Annata LXXXI IL DIRITTO FALLIMENTARE - cedam.com · Pag. Pag. toria fallimentare – Atti anormali...

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Annata LXXXI Marzo-Aprile 2006 N. 2 dir. fall. RIVISTA BIMESTRALE DI DOTTRINA E GIURISPRUDENZA gia ` diretta da ITALO DE PICCOLI (1924-1940), RENZO PROVINCIALI (1941-1981), ANGELO BONSIGNORI (1982-2000) e GIUSEPPE RAGUSA MAGGIORE (1982-2003) DIREZIONE Girolamo Bongiorno, Concetto Costa, Massimo Di Lauro, Elena Frascaroli Santi, Lino Guglielmucci, Bruno Inzitari, Giuseppe Terranova, Gustavo Visentini CEDAM - CASA EDITRICE DOTT. ANTONIO MILANI - PADOVA - 2006 ISSN 0391-5239

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Annata LXXXI Marzo-Aprile 2006 N. 2

dir. fall.

RIVISTA BIMESTRALE DI DOTTRINA E GIURISPRUDENZA

gia diretta da ITALO DE PICCOLI (1924-1940), RENZO PROVINCIALI (1941-1981),

ANGELO BONSIGNORI (1982-2000) e GIUSEPPE RAGUSA MAGGIORE (1982-2003)

DIREZIONE

Girolamo Bongiorno, Concetto Costa,

Massimo Di Lauro, Elena Frascaroli Santi, Lino Guglielmucci,

Bruno Inzitari, Giuseppe Terranova, Gustavo Visentini

CEDAM - CASA EDITRICE DOTT. ANTONIO MILANI - PADOVA - 2006

ISSN 0391-5239

N.

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2006

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Poste italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003

(conv. in L. 27/02/2004 nº 46) art. 1, comma 1, DCB VERONA - Pubblicazione bimestrale

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SOMMARIO DEL PRESENTE FASCICOLO (2/2006)

Parte PrimaARTICOLI, BIBLIOGRAFIA, LEGISLAZIONE, RASSEGNE

Giuseppe Terranova, La nuova disciplina delle revocatorie fallimentari ........... Pag. 243

Michele Sandulli, Appunti sulle prospettive di riforma della legge fallimentare e

sulle riforme attuate .......................................................................................... » 328

Giuseppe Pellegrino, La riforma della legge fallimentare ................................. » 335

Sara Butera, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi ed il

chapter eleven: sistemi a confronto ................................................................. » 359

Pietro Paolo Ferraro, Consiglio di sorveglianza ed alta gestione nell’ammini-

strazione della societa per azioni ...................................................................... » 371

PROBLEMI DELLA PRATICA

Vitaliano Donato, Revocatoria delle rimesse bancarie ed esenzioni dalla revoca-

toria a fronte di piani di risanamento: profili tecnico-aziendalistici ................ » 381

Franco Benassi, Brevi cenni sulla incostituzionalita della disposizione che prevede

l’applicazione delle esenzioni dalla revocatoria delle rimesse in conto corrente

alle cause promosse nell’ambito di procedure iniziate dopo l’entrata in vigore

del d.l. 14 marzo 2005, n. 35 .......................................................................... » 397

LEGISLAZIONE

LEGGE 28 dicembre 2005, n. 262, «Disposizioni per la tutela del risparmio e la

disciplina dei mercati finanziari», in Gazz. Uff., n. 301 del 28 dicembre

2005, suppl. ord. n. 208 .................................................................................. » 400

DECRETO LEGISLATIVO 9 gennaio 2006, n. 5 - «Riforma organica della disci-

plina delle procedure concorsuali a norma dell’articolo 1, comma 5, della legge

14 maggio 2005, n. 80», in Gazz. Uff., n. 12 del 16 gennaio 2006, suppl. ord.

n. 13 .................................................................................................................. » 435

Relazione illustrativa al D.Lgs. recante: «La riforma organica della disciplina delle

procedure concorsuali di cui al Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267» ......... » 499

Parte SecondaGIURISPRUDENZA

Principali note ed osservazioni a sentenza

Mara Adorno, La legittimazione passiva del debitore concordatario e del liquida-

tore giudiziale: un’ipotesi di litisconsorzio necessario processuale ................... Pag. 271

Paolo Lucci, L’elemento soggettivo nell’azione di atti compiuti dal socio illimita-

tamente responsabile ......................................................................................... Pag. 357

Daniele Ceccarelli, Brevi note sulla fallibilita delle societa agricole ............... » 373

Andrea Penta, La revocatoria (recte, la declaratoria di inefficacia) degli atti a ti-

tolo gratuito, con particolare riferimento ai gruppi di societa ......................... » 383

Simonetta Ronco, Rivendicazione di beni mobili e regime probatorio ............. » 405

Pag. Pag.

Concordato preventivo

Concordato con cessione dei beni –Legittimazione passiva – Litiscon-sorzio necessario – Esclusione –Intervento in primo grado – Inte-grazione del contraddittorio in se-de di gravame – Cassazione civile,20 maggio 2004, n. 9643, con notadi M. Adorno ............................ 271

Fallimento

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Legitti-mita costituzionale – TribunaleRovigo, 31 gennaio 2005 ............. 320

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Azionericonvenzionale – Ammissibilita eritualita – Difetto di autorizzazio-ne – Irregolarita sanabile – Tribu-nale Rovigo, 31 gennaio 2005 ..... 320

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Giudizioa cognizione piena – TribunaleRovigo, 31 gennaio 2005 ............. 320

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Pegno distrumenti finanziari – Insussistenzae inopponibilita garanzia – Accerta-mento – Rigetto opposizione – Tri-bunale Rovigo, 31 gennaio 2005 .. 320

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Scritturecontabili – Inidoneita probatoria –Data certa – Timbro postale –Corrispondenza in corso particola-re - Insufficienza – Tribunale Ro-vigo, 31 gennaio 2005 .................. 320

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Azione

riconvenzionale – Ammissibilita eritualita – Difetto di autorizzazio-ne – Irregolarita sanabile – Tribu-nale Rovigo, 31 gennaio 2005 ..... 323

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Giudizioa cognizione piena - Tribunale Ro-vigo, 31 gennaio 2005 .................. 323

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Scritturecontabili – Inidoneita probatoria –Data certa – Timbro postale –Corrispondenza in corso particola-re - Insufficienza – Tribunale Ro-vigo, 31 gennaio 2005 .................. 323

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Fideius-sione controllante – Estraneita og-getto sociale – Accertamento – Ri-getto opposizione – TribunaleRovigo, 31 gennaio 2005 ............. 323

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Decretoingiuntivo non definitivo – Nonequiparabilita a sentenza non pas-sata in giudicato – Accertamento– Rigetto opposizione- TribunaleRovigo, 31 gennaio 2005 ............. 323

