Avolesi febbraio 2008 · 2008. 2. 26. · 2006, cm. 500x150 FOTOGRAFIE Sebastiano Burgaretta -...

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S O M M A R I O Associazione Culturale Fondata nel 1998 da Michele D’Amico Avolesi nel mondo Rivista di arte, storia, cultura, attualità Anno IX n. 20 - 2008 n. 1 FEBBRAIO Edizioni proprie Presidente Grazia Maria Schirinà Direttore responsabile Eleonora Vinci Direttore della fotografia Corrado Sirugo COMITATO DI REDAZIONE Sebastiano Burgaretta - Filippo Denaro Francesca Parisi - Grazia Maria Schirinà - Eleonora Vinci IN COPERTINA C. Frateantonio, L’uomo - il progresso - l’habitat 2006, cm. 500x150 FOTOGRAFIE Sebastiano Burgaretta - Carlo D’Agostino - Foto Felice - Carmelo Genovesi - Giuseppe Grande - Sebastiano Munafò - Santo Paternò Antonella Piccione - Ugo Santoro - Corrado Sirugo Giorgio Sulsenti - Claudio Zamò HANNO COLLABORATO Corrado Appolloni - Antonina Barone - Rosario Basile - Corrado Bono Sebastiano Burgaretta - Giuseppe Caruso - Enrico Consiglio - Fabrizio Demaria - Giuseppe Giallongo Cravè - Davide Manganaro - Giorgio Morale - Sebastiano Munafò - Giulia Pacca - Salvatore Salemi - Andrea Sanfilippo - Grazia Maria Schirinà - Corrado Sirugo - Michele Tarantino Gabriella Tiralongo - Corrado Vella - Eleonora Vinci HANNO CONTRIBUITO Supermercati Artale - Banca Agricola Popolare di Ragusa Caffè Girlando - Registri Buffetti - Pasticceria Tre Bontà Photo video Befana - Ristorante I Giardini di Noto REDAZIONE Avola, via Felice Orsini, 3 - Tel. 0931/832590 - Fax 0931/834522 www.gliavolesinelmondo.it e-mail: [email protected] Registrazione al Tribunale di Siracusa n. 9/2000 del 26/05/2000 Progetto grafico e impaginazione: Grapho Art, via Piemonte, 7 - Avola - Tel. 0931.561337 Stampa: L’Imprimerie, via Milano, 127 - Avola Chiuso in tipografia il 7 febbraio 2008 Sedi associative: Avola, via Felice Orsini, 3 - 96012 c/o studio Monello - Roma, via Chiana, 87 - 00198 La redazione declina agli autori la responsabilità di quanto viene affermato negli articoli. I testi per la prossima rivista dovranno pervenire entro e non oltre il 30 Aprile 2008 Il contributo annuo associativo, di euro 40,00 per i soci ordinari residenti ad Avola e di euro 60,00 per i soci benemeriti o non residenti, può essere effet- tuato con le seguenti modalità: Bonifico Bancario: codice IBAN IT22U0503684630, conto corrente n. 0341241705 presso Banca Agricola Popolare di Ragusa; Conto corrente postale n. 12330916 I soci under 30 usufruiranno dello sconto del 50%. Da parte dell’Associazione verrà rilasciata ricevuta dell’avvenuta riscossione. 2 Proiettati verso il futuro di Grazia Maria Schirinà 4 Tresa a Ciaula di Michele Tarantino 6 Francesco Caldarella, un artista assetato d’assoluto di Sebastiano Burgaretta 10 Accadde a Cava Grande di Salvatore Salemi 12 Due destini in gioco di Rosario Basile e Fabrizio Demaria 13 Poesie di Corrado Bono 14 È terra bruciata di Giorgio Morale 15 Respiro nel silenzio di Davide Manganaro 16 Il maestro e l’apprendista di Giuseppe Caruso 17 Un ospedale per la zona sud di Sebastiano Munafò 19 La poliedricità artistica di Nino Carbè di Giuseppe Giallongo Cravè 21 Le piante che curano di Antonina Barone 23 Verso il lirismo di Sebastiano Burgaretta 26 Progetto Caia 27 Una cartolina per Avola di Corrado Sirugo 29 La regina Bianca di Navarra ad Avola nel giugno 1411 di Grazia Maria Schirinà 33 Il ponte sullo stretto di Messina di Enrico Consiglio 35 ITAS: una stanza aperta sul futuro di Eleonora Vinci 37 Nel bazar di Adalya di Giulia Pacca 38 Giuseppe Montalto il Mazzucotelli di Rosolini di Corrado Appolloni 40 Spigolature Letterarie a cura di Sebastiano Burgaretta 40 Il Duello di Pino di Silvestro 42 Riqualificazione del centro storico di Gabriella Tiralongo 43 Quali gli orizzonti dei nuovi adolescenti? di Andrea Sanfilippo 45 Della felicità e del piacere di Corrado Vella 47 L’angolo della posta

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S O M M A R I O

Associazione Culturale

Fondata nel 1998 da Michele D’Amico

Avolesi nel mondoRivista di arte, storia, cultura, attualitàAnno IX n. 20 - 2008 n. 1 FEBBRAIO

Edizioni proprie

Presidente Grazia Maria SchirinàDirettore responsabile Eleonora Vinci

Direttore della fotografia Corrado Sirugo

COMITATO DI REDAZIONESebastiano Burgaretta - Filippo Denaro

Francesca Parisi - Grazia Maria Schirinà - Eleonora Vinci

IN COPERTINAC. Frateantonio, L’uomo - il progresso - l’habitat

2006, cm. 500x150

FOTOGRAFIESebastiano Burgaretta - Carlo D’Agostino - Foto Felice - CarmeloGenovesi - Giuseppe Grande - Sebastiano Munafò - Santo Paternò

Antonella Piccione - Ugo Santoro - Corrado SirugoGiorgio Sulsenti - Claudio Zamò

HANNO COLLABORATOCorrado Appolloni - Antonina Barone - Rosario Basile - Corrado BonoSebastiano Burgaretta - Giuseppe Caruso - Enrico Consiglio - FabrizioDemaria - Giuseppe Giallongo Cravè - Davide Manganaro - Giorgio

Morale - Sebastiano Munafò - Giulia Pacca - Salvatore Salemi - AndreaSanfilippo - Grazia Maria Schirinà - Corrado Sirugo - Michele Tarantino

Gabriella Tiralongo - Corrado Vella - Eleonora Vinci

HANNO CONTRIBUITOSupermercati Artale - Banca Agricola Popolare di Ragusa Caffè Girlando - Registri Buffetti - Pasticceria Tre Bontà

Photo video Befana - Ristorante I Giardini di Noto

REDAZIONEAvola, via Felice Orsini, 3 - Tel. 0931/832590 - Fax 0931/834522

www.gliavolesinelmondo.ite-mail: [email protected]

Registrazione al Tribunale di Siracusa n. 9/2000 del 26/05/2000

Progetto grafico e impaginazione:Grapho Art, via Piemonte, 7 - Avola - Tel. 0931.561337

Stampa: L’Imprimerie, via Milano, 127 - Avola

Chiuso in tipografia il 7 febbraio 2008

Sedi associative: Avola, via Felice Orsini, 3 - 96012c/o studio Monello - Roma, via Chiana, 87 - 00198

La redazione declina agli autori la responsabilitàdi quanto viene affermato negli articoli.

I testi per la prossima rivista dovranno pervenireentro e non oltre il 30 Aprile 2008

Il contributo annuo associativo, di euro 40,00 per i soci ordinari residenti adAvola e di euro 60,00 per i soci benemeriti o non residenti, può essere effet-tuato con le seguenti modalità:Bonifico Bancario: codice IBAN IT22U0503684630, conto corrente n.0341241705 presso Banca Agricola Popolare di Ragusa;Conto corrente postale n. 12330916I soci under 30 usufruiranno dello sconto del 50%.Da parte dell’Associazione verrà rilasciata ricevuta dell’avvenuta riscossione.

2 Proiettati verso il futuro

di Grazia Maria Schirinà

4 Tresa a Ciaula

di Michele Tarantino

6 Francesco Caldarella, un artista assetato d’assoluto

di Sebastiano Burgaretta

10 Accadde a Cava Grande

di Salvatore Salemi

12 Due destini in gioco

di Rosario Basile e Fabrizio Demaria

13 Poesie

di Corrado Bono

14 È terra bruciata

di Giorgio Morale

15 Respiro nel silenzio

di Davide Manganaro

16 Il maestro e l’apprendista

di Giuseppe Caruso

17 Un ospedale per la zona sud

di Sebastiano Munafò

19 La poliedricità artistica di Nino Carbè

di Giuseppe Giallongo Cravè

21 Le piante che curano

di Antonina Barone

23 Verso il lirismo

di Sebastiano Burgaretta

26 Progetto Caia

27 Una cartolina per Avola

di Corrado Sirugo

29 La regina Bianca di Navarra ad Avola nel giugno 1411

di Grazia Maria Schirinà

33 Il ponte sullo stretto di Messina

di Enrico Consiglio

35 ITAS: una stanza aperta sul futuro

di Eleonora Vinci

37 Nel bazar di Adalya

di Giulia Pacca

38 Giuseppe Montalto il Mazzucotelli di Rosolini

di Corrado Appolloni

40 Spigolature Letterarie

a cura di Sebastiano Burgaretta

40 Il Duello

di Pino di Silvestro

42 Riqualificazione del centro storico

di Gabriella Tiralongo

43 Quali gli orizzonti dei nuovi adolescenti?

di Andrea Sanfilippo

45 Della felicità e del piacere

di Corrado Vella

47 L’angolo della posta

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Con questo nuovo numero vogliamo dareil benvenuto al decimo anno associativo;una tappa importante alla quale forse noncredevamo neanche di arrivare. Sono pas-sati ben nove anni dal 22 dicembre 1998,quando ci siamo presentati davanti alnotaio, per sottoscrivere l’atto di costitu-zione della nostra associazione; unmomento che, mi piace ricordarlo, coro-nava gli sforzi dell’indimenticato dott.Michele D’Amico, che tanto si era prodi-gato, perché nascesse una sorta di filodiretto con i nostri concittadini residentifuori Avola. Primo impegno, che ci videtutti all’opera, fu la realizzazione di uncalendario: furono contattati vari artistiavolesi e furono proposti molti pensieriaugurali alla neonata associazione. Io,allora con la mansione di vicepresidente,dato che il dott. D’Amico mi ha volutacome sua collaboratrice fin dalla primaora, diedi il mio modesto contributo dipensiero, che divenne quasi il manifestodell’Associazione. Anche il nostro attualesindaco, medico curante del dott. D’Ami-co, ha seguito i primi passi di questonostro impegno e, anche lui, ha dato il suosostegno (speriamo vivamente che nellasua nuova veste possa venirci ancoraincontro come sempre ha fatto).

Diamo dunque il benvenuto al decimoanno associativo: nel mese di febbraio cisarà il rinnovo del direttivo, e nuove per-sone sicuramente si troveranno a lavora-re, per portare avanti questo impegno cheabbiamo visto diventare sempre più gra-voso, perché sempre maggiori sono le esi-genze della collettività che ci segue. Ci fapiacere però, in questa sede, fare un pic-colo resoconto di quanto ha contraddi-stinto il nostro operato:• Abbiamo cercato di coinvolgere e sol-

lecitare i giovani, spronandoli a scom-mettersi e a esprimersi in pubblico;

• abbiamo creato, con le nostre manife-stazioni, momenti di accoglienza,soprattutto in estate, quando maggioreè l’afflusso di rientro dei nostri concit-tadini;

• abbiamo mostrato, nei limiti dellenostre possibilità, disponibilità all’a-scolto e alla collaborazione: abbiamocollaborato con Hybla Junior, con laFidapa, con i Lions, con l’Associa-zione turistica Avola Antica, con iCarabinieri in congedo etc…

• abbiamo creato il concorso estivo“Amici dell’Arte – Città di Avola”con la partecipazione del Comune;

• abbiamo realizzato la nostra rivista,

che tutti ci invidiano e che, di volta involta, è sempre più ricca e qualificata,con gli apporti anche di personalitàillustri;

• abbiamo collaborato alla stesura dellostatuto della Consulta Culturale Cit-tadina, alla cui attività partecipiamo, ea quello del Centro Culturale di vialePiersanti Mattarella;

• abbiamo dato la nostra adesione ad unprogetto di produzione di un docu-mentario su “I fatti di Avola”;

• abbiamo aderito all’iniziativa di sal-vaguardia dell’ospedale di Avola;

• abbiamo cercato di incidere nella vitaculturale e associativa della nostracittà;

• abbiamo avuto riconoscimenti pubbli-ci sia a livello nazionale sia a livellolocale (non dobbiamo dimenticareche, anche se temporaneamente,l’Amministrazione comunale ci haconcesso l’utilizzo di un locale che èdiventato la nostra sede associativa, invia Felice Orsini, n.3).

Ovviamente, nel corso di questi diecianni, non tutto è stato facile: l’Associa-zione si è fatta grande e oggi ha bisognodi collaboratori efficienti e volenterosi,pieni di entusiasmo, quale può esserequello di chi crede di fare una cosa utilealla collettività, senza fini di lucro, macontento perché ciò che fa ha un senso:tanti ci aspettano e la nostra rivista è ilsorriso del nostro concittadino che nonpuò tornare, è il ricordo di chi è andatovia da bambino o da giovane, è il rimorsodi chi avrebbe dovuto e non ha dato, è lavoglia di conoscere e di riconoscersi inusi e costumi mai dimenticati del tutto; èil nostro passato, ma è anche il nostrofuturo, perché, se non lasciamo un segnotangibile di ciò che siamo stati, non sin-golarmente ma come collettività, nonlasciamo niente ai nostri giovani; nonlasciamo che risolvano i problemi, perchénon li conoscono, non lasciamo checostruiscano su solide basi il loro futuro,perché non conoscono il loro passato. Noiconosciamo poco il nostro passato e inostri studiosi ci aiutano poco a creare

Proiettati verso il futuro

di Grazia Maria Schirinà - foto di Sebastiano Munafò

EDIT

ORIA

LEAvolesi nel mondo - Anno 9 n. 1 - Febbraio 2008

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Da sinistra: il sindaco Barbagallo, Vincent Tummino, la Presidente, Salvatore Martorana ePietro Poidimani al premio “Concetto Marchesi”

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una memoria storica che affondi nel pas-sato remoto; encomiabile il lavoro delnostro socio, dott. Giuseppe Pignatello,che giorno 10 febbraio presenterà una suastoria di “Avola, dalla preistoria al duemi-la”, e, in tempi recenti, quello delladott.ssa Concetta Muscato Daidone, che,nel 2005, ha presentato “Avola”, un testoda noi proposto tra i libri pervenuti. Avoladeve riappropriarsi delle sue origini, devefare memoria e deve cercare le sue radici,se vuole veramente programmare il suofuturo. Deve conoscere le persone che sisono battute e hanno combattuto, deveconoscere lo spirito di libertà che l’hacontraddistinta nei secoli, i suoi siti, lesue peculiarità. Non siamo dei “nostalgi-ci”, come qualcuno vorrebbe pensare,vogliamo piuttosto definirci studiosi etrascrittori della realtà passata e presente,proiettati verso il futuro. Da più parti ci arrivano apprezzamenti esollecitazioni, ma anche commenti di per-sone che vorrebbero si parlasse di questoo di quel personaggio: noi stiamo cercan-do di portare avanti un nostro progettoche magari non è troppo ordinato, ma che,nello stesso tempo, accoglie quanto inostri amici ci propongono. Oltre allerubriche fisse, infatti, ci sono gli apporticulturali dei nostri soci e simpatizzanti:tutti sono invitati a fornire materiale diricerca su fatti e personaggi. Le nostreriviste arrivano nelle più svariate parti delmondo grazie anche ai nostri soci, checercano di propagandare la nostra attivitàe di contattare quanti più amici possibile. L'anno appena trascorso è stato ricco diappuntamenti; durante il mese di dicem-bre, dopo la presentazione della rivista,abbiamo avuto il piacere e l’onore, unita-mente al Lions Club e alla Fidapa, di fareconoscere l’opera della nostra giovaneconcittadina Arianna Rotondo; a seguire,abbiamo presentato l’opera narrativa delprof. Angelo Fortuna, di cui si parla inquesto numero, che ha voluto onorare nonsolo l’Associazione, ma la città tutta, luiavolese abitante a Noto, preferendo lacittà natale per il debutto del suo volumee infine, quasi a coronamento dell’anno,abbiamo organizzato la mostra fotografi-ca che ha chiuso, di fatto, il 2007. Unappuntamento di grande rilievo per lanostra comunità cittadina, o almeno cosìcrediamo, è stato il concorso “Una carto-lina per Avola”, dedicato alla memoriadell’amico Paolo Florio, fotografo, carri-sta, cineamatore, ricercatore di foto d’e-poca e di notizie. A lui abbiamo voluto

dedicare la mostra che è stata allestita nel-l’androne del palazzo di Città dal 29 al 31dicembre (dell’evento si parla nell'artico-lo che porta la firma di Corrado Sirugo).Il 29 dicembre, in occasione della presen-tazione del calendario, il dott. DavideLentini ha fatto una brillante relazioneincentrata sull'attività associativa attra-verso i suoi calendari; è opportuno ricor-dare che, da diversi anni, il nostro calen-dario è realizzato con il contributo del-l’Avis, che ringraziamo per la fiducia checi ha accordato, e, da quest’anno, anchecon il contributo del Comune. Siamo onorati inoltre per aver contribui-to al conferimento di un premio alla car-riera, sotto il titolo di “Concetto Mar-chesi”, in occasione del cinquantesimoanniversario della sua morte, al nostroamico e studioso della latinità prof.Salvatore Martorana. Giorno 23 dicem-bre, infatti, durante la cerimonia d'inau-gurazione della Filitalia International, aCatania, nell'Anfiteatro di Palazzo In-grassia, alla presenza di numerose e qua-lificate personalità della cultura e delgiornalismo, sono stati conferiti dei premi(Giuseppe Giarrizzo, Anna Maria Iozzia,Carlo Alberto Tregua, Vincenzo Solarino,Pasquale Sinesio, Giuseppe Cantarella,Vincent Tummino. Quest’ultimo, capodei pompieri che coordinò le operazionidi soccorso durante il disastro dell'11 set-tembre con la caduta delle torri gemelle diNew York, è venuto appositamentedall’America). È stato un avvenimentoemozionante per vari motivi, al quale hapartecipato il nostro Sindaco, invitato evenuto anche per consegnare la targa alpreside Martorana.

Strada ne abbiamo fatta tanta da quel lon-tano 22 dicembre 1998, e tanta, sono sicu-ra, ne faremo ancora.Intanto sono state gettate le basi pernuove attività, da concretizzare nel corsodi questo 2008: il convegno su Alessan-dro Caja e, con il supporto dell’Ammi-nistrazione tutta, (spero che ciò sia vera-mente possibile), una mostra prima, e unmuseo dopo, del carretto siciliano. Si staapprontando un volume di grande rile-vanza per la nostra cultura popolare:l’ing. Piccione sta curando il volume che,con ogni probabilità, vedrà la luce nelmese di aprile, in tempo utile per lamostra che potrà essere organizzata inoccasione dell’annuale e ormai consoli-dato appuntamento con CinemAvola. Il15 marzo è prevista anche la presentazio-ne di un volume di poesie della nostrasocia Giuseppina Rossitto, residente aBologna, già firmataria di articoli per lanostra rivista.Per concludere, voglio ringraziare quanti,in questi sei anni di mia presidenza,hanno collaborato con me, mi hannoincoraggiata e, a volte, spesso, sopporta-ta. Devo e voglio ringraziare soprattutto ilmio direttivo, i componenti della redazio-ne, gli operatori vari, i soci tutti, abitantiad Avola e no, gli amici della sezioneromana tutte quelle persone che in questianni ho avuto modo di frequentare econoscere, e che, in questo grande mareche è la vita, anche associativa, sonodivenuti amici e compagni d’avventura,con la speranza che l’Associazione,proiettata com'è verso il futuro, possa tro-vare sempre più ampi consensi.

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La Presidente con i responsabili di “Ciao Sicilia” a Sanremo

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I primi passi di un romanzo di costume nel quale protagonisti sono AvolaAntica ed i suoi abitanti

Tresa a ciauladi Michele Tarantino - [email protected]

SEZI

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Viveva Avola lungo le pendicidei Monti Iblei, nel dolcedeclivio che per contradeamene approda al lembo delMare Ionio che bagna le costepiù meridionali della Sicilia. Ilcaseggiato, in gran parte proli-ferato dal più antico insedia-mento trogloditico, s’era ada-giato lungo quell’area delsistema montuoso meno acci-dentata e si snodava partendoa valle dalle ultime balze – uRunchettu – per arrampicarsidolcemente a nord-ovest sinoal “Castello”. Approssima-tivamente da quota +100 aquota +350. Ancora oggi il“Serpentone”, come il sito ènominato dai non molti cheguardano con interesse daquella parte, si riconosce age-volmente osservandolo lungol’attuale strada ferrata neipressi della disattivata stazio-ne ferroviaria.Tale l’esistente si apparec-chiava a scendere nella notte,quel venerdì 9 gennaio del 1693,mentre, dopo una giornata di lavoro,si accendevano i primi lumi: figli di

un altro giorno che moriva inducen-do le circa cinquemila anime che vidimoravano a concedersi ad una

lunga notte.Lì viveva, ancor, anche Tere-sa Calvo, a “ciaula”, comemeglio era nota e menzionatain sua assenza, secondo l’abi-tudine di intendere gli appar-tenenti ad un determinatoparentato con il nome nonlegittimo: a “gnuria”.Una donna di mezza età, nonpiù bassa di quante altrecome lei appartengono allarazza autoctona. I capelli, unavolta di un nero corvino edora semplicemente scuri conqualche pennellata di grigio,lasciavano intravedere qua elà il piccolo cranio. Tirati efermati dietro sulla nuca daltipico nodo formato riavvol-tolando, con la stessa sor-prendente veloce dimesti-chezza con la quale oggi gliuomini annodano la cravatta,i capelli stessi: u tuppu. Duepiccoli occhi vivaci affonda-vano nelle fosse di un visogià solcato da profonde rughe

e reso scuro dalle tante ore trascorsea lavorare all’aperto. Quattro figliepartorite e due viventi, l’offesa della

Mi unisco, con il progetto che qui ho pensato di anticipare, al fermento di interessi verso il mondo che immediatamenteprecedette Avola, come la conosciamo ed amiamo, felicemente in atto da qualche anno. Focalizzando alcuni personaggi— assolutamente inventati — ed alcuni frammenti di quella società prima che fosse turbata dalla terribile catastrofe chefu il terremoto del 1693, intendo sfogliare una pagina nel libro della nostra storia che ben poco conosciamo. Una paginadalla quale mi riprometto di trarre le trame dell’insieme di sedimenti che, racchiuso per comodità di ragionamento, nel-l’espressione costume, costituisce, come mi piace pensare, l’umus in forza del quale una comunità è quella che è. Noi stes-si siamo, almeno in parte, quello che siamo. Ancora una volta sono attratto dalla convinzione dell’ineludibile vincolo fraindividuo e collettività nella quale agisce. I1 vincolo che mi sprona ad operare per convincere il singolo ad agire con laconsapevolezza delle interdipendenza: ben curare i suoi interessi significa farlo avendo presenti gli interessi della comu-nità che egli stesso compone.Sono ben consapevole della difficile impresa dalla quale mi sono fatto attrarre nel voler rappresentare un mondo del qualesappiamo poco o niente, tanto misero è stato nei decenni l’interesse a volerne sapere di più. Chiedo ai lettori di questanostra Rivista di aiutarmi a portare avanti il mio tentativo con il contributo di suggerimenti e notizie. Mi piacerebbe chel’opera fosse al fine il frutto di una grande collaborazione.

Franco Tiralongo, Ritorno al paese, 2002, sabbia su tela cm 40x30

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fatica al portamento, un marito notoa tutti per la sua saggezza, le aveva-no fatto guadagnare il diritto di usci-re da casa da sola anche di sera.Attraversare, come si apparecchiavaa fare per lungo quasi l’intero abita-to. Quel venerdì 9 gennaio dell’annofatale, a vespro, s’affrettava Teresa“a ciaula” arrancando verso la mode-sta casa nel quartiere ri Susu dovel’attendeva il marito don Corrado, ucavaddharu, anche se a beneficiaredel suo mestiere di maniscalco eranocavalcature meno aristocratiche: perlo più muli e somari. Era già quasiscuro e le strette viuzze che fendeva-no 1’abitato – poco più che impervisentieri – attendevano d’essere resepiù certe dal lampionaio che avrebbeattivato – una ad una – le rare fonti diluce, quel tanto bastante a rafforzareil lucore dell’ennesimo tramonto dicielo terso e stellato.Da quanto non pioveva? Teresa sisforzò di richiamare alla memoria1’ultima pioggia consistente. Figliadi giornalieri che prestavano la loroopera e cannameddhi, dove anche leinei periodi del taglio delle cannes’era recata a lavorare a paga ridotta,era avvezza a vivere insieme allepiante 1’attesa della pioggia.L’ultima volta che il fronte nuvolosos’era affacciato promettente con ilsuo atteso carico dalle parti diSiracusa – dove ora Teresa avrebbepotuto scorgere 1’Orsa Maggioreaccendersi nel cielo minacciosamen-te asciutto – risaliva all’ottobre di treanni prima. Le cisterne naturali cheraccoglievano in gran parte delle abi-tazioni 1’acqua piovana per le neces-sità di casa erano, appena a gennaio,ad un quarto della loro capienza.

L’aveva ricordato Don Carmelo pocoprima ai fedeli che erano accorsinella Chiesa di Santa Venera perimplorare l’intercessione della Santaperché si ponesse alfine rimedio aquella siccità che aveva obbligato adattingere dalle riserve del Castelloquel poco di farina che stava sfaman-do la popolazione. “Fratelli, Dio cipunisce per i nostri peccati”, avevatuonato dal pulpito Don Carmelo. Iconvenuti, fatto un rapido esame dicoscienza e riconoscendosi estraneial richiamo del Servo di Dio, s’eranoguardati intorno. Ciascuno volendoscrutare negli occhi dei vicini la con-trizione ed il pentimento. L’un l’altrointerpretando per tali l’angoscia chetutti li accomunava.Rivivendo quei momenti e traendodal comune sgomento una sensazio-ne di fragilità, resistente al confortodella preghiera, s’era stretta nelloscialle di lana. Il fitto panno, datempo rimasto nero per il cordogliodei ripetuti lutti: parenti più o menostretti, se poteva contro il freddodella stagione a nulla valse contro ilfreddo dell’anima. Tormentata dacodesti algidi sentimenti, Teresa erapervenuta ad un comodo sentieronella parte più alta del suo itinerario:la pianura detta “dell’Orologio” pervia di un edificio che ne era provvi-sto. Qui l’incedere s’era fatto piùsicuro e la vista a sud-est verso ilmare, più vasta. Sciolta dall’incom-benza di muovere con prudenza ipassi onde scansare, assieme allacuriosità dei paesani, le insidie dellecontorte viuzze che fendevano lefitte schiere delle modeste abitazioni,donde alfine era uscita “Santa notte,Teresa”, il convenzionale augurio

che s’era sentito rivolgere da piùd’una comare che sbirciava verso dilei, bucando con sguardi di torbidorimprovero la semioscurità delle so-praggiungenti tenebre, mentre acco-stava 1’uscio di casa per raccoglierel’intimità della famiglia all’internodelle modeste abitazioni. Cu è?aveva sentito chiedere da qualcunogià seduto a tavola per il modestodesinare. – Tresa a Ciaula.– Vi !!, a stura i notti?, na fimminasula? I brevi commenti si riversava-no sulla strada frammisti all’effluviodi qualche zuppa di fave secche.Teresa non se ne dava pena.Pervenuta a quell’amenità si sentivainconsapevolmente portata a guarda-re alle piccole cose di quel poveromondo contadino con maggioredistacco. La modesta abitazioneverso la quale muoveva gli affrettatipassi era ancora ad una qualchedistanza. Poco oltre la cinta di murache racchiudeva il Paese: due solidebraccia che si dipartivano dalFortilizio e inglobavano ad ovest ilpopoloso quartiere delli Balzi e pro-seguivano degradando verso la pia-nura; cingevano ad est il quartieredelli Marchi (o San Leonardo) edancora più in basso dei Trunxelli (odel Troncello). Si attardò a rimirareancora una volta 1’ambiente disuperba bellezza nel quale si trovava.Ignara creatura, di felina sensibilità,non ne ricevette, come per 1’innanzi,la sensazione di vivere in pace con lanatura circostante, che per offrirsi alsuo sguardo, alla percezione di essaTeresa, misera popolana ignorante, leinfondeva un senso di gratitudine e diorgoglio. Quella sera si sentiva stra-namente inquieta.

