BIOEDILIZIA · indice peter erlacher soluzioni ecologiche per la riduzione dei consumi di...

47
atti dei seminari di formazione Qualità del costruire con tecniche e materiali biocompatibili in BIOEDILIZIA EdicomEdizioni

Transcript of BIOEDILIZIA · indice peter erlacher soluzioni ecologiche per la riduzione dei consumi di...

atti dei seminari di formazione

Qualità del costruirecon tecniche e materiali

biocompatibili

inBIOEDILIZIA

EdicomEdizioni

INDICE

Peter ErlacherSOLUZIONI ECOLOGICHE PER LA RIDUZIONE DEI CONSUMI DI RISCALDAMENTO

Peter ErlacherCASE MODERNE IN LEGNO A BASSO CONSUMO ENERGETICO

Vittorio TamburriniI MATERIALI DI FINITURA: LE VERNICI

Alessandro Taidelli PalmiziIL RAME NELL’ARCHITETTURA BIOECOLOGICA

Roberto BampoMURATURE PORTANTI E MURATURE DA RIVESTIMENTO IN LATERIZIO

Elio Dal MasL’IMPIANTISTICA NELLA CASA BIOECOLOGICA

Stefano OdorizziMALTE ED INTONACI NELL’EDILIZIA BIOECOLOGICA

Maria Rosa ValluzziIL RECUPERO DELLE STRUTTURE MURARIE:PROBLEMI E PROPOSTE

AZIENDE PARTECIPANTI

inBIOEDILIZIA 2

Pag. 3

“ 8

“ 11

“ 17

“ 28

“ 30

“ 34

“ 39

“ 47

SOLUZIONI ECOLOGICHE PER LA RIDUZIONEDEI CONSUMI DI RISCALDAMENTOPeter Erlacher

All’interno del proprio “rifugio domestico”, la qualità della vita è un valore acquisibile soltantoquando si è in grado di dare una risposta ai diversi interrogativi riguardanti il comfort, la sicurez-za e l’igiene.

Questi interrogativi, però, trovano soddisfa-zione purché si dedichi un approfonditoimpegno alle scelte progettuali e costruttivedi fondo, attraverso le quali si riflette un’im-portante coscienza dei problemi relativi allasalvaguardia ambientale. Produrre energia termica significa quasi sem-pre bruciare combustibili, con problemi che siriflettono evidentemente su tutta la società:danni alla salute e all’ambiente causati dal-l’inquinamento atmosferico; spese rilevantiper le famiglie; esaurimento graduale delle

scorte naturali; rischi relativi alla sicurezza individuale (quando gli impianti adibiti non sono ade-guatamente costruiti e gestiti). Attualmente, sembra ormai diffusa una coscienza collettiva rivolta alla ricerca di soluzioni atte arisolvere - o quantomeno attenuare - tali problematiche. In questa direzione, si muovono anchenuove normative stabilite dai governi europei, per tutelare la qualità della vita limitando, al tempostesso, lo spreco e il cattivo impiego delle risorse.D’inverno, un edificio riscaldato cede continuamente calore all’ambiente circostante: per bilanciarequesto fenomeno si ricorre agli impianti di riscaldamento.L’idea attuale, in proposito, è semplice: ridurre gli sprechi. Quest’esigenza si è tradotta in una seriedi decreti e norme. Un paio di queste leggi sono in vigore da una decina d’anni (legge 10 del 9/1/91e D.P.R. 412 del 26/8/93) ed elenca alcuni adempimenti atti a percorrere la strada del risparmio d’e-nergia (si occupano, inoltre, della conduzione degli impianti di riscaldamento…).La temperatura ideale per vivere bene in casa varia dai 18°C ai 23°C. D’inverno, durante le ore not-turne, la temperatura può scendere anche fino a 16°C (o meno, nei vecchi edifici).In generale, i problemi di temperatura si manifestano nei condomini più vetusti, scarsamente dota-ti di sistemi d’isolamento termico alle pareti e con serramenti semplici. Ma anche gli edifici moder-ni possono presentare squilibri e insufficienze.La tradizione tecnica vuole che i parametri fondamentali da controllare ai fini del benessere ambien-tale siano, principalmente, la temperatura e l’umidità relativa. Come si può vedere nel grafico

seguente, i valori ottimali della temperatura sono compresi trai 18°C e i 23°C; per l’umidità relativa dell’aria, tra il 35 e il 70%.In un edificio ben costruito, un impianto di riscaldamento dimedia qualità consente abbastanza facilmente di mantenerecondizioni di temperatura adeguate e costanti. Ciò non acca-de in edifici poco coibentati o eterogenei. Soprattutto in vec-chie costruzioni, i disagi derivanti possono essere notevoli. Inquesto caso, è bene migliorare gli isolamenti termici.La riduzione dei consumi di riscaldamento, comunque, rima-ne un obiettivo primario in quanto, tra l’altro, le fonti d’ener-gia cosiddette tradizionali (carbone, petrolio, gas naturale) sivanno estinguendo, senza contare gli aspetti collaterali (guer-re provocate dal petrolio o l’inquinamento).

inBIOEDILIZIA 3

Casa Zipperle

In Alto Adige esiste una lunga tradizione legata alla costruzione di case a basso consumo energeti-co, nonché d’edifici - sia in legno che in muratura - realizzati senza riscaldamento.

LA RIDUZIONE DEI CONSUMI

La riduzione dei consumi è dunque l’obiettivo primario, ma non è l’unico risultato che s’intendeperseguire: occorre costruire una casa che sia anche un “involucro” in grado di garantire un eleva-to benessere abitativo.Come già accennato, la legge 10 del 9/1/91 stabilisce anche dei parametri di temperatura per ilperiodo estivo: gli edifici devono essere costruiti in modo tale da non superare la temperatura di26°C. In molti sottotetti, invece, tale temperatura risulta essere spesso notevolmente superiore.D’inverno, succede il contrario: la temperatura scende sotto il minimo indicato. L’altro parametrobasilare (l’umidità) segue parallelamente questi scompensi.Per affrontare tali problemi, i progettisti hanno oggi la possibilità di poter scegliere i giusti materia-li per garantire un’escursione piuttosto ridotta dell’umidità e ottenere una temperatura più corretta.Spesso ciò non è accaduto. Un esempio? Nel gennaio 2001, a Naturno (Merano) è caduta neve per

circa 5 cm. Il giorno successi-vo, si è sfruttata l’occasioneper capire se i tetti sono isola-ti adeguatamente. Nelle foto-grafie a fianco quest’aspetto èben evidenziato: sui due tetti,la neve non è presente dove,nella parte sottostante, l’ap-partamento è riscaldato. La

neve permane, invece, dove il tetto sporge. Questo è un chiaro segnale di spreco d’energia e d’iso-lamento non sufficiente. Questi edifici, tra l’altro, sono costruiti secondo la citata legge 10 che, comedimostrano le immagini, non garantisce assolutamente un isolamento abbondante.Un esempio. Se si costruisce una casa unifamiliare con un isolamento come previsto dalla leggevigente, si verificheranno degli sprechi medi pari a: 336 l di gasolio dal tetto; 364 l attraverso le pare-

ti; 126 l attraverso il solaio; 210 l attraverso le finestre; 364 l a causa del ricambio dell’aria. Il totalerende l’idea delle dimensioni delle perdite di energia durante il periodo invernale: 1.400 litri!Tali sprechi di energia, prodotti soprattutto nei paesi industrializzati, hanno già causato dei danni.Il più noto è l’effetto serra. A causa dell’elevata produzione dei cosiddetti gas serra, si forma nel-l’atmosfera una sorta di scudo che funge da specchio per i raggi all’infrarosso. Tale radiazione rifles-sa sulla superficie del nostro globo causa l’aumento della temperatura. Un terzo di questi gas serraproviene dal settore edilizio, tra cui - soprattutto - l’anidride carbonica che, come sappiamo, siforma ogni qualvolta avviene una combustione (come nella maggior parte dei riscaldamenti). Il set-tore edilizio, dunque, può ben contribuire a ridurre tali danni.

inBIOEDILIZIASoluzioni ecologiche per la riduzione dei consumi di riscaldamento 4

Un esempio di quanto sta accadendo è efficacemente deducibile dalle immagini 4A e 4B: il primodisegno illustra un ghiacciaio del 1857; lo stesso, evidente nella fotografia scattata nel 1995, si pre-senta praticamente quasi esaurito. La neve naturale cade sempre più raramente: la causa è semprel’aumento della temperatura nell’atmosfera.

ALTERNATIVE PROGETTUALI

Il fabbisogno energetico attuale è coperto per l’80,9% da prodotti non rinnovabili, di provenienzafossile (petrolio, gas naturale, carbone). Solo il 12,5% è rappresentato dalle cosiddette energie rin-novabili (energia geotermica, idroelettrica, nucleare, solare, eolica, eccetera).

Come si può fornire un contributo efficace al settore edilizioe viceversa? Si può progettare con il sole?Si è praticamente pensato di realizzare un “involucro” abi-tativo ben isolato, ampliando la superficie espositiva dellastruttura verso sud per cercare d’immagazzinare la maggiorquantità di sole possibile. Non funziona!Ciò è (chiaramente) molto arduo da realizzare dal punto divista architettonico, soprattutto in caso di appartamenti nonesposti completamente su un unico lato oppure in presenzadi condomini.La progettazione bioclimatica è un’altra teoria interessante,ma difficilmente applicabileIl grafico sottostante mostra chiaramente che quando occor-re un maggiore quantità d’energia (inverno) c’è poca pre-senza di sole. Luglio, invece, è il mese più soleggiato: ma inquel periodo il riscaldamento è inutile!Anche l’idea di sfruttare l’irraggiamento solare in modoattivo, tramite pannelli fotovoltaici, non è esente da per-plessità. Questi impianti sono stati essenzialmente realizza-

ti per produrre energia elettrica in localitàisolate, prive di rete elettrica: per questomotivo, normalmente, si introduce una bat-teria per accumulare l’energia nelle ore diur-ne, al fine di disporne in quelle notturne.Esempi di tali impianti sono quelli realizzatisui fari marini o nei lampioni stradali, neiquali l’energia è utilizzata soprattutto duran-te la notte, oppure nelle utenze isolate.Anche questo metodo, però, è difficilmenterealizzabile, sia per il medesimo aspetto pre-cedentemente esposto, legato alla presenzadel sole, ma soprattutto per il costo e la resamolto ridotta.

inBIOEDILIZIASoluzioni ecologiche per la riduzione dei consumi di riscaldamento 5

4A

4B

Fonti di energia

Radiazione globale giornaliera

Un esempio: il fabbisogno medio di energia elettrica di una famiglia italiana è di 4.000 kWh. Perinstallare un impianto che copra tale fabbisogno occorre un investimento di circa 25.000-41.000 euro.Quanto costano 4.000 kWh? Circa 0,10-0,15 euro cadauna: circa 619 euro l’anno. È, evidentemente,un rapporto molto sfavorevole.

CONFRONTO DEI CONSUMI (DAL 1960 AD OGGI)

Come accennato inizialmente, l’unica cosa da fare in questo momento è ridurre gli sprechi. A dimo-strazione di ciò, si può riportare un esempio di evoluzione dell’isolamento termico nel nostro Paese,partendo dagli anni Sessanta e arrivando al 2000 (Tabella B), immaginando il “futuro”. Come para-metro, si prenda il consumo di riscaldamento annuale di una casa media e si divida per la superfi-cie riscaldata.La prima casa, negli anni Sessanta, ha un consumo pari a 25 l/m2. L’isolamento relativo - espressoin K - è 1,4 per la parete (da 30 cm), 5,7 per i vetri (semplici), 1 per il tetto (poco isolato) e 0,8 per ilsolaio.Durante gli anni Settanta, si è verificata la crisi del petrolio, che costava tre volte tanto rispetto aldecennio precedente. Si è quindi iniziato ad isolare di più, riducendo il consumo in esame fino a 20 l.Il prezzo del petrolio è ulteriormente aumentato nel 1976. A fronte di ciò, lo Stato ha emesso la legge373 sul contenimento dei consumi, nella quale erano indicati i requisiti minimi d’isolamento: il con-sumo di gasolio è diminuito fino a 17 l.Il 1991 è stato l’anno della legge 10, che ha costretto a realizzare un isolamento diverso, che ha por-tato ad un consumo annuo di circa 14 l.Nel 1987, la Provincia di Bolzano ha sfruttato la propria autonomia e ha ottimizzato gli isolamenti,tramite la legge regionale 11. Essa non obbligava nulla, ma prometteva un incentivo a coloro cherealizzavano un isolamento maggiore a quello prescritto dalle normative vigenti. Ciò ha generatoun’ulteriore riduzione dei consumi annui di circa il 30%, arrivando a 10 l (oggi, in Alto Adige, que-sta mentalità è stato dell’arte: si costruiscono quasi esclusivamente case da 10 l e meno!).Un risultato migliore si ottiene con una casa a basso consumo energetico. Anche qui, facendo unconfronto con il consumo da 14 l, si possono usare gli stessi materiali isolanti, in quantità differen-ti.Per la parete, si considerano mattoni porizzati d’elevata qualità, da 38-42 cm di spessore, anziché da35 cm (riducendo il K da 0,7 a 0,3). Per i vetri, si utilizza una struttura 4-16-4 + gas + pellicola, inve-ce di quella 4-12-4 + gas (portando il K da 2,4 a 1,3). Nel tetto, si applica un isolamento da 16 cm dispessore (in Germania, questa dimensione è prescritta come requisito minimo dal 1995!) anziché da6 cm, riducendo il K da 0,5 a 0,2. Per il solaio (a contatto con la cantina o la terra), l’isolante diven-ta da 7 cm di spessore invece che da 4 cm (il K passa da 0,6 a 0,4).Il risultato è 7 l/m2 di consumo annuo di gasolio, senza ponti termici e con più impermeabilità all’a-ria, una maggiore quantità di finestre rivolte verso sud e una diminuzione di quelle rivolte a nord.Il futuro (ma in alcune zone è già il presente) dovrebbe riservare un consumo annuo di 2 l di gaso-lio. A questo livello, non serve più alcun impianto di riscaldamento. Non più edifici con impianti

inBIOEDILIZIASoluzioni ecologiche per la riduzione dei consumi di riscaldamento 6

Parete 1,4 1,0 0,8 0,7 0,5 0,3 0,15

Vetri 5,7 2,8 2,4 2,4 1,7 1,3 0,7

Tetto 1,0 0,8 0,6 0,5 0,3 0,3 0,12

Solaio 0,8 0,8 0,7 0,6 0,5 0,4 0,2

Consumo Gasolio 25 20 17 14 10 7 2(litri/m3 anno)

1960 1970 1976 1991 1987 1998 ???Case Crisi L.373 L.10 LG.11.8 Basso Passivovecchie petrolio consumo

Tabella B - Confronto dei consumi per riscaldamento da 1960 a oggi(Casa unifamiliare a Bolzano - Valori k in W/m3K)

convenzionali (termosifoni, riscaldamento a parete, pavimenti radiante, eccetera), ma case cosid-dette passive, dotate di impianto di ricambio dell’aria con recupero di calore, in grado di garantirela totale assenza di ponti termici e la perfetta tenuta all’aria.Bisognerebbe realizzare: un isolamento delle pareti da 25 cm di spessore (in alcune case bastereb-bero 20 cm), con un K che diventa di 0,15; vetri tripli 4-12-4-12-4 + pellicola + gas speciale nelle inter-capedini, ottenendo un K di 0,7; un tetto con 30 cm d’isolante (in Svezia, il minimo, nelle case nor-mali, è di 35 mm), con un K di 0,12; un solaio da 18 cm di spessore, per un K pari a 0,2. Non si utilizzano altri materiali, quindi, ma si adattano in maniera più efficace quelli già esistenti.

