Antonio panigalli 12mesi-ottobre_12
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12MESIOTTOBRE 2012
13OPINIONI
di ANTONIO PANIGALLI
Astuzia o furbizia?
P ensando agli ultimi fatti di cronaca, alla loro continua e incessante reiterazione, e provando a correlarli alla
devastante situazione del sistema Italia, non si può non riflettere sulla “ignorante furbizia” che la classe politica degli scan-dali regionali – come quello dei giovani delle università di Calabria (fino a sette 30 e lode in un giorno, neppure Albert Einsten…), solo per portare un esempio recente – continua a esercitare in un pa-ese ormai malato di mancanza di cultura di rinnovamento e di dimenticanza dei valori di base di una società civile.
Per poter intraprendere un nuovo cam-mino di prosperità, se non proprio di crescita (anche perché la crescita all’in-finito non può esistere), bisogna tenere ben presente che la prosperità economi-ca è “cambiamento”, sicuramente nella quantità e sempre di più nella qualità. È ormai troppo lungo il periodo nel quale la mala politica, il cattivo assistenziali-smo sindacale, l’eccessiva furbizia dei singoli, delle corporazioni e della socie-tà nel suo insieme hanno portato ad una costante decrescita della produttività e
quindi del benes-sere.
Bisogna cambiare! Il cambiamento è pervasivo (coin-volge tutti gli strati e gli aspetti della vita sociale) ed è influenzabile (me-glio se con astuzia politica che con furbizia) ma ineludibile, quindi o viene governato o viene subìto. È ora di tornare a rimboccarsi le mani-che, altrimenti risulterà impossibile im-maginare di invertire il trend negativo.
Il virus della bassa crescita ha cominciato a essere diffuso dalla metà degli anni Ses-santa (mentre il messaggio politico/socia-le è sempre stato quello della esaltazione del miracolo italiano) con scelte che hanno sempre più ingessato il paese in ogni spa-zio vitale e appesantito il fardello di norme, imposte, flessibilità, ecc..
Le riforme sono il mezzo per cambiare (anche il voto può essere una riforma), il contesto nel quale decidono e do-
vrebbero incidere i cittadini. In Italia il cantiere delle riforme è rimasto in realtà sempre aperto con annunci, norme ab-bozzate e mai applicate, misure lente, poco risolute, incompiute, incoerenti con il risultato sotto gli occhi di tutti: di-sorientamento e incertezza, da un lato, e scetticismo e diffidenza verso l’efficacia delle riforme, dall’altro.
Per dirla alla Milton Friedman: “Esiste un’enorme inerzia, una tirannia dello status quo, nelle istituzioni private e spe-cialmente pubbliche. Soltanto una crisi, effettiva o percepita, produce un cambia-mento reale. Quando quella crisi avvie-ne, il politicamente impossibile diventa politicamente inevitabile”.
Anni Ottanta Anni Novanta 2000-2007 2000-2010
PIL pro-capite 2,3 1,5 0,5 -0,4
Produttività oraria del lavoro 1,8 1,5 0,1 0,0
Il benessere rallenta con la produttività(Italia, contributi alla variazione del PIL pro-capite, espressi in valori % medi annui)
Fonte: elaborazioni CSC su dati ISTAT.
Ore lavorate/popolazione 0,5 0,1 0,4 -0,3
120
130
140
150
160
Germania
Italia
Svezia
Riforme: chi le fa (bene) riparte(PIL pro-capite, a prezzi costanti,1990=100)
90
100
110
120
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
Fonte: elaborazioni CSC su dati FMI. 2012 previsioni.
Dalla convergenza alla divergenza(PIL pro-capite, USA=100)
50
55
60
65
70
Fonte: elaborazioni CSC su dati BEA, FMI, Maddison e ISTAT.
30
35
40
45
1950
1952
1954
1956
1958
1960
1962
1964
1966
1968
1970
1972
1974
1976
1978
1980
1982
1984
1986
1988
1990
1992
1994
1996
1998
2000
2002
2004
2006
2008
2010
2012
2014
2016
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