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Quando, negli anni Ottanta del secoloscorso, mi trovai davanti all’opera scul-torea di Francesco Caldarella, non nefui sorpreso affatto. Ne provai inveceuna grande gioia, come per una cosalogica, una cosa, cioè, che sembrò rien-trare nell’ordine naturale della realtà.Trovai normale, per me insomma fami-liare, la sua nuova immagine di artistadelle arti figurative. Constatai, infatti,che Caldarella, pur da autodidatta,aveva tradotto in atto le sue non comu-ni potenzialità creative, quelle stesseche io avevo visto sbocciare, agitarsi eribollire, negli anni della fanciullezza,dell’adolescenza e della prima giovi-nezza comuni a lui e a me, vissute allaricerca febbrile di una definizione, diuna precisa identità culturale ed espres-siva.Francesco Caldarella – per i familiari egli amici solo e sempre Franchetto – eio siamo cresciuti insieme, abitandonella stessa via a venti metri di distanzal’uno dall’altro.

Figlio di genitori avolesi, Corrado eGiuseppina Murè, Franchetto era nato il16 febbraio 1945 a Trieste, città in cui ilpadre allora prestava il suo servizio diappuntato della Guardia di Finanza.Nella città giuliana visse i primi dueanni di vita, per poi venire con la suafamiglia in Sicilia, a Pozzallo. ATrieste, pur non conservandone alcunricordo infantile, rimase legato di unamore viscerale, che quasi quotidiana-mente andava proclamando agli amici.Soltanto dopo il conseguimento deldiploma di scuola media superiore potèperò andare a godersi la sua amatissimaTrieste, tornandone entusiasta e gioiosod’avere realizzato quel suo antico desi-derio. Andava orgoglioso, sino a farneun tormentone con gli amici, dei triesti-ni allora famosi, tra i quali i suoi idolierano Nino Benvenuti, Lelio Luttazzi eBobby Solo. Guai a toccarglieli! Laparola mula era tra le più frequenti nellasua bocca di adolescente. A Pozzallovisse fino ai dieci anni, cioè fino a

quando nel 1955 il padreandò in pensione e con lafamiglia si stabilì ad Avola,nella casa di proprietà dellamoglie ubicata tra le viePalermo e Catania. Nellanostra città Franchetto conti-nuò gli studi e visse fino alladata del suo matrimonio. Nelquartiere della Stazione quin-di siamo cresciuti, con unacerchia ristretta ma affiatatis-sima di amici fraterni: NinoDenaro, Paolo Urso, PippoBucca, Rino Campisi, PinoQuattrocchi. Tra la Villacomunale, il piazzale dellastazione ferroviaria e, d’esta-te, l’ombra dei ficus delParco delle rimembranze sisono snodate le giornate dellanostra adolescenza e dellagiovinezza. Abbiamo condi-viso i momenti, non sempre

facili, della nostra crescita umana edella nostra formazione culturale, non-ché l’esperienza delle prime ansie esi-stenziali e dei giovanili progetti di vita,accompagnati dalle canzoni del suoidolo Elvis Presley – un tormentonediuturno Are you lonesome tonigth, cheBarbara, una ragazza sua corrisponden-te londinese, gli aveva regalato in disco– degli urlatori di quegli anni e poisoprattutto dei Beatles. Conservo conpudore e tenerezza, nelle pieghe dellamia memoria, una ricca e variegatatestimonianza personale relativa al suotravaglio e alla sua smania di ricercaespressiva e creativa profondamentesofferta. Già allora Franchetto era “incostrutto”, come direbbe l’Alighieri,quello che si sarebbe rivelato successi-vamente. Era un artista in potenza allaricerca del suo campo espressivo.L’autodidatta di genio che era in lui sivoltava e rivoltava, impennandosisovente verso punte di stupefacente ori-ginalità. Un’ansia creativa lo animava,spingendolo tenacemente a “dare formaa l’intenzion de l’arte”, per citare anco-ra il sommo poeta fiorentino. Studenteall’Istituto “E. Fermi” di Siracusa,cominciò ad abbozzare testi di canzoni,ai quali egli stesso, pur digiuno di studimusicali, provava a dare dei motivi,qualcuno dei quali, corredato dei relati-vi versi, io conservo nella mia memo-ria. A volte li sottoponeva all’esame deiparolieri nostri concittadini SalvatoreDi Pietro e Gino Esposito, allora giàaffermati negli ambienti della canzonenapoletana. Riuscì a contattare, ricordobene, anche il cantante augustanoUmberto Balsamo, che era allora agliinizi della sua carriera. InsommaFranchetto voleva emergere nel mondodell’arte. Dopo il conseguimento deldiploma di perito chimico, cominciò ainsegnare negli istituti tecnici e contem-poraneamente continuava a scriveretesti per canzoni, che registrava allaS.I.A.E. Riuscì, col passar del tempo, a

Francesco CaldarellaUn artista assetato d’assoluto

di Sebastiano Burgaretta

ARTE

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Avolesi nel mondo - Anno 9 n. 1 - Febbraio 2008

Monterosso Almo, Monumento alla libertà, (foto U. Santoro)

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entrare in un certo giro di artisti, più omeno noti, cosa che gli permise di viag-giare e di conoscere varie personalitàdel mondo della canzone, tra le quali, aquel che ricordo, certamente PattyPravo e Gloria Gaynor.Quando il 3 agosto 1974 si sposò conCettina Roccuzzo, andò a vivere aPalazzolo Acreide, città della moglie.Lì maturò un nuovo interesse artistico,quello per le arti figurative, trasmetten-do nel contempo tuttavia quello per lacanzone ai figli Alessandro e Marco.Inseritosi attivamente nella vita cultura-le di Palazzolo Acreide, cominciò amodellare la cartapesta e a costruirecarri allegorici per il Carnevale di quel-la città. Spostò poi la sua attività creati-va verso la manipolazione dell’argilla,con la quale eseguì una ricca produzio-ne di figurine in terracotta grezza perpresepe. Ricordo un pregevole presepeda lui realizzato, in occasione delNatale 1985, nella basilica di San Paoloa Palazzolo Acreide. Di quel presepeLuigi Lombardo ebbe a scrivere:Quest’anno si è pensato di utilizzaredelle figurine in terracotta modellate

dal giovane Francesco Cal-darella, che si è ispirato allatradizione dei presepi colti deiBongiovanni-Vaccaro. Rivive,in certo senso, la tradizionedei grandi presepi allestitinelle chiese da abili artigianilocali, utilizzando figurine diun certo pregio stilistico. Latradizione colta si fonde cosìcon il presepe popolare: ilrisultato è un presepe di ecce-zionale valore culturale e sto-rico. (L. Lombardo, 1985).Successivamente un altro pre-sepe in terracotta venne espo-sto in un istituto religioso diSiracusa. Su queste figurine interracotta per presepe di Fran-cesco Caldarella anche Vin-cenzo Consolo espresse il suoparere positivo.L’artista era ormai venuto allaluce, e la sua attività creativadivenne incontenibile e frene-tica. Passò presto a modellaresculture in bronzo e in pietra, efu con questi materiali cheFrancesco Caldarella diede il

meglio della sua arte, salendo alla ribal-ta nazionale con la realizzazione diopere per varie città italiane, e fu perciòapprezzato dal pubblico e dagli specia-listi. Grazie alla sua attività scultoreaconobbe e frequentò alcuni grandi artis-ti, uno dei quali, Luciano Minguzzi dilui scrisse: Già da qualche anno seguol’impegnativo lavoro di FrancescoCaldarella e debbo constatare che laforza di volontà di questo scultore haconsolidato gli entu-siasmi che sin dal suoesordio lo animavano.In questi ultimi anni ladimestichezza con lamateria ha maturato erafforzato in lui questaprecoce e fresca vo-cazione, e la stradache ha intrapreso èquella giusta per sfo-ciare nel vivo dellasua personalità. I frut-ti che sono già eviden-ti in queste sue ultimeopere, non manche-ranno di dargli le

affermazioni alle quali aspira (L.Minguzzi, 1990, p.10). E Raffaele DeGrada nel 1990 affermava: È logicodunque presentare il Caldarella comeun artista assai defilato dalle presenzeartistiche nazionali, uno scultore moltosensibile nel modellato alle variazionimolteplici della luce, assai preoccupatodella tecnica plastica che viene da unalunga ed acuta osservazione del vero. Ilcapolavoro di Caldarella è il Monu-mento ai Caduti nella sua città diPalazzolo Acreide. Questo monumentoè una sintesi tra la devozione dell’artis-ta al contenuto emotivo del soggetto (lascena della parte inferiore) e il profanodella fiamma che va a cercare gli spazidella parte superiore. È un’idea eccel-lente per non bloccare l’interesse dellacronaca, per quanto sublime, del sog-getto ed elevarla verso un’idea diresurrezione che è l’elemento durevole,oltre l’epica del soggetto. (R. De Gra-da, 1990, p. 6). Il dato più interessante che potei age-volmente riscontrare nelle sue realizza-zioni scultoree fu quello che rese rico-noscibile ai miei occhi e alla mia mentel’uomo che viveva dentro l’artista. El’artista aveva conservato intatto lo stu-pore e la vitalità dell’uomo che già eravissuto e s’era formato nell’adolescenteassetato d’assoluto che io avevo cono-sciuto e del quale ero stato intimoamico.Lo stile scultoreo di FrancescoCaldarella è la testimonianza, la resaformale di un autentico contenuto divita, lo stesso verso il quale è stato sem-pre proiettato nella sua breve vita. La

Francesco Caldarella con Sebastiano Burgaretta adAvola nel gennaio del 1962 (foto Archivio Burgaretta)

Caldarella consegna il bozzetto della statua della Madonna delleLacrime a Giovanni Paolo II

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sua, infatti, è stata una continua tensio-ne alla ricerca di sé stesso e del suomodo, via via rinnovato, di porsi incontatto e di confrontarsi con il mondoattraverso un rapporto vario ed elabora-to. Un’opera di scavo, instancabilmentee generosamente condotta, l’ha portatoa sperimentare la sua creatività conmateriali diversi. In tutto ciò è statasempre centrale la figura umana, rap-presentata quale interprete somma eultima dell’ansia metafisica che rendeinquieto il creato intero, giuste le paro-le di San Paolo, quando afferma chetutta quanta la creazione sospira insie-me e soffre le doglie del parto (Rm.8,22-23); e non soltanto essa, ma inessa e con essa anche noi uomini natu-ralmente. In un ventennio circaCaldarella ha realizzato, con un’attivitàinstancabile e quasi con frenesia creati-va, una ricca produzione di opere d’artee di monumenti, che sono andati adabbellire varie città italiane e particolar-mente siciliane, tra cui anche la sua enostra Avola.Fra le opere più importanti da lui realiz-zate vanno ricordati il già citatoMonumento ai Caduti di PalazzoloAcreide, il Monumento ai Caduti diCassaro, il Monumento alla libertà diMonterosso Almo, la Statua all’anzia-no di Ispica, il Monumento al carabi-niere di Avola. Quest’ultima scultura, inbronzo come le precedenti, è un donoche Caldarella, con gesto discreto equasi sotto silenzio ha fatto alla città neiprimi anni Novanta. Dopo essere rima-sta in disparte, con dispiacere dell’auto-re, per alcuni anni senza una precisacollocazione, finalmente, su meritoriainiziativa del maresciallo Luigi Caldori,il 15 dicembre 1997 quest’opera d’artevenne degnamente sistemata nel giardi-no della caserma cittadina (S. Burga-retta, 2007). Un’altra opera di Calda-rella presente ad Avola è un’elegantestatuetta di San Sebastiano in terracottasmaltata, che venne eseguita a metàdegli anni Novanta su commissione delsacerdote Giuseppe Di Rosa, parrocodella Chiesa Madre. Si trova nell’edico-la votiva in calcare siracusano sita sullastatale 115 in Contrada Chiusa di Carlo,quella cioè dalla quale parte l’annualepellegrinaggio dei devoti del Santo, laseconda domenica di maggio (S.

Burgaretta, 2007). Altre opere di prege-vole fattura sono alcuni bronzi di ispi-razione classica dedicati al Ratto diDeianira, ad Afrodite, alle Tre Grazie, aSaffo, e altri, come il Guerriero acrensee Donne in attesa, tutti lavori che rive-lano un proficuo e costante processo dimaturazione artistica, la quale, come hascritto ancora De Grada, ha messo abuon frutto il lungo esercizio del dise-gno che ha sorretto Caldarella nellesue opere chiaramente figurative, fa-cendolo pervenire compiutamente al-l’approdo all’arte scultorea. Una sua

scultura in bronzo rappresentante unaDonna seduta è collocata nel giardinodel Museo di Portofino. Un Pannello interracotta in otto riquadri dedicati allastoria culturale e artistica di PalazzoloAcreide si trova nei locali del Munici-pio di quella città. Un complesso scul-toreo in pietra dal titolo Donne è collo-cato all’interno dell’area della Fiera delSud a Siracusa. Questa città conservaaltre sculture di Francesco Caldarella,forse l’espressione più matura della suaarte. Sono collocate quasi tutte nell’areadel Santuario della Madonna delleLacrime. Si tratta di numerose opere inbronzo realizzate nell’arco di un quin-dicennio circa, dal 1988 al 2002 e siste-mate in massima parte nei giardini delSantuario. In esse Caldarella ha modo

di esprimere il forte sentimento di reli-giosità che sempre l’ha coinvolto, unareligiosità fatta di concretezza e di aper-tura al prossimo sine modo. I suoi lavo-ri, intrisi come sono di concreta corpo-reità e di tensione spirituale, testimonia-no questo sentimento religioso, che egliamò coltivare nella discrezione e nel-l’autenticità di vita. Nell’area delSantuario mariano sono presenti ottocomplessi statuari in bronzo rappresen-tanti altrettante stazioni della ViaCrucis: tre riguardanti i misteri gaudio-si e precisamente La visita di MariaVergine a Santa Elisabetta, La nascitadi Gesù, La presentazione di Gesù altempio; due riguardanti i misteri dolo-rosi e precisamente Gesù flagellato allacolonna e Gesù caricato della croce;tre relativi ai misteri gloriosi e precisa-mente L’Ascensione, La discesa delloSpirito Santo e L’incoronazione diMaria Vergine.Sempre nei giardini del Santuario, sottogli ulivi dell’atrio dei locali dellaDirezione, è collocata un’imponentescultura in pietra calcarea che raffiguraL’Addolorata. Nella cripta, all’internodella cappella dedicata a Santa Lucia, sitrova il busto di mons. Calogero Lauri-cella, arcivescovo di Siracusa dal 1973al 1989, collocato sulla lastra tombaledell’alto prelato. I cancelli in ferro cheimmettono nell’area del Santuario sonoornati da piccole sculture realizzate daCaldarella. Si tratta di formelle bronzeea forma di losanga riproducenti glistemmi rispettivamente di Santa Lucia,San Francesco d’Assisi, San Pietro, SanPaolo, San Marziano, San Sebastiano,San Giuseppe, San Michele Arcangelo,Giovanni Paolo II. Nel cancello princi-pale è posto lo stemma di mons. Giu-seppe Costanzo, attuale arcivescovo diSiracusa.Ma l’opera più imponente di FrancescoCaldarella presente a Siracusa è la sta-tua bronzea, alta circa tre metri, delpeso di circa 600 kg, della Madonnadelle Lacrime, che, collocata a 95 metridi altezza all’interno di un’immensaaureola ad elementi circolari e a rag-giera, svetta in cima al Santuario, la cuistruttura è stata progettata, dagli archi-tetti francesi Michel Andrault e PierreParat, come una gigantesca lacrima che,scendendo dalle guance di Maria, rag-

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Bozzetto della statua della Madonna delleLacrime (foto Felice)

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giunge, in tutta la sua misteriosa e realegrandiosità, gli uomini sulla terra. Lastatua riproduce per intero, integratacioè in tutto il corpo, l’immagine delquadretto miracoloso, con Maria rap-presentata a braccia protese verso l’in-gresso principale, come per accogliere isuoi figli nella casa del Padre. Sei copiedel bozzetto furono realizzate in bronzoe oro, e due di esse si trovano rispetti-vamente negli appartamenti papali inVaticano e nella sede arcivescovile diSiracusa. Qualcuna delle poche in bron-zo, che l’artista realizzò per amici edestimatori, è conservata nella nostracittà, così come qualche esemplaredella medaglia del XVII anno di ponti-ficato di Giovanni Paolo II che Fran-cesco Caldarella realizzò, sia in argentosia in bronzo, su commissione vaticananel 1995.Un’altra importante opera di FrancescoCaldarella è il portone di bronzo realiz-zato nel 1997 per la Chiesa di SantaCaterina da Siena che si trova aDonnalucata, frazione di Scicli. Lavo-rato in rilievo, il portone presenta ottoformelle con scene sacre tratte dalVangelo. A sinistra, dall’alto verso ilbasso, sono: l’Assunzione di Maria alcielo, la Crocifissione, l’Annunciazionee San Alessandro. A destra, sempre dal-

l’alto verso il basso, sono: l’Incorona-zione di Maria Regina, la Resurrezionedi Cristo, la Natività e l’Angelo Cu-stode.L’intera produzione scultorea di Calda-rella documenta una continua, progres-siva evoluzione da un certo naturalismorealistico, che, ispirato alle figure car-nali e sofferte delle donne, soprattuttomadri, e ai contadini del Sud, attraversoqualche digressione baroccheggiante egrottesca, approda alla raffinata e pro-nunciata stilizzazione delle ultime crea-zioni, dando la misura, così nelle picco-le come nelle grandi dimensioni, delserio e costante processo di ricerca per-seguito dall’artista. Purtroppo l’attività alacre e appassiona-ta di questo artista, figlio di Avola natoe vissuto come cittadino del mondo, èstata inaspettatamente interrotta dallamorte, che l’ha ghermito, il 9 maggio2002, nel pieno dei suoi impegni di arti-sta, mentre, appunto per lavoro, stavaconsegnando agli amministratori comu-nali di Nizza di Sicilia un suo lavoroconsistente in una medaglia di bronzodedicata a San Pio da Pietrelcina.Francesco Caldarella fortunatamente hafatto in tempo a lasciare un patrimoniod’arte e di cultura che testimonia, forseanche sotto il profilo estetico, l’ansiacreativa e la foga di vivere e operareche ha caratterizzato, quasi inconsape-vole presentimento di vita breve, il suocammino umano e culturale. Le suecreature artistiche, infatti, pur nella lorosolenne compostezza, si agitano e simuovono interiormente in un impetoinsoddisfatto di energia vitale, teso allaesplicazione e alla realizzazione di sé e,in ultima istanza, alla conquista di unaidentità precisa e della libertà che, nel-l’uomo, a questa deve sempre accompa-gnarsi. Esse trattengono a stento l’ir-ruenta vitalità dell’essere umano, unavitalità che finisce per esprimersicomunque e modularsi nell’allunga-mento tormentato e nella stilizzazionedelle figure. L’ansia di libertà fremenello spazio, la sete di vita prorompedall’informe. La potenza, insomma,vuole ancora, come sempre, ineluttabil-mente tradursi in atto. La vita continuaa pulsare e a premere, per estrinsecarsie trovare compimento.L’adolescente, che io ebbi il privilegio

di conoscere, ha vissuto dunque il suoeterno presente, s’è mantenuto fedele alsuo “costrutto”, lasciandone validatestimonianza. Ecco perché credo diconoscere da sempre, oltre all’uomo,anche l’artista Caldarella. Di nuovointravedo solamente il richiamo allacompostezza classicheggiante di moltidei volti umani ai quali ha dato anima;segno forse di un supremo approdo sal-vifico tra i marosi della vita, di un qual-che barlume nel buio dell’esistenza.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 2007Burgaretta S., Edicole votive ad Avola, in“Avolesi nel mondo”, a. 8, n.1, p.8.1990De Grada R., Uno scultore che puntagrosso: Francesco Caldarella, in Fran-cesco Caldarella. Sculture e monumenti,(Catalogo della mostra tenutasi aPalazzolo Acreide, 19 maggio – 2 giugno1990), Milano. 1985 Lombardo L., Il presepe della tradizionepalazzolese e i “pastori” di FrancoCaldarella, Palazzolo Acreide.1990Minguzzi L., Nota di presentazione, inFrancesco Caldarella. Sculture… cit.San Paolo, Lettera ai Romani, 8, 22-23.

Palazzolo Acreide, Monumento ai Caduti(foto U. Santoro)

Avola, Monumento al Carabiniere(foto C. Sirugo)

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Si trova già nelle librerie e nelle prin-cipali edicole l’ultimo libro di AngeloFortuna, pubblicato con il titolo Ac-cadde a Cava Grande, a cura del-l’editore Armando Siciliano di Mes-sina. Si tratta di un’opera fondamen-talmente narrativa, in quanto si pre-senta come una raccolta di ben venti-tré racconti, ai quali si aggiungonodue interessanti saggi finali.A parte questi due scritti, nel volume,racconti di memoria si alternano aracconti d’invenzione. I primi sonoframmenti del vissuto dell’autore;infatti consistono nella narrazione diesperienze significative che, apparte-nendo per lo più agli anni della suaadolescenza e giovinezza, si svolgonosullo sfondo della natia Avola. Iracconti d’invenzione, invece, sem-brano il più delle volte scaturire daun’idea, da un preciso intento moraleperseguito dall’autore, cui si adeguala sua fantasia che crea vicende esituazioni da narrare.Questo secondo gruppo di raccontisvolge nel libro un ruolo moltoimportante, non tanto per la consi-stenza numerica dei testi, quanto peril loro contenuto, perché l’autore sem-bra voler affidare ad essi il suo idealedi una scrittura che, dilettando, si pro-pone di educare il lettore, e in par-ticolare, un suo messaggio di amore,carità e solidarietà cristiana. E diumana pietà, vorrei aggiungere.Perché è il sentimento della pietàverso chi soffre a dare spesso avvioalla rinascita spirituale e morale deidiversi protagonisti dei racconti: essascioglie, intenerisce i loro cuori resiinsensibili dall’egoismo, dal narcisi-smo, dal prestigio della professione,dal benessere e dalle comodità delprogresso. È sentimento, la pietà,senza il quale non può esserci rin-

novamento dello spirito, anzi sembrarappresentare il primo e indispensabi-le passo verso la riscoperta dei valoridella fede: significativamente, illuogo fisico in cui spesso i personaggiapprodano dopo la forte scossa provo-cata dal sentimento della compas-sione è una chiesa; e il tempo in cuimatura l’esperienza “scioccante” è lanotte di Natale, che pertanto assume ilvalore simbolico di tempo di rinasci-ta, ovvero nascita di una nuova vitadell’anima.Nonostante la pregnanza del signifi-cato e la forza del messaggio cristianoche promanano dalla maggior partedei racconti d’invenzione, credo tutta-via che, sotto il profilo strettamenteartistico, le cose di maggior pregio diquest’opera di Angelo Fortuna vada-no ricercate nei racconti precedente-mente definiti “di memoria”. In essi,sorgente della narrazione non è più,infatti, un principio morale o religio-so, cui deve necessariamente, e avolte artificiosamente, adeguarsi la

fantasia dell’autore per creare unavicenda per così dire “edificante”,bensì un impulso più immediato espontaneo, comune a tutti gli uomini,indipendentemente dal loro credoreligioso o politico: il bisogno di ri-percorrere la propria vita, di riandarea quel tempo di ingenua felicità chesono stati gli anni della fanciullezza edell’adolescenza, per recuperare fattied eventi che hanno avuto un partico-lare significato, lasciando una tracciaindelebile nella memoria. Il passato,così, sembra emergere come una sortadi paradiso perduto, perché età deidivertimenti e della spensieratezzache non conosce ancora le preoc-cupazioni e i problemi dell’età adulta;perciò Fortuna non può ricordarlo enarrarlo senza una nota di rimpianto.È secondo questa chiave di lettura chevanno considerati quei racconti dimemoria nei quali l’autore si appas-siona nel narrare i pomeriggi e leserate domenicali che i ragazzi diAvola solevano trascorrere al cinema,

Un nuovo libro di Angelo Fortuna tra invenzione e memoria

“Accadde a Cava Grande”

di Salvatore Salemi

STOR

IALO

CALE

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Angelo Fortuna intervistato da Corrado Puliatti per Canale 8

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per vedere il tanto atteso film suTarzan, o le sgropponate, d’estate, inbicicletta lungo la faticosa salita e iduri tornanti che conducono ad AvolaAntica, o ancora certe abitudini deglialunni durante i tre quarti d’ora cheprecedevano l’ingresso a scuola, conla piazza di S. Antonio come sfondo:il ripasso dei compiti sotto la guidadel più bravo della classe; la passerel-la delle ragazzine che, arrivando allaspicciolata, erano oggetto dell’ammi-razione dei maschi; e poi la gioia diquesti ultimi per il fatto di ricevere ilsaluto dalle più carine, o la sorpresa divedere il compagno troppo timido maanche più bravo al fianco della ragaz-za più bella, con la conseguente scon-fitta dei più accreditati rivali. Il recu-pero dei fatti di una volta attraverso ilricordo è anche recupero di volti, dipersone che hanno lasciato traccia disé nella memoria dell’autore. Così èdato al lettore di vedere sfilare tra lepagine del libro tutta una serie di per-sonaggi a diversa caratterizzazione,tra i quali riescono certamente piùamabili quelli che, affiorando daglistrati più profondi della memoria,appartenendo cioè agli anni dellaprima adolescenza, si propongono inun ruolo positivo, in quanto interpretidelle idealità e dei valori umani, senon proprio cristiani, tanto cari aFortuna.Resterà indimenticabile la figura diquel povero netturbino avolese che èil protagonista del racconto Fatica.Egli contribuisce a far maturare iragazzi di scuola media, con i qualiriesce a familiarizzare, non solo amotivo del suo stato di povertà e disolitudine, che li indurrà ad una vera epropria gara di solidarietà, ma anchegrazie a quel suo buonsenso e a quel-la sua saggezza acquisiti attraversotante esperienze, per cui potrà darelezioni di vita a quegli alunni inesper-ti. Infatti, alla retorica del professoredi Storia, che rievoca in un’atmosferadi esaltazione l’entrata in guerradell’Italia nel 1915, che elogia glieroismi dei martiri italiani, che descri-ve come violenti e brutali invasori inemici austroungarici, lui che è incol-

to, ma che ha vissuto in prima perso-na l’orrore della prima guerra mon-diale, sa opporre una considerazionepacata di fatti e uomini, facendo sco-prire come la guerra sia, in fin deiconti, un dramma per tutti, anche peri soldati nemici, che anche loro sonogiovani mandati allo sbaraglio.La memoria che scava nel passatoporta alla luce non solo fatti e uomini,ma anche luoghi: si tratta di scorcidella cittadina di Avola, così veri ecosì facilmente riconoscibili, ma che,rivisti attraverso il ricordo, si offrononello stesso tempo al lettore comeavvolti da un alone mitico, soprattuttose l’azione umana ne ha poi stravolto1’aspetto originario. Ecco allora ilviale Lido, agli albori degli anniCinquanta, non ancora asfaltato néilluminato, così da essere avvolto lasera da un buio pesto; ecco la bellapiazza Umberto I divisa in zone d’in-fluenza dai suoi frequentatori. Ecconuovamente la stessa piazza centralee il tratto di corso Vittorio Emanuelecompreso tra le chiese di SanGiovanni e Sant’Antonio divenire, ladomenica di Pasqua, scena della“Pace”. Ecco poi la strada che saleverso Avola Antica con i suoi nume-rosi tornanti, con Ronchetto, sorta diterrazza dall’alto della quale si puòammirare uno splendido panorama, e

con la nota sagoma rocciosa CozzoTirone. Ecco Avola Antica con lachiesetta Santa Maria delle Graziecon la fattoria “Pica” e la masseria“Amatura”. Ecco infine, Cava Grande“custode — come nota Fortuna — deimillenni che rivivono perennementenegli echi misteriosi che, dal fondodella valle, si espandono lungo l’im-mane frattura e risalgono fino allacoscienza dei visitatori”. I racconti diAccadde a Cava Grande presentano,oltre a quelli già evidenziati, altriaspetti particolari che rendono la nar-razione ancor più mossa e variegata.Così è possibile imbattersi nel raccon-to di impronta pirandelliana o in rac-conti in cui questioni di ordine bioeti-co o sfumatamente politico vengonoaffrontate, sul piano narrativo, da unpunto di vista ben preciso, che è quel-lo di Fortuna come uomo di fede.Resta certo, comunque, che il megliodel libro è costituito dai racconti dimemoria, a fondamento dei quali stala nostalgia che, quale condizionedolorosa dell’anima per l’impossibi-lità di ritornare al paradiso perdutodegli anni della fanciullezza, dell’a-dolescenza e della prima giovinezza,può trovare sfogo e sollievo nel ricor-dare, nel narrare.

