Antonio panigalli 12mesi-gennaio_12

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12 MESI GENNAIO 2012 13 O PINIONI di ANTONIO PANIGALLI MENO FINANZA, PIÙ ECONOMIA U n “mercato” fuori con- trollo, se cosi si può chia- mare quello della finanza alternativa che gioca con i derivati e altre deviate forme di inge- gneria finanziaria, “ma mercato non è perché non è economia”, stimato in 360 miliardi di dollari, mentre il Pil mondia- le annuo complessivo viene stimato in meno di 60 miliardi di dollari, allo stato attuale circa 45.000 miliardi di euro. Quindi, quella che dopo il 2008, nell’il- lusione di aver superato un momento veramente difficile, veniva definita la crisi finanziaria dietro l’angolo è sicura- mente quella che stiamo vivendo e che, sfortunatamente per i tanti che la soffro- no in prima persona, si protrarrà fino a quando non verranno scritte ferree re- gole certe di regolamentazione. Il motivo della persistenza e dell’acuirsi della crisi – al di là delle concause con gli altri fattori sistemici e congiunturali, che comunque, soprattutto in Italia, non sono pochi – è semplice: nessuna delle cause della crisi innescata nel 2008 dall’ecces- so di derivati collegati ai mutui del mer- cato immobiliare Usa è stata affrontata e risolta, ed ancora oggi la miopia di alcuni stati, vedasi per esempio la posizione del- la Gran Bretagna, nel corso dell’ultimo vertice di Bruxelles con il patto a 26, ri- spetto alla crisi dell’Eurozona, non con- sente di ragionare in termini globali. Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Centrale Europea perseverano nella emissione di avvertenze e warning che risultano quantomeno inascoltati e così le grandi strutture finanziarie delle poche, pochissime, ma grandi, grandis- sime piazze finanzia- rie, molto distanti dall’economia reale, continuano nella fol- le crescita delle loro speculazioni, con l’intento ultimo di entrare nel ristretto circolo degli intoc- cabili too big to fail (troppo grandi per il default). Più diventi grande, e più diventi inattaccabile rispet- to alle tematiche di un possibile falli- mento; questa è la lobby che consente la crescita fuori con- trollo della finanza di carta, oggi stimata ottimisticamente in almeno sei volte il Pil mondiale, in un momento nel quale, ora più che mai, solo l’economia reale potrebbe portare giovamento sociale e stabilizzazione del sistema. I derivati e gli strumenti di ingegneria finanziaria sono regolamentati? No. C’è ancora una crescita dei derivati? Sì. Le grandi banche d’affari continuano nella speculazione finanziaria anche a danno dei debiti sovrani? Sì. Quindi, con que- sti volumi e con i capitali che si muovono alla velocità della luce nelle direzioni più diverse, la volatilità e la crisi nei mercati sono inevitabili se non addirittura fisio- logiche. Maggiore finanziarizzazione = maggiore probabilità di vedere attaccati gli stru- menti che purtroppo oggi sostengono l’esistenza stessa della nostra nazione e di tutti gli stati che utilizzano il debito pubblico come valvola di compensazione (il tema dello spread ne è un lampante esempio); e questo si ripercuote in moda- lità devastante anche e soprattutto nella distruzione di quello che è rimasto dell’e- conomia reale (impresa, industria, ecc.). L’Unione Europea e gli stati che vi par- tecipano sono ancora una volta di fronte all’ennesimo bivio: o si cambia modello di sviluppo e si riduce progressivamen- te, ma drasticamente la finanziarizzazio- ne dell’economia, oppure si rimane in balia di un marasma economico destina- to all’evaporazione e quindi al definitivo declino. United States China Japan India Germany Russian Feder… United Kingdom France Brazil Italy Mexico Spain Korea Canada Turkey Indonesia Australia Iran Poland Netherlands 0 5000000 10000000 15000000 PAESI PRODOTTO INTERNO LORDO (milioni di dollari) Per un approfondimento sul tema, si legga l’articolo “Il finanziere Soros gioca col debito, l’altra volta ci è co- stato 20 miliardi” all’indirizzo http://www.linkiesta.it/george-so- ros-quantum-fund#ixzz1gLTlYSt2