LE CASE DEL FUTURO

Per realizzare un edificio cosiddetto passivo con un adeguato isolamento termico è necessario inve-stire, quindi, nei prodotti giusti, applicati nelle corrette quantità, in modo che non permettano inuti-li dispersioni. Necessita, come accennato, un impianto di ricambio dell’aria con recupero di calore.Lo schema a fianco mostra come l’aria è convogliata sotto terra per un tratto di circa 20 m median-te tubazioni di plastica. In questo modo, si può preriscaldare l’aria d’inverno e raffrescarla d’estate

(a 2 m di profondità, la temperatura è sempre tra gli 8-10°C). Un apposito scambiatore di calore invia aria frescain tutte le stanze; quella consumata, invece, è recuperata,passa attraverso lo scambiatore di calore ed è espulsa. Laqualità dell’aria in queste case è fenomenale!Nella foto 7 si può osservare un edificio passivo che nonpresenta alcun impianto di riscaldamento: costruito neipressi di Bolzano, ha uno scheletro in cemento armato conmattoni di tamponamento con spessore di 15 cm.All’esterno, è stato realizzato un cappotto con pannelli infibra di legno da 30 cm. La parete ha, dunque, uno spes-sore totale di circa 45 cm.In generale, due esempi di materiali naturali ed ecologiciben utilizzati nelle costruzioni edili sono:- il materassino di lino, che ha la consistenza della lana divetro e della lana di roccia (circa 40 kg di densità) e unpotere isolante pari a 0,040 (come la lana di vetro e il poli-stirene);- il pannello in fibra di legno, che in Alto Adige sta grada-tamente sostituendo il sughero e gli isolanti sintetici. Ivantaggi sono: miglior isolamento termico, assolutamentenaturale e più traspirante; maggiore densità e, pertanto,ideale per prevenire il surriscaldamento estivo, soprattut-to nelle costruzioni leggere, come il tetto.

inBIOEDILIZIASoluzioni ecologiche per la riduzione dei consumi di riscaldamento 7

78

9

CASE MODERNE IN LEGNO A BASSO CONSUMO ENERGETICOPeter Erlacher

Le case in legno costruite secondo i criteri del Südtiroler Holzhaus non sono le classiche baite dimontagna protagoniste dell’immaginario collettivo, realizzate - tra l’altro - in legno massello da 10-13 cm e con isolamento termico discutibile. Le imprese che realizzano queste case partecipano ad un corso speciale per le costruzioni in legno,organizzato dall’APA (“Associazione Per gli Artigiani di Bolzano”), con lo scopo di insegnare e sen-sibilizzare gli operatori all’utilizzo di materiali con idonee caratteristiche isolanti, per una comple-ta soddisfazione del committente.Esistono tre tipologie strutturali considerabili: - il sistema Blockhaus. È una tipologia ormai superata a causa, tra le altre cose, del rilevante fabbi-sogno di legno ed è difficile da impermeabilizzare contro gli spifferi, a causa dei cedimenti e dei riti-ri delle travi orizzontali; - il sistema con pannelli multistrato. È costituito da un numero variabile da 3 a 7 strati di assitoincrociato incollati, da 2 cm circa di spessore ciascuno. È molto resistente e stabile ed è possibile pre-fabbricare intere facciate di case unifamiliari in un unico pezzo. Richiede, però, macchinari costosiper la lavorazione;- il sistema a telaio di legno (Holzrahmenbau). È il sistema più diffuso, in uso già da diverso tempoin Canada e nei paesi dell’Europa del nord. Richiede legno con spessori ridotti, è di facile lavora-zione, non richiede grossi macchinari, consuma una quantità limitata di legno, è leggero e, pertan-to, facile da trasportare e da montare.

LA CASA IN LEGNO (PASSO DOPO PASSO)

Descriviamo le fasi di realizzazione di una casa costruita interamente in legno, dalle fondamenta altetto.

Mentre il muratorecostruisce la canti-na in mattoniporizzati traspi-ranti d’elevataqualità (foto 1) -senza malta perridurre i ponti ter-mici - in carpente-ria si possono già

prefabbricare le pareti per l’edificio – in questo caso con il sistema a telaio (foto 2). Gli elementi prefabbricati trovano posto su un unico autocarro dotato di gru (foto 3): trasportati incantiere, vengono montati direttamente sul solaio della cantina (foto 4).

inBIOEDILIZIA 8

1

2

3

4

Dopo aver montato anche iltetto (foto 5), possono iniziare ilavori all’interno della struttu-ra. Per prima cosa, vengonocoibentate le pareti perimetrali(in questo caso, con pannelli infibra di legno di spessore tota-le di 12 cm), formando uninvolucro ad altissimo livello

d’isolamento termico e acustico (foto 6).Sull’intradosso delle pareti perimetrali, vengonoapplicati pannelli portaintonaco in lana di legno (foto7) che, insieme all’intonaco, rendono la parete - tral’altro - molto resistente al fuoco.Come riscaldamento, è stato scelto il tipo “a pareteradiante”, applicando moduli radianti sotto intonaco(foto 8).Le tracce per i cavi dell’impianto elettrico andavanofresati nel pannello portaintonaco (foto 9). Per le stan-ze da letto, è stato montato un disgiuntore di rete, chescollega automaticamente la corrente mentre sidorme, eliminando così i rischi da campi elettroma-gnetici. Nelle tramezze è stato inserito un feltro di lino (foto10), materiale particolarmente efficace in terminid’assorbimento acustico. In prossimità del camino, il legno viene protetto dalastre non infiammabili (foto 11), per eliminare i rischid’incendio. Per aumentare il potere fonoisolante deisolai in legno, invece, tra le travi (foto 12) è stato inse-rito materiale ad alta densità, in questo caso ghiainodi marmo.Come portaintonaco, all’esterno sono stati applicatipannelli in fibra di legno (foto 13), per essere poi into-nacati con prodotti convenzionali a base di calce (foto14).Per garantire la tenuta all’aria (aspetto assai impor-tante per le case a basso consumo d’energia) è stataeseguita la misurazione “Blower Door” (foto 15), dicui viene rilasciato un certificato (prove effettuate, inquesto caso, a 50 Pa di pressione, corrispondente adun vento medio/forte). Anche all’interno (foto 16), la casa presenta unambiente tipico: le uniche parti in legno sono la tra-vatura a vista e le tramezze verticali.La casa ha due piani, un sottotetto e una cantinariscaldata: non serve una grande caldaia, ma un’ap-parecchiatura di piccole/medie dimensioni. L’intero progetto è stato realizzato - in breve tempo econ risultati ottimali - applicando le esperienze cono-sciute di basso consumo energetico.

inBIOEDILIZIACase moderne in legno a basso consumo energetico 9

6

5

8

7

14

13

15

9

10

12

11

16

Prestazioni della parete :-Protezione contro il freddo (Inverno): k=0,23W/m_K (corrispondea 75 cm di POROTON)-Protezione contro il caldo (Estate): inerzia termica=17ore (corri-sponde a 36 cm di POROTON)-Protezione al fuoco: REI60 (ottimo)-Protezione al rumore: R>60dB (ottimo)-Verifica termoigrometrica (Glaser): nessuna formazione di conden-sa, traspirante-tutti i materiali sono naturali

inBIOEDILIZIACase moderne in legno a basso consumo energetico 10

I MATERIALI DI FINITURA: LE VERNICIVittorio Tamburrini

MOTIVAZIONI TECNICHE PER LA SCELTA DELLE VERNICI NATURALI

Quali caratteristiche tecniche possono determinare la scelta di una vernice naturale? E una voltapresa la decisione di usare una tale vernice, come orientarsi tra i vari produttori di vernici ecologi-che, naturali, bioecologiche, atossiche, e così via? E ancora: in che senso con le vernici naturali pos-siamo operare una scelta consapevole a salvaguardia dell'ecosistema e della salute individuale, sol-lecitando allo stesso tempo un nuovo orientamento etico/produttivo dell'industria chimica?Questi interrogativi si pongono in varie forme a tutti coloro che utilizzano vernici naturali, a comin-ciare forse proprio dal primo di essi: quali sono le caratteristiche tecniche più importanti e distinti-ve di una vernice naturale, che possono indirizzare un utente a preferirla a una vernice convenzio-nale?1) Alta traspirabilità, che facilita il passaggio di umidità tra il supporto trattato (legno o muro) el'ambiente circostante (regolazione microclimatica).2) Alta compatibilità con il supporto da trattare. La compatibilità con il legno è garantita dallesostanze oleose, dagli olii essenziali e dalle cere, i quali provengono dallo stesso regno vegetale alquale il legno appartiene. Inoltre, tali sostanze nutrono il legno impoverito dai processi di lavora-zione (stagionatura, segagione, essiccazione in forno, levigatura, tornitura, ecc.). La compatibilitàcon il muro è garantita dalle sostanze vegetali presenti nella vernice, le quali veicolano numerosesostanze minerali, proprio come avviene in natura. Inoltre, la caseina presente nelle vernici muraliforma con la calce del muro un composto resistente e solido; gli olii grassi consentono un'ottimaimpregnazione del muro e lo rendono idrorepellente senza impedirne la traspirazione.3) Le rese (metri quadri per litro) sono generalmente molto alte e superiori a quelle delle vernici con-venzionali, in particolare per quanto riguarda il trattamento del legno e del cotto. 4) La manutenzione è agevole e le tecniche di applicazione versatili. Per il legno viene eliminata lamanutenzione straordinaria (es.: il parquet non richiede più la lamatura ma solo adeguata puliziacon oli e cere speciali che ripristinano la parte consumata del trattamento senza necessariamenteliberare gli ambienti dall’arredo ma agendo solo dove necessario.).5) Si impiegano solventi di origine vegetale a medio tempo di evaporazione (olii essenziali e loroterpeni).6) Le vernici e le pitture naturali conferiscono caratteristiche “antistatiche” alle superfici trattate.Questa caratteristica aumenta significativamente la durata nel tempo delle superfici riducendo ildepositarsi di polvere su di esse e garantendo un loro invecchiamento “nobile”.

I COSTI DELLE “VERNICI NATURALI”

Le vernici naturali hanno prezzi di listino alquanto variabili, anche in funzione dell'origine del pro-dotto (italiano o estero). Le vernici naturali generalmente costano tra il 15 e il 40 per cento in piùdelle vernici convenzionali di qualità. La differenza di prezzo è giustificata in parte dall'uso di mate-rie prime non molto diffuse nella chimica industriale, in parte da un impiego ancora limitato dellevernici naturali su scala mondiale (sebbene vi siano consumi di tutto rispetto in numerose aree delmondo occidentale, come la Germania e i paesi scandinavi).Il favore che le vernici naturali incontrano sempre più presso i consumatori sta permettendo unacontinua riduzione della forbice dei prezzi tra naturale e convenzionale.Nei costi delle vernici naturali andrebbe considerato, almeno per quanto concerne gli utenti istitu-zionali, il risparmio ambientale dovuto ad un prodotto che fin dall’acquisizione delle materie primerispetta i cicli naturali della Biosfera e non produce impatto ambientale insostenibile. Questo siriflette sui costi gestionali del rapporto con l’ambiente e quindi delle tasse del cittadino.

inBIOEDILIZIA 11

FORMAZIONE DELLA MANO D’OPERA QUALIFICATA

L'uso delle vernici naturali richiede, proprio come ogni tipo di vernice nuova immessa sul mercato,una formazione professionale qualificata. L’artigiano che vuole utilizzare vernici naturali deveadottare metodi appropriati a prodotti molto diversi da quelli convenzionali; alcuni accorgimentirisulteranno utili anche a chi pratica con successo il fai-da-te.1. Non eccedere mai nello spessore di vernice per ogni mano applicata. Così facendo, si garantiscela bellezza dell'aspetto estetico consentendo, inoltre, di rispettare i tempi di essiccazione dovuti aprocessi ossidativi.2. Il legno va sempre carteggiato molto finemente prima della verniciatura e dopo la prima mano(fino ad una carta di grana 220/360) perché le vernici naturali devono fare poco spessore e non pos-

inBIOEDILIZIAI materiali di finitura: le vernici 12

PIGMENTI

MINERALI ORGANICI

NATURALITERRE:OCRA

SIENA NAT.SIENA BRUC.

OMBRAVERDE

.....................

.....................CINABRO

(solfuro di mercurio)BLU DI LAPISLAZZULI

..................................

.......

SINTETICI MINERALIOSSIDI DI FERRO:

ROSSIGIALLINERI

OLTREMARE:BLU

VIOLAROSA

VERDENICHELTITANATI:

GIALLIBLU

VERDICOBALTO:AZZURRIVIOLETTI

VERDICADMIO:

ROSSIGIALLI

ARANCIOCROMO:

ROSSIGIALLI

NATURALIVEGETALI:

ROSSO ROBBIAINDACOGOMMA

GUTTA GIALLA.......

ANIMALI:COCCINIGLIA

SEPPIAMUREXVERDE

VESCICA

SINTETICI PETROLCHIMICIAZOICI

ANILINEQUINACRIDONI

PHTALOCIANINE.....................

....................

PITTURA

PIGMENTI LEGANTI

PIGMENTI COLORATI CARICHE PELLICOLANTI ADDITIVI

carbonaticaolini

.....................

.....................

oliiresine

polimeri..........................................

addensantiopacizzanticatalizzatori

bagnanti.....................

FLUIDIFICANTI

solventidiluenti

.....................

sono quindi "coprire" le imperfezioni del supporto. In questo modo si ottengono superfici “velluta-te” al tatto e dall’aspetto di legno “naturale” insieme ad una forte protezione da macchia ed usura.3. Le pareti sulle quali vanno applicate le pitture murali ad emulsione devono ancora avere almenoun certo margine di assorbimento. È quindi necessario carteggiare le superfici già trattate con smal-ti o altre pitture prive di ogni porosità superficiale (come alcune pitture lavabili e superlavabili). In

ACQUA

SOLVENTI

DISPERDENTI

BATTERICIDI

ANTISCHIUMA

RESINE-OLII

PIGMENTI

CARICHE

TOTALI

PETR

%

- -

2-5

1-3

0.5

0.5

15-25

0-15

- -

19-49

NAT.

%

20-30

- -

- -

- -

- -

- -

10-20

15-30

45-80

CONVEN-ZIONALI

PETR

%

- -

1-3

- -

- -

- -

- -

0-10

- -

1-13

NAT.

%

20-30

- -

0.5-2

- -

- -

15-25

10-20

15-30

› 60.5

QUASINATURALI

PETR

%

- -

- -

- -

- -

- -

- -

- -

- -

0

NAT.

%

20-30

1-3

0.5-2

- -

- -

15-25

10-20

15-30

100

NATURALI

PETR

%

- -

- -

- -

- -

- -

- -

- -

- -

0

NAT.

%

20-30

1-3

0.5-2

- -

- -

15-25

10-20

15-30

100

SOLASCOMPONENTI

IDROPITTURE

SINTETICIPETROLCHIMICI

ISOPARAFFINE OISOALIFATI(PETROLCHIMICI)

TREMENTINAVEGETALE

TERPENI DA OLIIESSENZIALIVEGETALI

OLII ESSENZIALIVEGETALI

TOTALI

90-100%

10-0%

- - -

- - -

- - -

100

CONVEN-ZIONALI

- - -

95-100%- - -

- - -

5-0%

- - -

100

QUASINATURALI

- - -

- - -- - -

1-25%

99-75%

0-5%

100

NATURALI

- - -- - -

- - -

80-100%

20-0%

100

SOLASCOMPONENTI

SINTESI DEI CICLI DI VERNICIATURA LEGNO

Protezione legno

Colorazione, prote-zione e impregna-zione

Parquet

Infissi interni

Infissi esterni

Mobili

sali di boro in soluzione acquosa

impregnante protettivo ad acqua

A) Turapori + Resistente + LucenteB) Turapori + 2 mani di Resistente

A) Impregnante ad acqua + LucenteB) Impregn. acqua + 2 x Fulgente

A) Impregn. ad acqua + 2 x FulgenteB) Turapori + 2 x Fulgente

A) LucenteB) Turapori + LucenteC) Turapori + 2 x ResistenteD) Turapori + Resistente + Lucente

incolore

opaco

satinatoopaco

satinatobrillante

satinatosatinato

satinatosatinatoopacosatinato

TRATTAMENTO DEL COTTOImpregnazioneProtezione

TuraporiA) Resistente + LucenteB) Resistente + Resistente

satinatoopaco

SINTESI DEI CICLI DI VERNICIATURA MURO

Bonifica da Muffa

Impregnazione

Tinteggiaturalavabiledegli interni

Tinteggiaturasemilavabile

Ristrutturazioni

Facciate

Velature murali

Lavaggio con Sali di boroin soluzione acquosa

Fissante

2 mani di Smagliante

2 mani di Traspirante

A) Intonacante: intonachino al rulloB) Intonacante: rasatura a spatola

Smagliante per esterni

Fissante + Colori per idropittura+fissante

incoloreopaco

LEGANTI

PETROLCHIMICIMINERALI VEGETALIE ANIMALI

calcecementosilicati

..................

..................

olii essiccantiresine vegetalicaseina di latte

sostanze proteiche............

..................

resine vinilicheresine acriliche

..................

..................

SOLVENTI

inBIOEDILIZIAI materiali di finitura: le vernici 13

ogni caso le cere e gli olii presenti danno un aspetto estetico satinato e di grande pregio, garanti-scono una funzionale idrorepellenza, consentono l’alta traspirazione (permeabilità al vapore) neces-saria per una casa sana.4. Le pitture murali, applicabili come quelle convenzionali, sono asciutte al tatto in poche ore; richie-dono circa trenta giorni per raggiungere la durezza definitiva e le caratteristiche specifiche di lava-bilità.

