Comitato di Redazione: Carmine Marino, Angelo De ... DONATORE N 2-07.pdf · Ma la sofferenza è...

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distribuzione gratuita Associazione Donatori di Sangue - A.Do.S. - presso Ospedale Civile “Renzetti” Lanciano - n. 2 - Ottobre 2007 / Anno XXXV - Spedizione in abbonamento postale 50% - Registrato con decreto del Tribunale di Lanciano, n. 61 dell’1.10.1975 Comitato di Redazione: Carmine Marino, Angelo De Cristofaro, Vincenzo Mammarella - Responsabile Servizi Culturali: Luigi Barone - Direttore Responsabile: BERNARDO RAZZOTTI - Fotocomposizione e stampa: Litografia Mancini snc - Lanciano - Tel. 0872 712849 (continua a pag. 3) Sintesi conclusiva del Congresso regionale “Il dolore del corpo e dell’anima” FERNANDO GALLUPPI * N el portare il saluto della Di- rezione Nazionale dell’As- sociazione Medici Cattolici non posso che esprimere il più vivo compiacimento per l’eccellenza, in espressione e nei contenuti, delle relazioni via via rese in questo bel Convegno. E al piacere di questi ascolti ora va unito il ringraziamen- to più caloroso al comitato ordina- tore e a quanti hanno consentito la realizzazione dell’iniziativa. Il tema che inquadra il dolore come fenomeno intrinseco al corpo e all’anima, ha fatto qui emergere con tutta evidenza non solo la qua- lità tecnica di ciascun oratore quan- to anche la portata umanistica delle diverse argomentazioni. Sappiamo bene che a rigore le sperienze riportate sul “morire” dei pazienti avuti in trattamento riman- dano al concetto fondamentale del “senso” della vita e della “ragion d’essere” dell’uomo malato per il suo curante. Diciamo, cioè, che pri- ma ancora della parola del medico, della sua operatività nei luoghi di ricovero e di cura, si fa pertinente quella del filosofo. Il valore della vita e l’affermazione della sua sa- cralità, intesa nel senso più lata- mente laico ma potentemente vin- colante sul piano etico, risale niente meno all’età pagana (ippocratica, pre-giustinianea, ciceroniana) nel- la sua qualifica di bene “assoluto”, che precede quindi quelli “priori- tari”, o meglio definiti penultimi, si specifica come al di sopra della volontà di ciascun individuo e della stessa legge. Ebbene qui io ho risentito la cul- tura medica che sa nutrirsi della lezione aristotelica e di quella di I n questo numero pubblichiamo, come già annunciato, gli altri inter- venti relativi al Convegno regionale sul tema “Il dolore del corpo e dell’anima tenutosi a Lanciano il 24 marzo scorso, organizzato dall’A.M.C.I. - Associazione Medici Cattolici Italiani - in collaborazione anche con la nostra Associazione. Lo studio del dolore e sul dolore nelle sue varie espressioni sta di- ventando una disciplina medica non più trascurata; tuttavia c’è ancora molto da fare. Tale studio coinvolge tutti: coloro che si trovano quoti- dianamente al capezzale dei malati. Sappiamo che fare cultura nell’ambito delle cure paliative vuol dire condurre ricerca scientifica e clinica: tra i medici italiani ve ne sono alcuni impegnati in ambito internazionale. Studiano, per esempio, il carattere genetico dei pazienti che rispondono meglio e peggio alle terapie del dolore, i cui risultati vengono successivamente resi noti. E’ noto che negli ultimi anni c’è stata una notevole crescita sia a livello di qualità che di quantità grazie al grande lavoro di sensibilizzazione effettuato prima da chi è stato “pioniere” in questo ambito, poi dalle società scientifiche. E’ pur vero, tuttavia, che in ambito oncologico le ricerche sono più sviluppate. Sappiamo che c’è molto da fare in tutta Europa, soprattutto nella medicina interna e nella chirurgia generale. Fare cure paliative significa, oggi, permettere al paziente di poter tornare nel proprio am- biente domestico ed essere curato nel modo più umano possibile. Le varie relazioni hanno, tra l’altro, rivelato che medici e infermieri sono vicini ai malati con competenza e umanità. Si sentono di dover so- stenere chi vive in una situazione di dolore. Ancora un grazie all’A.M.C.I. per aver voluto organizzare questo Convegno. B. R. Ancora sul Convegno Regionale “Il dolore del corpo e dell’anima” (continua a pag. 5) La fede come risposta al dolore Don MICHELE DI LORENZO * (continua a pag. 2) La risposta al perché della sofferenza “Estesa è l’area del male. Infi- nitamente più estesa è l’area del dolore” (Sofocle). E affiorano sul- le labbra le domande di sempre: «Perché il male? Perché il soffri- re?». Domande formidabili che ci superano, ci sovrastano. “Sunt la- crimae rerum”. Quanto è intensa questa espressione virgiliana! Tutte le cose stillano dalla loro essenza lacrime di pianto. Anche i pesci piangono ma noi non vedia- mo le loro lacrime. Piangono anche i fiori e noi diciamo che si tratta di rugiada. Sì, è vero: anche la crea- zione geme nelle doglie del parto. Ma la sofferenza è propria dell’uo- mo; è connaturale a lui. L’uomo può sopportare il dolore, ogni do- lore. Ciò che non può sopportare è la sofferenza senza senso. E’ allo- ra che il dolore lo sente come una minaccia e suo desiderio di essere. Quale la risposta, nella bibbia, agli interrogativi dell’uomo? La risposta non è il frutto di una ricerca sull’uomo fatta dall’uomo stesso o solo da lui o principalmen- te da lui. L’autore della ricerca è principalmente DIO, che sa di che cosa l’uomo è fatto e di cosa egli ha bisogno. Dopo la caduta, DIO dice ad Adam: “Con dolore trarrai dalla terra per tutti i giorni della tua vita il cibo… Con il sudore del tuo volto, mangerai il Pane finché tornerai alla Terra da cui sei stato tratto”. DIO dice alla Donna: “Moltipli- cherò i tuoi dolori e le tue gravi- danze. Con dolore partorirai i tuoi figli”. Sembrano sentenze di con- danna. In realtà, sono annunci di salvezza. CARMINE MARINO * C redo di non esagerare nel dire che quella del 9 settem- bre 2007 resterà una data indimenticabile nella storia dell’A. Do.S. Abbiamo infatti celebrato la GIORNATA DEL DONATORE DI SANGUE, al fine soprattutto di sensibilizzare i giovani verso que- sta attività di volontariato. La Giornata ha avuto inizio alle ore 11.30 nella Basilica Cattedra- le con la celebrazione della Santa Messa. Oltre al saluto ed al rin- graziamento del celebrante, don Valentino Toffanin, molto incisi- va e toccante è stata l’omelia del La giornata del Donatore di sangue: una cronaca e tante emozioni Festa del donatore, 9 settembre 2007 Festa del donatore, 9 settembre 2007 Conversazione con il dott. Antonio Di Francesco, nuovo primario di Ginecologia di BERNARDO RAZZOTTI A ntonio Di Francesco è il nuovo Primario del Reparto di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale di Lanciano. Ha cin- quant’anni e viene da Penne dove è stato dirigente medico dal 1988. In quell’Ospedale ha dato un con- tributo essenziale per la creazione di un centro di eccellenza dedicato ai problemi ostetrico-ginecologici, centro riconosciuto da tutti come punto di riferimento per la nostra regione soprattutto sotto il profilo delle attività chirurgiche più inno- vative. Possiede un ricco bagaglio (continua a pag. 6) Il dolore del corpo e dell’anima: il punto di vista dell’oncologo ANTONIO NUZZO * L ’Associazione Internaziona- le per lo Studio del Dolore definisce il dolore come “una sgradevole esperienza sensoriale ed emotiva, associata a un effet- tivo e potenziale danno tessutale”. Tale sensazione, ubiquitaria nella pratica medica, è frequentemente riferita da pazienti affetti da pato- logie oncologiche. A volte precede la diagnosi clinica di una neoplasia, ma molto più spesso si accompagna alle fasi terminali quando può inte- ressare più del 75% dei casi. Non tutti i tumori sono in eguale misura causa di dolore, prevalendo nella storia naturale di tumori in- sorti nella mammella, nel pancreas, nella prostata. Nella grande maggioranza dei casi è il tumore stesso o le sue me- tastasi che provocano dolore, ma in una piccola seppur non trascurabi- le percentuale il dolore può essere causato dalle stesse terapie antine- oplastiche, quali la chirurgia, la ra- dioterapia e la chemioterapia. In base ai meccanismi fisiopa- tologici che generano e propagano la sensazione dolorosa, classica- mente il dolore può essere classifi- cato come dolore nocicettivo puro, neuropatico puro o misto. Il dolore nocicettivo puro, mediato dall’atti- vazione dei nocicettori, è in genere ben localizzato e discriminato dal paziente. Il dolore neuropatico è percepito in assenza di un proces- so di lesione tissutale permanente e identificabile, si associa a sensazio- (continua a pag. 2)

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distribuzione gratuita

Associazione Donatori di Sangue - A.Do.S. - presso Ospedale Civile “Renzetti” Lanciano - n. 2 - Ottobre 2007 / Anno XXXV - Spedizione in abbonamento postale 50% - Registrato con decreto del Tribunale di Lanciano, n. 61 dell’1.10.1975 Comitato di Redazione: Carmine Marino, Angelo De Cristofaro, Vincenzo Mammarella - Responsabile Servizi Culturali: Luigi Barone - Direttore Responsabile: BERNARDO RAZZOTTI - Fotocomposizione e stampa: Litografia Mancini snc - Lanciano - Tel. 0872 712849

(continua a pag. 3)

Sintesi conclusiva del Congresso regionale “Il dolore del corpo e dell’anima”

FERNANDO GALLUPPI *

Nel portare il saluto della Di-rezione Nazionale dell’As-sociazione Medici Cattolici

non posso che esprimere il più vivo compiacimento per l’eccellenza, in espressione e nei contenuti, delle relazioni via via rese in questo bel Convegno. E al piacere di questi ascolti ora va unito il ringraziamen-to più caloroso al comitato ordina-tore e a quanti hanno consentito la realizzazione dell’iniziativa.