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Garanziaper avallo cambiali agrarie – Con-trarieta a norma imperativa – Nul-lita – Tribunale Rovigo, 31 gen-naio 2005 ...................................... 323

Accertamento del passivo – Istanzadi fallimento – Spese legali –Non ammissibilita allo stato passi-vo – Spese bollo – Ammissibilitaallo stato passivo – Esclusione pre-deduzione – Tribunale Rovigo, 31gennaio 2005 ................................ 323

Azione revocatoria – Azione revoca-

Pag. Pag.

toria fallimentare – Atti anormali –Revocatoria ex art. 67, comma 1, n.1, legge fallim. di atto compiuto dasocio illimitatamente responsabile– Sussistenza dello stato di impren-ditore e conoscenza di tale stato daparte del terzo – Necessita – Esclu-sione – Tribunale Napoli, 12 marzo2004, con nota di P. Lucci ......... 357

Azione revocatoria – Azione revoca-toria fallimentare – Revocatoriadi rinunzia a crediti – Remissionedel debito – Differenze – Rapportiinfragruppo – Vantaggi compensa-tivi – Rilevanza anche degli effettiriflessi e mediati della rinunzia –Esclusione – Tribunale Napoli, 8luglio 2004, con nota di A. Penta 383

Azione di rivendicazione, restituzio-ne e separazione – Beni in posses-so del fallito – Determinabilita edindividuabilita – Tribunale Geno-va, 13 aprile 2005, con nota di S.

Ronco ......................................... 405Azione di rivendicazione, restituzio-

ne e separazione – Beni in posses-so del fallito – Diritto di proprietao altro diritto reale – Prova – Attoavente data certa – Necessita –Tribunale Genova, 13 aprile2005, con nota di S. Ronco ...... 405

Concordato fallimentare – Concor-dato con assuntore – Giudizio diomologazione – Limiti assunzione

pagamento debiti – TribunaleMessina, 18 aprile 2005 ............... 350

Fallimento delle societa – Impresesoggette – Societa di capitali – Im-prese agricole – Individuazione –Criteri – Connessione con il fondo– Esclusione – Tribunale LameziaTerme, 17 marzo 2005, con notadi D. Ceccarelli ....................... 373

Sequestro giudiziario

Societa – Assemblea straordinaria –Modificazioni dell’atto costitutivo– Prelazione – Azioni – Custodia– Poteri – Tribunale Venezia, 26ottobre 2005 ................................. 287

Societa

Societa per azioni – Arbitrato – Azio-ni – Sequestro giudiziario – Com-petenza della autorita giudiziariaordinaria – Tribunale Venezia, 26ottobre 2005 ................................. 287

Societa per azioni – Modificazionidell’atto costitutivo – Assembleastraordinaria – Prelazione – Azioni– Sequestro giudiziario - Tribuna-le Venezia, 26 ottobre 2005 ........ 287

Societa per azioni – Modificazioni del-l’atto costitutivo – Clausola di prela-zione statutaria – Violazione - Azio-ni – Sequestro giudiziario - Tribu-nale Venezia, 15 febbraio 2006 ..... 289

INDICE CRONOLOGICO DELLE SENTENZE (*)

Pag.

2004

Marzo

12 Tribunale Napoli (*), in tema difallimento di societa personale erevocatoria .................................. 357

Pag.

Maggio

20 Cassazione civile, n. 9643 (*), intema di concordato preventivocon cessione dei beni ................. 271

(*) Le sentenze contrassegnate con un asterisco sono corredate di nota od osservazionedi autore; tutte le altre sono annotate dalla Redazione.

Pag. Pag.

Luglio

8 Tribunale Napoli (*), in tema direvocatoria infragruppo ............. 383

2005

Gennaio

31 Tribunale Rovigo, in tema di op-posizione allo stato passivo ........ 320

31 Tribunale Rovigo, in tema di op-posizione allo stato passivo ........ 323

Marzo

17 Tribunale Lamezia Terme (*), intema di fallimento di impresaagricola in forma societa di capi-tali ............................................... 373

Aprile

13 Tribunale Genova (*), in tema dirivendicazione ............................. 405

18 Tribunale Messina ...................... 350

Ottobre

26 Tribunale Venezia (*), in tema diprelazione e sequestro di azioni 287

2006

Febbraio

15 Tribunale Venezia (*), in tema diprelazione e sequestro di azioni 289

LA RIFORMA DELLA LEGGE FALLIMENTARE

Sommario: 1. Inadeguatezza delle vigente legge fallim.. – 2. Riforma della legge fallim., conparticolare riguardo alle societa. Premesse. – 3. Evoluzione delle categorie di imprendi-tori commerciali e necessita della riforma degli istituti concorsuali. – 4. Tutela dell’inte-resse alla conservazione dell’impresa nelle procedure concorsuali. – 5. I piu recenti pro-getti di riforma della legge fallim.. – 6. La legge 14 maggio 2005, n. 80. – 7. Il d.l. n. 5 del9 gennaio 2006 concernente la riforma organica della legge fallimentare.

1. Di riforma della legge fallim. si e iniziato a parlare fin dai primi tempidella sua applicazione e man mano che, nel volgere degli anni, studiosi edesperti ne rivelavano carenze e lacune, si sono fatte proposte di modifica edapprontati nuovi progetti di legge.

Pur avendo l’evoluzione storica dell’istituto attenuato notevolmente lanatura punitiva, il fallimento non ha perduto il carattere sanzionatorioche aveva in altre epoche. Questo carattere viene collegato al fatto che lalegge fallim. vigente non tende soltanto a salvaguardare gli interessi dei cre-ditori coinvolti nel dissesto, ma mira anche a tutelare gli interessi del creditoe della classe dei creditori in genere e, quindi, l’interesse al regolare e pro-ficuo svolgimento dell’attivita economica: le limitazioni ed incapacita perso-nali, collegate dalla legge all’instaurazione della procedura fallimentare,cioe, trascendono gli interessi dei creditori danneggiati specificamente dallasituazione di insolvenza del debitore ed appaiono dirette oltre che a stimo-lare l’imprenditore ad una gestione corretta e ad una assidua vigilanza sul-l’andamento degli affari, a colpire il dissesto come fenomeno di grave per-turbamento dell’economica, a sanzionare l’espulsione dell’impresa margina-le dal mercato ed a porre l’imprenditore, dimostratosi incapace di operareproficuamente, in condizioni di non nuocere. Il fallimento diventa l’idoneasoluzione, sul piano giuridico, di una selezione gia operata dal mercato, lareazione della societa alla manifesta inidoneita dell’impresa ad assolvere aisuoi fini.

Seguendo questo orientamento, il legislatore del 1942 consente l’instau-razione della procedura fallimentare quando la crisi dell’impresa e ormai ir-reversibile, per avere questa perso la sua efficienza e produttivita e l’im-prenditore il credito di cui godeva, ed e certo o quanto meno presumibile

che i creditori devono subire una falcidia dei propri crediti: ragione per laquale viene loro sottratta la liberta di agire in via esecutiva ordinaria.