Palazzo di Città, il pubblico presente

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Avolesi nel mondo - Anno 9 n. 1 - Febbraio 2008

Due destini in gioco. Èsempre stato così traloro due, sin dall’adole-scenza, sin da quandospartivano lo stessobanco al Liceo di Avola.Due vissuti che hannoimprontato la loro vitasu binari differenti, perscelta e per vocazione,fino a condividere undisegno tanto unicoquanto lontano dallanostra culla d’origine, amigliaia di chilometri,nella terra dei cedri.In Libano, nel sud-ovest, a pochi chilome-tri da quel confine già mortificato dai colpi di mortaio e dibazooka, in quella lingua di terra in cui israeliani e palesti-nesi si fronteggiano, nella zona a sud di Tiro, tra le collinebrulicanti di villaggi, c’è Tibnin, il Comando della Brigata“Ariete”. Qui le case serpeggiano veloci, un pugno dicostruzioni moderne che punteggiano il territorio libanesetra le rovine in cui sono ancora presenti i proiettili sparatidagli israeliani. Hezbollah si distingue per la forte presen-za tra la popolazione; difendere le proprie abitazioni, il pro-prio terreno è un credo fortemente radicato, e la presenzadelle bandiere gialle e verdi e le foto dei martiri dissemi-nate in ogni angolo di questa fascia di terra ne sono la testi-monianza diretta. Ma come ogni credo intessuto a tramefitte nel cuore della popolazione locale, le scelte compiuteportano morte e spargimento di sangue.La politica fa fatica ad autosostenersi, è chiamata a realiz-zare scelte difficili che non riescono a soddisfare le mino-ranze etniche (sunniti, drusi, cristiano-maroniti da unaparte) dinanzi alla maggioranza musulmana, per eleggereun presidente della Repubblica che la costituzione imponecristiano-maronita. E il conflitto si amplifica, le contraddi-zioni aumentano, gli accordi sotto banco corrono velocicome le automobili che attraversano Beirut, senza regole esenza codici condivisi, nella speranza che un’intesa saltifuori all’ultimo momento.Qui a Tibnin c’è il compound che accoglie il Comando deimilitari italiani presenti in Libano. C’è un brulicare di forzeche provengono da mezzo mondo. Sembra quasi di vivere

in una realtà multietnica(francesi, spagnoli, slo-veni, ghanesi, coreani,giusto per citarne alcu-ni) che ha un obiettivounico: garantire il man-tenimento della pace.Sono definiti peacekee-pers, portatori di pace,secondo gli intendimen-ti già stabiliti dal-l’ONU con la risoluzio-ne 1701 del 2006, laquale impone la presen-za di una forza multina-zionale di pace nel terri-torio libanese.Ciascuno di loro due

svolge, all’interno del contingente italiano stanziato nelterritorio, compiti diversi, ma entrambi condividono lostesso fine. Rosario è il Military Security Chief, il capodella Sicurezza Militare relativa alla base e, in generale,per tutti i compound del contingente, disseminati nell’areadi competenza all’interno della Brigata. Come sempre, è dipoche parole e molti fatti, operoso e silenzioso. È stato cosìsin dai banchi del liceo, e la sua caratteristica principale èsempre stata quella di rimanere nell’ombra: vigile e atten-to a ciò che succede nell’ambiente, osservatore cauto, sen-tinella riflessiva, registratore attivo di umori e sensazioni,un abile percettore. Mai compito sarebbe potuto essere piùadeguato al suo stile personale: la garanzia della sicurezza,vagliata quotidianamente dall’accesso di mezzi e popola-zione locale, deve costantemente diventare certezza perl’incolumità e la salvaguardia del personale civile e milita-re che deve accedere all’interno della base, coperto, comesi può immaginare, da misure di sicurezza secondo gli stan-dard richiesti dall’ONU.A Tibnin si sono incontrati una sera di ottobre. Fabrizioattendeva quell’autobus che avrebbe accompagnatoRosario alla base. Sapeva già di quell’arrivo e l’aspettava.Si erano sentiti per telefono, erano consapevoli di quell’in-castro tra due brigate a Tibnin, quel passaggio di consegneche avrebbe consentito all’uno di condividere circa unmese di esperienza con l’altro, e l’opportunità, pur se sifosse voluta programmare preventivamente, non si sarebbemai realizzata così come è successa.

Due destini in gioco

di Rosario Basile e Fabrizio Demaria

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Rosario Basile e Fabrizio Demaria

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Fabrizio ha il compito di Psychological Support Officer,l’ufficiale addetto al supporto psicologico per le nostretruppe. È un incarico nuovo, di difficile innesto nella realtàmilitare. Qui ha cercato di farsi spazio, a fatica, di acquisi-re credibilità professionale, mantenendo la certezza delsostegno e garantendo ascolto, ad ogni ora e in ciascuncompound, girando come una trottola e condividendo finoin fondo i pezzetti di vita di ciascun militare professioni-sta. Ogni novità porta con sé incertezze, e la figura dellopsicologo, per sua natura, crea sempre attorno a sé un velodi diffidenza. Togliere questo velo ha rappresentato per ilsuo lavoro lo stimolo professionale da perseguire, senzaarrendersi, in modo infaticabile, e il feedback che i milita-ri che lo hanno conosciuto gli hanno dato, è stato già unpegno per avere svolto con dedizione il lavoro difficile chesi aspettava di compiere, prima con la Brigata Folgore, poicon l’Ariete.Qui si sono ritrovati, ognuno con la sua vita, a distanza ditempo ma senza perdere il contatto tra loro due. Le scelteprofessionali li hanno separati: l’Accademia a Modena perRosario, l’università a Roma per Fabrizio, ma il destino liha fatti rincontrare, per sentieri diversi, perché potesseroraccontare un’altra fetta di storia in questa porzione dimondo che mai, dai banchi di scuola, avrebbero un giornoimmaginato di compiere.All’ombra delle scelte dei potenti della terra e delle frondedei cedri, qui dove la gente cerca disperatamente la certez-za di una pace ancora fragile, hanno avuto ancora una voltal’occasione di rinverdire la sintonia che da più di un ven-tennio li accompagnava, ritrovandosi a parlare di loro duee di questa missione di pace, come puntini infinitesimalima con un incarico così importante per entrambi.Raccontarsi per raccontarci significa molto per loro, per lanostra comune patria, perché sono consapevoli che, cometutte le scelte coraggiose impongono, in punta di piedi enel loro piccolo spazio si sentono costruttori di pace;hanno trascinato il loro destino fin lì, per incontrare ciò chegli altri raccontano solo nei giornali, ovvero uomini che sinutrono ancora di speranze e di scarse garanzie per il futu-ro, portandosi nel cuore la disponibilità e la coscienza dichi può offrire il proprio operato senza aspettarsi nulla.Ora Rosario è ancora lì, Fabrizio è tornato a casa. Ciascunotrascorrerà un Natale diverso, perché diversi si ritorna daun’esperienza di questo tipo. Ora è tempo di essere perso-ne diverse.

Respiro nel silenzio

di Davide Manganaro

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Nella dimora del tempo immortale,l’ora sacra è scoccata e il cieloha spalancato le porteal mirabile splendoredel mare che stilla dai tuoiocchi, sotto la luce di un sorriso libero e solareche zufola nei chiari sfumati di un mattino,nel lucore confuso di raggi filtrati da chimere.E nelle armoniose atmosfere danzerà perenne il silenziospumoso del tuo cuore, nelle note di un canto di dolore,di un ambrato suono spalmato di miele.Ahi, misero destino che non hai ritratto la tua proffertaquando anelando, tra gemiti e queruli affanni,chiedevamo scongiuro, sotto calici di stelle,nelle notti d’amaranto che scendevano neldolce declivio oscuro delle verdi colline,tra le masse sfrangiate dei boschi,nello sfondo seghettato di cime;quando il fragore dell’acqua, inafferrabilenel suo continuo mutare, saltellando tra i balzie i sassi, in ogni attimo mutevole ma sempre uguale,suonava un concerto di note sibilline,fondendosi in mille voci e mille branial fruscio del vento, al cinguettio soave,al brusio dei rami...In te camminerà perpetuo il colore dell’alba che si dispiegaverso il mare, nelle tinte che mutano al fiorire del sole,nel fluttuare delle onde, nelle lune azzurredal quieto sussurrare.Udirti vivo tra il fogliame al limine del sentimento,nelle impronte dell’anima, della memoria, della fantasia,nelle trame difficili, nel dipinto di un’allegoria,nelle rondini che intrecciano il volo e seguono l’estate,nelle piume di un cigno, leggere e serrate,nelle pieghe di un abbraccio,nella mano aperta che ti salutamentre tu vai via.

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È terra bruciata

di Giorgio Morale

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È terra bruciata, questa, estrema periferiamilanese. Davanti la piazza, alle spalle lemacchine sulla tangenziale. Dentro, gelodi canonica. Stabile vecchio – volutamen-te povero, per dare l’idea della penuriadei mezzi. Di quegli spazi di cui unalunga tradizione ha perfezionato il model-lo. Angustia dell’ingresso, oscurità dellescale, lunghezza dei corridoi, locali tuttiuguali. Aggiungi la mano del tempo, pun-tuale dove manca la cura dell’uomo. Èquel che si dice: curare l’immagine. Nonc’è una targa dignitosa, d’inverno non c’èriscaldamento. Se piove, per terra nontrovi lo zerbino, ma carta di giornali.Tutto è coerente, tutto dice: siamo un cen-tro di volontariato. C’è da avere paura. Una volta Martinanon c’era, Ombretta idem; i volontari tar-davano, quelli in servizio civile erano giù.A un tratto le voci si sono affievolite. Unalbanese, non si sa come, è salito senzache nessuno lo vedesse. Teresa se neaccorge solo quando lo sente parlare. “Signora, io voglio un lavoro”. Alza gli occhi e si trova davanti centocin-quanta chili che le fanno ombra. Gli spie-ga che deve tornare nel pomeriggio ecompilare una scheda. Ma lui insiste. “Io non voglio compilare la scheda,voglio un lavoro”. “Io sono la segretaria” fa Teresa. “Nonsaprei neppure che lavoro darle”. Lo sente dire “Io sono un albanese” comese fosse una minaccia. Finge di non cogliere l’intenzione e dice:“La mia risposta non cambia. Noi cer-chiamo lavoro anche per gli albanesi.Però deve tornare più tardi”. Nel frattempo, non sapendo cosa fare,riordina le carte. Di punto in bianco, l’al-banese le dice: “E se le dico che l’ammazzo?”. “Faccia pure” dice lei – e intanto le tre-mano le gambe. “Se lo deve fare, lo fac-cia subito, perché se aspetta io ho paura emi metto a urlare”. Quello se n’esce con un “Lei è una stron-za” e se ne va. Quando non l’ha più visto, Teresa è corsain bagno, se la faceva sotto. Poi si è affac-

ciata alla finestra. “L’affollamento metropolitano è unafavola” si è detta. A vista d’occhio, era l’unico essereumano. È un posto dimenticato da Dio,questa piazza, con case fuggiasche intor-no. Alcune già dismesse, altre in disarmo,altre con la vita artificiale dei posti abita-ti in orario d’ufficio. Tra una casa e l’al-tra, lotti invasi dall’erba, mentre lesopraelevate prolungano la città…

* * *Ce n’è per tutti: accogliere stranieri, com-pilare schede, cercare lavoro. Chi sta allaCasa, chi all’ambulatorio, chi ai corsi. Etanta manovalanza: caricare e scaricarepacchi, fare consegne. Di alimenti e vesti-ti. A volte mobili, arredamenti, elettrodo-mestici. Bisogna aiutare a mettere sucasa. Chi, come Ilio, studia economia, dàuna mano nei conteggi. Ico e Ale inseri-scono i dati al computer, Dario rispondeal telefono.Ilio è preciso, perfino noioso, già tuttoprofessionale: il taglio di capelli, gliocchiali, il borsello. Cerca compiti di pre-stigio, privilegi. In sua assenza, è l’unicoautorizzato a rispondere al telefono diMartina. Sempre puntuale, preciso, rassi-curante nelle azioni – nei silenzi inveceinquietante. Non vedi un’ombra che glioffuschi il volto, non gli leggi uno statod’animo. “Ilio”, gli ha domandato una volta Teresa,“tu non ti arrabbi mai?”. Lui ha risposto che odia le discussioni.Quando qualcuno litiga, a casa, si chiudein camera e tiene la radio a tutto volume. Ico lavora tanto e non chiede niente, perquesto nessuno lo calcola. Chi gli passadavanti, chi gli passa dietro, ma tutti sem-brano non vederlo.

Ale dice che deve inserire dei dati.Accende il computer e ci si siede davanti,con un piglio che avverte: “Solo io e ilcomputer, al mondo”. Poi va a fumare tresigarette. Poi torna e dice che sarebbebene impostare un programma che fun-zioni per tutti i dati. Uno dice: bene, que-sto guarda al futuro. Senonché lui spegne

il computer e pensa a come sarebbemeglio fare. “Non posso” dice, se gli rivolgi la parola,“il mio cervello è occupato in altro”. E agita una mano, per scacciare l’interfe-renza. Dario, lo si riconosce subito: capelli acespuglio, un’aiuola coltivata male.Capace di mandare al diavolo una perso-na, se la voce gli è antipatica; come diflirtare con la bella eritrea e di dire a uno“Per te non c’è lavoro”, se non gli garbala sua faccia. Fra poco: l’invasione; il corridoio zeppo;una fiumana. Certe donne, Teresa le fasedere nel suo ufficio – alcune d’estatenon ce la fanno, fra tanti, al caldo, in quelbudello senz’aria. Nei primi tempi, tanti,così neri, non li distingueva. Adesso èdiverso. Le somale arrivano vociando. Imusulmani stanno muti al loro postoaspettando il turno. Qualcuno urla e stre-pita e pretende – ma in genere non succe-de. Martina arriverà tra le undici e mezzo-giorno. Trafelata, per far vedere che hafatto di corsa e che prima non è potutavenire. Si metterà a fare tre cose insiemeper recuperare il tempo perduto. Poi diràdi fare una cosa e dopo di fare il contra-rio. Non si ricorda nulla. Un po’ è il dia-bete, un po’ è lei ch’è fatta così. È la vice-presidente. Alta, con lo chignon, con solodue denti sotto, tipo capitan Trinchetto.Seria, dura, esecutiva. Gli obiettori lachiamano l’Ambrogina, perché le è statoassegnato l’Ambrogino d’oro. È unadonna di grande volontà. Le stava moren-do il marito e lei era accampata al Centro.È vero che il marito era una piattola: glifaceva male la testa e chiamava l’ambu-lanza. Ma lei non si faceva impressionare: “Gli ho dato la mia vita. Che si curi unpo’ da solo”.Però, quando è morto, ci teneva a dirlo: “Meno male che ero presente”.E in un momento di confidenza l’haammesso:“Avrei potuto sposare solo lui. Nessunaltro avrebbe potuto vivere con me”.

* * *

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Vanna fa la spola fra questure e consolatie al Centro approda al pomeriggio tardi,con l’aria di chi dice “Capitano tutte ame” – ma non si sa mai con precisione seviene o no. È introversa e nessuno le cavaniente di sé. All’inizio il clima al Centroera meno ossessivo e anche Vanna era piùrilassata, rideva persino. Il suo conflitto principale è con Martina;il suo timore, essere sottovalutata. PerVanna il lavoro è sacrificio – per compie-re il bene devi soffrire, rimetterci qualco-sa di tuo. Il massimo del masochismo èlavorare di domenica. Spesso denunciaun’emicrania, ma rifiuta qualsiasi leni-mento.“Vuoi una pillola? Un’aspirina?”.Macché! Meglio bere fino in fondo l’a-maro calice.Vanna ha sempre osteggiato il lavorodomestico come collocamento per stra-nieri. “Non possiamo mandare tutti gli uomini afare le pulizie” dice. Martina ribatte:“Allora è meglio il lavoro nero?”.Poi l’accusa: “Non troverai altro. La tua idea è perden-te”. E dilaga: “Cara grazia che queste persone abbianola possibilità del lavoro domestico.Dovrebbero leccarsi i gomiti”. Guai a tentare di sollevare il livello dellacollocazione. Guai a proporre un corso ditaglio e cucito.Il Presidente la stuzzica.“Di che ti preoccupi. Tanto, anche sedicono che puliscono, non lo fanno.Spostano le cose, le mettono fuoripostoper far vedere che ci sono stati. Tutto lì”.

Vanna si è chiusa a riccio, non dando con-fidenza a nessuno. Diritta per la sua stra-da. Con rapporti che nessuno conosce.Anche quando il Presidente la cerca, lei sifa negare. Il Presidente non si dà per vintoe propone a Teresa di sbirciare nei casset-ti di Vanna.

“Per me sarebbe una cosa mooolto inte-ressante” assicura. “Manco morta” gli fa Teresa. Con la benedizione di Martina. “Giusto, ci vuole etica nei rapporti”.Poi provvede la stessa Martina al control-lo. Ovvio che non ne cava niente, giacchéVanna non si fida e porta tutto con sé.Ogni spostamento è un trasloco, per lei.Vanna ha la fama di essere una che allesette di mattina è già verticale di frontealla questura e dalle sette alle quindici hagià sistemato mezza immigrazione.Ovviamente questa è una congettura, per-ché lei non fa relazioni. Se qualcuno ledomanda: “Non ti ho vista in questura.Come mai?”, lei si sorprende: “Un’altra volta avvisami prima.All’ultimo minuto ho avuto un contrat-tempo”. Né c’è modo di verificare. Anche con gliappuntamenti in sede è così. Si presentauno straniero e dice di avere un appunta-mento con lei alle sedici. Lei si fa vivaalle diciassette e ribatte: “Sì, ma alle sedici di due giorni fa. Quimanca il senso del tempo”. Oppure: “Come, il Comune richiede l’elenco delleassunzioni? Se l’ho spedito da una setti-mana!”. Invece non l’ha spedito. Non può esibirela ricevuta. Ma lei non si perde d’animo: “L’ho persa. Anche il Comune perdetutto. Sai com’è. La burocrazia… l’entepubblico… Non posso farci niente”. È quella la sua forza: la coerenza nellamenzogna. Neanche se qualcuno lacogliesse con le mani nel sacco, confesse-rebbe. Chi le è stato messo accanto non èsopravvissuto. Niente che le vada bene.Dice una cosa e ne fa un’altra. Si gira ediventa un’altra persona…(Tratto dall’inedito A casa di dio)

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Nuvole

DaFrammentidi luce

Speranza

di Corrado Bono

Mi piaccionoi giorniquando ci sonole nuvole;dietro,io so,il sole le abbaglia.

Umida sporgo la boccaE, dopo tanti anni,una speranza di veritàmi disseta in un’oasidell’umana facoltà.Spira il vento,mi giunge sabbiaa dirmiche sono nel deserto, che fiorirà,che sta fiorendo,che è fiorito.

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Il maestro e l’apprendista

di Giuseppe Caruso

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Non ho mai capito, sebbene non m’interessasse veramentevenirne a conoscenza, il rapporto esistente tra Dante Alighieried Ugo Foscolo, tra Giuseppe Giusti, Giosuè Carducci,Giacomo Leopardi ed Alessandro Manzoni.Eppure erano quelli gli autori preferiti di cui io e il prof.Sebastiano Andolina ripetevamo spesso i versi più belli e piùfamosi.Era diventato, ormai, dopo tanti anni, quasi un rituale. “Primadella visita medica c’è la letteratura”, ci dicevamo furtiva-mente quasi volessimo rubare un tempo ed uno spazio allamemoria e custodire poi gelosamente quella preziosa refurti-va. La recita dei versi era un tentativo, che ogni volta comun-que ci riusciva perfettamente, di rievocare i turbamenti, diricordare la pelle d’oca, di gustare la musicalità di epoche anoi molto lontane.Entrambi, ultimi disillusi menestrelli di strofe a memoria, seb-bene divisi da mezzo secolo di storia, eravamo accomunati daun’unanime sensibilità. Strana coppia la nostra: da una parteil novantenne ammalato e dall’altra il suo geriatra, da unaparte il maestro e dall’altra l’apprendista, da una parte il poetae dall’altra il sognatore: lo scalpello, il martello ed il mazzuo-lo erano per noi le rime, le assonanze e le allitterazioni.Possedevamo una licenza poetica inconsueta. Non ci bastava,infatti, poter accostare, impunemente, il “ma” con il “però” oil “mentre” con il “che”, osavamo di più, il nostro ardire cispingeva ben oltre! Sapevamo, con maestria, alterare i ritmidel tempo e stravolgerne la cronologia, ridisegnare i confinidelle regioni e confonderne le etnie.Ora, rivivendo quelle emozioni, non comprendo se emulava-

mo di più le fantasiose digressioni geografiche di un JoséSaramago o le intricanti vicende storiche di un Gabriel GarciaMarquez.Con la consapevolezza di essere liberi da vincoli e da condi-zionamenti ci abbandonavamo nelle nostre citazioni: semprele stesse, ma con un ordine che ogni volta mutava senza unaragione e senza un perché. Era un revival di strofe e di rime,di terzine e di endecasillabi.Era bello, e finanche spiritoso, far incontrare a Zacinto ilcenere muto del fratello Giovanni con il conte Ugolino coltoalla sprovvista mentre sollevava la bocca dal fiero pasto. Eraspassoso imbattersi a Bolgheri, tra i cipressi alti e schietti, conBeatrice benignamente di umiltà vestuta e con Virgilio sor-preso nel momento in cui anticipa a Dante il suo umile parti-re. Ci divertiva un mondo volgere il pensiero in tutt’altre fac-cende affacendato al fulmine di Napoleone che tenea dietro albaleno, o far tornare alla memoria Paolo e Francesca nellaloro triplice dichiarazione d’amor. Ci rasserenava, poi, prega-re la Vergine Madre, figlia del tuo figlio, che consolava lanostra inutil vita.Con la parola claudicante e incespicata, sbavando il suo ini-ziale parkinsonismo, il prof. Andolina, dopo una momentaneaesitazione, mi seguiva con i versi a lui ben noti. Era come neiquiz televisivi ove i concorrenti, ascoltando le prime due notedi un celebre brano, per vincere, debbono prontamente pre-mere il pulsante, certi di aver indovinato il titolo. Nel mezzo..., Quel ram ..., Forse perché ..., Passata è ... e l‘elencopotrebbe ancora continuare!Era un’ipocinesia della memoria: il prof. Andolina aveva dif-

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ficoltà a partire ma, poi, imboccata la strada, era celere nellaripetizione: con il baricentro spostato in avanti era incapace,alfine, di fermarsi nella interpretazione di Farinata degliUberti o nel pianto dell’addio, monti sorgenti dall’acque.Il riandare a ritroso era accompagnato dal gesticolio del suoindice della mano destra che oscillava dall’alto in basso conmovimenti lenti e irregolari, ora impennandosi nella replica diun celebre verso, ora ammainandosi quando le rime diventa-vano più monotone e meno note al pubblico infedele.Quel dito tremolante mi faceva ripensare al periodo in cui erastato maestro elementare. Anche allora, in un’epoca che stavaa cavallo tra il fascismo e il periodo post-bellico, imparò arecitare versi e ad insegnare ai suoi allievi l’amore per la let-teratura. Me lo rivedevo così, come in quella gigantografiadegli anni Cinquanta appesa sulla parete più lunga del corri-doio del suo appartamento, al residence “Pantanello”.Assessore comunale alla pubblica istruzione, insieme allealtre autorità, era in processione nella Peregrinatio Mariaedella statua della Madonna della Scala, con il portamentoeretto e con lo sguardo sicuro ed ironico, dietro all’effigie diCristo in Croce. Accanto a Lui vi riconoscevo il dott. Giu-seppe Carpano, allora sindaco della Città, austero ed allegrocome sempre, e mio zio Paolo Mazzone, sindacalista cislinoe giovanissimo consigliere comunale, com’è adesso, stempia-to e con la risata generosa e piena. Lui, il prof. Andolina, erail maestro elementare, era il poeta!Ora, dopo che il nostro duetto si è sciolto, il dialogo ha lascia-to il posto al soliloquio. Così, di tanto in tanto, dopo ancoraun anno dalla sua dipartita, ripeto a me stesso i medesimiversi e le identiche rime che recitavamo insieme. Il nostrosodalizio in me ha lasciato il segno!Con quella noncuranza ormai più volte sperimentata e conquel disdegno verso l’impietoso giudizio di letterati insoffe-renti, a Dante, al Manzoni e al Leopardi, ardisco associareanche l’Andolina.Dell’amico poeta, con cui ho rivissuto i sogni liceali, ripeto –a memoria s’intende – i versi che mi piacciono di più, i suoipiù belli: Se, al mar, passeggerai sulla riva/ e contemplandoandrai 1’onda turchina,/ col cuore acceso d’una,fiamma viva/a te mi mostrerò, mia bella Olina,/ e farò d’alghe e di lattu-ghe un viale/ perché tu passi, come Teti, altera/ e non ti fac-cia al pie’ la sabbia male/ e l’onda non ti sfior della riviera./E se Zefiro, pur d’amore acceso,/ vorrà il tuo viso carezzar,/da quell’amor conteso non ti farò sfiorar.

