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it.atmagazine.eu AT MAGAZINE Turismo attivo, senza confini. 11 AT MAGAZINE Edizione IT/UK/ES - Mensile - Anno I - Nr. 11 - Ottobre 2013

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AT MAGAZINE Edizione IT - Mensile - Anno I - Nr. 11 - Ottobre 2013

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ATMAGAZINETurismo attivo, senza confini.

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AT MAGAZINE Edizione IT/UK/ES - Mensile - Anno I - Nr. 11 - Ottobre 2013

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In copertina: Photo © AT Magazine

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staff editor

Da sempre rincorro l’idea di poter diventare parte inte-grante di quel che i cinque sensi attribuiti mi per-mettono, attraverso tele, argille e metalli. Non esito a misurarmi ed esprimermi con diverse passioni, come la fotografia e l’arrampicata sportiva, che mi consen-tono di essere a contatto con le molteplici bellezze della natura...anch’essa come l’arte, infinita ed imprevedibile. Colpevole di un’inesauribile sete di co-noscenza per me, sarebbe difficile scegliere tra tante meraviglie che mi attirano, mi circondano e che vivo!

Barbara Valuto

Sono quasi trenta anni che pratico assiduamente tutto quello che è outdoor in Sardegna e nel mondo, dalla speleologia al tor-rentismo, dal trekking alla mountain bike, ma in primis l’arrampicata in tutte le sue salse, grandi numeri non li ho mai fatti ma mi sento in sintonia con la mia filoso-fia: “siamo tutti liberi di confrontarci come vogliamo con la parete, nel rispetto del prossimo”.

Gianluca Piras

Giornalista professionista, scrittore, laureato in Scienze della Comunicazione, ha collaborato con diversi periodici (“Il Tempo”, ecc.), agenzie di stampa (Unione Sarda, ecc.) e tv. Editor per network editoriali (Mondado-ri). Attualmente dirige “Dia-rio24Notizie”,”2012 Maga-zine” e “Sardinia Network”. È consulente dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna e della Associazione della Stampa Sarda (FNSI). Dal 2008 è il responsabile del C.R.E. (Centro Ricerche di Esopolitica) e dell’Associa-zione intitolata al giornalista “José De Larra”. Dal 2011 è il presidente del GUS sardo, il Gruppo di specializzazione della FNSI relativo ai giorna-listi degli Uffici Stampa.

Andrea ConcasChe cos’è un’erbaccia?Una pianta le cui virtù non sono state ancora scoperte [R.W. Emerson].Esistono migliaia di metafo-re e aforismi che concettua-lizzano il mondo e la vita. Forse definire “erbaccia” la vita è irriverente, eppu-re, quanti innanzi ad una pianta officinale, dalle virtù note, sarebbero in grado di riconoscerla? Le esperienze, gli uomini e la vita stessa sono erbacce a cui guarda-re con curiosità e atten-zione, senza fermarsi alla prima impressione e scevri da ogni condizionamento impegnarsi a scoprine le virtù nascoste.

Giampaolo Mocci

classe 1973, Segno zodia-cale Vergine. Vivo e lavoro prevalentemente a Cagliari. Attualmente Delegata alla Sport della Provincia di Cagliari. Tra i vari incarichi ricoperti nel 1996 consigliere comu-nale del mio paese natio Jerzu e nel 2004 consigliere di amministrazione dell’ente regionale per il diritto allo studio.Amo la letterattura, la politica ed il diritto, in par-ticolare quello ambientale, sanitario e sui temi della nocività lavorativa sto con-centrando la mia attenzione negli ultimi anni.Film preferito : C’era una volta in America.Attori: Clint Eastwood e Meryl Streep. Il mio libro preferito è “L’ar-te della guerra” di Sun TZu.Le mie passioni sono la cucina e l’agricoltura.

Sabina ContuDa turista occasionale e di-stratta, sono diventata una vera appassionata di viaggi dopo il battesimo del clas-sico viaggio zaino+Interrail dopo la maturità. La laurea in Lingue e il tesserino da giornalista sono stati un pretesto per conosce-re a fondo altri mondi, altre culture e soprattutto stringere amicizie durature con anime gemelle erranti in ogni angolo del pianeta. Costretta dal lavoro a fissa dimora e ferie limitate, ho scelto una professione che, dopo l’esperienza in un tour operator e un albergo, mi consentisse di vivere in un ambiente dove il viaggio è insieme fine e mezzo: l’aeroporto. Di appendere la valigia al chiodo, natural-mente, non se ne parla proprio.

Flavia Attardi

Vivo a Oristano, dove sono nato il 20 maggio del 1961. Sono iscritto all’Ordine Nazionale dei Giornalisti e lavoro come responsa-bile dell’ufficio stampa e Comunicazione istituzionale della Provincia di Oristano, curando anche la redazione e la pubblicazione dei con-tenuti del sito istituzionale.Appassionato sportivo, ho praticato innumerevoli sport ma in modo significa-tivo scherma, calcio, tenni-stavolo, tennis. Ora pratico con impegno agonistico lo sport delle bocce. Sono presidente del Comitato provinciale di Oristano della Federazione Bocce e atleta della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Ori-stano. Di questa gloriosa società, fondata nel 1866, sono stato presidente dal 1999 al 2005 e faccio parte del Consiglio di ammini-strazione dal 1996.

Oscar MiglioriniHo 23 anni e vivo a Carbo-nia, mi sono diplomato al Liceo Scentifico Tecnologico di Carbonia e attualmen-te sto completando il mio percorso formativo come studente in Scienze della Comunicazione a Cagliari.Entrare a far parte della redazione di questa rivista turistica on line mi entu-siasma e spero di dare un importante contributo.

Shawn Serra

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“Porta itineris dicitur longis-sima esse”.I latini dicevano “La porta è la parte più lunga del viaggio”: per iniziare una nuova vita bisogna trovare il coraggio di fare il primo passo, per cambiare biso-gna avere le forze di farlo. Per crescere bisogna volare via dal nido e cogliere al volo tutte le occasioni.Viaggi, musica e la potenza delle immagini per evadere e costruire una chiave che apra tutte le porte che si presentano lungo la strada.

Grazia SolinasSono cresciuto in campa-gna, adoro la natura con tutti i suoi profumi e i suoi colori. Mi piace condividere le mie esperienze, perchè come diceva mia nonno, puoi comprare tutto ma l’esperienza la devi fare, per questo lo scambio di esperienze aiuta a essere migliori. Il mare è la mia grande passione... veleg-giare con il vento che ti coccola è una esperien-za meravigliosa che tutti dovrebbero fare. Credo che si possa migliorare dando fiducia a tutti gli esseri umani, perchè ognuno di noi è un essere unico e irripetibile che vale più di quello che crede!

Andrea Masci

Vivo e lavoro a Napoli, sono nato nel 1976mi sono diplomato all’Acca-demia di Belle Arti nel 2003 in Scenografia.Fra tutte le passioni, quella che proprio mi riempie di più e mi fa vedere la vita con occhi diversi è l’Africa.Ed è per questo motivo che dedico questa collaborazio-ne a Thomas.“Un uomo integro”.

Per l’imperialismo è più importante dominarci cultu-ralmente che militarmente.La dominazione culturale è la più flessibile, la più efficace, la meno costosa.Il nostro compito consiste nel decolonizzare la nostra mentalità.[Thomas Sankara]

Massimo Cozzolino

Sono nato a La Spezia nel 1959 ma cresciuto a Cagliari.Ho fatto il liceo scientifico e mi sono laureato in Scienze Geologiche a Cagliari.Mi sono trasferito in Svezia nel 1988. Sono docente di fotografia in un liceo di Kristianstad, in Scania nel sud del paese.Svolgo in proprio servizi fotografici ma sono anche attivo come pubblicista.Sono appassionato di viaggi con contenuti anche avven-turosi.La mia filosofia é tenere il corpo, la mente e i sen-timenti in forma per cui faccio tanto sport, molti trekking, leggo molto ed amo la mia compagna Carina ed i miei figli Linnea ed Elias.

Roberto Finoli

Maggio 1985, Perito infor-matico (ABACUS), laureato in Scienze della comuni-cazione, appasionato di assemblaggio, programma-zione su Personal Computer e la musica rock. Il mio hobby della mountain bike mi ha portato a cono-scere luoghi ed a riscoprire il contatto con gli spazi verdi che la nostra terra ci offre. Le nuove esperienze se rivestite di un sano velo di sfida mi coinvolgono e motivano a cimentarmi con passione in queste nuove avventure.

Marco Lasio

Amo paragonarmi ad un diamante: le sue preziose e molteplici sfaccettature sono come le mie tante sfumature di personalità e di carattere. Anche il mio percorso personale e professionale è piuttosto bizzarro: ho due figli di 28 e 26 anni, un cane di 15, un nuovo compagno, adoro gli studi umanistici, ma ho un incarico di mana-ger presso una società di engineering, un brevetto di sub e amo il nuoto, un amore incondizionato per i libri, per i viaggi e per tutto ciò che è innovazione e tecnologia applicata alla tradizione. In tutto questo cerco il particolare che fa la differenza. Son un ariete e mi butto a capofitto in tutto ciò che faccio, ma tutto ciò che faccio deve divertirmi, deve farmi ridere.Il mio motto è: la vida es un carnaval!

Rosalia Carta

Over 30 years in the IT world.Passionate about new technology and always open to new solution.

Rinaldo Bonazzo

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Patrizia Giancola

Appassionato da sempre per gli sport all’aria aperta come la mountain bike, il kayak, immersioni e tanto altro, ho sempre inteso la parola outdoor come momento di conoscenza. Il percorrere sentieri su due ruote o far scorrere il mio kayak sul mare della nostra Sardegna è sempre occasione di arricchimen-to culturale che soddisfa appieno la mia inesauribile voglia di conoscere. Negli anni ho collaborato con riviste di trekking e outdoor in genere. La fotografia è inoltre l’indiscussa forma di archiviazione dei miei momenti passati tra amici o in solitudine per i monti o per mare.

Stefano Vascotto

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Barbara Knapczyk was born in Cracow in 1960.She studied at Academy of Fine Arts in Cracow.Painting with profes-sor Stanislaw Rodzinski and professor Zbigniew Grzybowski.Drawing with professor Zbylut Grzywacz and professor Józef Zabkowski.Diploma in 1989.Tekstile art with professor Ryszard Kwiecien.All works inspired by the surrounding nature. Fa-vorites: landscapes, still life, portrait, themes of mountains.Her work are in private col-lection in many countries.She likes to travel and takes pictures.

Barbara KnapczykLorem ipsum dolor sit amet, consectetur adipisi-cing elit, sed do eiusmod tempor incididunt ut labore et dolore magna aliqua. Ut enim ad minim veniam, quis nostrud exercitation ul-lamco laboris nisi ut aliquip ex ea commodo consequat.

Elisabetta Gungui

Sono Giuseppe Belli, cin-quantatre anni passati tutti nella mia città, Napoli. Essa, oltre ad essere una delle più belle città che io conosca è anche tra le più complesse e caotiche, di quello stesso caos incom-prensibile che contrad-distingue la nostra vita. Amo leggere e scrivere. Soprattutto la scrittura mi da modo di rielaborare la realtà che mi circonda e talvolta la possibilità di comprenderla meglio. Per questo ho pubblicato già due libri… e non c’è due senza tre.

Giuseppe Belli

It is a story about sport climbing Protections, for how to write a watercolor. Pen and paint... to make it look old and dirty the surfa-ce of a rock cliff.

Suwong Mano

Cagliaritana di 35 anni, socievole, estroversa, crea-tiva e simpatica (dicono!).Lavoro nel mondo della sicurezza per le aziende, studioScienze della comuni-cazione e gestisco un Bed&Breakfast da circa due anni.Aspettative per il futuro? Esprimere sempre più la mia parte creativa nel mondo del lavoro (e non solo!).Sono appassionata di cine-ma, teatro, arte, musica, viaggi al fine di un arric-chimento culturale/sociale, poco sport ma primo tra tutti il tennis.Le poche righe a disposi-zione son finite per cui con-cludo qui la mia brevissima presentazione!

Denise LaiClasse 1974; sarda di na-scita e di sangue; attual-mente impegnata professio-nalmente presso l’aeroporto di Cagliari.Amante della natura, del buon cibo e dei viaggi; riesce ad emozionarmi un tramonto d’estate e allo stesso modo un gratacielo di una grande metropoli.Faccio mia la frase: [...]”Ac-cettare le sfide della vita significa porsi di fronte ai nostri limiti e ammettere di poterli o meno superare”... e a oggi credo di avere, an-cora, tante sfide da vincere!

Francesca Columbu

Giornalista, 45 anni, ama la vita di società e gli appun-tamenti mondani tanto che vorrebbe abitare in Lappo-nia. Invece, vive ad Asse-mini dove, peraltro, pare non abbia mai incontrato una renna. Siamo tutti appesi a un filo. E io sono anche sovrappeso (Franco Zuin)

Giuseppe Giuliani

29 anni, studia nella facoltà di Beni Culturali (curriculum archeologico) dell’Università degli Studi di Cagliari. Giornalista dal 2010, scrive per blog, quotidiani e rivi-ste, anche online.

Marco CabitzaIl mio mondo è una valigia.Inguaribile sognatrice e viaggiatrice per passione; un’irrefrenabile curiosità mi spinge a voler conoscere quel che non so, capire ciò che appare ostico, superare barriere e confini.La sete di novità e l’entu-siasmo nel viverle sono la mia forza motrice, la parola è la mia arma (pacifica peraltro).

Valentina Morea

staff editor

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obiettivo at

Chillaz International GmbHHoferweg 13

A-6134 Vomp in Tirol / Austria

tel. +43-5242-62399fax +43-5242-62777

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GIAMPAOLO MOCCI | EDITORE

Da oggi... all’inizio!

“Un nuovo giornale. E’ sempre una bella notizia quando un’altra voce si fa sentire tra le

altre, magari già affermate e seguite, nel panorama dell’informazione. E’ una voce originale

e soprattutto appassionata. Una dichiarazione d’amore all’ambiente da salvare, da

esplorare e capire, con cui stabilire un rapporto armonico in cui uomo e natura finalmente

si intendono sull’essenziale: preservare per mantenere e rispettare la vita sulla Terra.

Il suo editore. Giampaolo Mocci [...]” .

È iniziata così quest’avventura editoriale, queste le prime righe con le quali il Direttore

presentava il Magazine. Dopo appena dodici pubblicazioni possiamo essere soddisfatti del

lavoro svolto e dei risultati raggiunti, in così poco tempo e senza nessun finanziamento

esterno abbiamo tradotto e pubblicato in tre lingue (Italiano, Inglese e Spagnolo), raggiunto

fino a ottomila lettori al mese, intervistato personaggi importanti dell’attività outdoor, scritto

delle località più belle e nascoste del mondo, inoltre curiosità e centinaia di fotografie a

documentare ogni parola ed emozione trasmessa.

Per festeggiare l’importante evento, questo numero di AT Magazine ripercorre attraverso

alcuni articoli estratti da ciscauna uscita, tutte le tappe del primo anno di vita.

Buon compleanno AT Magazine e a tutti i collaboratori, i veri artefici che hanno reso possibile questo sogno:

Andrea CONCAS, Andrea MASCI, Barbara VALUTO, Shawn SERRA, Oscar MIGLIORINI, Flavia ATTARDI, Sabina CONTU, Gianluca PIRAS, Massimo COZZOLINO, Marco LASIO, Patrizia GIANCOLA, Grazia SOLINAS, Rosalia CARTA, Roberto FINOLI, Rinaldo BONAZZO, Stefano VASCOTTO, Barbara KNAPCZYK, Giuseppe GIULIANI, Stefano CUCCA, Denise LAI, Giuseppe BELLI, Francesca COLUMBU, Marco CABITZA, Massimo LAVENA, Suwong MANO, Valentina MOREA, Angelo MULAS, Elisabetta GUNGUI, Vincenzo Mario BOI, Stefania SPIGA, Betty SERIANI, Lucia MELONI, Luigi ZUNCHEDDU, Roberta PUDDU, Ignazio PERNICIANO, Marco MURA, Kathryn STEDHAM, Jaume GRAU XENA, Giorgio SODDU, Nicola MELONI, Giancarlo LOTTA

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AT MAGAZINEEdizione IT/UKMensile Anno I

Nr. 0 - Ottobre 2012

NUMERO 0

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EditorialeAndrea Concas

Un nuovo giornale. E’ sempre una bella notizia quando un’altra voce si fa sentire tra le altre, magari già affermate e seguite, nel panorama dell’informazione. E’ una voce originale e soprattutto appassionata. Una dichiarazione d’amore all’ambiente da salvare, da esplorare e capire, con cui stabilire un rapporto armonico in cui uomo e natura finalmente si intendono sull’essenziale: preservare per mantenere e rispettare la vita sulla Terra.Il suo editore. Giampaolo Mocci, classe 1968, noto chiodatore e scalatore, mai “scivolato” in nessuna delle sue imprese, è un sardo tenace, instancabile, coraggioso e deciso. Questa volta intraprende una nuova competizione. Particolarmente insidiosa, per la verità. Il suo gusto per l’avventura lo porta a voler tentare la “parete” dell’editoria on-line. Di questi tempi, sembrerebbe un azzardo da ingenui investire tempo, energie e denaro in un progetto come questo. Infatti, ci sono tantissime testate dedicate ad argomenti simili, nazionali e internazionali. Ma la proposta e l’invito pare avere un suo fascino peculiare ed eterno. Perché la scoperta è l’uovo di Colombo: esplorare il pianeta Terra, sfogliare il grande libro della natura, come ci ha insegnato Galileo, traendone la più completa e autentica esperienza. Spazio da visitare, da vivere, da degustare, da cogliere attraverso le stagioni, da interrogare sul suo passato e sul presente per poter tratteggiare il suo futuro. Questione della massima urgenza per la sopravvivenza sua e, ovviamente, dell’uomo.La redazione che lo aiuta e lo sostiene è un gruppo di “innamorati” dell’ ambiente che lo raccontano con gli occhi di chi non vuole che il nostro pianeta abbia alcun danno dai furiosi e moltiplicati tentavi di attentare al suo, già abbastanza compromesso, equilibrio. Auguri, dunque, a questi spericolati dell’avventura e buona fortuna. D’altra parte “Audaces fortuna iuvant “.