Ma oggi e nel recente passato legittima e parsa la domanda se ed even-tualmente in quale misura la crisi dell’impresa debba passare attraverso ilfiltro costituito dalla nozione positiva di insolvenza, cosı da rilevare giuridi-camente per quei soli effetti per i quali tale definizione e dettata.

La preoccupazione costante del legislatore del 1942 , come appare dalladisciplina degli istituti fallimentari, e senz’altro la tutela dei creditori, men-tre relegato in secondo piano e l’interesse alla conservazione dell’impresa.Indubbiamente, le procedure di concordato preventivo e di amministrazio-ne controllata possono consentire anche la soddisfazione di quest’ultimo in-teresse. Ma non si puo fare a meno di rilevare che il legislatore pone a que-ste procedure tutta una serie di limiti che finiscono per ridurre sensibilmen-te la loro sfera di applicazione.

Si tratta di procedure che possono essere instaurate solo su istanza deldebitore, mentre l’obiettivo interesse di salvare l’impresa esige che una si-mile valutazione non sia lasciata esclusivamente al debitore medesimo, see vero che non sono in gioco soltanto i suoi interessi personali. D’altro can-to, sia l’una che l’altra procedura richiedono, oltre a presupposti oggettivi,anche requisiti soggettivi di meritevolezza dell’imprenditore, costituendodei benefici che vengono concessi all’imprenditore onesto e sfortunato.La prosecuzione della procedura, inoltre, e condizionata all’approvazionedella maggioranza qualificata dei creditori, i quali, ovviamente, piu che pen-sare al recupero dell’impresa, curano e tutelano le proprie ragioni credito-rie. Non e senza rilievo, infine, il fatto che in numerose situazioni la proce-dura puo cessare per il solo comportamento negativo dell’imprenditore be-neficiato.

Anche se, come si evince dalla relazione ministeriale, l’intento del le-gislatore del 1942 era quello di sfruttare, attraverso il rimedio dell’ammi-nistrazione controllata, le forze intrinseche dell’impresa e stimolarle peril suo risanamento e, quindi, salvare l’impresa ed evitare la sua liquida-zione, non vi e dubbio che il legislatore medesimo non si e neppure po-sto il problema della riorganizzazione dell’impresa e della conseguentenormalizzazione dell’esercizio commerciale. Negli artt. 187-193 legge fal-lim. si prevede dapprima un controllo, che puo essere eventuale o par-ziale, della gestione aziendale da parte del commissario giudiziale, e poisi lascia che il risanamento dell’impresa stessa avvenga privatamente, aldi fuori di qualsiasi controllo giurisdizionale, ovvero che dal cilindro delprestigiatore dell’imprenditore decotto salti fuori una proposta di con-cordato preventivo, se non addirittura l’istanza di fallimento, dichiarabi-le, peraltro, anche di ufficio a norma dell’art. 192, comma 2, legge fal-lim.

Il concordato preventivo, inoltre, e sorto in epoche in cui le crisi econo-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali336

miche e congiunturali, dovute spesso ad eventi bellici, hanno indotto allaconstatazione che non sempre lo stato di insolvenza e dovuto ad un com-portamento colposo o doloso dell’imprenditore e, comunque, ad una suaincapacita nell’organizzazione dell’attivita imprenditoriale, dipendendo in-vece da fattori spesso neppure prevedibili, connessi al piu generale anda-mento dell’economia generale del paese. Il legislatore, pertanto, si e limitatoa prevedere il ricorso a questa procedura tutte le volte in cui l’imprenditorein buona fede si sia venuto a trovare in stato di insolvenza per cause a luinon addebitabili, ma non si e reso conto che il punto focale della questionenon sta nella individuazione della responsabilita del debitore, il che puoavere rilievo solo nell’indagine sulla bancarotta fraudolenta, e non consistenella semplice ricerca delle cause del dissesto.

Le crisi congiunturali, infatti, non richiedevano, ed a maggior ragionenon richiedono oggi, soltanto la previsione di rimedi piu benevoli per l’im-prenditore onesto e sfortunato, esigendo invece un nuovo atteggiamentodel legislatore di fronte all’insolvenza dell’imprenditore commerciale, edin particolare non solo che si preveda genericamente la possibilita di supe-rare la crisi, ma piu precisamente che si predispongano gli strumenti idoneiper il rifinanziamento e la ristrutturazione aziendale.

Di cio nella legislazione del 1942 non vi e traccia alcuna. Al contrario,niente esclude che, omologato il concordato preventivo, l’imprenditoreprovveda alla disgregazione dell’azienda, talvolta proprio allo scopo di pa-gare la percentuale prevista per i creditori.

Appare dunque evidente che le finalita della conservazione dell’impresae del suo risanamento, per la tutela di interessi che vanno oltre gli interessidel debitore e dei creditori, trovano, attraverso le procedure del concordatopreventivo e dell’amministrazione controllata, poco spazio per essere con-cretamente attuate.

Ma ancora minore e questo spazio se si considera la procedura fallimen-tare. Non solo, infatti, non e prevista come in altri ordinamenti europei, unafase di regolamento giudiziario dell’insolvenza, che consenta appunto di va-lutare adeguatamente la possibilita di salvare l’impresa e di predisporre imezzi a tal fine necessari, ma lo stesso istituto dell’esercizio provvisorio del-l’impresa fallita appare del tutto inadeguato allo scopo.

Delle due fasi dell’esercizio provvisorio, infatti, la prima, quella dellacontinuazione dell’impresa, puo essere disposta anche per la tutela di inte-ressi che non siano quelli dei creditori, purche non a loro scapito, la secon-da invece puo essere attuata nel solo interesse dei creditori, il cui parere sfa-vorevole espresso tramite il comitato dei creditori blocca la procedura, conesclusione di ogni altro interesse. Se, talvolta, l’interesse dei creditori e quel-lo dei prestatori di lavoro, dei destinatari della produzione o addirittura del-la economia in genere coincidono, richiedendo tutti la prosecuzione dell’at-tivita imprenditoriale, nel momento in cui vengono in conflitto e certamente

Parte I - Dottrina 337

quello dei creditori ad avere la preminenza, fino al punto di determinare lacessazione dell’esercizio provvisorio.

Non e senza rilievo, inoltre, il fatto che il legislatore non ha neppureprevisto e disciplinato l’esercizio provvisorio delle imprese sociali, il cheha fatto addirittura dubitare dell’applicabilita di tale istituto alle societacommerciali dichiarate fallite.

Legittima appare, dunque, la conclusione che la nostra legge fallim. einadeguata nel disciplinare le conseguenze dell’insolvenza del debitore sullasorte dell’impresa e nel tutelare gli interessi a tale sorte collegati.

