Cimitero di Père-Lachaise. Sopra Victor Hugo

Le case dove abitarono Honorè deBalzac e Victor Hugo insieme almuseo della Vita romantica, untempo casa del pittore Ary

Scheffer dove George Sand sog-giornò per lunghi periodi, sono oggii tre musei letterari di Parigi con unampia documentazione di mano-scritti e prime edizioni degli scrittori.Hugo vi abito dal 1832, Balzac dal1840 e in entrambe essi trascorserol'ultimo periodo della loro vita. E' in-teressante visitarle, perché attraversola loro ubicazione e le testimonianzecustodite in spazi così intimi si perce-pisce quasi fisicamente come i duescrittori coetanei, Balzac nacque nel1799, Hugo nel 1802, abbiano avutovite tanto diverse. La maison deVictor Hugo è situata nella bellissimaPlace des Vosges, nel cuore del Ma-rais, al secondo piano del prestigiosopalazzo Rohan Guéménée costruitoda Isaac Armaud. In questo apparta-mento di 280 mq Hugo vi scrisse lesue opere più conosciute: I misera-bili, I lavoratori del mare e L'uomoche ride. Nonostante mille vicissitu-dini, la morte della figlia e del generoper annegamento, poi quella dellamoglie e del fratello, la pazzia dell'al-tra figlia, Victor Hugo nella vita nonsi arrese mai. Poeta, saggista, padredel Romanticismo, pari di Francia edeputato dell'Assemblea Costituente,la sua fama di letterato impegnato inpolitica crebbe anche negli anni del-l'esilio voluto da Napoleone III. Alsuo ritorno in patria il salotto di Placedes Vosges si riaprì con rinnovato in-teresse a letterati, poeti e musicisti.Hugo muore nel 1885. La sua salmavenne esposta per una notte sottol'Arco di Trionfo vegliata da dodicipoeti e tumulata al Pantheon appenainaugurato. La Maison de VictorHugo oggi non rispetta più la dispo-sizione originaria perché è stata orga-nizzata in modo da ripercorrere le trefasi principali della sua prestigiosavita, prima, durante e dopo l'esilio aGuernsey. Sono rimasti alle pareti ri-vestite in ricco damasco rosso i ritrattidi famiglia, è stato ricostruito l'arre-damento e i decori dell'incredibilestanza cinese disegnati dallo stessoHugo, insospettabile designer, per lacasa della sua amante di sempre Ju-liette Drouet e la sala da pranzo diispirazione medievale, anche questaprogettata dallo scrittore, accanitocollezionista di mobili antichi.La Maison de Balzac è una dimoramodesta in Rue Raynouard, 47 nelquartiere di Passy, antico borgo dicampagna alle porte di Parigi, vicinoal Bois de Boulogne. Inseguito daicreditori, dopo aver cambiato ben un-dici abitazioni, lo scrittore vi si trasferìsotto il falso nome di Breugnol cheera quello della governante-amante.A Balzac era piaciuto di questa casa,che lui credeva “un rifugio tempora-neo”, la tranquillità, il delizioso pic-colo giardino e soprattutto un

secondo ingresso sulla poco frequen-tata Rue Berton che gli avrebbe per-messo di scappare da qualcheinopportuna visita. La sua vita si eradipanata tra successi letterari, onori-ficenze, era stato decorato con la Le-gion d'Onore, imprese geniali, comeaprire una casa editrice per stamparedelle edizioni economiche, ideanuova per l'epoca, o fantasiose, comeuna coltivazione di ananas a Parigi olo sfruttamento di certe miniere d'ar-gento in Sardegna già abbandonate intempi antichissimi. Progetti finanziatidalla famiglia, amici e amanti cheavevano il solo risultato di essere fal-limentari e di accumulare debiti. Nelsuo rifugio di Rue Raynouard Balzac hacreato i suoi più bei romanzi come Lacugina Bette e Splendori e miserie dellecortigiane e il suo capolavoro La com-media umana. Nella casa rimangonomolte testimonianze dello scrittore. Lapiù commovente è la sua scrivania, sullaquale scriveva per ore che “ha vistotutte le mie miserie, cancellato tutte lemie lacrime, ha conosciuto tutti i mieiprogetti, sentito tutti i miei pensieri”.Sposò dopo una lunghissima relazioneamorosa epistolare la contessa EvaHanska. Ma anche quel matrimonioche Balzac credeva essere la salvezzadi tutti i suoi guai fu una delusione: lanobile polacca, per una serie di disav-venture, non era più ricca come untempo. Muore qualche mese doponel 1850 e viene tumulato al cimiterodi Père Lachaise. Nell'orazione fune-bre che Victor Hugo fece in onoredell'amico così gli dette l'ultimo sa-luto: ...questo vigoroso lavoratore maistanco, questo filosofo, questo pensa-tore, questo genio, ha vissuto inmezzo a noi una vita tempestosa dilotte e contese. Oggi è in pace, lasciale contestazioni e i livori....

splendorie miseriedelle vitee delle case

virginia Panichia istambul

L’estate di orazio

di massimo [email protected]

SCAVEZZACOLLO L’APPUNTAMENTO

Carpe Infraditum. Jeans procra-stina. Piuminum postero. Pa-shmina in sequitur.

CONTEMPORARY İSTANBULMete Cad. Yeni Apt. No:10/1134437 Taksim, İstanbul,www. contemporaryistanbul.com

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frammenti di una ricerca di normalità

LUCE CATTURATA

di alessandro [email protected]

MUSICA MAESTRO

In Italia i più noti compositori di co-lonne sonore sono uomini: Morri-cone, Piovani, Teardo, tanto per farequalche nome. Ma se leggessimocon attenzione i titoli dei film ci ren-deremmo conto che in molti paesistranieri anche le donne svolgonospesso questo ruolo. Basti pensare acompositrici come Anne Dudley(Full Monty, La moglie del soldato),Lisa Gerrard (Il gladiatore, La pas-sione di Cristo) e Rachel Portman(Non lasciarmi, Still Life). Il loro numero cresce se conside-riamo anche quelle che compon-gono per film non distribuiti inItalia, come la maggior parte diquelli realizzati nei paesi scandinavi.Il disco Music for Film and Theatre,che raccoglie musiche composte daRebekka Karijord, ci offre l’occa-sione di colmare in parte questa la-cuna. Al tempo stesso ci permette diconoscere un’artista molto partico-lare: contrariamente alla maggiorparte di coloro che scrivono musicaper film, Rebekka è anche attriceteatrale e cinematografica. Il suo ap-proccio alla musica è quindi il fruttodi un coinvolgimento totale, anchese non sempre i due ruoli convi-vono.Rebekka Karijord è una norvegesetrentottenne nata nelle Lofoten, unarcipelago situato a nord del CircoloPolare Artico. Figlia di artisti, ha im-parato a suonare il piano e il violinoin tenera età. Ha cominciato a stu-diare recitazione e danza prima ditrasferirsi a Stoccolma. Nella capi-tale svedese ha perfezionato questediscipline. A 17 anni ha cominciatoa lavorare per un’importante casa di-scografica, ma ha rotto la collabora-zione quando ha capito che questavoleva lanciarla come cantante pop.Quindi ha cominciato a lavorare peril cinema e per il teatro, sia come at-trice che come musicista. La compositrice norvegese ha dimo-strato una chiara preferenza per glispettacoli che trattano temi di ri-lievo sociale. Il documentario Deandre (Nowhere Home) si concentrasul problema dei rifugiati. My Nameis Rachel Corrie racconta la tragediadella pacifista statunitense uccisadall’esercito israeliano mentre mani-festava contro l’occupazione dei ter-ritori palestinesi. Jag Ser Dig (I SeeYou) descrive il travaglio interiore diuna ragazza cieca dall’adolescenzaall’età adulta.All’inizio del nuovo secolo l’artistaha sentito il bisogno di ampliare ul-teriormente il proprio orizzonte ar-tistico e ha cominciato a comporremusica slegata dal contesto filmico oteatrale. Neophyte (2003) è il CDche ha segnato l’inizio di questonuovo capitolo artistico. Quindi ne ha realizzati altri tre, do-podichè arriviamo finalmente a