A new publication. It is always good news when another voice can be heard amongst the others, which are maybe already known and followed, in the information world. It is an original voice, and more importantly passionate. It is a love declaration about the environment, which is to be saved, explored and understood, in order to establish an harmonic relationship in which men and nature coexist: preserving and respecting life on earth. The editor Giampaolo Mocci, born in 1968, is a famous climber, who never failed in any of his ventures. He

is a tenacious, tireless, firm and brave Sardinian man. This time he is starting a new challenge: a very tricky one to be honest. His love for taste for adventure is bringing him to attempt the challenge in online publishing. In these difficult times, an online project like this would appear risky, while spending time, energy and money. As a matter

of fact there are plenty of newspapers, at national and international level, dedicated to topics like these. However it looks like this new proposal has got a special charm: to discover our planet, to browse the great book of nature, as Galileo teaches, in order unfold the most complete and authentic experience, a space to visit, to live, to taste, to take through the seasons, to interrogate about past and present to discover the future, a matter of the utmost urgency for its and human kind survival.The editorial staff, who help and support him, are a group of environment lovers, who talk with the feelings of

those who don’t want our planet to be damaged by the furious attempt of undermining its already bad balance. So, best wishes and good luck to those involved in this reckless adventure. As they say “Audaces fortuna iuvant”.

Giampaolo Mocci in arrampicata trad a Carloforte, Sardinia (ph. © M.Oviglia)

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Chi dice cosa!

Il Free Climbing non è uno sport! La sfida e l’umiltà di Giampaolo MocciL’arrampicata è una sfida con se stessi la cui riuscita passa

attraverso l’umiltà e il riconoscimento dei propri limiti. Uno stile di vita tutto “terrestre” quello di Giampaolo Mocci, al quale l’agonismo non dice nulla mentre il confronto con la montagna ha un fascino e una seduzione vicina all’ossessione. La Sardegna è la sua “palestra” più amata, l’avventura di scoprirne nuove vie e renderle conosciute a chi condivide questo grande amore con lui è la sua meta più ambita. Come essere UNO con la roccia. La sua più grande aspirazione? Una vera sorpresa.

Tre aggettivi per descriverti come climber.Secondo alcune correnti di pensiero il temperamento di un

individuo può essere svelato dalla scelta di un colore, quindi ecco i miei colori: blu, rosso e bianco…

Il blu identifica l’elevarsi e guardare con occhio critico la realtà che ci circonda, per comprendere meglio la realtà ed ottenere così un appagamento interiore che il mondo esteriore nega.

L’arrampicata mi ha dato la capacità di dominare le paure, le situazioni off limit questo mi permette di vivere il quotidiano in armonia interiore e col mondo.

Il rosso è simbolo di grande energia, tipico di chi ama agire e mettersi sempre in discussione con il prossimo e, soprattutto, con se stesso. Simboleggia l’estroversione e la forza di volontà, passionalità, grande personalità e fiducia in se stessi. Stimola la creatività e aumenta le capacità di autoconservazione.

Il contatto con la roccia è il mio elemento rosso, un limbo dove le emozioni più nascoste emergono fino a sentirne l’essenza.

Spiccata tendenza al fatalismo, ma al contempo esprime creatività e immaginazione, queste le prerogative del bianco. Il continuo desiderio di cambiamento è stimolato dalle novità che la vita presenta. Simbolo di grande fiducia negli altri e

simbiosi con la natura e l’ambiente.

Quando e perché ti sei innamorato di questa pratica sportiva così estrema?

Avevo circa 29 anni quando mi sono avvicinato alla scalata ed è stata una cosa graduale. Praticare il free climbing è complicato, o meglio, è semplice andare nei luoghi di scalata ciò che è difficile è stare alla base della parete e combattere le proprie paure, ansie e insicurezze ed è difficile mentire a se stessi. Solo una forte passione che ti viene da qualche parte, ben nascosta, che permette di affrontare e vincere quello stato d’animo.

In quasi 15 anni di attività, con allontanamenti a volte anche per lunghi periodi, c’è sempre stata una passione fortissima spinta quasi fino all’ossessione. Ho sempre fatto sport e l’agonismo nei confronti del mio avversario non mi ha mai appagato. Nell’arrampicata ho scoperto in me un avversario temibile in grado di darmi tanta motivazione da affrontare le paure più nascoste. L’innamoramento per il climbing viene dalle tante sfumature che offre, il contatto con la natura, frequentare luoghi di cui è difficile raccontarne le bellezze, conoscere le persone senza essere influenzati dal rango sociale, ma ciò che mi cattura è la creatività, affrontare salite che nessuno prima aveva scalato, passare dove nessuno prima era mai passato. Ho realizzato centinaia di percorsi che oggi tanti climber ripetono durante il loro tempo libero e quando mi capita di incontrare qualcuno che sorride dopo aver salito una mia creatura, mi rende felice.

Qual è stata la tua performance migliore? Non amo le performance, anche se ho realizzato diverse salite

di difficoltà e molte delle quali in stile free solo (senza corda). Per me la scalata non deve mai diventare una performance atletica, relegando semplicemente il tutto in un gesto fisico. Salire in vetta ad un delle più belle e famose guglie del Monte Bianco, o aver realizzato una nuova bella via da dedicare a qualcuno che è stato importante nella mia vita, oppure portare in cima un amico

in tutto ciò che il futuro riserva ma, allo stesso tempo chi sceglie questo colore, può crearsi delle illusioni e peccare di ingenuità.

Scegliere di salire 2.000 mt di parete mette in discussione gran parte delle proprie convinzioni. Affrontare le difficoltà della verticalità legati ad una corda ed affidare la propria incolumità al proprio compagno di cordata, è una dimostrazione di grande fiducia. L’incidente? Se ci si attiene scrupolosamente alle proprie capacità diventa una “fatalità”, altrimenti è stupidità che può essere “fatale”.

Tre aggettivi per descrivere l’arrampicata come sport.L’arrampicata non è uno sport!

Nello sport il gesto atletico è una componente predominante, l’equazione allenamento/performance è sempre risultante. Scalare significa affrontare una dimensione diversa dal quotidiano. Dalla nascita ci viene insegnato a vivere l’orizzontalità del mondo, un piano in cui il nostro io si muove perpendicolarmente ad esso. La parete ci offre un mondo verticale, dove ci si muove in parallelo, è una dimensione nuova ricca di stimoli differenti, con una diversa percezione delle dimensioni, delle distanze, della nostra resistenza fisica e mentale. La preparazione fisica è importante ma è inutile se non accompagnata da adeguata preparazione psicologica ad affrontare la verticalità dell’ambiente in cui ci si misura. Sapere di cadere per 3/5/8 mt e restare appesi ad una corda del diametro di 10 mm, tenuta dal nostro compagno di cordata, capite bene che a poco serve sollevare 150 kg col bilanciere in palestra!

L’arrampicata è “sfida” con se stessi, è “umiltà” nel riconoscere

e accettare i propri limiti, è uno “stile di vita”, ritrovare ed entrare in

Andrea Concas

ph. B.Valuto © AT Photographer

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simbiosi con la natura e l’ambiente.

Quando e perché ti sei innamorato di questa pratica sportiva così estrema?

Avevo circa 29 anni quando mi sono avvicinato alla scalata ed è stata una cosa graduale. Praticare il free climbing è complicato, o meglio, è semplice andare nei luoghi di scalata ciò che è difficile è stare alla base della parete e combattere le proprie paure, ansie e insicurezze ed è difficile mentire a se stessi. Solo una forte passione che ti viene da qualche parte, ben nascosta, che permette di affrontare e vincere quello stato d’animo.

In quasi 15 anni di attività, con allontanamenti a volte anche per lunghi periodi, c’è sempre stata una passione fortissima spinta quasi fino all’ossessione. Ho sempre fatto sport e l’agonismo nei confronti del mio avversario non mi ha mai appagato. Nell’arrampicata ho scoperto in me un avversario temibile in grado di darmi tanta motivazione da affrontare le paure più nascoste. L’innamoramento per il climbing viene dalle tante sfumature che offre, il contatto con la natura, frequentare luoghi di cui è difficile raccontarne le bellezze, conoscere le persone senza essere influenzati dal rango sociale, ma ciò che mi cattura è la creatività, affrontare salite che nessuno prima aveva scalato, passare dove nessuno prima era mai passato. Ho realizzato centinaia di percorsi che oggi tanti climber ripetono durante il loro tempo libero e quando mi capita di incontrare qualcuno che sorride dopo aver salito una mia creatura, mi rende felice.

Qual è stata la tua performance migliore? Non amo le performance, anche se ho realizzato diverse salite

di difficoltà e molte delle quali in stile free solo (senza corda). Per me la scalata non deve mai diventare una performance atletica, relegando semplicemente il tutto in un gesto fisico. Salire in vetta ad un delle più belle e famose guglie del Monte Bianco, o aver realizzato una nuova bella via da dedicare a qualcuno che è stato importante nella mia vita, oppure portare in cima un amico

inesperto e vedere l’emozione e la felicità di essere arrivato sin lassù, le considero le mie migliori performance.

Quando, dove e come ti alleni?Non essendo un atleta non seguo tabelle d’allenamento e non

frequento nessuna palestra. Ho la fortuna di vivere in un’isola al centro del mediterraneo dal clima mite tutto l’anno e le pareti a 20 minuti da casa. Con poche ore a disposizione ed in compagnia di un amico risolvo la questione scalando in parete.

Ad inizio attività ti sei ispirato a qualche famoso climber?

No. Ho conosciuto

molti climber famosi e con qualcuno ho anche avuto la fortuna di scalarci assieme, ma più che ispirami ad uno in particolare ho cercato di capire cosa ha spinto tanti uomini, dalle diverse estrazioni sociali, ad affrontare l’incognita del ritorno a casa. Affrontare la montagna come il mare o una grotta inesplorata deve presuppore una visione positiva della vita e una profonda curiosità per essa. La mia curiosità ha trovato risposte

ph. © M.Oviglia

ph. © M.Oviglia

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A lato - Capo Pecora (Arbus, CI) su Puzzle in arrampicata trad.

ph. © M.Oviglia

Sopra - Grotta di San Giovanni (Domusnovas, CA) Settore Bronx

Sotto - Baccu Mandara (in loc. “Geremeas”, Maracalagonis, CA) Campo di grano con corvi, 6c/H1 prima libera

ph. © B.Valuto

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A lato - Capo Pecora (Arbus, CI) su Puzzle in arrampicata trad.

ph. © M.Oviglia

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nelle loro gesta, nel loro stile di vita semplice dal cui emerge una amore per la simbiosi col mondo. Lo si percepisce quando metti te stesso alla prova sia fisicamente che mentalmente.

Mi sono trovato tante volte in quello che si chiama “il punto di non ritorno”, mettendo a rischio la mia incolumità, è quella situazione quando sei troppo in alto per scendere e troppo in basso per mollare ed è lì che capisci cosa cerchi. L’avventura è dentro di te e si realizza in ciò che fai a prescindere da dove lo fai.

Chi consideri attualmente il miglior climber in attività?

Oggi non esiste più un solo stile di scalata, cambiano i tempi cambiano le tecnologie, questo avanzare della tecnica ha permesso di rendere più sicura un’attività “no limit” come l‘arrampicata. Questo ha consentito a molte più persone di avvicinarsi a questo mondo, determinando una settorializzazione e una conseguente specializzazione nelle varie discipline in cui si scala. Ogni specialità ha il suo uomo o donna di riferimento che cambia nel tempo sostituito dal giovane talento di turno. Ci sono diversi climber che ritengo meritevoli di tale titolo, per motivazioni diverse, però uomini e donne che vivono la scalata nella sua essenza. Persone alla ricerca continua della linea più pura della difficoltà più estrema ed alcuni di questi lo fanno non per apparire nelle copertine satinate, quella è solo la conseguenza delle loro imprese, ma per quel morbo insaziabile di avventura che li divora dentro, facendoli rinunciare alla vita agiata del mondo moderno.

A cosa pensi durante l’arrampicata?A volte mi capita di sentire la necessità di fare qualcosa che

stimola la mia voglia di misurarmi con la roccia e con me stesso. Di recente ho salito alcuni passaggi esposti per difficoltà e pericolosità. Passaggi che ad oggi ancora nessuno ha ripetuto. Sento il silenzio disturbato dal vento, accompagnato dal rumoroso suono del cuore che batte al quale si unisce il respiro rallentato ed abbandonato dall’affanno dell’ansia che si è persa. Nessun pensiero negativo è presente, come se fino a quel momento avessi vissuto una vita senza errori o problemi. Paure, insicurezze o incertezze diventano solo parole prive di significato. Sono un tutt’uno con la roccia e i gesti diventano fluidi e leggeri. In quel momento c’è spazio solo per i miei affetti più cari che mi tengono compagnia in quell’angolo di pace assoluta.

Quale potrebbe essere “l’impresa della vita”, quella che sogni da sempre di portare a termine?

Antoine De Saint-Exupéry scrisse:

“Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano”. Vorrei non dimenticarmi mai di essere stato bambino. Essere curioso ed emozionarsi col passare del tempo è sempre più difficile, oppressi dalla società e dal quotidiano si finisce per smettere di sorridere. Solo l’incoscienza di restare bambini ti permette di arridere a questo mondo diventato così poco incline alla vita dell’uomo. Troppo spesso ci si scorda dei nostri affetti e delle persone che ci circondano, i bambini sono più furbi non si lasciano coinvolgere dalle cose, le usano ma poi le abbandonano per rifugiarsi tra le braccia di coloro a cui voglio bene. Riuscire ad imitarli da adulti è una bella “impresa”.

FREE CLIMBING: The challenge and the humility of Giampaolo Mocci.

Climbing is a challenge against ourselves, and its success goes through the humility and the recognition of our limitation. Giampaolo Mocci’s is a “terrestrial” lifestyle, its competitiveness doesn’t concern him, while the challenge with the mountain gives him a fashion and a seduction near obsession. Sardinia is his favorite “gym”, the adventure of discovering new routes and makes them known to those who share this love with him is his most sought

M.te Bianco (Ao) ph. G.Mocci © AT Photographer

Three adjectives to describe yourself as a climber.According to some schools of thought the temperament of a person can be revealed by choosing a color, so these are my colors: blue, red

and white...The blue identifies the will to elevate and look critically at the world around us, to better understand

the reality and in order to obtain an inner contentment that the outer world denies. Climbing got me the ability to control my fears and the situations off limits. This allows me to live everyday in harmony with the world.

Red is a symbol of energy, typical of those who always love to act a put themselves in competition against the others and, most of all, against ourselves. It symbolizes the extraversion and the strength of will, passion, great personality and self-confidence. It stimulates creativity and increases the capacity for self-preservation. The contact with the rock is my red element, a limbo where the hidden emotions emerge to feel the essence.

White color prerogatives are the tendency to fatalism, but at the same time the color expresses creativity and imagination. The constant desire for change is stimulated by the news that life presents. It is Symbol of great trust in others and in all that the future holds, but at the same time those who choose this color, can create the illusion of innocence and sin.

Choosing to climb 2.000 m of wall questions largely your convictions. Face the difficulties of verticality tied to a rope and entrust their safety to your climbing partner, is a demonstration of confidence. The incident? If we adhere strictly to their capacity it becomes a “fatality”, otherwise it is stupidity that can be “fatal.”

Three adjectives to describe climbing as a sport.Climbing isn’t a sport!In sports, the athletic is a predominant component: the equation workout / performance give always

results. Climbing means facing a different dimension of your daily life. From birth we are taught to live the horizontality of the world, a plan in which our ego moves perpendicular to. The wall gives us a vertical world, where we move in parallel, a new dimension full of different stimuli, with a different perception of size, distances, our physical and mental endurance. Physical training is important but it is useless if not accompanied by adequate psychological preparation to deal with the verticality of the environment in which you can measure. Knowing falling for 3/5/8 meters and remain hanging from a rope with a diameter of 10 mm, held by our climbing partner, you know well that’s little point lift 150 kg barbell in the gym!

Climbing is a “challenge” to themselves, it is “humility” to recognize and accept our limits and ultimately it is a “lifestyle”, find and enter into symbiosis with nature and the environment.

When and why did you fall in love with this extreme sporting practice?I was about 29 years old when I approached the climb and it was a gradual thing. Free climbing is complicated; or rather it is easy to go

places to climb: the difficult is to be at the base of the wall and fight their fears, anxieties and insecurities and it is difficult to lie to them. Only a strong passion that comes from somewhere, well hidden, allows you to face and overcome that state of mind. In almost 15 years of activity, while stopping it sometimes for long periods, there was always a strong passion, sometimes becoming almost obsession. I always played sports and the challenge against my opponent was never satisfied. In climbing I found myself in a formidable opponent able to give me so much motivation to face the hidden fears. Falling in love with climbing is from the numerous nuances that offers contact with nature, frequenting places that are difficult to recount the sights, meet people without being influenced by social rank, but what I capture is creativity, steep climbs that no one before had climbed, go where no one before had ever spent. I made hundreds of paths, which now so many climbers undertake repeatedly during their free time and when I meet someone who has a smile after climbing one of my creatures my creature, it makes me happy.

Which one has been your best performance?I don’t love performances, even if I did climbs of varying difficulties, most of those in a style called free alone (without rope). For me, the

climbing must never become an athletic performance, relegating simply in a physical gesture. I consider my best performance climbing the

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M.te Bianco (Ao) ph. G.Mocci © AT Photographer

Three adjectives to describe yourself as a climber.According to some schools of thought the temperament of a person can be revealed by choosing a color, so these are my colors: blue, red

and white...The blue identifies the will to elevate and look critically at the world around us, to better understand

the reality and in order to obtain an inner contentment that the outer world denies. Climbing got me the ability to control my fears and the situations off limits. This allows me to live everyday in harmony with the world.

Red is a symbol of energy, typical of those who always love to act a put themselves in competition against the others and, most of all, against ourselves. It symbolizes the extraversion and the strength of will, passion, great personality and self-confidence. It stimulates creativity and increases the capacity for self-preservation. The contact with the rock is my red element, a limbo where the hidden emotions emerge to feel the essence.

White color prerogatives are the tendency to fatalism, but at the same time the color expresses creativity and imagination. The constant desire for change is stimulated by the news that life presents. It is Symbol of great trust in others and in all that the future holds, but at the same time those who choose this color, can create the illusion of innocence and sin.

Choosing to climb 2.000 m of wall questions largely your convictions. Face the difficulties of verticality tied to a rope and entrust their safety to your climbing partner, is a demonstration of confidence. The incident? If we adhere strictly to their capacity it becomes a “fatality”, otherwise it is stupidity that can be “fatal.”