Questa inadeguatezza e diventata sempre piu evidente man mano che illegislatore, in altri campi, ha accentuato il suo intervento per la tutela del-l’interesse pubblico nell’impresa. Era evidente che il superamento del mitodella efficienza del sistema libero-concorrenziale e della neutralita del dirit-to e dello Stato rispetto alle vicende dello sviluppo dovesse esigere una re-visione della natura sanzionatoria del fallimento e della sua pressoccheesclusiva rilevanza quale fenomeno per regolare la crisi dell’impresa.

Da un lato, infatti, eventi bellici e fenomeni recessivi di varia naturahanno dimostrato come spesso lo stato di insolvenza non sia addebitabilead una cattiva conduzione aziendale da parte dell’imprenditore. Dall’altro,la moderna scienza economica ha negato l’esistenza di meccanici auto-rego-lamenti dell’economia di mercato su predeterminati livelli produttivi ed oc-cupazionali socialmente auspicabili; ha dimostrato che lo sviluppo economi-co, se lasciato esclusivamente alla iniziativa privata, tende ad eliminare icontrolli interni che si ritenevano capaci di assicurare il naturale equilibriofra le diverse componenti del sistema; ha considerato i fenomeni della di-soccupazione e del sottosviluppo, negando che essi costituiscano un natu-rale portato del processo economico e possano essere superati solo attraver-so lo spontaneo funzionamento del sistema; ha riconosciuto la necessita del-l’intervento dei pubblici poteri, dapprima per riequilibrare lo sviluppo eco-nomico ed eliminarne gli squilibri, in seguito per conseguire obiettivi social-mente rilevanti.

La situazione di fatto, inoltre, quale era tenuta presente dal legislatoredel 1942, il quale ha disciplinato il fallimento come un istituto che riguar-dava esclusivamente imprenditori persone fisiche o piccole societa e co-munque imprese di modeste dimensioni, e oggi notevolmente mutata.

E agevole constatare l’avvenuto assorbimento di imprese minori in im-prese di sempre piu vaste dimensioni, la concentrazione aziendale, la parte-cipazione dello Stato in varie forme alla gestione commerciale, il protezio-nismo di nuovo tipo ad enti ed imprese in difficolta, la formazione di socie-ta ed imprese multinazionali attraverso il complicato intrecciarsi di interessipubblici e privati di vari paesi, che hanno mutato l’essenza stessa dell’im-presa privata; la sempre piu vasta utilizzazione degli istituti societari, in par-ticolare delle societa di capitali, unitamente alla riduzione della sfera di ope-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali338

rativita delle piccole imprese ed all’agglomerarsi delle imprese piu grandi,non sempre attuato con il sistema della fusione, che hanno determinatola creazione di intese industriali e l’istituzione di societa racchiuse l’una nel-l’altra come scatole cinesi, moltiplicate all’infinito, con un capo gruppo didifficile identificazione; la partecipazione incrociata nelle societa, la possibi-lita che la minima partecipazione in una societa consenta il controllo di unaserie infinita di societa.

Sul piano normativo, la tutela dell’interesse pubblico connesso alla con-servazione dell’impresa ed in primo luogo la tutela del posto di lavoro han-no indotto il legislatore a considerare l’insolvenza dell’impresa non piu co-me un fatto che riguarda esclusivamente il debitore ed i creditori ed a pre-vedere appositi interventi per assicurare il mantenimento dei livelli di occu-pazione e, quindi, evitare la liquidazione di determinate imprese in dissesto,con l’adozione di piani di riorganizzazione dell’impresa industriale che ver-sa in difficolta transitoria.

2. La disciplina del fallimento e dettata dal legislatore del 1942 con spe-cifico riferimento all’imprenditore persona fisica, mentre poche e marginalinorme riguardano espressamente il fallimento delle societa e dei soci illimi-tatamente responsabili, che pure pone una problematica vasta e complessaper quanto concerne sia gli aspetti processuali che i presupposti sostanziali,soggettivi ed oggettivi.

L’art. 1 legge fallim. prevede genericamente il fallimento dell’imprendito-re commerciale e, quindi, anche delle societa commerciali, escludendo chequeste ultime possano essere considerate piccoli imprenditori. L’art. 147,comma 1, legge fallim., inoltre, dispone che il fallimento della societa a re-sponsabilita illimitata produce anche il fallimento dei soci illimitatamente re-sponsabili, aggiungendo, al comma 2, che se, dopo la dichiarazione di falli-mento della societa, risulta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabi-li, il tribunale, su domanda del curatore o di ufficio, dichiara il fallimento deimedesimi, dopo averli sentiti in camera di consiglio. Gli artt. 148 e segg. leggefallim. contengono alcune disposizioni relative ai rapporti fra fallimento dellasocieta e quelli dei singoli soci ed al fallimento delle societa cooperative.

Vi e, in queste norme, un sostanziale rinvio al diritto societario sotto unduplice aspetto. In primo luogo, la legge fallim. non affronta specificamenteil problema dell’assoggettabilita al fallimento di determinati tipi sociali, chetanti contrasti ha suscitato in dottrina ed in giurisprudenza. Si deve, quindi,fare applicazione delle disposizioni del cod. civ. che disciplinano le societa ele imprese commerciali per accertare quando ricorrono i requisiti perche unente sociale possa ritenersi validamente sorto, assuma la qualifica di impren-ditore commerciale e sia, in quanto tale, assoggettabile alle procedure con-corsuali e quando si verifica l’estinzione di tali enti, con conseguente impos-sibilita di dichiararne il fallimento.

Parte I - Dottrina 339

Anche, in secondo luogo, per stabilire quali sono i soci illimitatamenteresponsabili ai quali deve essere esteso il fallimento sociale, bisogna fare ap-plicazione delle norme sostanziali che regolano le societa a responsabilitaillimitata. Mentre, pero, non vi sono dubbi sulla individuazione dei soci il-limitatamente responsabili delle societa personali, con riguardo ai quali esolo necessario esaminare il fondamento della loro assoggettabilita al falli-mento, particolarmente controverso e se il regime giuridico previsto dal-l’art. 147 legge fallim. sia applicabile anche ai soci di societa di capitaliche, in via eccezionale, assumono responsabilita illimitata a norma degliartt. 2362 e 2247 cod. civ.

Le ragioni di questa lacunosa disciplina legislativa, prevista dal r.d. 16marzo 1942, n. 267, vanno ricercate nella stessa origine degli istituti concor-suali nelle legislazioni di epoche in cui operavano pressocche esclusivamen-te imprenditori persone fisiche o piccole societa e, comunque, imprese dimodeste dimensioni.