L’ospedale di Avola, prima di essere accorpato a quello diNoto, figurava al II posto fra i migliori presidi ospedalieridella Regione Siciliana, che avevano erogato nel 1995 pre-stazioni sanitarie di maggiore complessità. Nell’anno 2002,in seguito all’accordo sul Piano di Rifunzionalizzazionedell’Ospedale Avola-Noto, firmato a Palermo il 2 settembre,le Divisioni di Ortopedia, di Ostetricia e Ginecologia e diPediatria vengono trasferite all’ospedale di Noto: ad Avolarimangono le Divisioni di Medicina, Chirurgia, Oculistica,Otorino e Psichiatria. Le Unità Operative di nuova istituzio-ne (Cardiologia con UTIC, Rianimazione, OncologiaMedica, Nefrologia e Emodialisi, Chirurgia Oncologica,Urologia, Riabilitazione e Lungodegenza) previste dalsopraddetto Piano, a distanza di più di cinque anni, nonsono state ancora attivate. Sono stati però spesi circa diecimilioni di euro per l’adeguamento delle strutture e per leattrezzature. La sanità pubblica nella zona sud viene cosìridimensionata mentre vengono potenziate la zona nord e lacittà di Siracusa con l’ampliamento delle convenzioni con ilServizio Sanitario Nazionale delle Case di Cura private. Siviene a determinare così quella condizione che il rapportofra posti letto per acuti nel settore privato rispetto al totaledei posti letto diventi, nella provincia di Siracusa, il più altodella Sicilia. Tutto ciò crea notevoli disservizi e fuga di rico-veri verso altre strutture ospedaliere. Nel luglio del 2007, a causa della carente assistenza sanita-ria, si costituisce ad Avola un “Comitato per la difesa deldiritto alla salute” di cui fanno parte il Comitato “RitaBorsellino”, il Consiglio Pastorale cittadino, l’AFI, ilCircolo ARCI, la Federazione Verdi, l’Associazione Super-Abili, Acqua Nuvena, l’associazione culturale “Gli avolesinel mondo”, l’associazione turistico culturale “AvolaAntica”, l’AVO, la Consulta comunale femminile, laConsulta comunale per le politiche giovanili, la Società del-l’allegria, l’AIDO, l’associazione Hybla Junior e i ConsigliPastorali di Pachino, Rosolini e Noto. Il 17 agosto 2007viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della RegioneSiciliana il cosiddetto “Piano di Rientro”. Esso nasce daldato oggettivo che, negli anni, la Sicilia ha accumulato, perquanto riguarda la sanità, un deficit di oltre due miliardi dieuro. Lo Stato, attraverso i Ministeri dell’Economia e dellaSalute, ha offerto alla Regione la possibilità di ripianarequesto debito a patto che la Regione stessa si impegni aintraprendere tutta una serie di azioni di contenimento dellaspesa, peraltro concordata con lo stesso Stato. In virtù delsopraddetto “Piano di Rientro” viene disposto il congela-mento dei posti letto per acuti non attivati. Si rimette allora

Una scolaresca degli anni Cinquanta

Un ospedaleper la Zona Sud

di Sebastiano Munafò

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in discussione l’attivazione dellenuove unità operative dell’Ospedale diAvola – Noto e il Comitato, oltre alleazioni di sensibilizzazione dell’opinio-ne pubblica, promuove, il 27-10-2007, presso il Salone “Don Bosco”,un’Assemblea Pubblica sul tema“Sanità Pubblica: Ospedale Avola -Noto” in cui si decide di organizzare,per il giorno 10/11/2007, nelle duecittà, un corteo cittadino di protestache, partendo dal Palazzo di Città, rag-giunga il Presidio Ospedaliero. Al cor-teo di Avola partecipano più di 2000persone che sfilano in maniera ordina-ta e democratica unitamente al sinda-co, dott. Antonino Barbagallo, e a rap-presentanti delle istituzioni delle dueCittà. “La gente man mano che il cor-teo sfilava lungo il corso VittorioEmanuele si aggiungeva quasi incre-dula perché il muro dell’indifferenzaera stato abbattuto. Anche anziani con

il bastone o la bicicletta si sono acco-dati. Molti gli studenti, che con slogane a suon di musica hanno animato lamanifestazione. In testa al corteo unabara simboleggiante la morte dellasanità pubblica”(La Sicilia 11-11-07).A conclusione di tale manifestazione,nel parcheggio dell’ospedale di Avola,il sottoscritto, in rappresentanza delComitato, salito su un palchetto di for-tuna (la motoape che guidava il cor-teo), dopo aver chiarito i termini dellarivendicazione (l’attivazione dei nuovireparti, peraltro già realizzati nellestrutture e complete di attrezzature, macongelate dal piano di rientro) ha sol-lecitato l’intervento dell’assessoreregionale alla Sanità, dell’AUSL n. 8,della Conferenza dei Sindaci dellaZona Sud della Provincia e del Pre-fetto. In questi giorni è in corso, nei cinqueComuni della Zona Sud, una raccolta

di firme per una petizione per la tuteladel diritto alla salute.In conclusione è indispensabile per icentomila abitanti della nostra zona,che aumentano notevolmente nel pe-riodo estivo, che venga realizzato alpiù presto il Piano di rifunzionalizza-zione dell’Ospedale Avola-Noto, nel-la speranza che in un futuro non tantolontano le Unità Operative finalizzateal trattamento delle emergenze e deglieventi acuti vengano allocate in un’u-nica struttura ospedaliera facilmenteraggiungibile. Tutto ciò contrasta conla situazione attuale, in cui esistonodue mezzi ospedali, distanti tra loro ecarenti di unità operative fondamenta-li come la Cardiologia con l’Unità diterapia Intensiva Coronarica (le malat-tie cardiovascolari sono la prima causadi morte) e la Rianimazione.

Il corteo sotto il Palazzo comunale - foto tratta dal sito www.consultagiovanile.com

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La poliedricità artisticadi Nino Carbè

di Giuseppe Giallongo Cravè - Immagini tratte da www.ninocarbe.com

Una sera del mese di ottobre, miocugino Salvatore Gravè, telefonadagli Stati Uniti, chiedendomi seconoscessi Nino Carbé e se fossimoparenti (data la confusione causatadagli impiegati dell’anagrafe delComune alla fine del XX secolo, conil cognome Cravé e Carbé e successi-vamente tra Cravé e Gravé, troppolunga da raccontare in questa occasio-ne). Alla mia risposta negativa e sot-tolineando che siamo da secoli Cravée non Carbé (Carveni e Carbeni), ini-zia così a raccontarmi che, navigandosu internet, aveva letto in un sito diartisti statunitensi notizie biografichedi Nino Carbé, artista nato ad Avola,in Sicilia, e morto in America.Quindi suggerisco di scrivere a Gra-ziella Schirinà presidente dell’As-sociazione “Gli Avolesi nel Mondo”per evidenziare questo figlio dellanostra patria.Nel frattempo inizio una ricerca suinternet e negli uffici comunali peravere maggiori informazioni su Anto-nino Carbè detto Nino.

Nino Carbè nacque ad Avola il 7marzo del 1909 alle ore 1,07, in viaNino Bixio 38, da Corrado (28 anni)contadino, ed Emanuela Tiralongo,casalinga. Subito dopo la nascita diNino, a causa delle ristrettezze econo-miche, con le prospettive di un futuromigliore, il padre emigrò negli StatiUniti.Nel 1912 la madre e Nino partironoper 1’America e, dopo una lunga edura navigazione, approdarono adEllis Island negli Stati Uniti, perricongiungersi al padre che li attende-va.Per le spiccate capacità artistiche, sindall’adolescenza Nino studiò arte conWilly Pogani, e nello stesso tempodipingeva per contribuire al manteni-

mento della famiglia e con successointraprese anche lo studio del violinoclassico. All’età di 16 anni e nei dueanni successivi studiò arte nel presti-gioso Cooper Union.

Il suo primo debutto nel campo delleillustrazioni avvenne a New York,all’incirca all’età di venti anni, con leseguenti illustrazioni: “Racconti dellenotti arabe” (Tales of the ArabianNights) del 1930 edito da EdmondRostand, “Cyrano de Bergerac” del1931 edito dalla Three Sirenes Press,“Frankestein” del 1932 edito dallaEditions Company, (quest’ultimaopera sembra essere la prima versioneillustrata dell’opera classica di MaryShelley del 1831).In quegli anni lavorò per la ColumbiaPictures Art Department dove appresela tecnica dell’airbrushing (tecnicadel chiaro scuro o nebulizzatore delcolore), e nel frattempo imparò l’artedel batik ovvero stampa su tessuto.Nel 1936 Nino Carbè si trasferì inCalifornia, dove in brevissimo tempoper le sue capacità artistiche e lavora-tive attirò l’attenzione di Walt Disney,col quale iniziò la collaborazione,pagato in rapporto alla quantità dilavori in airbrushing.Nel 1940 completò dei lavori per“Fantasia”. Disney, notando la suabravura artistica e tecnica, lo spostònegli Studios a Hyperion nel distretto

di Los Feliz a Los Angeles, nel setto-re dove si elaboravano gli sfondi“backgrounds” e le sequenze delleimmagini “storyboard”. Carbè lavoròdal 1938 al 1946 su alcuni classicifilm animati come “Fantasia” (1940)dove, oltre allo sfondo, creò la prugnacaramellata che appariva dalla monta-tura pubblicitaria, “Bambi, Pinocchio,Make Mine Music, Dumbo, VictoryThrough Air power” (1943); “DuckPimpless e Canine Patron” (1945);“Pluto’s Kid Brother e The PurloinedPup” (1946) e molti altri lavori.Rilevante anche l’illustrazione delclassico di Norman Wright “GoldBook Chip Chip” nel 1942. Durantela Seconda Guerra Mondiale, in unamostra di collaborazione inter-studio,Disney prestò il talento di Carbè allaWalter Lantz Studios per il film“Armed Services Medical Training”.Nel 1947 ritornò a New York; la suaabilità artistica emerse nella suapoliedricità con ottimi risultati.Riprese ad illustrare libri per bambini,disegnò tessuti e creò cartoline natali-zie per alcune compagnie come laAmerican Artist e per il Book of theMonth Club.Carbè nel 1964 lasciò New York eritornò a Los Angeles negli studi dellaWalt Disney e qui rimase fino al 1966ovvero fino all’anno in cui morìDisney. Durante questo breve periodolavoro su alcuni film come “Il Librodella Giungla”.Quindi ritornò a lavorare per gli studidella Walter Lantz e si dedicò a carto-ni animati come “Woody Wood-pecker, Chilly Willi e The BearyFamily”.In questo periodo iniziò a collaborareanche alla serie di 51 episodi “L’Uo-mo Ragno” (Spiderman) della KrantzParamount (1967-1970).Dopo la chiusura degli studi di Lantz,

PERS

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GIO

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iniziò a collaborare sia per HannaBarbera, realizzando “The all NewSuperfriends hour” (L’ora di tutti inuovi Super Amici, 1977); sia per laFilmation nella realizzazione di “He-Man and the Master of the Universe”(He-Man e i Signori dell’Universo,1983); sia per De Patie-Freleng; feceanche molti altri lavori di collabora-zione esterna. Dal 1969 al 1983 colla-borò esattamente per la realizzazionedi 31 backgrounds, tra questi moltoconosciuti anche in Italia sono “Meta-morphoses” (Metamorfosi) nel 1977,un classico perduto nella versione ori-ginale della Sanrio Productions. Nel1978/80 lavorò sugli effetti speciali,

scenari e grafica per la versione del“Il Signore degli Anelli” di RalphBakshi e nel 1985 lavorò nella versio-ne animata di “Flipper e il Mini-Hunas” (Flipper e il Piccolo Vandalo).Oltre ai lavori di collaborazione con ivari Studios di animazione americanaper film e televisione, trovò anche iltempo per creare e realizzare opere divario genere, mettendo a frutto tuttociò che aveva appreso nella perfezio-ne e nella ricerca artistica, fino ai suoiultimi giorni di vita. Figura moltopoliedrica in vari campi, assai dotata,ha lasciato una vasta produzione arti-stica. Sempre pronto ad apprendere lenovità, come dimostra il fatto cheall’età di ottant’anni volle imparareanche l’arte della serigrafia da VictorSanchez, realizzando una tiratura li-mitata del suo lavoro in acrilico di“Frankestein”. Nel frattempo realiz-zava sciarpe in batik, disegnava e rea-lizzava mobili e abiti.Dipinse con colori acrilici, ad olio econ acquerelli, disegnò a penna,pastello e carboncino. Realizzò persi-no una scultura in bronzo ispirata adun suo dipinto “Death Rides”, con cuivolle rappresentare la morte nell’attodi uno che monta a cavallo. Ammi-revoli e di ottima tecnica le naturemorte realizzate ad olio, dove rappre-

senta con colori caldi frutta e ortaggi,con riferimenti pure a particolarioggetti caratteristici della nostraSicilia.Il 22 febbraio del 1993 è il giorno incui, nella città di Los Angeles (USA),Nino Carbè cessa la sua attività terre-na ed artistica.

Ecco un altro figlio di Avola nelmondo, fino a ieri sconosciuto allamaggior parte dei suoi concittadini,ma che emerge tra i tanti artisti ame-ricani del XXI secolo.Ringrazio Salvatore e Giuseppe Gra-vè per aver fatto conoscere questonostro concittadino e Corrado DiMaria per la traduzione del testoinglese.

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Fin dai tempi più antichi gli uominihanno trovato nelle piante dellepotenti alleate per curare le loromalattie. Ancora oggi molti animali, anche car-nivori, ricorrono alle erbe per curarei loro disturbi.Il secolo trascorso è stato quello dellachimica e i farmaci naturali estrattidalle piante sono stati sostituiti damolecole di sintesi che, pur curando,hanno manifestato notevoli e diffusieffetti collaterali; in questi ultimi anniperò si è verificata un’inversione ditendenza, e sempre più persone sistanno orientando verso terapie alter-native. Perché?Il fitocomplesso correttamente otte-nuto non dà effetti collaterali; ha anziun’azione sinergica ed equilibrata, nétroppo lenta né troppo veloce. I pochifallimenti della terapia con le erbesono dovuti ad errato trattamentodella droga. In Italia esistono circa trecento pianteche hanno proprietà terapeutiche. Neproponiamo alcune presenti nelnostro territorio, visibili nelle nostrecampagne e anche nei nostri giardini.Si dà inoltre, di seguito, un glossarioper rendere più facile la comprensio-ne dei termini, ove il lessico specificorisultasse poco chiaro.La scelta è caduta su tre tipi di erbe, laparietaria, l’acetosella e la cicoria,perché, data la presenza costante, sene approfondisca la conoscenza attra-verso le caratteristiche e le proprietàspecifiche.

La parietaria Nome botanico: parietaria officinalis.Famiglia: urticaceae.Nota come “erba vento” poiché sitrova spesso attaccata alle pareti diruderi o sui muri o rocce, in ambiente

umido, e viene sbattuta dal vento.È detta anche “erba vetraiola” poi-ché con essa si pulivano i bicchieri.È una pianta commestibile, le cuifoglie tenere si possono aggiungereall’insalata o si possono consumarelessate e passate in padella (nella cot-tura però alcune proprietà si perdono).Caratteristiche somatiche:- ha le foglie provviste di picciolo e

margine intero, con la superficiesuperiore lucida e quella inferioreprovvista di uncini con cui si attac-ca alle pareti;

- matura fiori maschili, femminili edermafroditi che si presentano am-massati sullo stelo, sotto l’attacca-tura delle foglie, in glomeruli;

- l’impollinazione è crociata poichéla loro maturazione avviene intempi diversi;

- alla fioritura il fusto assume un’in-confondibile colorazione rossastra;

- la droga si trova nelle parti aeree:fusto, fiori foglie.

Proprietà terapeutiche:- al mattino a digiuno è diuretica e

dimagrante un’ora prima dei pasti;- è mineralizzante poiché contiene

Fe, K, Na e Ca;- i suoi cataplasmi sono utili in caso

di osteoporosi;- contiene vitamine A e C;- massaggi con olioliti a base di

parietaria si usano per evitare la rot-tura di capillari superficiali e per

migliorare la microcircolazione;- cura i processi di cattiva circolazio-

ne periferica (gonfiori delle gambe,geloni);

- è un anticellulite poiché accelera lapermeabilità vasale;

- contiene (anche se in misura minoredella piantagine) mucillagine ed èperciò un antinfiammatorio che puòessere usato in caso di prurito aller-gico, acne di pelli secche, gengivitio piorrea;

- buona in caso di cistite.In cosmesi:- è tonificante per la pelle;- è delicatamente astringente e si usa

in caso di couperose;- serve per preparare delle maschere

cosmetiche.Come si estrae il fitocomplesso:Le foglie della parietaria sono moltodelicate per cui si consiglia una “infu-sione breve”. In una tazza mettere uncucchiaio di droga fresca o secca smi-nuzzata ed aggiungere acqua bollente;dopo 10/15 minuti, filtrare bene.

Acetosella Nome botanico: oxaliis pes capris.Famiglia: ossalidaceae.Detta “trifoglio” si trova a latitudinitemperate in foreste a latifogli o coni-fere ombreggiate e umide. La droga sitrova nella pianta fresca in fiore. La

Le piante che curano

di Antonina Barone

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pianta, commestibile anche in insala-ta, è ricca di acidi organici (ac.Ossalico) ed è molto usato in cosmesiper scollare le cellule morte dal corpo.Come si riconosce:- ha sullo stelo tre foglie a forma di

cuore ed è di sapore acidulo;- i fiori, che possono essere gialli,

rosa o bianchi, hanno cinque petali,gambo ramificato e baccelli chescoppiano al tocco.

Da non confondere con il trifoglio“erba medica” che ha sapore dolcia-stro, tre foglie non a forma di cuore efiore composto.Principi attivi: ac. Ossalico ed ossala-ti alcalini.Proprietà terapeuticheUso esterno: leviga la pelle, brucia leverruche, blando disinfettante, astrin-gente, tonificante come l’acqua dirose o di amamelis.L’acqua di acetosa serve per gargari-smi.Uso interno: azione antiemorragica a

livello gastrointestinale (nei coliticicronici con anemie silenti), disinfet-tante gastrico, efficace in caso didebolezza del metabolismo, scorbuto(avitaminosi), malattie del fegato epredisposizione a calcoli renali.L’acqua di acetosa, assunta durante il

pasto, è digestiva.

Cicoria Nome botanico: cichorium intybus,Famiglia: asteraceae.Nota come cicoria selvatica o radic-chio selvatico, è pianta ubiquitaria:prati, campi, mari e monti.Come si riconosce:

- è pianta erbacea biennale o perenne; - ha radice a fittone grigio – giallastro

esternamente e bianco internamen-te;

- il fusto può arrivare al metro e siramifica dal basso dove è ricopertoda petali setolosi;

- le foglie basali sono picciolate, lan-ceolate con margine roncinato, lefoglie caulinari sono piccole, lan-ceolate e sessili.

I fiori sono dei capolini di coloreazzurro e sono ermafroditi che siaprono al mattino e si chiudono lasera o dopo la pioggia. La droga sitrova nelle radici e nelle foglie.Proprietà terapeutiche:Stimola l’appetito, regola le funzionidi intestino, fegato e reni, favorisce lasecrezione di bile e la diuresi, disin-tossica, depura e migliora l’aspettodella pelle.Principi attivi: amari, sali minerali(radici), ac. dicaffeiltertarico.

Glossario Antiemorragica: si dice di una droga che ha il potere di fer-mare il sanguinamento.Cataplasma: applicazione di foglie fresche dentro sacchettidi garza.Cicatrizzante: si dice di una droga che ha il potere di stimo-lare la proliferazione cellulare.Commestibile: da mangiare.Detergente: si dice di una droga capace di asportare il mate-riale estraneo che potrebbe infettare una ferita.Dosaggio: in erboristeria non esiste la necessità di daredosaggi poiché le droghe hanno un ampio spazio di sommini-strazione e non danno effetti collaterali nocivi. L’uso ha con-solidato nel tempo certi parametri.Droga: parte della pianta dove è più concentrato il principioattivo. Esempio: il fiore nella Camomilla, la corteccia nel sali-ce, la radice nella Gramigna.Erborato: preparazione finale (macerato, decotto, tisana,etc.) che si ottiene con un trattamento opportuno delle droghemedicinali e che ci consente di utilizzare il fitocomplesso intoto.Fitocomplesso: estratto integrale dei principi attivi conosciu-ti e non presenti nella pianta. Esso ci garantisce le sue qualitàterapeutiche. Nel F. il totale ha un’azione maggiore dellasomma dei singoli componenti. Se il F. viene danneggiatopuò dare effetti collaterali.Fiori: vanno raccolti in boccio, mai durante le ore di caldo odopo la pioggia, ma nelle prime ore del mattino dopo la scom-parsa della rugiada. Vanno essiccati all’ombra in strato sottilerigirando spesso. I fiori colorati vanno conservati in luoghi

freschi ed areati.Foglie: si raccolgono quando la pianta è all’inizio della vege-tazione.Fomento: vapori che si sprigionano dall’ebollizione dellapianta (affezioni delle vie aeree). Frizione: diluizione concentrata della tintura madre che siapplica con massaggio energico.Lozione: diluizione poco concentrata della tintura madre chesi applica con massaggio energico.Pedo-climatiche: relativo al suolo e al clima.Pianta erbacea: pianta che non presenta parti legnose.Piante medicinali: sono le piante comuni usate e tramandatedalle popolazioni di un territorio e che in un secondo temposono state introdotte nelle farmacopee.Piante officinali: sono quelle che vengono preparate in unlaboratorio galenico, si trovavano nelle antiche farmacie. Peresempio la mandragola o la digitale che sono piante tossichequindi da dosare.Principio attivo: sostanze presenti nella droga che fanno siche essa manifesti le sue proprietà.Tempo balsamico: tempo ottimale di raccolta, periodo in cuiil contenuto dei principi attivi (la droga maturata) è massimo.Esso varia al variare delle condizioni ambientali di crescita(esposizione, clima, fattori pedologici).Signatura: modalità di rappresentare le proprietà della pian-ta (foglie) con la sua somiglianza all’organo su cui agisce(polmonaria).Ubiquitaria: si dice di pianta che cresce un pò dappertutto.Vulneraria: da vulnus in latino ferita, pianta cicatrizzantecon capacità antisettiche.

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Trent’anni di produzione pittorica nel segno della fedeltàalla propria ispirazione e, al tempo stesso, della variazio-ne tematica, espressiva e coloristica. Tale mi sembra dipoter definire in sintesi il cammino artistico-creativo cheCorrado Frateantonio ha percorso nell’arco di anni chevanno dal 1978 al 2007 e che è documentato dalla mostrache sarà ospitata nel palazzo Vannucci detto delleMaestranze di Ronciglione, dal 10 al 25 maggio prossi-mo. È un cammino di ricerca e di approfondimento cheha portato l’artista a sperimentare, pur muovendosi lungosentieri noti e passaggi consolidati, possibilità nuove evariegate di espressione delle proprie istanze interiori edelle conquiste ideali, e talora anche spirituali, cui si èaccostato via via negli ultimi anni.L’artista ha seguito un cammino pittorico che l’ha pro-gressivamente condotto, dai temi, a lui cari e congeniali,relativi agli uomini e alle donne del Sud colti neimomenti e nei gesti con-sueti della loro vita e delleloro occupazioni quotidia-ne – momenti e gesti matu-rati e svolti nel segno dellavoro, della memoria stori-co-culturale e del rispettodella dignità umana —, allarappresentazione del pae-saggio quale sfondo in cuisi contestualizzano deter-minate attività umane, e poiancora a scorci urbanipopolati da uomini attivi eaperti al mondo, per portar-lo infine, in anni recenti, apuntualizzare e concentrarel’attenzione su temi specifi-ci, dalla netta valenza sim-bolistica. Penso, per esem-pio, a un’opera come Latigre dell’EUR, che, purcon l’eloquente omaggio aGuttuso, rimanda, in tuttaevidenza, alle atmosferemetafisiche e fortementemarcate di De Chirico.Penso alla pregnanza e-

spressiva e alla forza dinamica che si sprigionano dailavori dedicati, sia ad olio sia col disegno, alla Corsa avuoto, cioè al palio di Ronciglione.In realtà, nell’ultimo decennio circa, il realismo pittori-co-figurativo di Frateantonio si è sempre più insistente-mente e incisivamente spostato verso una cifra simboli-stica con punte, qua e là, nettamente espressionistiche,spinte talora sino alla stilizzazione e sapientementeconiugate a forme figurative di tipo oggettivo. Si tratta diun simbolismo di matrice fortemente lirica che sfocia e sirisolve in slanci e movenze di natura epica. Il Palio diRonciglione succitato è emblematico a tale riguardo.Eppure l’accentuarsi del movimento e della spinta dina-mica all’interno della composizione pittorica dei lavoridi Frateantonio è già presente ancora prima, in forma evi-dente, nelle opere di argomento religioso. In esse, infatti,si manifesta una sorta di dinamismo nuovo, che non c’era

Verso un lirismo epico

di Sebastiano Burgaretta - foto di Santo Paternò e Claudio Zamò

La Resurrezione, cm. 150x170

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nei lavori che agli stessi temi l’artista aveva dedicato neidecenni precedenti. Allora il dramma umano, immanentealla tragedia del Dio consegnatosi alle mani degli uomi-ni, appariva in tutta la sua cupezza e la sua pesantezza.Nelle recenti Flagellazione, Crocifissione, Deposizione eResurrezione fa capolino invece, e a tratti insiste, un chedi leggero, di aereo, che sembra emanare dal nucleo del-l’interiorità luminosa dei personaggi rappresentati. LaResurrezione, realizzata per la chiesa di San Giuseppeche si trova nella città di Goma nella zona nord-orienta-le del Congo, in particolare, registra un netto distacco trala figura di Maria e quella di Giovanni, ancora sospesi fraterra e cielo con tutta la gravitas che le loro persone spri-gionano, e la figura del Risorto, il quale viene come dipeso tirato verso l’alto da una potente energia cui non sipuò opporre resistenza né forza di gravità alcuna. Eall’interno della stessa figura di Cristo si distinguono,differenziandosi contenutisticamente, gli arti inferiori,che si presentano penzolanti, appena appena staccati dalsuolo, come increduli, segnati ancora dalle piaghe delmartirio, e tutta la parte superiore del corpo, nella quale,

ai lati del volto ancora reclinato e poco partecipe diCristo, si dilatano due elementi, del colore verde dellasperanza – in una variante sono significativamente bian-chi – due ali che sembrano attivarsi, come per contribui-re a svegliare definitivamente un Cristo non ancora com-pos sui e indurlo alla pienezza della sua nuova condizio-ne.C’è, nel complesso, una levità, un senso di “celeste” liri-smo che, nonostante qualche probabile, non so quantoinvolontaria, ascendenza memoriale, quasi certamentesono ispirati dal cammino interiore che l’artista ha per-corso negli ultimi anni e da determinati approfondimentidi natura teologica che presumibilmente vi stanno dietro.Conferma di ciò si può avere osservando l’Annuncia-zione e la Fuga in Egitto, entrambe realizzate nel 2005.Del resto lo stesso registro coloristico nuovo, con il suospostamento verso toni pastello, chiari, luministici deipiù recenti lavori, è un ulteriore segno dell’evoluzionesubita dalla creatività pittorica di Frateantonio. Anche ilcolore, infatti, oltre e accanto al segno, è venuto spostan-dosi in direzione di una levità lirica vieppiù evidente e

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Tosatura 1984, cm. 100x100 La Tigre dell’Eur 2004, cm. 80x100

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confermata nelle ultime realizzazioni.Sembra quasi che il processo di chiarificazione della pro-pria interiorità e di approfondimento di determinate pro-blematiche esistenziali e spirituali abbia indirizzato l’ar-tista verso una più complessa e, al tempo stesso, chiarasintesi della propria misura estetica e verso una rimodu-lazione del registro coloristico. Sotto tale profilo a mesembrano molto importanti, per la svolta che segnano, idue polittici intitolati L’uomo-il progresso-l’habitat, unodei quali è stato realizzato nel 2006 per la sede direzio-nale del Polo Industriale del Frusinate, e l’altro, piùrecente ancora, realizzato per la società D.G.L. di Ana-gni.In queste due opere si riassume, sapientemente concen-trato, l’esito cui è pervenuta l’arte di Corrado Frateanto-nio, con la conquista solida di una capacità di armoniz-zare un lirismo di matrice spirituale e spinte epiche dinatura ideale, da una parte, e contemperamento di registricoloristici diversi, e di per sé magari contrastanti tra loro,in una sintesi strutturale e pittorica unitaria, dall’altra.Qui la pittura si fa racconto complesso e articolato, maeloquentemente aperto a una chiara proiezione verso lasperanza e la gioia di vivere.L’uomo e il suo impegno attivo nella società e nel lavo-ro, lo spirito di ricerca e le sue conquiste, interiorità pen-sosa e spiritualmente fiduciosa, solarità aerea e slanciovitale si presentano confusi sul piano compositivo e colo-risticamente declinati sutonalità pastello che sonoportatrici autonome diluce, con, nell’opera delPolo Industriale del Fru-sinate, la postilla specifi-ca dell’ultima sezione didestra, nella quale naturae cultura si compendiano,con al centro la figuraumana, che domina, tra-sversalmente e dinamica-mente imponendosi, suivari riquadri del polittico,il quale, in quest’ultimasezione, contiene in nucei segni di una libertà atutto tondo, che fa capoalla luce e alla natura, suaproiezione. Non a caso unsimile schema compositi-vo e il medesimo registrocoloristico sono ancoraulteriormente ed efficace-mente presenti, quasi co-me in una fantasmagoria

ricca di energia positiva e di luce, in uno degli ultimissi-mi lavori di Frateantonio, quello intitolato Mediterraneo.Un’opera, questa, che, a parte l’importanza storica eattuale del tema, riguardo al quale Frateantonio si mostraintellettualmente aperto, col suo armonico tripudio lumi-nistico, oltre a confermare l’ apertura mentale e culturaledell’artista verso la complessità dei problemi inerenti allerealtà del Mediterraneo, ha tutta l’aria di un promettentesegnale di svolta creativa e pittorica, cosa che peraltro sievince anche da un altro riscontro. Trova conferma,infatti, in una serie di sei lavori, per così dire, sperimen-tali, eseguiti, sullo scorcio finale del 2007, su cartoncinoe ispirati alla mia ultima raccolta di versi, ai quali faran-no da corredo, dal titolo Sovente all’anima, in corso dipubblicazione. In queste prove, ricorrendo all’impiegodella tecnica mista e all’uso di materiali diversi,Frateantonio ha realizzato immagini pittoriche e raffina-ti collages, nei quali, calibrando l’uso degli effetti colori-stici — nettamente distribuiti in una sintesi comparativae sempre mantenuti sulle tonalità pastello —, ha saputocogliere, con notevole aderenza ai testi letterari, gli equi-libri delicati e spesso sfuggenti di un lirismo vissuto egiocato sempre sulla linea di confine che passa tra tene-bre e luce, materia e spirito, morte e vita.