Three adjectives to describe climbing as a sport.Climbing isn’t a sport!In sports, the athletic is a predominant component: the equation workout / performance give always

results. Climbing means facing a different dimension of your daily life. From birth we are taught to live the horizontality of the world, a plan in which our ego moves perpendicular to. The wall gives us a vertical world, where we move in parallel, a new dimension full of different stimuli, with a different perception of size, distances, our physical and mental endurance. Physical training is important but it is useless if not accompanied by adequate psychological preparation to deal with the verticality of the environment in which you can measure. Knowing falling for 3/5/8 meters and remain hanging from a rope with a diameter of 10 mm, held by our climbing partner, you know well that’s little point lift 150 kg barbell in the gym!

Climbing is a “challenge” to themselves, it is “humility” to recognize and accept our limits and ultimately it is a “lifestyle”, find and enter into symbiosis with nature and the environment.

When and why did you fall in love with this extreme sporting practice?I was about 29 years old when I approached the climb and it was a gradual thing. Free climbing is complicated; or rather it is easy to go

places to climb: the difficult is to be at the base of the wall and fight their fears, anxieties and insecurities and it is difficult to lie to them. Only a strong passion that comes from somewhere, well hidden, allows you to face and overcome that state of mind. In almost 15 years of activity, while stopping it sometimes for long periods, there was always a strong passion, sometimes becoming almost obsession. I always played sports and the challenge against my opponent was never satisfied. In climbing I found myself in a formidable opponent able to give me so much motivation to face the hidden fears. Falling in love with climbing is from the numerous nuances that offers contact with nature, frequenting places that are difficult to recount the sights, meet people without being influenced by social rank, but what I capture is creativity, steep climbs that no one before had climbed, go where no one before had ever spent. I made hundreds of paths, which now so many climbers undertake repeatedly during their free time and when I meet someone who has a smile after climbing one of my creatures my creature, it makes me happy.

Which one has been your best performance?I don’t love performances, even if I did climbs of varying difficulties, most of those in a style called free alone (without rope). For me, the

climbing must never become an athletic performance, relegating simply in a physical gesture. I consider my best performance climbing the

ph. G.Mocci © AT Photographer

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top of a the most beautiful and famous pikes of Mont Blanc, or creating a beautiful new way to dedicate to someone who has been important in my life, or bringing in an inexperienced friend to the top and see their excitement and happiness once on top.

When, where and how do you have your training?I’m not an athlete, I don’t follow table training and I don’t go to

any gym. I am fortunate to live on an island in the middle of the

Mediterranean with a mild climate all year round and the walls are 20 minutes from home. With a few hours to spare and in the company of a friend, I solve this issue in climbing wall.

At the beginning were you inspired by some famous climber?No. I met many famous climbers and I was lucky enough to

climb with some of them. But more than inspiring to someone, I always tried to understand what pushed so many people to deal with the uncertainty of returning back home. Facing mountains like the sea or unexplored cave requires a positive outlook on life and a profound curiosity for it. It is my curiosity to find answers in their actions, in their simple way of life from which emerges a love for harmony with the world. You feel it when you put yourself in a physical and mental test. Many times I found myself in what is called the “point of no return”, risking my safety, it is a situation when you’re too high to get out and too low to give up and that’s where I know what I want. The adventure is within you and is accomplished in what you do, no matter where you do it.

Now, who do you consider the best climber at present?Today there is not just one climbing style. Times change,

technologies change, the advance of technology made safer no limits activities such as climbing. It allowed many more people to come closer to this world, resulting in a separation and a consequent specialization in various disciplines in which climbing is done. Each specialty has its own male or female reference that change over time to be replaced by a new talented one. There are several climbers who feel worthy of that title, for different reasons, but they are all men and women who live the climb in its essence. It is people in constant search of the purest line of extreme difficulty and they don’t do it to appear on magazine covers that are just the result of their actions, but to sate that insatiable disease of adventure that devours them, and makes them give up the easy life of the modern world.

What do you think while you’re climbing?Sometimes I feel the need to do something that stimulates

my desire to measure up to the rock with me. I recently climbed some steps exposed to difficulties and dangers. Steps that no one has repeated to date. I feel the silence disturbed by the wind, accompanied by the loud sound of the heart beat which combines breathing slowed and dropped from care of the anxiety that has been lost. No thought is negative, as if until that moment I had

lived a life with no errors or problems. Fears, insecurities and uncertainties become just meaningless words. I am one with the rock and gestures become fluid and light. At that moment, there is only room for my loved ones that keep me company in that corner of tranquility.

What would your life goal be the one you have always dreamt of accomplishing?

Antoine De Saint-Exupéry wrote: “All adults were once children. But

few of them remember it”. I wish I never forget that I was a child. Being curious

and excited over time is increasingly difficult in an oppressing society and in everyday life you end up forgetting to smile. Only the unconscious to remain children allows you to smile in this world, which has become so disinclined to human life. Too often we forget our loved ones and the people around us, the kids are smarter than us, they do not get involved with things, but then use they use it to take refuge in the arms of those who they love. To be Able to be as children for an adult is a real good challenge.

(translate by Grazia Solinas)

Calagonone (Dorgali, Nu) - ph. G.Mocci © AT Photographer

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Calagonone (Dorgali, Nu)

ph. B.Valuto © AT Photographer

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dal Turismo attivo alla sensibilizzazione

sulle tematiche dell’ambiente,

senza dimenticarele priorita’ sociali

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* Essere un turista attivo ovvero un “viaggiatore”

* Screen shot

* L’Aquila rinascerà grazie alla sua montagna

* Percorsi di CORSA... a Cagliari

* Cagliari-Palermo... A/R in 36 ore

* Turismo in Sardegna: tradizione e modernità

* Torrentismo: sport e senso civico

Versione Italiana

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Perchè non vai a ...

L’Aquila rinascerà grazie alla sua montagnaTre giornate molto intense, sotto l’ombra degli Appennini

Abruzzesi, andando su e giù per le strade provinciali che tagliano il Parco Nazionale del Gran Sasso e della Laga. Strade che si inerpicano fin sul Campo Imperatore, con il suo albergo famoso per la presenza mussoliniana e gli alianti di Otto Skorzeny. Ma sarebbe sminuente rendere omaggio alla più alta cima degli Appennini ricordando solo memorie del nostro passato di guerra. Gran Sasso è soprattutto clima e ambiente incontaminato, è possibilità di aspirare ad un futuro di turismo intelligente, e, soprattutto, di speranza per L’Aquila, città ferita dal terremoto, distrutta nei suoi tessuti umani ed architettonici e nella sua memoria medioevale.

Le tre giornate vissute in famiglia nei giorni a cavallo del Ferragosto scorso hanno visto intrecciarsi a ritmo frenetico esperienze le più diverse: sensoriali, enogastronomiche ed emozionali. Alloggiati presso casa di amici a Fonte Cerreto, la frazione della cittadina di Assergi dalla quale parte la funivia del Gran Sasso, subito si sono percepiti intensi gli odori e gli stimoli di una natura selvaggia e aspra, fatta di roccia nuda e prati con intense macchie di tassi, agrifogli, abeti bianchi e tante betulle. Profumi di erba tagliata e i colori dei papaveri e degli anemoni rendono la zona appagante sia dal punto

di vista olfattivo sia visivo. I cambi di tonalità del verde si susseguono mentre sulla provinciale 37 dell’Abruzzo e sulla Statale 80 ci si inerpica godendo di panorami i più vari: la corona del massiccio del gran Sasso, il Corno Grande, monte Corvo, monte Portella, il monte Aquilano ed il Pizzo Camarda, la Sella di Patroriscio e giù verso l’altopiano di Castel del Monte. Dove le esperienze enogastronomiche hanno trovato la loro sublimazione. Usufruendo delle carni di altissima qualità suina e bovina, dei salumi e dei formaggi, oltre che dei numerosissimi grandi barbecue del Ristoro Mucciante in località Madonnina di Castel del Monte, ci siamo uniti a qualche migliaio di altri gaudenti intenti a cuocere sulle braci ed a mangiare in allegria ed a sazietà, glorificando la terra d’Abruzzo e le sue leccornie. Un lungo momento di pace e di allegria, saziati da arrosticini di castrato, salsicce di fegato di maiale, prosciutto pepato e pancette croccanti, oltre che da ricotta stagionata salata e caciocavallo di Castel del Monte sapido, di pasta soda e compatta, di media stagionatura.

Un Montepulciano d’Abruzzo di proprietà che macchiava il bicchiere per la corposità e, forse, l’eccessiva traccia

testo e foto di Massimo Lavena

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tanninica, accompagnava degnamente dei bocconi altrimenti troppo soli. Ecco. Questi aspetti così solari e questi tributi alla natura ed ai sapori dell’Aquilano più alto introducono, smorzati dal dolore, quelle esperienze emozionali provate nel rivedere L’Aquila a tre anni dal terremoto, dopo che per tanti anni era stata una meta preferenziale di gite profondamente arricchenti. L’impatto con la città ferita è stato duro, oppressivo soprattutto a fronte dei silenzi che coprono la non ricostruzione di ampie aree della città, ancora sottoposte alla chiusura integrale, alla zona rossa, al controllo armato dell’esercito e delle forze dell’ordine.

Anche una ripresa (in realtà molto limitata) di attività commerciali nelle vie del centro che mostrano i segni inequivocabili della tragedia, tra palazzi imbracati da tubi innocenti e finestre ancora rotte, tra negozi e abitazioni abbandonate e serrate, non lenisce il senso di straniante malinconia del passato che risuona con i passi, troppo rumorosi in una città silente e svuotata. L’Aquila città universitaria, centro culturale, centro artistico sembra chiedersi ancora il perché non ci sia stato un impegno complessivo delle amministrazioni pubbliche per ripartire da lei stessa. Passeggiare lungo le strade che conducono alla monumentale piazza del Duomo con la cattedrale dei Santi Giorgio e Massimo e la Chiesa di Santa Maria del Suffragio o delle Anime Sante vuole dire confrontarsi da una lato mestamente con i segni del disastro evidenti ed angoscianti; ma dall’altro leggere nelle botteghe a cielo aperto e nei segni di restauro pochi ma visibili una speranza che la città si rialzi. Potrà farlo da sola, senza l’aiuto di nessuno, usando dei doni che la natura le ha dato: ecco il legame nativo con il Gran Sasso, con la sua gastronomia, i suoi vini che sono poesia e cultura di una città fiera, come il suo castello spagnolo, sede di un Museo Nazionale dell’Abruzzo che dovrebbe rinascere in una struttura, nel mentre che proseguono i restauri post terremoto.

Ma resta forte l’immagine del corso Umberto I vuoto e silenzioso, un tempo chiassoso e movimentato per gli studenti del prestigioso Ateneo Aquilano. Ed a monito degli uomini ma al contempo sfida agli stessi per la rinascita, le medievali via Sallustio e via Tre Marie chiuse da cancellate attendon solo di essere liberate per ripartire e riscoprire il valore e la forza di una città, della sua montagna, della sua natura.

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tanninica, accompagnava degnamente dei bocconi altrimenti troppo soli. Ecco. Questi aspetti così solari e questi tributi alla natura ed ai sapori dell’Aquilano più alto introducono, smorzati dal dolore, quelle esperienze emozionali provate nel rivedere L’Aquila a tre anni dal terremoto, dopo che per tanti anni era stata una meta preferenziale di gite profondamente arricchenti. L’impatto con la città ferita è stato duro, oppressivo soprattutto a fronte dei silenzi che coprono la non ricostruzione di ampie aree della città, ancora sottoposte alla chiusura integrale, alla zona rossa, al controllo armato dell’esercito e delle forze dell’ordine.

Anche una ripresa (in realtà molto limitata) di attività commerciali nelle vie del centro che mostrano i segni inequivocabili della tragedia, tra palazzi imbracati da tubi innocenti e finestre ancora rotte, tra negozi e abitazioni abbandonate e serrate, non lenisce il senso di straniante malinconia del passato che risuona con i passi, troppo rumorosi in una città silente e svuotata. L’Aquila città universitaria, centro culturale, centro artistico sembra chiedersi ancora il perché non ci sia stato un impegno complessivo delle amministrazioni pubbliche per ripartire da lei stessa. Passeggiare lungo le strade che conducono alla monumentale piazza del Duomo con la cattedrale dei Santi Giorgio e Massimo e la Chiesa di Santa Maria del Suffragio o delle Anime Sante vuole dire confrontarsi da una lato mestamente con i segni del disastro evidenti ed angoscianti; ma dall’altro leggere nelle botteghe a cielo aperto e nei segni di restauro pochi ma visibili una speranza che la città si rialzi. Potrà farlo da sola, senza l’aiuto di nessuno, usando dei doni che la natura le ha dato: ecco il legame nativo con il Gran Sasso, con la sua gastronomia, i suoi vini che sono poesia e cultura di una città fiera, come il suo castello spagnolo, sede di un Museo Nazionale dell’Abruzzo che dovrebbe rinascere in una struttura, nel mentre che proseguono i restauri post terremoto.

Ma resta forte l’immagine del corso Umberto I vuoto e silenzioso, un tempo chiassoso e movimentato per gli studenti del prestigioso Ateneo Aquilano. Ed a monito degli uomini ma al contempo sfida agli stessi per la rinascita, le medievali via Sallustio e via Tre Marie chiuse da cancellate attendon solo di essere liberate per ripartire e riscoprire il valore e la forza di una città, della sua montagna, della sua natura.

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Nuove tendenze del Turismo attivo,

porte aperte alla tradizionee la riscoperta di

luoghi abbandonatie riportati in vita

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* Mettersi in strada

* Nordic walking

* Dicembre a Barcellona...

* Cortes Apertas

* Pista ciclabile a Napoli

* Una pedalata nel passato

* La grotta di Gana ‘e gartoe

Versione Italiana

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Perchè non vai a ...testo e foto di Giuseppe Belli

Pista ciclabile a Napoli

La pista ciclabile a Napoli, messa in cantiere dalla nuova amministrazione comunale guidata da Luigi De Magistris appena insediatasi a Palazzo San Giacomo, per molti napoletani è stata una trovata a dir poco stravagante. Eppure, tra le tante critiche e incomprensioni che si sono create con chi non ha condiviso questa ed altre iniziative come quella della chiusura del lungomare, qualcosa è cambiato nella

nostra città e non sono pochi coloro che hanno elogiato questi cambiamenti. I punti di vista sono come sempre diversi, ma, se soltanto in un prossimo futuro si potranno tirare le somme e un giudizio complessivo sul presente, possiamo sicuramente affermare che dopo anni di immobilismo era necessario un segno di discontinuità, e, nelle intenzioni e nei fatti questo si sta avverando. La chiusura al traffico veicolare

ph. G.Mocci © AT Photographer

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di Via Caracciolo è stata un trampolino di lancio per avviare non solo un nuovo modo di vivere questa città paralizzata da sempre anche automobilisticamente parlando, e caotica fino all’inverosimile, ma anche per poter creare delle iniziative culturali e sportive intorno alle quali potesse partire l’indotto legato al turismo che da solo potrebbe ridare fiato a tutta l’economia cittadina. E infatti quest’anno la nostra città ha

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ospitato due eventi di notevole importanza: prima la Coppa America e poi la Coppa Devis che hanno rilanciato non poco l’immagine di una città che negli ultimi anni aveva dovuto subire lo smacco e l’umiliazione per essere letteralmente sprofondata nella spazzatura. Qualcosa come per incanto si è rimesso in moto e si è rivista di nuovo una città, benché ancora martoriata da una endemica criminalità, che vuole riprendere a vivere. E una prima ripresa turistica, se pur timida, nonostante la crisi globale, la si è potuta constatare. Insomma, se la vivibilità di una città è legata alla risoluzione di tante tensioni sociali quali l’assicurazione di un lavoro dignitoso per tutti, di una casa, e di un buon funzionamento dei servizi sociali prima, e di quelli della mobilità poi, anche la pista ciclabile può rappresentare la voglia di un cambiamento legato ad una mobilità alternativa, più spedita, salutare perché ecologica, economica e turistica. Sicuramente napoletani e turisti apprezzeranno i risvolti positivi

di andare in bicicletta, quanto essa faccia bene alla salute e alle tasche soprattutto in questi tempi di crisi. Inoltre conoscendo l’indole napoletana, che ciclisticamente parlando ha pedalato da sempre per inventarsi da vivere, sono sicuro che molti non mancheranno di imparare a pedalare per davvero, non fosse altro che per continuare a sperare e a sognare di raggiungere presto la luce, quella che vorremmo intravvedere fuori dal tunnel di questi nostri giorni bui.

ph. G.Mocci © AT Photographer

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Turismo attivo in città,movimento, storia, cultura

e lezioni di vita da apprendere

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Marcovaldanesimo

Spaccanapoli il cuore pulsante della città

Alla scoperta della Germania, con l’amica...

Madrid è il luogo dove s’impara a capire

Lo scarpariello

Bottarga, oro di Sardegna

Golf da amare

AT Decameron: matita, gomma e mouse...

Versione Italiana

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Obiettivo AT

Lago Tangrela (Burkina Faso)ph. Massimo Cozzolino © AT Photographer

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Perchè non vai a ...testo di Valentina Morea photo Giampaolo Mocci

Situata per la maggior parte in corrispondenza del Decumano Inferiore (dal latino decumanus, ossia una strada che percorreva da est ad ovest le antiche città romane), Spaccanapoli viene definita così perchè taglia in due la città antica con precisione quasi geometrica, offrendo tutto l’anno agli occhi

increduli di chi la osserva uno spettacolo senza pari, la rappresentazione dell’anima di Napoli, la sua essenza che qui si svela senza trucchi.

Il centro storico della città, il suo cuore è tutto li, in quel dedalo di viuzze che confluiscono in un rettifilo lungo oltre 2 km, una sequenza di strade che, con

Spaccanapoli: il cuore pulsante della città

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nomi diversi, si susseguono attraversando la città da un capo all’altro dell’antico tracciato greco-romano. A percorrerle da principio a fine, dalle colline del Vomero a Forcella, si entra nel vivo di quartieri brulicanti ad ogni ora del giorno e della sera; zone pulsanti di vita che, in un fitto incrocio di vicoli,

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nascondono tesori ricchi di storia e curiosità tutte da scoprire. Partendo dalla cima dei quartieri spagnoli, dopo un primo tratto, in ripida discesa, si attraversa il piccolo ma brulicante mercatino della Pignasecca, uno dei mercati a cielo aperto più caratteristici della città. Qui troverete la vera Napoli, quella degli acqua frescai, dei pescivendoli urlanti, dei negozi alimentari con le esposizioni di tutta l’arte della friggitoria napoletana, con le bancarelle dove trovi di tutto a prezzi contenuti.