Il tema che inquadra il dolore come fenomeno intrinseco al corpo e all’anima, ha fatto qui emergere con tutta evidenza non solo la qua-lità tecnica di ciascun oratore quan-to anche la portata umanistica delle diverse argomentazioni.

Sappiamo bene che a rigore le sperienze riportate sul “morire” dei pazienti avuti in trattamento riman-dano al concetto fondamentale del

“senso” della vita e della “ragion d’essere” dell’uomo malato per il suo curante. Diciamo, cioè, che pri-ma ancora della parola del medico, della sua operatività nei luoghi di ricovero e di cura, si fa pertinente quella del filosofo. Il valore della vita e l’affermazione della sua sa-cralità, intesa nel senso più lata-mente laico ma potentemente vin-colante sul piano etico, risale niente meno all’età pagana (ippocratica, pre-giustinianea, ciceroniana) nel-la sua qualifica di bene “assoluto”, che precede quindi quelli “priori-tari”, o meglio definiti penultimi, si specifica come al di sopra della volontà di ciascun individuo e della stessa legge.

Ebbene qui io ho risentito la cul-tura medica che sa nutrirsi della lezione aristotelica e di quella di

In questo numero pubblichiamo, come già annunciato, gli altri inter-venti relativi al Convegno regionale sul tema “Il dolore del corpo e dell’anima tenutosi a Lanciano il 24 marzo scorso, organizzato

dall’A.M.C.I. - Associazione Medici Cattolici Italiani - in collaborazione anche con la nostra Associazione.

Lo studio del dolore e sul dolore nelle sue varie espressioni sta di-ventando una disciplina medica non più trascurata; tuttavia c’è ancora molto da fare. Tale studio coinvolge tutti: coloro che si trovano quoti-dianamente al capezzale dei malati.

Sappiamo che fare cultura nell’ambito delle cure paliative vuol dire condurre ricerca scientifica e clinica: tra i medici italiani ve ne sono alcuni impegnati in ambito internazionale. Studiano, per esempio, il carattere genetico dei pazienti che rispondono meglio e peggio alle terapie del dolore, i cui risultati vengono successivamente resi noti. E’ noto che negli ultimi anni c’è stata una notevole crescita sia a livello di qualità che di quantità grazie al grande lavoro di sensibilizzazione effettuato prima da chi è stato “pioniere” in questo ambito, poi dalle società scientifiche.

E’ pur vero, tuttavia, che in ambito oncologico le ricerche sono più sviluppate. Sappiamo che c’è molto da fare in tutta Europa, soprattutto nella medicina interna e nella chirurgia generale. Fare cure paliative significa, oggi, permettere al paziente di poter tornare nel proprio am-biente domestico ed essere curato nel modo più umano possibile.

Le varie relazioni hanno, tra l’altro, rivelato che medici e infermieri sono vicini ai malati con competenza e umanità. Si sentono di dover so-stenere chi vive in una situazione di dolore.

Ancora un grazie all’A.M.C.I. per aver voluto organizzare questo Convegno.

B. R.

Ancora sul Convegno Regionale“Il dolore del corpo e dell’anima”

(continua a pag. 5)

La fede comerisposta al dolore

Don MICHELE DI LORENZO *

(continua a pag. 2)

La risposta al perchédella sofferenza

“Estesa è l’area del male. Infi-nitamente più estesa è l’area del dolore” (Sofocle). E affiorano sul-le labbra le domande di sempre: «Perché il male? Perché il soffri-re?». Domande formidabili che ci superano, ci sovrastano. “Sunt la-crimae rerum”. Quanto è intensa questa espressione virgiliana!

Tutte le cose stillano dalla loro essenza lacrime di pianto. Anche i pesci piangono ma noi non vedia-mo le loro lacrime. Piangono anche i fiori e noi diciamo che si tratta di rugiada. Sì, è vero: anche la crea-zione geme nelle doglie del parto. Ma la sofferenza è propria dell’uo-mo; è connaturale a lui. L’uomo può sopportare il dolore, ogni do-lore. Ciò che non può sopportare è la sofferenza senza senso. E’ allo-ra che il dolore lo sente come una minaccia e suo desiderio di essere. Quale la risposta, nella bibbia, agli interrogativi dell’uomo?

La risposta non è il frutto di una ricerca sull’uomo fatta dall’uomo stesso o solo da lui o principalmen-te da lui. L’autore della ricerca è principalmente DIO, che sa di che cosa l’uomo è fatto e di cosa egli ha bisogno. Dopo la caduta, DIO dice ad Adam: “Con dolore trarrai dalla terra per tutti i giorni della tua vita il cibo… Con il sudore del tuo volto, mangerai il Pane finché tornerai alla Terra da cui sei stato tratto”.

DIO dice alla Donna: “Moltipli-cherò i tuoi dolori e le tue gravi-danze. Con dolore partorirai i tuoi figli”. Sembrano sentenze di con-danna. In realtà, sono annunci di salvezza.

CARMINE MARINO *

Credo di non esagerare nel dire che quella del 9 settem-bre 2007 resterà una data

indimenticabile nella storia dell’A.Do.S. Abbiamo infatti celebrato la GIORNATA DEL DONATORE DI SANGUE, al fine soprattutto di sensibilizzare i giovani verso que-sta attività di volontariato.

La Giornata ha avuto inizio alle ore 11.30 nella Basilica Cattedra-le con la celebrazione della Santa Messa. Oltre al saluto ed al rin-graziamento del celebrante, don Valentino Toffanin, molto incisi-va e toccante è stata l’omelia del

La giornata del Donatore di sangue:una cronaca e tante emozioni

Festa del donatore, 9 settembre 2007

Festa del donatore, 9 settembre 2007

Conversazione con il dott. Antonio Di Francesco, nuovo primario di Ginecologia

di BERNARDO RAZZOTTI

Antonio Di Francesco è il nuovo Primario del Reparto di ostetricia e ginecologia

dell’Ospedale di Lanciano. Ha cin-quant’anni e viene da Penne dove è stato dirigente medico dal 1988. In quell’Ospedale ha dato un con-tributo essenziale per la creazione di un centro di eccellenza dedicato ai problemi ostetrico-ginecologici, centro riconosciuto da tutti come punto di riferimento per la nostra regione soprattutto sotto il profilo delle attività chirurgiche più inno-vative. Possiede un ricco bagaglio

(continua a pag. 6)

Il dolore del corpo e dell’anima: il punto di vista dell’oncologo

ANTONIO NUZZO *

L’Associazione Internaziona-le per lo Studio del Dolore definisce il dolore come “una

sgradevole esperienza sensoriale ed emotiva, associata a un effet-tivo e potenziale danno tessutale”. Tale sensazione, ubiquitaria nella pratica medica, è frequentemente riferita da pazienti affetti da pato-logie oncologiche. A volte precede la diagnosi clinica di una neoplasia, ma molto più spesso si accompagna alle fasi terminali quando può inte-ressare più del 75% dei casi.

Non tutti i tumori sono in eguale misura causa di dolore, prevalendo nella storia naturale di tumori in-sorti nella mammella, nel pancreas, nella prostata.

Nella grande maggioranza dei casi è il tumore stesso o le sue me-

tastasi che provocano dolore, ma in una piccola seppur non trascurabi-le percentuale il dolore può essere causato dalle stesse terapie antine-oplastiche, quali la chirurgia, la ra-dioterapia e la chemioterapia.

In base ai meccanismi fisiopa-tologici che generano e propagano la sensazione dolorosa, classica-mente il dolore può essere classifi-cato come dolore nocicettivo puro, neuropatico puro o misto. Il dolore nocicettivo puro, mediato dall’atti-vazione dei nocicettori, è in genere ben localizzato e discriminato dal paziente. Il dolore neuropatico è percepito in assenza di un proces-so di lesione tissutale permanente e identificabile, si associa a sensazio-

(continua a pag. 2)

il donatore – 2 ottobre 2007

SINTESI CONCLUSIVA...

Tommaso d’Aquino, in ruolo di fi-losofo prima ancora che di teologo, e che conduce alla inequivocabile stima del bene della vita la quale, già secondo quei grandi spiriti, è appunto inviolabile dal momento che è, per il fatto stesso che è, e in qualunque stadio essa si trovi. Oggi chiamiamo questo ente anche col termine “non negoziabile” riferen-dolo a quel “minimo bioetico” che nessuna motivazione sociale, ide-ologica e pragmatica che sia, può mai rendere oggetto di intento ridu-zionistico fin, dunque, ad annullar-lo con atti di tipo eutanasico.

Le sfide bioetiche che inquietano il medico d’oggi, postulano varie domande che diventano tenebran-ti in sensibilità e in responsabilità morale. E’ il rapporto IO-TU con il singolo segnato dalla malattia, nel corpo e nello spirito, che ci im-merge nella realtà consapevole del dramma importato in tale rapporto confacente alla sostanza dell’agire.

Di qui almeno alcune delle do-mande: chi sono io che opero nei luoghi della cura, dove la sofferen-za, la malattia, la morte toccano la vita di tutti in modo imponente? Chi sono io (non cosa faccio) nella relazione con il mio paziente? Che ne è della decisione della mia liber-tà di fronte al destino di lui?

Queste domande sono le sole che non fanno perdere di vista il nostro centro affettivo. Potremmo dire che il centro “affettivo” della professio-ne medica di questi tempi, e più che nel passato, è proprio il rapporto IO-TU.

Ma chiediamoci pure: chi è il pa-ziente?

Per una Associazione come la nostra il paziente (nell’ospedale e nell’ambulatorio) è la nostra vera RAGION D’ESSERE.

Allora la domanda cruciale dell’ospedale è la seguente: che cosa chiede il paziente quando chiede la salute?

La domanda che il malato fa al medico è sempre una sola: “Fammi durare ancora”. (Fammi vivere).

Ma che cosa sta veramente a cuo-re in questa domanda?

Credo che la risposta più com-pleta e più ardita sia da ritrovarsi nella esperienza cristiana: il mala-to quando chiede di durare ancora, chiede la salvezza! Ma questo gri-

do, a volte soffocato, a volte som-messo, non è una illusione? Si può chiedere al medico, senza spingerlo in una tentazione di delirio di onni-potenza, di essere veramente gua-riti? Possiamo, insomma, parlare nuovamente di “paternità”, rifug-gendo dalla brutta imputazione di “paternalismo” oggi spesso e cru-delmente riservata ai nostri vecchi predecessori?