SALUTE INDIVIDUALE ED EQUILIBRIO AMBIENTALE: ASPETTI FONDAMENTALI PER INDIVIDUARE UNA “VERNICE NATURALE”

Scegliendo una vernice naturale, che contributo possiamo dare alla salvaguardia della salute indi-viduale e ambientale, promuovendo un nuovo orientamento della ricerca e dell'industria chimica?Comprendere il ruolo del petrolio nell'equilibrio naturale è un punto di partenza obbligato per for-nire una risposta a questa domanda perché la chimica in generale e quella delle vernici in partico-lare si fonda oggi sulla chimica del petrolio e dei suoi derivati.Il petrolio si trova esclusivamente in vaste cavità sotterranee, lontano dai processi nei quali la vitaè presente. Il petrolio è una miscela di molecole che è stata espulsa dal ciclo biologico del pianeta(biosfera) e non è più in grado di rientrarvi (sostanza morta); diversa è la morte, ad esempio, di unapianta, che si decompone favorendo la formazione di humus e rientrando nel ciclo riproduttivodella vegetazione. Siamo qui in presenza di due processi di morte. Il primo di questi è definitivo e irreversibile, privale sostanze della possibilità di essere utilizzate dalle forme viventi, le rende ad esse estranee, peri-colose e perfino letali(vedi tutte le catastrofi ecologiche dovute ad incidenti che coinvolgono ilpetrolio o i suoi derivati). Il secondo processo di morte trasforma gli esseri che muoiono in nuovomateriale organico indispensabile alla vita.Nel ciclo produttivo delle vernici convenzionali non si fa differenza tra sostanze petrolchimiche esostanze vegetali o minerali, preferendo anzi, negli ultimi 80 anni, di gran lunga le petrolchimi-che(sostanze morte nel senso detto prima). Tra i produttori di vernici naturali ve ne sono molti chehanno fatto una chiara scelta unicamente a favore delle sostanze vegetali e minerali. Questa fonda-mentale polarità tra materie prime petrolchimiche estranee alla vita e materie prime vegetali ominerali presenti nei processi vitali, assieme alla definizione di nocività o tossicità delle sostanze,permette di distinguere tra vernici naturali e convenzionali.

Che cos'e’ dunque una vernice naturale?a) Una vernice naturale non usa sostanze petrolchimiche che, come già sottolineato, non interven-gono nei processi vitali. Si tratta, al contrario, di un prodotto chimico che usa sostanze tratte dallanatura nella quale si sviluppano processi vitali (riproduzione, crescita e decomposizione).b) è un prodotto che elimina o riduce altamente l'uso di sostanze che, per quanto vegetali o mine-rali, possano comunque essere nocive o tossiche.c) è una vernice che fa rilevante uso di materie prime rinnovabili (vegetali).d) è una vernice prodotta rispettando le forze vitali delle sostanze e con processi a basso consumodi energia.E' un diritto irrinunciabile dell'acquirente che un prodotto che soddisfi i precedenti punti a), b), c),sia riconoscibile mediante una dichiarazione delle materie prime, fatta dal produttore, accessibile informa ufficiale (un documento del produttore per ogni tipo di vernice) e facilmente reperibile (peresempio, presso tutti i punti vendita). Le vernici che si fregiano dell'appellativo di vernici naturalio ecologiche senza essere accompagnate da una tale dichiarazione non forniscono un chiaro criterioper valutare se esse siano veramente naturali, cioè se soddisfino con certezza i punti a), b), c).

inBIOEDILIZIAI materiali di finitura: le vernici 14

inBIOEDILIZIAI materiali di finitura: le vernici 15

chimica dei petroderivati(ciclo aperto)

danni ambientali e pericolo per la salute umana e animale ad ogni tappa del ciclo - dispersione nell’ambiente e negli organismi disostanze sconosciute all’ecosistema e pertanto non riassorbibili nei processi vitali. Il petrolio e i suoi derivati si rivelano sostanze estra-

nee alla vita e portatrici di processi di morte degli organismi.

PRODOTTI FINITImiscele di molecole adalto rischio di emissioniinquinanti e nocive

CONSUMO FINALERischi per l’utente abreve, medio e lungotermine

MOLECOLE MODIFICATE- non conosciute dall’ecosi-stema- di lunga persistenza- raramente decomponibili

DISTILLAZIONE EPIROSCISSIONEgrande impiego dienergie

ESTRAZIONE ERAFFINAZIONEcontaminazionedell’habitat naturale

DISPERSIONE NELL’AMBIEN-TE SENZA RIENTRO NELCICLO BIOLOGICOalta resistenza dei residui nel-l’ambiente senza decomposizio-ne, accumulo nell’ecosistema,danni agli organisimi viventi

PETROLIOsostanza estranea alla biosfera

fitochimica (ciclo chiuso)

dalla pianta, allo smaltimento, alla formazione di humus, senza danni ambientali

PRODOTTI FINITImiscelazioni e processia basse temperature (< 90°C)

lavorazioni a bassatemperatura(80°C-300°C)

SMALTIMENTO EDECOMPOSIZIONE- tempi medio-bassi di

biodegradabilità- possibilità di

compostazione e usocome concime agricolo

PIANTAfotosintesi

CICLI DI LAVORA-ZIONErischi per gli operatorie l’ambiente nessunoo molto basso

- distillazione- spremitura- lacrimazione

SEMILAVORATI

MATERIE PRIME

CHIMICA DEL PETROLIO

CHIMICA VEGETALE

ESPERIENZE

Qual esperienza accomuna coloro che hanno scelto vernici naturali e altri materiali edili ancora vita-li, oltreché tecnicamente adeguati, per l’edificazione e la ristrutturazione della casa?La sensazione di un benessere diffuso nell’ambiente costruito desta l’attenzione di chi lo vive.Questo benessere o comfort ambientale viene spesso paragonato a quello che si vive a diretto con-tatto con la natura.L’uso di materie prime vitali in quanto proveninti dalla biosfera garantisce la presenza delle forzevitali indispensabili per il sano sviluppo della vita umana oltrechè fonte della gradevole percezio-ne di benessere già menzionata.Le materie prime petrolchimiche, al contrario, introducono nello spazio d’abitazione forze estraneealla vita e ad essa dannose.Ecco che i pregi tecnici delle vernici naturali divengono esperienza percettiva quotidiana. L’impegno consapevole alla ricerca di soluzioni moderne e tecnicamente adeguate, se in sintoniacon i processi vitali naturali, si trasforma in sensazioni di tutti i giorni che rafforzano la certezzadelle scelte compiute.

inBIOEDILIZIAI materiali di finitura: le vernici 16

IL RAME NELL’EDILIZIA BIOECOLOGICAAlessandro Taidelli Palmizi

L’architettura bioecologica è una concezione organica ed interattiva tra clima - ambiente costruito -essere umano - natura, che si propone di realizzare manufatti mirati al massimo benessere globaledel fruitore e dell’intera comunità sociale.Essa si propone inoltre di dare attuazione all'insediamento edilizio individuale o collettivo di nuovacostruzione o di recupero con attività compatibili coi processi naturali di occupazione del suoloaventi lo scopo prioritario di tutelare l’ambiente naturale attraverso una costante verifica di eco-compatibilità di materiali e procedure.Secondo il manifesto per un’architettura bioecologica propugnato dall’A.N.A.B. (AssociazioneNazionale Architettura Bioecologica), i punti basilari e qualificanti di questa concezione del costrui-re sono:

- L’indagine preliminare per individuare, localizzare e misurare gli elementi pertubatori ed inqui-nanti che possono sussistere nell’ambiente, nei materiali e negli impianti;

- L’analisi della potenzialità energetica del sito, che dovrà essere utilizzata al massimo grado usan-do solo impianti tecnologici ecocompatibili ridotti al minimo indispensabile per ottenere un livelloaccettabile di benessere e un microclima sempre gradevole in un ambiente naturale riequilibrato;

- La tutela e la salvaguardia dell'ambiente, anche in caso di inserimenti che devono soddisfare allacondizione di compatibilità;

- I criteri di scelta dei materiali, che devono rispondere ai seguenti punti fondamentali:

1) siano possibilmente reperibili in loco;2) si privilegino quelli naturali non nocivi, a basso consumo energetico nella produzione che nonsiano stati resi inquinanti da trasformazioni strutturali che modifichino la loro composizione chi-mica e la loro struttura molecolare;3) in ogni fase di utilizzo e trasformazione essi conservino costantemente la propria bioecologicità;4) siano riciclabili;

In base a questi criteri si può affermare con certezza che il rame:- è un materiale naturale- non altera il campo magnetico terrestre (amagnetico)- non rilascia sostanze tossiche- ha un ridotto contenuto energetico del metallo- ha un ciclo produttivo a basso impatto ambientale- è un materiale totalmente riciclabile e riciclato in virtù del suo elevato valore economico

Che ruolo può avere il rame sia nel campo dell’architettura che in quello impiantistico nel contestodi questa antica e “nuova” concezione del costruire?

È certo che dal secondo dopoguerra il rame ha assunto un’importanza fondamentale nello svilup-po dapprima di un’architettura colta e indirizzata verso una qualità del costruire per un certo tipodi committenza pubblica e privata, dove la copertura di rame e gli elementi accessori, gronde e plu-viali che costituiscono il sistema di smaltimento delle acque meteoriche sono da sempre considera-ti sinonimi di sicurezza, tenuta agli agenti atmosferici e durata praticamente illimitata nel tempo.

Anche nell’ampio mercato del recupero che da alcuni decenni è diventato il leit-motiv di riferimen-to nel settore edilizio giacché in termini globali di valore economico degli interventi esso ha supe-rato da tempo quello delle nuove costruzioni, il rame è diventato un materiale tradizionalmenteaffidabile e con valenze estetiche determinate dalla sua qualità cromatica, tali da adattarsi perfetta-

inBIOEDILIZIA 17

mente alle delicate necessità di salvaguardia del patrimonio artistico e architettonico dei centri sto-rici del nostro Paese, come testimoniano numerosi interventi accettati senza ostacoli di sorta dalleSovrintendenze ai beni architettonici e ambientali.Le coperture di rame, dunque, si sono progressivamente affermate in tutti i comparti dell'ediliziacivile: dagli edifici religiosi da sempre tradizionali fruitori del rame come simbolo di durata neltempo, ai teatri e agli edifici sede di enti pubblici, agli edifici del terziario di committenti di rilevanteimportanza come banche e compagnie di assicurazioni fino all’edificio pluripiano in condominio ealla villetta unifamiliare di proprietà del ceto medio.

Per quanto riguarda gli aspetti tecnici relativi alla scelta della geometria dell’elemento in lastra checostituisce la copertura e alla sua posa in opera esiste da tempo una esaustiva documentazione tec-nica come ad esempio il recente libro “Il Rame sui Tetti, progettazione e realizzazione” scritto dal-l’ing. Cesare Comoletti per l’editore Electa nel 1994 e distribuito dall’Istituto Italiano del Rame.C’è da rilevare comunque che già dal 1964 con l’edizione “Il rame nell’architettura, i tetti” edito dalCISAR (Centro Italiano Sviluppo Applicazioni Rame) si erano gettate le basi culturali e tecniche peruna diffusione del rame nell’architettura civile e la scelta del rame per alcuni edifici effettuata danoti architetti italiani, considerati oggi i maestri dell’architettura moderna in Italia, conferma la vali-dità di questo materiale sul piano artistico, tecnico ed estetico.

In campo normativo invece, viene finalmente colmata una lacuna nell’informazione agli operatoridel settore edilizio con la pubblicazione nel 1994 delle norme UNI 10372, un codice per l’esecuzio-ne delle coperture discontinue con elementi metallici in lastre dove le istruzioni diventano più chia-re e i disegni dei dettagli costruttivi più aderenti alle tecniche di esecuzione delle coperture in ramepiù comuni nel nostro Paese.L’importanza di questa norma, nel panorama delle nostre coperture discontinue, è tale che propriol’Istituto Italiano del Rame, con opera meritoria, ha acquisito dall’UNI la possibilità di riprodurrequesto codice e lo distribuisce ampiamente a seminari e convegni, in modo da raggiungere con que-ste preziose informazioni tecniche il maggior numero di operatori del settore edilizio sparsi in tuttele regioni italiane.

Il rame, nelle variegate forme che può assumere sotto-lineando architettonicamente, con segni forti e incisivio appena accennati, le più svariate geometrie del tettodell’edificio, lasciando all’architetto o all’ingegnerecivile una grande libertà compositiva, entra, comemateriale tradizionale per la realizzazione delle coper-ture, in perfetta sintonia con gli altri materiali natura-li: laterizio, pietra, legno, intonaci di calce ecc. che con-notano solitamente le superfici dell’architettura bioe-cologica come in questo esempio di una villetta unifa-miliare sita nell’Alpago in provincia di Belluno (fig. 1).

Se dall’aspetto estetico ci spostiamo sul piano dellatecnica costruttiva e sui requisiti che le coperture dirame debbono avere in particolare nelle zone ad elevato soleggiamento estivo vediamo come conesse sia possibile risolvere il problema utilizzando la tecnica del tetto ventilato.Nei mesi estivi, infatti la copertura metallica di riscalda notevolmente sotto l’azione dei raggi sola-ri e a seconda del colore assunto nel tempo a seguito dell’ossidazione naturale può raggiungeretemperature superficiali di 70° C o più, e quindi una considerevole quantità di calore attraversa lastruttura portante della copertura creando condizioni termoigrometriche non accettabili negliambienti sottostanti, siano essi occupati o meno.Per ovviare a questo inconveniente si pratica dunque la ventilazione delle falde del tetto, infatti inquesto modo una buona parte del calore assorbito dalla lastra metallica viene ceduto all’aria inmovimento nella parte sottostante.La quantità di calore smaltito dall’intercapedine ventilata sotto il manto di copertura dipende siadallo spessore di detta intercapedine, sia dalla lunghezza e dalla pendenza delle falde del tetto.Recenti studi compiuti in materia dall’architetto Giovanni Zannoni dell’Istituto Universitario di

inBIOEDILIZIAIl rame nell’edilizia bioecologica 18

Fig. 1

Architettura diV e n e z i a ,re s p o n s a b i l escientifico nel-l’ambito di unaricerca svoltaall’interno delP r o g e t t oF i n a l i z z a t oEdilizia delCNR sottopro-getto 3, qualitàed innovazionetecnologica delcui gruppo dilavoro facevaparte, tra glialtri, il prof. ing. Giorgio Raffellini del Dipartimento Processi e Metodi della Produzione Edilizia,Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze, hanno dimostrato con prove simulate in labora-torio sufficientemente attendibili su un modello sperimentale di falda inclinata lunga 8 metri e larga2,40 m che lo spessore ideale dell’intercapedine ventilata è dell’ordine di 9 cm ben superiore ai 3 -4 cm della stragrande maggioranza delle attuali proposte del mercato che offre sistemi per tetti ven-tilati che presentano invece soltanto una microventilazione sotto tegola.A titolo di informazione gli esperimenti hanno dimostrato che con una temperatura del manto dicopertura di 60° C ed una pendenza ad esempio del 30% della falda, la temperatura media dell’a-ria in uscita dalla parte superiore della falda varia dai 44,5° C con una intercapedine di 3 cm fino a34,7° C con una intercapedine di 9 cm; dunque un incremento dello spessore dell’intercapedine disoli 6 cm comporta una diminuzione della temperatura dell’aria in uscita di circa 10° C e quindi indefinitiva si riduce la quantità di calore trasmessa dalla copertura agli ambienti sottostanti senzache si debbano prevedere forti spessori di materiale iso-lante da applicare sotto l’orditura lignea che sorregge ilmanto di copertura . Nel settore delle coperture in rame una possibile solu-zione a questo non facile problema è offerta dalle lastrein TEGOSTIL coibentate che prevedono una complessacanalizzazione tra le lastre di metallo e la lastra isolantetale da permettere una sufficiente circolazione d’ariasotto la falda del tetto (microventilazione). (fig. 2)C’è inoltre da tener presente che le variazioni di tempe-ratura e umidità, particolarmente sensibili in primaveraed in autunno, provocano talvolta la condensazione digoccioline d’acqua sotto il manto di copertura specie semetallico, causa questa di deterioramento dell’intelaia-tura di sostegno (listelli in legno) del manto di coperturastesso.A questo inconveniente si ovvia altresì con la ventilazione dell’intercapedine tra la copertura metal-lica e la struttura lignea sottostante.Nel settore dell’edilizia bioecologica dove l’imperativo è ricorrere sempre, quando conveniente,all’utilizzo delle fonti rinnovabili di energia, i tetti di rame sia nella configurazione della classicalamiera grecata , sia in quella di tegole a losanga o marsigliesi , possono diventare il supporto dibase per una sorta di collettore solare-scambiatore atmosferico definito “tetto energetico” (fig. 3) darealizzare collegando una rete di tubazioni a griglia sopra il manto di copertura in rame, in modoche facendo scorrere un fluido termovettore (acqua o acqua-glicol) questo possa raccogliere l’ener-gia termica da utilizzare a seconda delle stagioni per il riscaldamento invernale degli ambienti, perl’acqua calda sanitaria o il riscaldamento di una piscina.Benché i costi limitati mettano a disposizione superfici anche ampie, l’energia che il tetto può rac-cogliere è evidentemente a basso livello termico e, come tale, può trovare impiego in generale solo