E tra un acquisto e uno spuntino ci ritroviamo in Piazza del Gesù il più ufficiale, forse, ingresso della Napoli greco-romana, caratterizzata da monumenti tra i più celebri della città. Sulla piazza si affaccia in tutto il suo splendore la chiesa del Gesù Nuovo, da cui la stessa prende il nome e il monastero di Santa Chiara, con l’annesso chiostro maiolicato, tra i più begli esempi dell’architettura gotica napoletana oggi rinato a nuova vita dopo lunghi lavori di ricostruzione in seguito al bombardamento che durante la Seconda Guerra Mondiale lo distrusse quasi completamente. Ma è col calar della sera che Piazza del Gesù e le stradine adiacenti prendono vita; non bisogna certo aspettare il fine settimana per vedere le strade della città brulicare di persone. Ogni sera è quella buona per bere una birra nei localini del centro storico ascoltando un po’ di musica e passeggiare tra le bancarelle che, soprattutto in estate, fanno bella mostra dei loro oggetti fino a tarda notte: trascorrere una serata in questa zona vi farà sentire un po’ napoletani! Verso la fine del nostro itinerario lungo l’arteria di Spaccanapoli, giungiamo nel suo tratto più antico e forse il più rappresentativo: San

Biagio dei Librai, che incrocia perpendicolarmente

San Gregorio Armeno, la celebre strada degli artigiani del presepe famosa in tutto il mondo per le sue botteghe dedite all’arte presepiale. Qui si può trovare di tutto per il presepe: dalle casette di sughero o di cartone, agli oggetti “meccanici” come mulini a vento

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o cascate. Ma anche pastori sui generis: la statuetta (ma sarebbe meglio dire la caricatura) del politico o del VIP del momento è ormai divenuta un classico. In queste strade prendono vita i tratti più caratteristici della napoletanità: in un connubio tra sacro e profano Napoli esprime appieno tutta la sua poesia nel fantasioso legame con le antiche tradizioni, le credenze popolari, la paura dell’aldilà e il sapere scaramantico per evitare le iettature; cornetti, gobbi e ninnoli portafortuna campeggiano trionfanti accanto a immagini della Natività e personaggi dell’iconografia religiosa. Spaccanapoli è un percorso che attraversa il tempo, passeggiare lungo questa arteria viaria è come condensare mille anni di storia in pochi chilometri: in un caleidoscopio di sensazioni si coniugano la tradizione della Napoli di un tempo e lo sviluppo frenetico della modernità.

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... Sulla piazza si affaccia in tutto il suo splendore la chiesa del Gesù Nuovo, da cui la stessa prende il nome e il monastero di Santa Chiara, con l’annesso chiostro maiolicato, tra i più begli esempi dell’architettura gotica napoletana oggi rinato a nuova vita dopo lunghi lavori di ricostruzione in seguito al bombardamento che durante la Seconda Guerra Mondiale lo distrusse quasi completamente.

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ph. B.Valuto © AT Photographer

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Meraviglie universalmente riconosciute

e terre lontane

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Viaggi diversi, stessa destinazione

Monte Bianco, una meraviglia del mondo

Protections: watercolor on paper

Scalare l’effimero

Ilha do sal: tra sport estremo e puro relax

Salvador de Bahia: la terra del sorriso

Cavalli e corse. Un mondo da scoprire

Fil‘e Ferru l’acquavite sarda

Antichi mestieri del belpaese: “le filandere”

Diventa imprenditore glocal

AT Decameron: matita, gomma e mouse...

Versione Italiana

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Oceano Atlantico (Bushua, Ghana)ph. Massimo Cozzolino © AT Photographer

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Obiettivo AT

A volte ti rendi conto che per cogliere la bellezza di un luogo ,basta sedersi e lasciarsi ammaliare dalle cose ,persone o eventi, che ti si mostrano d’innanzi e stupirsi di quanto può essere meraviglioso osservare una bambina passeggiare sotto la calura, rapita dal “Mareggiare pallido e assorto” (E.Montale), oppure un tronco eroso dalla salsedine e dall‘impetuoso divenire del mare.

Massimo Cozzolino

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Outdoor activity

testo e foto di Giampaolo Mocci

Monte Bianco, una meraviglia del mondo

A volte, ma solo a volte… l’alta montagna non è necessariamente sinonimo di un luogo severo. Contrariamente al nome che porta, la Combe Maudite (Valle Maledetta) è un luogo che t’invoglia a ritornare. Stiamo parlando di una delle valli del massiccio del Monte Bianco e sicuramente una visita non è sufficiente ad ammirare quel paesaggio straordinario, imponente e quasi fiabesco.

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Monte Bianco, una meraviglia del mondo

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Allora perché questo nome? Dal Mont Maudit che si erge a confine e la separa dal selvaggio e inospitale Ghiacciaio della Brenva. Lo stesso ha ereditato il nome dalle leggende, che narrano delle montagne come il regno del demonio.

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La Combe Maudite è facilmente raggiungibile da Courmayeur prendendo la funivia fino al Rifugio Torino (3.329 mt s.l.m.) da cui ha inizio un tranquillo e comodo trekking sul ghiacciaio, che in appena un ora e mezzo raggiunge il Grand Capucin, simbolo della valle.

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La passione per la scalata, ha con se il grande pregio di poter essere praticata nei luoghi che fanno parte dell’immaginario collettivo degli scalatori e non...

Il Grand Capucin (3.838 mt s.l.m.) è il più imponente e difficile monolite della valle, il modo più semplice per salire in cima è scalare la celebre “Via degli svizzeri (C.Asper, M.Bron, M.Grossi, M.Morel, 1956. 300 mt di sviluppo, 6b e A0 - solo un passaggio)”. Trattandosi di alta montagna la scalata non è mai scontata e bisogna padroneggiare il 6a (grado di difficoltà nella scala francese) e proteggersi con nuts e friends (protezioni movibili da posizionare nelle fessure e levare dopo la salita). Il tratto più impegnativo (gradazione tecnica: 6b/A0) risulta particolarmente ostico e aereo, per questo meglio non essere troppo emotivi. Accanto al Grand Capucin si erge la Chandelle du Tacul (3.561 mt s.l.m.), più bassa ma sempre ben slanciata, la quale vanta un bel tris di salite del celebre Walter Bonatti. Una di queste (Via Bonatti, W.Bonatti e R.Gallieni, 1960) è divenuta una classica, soprattutto da quando Michel Piola e Pascal Strappazon aprirono nel 1988 la via Tabou, la quale permetteva di evitare la fessura orizzontale da percorrere in artificiale (oppure 7b in arrampicata libera), creando cosi la Bonatti-Tabou. 64

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La passione per la scalata, ha con se il grande pregio di poter essere praticata nei luoghi che fanno parte dell’immaginario collettivo degli scalatori e non...

Il Grand Capucin (3.838 mt s.l.m.) è il più imponente e difficile monolite della valle, il modo più semplice per salire in cima è scalare la celebre “Via degli svizzeri (C.Asper, M.Bron, M.Grossi, M.Morel, 1956. 300 mt di sviluppo, 6b e A0 - solo un passaggio)”. Trattandosi di alta montagna la scalata non è mai scontata e bisogna padroneggiare il 6a (grado di difficoltà nella scala francese) e proteggersi con nuts e friends (protezioni movibili da posizionare nelle fessure e levare dopo la salita). Il tratto più impegnativo (gradazione tecnica: 6b/A0) risulta particolarmente ostico e aereo, per questo meglio non essere troppo emotivi. Accanto al Grand Capucin si erge la Chandelle du Tacul (3.561 mt s.l.m.), più bassa ma sempre ben slanciata, la quale vanta un bel tris di salite del celebre Walter Bonatti. Una di queste (Via Bonatti, W.Bonatti e R.Gallieni, 1960) è divenuta una classica, soprattutto da quando Michel Piola e Pascal Strappazon aprirono nel 1988 la via Tabou, la quale permetteva di evitare la fessura orizzontale da percorrere in artificiale (oppure 7b in arrampicata libera), creando cosi la Bonatti-Tabou. 65

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Su questa splendida guglia si trova la più impegnativa “Ligne Blanche (J.L.Amstutz, R.Vogler, 1990. 200 mt di sviluppo, 7a+ (6b obbl.)/RS1/II)”.

È su questa via che la mia passione per la scalata ha avuto l’opportunità di essere soddisfatta ed è qui che è avvenuto il mio battesimo del Mont Blanc. Scalare e raggiungere la cima della Chandelle du Tacul, una delle più famose guglie, in mezzo ad un ghiacciaio di circa 400 mt di profondità, in una valle considerata una delle meraviglie del mondo, dove nell’aria è palpabile il riecheggiare dei nomi dell’alpinismo che hanno fatto la storia, è sicuramente un’esperienza che può dare emozioni che difficilmente si possono dimenticare.

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Mont Blanc du Tacul - 4.248 mt

Grand Capucin - 3.838 mt

Petit Capucin - 3.693 mt

Trident - 3.639 mt

Chandelle - 3.561 mt

Aiguilles du Diable

Pointe Adolphe Rey - 3.535 mt

CourmayeurPyramide du Tacul - 3.468 mt

Descrizione del percorsoda Courmayeur, funivia della P.ta Helbronner, al Rifugio Torino (3.375 mt, phone +39 3402270121). Dal rifugio seguire il

sentiero ben visibile fino al Col des Flambeaux, passato il quale si scende in diagonale in direzione del Tour Ronde. Dal colle sono perfettamente visibili le guglie (il Gran Capucin e le altre), quindi orientarsi a vista sino alla base.

Dal rifugio al Grand Capucin, tempo di percorrenza 1 h e 15 min (Facile) da Chamonix, funivia dell’Aiguille du Midi, al Rifugio des Cosmiques (3.613 mt, phone +33 (0)450544016). Dal rifugio seguire

il sentiero della Vallé Blanche attraversando il Col des Rognos e proseguire seguendo il versante Est del Mont Blanc du Tacul. L’ingresso della Combe Maudite è segnalato in prossimità del Pic Adolphe Rey, poi si risale fino al Grand Capucin.

Dal rifugio al Grand Capucin, tempo di percorrenza 2 h (Facile)

Avvicinamento su ghiaccio:Anche se il ghiacciaio appare in buone condizioni è importante seguire tutte le norme di sicurezza, quindi procedere legati e a

distanza l’uno dall’altro, ramponi, piccozza, chiodi da ghiaccio e il kit per il recupero dai crepacci.Importante indossare l’abbigliamento adeguato all’alta montagna, senza sottovalutare gli improvvisi cambi climatici.Particolare attenzione nel ghiacciaio nei periodi caldi e secchi.

Scheda Tecnica

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Mont Blanc du Tacul Chandelle du Tacul (3.561 mt)Ligne BlancheJ.L.Amstutz - R.Vogler (1990)200 mt - 7a+ (6b obbl.)/RS1/II

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AT on canvas

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It is a story about sport climbing Protections, for how to write a watercolor. Pen and paint... to make it look old and dirty the surface of a rock cliff.

© 2012, Suwong Manoall rights reserved

http://kuikaiart422.ioffer.com/http://rockclimbing-thailand.blogspot.it/?zx=44f806770034cb6e

Protections: watercolor on paper

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outdoor tra terra e mare,luoghi lontani,

percorsi itineranti attraverso antichi mestieri

ela pittura ritrae l’ambiente

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La natura selvaggia del viaggio

Surfing Sardinia

L’altra Sardegna

L’isola delle storie, pensieri di un gavoese

Il paese delle ciliegie

Una settimana in Val di Sole

YUCATAN: un viaggio “responsabile” per incontrare I MAYA

Kinesava Shadows, oil on canvas

Antichi mestieri del belpaese, tra le valli del Trentino

La fattoria didattica

AT Decameron: matita, gomma e mouse...

Versione Italiana

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Outdoor activitytesto e foto di Stefano Vascotto

Surfing Sardinia

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Surfing Sardinia

Un pomeriggio freddo e la risacca che fa da colonna sonora ad un quadro in bianco e nero creato dalle nuvole sul mare. Osservando alcuni surfisti immobili sull’acqua in attesa dell’onda, penso alla fortuna di vivere in un luogo dove godere quotidianamente di questi momenti, è un lusso per pochi. Qualche attimo ancora a fissare distrattamente quei ragazzi e una pacca sulla spalla mi fa sobbalzare. E’ Andrea, esperto surfista che in questi giorni avevo contattato per un’intervista.

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Surfing (Sardinia)ph. © Arianna Franzina

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Solo pochi minuti per le presentazioni, e il nostro dialogo si concentra esclusivamente su quella disciplina, il surf da onda, tanto lontana dalle mie abituali conoscenze. In tanti anni di pratica con la tavola e tante ore di mare all’attivo, Andrea ha anche deciso di divulgare le sue conoscenze in un manuale che sta diventando una vera bibbia per i praticanti del surf in Italia. “Il Surf da onda in Italia”, è questo il titolo del libro, è un compendio di storia del surf, tecnica e guida agli spot del nostro Paese. Tanto mare, tanti luoghi visitati con un’unica motivazione di viaggio, cavalcare le onde del mare. E’ questo il fil rouge del suo libro. Il racconto di Andrea è ormai come un fiume in piena che rivela quanto questo sport sia un mondo a sé stante. “Quest’attività è un modo per vivere in sintonia con la natura” – mi spiega – “e con la propria mente”. E sì, perché prima di parlare dell’aspetto tecnico, Andrea pone l’accento su quanto sia importante lo stato mentale per avvicinarsi a questo sport. “Conoscersi a fondo è la premessa per migliorare i propri limiti e spingersi oltre, con l’intento di abbattere i confini delle nostre paure quando si è di fronte alla forza prepotente del mare”.

E’ forse questo che rende diverso questo sport da tanti altri definiti estremi? Ed è forse questo il motivo per cui sempre più giovani e addirittura i non più giovani si avvicinano alla tavola da onda? “Credo di sì. Proprio il diverso approccio al surf ha fatto sì che in molti l’hanno iniziato a praticare”. Lo fai per una passione infinita per il mare, per lo stare in compagnia dei tuoi amici e godere di momenti indimenticabili a contatto con la natura. Un modo anche di risvegliare i nostri sensi e liberarci dallo stress quotidiano.

Ciò che mi affascina nel racconto è il senso di appartenenza a una comunità, una tribù, che traspare dallo way of life di persone di diversa estrazione sociale, di diverse lingue e paesi che invece sembrano comunicare con lo stesso idioma e con una sola idea nella testa, cavalcare la migliore onda della loro vita.

ph. © Arianna Franzina

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Un cenno su ANDREA NANI Nato nel 1971 a Iglesias a dieci chilometri da bellissimi spot

come Portu Cauli e Buggerru, a circa 50-60 km da Cagliari, Andrea ha iniziato a praticare il surf dagli anni 90. Con amici come Matteo Galzerino, Paolo Pani, Daniele Vinci e altri bravissimi surfisti, ha visitato tanti spot in tutta Italia e non solo. Canarie e altri paesi del mondo sono stati la meta delle loro avventure, oggi riassunte nel libro di cui Andrea è autore.

Questo libro, fra l’altro, è la più completa guida pratica al surf. Chi vuole può trovare consigli su come scegliere le attrezzature e svolgere una corretta preparazione atletica, come imparare facilmente le manovre principali e quelle più impegnative. Vi è soprattutto un’utilissima sezione dove sono indicati dettagliatamente i principali spot italiani.

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NON SOLO SURF DA ONDA Negli anni si sono sviluppate altre discipline come il windsurf e soprattutto in quest’ultimo periodo il kite che

consiste nel farsi trainare da una sorta di aquilone allacciato a un’imbragatura dell’atleta. Anche se sembrano simili queste discipline sono ormai sport totalmente differenti con competizioni e regolamenti diversi.

QUALCHE CURIOSITA’

• LoSPOTèilluogoincuifrangonoleondeadattealsurf.

•Daunarilevazionesull’altezzadelleondefattadirecente,sièrilevatochenellecostedellaSardegna

si hanno circa 175-185 giorni di onde surfabili. Ciò significa potersi dedicare a questo sport per circa

metà dell’anno.

•ACapoMannu,sempreinSardegna,nonèdifficiletrovareondediquattrometriepercorrerleper

una lunghezza superiore ai duecento metri.

•Dueragazziconoriginisarde,ifratelliPorcella,sonooggiiprotagonistidellascenamondialedel

surf, del Kite e del windsurf, essendo ormai nella top ten dei migliori atleti professionisti.

•Nel1998PaoloPani, iglesiente,haconquistato ilprimopostodelconcorso“lapiùgrossaonda

italiana dell’anno” indetto da una rivista di settore. Si aggiudicò un premio di 1000 dollari US e un

viaggio di 15 giorni in Messico a Puerto Escondido, oltre ad attrezzature sportive.

•NelbellissimoscenariodiMasuaesisteancheunascuola,laMOODschooldoveMatteoGalzerino

e Arianna Franzina, entrambi maestri federali, organizzano corsi per tutte le età.

VIDEO E FILM

• Unmercoledìdaleoni(BigWednesday)1978direttodaJohnMilius• PointBreak(Puntodirottura)1991direttodaKathrynBigelow• RidingGiantsFilmdocumentario2004direttodaStacyPeraltaconLairdHamiltoneGregNoll.

ALCUNI SPOT CONSIGLIATI

• Masua–PortuCauli(Iglesias)• Buggerru• CapoMannuanorddiOristano• PortoFerroadAlghero• SpiaggiadelPoettoaCagliari

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Non solo SURF da onda

Negli anni si sono sviluppate altre discipline come il windsurf e soprattutto in quest’ultimo periodo il kite che consiste nel farsi trainare da una sorta di aquilone allacciato a un’imbragatura dell’atleta. Anche se sembrano simili queste discipline sono ormai sport totalmente differenti con competizioni e regolamenti diversi.

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AT on canvas

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This painting is of Mt. Kinesava just outside Utah’s Zion Natio-nal Park, and is a place near and dear to my heart. This parti-

cular view is from a friend’s ranch located just above and across the Virgin River which runs parallel to this magic mountain.

Native Americans named Mt. Kinesava after the mischievous “Coyote God of the Canyon.”

© 2011, Kathryn Stedham all rights reserved

commisioned by the Utah State Public Arts

First Light: Kinesava Shadows, oil on canvas (121.92cm. x 243.84cm.)