Rebekkaartistatotalewww.davidevirdis.it

www.confotografia.netdi davide virdis

per ConfotogRafia

L’aquila 5 anni dopo

settembre 2014

La città interrotta

Music for Film and Theatre. In preva-lenza strumentale, il disco raccogliemusiche composte fra il 2007 e il2013. Un’idea benvenuta, grazie allaquale possiamo conoscere composi-zioni che altrimenti sarebbero rima-ste inaccessibili. “Madrigal” è unintreccio di voci ed effetti elettro-nici, mentre “Waltz for Norma” è unintermezzo pianistico con brevi in-terventi vocali. “Salhus” è un deli-cato impasto di piano, chitarra ecoro. Il piano di Rebekka è protago-nista anche nella melanconica “An-chor Boy”. L’intenso coro femminiledi “Kjære Gud Jeg Hat Det Godt” ri-chiama vagamente quelli del celebreMystère des Voix Bulgares.La strumentazione è ricca, conarchi, tastiere e fiati in evidenza. Re-bekka suona fra l’altro piano, fisar-monica e chitarra, oltre a cantare. Un disco ben riuscito, a tratti affasci-nante, un artista che merita di essereseguita con attenzione. Merita unappunto, semmai, il fatto che le notesiano ridotte all’essenziale, senza i ti-toli dei film e delle opere dai qualisono tratti i brani.

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controllate

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La mostra si basa sullesperienza so-ciale e didattica dell’autore, iniziatanel 2006 in Serbia, con la costru-zione di una gigantesca scultura di

Pinocchio, realizzata con prodotti ali-mentari industriali, poi donati ad un or-fanotrofio di Belgrado. Successivamente a Tokyo, presente conun Pinocchio gonfiabile alto 15 metri,realizzato con il contributo dei bambinidelle scuole elementari giapponesi, checon le loro divise alla marinara si potreb-bero dire usciti anacronisticamente, pro-prio dalle Avventure di Pinocchio. Glistessi bambini giapponesi si sono occu-pati (e lo fanno periodicamente ognianno per una certa ricorrenza) di gon-fiarlo contribuendo così a dare vita “conun soffio” ad un Golem positivo, se posi-tiva può essere considerata la figura di Pi-nocchio. Il terzo, quello di legno di 6 metri di al-tezza è costruito da frammenti di altri pi-nocchi che le 2 fabbriche che in Italiarealizzano tali gadget in legno hannomesso da parte per l’artista su sua richie-sta, sarà esposto da Sensus. Si tratta di pi-nocchi difettati che il Malagigiricompone come fosse un Pinocchio tra-dizionale, ma avvicinandosi si nota, coneffetto divisionista, che è fatto da migliaiadi pinocchini o frammenti di pinocchi,questo fa riflettere sul concetto di"scarto". Questo gigante, icona della cittàdi Firenze, non è mai stato esposto in Ita-lia.Gli scarti della lavorazione industriale oartigianale se non addirittura casalinga,stanno su di un ambiguo argine, comesospesi in attesa di poter essere usati an-cora, in maniera diversa, per altre produ-zioni, per esempio, in cucina le foglie dicavolo usate inizialmente per gli involtini,se difettate diventeranno ingrediente perla ribollita (tipica minestra fiorentina,partecipe col suo concetto di lesina all’at-mosfera stessa del romanzo di Collodi),oppure diventare irreversibilmente ri-fiuti. Coi rifiuti si entra in un altro appa-rato sensibile che permea il faredell’artista che dichiara:"È già un fatto che i rifiuti non esistonopiù. Il legno è una materia che va amata,bisogna volerle bene”, ipotizzando unmondo consapevole dove la costosa pro-duzione di rifiuti non sia più un attana-gliante problema, ma una risorsasostenibile. Pinocchio stesso è formatoda frammenti culturali e commerciali in-sieme, il romanzo, infatti è conosciutis-simo e paradossalmente non letto se nonnei suoi luoghi mitici: le bucce di pera, laFata Turchina, il pescecane che tutti chia-mano, non si sa perché, balena, Mangia-fuoco, il Paese dei Balocchi e tutto il suocontorno da romanzo gotico di tristi pe-nombre, assolutamente non compreso.Il burattino non si realizza e non si evolvemai e il suo contorno, come in un quadrodi Bosch, è popolato da giudici che con-dannano gli innocenti, da raggiri e catti-verie, da pentole fumanti dipinte peraggirare la miseria, dal continuo bondageistituzionale praticato dai carabinieri colloro scattar di manette, da una moraleopportunista dove al lavoro si preferisce

GALLERIE&PLATEE

di Claudio [email protected] metamorfosi

edoardomalagigia sensus

di sara [email protected]

KINO&VIDEO

Torna l’approfondimento culturale al-l’Auditorium Stensen di Firenze (via DonMinzoni) che per l’undicesima edizionedel Novembre Stenseniano continua nelsuo percorso di informazione, ridefi-nendo alcuni concetti chiave quali ErosFilìa e Agape. Da stasera al 14 febbraio2015 oltre venti ospiti tra psicologi, teo-logi, scienziati e filosofi (da Remo Bodeia Don Colzani a Aldo Stella) affronte-ranno il tema delle relazioni umane algiorno d’oggi, tra crisi e rivoluzioni tec-nologiche, dalle nuove forme di genito-rialità alle passioni sportive, dal rapportotra sessualità e consumismo fino alla cor-relazione tra libido e tecnologia, corpo epulsioni (ingresso libero). Nel primo ap-puntamento, Aldo Stella e Don GianniColzani, moderati da Sergio Givone, par-leranno degli aspetti storico-filosoficidella riflessione amorosa fino a com-prenderne le implicazioni di natura teo-logica. L’amore tra genitori e figli el’amore mistico verranno messi a con-fronto il 6 dicembre da Anna OlivieroFerraris e Marco Vannini, mentre Lui-sella Battaglia e Duccio Canestrini pre-senteranno una conferenza

sull’innamoramento tra generazioni eculture differenti con un focus sugliAmori selvaggi – dall’esotismo al consu-mismo. Fra gli incontri, anche quello conil filosofo Remo Bodei e Giuseppe Riva(Università Cattolica del Sacro Cuore)ospiti il 31 gennaio per un dibattito sul-l’amore per le cose e le relazioni digitali.Invece Paolo Mugeri (Università di Mi-lano) e Simona Argentieri (AssociazioneItaliana di Psicoanalisi) affronteranno lacontroversa relazione tra libido e tecno-logia (15 novembre). Dal 13 gennaio alciclo di incontri si affiancherà una rasse-gna cinematografica, che cercherà di of-frire una risposta alla domanda “Che

forma ha l’amore oggi?”. Tra questi, Fa-ther and Son, vincitore a Cannes 2013(Premio della Giuria), che mette inscena il contrasto tra i legami di sangue equelli d’affetto (13 gennaio), Verso il sud,opera di Laurent Cantet sul turismo fem-minile legato al sesso (20 gennaio), Ilcaso Kerenes, Orso d’oro alla Berlinale2013, The Sessions sul rapporto tra ses-sualità e disabilità, fino al paradosso tral’amore omosessuale e l’ideologia vio-lenta delle correnti neonaziste per Bro-therwood. “Questa edizione delNovembre Stenseniano – spiega P.Ennio Brovedani sj, Presidente dellaFondazione N. Stensen – si proponequale occasione e luogo di informazionee riflessione comune su alcune formenuove e inedite di relazioni umane, tantoreali quanto virtuali, che prospettano evi-denti vantaggi e benefici, ma anche il ri-schio di alterare esperienze, sentimenti ecomportamenti consolidati da secoli,senza disporre ancora di adeguati stru-menti di valutazione e previsione dellepossibili conseguenze”. www.stensen.org.