Ma riflettiamo ancora meglio: si

DALLA PRIMA PAGINA DALLA PRIMA PAGINA DALLA PRIMA PAGINA DALLA PRIMA PAGINA DALLA PRIMA PAGINA

Se il dolore acuto è un sintomo di un processo patologico in atto e as-sume pertanto una valenza positiva per l’organismo umano, il dolore cronico induce nel paziente inson-nia, perdita di appetito, ansia, rab-bia e depressione.

Il dolore cronico va considerato una malattia, essendo conseguenza di processi patologici permanenti come nel caso di una neoplasia in fase avanzata. Come tale va affron-tato e trattato.

La terapia ha diversi scopi:ottimizzazione del controllo del dolore, minimizzazione degli effetti collaterali, miglioramento dello stato funzionale del pazien-teualità di vita, aumentare le ore di sonno senza dolore, alleviare il do-lore a riposo

La copertura analgesica deve inte-ressare tutte le 24 ore, senza aspetta-re l’insorgere del sintomo per inter-venire. La terapia deve essere perso-nalizzata, avendo ogni paziente una propria soglia del dolore. I dosaggi devono essere adeguati e gli effet-ti collaterali (per es. la nausea e la stipsi) devono essere prevenuti. La somministrazione dei farmaci deve essere facilitata, in modo da dare al paziente mobilità ed indipendenza, preferendo quando possibile l’as-sunzione del farmaco per via orale e la via transdermica. A volte può essere necessario associare farmaci chiamati adiuvanti (ansiolitici, anti-depressivi, etc.).

Una terapia del dolore ha succes-so se riesce a cancellare la memoria del dolore attraverso la riduzione delle paure ed ansie: ciò è ottenibile ottenibile con una prevenzione co-stante del sintomo.

L’analgesico ideale dovrebbe essere efficace, avere lunga du-rata d’azione, rapida insorgenza dell’azione analgesica, essere faci-le da somministrare, maneggevole, con pochi effetti collaterali e con un buon rapporto costo/beneficio.

Molti pregiudizi, anche da parte del mondo sanitario, sono associa-ti alla parola morfina, che potrebbe essere per altri versi considerato il farmaco che più sia avvicina alla definizione di analgesico ideale.

E’ da ribadire che la morfina •non comporta necessariamente depres-sione respiratoria, non comporta

ni sgradevoli, anormali o insolite (disestesie) riferite come bruciore e/o scossa elettrica, compare con ritardo dopo la lesione scatenante, è percepito in una regione di defi-cit sensitivo, si manifesta con brevi episodi parossistici di carattere lan-cinante o trafittivi, è scatenato da stimoli anche leggeri.

Nei colloqui, spesso frequenti, tra paziente e oncologo è importante che venga approfondito il problema dolore, cercando sempre di quan-tizzarlo attraverso una delle tante scale di valutazione del dolore, mai sottovalutando quanto riferito dal paziente.

IL PUNTO DI VISTADELL’ONCOLOGO

La formazione degli operatori e la sensibilizzazione della popolazione su problema dolore in Oncologia, considera-ta l’entità del problema, stanno spazzando via alcuni ap-procci culturali e comportamentali che per decenni hanno caratterizzato la nostra realtà nazionale.

Uno dei più acuti filosofi della medicina del nostro tempo,

Ph. Caspar dice: “... l’assenza della orientazione integrale

dell’arte terapeutica finisce per minarla in se stessa; per

esempio in certi settori le esigenze della ricerca finiscono

per imporsi su ogni altra considerazione...”.

può cominciare a dire che senza raccogliere per intero la domanda del malato non si può porre un atto terapeutico “adeguato”!

Se ciò è vero è gravido di conse-guenze per il medico e per l’istituto ospitaliero (ricordo che ospedale deriva da hospitale, che a sua volta deriva dal più arcaico Hotel Dieu).

Uno dei più acuti filosofi del-la medicina del nostro tempo, Ph. Caspar dice: “...l’assenza della orientazione integrale dell’arte te-rapeutica finisce per minarla in se stessa; per esempio in certi settori le esigenze della ricerca finiscono per imporsi su ogni altra conside-razione...”.

L’osservazione è così centrata che fa ripensare al perché nel 1971, circa quindi quarant’anni fa, un on-cologo americano, all’epoca scono-sciuto, Van Reusellaer Potter si fece fondatore di una nuova disciplina, la Bioetica. Il progresso biotecnolo-gico già rischiava di essere concen-trato nelle mani di pochi, con tutto il pericolo che esso comportava per il genere umano. Veniva cioè fuo-ri il quesito che permane tal quale nella sua cogenza etica, giuridica e sociologica: fino a che punto l’uo-mo può sospingere il suo dominio sulla vita degli esseri viventi e sulla propria vita stessa. In altre parole tutto ciò che è scientificamente pos-sibile è eticamente lecito? E questa nuova materia accademica nasceva appunto per colmare il divario tra la dirompente crescita della medi-cina, come scienza e come ricerca, e i diritti connaturati alla persona umana, proiettati a godere dei be-nefici tecnologici e non a patirne la rischiosità di applicazione.

Sappiamo bene che negli anni a seguire la strapotenza della tecno-logia ha addirittura ridotto l’uomo indifeso, appena concepito, a stru-mento tecnologico e comunque a far prevalere, anche nel soggetto già nato, gli interessi della scienza su quelli della persona e del diritto incondizionato di questa alla tutela della salute e della sua stessa vita.

Anche il diritto codificato spesso tentenna nel farsi paladino dell’eti-ca in difesa dei diritti inviolabili dell’uomo, ed attualmente soffria-mo le problematiche legate alla pretesa autodeterminazione del paziente - su pressioni ideologiche e di economismo di Stato - e più chiaramente alla crescente richie-

sta di poter disporre liberamente del proprio destino di salute e della propria vita persino.

I tempi sono divenuti per noi evidentemente assai duri nel con-trastare una dilagante cultura di morte e un riduzionismo etico che fa dell’essere umano una entità da difendere solo se produttiva di red-dito, se di utilità per il paese. E allo-ra, procedendo ancora nelle istanze innanzi rappresentate e utilizzando

una sequenza di stringente coeren-za sul filo dei nostri puntuali obbli-ghi bioetici, chiediamoci a cuore aperto: il medico intende amare il suo prossimo, come per millenaria tradizione?

Sospendiamo per un attimo la ri-sposta e ci chiediamo ulteriormen-te: il quesito appena rivolto alla fi-gura del medico, a quali altre figure può anche essere rivolto?

Le risposte sembrano ovvie: il letterato, il poeta, il musicista, l’amante delle arti plastiche e fi-gurative, l’ecologo, il naturalista, il sacerdote! E non va forse tutto a coincidere nel senso che il medico è anche tutto questo, o quanto meno parecchio di tutto questo?

Ed ecco allora la risposta venuta come acqua di fonte al quesito ap-pena posto: il medico non sfugge al suo destino o non è un medico vero. Non vivere puntualmente - e quindi anche culturalmente - la centralità del malato, il forte perché di que-gli incontri, talora necessariamente vissuti con una intimità maggiore di altri, persino avuti col sacerdote, significa porsi fuori dalla missione del medico così come ridesiderata ardentemente dal mondo addolora-to di oggi.

Le pulsioni idealistiche che ci spinsero ancora ragazzi ad intra-prendere questo corso di studi sono ancora lì a dirci che i medici che vi-vono umanisticamente la loro gior-nata operativa e di studio non mor-ranno mai o morirà la professione. E il giovane iniziato agli studi me-dici - teniamolo bene in mente - chiede, anche se non espressamen-te ma spesso anche espressamente, che il corso intrapreso gli consenta di formarsi con una competenza più ampia, più integra, rispetto a quella che fa di lui un mero conoscitore di materie scientifiche.

E’ inutile essere medico se non si è un buon medico, e nessuno s’illu-da di essere un buon medico se la sua mente è nutrita ma il suo spirito è macilento, diseducato ai valori.

Sperare, al fine, nella costruzione di un futuro per la medicina che sia meno opaco, visto che oggi non è dato immaginarlo più limpido, si-gnifica recuperare a denti stretti la conoscenza della “humanitas” che è nata alla base della nostra Arte, la quale è eletta proprio perché posta al servizio integrale dell’uomo.

E non possiamo certo definirci medici “cattolici” se in cospetto, in dialogo e in alleanza col malato non sappiamo renderci propugnato-ri del significato “redentivo” della sofferenza umana. Il nostro credo effettivo poggia sua tale semplice ma formidabile convincimento. e questo, ripetiamo, non va tenuto nascosto, gustato solo dal di den-tro: va proclamato con decisione e senza paura. Come ho sentito in questo Convegno.

I tempi che viviamo richiedono militanza cristiana: questo vuole da noi la Chiesa e questo dobbiamo dimostrare nel santuario più auten-tico in cui si possa entrare, l’ospe-dale. Lì si perpetua il gesto del Cristo, primo medico, che si piega maternamente sul volto talora sfi-gurato dell’uomo malato.

Fernando Galluppi

* Consigliere Nazionale A.M.C.I.

il dolore del paziente oncologico è un “dolore totale” che coinvolge la sfera fisica, psichica, emozionale, sociale, spirituale.

La sofferenza spesso ha inizio nel momento del sospetto o della co-municazione della diagnosi, quan-do si preannuncia tutto un percorso del quale non si conosce né si riesce ad immaginare la meta e alla co-stante insicurezza del quotidiano si aggiunge la insicurezza sul proprio stato di salute.

“Che il cancro non sia una ma-lattia contagiosa e che dal cancro si possa guarire sono certezze medi-che sempre meno consolatorie, rese scricchiolanti nell’esperienza di ciascuno di noi dall’ecatombe silen-ziosa degli amici e dei congiunti.”. Questa amara considerazione scrit-ta da Gad Lerner, in un commento alla morte di Oriana Fallaci su La Repubblica del 16/9/06, esprime tutta la disillusa angoscia che pren-de l’uomo quando la parola cancro cessa di essere un semplice voca-bolo della lingua italiana e diventa un doloroso vissuto che colpisce lui stesso o un suo prossimo.

Oltre il ruolo centrale della fami-glia, tante professionalità devono assistere una persona affetta da do-lore cronico oncologico: algologi, oncologi, radioterapisti, psicologi, infermieri, assistenti sociali, assi-stenti spirituali, volontari.