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Obiettivo AT

Zebre, Riserva di Bandia (Senegal)ph. Massimo Cozzolino © AT Photographer

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E’ emozionante scoprire nell’arsa savana dorata, fra le acacie spinose dal fusto ramato e giganti baobab dal battito sordo, zebre, rinoceronti, antilopi, struzzi e giraffe. Avvistarli tra i rami, con stupore e timore avvicinarsi a distanza sicura, quasi a voler carezzare e condividere la tua ammirazione per creature tanto splendide,quanto a rischio di scomparire.

Sorprendente è, vedere la Regina maculata di quasi sei metri d’altezza, con passo elegante e sinuoso sfuggire a sguardi indiscreti.Sconvolgente è, come, nonostante la mole, scompare sotto i nostri occhi, se sosta immobile dietro un acacia.Natura effimera e perfetta.

Massimo Cozzolino

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Vecchie signore sbuffanti su rotaie,

il fascino delle scoglieree sogni da esplorare

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YOUDISCOVER

Il Treno a Vapore

OUTDOORACTIVITY

IL FASCINO DI ANDAR PER SCOGLIERESuggestive e imponenti

NUOVA ZELANDAUn sogno da esplorare

it.atmagazine.eu

ATMAGAZINETurismo attivo, senza confini.

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AT MAGAZINE Edizione IT/UK/ES - Mensile - Anno I - Nr. 6 - Aprile 2013

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La Tanoura. In occasione del 20° Design, che si è tenuto nel 2010 per la prima volta, nella parte antica di Il Cairo, precisamente a Khan El Khalili che per l’occasione ha subito un bellissimo restyling. L’atmosfera era estremamente piacevole, le strade erano piene di gente, l’evento è stato ricco di mostre e rappresentazioni di strada, ed è proprio in questa occasione che ho visto per la prima volta gli uomini trottola ballare la Tanoura, ossia la gonna. Danza mistica, che ha origine nell’impero Ottomano, sviluppatasi poi anche nella vecchia Cairo, dove assume dei toni più spettacolari. Il Derviscio con le sue pesanti gonne colorate roteando sempre più vorticosamente con l’incalzare della musica ossessiva, diventa un caleidoscopio di forme e di colori, in un crescendo orgasmico fino a raggiungere uno stadio di trance, che lo porta a congiungersi con il divino in una sorta di preghiera fisica.Questa danza è la rappresentazione tra il cielo e la terra, tra il corpo e l’anima, tra Dio e l’uomo.Se pur avendo perso un po’ di misticismo diventando molto folclorico, essendo rappresentata in diversi luoghi turistici, non si può non riconoscerle la bellezza e la complessità di esecuzione, infatti il Derviscio può roteare per più di venti minuti senza assolutamente perdere l’equilibrio e ciò richiede una complessa preparazione.

MASSIMO COZZOLINO

obiettivo AT

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KHAN EL KHALILI - IL CAIRO, EGITTOPHOTO MASSIMO COZZOLINO © AT PHOTOGRAPHER

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obiettivo AT

TANOURA - IL CAIRO, EGITTOPHOTO MASSIMO COZZOLINO © AT PHOTOGRAPHER

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OCEANO ATLANTICO BUSHUA, GHANAFOTO MASSIMO COZZOLINO © AT PHOTOGRAPHER

OCEANO ATLANTICO BUSHUA, GHANAFOTO MASSIMO COZZOLINO © AT PHOTOGRAPHER

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TESTO DI GIUSEPPE GIULIANIPHOTO ASS.NE SARDA TRENI STORICI SARDEGNAVAPORE

Il treno a vapore

You DISCOVER

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La locomotiva che beve acqua, brucia carbone e sbuffa vapore

piace soprattutto agli inglesi e ai bambini.

I primi non mancano mai all’appuntamento con un viaggio sulle

linee ferroviarie sarde, i secondi sono spesso i più entusiasti

dopo le escursioni domenicali sulle linee Cagliari-Iglesias e

Cagliari – Carbonia.

La locomotiva a vapore 740 423 è un gioiello custodito e accudito

dall’Associazione Sarda Treni Storici “Sardegnavapore”. Un

gruppo di appassionati del mondo ferroviario che ha deciso

di restituire a un mezzo che giaceva arrugginito in un

deposito il suo ruolo naturale, quello di viaggiare sui binari.

La locomotiva ripropone un tempo che non c’è più e quando

attraversa i paesi nel suo percorso verso il Sulcis, ricorda un

passato che suscita nostalgia nei più anziani e incuriosisce i

più giovani.

Per l’associazione è una questione di passione e memoria

storica, ma è strano che le istituzioni non riconoscano al treno

a vapore una forte valenza turistica.

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Page 94: AT Magazine nr. 11 E/IT

Quella locomotiva che viaggia ancora, a distanza di 90 anni, è

già di per sé motivo di attrazione.

La meta, le miniere di Iglesias e Carbonia, reiterato tentativo di lanciare

in Sardegna il Parco Geominerario e un turismo legato all’archeologia

industriale, è un ulteriore valore aggiunto.

Gli stranieri apprezzano e durante la vacanza nell’Isola non rinunciano

all’appuntamento con il viaggio sul treno a vapore. Poi c’è il capitolo degli

inglesi: ogni anno l’agenzia The Railway Touring Company porta almeno

un gruppo in Sardegna e la tappa con il treno a vapore è un passaggio

obbligato. Per quest’anno, The Railway Touring Company ha chiesto

il treno a vapore per il 12 maggio, tragitto da Cagliari a Macomer. Nel

programma che l’agenzia fa girare tra gli inglesi c’è un frase abbastanza

significativa riferita ai treni: “essi sono pienamente equipaggiati e ben

mantenuti e l’unica cosa che manca sono i passeggeri!”.

La locomotiva ripropone un

tempo che non c’è più...

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Quella locomotiva che viaggia ancora, a distanza di 90 anni, è

già di per sé motivo di attrazione.

La meta, le miniere di Iglesias e Carbonia, reiterato tentativo di lanciare

in Sardegna il Parco Geominerario e un turismo legato all’archeologia

industriale, è un ulteriore valore aggiunto.

Gli stranieri apprezzano e durante la vacanza nell’Isola non rinunciano

all’appuntamento con il viaggio sul treno a vapore. Poi c’è il capitolo degli

inglesi: ogni anno l’agenzia The Railway Touring Company porta almeno

un gruppo in Sardegna e la tappa con il treno a vapore è un passaggio

obbligato. Per quest’anno, The Railway Touring Company ha chiesto

il treno a vapore per il 12 maggio, tragitto da Cagliari a Macomer. Nel

programma che l’agenzia fa girare tra gli inglesi c’è un frase abbastanza

significativa riferita ai treni: “essi sono pienamente equipaggiati e ben

mantenuti e l’unica cosa che manca sono i passeggeri!”.

“Questo libro rappresenta un viaggio metaforico alla ricerca di un riscatto, di quegli abbandoni

atavici, di padre in figlio, e dell’interruzione drammatica della

loro relazione affettiva, che si sublima in “frammenti” di ricordi-

diario chiamati a riempire un vuoto. Nel racconto viene fuori una

città, Napoli, che ha mantenuto intatte le sue relazioni e che

l’autore ci restituisce con emozioni nuove, forse per metabolizzare

quelle “solitudini” che si è portato dentro per tanto, troppo tempo.”

Ines D’Angelo

IN VENDITAPRESSO

LE MIGLIORI LIBRERIE

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Quando nasce l’associazione?

L’associazione Sarda Treni Storici “Sardegnavapore” nasce nel

2000 ad opera di un gruppo di appassionati composto da

ferrovieri, ma non solo. Il primo presidente è stato Alfredo Pisano.

Qual è l’obiettivo?

L’obiettivo è quello di valorizzare il patrimonio ferroviario sardo e conservare la memoria

storica delle Ferrovie della Sardegna.

Quando ha iniziato a viaggiare la locomotiva a vapore?

La locomotiva, costruita nel 1923 dalle Officine Nicola Romeo di Saronno, ha viaggiato in

Sardegna dagli anni ’40 sino al 1973, anno in cui si è scritta la parola fine sulla trazione a

vapore. A quel punto, è rimasta ferma nel deposito di Golfo Aranci dove è stata notata

dai futuri fondatori dell’associazione. Successivamente, la locomotiva è stata trasferita

a Cagliari e con il benestare di Trenitalia si è deciso di recuperarla dal punto di vita

funzionale.

Che tipo di interventi sono stati fatti?

La locomotiva è stata completamente riportata a nuovo dai soci di “Sardegnavapore”,

altri interventi sono stati compiuti dai tecnici di Trenitalia, perché ci sono procedure che

devono essere certificate ed è necessario che siano effettuate da personale delle Ferrovie

dello Stato.

Quanto tempo è servito per far partire la locomotiva?

L’associazione è nata nel 2000, i primi due anni sono stati, diciamo così, dedicati alla

burocrazia, nel 2006 la locomotiva ha fatto il primo viaggio di prova.

Il primo viaggio ufficiale, invece?

Il primo viaggio aperto al pubblico è stato nel marzo del 2007, un Cagliari-Carbonia e

ritorno, ma già l’anno precedente, il giorno successivo al viaggio di prova sulla linea

Cagliari-Decimo, alla locomotiva sono state attaccate le due carrozze e con i soli soci a

bordo si è percorsa la tratta Cagliari-Carbonia.

Le due carrozze a che epoca risalgono?

Sono due carrozze ricostruite su telai originali del 1909 e 1910. Stesso discorso per il

bagagliaio: è stato ricostruito nel 1930 su telaio del 1909.

“Sardegnavapore” ha altri obiettivi?

Sì, intanto far funzionare il Museo delle Ferrovie che trova spazio nell’area della stazione

di Cagliari e poi recuperare altri mezzi: dalla locomotiva esposta nell’atrio della stazione

ad alcuni carri merci. In programma c’è anche il restauro di quello che era il deposito

delle macchine a vapore.

“Sardegnavapore”, parla il presidente Salvatore Moi.

Associazione Sarda Treni Storici “Sardegnavapore” Il treno a vapore viaggia da metà ottobre a fine maggio sulle linee Cagliari – Iglesias, Cagliari –Carbonia e Cagliari-Oristano solo la domenica e nei giorni

festivi.

La partenza è alle 8.30 dal binario 8 della stazione ferroviaria di Cagliari. Il costo del biglietto è di 35,00 euro (nella tratta per Iglesias comprensivo di trasferimento

in autobus per le miniere). Il treno parte solo se raggiunge il numero minimo di 150 passeggeri. Complessivamente i posti disponibili sono 156.

Il prossimo viaggio in fase di organizzazione è per il 28 aprile.

Contact Marino Piu

Phone +39 334 7165216

Web - http://www.sardegnavapore.it

Em@il - [email protected]

Informazioni e prenotazioni

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Associazione Sarda Treni Storici “Sardegnavapore” Il treno a vapore viaggia da metà ottobre a fine maggio sulle linee Cagliari – Iglesias, Cagliari –Carbonia e Cagliari-Oristano solo la domenica e nei giorni

festivi.

La partenza è alle 8.30 dal binario 8 della stazione ferroviaria di Cagliari. Il costo del biglietto è di 35,00 euro (nella tratta per Iglesias comprensivo di trasferimento

in autobus per le miniere). Il treno parte solo se raggiunge il numero minimo di 150 passeggeri. Complessivamente i posti disponibili sono 156.

Il prossimo viaggio in fase di organizzazione è per il 28 aprile.

Contact Marino Piu

Phone +39 334 7165216

Web - http://www.sardegnavapore.it

Em@il - [email protected]

Informazioni e prenotazioni

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BARBARA KNAPCZYK 2012 © all rights reserved

AT on canvas

Barbara Knapczyk was born in Cracow in 1960.She studied at Academy of Fine Arts in Cracow.Painting with professor Stanislaw Rodzinski and professor Zbigniew Grzybowski. Drawing with professor Zbylut Grzywacz and professor Józef Zabkowski. Diploma in 1989. Tekstile art with Professor Ryszard Kwiecien. All works inspired by the surrounding nature. Favorites: landscapes, still life, portrait, themes of mountains. Her work are in private collection in many countries.

She likes to travel and takes pictures.

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TOPNIEJĄCE ŚNIEGI W TATRACH (olej na płótnie - 140x110 cm) SCIOGLIMENTO DELLA NEVE IN MONTAGNA (olio su tela - 140x110 cm)

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obiettivo AT

PHOTO GIAMPAOLO MOCCI © AT PHOTOGRAPHER100

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a cura di BARBARA VALUTO

at decameronMATITA, GOMMA E MOUSE...

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numero 07

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NZULEZU Persistenza di un mondo antico

IL CUORE PULSANTEDELLA SCOZIAEdimburgo

uomini che vivono l’ambiente,nuovi modi di fare turismo

e nuovi modi di rappresentare il turismo

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OUTDOORACTIVITY

intervista aheinz mariacher

YOUDISCOVER

NZULEZU Persistenza di un mondo antico

IL CUORE PULSANTEDELLA SCOZIAEdimburgo

it.atmagazine.eu

ATMAGAZINETurismo attivo, senza confini.

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AT MAGAZINE Edizione IT/UK/ES - Mensile - Anno I - Nr. 7 - Maggio 2013

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Il turismo rappresenta, dopo l’industria del petrolio, la principale attività economica nel mondo, proponendosi troppo spesso come fenomeno di consumo, disattento alla sacralità di luoghi o popolazioni e disinteressato ad uno scambio rispettoso, finendo per confondere folclore con cultura, souvenir con produzione locale, elemosina con sviluppo e lasciando ben poco alle comunità che mettono a disposizione le proprie tradizioni e la propria identità.Da alcuni anni, in controtendenza ad un turismo di massa che finisce per impoverire le comunità locali, si sta diffondendo un nuovo modo di viaggiare, basato su valori quali rispetto, educazione, etica, giustizia, e che si propone un ruolo sociale e di sviluppo economico, rivalutando

l’importanza di un incontro tra turisti e comunità visitate all’insegna

del reciproco vantaggio: il TURISMO RESPONSABILE. Che cos’è il Turismo Responsabile? Questa è ovviamente la domanda base di tutto. AITR (l’Associazione Italiana Turismo Responsabile) lo definisce così: “Esiste un modo di viaggiare la cui prima caratteristica è la consapevolezza: di sé e delle proprie azioni, anche quando sono mediate dal comprare (un biglietto, un regalo, una stanza per dormire); della realtà dei paesi di destinazione (sociale, culturale, economica, ambientale); della possibilità di una scelta meditata e quindi diversa. Questo è Turismo Responsabile: un viaggiare etico e consapevole che va incontro ai paesi di destinazione, alla gente, alla natura con rispetto e disponibilità. Un viaggiare che sceglie di non avallare distruzione e sfruttamento, ma si fa portatore di principi universali: equità, sostenibilità

YOU DISCOVER

Un nuovo modo di fare turismo responsabile, sostenibile E rispettoso

TESTO DI VALENTINA MOREAPHOTO DI NICOLA MELONI

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del reciproco vantaggio: il TURISMO RESPONSABILE. Che cos’è il Turismo Responsabile? Questa è ovviamente la domanda base di tutto. AITR (l’Associazione Italiana Turismo Responsabile) lo definisce così: “Esiste un modo di viaggiare la cui prima caratteristica è la consapevolezza: di sé e delle proprie azioni, anche quando sono mediate dal comprare (un biglietto, un regalo, una stanza per dormire); della realtà dei paesi di destinazione (sociale, culturale, economica, ambientale); della possibilità di una scelta meditata e quindi diversa. Questo è Turismo Responsabile: un viaggiare etico e consapevole che va incontro ai paesi di destinazione, alla gente, alla natura con rispetto e disponibilità. Un viaggiare che sceglie di non avallare distruzione e sfruttamento, ma si fa portatore di principi universali: equità, sostenibilità

e tolleranza. Insomma stare dalla parte di chi offre soluzioni e non di chi crea problemi alla sostenibilità dell’unico pianeta“. [dal sito www.aitr.org]. La necessità della nascita di un movimento e di un’idea di turismo basato sul concetto della responsabilità, cioè di una maggior attenzione alle conseguenze del nostro viaggiare su popoli e ambiente, si è palesata a partire dagli anni ‘80, quando il fenomeno del turismo, raggiunte dimensioni di fenomeno di massa, ha iniziato a presentare tutta una serie di problematiche legate all’impatto di quest’attività sulle comunità locali. Fino a questo momento, il turismo veniva quasi universalmente considerato la panacea di tutti i mali economici di qualsiasi Paese, capace di risollevare qualsiasi economia nazionale in

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difficoltà. Nessuno (o quasi) aveva ipotizzato che l’industria turistica, una volta assunta la connotazione di fenomeno di massa, potesse essere portatrice di esternalità negative, di pesanti impatti ambientali, socio-culturali ed economici . Il turismo responsabile nasce come una “cura “ , un modo per evitare che la nostra passione per il viaggio, si trasformi in una minaccia per le terre e le persone che ci ospitano. L’impatto sociale e ambientale del turismo è molto elevato e coinvolge ogni settore; il turismo, com’è stato concepito e realizzato fino ad ora, ha spesso “consumato” i luoghi in cui ha messo piede, creando false aspettative, conoscenza fittizia, immagini stereotipate. Certo, modificare è inevitabile: ma perché modificare in peggio? Spesso gli effetti di uno sviluppo abnorme e deregolamentato del turismo sono stati deleteri per la natura, le tradizioni e la cultura dei “paradisi incontaminati”. E non si tratta soltanto della barriera corallina in pericolo o dell’estinzione di qualche rara specie animale: l’impatto del turismo è stato, e continua ad essere, violento anche sull’uomo. Il benessere che trasuda da un turista in vacanza non può lasciare impassibile chi vive in povertà.