L’amore al tempo della crisi

piantare, come magica semenza, moneted’oro. Quindi è costituito da pezzi, comea pezzi è stato scritto il romanzo da Col-lodi, e fa bene il Malagigi a volerlo rias-semblare in forma di colosso facendonecombaciare i frammenti con una tecnicadi molatura che sarebbe piaciuta a Gep-petto.Le cose e gli oggetti si trasformano con-tinuamente, quelle organiche apparte-nenti al mondo naturale ad opera delloro corso vitale, degli eventi atmosferici,dell’inarrestabile attività umana, tuttoall’interno della capsula temporale chele accoglie. Malagigi interviene suquanto elaborato dall’uomo e scegliedalle fasi variabili all’interno della catenaproduttiva industriale sempre un mo-mento precedente a quello in cui gli og-getti, trapassando dal loro fulgorerappresentativo in termini di desiderabi-lità, stanno per abbandonarci, diven-tando rifiuti. Questa soglia, metafora delconsumismo che si auto alimenta, vienemantenuta dall’artista (titolare, all’Acca-demia di Belle Arti di Firenze, del corsodi design e responsabile delle relazioniinternazionali) con l’artificio dell’arte inuno stato perdurante di vita artificialeoltre la loro data di scadenza, che ne per-mette un eterno stato d’uso, che travalical’appartenenza al mondo della materiafisica per divenire puro pensiero.Dal 14 novembre 2014 al 28 febbraio2015 a Sensus viale Gramsci 42/a Fi-renze, aperta al pubblico il venerdì e il sa-bato dalle 18 alle 20 e su [email protected] – www.sensus-storage.com

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orfici

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La musica è quasi sempre dedicata aqualcuno: dall’oggetto dell’ispirazionefino al committente. Ma in certi casi ladedica è così legata al contenuto del-l’opera da essere parte integrante e im-prescindibile dell’opera stessa.È ciò che accade nei brani con “Dedi-che particolari e sorprendenti” delconcerto di domenica 9 novembre aFirenze per Suoni Riflessi (ore 11 dimattina, Sala Vanni): un percorso mu-sicale che sarà introdotto dal musico-logo Alberto Batisti, direttore di ReteToscana Classica, e che vedrà come in-terpreti l’ensemble Nuovo Contrap-punto e Mario Ancillotti nella doppiaveste di flautista e direttore, nonché ilpianista Antonino Siringo nell’esecu-zione di Bach.Non esisterebbeinfatti il ‘Capric-cio sopra la lon-tananza delfratello dilettis-simo Bwv 992’di Johann Seba-stian Bach,prima brano inprogramma, se non fosse legato stretta-mente alla vita del giovane Bach, al suoaffetto per il fratello Jakob e al ramma-rico per la sua partenza, invano contra-stata, al seguito di re Carlo XII diSvezia, come oboista nella sua orche-stra. I tempi del Capriccio descrivonoamabilmente i tentativi di Johann Se-bastian e degli amici di fargli cambiareidea: l’adagio è una lusinga per tratte-nerlo, il successivo andante una rappre-sentazione dei pericoli nei Paesistranieri, l’adagissimo è un lamento ge-nerale degli amici, e così via, in un gio-vanile capolavoro che si può quasidefinire “musica a programma”.Anche la composizione ‘Ricercarequarto per flauto e quartetto d’archi –Pappagalli verdi, cronache di un chi-rurgo di guerra’ di Fabrizio De Rossi

Re, alla prima esecuzione assoluta, nonè pensabile senza il dedicatario GinoStrada, che è non solo fonte d’ispira-zione ma vera e propria materia deltessuto musicale. Come dice infattil’autore De Rossi Re, «la dedica aGino Strada nasce dal voler immagi-nare un ideale percorso sonoro all’in-terno dei suoi viaggi nei tanti territorimartoriati: dall’Iraq al Ruanda, dal Pa-kistan all’Afghanistan, dalla Cambogiaall’Angola, in un percorso eroico, diprofonda e laica dedizione, nel cuoredell’inferno terreno». La stessa impre-scindibilità della dedica sussiste nelterzo brano musicale che sarà eseguito,‘Arioso in memory of WolfgangSchulz’ per flauto e archi di Nishimura,uno dei più celebri compositori giap-ponesi viventi, che scrisse e dedicò

questo commovente brano all’amicoWolfgang Schulz, magnifico flautistasolista dei Wiener Philharmoniker, de-ceduto la primavera scorsa. Ad ese-guirlo sarà Mario Ancillotti, proprio luiche dovette sostituire Schulz comeflautista solista nel prestigioso KusatsuFestival di cui Nishimura è direttoremusicale. E anche nell’ultima composizione inprogramma, l’‘Idillio di Sigfrido’ (per13 strumenti) di Richard Wagner, ladedica è la ragione stessa della sua esi-stenza. L’Idillio di Sigfrido è infatti il re-galo di compleanno che RichardWagner fece alla seconda moglie Co-sima. L’esecuzione si tenne a sorpresanella villa di famiglia, al risveglio dellaconsorte, la mattina di Natale del 1870,nella quale lei festeggiava il suo trenta-treesimo compleanno. I tredici musici-sti raggiunsero la casa di Richard aLucerna e, dopo aver accordato glistrumenti in cucina, si sistemarononella scala che portava alla camera daletto di Cosima. Alle sette e mezza delmattino, cominciarono l’esecuzione di-retti da Wagner stesso e Cosima fu sve-gliata dalle note di quell’Idillio.

di simone [email protected]

LETTERE&LETTERATI

iniziano stasera con una PedalataLetteraria dedicata a Dino Cam-pana a Marradi le celebrazioni delcentenario della pubblicazione dei

“Canti Orfici”, il libro, l’unico,. del poetamarradese. Un programma denso cheva dall'incontro con l'antropologo delpaesaggio Matteo Meschiari “Unanuova melodia selvaggia. Geografiecampaniane” (Chiesa di Santa Ver-diana, Firenze, 18 novembre ore 17),alla mostra di manoscritti (a partire da“Il più lungo giorno”, il grado zero dei“Canti Orfici”) documenti e immaginialla Biblioteca Marucelliana di Firenze(27 novembre ore 17), dalle mostre al-lestite alla Fondazione “Primo Conti” aFiesole e al Gabinetto “G.P.Vieusseux aFirenze, fino allo spettacolo “Canti Or-fici #Visioni” della Compagnia Kryp-ton al Teatro Studio di Scandicci.Ma qui vorrei soffermarmi su una pic-cola perla di questo centenario: la ri-stampa anastatica dei “Canti Orfici”,fedele e accurata, del libro stampatodalla tipografia Ravagli nel 1914, in uncofanetto che racchiude anche un qua-derno critico di introduzione e notabio-bibliografica a cura dello scrittore estudioso argentino Gabriel Cacho Mil-let e un CD audio con i CANTI OR-FICI letti per la prima voltaintegralmente da Claudio Morganti.Realizzato dalle Edizioni Cronopio evoluto dall’associazione “Cometarossa”, l'edizione anastatica si fondasulla copia del libro di proprietà diPrimo Conti e, dunque, realizzata conla collaborazione con l'omonima Fon-dazione di Fiesole. Un progetto edito-riale realizzato senza contributi pubblicie che l'associazione “Cometa rossa” havoluto, a proprio rischio e pericolo fi-nanziario (esattamente come Campana100 anni fa), per risarcire il poeta degli“oltraggi editoriali” inflitti ai “Canti Or-fici” in questi cento anni e dare a Dinoquel che doveva essere di Dino, ovverouna stampa “vera” (“Scrivo novelle poe-tiche e poesie: nessuno mi vuole stam-pare e io ho bisogno di essere stampato:per provarmi che esisto, per scrivere an-cora ho bisogno di essere stampato. Ag-giungo che io merito di essere stampatoperché io sento che quel poco di poesiache so fare ha una purità di accento cheè oggi poco comune da noi"). L'asso-ciazione ha lanciato una raccolta difondi offrendo il cofanetto a tutti coloroche vorranno aderire all’associazione,versando la quota associativa di 20 eurosul ccb n.1000/00018273 presso BancaCR Firenze, Filiale Firenze 51, Piazzadella Repubblica 16/R, IBAN IT45U061 6002 8951 0000 0018 273, inte-stato a ‘”Cometa Rossa’”, indicandocome causale “Quota associativa 2014”e riportando nella causale stessa il reca-pito presso cui ricevere il cofanetto.Sono i miracoli di Campana che, bru-ciato dalla sua passione poetica, tra-smette questo fuoco sacro e folle lungoi decenni, senza accennare a spegnersi.Tenere in mano questa anastatica, ri-leggerne le potenti poesie impresse ir-regolarmente col piombo di un secolo