Nell’assistenza di un pazien-te oncologico con dolere cronico dobbiamo “ascoltare con rispetto la sua sofferenza, non offrirle l’il-lusione di una vita senza problemi, nella paura e nella rabbia che sono sollecitate dal dolore, non perdere di vista la sua anima”.

L’ascolto e il controllo costante del sintomo dolore deve rappresen-tare il cardine dell’assistenza del paziente oncologico terminale.

La formazione degli operatori e la sensibilizzazione della popolazione su problema dolore in Oncologia, considerata l’entità del problema, stanno spazzando via alcuni ap-procci culturali e comportamentali che per decenni hanno caratterizza-to la nostra realtà nazionale.

Antonio Nuzzo

* U. O. di Oncologia Medica,Asl Lanciano-Vasto

sempre dipendenza psichica, non si associa ad una rapida ed incon-trollata tolleranza, non comporta fenomeni disforici, non compro-mette la qualità della vita. Anche la semplificazione della legislazio-ne a riguardo della prescrizione di morfina, dopo la legge Veronesi del 2000 ha sempre meno giustificabile il non ricorso alla morfina lì dove necessario.

Solo in casi particolarmente re-sistenti, per fortuna oggi pochi, c’è necessità di ricorrere a trattamenti invasivi, quali i blocchi del sistema nervoso autonomo o dei nervi peri-ferici, oppure la somministrazione intraspinale di oppioidi attraverso cateteri epidurali o spinali.

Non va tuttavia dimenticato che

il donatore – 3ottobre 2007

diacono permanente Luigi Cuon-zo, nostro donatore, che partendo dalla sua personale esperienza, ha ricordato la donazione del sangue come un alto gesto di volontariato e solidarietà che ricalca il grande tema dell’amore che è proprio del cristiano e di ogni uomo di buona volontà.

Nel pomeriggio, alle ore 17.00, nel Teatro Fenaroli si è tenuta la cerimonia di premiazione dei do-natori più attivi. Dopo gli interventi del Presidente Onorario prof. Ber-nardo Razzotti, della Responsabile del Centro Trasfusionale dott.ssa Maria Franca Scipioni e dei saluti del Sindaco di Lanciano avv. Filip-po Paolini e di quello di Fossacesia dott. Enrico Di Giuseppantonio, i veri protagonisti sono stati proprio i nostri donatori. Ben 262 premia-ti con medaglia d’argento per aver effettuato più di 15 donazioni e 18 premiati con medaglia d’oro per aver superato le 50 donazioni.

E poi la festa è proseguita in Piaz-za Plebiscito: panino con porchetta e birra per tutti, uno stand infor-mativo sulla donazione del sangue con possibilità di aderire all’As-sociazione, i “Grammar School” in concerto, con il loro repertorio che ripercorre la storia della musi-ca rock e che è riuscito a tenere in piazza fino a tarda notte un buon numero di spettatori.

Questa, in sintesi, la cronaca del-la Giornata del Donatore.

Le sensazioni vissute, le emozio-ni percepite sono invece tante.

Innanzitutto la gioia di vedere un gruppo di donatori volontari, giovani e meno giovani, pronti ad impegnarsi perché la Giornata riuscisse nel migliore dei modi, sempre con il sorriso sulle labbra, anche quando c’era da scaricare pache, preparare panini, pulire ta-voli, servire gli ospiti, felici di po-ter dire, almeno in cuor loro: “c’ero anch’io!”.

E poi i tanti donatori emozionati durante la premiazione, qualcuno

vergognoso nell’apparire in pub-blico, a dimostrazione che quello che ci spinge come donatori non è certamente la notorietà, qualcun altro orgoglioso di ricevere una medaglia, d’oro o d’argento che sia, non tanto per aver fatto, aver inventato, ma per aver donato.

Che bello poi vedere il personale medico del Centro Trasfusionale che ha meravigliosamente accom-pagnato la Festa, unendosi a tutti i donatori presenti con amicizia ed alto spirito di collaborazione, che ha presenziato la cerimonia uffi-ciale di premiazione, ma si è anche “sporcato le mani” nell’imbottire i panini con la porchetta, che ha ac-colto con un sorriso e tanta dispo-nibilità i giovani che chiedevano notizie (non dimentichiamo che in quella serata abbiamo raccolto cir-ca 100 nuove adesioni, quello che normalmente si fa in quasi un inte-ro anno!), ma si è anche divertito a fare festa con tutti i presenti.

E infine, è stata una grande gio-ia ed emozione vedere tanta gente che si è avvicinata alla nostra As-sociazione, magari per curiosità, forse per conoscerci meglio o solo per ricevere il panino e la birra, ma che comunque si è potuta rendere conto della vitalità dell’A.Do.S., del suo essere e fare famiglia, della sua presenza da più di 30 anni sul territorio.

E così è trascorsa la nostra Gior-nata del Donatore di Sangue, al termine della quale anche tanti amici dell’A.Do.S. che durante la preparazione ed organizzazione della giornata erano un po’ scetti-ci su questo tipo di manifestazio-ne, hanno dovuto riconoscere con serenità che è stata una bella gior-nata e, soprattutto, che è servita a raggiungere l’obiettivo prefissatoci sin dall’inizio: stare in mezzo alla gente per coinvolgerla nella solida-rietà.

E così sono andato a letto con-tento, sognando che proprio questa sarà l’A.Do.S. del futuro!

Carmine Marinoo

* Presidente A.Do.S. Lanciano

LA GIORNATA DELDONATORE DI SANGUE...

DALLA PRIMA PAGINA DALLA PRIMA PAGINA

Festa del donatore, 9 settembre 2007

Festa del donatore, 9 settembre 2007

I donatori di sangue premiati nella giornata del 9 settembre 2007MEDAGLIA D’ORO

ANGELUCCI LUCIOBASCIANO FRANCESCO PAOLOBELLISARIO GASPARECAPORALE DANIELECASCIOTTO PRIMOD’ERCOLE PAOLODI CAMILLO TITODI FAZIO ANTONIO

FESTA VINCENZOFIORAVANTI ROBERTOGNAGNARELLA GABRIELEGRANATA ANTONIOMANZITTI ROBERTOMARFISI NICOLA

MERGIOTTI ANTONIOMICOLUCCI ENNIOROTONDO GIOVANNISESTILLI LUCIANOVALERIO FRANCESCO

MEDAGLIA D’ARGENTO

ABBONIZIO LANFRANCOAMMIRATI DAVIDEANGELUCCI MAURIZIOANTONELLI MICHELEANTRILLI VINCENZOAPOLLONIO LUCAARRIZZA ANNAAURITI LUCIANOBACCILE ANTONELLOBALBONI MARCOBARBELLA FULVIABELLISARIO STEFANOBIANCO STEFANOBOCCHINI MARILENABOMBA ENRICOBOMBA MAURIZIOBOMBA GIOVANNIBOSCO MARINOBUCCIANTE MANUELABUCCIANTE PATRIZIACALDARONE ANGELOCAMEDDA GIOVANNACAMPITELLI ANTONIO 15/10/59CAPECE dr. CLOTILDECAPORALE ANTONIOCAPORALE GIOVANNICAPORALE PIETROCARAFA MAURELIACARAVAGGIO EUSEBIOCARAVAGGIO SILVIOCARAVAGGIO MAFALDACARLINI ANTONIOCASALANGUIDA ANDREACASALANGUIDA LINACASALANGUIDA LORISCASALANGUIDA LUCACASTELLANETA CLAUDIOCASTURA’ CESARECHIAVAROLI FABIOCIANCIO RITACIPOLLA NICOLACOCCO ALFONSOCOCCO VINCENZOCOLETTI ALESSIOCONENNA MICHELE CONICELLA CELESTINOCONTE ELVIOCORDA DANIELACORONA UMBERTOCUONZO LUIGID’ALLEVA LUIGID’AMARIO OTTORINOD’AMICO TOMMASOD’ANGELO DOMENICOD’ANNUNZIO CRISTINAD’ANTONIO FLORINDOD’ETTORRE MASSIMOD’IPPOLITO CRISTIANOD’ONOFRIO MINOD’ORSOGNA LUCIANOD’OVIDIO ANTONIO

D’OVIDIO BRUNODE BENEDICTIS MANUELADE FLORIO DOMENICODE GIOVANNI PIERLUIGIDE LAURENTIIS ALDODE LAURENTIIS FILOMENADE LUCA NICOLADE MATTEIS GIUSEPPEDE NARDIS ATTILIODE SIMONE ANTONIETTADE SIMONE CAMILLO DE SIMONE ROBERTODELL’ELCE TOMMASODELLA GUARDIA SALVATOREDELLA ZIZZA ENRICODELLA ROCCHETTA CLAUDIODI BATTISTA NICOLO’DI CRISCI TOMMASODI FAZIO CARMINEDI BIASE CLAUDIODI BIASE TOMASSINODI BIASE ROBERTODI BUCCHIANICO ANTONIODI BUCCHIANICO ANTONIODI CAMPLI ASSUNTADI CAMPLI DINODI CAMPLI MARILENADI CAMPLI ISABELLADI CAMPLI MAURIZIO 22/02/67DI CECCO ERMINIODI CRISCIO ADRIANODI FELICE GABRIELEDI FLORIO FRANCESCODI GENNI GEREMIADI IORIO NICOLANTONIODI LALLO TERESADI LORETO DONATO PAOLODI MATTEO KATIADI NORO SANDRODI NUNZIO LINA MARIADI NUNZIO MAURIZIODI NUNZIO TOMMASODI NUNZIO VERADI PIETRO ELISABETTADI PIETRO CONSIGLIODI PIETRO LUCADI RADO ANTONIETTADI RICO LELLO