inBIOEDILIZIAIl rame nell’edilizia bioecologica 19

Fig. 2

Fig. 3

con l’impiego di pompe di calore acqua-acqua.Ne risulta dunque una versione particolarmente interessante di pompa di calore elioassistita, concosti limitati per la superficie captante (circa 1/4 del costo di un collettore solare piano con superfi-cie selettiva) e con la possibilità di utilizzo della cosiddetta energia atmosferica, cioè dell’energia ter-mica prelevata soprattutto dall’aria, sia sotto forma sensibile sia mediante condensazione del vapo-re acqueo.In assenza di radiazione solare il tetto energetico si comporta come una sorta di estesa batteria discambio con l’aria, senza gli inconvenienti tipici di questa (rumorosità, energia elettrica richiesta alventilatore, brinamenti).In un clima piuttosto mite come quello prevalente in Italia, il tetto energetico si presta ad essere dun-que un’interessante sorgente per pompe di calore nel riscaldamento degli edifici.Anche se un tetto energetico ha parecchie caratteristiche simili a quelle di un collettore solare e si ètentati perciò di paragonarlo ad esso, benché privo di copertura trasparente, le modalità di funzio-namento sono sensibilmente diverse.Infatti, se il tetto è accoppiato ad una pompa di calore, la sua temperatura operativa è sovente infe-riore alla temperatura ambiente esterna e quindi più che di dispersioni si deve parlare piuttosto diguadagni: questi non sono valutabili con una semplice modifica di segno degli scambi termici poi-ché si può avere condensazione del vapor d’acqua, eventualmente brinamento, guadagni termicidalla pioggia e, qualora il tetto sia ventilato, anche la faccia posteriore della superficie può essereutile.Nel funzionamento estivo la somiglianza con il collettore solare è maggiore, pur sempre con diffe-renze rilevanti: l’elemento assorbente non è dotato di isolamento posteriore, le sue dimensioni sonoquasi sempre dell’ordine di grandezza della falda del tetto e quindi assai maggiori di quelle di unapiastra di collettore.L’isolamento posteriore può derivare dallo strato d’aria interposto fra elemento assorbente e super-ficie d’appoggio e reso immobile, impedendo ogni ventilazione ma in questo caso l’ambiente sotto-stante la copertura dovrà essere ventilato per evitare condizioni di benessere inaccettabili per glioccupanti, meglio se si tratta di un sottotetto non praticabile e dunque non abitabile che può esserepermanentemente ventilato, in caso contrario il tetto energetico dovrà essere adeguatamente isola-to sul rovescio con materiali coibenti di idoneo spessore (6-8 cm).Anche le modalità di scambio termico sono diverse, perché, anche se l’aria ferma si può considera-re come uno strato d’isolante, esistono scambi termici per radiazione fra elemento assorbente esuperficie d’appoggio e fattore ancora più importante assume il coefficiente di convezione con l’a-ria ambiente, che influisce solo limitatamente nei collettori dotati di copertura trasparente, mentrenel tetto energetico può condizionarne completamente le prestazioni specie in presenza di vento. D’altra parte anche se la velocità del vento è nulla si ha comunque scambio termico per convezionenaturale legato alla differenza di temperatura fra la piastra metallica e l’aria con coefficienti tantopiù alti quanto maggiore è tale differenza di temperatura.Nei mesi estivi la mancanza di una copertura trasparente diventa meno importante anche se ledispersioni sono prevedibilmente assai elevate non appena la temperatura operativa del tetto ener-getico supera di pochi gradi la temperatura ambiente.

inBIOEDILIZIAIl rame nell’edilizia bioecologica 20

Fig. 4

In ogni caso è certo che il tetto energetico può essere conve-nientemente utilizzato tutto l’anno per il riscaldamento diacqua sanitaria, almeno per località non particolarmente ven-tose, largamente presenti nel nostro Paese.Sperimentazioni effettuate su sistemi reali dimostrano checon il tetto energetico a superficie selettiva e valori moderatidel coefficiente di convezione , si ottiene un guadagno dienergia utile attorno a 2/3 di quella che può dare un buoncollettore solare mentre nell’ipotesi meno favorevole si puòcomunque ottenere circa 1/3.Ciò però, a fronte di costi decisamente più bassi sia dei com-ponenti che di installazione rispetto a un impianto solare tra-dizionale con collettori piani a superficie selettiva senza con-tare il vantaggio che il tetto energetico assolve pienamente lefunzioni di una copertura tradizionale, non occupando inoltre ulteriori spazi e con un risultato este-tico decisamente migliore (fig.4) di quello dei collettori solari che oltretutto hanno non pochi pro-blemi di integrazione nelle coperture (ingombri, inclinazione secondo l’uso e la latitudine del luogo,tenuta all’acqua dei sostegni sul tetto, passaggio delle tubazioni del circuito fluido termovettore,pulizia del vetro di copertura della cassa di contenimento ecc.).I tetti di rame dunque possono pienamente assolvere alle funzioni di elementi di copertura garan-tendo nel tempo tutti i requisiti richiesti dal delicato e complesso sistema che la costituisce con lapossibilità ulteriore di diventare, come abbiamo detto poc’anzi, delle superfici per la raccolta dienergia solare e atmosferica. C’è da aggiungere infine che essi sono pure ideali per realizzare impianti parafulmine di cui il piùnoto di essi, la cosiddetta “gabbia di Faraday” può per la sua stessa conformazione essere costitui-ta come base dalla stessa copertura di rame e dai componenti accessori pure di rame come pluvia-li, gronde, scossaline che dovranno essere semplicemente collegati elettricamente fra di loro con unacorda di rame (fig. 5) collegata ad opportuni dispersori nel terreno.

GLI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO BIOECOLOGICI CON TUBO DI RAME

Se dal settore edilizio ed in particolare da quello delle coperture per gli edifici ci spostiamo nel set-tore degli impianti laddove, come noto, l’introduzione del tubo di rame è stata fondamentale peruno sviluppo straordinario di questi ,a partire dalla fine degli anni ‘50, possiamo affermare senzatema di smentite, che questo materiale ha consentito di realizzare già da allora impianti a bassa tem-peratura il cui livello di comfort per gli occupanti non aveva eguali in precedenza.

Specificatamente nel settore dell’edilizia bioecologica, un sistema di riscaldamento riscoperto inItalia nella seconda metà degli anni ‘80 dopo un fallimentare tentativo di vent’anni prima, sembrapromettere un interessante sviluppo quantitativo. I corpi scaldanti che lo costituiscono denominati convettori a zoccolo o a battiscopa, alias base-boards, sono stati inventati negli U.S.A. nel secondo dopoguerra ed in Europa vennero importatiper la prima volta negli anni cinquanta. In alcuni stati americani fino al 95% degli “HydronicSystems” (riscaldamenti ad acqua calda) venivano costruiti con questi convettori a zoccolo.

Negli Stati Uniti, i base-boards sono merce fabbricata su larga scala costituiti da lamiera d’acciaiolaccata di bianco il cui costo di produzione è molto basso, non superando i cinque dollari al metro.Per il gusto del pubblico europeo questi apparecchi avevano l’aspetto troppo “di latta”, ragion percui nei nostri paesi non si verificarono le grosse vendite inizialmente previste.

In Germania, Karl Bormann della Caliqua di Monaco, creò nel 1953, dopo un viaggio in America, il“convettore a zoccolo”, un apparecchio con uno scambiatore di calore zincato a fuoco che potevaessere integrato nei sistemi di riscaldamento ad acqua calda ad alta pressione.La Ditta Buderus sviluppò una costruzione ad elementi di ghisa uniti da nipples. Con il Nome“Provitherm” le grandi Aziende Ahlmann, Brotje, Projahn e Viessmann misero sul mercato unmodello comune.

inBIOEDILIZIAIl rame nell’edilizia bioecologica 21

Fig. 5

“Plange’s Fussleistenheizung” era il nome di un convettore azoccolo con il quale un commerciante di farina di Amburgodiede vita ad una diversificazione aziendale.Più tardi a Colonia ci fu un modello costruito della GeneralAutomatic con il nome “General-Atlantic”, abbreviato diseguito in “Gentic”.Da qui ebbero origine i primi e veramente utilizzabili docu-menti di calcolo e di preventivi realizzati dai tedeschi, comeanche un modello di convettore a zoccolo ben studiato inlamiera d’acciaio stratificata.L’iniziativa richiese molto energia a causa dei diverbi giuridi-ci riguardanti i rendimenti troppo alti dichiarati dalla concor-

renza.“Evitherm”, a quei tempi venduto dalle Aziende Metallurgiche Tedesche Riunite, era uno dei ber-sagli preferiti.Un tale di nome Pfannenberg, allevatore, presentò nel 1965 una variante “sterilizzabile” in acciaiolegato speciale e con questo corpo scaldante voleva riscaldare gli ospedali.Anche la Protherm di Zurigo e la Tasso a Vienna volevano partecipare.Il primo grande impianto, un insediamento abitativo di 1500 abitazioni, fu realizzato nel 1965 perle persone che persero la casa durante l’alluvione di Wilhelmsburg.Però in questo caso l’utilizzo del riscaldamento radiante con i convettori a battiscopa non ricevettesufficiente attenzione, e si fece subito silenzio intorno ad esso.

In Italia, già nel 1966, la Ditta Jucker di Milano, tuttora esistente, in continuo contatto con le sue caselicenziatarie americane propose una versione del convettore a zoccolo assai perfezionata denomi-nata “Clima” e più tardi nel 1968 la Ditta Bonori con sede in provincia di Bologna propose a suavolta un convettore a zoccolo con tubo di rame con diametro esterno di 24 mm e pacco lamellare inalluminio con altezza di 15 cm e profondità di 8 cm per una lunghezza massima di 2,5 metri.I motivi di tale proposta non erano però quelli di riscaldare le case con corpi scaldanti a bassa tem-peratura per radiazione, ma piuttosto quelli di offrire corpi scaldanti idonei a fronteggiare le disper-sioni di grandi vetrate allora in fase di forte sviluppo nelle costruzioni concepite dall’architetturamoderna.Le rese termiche infatti erano calcolate partendo da una temperatura media dell’acqua di 70° C con-tro i 50-55° C che si utilizzano attualmente nel riscaldamento bioecologico.L’azienda tedesca Hydrotherm si unì ad un gruppo industriale americano, il quale fabbrica ogginegli Stati Uniti, su una scala inimmaginabile, i “convettori a battiscopa Evitherm”. Così sul mercato tedesco rimase il modello dalla forma originaria del “base-boards” americano,mantenuto fino ai giorni nostri.In Italia, dopo il fallimento di questo sistema di riscaldamento proposto alla fine degli anni sessan-ta, c’è voluta la corrente culturale dell’Architettura bioecologica per rivalutare nella “giusta dimen-sione” il convettore a zoccolo o a battiscopa che dir si voglia, per il riscaldamento sano ed energeti-

inBIOEDILIZIAIl rame nell’edilizia bioecologica 22

Fig. 6

Fig. 9

Fig. 8Fig. 7

camente poco dispendioso delle case “Bio”, sistema chenel momento attuale sta conoscendo appunto una fasedi crescita interessante.Le esperienze positive non sono mancate dalla ormaiconosciuta Casa di Pagnacco (UD) realizzata in Friulinel 1985, progettata dall’arch. Enrico Micelli e riscaldatacon convettori a battiscopa “Evitherm”, di cui, recente-mente, lo scrivente ha potuto constatare il perfetto fun-zionamento a seguito di misurazioni della temperaturamedia radiante e di quella ambiente, (fig. 6, 7, 8 e 9) finoalle case progettate o in corso di progettazione da partedell’arch. Giancarlo Allen in provincia di Bergamo.Anche lo scrivente ha all’attivo la progettazione didiversi impianti realizzati con convettori a zoccolo dicui i primi due, di fabbricazione austriaca mod.“Variotherm”, realizzati nel 1993 uno nell’Oltre PoPavese e l’altro in provincia di Novara. Visto l’interesse crescente, da qualche anno anche alcu-ne ditte italiane, al momento con una produzione arti-gianale o semi-industriale, stanno commercializzandodiversi modelli di convettori a battiscopa di cui i migliori nel rapporto emissione termica/costo diproduzione, sono quelli con tubo di rame diametro 22 x 1 mm e alette di alluminio lisce o, megliocorrugate nel numero di ca. 200 alette per metro lineare.Il carter di rivestimento del convettore può essere metallico con deflettore dell’aria manovrabilemanualmente per la più razionale distribuzione dell’aria e per eliminare l’imbrattamento dellepareti qualora fosse necessario far funzionare anche per brevi periodi i covettori a zoccolo con tem-perature dell’acqua più elevate (70-80° C); oppure il convettore può essere rivestito da listelli dilegno frontale e superiore, lucidati naturalmente con cera d’api, quest’ultimo allestimento è certa-mente più “Bio” di quello metallico, anche se più costoso.I convettori a battiscopa vengono installati lungo le pareti esterne alcuni centimetri al di sopra delpavimento (di regola 10 cm).L’aria si riscalda tra le lamelle e poi sale lentamente verso l'alto all’esterno del rivestimento, for-mando una cortina di aria calda più leggera che lambisce per la sua intera altezza la parete peri-metrale cui il convettore a zoccolo è addossato.In questo modo l’aria, cede il suo contenuto calorifico alla parete, questa si scalda mentre l’aria siraffredda via via fino all’esaurimento della sua spinta ascensionale che avviene a circa 2 metri dialtezza sopra il convettore a battiscopa.Il volume complessivo dell’aria della stanza non prende parte a questo fenomeno di riscaldamentodella parete, e rimane nel complesso fermo, fresco e libero dalle polveri. La temperatura radiantedella parete raggiunge valori fino a 30° C in prossimità del convettore a battiscopa mentre il mate-riale che costituisce la superficie della parete es. intonaco, legno o tessuto non influenza granchéquesto fenomeno.Costruzioni storiche con murature in pietra naturale spesse anche un metro possono benissimoessere riscaldate con questa tecnica così come gli edifici con pareti leggere di tamponamento tipichedell’edilizia moderna.Il collegamento idraulico dei convettori a battiscopa non differisce da quello dei comuni radiatori:due tubi di rame di piccolo diametro (10 - 14 mm), uno di andata e l’altro di ritorno assicurano l’a-limentazione di ogni convettore la cui lunghezza massima consigliata non deve superare 3,5 m penauna sensibile riduzione dell’emissione termica.Per un controllo preciso della temperatura ambiente locale per locale e per interagire con i guada-gni di calore gratuiti dovuti alla radiazione solare e alle fonti interne (luci, persone, cucina, appa-recchi elettrici ecc.) ogni convettore a battiscopa deve essere dotato di una valvola termostatica, oggiobbligatoria per legge (legge 10/91) e D-P.R. n.412 del 26 agosto 1993 art. 7 comma 7).Già vent’anni fa, quando ancora non era usuale parlare del consumo energetico di un sistema diriscaldamento, si notò subito la particolare economia che questo tipo di sistema permetteva.Non si tratta di nulla di miracoloso: l’aria interna raggiunge solamente temperature tra i 16 e i 19°C a seconda della destinazione d’uso dei locali, e perciò vengono limitate drasticamente le perdite

inBIOEDILIZIAIl rame nell’edilizia bioecologica 23

Fig. 10

di calore rispetto ai tradizionali sistemi a radiatori ad alta tem-peratura, dove si verifica una stratificazione dell’aria versol’alto in prossimità del soffitto, zona dove notoriamente si veri-ficano le dispersioni maggiori a causa della vasta superficie,della trasmittanza relativamente più elevata e dei ponti termi-ci tra soffitto e pareti difficilmente eliminabili.La cosa più importante però è l’essicazione artificiale dellepareti esterne, sulle quali si trovano i convettori a battiscopa: lemurature asciutte conducono il calore dall’interno verso l’e-sterno in maniera peggiore rispetto alle murature umide, ossiaoffrono una resistenza termica maggiore rispetto a queste ulti-me.Il riscaldamento delle pareti perimetrali con convettori a batti-scopa consente di eliminare almeno il 5% dell’umidità dellamuratura ed in questo modo il valore di trasmittanza U risul-ta più basso di circa il 20-25%.Un’ultima annotazione riguarda la possibilità dei convettori abattiscopa di essere alimentati con acqua calda proveniente da fonte solare mediante pannelli sola-ri installati sul tetto o nel giardino dell’edificio; in questo caso è necessario un convettore a batti-scopa con due tubi di rame diametro 22 x 1 mm, sovrapposti, muniti ciascuno delle proprie lamel-le di scambio (fig. 10).Il tubo inferiore sarà alimentato dall’acqua proveniente dai pannelli solari fornendo il cosiddettoriscaldamento di base mentre eventuali incrementi di temperatura verranno forniti dalla caldaia chealimenterà il tubo superiore collegato ad essa con circuito distinto e separato da quello dei pannel-li solari.Altri sistemi di riscaldamento radiante dove il tubo di rame ha trovato un’interessante possibilità diapplicazione sono i pannelli radianti a parete preferiti a quelli a pavimento poiché non presentanoproblemi nella limitazione della temperatura superficiale e non provocano alterazioni del campoelettrico naturale a causa dell’attrito dell’acqua nei tubi: dai biologi della costruzione quelli a pavi-mento sono infatti raccomandati solo per bagni, cucine e locali di transito.