a cura di Lorenzo [email protected]

SU DI TONO

dediche particolari e sorprendenti

di Canti

100anni

fa, ti fa avvertire il dolore dell'uomo ne-gletto dalla comunità dell'accademiapoetica (Papini & co.) che oggi i piùhanno (giustamente) dimenticatomentre lui ancora vive perché i suoiversi sono meravigliosi, perché è elet-trico, perché sta dentro – lui isolatomontanaro venuto su a pane, castagnee letture eterodosse e irregolari – legrandi correnti poetiche dei “male-detti” d'Oltralpe e d'Oltreoceano. Im-magini potenti, dirompenti e delicateche ancora oggi, ne abbiamo riscontriogni giorno, infiammano giovani emeno giovani talvolta ignari della poe-sia, che prorompono da questo librounico e continuano a parlarci, ad ur-larci in faccia la follia del mondo che sicrede normale, da quella torre barbarasui monti dell'Appennino

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.com sabato 8 novembre 2014no98 PAG.13C.com HORROR VACUI

A cosa serve pensare ogni tanto di

fuggire dall’attorcigliamento della

vita illudendoci di recarsi altrove?

Forse è utile per andare avanti con-

vincendoci che non si può scappare

e che la vita è il solo luogo dove si

può continuare ad esistere.

dise

gni d

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ldo

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.com sabato 8 novembre 2014no98 PAG.14

di Paolo [email protected]

RI-FLESSIONI

Le uccidono il figlio e il giornali-sta le domanda, il giorno dopo:“Li perdona?”. Che cosa rispon-derà la donna? Non è ancora de-

posta la salma nella bara chel'incauto, l'insolente, il misero si per-mette di trasformare il masso in unafoglia, noncurante di quella madre. E'il portato di un tempo in cui l'infor-mazione e la comunicazione pigianotutto in una affollata, confusa con-temporaneità, oppure è solo l'igno-ranza di uno pseudo-professionista?E' la pretesa implicita di impacchet-tare, distribuire e lasciar consumarerapidamente ogni notizia, secondoritmi che bruciano i fatti nel marginedi poche ore o è la malintesa legge-rezza di un uomo che per guada-gnarsi il pane ha dimenticato cheanche il pane esige un impasto, unacottura, una lievitazione? Si sta parlando di un passaggio deli-cato della vita umana, come si intui-sce dalla Bibbia, che mi piace citareavendo pur chiaro che il perdononon è prerogativa di uno spirito reli-gioso. Nel Libro dei Proverbi (25, 21-22) “se il tuo nemico ha fame, daglipane da / mangiare, / se ha sete, dagliacqua da bere; / perché così ammas-serai carboni ardenti / sul suo capo /e il Signore ti ricompenserà”, mentrenella prima lettera di Giovanni (3,14.15) “chi non ama rimane nella

tempo per abbracciare e un tempoper astenersi dagli abbracci, (…) untempo per la guerra e un tempo perla pace”. Poche righe bastano a trat-teggiare i contrasti, la sofferenza, lafatica: il perdono sarà verosimil-mente l'esito di un processo tutt'altroche semplice, nient'affatto scontato.Si tratterà, per lo più, di una elabora-zione o 'scoperta' lenta, progressiva,comunque intima e spontanea, for-s'anche o senz'altro di una 'libera-zione' (speculare e opposta a quellache la conversione procura al malva-gio di turno, per esempio all'Innomi-nato manzoniano): colui cheperdona rimette a nuova vita la pro-pria anima, seppellisce quella speciedi morte che l’aveva appesantita; ilperdono è uno stato di grazia chepervade l’offeso, più importante perquegli che per l’offensore. Il perdonoè, in poche parole, anzitutto per sestessi. E il tempo? Per quanto si tratti di unacategoria della coscienza, esso è –come sostiene Lee Smolin – qual-cosa di reale; è il nostro quadro di ri-ferimento e come tale – aggiungo -non si può comprimere o tagliare. Bi-sogna saper rispettare il tempo diogni cosa, il tempo di ogni uomo,compreso il tempo che gli occorreràper giungere liberamente e incondi-zionatamente, al riparo da ogni intru-sione, ad una stazione così pienadella propria esistenza.

morte. Chiunque odia ilproprio fratello è omicida”.Nondimeno sarà difficilepretendere che una per-sona possa riuscire a farecome Stefano, che pregaper i propri carnefici men-tre lo lapidano e chiede alSignore, prima di spirare,di “non imputar loro que-sto peccato” (Atti degliApostoli, 7, 54.60) o comeGesù crocifisso che dice“Padre, perdonali, perchénon sanno quello chefanno” (Luca, 23, 34). Co-munque ci si accosti a que-ste pagine, il perdono vi èdelineato come un puntodi approdo necessario perl'uomo ma da nessunaparte sta scritto che saràimmediato, automatico,certo. Al contrario. I Pro-verbi (20, 22) ammoni-scono di “non dire: “voglioricambiare il male”, / con-fida nel Signore ed egli tilibererà” e nella paraboladel servitore spietato(Matteo, 18, 23.35) è spie-gato che “così anche il mioPadre celeste farà a cia-scuno di voi, se non per-donerete di cuore al vostrofratello”; quindi tocca alQoelet spiegare che “c'è un

il perdonoai tempidell’iPhone

e le sue

di angela [email protected]

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Alogo di Dimitris Chiotopoulos è lamostra, curata da Giuliano Serafini,alla Galleria La Corte Arte Contem-poranea di Firenze visitabile fino al18 novembre 2014. Sono dieci teleche fanno parte di un più ampio pro-getto dell’artista dal titolo “Total Art”,dieci variazioni cromatiche di unastessa icona, appunto alogo dal grecomoderno cavallo, anzi due sagome dicavalli che si fronteggiano, si abbrac-ciano e si fondono nella dispersionecromatica al limite della riconoscibi-lità. Sono dieci tavole come i dieci co-mandamenti, dieci tavole ognuna diun colore diverso, dieci icone che citrasmettono un particolare messaggioespresso anche dai colori usati dall’ar-tista. Le immagini sono fuori daltempo e dallo spazio trasfigurate elontane dalla fisicità. I corpi dei ca-valli acquisiscono dissolvenza, astra-zione e incorporeità, il colore diventagioia dello spirito proprio come nelleicone. Ci smarriamo nelle figure chesi disperdono in belle e corpose pen-nellate con un movimento verso l’altoche smaterializza le forme dipinte. Laposizione delle tele richiama un cer-chio, le dieci opere ci ricordano che ilnumero dieci è la perfezione concer-nente lo spazio-tempo circolare e in-dica il cambiamento che permettel’evoluzione e la crescita spirituale.