DI ROCCO SILVIODI TOMMASO FRANCODI TORO LUIGIDI TORO FIORELLADI TOTTO ANTONIODI VINCENZO NICOLADI VIRGILIO ROBERTOFALCIGLIA LAUROFANCI NICOLAFANTINI ENRICOFANTINI PAOLOFEDELE ANTONIOFERRUCCIO ALESSIOFIADINO LUCIOFINORI NINOFIZZANI NICOLAGAETA CLORINDOGAETA LEONARDOGENTILE LUIGIGIALLONARDO EMILIANOGIAMMARINO FLORINDOGIAMMARINO LUCIOGIANCRISTOFARO VINCENZO 06/04/66GIANNATEMPO ANGELAGIANNATEMPO GIUSEPPINAGIULIANTE SEBASTIANOGNAGNARELLA DAVIDEGOLATO ANGELOGRIMALDI MARIAGROSSI ORESTEGUERRIERO GIANLUCAIASCI GABRIELEIAVICOLI TIZIANOIEZZI DANTE GABRIELEIOCCO ROMEOIOCCO ROSANNAIUBATTI FAUSTOLA FARCIOLA ANGELALA FARCIOLA ANTONIETTALA FARCIOLA ANNANGELICALANCI FRANCOLANCI FILOMENALANNUTTI OTTAVIANOLUCIANI BARBARALUCIANI DAVIDELUCIANI ALESSANDROMANCINI DONATOMANZI GIUSEPPEMANZI NICOLAMARCELLO VINCENZOMARFISI LUIGIMARIANI GIUSEPPEMARRONE REGINAMARTINA MARCOMASCIANGELO FABRIZIIOMASCIARELLI EMILIOMASSIMO MARIOMASTRANGELO GABRIELEMATTUCCI GIAMPIEROMENNA MARIO DOMENICOMENNA MICHELAMEZZANELLO IRENEMICOLUCCI GIANFRANCOMICOLUCCI GIANNIMILANTONI LUCIANOMININNI MARCOMIRRA VINCENZO

(continua a pag. 4)

Festa del donatore, 9 settembre 2007

il donatore – 4 ottobre 2007

MISCIA NICOLAMONTEFUSCO STANISLAOMORELLI ANASTASIOMORETTI GIULIANOMUCCI MARCONAPOLANO PASQUALENASUTI DOMENICONATALE GASPERINONICOLAI ALESSANDROOLIVIERI GUGLIELMOPAGLIONE GIANCARLOPALLINI EMIDIOPALMIERI ROBERTOPASQUARELLI LUIGINO

PASQUINI GIOVANNIPASQUINI MAUROPASQUINI CAMILLOPELLICCIARO ALESSANDROPELLICCIOTTA MARINAPERSIANI PINAPETRILLI UMBERTOPICCIRILLI ALESSIO PICCIRILLI FABRIZIOPICCIRILLI CARMELITAPILI BONIFACIO PIZZI ANTONELLOPLACIDUCCIO GIANLUCAPLACIDUCCIO PIETROPRIMANTE GIUSEPPEPRIORI EMILIO

RAIOLA FRANCESCORAPINO NICOLARAPINO MAURORASPONE DOMENICA ROCCHI ROCCO MICHELEROTONDO ERNESTO SARGIACOMO GIUSEPPINASCAGLIONE WILLIAMSCIULLI FABRIZIO SCIULLI NICOLASERRATORE BARBARASGRIGNUOLI GIANFRANCOSILVERII GIUSEPPESILVERIO ENZOSPADANO ROBERTOSPINELLI ROBERTOSPOLTOR DONATOSTANTE GIGLIOLASTELLATO NINOTAMBURRINI CARMINETAVANI MANUELATOROSANTUCCI VERINOTRAVAGLINI CARLO GIANNITRIVELLATO DOMENICOTRIVILINI FRANCESCOTRIVILINO FRANCATROZZI DONATELLOTUCCI TIZIANAULISE BERARDINOULISSE FRANCESCAVALENTINI CLAUDIOVERI’ NICOVINCIGUERRA DOMENICO VINCIGUERRA CLAUDIOVITALE GIUSEPPEZULLI ROCCOFesta del donatore, 9 settembre 2007

DALLA TERZA PAGINA DALLA TERZA PAGINA DALLA TERZA PAGINA

I DONATORI PREMIATI...

Il dolore psichicotra normalità e psicologia

DANILO MONTINARO *

Prima di parlare dell’argo-mento in questione occorre evidenziare il termine dolo-

re nella sua forma etimologica e fenomenologica con evidenti rife-rimenti al mondo latino, greco ed europeo soprattutto nel significato che assume in italiano, francese inglese, tedesco….

Pur nei suoi sfumati significati l’assunto di base è che come dice lo psichiatra, Harold Merskey, IL DOLORE è un’esperienza senso-riale ed emotiva associata a danno tessutale in atto o potenziale ma soprattutto è sempre soggettivo.

Questo ci permette di arrivare così a capire che la concezione del dolore è anche legata ad esperien-za emotiva dell’anima fino a poter dare così una nuova visione della definizione di dolore. Nel dolore psicologico esso ha spesso una causa immediata “legata comun-que all’esperienza del dolore e condizionata dalla formazione psi-chica di chi lo subisce”, infatti il dolore psicologico come esperien-za del dolore senza danno organi-co, è comunque condizionato forte-mente dalla formazione psichica di chi lo subisce, perché occorre con-siderare l’uomo nella sua interez-za di corpo e di psiche per parlare poi di vero dolore. Basta vedere il lutto che ci permette di chiarire la particolare dolorosità delle situa-zioni di separazione, per spiegare cioè, il paradosso di una assenza percepita come dolore. Un altro esempio è la diminuita sensibilità dolorifica degli schizofrenici che è sempre stato fonte di studio. Que-sti pazienti percepiscono il dolore meno prontamente degli individui normali e sembrano relativamente indifferenti agli stimoli relazionali e così come molti bambini autisti-ci, che addirittura possono farsi molto male e non piangere o mo-strare alcuna sofferenza davanti a situazioni negative

Ma cosa deve fare il medico?Nell’intervento medico sul dolo-

re psichico lo psichiatra che voglia rivolgersi con coraggio alle dina-miche di relazione del paziente, per comprendere e curare ciò che si è alterato, deve possedere oltre ad una buona conoscenza verbaliz-zata della nosografia psichiatrica, due strumenti preziosi ai quali non

dovrebbe mai rinunciare: il senti-re del corpo, inteso come luogo di formazione dei sentimenti a partire dalle percezioni, e la sensibilità in-tesa come organo di comprensione della vita.

Ricordando il pensiero di Dilthey è importante estrapolare i concet-ti.

Se il dolore di cui parlo non è fisico, bensì psichico: esso fa più paura, fa più male, ed è più diffici-le da battere.

Tutto quello che ci circonda non genera sofferenza, ma questa la crea il nostro cervello che non ac-cetta i cambiamenti che la vita ci propone quotidianamente.

Gli ultimi incontri a livello Na-zionale della Società Italiana di Psichiatria Democratica su queste problematiche effettuate in alcune regioni con l’Università di Filoso-fia, di Scienze della Comunicazio-ne o Servizi Sociali, hanno dimo-strato che in pratica per codificare un significato di dolore occorre una matrice dobbiamo cioè consi-derare che la percezione, l’elabo-razione e la risposta ad un insulto nocicettivo, in altre parole l’espe-rienza dolorosa, siano il prodotto dell’interazione tra struttura or-ganica e identità psichica (intesa come capacità interpretativa di un fenomeno). Questo è stato anche rilevato negli studi di Loeser e Mel-zack 1999 e Marc Schwob. Infine per il medico oggi curare significa anche una nuova svolta culturale nel campo della nostra medicina, che trasformi l’opera del medico da semplice persona che “cura” a semplice persona che “si pren-de cura” nel rispetto di due fon-damentali diritti del malato: non soffrire dolori inutili e mantenere la propria dignità e un tenore de-coroso di vita durante la malattia. E ricordarsi comunque che come diceva il Leopardi L’esperienza del dolore è importante come ac-cesso alla conoscenza della vita quotidiana.

Danilo Montinaro

* Dirigente medico ospedaliero, Dipartimento di Psichiatria, Lan-ciano. Componente Direzione Na-zionale della Società di Psichiatria Democratica, www.psichiatriade-mocratica.it.

Il dolore e le struttureFAUSTO STANTE *

Relazionare sulle strutture di supporto che contribuiscono ad al-leviare il dolore

Sensazione suscitata da un qualunque stimolo endogeno o esogeno che rappresenti offesa o minacci l’integrità dei tessuti normali (Dogliotti) ci porta a im-maginare un luogo fisico super at-trezzato dove sottoporre il paziente a interventi super specializzati che tendono a lenire le sofferenze.

Curare il dolore, comunque, ri-chiede non solo un sapere tecnico ma una preparazione culturale, una sensibilità e una disponibili-tà che si imparano stando vicino alla sofferenza; voglio dire che le strutture più idonee a trattare que-sto sintomo che può essere anche malattia, come vedremo, sono la nostra stessa formazione e il no-stro modo di essere medici della famiglia coadiuvati da personale specializzato.

E se, Il dolore è il più comune sintomo per cui i pazienti richie-dono aiuto (berkow), ci è utile nel momento in cui insorge, diventa devastante quando raggiunge la sua maggiore intensità; pertanto, se devono essere messe in atto le strategie per combattere la malattia così si deve curare il sintomo dolo-re (come facciamo con la febbre).

Anche perché Il dolore si fa sof-ferenza in una persona resa disabi-le e sola e la qualità della vita è no-tevolmente inferiore a quella della persona sana e persino peggiore di quella di molti pazienti affetti da patologie più gravi.

Per l’appunto la precoce cura di questo sintomo accelera la gua-

rigione e riduce l’incidenza delle complicanze a carico delle vie re-spiratorie e del sistema circolatorio rendendo più breve la malattia.

Distinguiamo quindi il dolore in:- Sintomo dolore

Dolore acuto (infezione, viscera-le), Muscoloscheletrico, Reumati-co, Emicrania e cefalea, Paziente Oncologico, Automedicazione

- Oppure come malattia Herpes zooster, Arto fantasma, Nevralgia trigeminale, Mal di schiena cronico e radicolopatieIl dolore in medicina può e deve

essere quantizzato, misurato, attra-verso dei misuratori, dette scale del dolore.

Tra le varie scale le più usate:• Il dolore viene valutato sulla base delle modificazioni comportamen-tali (conoscenza del paziente)• La scala delle espressioni faccia-li• Scala analogica visiva (vas)

Inoltre la differenza tra dolore acuto e cronico non è più da ricon-dursi a un dato temporale ma è col-

legata alla capacità che l’organismo possa guarire la lesione traumatica e riportare alla norma le afferenze sensoriali e gli eventi scatenati nel SNC. Un dolore acuto, se non ade-guatamente curato, può innescare rapidamente quei sovvertimenti centrali su cui si basa la genesi del-la forma cronica.