I sistemi di riscaldamento a parete possono essere realizzati con tecniche miste ossia utilizzandol’acqua come vettore del calore e l’aria circolante in una parete per il riscaldamento dell’ambiente.L’esempio più interessante a tal proposito è il riscaldamento a parete in laterizio denominato dalsuo ideatore J. Steiner, riscaldamento a parete calda in laterizio ipotermico (fig. 11).

Lo sviluppo del riscaldamento ipotermico a parete di mattoni forati si basa sul principio del riscal-damento a ipocausto degli antichi romani ma a differenza di quello concepito due millenni orsono, questo non ha gli inevitabili difetti dovuti ai metodi empirici di dimensionamento e alla mancan-za di caldaie o stufe con elevati rendimenti quali quelle di cui oggi si dispone, del tutto sconosciu-te e inesistenti nell’antichità.Le perdite di energia che avvenivano attraverso l’ipocausto dei romani erano elevate giacché il ciclodel calore era aperto e i fumi uscivano dalle pareti cave ancora caldi determinando un consumo digrandi quantità di legna nelle fornaci.Il riscaldamento ipotermico a parete di mattoni è dunque la combinazione della moderna tecnicacon il collaudato principio del riscaldamento ad ipocausto per irraggiamento.Il calore, dalla fonte di produzione, è trasportato dall’acqua e non più dall'aria fino alla superficiescaldante.In questo modo arriva solo il calore necessario ed esso viene portato nel punto preciso dove è richie-sto, ciò consente di ridurre al minimo le perdite di distribuzione.Nella parete però non scorre acqua ma circola aria calda in un circuito chiuso e ciò garantisce unadurata illimitata del sistema.Grazie all’utilizzo di materiali costruttivi biologici e alla positiva azione sul clima interno, questotipo di impianto interpreta perfettamente le necessità di un riscaldamento sano e di elevato rispar-mio energetico sia nel campo della ristrutturazione che per le nuove costruzioni. L’elemento base di questo sistema di riscaldamento a parete è un sottile mattone forato con duecamere d’aria separate dello spessore totale di 12 cm. La parte superiore e quella inferiore della

inBIOEDILIZIAIl rame nell’edilizia bioecologica 24

Fig. 11

parete viene completata da un mattone terminale a formadi U per consentire il giro dell’aria realizzando così ilciclo chiuso della stessa nella parete.Nella fila di camere d’aria verso il locale da riscaldareviene inserito al di sopra del pavimento uno scambiatoredi calore in tubo di rame alettato ed esso viene ricopertoda uno zoccolino battiscopa.Appena l’acqua calda scorre attraverso lo scambiatore dicalore in rame, si sviluppa sopra di esso all’interno dellaparete una circolazione naturale di aria calda (moto con-vettivo) che sale verso l’alto.Salendo, l’aria calda cede il suo calore all’intera superficiedella parete scaldante e genera dal lato verso il localeun’emissione di calore per irraggiamento.L’aria quindi si raffredda e passando nel mattone termi-nale ad “U” scende verso il basso nella camera d’ariaposteriore dove viene richiamata nuovamente dalloscambiatore per essere successivamente riscaldata inmodo da sviluppare una circolazione continua dell’ariaall’interno della parete stessa. Il sistema di riscaldamentoipotermico a parete di mattoni deve il suo alto rendimen-to proprio a questo ciclo chiuso dell’aria calda all’internodella parete scaldante.A causa del sottile spessore dei mattoni forati, la massadella parete scaldante viene limitata allo stretto necessa-rio e quindi tale sistema di riscaldamento possiede unalimitata inerzia termica.poiché lo scambiatore di calore è posto proprio alla basedella parete dietro una zoccolatura rimovibile, nella parete stessa non scorre acqua, e perciò questosistema non è incline a subire danni meccanici.Per evitare perdite di calore dirette dalle tubazioni di distribuzione dell’acqua calda allo scambia-tore di calore, la parete viene fissata ad uno strato di materiale isolante posto sia sotto la parete sia,naturalmente, sul lato verso l’esterno in modo tale che la cessione di calore avvenga solo verso l’am-biente da riscaldare.La parete radiante in mattoni può avere un’altezza massima di 2 m è ciò per ovvie ragioni di ces-sione del calore al laterizio che superata tale altezza diventa assai modesta oltre al fatto che le per-dite di carico continue e accidentali che l’aria incontra nel ciclo chiuso all’interno della parete devo-no essere necessariamente limitate perché il moto convettivo naturale possa dispiegare bene il suoeffetto.In tali condizioni ottimali una parete radiante di due metri di altezza per un metro di larghezza,dunque 2 mq secondo le prove condotte in base alla norma DIN 4704 con una temperatura ambien-te di 20° C, un esponente n=1, del corpo scaldante (tubo di rame alettato diametro esterno 22 mm)e una temperatura media dell’acqua di 80° C, da un’emissione termica di 216 W.Secondo i principi della biologia delle costruzioni e di un riscaldamento sano il produttore consigliagiustamente di non superare una temperatura media dell’acqua di 60° C con una temperaturaambiente di 18° C, ideale con tale tipo di riscaldamento per irraggiamento da parete, e in tali con-dizioni l’emissione termica sopra citata scende a 144 W sempre per una parete larga 1 m e alta 2 m.

I sistemi di riscaldamento a pareti radianti possono anche essere realizzati con l’inserimento ditubazioni in rame dove circola il fluido termovettore riscaldato ad esempio da una caldaia a gas, sitratta dunque di pareti radianti con circuito ad acqua.Questa tecnica è conosciuta anche in Italia, ma è stata utilizzata solo marginalmente per il riscalda-mento complementare di taluni locali come ad esempio i bagni con finestre e soffitto disperdentedove per compensare le dispersioni termiche abbastanza elevate, non avendo a disposizione l’inte-ra superficie del pavimento, a causa della presenza degli apparecchi sanitari, si realizzava un riscal-damento a parete con l’inserimento sotto intonaco di tubi di rame di piccolo diametro (10 mm inter-no) ed anche meno a forma di serpentino.

inBIOEDILIZIAIl rame nell’edilizia bioecologica 25

FIG. 12b

Fig. 12a

Attualmente si conoscono due sistemi di riscalda-mento radiante a parete con circuito ad acqua intubo di rame.Il primo brevettato da una ditta austriaca è costi-tuito da speciali mattoni di argilla scanalati perl’intera lunghezza in modo da potervi inserire untubo di rame ; la dimensione del singolo mattoneè di 245x95x70 mm di spessore ed esso è provvi-sto di un foro passante nella parte inferiore perinserirvi tubi di distribuzione dell’acqua o cavielettrici (fig. 12 a).La parete riscaldante dello spessore di 7 cm vienemurata contro una parete perimetrale dotata diun buon grado di isolamento termico oppure può essere inserita come parete divisoria tra due loca-li in modo che il riscaldamento avvenga da entrambe le parti. (fig. 12 b). Il tubo di rame del diametro esterno di 22 mm viene inserito nella scanalatura del mattone e la maltaapposita ricopre il tubo garantendo la trasmissione di calore e nel contempo serve come malta percostruire la parete in muratura.Il produttore mette a disposizione anche mattoni speciali per formare pareti curvate o ad angolo.La temperatura dell’acqua nella parete può essere portata fino a 50°C senza problemi di asimmetriadella temperatura radiante della parete stessa e la temperatura ambiente può essere controllata conprecisione da un cronotermostato.Il calore radiante così generato consente livelli di confort accettabili anche con temperature dell’a-ria di 16-18°C e conseguentemente un significativo risparmio energetico.La capacità di accumulo di calore della parete permette lunghe pause nel riscaldamento (fino a 4ore) con evidente riduzione dei costi di gestione dell’impianto.Ogni parete riscaldante viene collegata da una tubazione di andata e ritorno dello stesso materialepresente all’interno della parete ma di diametro adeguato a seconda della portata dell’acqua circo-lante per ottenere la resa termica effettiva.La resa termica della parete radiante siffatta isolata termicamente sul rovescio (parete perimetrale)è di circa 260 W/mq con una temperatura media del fluido termovettore di 45° C e una temperatu-ra ambiente di 20° C (dati riferiti a tubo di rame diametro 22 x 1 mm con interasse di 10 cm tra i tubiincorporati nella parete).Tutte le tubazioni fanno capo a collettori di distribuzione rendendo i collegamenti con le pareti nondissimili da quelli di comuni radiatori con impianto a due tubi e distribuzione orizzontale (fig. 12c).Nei bagni e nel corridoio di ingresso si consiglia una integrazione con riscaldamento a pannelliradianti a pavimento.Una volta costruita la parete, questa può essere intonacata, piastrellata o rivestita di pittura muralea calce; eventuali fori possono essere fatti successivamente senza problemi poiché i tubi corrono inmodo regolare e sono facilmente localizzabili.

Il secondo sistema di pareti radianti ad acqua èmolto simile a quello prima citato utilizzato in Italia,e consiste in un tubo di rame del diametro esterno di16 mm piegato a forma di serpentino che viene fis-sato ad incastro su un pannello isolante mediantespeciali binari a morsetti. Il serpentino di rame vienepoi annegato in una malta speciale con elevata con-ducibilità termica e successivamente una voltaasciugata la parete viene posata una rete portainto-naco e quindi l’intonaco di calce o calce e gessooppure le piastrelle (fig. 13).Rispetto al sistema precedente la posa è più rapidaed agevole anche se viene a mancare parzialmente lacapacità di accumulo di calore della struttura mura-ria.

inBIOEDILIZIAIl rame nell’edilizia bioecologica 26

Fig. 12c

Fig. 13

Il sistema risulta però meno costoso del precedente e si presta ad essere realizzato in modoartigianale senza particolari accorgimenti tecnici.La sua semplicità di esecuzione e il livello elevato di adattabilità alle superfici lo rendono partico-larmente idoneo nel recupero o nella ristrutturazione edilizia grazie ai ridotti spessori di ingombro3-4 cm.

In conclusione, si può affermare che il rame nell’edilizia bioecologica e negli impianti di riscalda-mento a radiazione e a bassa temperatura di alimentazione presenta tutti i requisiti richiesti dai tec-nici di questo settore, di solito assai intransigenti nelle loro decisioni e assai poco inclini a raggiun-gere facili compromessi, e grazie alle sue ben note qualità e caratteristiche garantisce ai posatori,siano essi lattonieri o installatori, di conseguire i risultati richiesti anche nelle più difficili e com-plesse realizzazioni.

inBIOEDILIZIAIl rame nell’edilizia bioecologica 27

MURATURE PORTANTI E MURATURE DA RIVESTIMENTOIN LATERIZIORoberto Bampo

I produttori di laterizi italiani devono ritenersi fortunati: qualemiglior pubblicità ricevono i mattoni quando si fa una passeggiataattraverso i centri storici del nostro Paese?Per non parlare poi delle rovine dell’Antica Roma, dove si vedonomattoni con addirittura 2.000 anni di vita che si conservano ancorain perfetto stato. Proviamo a pensare quante sollecitazioni meccani-che ed ambientali essi hanno dovuto sopportare in questo enormelasso di tempo (pensiamo alle pavimentazioni stradali!!!).Se facessimo oggi le stesse opere con mattoni moderni pieni trafila-ti, apparentemente uguali, otterremmo un risultato disastroso: alleprime sollecitazioni comincerebbero a rovinarsi e dopo pochi annisarebbero già nelle condizioni di dover essere sostituiti (cosa pun-tualmente verificatasi in quelle opere dove i progettisti non presta-no alla scelta dei materiali la dovuta attenzione).Ma perchè il mattone antico, cosiddetto “fatto a mano”, possedeva queste caratteristiche di duratae resistenza?Sostanzialmente per un motivo principale: il mattone antico è un mattone molto “poroso”.

Infatti per poter essere lavorata con le mani, l’argilla, chenormalmente appena scavata è troppo dura, veniva bagna-ta con una certa quantità d’acqua.Quest’acqua, durante l’essicazione, lasciava una notevolequantità di pori, di dimensioni microscopiche e uniforme-mente distribuiti sulla massa volumica del mattone.Inoltre la stessa opera d’impasto con le mani conferiva alleparticelle costituenti l’argilla (limi, sabbie ed anche aria)una struttura “disordinata”, più legata, senza cioè linee disfaldamento preordinate.Tuttavia al giorno d’oggi è possibile ottenere in scala indu-striale mattoni moderni pieni con caratteristiche pressochèidentiche a quelle dei mattoni antichi. Infatti gli impiantiattuali, cosiddetti “a pasta molle”, permettono di lavorarel’argilla senza degasarla e con la stessa quantità d’acqua del“fatto a mano”, ottenendo così la stessa porosità, lo stessopeso specifico e quindi la stessa qualità (fig a).

In questi ultimi decenni hanno avuto un notevole impulso iblocchi forati, ottenuti mediante estrusione dell’argilla attraverso filiere. Questo ha comportato duegrandi vantaggi: il risparmio di argilla e la possibilità di sfruttare il potere isolante dell’aria.L’estrusione di geometrie forate però, non ci permette di lavorare con argille “bagnate”, come nelmattone antico, in quanto i blocchi appena usciti dalla mattoniera si affloscerebbero, non mante-nendo cioè la loro forma. Si è costretti a lavorare quindi con argille asciutte, dure. Ciò comportaovviamente una perdita di porosità, con le inevitabili conseguenze ai fini della qualità della terra-cotta costituente il blocco.Inoltre nella mattoniera c’è una pompa di degasaggio che sottrae all’argilla l’aria presente al suointerno, conferendo quindi al mattone trafilato una struttura ancora più compatta rispetto a quelladel mattone antico. Per quantificare quanto appena esposto è sufficiente ricordare che il peso speci-fico del mattone antico è di circa 1.400 kg/mc, mentre quello del mattone trafilato, a parità di argil-la, è di 1.800 kg/mc: ci sono quindi 400 kg/mc di differenza in seguito a questi due tipi di lavora-zione diversi.Nasce così l’esigenza di porizzare artificialmente l’argilla e ciò si rende possibile mediante l’ag-giunta nell’impasto di un additivo che durante la cottura è destinato a bruciare ed a lasciare al suo

inBIOEDILIZIA 28

Fig. a

Fig. b

Fig. c

posto un poro equivalente.Senza entrare nel merito dellevarie tecnologie di porizzazioneartificiale presenti sul mercato,ritengo tuttavia che tale porizza-zione sarà tanto migliore quantopiù “assomiglierà” a quella natu-rale data dall’acqua nel mattone “amano”: cioè molto sottile, omoge-nea ed uniformemente distribuita(fig c).La ricerca operata nel campo dellegeometrie realizzabili mediantetrafilatura, ha permesso inoltre dieliminare il ponte termico che sicrea nell’accoppiamento tra bloccoe blocco e, con camere d’aria moltostrette, di ridurre al minimo la tra-smissione di calore che si ha perconvezione ed irraggiamento (figb).Si potranno ottenere così in tuttatranquillità murature monostrato,senza l’impiego di pannelli isolan-ti, cappotti ecc. Tali murature, se di spessore adeguato, garantiranno inoltre il raggiungimento dialtre due prestazioni termoigrometriche fondamentali: l’inerzia termica e la permeabilità al vapore.Tali caratteristiche, ormai diventate familiari nel lessico di qualsiasi progettista, sono state le piùdanneggiate dalla L. 373/76 (ora sostituita dalla L. 10/91), in quanto la ricerca di isolamento “a tuttii costi” ha portato in molti casi all’adozione di soluzioni in cui non venivano tenute in nessun contola capacità termica delle murature e la loro traspirazione.Con l’adozione di una muratura pesante si risolveranno inoltre altri problemi fondamentali quali:isolamento acustico, resistenza al fuoco, durata nel tempo, assorbimento energia gratuita passivaecc.L’elevata resistenza meccanica del laterizio in generale permette l’adozione della muratura qualeelemento portante per l’intera struttura (fig d). A tal fine i Decreti Ministeriali 20/11/87 e 16/1/96per zone sismiche forniscono tutte le caratteristiche obbligatorie per gli elementi costituenti la strut-tura portante ed i procedimenti di calcolo per le verifiche statiche di sicurezza.Riassumendo, per strutture con mattoni “faccia a vista”, muri di recinzione, pavimentazioni, restau-ri e quant’altro richieda una particolare valenza estetica saranno senz’altro preferibili i mattoni pienirealizzati con la tecnica del “pasta molle”.Per edifici da intonacare, con particolari esigenze di isolamento termico, saranno preferibili invecei laterizi trafilati microporizzati, con geometrie “intelligenti”.I due prodotti, il “pasta molle” ed il trafilato microporizzato, si sposano magnificamente nel caso diedifici nuovi in cui il primo espleta una funzione estetica, il secondo una funzione portante e di iso-lamento. Entrambi sono traspiranti ed è consigliabile non lasciare tra i due nessuna intercapedine,al fine di sommare le due masse ed ottenere così un’ottima inerzia termica.

inBIOEDILIZIAMurature portanti e murature da rivestimento in laterizio 29

Fig. d

L’IMPIANTISTICA NELLA CASA BIOECOLOGICAElio Dal Mas

L’evoluzione tecnologica che ha caratterizzato gli ultimi cinquant’anni della nostra società ha por-tato a sviluppare in modo esponenziale gli impianti tecnologici installati all’interno dei fabbricati.Questi impianti servono essenzialmente a varie funzioni quali il riscaldamento, la distribuzione del-l'energia elettrica, la diffusione sonora, la telefonia, la sicurezza dell’abitazione fino ad arrivare ainuovi progetti di casa automatizzata. Questo sviluppo tecnologico che come obiettivo dovrebbeavere il miglioramento della qualità di vita all’interno delle abitazioni, ove trascorriamo circa il 90%del nostro tempo, in realtà ha contribuito a generare un ambiente di vita e lavoro innaturale, modi-ficando radicalmente le condizioni naturali, contribuendo così a danneggiare la salute delle perso-ne che vivono e lavorano all’interno degli ambienti.I termini inquinamento indoor e microclima indoor sono diventati proprio, a causa della situazio-ne sovraesposta, molto attuali e dibattuti. Gli impianti in bioedilizia debbono essere in grado dimantenere inalterate il più possibile le condizioni esterne naturali. Noi dobbiamo lavorare sempredi più per progettare e realizzare impianti in grado di offrire il loro contributo a migliorare le nostrecondizioni di vita modificando il meno possibilie le condizioni di vita naturale. Con questa affer-mazione intendo dirvi che dobbiamo lavorare per una qualità edilizia sempre maggiore, quindi perquello che viene definito SVILUPPO SOSTENIBILE.