Entrare in galleria è scoprire enormicarte dei tarocchi con le quali pos-siamo giocare a leggere il nostro fu-turo, ci sentiamo parte di un tutto checi fa scordare il particolare per entrarein una dimensione universale e arri-vare direttamente all’origine: “…in-

tercettare la visione perché da quelflash emanasse l’essenza “spirituale”del cavallo, la sua anima..” scrive Giu-liano Serafini. Queste tele ci aprono,inoltre, al ricordo di un antico monu-mento, il cerchio di pietre. La mostradi Dimitris Chiotopoulos è ricerca

dell’essenza, Alogo diventa opportu-nità di evoluzione spirituale per ab-bracciare il tutto unico dove lafusione diviene conoscenza e l’es-senza è l’esistenza. Alogo di DimitrisChiotopoulos si fa, quindi, essenzastessa della vita.

alogodispersionecromatiche

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.com sabato 8 novembre 2014no98 PAG.15LETTERE&LETTERATI

sono molti i modi per ricordarela figura di un grande poetacome Mario Luzi - conferenze,convegni, spettacoli – a cento

anni dalla sua nascita. TrekkingItalia,sezione di Firenze, associazione dedi-cata alla scoperta dei valori ambientali,l’ha inteso fare alla sua maniera, senzarimanere nel chiuso di una sala, per-correndo luoghi legati al suo ricordo, apagine della sua poesia, da Castello alleporte di Firenze, al fiume Arno nellaparte a monte della città, da Bellariva,alla Cupola del Brunelleschi contem-plata da Villa Bardini (Fiore nostro fio-risci ancora). Sono ancora inprogramma prossimi trekking – poe-tici, si suol dire, per la parte che ha lapoesia – dedicati al Bisenzio, lungo gliargini del fiume, in memoria della ce-lebre composizione tratta da Magma,alla vista dell’Amiata e dei monti dellaVal d’Orcia (possibilmente in una gior-nata di sole …) da Montesenario, aduno “sguardo” della città, dall’alto, daSettignano, leggendo “Il viaggio terre-stre e celeste di Simone Martini”:“E’ là, lei, la Gran Villa/ che brulica eformicola/ di là dal fiume. Lo tenta e lorespinge, / ostica, …”Nello zaino portiamo i libri più amatidi Mario Luzi, per leggere i versi piùsuggestivi ad alta voce, insieme, fracompagni dell’escursione. E’ sempreuna scoperta di nuove corrispondenze

di Roberto [email protected]

di Letizia [email protected]

ODORE DI LIBRI

mario Luzi,all’aria aperta

fra il suono delle parole, le emozioni su-scitate, i paesaggi incontrati nel nostrocamminare. La poesia di Mario Luzi –fuori da ogni retorica delle riunioni uf-ficiali – si rivela a portata di mano ditutti noi, si scioglie nell’aria, dalle vocidi tutti noi, le immagini che ci proponesono davanti a noi, vere, reali, sono iltramite per rinnovare il riconoscimentoe l’affetto per il “nostro” poeta.

La strada tortuosa che da Siena conduce all’Orciatraverso il mare mossodi crete dilavateche mettono di marzo una peluria verde …

Mario Luzi,“Su fondamenti invisibili”

Conoscere la Grande Guerra neisuoi particolari significa anchestudiare la storia del fumetto. Oviceversa. In occasione dell’anni-versario della fine della primaguerra mondiale che si è svolto loscorso 4 novembre, nell’anno delcentenario del suo inizio, il LuccaComics ha tenuto un incontrosulla stretta relazione tra fumettoe guerra. Venerdì 31 ottobre, nellacornice suggestiva della città diLucca, animata dai colori e la fan-tasia di fumetti, vivi e non, si è te-nuto Bànghete – Italiani in guerranelle strisce disegnate. All’incontrohanno partecipato i docenti Clau-dio Gallo e Roberto Bianchi, ilgiornalista Renato Pallavicini e ilfamoso fumettista Mino Milani.È Roberto Bianchi a spiegarci chefu proprio negli anni del conflittoche la diffusione di massa dei fu-metti fece un passo in avanti. Daallora in poi, il mercato del fu-metto avrebbe continuato a cre-scere e ancora a crescere. “Ilconfronto con la storia è sempreun confronto difficile – ammetteRenato Pallavicini - c’è bisogno,come per ogni documentazione,di un’attenta e accurata ricerca eselezione delle fonti storiche”.Anche se poi i fumetti utilizzano

la guerra comesfondo per racconti diavventura. È il caso di“Lilith”, fumetto diLuca Enoch che hacome protagonistauna cronokillergiunta dal futuro sullaTerra, che deve ve-dersela, fra l’altro, conil periodo dellaGrande Guerra. Sullosfondo, la trincea.Oppure si può pren-dere in considera-zione il progetto diJacques Tardi, “Pu-tain de Guerre”, cu-rato con un’ampiaricerca di documenta-zione e fotografie:una serie di fumetticon didascalie moltoampie e un’accuratadocumentazione fo-tografica. Scene hor-ror, visioniapocalittiche, am-bienti classici dellatrincea fanno dasfondo al contenutodel fumetto. Che direallora dello stretto le-game tra propagandae guerra? È un eventoche spezza in duel’Europa e cambia ra-

Mario Francesconi, 4 ritratti di Mario Luzi

La grandeguerradentroil fumetto

dicalmente il rapporto tra Eu-ropa, colonie e resto del mondo.Roberto Bianchi parla del ruoloeccezionale che ebbe il “Corrieredei Piccoli” nella costruzione delconsenso. Rispetto agli altri paesiin Italia la creazione di quest’ul-timo risultava più difficile perchéesisteva una storia di “deficit diidentità nazionale”. In questosenso, il giornale “svolse un ruolodi primo piano nel tentativo dicostruire consenso per la guerra emobilitare i suoi lettori…”. Perfare questo furono arruolati i mi-gliori autori di fumetti (tra i qualiAntonio Rubino, Attilio Mussinoe “Gustavino” Rosso) , che diven-nero creatori di storie per soldatiancora bambini. Seppure la storiadel fumetto abbia registratoun’importante punto di rotturastilistico negli anni ’60 ’70, acento anni dalla prima guerramondiale esiste ancora una di-scrasia tra una rappresentazionedella guerra che predilige unasua visione estetica nonché fattadi forme narrative tradizionali ela volontà di raffigurare i veriprotagonisti, che sono piccoliuomini, i quali niente possonosui grandi eventi della Storia. Unesempio di questo tipo di fu-metto è “Unastoria”, l’ultimo la-voro di Gipi edito da Cocoinonel 2013.