L’impatto della cultura occidentale – nei suoi aspetti consumistici che

la vacanza mette in risalto – può portare alla distruzione dell’identità di un popolo o al peggioramento delle sue condizioni di vita. Non avendo la possibilità di guadagnare in modo lecito dall’economia del turismo, molte persone cercano di ottenere comunque dei vantaggi immediati, anche rubando. Chiunque sia andato a fare un viaggio in un paese povero sarà stato “assaltato” da bambini con occhi tanto furbi quanto supplicanti. Per non parlare di conseguenze ancora peggiori: alcune zone del sud-est asiatico sono diventate tristemente famose per il turismo sessuale, anche a scapito dei bambini. Le popolazioni che dovrebbero essere padrone in casa propria, meta di tanti turisti, hanno il diritto di essere prima di tutto tutelate e aiutate a sviluppare la propria economia. O forse dovrebbero essere semplicemente lasciate libere di gestire le proprie terre e le proprie risorse, anche quelle turistiche. Ecco dunque la necessità di trovare un’alternativa al turismo di massa e di viaggiare senza mai lasciare a casa il rispetto. Si tratta di pianificare viaggi che uniscano il sapore dell’avventura al contatto con la gente locale, servendosi delle loro stesse strutture, utile per una maggiore presa di coscienza della situazione di altri popoli, ambienti,tradizioni, usi

Dovunque tu vada, vacci con Tutto il cuore ! (Antico proverbio cinese)

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la vacanza mette in risalto – può portare alla distruzione dell’identità di un popolo o al peggioramento delle sue condizioni di vita. Non avendo la possibilità di guadagnare in modo lecito dall’economia del turismo, molte persone cercano di ottenere comunque dei vantaggi immediati, anche rubando. Chiunque sia andato a fare un viaggio in un paese povero sarà stato “assaltato” da bambini con occhi tanto furbi quanto supplicanti. Per non parlare di conseguenze ancora peggiori: alcune zone del sud-est asiatico sono diventate tristemente famose per il turismo sessuale, anche a scapito dei bambini. Le popolazioni che dovrebbero essere padrone in casa propria, meta di tanti turisti, hanno il diritto di essere prima di tutto tutelate e aiutate a sviluppare la propria economia. O forse dovrebbero essere semplicemente lasciate libere di gestire le proprie terre e le proprie risorse, anche quelle turistiche. Ecco dunque la necessità di trovare un’alternativa al turismo di massa e di viaggiare senza mai lasciare a casa il rispetto. Si tratta di pianificare viaggi che uniscano il sapore dell’avventura al contatto con la gente locale, servendosi delle loro stesse strutture, utile per una maggiore presa di coscienza della situazione di altri popoli, ambienti,tradizioni, usi

e costumi, e per il loro sviluppo. Il primo passo è escludere quei modi di viaggiare invasivi che danneggiano l’ambiente e le comunità che vivono nei luoghi che si visitano. Il secondo è realizzare dei percorsi turistici appoggiandosi ad associazioni ed altre aggregazioni locali che siano in grado non solo di far “vedere” i luoghi, ma anche di far incontrare le culture, le comunità, scoprendo il Paese da punti di vista diversi da quelli dei cataloghi patinati e creando nuovi legami di vicinanza con la comunità ospitante. Il turismo responsabile dunque propone di viaggiare in modo più consapevole, favorendo un turismo sostenibile, che appoggi l’economia locale e stimoli lo sviluppo sociale. Un turismo non solo rispettoso della natura, ma anche delle abitudini, delle tradizioni, della cultura di un paese, che proponga un rapporto autentico con i luoghi e le popolazioni, senza barriere come i cancelli “dorati” dei villaggi turistici.Un turismo vissuto come opportunità di conoscenza reciproca, arricchimento culturale ancor prima che economico. Un turismo che offra, a visitati e visitatori, soddisfazioni più grandi e risultati più duraturi.

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YOU DISCOVER

fiandre occidentalibruges, belgio

TESTO E PHOTO DI FRANCESCA COLUMBU

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Guardare una fotografia o semplicemente parlare di Bruges evoca, in me, immagini ed emozioni singolari, in grado di raccontare una città romantica, aristocratica ed elegante. È un luogo che sa rapirti e portarti lontano, in un mondo fiabesco fatto di Cavalieri, Conti e Duchesse ma anche di palazzi e chiese che sembrano ricamate. Narra una storia che traccia nove secoli di architettura: in stile gotico, barocco e classico. I tanti canali che la attraversano, nei quali ci si può specchiare per la loro lucentezza, le hanno valso il soprannome di “Venezia del Nord”. Il suo centro storico, rappresentativo del più raffinato Medioevo, è stato proclamato nel 2000 patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Delle vie del centro non si dimenticano le tante cioccolaterie che si presentano agli occhi dei turisti come gioiellerie e boutique alla pari dei negozi dei più blasonati stilisti. Chi ama viaggiare, per sentirsi cittadino del mondo e scoprire le tante meraviglie che ogni città è in grado di regalare, non può esimersi dal pianificare il suo prossimo viaggio in questa affascinante e incantevole terra dove il tempo sembra essersi fermato.

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Nella maggior parte dei casi quando si sente parlare di Bruxelles si pensa sempre al luogo nel quale risiedono le principali istituzioni della Comunità Europea. Ci si immagina, quindi, una grande metropoli affollata da manager e colletti bianchi, sempre impegnati a reggere le, traballanti, economie degli stati membri. Ma Bruxelles è molto di più. È prima di tutto la capitale del Belgio, città cosmopolita dai mille volti, in grado di offrire a ogni turista le più svariate attrattive: natura, arte, storia e gastronomia. Come in tante città del Nord Europa il cielo è timido nel regalare giornate di sole, ma il suo grigiore un po’ malinconico è sempre compensato dalle carezze delle sue luci e dal calore delle strade, affollate sino a tarda notte. Perdersi nel suo centro storico può rivelarsi una gran fortuna per vivere appieno le bellezze di ogni angolo delle sue strade medioevali, che raccontano ancora oggi la mondanità regale degli anni passati. Scegliere Bruxelles come meta di un viaggio richiede almeno un soggiorno di cinque giorni. Sono tante le sorprese e le emozioni che saprà regalare questa città ma un breve weekend potrebbe farvi ripartire con tanto amaro in bocca: per i musei non visitati, le strade non attraversate, le cattedrali non ammirate e la buona birra belga non degnamente sorseggiata.

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bruxellesbelgio

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AT on canvas

JAUME GRAU XENADibujo a lápiz de grafito

JAUME GRAU XENA© 2013, all rights reserved

Para los que quieran conocer un poco más de mi faceta artística, El dibujo y sus diferentes formatos, han sido una constante en mi vida. Una de las imágenes que conservo es ver a mi padre,

abstraído, siempre dibujando figuras maravillosas, Imagino que es lo que me creó el deseo de entrar en su mundo mágico. Bajo

su tutela, que no desapareció nunca, de niño, pinté mi primer cuadro sobre una sábana “El ciervo”. Así comenzó mi crecimiento

artístico y una de las épocas más productivas con muchas pinturas al óleo y acuarelas, descubriendo en el camino, una

nueva manera de expresión, la fotografía. A partir de aquel momento, pasé períodos sin contacto aparente

con los pinceles, pero para visualizar un idea o para hablar, para expresarme, debía dibujarlo. Tenía el dibujo dentro de mí. Dibujante del “Consell General de les Valls d’Andorra” (Dibujos

del cuaderno de naturaleza “Anem a la Comella”). Ilustraciones para la primera guía de Palau, Exposiciones, etc.

En cualquier caso entonces la pintura y el dibujo quedaron relegadas para entrar de lleno en la fotografía. Cofundador de la 2a.Galeria permanente de fotografía de España, la galería Tau,

hice diferentes audiovisuales y exposiciones de mis trabajos, tanto allí, como en el extranjero. Trabajaba mayoritariamente con

blanco y negro, grises, formas, ... que a ojos foráneos podían sugerir, lápiz, carbón o matices.

Pero faltaba algo, y poco a poco volví a entrar en contacto con el dibujo.

Esta vez sin color, trabajando con tinta diluida las exuberantes curvas de las barcas de las playas de Tossa, los utensilios de

pesca y los paisajes (Ilustraciones para el libro “Un passeig por la historia de Palau”). La tinta se diluía cada vez más para

convertirse finalmente en lápiz. Con el carbón y mayoritariamente con el lápiz es con los que

reencuentro la misteriosa pasión por hacer surgir formas de un papel, de un soporte plano. Claros, oscuros, grises, y el papel

que te llama y te lleva a una maravillosa experiencia que a veces cuando empieza, no deseas que se acabe nunca.

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Page 114: AT Magazine nr. 11 E/IT

AT on canvas

QUÉ MUNDO MARAVILLOSO! “WHAT A WONDERFUL WORLD”

MIRANDO AL FUTURO CON FIRMEZA Y SERENIDAD.

Page 115: AT Magazine nr. 11 E/IT

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MIRANDO AL FUTURO CON FIRMEZA Y SERENIDAD.

LA MÚSICA UN REMEDIO PARA EL ALMA.

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AT on canvas

ARRASTRANDO CON DIGNIDAD LA CARGA DE UNA VIDA

LA HUELLAS DE UNA VIDA DURA.

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ARRASTRANDO CON DIGNIDAD LA CARGA DE UNA VIDA

FUERZA Y DECISIÓN EN LA MIRADA.

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numero 08

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sogni in verde, la vita in verticale e la condivisione

pacifica degli spazi con animali feroci

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YOUDISCOVER

MAROCCO Il racconto dell’ascesa al Jbel Toubkal

RICCARDO SCARIAN Intervista

BAZOULÉ La terra dei coccodrilli sacri

it.atmagazine.eu

ATMAGAZINETurismo attivo, senza confini.

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AT MAGAZINE Edizione IT/UK/ES - Mensile - Anno I - Nr. 8 - Giugno 2013

OUTDOORACTIVITY

Rumundusogno verde in bicicletta

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TESTO DI GIUSEPPE GIULIANI

Rumundusogno verde in bicicletta

You DISCOVER

Page 121: AT Magazine nr. 11 E/IT

Un “sognatore pragmatico” parte in bicicletta alla ricerca di storie di vita sostenibili e di un mondo più umano.

L’avventura di Stefano Cucca, 34enne di Sorso, che in un anno girerà il mondo pedalando e cercherà di dimostrare che un’altra vita è possibile.Dalla Romangia, fontana della Billellera, alla Romangia, dopo circa 30 mila chilometri e 365 giorni passati su un sellino.Italia, nord Europa, Islanda, Canada, Stati Uniti, Giappone, Cina, Isole del Pacifico, Nuova Zelanda, Australia, Madagascar e Sud Africa, prima del ritorno in Italia passando da est. Queste, sommariamente, le tappe del viaggio. Si chiama RUMUNDU il progetto di un uomo che invita tutti a non smettere mai di sognare. La sua avventura potrà essere seguita su www.rumundu.com, attraverso lo stesso sito è possibile sostenere il progetto.

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Anche AT Magazine seguirà il viaggio di Stefano Cucca, ogni mese pubblicheremo un resoconto fotografico delle principali tappe.

Intanto, conosciamo meglio il protagonista di RUMUNDU in questa intervista.

PHOTO © http://www.rumundu.com/

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Outdooractivity

Riccardo skyscarian Un protagonista del free climbing. intervista

DI GIAMPAOLO MOCCI

“Forse tanti non capiscono cosa voglia dire superare un obbligatorio così alto, aprendo una via nuova dal basso e se fatto con etica rigorosa, vi assicuro che è tanta roba e tanta soddisfazione!”. Riccardo Scarian in quasi trent’anni di attività si è costruito un curriculum che si può semplicemente definire “completo”. Guida Alpina, Maestro di Sci, Tecnico di soccorso alpino S.A.G.F., Tecnico di Elisoccorso, Gruppo sciatori Fiamme Gialle e quindici anni (1990-2005) di attività agonistica col conseguimento di diversi titoli di categoria. Giusto per fare una sintesi di tanto di più.Un protagonista in tutte le discipline, che periodicamente l’hanno catturato e coinvolto, in virtù di una naturale evoluzione personale e di arrampicatore, ma è nell’apertura di una nuova linea che si racchiude l’essenza di ciascuna di esse.Col senno di poi, Riccardo, riconosce che avrebbe dedicato meno tempo alle competizioni a favore di

una maggiore attività outdoor, più in linea con la sua personale visione dell’arrampicata.

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123SOLO PER VECCHI GUERRIERI (8C) PHOTO © G.CORONA

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PHOTO © A.ZENI

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Usando un gergo militaresco si potrebbe dire di Riccardo “Sky” Scarian: classe 1968, specializzato Tecnico di soccorso alpino S.A.G.F., Tecnico di Elisoccorso, Guida Alpina e Maestro di sci alpino (Alpine ski teacher), Istruttore Federale Arrampicata (National instructor of sport climbing), Allenatore Nazionale Arrampicata (National trainer of sport climbing), Tracciatore Nazionale (First level route setter (national), Tracciatore Internazionale (International Chief route setter), Squadra nazionale Bouldering 1999-2005 (Bouldering national team), Gruppo sciatori Fiamme Gialle (arrampicata sportiva) 1996-2004 e mica finisce qui, a seguire un curriculum di realizzazioni alta come un bambino di 9 anni. Dopo questo “riassunto” mi hai rovinato il finale e la domanda cosa farai da grande non si può nemmeno pensare, però dopo tanti anni e tanti titoli ci sono ancora “Mutazioni possibili (8a OS)” che possono gettare “Ombre sul blu (8a OS)” per “La poderosa (8b+ Rotpunkt)” “Formica Atomica (8a OS)” dalle “Dita di Giunco (boulder 7b+/c flash)” che in quell’ “Ultimo movimento (8b Rotpunkt)” in un “Bain de sang (9a Rotpunkt)” ha voglia ancora di “Sogni di Gloria (8c Rotpunkt)”… cosa ne pensi?

Ogni tanto ci penso… mi giro indietro e mi accorgo che son passati veramente tanti anni da quando iniziai. Beh, le sensazioni che provo ora sono, praticamente, le stesse di allora, anzi direi migliorate, nel senso che ora riesco a cogliere sfumature che agli inizi non vedevo.La passione è rimasta la stessa, la voglia pure, la fibra si sta mantenendo

bene e l’esperienza coltivata in trent’anni di arrampicata… mi fa vivere il meglio di questa meravigliosa disciplina.

125SOLO PER VECCHI GUERRIERI (8C) PHOTO © G.CORONA

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Hai iniziato a scalare con la “vecchia generazione anni 80’”, ma ti sei ben adattato a tutte le evoluzioni che nel tempo, in bene o in male, hanno modificato

il mondo dell’arrampicata. Quali i pro e i contro di quest’evoluzione?

Rispondendo a questa domanda, di botto mi rendo conto che non sono più un giovane virgulto, e mi sento catapultato nostalgicamente in quegli anni… che per me furono mitici, per il semplice motivo che mi facevano sognare ad occhi aperti… anche perché le gesta dei miei eroi arrivavano tramite il passaparola come accadeva nelle leggende! Il Web non esisteva e girava solo qualche rivista di settore, dove potevi sognare guardando qualche bella foto. Per me quello è stato un periodo sicuramente positivo e sono felice di averlo vissuto, ora tutto questo non è più possibile, perché in tempo reale tramite internet si sa tutto di tutti, questo per un certo verso è positivo ma dall’altro ha fatto scomparire quell’aspetto romantico dell’arrampicata. Se dovessi scegliere, credo che preferirei ancora quegli anni, erano delle vere e proprie scoperte e avventure, una vera ricerca di se stessi anche nelle cose più semplici, come gli allenamenti, l’alimentazione, etc., in pratica ti dovevi arrangiare e inventare… rubando un po’ ai migliori, sempre se riuscivi a captarne qualche dritta… che spesso risultava sbagliata!Di positivo ora riscontro molta più socializzazione tra arrampicatori e molto più scambio, e forse anche maggior trasparenza sulle performance, tant’è che spesso sono accompagnate da un video… anche se personalmente penso che i “banfoni” esistano adesso come esistevano allora. Penso che l’etica e l’onestà si debba ricercare dentro se stessi.

Questa nuova generazione di mutanti sarà all’altezza di continuare questa evoluzione in positivo oppure le difficoltà stellari raggiunte hanno creato limiti evolutivi demotivanti e spingeranno verso nuovi orizzonti… come ad esempio il trad?

Credo che l’evoluzione continuerà il suo percorso, forse rallentando un pochino ma si andrà ancora avanti, anche perché il bacino arrampicatorio è in continua crescita e di conseguenza ci saranno maggiori possibilità che questo avvenga.Sicuramente si arriverà a trasferire queste prestazioni stellari dalla falesia alle grandi pareti, anche se là il cerchio dei talenti in grado di farlo si restringe in modo esponenziale.

Hai detto che ti sei ispirato a Manolo per la scalata, a Moffat e Moon per il bouldering poi hai imparato a camminare da solo. Che cosa vuol dire essere ispiratori di se stessi e come ci si confronta con gli altri??

Quando s’inizia, ci s’ispira sempre a qualcuno o qualcosa, in genere a figure in grado di trasmettere qualcosa di forte e con un certo carisma. Quando iniziai, mi trovai inebriato da questi personaggi, che mi diedero stimolo e mi fecero appassionare all’arrampicata. Crescendo, e compiendo il mio percorso, attraverso le varie esperienze ho trovato la mia strada che corre più o meno parallela a quella degli altri, ma con sfumature diverse dettate dal mio “io”. Così ognuno si trova a dover far delle scelte per continuare il proprio viaggio, ma con la fondamentale necessità di doversi sempre mettere in

discussione con gli altri e di conseguenza confrontarsi.

SOLO PER VECCHI GUERRIERI (8C) PHOTO © G.CORONA

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Hai iniziato a scalare con la “vecchia generazione anni 80’”, ma ti sei ben adattato a tutte le evoluzioni che nel tempo, in bene o in male, hanno modificato

il mondo dell’arrampicata. Quali i pro e i contro di quest’evoluzione?

Rispondendo a questa domanda, di botto mi rendo conto che non sono più un giovane virgulto, e mi sento catapultato nostalgicamente in quegli anni… che per me furono mitici, per il semplice motivo che mi facevano sognare ad occhi aperti… anche perché le gesta dei miei eroi arrivavano tramite il passaparola come accadeva nelle leggende! Il Web non esisteva e girava solo qualche rivista di settore, dove potevi sognare guardando qualche bella foto. Per me quello è stato un periodo sicuramente positivo e sono felice di averlo vissuto, ora tutto questo non è più possibile, perché in tempo reale tramite internet si sa tutto di tutti, questo per un certo verso è positivo ma dall’altro ha fatto scomparire quell’aspetto romantico dell’arrampicata. Se dovessi scegliere, credo che preferirei ancora quegli anni, erano delle vere e proprie scoperte e avventure, una vera ricerca di se stessi anche nelle cose più semplici, come gli allenamenti, l’alimentazione, etc., in pratica ti dovevi arrangiare e inventare… rubando un po’ ai migliori, sempre se riuscivi a captarne qualche dritta… che spesso risultava sbagliata!Di positivo ora riscontro molta più socializzazione tra arrampicatori e molto più scambio, e forse anche maggior trasparenza sulle performance, tant’è che spesso sono accompagnate da un video… anche se personalmente penso che i “banfoni” esistano adesso come esistevano allora. Penso che l’etica e l’onestà si debba ricercare dentro se stessi.