L’IMPIANTO DI RISCALDAMENTO

L’impianto di riscaldamento serve a mantenere delle buone condizioni di comfort ambientali all’in-terno degli edifici. Per analizzare e valutare le varie possibilità impiantistiche dobbiamo quindiintenderci su cosa significa comfort ambientale. Questo concetto attualmente è erroneamente con-fuso con un unico parametro: la temperatura dell’aria ambiente. Tutti noi per valutare l’efficienzadi un sistema di riscaldamento guardiamo solamente il termometro, dimenticando altri fattorimolto importanti che concorrono a stabilire il comfort termico ambientale di una persona. Gli ele-menti che si devono tenere in considerazione a tale scopo sono: temperatura media radiante, tem-peratura dell’aria, umidità relativa, velocità dell’aria. Per la corretta valutazione di un sistema diriscaldamento dobbiamo, secondo me, inserire altri fattori quali il consumo energetico, la biologi-cità del sistema e il sistema di trasmissione del calore applicato fra il sistema di riscaldamento e lepersone che debbono ricevere il calore da tale sistema; in questo modo potremmo avere una visio-ne più realistica dell’impianto in base alla sua funzione, cioè di dare un comfort termico finalizzatoad ottenere un buon microclima per la vita e il lavoro dell’uomo.Sinteticamente si distinguono i seguenti modi di trasmissione del calore: conduzione, convezione eirraggiamento. La conduzione è il sistema di trasmissione di calore nei corpi solidi, per esempio inuna parete di una casa. La convezione è caratteristica dei fluidi, è il modo di trasferire energia sot-toforma di calore all’interno di un fluido; per esempio è il sistema di riscaldamento usato dai ven-tilconvettori, infatti si usa l’aria calda (fluido) per riscaldare le persone che si trovano all’interno del-l’ambiente.Infine l’irraggiamento è il sistema attraverso il quale si ha uno scambio di energia calorica fra duecorpi a diversa temperatura attraverso onde elettromagnetiche. Si dice sia il sistema usato in natu-ra per riscaldare; infatti per esempio il sole riscalda la terra per irraggiamento. Per noi è identifica-bile da quella sensazione che proviamo nelle giornate di aria fredda quando ci riscaldiamo al sole.In questo caso l’aria (cioè il fluido) è lo stesso fra una zona all’ombra ed una al sole, ciò che cambiaè il fatto di essere o non essere “irradiati”, è proprio il caso di dirlo, dal sole. Le esperienze che ho potuto maturare nella mia attività di progettista mi portano a sostenere conforza i concetti sovraesposti per poter proporre una buona qualità tecnologica in grado di offrire alcommittente un buon risultato e a me progettista la soddisfazione di aver lavorato bene.Gli impianti che secondo me meglio soddisfano queste condizioni per i sistemi di riscaldamentosono l’impianto a battiscopa e l’impianto a parete.L’impianto a battiscopa è costituito da un elemento riscaldante, installato a battiscopa, formato da

inBIOEDILIZIA 30

due tubi di rame e delle alette in alluminio calettate sui tubi. Questo sistema risulta sostenuto da unsistema di staffe posizionate circa ogni 70cm, e coperto da una mascherina in alluminio con diver-se finiture a seconda dell’ambiente installativo. Il suo sistema di funzionamento è il seguente: l’ac-qua calda passando attraverso i tubi riscalda le alette le quali a loro volta trasferiscono il calore all’a-ria che salendo dal sistema a battiscopa verso l’alto, essendo più leggera, riscalda la parete che agi-sce come sistema radiante verso l’ambiente riscaldandolo. L’effetto finale è il riscaldamento del-l’ambiente per irraggiamento della parete, in grado di fornire un ottimo comfort garantendo unbenessere termico, mantenendo un’aria fresca e non secca. Questo sistema riesce inoltre a ridurre iconsumi energetici in quanto mantenendo asciutte le pareti aumenta la capacità isolante della pare-te.Il sistema di riscaldamento a battiscopa è inoltre in grado, come prove di laboratorio dimostrano, difornire una temperatura omogenea nell’ambiente riscaldato, con una variazione di temperatura del-l’aria fra il pavimento e il soffitto di nemmeno un grado centigrado, contro i 10-15°C di differenza termica di un sistema a radiatori.L’altro sistema di riscaldamento che si adotta in bioedilizia, in grado di fornire ottimi risultati, è ilriscaldamento a parete. Questo impianto è formato da tubi che vengono applicati sulla parete grez-za (su laterizio o altro supporto) attraverso dei distanziatori e vanno a formare una serpentina sullaparete riscaldante. Questi tubi dopo essere stati messi in opera e collegati alla caldaia vengono rico-perti dall’intonaco costituendo così una massa unica. Lo spessore che occupa il sistema dalla mura-tura grezza all’intonaco finito è al massimo di 3cm.Ultimamente si trovano in commercio anche dei pannelli prefabbricati in cartongesso con già posi-zionati i tubi, quindi per l’installazione del sistema di riscaldamento è sufficiente il collegamento deipannelli alla dorsale proveniente dal collettore.All’interno dei tubi ricoperti dall’intonaco, o installati nel cartongesso viene fatta passare acqua abassa temperatura, circa 27-30°C, la quale consente alla parete di riscaldare l’ambiente per irraggia-mento.Questo sistema di riscaldamento genera un ottimo comfort ambientale garantendo salubrità degliambienti riscaldati consentendo inoltre un buon risparmio energetico riferito alla minore tempera-tura ambientale mantenuta e al maggior isolamento termico delle pareti che da disperdenti diven-tano riscaldanti. Il sistema può inoltre essere utilizzato come raffrescamento nel periodo estivofacendo passare nei tubi acqua a bassa temperatura.

L’IMPIANTO ELETTRICO

L’impianto elettrico all’interno delle abitazioni è indispensabile per la distribuzione e quindi utiliz-zo dell’energia elettrica fondamentale per far funzionare tutti gli elettrodomestici e l’impianto diilluminazione. Tale impianto però genera all’interno degli ambienti ove si sviluppa dei campi elet-tromagnetici in relazione alla distribuzione delle linee e ai carichi elettrici delle stesse. Anche in que-sto caso, come per gli impianti di riscaldamento, la bioedilizia deve trovare il modo più correttopossibile per utilizzare questo impianto senza che lo stesso implichi una variazione sostanziale dellecondizioni elettromagnetiche naturali essenziali per mantenere la salute dell’uomo.Parliamo sostanzialmente di un impianto che abbia caratteristiche di QUALITA’ superiori ai con-venzionali e che si avvicini sempre più al concetto di sviluppo sostenibile già espresso in preceden-za.Vediamo innanzitutto di dare una dimensione alla problematica dei campi elettromagnetici indoor.Per semplificare l’esposizione e per rimanere in tema di inquinamento indoor vi parlo solamentedei campi elettromagnetici derivanti da installazioni impiantistiche utilizzatrici di energia elettrica,non tratto le problematiche relative al trasporto o produzione dell’energia elettrica.Diciamo innanzitutto che l’uomo nella sua storia si è sviluppato all’interno dei campi elettroma-gnetici naturali. Quest’ultimo riferimento risulta particolarmente importante nel senso che i nostrivalori di confronto, a garanzia il più possibile della salute delle persone, sono i valori di campo elet-tromagnetico naturale. Questi campi hanno valori che risultano essere dell’ordine di cira mille volteinferiori a quelli che normalmente vengono generati dagli impianti elettrici. Notiamo quindi unagrande influenza di questi ultimi in riferimento alle condizioni elettromagnetiche naturali.Vorrei inoltre farvi osservare come molto spesso all’interno delle abitazioni si possano avere deivalori di campo elettrico paragonabili a quelli che si misurano vicino agli elettrodotti. Questo aspet-

inBIOEDILIZIAL’impiantistica nella casa bioecologica 31

to dell’inquinamento indoor è evidenziato soprattutto dagli enti erogatori di energia elettrica perdifendersi dalle accuse di inquinamento elettromagnetico, naturalmente gli stessi non fanno notarecome l’inquinamento prodotto da elettrodotti, antenne, ecc. non sia modificabile o controllabile dachi è oltretutto costretto a subire questa situazione senza poterne sfuggire, mentre per l’inquina-mento indoor proveniente da impianti privati l’utente, una volta informato, può scegliere se man-tenere o ridurre il livello di inquinamento rilevato.Riprendendo a parlare delle abitazioni si può in particolare notare come per il campo elettrico sipossono misurare dei valori molto alti in relazione sempre alle condizioni naturali. Questo feno-meno è dovuto al fatto che gli utenti richiedono un numero elevatissimo di predisposizioni elettri-che (comandi, prese, ecc.), le quali per essere alimentate richiedono una rete fittissima di condutto-ri elettrici che risultano sempre in tensione e quindi producono un campo elettrico notevole. Ilcampo magnetico invece risulta normalmente basso in quanto questo è proporzionale ai carichidelle linee e quindi alla potenza delle apparecchiature utilizzatrici, le quali normalmente risultanoabbastanza limitate, concentrate e funzionanti per un tempo limitato: per esempio, la lavatrice, ilferro da stiro, la lavastoviglie. Importante è sottolineare come il campo elettrico sia abbastanza facilmente schermabile, mentre lostesso non si può affermare per il campo magnetico.

LE SOLUZIONI

Possiamo quindi, dopo aver evidenziato il problema, cominciare a parlare di alcune soluzioni. Inparticolare dovremmo agire sulle installazioni elettriche, sulle condutture, sulle schemature e sugliapparecchi specifici atti a diminuire i campi elettromagnetici.Per quanto riguarda le installazioni elettriche, principalmente interruttori e prese, dovremmo, sen-tite le richieste del committente, cercare di ottimizzare la loro disposizione in modo di fornirne unnumero adeguato alle esigenze, senza esagerare in doppioni inutili. Eventualmente si possono pre-disporre delle tubazioni e scatole per futuri utilizzi, senza però posizionare conduttori alimentati.Le condutture sono le vie che seguiranno i conduttori in tensione, normalmente sono tubazioni ocanale in PVC o metalliche. Il loro posizionamento è fondamentale per i campi elettromagneticigenerati dall’impianto, si dovranno installare le condutture seguendo il più possibile percorsi peri-metrali o comunque si dovrano evitare le zone di stazionamento quali zone letto o altre.I conduttori elettrici, cioè i fili dell’impianto, una volta alimentati producono un campo elettroma-gnetico che dovremmo cercare per quanto possibile di limitare. A questo scopo, oltre a quanto dettosopra potremmo agire sulle schermature. Le schermature possono essere tutti quei sistemi atti a“bloccare” il campo elettromagnetico; in pratica si riesce a schermare con buona efficacia il campoelettrico, mentre per il campo magnetico non abbiamo per ora buoni strumenti a nostra disposizio-ne; comunque, come già specificato, nelle abitazioni ridurre il campo elettrico significa eliminare il90% delle problematiche relative all’inquinamento elettromagnetico. I sistemi schermanti più usatisono: la grafite, è una vernice schermante, cavi schermati e le reti o materiali metallici utili peravvolgere le condutture. Si deve tener presente che in ogni caso tutte le schermature vanno colle-gate all’impianto di terra.Molto usati sono inoltre alcuni apparecchi in grado di togliere la tensione di linea 220V alle lineeelettriche che non sono utilizzate dai carichi, in pratica la sua applicazione permette di togliere latensione quando non utilizziamo energia elettrica, eliminando quindi qualsiasi inquinamento elet-tromagnetico quando non c’è bisogno di utilizzatori elettrici.Questo apparecchio è il disgiuntore che, molto spesso, definisco come “salva-salute” ricordando inquesto modo il salva-vita che caratterizza ormai tutti gli impianti elettrici. Questo mio modo di defi-nirlo vuole essere anche l’auspicio per il suo utilizzo ove le schermature e i sistemi sopra propostinon si possano utilizzare. Ottima è quindi l’applicazione del disgiuntore in impianti elettrici già rea-lizzati ove non sia possibile, in relazione ai lavori da eseguire, una bonifica tramite schermature oristrutturazione dell’impianto.

inBIOEDILIZIAL’impiantistica nella casa bioecologica 32

I COSTI

Una valutazione finale relativa ai costi nella realizzazione degli impianti fin qui proposti risulta aquesto punto doverosa. Dobbiamo sfatare il concetto della bioedilizia come tecnica riservata ai ric-chi, in quanto i costi vanno sicuramente valutati sommando al costo iniziale anche i costi di gestio-ne e manutenzione. In questa valutazione globale la bioedilizia non teme nessun confronto, dimo-strazione ne è l’applicazione di questa tipologia costruttiva da parte di comuni ed enti pubblici inbase a mere valutazioni economiche. Vorrei sottolineare, inoltre, la qualità nettamente superioredegli impianti per la bioedilizia in grado di fornire un ambiente di vita e lavoro molto confortevo-le, a dimostrazione di questo, vi segnalo come tanti committenti del nostro studio tecnico sianomedici, ingegneri, architetti che per realizzare la loro casa affidano a noi tecnici bioedili l’incarico diprogettazione.Inoltre vorrei farvi presente che se nel realizzare un’abitazione non è possibile per qualsiasi motivo,anche economico, applicare in modo completo le tecniche suggerite dalla bioedilizia possiamosempre fare “qualcosa” perché, secondo me, fra il tutto e il niente c’è sempre il qualcosa che ci salva.Concludo invitando tutti i colleghi progettisti a ritrovare il gusto di progettare ambienti di qualitàche va sempre rincorsa e verificata allo scopo di contribuire a migliorare la qualità della vita e dellavoro che i nostri committenti otterranno dalla nostra opera.

inBIOEDILIZIAL’impiantistica nella casa bioecologica 33

MALTE ED INTONACI NELL’EDILIZIA BIOECOLOGICAStefano Odorizzi

EVOLUZIONE DEI LEGANTI

Il discorso sulle malte e sugli intonaci nell’edilizia bioecologica è apparentemente semplice. Gli otti-mi risultati ottenuti in questo campo dai nostri predecessori, che con pochi materiali sapevano rea-lizzare ambienti confinati salubri, ci inducono a confermare che malte e intonaci debbano esserefatti come si faceva una volta. Un discorso analogo si pone anche nei settori del restauro e risana-mento, dove progettisti e direttori lavori del cantiere suggeriscono e a volte di utilizzare leganti concaratteristiche molto simili a quelli di una volta. Richiesta semplice, ma praticamente impossibile daesaudire. Spieghiamone il perché.

I leganti, dalla rivoluzione industriale inpoi, hanno subito continue evoluzionidettate da motivi endogeni, che nasconoda esigenze di mercato e da esigenzeapplicative, e motivi esogeni che siaccompagnano al succedersi delle leggiantinquinamento e di risparmio energe-tico.