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.com sabato 8 novembre 2014no98 PAG.16C.com ICON

di michele [email protected]

giuseppe Zanini, in arte Nino Za,nasce a Milano l'11 dicembre1906. Nel 1927 a Genova si esibi-sce sul palcoscenico del cinema–

teatro Buenos Aires con il nome d’arte“Nino Za” improvvisando rapidissime ca-ricature di personaggi dell’epoca. Lavoranei teatri di avanspettacolo di altre città ita-liane, tra cui il cinema–teatro Merulana(ora Brancaccio) e il Bernini di Roma.Nel 1930 si trasferisce a Udine presso lezie materne, iniziando l'attività di caricatu-rista che lo pone rapidamente tra i mi-gliori, con caratteristiche e stilepersonalissimi. Ritrae alcuni volti di citta-dini più famosi al caffè Contarena. Allabase di Campoformido (UD) conosceràil pilota Guido Rossi e diventerannoamici: la sua caricatura primeggerà tra igrandi assi del momento. Qualche annodopo disegna lo stemma per il 6° Stormodella Regia Aeronautica di Ghedi (BS): undiavolo rosso che sfreccia aggressivo inpicchiata.Chino Ermacora lo presenta al direttoredel “Piccolo” di Trieste con cui Nino Zaavvia una collaborazione con articoli e il-lustrazioni. La sua fama si espande, è ri-chiesto dai grandi alberghi di San Remo,Rimini, Venezia, Cortina d’Ampezzo e dalGrand Hotel dell’isola di Brioni, dove,oltre a realizzare numerose caricature, de-cora e cura l’allestimento del “Bar di notte”,organizza feste ed illustra la rivista perio-dica dell’albergo. Nei suoi soggiorni alGrand Hotel di Rimini il giovane Fellini,da dietro le siepi, lo guardava con ammi-razione e sognava di diventare come lui.Nel 1932 l’Elicromia Zacchetti di Milanogli ordina venti caricature di divi del ci-nema per farne una serie di cartoline chesono diffuse con successo in tutta Europa,tanto che gli sarà richiesto di eseguirne unaseconda serie.Nel 1935 l’editore tedesco Erich Zander loinvita a Berlino, con un contratto di treanni, a eseguire caricature di attori del ci-nema e del teatro da pubblicare sulle co-pertine del settimanale umoristico“Lustige Blätter” e nelle pagine interne delmensile “das Magazin”.Nel 1939 rientra in Italia per timore di es-sere tagliato fuori dell’approssimarsi dellaguerra. Si stabilisce a Roma, dove colla-bora a diversi giornali; tra questi “Il Tra-vaso” e “Film”, conosce il giovane Fellini e,nonostante la differenza di età, nasceun’amicizia che durerà tutta la vita.Nel 1942, in piena guerra, ritorna a Udine,dove continua la sua carriera di pittore ecaricaturista, fa ritratti alle belle signorefriulane e gli sono richiesti cartelli pubbli-citari dalle più importanti aziende locali,come Morgante, Candolini…Lega il proprio nome soprattutto a im-mortali "ritratti" dei maggiori divi del ci-nema, da Greta Garbo a Clark Gable, daFederico Fellini (suo grande ammiratore)a Sergio Tofano e a Sophia Loren.Tra il 1945 e il 1948, collabora con carica-ture di personalità friulane al giornaleumoristico “P.U.F.” (organo ufficiale delpartito umoristico friulano).Nel 1952 apre in via Mercato vecchio la“Piccola Galleria” presso il ristorante “AlMonte” prima galleria d’arte privata udi-

maestrocaricatureZa di

nese; il pubblico friulano non era ancorapreparato a mostre d’avanguardia e Zaninidurante le stagioni estive e invernali trasfe-riva la “Piccola Galleria” a Cortina d’Am-pezzo, dove c’era un pubblico piùinternazionale.Nel 1955 si stabilisce con la famiglia aRoma in via Margutta e un paio d’annidopo apre la “Galleria Zanini” in via delBabuino. Zanini, diviene uno dei più im-portanti mercanti d'arte attivo a livello na-zionale, e collezionò, nel corso degli anni

importanti opere d’arte di artisti quali deChirico, Campigli, Guidi, Mario Sironi,Carlo Carra', Filippo de Pisis, Renato Gut-tuso, Giuseppe Cesetti, Ottone Rosai, Fio-renzo Tomea e Arturo Tosi.Nel 1967 l’editore Domenico Del Duca faricercare Nino Za, di cui non si avevanonotizie dagli anni Quaranta, da un investi-gatore privato e rintracciatolo a Romanella figura del gallerista Giuseppe Zanini,gli chiede di eseguire una serie di carica-ture di cantanti e personaggi dello spetta-

colo per il settimanale “L’Intrepido”. Daglianni Sessanta Zanini collabora con varigiornali e riviste scrivendo racconti e storiedi vita vissuta.Nel 1981 è pubblicata una monografia sulcaricaturista “Nino Za” che rinverdirà ilsuccesso degli anni Trenta e cui segui-ranno una serie di mostre antologiche ediverse onorificenze.Nel 1996 muore a Roma l’11 marzo ed èsepolto a Reggiolo nella tomba di famigliada lui voluta.

di Burchiello 2000

Le iniziative e le decisioni “epocali”si sprecano di questi tempi! Nel les-sico minimalista, scautistico e un po’populistico su cui è declinato il di-battito politico dell’ultima stagione,si scommette più sugli aggettivi chesui sostantivi. Se il “sostantivo”, in-fatti, serve a denominare un’entità, adarle concretezza, il più modesto“aggettivo” si accorda invece col so-stantivo, qualificandolo: da cui l’ag-gettivo qualificativo, il dimostrativo,il possessivo, l’indefinito (questi ul-timi assai più impiegati).L’impiego del sostantivo, semmai, èora affidato al neologismo (co-strutto di nuova introduzione), ge-neralmente in inglese (fa più fino edè meno accusabile di “barbarismo”),da cui, per esempio “jobs act” chedovrebbe essere la nuova “legge suilavori” e non sul lavoro; dimenti-cando quanto questo neologismo siacontiguo al “job cut” (riduzione diposti di lavoro) o al “job loss” (per-

PASQUINATE

aggettivare!aggettivare!aggettivare!aggettivare!

dita di posti di lavoro) o altro an-cora. Così, nei vigorosi cinematismidella “politica parlata” sono in pro-gressivo disuso i sostantivi e trion-fano gli aggettivi, soprattutto sesuperlativi, possibilmente ripetuti araffica, così che si possano facil-mente incantare gli astanti. Sembraci sia una vera e propria officina delpotere della “politica parlata” prepo-sta ad épater les bourgeois! O cisbagliamo ?

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.com sabato 8 novembre 2014no98 PAG.17C.com REBUS ISPANICO

di fabrizio [email protected]

L’8 settembre 1233, giorno della nati-vità di Maria, sette giovani, apparte-nenti ad alcune delle più nobilifamiglie fiorentine, si ritirarono in pre-ghiera fuori delle mura, nel luogo incui sarebbe sorta la basilica di SantaCroce. La fama di santità si sparse ra-pidamente e quelli che sarebbero di-ventati i Sette Santi Fondatoridell’Ordine dei Servi di Maria eranoassediati dai fiorentini. Il vescovo Ar-dingo Foraboschi, per garantire la lorotranquillità, decise di donare loro unterreno di proprietà della Curia sulMonte Asinario, dove i sant’uominicostruirono una chiesetta, primo nu-cleo del santuario di Monte Senario.I sette si mantenevano con la questuaper le strade di Firenze e spesso per-nottavano in un piccolo ospizio atti-guo all’antichissimo oratorio di SantaMaria del Cafaggio: il “Cafaggio”, ciinforma il grande geografo EmanueleRepetti, era un termine longobardoche indicava un’ampia distesa bo-

schiva. Il cafaggio fiorentino si esten-deva nell’area compresa fra le attualiVia San Gallo e Borgo Pinti e l’orato-rio si trovava proprio al centro.Di pari passo con il Santuario diMonte Senario, cresceva anche l’ora-torio del Cafaggio che, di lì a pochianni, diventò una splendida basilica;nel 1252 i Servi di Maria diedero inca-rico a un giovane pittore, frate Barto-lomeo, di dipingere un affrescodell’Annunciazione della Madonna. Ilgiovane si era messo al lavoro dibuona lena ma, arrivato a dipingere ilvolto di Maria, non riusciva in alcunmodo a ottenere un risultato soddisfa-cente. Addormentatosi dopo ore divani tentativi, al risveglio trovò il di-pinto magnificamente completato, sidisse per mano di un angelo.I fiorentini gridarono al miracolo e

l’afflusso di pellegrini fu subito taleche si dovette realizzare, fra la catte-drale e la chiesa del dipinto miraco-loso (tuttora conservato nella cappelladell’Annunziata), una strada nuova dizecca che, in memoria dei “Santi delCafaggio”, prese il nome di Via dei