Nei decenni che si sono susseguiti, invece, le imprese individuali, anchese statisticamente prevalenti, hanno avuto sul mercato una rilevanza semprepiu limitata, sovrastate, sul piano dimensionale e qualitativo, dalle impresecollettive, che meglio rispondono alle esigenze di selezione e concentrazioneeconomica, caratteristiche dell’economia moderna. Le societa, in speciequelle per azioni, inoltre, soddisfano l’aspirazione, che talvolta si e manife-stata anche in relazione all’impresa individuale, ad una suddivisione del ri-schio economico, il quale tende a «spersonalizzarsi» ed a concentrarsi sulsolo patrimonio destinato all’attivita imprenditoriale. Non soltanto, pero,le societa di capitali, che sono la forma tipica dell’organizzazione della gran-de impresa, rispondono meglio alla logica ed alle esigenze della produzionee del commercio moderni, ma anche le societa di persone, che tuttora co-stituiscono la forma piu appropriata, in certo senso obbligata, per le piccolee medie iniziative economiche non individuali.

La pratica, inoltre, quotidianamente dimostra che falliscono societa chehanno un capitale irrisorio, sia pure conforme alle prescrizioni di legge, edun passivo notevole che neppure in minima parte puo essere soddisfatto, eche spesso la societa diventa un mero strumento del quale uno o piu sog-getti o un’altra societa se ne servono per esercitare una propria personaleattivita, senza andare incontro alla responsabilita illimitata, come nelle ipo-tesi del socio – persona fisica o societa – tiranno o sovrano.

Questa notevole diffusione delle societa, con il conseguente uso ed abu-so che se ne e fatto, ha determinato la tendenza al rafforzamento degli stru-menti di garanzia per i creditori e, quindi, all’ampliamento della sfera dellepersone fisiche cui addossare una responsabilita sussidiaria per il passivodelle societa, mediante l’elaborazione di schemi che consentono di aggirarel’ostacolo della persona giuridica per imputare direttamente ai singoli sog-getti effettivamente operanti le conseguenze, sul piano della responsabilita

Il diritto fallimentare delle societa commerciali340

verso i terzi, dell’attivita che costituisce l‘oggetto dell’ente collettivo, in baseal noto binomio direzione (o potere) – responsabilita. Si e, cioe, ipotizzatouna societa di fatto fra societa di capitali o fra una societa di capitali e per-sone fisiche o altra societa di persone; ammesso l’assoggettabilita al falli-mento del socio sovrano o tiranno; elaborato il fenomeno dell’affiancamen-to alla societa di capitali di una societa di fatto fra gli stessi soci della primao addirittura configurato una responsabilita illimitata degli amministratoriper i debiti della societa per azioni.

Di fronte ad una situazione cosı mutata, appare del tutto semplicistica laconsiderazione del legislatore del 1942, secondo cui il solo riconoscimentoo mancato riconoscimento della personalita giuridica sarebbe stato suffi-ciente ad eliminare molti dei problemi agitati in tema di fallimento delle so-cieta. (Si legge nella relazione ministeriale alla legge fallim., n.34, che «lanuova disciplina che le societa commerciali hanno ricevuto nel cod. civ.,con l’esclusione della personalita giuridica per le soc. in nome coll. e in ac-comandita semplice, elimina molti dei problemi che si sono agitati in temadi fallimento delle societa. La legge ha potuto cosı limitarsi a dettare pochee semplici norme, le quali concernono quasi esclusivamente i rapporti fra lesocieta ed i soci nel fallimento»).

E emersa evidente l’inadeguatezza degli istituti di diritto concorsuale,non tanto per il difetto di funzionamento tecnico delle norme fallimentari,quanto per l’insufficienza stessa del sistema che disciplina ormai una realtain buona parte modificata. La procedura fallimentare finisce per essere ri-servata alle imprese di modeste dimensioni; il diritto fallimentare apparesempre meno applicabile alla grande impresa ed il suo compito si restringecontinuamente.

Se si considera, peraltro, la notevole diffusione del fenomeno societarioed in sostanza che le medie e grandi imprese, per la stessa complessita del-l’organizzazione che presuppongono, operano oggi prevalentemente assu-mendo la forma sociale, si desume la notevole importanza che, con riguardoappunto alle societa, ha il problema di una sostanziale riforma degli istituticoncorsuali, nella convinzione che, anche in questo campo, il legislatore de-ve tenere nella dovuta considerazione l’interesse generale alla conservazionedell’impresa e, adeguatamente valutando gli interessi collegati alla sorte diquest’ultima, evitare quella che appare l’unica conseguenza possibile dellostato di insolvenza, cioe la dichiarazione di fallimento, la liquidazione e,quindi, l’eliminazione dell’impresa dissestata.

3. La inadeguatezza della legge fallim. rispetto alla mutata realta di fattoed a quella normativa emerge con tutta chiarezza anche da un esame dell’e-voluzione che negli ultimi decenni hanno avuto le categorie di imprenditorialle quali la disciplina concorsuale e destinata.

Posto che assoggettabile al fallimento e soltanto l’imprenditore com-

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merciale, rientrante in una delle cinque categorie indicate dall’art. 2195cod. civ., restano esclusi sia l’imprenditore agricolo che quello artigiano.

Ed e stato fin troppo chiaro per tutti noi che l’artigiano, come tale esclu-so dalla soggezione alle procedure concorsuali, sia in quanto non imprendi-tore commerciale sia in quanto piccolo imprenditore, poteva dirsi tale soloquando ricorrevano i requisiti di cui all’art. 2083 cod. civ., e cioe quello del-la prevalenza del lavoro proprio e dei componenti della famiglia e, quindi,quando il prodotto portava, per cosı dire, l’impronta di colui che l’avevacreato.

Considerazioni analoghe valgono anche per l’imprenditore agricolo. Illegislatore del 1942 ha fatto riferimento al criterio formale di stabilire qualiattivita devono considerarsi agricole ed attribuiscono la qualifica di impren-ditore agricolo e cioe quelle dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicol-tura, all’allevamento del bestiame ed attivita connesse. L’imprenditore agri-colo assume questa qualifica quando dalla coltivazione del fondo ed in ge-nere dall’esercizio delle attivita connesse all’agricoltura forma un organismoproduttivo, mirante alla produzione di quel guadagno che, da un punto divista economico, e proprio dell’imprenditore.

Per quanto riguarda, inoltre, le societa, la legge fallim. ha ritenuto as-soggettabili alle procedure concorsuali soltanto quelle commerciali, aventicioe per oggetto statutario una delle attivita indicate dall’art. 2195 cod. civ.

Una delle maggiori certezze che avevamo era che la societa e un contrat-to con il quale due o piu persone conferiscono beni o servizi per lo svolgi-mento in comune di una attivita economica allo scopo di dividere gli utilifra i soci stessi. E da questa certezza abbiamo in passato costruito le nostrecategorie.