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Mediterraneo 2007, cm. 170x150

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“Conosco la mia città”Progetto Caia

L’associazione culturale “Gli Avolesi nel Mondo”, col patrocinio della Città di Avola e il sostegno della famiglia DiStefano, erede del prof. Alessandro Caia, nell’ambito del progetto “Conosco la mia città”, promuove un concorso apertoa tutti, completato da una giornata di studio e da una mostra documentaria dell’opera del Caia. Il regolamento propone duesezioni: 1) racconto o poesia a tema libero; 2) studio dell’opera di Caia.

Regolamento1) L’associazione culturale “Gli Avolesi nel Mondo” bandisce un concorso di poesia e narrativa alla memoria di

Alessandro Caia. Il concorso è aperto a tutti.2) I partecipanti dovranno dare la propria adesione per iscritto entro e non oltre il 31 marzo 2008 al seguente indirizzo:

Associazione culturale “Gli Avolesi nel Mondo”, via F. Orsini, 3 - 96012 Avola (SR). Fa fede il timbro postale.3) I testi, a tema libero, devono essere in lingua italiana, editi o inediti. Gli originali non saranno restituiti.4) Ogni racconto non deve superare le 5 cartelle (per una cartella si intende trenta righe di 60 battute ca.).5) La tesi di studio non deve superare le 10 cartelle. 6) La poesia deve seguire uno schema segnalato e definito.7) L’elaborato va inviato in numero di 6 copie dattiloscritte, di cui 5 anonime ed una sola firmata, corredata dalle gene-

ralità e da un curriculum vitae dell’Autore. Il racconto e il curriculum vanno inviati anche in copia digitale o su floppydisk, in formato Word, da allegare alle copie cartacee. La copia firmata con tutte le generalità (compreso indirizzo,telefono e eventuale e-mail) dovrà essere acclusa dentro una busta chiusa.

8) La quota di iscrizione pari ad €15,00, da versare all’Associazione promotrice della manifestazione, andrà a coprireparte delle spese di segreteria e del montepremi.

9) Il pagamento della quota deve essere effettuato a mezzo bonifico: codice IBAN: IT22U0503684630, conto corren-te n. 0341241705 presso Banca Agricola Popolare di Ragusa. La ricevuta di versamento va allegata alle copie delracconto. È possibile pagare la quota tramite assegno o in contanti, sempre da allegare alle copie del racconto.

10) Fra tutti gli elaborati saranno indicati i finalisti e i vincitori, secondo giudizio insindacabile della Giuria.11) Per ogni sezione, al primo classificato verrà assegnata un coppa; al secondo classificato verrà assegnata una targa e al

terzo una medaglia. A tutti verrà assegnato un attestato di partecipazione. Premi in euro potranno essere istituiti sullabase di eventuali contributi. L’autore vincitore del 1° premio presenterà la sua opera proprio durante la manifestazio-ne.

12) Per il fatto stesso di partecipare al concorso, tutti gli autori cedono il diritto di pubblicare in Antologia, materiali car-tacei vari o sito internet, le opere partecipanti ritenute degne di pubblicazione dalla Giuria. I diritti restano comunquedi proprietà dei singoli autori.

13) In relazione alla normativa di cui alla legge 675/96 sulla privacy, i partecipanti acconsentono al trattamento, diffusio-ne e comunicazione, anche a terzi, dei dati personali richiesti, ai fini di aggiornamenti su iniziative e offerte dell’or-ganizzazione che, anche in collaborazione con altri enti, verranno in futuro organizzate; gli stessi potranno, in qual-siasi momento, richiedere la rettifica o la cancellazione dei dati, scrivendo all’ente promotore dell’iniziativa.

14) La Giuria è formata da un gruppo di esperti del settore e di scrittori, che motiveranno la scelta dei premiati.15) Gli autori saranno avvisati a mezzo postale. La premiazione avverrà il 24 aprile 2008 nella sede della scuola elemen-

tare “A. Caia”. Gli Autori premiati sono tenuti a presenziare alla cerimonia di premiazione.16) La composizione della giuria sarà resa nota dopo la data di chiusura del concorso.17) Tutti i partecipanti riceveranno gratuitamente la rivista “Avolesi nel mondo” con i risultati del concorso. 18) La partecipazione al concorso implica l’accettazione del presente regolamento.

Associazione Culturale“Gli Avolesi nel Mondo”

Città di Avola

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Una cartolina per Avola

di Corrado Sirugo

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Lo scorso maggio l’AssociazioneCulturale “Gli Avolesi nel Mondo”bandì il concorso fotografico “Unacartolina per Avola” in memoria diPaolo Florio scomparso il 9 febbraio2007.Oltre a rendere omaggio alla memoriadi Paolo Florio, l’Associazione havoluto dare un’opportunità di confron-to e di promozione a quanti, amatori eprofessionisti, riconoscono il valoreartistico della fotografia e la utilizzanocome mezzo espressivo.Il concorso prevedeva, infatti, la pro-mozione delle opere segnalate attra-verso la pubblicazione di cartoline suAvola e l’utilizzo dei soggetti più adat-ti per la realizzazione del calendarioassociativo o di altre iniziative colle-gate all’attività dell’Associazione.La data ultima di presentazione delleopere, fissata per il 30 ottobre 2007, èstata spostata per ben due volte, acausa della scarsa partecipazione.In ultimo si è deciso di chiudere il con-corso, e il 10 dicembre ultimo scorsosi è riunita la giuria tecnica costituitada Vincenzo Caldarella, Filippo De-naro, Renato Gallo, Maurizio Florio,Corrado Sirugo, e presieduta dallaprof. Grazia Maria Schirinà presidentedell’Associazione.In prima istanza, in assenza di RenatoGallo e di Filippo Denaro, si è proce-duto all’apertura dei plichi e al vagliodelle opere fotografiche dei sette par-tecipanti al concorso.Si è subito notata la scarsa partecipa-zione e la poca attenzione al tema ban-dito.Ricordo ai presenti il tema suggerito:Avola: l’architettura, le tradizioni, icambiamenti in atto, i nuovi quartieri,i nuovi punti di ritrovo, i nuovi nego-zi, i nuovi stili di vita, le nuove et-nie… i nuovi avolesi. I componenti la giuria hanno sottoli-

neato, quasi in maniera corale, comebuona parte delle opere fossero pocoattinenti al tema, eseguite in manieraapprossimativa, e mancassero delletecniche compositive ed espositive dibase, elementi questi ultimi necessari afar si che una qualsiasi immagineassurga al nome di fotografia.Oggi, più che mai, con l’avvento e ladiffusione della fotografia digitale tuttiabbiamo la possibilità di produrreimmagini, non tutte, però, possonodirsi fotografie. Una fotografia deveraccontare, esprimere un’emozione,sottolineare un’atmosfera, valorizzareun particolare, congelare, insomma,ciò che, a volte, può passare inosserva-to e consegnarlo all’eternità.L’amatore, in questo senso, incarnal’essenza stessa della fotografia, egli,per definizione, è appassionato di que-sta forma di espressione artistica, lacoltiva, la esercita, ne esegue l’operacon impegno e dedizione. Spesso sidistingue dal professionista, perché,libero dalla routine e dall’impegno dellavoro, può lasciare libero sfogo allacreatività.Su tutte le immagini pervenute subitoè spiccata l’opera di Carlo D’Ago-stino, ne abbiamo apprezzato la com-posizione fotografica, le cromie, i gio-

chi di luce, il fine utilizzo della mac-china fotografica.Degne di nota le fotografie di Carme-lo Genovesi, ordinate nella composi-zione dello scatto, pulite nell’esecu-zione, curate nella stampa. Ci è sem-brata originale la fotografia che ritraeuno stabile alla cui sommità si vedono,perfettamente ordinati, dei cassonettiper la raccolta dei rifiuti: questo scattosi inserisce in un genere di fotografia,pensata, previsualizzata, che prediligele linee geometriche e i contrasti dicolore. Particolare riconoscimento alle foto-grafie di Antonino Vinci e di AngeloAvanzato. Entrambi dimostrano buonocchio e ottima dimestichezza con ilmezzo fotografico. Sanno cogliereinfatti particolari atmosfere e sono ingrado di fissarle attraverso un utilizzocosciente della macchina fotografica.In seconda istanza anche Renato Galloe Filippo Denaro hanno potuto visio-nare gli scatti proposti e hanno concor-dato con la giuria e si è, a questopunto, potuto procedere alla assegna-zione dei premi.Si è scelto uno scatto di CarloD’Agostino come soggetto per ilCalendario 2008, che ritrae una parti-colare veduta della Fontana dei tre

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leoni di Piazza Vittorio Veneto.Sono stati assegnati i premi con leseguenti motivazioni:Primo premio:Carlo D’Agostino, Avola, Marevec-chio - Il borgo marinaroOriginale nell’inquadratura, efficacenell’elaborazione pittorica, raffinatanella scelta dei cromatismi. L’operasottolinea la bellezza intrinseca delborgo marinaro, oggi in abbandono,ma candidato a diventare uno dei luo-ghi simbolo della città di Avola.Secondo premio:Carmelo Genovesi, Avola, Mandorloin fioreIl mandorlo in fiore è uno dei soggettiche meglio rappresentano Avola e lasua economia prevalentemente agrico-la. La fotografia è ben composta, conil soggetto decentrato che si stagliabene nel cielo azzurro che contrastacon la terra arida e fortemente illumi-nata dal sole.Terzo premio:Antonino Vinci, I laghetti di CavaGrandeIl soggetto non è propriamente intema, anche se i Laghetti di CavaGrande del Cassibile sono convenzio-nalmente annessi alla Città di Avolache ne sfrutta la vicinanza per orienta-re i flussi turistici. La foto propone laroccia in primo piano come elementoche conduce l’occhio dell’osservatoreverso il lago e verso i visitatori incostume da bagno.

Il Concorso fotografico ha avuto unapartecipazione inferiore alle aspettati-ve, sia dal punto di vista quantitativoche qualitativo, per questo si è ritenu-to opportuno non procedere oltre conpubblicazioni quali: cartoline, catalo-ghi o quant’altro.Si è percepita questa opportunità comeun’occasione perduta, ma spesso inostri concittadini sono facili allelamentele e quando si tratta di metter-si in gioco in prima persona si tiranoindietro. Sicuramente molti di quantihanno visitato la mostra, avrannoavuto da ridire, si sarà sentita la frase:ma io sono in grado di fare di meglio,oppure l’altra: a casa ho scatti miglio-ri di questi. Si è vero ma, anche se inpochi, i partecipanti al concorso hanno

avuto il coraggio di sottoporsi al giu-dizio della giuria e a quello del pubbli-co; quanti, invece, hanno snobbato l’i-niziativa tenendo le proprie foto benconservate nei cassetti hanno resoomaggio al proprio io senza dare alcuncontributo alla crescita culturale dellanostra comunità cittadina.La cultura relegata alla sfera privatanon serve a nulla, credo che lo spesso-re culturale di una città non si misuricontando i grandi nomi che la abitano,ma dalla capacità di rendere quantopiù permeato il tessuto sociale di ini-ziative comuni, di confronto, di scam-bio, in ultima analisi dalla capacità didiffondere il bello.Dipingere, scrivere, fotografare, scol-pire, suonare, se per se stessi, è unnobile diletto che poco o nulla contri-buisce a cambiare la nostra comunità.Se riuscissimo a far crescere i nostrifigli in una città di gente che comuni-ca attraverso le proprie produzioniartistiche, molti problemi delle giova-ni generazioni potrebbero essereaffrontati e risolti in maniera diversa.Un bambino che cresce attorniato dicose belle, si pone nei confronti dellavita in un modo sicuramente avvantag-giato rispetto a chi non ha occasione digustarle.Queste mie considerazioni voglionosolo essere uno sprone, affinché ognu-no esca da se stesso, e metta in piazzala propria arte in modo che questapossa essere riconosciuta universal-mente come tale.

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Davide Lentini, la Presidente e Corrado Sirugo(foto di Antonella Piccione)

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Dimani divimu cavalcari… e poi prose-quiri inanti, undi e bisognu ki syamu…… in la visitazioni di lu regnu per redu-chirilu a la oboedentia di la illustri casadi Aragona e nostra comu vicaria. Chi siesprime così è Bianca, Regina e Vicariadi Sicilia, moglie di Martino il Giovane,re di Sicilia. Si dichiara Vicaria a pienotitolo perché tale carica le viene pertestamento dal marito e, per nomina, dalsuocero, con poteri assoluti. Ogni azioneo lettera o comando doveva essere sotto-scritto con la seguente formula: NosRegina Vicaria ejusdem regis Sicilae.Ma lei è anche la governante dellaCamera Reginale, come lo erano stateEleonora d’Angiò, Costanza di Castigliae la regina Maria, prima moglie di reMartino.La regina aveva, in pratica, pieni poteriin questo stato nello stato (anche se il renon perdeva alcun diritto su quei territo-ri), disponeva di una sua milizia, di unsuo tribunale, aveva suoi magistrati.Siracusa ne era la sede. La CameraReginale costituiva una vera e propriadote (constituat debitum patrimoniumde quo possit honorifice vivere), unasorta di feudo a disposizione dellaregnante, amministrata da un governato-re. Era formata dai territori delle città diPaternò, Mineo, Vizzini, Castiglione diSicilia, Francavilla di Sicilia, Siracusa,Lentini, Avola, e l’isola di Pantelleria. IlCastello Maniace prima e il palazzodella Camera Reginale dopo furono lasede della Camera stessa, che venne ere-ditata dalle regine che si susseguirono,sino al 1537 quando venne abolita.Avola dunque, pur rimanendo baronia,come è anche testimoniato dai CapitulaRegni Siciliane (tomo I, cap. 2), appar-tiene alla Camera Reginale ed è quindisotto la doppia giurisdizione della regi-na, sia in quanto vicaria, sia in quantogovernante della suddetta Camera.Ad Avola la regina sostò più volte e daqui scrisse diverse lettere su questionipolitiche e finanziarie; nel 1411 scrisse

alla città di Noto, ad Archimbaud deFoix, a Incolmar de Santacolumba, adAntonio de Mendulla. Dalla datazione delle lettere apprendia-mo che la sovrana dimorò ad Avola dal27 al 30 giugno; in una lettera datataNicosia, 18 luglio, si fa riferimento alfatto che la sovrana, per raggiungere piùprontamente la città di Messina, dove sisarebbe dovuto tenere un Parlamento,andò per la marina di Avola su galee. DaRandazzo, il 5 agosto, è una missivadiretta ad un militi di abola.

Sarebbe opportuno, in una ricerca dicarattere più propriamente storico, loca-lizzare posti e fatti, per dare una conno-tazione spazio-temporale a quella cheera l’antica città di Avola, o meglioAvola Antica. Una sistematicità di studidarebbe forse un volto a uomini e cose ecertamente contribuirebbe a creare unamemoria storica che fino ad oggi manca.Per esempio, la citazione alla marina diAvola, di fronte alla quale in altra epoca(XVI sec.) avvennero tentativi di inva-sione ad opera dei turchi, fa di certo rife-rimento alla Punta della Cora, indivi-

duata da Camillo Camilliani nella zonavicina alla contrada Falaride, non neipressi dell’attuale Marina di Avola. Anche in relazione alla viabilità e al tra-sporto si potrebbe trovare indicazione,se si volesse, dagli atti o dalla documen-tazione esistente.In una lettera datata 13 settembre 1411,come in altre, abbiamo un riferimentoimportante al soccorso che la regina puòportare alla città di Naro e alla sua solle-citudine: … lu matinu intindimu caval-cari et andari a succurriri lu castellu diNaru … Quello che ci interessa, in que-sto momento è il cavalcari più volteripetuto; non si parla né di carrozze né dilettighe né di altri mezzi con cui potesseprocedere una regina, semplicementecavalcari.In una delle lettere indirizzate a Noto, sifa riferimento alla compiacenza dei neti-ni nei confronti di Bernardo di Cabrera,peraltro già notorio ribelle. La sovrana,informata da Giovanni Ansalone e daGuglielmo Pedilepori, invita a non acco-glierlo; alias quam… lu richipissivu,manifestando vui essiri fauturi et ayuta-turi di sua tirannia et occupazioni, sisentirebbe costretta a procedere controle persone e contro i beni e, pur condispiacere, a trattare tutti come ribelli.E veniamo alla questione della convoca-zione del Parlamento generale, che sitrascinò per almeno due mesi. In una let-tera del 27 giugno 1411 da Avola, diret-ta a Noto, la sovrana si lamenta che,nonostante i ripetuti inviti, non sia statapresa in considerazione la partecipazio-ne alla seduta parlamentare da parte deinetini. Il problema che pone, fra l’altro,è quello di potere garantire, quindicigiorni prima e quindici giorni dopo l’e-vento, di andari, stari et turnari salvi etsicuri. Il Parlamento, che Bianca avreb-be voluto convocare a Messina, a causadi una pestilenza scoppiata in questacittà, si svolgerà a Taormina il 23 agosto1411.La terza lettera, in lingua catalana, è

La regina Bianca di Navarra ad Avolanel giugno 1411

di Grazia Maria Schirinà - documentazione archivistica di Serenella Patricola

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indirizzata ad Archimbau de Foix, diNavarra. Il fattore linguistico ci porta aconsiderazioni che vanno oltre i conte-nuti, in quanto il problema della lingua,nonostante l’ampio fenomeno di sicilia-nizzazione dei nobili aragonesi, cui lastessa regina ma anche il re si rivolgeva-no in siciliano o, al massimo, in latino,non prevedeva, se non in casi rari e par-ticolari, un uso di lingua diversa. Il cata-lano, lingua ufficiale della famigliareale, non veniva usato come lingua uffi-ciale in Sicilia; veniva usato solo per lecomunicazioni con la Catalogna, mentrea quanti, pur catalani, vivevano inSicilia, i sovrani si rivolgevano in sici-liano o in latino. Siamo dunqueindotti a pensare che Archimbaldonon dovesse abitare abitualmentenell’isola. La Vicaria si lamenta aspramentedella condotta di Bernardo diCabrera, del quale, scrive, sono notia tutti les malvestats, crims, excessoset delectes commissos contro la casad’Aragona e contro lei stessa comeVicaria, che giorno e notte vieneassediata dentro il suo castello inSiracusa, per essere privata dei suoidiritti. La regina fa appello anche alfatto che lei è figlia del re di Navarrae che legami di devozione e parente-la avrebbero dovuto unire a lei tantoBernardo quanto Archimbaldo, en-trambi ribelli, dato che il secondo sirende partecipe delle malefatte delprimo. Anche la lettera successiva,scritta in dialetto e indirizzata aIncolmar di Santacolumba, è sullostesso tono.Vi si dice che, nonostante gli obblighi diservizio e il perdono ricevuto per li cosipassati clementer adiminticati, il domi-nus Incolmar offende la maestà dellaregina, andando con messer Bernardo emesser Archimbaldo. Gli viene intimatopertanto di presentarsi, nell’arco di seigiorni, alla sovrana con tutto il suoseguito e desistere dal proseguire l’in-tento di Bernardo Cabrera. La reginamostra ancora una volta la sua magnani-mità dichiarando di voler dimenticaretutto e di trattarlo bene, se lui desistenell’impresa, altrimenti si sentirà co-stretta a prochediri contra vui et vostribeni comu disobbedienti ki forivu.Lo stesso 30 giugno 1411 si rivolgecontro Antonio de la Mendulla, ribelle ecomplice del Cabrera, e dispone che i

suoi beni, tam mobilia quam stabiliaubicumque existencia, vengano confi-scati e assegnati a tale Hugonem Lan-cea, dilectum fidelem nostrum, in segui-to ad una humilem supplicationem fac-tam.Ma chi era questa regina, come e perchési trovava a governare in un paese chenon era il suo e dal quale, durante ilregno, per antica disposizione, il sovra-no non si poteva allontanare. Bianca diNavarra, figlia di Carlo III, re diNavarra, della casa di Evreux, e diEleonora di Castiglia, venne ad abitarein Sicilia nel 1402, quando sposòMartino I il giovane, re di Sicilia, figlio

di Martino il vecchio, duca di Mont-blanc e re d’Aragona, che gli sarebbesuccesso al trono dopo la morte, nel1409, col nome di Martino II di Sicilia.Martino I era divenuto re di Sicilia nel1390, grazie al matrimonio con la venti-novenne Maria, figlia di Federico IV ilSemplice, re di Sicilia, e Costanza, figliadi Pietro IV d’Aragona. Maria, portavain dote il Regno di Sicilia, il ducato diAtene e di Neopatria, ed averla in sposaera desiderio di tanti. Dopo vari e avven-turosi tentativi di apparentamento, lascelta cadde sul figlio del duca diMontblanc, Martino, più giovane di benquattordici anni che, nell’ottobre del1390, a Barcellona, la sposò. Le crona-che del tempo dicono che Martino fossedi bell’aspetto, incallito donnaiolo ma

duro e spietato governatore, sottomessosempre all’autorità paterna.Con alterne vicende si arriva al 1401,anno in cui la regina Maria muore senzalasciare eredi, dal momento che l’unicofiglio maschio, Federico, era morto adappena sette anni (alcuni dicono prima,altri dopo la madre). Si ripropone il pro-blema dinastico e con esso la scelta diuna nuova moglie. Motivi vari orientanola scelta su Bianca di Navarra, figlia diCarlo III di Navarra. Il matrimonio,avvenuto per procura, venne poi cele-brato a Palermo, il trenta novembre del1402, nella cattedrale. Quello stessogiorno entrambi furono incoronati. In

occasione del suo matrimonio,accompagnato da fastosi festeggia-menti e dalla concessione di moltegrazie, re Martino emanò le famoselibertates indulte siculis. Bianca eragiunta in Sicilia il 26 novembre 1402accompagnata da Bernardo Cabrera,esperto stratega catalano che, neglianni precedenti era stato di grandeaiuto al re Martino, procurandosi iltitolo di Gran Giustiziere e che, infuturo, sarebbe divenuto avversario epretendente della giovane regina.Bianca, accompagnata da una riccadote, descritta come “molt bella etmolt savia et entreçada et dotata detots virtuts”, appariva bellissima agliocchi dei suoi sudditi: mentre ledame solitamente legavano i capellicon la cojola, una specie di calottamessa sui capelli raccolti posterior-mente (un pezzo di stoffa tessuta conoro, generalmente coperta da unareticella detta crèpine, a cui spesso si

aggiungeva un cerchio di metallo pre-zioso o un piccolo diadema che racchiu-deva la capigliatura), lei portava, secon-do la moda del suo paese d’origine, icapelli a corna; la stoffa delle sue vesti,fornita da mercanti genovesi, era spessoarricchita di gemme multicolori.Gli ornamenti preziosi rappresentavanola parte principale nei corredi principe-schi, tanto che i gioielli assegnati allasposa, in base al loro valore, venivanoscritti in un numerario, di cui, durante letrattative per le nozze, gli amministrato-ri della casa reale si servivano perdichiarare gli ori e le gemme che lasposa avrebbe portato in dote. Il corre-do sfoggiato dalla sposa in occasione diquesta cerimonia simboleggiava l’im-portanza e la dignità che le derivava