Servi.Se dunque i cittadini di Firenze pote-vano raggiungere in tutta tranquillitàla basilica della Santissima Annun-ziata, non altrettanto si poteva dire peri pellegrini che arrivavano da fuori viae che dovevano attraversare parte delcafaggio; le maggiori difficoltà si veri-ficavano la notte fra il 7 e l’8 settem-bre, quando arrivavano dal Mugello edal Casentino torme di contadini in-tenzionati a conquistarsi un posto inprima fila per le celebrazioni della na-scita di Maria e partecipare alla tradi-zionale fiera che si svolgeva nellaPiazza della Santissima Annunziata. Ilcafaggio pullulava allora delle lucidelle lanterne di carta con le quali ipellegrini illuminavano il cammino.I fiorentini osservavano con aria di su-periorità i “provinciali” e soprannomi-narono le donne “Fierucolone”, non sisa se per la partecipazione alla fiera ose per una qualche particolare intui-bile caratteristica fisica. Fatto sta cheda questo soprannome e dalla lan-terne prese spunto la “Festa delle rifi-colone”.

Piazza santissima annunziata

sacroe profano

di valentina [email protected]

Questo momento arriva quasiper tutti, come l’influenza, gliesami di maturità, il dente delgiudizio, e non puoi sapere

esattamente quando, ma sta di fattoche all’improvviso attorno a te scop-pia una specie d’epidemia… quelladelle amiche neomamme. La tua vita – un bel po’ meno dellaloro – cambia. Puoi fartela alla larga daloro per un po’, ma difficilmente con-dannerai all’ostracismo una buonaamica e cosi finirai anche tu per soc-combere al fascino del ciuccio e delbavaglino e ad adattarti ai loro nuovitempi e luoghi. Luoghi soprattutto. Il bagno, davanti alla vaschetta dove ilpiccolo sguazza con le paperelle, di-venta il luogo ideale per confessioni epettegolezzi, il parco il lacrimatoio perle pene d’amore.Poi, quando il freddo ormai è alleporte e las terrazas all’aperto non sonopiù praticabili, inizia il processo di se-lezione dei locali baby friendly. Sce-gliere dove andare a cena osemplicemente prendere un caffè puòtrasformarsi in una questione di stato.Bando ai posti raccolti e intimi, megliooptare per locali grandi, luminosi econ tetti alti, dove pianti e strepiti sidisperdono più facilmente e, soprat-tutto, niente scale e bagni dotati di fa-sciatoio. Per fortuna c’è semprequalcuno che a questo piccolo pro-blema organizzativo ci ha pensato giàe ha scritto un post o addirittura hacreato un blog. Provo dunque a goo-glare “bares para ir con niños Madrid”e, come volevasi dimostrare, appaionoimmediatamente un’infinità di blogspecializzati. Trovo una lista di 8 postia prova e a misura di bambino dove la

muffin, torta al cioccolato, torta per ce-liaci, cookies, pane e nutella, pane emarmellata...un attimo, pane e nutella?Eh? Questo locale nel giro di 3 secondiè riuscito a piazzarsi al primo postonella top 5 dei miei locali preferiti e fin-ché Mattia avrà 5-6 anni almeno avròla scusa perfetta per tornare!Dopo la pancia e il suo diletto, arrivail momento di giocare un po’ con l’an-gioletto... Ci sono almeno una decinadi bambini nella zona giochi – non acaso situata in fondo alla sala – alcunihanno abbandonato i genitori con illoro caffè e scorazzano indipendenti,altri socializzano tra loro in una linguaa me incomprensibile, c’è persino unabambina hippie di 15 mesi, con madreal seguito altrettanto hippie, che provaa sottrarre un triciclo a forma di coc-cinella a un competitor... da questepiccole scene si intuisce chi fra i duesarà il leader di domani...E poi c’è il gruppetto dei bimbi 4.0 –abbastanza numeroso, ma soprattuttoaggressivo con i potenziali usurpatoridella postazione – che si sono avven-tati sugli unici due iPad a parete e gio-cano con la App di Peppa Pig osflogliano le fiabe animate. C’è persinoun papà per terra che tenta un approc-cio più “tradizionale” e sfoglia con lafiglia un libro cartonato. Il tentativonon durerà molto, la casetta di legnocon cucina abitabile vince 1-0.Sarebbe ora di andare via, il momentodella pappa per Mattia si avvicina, macomincia a diluviare... No panic, omo-genizzati di manzo, vitello, riso e pollo,crema di verdure, pappine alla fruttasono in bella mostra accanto ai muffine proprio davanti alla spillatrice dellabirra. La combinazione è perfetta e fatutti felici. Il bimbo è servito e il babbobeone gli sorride beato!

GRANDI STORIE IN PICCOLI SPAZI

Bimbi e babbi ceramica è abolita, i bicchieri sono diplastica, dai colori vivaci e con can-nuccia incorporata, e le posate dibambù. Per terra solo gomma o pratosintetico e in ognuno di loro una zonaad hoc per giochi e creatività. Le fotomostrano giochi didattici, di legno emateriali bio che vanno tanto dimoda, e poi tricicli, pupazzetti digomma, casette di legno, libri carto-nati, lavagne coi gessetti, formine peril Didò... I nomi dei locali sono tuttoun programma: per chi subisce il fa-scino dei nomi esotici c’è il Baby deli eil Little Kingdom o il Cups&Kids, e poii più teneri come  Merendina&Ciocco-lato, Arriva il lupo, Mamme e Papà , IlMolare...Dopo un rapido consulto decidiamodi avviarci in gruppo verso uno dei lo-

cali selezionati che si trovano in centroper far merenda. Questo avverrà solodopo che la creatura angelicale di 13mesi che ci tiene in ostaggio avrà ter-minato il suo sonnellino pomeridiano.D’altronde non possiamo fare a menodi lui, e non solo perché siamo tuttipazzi di Mattia, ma perché, se nonavessimo lui come trofeo, al varcare lasoglia del bar, ci sentiremmo comple-tamente fuori luogo. Sarebbe un po’come andare a un rave party in smo-king...Una volta dentro il locale, e prima an-cora di gattonare verso i cuscinoni e lescatole piene di giocattoli, studiamo ilmenù. Sembra il solito menù, solo unpo’ più colorato: tramezzini, succhi difrutta, frappè, caffè, tè, cioccolatacalda, Cola Cao (il Nesquik spagnolo)

beati

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seCCU

O.com sabato 8 novembre 2014

no98 PAG.18

Tal Rolando Bartali, che si dice seguace di Roland Barthes e di Ferdinand de Saussure,un parente alla lontana del “Ginettaccio” nazionale, ha pubblicato un libretto che ha piùa che vedere con la psichiatria che con la semiologia. L'estensore del saggio è molto notonell'abitato di Ponte a Ema perché traccia geroglifici personali in piccoli foglietti che poidistribuisce all'uscita della Coop chiedendo a coloro che prendono lo strano pizzino divoler tradurre in significati quelli che lui reputa dei chiari significanti i segni da lui tracciati.Per curiosità riproduciamo un esempio di una delle cento pagine dell' oscura ed inutilepubblicazione.