Per il trattamento è bene che il terapista consideri e tenga al cor-rente il paziente e/o i familiari di alcune condizioni quali:

Terapia farmacologica (Scala OMS)

Somministrazione a ore pro-grammate

Via orale e/o transdermica Dosaggio corretto e aggiustabile Associazione di più farmaciPrevenire effetti indesideratiEvitare farmaci non indispensa-

biliTrattare i problemi psicologici

Queste considerazioni vanno af-frontate all’interno di quelle che possiamo assumere come strutture di trattamento del dolore:

ADI (Assistenza Domiciliare Integrata), UCP (Team di Cure Palliative), Prescrizione a letto del paziente, Counseling, Familiari,

Ambulatori per la cura del dolore, Centro Cefalea

L’UCP (unità di cure palliative) è una struttura funzionale con me-dici e infermieri specializzati che sono autorizzati anche a raggiun-gere il domicilio dell’ammalato e sono di grande supporto al medico di famiglia.

E’ necessario pertanto conosce-re le risorse esistenti sul territorio dal momento in cui il malato vie-ne affidato ai familiari per cure specifiche,o per una dimissione ospedaliera.. Un principio che deve uniformare ogni approccio curati-vo del malato a domicilio è quello della MULTIMODALITA’ o MUL-TIDISCIPLINARIETA’ (uniformità di obiettivo, attraverso il coordina-mento di più competenze).

Il primo obiettivo comunque re-sta che ogni medico ha l’obbligo di tendere a eliminare il dolore e in tutti i casi l’obiettivo è

IL SOLLIEVO DALLA SOF-FERENZA TOTALE (FISICA E PSICHICA) ATTRAVERSO L’INTERRUZIONE DEI MECCA-NISMI DI RINFORZO, SECON-DO UNO SCHEMA CHE TENGA CONTO DEI SINTOMI PRINCI-PALI E DEI SECONDARI

(Ad es. migliorare la mobilizza-zione > migliorare la stipsi > mi-gliorare la nausea > migliorare la dispnea > migliorare l’idratazione ….).

Fausto Stante

* Medico MMG Fiduciario ASL Lanciano-Vasto.

Tutto quello che ci circonda non genera sofferenza, ma questa la crea il nostro cervello che non accetta i cambiamenti che la vita ci propone quotidianamente. [...]L’esperienza del dolore è importante come accesso alla conoscenza della vita quotidiana.

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il donatore – 5ottobre 2007

LA FEDE COME RISPOSTAAL DOLORE

La vittoria della Vita nel figlio che nasce è il frutto di un combat-timento. Di un travaglio, appunto.

Come a dire: d’ora in poi, sappi-lo donna e tu uomo, non ci sarà mai conquista senza sforzo. E non ci sarà amore senza dolore. E non ci sarà lavoro senza fatica. Fin dagli inizi del cammino dell’essere uma-no sul pianeta -Terra -, la sofferen-za non è fine a se stessa: è sempre per qualcosa, che va sempre oltre la sofferenza. Nella Bibbia, il sof-frire non è più un sub - ferre (un sopportare) ma un sursum - ferre: un innalzarla, un sublimarla. Sono le pene come le onde del mare: elevandosi al Cielo perdono la loro amarezza.

Sempre nel Libro della Genesi si coglie un altro esempio della “Te-ologia del dolore” e il saper leg-gere in profondità (intus legere) i fatti della sofferenza alla luce della Fede. Giuseppe, uno dei dodici figli di Giacobbe viene venduto dai suoi fratelli per un gruzzolo di denaro e deportato in Egitto, dove sarà investito della carica di fiduciario del Faraone. Agli stessi fratelli, che ricorreranno a lui spinti dalla fame, Giuseppe dirà, dopo essersi fatto riconoscere: “non vi rattristate per avermi venduto… DIO mi ha man-dato qui prima di voi per assicura-re a voi la sopravvivenza nel Paese colpito dalla carestia e per salvare in voi la Vita di molta gente… Se voi avete pensato del male contro di me, DIO ha pensato di farlo ser-vire a un bene”.

C’è nella Bibbia il personaggio più emblematico ed è Giobbe, il sofferente innocente. Il commen-to lo lascio alle parole di Karol Woityla: “Giobbe, che si professa ed è innocente, contesta tuttavia il principio che identifica la soffe-renza con la punizione del peccato. Non è vero che ogni sofferenza sia conseguenza della colpa e abbia il carattere di punizione. Ma la soffe-renza di un innocente deve essere accettata come mistero che noi non possiamo penetrare con la nostra

intelligenza”.Giobbe è l’uomo delle quattro

virtù: integro, retto, timorato di DIO, alieno dal male. Ma non è paziente.

Tutt’altro! E’ un ribelle. Non nel segno della protesta sterile o del-la rivolta convulsa ma della sfida audace. Giobbe sfida DIO perché ha fiducia in DIO. Nell’orecchio di DIO configge ben quarantotto in-terrogativi come altrettanti spillo-ni, fiducioso nella risposta di DIO che - che se non sempre ci parla - sempre però ci guarda e ci ascolta. Perché soffrire? Perché arrotoli la tenda della nostra esistenza e ne dissolvi in un attimo l’ordito? Se tu esisti, perché esiste il male? Questi alcuni degli interrogativi giobbia-

ni.Siamo tutti figli di Giobbe ol-

tre che di Agostino di Ippona, di Tommaso D’Acquino, di Erasmo e di Pascal. Il DIO di Giobbe non è il DIO “conosciuto per sentito dire”; non è il DIO dei filosofi o della tradizione. E’ il DIO conosciuto at-traverso una diretta e sofferta espe-rienza. “Sono i miei occhi, o DIO, quelli che ti hanno visto”.

Il nome Giobbe non è portato da nessun altro personaggio biblico. E’ citato solo da Ezechiele (14,14 -20). E’ diffuso in Mesopotamia. Il suo significato è questo: “Ma dove è il mio Padre (DIO)”? Anche il nome Giobbe è una domanda.”Il mio nome è una domanda” dirà Jabés nel “libro delle interrogazio-ni”.

La mia libertà è nella propensio-ne alla domanda.

Giobbe, l’uomo delle quattro virtù, l’uomo colmo del Bene e di tanti beni (10 tra figli e figlie, 7000 pecore, 3000 cammelli, 500 coppie di buoi e una numerosissima ser-vitù) viene colpito - nelle sue car-ni vive – da una “piaga maligna”. Una piaga, che nella cultura del tempo comporta l’esclusione dalla vita familiare, sociale e, perfino, religiosa.

Giobbe deve uscire dalla sua casa, dal suo villaggio, per andare ad abitare nel luogo della desola-zione e della solitudine dove si inceneriscono i rifiuti. Su quelle scena di tristezza e di morte popo-lata - un giorno - dalla presenza di tre amici venuti a confortare la sua sofferenza si stende una lunga setti-mana di silenzio come a significare l’incapacità di spiegare e di risol-vere il mistero del dolore umano. Tacciono i tre amici e tace anche Giobbe. Ma a infrangere il silenzio di quei sette giorni che sembrano lunghi come un secolo, si innalza il grido di Giobbe, che - abbandonata la Parabola dell’uomo giusto e fe-dele anche nella prova - maledice il giorno della sua nascita: “perché non sono morto fin dal seno mater-no e non sono spirato appena usci-to dal grembo? Perché due ginoc-chia mi hanno accolto? Perché due

mammelle mi hanno allattato? Per-ché dar luce a un infelice e la Vita a chi ha l’amarezza nell’Animo? I lamenti sono il mio cibo e bevan-da i miei gemiti che sgorgano dal Cuore come acqua”.

La veemenza di Giobbe è tale da schiantare i cedri del Libano, quan-do gli fa invocare la morte: “Voles-se DIO ora schiacciarmi, stendere la sua mano e sopprimermi, salte-rei di gioia pur nell’angoscia”.

Davanti ai suoi amici spazza via il luogo comune secondo cui ogni sofferenza porta il marchio doc di una colpa: “Tu sei colpito perché hai peccato”. A ogni colpa corri-sponde una punizione.

“E’ grande l’area del male ma la sofferenza abbraccia e avvolge an-

che l’area della innocenza”. Giob-be proclama con forza pari alla sin-cerità della sua innocenza e vuole vedersela personalmente con DIO per discutere con LUI il problema del male.

Dio ha fatto l’uomo come suo unico interlocutore tra tutte le altre creature. Lo scandalo della ragione umana è provocato da un doppio versante: tante sofferenze senza colpa e tante colpe senza adeguato

castigo. Giobbe non accetta un tipo di teologia, che condanna l’uomo innocente pur di salvare DIO.

L’enigma è ancora indecifrabile per Giobbe perché nel suo orizzon-te spirituale con ancora si affaccia la speranza in una Vita futura, in un Aldilà che serva a spiegare l’aldi-qua.

Ma Giobbe non rinuncia a son-darlo. Vuole sapere. “Tu solo, o mio DIO, puoi dare una risposta ai miei trafiggenti interrogativi”.

E’ questa è la Fede di Giobbe che riconosce la superiorità di DIO ma non ammette che DIO gli diminui-sca la dignità umana.

Giobbe non parla a DIO con di-scorsi filosofici o con argomenti giuridici ma con lo slancio incon-tenibile del suo Cuore per difende-re con tutta la passione dell’Amore quella dignità che l’uomo ha rice-vuto da Dio come il Dono maggio-re. E osa fare a DIO la domanda capitale, la stessa che farà GESU’ sulla Croce: “Mio DIO, cosa ti ho fatto? Non sono servite a nulla le mie Preghiere?”.

Giobbe non molla, non cede; accetta tutto e insegna il riscatto, non abbandona mai la certezza che alla fine sarà premiato e riammes-so nel Grembo dell’Amore e della ricchezza. Possiederà il doppio dei beni e del Bene che aveva e “mo-rirà sazio di giorni”. Una storia drammatica a lieto fine.

Giobbe è la figura più alta dell’uomo chiamato alla respon-sabilità e al dovere. E’ in questo che Egli ha trovato la risposta alla domanda sul perché del soffrire: “La salvezza sta nello Spirito di Sofferenza che si accompagno allo spirito della Fedeltà”. Solo che per giungere a questo Traguardo finale occorre L’intervento di quel DIO che si sarebbe rilevato in GESU’ di NAZARETH.