Interno di Castello Maniace

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dalla propria casata d’origine, mentregli abiti donati dal marito costituivanoun pegno dell’onore che avrebbe ricevu-to nella nuova famiglia. In questo sfarzodi corredi bisogna ricercare la causadelle spese eccessive che si facevano percui spesso, fu necessario ricorrereall’ammonimento del legislatore (O. D.Hughes Le mode femminili e il loro con-trollo, in S. Patricola, Bianca di Navarrain Sicilia: una donna al potere, pag. 44).La vita coniugale non fu facile, anche senon mancarono l’affetto e la stima.Martino è grato per aver ricevuto dalpadre una bella, bona et savia muller,ma lettere del re di Navarra, padre diBianca, rivelano la tristezza della reginaper un matrimonio infelice e per la muyarta e estreta vida.Quando il marito partì per preparare laspedizione contro la Sardegna, da subitoBianca dovette fare i conti con una con-giura ordita contro di lei da alcuni ribel-li messinesi, che volevano approfittaredella situazione e tentare di ribellarsiall’autorità reale, ma Bianca, che avevale doti di un buon regnante, sedate inbreve le rivolte, concesse il suo perdonoin cambio della promessa di sottomissio-ne futura.Bianca aveva capito che l’autorità cen-trale doveva sempre mostrare estremasaldezza, perché le autonomie localierano sempre in agguato.Dopo che Martino tornò vittorioso dallaSardegna, Bianca poté dedicarsi all’am-ministrazione della sua Camera, grazieanche alla collaborazione di funzionaricapaci e onesti come i giudici Gualtieridi Paternò e Giacomo Dente. Nel 1405, l’11 novembre, emanò, dalcastello di Paternò, le famose Consue-tudines, un capolavoro di saggezza giu-ridica; si tratta di una raccolta di ottanta-sette articoli di grande modernità riguar-danti la vita civile: il patrimonio, l’am-ministrazione, la giustizia, i rapporti dicompravendita, l’eredità etc…Il Codice, scritto in caratteri gotici gran-di e chiari, presenta una pregevoleminiatura colorata, con l’iniziale B delnome della regina; la pagina adornata aimargini si chiude al centro con lo stem-ma di Paternò, nella parte inferiore.Il codice di diritto penale prevedeva lapena di morte per gli assassini, ma, tran-ne qualche caso, non risulta che Biancaabbia firmato condanne a morte; risultapiuttosto che ha concesso grazie con

grande sentimento di pietà e di miseri-cordia, soprattutto per i sudditi dellaCamera Reginale che favorì in ognimodo. Nel 1408, a causa di una secon-da spedizione militare del marito inSardegna, riprese le redini del potere.Martino, accompagnato, tra gli altri,anche da Bernardo Cabrera, il 3 ottobre1408, affidata la reggenza del regno aBianca ed a un consiglio, partì per seda-re la ribellione scoppiata in Sardegna.Un mese dopo tale partenza, il 9 novem-bre 1408, si verificò l’eruzione del-l’Etna, di cui scrisse lo storico cataneseVito Amico; in onore della reginaBianca, in omaggio al suo coraggio, nel1416, Andrea di Anfuso scrisse, un com-ponimento poetico, in antico siciliano,datando l’eruzione dell’Etna l’8 settem-bre del 1402 (con indubbio errore didatazione); in quell’occasione la lava fufermata miracolosamente dalle reliquiedi S. Agata, portate dal vescovo Maurosul luogo. Quando avvenne l’eruzione, il9 novembre 1408, Bianca non scappò daCatania, dove si trovava, come vicariadel marito. Il suo coraggio infuse fiducianel popolo.Ottenuta intanto la vittoria sul popolosardo, Martino scrisse: Deu volent enbreu se havra Oristan, lo qual haut, totaaquesta Isla sera en ma sensoria nuestra(Dio volendo, in breve si avrà Oristano etutta questa isola sarà in mano a signorianostra) ma, ammalatosi gravemente(forse avvelenato da una ragazza cheaveva sedotto), cessò di vivere il 25luglio 1409 a soli trentatré anni. Martino nel suo testamento, nominavaBianca vicaria del Regno di Sicilia pergovernare con il Consiglio che egli stes-so aveva costituito prima di partire per laSardegna; quanto al padre Martino, ducadi Montblanc, questi era nominato eredeuniversale del Regno di Sicilia con leisole adiacenti e con i ducati di Atene edi Neopatria. Martino, che prese il nomedi Martino II, a sua volta confermò, il 7agosto 1409, la nuora come vicaria delregno con tutti i diritti, privilegi e condi-zioni di cui fino allora aveva goduto.Martino il Giovane, quando aveva scel-to i consiglieri assegnati alla reginaBianca governatrice della Sicilia, consa-pevole delle contese in cui si sarebbetrovata senza di lui, non aveva nominatoné Bernardo Cabrera, né Sancio Ruiz DeLihori; sapeva infatti che questi dueministri si odiavano e ciò avrebbe potu-

to creare non poche difficoltà. BernardoCabrera infatti, che era stato conMartino I nella spedizione di Sardegna enon aveva mai abbandonato l’idea disuscitare malcontento nell’isola di Sici-lia per renderla indipendente, non tenen-do presenti le intimidazioni di Martino ilVecchio acché non uscisse dai suoi feudie non entrasse in nessuna città o castellodi proprietà della regina, raggiunsePalermo e da lì passò a Catania per por-tare guerra alla vicaria Bianca e al suoConsiglio. Bianca, trincerata nel suocastello, cercò in tutti i modi di portare atermine delle trattative. Il 31 maggio1410 Martino il Vecchio morì senzalasciare eredi né un successore al trono.Iniziò così l’interregno che durò fino al1412 quando venne eletto il successore.In questo periodo la lotta tra Bianca eBernardo Cabrera assunse toni più aspri,perché, con la morte del suocero, Biancaavrebbe perso il diritto di governare nel-l’isola, se non fosse stata sostenuta daipotenti e fedeli baroni e dalla maggio-ranza del popolo che temeva il ritornodella tirannia. Bernardo Cabrera, infatti,in una lettera datata 24 giugno 1411,affermava che, con la morte di reMartino finiva anche il vicariato e l’au-torità della regina, e reclamava per sè,come Gran Giusti-ziere, il diritto di reg-genza dell’isola. Al Cabrera, in questasua azione politica, come abbiamo visto,non mancarono gli alleati, per cui si for-marono due fazioni, una che sostenevalui e l’altra, capeggiata da Sancio RuizDe Lihori, che proteggeva il vicariatodella regina Bianca. L’isola ricadde nel-l’anarchia e molte università del regno siribellarono (Girgenti, Randazzo, Santan-gelo, Piazza, Castrogiovanni, Calasci-betta, Mazzarino, Grassualiato, Nicosia,Alcamo, Caltagirone, Polizzi, Favara,Patti, Buccheri, Ucria, Noto e Catania).Bianca cercò di trattare personalmentel’ubbidienza e l’annessione alla casad’Aragona e tentò con ogni mezzo disottomettere il Cabrera, disposta a scen-dere a compromessi, pur di evitare alregno un’estrema catastrofe; grazie allasua opera alcune città ribelli furonorecuperate.Bianca però fu costretta ad affrontare unaltro gravissimo problema: poiché non sisentiva molto sicura a Catania, si rifugiònel Castello Marchetto, a Siracusa, maqui venne assediata dal Cabrera in per-sona accompagnato dai più valorosi

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cavalieri. Riuscita a fuggire, si recò aPalermo; lì potè riflettere sui tristi fattidi Siracusa e decise di convocare ilParlamento, che si riunì a Taormina,nell’Agosto del 1411. La partecipazionedei Siciliani non fu unanime, malgrado iripetuti inviti diramati dalla Vicaria:Catania, Siracusa, Agrigento e Trapani,ad esempio, non inviarono i loro rappre-sentanti. In quella assemblea si preseroimportanti decisioni. Si stabilì, fra l’al-tro, che:- I siciliani avrebbero do-vuto mandare in Aragonaalcuni loro rappresentanti,per eleggere un re che appar-tenesse alla casa d’Aragona eprocedesse subito contro Ber-nardo Cabrera;- Bianca rinunziasse al vica-riato, per dar luogo ad unconsiglio chiamato Reggi-mento di Sicilia;- La regina ed il nuovo gover-no si impegnassero a conser-vare in pace il regno finoall’elezione del nuovo re.I provvedimenti presi durantel’assemblea parlamentarenon mutarono di fatto le vi-cende dell’isola, anche per-ché il Cabrera agiva ormaisoltanto sotto l’istinto dellaprepotenza e della violenza (diede provadi ciò quando infierì contro il castellanoLopez che fu tagliato a pezzi, e seppellìviva la badessa soltanto perché eranodevoti alla casa d’Ara-gona).Degna di nota, in questo periodo, fu lalega che riunì Trapani, Castelvetrano,Partanna, Mazzara, Marsala, Salemi, eMonte San Giuliano, nell’intento didifendersi dal Cabrera e rendere omag-gio alla Regina.Cabrera, che si serviva di truppe merce-narie che ben volentieri saccheggiavanola prospera terra di Sicilia, aveva pensa-to di risolvere la situazione chiedendo,senza alcun pudore, in moglie Biancache, naturalmente, lo respinse. Questorifiuto accese ancor di più la rivalità trai due. Molte storie ancora si raccontanosul pazzo amore del vecchio Cabrera chedecise di catturare la giovane e bellaRegina all’interno del Palazzo Reale diPalermo; se ci fosse riuscito, sarebbestato facile costringerla alle nozze.Alcuni nobili baroni, però, con l’intentodi darla in moglie al conte Peralta di

Caltabellotta, discendente degli arago-nesi, l’aiutarono a fuggire. L’eventualitàdi questo matrimonio rese pazzo il vec-chio Cabrera, che, chiamati a raccolta isuoi mercenari, aggredì la città diPalermo sconfiggendo le forze regie epiombò a Palazzo Steri, convinto di tro-varvi la sua amata. Ma di Bianca trovòsolo il profumo nelle lenzuola che l’ave-vano accolta per la notte, poiché ladonna era fuggita, ancora una volta, permare.

Cabrera saccheggiò Palermo e il PalazzoReale; intanto Messina, alleatasi colPapa, arrivò ad un accordo che penaliz-zava del tutto Bianca. Cabrera, con unostratagemma, fu catturato ed imprigio-nato; il nuovo re d’Aragona, appenaeletto, Ferdinando di Castiglia, inviòcinque nobili, per supportare la cuginaBianca in Sicilia. In realtà i nobili spa-gnoli si servirono della loro autorità esoprattutto della loro miope arroganza,per togliere a Bianca ogni potere.Ferdinando la esautorava di tutto,lasciandole solo il ruolo di Vicaria. Bianca firmò ancora qualche atto diordinaria amministrazione, manifestan-do, come sempre, la sua levatura menta-le. Ad esempio attribuì ufficialità all’at-tività di un chirurgo donna, Bella Pija,per di più ebrea, cosa che, per allora, eraun atto rivoluzionario.Decretò tasse più giuste e cercò di com-battere la corruzione dei pubblici funzio-nari, provò a fare ordine nelle mille leg-gine che favorivano i signori locali e,sempre, mostrò la sua liberalità. La mio-

pia dei nobili però impedì di capire ilsuo ruolo e la sua importanza. Come oggi, anche allora gli interessipolitici non coincidevano con quellireali del paese, e così, la nostra Bianca,stanca di non ricoprire un vero ruolo estanca delle continue ingiustizie chedividevano la Sicilia, dopo aver scrittoun addio commosso ai siciliani, scelse ditornare in Navarra, dove, ancor giovane,andò a vivere nel Castello di Olit. Sindal primo approdo sull’isola ella aveva

sposato gli interessi delRegnum Siciliae, aveva datoimpulso all’artigianato e allapesca, aveva favorito le enor-mi ricchezze naturali dell’i-sola come una siciliana cheama quella che sente esserdivenuta per destino la pro-pria terra e per la quale spen-de tutte le energie, ...in honu-ri di la casa regali et conser-vacioni di la nacioni cathala-na, la quali non altramenti kicomu sichiliani volimu trac-tari... (Taormina, 22 agosto1411) e, con la sua corte iti-nerante, aveva attraversato inlungo e in largo tutta laSicilia più volte, richiaman-do, perdonando, cercandoquasi sempre l’accordo, ema-

nando decreti e “capitoli” in favore ditutte le universitates o terrae.Avola le si mostrò sempre fedele e l’ap-prezzò per i suoi meriti, anche se, nellesue varie stagioni, dai dominatori che sisono succeduti e che hanno imposto illoro dominio, non ha mai avuto adegua-ti riconoscimenti per i suoi meriti, maquesta è un’altra storia che, purtroppo, siripete. Oggi molti paesi dell’isola (Rometta,Randazzo…), alla ricerca di momentisignificativi della storia locale, hannoripreso e considerato la figura di Bianca,proponendo cortei storici e sfilate in suoonore, come dimostra la fioritura dicanti e cantastorie che se ne sono appro-priati, come Giovanni Virgadavola e, piùrecentemente, ad Aidone, Rosa Muscaràche ha scritto e fatto rappresentare conl’inserimento di cantastorie, voci reci-tanti, coro, danza e momenti scenici digrande rievocazione storica, la storia di“la regina Bianca di Navarra”:La storia chi vi vogghiu raccuntarino milli e quattrucentu accuminciau

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lu mediuevu e lu rinascimentufuruno testimoni ri sta genti.

Lu beddu Re Martinu d’Aragonaca pruvinia da luntana SpagnaSupra sta terra, pi mari rivavu,da Sicilia bedda, s’nnammurau.

Onore dunque a Bianca, che, nella suatravagliata esistenza, è alla fine statariconosciuta più per la sua bellezza,metafora degli splendori favolosi e per-duti della monarchia creata dai norman-ni, che per le sue capacità, per la suadeterminazione e forza non comuni, perl’amore verso una terra ingrata allaquale avrebbe voluto concedere quellalibertà e autonomia che non tutti eranoin grado di accettare, e forse neanche dicapire.

Bibliografia1846E. G. Di Blasi, Storia del Regno di Sicilia, Palermo,pp. 576-607.1847R. Gregorio, Considerazioni sopra la storia diSicilia, Palermo, pp. 414-415.1865V. Di Giovanni, Cronache siciliane dei sec. XIII,XIV, XV, Palermo, p. 2111892P. Lanza di Scalea, Donne e gioielli in Sicilia nelMedioevo e nel Rinascimento, Bologna1899G. La Mantia, Doc. VII, 1409 Luglio 11, Cagliari,in Documenti inediti in lingua Spagnola, p. 201937C. Naselli - G. B. Palma, Un poemetto in onoredella Regina Bianca, Palermo, pp. 5-91954R. Tasis, La vida del rei en pere III, Barcellona, p.201993R. Starrabba, Lettere e documenti relativi al vica-riato della regina Bianca in Sicilia 1411-1412;ristampa anastatica, Palermo, pp. 50-51.1999L. Sciascia, Bianca di Navarra, l’ultima Regina.Storia al femminile della monarchia Siciliana,Principe de Viana a. 60 n. 217, pp. 293-310.2000V. Fallica, Bianca di Navarra, PaternòC. Morrone, Siracusa 27 secoli di storia, Siracusa2001G. Duby e Perrot, Storia delle donne in Occidente,Il Medioevo, Roma, p. 171.2003S. Patricola, Bianca di Navarra in Sicilia: unadonna al potere, Catania, Tesi di laurea2006S. Bartolotta, Interferencia catalano-siciliana en elreyno di Argon, in Atti del 35 Simposio Internazio-nale della Società Spagnola di Linguistica, Diparti-mento di Filologia Classica, Leon.

A proposito dell’avventata esternazione del neoministro dei TrasportiAlessandro Bianchi, che il ponte sullo stretto di Messina rappresenterebbe“un’opera dannosa ed inutile”, ritengo opportuno, data la mia esperienza ferro-viaria anche sul traghettamento delle merci e dei viaggiatori attraverso lo stret-to, evidenziare le motivazioni che hanno portato tecnici ed economisti alladecisione di realizzare un collegamento stabile sullo stretto in considerazionedella sua “utilità e necessità”.Per poter capire meglio tali ragioni, giova partire dalla situazione attuale del col-legamento era la Sicilia ed il Continente, realizzato a mezzo navi traghetto, chegià da tempo risulta inadeguato per i1 traffico attuale ed a maggior ragione losarà per quello prevedibile in futuro.Il traffico attuale passeggeri, da e per la Sicilia, è per il 30% circa locale (fra lesponde dello stretto) e per il 70 % circa nazionale: quello locale si avvale dei tra-ghetti (navi traghetto FS, navi private, aliscafi), quello nazionale invece utilizzaprevalentemente l’aereo (quasi il 50 %), il 35 % utilizza 1’autovettura e il 15 %il treno.Il traffico attuale merci, se si esclude la navigazione internazionale (70 % circa),per la rimanente parte si ripartisce tra la strada, la ferrovia e le navi private.Ad evitare di bloccare la crescita del mezzogiorno (in particolare della Sicilia),sono già stati attuati provvedimenti, ed altri sono stati programmati per il perio-do antecedente al 2012. Fra i provvedimenti messi in atto dalle FS ricordiamo:- miglioramento dei dispositivi di armamento di Messina e di Villa SanGiovanni, per ridurre i tempi di manovra ed i tempi di carico e di scarico deitreni merci dalle navi traghetto;- realizzazione di un centro per il controllo dei rotabili in tempo reale a mezzoelaboratore elettronico;- incremento della rete dei treni merci a lungo percorso, specie per il trafficomerci di derrate;- aumento dei locomotori di manovra per ridurre i tempi di manovra;- incremento del traffico combinato, in particolare per i prodotti ortofrutticoliprovenienti dalle campagne delle zone sud-orientali della Sicilia, per consentirel’inoltro con treni speciali e consentire il loro arrivo nei mercati del Nord Italianell’arco di circa 24 ore, e nei mercati del Nord Europa nell’arco di 48 ore circa.Si fa notare che per questi treni di derrate, anche se diretti, il divario tra velocitàdi marcia e velocità commerciale è molto sensibile a causa dei tempi nocivicostituiti dalle soste nelle stazioni, in particolare a Messina, dove per iltraghettamento si verifica un perditempo di circa due ore.Nei terminali di Catania Bicocca, Cannizzaro, Palermo Brancaccio, Milazzo,Gela, Palermo Sampolo, opportunamente attrezzati e potenziati per poter con-trastare l’accanita concorrenza dei mezzi gommati, vengono movimentati ognianno quasi i due terzi di tutti i prodotti che vengono trasportati sull’intera reteFerroviaria.Purtroppo, nonostante tutti i provvedimenti anzidetti, le cose peggiorano note-volmente nei periodi di intenso traffico quando, per l’inoltro delle derrate e perl’approvvigionamento dei carri vuoti, che arrivano dal Continente, il traghetta-mento, a causa delle soste e delle manovre di imbarco, che comportano come già

Il ponte sullostretto di Messina

di Enrico Consiglio - foto di Giorgio Sulsenti

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detto prima, un perditempo di circa due ore, costituisce unareale strozzatura, che finisce per intasare le linee ferrovia-rie siciliane e calabresi con treni fermi, allungando note-volmente i tempi di resa. In questa particolare situazione imezzi stradali finiscono per avere la meglio, in quanto, nonsubendo intoppi sulla strada, riescono a garantire l’arrivodelle derrate sui mercati in tempi brevi e nelle migliori con-dizioni.In tal modo si verifica un risultato in antitesi con gli attua-li orientamenti riguardanti la sicurezza sulle strade, lariduzione dell’inquinamento atmosferico e dei consumienergetici, che orientano 1’attenzione sulle ferrovie, piùidonee a trasportare merci in grande quantità, ad alta velo-cità, in sicurezza, con grandi frequenze, con qualsiasi situa-zione atmosferica, con la nebbia, riducendo 1’inquinamen-to, gli ingorghi sulle strade e gli incidenti, spesso mortali,che si verificano su di esse.Per gli anzidetti motivi appare chiaro che le attuali infra-strutture di trasporto si rivelano inadeguate già oggi e cheesse risulteranno insufficienti tra pochi anni, per il forteincremento della domanda di trasporto, specie per i colle-gamenti via mare. Pertanto solo un collegamento stabile econtinuo fra le due sponde potrà rendere scorrevole e velo-ce il traffico commerciale e passeggeri da e per il Con-tinente, agevolare i1 traffico internodale, in particolare a

mezzo container su pianali ferroviari, i1 trasferimento dimezzi, macchinari, prodotti evoluti ed altri prodotti lavora-ti, verso i porti siciliani, che saranno meglio attrezzati perconsentire trasporto dei containers verso 1’Africa, in mododa rendere i nostri trasporti più concorrenziali. La Sicilia,in tal modo, potrebbe rappresentare la piattaformadell’Europa verso il Mediterraneo, in grado di favorire laripresa non solo per 1’Italia ma anche per gli altri Paesidell’Europa. La soluzione ponte potrà, in particolare, favo-rire:- la riduzione del traffico marittimo di attraversamentodello Stretto, con conseguente miglioramento della qualitàdell’ecosistema marino;- riequilibrio del sistema dei diversi modi di trasporto,orientando la preferenza sul treno, oggi più economico, piùsicuro, più adatto per il trasferimento di grandi masse dimerci ad alta velocità, con qualsiasi situazione atmosfericae in grado di ridurre i consumi energetici, l’inquinamento,gli ingorghi sulle autostrade e i conseguenti incidenti spes-so mortali;-1’acceleramento dei trasporti di derrate per il NordEuropa: oggi da Siracusa, Catania e Palermo, si impieganoda 45 a 50 ore per Chiasso, 75 per Bruxelles, Rotterdam,Amsterdam e 100 ore per Stoccolma;- il rispetto dei termini di resa per le FS che oggi sonocostrette a pagare grossi indennizzi agli spedizionieri per iprodotti andati a male o che non arrivano in tempo sui mer-cati.In relazione a tutto quanto sopra si può affermare, senzaombra di dubbio, che il ponte potrà rappresentare una gran-de opera di utilità pubblica, necessaria per il rilancio del-l’economia italiana e dell’ Europa. Non per nulla tale operaè stata riconosciuta utile e necessaria anche dalla ComunitàEuropea che a Strasburgo ha data il via libera definitivo a29 grandi opere, fra le quali risulta 1’asse ferroviario N°1Berlino-Palermo, che comprende il potenziamento del tun-nel del Brennero e la costruzione del ponte sullo Stretto,che nella Europa allargata rappresenta una volontà strategi-ca non regionale, ma nazionale ed anche europea.Aggiungo, inoltre, che la necessità di siffatte strutture èstata riconosciuta anche da Mario Monti, commissarioeuropeo alla concorrenza, che in un suo articolo “II merca-to prossimo venturo”, apparso su Capitalia, ha ritenuto taliopere come “l’ossatura necessaria per la realizzazione delMercato Unico”.

Avola (SR) - Via Venezia, 35 - Tel. 0931 821208

La tradizione della pasticceria artigianale

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ITAS: una stanzaaperta sul futuro

di Eleonora Vinci - foto archivio ITAS

A Siracusa, nel cuore dell’isola di Ortigia, da128 anni è attiva una Scuola che, istituitanell’Ottocento, si è affermata in un crescen-do di iniziative per tutto il secolo scorso,imponendosi nel nuovo millennio, con unprogetto formativo dagli sbocchi occupazio-nali sempre più innovativi.La preferenza dei giovani studenti, in cercadi future affermazioni in ambito professiona-le, per l’Istituto Tecnico per Attività Sociali“Principessa Giovanna di Savoia”, scaturi-sce in primis dal buon nome della Scuola e,successivamente, dalla sua capacità di darerisposte concrete alle esigenze dell’utenza edel territorio, coniugando, nel curricolo, laformazione culturale con l’approccio all’o-peratività e all’imprenditorialità.L’Istituto è stato diretto per undici anni da una nostra con-cittadina, la dottoressa Clara Marchese, che, con il suoimpegno tenace di professionista della scuola e la sapienteattività di qualificati collaboratori come Giuseppe Miglioree Adriana Pace a Siracusa ed Enrica Munafò a Noto, è riu-scita a trovare forme efficaci – ed anche serene e condivise– di promozione, di direzione, di cooperazione per la fiori-tura dell’istituzione scolastica nelle belle e importanti comu-nità cittadine in cui essa è inserita.Nel momento conclusivo della sua esperienza direttivaall’ITAS, la Preside ha curato, con Marco Goracci, la pub-blicazione di un volume dall’elegante e ricercata veste gra-fica, ricco di immagini, che svelano il laborioso percorsodell’Istituto lungo oltre un secolo.Una scuola, una storia, due città è il titolo del volume, cheraccoglie i contributi di dirigenti, docenti, storici, giornalistied ex alunne, per far meglio conoscere un’istituzione scola-stica tra le più antiche della città di Siracusa, che si avvaledi una sezione associata a Noto, e regalare emozioni attra-verso il percorso creativo di tanti giovani che, ispirati dalpatrimonio architettonico delle due città, simbolo dellanostra provincia, hanno prodotto lavori di straordinaria bel-lezza.Nella presentazione dell’opera, avvenuta il 26 ottobre diquest’anno, a Siracusa nel salone Borsellino di PalazzoVermexio, il professore Salvo Adorno, presidente dellaSocietà Siracusana di Storia Patria, ha sottolineato come lapubblicazione non sia il solito annuario, ma un libro fatto distoria viva e di presente. “Da storico - ha proseguito – citrovo un incipit di un grande progetto di storia complessiva

delle scuole. È un bel libro, non retorico, nonnoioso: un progetto di scuola che funziona.Mi ha colpito la quadruplice dimensione:quella territoriale (Siracusa e Noto); quellanazionale, perché il percorso dell’Istituto siinserisce nell’importante trasformazionedell’Italia dal 1879 ad oggi; quella europea,per la capacità di essere presenti nelle dina-miche attuali con progetti e scambi; quellamondiale, per la capacità di essere in tutte lerelazioni che oggi rappresentano il presente.I tre curricula, o tria corda come ama defi-nirli la preside Marchese, rispecchiano lacittà.”Significativo anche l’intervento dell’asses-sore provinciale al Turismo e commissariostraordinario dell’APIT Domenico Cacopar-

do, che, attraverso la lettura della poesia I giusti di Borges,ha apprezzato come la preside Marchese con la dedizionequotidiana “dei giusti” si è assunta il compito di salvare conquesto volume un pezzo di storia, che ha gelosamente custo-dito e che, a conclusione della sua carriera direttiva, conse-gna, alle giovani generazioni a cui dedica il volume.“L’affezione per l’ITAS - dichiara la Preside - mi ha spintonegli anni di presidenza a prestare attenzione a quanto pote-va essere documentato. L’esigenza, da me fortemente avver-tita, di recuperare e far riemergere fatti, date, episodi, cono-scenze diffuse nella memoria dei singoli e che rischiavanodi perdersi, è venuta ad incrociarsi con una corrente di stu-dio e di ricerca intorno alla storia di singole istituzioni sco-

Stage presso il laboratorio CEFIT di Avola

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lastiche. Il libro presenta una parte storica e una parte relati-va all’assetto formativo, alle attività svolte, nell’ultimodecennio, sia all’interno che nel territorio, attività che hannotracciato il complesso e innovativo profilo attuale dellascuola, restituendola altresì a quel ruolo e prestigio cheaveva saputo acquisire agli inizi del Novecento.”È decisamente interessante ripercorrere, attraverso la mono-grafia della professoressa Renata Russo Drago, la storiadella Scuola, che, istituita il 7 giugno 1879, può vantare diessere stata la prima del genere in Sicilia. La professoressaevidenzia come l’Istituto, frequentato a suo tempo anchedalla poetessa netina Mariannina Coffa, abbia rappresenta-to, sin dalla sua nascita, una vera novità nell’ambito dell’e-

ducazione femminile, costituendo “una stanza tutta per sé”per la donna, che allora era esclusa dall’istruzione.Grazie alle ricerche di archivio e ai documenti dell’epoca,quali il settimanale satirico “Il Tamburo”, vengono rico-struite le attività svolte, la partecipazione a mostre naziona-li e internazionali dei lavori prodotti. La Scuola ha meritatomedaglie e riconoscimenti davvero importanti; sorprendentigli invidiabili traguardi raggiunti dalle alunne, sin dalla par-tecipazione alla Grande Esposizione di Parigi del 1900, e isuccessi negli anni a seguire.Da “una stanza tutta per sé”, ovvero manifesto attivo del-l’affermazione del ruolo sociale della donna, a “una stanzaaperta sul futuro” con i tre corsi di studio (stilismo e moda,ambiente e salute, linguistico aziendale), che sono il fruttodel lungimirante lavoro di rinnovamento operato dalla pre-side Clara Marchese.Il successo della mostra “Ornati Barocchi per l’Himation”,allestita a Siracusa, presso la Galleria Civica di Montever-gini, che presentava una collezione di abiti ispirati al patri-monio architettonico dell’isola di Ortigia, ha stimolato l’e-quipe di lavoro del primo corso a instaurare relazioni e col-laborazioni con stilisti, accademie di belle arti, con l’IstitutoEuropeo del Design di Milano, per attività di stage, realiz-zando un innovativo connubio cultura-impresa e una siner-gia di rapporti, scambi e proposte.Di rilevante importanza anche i progetti formativi elaboratiin seno alla Scuola: il Progetto assistito ERICA (Educazionealla Relazione Interculturale nella Comunicazione Azien-dale), che ha prodotto interessantissimi lavori (“Percorsi nelVal di Noto”, “Guida Turistica del Val di Noto” e “Siracusa,ricerche per uno sviluppo sostenibile”), volti a far conosce-re e valorizzare uno dei patrimoni più ricchi d’Europa dalpunto di vista culturale e ambientale; il Progetto Autonomia

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A sinistra, la locandina della 1ª rassegna teatrale Teatroscuola in Festi-Val di NotoSopra, Siracusa, galleria civica di Montevergini, Mostra Ornati barocchi per l’Himation

Stage linguistico nella città inglese di Salisbury

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Ambiente e Salute, sviluppato in rispetto alla richiesta di unmercato di servizi in continua espansione, e con esigenzaforte di formare le giovani generazioni, sensibilizzandolesui fatti gravi di compromissione della qualità dell’ambien-te. Anche gli allievi di questo indirizzo sono stati coinvoltiin esperienze concrete di ricerca che trovano espressionenella realizzazione di documentari e pubblicazioni comequella dal titolo “Un’esperienza di laboratorio per il con-trollo della qualità dell’ambiente nella zona industriale diSiracusa o il libretto sullo smaltimento di PCB-PCT.Inoltre, una funzione prioritaria nella didattica si è data allaboratorio teatrale, che vede coinvolti gli allievi dei variindirizzi di studi, ciascuno con le proprie peculiarità, impe-gnati a studiare e mettere in scena commedie e tragedie,dimostrando grandi capacità anche in quest’arte. La grandenovità, che ha instaurato un rapporto fra l’ITAS, il teatro ela città netina, è stata l’idea del gruppo del Laboratorio tea-trale di organizzare un festival di teatro al “VittorioEmanuele” di Noto. Nell’anno scolastico 2005-06, con lacollaborazione del Comune e della Fondazione Teatro, ènata la prima Rassegna Teatrale “Teatro-scuola in Festi-Valdi Noto”, assolutamente inedita nella città del barocco.Un’esperienza, totalmente “a carico” degli studenti del-l’ITAS che hanno rivestito, con grande responsabilità, i ruolidi attori, scenografi, costumisti, maschere, ecc., che si èripetuta anche quest’anno, proponendo con successo di cri-tica e di pubblico, opere del teatro antico, commedie classi-che e moderne, un musical e lavori originali tratti da opereletterarie.La pubblicazione dimostra chiaramente che la scuola hasaputo trovare nel modello sperimentale iniziale gli stimoliper gli aggiornamenti attuali e che, nel solco della tradizio-ne, ha saputo conservare ed arricchire questo modello, ade-guandolo costantemente al mutare dei tempi ed alle esigen-ze dell’ambiente socio-economico in cui ha agito.