Finzionariodi Paolo della Bella e Aldo Frangioni

TRASH TOWN

di alessandro [email protected]

il nostro Premier è un tantino“nervoso” sulla questione del rap-porto fra lavoratore e datore di la-voro. Pare ignorare – o finge di

farlo – i principi fondamentali che or-dinano la nostra società. Mi riferiscoalla Carta Costituzionale, niente malenei suoi contenuti fondativi. Prima ditutto non è mai esistito, almeno in Ita-lia, il “posto fisso” così dal nostro Pre-mier superficialmente definito. Il“posto fisso” assisteva semmai nellecosiddette “società robotizzate”, cioèquelle impostate su due strati di Uma-nità: quello che  condiscrezionalità “controlla” chi lavorae quello che invece lavora, costi quelche costi. Sembra fantascienza, ma sitratta di una circostanza nota e ormaistoricizzata. Qualora si ripresentasse,una rottamazione immediata non sa-rebbe sufficiente. Evidentemente. Po-trebbe invece ancora esserci, equando c'era (purtroppo devo usarel'imperfetto) era fondata sull'articolo18 dello Statuto dei lavoratori, la “ga-ranzia del lavoro equo e dignitoso”,tutt'altra cosa oltretutto sancita dal-l'Art. 1 della Costituzione italiana:“L’Italia è una Repubblica democra-tica, fondata sul lavoro ...”. La “garan-zia del lavoro equo e dignitoso” èun'azione di tutela che compete –guarda caso ‒ proprio al governo, so-prattutto a quelli che escono dalle

zia, il potere della maggioranza asso-miglia molto alla tirannide. Le mino-ranze e i dissenzienti hanno spaziorelativo per far valere le loro idee e leloro esigenze. E in questo modo lademocrazia, pur proclamandole, ri-schia di soffocare le libertà nella loroaccezione sostantivante.  Tuttavia,solo la democrazia può garantire la li-bertà di fondare enti rappresentativi– tutori della nozione plurima di li-bertà del pensiero e d'azione in tuttele sue espressioni – in difesa delle mi-noranze impossibilitate a inserirsi inmodo organico nel sistema del potereesercitato dalle pur legittime maggio-ranze …”. È questo, se non erro, il “ri-tratto a parole” del Sindacato, chescrivo con la lettera maiuscola perchépiù che degno di rispetto e conside-razione. Il Toqueville esprimeva laversione politica della nozione di li-bertà che ne è anche un'espressioneformulata secondo ragione, praticarela quale trascende lo status liberta-tis  per approdare all'universo delleideologie [Cfr di A. Jardin, Alexis DeTocqueville, Jaca Book]. È questouno dei plinti di fondazione dellegrandi democrazie contemporanee.Ma il nostro Premier ignora vera-mente tutto ciò, quando confonde il“posto fisso” con il “diritto al lavoroequo e dignitoso” e con arroganzamette alla porta il Sindacato dopoaver rottamato l'Art. 18 dello Statutodei Lavoratori?

urne elettorali in piena libertà diespressione del consenso popolare(“...  La sovranità appartiene al po-polo, che la esercita nelle forme e neilimiti della Costituzione”, ibidem).Quindi, il compito del governo con-siste fra gli altri, ai sensi della Costi-tuzione, nel porre in atto quellecondizioni che, con il lavoro, permet-tono al popolo di poter soddisfare laCostituzione stessa. Poi, altra cosache il nostro Premier ha clamorosa-mente deformato è il rapporto “rap-presentatività del popolo/organi dipotere”. Scriveva, ormai oltre 150anni or sono, Alexis de Toqueville(Parigi 1805-1859): “... in democra-

la maggioranzaassomigliaalla tirannide

tornail Cineforum

di tommaso [email protected]

In un’epoca dominata dall'incertezza, dallatecnologia e dalla disumanizzazione dellasocietà,il Gruppo Cineforum dell’Arci diS.Casciano (in collaborazione con ChiantiBanca e la Pro Loco di San Casciano) va incontrotendenza promuovendo la socializza-zione sul territorio per la settima stagioneconsecutiva attraverso grandi serate di cul-tura,arte e tanto cinema. Il nostrogruppo,composto da volontari, si è rinno-vato ed è pronto a orientarVi nei meandripiù oscuri della settima arte ascoltando leVostre idee e opinioni. Avremo cult,film digrande impatto del passato e del presente edue serate in compagnia di giovani autoriche ci porteranno una ventata di freschezzacon alcuni dei loro lavori. Inizieremo il pros-simo 14 novembre dedicando l’apertura al-l'importanza dell'onirico e delle passionicon un inedito Ben Stiller ne “I sogni segretidi Walter Mitty”.Seguirà l’intenso cult “Vertigo” del maestrodel thriller Alfred Hitchcock.Il 28 novembre faremo una serata impor-tante che dedicheremo a tutti gli amanti deifilm tratti dalla letteratura: un sentito omag-gio a Francois Truffaut e al suo “Fahreneit451”. Seguirà un approfondimento sulle dif-ferenze e le convergenze tra libro e trasposi-zione cinematografica.A dicembre faremo, (solo per una volta digiovedì) il 4, il cult dei fratelli Coen ,“Ilgrande Lebowski” (drughi di tutto il mondounitevi!) e prima di Natale (il 12) ci saràspazio anche per i più piccoli e le loro fami-

KINO&VIDEO

glie con il fantastico “Wall-E” dai geniali au-tori della Disney Pixar. Il nostro “carroz-zone” si fermerà un mese per le vacanzenatalizie.Il 2015 sarà molto ricco: ricominceremo il16 gennaio con Wes Anderson e il suo“Grand Budapest Hotel”,Spike Jonze e il suocervellotico “Essere John Malkovich”. Il 30gennaio interverrà il regista Paolo Santan-gelo che presenterà direttamente al pubblicoil suo “Ritorno al mare”. A febbraio grandecinema con “The village” dal regista del“sesto senso”, M.Night Shyamalan. La seratapre-San Valentino sarà dedicata ai “piccion-cini” con “Questione di tempo” di RichardCurtis (già regista di “Love Actually”).Il 20 febbraio sarà con noi il giovane artistaJulien Vannucchi che presenterà un suo do-cumentario sull'eclettico artista Clet. A se-guire il cult “American Beauty” con ilpremio Oscar Kevin Spacey e,all'inizio dimarzo, il film “Chronicle” che esplora in ma-niera nuova il tema dell'uso dei superpoteri.Poi un grande classico del passato con il ca-polavoro del cinema tedesco, “Il gabinettodel dottor Caligari” di Robert Wiene. Ma lasorpresa più bella che regaliamo al pub-blico,anche quest’anno,è la serata finale: in-fatti sarete VOI a scegliere tra una rosa di 14film. Il più votato sarà proiettato il 20marzo,data scelta come termine della nostrarassegna.Il tutto al prezzo di una piccola offerta libera.

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.com sabato 8 novembre 2014no98 PAG.19L’ULTIMA IMMAGINE

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Il luoghi e la luce a picco del mezzogiorno ci restitui-scono immediatamente il feeling di una cittadina difrontiera del lontano West e ci costringono ad un saltoindietro nella memoria che ci porta dritti dritti allescene dei molti films che abbiamo visto quando era-vamo più giovani. Ci sono tutti gli ingredienti neces-

sari e sufficienti per trasportarci di peso in quel tempoed in quel clima arido e assolato. Abbiamo sia il gro-cery store/ristorante che l’immancabile e classico PostOffice di ogni villaggio di frontiera che si rispetti. Laluce è molto forte, e sulla strada si vedono una imman-cabile chiesetta bianca, una grande Station Wagon, un

piccolo bastardino nero in primo piano e una giovanecoppia sullo sfondo, con un altro cane nero, che sta peressere inghiottita da questa lunga strada polverosa esenza fine. Niente ci farebbe mai pensare di essere asolo poche decine di miglia in linea d’aria da San Fran-cisco, la famosissima City-by-the-Bay.