In GESU’ il DIO che si pensava facesse soffrire l’uomo si rileva come il DIO che soffre per l’uo-mo.

Cristo non è venuto sulla Terra a portarvi la Croce. La Croce c’era già con il suo groviglio di pene e di angosce. E’ venuto nel Mondo per indicare il modo nuovo di por-tare la Croce e a proclamare con forza che - malgrado le apparenze - la Croce porta oltre la sofferenza,

oltre la morte: porta sotto l’Arco luminoso della Pasqua.

Egli è venuto a liberarci non tan-to dal dolore quanto da un dolore senza senso, senza significato e per questo inutile, sterile e persi-no maledetto. Lo ha strappato alla sua inutile disperazione per ricon-segnarlo tra le braccia del Mistero di bellezza. “La bellezza è il dardo di Luce che ferisce l’Anima e la fa sanguinare” (Benedetto XV).

La bellezza è l’Amore che si spinge fino al dono totale di sé, fino alla Kenosis. E’ bello il volto trasfigurato sulla Cima del Monte Tabor. Ma è ugualmente bello il Volto sfigurato del Cristo nell’Orto del Getsemani. Per risplendere, i gioielli sono sottoposti non ad una molle operazione di lisciatura ma di... sfaccettatura: Tanti tagli netti simili a colpi di scalpello. Nella Kenosis (totale abbassamento di sé) risplende la bellezza di DIO. Tra l’altro l’umiltà è “la sommità della conoscenza” (Mario Luzi). Il dolore, scandalo per la ragione e scandalo per la stessa Fede, Cri-sto lo stana dalla sua assurdità e gli conferisce un valore salvifico, che trova nell’Amore la punta di Dia-mante che lo penetra e l’attraversa: L’Amore è un “Infinito” dentro il Cuore del “Finito” che è il Dolore.

Quando si Ama la stessa soffe-renza è amata. Amare, soffrendo, è Grazia. Soffrire senza Amare è cupa tragedia.

Il Dolore diventa così il perno della rotazione dal negativo al po-sitivo. E’ questa la forma algebrica della sofferenza non respinta ma accettata e accolta: - x - = + .

In questo senso la Croce è un gi-gantesco segno +. Sta a significare superamento del male nel bene, della morte nella Vita, superamen-to della sofferenza nella Gioia, dell’enigma nel Mistero.

E’ un andare oltre, nel segno del-la speranza non nella Vita dopo la morte ma della Vita contro la mor-te.

Il dolore è per un futuro da co-struire non per un passato da rim-piangere. I rimpianti sono sassi di inciampo sul Cammino della spe-ranza. La Fede nell’assolutamente Altro, che è DIO, ci fa respingere la disperazione come tentazione la più perversa e come tradimento del suo Amore.

Cristo non è venuto a fornirci le spiegazioni sul dolore. Il dolo-re se lo assume per solidarietà con l’uomo. E’ il prezzo del riscatto. Il conto è pagato per tutti non per co-strizione ma per una libera scelta d’Amore.

Questo è il Cuore del Cuore della Fede: un innocente che soffre e che muore per tutti.

E’ la risposta massima ad ogni

Giobbe della Storia; Esprime la Verità dell’Amore mediante la Ve-rità della sofferenza .

L’elemento fondativo del Cri-stianesimo è proprio nel fatto che DIO soffra. Soffre con noi, soffre per noi. E, il DIO nostro, un DIO simpatetico. Il dramma dell’uomo diventa il suo dramma. Una ferita aperta nel Cuore dell’uomo ne apre mille nel Cuore di DIO. “Io soffro per Te per il solo fatto che ti amo. Più soffro per Te e più il mio amore diventa Grande”.

Pensate: Nel Vangelo prima “dell’Amte: Nel Vangelo prima” dell’Amdare la morte a chi si ama.

DIO- PADRE risparmia il Figlio mortale di un uomo mortale: Isacco ma non risparmia il proprio Figlio immortale: GESU’. E’ il paradosso dei paradossi, è la prova radicale della Fedeltà a DIO ma non perché DIO ha bisogno della sofferenza innocente per placare la sua ira suscitata dal male dell’uomo ma perché è LUI il primo a pagare il prezzo del sangue per la rigenera-zione della nostra libertà.

La Lancia di Longino trapasse-rà il Costato del FIGLIO ma farà di più nel PADRE: ne trapasserà l’Anima.

Come porci dunque davanti al Dolore? Nel segno della rassegna-zione? Ma la rassegnazione “de-signa” il male, lo circoscrive, lo riconosce come castigo, chiudendo così l’ascesso.

La rassegnazione non è Parola Evangelica. Nel segno della ribel-lione, della rivolta prometeica? No, di certo. Il Grido cristiano non è il Grido della ribellione sterile, non è l’urlo spaventoso di Munch.

Contro il dolore ci si pone nel se-gno della sfida, che contiene in sé il germe della fecondità.

La sfida è purificazione, è catarsi. Essa apre le ferite, lascia scolare le secrezioni ma... solo per guarirle.

Come cristiani, non facciamo re-torica sul dolore. Soprattutto dicia-mo che non è un castigo, potrebbe suonare blasfemo se lo dicessimo. Nel Vangelo GESU’ non ci dice: “Soffrite come io ho sofferto”.

Ci dice piuttosto: “Amatevi come IO ho Amato Voi”. Egli ha sofferto per noi perché noi soffris-simo di meno; per noi ha chiesto non la grazia della rassegnazione ma la grazia di difendere la Vita, come il Bene assoluto. Conclu-do con una annotazione di natura sociologica. Le grandi civiltà e le grandi religioni sono le risposte umane e divine alle sfide della sof-ferenza e della morte. Se sul cam-mino dell’umanità non ci fossero stati ostacoli, intoppi, lotte, soffe-renze non ci sarebbe stata nessu-na spinta in avanti. La Sofferenza rompe il sonno della mente. Mi chiedo e vi chiedo: “C’è un’opera d’arte, qualunque sia il linguaggio che la esprime, che non sia stata generata da uno strappo doloroso da una lacerazione profonda? Io benedico il vomere che squarcia il terreno della mia Esistenza e la mano che nei solchi aperti vi getta i semi della Verità, della bellezza, della bontà”.

Don Michele Di Lorenzo

* Assistente Spirituale A.M.C.I. Dioce-si Lanciano-Ortona.

La bellezza è l’Amore che si spinge fino al dono totale di

sé, fino alla Kenosis. E’ bello il volto trasfigurato sulla

Cima del Monte Tabor. Ma è ugualmente bello il Volto sfi-

gurato del Cristo nell’Orto del Getsemani.

Giobbe è la figura più alta dell’uomo chiamato alla re-

sponsabilità e al dovere. E’ in questo che Egli ha trovato

la risposta alla domanda sul perché del soffrire: “La sal-

vezza sta nello Spirito di Sofferenza che si accompagno

allo spirito della Fedeltà”. Solo che per giungere a questo

Traguardo finale occorre l’intervento di quel DIO che si

sarebbe rilevato in GESU’ di NAZARETH.

il donatore – 6 ottobre 2007

CONVERSAZIONE CON ILDOTT. DI FRANCESCO...

di conoscenze nell’uso delle meto-diche endoscopiche nel campo gi-necologico e grande esperienza di organizzazione clinica per percorsi diagnostico-terapeutici,aggiornati attraverso la partecipazione a con-gressi internazionali; di questi si ricorda particolarmente quello or-ganizzato dall’European Institute di Amburgo. Numerose sono le sue pubblicazioni anche in relazione alla copiosa casistica trattata a tal proposito. È da sottolineare che all’Ospedale di Penne ha collabo-rato per la creazione del Centro Menopausa e alla istituzione del Servizio di analgesia perdurale, che ha reso il nosocomio pennese punto di riferimento per le tante pazienti interessate al parto indolore.

Una prima domanda necessa-riamente non può non fare riferi-mento ad una sua visione organi-ca del reparto di cui è Primario.

Intanto desidero ringraziare per l’opportunità che mi viene offerta di dialogare con i lettori di questa rivista che appartiene ad un’Asso-ciazione alla quale l’ostetrico-gine-cologo può vedersi costretto a ricor-rere per fronteggiare situazioni,che alcune volte possono tramutare in dramma un evento gioioso per de-finizione, quale è, appunto, l’even-to parto oppure rendere possibili interventi chirurgici maggiori in pazienti sovente alle prese con pro-blemi emorragici e di conseguente anemia. Dopo la presa in carico della Direzione dell’U.O. di Oste-tricia e Ginecologia dell’Ospedale di Lanciano, avvenuta circa dieci mesi orsono ed in seguito alla sol-lecitazione che contraddistingue l’azione dell’attuale Dirigenza Aziendale, tesa ad ottenere una più intensa razionalizzazione e riquali-ficazione dell’offerta sanitaria della ASL Lanciano-Vasto, il sottoscritto ha cercato e sta tuttora cercando di perseguire una serie di obiettivi volti sia ad ottenere un elevato stan-

dard di sicurezza per quanto con-cerne soprattutto il punto nascita e sia un miglioramento dell’offerta qualitativa per quanto di pertinenza ginecologica, soprattutto attraver-so un sempre maggior ricorso alle tecniche endoscopiche ed ad un arricchimento del raggio di azione dell’offerta chirurgica oncologico e della patologia del pavimento pel-vico.

Colgo, intanto l’occasione per rivolgere un particolare ringrazia-mento al personale medico e para-medico del mio reparto il quale mi ha accolto in maniera splendida. Grazie alla loro disponibilità mi sono sentito immediatamente parte integrante di questa realtà.

Nella sua visione così ampia di impostazione generale innovativa

e organizzativa del reparto pensa di incontrare qualche problema?

Indubbiamente alcune difficoltà presenti nel passato persistono, ma esse non possono che rappresentare un ulteriore motivo a voler crescere e migliorare continuamente per po-ter portare il reparto di Ginecologia e Ostetricia di Lanciano a divenire punto di riferimento non solo azien-dale ma di tutta la regione Abruz-zo.

DALLA PRIMA PAGINA DALLA PRIMA PAGINA DALLA PRIMA PAGINA DALLA PRIMA PAGINA DALLA PRIMA PAGINA

Vuole rappresentarci un pro-blema che può essere considerato particolarmente significativo?