Pubblicazioni ITAS1997 I giovani e il cibo2000 L’arcobaleno nel piatto2004 Sentiero Cava Putrisino

Percorso trekking nel Val di Noto2004 Legalità, ambiente e sviluppo sostenibile2004 Siracusa: profili di una città complessa (DVD)2005 Ortigia: le vie del gusto2005 Trash story (DVD)2006 Riciclaggio e smaltimento di apparecchi conte-

nenti PCB e PCT2006 Itinerario Val d’Anapo

Storia – cultura – gastronomia - natura2006 Organizzazione e marketing del turismo integra-

to (DVD)2007 Incrocio di sguardi

1500 km di percezioni2007 Mangiare… che emozione!

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Quando la mia anima turcas’addentra tra voci lamentose e fruscianticome liquida seta,godere la ricchezzadi abiti lontanirinascenti con purezza sorgiva.E nulla è mortose posso ricomprare il mio orto,rustico giardino delle Esperidi,e le mie nottisotto le stelletranquillamente pallidee il mio mare,tazza di smeraldo.Un’aguzza pietàper queste mie radicisoavemente dolorosemi assale dal profondo me stessaed un gran piantodi me e degli altrinella vita mia.Nel bazar di Adalya,vendere per un soldole amicizie infedelie l’affannosa scelleratezzadella vita,purificarsidei silenzi ottusie delle molli condiscendenze,essere solose stessiperfettamente.

Nel bazar di Adalya,quando le profeziesi liquefannoin sogni opalescentie l’anima si perdenei fluttuanti meandridel pensiero,comprare un granodi speranza ancora,mentre la vitasibila in un soffio…

Sinistramentesulle vuote occhiaiedi certa casa pronta pel picconebalena il lampoe illumina le stanze:affreschi e voltestipiti e paretitutto parla di ierie tutto narra…anime nudesciorinate al ventoed incessanterovinio del tempo.

di Giulia Pacca

Nel bazar di Adalya

POES

IA

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Verso la fine dell’Ottocento, l’armaioloCorrado Montalto si trasferisce dallanatia Modica a Rosolini, dove, a con-ferma della versatilità che contraddi-stingueva molti artigiani dell’epoca,apre un’officina polifunzionale, aggiun-gendo all’attività iniziale, anche quelle

di fabbroferraio e di meccanico.Il figlio Giuseppe (1870-1944), secon-do le abitudini del tempo, inizia preco-cemente (all’età di circa 10 anni) alavorare nell’officina paterna e sarà col-laborato, a sua volta, da due suoi figli:Salvatore (1906-1994) e Pietro (1909-1985). Quando Giuseppe assume latitolarità dell’officina, la sua notorietàsi accresce notevolmente, tanto che ilbarone Vincenzo Sipione, nel 1921, viporta da Modica la propria automobile“Itala”, per un ripasso che, all’epoca,ben pochi erano in grado di operare cor-rettamente. Il Montalto si specializzaanche nella saldatura di campane lesio-nate, ma non è tanto la sua poliedricitàche vogliamo sottolineare, quanto l’ec-cezionale capacità tecnica che riesce adacquisire nella lavorazione del ferrobattuto, che, unitamente all’adesioneallo stile Liberty, gli fa meritare, anostro parere e fatte le debite propor-zioni, il prestigioso appellativo diMazzucotelli di Rosolini.Alessandro Mazzucotelli (1865-1938) èstato definito “il migliore dei maestriferrai italiani nell’età Liberty” (RossanaBossaglia, Il Liberty in Italia, IlSaggiatore, Milano, 1968, p.118). Lagrande notorietà che precocemente rag-giunse, anche in ambito internazionale,fece sì che i suoi lavori, ampiamente

documentati nelle riviste specializzatedell’epoca, fossero imitati da quegliartefici del ferro che si ritenevano capa-ci di confrontarsi, senza sfigurare, conun tale maestro.Fra i tanti cataloghi del Montalto,attualmente conservati dalla nipoteAngela che ringraziamo per la cortesecollaborazione, ce n’è uno contenenteuna ricca documentazione fotograficadi opere del Mazzucotelli: è molto pro-babile che il Montalto lo sottoponesseall’attenzione dei clienti più esigenti efacoltosi. Siamo riusciti a individuaredue sue opere copiate da questo catalo-go, due autentiche copie d’autore checostituirono, all‘epoca, due testimo-nianze eloquenti del suo eccezionalevirtuosismo tecnico: una era la pensili-na della farmacia Coppa, sul Corso diNoto, e l’altra è il cancello dell’edicolafuneraria di famiglia e si trova nel cimi-tero di Rosolini. La prima riproduceva,ovviamente con una diversa intestazio-ne, la pensilina della gioielleria Cal-deroni di Milano ed esiste ormai solo

Giuseppe Montaltoil Mazzucotelli di Rosolinidi Corrado Appolloni

PERS

ONA

GG

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Avola, Piazza Umberto I n. 23

Rosolini, cimitero, cappella Montalto

Pensilina della Gioielleria Calderoni (Milano)riprodotta a Noto per la farmacia Coppa

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nel ricordo di quanti poterono ammirar-la, prima che fosse distrutta intorno al1960. Non avendo reperito nessunadocumentazione fotografica della stes-sa, ne pubblichiamo l’immagine trattadal catalogo del Mazzucotelli, sullaquale l’autore aveva scritto, a matita, ilnome del committente. La seconda, chesi trova attualmente nella cappella dellafamiglia Montalto, nel cimitero diRosolini, è una copia fedele del cancel-lo della cappella della famiglia Beaux

(cimitero di Milano) e, presentata nel1929 alla III Fiera Campionaria diTripoli, vi ottenne una ben meritataMedaglia d’Oro. Un’altra sua opera,una porta in ferro battuto, aveva ottenu-to la “Medaglia Vermeil” allaManifestazione Agricola Provin-cialeche si era tenuta a Noto nel 1926, colpatrocinio del Ministero dell’Eco-nomia Nazionale.È quasi certo che l’adesione delMontalto al Liberty sia nata ad Avolanel 1912, quando, nel progettare lacostruzione dell’edificio sito in piazzaUmberto I n. 23, l’ingegnere avoleseGiuseppe Piccione (1866-1918) glicommissionò i ferri battuti: nell’occa-sione il Nostro produsse il primo deisuoi capolavori Liberty, realizzandouna “pirotecnica balconata (…), inassoluto la più bella ringhiera in ferrobattuto esistente in Avola” (CorradoAppolloni, Avola Liberty, GraficheMotta, Avola, 1985, p. 16). A questogiudizio, da noi espresso nel lontano1985, ci sentiamo di aggiungere chel’autore, in quell’occasione, riuscì a tra-sfondere nel ferro il vitale dinamismodel colpo di frusta, che è quasi unemblema della grafica Liberty.Un altro esempio di fruttuosa collabora-zione si realizzò a Pozzallo intorno al1928, quando l’ingegnere VincenzoArangio ristrutturò il palazzo “Giunta-Musso”: il Montalto vi realizzò, tra l’al-tro, la spettacolare suite di ferri battutiche recinge la grande terrazza del primopiano.Attraverso una lunga e difficile ricerca,

siamo riusciti a compilare un elenco deilavori del Nostro, ovviamente non tuttidi impronta Liberty. Tale elenco, anchese incompleto, ci sembra tuttavia suffi-ciente ad assegnargli il riconoscimentodi migliore artefice del ferro della zonasud della provincia di Siracusa, nellaprima metà del Novecento. Nella zonanord, nello stesso periodo, la suprema-zia fu esercitata dai fratelli Giuseppe edEmilio Prazio di Melilli.

Avola, Villa Mimma, strada per Tangi

Avola, Villa Teresina, strada per AvolaVecchia

Avola, Villa Mimma Pozzallo, Palazzo Giunta-Musso

Opere di Giuseppe Montalto

Avola: cimitero, cancello della cap-pella Artale; casa Marino, piazzaUmberto I n. 23, balcone; villa Tere-sina, strada per Avola Vecchia, can-cello; villa Mimma, strada per Tangi,cancello e ferri della scalinata ester-na; casa Rudilosso, via Marsala 5;chiesa di S.Venera, cancello dell’alta-re di sinistra.Noto: Pantheon, ringhiera esterna;farmacia Coppa, pensilina (distrutta):cimitero, cappella preside Curcio; viaD. Cirillo (opera non localizzata).Siracusa: casa comm. Cassone, viaRoma o via Maestranza (non localizza-ta).Rosolini: cimitero, le seguenti cap-pelle: Cassar-Scalia, avv. Valenti,famiglia Odierna, cav. Michele Sale-mi, comm. Leggio, fam. Montalto;palazzo Sipione, via Sipione; villacav. Criscione, via Roma; casa Cor-rado Santacroce, piazza Garibaldi;ospizio Leggio, via G. Meli.Pozzallo: palazzo Giunta-Musso;ristorante-albergo Caruso; villa mar-chese Tedeschi.

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Doppiata Punta Balatella, venne labonaccia che sfianca gli equipaggi e chedà noia. Senza forza s’afflosciò la vela,lasciando la speronara in giolito delleonde.“Mano ai remi”, ordinò il raìs alla ciur-maglia che si beava davanti alle bellez-ze della costa “ai remi, ché è tardi, e ilsole morde le schiene. A quest’oraavremmo già dovuto scaricare a Sira-cusa: Issa, Aziz, issa il timone dentrobordo, arranchiamo con la forza dellebraccia”.A manca della prua, la campagna ver-deggiava ai piedi di un elevato tavolierecrepato in mille fenditure scavate daitorrenti.“Vira, vira a dritta”, urlò all’improvvisoil capitano al vecchio marinaio di

Biserta svagato dal diletto della costa“non vedi l’occhio della polla che gor-goglia al centro della secca?”Frane e sassi emergevano da mammel-loni verdi e da terrazzi coltivati a vignee a cannamele.“Che bellezza, signorìa! Che ricchezzaqueste terre! Da Rahalmedica a Borgel-lusa, oltre la tonnara, tutto questo bene,coi vigneti, coi saccari, appartiene alduca di Terranova, marchese d’Avola.Là c’è il paese, in cima alla montagna.Lo scorgete, signorìa? Dietro a quelciglione, diritto sopra quella nera mac-chia di carrubo. Affiorano due torri qua-drate a fianco della porta, le cimase delpalazzo, un barbacane di rinforzo e unlungo pezzo di muraglia”.Era il primo abitato che a malapena si

Il duellodi Pino Di Silvestro

In questo numero della nostra rubrica ospitiamo un brano di La fuga, la sosta. Caravaggio a Siracusa, romanzo col qualePino Di Silvestro nel 2002 ha esordito nella narrativa, vincendo l’anno successivo il premio “Elio Vittorini”.Pino Di Silvestro è nato a Siracusa da Pasquale e da madre avolese, Concettina Dugo, il 15 maggio 1934. Dopo gli studiliceali si è iscritto alla Facoltà di Lingue dell’Università di Catania, specializzandosi in Lingua e letteratura tedesca conuna tesi su Thomas Mann e il mondo delle sue novelle. Già maturo come pittore, negli anni Settanta si dedica all’arte del-l’incisione, privilegiando, a partire dal 1978, la xilografia, con riferimento specifico agli xilografi tedeschi contempora-nei, specialmente Hansen-Bahia e Hap Grieshaber. Ha esposto, nel corso degli anni, in varie mostre, riscuotendo quali-ficati consensi in Italia e all’estero. Ha anche illustrato opere di Luciano, Sofocle, Eschilo, Hölderlin, Dante.Amico di grandi scrittori siciliani, come Leonardo Sciascia, Gesualdo Bufalino e Vincenzo Consolo, ha maturato, via vianell’ultimo ventennio, una progressiva vocazione letteraria, espressa dapprima nella saggistica e poi nella narrativa. Nel1987 ha, infatti, pubblicato con Sellerio il saggio August von Platen. Morire a Siracusa e nel 1996 sempre con Sellerio Leepigrafi di Sciascia.L’esordio nella narrativa è avvenuto con il romanzo suddetto, edito dalla Rizzoli, nel quale l’autore ripercorre gli eventiconnessi alla sosta siracusana che il pittore Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, effettuò durante l’avventurosa fugada Malta. In questo romanzo storico, che Consolo ha definito di puntigliosa documentazione e di fervida invenzione, DiSilvestro, da buon oriundo avolese ha voluto rendere omaggio alla memoria storica di Avola Antica, citandola in una brevedescrizione e inserendola nell’immaginario ideale e nei ricordi artistico-culturali del Caravaggio.C’è da dire che Pino Di Silvestro non ha mai reciso il suo rapporto con Avola. Qui, infatti, ha insegnato tedesco dal 1964al 1969 presso l’Istituto Tecnico Commerciale. Qui ha vari amici da lungo tempo. Nella montagna di Avola Antica ha unacasetta, dove trascorre i periodi estivi tra i colori e i profumi naturali iblei, gli stessi che Vincenzo Consolo ha sapiente-mente descritto nel suo libro L’olivo e l’olivastro. Lì, infatti, lo scrittore messinese è stato ospite per parecchi giorni nel-l’estate del 1993, approfondendo il suo amore per Avola, per le sue bellezze naturali e per la sua gente.Il brano che riportiamo è l’incipit del quarto capitolo, il cui titolo è Il duello.

Spigolature letterarie

a cura di Sebastiano Burgaretta

LETT

ERAT

URA Avolesi nel mondo - Anno 9 n. 1 - Febbraio 2008

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mostrava, nascosto tra rughe di terra e roccia. Indurito nel sembiante, Caravaggio guardò svagatameneNardo, e di sfuggita. Aveva capito poco della parlata che gli

piaceva ascoltare, per l’armonia delle tonalità ora aspre eora alte simili a una cantata. La sua mente correva in altroloco, tra altra gente. Nella testa gli brillavano i castellidipinti da Simone Martini a Siena nell’anno della grandecarestia e degli assalti ai magazzini del frumento. Fu, quel-lo, l’anno delle impiccagioni in terra di Toscana. Ed eccoche pensa alle cave, alle rocce scabre dipinte in ocra mortada Mantenga dietro al Sebastiano legato alla colonna. I pen-sieri di Michele andavano agli edifici, ai castelli affrescati aMantova dal maestro sulle pareti della Camera Magna delCastello di San Giorgio, con i torrioni malvagi, simili intutto ai fortilizi di Avola, collocati su scrimoli di roccia avertiginose altezze.Nella sosta forzata del viaggio, Caravaggio stava dietro allesue visioni, ai suoi ricordi. Gli venne in mente Leonardo, ilpittore degli scogli che prendono vigore dall’umida penom-bra, l’indagatore dell’occhio e del vedere, il teorico maestrodell’impasto del colore.

C. Frateantonio, Ricostruzione ideale di Avola Antica; particolare del Mito diAretusa, acrilico su tela, cm 150 x 350

Hanno arricchito la nostra biblioteca

Giuseppe Bruna MontiniPabloEsercito e SportEd. LaterzaBari, 1989

Giuliano ChirraTrattare ke frateskertare ke inimicosEd. SCMuros (SS), 2002

“östa la veja”1690-1990

Messina, 1990

Andrea NativiNel cuore dei balcaniEd. MondadoriMilano, 2003

Sebastiano BurgarettaSicilia intimaViaggio nella cultura popolare sicilianaEmanuele Romeo EditoreSiracusa, 2007

Presidenza del Consiglio dei MinistriIl tricoloreil simbolo, la storiaDipartimento per l’Informazionee l’EditoriaRoma, 2005

Angelo RulliniAi figli di MarteLibreria Editrice UrsoAvola, 2006

Leggere donnaLe ragazze di ierie quelle di oggin. 121, marzo-aprile 2006

Carmen Rita PantanoParole allo specchioLuciana TufaniEditrice, 2007

Gabriella TiralongoLa disputaLe trivellazioninel Val di NotoSanpognaro & PupiFloridia, 2007

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Riqualificazione del centro storico

Riqualificazione del centro storico è laparola d’ordine che impera ad Avola inquesto periodo. La città, che per la suaforma esagonale, insieme al comune diGranmichele, è unica nel suo genere,punta al recupero delle piazze. Ad esse-re interessate dall’imponente interventoche valorizzerà il centro storico sono lapiazza Umberto I, la piazza Trieste,meglio nota come San Giovanni, lapiazza Regina Elena, alias Sant’An-tonio e la piazza Teatro, ossia SantaVenera. Sarà recuperata l’antica fisio-nomia nel pieno rispetto di quello cheera l’assetto architettonico dell’epoca.Il corso Vittorio Emanuele, la via piùimportante della città ad andamento perfettamente rettili-neo, che dalla stazione ferroviaria percorre per due chilo-metri l’intera città per unirsi al viale Santuccio, più notocome viale Lido, sarà coinvolto dai lavori per quella por-zione che collega la piazza Vittorio Veneto alla piazzaUmberto I e questa ultima fino alla piazza Trieste. Anche ilcorso Garibaldi beneficerà della riqualificazione dato che èl’asse viario che collega le altre due piazze dell’esagono.I progetti sono stati finanziati dai fondi Cipe destinati agliinterventi di particolare rilevanza urbanistica dei comunicon popolazione superiore a 30.000 abitanti. In linea gene-rale saranno rimossi i corpi illuminanti, in piazza UmbertoI, o si provvederà al restauro dei lampioni artistici, in ghisae acciaio decorati con motivi floreali, per la piazza Teatro,in ghisa e ferro, risalenti probabilmente agli inizi delNovecento, per la piazza Regina Elena. È gia stata rimossa

in tutte le piazze la pavimentazione esistente ad eccezionedella piazza Umberto I, dove si sta procedendo per gradi,due quartini alla volta, proprio per ridurre al minimo ildisagio dei cittadini e degli esercenti delle attività com-merciali. Il materiale che verrà utilizzato sarà diverso aseconda che si tratti della piazza o del sedime stradale.Verrà utilizzato il basolato in pietra cercando di seguire ildisegno delle antiche pavimentazioni.L’orlatura dei marciapiedi è già stata sostituita e, secondole direttive della Sovrintendenza ai Beni Culturali, sarà inpietra calcarea perché conforme all’esistente. È previstol’inserimento di nuovi elementi di arredo urbano oltre unadiversificazione della vegetazione. Un’attenzione partico-lare pare sia stata dedicata alla piazza Trieste che, forse,rispetto alle altre, versa in condizioni di maggiore degrado,amplificato anche dalle superfetazioni esistenti come il

di Gabriella Tiralongo - foto di Giuseppe Grande

ATTU

ALIT

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Piazza Umberto I, lavori in corso

Piazza Teatro, lavori in corsoProgetto per la piazza Teatro

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chiosco e l’ex distributore di carburante. In piazza ReginaElena sarà ripristinato l’assetto originario. La fontana diforma circolare, infatti, realizzata negli anni Settanta è stataeliminata, per cui il corso Garibaldi la taglierà ortogonal-mente, così come ha previsto la Sovrintendenza, che inten-de recuperare l’originaria simmetria tra la via Lincoln e lavia San Francesco d’Assisi che delimitano l’esagono. Alcentro della piazza, però, non verrà ripristinato il trafficoveicolare, ma un percorso esclusivamente pedonale chesarà realizzato su un livello leggermente superiore rispettoal sedime stradale. L’avvio dei cantieri in contemporanea,imposto dall’esigenza di scongiurare la perdita dei finan-ziamenti, (tale sarebbe stata la nefasta conseguenza se nonsi fosse proceduto e speso la gran parte dei finanziamentientro il dicembre 2007), ha creato non pochi disagi alla cit-tadinanza soprattutto per via del traffico veicolare partico-larmente congestionato. La mancanza di un piano adegua-to ha ingenerato, soprattutto nella fase iniziale, un moto dimalcontento cittadino.

Piazza Trieste, lavori in corso

Cominciamo dal già detto e già sentito: l’adolescenza è un’età ditransizione, gli adolescenti sono individui fragili con una perso-nalità ancora tutta da definire e, per finire in bellezza, i giovanid’oggi non hanno più dei valori e dei sani modelli di riferimen-to.Quali siano e da chi siano rappresentati questi totem formativi èpoi tutta un’altra questione, dal momento che le stesse cose sonosempre state portate come prove a discredito nelle faide genera-zionali di ogni tempo.La verità, per quanto parziale e soggetta a riprova essa possaessere, è che modelli e valori mutano negli anni e hanno bisognodi essere storicizzati per essere compresi, soprattutto da chi gio-vane non lo è più da tempo e quindi si accontenta di esprimeregiudizi.Perché, è ovvio, i più accesi sostenitori della vacuità intrinsecaalle nuove generazioni hanno da tempo superato la boa dei qua-ranta e, causa la labilità della memoria, hanno dimenticato che lostesso giudizio veniva espresso dai loro genitori, dai moralistid’ogni epoca, da chi, non capendo e perciò temendo i mutamen-ti sociali, se non poteva fare appello a vuoti etici, si appellava ai“cattivi maestri”.Basta la logica per sconfessare le tesi suddette. Posto che ogninuova generazione, a giudizio di quelle precedenti, perde unaconsistente quota di valori – a cui erano arroccati e su cui si eranoarenati i predecessori – e che questo processo è stato notato datutti gli educatori, da Quintiliano in poi almeno, se fosse vero,due sarebbero le soluzioni plausibili: o l’uomo era in possesso diuna quantità talmente infinita di valori da poter essere progressi-vamente sperperata nel corso degli anni da migliaia di genera-zioni di adolescenti, mantenendo ciò nonostante una quota resi-dua per i posteri, o l’azione di queste schiere di etoclasti da qual-che secolo a questa parte avrebbe fissato a zero il repertorio eticodell’umanità.Si tratterebbe allora di un tentativo patetico da parte dei più vec-chi di addossare la colpa del maltolto ai più giovani?Ma, lasciando perdere queste amenità speculative cerchiamoinvece di comprendere cosa realmente sia mutato nel corso deidecenni e quali siano i veri problemi degli adolescenti del nuovomillennio.Non potendo intervistare un numero precisato di ragazzi, siamo

di Andrea Sanfilippo

PSIC

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GIA

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Quali gli orizzonti deinuovi adolescenti?

Arrivati alla chiusura della rivista,apprendiamo con grande dispiaceredella dipartita del gen. Piero Toselli,

grande netino di Roma, amico cordialee affettuoso.

Lo vogliamo ricordare ai nostri socicon cordoglio e affetto fraterno.

I GIARDINI DI NOTOAGRITURISMO - RISTORANTE - PIZZERIA - CERIMONIE

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andati a parlare con uno psicologo, il dott. SebastianoGelsomino, che da anni si occupa di problemi adolescenziali e diorientamento nelle scuole. La nostra “fonte”, dunque, non espri-merà propri giudizi, ma ci consentirà di fare un punto della situa-zione, almeno dal punto di vista statistico.Innanzitutto, chi sono questi adolescenti e cosa si definiscecon questo termine?Bisogna dire, preliminarmente, che studi recenti condotti dasociologi e psicologi hanno portato ad una ridefinizione del con-cetto di adolescenza. Prima essa veniva circoscritta ad un arcotemporale che andava dai dodici ai diciott’anni circa, mentreoggi questo periodo si allunga fino ai trenta. Inoltre è stata fattauna ulteriore distinzione: dopo i venti si parla infatti di giovaniadulti, una figura ibrida edi transizione fra l’adole-scenza e l’età adulta verae propria.Quali sono i fattori chehanno determinato que-sto slittamento in avan-ti?Le motivazioni sono in-nanzitutto di caratteresociologico. La fine del-l’adolescenza, oggi comeallora, coincide con l’e-mancipazione dell’indivi-duo dalla famiglia di ori-gine. Perché tale distacco possa avvenire è ovvio che il ragazzodebba raggiungere l’autonomia economica e la capacità di autosostenersi.Se prima i neo maggiorenni erano in grado di raggiungere talestatus, oggi bisogna aspettare almeno fino ai ventotto – trentaanni per uscire di casa. Questo è in parte consequenziale alleistanze di una società in continua evoluzione. Se fino a qualchedecennio fa, infatti, la conclusione del periodo formativo coinci-deva, nella maggior parte dei casi, con il conseguimento deldiploma, oggi la laurea non sembra più sufficiente e la necessitàdi frequentare master e altri corsi di specializzazione spostanonecessariamente in avanti l’ingresso nel mondo del lavoro. E,come se ciò non bastasse, molto spesso, nelle professioni specia-listiche, bisogna aspettare un numero imprecisato di anni perraggiungere una reale stabilità economica.Quindi è anche la difficile congiuntura economica e la man-canza di lavoro a non consentire ai ragazzi di diventare gran-di?In parte, ma solo in parte. Molto spesso i ragazzi cominciano alavorare solo per “tastare il terreno”, prendendo tutto come unperiodo di prova in attesa di qualcosa di meglio, un’esperienzafra le altre insomma. Ma bisogna aggiungere che spesso i piùgiovani, quelli di ventidue – ventitré anni, non cercano affattoun’occupazione e quelli più grandi hanno davanti un repertoriotalmente vasto di opzioni da non riuscire a scegliere. Molto spes-so nella mia attività di orientamento nelle scuole mi sono resoconto che i ragazzi non hanno idea di cosa vogliono fare proprioper la quantità illimitata di offerte che la nostra società, almenoin teoria, pone.Insomma, l’orizzonte si allarga ma non si vede più la meta…Proprio così. Bisogna inoltre dire che il campione di riferimentoriguarda soprattutto la medio-alta borghesia. Solo i figli di fami-

glie più o meno agiate possono permettersi il lusso di prenderse-la comoda, per gli altri, è chiaro, il lavoro diventa un fatto disopravvivenza. I più abbienti, inoltre, si trovano di fronte amodelli troppo complessi rispetto a quelli tradizionali semplici ecristallizzati.Solo pochi anni fa la famiglia era composta da un padre chelavorava e una madre che restava a casa. I modelli da imitareerano estremamente semplici. Oggi invece le figure genitorialisono ibride e spesso invertite. Non che questo sia di per sé unmale, ma è ovvio che complichi significativamente la necessitàemulativa dei ragazzi. Tutto questo dal punto di vista sociale. Ma dal punto di vistaindividuale tale complessità cosa comporta?