Questa nuova generazione di mutanti sarà all’altezza di continuare questa evoluzione in positivo oppure le difficoltà stellari raggiunte hanno creato limiti evolutivi demotivanti e spingeranno verso nuovi orizzonti… come ad esempio il trad?

Credo che l’evoluzione continuerà il suo percorso, forse rallentando un pochino ma si andrà ancora avanti, anche perché il bacino arrampicatorio è in continua crescita e di conseguenza ci saranno maggiori possibilità che questo avvenga.Sicuramente si arriverà a trasferire queste prestazioni stellari dalla falesia alle grandi pareti, anche se là il cerchio dei talenti in grado di farlo si restringe in modo esponenziale.

Hai detto che ti sei ispirato a Manolo per la scalata, a Moffat e Moon per il bouldering poi hai imparato a camminare da solo. Che cosa vuol dire essere ispiratori di se stessi e come ci si confronta con gli altri??

Quando s’inizia, ci s’ispira sempre a qualcuno o qualcosa, in genere a figure in grado di trasmettere qualcosa di forte e con un certo carisma. Quando iniziai, mi trovai inebriato da questi personaggi, che mi diedero stimolo e mi fecero appassionare all’arrampicata. Crescendo, e compiendo il mio percorso, attraverso le varie esperienze ho trovato la mia strada che corre più o meno parallela a quella degli altri, ma con sfumature diverse dettate dal mio “io”. Così ognuno si trova a dover far delle scelte per continuare il proprio viaggio, ma con la fondamentale necessità di doversi sempre mettere in

discussione con gli altri e di conseguenza confrontarsi.

BAIN DE SANG (9a) PHOTO © MANOLO

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SEPARATE REALITY (YOSEMITE, CA - 2009) PHOTO © P.LOSS

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Un nuovo giornale

È sempre una bella notiziaquando una voce

si fa sentire tra le altre, nel panorama dell’informazione.

È una voce originale e,soprattutto, appassionata.

Essendoti misurato con quasi tutte le discipline dell’arrampicata (scalata, bouldering, competizioni e chiodatura) in quale di queste ti senti più Sky e in quale più Riccardo Scarian?

Tuttora sono affascinato da queste discipline, ma ognuna ha o ha avuto la propria stagione, dettata dall’età biologica… e dalla naturale crescita di arrampicatore e personale. Se si vuol raggiungere il proprio limite nella specifica disciplina, deve saper ascoltare i messaggi e le sensazioni del proprio fisico. Mi sento fortunato perché sono uno che non si è mai fossilizzato su una sola specifica disciplina, ma ho sempre sentito lo stimolo di provare un po’ tutto… adattandomi in fretta alle nuove situazioni. Ora mi sento di dire che forse l’apertura di una via, cercando il proprio limite, possa racchiudere l’essenza di tutte le altre! In questa forse mi sento più Riccardo Scarian.

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Un nuovo giornale

È sempre una bella notiziaquando una voce

si fa sentire tra le altre, nel panorama dell’informazione.

È una voce originale e,soprattutto, appassionata.

CANI MORTI (1° TIRO, 8b/+) PHOTO © D. LIRA

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Quali luoghi o realizzazioni consideri più importanti, quelle che hanno segnato il tuo percorso di arrampicatore?

Sicuramente il Totoga per quanto riguarda il luogo, per il semplice motivo che là mi sono formato arrampicatorialmente. Per le realizzazioni ne avrei tante da citare, e ognuna ha segnato un momento importante regalandomi grandi emozioni, Shakti ne fa sicuramente parte!

La via “Cani morti” è un gioiello nel suo genere, chiodatura dal basso dall’etica rigorosa e pulita, obbligatorio alto, protezioni poche e distanti (1° tiro 8b/8b+: 23 mt, 4 spits e 8a obbl.; 2° tiro 8a/8a+: 33 mt, 4 spits; 3° tiro 8a: 35 mt, 6 spits; 4° tiro 7b: 55 mt, 3 spits; 5° tiro 6c+: 50 mt, 2 spits).Quanto ha influito sul tuo modo di vedere l’arrampicata?

E’ stata una grande esperienza! Anche perché era la prima in questo stile e con quest’etica. Direi che non ha influito sul mio modo di vedere l’arrampicata, ma mi ha fatto riflettere sui mille modi di porsi nei confronti di una parete, una montagna o un boulder! Forse tanti non capiscono cosa voglia dire superare un obbligatorio così alto, aprendo una via nuova dal basso e se fatto con etica rigorosa, vi assicuro che è tanta roba e tanta soddisfazione! Ma tutto ciò è assolutamente personale, perché credo che ognuno abbia il diritto di cercare la propria avventura, purché sia fatto con rispetto e onesta!

Oggi non esiste più un solo stile di scalata, molte più persone si avvicinano a questo mondo determinando una settorializzazione e una conseguente specializzazione nelle varie discipline in cui si scala. Ogni specialità ha il suo uomo o donna di riferimento che cambia nel tempo, sostituito dal giovane talento di turno. Tanti giovani si vedono all’orizzonte, quali tratti caratteristici riscontri in questi talenti che vedi o senti più tuoi?

Sento di essere più in sintonia con quelli polivalenti, chi sa assaporare un po’ tutto ciò che offre questa meravigliosa disciplina!

Sky ventenne oggi, cosa avrebbe fatto con l’arrampicata?

Sicuramente avrei dedicato meno anni alle competizioni… anche se mi hanno dato tantissime e belle soddisfazioni, ma quasi quindici anni sono stati davvero troppi, perché la mia visione di arrampicata è un’altra… e le sole competizioni non ti regalano emozioni cosi profonde come ti può dare un viaggio in un posto “X” vivendo l’arrampicata e la natura stessa.

Giacché l’idea di “appendere le dita al chiodo” è ben lontana… cosa farai da grande?

Spero di poter continuare ad arrampicare e viaggiare… e che questa passione non mi abbandoni mai!

SHAKTY (8b+) PHOTO © G.CORONA

Page 131: AT Magazine nr. 11 E/IT

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Quali luoghi o realizzazioni consideri più importanti, quelle che hanno segnato il tuo percorso di arrampicatore?

Sicuramente il Totoga per quanto riguarda il luogo, per il semplice motivo che là mi sono formato arrampicatorialmente. Per le realizzazioni ne avrei tante da citare, e ognuna ha segnato un momento importante regalandomi grandi emozioni, Shakti ne fa sicuramente parte!

La via “Cani morti” è un gioiello nel suo genere, chiodatura dal basso dall’etica rigorosa e pulita, obbligatorio alto, protezioni poche e distanti (1° tiro 8b/8b+: 23 mt, 4 spits e 8a obbl.; 2° tiro 8a/8a+: 33 mt, 4 spits; 3° tiro 8a: 35 mt, 6 spits; 4° tiro 7b: 55 mt, 3 spits; 5° tiro 6c+: 50 mt, 2 spits).Quanto ha influito sul tuo modo di vedere l’arrampicata?

E’ stata una grande esperienza! Anche perché era la prima in questo stile e con quest’etica. Direi che non ha influito sul mio modo di vedere l’arrampicata, ma mi ha fatto riflettere sui mille modi di porsi nei confronti di una parete, una montagna o un boulder! Forse tanti non capiscono cosa voglia dire superare un obbligatorio così alto, aprendo una via nuova dal basso e se fatto con etica rigorosa, vi assicuro che è tanta roba e tanta soddisfazione! Ma tutto ciò è assolutamente personale, perché credo che ognuno abbia il diritto di cercare la propria avventura, purché sia fatto con rispetto e onesta!

Oggi non esiste più un solo stile di scalata, molte più persone si avvicinano a questo mondo determinando una settorializzazione e una conseguente specializzazione nelle varie discipline in cui si scala. Ogni specialità ha il suo uomo o donna di riferimento che cambia nel tempo, sostituito dal giovane talento di turno. Tanti giovani si vedono all’orizzonte, quali tratti caratteristici riscontri in questi talenti che vedi o senti più tuoi?

Sento di essere più in sintonia con quelli polivalenti, chi sa assaporare un po’ tutto ciò che offre questa meravigliosa disciplina!

Sky ventenne oggi, cosa avrebbe fatto con l’arrampicata?

Sicuramente avrei dedicato meno anni alle competizioni… anche se mi hanno dato tantissime e belle soddisfazioni, ma quasi quindici anni sono stati davvero troppi, perché la mia visione di arrampicata è un’altra… e le sole competizioni non ti regalano emozioni cosi profonde come ti può dare un viaggio in un posto “X” vivendo l’arrampicata e la natura stessa.

Giacché l’idea di “appendere le dita al chiodo” è ben lontana… cosa farai da grande?

Spero di poter continuare ad arrampicare e viaggiare… e che questa passione non mi abbandoni mai!

BLOW... VALLE DI S. NICOLÒPHOTO © MICHAEL MEISL

VIA ATTRAVERSO IL PESCE (1990) PHOTO © A.BERTINELLI

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Sono queste le parole che mi sono venute in mente nel pensare all’esperienza che si accinge a compiere il giovane sardo che partirà con una bandiera sarda e una bicicletta. Sono le parole del primo romanzo di Italo Calvino “ il sentiero dei nidi di ragno”.« Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò, magari prima di quel tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa saranno pezzetti di storia, e tutti i pensieri che sto facendo adesso influiscono sulla mia storia di domani, sulla storia di domani del

genere umano”.

COSA, COME E PERCHÈ A CURA DI SABINA CONTU... scrivete a [email protected]

il filo di arianna...

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Il sentiero dei nuraghi: un giro del mondo made in Sardinia

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Forse non occorre andare lontano per cercare la nostra storia e la nostra identità.La proposta sul tema è ripercorrere il sentiero dei nuraghi, le antiche case o tempi di Sardegna.

Uno dei più interessanti e conosciuti è quello che parte ai piedi del primo grande monumento naturale, Scala di San Giorgio, nel territorio di Osini, uno dei monumenti naturali della Sardegna (L.R. 31/89).

Il percorso attraversa luoghi di interesse naturalistico, archeologico e antropologico. La caratteristica di questo sentiero è la presenza di vari punti panoramici, diversi nuraghi e paesaggi esclusivi. In particolare si segnalano la vedetta Punta Su Scrau, il punto panoramico Punta Scala Su Istressi, il nuraghe Urceni, il nuraghe Orruttu, il paesaggio dei Tacchi, il Tacco di Perda Liana ed il Gennargentu. L’itinerario si sviluppa quasi interamente su strada comunale sterrata. Il percorso a piedi è accessibile a tutti, anche ai non esperti di escursionismo. Il tracciato ha inizio-fine in località Pizzu e Taccu, in prossimità del confine con il Cantiere Forestale di Taccu dell’Ente Foreste della

Sardegna, è ad anello, quindi percorribile in entrambe le direzioni: in senso antiorario dirigendosi verso Nord e in senso orario verso Sud.

133PHOTO GIAMPAOLO MOCCI © AT PHOTOGRAPHER

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Si parte ai piedi del primo grande monumento naturale, Scala di San Giorgio, nel territorio di Osini.Per “scala” la gente del posto intende un accesso ripido ed accidentato attraverso una balza rocciosa. Nel caso specifico si tratta di una gola molto angusta, attraversata da una strada asfaltata proveniente dal vicino abitato di Osini. La gola è il risultato di un insieme di fratture verticali delle masse rocciose. Una di queste, conosciuta con il nome di “Sa Brecca ‘e Usala” è davvero impressionante. La fenditura attraversa per intero, in senso verticale, la parte Ovest della gola sprofondando con uno sviluppo complessivo di quasi 100 metri. E’ scrutabile, senza l’uso di tecniche speleologiche, seguendo una gradinata che ne consente l’accesso ad un’apertura laterale, oppure dall’alto, guadagnando la sommità delle pareti con un sentiero proveniente dall’altipiano. Singolare il fatto che solo durante l’estate, dall’interno venga fuori un soffio di vento alla temperatura costante di 9°, mentre in inverno il fenomeno è assolutamente inesistente. L’aspetto della gola, singolare e maestoso, suscita grande suggestione per l’altezza delle pareti e per la breve distanza che intercorre tra esse. Nel suo punto più profondo, la verticalità può superare i 50 metri.Volgendo lo sguardo ai piedi della rupe, “Scala di San Giorgio” affonda le proprie radici nella leggenda che racconta un miracolo operato dal Santo vescovo di Suelli, di nome Giorgio il quale, giunto da Seui sul far della sera, in prossimità delle alte pareti che sovrastano Osini, che non era possibile oltrepassare o scalare facilmente, con gli occhi rivolti al cielo elevò una preghiera e ordinò alla massa calcarea di squarciarsi, al fine di agevolare il suo passaggio per l’abitato. Il Santo poi, a sollievo dei viandanti, fece scaturire in modo prodigioso una fonte d’acqua freschissima, alle quali venivano attribuite proprietà miracolose. In ricordo del santo è stata collocata una sua piccola statua su una parete rocciosa di fronte alla Scala.Da questo punto è facile raggiungere il complesso nuragico più bello e meglio conservato dell’intera Ogliastra: il Nuraghe Serbissi, straordinario sia per la maestosità che per la posizione dominante sul territorio circostante. Una vista magnifica: a Nord domina il Gennargentu e il vicinissimo Perda e Liana, altro monumento naturale, sito nel comune di Gairo. A Sud altipiani e montagne fino alla linea dell’orizzonte. Il complesso nuragico è composto da una torre centrale e da altre 3 torri, una a Nord, una a Sud ed una ad Ovest.Tutte le torri sono unite tra loro da un bastione murario. La torre principale è alta circa 6 mt, con un diametro di 10 mt. Sotto il nuraghe, ad un altezza leggermente inferiore, circa 20 mt più a valle vi è una grotta, un tunnel naturale che permette di attraversare la montagna sottostante il nuraghe

da Sud a Nord e viceversa.

PHOTO BARBARA VALUTO © AT PHOTOGRAPHER

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PHOTO BARBARA VALUTO © AT PHOTOGRAPHER

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numero 09

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SASSISMO BARBARICINO Bouldering in Sardegna

RUMUNDU Sogno verde in bicicletta

Giovani talenti “sportivi”a confronto su un campo

di gioco del tutto naturalee selvaggio

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it.atmagazine.eu

ATMAGAZINETurismo attivo, senza confini.

09

AT MAGAZINE Edizione IT/UK/ES - Mensile - Anno I - Nr. 9 - Luglio 2013

OUTDOORACTIVITY

Vita e opere didoctor victor

INTERVISTA 2

Silvio REFFO VS

Michele CAMINATI

YOUDISCOVER

SASSISMO BARBARICINO Bouldering in Sardegna

RUMUNDU Sogno verde in bicicletta

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Michele e Silvio sono due tra i più forti atleti nel panorama italiano dell’arrampicata sportiva. Giovani protagonisti di competizioni nazionali e internazionali. Entrambi si sono avvicinati all’arrampicata all’età di tredici anni e ben presto hanno dato forma e sostanza alle loro capacità motorie nel mondo verticale. Michele si è dedicato al bouldering (arrampicata di difficoltà sui massi), ma lascia trapelare un futuro che lo vedrà impegnato nell’arrampicata in falesia. Silvio

trova la sua dimensione nella scalata in falesia,

Michele caminati Silvio reffo

DI GIAMPAOLO MOCCI

Outdooractivity

intervista doppiacon due tra i più

forti atleti italiani di arrampicata

sportiva

Vs

Tomorrow I Will Be Gone, 7c, Rocklands © Michele Caminati - www.michelecaminati.com

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nonostante tra gare e manifestazioni abbia raggiunto ottimi livelli anche nel bouldering. Anche per lui evoluzioni future, che lo vedranno cimentarsi con la verticalità delle grandi pareti.Nonostante la maturità e serietà di questi due ragazzi, si sono prestati e sottoposti a questa intervista seria ma a tratti irriverente, con autoironia e mostrando un aspetto del loro carattere nascosto alle pagine patinate delle riviste che li ritraggono durante le loro performance.

Michele caminati Silvio reffoVs

Covolo - Photo © Andrea Trivisonno

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Il soprannome di Silvio

Silvio

É vero che sei più bello di lui?

Non saprei, non sono solito passare ore davanti allo specchio a rimirarmi...

É vero che quando sei nato eri castano, da adolescente biondo e da climber sei diventato bruno per problemi di vicinato?

Confesso, mi sono sempre tinto i capelli... ormai comunque sono grigi, l’età avanza.

Età, numero di scarpa e di scarpetta da climb?

28 anni, 42 di piede e 37.5 di Futura... ma di Solution arrivo pure verso i 38.

Grado massimo boulder?

8b+

… in falesia?

6b+ ?? ;-) Dai, da quest’anno mi sono imposto di imparare pure io... ne riparliamo l’estate prossima!

É vero che sei un “coisxedda de s’appiccheddara*”?

Così si dice in giro... ma ci tengo a smentire categoricamente!

A che età e dove hai iniziato a scalare.

A 13 anni nella palestra di arrampicata indoor di Parma... e sovente sugli alberi attorno a casa.

Leap of Faith, 8a, Rocklands © Michele Caminati - www.michelecaminati.com

coisxedda de s’appiccheddaradiavolo dell’arrampicata

Michele e Silvio hanno risposto a questa frase in lingua sarda senza

conoscerne il significato.

*

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... di Michele

Per molti Miki, per alcuni l’Uomo pesce.

Assolutamente si, che domande! Però lui penso sia più dotato…

É vero che quando sei nato eri nero, da adolescente biondo e da climber sei diventato castano per problemi di vicinato?

Cavolo mi avete scoperto, confermo tutto, chissà quale sarà la prossima trasformazione, speriamo di essere sempre il più bello :-)

82 anni età biologica, 23 anni età anagrafica, scarpa ginnica 41, scarpa d’arrampicata 36,5. Ho il piede piccolo e quando arriva il vento perdo l’equilibrio.

Pochi buoni fino all’8a+ boulder

... per un gran colpo di culo vie fino al 9a lavorato e un 8c flash…

Ma che stai a dì !?!?

Il mio primo incontro con l’arrampicata è stato sulla roccia, nelle pareti intorno al Vicentino, all’età di 13 anni, grazie a mio padre che mi ha trasmesso questa passione. Negli anni non ho mai perso la necessità di un continuo confronto con l’ambiente naturale, vero motore e motivazione della mia passione.

Melloblocco, Val di Mello - Photo © Andrea Trivisonno

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La palestra e gli amici quanta importanza hanno avuto

Beh direi un’ importanza fondamentale... alla fine è il luogo dove ci si ritrova tutti i giorni ad allenarsi e a stare in compagnia, ho avuto la fortuna di non dovermi mai allenare in uno scantinato buio da solo come un criceto.