La ringrazio per la domanda che mi consente di affrontare subito il problema della sicurezza in ostetri-cia, problema che durante l’estate appena trascorsa ha più volte riem-pito le pagine della cronaca locale e regionale in seguito alla chiusura del punto nascita all’Ospedale di Atessa.

L’evento parto e la gravidanza in generale, pur essendo un momenti assolutamente ed indiscutibilmente fisiologici, si sono sempre più tra-sformati, volutamente o involon-tariamente, eventi medicalizzati. Tutto questo, nel corso degli ultimi decenni, mentre ha determinato un progressivo e consistente calo della morbilità e della mortalità perinata-le e neonatale, al tempo stesso ha incrementato in modo esponenziale ansia e paura legate all’evento na-scita con conseguente sempre mag-giore richiesta di sicurezza. Nascere oggi alle nostre latitudini non può prescindere da uno standard orga-

nizzativo di offerta di prestazioni e di sicurezza all’evento nascita con conseguente sempre maggiore richiesta di sicurezza che sia di li-vello europeo e pertanto è impen-sabile che un punto nascita non abbia una dotazione di uomini e di mezzi capaci di garantire tutto que-sto. D’altra parte esiste ormai dal 2000 una legislazione in merito che obbliga a certi standard le ammi-nistrazioni sanitarie. Il ginecologo, il pediatra, l’ostetrica, l’anestesista spesso si trovano come in trincea, in situazioni al limite della legalità o anche oltre e spesso purtroppo ne rimangono vittime in seguito all’al-tissima conflittualità medico-legale legata all’ostetricia. Il medico non ha come obbligo solo la garanzia del raggiungimento dell’obiettivo

sempre e comunque perché la me-dicina non è una regola matemati-ca, l’evento avverso è sempre die-tro 1’angolo,e la sua prevenzione è possibile avendo e seguendo proce-dure e percorsi certi e codificati. La sicurezza pertanto si raggiunge solo garantendo una presenza delle pro-fessionalità necessarie, attraverso una dotazione strumentale adegua-ta ed una abnegazione che peraltro non è mai mancata perché fare il medico spesso è una passione che va al di là di ogni altra considera-zione. L’assenza del ginecologo di notte o spesso anche di pomeriggio, l’assenza del pediatra, la non pron-ta disponibilità dell’ anestesista e della sala operatoria in caso di ur-genza o di emergenza, l’assenza di corollari talvolta drammaticamente necessari quali ad esempio un cen-tro trasfusionale o sacche di sangue disponibili alla bisogna, espongono pazienti ed operatori a rischi ine-narrabili e non degni di un paese, l’Italia, che si vanta di essere la sesta potenza mondiale. Perchè lo standard della paziente abruzzese non deve essere pari a quello di al-tre regioni italiane o di altre nazioni europee? Oggi nel punto nascita di Lanciano è presente una guardia at-tiva di 24 ore su 24 composta dal ginecologo, dall’ostetrica,dal pedia-tra. L’anestesista, qualora dovesse servire, è sempre presente in Ospe-dale e l’attivazione in urgenza della sala operatoria avviene nell’ambito di pochi minuti. Tutto ciò si è reso possibile anche grazie all’integra-zione del personale di Atessa ed è un indubbio vantaggio per l’uten-za. Non sempre avere un Ospedale carente di attrezzature e personale sotto casa rappresenta un beneficio, anzi può rappresentare un rischio maggiore qualora passi del tem-po prezioso in caso di successivo trasferimento in centri più idonei. L’AOGOI, ovvero l’Associazio-ne dei ginecologi ospedalieri, da sempre si batte per raggiungere tali obiettivi e la chiusura in regione di altri punti nascita quali Guardiagre-le e Castel di Sangro non può che essere vista in senso migliorativo dell’offerta sanitaria. La logica dei campanilismi non dà un buon ser-vizio al cittadino utente e nemmeno al medico in quanto, restare isolati in un posto insicuro, espone a rischi pesantissimi non foss’altro perché la medicina è continua innovazio-ne, ricerca ed esperienza pratica e l’expertise del sanitario deriva solo da un continuo aggiornamento e da una pratica quotidiana incessante.

La ricerca della sicurezza non rischia di compromettere la faci-litazione dell’accoglienza?

La ricerca della sicurezza non deve, certo, prescindere dall’agevo-lazione dell’accoglienza della pa-ziente gravida, agevolazione, anzi, che bisogna curare sempre con at-tenzione proprio per il fatto che la gravidanza ha anche un risvolto so-ciale di notevole importanza. A tal proposito abbiamo cercato di mi-gliorare l’aspetto alberghiero della degenza, viene data alla paziente la possibilità del rooming in, sono sta-ti potenziati i corsi di preparazione al parto, è stato codificato il servizio di diagnostica prenatale (amniocen-tesi ed ecografie morfologiche) e abbiamo iniziato a parlare, con la

testimonianza dell’attenzione che la dirigenza della ASL ha nei con-fronti dell’utenza del dipartimento materno infantile.

E per quanto riguarda la gine-cologia?

Per quanto concerne la gineco-logia lo sforzo maggiore è stato quello di riorganizzare il reparto secondo una visione più attuale della chirurgia ginecologica, intro-ducendo la chirurgia endoscopica (la laparoscopia ed la istero-reset-toscopia). Lo sviluppo di tali me-todiche ha comportato da subito un diverso approccio nei confronti delle pazienti, con una chirurgia più rispettosa, a parità di efficacia terapeutica, dell’aspetto estetico utilizzando piccoli fori sulla cute al posto di incisioni maggiori e spesso deturpanti. Si è inoltre ottenuto, nel rispetto dei dettami della politica sanitaria dei nostri tempi, una note-vole riduzione dei tempi di degenza con cospicui risparmi economici. Si è ottenuto inoltre un salto di qualità notevole nell’ambito della diagnosi precoce dei tumori della sfera ge-nitale femminile, in particolare per il cervicocarcinoma e per il cancro dell’endometrio, con una possi-bilità di terapia chirurgica tempe-stiva e con maggiori possibilità di successo. L’utilizzo ambulatoriale dell’isteroscopia ha ridotto drasti-camente il ricorso ad emotrasfusio-ni ed al consumo di una risorsa pre-ziosa come il sangue. E’ stato rior-ganizzato il centro menopausa, già peraltro molto frequentato dalle pa-

collaborazione del servizio di ane-stesia, della possibilità dell’istitu-zione del servizio di analgesia per-durale (il cosiddetto parto indolore) che rappresenterebbe un indubbio salto di qualità e che per esperienza personale, avendolo già attuato in precedenza per alcuni anni presso la mia vecchia U.O., permetterebbe di offrire alla paziente un ventaglio di servizi davvero esauriente. Tutto ciò in attesa della ristrutturazione completa del reparto prevista nel prossimo futuro e di una ulteriore

zienti, in modo da offrire all’utenza un pacchetto di prestazioni omni-comprensivo, in collaborazione con il servizio di radiologia e l’U.O. di chirurgia per la diagnosi precoce del carcinoma della mammella che vede spesso l’esordio, come lesione iniziale, proprio nell’epoca del cli-materio menopausa. Altro campo di interesse che si sta sviluppando sia dal punto di vista dell’informazione che della terapia è quello dell’urogi-necologia cercando di far emergere una problematica spesso sottaciuta

La ricerca della sicurezza non deve, certo, prescindere dall’agevolazione dell’accoglienza della paziente gravi-da, agevolazione, anzi, che bisogna curare sempre con at-tenzione proprio per il fatto che la gravidanza ha anche un risvolto sociale di notevole importanza. [...]

Penso che ci siano, in questo preciso momento storico, tutte le condizioni per far si che, presso l’Ospedale di Lan-ciano, il reparto di ginecologia possa diventare un punto di riferimento per tutta la comunità regionale.

Indubbiamente alcune difficoltà presenti nel passato per-sistono, ma esse non possono che rappresentare un ulte-riore motivo a voler crescere e migliorare continuamente per poter portare il reparto di Ginecologia e Ostetricia di Lanciano a divenire punto di riferimento non solo azien-dale ma di tutta la regione Abruzzo.

Colgo, intanto l’occa-sione per rivolgere un par-ticolare ringraziamento al personale medico e pa-ramedico del mio reparto il quale mi ha accolto in maniera splendida. Gra-zie alla loro disponibilità mi sono sentito immedia-tamente parte integrante di questa realtà.

o addirittura nascosta per motivi principalmente di pudore ma che è in notevole aumento grazie anche al miglioramento della qualità del-la vita e con essa dell’allungamen-to della prospettiva di vita. Quindi come si può vedere ho cercato di far sì che la donna, la paziente, possa trovare risposte esaustive non solo per quando, nella primavera della vita, la preoccupazione maggiore è volta verso la gravidanza, verso il nascituro, ma anche in quella fase della vita in cui la paziente, riap-propriandosi della propria identità di donna, ha bisogno di essere lo stesso ascoltata e consigliata e, se necessario, essere curata per una migliore qualità della propria vita.

A conclusione di questa nostra conversazione vuole darci qual-che ulteriore informazione?

Rispondo volentieri a questa ulti-ma domanda.

Mi corre l’obbligo di sottolineare un altro aspetto importante, soprat-tutto per la crescita e la progressio-ne professionale dei colleghi del mio reparto. Nel mese di giugno ho organizzato, in qualità di segretario regionale della SEGI (Società di Endoscopia Ginecologica Italiana) un convegno a Lanciano che ha vi-sto una cospicua partecipazione di colleghi non solo abruzzesi e che ha affrontato temi di particolare inte-resse scientifico. In quella occasio-ne mi è stato rinnovato l’incarico di segretario per il prossimo triennio e sulla scorta di questa rinnovata fidu-cia, ci sarà da parte mia l’impegno di organizzare una serie di incontri con le donne per affrontare temi di interesse medico-sociale nell’ambi-to ginecologico e, piccolo sogno nel cassetto, di istituire qui a Lanciano un Centro di Endoscopia ginecolo-gica con lo scopo di tutoraggio per i giovani ginecologi che vogliono intraprendere tale percorso profes-sionale.

Penso che ci siano, in questo preciso momento storico, tutte le condizioni per far si che, presso l’Ospedale di Lanciano, il reparto di ginecologia possa diventare un punto di riferimento per tutta la co-munità regionale.