Al massimo ci siamo chiesti se era configurabile una societa quando sitrattava di svolgere un solo affare e, quindi, se era assoggettabile al fallimen-to una societa occasionale. Ma di certo, ritenevamo, non puo essere consi-derata una vera e propria societa, ad esempio, una societa fra professionisti,perche costoro per definizione non svolgono una attivita di natura econo-mica, ma offrono soltanto la loro prestazione professionale.

Siccome, poi, la societa si propone lo scopo di dividere gli utili fra i soci,certamente non si potevano considerare come societa e trattare sul pianogiuridico in quanto tali, le societa di calcio, la cui struttura nel 1968 la Fe-derazione nazionale del gioco del calcio ha imposto a tutti i sodalizi sportividi serie A e di serie B. Si trattava, era la unanime conclusione, non di societama di mere associazioni, che possono certamente essere soggette alla disci-plina concorsuale perche svolgono un’attivita di natura economica, ma sol-tanto come associazioni non riconosciute, con gli effetti che in tali casi nepossono derivare e non con quelli particolari che derivano dal fallimentodi una societa.

Pacifica, poi, era la distinzione fra societa di capitali e societa di perso-

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ne. Il fallimento di una societa in nome coll., di una accomandita semplice oper azioni si estende ai soci illimitatamente responsabili. Il fallimento dellasocieta di capitali non si estende ai soci limitatamente responsabili. In que-ste due categorie vi erano situazioni che ci hanno fatto discutere per decen-ni.

Nelle societa di capitali, i soci limitatamente responsabili assumono unaresponsabilita illimitata se e per il periodo in cui sono stati unici azionisti ounici quotisti, a norma degli artt. 2362 e 2247 cod. civ. Il socio accoman-dante che ha acconsentito che il suo nome sociale sia inserito nella ragionesociale risponde illimitatamente per tutte le obbligazioni sorte nel periododi tempo in cui cio e avvenuto.

La recente riforma del diritto societario (la legge delega 3 agosto 2001,n. 366, ha enunciato i princıpi della riforma delle societa di capitali e dellecooperative; con i successivi decreti legislativi n. 61/2002, 6/2003 si e dataattuazione alla delega, riformando in aspetti rilevanti il sistema del dirittosocietario) ha, al riguardo, tenuto fermo il riferimento al concetto di appar-tenenza delle azioni o quote, senza peraltro specificare se deve essere intesain senso formale (appartenenza del pacchetto azionario) o sostanziale edeconomico (un unico centro di interessi, un unico centro di comando,nel qual caso si dovrebbe attribuire la qualifica di socio unico a colui il qua-le, pur non apparendo tale nel libro dei soci, e in effetti il vero e solo inve-stitore del capitale con cui la societa opera). Ha anche aggiunto l’ulteriorerequisito secondo cui la responsabilita illimitata sussiste quando i conferi-menti non siano stati effettuati secondo quanto previsto dagli artt. 1342 e2464 cod. civ. o non sia stata effettuata la pubblicita prescritta dagli artt.2362 e 2470 cod. civ. Oggi, quindi, occorre anche che l’unico socio abbiaviolato i suoi doveri di pubblicita o i suoi obblighi di effettuare i conferi-menti.

Falliscono, dunque, questi soci, oppure la loro responsabilita e limitataal mero campo civile? Sono state sostenute tutte le tesi, con pari dignitascientifica, e dopo oltre trenta anni stiamo ancora a discuterne.

Ma questa problematica ha anche perso di rilevanza nel momento in cuici si e resi conto che era sufficiente intestare il due per cento delle azioni oquote alla propria moglie, ad un figlio, ad un parente, all’amante che, comeper un colpo di bacchetta magica, non si era piu unici azionisti o quotisti edil problema era superato.

Ed ecco che la giurisprudenza inventa la figura del socio sovrano o ti-ranno. Fallisce non solo l’unico azionista o quotista ma anche il socio tiran-no, colui che utilizza la societa di capitali per meri fini personali, come stru-mento per fare il bello e cattivo tempo, nel pieno dispregio delle regole so-cietarie, mischiando il patrimonio proprio con quello sociale, pagando de-biti propri con denaro della societa, rendendo impossibile ogni distinzionefra la struttura societaria e le proprie aziende personali.

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Dopo varie situazioni altalenanti, nella recente miniriforma della leggefallim., si e espressamente escluso che il fallimento della societa di capitalipossa essere esteso agli unici azionisti o quotisti, ma si e invece previsto lapossibilita di estensione nei confronti del socio tiranno. In realta, pero, sidovrebbe evitare che una persona sia ritenuta tiranna di una societa a Fog-gia e non a Lucera a diciotto chilometri di distanza, o a Milano e non a Na-poli, e cosı via di seguito, Occorre, cioe, che il legislatore in sede di riformadella legge fallim. non si limiti alla mera previsione della estensione del fal-limento sociale a queste categorie di persone ma anche che indichi i criteriin base ai quali identificarle; in sostanza, che specifichi in quali situazioni difatto si assume la qualifica di socio tiranno.

Con il passare degli anni hanno cominciato a venire meno certe struttu-re portanti di questa nostra ricostruzione dei presupposti sostanziali che de-vono caratterizzare gli imprenditori soggetti alle procedure concorsuali. Acominciare dalle categorie di imprenditore artigiano e di imprenditore agri-colo.

Nel 1956 vi e stata la prima legge e nel 1986 la seconda, le quali hannoesteso notevolmente le dimensioni della figura dell’artigiano. Hanno previ-sto la possibilita di costituirsi in forma sociale ed inoltre che sussiste talequalifica anche se l’imprenditore utilizza un numero rilevante di dipendenti,che, in certi settori, come quello manifatturiero, puo raggiungere le centounita ed indipendentemente da limiti di capitale, perche nei tempi moderninon e possibile svolgere una attivita anche artigianale senza l’inserimentomassiccio di capitali, di attrezzature e simili.

Analogamente per l’imprenditore agricolo. Vi sono state varie leggi chehanno finito per rendere sempre piu evanescente il richiesto rapporto delprodotto con il fondo, fino ai decreti nn. 226, 227, 228 del 2001, i qualihanno dato una nuova definizione di imprenditore agricolo, precisandoche «per coltivazione del fondo, per silvicoltura e per allevamento di anima-li devono intendersi le attivita dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclobiologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o ani-male, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco, o le acque dolci,salmastre o marine».

All’imprenditore agricolo, inoltre, e stato equiparato l’imprenditore itti-co, facendovi rientrare una serie di attivita che nulla hanno a che fare conquella tipica della pesca, cioe con la cattura del pescato, e che hanno sostan-zialmente natura commerciale, esercitabili non solo nell’ambiente acquati-co, ma anche sul territorio, con forme che richiamano l’agriturismo e condimensioni che vanno ben oltre la piccola impresa, per assumere quelladi societa di non piccole dimensioni.