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12MESIGENNAIO 2012

13OPINIONI

di ANTONIO PANIGALLI MENO FINANZA, PIÙ ECONOMIA

U n “mercato” fuori con-trollo, se cosi si può chia-mare quello della finanza alternativa che gioca con

i derivati e altre deviate forme di inge-gneria finanziaria, “ma mercato non è perché non è economia”, stimato in 360 miliardi di dollari, mentre il Pil mondia-le annuo complessivo viene stimato in meno di 60 miliardi di dollari, allo stato attuale circa 45.000 miliardi di euro.Quindi, quella che dopo il 2008, nell’il-lusione di aver superato un momento veramente difficile, veniva definita la crisi finanziaria dietro l’angolo è sicura-mente quella che stiamo vivendo e che, sfortunatamente per i tanti che la soffro-no in prima persona, si protrarrà fino a quando non verranno scritte ferree re-gole certe di regolamentazione.

Il motivo della persistenza e dell’acuirsi della crisi – al di là delle concause con gli altri fattori sistemici e congiunturali, che comunque, soprattutto in Italia, non sono pochi – è semplice: nessuna delle cause della crisi innescata nel 2008 dall’ecces-so di derivati collegati ai mutui del mer-cato immobiliare Usa è stata affrontata e risolta, ed ancora oggi la miopia di alcuni stati, vedasi per esempio la posizione del-la Gran Bretagna, nel corso dell’ultimo vertice di Bruxelles con il patto a 26, ri-spetto alla crisi dell’Eurozona, non con-sente di ragionare in termini globali.Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Centrale Europea perseverano nella emissione di avvertenze e warning che risultano quantomeno inascoltati e così le grandi strutture finanziarie delle poche, pochissime, ma grandi, grandis-

sime piazze finanzia-rie, molto distanti dall’economia reale, continuano nella fol-le crescita delle loro speculazioni, con l’intento ultimo di entrare nel ristretto circolo degli intoc-cabili too big to fail (troppo grandi per il default). Più diventi grande, e più diventi inattaccabile rispet-to alle tematiche di un possibile falli-mento; questa è la lobby che consente la crescita fuori con-trollo della finanza di carta, oggi stimata ottimisticamente in almeno sei volte il

Pil mondiale, in un momento nel quale, ora più che mai, solo l’economia reale potrebbe portare giovamento sociale e stabilizzazione del sistema.I derivati e gli strumenti di ingegneria finanziaria sono regolamentati? No. C’è ancora una crescita dei derivati? Sì. Le grandi banche d’affari continuano nella speculazione finanziaria anche a danno dei debiti sovrani? Sì. Quindi, con que-sti volumi e con i capitali che si muovono alla velocità della luce nelle direzioni più diverse, la volatilità e la crisi nei mercati sono inevitabili se non addirittura fisio-logiche.Maggiore finanziarizzazione = maggiore probabilità di vedere attaccati gli stru-menti che purtroppo oggi sostengono l’esistenza stessa della nostra nazione e di tutti gli stati che utilizzano il debito pubblico come valvola di compensazione (il tema dello spread ne è un lampante esempio); e questo si ripercuote in moda-lità devastante anche e soprattutto nella distruzione di quello che è rimasto dell’e-conomia reale (impresa, industria, ecc.).L’Unione Europea e gli stati che vi par-tecipano sono ancora una volta di fronte all’ennesimo bivio: o si cambia modello di sviluppo e si riduce progressivamen-te, ma drasticamente la finanziarizzazio-ne dell’economia, oppure si rimane in balia di un marasma economico destina-to all’evaporazione e quindi al definitivo declino.

United States

China

Japan

India

Germany

Russian Feder…

United Kingdom

France

Brazil

Italy

Mexico

Spain

Korea

Canada

Turkey

Indonesia

Australia

Iran

Poland

Netherlands

0 5000000 10000000 15000000

PAESI PRODOTTO INTERNO LORDO (milioni di dollari)

Per un approfondimento sul tema, si legga l’articolo “Il finanziere Soros gioca col debito, l’altra volta ci è co-stato 20 miliardi” all’indirizzohttp://www.linkiesta.it/george-so-ros-quantum-fund#ixzz1gLTlYSt2

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