Esigenze di mercatoContrariamente a quanto si crede, circa il75% della calce idrata prodotta a livelloeuropeo non viene utilizzata dall’ediliziache ne assorbe solo il 25%, ma viene uti-lizzata nelle acciaierie per la decarbura-zione della ghisa per ottenere gli acciai,per produrre lo zucchero, nella depura-zione delle acque e in altre attività.Queste esigenze di mercato incidonoprofondamente nell’evoluzione dellacalce idrata e lo dimostrano in manierachiara i dati della tabella 2 sulle modifi-che delle caratteristiche chimiche richie-ste da una acciaieria dal 1940 al 1972.Prendiamo in considerazione per brevitàsolamente l’ossido di calcio (CaO).Nel 1940 abbiamo un valore di CaO com-preso tra il 78 e l’85%. Nel 1950 questovalore passa a 82-93%, nel 1960 è diven-tato 86-94%, nel 1972, a parte la differen-za tra calce a cottura normale e calce acottura qualità dolce, abbiamo un valoretra l’89 e il 97%.Il contenuto in CaO ha raggiunto unvalore limite, cioè non può aumentareperché nei giacimenti non è possibile tro-vare rocce calcaree con un contenuto incarbonato di calcio maggiore del 97-98%.Questi dati ci inducono alle seguenti con-siderazioni: nel 1940 o comunque primadi questa data i muratori spegnevanol’ossido di calcio nella classica buca di

inBIOEDILIZIA 34

1950

82 - 931 - 51 - 51 - 4

0.07 - 0.33 - 8

1940

78 - 851 - 51 - 51 - 4

0.1 - 0.35 - 10

(%)(%)(%)(%)(%)(%)

Anno

CaOMgOSlO2

Al2O2+Fe2O2

SCO2

Anno

CaOMgOSlO2

Al2O2+Fe2O2

SCO2

(%)(%)(%)(%)(%)(%)

Qualitàcottura nor-

male

89 - 941 - 31 - 31 - 3

0.05 - 0.12 - 5

1972

Tab. 1: diversa caratterizzazione dei leganti

Tab. 2: caratteristiche chimiche della calce idrata

Motivo dell’Evoluzione dei Leganti

Motivi esogeni

Modifica delle metodologiedi produzione

Motivi endogeni

Esigenze di mercatoEsigenze applicative

Modifiche leggi antinquinamentoRisparmio energetico

Modifica delle normative

cantiere e aspettavano almeno due anni affinché maturasse. Se a quei tempi avessero potuto ese-guire una diffratometria prima e dopo i due anni, avrebbero constatato che le due calci erano diver-se. Stando cioè nella buca erano intervenute delle modificazioni che determinavano caratteristichediverse: la calce così maturata era più plastica e assumeva delle resistenze meccaniche più veloce-mente nel tempo. Così non è più con la calce di oggi.

Esigenze applicativeAnche le esigenze applicative hanno inciso in maniera determinante sull’evoluzione dei leganti.Infatti, il costo molte elevato della manodopera ha incentivato le aziende a studiare prodotti concaratteristiche applicative veloci in modo da snellire le operazioni di cantiere e di conseguenzaabbassare i costi del lavoro.

MODIFICHE LEGGI ANTINQUINAMENTO

Un contributo importante nella diversa caratterizzazione dei leganti è dato dall’evoluzione delleleggi antinquinamento e del risparmio energetico che inducono giustamente ad una salvaguardiadell’ambiente impedendo che si ricreino zone di particolare inquinamento come si creavano unavolta in prossimità di forni a calce.Quindi sia i motivi che abbiamo definito endogeni, sia i motivi esogeni, sfociano necessariamentenella modifica delle normative e di conseguenza nella diversa caratterizzazione dei leganti. In altreparole, essendo i leganti in continua evoluzione, dobbiamo affermare con molta chiarezza che ilcemento, oppure la calce di oggi, non sono lo stesso cemento o calce di cento anni fa!

CLASSIFICAZIONE DEI LEGANTI

La tabella 3 mostra in modo schematico quali sono i leganti che troviamo sul mercato. Ci sonoleganti aerei e leganti idraulici.Sono stati divisi così perché i leganti aerei assumono resistenza meccanica assorbendo CO2 dall’a-ria, e quindi induriscono solamente in aria, mentre i leganti idraulici induriscono in presenza diacqua.

inBIOEDILIZIAMalte ed intonaci nell’edilizia bioecologica 35

Gesso a

Gesso b

Gesso per stucchi

Gesso per pavimenti

ecc.

Grassello

Calce idrata fiore

Calce idrata superventilata

ecc.

Calce idraulica naturale

Calce idraulica cementizia

Portland

Pozzolanico

Ferrico

Alluminoso

Pronta presa

ecc.

Gesso

Calci aeree

Calce idraulica

Cemento

Leganti aerei(induriscono solo inaria

Leganti idraulici(induriscono in acqua

LEGANTI

Tab. 3: tipologia qualitativa dei leganti

Il CementoIl primo cemento fu brevettato daAspidin in Inghilterra nel 1824. Lo chiamò Portland ispirandosi all’i-sola di Portland, le cui rocce assomi-gliavano per colore e resistenza a que-sto nuovo prodotto.In continua evoluzione, all’inizio delsecolo il cemento è entrato in manierapreponderante nell’utilizzo di cantie-re: dall’uso strutturale, si è passati alconfezionamento di malte di alletta-mento e malte per intonaci. Ne è con-seguita una certa confusione nell’usodi questi materiali. Oggi il cemento èun prodotto sempre più avanzatocome caratteristiche meccaniche.L’ultima normativa che è entrata invigore nell’aprile del 1994, ha modifi-cato ancora le caratteristiche meccani-che introducendo un altro parametrofondamentale. Si tratta del controllodelle resistenze meccaniche a due

giorni. La maggior parte del cemento che viene venduto nel Nord-Est d’Italia resiste già a due gior-ni a più di 100 Kg/cm2, una caratteristica di resistenza particolare tale da poterlo nominare cemen-to 32,5 R. Si tratta di un prodotto ottimo dal punto di vista meccanico.Il muratore che all’inizio del secolo preparava la malta per intonaci confezionandola con il cemen-to, applicava una malta che non aveva le caratteristiche certamente ottimali per essere un intonaco,però aveva ancora delle buone caratteristiche tali da consentire un certo successo. Oggi la malta perintonaci confezionata con il cemento presenta subito dei seri problemi applicativi. Infatti questamalta cola in parete. Il manovale di cantiere, per risolvere il problema, si vede costretto ad aumen-tare la quantità di legante ottenendo in tal modo una malta più grassa, aggravando ulteriormentela situazione. Perché cola la malta? Il fenomeno avviene perché già in cementeria sono state additi-vate sostanze che hanno la funzione di ridurre la quantità di acqua necessaria per fare l’impasto.Ciò aumenta notevolmente la resistenza meccanica, però impedisce che questa malta sia tixotropi-ca, cioè in parete cola.La malta dunque si spaccherà, pur possedendo delle fortissime resistenze meccaniche: sarà unamalta senza elasticità (modulo elastico molto elevato) e completamente impermeabile.Certamente si diffonderanno cavillature su tutta la superficie muraria.

Le Calci IdraulicheIn commercio troviamo calci idrauliche che possono essere sia di derivazione cementizia, sia di deri-vazione naturale. Anche in questo caso esiste una notevole confusione nella individuazione dei pro-dotti. Ciò è dovuto al fatto che l’attuale normativa, che è del 1972, definisce le calci idrauliche come“prodotto naturale o artificiale in polvere con resistenza a compressione dopo 28 gg. pari a 15Kg/cm2 “oppure” eminentemente idraulica naturale o artificiale in polvere, idraulica artificiale poz-zolanica in polvere, ed idraulica artificiale siderurgica in polvere con resistenza a compressionedopo 28 gg. pari a 30 Kg/cm2”.La legge precedente che era un R. D. del 1939, dava una definizione completamente diversa, moltopiù particolareggiata, di come doveva essere una calce idraulica. Questa, infatti, recitava: “la calceidraulica in zolle è il prodotto della cottura di calcari argillosi di natura tale da risultare di facile spe-gnimento”.Questo decreto era particolareggiato perché, oltre alla resistenza meccanica, di cui tratteremo piùavanti, individuava anche quali erano i materiali di partenza.Non basta dunque per definire una calce idraulica stabilire le resistenze meccaniche, ma occorre cheil prodotto sia ottenuto calcinando calcari argillosi, di natura tale da risultare di facile spegnimen-to. In natura non ci sono molti calcari argillosi che hanno queste caratteristiche dopo la cottura.

inBIOEDILIZIAMalte ed intonaci nell’edilizia bioecologica 36

CementoCaCO3 75%

T max = 1450 °C

Tab. 4: Calci / Cementini

Calci idraulicheCementizie

CaCO3 75%T max = 1450 °C

Calci idrateCaCO3 99%

T max = 900 °C

Calci idraulichenaturali

CaCO3 75-85%T max = 1000 °C

Calci / CementiniCaCOs 70 - 98%

Lo stesso decreto parlando di calce aerea recitava: “la calce grassa in zolle, di colore pressoché bian-co ...”. Si noti quel “pressoché bianco”. Apparentemente insignificante, questa precisazione è inve-ce importantissima perché sta a significare che quel prodotto, prima del 1940, era ottenuto dalla cot-tura di calcari di data composizione mineralogica e chimica. Oggi, gli addetti del settore sanno chesono pochi i calcari di una certa composizione chimica e mineralogica che possano essere usati perottenere una calce pressoché bianca. Di conseguenza il campo dei potenziali giacimenti che posso-no essere utilizzati per fare calce si restringe moltissimo.Risulta, quindi, evidente il salto a ritroso avvenuto con l’entrata in vigore del D. M. del 1972.Le motivazioni vanno ricercate in contingenze economiche e storiche.Valutare dunque i leganti attraverso il parametro della resistenza meccanica (facile da controllare)ha consentito l’immissione sul mercato di prodotti non completamente consoni ai dettami del buoncostruire.Si è diffuso il concetto che un prodotto che ha una resistenza meccanica buona, o comunque eleva-ta, è anche un prodotto durabile nel tempo. Questo non è assolutamente vero e ciò vale soprattuttoper le calci che vengono utilizzate per fare intonaci e per malte di allettamento.

NORMATIVA

Diamo ora uno sguardo alla normativa corrente e a quella in fase di studio a livello europeo. Perquanto riguarda i cementi oggi è in vigore in Italia la normativa UNI ENV 197.Osservando la tabella dei requisiti meccanici e fisici ci accorgiamo che è stato introdotto un para-metro molto importante: si tratta dell’intervallo di resistenza meccanica entro il quale il legantedeve rimanere a 28 gg. (resistenza normalizzata).Se per esempio desideriamo un cemento che faccia 325 Kg/cm2 o 32,5 N/mm2, questo cemento deveavere a 28 gg. una resistenza meccanica inferiore a 52,5 N/mm2.Anche per le calci si sta studiando una normativa simile che dovrebbe entrare in vigore nei prossi-mi anni. La si sta studiando a livello UNI con la sigla EN 459.Le calci verranno distinte in Hydraulic Lime HL2 e Hydraulic Lime HL5.Le corrispondenti resistenze meccaniche caratteristiche dovranno essere comprese nell’intervallo di2-7 N/mm2 a 28 gg. per le prime e 5-15 N/mm2 sempre a 28 gg. per le seconde.Controllando semplicemente le resistenze meccaniche, si metterebbe il produttore che volesse imi-tare una calce idraulica naturale partendo dal cemento nell’impossibilità di farlo.Prendendo infatti un cemento che fa 350-400 Kg/cm2 a 28 gg. e portarlo, tagliandolo, a solamente150 Kg/cm2, diventerebbe un processo tecnologico molto arduo, praticamente impossibile da rea-lizzare. Quindi, il dare degli intervalli di resistenza meccanica diventa indirettamente un controlloper immettere sul mercato prodotti che siano appropriati all’uso che se ne fa. Questo vale a mag-gior ragione nel campo della bioedilizia, dove fondamentale è il concetto di risparmio energetico:se dobbiamo realizzare un intonaco, è assurdo prendere in considerazione un prodotto con 400-500KG/cm2 di resistenza meccanica, in quanto questa caratteristica non solo non serve, ma comportaanche uno spreco energetico grave.

LA CALCE IDRAULICA NATURALE

Verso la fine dell’800 e l’inizio del 900, sotto la spinta della rivoluzione industriale, si fecero enormiprogressi nella ricerca di leganti di sempre migliore qualità.Si ottenevano tutti dalla calcinazione di marne, cioè calcari contenenti argilla.Il tenore di carbonato di calcio era variabile tra il 75 e il 98%.Le temperature di cottura variavano dai 900° C delle calci aeree (contenuto di carbonato di calcioattorno al 98%), al 1450° C del cemento (contenuto di carbonato di calcio pari al 75%).La tecnologica contemporanea non si discosta da questi valori.Con la normativa attuale le calci idrauliche cementizie derivano dai cementi opportunamentetagliati per soddisfare almeno in parte ai requisiti delle caratteristiche meccaniche.È evidente che queste calci avranno una composizione chimica e mineralogica che dipende dalmateriale di partenza e una temperatura di cottura attorno ai 1450° C.Le calci idrauliche naturali hanno un contenuto di carbonato di calcio tra il 75 e l’85% e una tempe-

inBIOEDILIZIAMalte ed intonaci nell’edilizia bioecologica 37

ratura massima di cottura attorno ai 1000° C.A prima vista questi prodotti sembrano tutti abbastanza simili; si differenziano solo per la tempe-ratura di cottura.In realtà alcuni controlli ci dimostrano differenze sostanziali. Controlliamo per esempio la conduci-bilità elettrica dell’acqua di lavaggio, o meglio dell’acqua di lisciviazione, di un determinato into-naco. Su un intonaco cementizio la conducibilità elettrica (che è direttamente proporzionale al con-tenuto in sali solubili) sarà attorno a 7000 mS (micro Siemens), mentre su un intonaco a base di calceidraulica naturale sarà 760 mS, dieci volte di meno. Questo dato testimonia che la calce idraulicanaturale ha una capacità di solubilizzarsi in acqua molto più bassa del cemento. Inoltre nella calceidraulica naturale sono presenti molti vuoti (microporosità diffusa) che permettono il passaggio diumidità sotto forma di vapore.Gli intonaci cementizi invece sono poco porosi e non permettendo l’evaporazione dell’acqua alte-rano completamente l’assetto igrometrico della casa.In generale il cemento, che è un materiale ad alta densità ed alta conducibilità termica, favorisce lacondensazione di umidità sulla sua superficie, anche nell’interfaccia cemento-laterizio.Il calcestruzzo anche nei mesi estivi contiene il 5-6% di umidità, mentre potenzialmente dovrebbeessere secco. Con i prodotti a base di calce idraulica naturale questo non avviene. Ritorniamo oraalla presenza di sali solubili tanto importanti per la durabilità degli intonaci. Osserviamo i risultati di queste semplici esperienze: in una bacinella sono stati conservati per quat-tro anni tre cubetti rispettivamente di cemento 425, cemento 325, e calce idraulica naturale immer-si in una soluzione di acqua al 5% di solfato di magnesio.Il solfato di magnesio è un sale presente nell’acqua di mare, ma si trova anche di frequente nellemurature di edifici storici (proveniente probabilmente dalle fognature).Osserviamo il primo cubetto di cemento 425. Esso è completamente disgregato: se facessimo unaprova di resistenza meccanica su questo tubetto, troveremmo certamente delle resistenze meccani-che molto basse.Se con questo legante si fosse confezionato un intonaco, magari su di un edificio storico, avremmoottenuto risultati assolutamente negativi.Nei primi periodi sarebbe stato certamente un intonaco molto resistente, ma poi si sarebbe comple-tamente disgregato.Osserviamo ora il cubetto di cemento 325; tutti gli spigoli sono macroscopicamente spaccati.Anche in questo caso se facessimo il controllo delle resistenze meccaniche troveremmo dei valoridel 5-6% in meno rispetto al corrispondente cubetto non immerso nella soluzione.Se guardiamo infine il cubetto di calce idraulica naturale, constatiamo invece che è perfettamenteintegro.Ad un controllo delle resistenze meccaniche troviamo che esse sono quelle di partenza, oppure cisono delle piccole variazioni che rientrano nelle statistiche di questi prodotti.Questa esperienza ci dimostra come sia di fondamentale importanza utilizzare i prodotti che il mer-cato ci offre in maniera appropriata.

CONCLUSIONI

Alla domanda “per fare un buon intonaco o una buona malta di allettamento non basta utilizzare ileganti che si facevano una volta?”: i prodotti di una volta non ci sono più!Parliamo di prodotti al naturale perché in effetti una volta erano sparse sul territorio a distanza di20-30 Km l’una dall’altra varie “calchere”, cioè fornaci con relative cave di calcare più o meno puroalle spalle, che producevano leganti particolarmente adatti per fare muri, per fare intonaci, per imarmorini e così via.Oggi le aziende sopperiscono a questa pluralità di prodotti con impianti e processi tecnologici sofi-sticati in grado di confezionare un prodotto mirato alla risoluzione delle problematiche riscontrabi-li nei cantieri di risanamento o restauro e nei cantieri dove si praticano i principi della bioedilizia.La calce idraulica naturale, ottenuta dalla cottura di marne a bassa temperatura, è la base indispen-sabile per ottenere leganti a: notevole inerzia termica; basso contenuto di sali solubili; caratteristi-che meccaniche appropriate; basso modulo elastico; elevata permeabilità al vapore.Ricordiamoci infine che dalla rivoluzione industriale in avanti c’è stata ed è continuamente in attouna veloce evoluzione dei leganti, mentre noi in effetti continuiamo chiamare questi prodotti sem-pre calce, sempre cemento.

inBIOEDILIZIAMalte ed intonaci nell’edilizia bioecologica 38

Fig. 1: Riferimenti normativi sugli interventi di consolidamento.