Ormai queste categorie di artigiano e di imprenditore agricolo, sia cheoperino in forma individuale che in forma di societa, hanno ben poco che lidistingue dall’imprenditore industriale, per cui bene hanno fatto i recenti

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progetti di riforma della legge fallim. a ricomprendere tali imprenditori fra isoggetti passivi delle procedure concorsuali.

Quanto alle societa, la recente riforma del diritto societario ha inciso inmaniera determinante sulla disciplina giuridica delle societa a responsabilitalimitata.

Non e che in passato siano mancati i segni di uno scricchiolio in quellacostruzione della quale ho fatto cenno.

Quando in Italia si tentava di infrangere lo schermo della personalitagiuridica, per estendere il fallimento a soci unici o tiranni, in molti hannopensato bene di andare a costituire una societa unipersonale in altri paesieuropei le cui legislazioni lo consentivano, per poi aprire una sede seconda-ria in Italia ed operare in violazione delle norme che volevano estendere lo-ro il fallimento sociale, con danno per i creditori i quali vedevano veniremeno ogni garanzia per i crediti inevasi.

Per ovviare alle sostanziali diversita fra i vari ordinamenti giuridici eu-ropei ed uniformare la relativa disciplina e per promuovere «la creazioneo la prosecuzione in forma societaria di piccole e medie imprese con unicotitolare, ossia incoraggiare gli imprenditori individuali ad assumere il rischiodi creare imprese in forma societaria», e stata emanata la XII DirettivaCEE, n. 88/667, in tema di societa a responsabilita limitata con unico socio.

Il legislatore italiano, con il d. lgs. 3 marzo 1993, n. 88, ha previsto lacostituzione di una societa da parte di un unico socio, limitando tale inno-vazione alla societa a responsabilita limitata.

La nuova disciplina supera il principio prima basilare del nostro ordina-mento giuridico, secondo cui la societa poteva costituirsi soltanto mediantecontratto, con la partecipazione di due o piu persone, prevedendo la costi-tuzione della societa a responsabilita limitata mediante atto unilaterale di ununico socio fondatore. Oggi il contratto di societa e soltanto una delle mo-dalita attraverso le quali puo essere costituita una societa.

La recente riforma del diritto societario, attuata con il d. lgs. n. 6 del2003, ha previsto che anche la societa per azioni puo essere costituita, oltreche per contratto, mediante atto unilaterale. Anche l’unico socio fondatoredella societa per azioni unipersonale, alle condizioni sopra indicate rispondeillimitatamente dei debiti sociali, in caso di insolvenza della societa.

Il legislatore del 1993 non ha mutato la natura ed i contenuti della re-sponsabilita illimitata dell’unico quotista, che conserva il suo carattere sus-sidiario, in quanto sorge solo in caso di insolvenza della societa e si confi-gura come una sorta di fideiussione ex lege del socio stesso.

In definitiva, anche il socio di societa a responsabilita limitata uniperso-nale, in via eccezionale illimitatamente responsabile dei debiti della societain stato di insolvenza, non puo essere soggetto alla dichiarazione di falli-mento in via di estensione di quello sociale.

Mentre tanti chiedevano al legislatore di infrangere il velo della per-

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sonalita giuridica per consentire l’accertamento delle responsabilita doveesse effettivamente si annidano, il legislatore, con la recente riforma deldiritto societario, e andato nella direzione diametralmente opposta, pre-vedendo addirittura l’istituto del patrimonio destinato ad un singolo af-fare.

L’art. 2447 bis, cod. civ., prevede che la societa puo costituire uno o piupatrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico af-fare. Nell’ultimo comma si precisa che, salvo quanto disposto in leggi spe-ciali, i patrimoni destinati ad uno specifico affare di cui alla lettera a), delcomma 1 non possono essere costituiti per un valore complessivamente su-periore al 10% del patrimonio netto della societa.

Nella lettera b, inoltre, che la societa puo convenire che nel contrattorelativo al finanziamento di uno specifico affare al rimborso totale o parzialedel finanziamento medesimo siano destinati i proventi dell’affare stesso oparte di essi.

Si tratta di due fattispecie del tutto diverse. La prima, infatti, costituisceun istituto affine alla societa unipersonale, in quanto consente di beneficiaredi un regime di responsabilita patrimoniale del tutto speciale, nel senso chefra poco vedremo. Il secondo, al contrario, e sostanzialmente uno strumen-to di finanziamento per l’impresa, che ha fatto legittimamente avanzare ilsospetto che sia stato il frutto di non improbabili e fortunate pressionidel mondo bancario miranti ad estendere la gamma degli strumenti di ga-ranzia di finanziamenti.

E comunque possibile individuare elementi comuni a queste due figure,anche considerato che una societa puo ricorrere congiuntamente ad ognunadi esse.

In primo luogo, entrambi questi istituti comportano la separazione deipatrimoni rispetto al restante patrimonio della societa. Nel primo caso que-sta separazione ha per oggetto «beni e rapporti», nel secondo «proventi»-dell’attivita imprenditoriale.

Esistono, inoltre, in entrambi uno o piu vincoli di destinazione, in quan-to la societa non puo destinare ad altra utilizzazione i beni assoggettati in viadel tutto esclusiva alla destinazione stabilita.

Per quanto riguarda la responsabilita per le obbligazioni contratte in re-lazione al patrimonio destinato, in sostanza, i creditori particolari, le cui ra-gioni creditorie cioe sono sorte in relazione allo specifico affare, possonosoddisfarsi soltanto sui beni del patrimonio destinato e non su quelli rima-nenti della societa e neppure su quelli di altri patrimoni destinati. Ad ecce-zione delle ipotesi in cui la delibera costitutiva prevede espressamente la il-limitata responsabilita della societa per le obbligazioni contratte per unospecifico affare; del caso in cui gli atti compiuti in relazione allo specificoaffare non rechino menzione del vincolo di destinazione (art. 2447 quin-quies, cod. civ.); ed infine delle obbligazioni derivanti da un atto illecito sor-

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te nel rapporto fra la societa ed il creditore particolare (art. 2447 quinquies,cod. civ.).

I creditori sociali, in conseguenza, si possono soddisfare soltanto sul pa-trimonio generale della societa e non su quelli specifici separati e destinatiad altri creditori.

La disposizione dell’art. 2447 novies, cod. civ., prevede che, se le obbli-gazioni contratte per lo svolgimento dello specifico affare sono rimaste ina-dempiute, i relativi creditori, dopo la redazione del rendiconto finale ed ilsuo deposito presso l’ufficio del registro delle imprese, possono chiedere laliquidazione del patrimonio separato nel termine di tre mesi dal deposito.

Da cio il problema se, in caso rimangano creditori insoddisfatti dopo ilcompimento delle suddette operazioni, il patrimonio destinato possa esseredichiarato fallito o se possa esserlo la societa che rimane pur sempre il suotitolare.