Sei metodico e segui rigide tabelle di allenamento oppure

Sono abbastanza metodico ma non credo nelle tabelle troppo rigide... cerco sempre di ascoltarmi e di allenare tutto quello che può ancora essere allenato. Più che altro cerco sempre di divertirmi quando mi alleno!

É più difficile risolvere un blocco o corteggiare una bella

Decisamente la seconda che hai detto...

É vero che sei diventato un forte arrampicatore per spopolata?

Così avevo pensato... ma mi sa che ho fatto male i calcoli! Diciamo che fra i boschi pieni di blocchi purtroppo non “pullula”...

Meglio un 7a dai movimenti entusiasmanti o un 8b di

Meglio il 7a, meglio il 7a... se vuoi ne ho anche qualcuno da consigliarti!

A quale aspetto dell’arrampicata non riusciresti a

Probabilmente all’arrampicare.

Se anziché essere un arrampicatore “spiantato” fossi un una micro-tacca e spingeresti come un appoggio di placca

Non mi sono neanche posto il problema...

Quindi sei etero?

Purtroppo si, forse era meglio essere gay!

É vero che quando tu e Silvio andate a scalare assieme

Solo se di giorno feriale e comunque mai con luna calante.

Kheops Assis, 8b+, Fontainebleau © Michele Caminati - www.michelecaminati.com

fastiggiasilimonate

anche a questa frase sempre in lingua sarda i due ragazzi

hanno risposto senza conoscerne il significato.

*

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nella tua attività da climber?

Non ho amici… (momento depressione). La palestra e il muro di arrampicata penso che siano gli strumenti che più hanno contribuito all’evoluzione dell’arrampicata negli ultimi anni. Con poco tempo a disposizione puoi veramente allenarti con efficacia, oltre ad essere un luogo di condivisione. Gli amici… pochi ma buoni!

ti alleni solo quando non vai a scalare?

Vado molto a periodi, cerco di seguire molto l’istinto e ciò che il mio corpo richiede in quel momento, rimanendo metodico in quello che faccio.

ragazza?

Non ho mai capito come corteggiare una bella ragazza, qualcuno me lo può spiegare?!?!

avere più ragazze? Pare che prima l’aia fosse alquanto

Ti dirò: quello era il mio vero obiettivo, però sinceramente attiro più gli uomini… ahahah

mediocre bellezza?

Beh sicuramente un 7a dai movimenti entusiasmanti anche se la difficoltà è sempre molto allettante!

rinunciare?

Non riuscirei a fare a meno del senso di libertà e al confronto con i miei limiti e il mio corpo.

calciatore pieno di grano, quale velina stringeresti comeestrema?

Gabriele Moroni, ma forse non è una velina! Scusate dopo aver passato i due mesi in Spagna con lui non riesco a togliermelo dalla testa.

Tutte le donne mi dicono che sono omosessuale e ti dirò, comincio a crederlo anche io.

“fastiggiasi*” ?

Purtroppo ho avuto poche occasioni di scalare con Michele, ma le poche volte è stato molto fastiggiasi.

Frankenjura - Photo © Matteo Pavana

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Boulder o falesia, dove ti senti più in sinergia col tuo

E’ sempre stato boulder, ma mi piace l’arrampicata in tutte le sue forme, quindi potrà essere anche falesia e pure montagna... chi lo sa.

Sharma: arrampicatore visionario alla ricerca di nuoveOndra: una macchina trita gradi.Quale tra queste due visioni della scalata è più vicina a te?

Sicuramente la prima... ma povero Ondra, non è colpa sua se si tiene!

Come affronti un passaggio o una via che non si lascia

Tattica dello sfinimento... prima o poi si stufa e mi lascia passare!

Sei appena diventato padre. La tua lei è come te chiara di carnagione e ha una fluente chioma dai riflessi corvini, mail bambino ha i capelli castani e lei insiste per scegliergli come nome Silvio. Cosa gli diresti?

Il gene dei capelli castani è recessivo ...

… e a Silvio?

... Sei fortunato che il gene dei capelli castani è recessivo!

Sei spesso in giro per il mondo, quale di questi posti ti ha

Ogni posto mi ha dato grandi emozioni, ma forse più di tutti il Peak District in Inghilterra, se di emozioni vogliamo parlare!

C’è una linea che desideri particolarmente salire?

Ben più di una... e non so mai scegliere!

Ti motiva maggiormente migliorare il tuo personale livello per esempio il Melloblocco?

Il Melloblocco non dovrebbe essere una gara... comunque ho trovato ottime motivazioni in entrambe le cose.

Le grandi pareti… potrebbero rappresentare un’evoluzione

Sicuramente! Ne ho già qualcuna i mente... ma ci vuole ancora un po’ di pratica, pian piano arrivo.

Samson, 8a, Burbage South, Peak District © Michele Caminati - www.michelecaminati.com

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modo di vivere l’arrampicata?

Mi trovo molto più in sinergia nella scalata con la corda, trovo molta più soddisfazione risolvere una via estrema con tanti passaggi duri che mi fanno sentire quella simpatica ghisa negli avambracci.

linee e spingersi oltre i limiti.

Dipende dal momento e dalla motivazione, forse il giusto compromesso!!

dominare, quale strategia metti in atto?

Cerco di meccanizzare al meglio i movimenti cercando di mettere insieme sequenze sempre più lunghe senza resting per poi finalmente risolvere il problema. Lo so non ci crede nessuno... mi faccio calare e mi vado a bere una birra.

Sei appena diventato padre. La tua lei è come te chiara di carnagione e ha una fluente chioma castana dai riflessi lucenti, ma il bambino ha i capelli neri e lei insiste per scegliergli come nome Michele. Cosa gli diresti?

Mi è sfuggito qualche particolare!?!? Tranquilla cara tutto si risolve, cala che vado a bermi una birra al bar.

… e a Michele?

E adesso che hai voluto la bicicletta, pedala!

dato le emozioni più forti?

Sicuramente per il momento la Spagna e il viaggio che ho fatto mi ha dato grandissime emozioni, anche se ogni luogo che visito mi lascia qualcosa di speciale; però forse la falesia cui sono più legato è Lumignano, il luogo dove ho mosso i primi passi come arrampicatore e i miei sogni sono cresciuti e alimentati.

Quella linea che in quel momento mi fa sognare.

o ti da più carica il contesto agonistico di una gara, come

Mi alleno e sono così motivato per cercare di migliorarmi.

futura per la tua scalata?

Penso che portare i massimi livelli su una via a più tiri, sia la massima espressione della scalata estrema. Cercherò in futuro di avvicinarmi anche in questo ambiente ai miei limiti.

Covolo - Photo © Andrea Trivisonno

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É vero che hai partecipato alla selezione per il ruolo di

Male. Hanno preferito un tamarro con canotta aderente e pieno di tatuaggi... ancora non me ne capacito.

É vero che Maria è più brutta di Silvio?

Siamo lì...

Ci hai fatto un pensierino… hai riflettuto su cosa vuoi

Si, più volte... alla fine sono arrivato alla conclusione che non si può mai ottenere tutto, e ci sarà sempre qualcuno più forte di te. Quindi cerco di viverla a mio modo facendo le cose che più mi emozionano e mi stimolano, cercando magari di condividerle con gli altri.

Jerry Moffat ha detto che nonostante si facciano tanti libera per primo una linea sarà stato capace di dare il riflessione?

Verissimo, ed è anche molto più difficile farlo. Lasciare un pezzo di roccia per gli altri che racconta di te...

Se all’improvviso arrivasse un tizio che risponde al nome dovresti comunque ringraziarlo?

Spero non mi debba dare un calcio nel sedere, ho vissuto e amato la “Foret” pure io come lui... anche se purtroppo solo da straniero in visita.

Salutaci con una celebre citazione.

Il Dado è tratto! (...via trad ai Lagoni). Scherzo, comunque come studente di fisica/matematica mi è sempre piaciuta questa:“Nella scienza uno prova a dire alla gente, in un modo che sia compreso da tutti, qualcosa che nessuno conosceva prima. Nella poesia, è l’esatto opposto” (Paul Dirac).

Vendicati e insulta l’intervistatore, in modo creativo.

Ho poca creatività immediata... ma studierò un piano di vendetta nei minimi particolari, non ti preoccupare! ;-)

The Island, 8b+, Fontainebleau © Michele Caminati - www.michelecaminati.com

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tronista a Uomini & Donne, com’è andata?

Ho dovuto rinunciare perché attiravo più uomini che donne e la De Filippi mi ha cacciato dicendo che ero inadeguato.

É vero che Maria è più brutta di Michele?

Assolutamente no ahahahaha…

dall’arrampicata?

Il mio obiettivo continua ad essere: tante donne. Desidero che l’arrampicata sia un percorso di conoscenza di me stesso e del mondo.

sforzi per raggiungere grandi livelli, solo chi crea e/oproprio contributo all’arrampicata. Cosa ne pensi di questa

Non sono completamente d’accordo, penso che per dare il proprio contributo all’arrampicata non sia tanto necessario essere i primi a liberare una linea, quanto spostare con una libera il grado massimo, oppure contribuire con un nuovo modo di intendere la scalata.

Pierre Allain, e ti desse un calcio nel sedere… perché

Bisogna sempre sapere da dove si viene ed essere consapevoli che se oggi l’arrampicata è questa, è grazie alle persone che ci hanno preceduto. Poi non sarei in grado di scalare con gli scarponi!

Un anonimo disse che: “solo la ricerca dell’impossibile può condurre a ciò che è realizzabile”.

Ma quale droghe hai assunto prima di scrivere questa intervista!?!? Ma va a dar via el cul !!!

Estado Critico, 9a, Siurana - Photo © Andrea Trivisonno

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Atomic Playboy, 7c+, Fontainebleau © Michele Caminati - www.michelecaminati.com

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Micheke Caminati

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Ceredo - Photo © Paola Finali

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Silvio Reffo

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PHOTO ANTONELLO LECIS © AT PHOTOGRAPHER152

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Spesso ci si dimentica che molte delle nostre montagne sono “vuote”. Si pensi che in Italia ci sono oltre 35.000 grotte esplorate e inserite nei vari catasti delle cavità delle Regioni. Molte di queste sono caratterizzate da un’alta frequentazione di speleologi di tutta Italia per la loro particolarità e bellezza.Ma è bene ricordare che Speleologi si diventa col tempo nella pratica e non ci si può improvvisare!E’ bene evitare di andare in grotta senza le adeguate conoscenze tecniche ma piuttosto avvicinarsi alla Speleologia attraverso un buon corso di introduzione affidandosi a gruppi organizzati e dotati di apposite strutture didattiche riconosciute dalla Commissione Nazionale Scuole di Speleologia della Società Speleologica Italiana (CNSS-SSI) o dalla Scuola Nazionale di Speleologia del Club Alpino Italiano (SNS-CAI).Una escursione Speleologica SICURA è innanzitutto ben pianificata, è quindi necessario conoscere le caratteristiche della grotta e valutarne la fruibilità anche in relazione alle condizioni meteorologiche e idrologiche.Ogni Speleologo deve conoscere innanzitutto se stesso ed affrontare l’attività nelle giuste condizioni psicofisiche avendo cura di non entrare in grotta già stanco o affrontare escursioni non idonee alle proprie capacità. In particolare deve essere curata l’alimentazione sia prima dell’ingresso in grotta che durante la permanenza in sotterraneo. Evitare gli alcolici e bere invece molta acqua.La Speleologia moderna è caratterizzata dall’impiego di idonee attrezzature individuali e di gruppo. Queste devono essere scelte sulla base delle caratteristiche della grotta e ne deve essere curata la manutenzione e controllata periodicamente l’usura. Da non dimenticare:1. Un telo termico2. Un coltellino3. Un impianto luce di riserva4. un piccolo kit di primo soccorso per gruppo

Nella pratica Speleologica è necessario adottare alcuni accorgimenti:• è buona norma non andare mai in grotta da soli e ricordare che la sicurezza è un problema di tutta la squadra, quindi

ci si controlla a vicenda;• pulire le verticali dalle insidie “mobili” ed in ogni caso non sostare mai immediatamente sotto di esse;• controllare sempre in che condizioni si lasciano le corde di progressione;• essere certi che le comunicazioni verso i compagni siano percepite sempre correttamente;• rispettare il passo del compagno più lento ed impostare la progressione di tutto il gruppo su di esso• informare sempre UNA persona riguardo alla grotta in cui si va e al percorso di massima che si intende affrontare e

dare un presunto orario di uscita dalla grotta• nonostante si segua pedissequamente tali accorgimenti, nella Speleologia il rischio di incidente è comunque reale

ed oggettivo, come in ogni altra attività legata alla montagna. Per incidenti in grotta non si devono intendere solo gli infortuni (eventi traumatici con danni alla persona), ma ogni fatto accidentale accaduto nel corso di una esplorazione o escursione in grotta che ne abbia rallentato, impedito o compromesso lo svolgimento.

In caso di incidente:• è meglio sovrastimare la situazione e allertare il soccorso piuttosto che perdere tempo prezioso;• valutare la situazione che ha determinato l’evento e che può ancora rappresentare un rischio;• mantenere la calma ed evitare decisioni avventate;• prepararsi ad assistere un infortunato per un periodo anche prolungato, meglio se si è in due;• acquisire informazioni sull’accaduto circa dinamica dell’incidente e condizioni dell’infortunato;• in tutta sicurezza, due compagni devono guadagnare l’uscita della grotta ed allertare il numero unico per le

emergenze sanitarie 118 chiedendo esplicitamente l’intervento del Soccorso Speleologico comunicando le informazioni raccolte ed il luogo dell’incidente. Non abbandonare mai il luogo ed il telefono da cui si allertano i soccorsi per garantire sempre la piena raggiungibilità nel caso la centrale operativa 118 o le squadre del CNSAS abbiano necessità di informazioni più precise.

Vademecum

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Questo mese parliamo del cuscus o cùscusu (in francese: couscous). Questo piatto è un alimento tipico del Nordafrica e della Sicilia occidentale, costituito da granelli di semola cotti a vapore. Oggi è diffuso in tutta l’Africa e anche in alcune zone dell’Europa come Francia e Belgio.Tradizionalmente il cuscus era preparato con semola di grano duro, solitamente accompagnava carni in umido, in alcune zone della costa del mar mediterraneo il pesce e o verdure bollite. Può essere anche reso piccante aggiungendo la harissa, come preparato in Tunisia.

Slow at food

Cous couscon verdure e uova

TESTO E PHOTO DI ANDRE MASCI

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Cous couscon verdure e uova

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In Sicilia, nelle zone del trapanese, il cuscus è cotto a vapore in una speciale pentola di terracotta smaltata, ma il condimento a differenza di quello magrebino è un brodo di zuppa di pesce. Dalla Sicilia il cuscus è stato esportato a Genova e Livorno dove è preparato con la carne d’agnello.

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Il cascà è una variante alle verdure, importato nella cucina di Carloforte e Calasetta (Sardegna) da una colonia di corallari liguri trasferitisi nell’Isola di San Pietro. In passato il cascà era un piatto semplice e povero e gli ingredienti per la sua preparazione erano, oltre alla semola opportunamente lavorata, il cavolo cappuccio o il cavolfiore ed i ceci. Col tempo questo piatto si è evoluto e si sono aggiunte le varie verdure di stagione e la carne suina. Così trasformato è divenuto il piatto dei giorni festivi in epoca recente, preparato soprattutto in occasione della festa patronale di San Carlo. Da molti anni nel mese

di aprile a Carloforte si tiene una sagra per conservare e valorizzare questo tipico piatto della tradizione culinaria tabarkina.

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Ingredienti per 4 persone:

250 g di cous cous5 uova1 peperone1 zucchina1 carota1 melanzana250 g di pomodorini ciliegina1 confezione di basilico8 cucchiai di olio extravergine. di oliva1 cucchiaino di olio extravergine di oliva3 spicchi d’aglioSale & pepe

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Preparazione

Mettete le uova in una piccola pentola con acqua calda, quando comincia a bollire lasciate rassodare le uova per 7/8 minuti.Nel frattempo lavate e tagliate la melanzana a cubetti, aggiungete il sale e riponetela in uno scolapasta, procedete allo stesso modo con la zucchina, la carota e il peperone, una volta pronte riponete le verdure in un recipiente. Scaldate 2 cucchiai d’olio in una grande padella antiaderente, sbucciare l’aglio, uno spicchio lo useremo dopo, schiacciate 2 spicchi e fateli dorare, a questo punto, aggiungete le verdure e lasciate cuocere a fuoco vivo fino a farle diventare croccanti.Salate e pepate a piacere.Mettete 250 ml d’acqua in una casseruola e lasciate bollire, quando l’acqua bolle aggiungete 1 cucchiaino d’olio evo.Versate il cous cous nell’acqua bollente mescolando per circa 1 minuto. Coprite la casseruola con un coperchio e lasciate riposare per 10 minuti.Raffreddate velocemente le uova in acqua fredda, una volta sbucciate, tagliatele a fettine sottili o a spicchi come preferite.Adesso con l’aglio fresco, lasciato da parte, strofinate un insalatiere e aggiungete, una volta lavati e tagliati, i pomodorini e il basilico. Condite con 4 cucchiai di Olio evo e aggiungete sale e pepe.Lasciate intiepidire le verdure croccanti. Aggiungete 2 cucchiai d’olio evo al cous cous e sgranatelo con una forchetta.

Ci siamo, riponete nell’insalatiere il cous cous insieme al resto delle verdure, mescolate e ricoprite con gli spicchi d’uovo prima di servire.

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at decameronMATITA, GOMMA E MOUSE...

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creatività e verticalitàun mondo da scoprire

etecnologia e ingegneria

a tutela deipatrimoni storici

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numero 11

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voi direte ... e adesso? vi rispondero’ così:

“quando visito un posto nuovo non riesco mai ad

appagarmi di ciò che vedo, perché ho sempre la

curiosità di vedere dove lo sguardo non riesce a

scorgere e raggiunto quel punto mi accorgo che ho appena trovato un altro

posto che voglio visitare…”

Giampaolo Mocci

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AT MAGAZINE Edizione IT/UK/ES - Mensile - Anno I - Nr. 11 - Ottobre 2013

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PRESSO IL TRIB. DI CAGLIARI nr. 24/12 del 10/10/2012

Luogo e anno della pubblicazione: Cagliari, 2012

ANNO I

Dati della società:

AT di Giampaolo Mocci

Via Tagliamento, 19

0932 - Assemini (CA)

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