IL RECUPERO DELLE STRUTTURE MURARIE: PROBLEMI E PROPOSTEMaria Rosa Valluzzi

PROBLEMI GENERALI E APPROCCIO AL CONSOLIDAMENTO

Il patrimonio storico nazionale, appartenente sia all’edilizia storica monumentale che a quella loca-le abitativa dei piccoli e medi centri urbani presenti in molte regioni a rischio sismico, è largamen-te costituito da costruzioni in muratura di pietra o mattoni.Indagini diagnostiche sugli edifici esistenti rivelano frequenti situazioni di degrado fisico-meccani-co dei materiali costituenti e strutturale dei manufatti, dovuto a eventi sismici, vetustà, aggressioneambientale ed interventi antropici, che richiamano la forte necessità d’interventi di tutela mirata.L’argomento è caratterizzato da forti carenze a livello normativo, sia a livello nazionale che inter-nazionale, che implicano di fatto un uso pressoché indiscriminato degli interventi, in assenza di cri-teri di progetto e di procedure di esecuzione e per il controllo dell’efficacia. Tale situazione divieneparticolarmente complessa per le murature, contraddistinte da varietà tipologiche e costitutiveestremamente diversificate, sia storicamente (epoche costruttive) che geograficamente sul territorio.La scelta dell’intervento “più appropriato”, ossia l’individuazione della giusta combinazione tecni-ca-materiali per il consolidamento è, quindi, strettamente legata alla muratura oggetto del consoli-damento. Ciò implica una attenta conoscenza del supporto (morfologia, tipologia, materiali) e delsuo comportamento meccanico (problema strutturale specifico) e di adeguati studi sui materiali diapporto, al fine di migliorare le condizioni del manufatto (ripristino delle condizioni di sicurezza,incremento della capacità portante, protezione dal degrado, etc.) con garanzia di sufficiente dura-bilità.In mancanza di tali elementi in fase di progetto, e nella possibile concomitanza di difetti di esecu-zione, un intervento può risultare infatti inefficace, o addirittura deleterio per le costruzioni esi-stenti.Il moderno approccio, riconosciuto anche dall’ultima normativa sismica (mediante l’introduzionedel concetto di “miglioramento”, accanto a quello di “adeguamento”) e confortato anche da recen-ti osservazioni sul campo (es. sisma Umbria-Marche 1997), pone particolare riguardo al manteni-mento dell’identità del manufatto, al fine di alterare il meno possibile il suo comportamento origi-nario.

inBIOEDILIZIA 39

Alla “compatibilità” meccanico-strutturale della tecnica d’intervento sia affianca quindi quella chi-mico-fisica dei materiali, a cui gli operatori del settore si mostrano oggi più sensibili. In tale conte-sto, la bio-edilizia si pone l’obbiettivo del recupero delle strutture murarie nel rispetto dell’identitàstorico-costruttiva del manufatto murario, ricercando i materiali “più idonei” per il ripristino. Inrelazione alle tecniche di consolidamento tra le più diffuse (ripristino di malte degradate, iniezioni,intonaci armati), la tendenza attuale, in accordo con quella oramai universalmente accettata allaconservazione del patrimonio architettonico, riguarda l’uso di materiali a base di calce (in contrap-posizione a prodotti a base cementizia o di natura organica), per la cui validazione d’impiego sulcampo sono disponibili risultati sperimentali di recenti ricerche.

DEGRADO DEI MATERIALI E PROBLEMI DI COMPATIBILITÀ

I diversi fenomeni di degrado delle murature esistenti sono essenzialmente dovuti alla presenza diacqua, sia essa di risalita o ricevuta direttamente dall’aria o dalle piogge. Dal punto di vista fisico,l’acqua, per fenomeni di soluzione e/o evaporazione può essere causa di un impoverimento dellecomponenti delle malte esistenti (dilavamento dei leganti aerei) e/o essere responsabile di possibi-li coazioni interne (variazioni volumetriche, effetto gelo-disgelo, cristallizzazione dei sali idrosolu-bili ed eventuale formazione di efflorescenze superficiali). Dal punto di vista chimico, la compre-senza di costituenti reattivi (solfati, alcali) può attivare fenomeni espansivi e fessurativi legati allaformazione di ettringite e thaumasite, o connessi alla nota reazione alcali-aggregato (Collepardi,1991). Tali fenomeni possono avvenire nella muratura esistente in virtù della tipologia dei materia-li presenti, ossia del tipo di malta (legante ed inerte) e del tipo di elemento resistente (mattone o pie-tra), oppure, in situazioni non potenzialmente pericolose, a causa dell’apporto di materiali incom-patibili in fase d’intervento.

Tra i prodotti impiegati nel consolidamento, le miscele organiche (resine sintetiche) pur dotate diuna fluidità molto elevata (che ne permette l’iniezione in fessure sottili) e di una buona resistenzachimica, non forniscono sufficienti garanzie di durabilità. Esse presentano una bassa resistenza aglistress termici, possono dar luogo a reazioni esotermiche anche dannose per la muratura, ed hannouna scarsa resistenza al fuoco e difficoltà d’adesione in caso d’umidità, spesso presente nelle mura-ture storiche. Dal punto di vista meccanico, infine, sviluppano resistenze e rigidezze troppo eleva-te, che possono indurre squilibri nella risposta strutturale del muro riparato.

inBIOEDILIZIAIl recupero delle strutture murarie: problemi e proposte 40

Fig. 2. Reattività ai solfati: formazione di ettringite e thaumasite.

Tra le miscele di tipo inorganico (calci e cementi) i cementi presentano particolari problemi di com-patibilità con i materiali originari delle murature. La presenza di costituenti reattivi rende elevato ilrischio di attivazione di fenomeni espansivi e fessurativi legati alla reazione con il gesso o gli aggre-gati. Rispetto alle calci, essi hanno anche una maggior tendenza al dilavamento di sali solubili a pro-dotto idratato.Tuttavia, anche nell’ambito delle calci, la scelta del materiale più idoneo alle murature esistenti èaffetta da incertezze che si collocano addirittura in fase di definizione del prodotto. Di fatto, la fami-glia delle “calci” ingloba tre tipologie di prodotti: la calce aerea, quella idraulica e quella idraulicanaturale. Dal punto di vista dei materiali per il restauro, il primo è un legante aereo, e quindi conbassissime caratteristiche meccaniche e di resistenza all’umidità. Per contro, la calce idraulica deri-va essenzialmente dal cemento tagliato con filler o calce aerea. Le calci idrauliche così denominate,in definitiva, sono quindi semplicemente dei cementi di scarsa resistenza, con potenziali effettinegativi sulla durabilità degli interventi (pericolo di formazione di ettringite e thaumasite, elevatocontenuto di sali idrosolubili apportati dall’aggiunta di legante aereo). La normativa vigente (D.M. 31/08/72) è in questo senso ancora carente poiché non propone alcu-na differenziazione né in termini produttivi né di materia prima tra calci idrauliche naturali e arti-ficiali, ma solo dei valori limite minimi di resistenza meccanica comuni a tutte le tipologie di calcee quindi non efficaci per una loro caratterizzazione distintiva. Il migliore approccio all'argomentocalce è fornito attualmente dalla normativa europea UNI EN 459-1 che introduce, oltre alla sempli-ce classificazione delle calci in base alle resistenze meccaniche, anche importanti specifiche chimi-co-fisiche della materia prima e del prodotto finito, affinché si possa parlare di calce idraulica natu-rale anziché solo di calce idraulica. Solo la calce idraulica prodotta secondo i canoni della UNI EN459-1, ovvero ottenuta dalla cottura di calcari argillosi a temperature inferiori ai 1250°C può esseredefinita naturale e quindi garantire nel panorama delle calci esistenti caratteristiche idrauliche, mec-caniche, elasticità, basso contenuto di sali idrosolubili, assenza di reattività chimica in presenza disolfati, tali da garantire la necessaria durabilità negli interventi di consolidamento. Solo tale diffe-renziazione prevista dalla UNI EN 459-1 garantisce, attualmente, differenze mineralogiche costitu-tive tra calci idrauliche e calci idrauliche naturali tali da far preferire queste ultime alle prime negliinterventi di consolidamento.

inBIOEDILIZIAIl recupero delle strutture murarie: problemi e proposte 41

Fig. 3. Processo produttivo di cemento Portland, calce aerea e calce idraulica naturale

inBIOEDILIZIAIl recupero delle strutture murarie: problemi e proposte 42

Fig. 4: Composti mineralogici delle calci e dei cementi e fattori determinanti la loro formazione.

Tab. 1: D.M. 31/08/1972: “Requisiti di accettazione e modalità di prova di leganti idraulici”.

Tab. 3: ASTM C141-96: “Standard specification for hydraulic hydrated lime for structural purposes”.

Tab. 2: UNI ENV 459/1 (1994): “Calci da costruzione. Definizioni, specifiche e criteri di conformità”.

Sperimentazioni comparative tra calci idrauliche naturali e cementi applicate al restauro dimostra-no come le prime, con caratteristiche fisiche di peso specifico, porosità, permeabilità al vapore,garantiscano alla muratura una migliore traspirabilità. Le miscele a base di calce idraulica naturale,inoltre, bene si prestano in fase produttiva a controlli della curva granulometrica e della finezza, inmodo a garantire alla miscela una migliore capacità di riempimento di cavità e piccoli vuoti.La calce idraulica naturale, inoltre, sviluppa un minor calore d’idratazione rispetto al cemento e pre-senta una buona inerzia termica, permettendo così di evitare coazioni interne in fase d’indurimen-to e garantendo una migliore aderenza. Dal punto di vista meccanico, infine, le resistenze a com-pressione e le rigidezze delle miscele a base di calce idraulica naturale indurite hanno ordini digrandezza, rispetto alle miscele cementizia, confrontabili con quelli delle murature esistenti e pre-sentano una maggiore stabilità nel tempo, anche in condizioni ambientali avverse.

inBIOEDILIZIAIl recupero delle strutture murarie: problemi e proposte 43

Fig. 5: Confronto sperimentale delle proprietà chimiche, fisiche e meccaniche di una calce idraulica naturale e un cemento.

Fig. 6: Stabilità della resistenza meccanica di unacalce idraulica naturale e di un cemento

in presenza di attacco solfatico.

TIPOLOGIE MURARIE E PROPOSTE D’INTERVENTO

Nell’ambito delle murature presenti sul territorio nazionale, le murature di pietra sono caratteriz-zate da un’estrema varietà tipologica e da forte irregolarità (sia in sezione che in facciata) e diso-mogeneità. Spesso, inoltre, la loro conformazione è assimilabile ad un muro multistrato (con para-menti esterni di conci di pietra e nucleo pressoché incoerente, che può costituire anche la maggiorparte dello spessore), il cui collegamento trasversale, realizzato essenzialmente dalla malta tra iconci è carente o addirittura mancante. Lo strato di riempimento è generalmente caratterizzato dallapresenza di vuoti, distribuiti disordinatamente insieme ad inerti e malta. Gli inerti possono esseredi varia natura (pietra di cava, ghiaia di fiume, laterizio) e di diverse forme e dimensioni (elementiricavati da operazioni di taglio, ciottoli, zeppe), e può esservi presenza di terra, argilla, sostanzeorganiche, etc..; le malte sono generalmente di scarsa qualità e spesso non circondano completa-mente gli elementi resistenti.

Contrariamente alle murature in pietra, le murature di mattoni presentano caratteristiche di rego-larità ben riconoscibili sia riguardo alla tessitura che ai materiali (impiego di malta e mattoni, dicaratteristiche determinabili con semplici prove di laboratorio). Il degrado di tali strutture è evi-denziato essenzialmente da distacchi (mattoni e/o malta) e da fessurazioni più o meno diffuse.

I problemi strutturali delle murature in pietra sono da annoverare principalmente nella scarsa por-tanza (malta inconsistente o mancante, eccessiva presenza di vuoti, etc..), e nella debole connessio-ne trasversale dei paramenti, che tendono a sviluppare meccanismi di collasso “anticipati” rispettoalla rottura per compressione del materiale, per fenomeni di uscita dal piano sia sotto carichi verti-cali (per instabilità dei singoli paramenti) sia sotto i carichi orizzontali (per espulsione localizzata diuno strato in presenza di carichi verticali deboli o per accentuazione dei fenomeni di instabilità inpresenza di carichi verticali elevati).In tal senso, le tecniche d’intervento sono quindi rivolte al consolidamento del nucleo interno (inie-zioni) ed al rafforzamento della connessione tra i paramenti esterni (collegamento trasversale, inpresenza o meno di intonaci armati, iniezioni). Per le murature di mattoni, l’impiego delle iniezioni è invece generalmente finalizzato al risarci-mento delle lesioni, oppure, in situazioni particolari di degrado superficiale, alla realizzazione diuna barriera sigillante all’ulteriore degrado. Inoltre, per entrambe le tipologie, quale integrazione al degrado delle malte può essere impiegataefficacemente la ristilatura dei giunti di malta.

Una recente ricerca sperimentale ha messo in luce gli effetti dell’applicazione delle diverse tecnichedi consolidamento (sia singolarmente che in combinazione) su murature in pietra multistrato.L’iniezione con miscele a base di calce naturale si sono dimostrate particolarmente adeguate alloscopo, migliorando il comportamento globale sia in termini di resistenza che di meccanismo di rot-tura, nel rispetto della compatibilità chimico-fisica e meccanica con le murature originarie. Alla luce

inBIOEDILIZIAIl recupero delle strutture murarie: problemi e proposte 44

Fig. 7: Morfologia di murature in pietra in sezione (singolo e multistrato) e in facciata (Binda, Baronio, Penazzi et. al, 1999).

di analoghi risultati sperimentali, si è infatti rilevato come l’uso di materiali ad elevata resistenzameccanica, come le miscele cementizie, oltre a non presentare sufficienti garanzie di compatibilitàcon i materiali esistenti, non consenta incrementi di resistenza nei muri consolidati significativa-mente più elevati di quelli ottenibili con miscele meccanicamente più compatibili con essi.La ricerca ha consentito, inoltre, la messa a punto di procedure sperimentali finalizzate ad ottimiz-zare la scelta della miscela (rapporto a/l, eventuale additivazione, etc.) al fine di rendere massimal’iniettabilità di murature in pietra. Il criterio si basa sulla selezione progressiva di miscele a base dicalce idraulica naturale e consente di individuare la combinazione più appropriata del rapportoacqua/legante in relazione alla composizione della miscela (eventuale presenza di additivi). Laselezione avviene mediante verifiche sperimentali dei requisiti reologici di fluidità e stabilità (pre-requisiti per l’iniettabilità, misurati ai coni standardizzati e mediante ispezioni visive) e di inietta-bilità del supporto (valutata in base a simulazione dell’iniezione entro cilindri trasparenti riempiticon il materiale da consolidare).

inBIOEDILIZIAIl recupero delle strutture murarie: problemi e proposte 45

Fig. 8: Prove di iniettabilità in cilindri riempiti con diversi tipi di supporto (Valluzzi, 2000).

Fig. 9: Interventi di consolidamento su murature in pietra:iniezioni e ristilatura dei giunti (Valluzzi, 2000).

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Binda L., Baronio G., Penazzi D., Palma M., Tiraboschi C. (1999). Caratterizzazione di murature inpietra in zona sismica: DATA-BASE sulle sezione murarie e indagini sui materiali. L’ingegneria sismica inItalia, 9° convegno nazionale, Torino (CD-ROM).Collepardi M. (1991). “ Scienza e tecnologia del calcestruzzo”, Hoepli, Milano.Collepardi M., Coppola L. (1991). Il risanamento degli edifici storici: situazione attuale e prospettive nellaricerca. L’Edilizia 9/9137-548.Valluzzi M.R. (2000). ”Comportamento meccanico di murature consolidate con materiali e tecniche a basedi calce”. Tesi di Dottorato, Dottorato di Ricerca in Progetto e Conservazione delle Strutture (sedeamm.va Università di Trieste), XIII ciclo, Dipartimento di Costruzioni e Trasporti, Università diPadova.

inBIOEDILIZIAIl recupero delle strutture murarie: problemi e proposte 46

Fig. 10: Procedura per la scelta della miscela da iniezione in relazione ad alcuniparametri che influenzano l’iniettabilità delle murature (Valluzzi, 2000).

EdicomEdizioni Informazionelibri, periodiciwww.edicomedizioni.com

BalkenStrutture in legno su misuraby Damiani Legnamiwww.balken.it

Fornace S. AnselmoMattoni a mano e sagomatiwww.santanselmo.com

Fornace Vardanega IsidoroSoluzioni per tetti ventilatiwww.vardanegaisidoro.com

Hager LumeCommercio materiale elettricowww.hager.it

HekosRiscaldamento a battiscopawww.hekos.com

IsodomusRiscaldamento a paretee a [email protected]

Istituto Italiano del RamePubblicazioni, informazione, formazionewww.iir.it

KlöberAlways on Topwww.kloeber.it

Naturalia-BauProdotti per l’ediliziaecologicawww.naturalia-bau.it

SolasVernici naturaliwww.solasnet.it

TassulloTecniche e materialiper costruirewww.tassullo.it

TermofonLaterizio porosobioecologico by Bampowww.termofon.com

seminari di formazionepromossi da

inBIOEDILIZIA