A livello psicologico siregistra una crescenteconfusione e l’incapacitàdell’individuo di compie-re delle scelte definitive.Questo va ovviamente dipari passo con la fram-mentarietà di cui sopra.Paradossalmente abbia-mo notato che proprio iragazzi più colti hanno lemaggiori difficoltà a sce-gliere cosa voler fare del-la propria vita e quindimaggiori nozioni spesso

coincide con maggiore confusione. Nell’individuo questo generaansia e insicurezza, entrambe generate dal vuoto, dall’horrorvacui, che si sperimenta una volta finiti gli studi o in attesa dellaloro conclusione.È quindi un senso di minaccia, di paura di ciò che non siconosce ad affliggere le nuove generazioni?Non solo le nuove generazioni. Diciamo che questi problemisono connaturati all’età, ma oggi sono più evidenti. Ed è diffici-le intervenire su vasta scala: le scuole sono ancora impreparatee le sporadiche attività di orientamento non bastano. Questo nonè colpa di nessuno, perché il problema è in via di definizione e lenuove descrizioni, che sono poi le più precise, si hanno da appe-na cinque anni. Ma l’incapacità di staccarsi dalla famiglia e di diventare degliindividui produttivi non avrà effetti disastrosi sia dal puntodi vista sociale che individuale?Dal punto di vista individuale sicuramente. Spesso noi abbiamopazienti che non hanno saputo reagire o semplicemente organiz-zarsi una vita propria dopo la morte dei genitori. Stiamo parlan-do anche di quarantenni che hanno vissuto tutta la vita a casa!Questo è anche dovuto a un mutato rapporto nelle gerarchie frafigli e genitori. Non c’è più la necessità di andarsene di casa peremanciparsi dal controllo asfissiante di una famiglia patriarcalee c’è la difficoltà di rinunciare ai comfort cui si era abituati.A livello sociale, comunque, penso che questo sia solo unmomento di transizione. Se infatti oggi ci si può permettere divivere fino a tarda età con i genitori perché questi a loro voltahanno lavorato e risparmiato, i figli dei trentenni di oggi cheritardando l’ingresso nel mondo del lavoro non riusciranno arisparmiare e a garantire quegli stessi standard, di che campe-ranno senza lavorare?

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Liceo Classico, anno scolastico 2007-2008, classe III B

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Qualche anno fa mi trovavo in Liguria,sul lungomare di San Remo, a goderedel giusto riposo di una giornata divacanza. Appoggiato alla ringhieraosservavo il mare e l’orizzonte, tuttopreso da vecchie reminiscenze, dalricordo del mio mare siciliano che hosempre amato sin da fanciullo, immer-so nel quale usavo trascorrere ore e ore,giocando e rotolando come un delfino,stabilendo con esso un dialogo pro-fondo, risolvendo i mali del corpo edella mente, mare amico che solo riu-sciva a levitare la mia esistenza.Ad un tratto ho notato al mio fianco unattempato signore che incuteva rispet-to, con una strana tunica che vagamen-te ricordava il modello dei costumi e ilfine drappeggio delle sculture greche.Ai piedi portava dei pesanti sandalicome quelli degli antichi opliti. Mirivolse un cenno di saluto al qualerisposi d’istinto e, avendo compreso lamia sorpresa, così cominciò a dialoga-re:R: - Caro figliolo, vedo che provi gran-de piacere davanti questo mare. Lanatura provoca delle sensazioni ogget-tive e vere che ci permettono di com-prenderla. È così che la nostra intelli-genza acquisisce la conoscenza dellarealtà. Ma attento agli inganni.D: - Quali inganni? Io stavo meditandoper meglio capire i segreti della natura,per non commettere errori nell’inter-pretare la realtà delle cose.R: - Proprio qui sta l’errore. Un atto dimeditazione porta a un ragionamento,ma ci fa perdere l’immediatezza dellesensazioni perché facciamo una valuta-zione e il nostro intelletto non si fermaall’evidenza, alle sensazioni prodottedirettamente dalle cose. Alcuni neganoasserzioni di verità ulteriori all’appa-renza immediata.D: - Ma non saremo precipitosi nellepercezioni e più indotti a errare?R: - Proprio il contrario. Tutto dipende

dal modo di valutare. Accogli comevero ciò che è evidente e in questomodo non potrai sbagliare. La tua opi-nione può essere vera o falsa, sarà veraquella che riuscirai a confermare primacon l’evidenza e poi con l’esperienza,sarà falsa quella che non troverà con-ferma alcuna.D: - Comprendo cosa intendi dire. Maperché non tieni conto delle esperienzepassate?A: - Vedo che cominciamo a intender-ci. Proprio di questo ti volevo parlare.Si tratta di sviluppare un processocognitivo che prevede concetti nondiscendenti da formazioni naturalidella mente antecedenti all’esperienza,come intendono taluni, ma semplicischemi mnemonici dell’esperienzapassata, tali da anticipare l’esperiezafutura. Così l’uomo si costruisce delleimmagini, delle sensazioni provate, un“archivio” di fatti patiti o vissuti chegli permettono di conoscere i caratteridelle cose.D: - Comprendo questo tuo argomenta-re anche se vedo l’uomo un po’ solonella ricerca della verità delle cose onella scelta di decisioni sagge e azionicorrette.R: - Ti riferisci certamente alla neces-sità di ausili da utilizzare per pervenirealla verità. Ma pensa ai sentimenti dipiacere e dolore, fondamentali perdistinguere il bene e il male. Essi sonoalla base di ogni nostra decisione,regole certe del nostro agire. Parleremodella saggezza se ti aggrada. Le deci-sioni del saggio meritano alta conside-razione.D: - Questo tuo modo di pervenire allaconoscenza tramite sensazioni miriporta ad antiche concezioni filosofi-che che studiavo da giovanetto e allequali non ero del tutto insensibile. Laconoscenza umana è un fatto fisico?R: - Fa piacere parlare con te perchédai soddisfazione a un povero vecchio.

Vedi, pensa al nulla. Cosa credi chepossa nascere dal non essere? Senascesse qualcosa, allo stesso modotutto potrebbe derivare da tutto. Alloranulla si dissolverebbe nel nulla perchécol tempo tutto risulterebbe finito,fugace. Allora è ovvio pensare che larealtà fu sempre così come è ora e saràsempre tale. Pensa alla realtà nella suatotalità. Essa è il tutto infinito. Non c’ènulla in cui possa mutarsi, né vi è nullache possa mutarla. Essa esiste e noipercepiamo i corpi che la costituisconoe si muovono nel vuoto. Il movimentogiustifica l’esistenza del vuoto, anchese è impalpabile. I corpi sono sempli-ci e indivisibili o composti e la materianon è divisibile all’infinito.D: - Posso convenire, ma come darespiegazione ai fenomeni fisici?R: - Si, è vero. Ma io ti dico che gliatomi hanno loro caratteristiche qualila figura, il peso, la grandezza, neces-sarie a giustificare la diversità fenome-nica delle cose.D: - È interessante quanto dici, ma noncapisco la formazione dei corpi. Forseil movimento degli atomi è caotico?R: - Alcuni lo pensano ma non è così.Essi si muovono su linee rettilinee, peresempio dall’alto verso il basso, ma leloro diverse caratteristiche causanoinclinazioni che sono l’origine di scon-tri e aggregazioni. Nulla è governatodal Fato e dal Destino.D: - Mi stai presentando una realtàretta dal casuale e dal fortuito?R: - Certamente! Tutto è casuale e for-tuito.D: - Mi fa paura questo modo di argo-mentare. L’Essere divino non vi trovaspazio, un Creatore che avesse origina-to sin dall’inizio il moto della materia.R: - Ma non nego l’esistenza degli dei.Essi vivono beati, incuranti degliuomini, in tutto uguali agli esseri cor-porei, con strutture di carattere atomi-co, atomi sottilissimi. Inviano agli

Della felicità e del piacere

di Corrado Vella

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uomini i loro simulacri resi percepibilie sostenibili per i loro organi attraversouna visione mentale diretta e immedia-ta, una intuizione immaginativa. Manulla hanno a che fare con la creazione.Se poi ci fosse un Creatore, chi loavrebbe creato?D: - Questo è l’unico modo di cono-scenza degli dei?R: - No! Questo è un modo “mediato”.C’è un modo più diretto di presentarsiagli uomini nei sogni e nelle visioni. Intutti i casi manifestano una naturaumana potenziata e offrono un esempiodi vita perfetta e beata.D: - Nella vita umana esiste qualcosadel genere?R: - In un certo senso sì. Fai riferimen-to ai saggi, agli uomini più amati daglidei, in quanto hanno la stessa virtùdella giustizia, della sapienza, dellafortezza e temperanza.D: - Ho sentito disquisire su tali virtù econosciuto i tentativi di assimilazionedell’uomo a Dio.R: - Lo so, ma io ti dico che le virtùsono alla base di una teoria del piacere,che non è il bene cirenaico in sé quan-do concedono al saggio il raggiungi-mento di uno stato di indifferente sere-nità di fronte alle vicende del mondo.L’assimilazione dell’uomo a un Dioperfetto va inteso in senso più umano,perché Egli si pone a espressione mas-sima di una realtà cui l’uomo appartie-ne in terra.D: - Sembra che l’uomo possa goderedelle stesse virtù o piaceri degli dei.Non è troppo spingersi a tanto?R: - Perché dici questo? Non vuoi pro-prio immedesimarti nella vita del sag-gio che vive in assoluta assenza di tur-bamento e in piena serenità di spirito,al di fuori della polis, anche se non rin-nega la politica? Ma io ti dico di più.Per godere una vita imperturbata devitotalmente astenerti dalla politica, solofonte di affanni. Solo un monarca puòessere saggio, perché sa garantire sta-bilità di governo e la felicità dei suddi-ti. Vivere nascosto non vuole dire vive-re da asceta come il mendicante isolatodal mondo, ma secondo un’etica che titiene lontano dallo Stato, svuotato dicontenuti educativi, di un ethos, masemplice ordinamento giuridico.D: - Così facendo mi sembra che il

discorso politico si riduca ad un’anali-si del problema della giustizia.R: - In un certo senso si, perché giusti-zia e ingiustizia “in sé” non possonocoesistere. Capirai che una legge,architettura umana, deve garantire lasopravvivenza della comunità e perdu-ra fintanto che resta valida la sua utilitàsociale. Per il saggio essa è un merostrumento per garantire la sua protezio-ne e la tranquillità.D: - Capisco, ma un certo Platone giu-stificava questa coesistenza. Sono delparere che il saggio sa trovare altrerisorse cui riferirsi.R: - Non ricordare Platone. Ho piacerea disquisire con te su questi temi ancheperché mi precedi con certe tue intui-zioni. Non è forse una risorsa l’amici-zia, non virtù in senso assoluto, masentimento, affetto per una persona?Anche se a volte nasce da un interesseo dall’utilità, sa essere anche disinte-ressata. E la Scuola fondata sulla chia-ra conoscenza della natura delle cose,sostenuta da vincoli di vera amiciziaverso qualcuno su cui poter contare?D: - Devo però confessarti che fatico acomporre questo mosaico perché mi èparso di capire che intendi ridurre larealtà spirituale, l’essenza dell’uomo edel creato, a qualcosa di materiale.R: - Dici questo perché hai perso il finecui tende l’uomo, anch’esso materiale,cioè il piacere che è assenza del dolore,sia fisico che psichico. Non ti sto par-lando del piacere per il piacere, comedicono alcuni o del piacere-dovere,come dicono altri, ma del piacere davivere con saggezza. Attento, pertanto,a discernere fra i vari piaceri perchél’uomo per la sua conservazione devesoddisfare quelli naturali e necessaricome il mangiare o il bere, e scartarequelli non necessari anche se naturali,come procurare cibi raffinati e, sopraogni cosa, quelli non naturali e nonnecessari perché sono vani, nati dafalse opinioni umane.D: - Bisogna porre dei limiti al soddi-sfacimento del piacere?R: - Noto ancora una volta che haiintuito l’essenza del problema. Devisapere che per alcuni ogni forma dipiacere è infinita ma questo è vero peri piaceri vani che non trovano maiappagamento, non certo per quelli che

soddisfano il saggio cui arrecanoassenza di dolore e turbamento. Perquesti esiste un limite che si può rag-giungere, quando avrai vinto la pauradegli dei e della morte o eliminato ognifonte di dolore fisico.D: - Adesso ho ritrovato una certa logi-cità nel tuo argomentare. Resto per-plesso sulla via da seguire per acquisi-re tanta saggezza che, come ho capito,per te è la madre di ogni virtù.R: - Questo è il punto focale del discor-so. Chi non vive saggiamente non puòvivere felicemente. Poi tutto viene dasé. Dagli dei, esseri esenti da passioni,non può derivare male agli uomini.Perché temerli? Al giungere dellamorte l’uomo risulta insensibile per cuinon è in grado di provare dolore. Ildolore fisico, se è lieve, è anche sop-portabile e non riduce il piacere; se èintenso, sarà di breve durata, se è for-tissimo, porta alla morte assai presto.Adesso comprendi perché il saggioaccetta la realtà delle cose e vive nelpresente, in uno stato di tranquillità elibertà interiore, fermezza d’animo edominio delle passioni mai attendendouna felicità futura. Ciascuno è libero didare un significato alla sua esistenza,però ti esorto a non fraintendere quan-to ti ho detto perché non ti ho parlatodell’uomo sensuale, crapulone e gau-dente che conduce vita agiata e deditaai piaceri. Io ammiro chi vive a pane eacqua e gozzoviglia con una ciotola diformaggio, o accoglie gli umili a brac-cia aperte e dà loro istruzione e liaffranca dalle catene, o condivide unaScuola basata sull’amicizia che apra leporte a uomini e donne di qualsiasiceto sociale. Ma chi ha seguito taliprincipi è stato a volte allontanato, per-seguitato e accusato di orribili nefan-dezze da parte di chi ha frainteso ildisprezzo per i politici, 1’atteggiamen-to troppo democratico verso gli inferio-ri, il mancato rispetto per le divinità ela ricerca della felicità. Ora devo anda-re, amico mio. Voglio ringraziarti per latua benevolenza nell’ascoltare questovecchio.D: - Sono io che ringrazio te per lesagge parole e gli ammaestramenti chehai voluto concedermi. Il mio nome èCorrado e Avola mi dette i natali. È unprospero centro vicino Siracusa, in

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Egregia Signora,mi permetto di disturbarla nella sua veste di Presidente dell’associazione culturale “Gliavolesi nel Mondo”. Nel n. 1 del 2002 della Rivista da Lei presieduta, nell’articolo intro-duttivo dal titolo “La rivista diventa osservatorio” Lei scriveva: Un’ultima nota, tra lenovità, va dedicata alla volontà di evidenziare, in ogni numero, un personaggio del pas-sato perché non se ne perda la memoria”. Questa sua nota mi spinge a scriverle per segnalarle il nome di un avolese che a tre annifu portato dalla madre negli Stati Uniti, dove già viveva il padre. Si tratta di Nino Carbè,nato ad Avola il 12 marzo del 1909. Non mi è dato di sapere il nome dei genitori. Le noti-zie sulla sua attività artistica, piuttosto poliedrica, si possono trovare sul sito internetninocarbe.comSe lei con la collaborazione dell’archivio anagrafico del Comune di Avola, riuscisse adavere notizie dei genitori e di eventuali parenti ancora viventi in Avola, mi piacerebbesaperlo. La mia è la curiosità di un avolese nel mondo, residente negli Usa. In attesa diun suo possibile riscontro colgo l’occasione per ringraziarla e augurare buon lavoro aLei e ai suoi collaboratori. Distintamente

Giuseppe Gravè - Manchester, USA

L’angolo della posta

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Sicilia.R: - Si, si, so di Siracusa.D: - La pentapoli di cui parla Cicerone.R: - Chi? Chi è costui?D: - La città dei cinque quartieri. Avraisentito parlare delle belle residenze diAcradina o Tyche, dei monumenti diNeapolis, delle fortificazioni diEpipoli e Ortigia?R: - Certo! Certo!D: - Conoscerai le imprese di Aga-tocle. Risiedeva a Ortigia.R: - Si, certo!D: - Ecco, la mia terra natia va da Me-gara Hiblaea a Thapsos, da Siracusa aEloro. Siamo in Magna Grecia.R: - Certo! Adesso capisco perché amiil mare. Sono nativo di Samos e i mieigenitori erano ateniesi. Come vedi,qualcosa ci lega. Resta libero nel cuoree nella mente. Sarai un autodidattaanche tu! Sii cortese con gli umili chevogliono apprendere e una vipera congli intellettuali, i platonici, gli aristote-lici, gli stoici, gli Zenone, che tidisprezzano, tutti forieri di inganni.Addio, amico mio.D: - Addio anche a te, Maestro, e anco-ra grazie, mio dolce Epicuro.Mi strizzò l’occhio e il viso accennò aun sorriso, quasi compiaciuto di esserestato riconosciuto. Si girò indietro elentamente si allontanò maestoso,come maestoso era stato per tutto l’in-contro. Una folata di vento più forte mifece ritornare alla realtà. Era passata lamezza ed ero rimasto solo nella pas-seggiata. Avevo fatto un sogno, certa-mente. Ma perché avevo tirato fuoridall’armadio degli scheletri propriol’anima di Epicuro, il dissoluto o, peraltri, il profeta, che lui stesso avevapredicato di essere materia, quindimortale, e che si sarebbe dissolta insie-me al corpo. Sommerso di pensieri, unpo’ turbato, guadagnavo la via delritorno. Brividi freddi tormentavano lamia schiena.D’improvviso mi sentii sollevato. Unprotettore era venuto in mio soccorso,il Poeta, che l’eretico fra i dannatiaveva collocato, insieme ai suoi segua-ci “che l’anima col corpo mortafanno”.

Milano, gennaio 2008E’ sempre un piacere tornare ad Avola per trascorrere le vacanze. Molti di voi pense-ranno che una città come la vostra non è ciò che c’è di meglio nella nostra penisola emolti altri già pensano di trasferirsi in città più grandi o con più possibilità di diverti-mento e di lavoro, ma io, da ragazza quasi diciottenne, nata e cresciuta a Milano, nonchiedo altro che potermi rilassare durante le vacanze scolastiche proprio in questa città,la città della mandorla. Grazie all’ospitalità della famiglia Munafò, anche quest’annoho potuto trascorrere il capodanno qui e, anche se per soli pochi giorni, ho assapora-to momenti di vita quotidiana avolese. Un vita che quasi ormai mi appartiene. È pro-prio vero che i siciliani sono persone molto amichevoli. Mi colpisce sempre, in partico-lare, il clima natalizio che, girando per le vie della città, o, entrando nelle case, ti acco-glie in un modo indescrivibile, riempiendoti tutto il cuore di buon umore. E poi che diredel buonissimo cibo? Anche questo indescrivibile, tutti i piatti a base di pesce, gli aran-cini e le impanate sono una vera bontà per qualunque palato abbia la fortuna di assag-giarli e la cosa più buffa è che non ti stanchi mai di mangiarli, ti siedi a tavola all’unae finisci che sono le quattro di pomeriggio. Ogni singolo momento passato ad Avola èsempre nel mio cuore, ogni singola estate trascorsa nello splendido mare verde - azzur-ro, ogni singolo Natale o Capodanno, tutto, nei miei ricordi da bambina fino ad oggi, espero anche per tutto il resto della vita, perché non importa tanto la grandezza del luogoin cui vivi ma le persone che ci vivono e la bellezza dei ricordi che ci appartengono.

Francesca Gattuso

Un saluto dall’amico Sebastiano Marziano Francesca Gattuso

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Gentile Redazione, spero vogliate pubblicare sulla vostrarivista quella che sarà la mia prima,unica e definitiva risposta di chiarimentoal sig. Mangiagli, al quale non replicheròpiù. Scrivo alla vostra rivista, dopo esser-mi imbattuto sul sito internet “avolesi.it”in una piacevole quanto “folcloristica”lettera ad opera dello stesso, che ho sco-perto essere figlio “ro zu Nino”. Sapereda lui che a quei tempi si parlava dellafontana e dei suoi tre leoni, con maliziosiriferimenti a “crespelle incollate” e arisatine di “ragazze maliziose” , o essereinformati di frugali pranzi portati dallafiglia e consumati dal padre in cantieretra una levigata e l’altra dei leoni dell’o-monima fontana, mi commuove.Invece ci sono rimasto un po’ male, dopoaver letto la breve e poco precisa biogra-fia dell’architetto Gaetano Vinci, ossia dimio nonno. Al caro sig. Mangiagli, do-vrebbe bastare il sapere che l’architetto inquestione rinunciò al compenso della fon-tana da lui stesso progettata; che la vascadoveva fare da contraltare all’altroMonumento, quello dedicato ai Cadutidella Prima Grande Guerra, il cui incari-co doveva affidarsi allo stesso professio-nista. Tutto ciò in cambio della più soddi-sfacente direzione dei lavori della scuolaelementare De Amicis del viale Lido,come è documentato dalla corrisponden-za tra il Podestà e mio nonno, nonché daibozzetti a matita, gelosamente ben custo-diti nel nostro archivio di famiglia. Ecredo non siano sufficienti qualche fotodel suo caro padre vicino ai leoni (fotonon esclusiva, infatti una copia è conser-vata anche da noi in archivio) e storiellevarie, solo per tentare di dimostrare chi èl’ideatore, il progettista ed il costruttoredell’opera in questione.Gli basti sapere, una volte per tutte cherinunciando al compenso, la vasca e lestatue sono state praticamente donatedalla mia famiglia al Comune, e che sonocronologicamente successive alla siste-mazione urbanistica di piazza VittorioVeneto iniziata a partire dal 1926 che –

sono fiero di dire – rimane la più bella traquelle del centro storico. Ricordo che trale tante opere di mio nonno si annovera-no anche la progettazione del viale Lido edelle due dimenticate “Torrette”, la pro-gettazione della scuola elementare DeAmicis, la casa di via Pellico, la sistema-zione urbanistica di piazza VittorioVeneto, il rimpianto Palchetto dellaMusica (andato distrutto), l’arredamentodel gabinetto del Sindaco, l’idea e il dise-gno – recentemente ripreso nella nuovapavimentazione – delle grandi aiuole dipiazza Umberto I, solo per citarne alcune.Lungi da me l’idea di voler ancora ali-mentare sterili polemiche su chi è l’auto-re della fontana e dei leoni, che il Sig.Mangiagli porta avanti da anni: potreiulteriormente annoiare, anche io, gli avo-lesi ed i lettori. Ho la speranza, invece,che questa mia risposta possa illuminaree fare un po’di chiarezza sulla storia arti-stica di mio nonno, rendendogli un po’ digiustizia, semmai ne avesse bisogno. Se si vuole, per una esauriente quantoprecisa biografia su mio nonno, possomettere a disposizione, per consultare,visionare e leggere la tesi di laurea del-l’arch. Maurizio Santoro sull’architettoGaetano Vinci, relatore il Prof. EzioGodoli dell’Università di Firenze facoltàdi Architettura. Ed è proprio vero quando si dice che “lastoria si ripete”. Sono infatti lieto edorgoglioso di comunicare che la “Fon-tana de’ Tre Leoni”, ideata e progettatada mio nonno, assemblata presso la allo-ra gloriosa locale ditta di famiglia“Sebastiano Vinci” e realizzata con l’au-silio del prof. Antonino Mangiagli, dopotante vicissitudini di carattere burocrati-co, sarà finalmente restaurata. Proprio di recente, infatti, è stato appro-vato dal Comune di Avola, un mio pro-getto di restauro finanziato con fondi inbuona parte risparmiati dalla recenteriqualificazione di Piazza Vittorio Veneto(oltre 40.000 euro dai fondi PRUSST) edin minima parte con denaro pubblico. I lavori in questione costeranno 65.000

(sessantacinquemila) euro, cifra pari ameno della metà della somma impegnatae spesa per la recente realizzazione delmonumento a Giuseppe Borbone, in piaz-za Salvador Allende. Per concludere, sisappia che nessuno dei miei parenti hamai negato la collaborazione nell’operain questione e forse in altre, ma soprattut-to non abbiamo mai negato il rispetto el’amicizia tra mio nonno e il prof.Antonino Mangiagli. Invito perciò ariflettere sull’affermazione della “realiz-zazione dell’opera a quattro mani”: lacollaborazione tra professionisti, scalpel-lini, muratori e manovali di allora, haforse prodotto le cose più belle all’internodel nostro centro storico, negando e riget-tando quell’individualismo promosso atutti i costi e che oggi è diventato unapiaga della società contemporanea, intutti i campi. Ben vengano le collabora-zioni e i buoni progetti. Impegniamoci afavore di quella “memoria storica” patri-monio di tutti nel nostro paese, che è spes-so bistrattata, dimenticata, ignorata, umi-liata come sta avvenendo anche per lafontana.Non è esatto poi, dire che mio nonno erafedele ad uno “stile Liberty Classico”: oè Liberty o è Classico. Si deve affermarepiuttosto che si rifaceva ad uno stilemolto vicino a quello della Wagnerschuleo scuola di Wagner, (della quale sonomolto noti i disegni e gli acquerelli), chegli facevano tanto apprezzare quelSecessionismo Viennese caro ad Olbrich eHoffmann e che ha contribuito alla nasci-ta del Razionalismo cui ancora oggi l’ar-chitettura attinge a piene mani. E moltidisegni ed acquerelli di mio nonno, con-servati in archivio, dimostrano anchequesto. Cordialmente.

Arch. Giovanni Vinci

Riceviamo, pur se a quattro anni circa di distanza, in riferimento specifico anche a un articolo pubblicato nel n. 9 dellanostra rivista col titolo “La fontana dei leoni di Avola” a firma di Attilio Mangiagli, una lettera di precisazione dell’archi-tetto Giovanni Vinci. Certo, sarebbe stato più tempestivo l’intervento qualche anno fa, ma la rivista è pronta ad accoglie-re la lettera di precisazione, ferma restando, come del resto per tutti gli altri testi, la responsabilità dell’intervento all’au-tore di esso. Pensiamo soltanto che, essendo già stato dato spazio ragguardevole all’argomento in oggetto, per quanto com-pete alla redazione della rivista, non si intende più tornare in futuro sugli aspetti personalistici e/o privatistici di esso.Saranno ovviamente ben accetti lavori scientifici e studi puntuali sull’argomento in questione.