Si deve evidenziare che il patrimonio destinato non e fornito di autono-ma soggettivita giuridica. La societa, infatti, ne e comunque la titolare, devegestire l’affare e riveste, rispetto a questo, la qualifica di imprenditore com-merciale, assoggettabile in quanto tale alla disciplina per esso prevista dallalegge fallim..

Ai sensi dell’art. 2447 quinquies, cod. civ., la societa risponde dei debiticontratti nella realizzazione dello specifico affare soltanto nei limiti del pa-trimonio che ad esso e stato destinato . Non puo, in conseguenza, essereritenuta insolvente per debiti dei quali non e tenuta a rispondere in virtudel principio della separatezza e dell’autonomia conferita al patrimonio se-parato con conseguente limitazione della responsabilita.

In definitiva, l’insolvenza di uno o piu patrimoni destinati a singoliaffari non determina automaticamente l’insolvenza ed il fallimento dellasocieta, ma legittima soltanto la procedura di liquidazione prevista dal di-ritto societario, che deve essere gestita dagli organi sociali oppure, se lasocieta viene dichiarata fallita per l’insolvenza nella gestione del patrimo-nio generale, dal curatore fallimentare, con esclusione comunque della di-sciplina concorsuale.

D’altra parte, l’insolvenza ed il fallimento della societa non costituisco-no causa di cessazione automatica del patrimonio separato, parificabile allaimpossibilita di conseguirne l’oggetto, ed in conseguenza di liquidazionedello stesso, anche se non risulta l’esistenza di creditori particolari insoddi-sfatti in seguito al rendiconto.

Se il patrimonio destinato non e insolvente, il curatore fallimentare nonha alcun interesse a procedere alla liquidazione automatica, dovendo al con-trario adottare l’opposta soluzione della prosecuzione dell’affare, che puoessere piu vantaggiosa della liquidazione stessa. A meno che il fallimentodella societa e previsto espressamente come fattispecie autonoma di impos-sibilita nel conseguire l’oggetto.

Parte I - Dottrina 347

4. Di fronte a questa mutata realta economica e giuridica, e senz’altroesatta l’osservazione che, se per talune discipline e secondo una impostazio-ne tradizionale in materia, la crisi dell’impresa rilevante giuridicamente siriduce allo squilibrio economico e finanziario, atto a compromettere la ca-pacita della stessa di assolvere alle sue obbligazioni ed avente la sua mani-festazione peculiare nello stato di insolvenza, il problema della tutela degliinteressi connessi alla conservazione dell’impresa comporta una dilatazionedella nozione di crisi dell’impresa, tale da ricomprendere tutte quelle ipotesiin cui, a prescindere dall’esistenza di tale squilibrio, si determinano situazio-ni tecniche, organizzative e di mercato capaci di incidere sulla tutela e sullaattuazione degli indicati interessi e sulla persistenza ed integrale continuitadel rapporto di lavoro. Indubbiamente, quest’ultimo interesse deve trovarele sue peculiari forme di tutela al di fuori delle procedure concorsuali. Ma sideve senz’altro ritenere che l’insufficienza della nozione di insolvenza, com-misurata esclusivamente all’aspettativa dei creditori, diviene tanto piu ma-nifesta quanto piu si allarga la serie degli interessi che l’esercizio dell’impre-sa coinvolge e che l’ordinamento riconosce e tutela, ed inoltre che il legisla-tore italiano deve piu attentamente valutare le possibili ripercussioni dell’in-solvenza dell’imprenditore sulla sorte dell’impresa e favorirne la sopravvi-venza, nonostante lo stato di dissesto del suo titolare.

Si supera in tal modo l’opinione tradizionale che vede il fine del falli-mento nel risanamento dell’economia pubblica, mediante l’eliminazionedelle imprese inferme, se e vero che una moderna economica deve far postoanche al bisogno economico di permanenza dell’impresa.

La giurisprudenza, nella pratica applicazione degli istituti fallimentari epervenuta ad un vero e proprio capovolgimento degli interessi presi in con-siderazione dal legislatore del 1942 nel quadro generale del dissesto delleimprese, ponendo in primo piano, come interesse da tutelare in se, quellodella conservazione dell’impresa. In primo luogo, infatti, per quanto riguar-da le finalita sanzionatorie del fallimento, gli aspetti maggiormente punitivinei confronti dell’imprenditore dissestato, quando non sono venuti menoper l’intervento della Corte costituzionale, sono in concreto disapplicatiogni volta che la rigorosa applicazione delle norme che li prevedono com-porti l’inammissibilita del ricorso a procedure concorsuali minori, che con-sentono di evitare lo sbocco naturale costituito dalla dichiarazione di falli-mento.

Inoltre, la nozione di temporanea difficolta, presupposto dell’ammini-strazione controllata, e stata di fatto dilatata, consentendo il ricorso a taleprocedura quando interessi rilevanti lo richiedono, anche se di fatto l’im-presa versa in un vero e proprio stato di insolvenza.

D’altro canto, i tribunali hanno finito per accedere alle richieste di con-cordato preventivo e di amministrazione controllata, avanzata da imprendi-tori non colpevoli del dissesto, elevando il requisito della meritevolezza da

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condizione ad elemento determinante per la concessione del beneficio e va-lutando con troppa benevolenza i presupposti oggettivi di tali procedure.

Non solo, ma con riguardo alle societa si e ritenuto di dover addiritturaprescindere dal requisito della meritevolezza per l’ammissione al concorda-to preventivo ed all’amministrazione controllata.

Si e cosı pervenuti a privilegiare la composizione extra fallimentare deldissesto, specie per le imprese di non piccole dimensioni, con il ricorso allealtre procedure concorsuali, sia pure in base a diverse motivazioni, basate,talvolta, sull’opportunita di favorire la continuazione dell’impresa, tal’altra,sull’esigenza di assicurare in concreto una migliore realizzazione delle ragio-ni dei creditori.

E avvenuto anche in questo campo quello che avviene in tutti gli altriquando il legislatore non interviene ad adeguare tempestivamente la norma-tiva giuridica alla mutata realta di fatto. I giudici si sono trovati di fronte asituazioni completamente nuove ed a fenomeni di dissesto di imprese aventidimensioni del tutto estranee a quelle previste dalla legge fallim. e, quindi,alla necessita di non trascurare la tutela di interessi, quale quello alla conser-vazione dell’impresa medesima, sottovalutati, invece, dal legislatore del1942. Quella prassi e diventata come una via obbligata da percorrere; chenon si tratti di mera disapplicazione della legge, ma di un adattamento degliistituti concorsuali alle nuove esigenze sociali ed economiche, e dimostratodal fatto che in sede di studi per la riforma della legge fallimentare, i nuoviorientamenti sono stati recepiti e tramutati i norme di progetti di legge.

5. Contrariamente alla semplicistica previsione contenuta nella relazioneministeriale, l’attuazione della legge fallim. ha invece dimostrato che i pro-blemi connessi al fallimento delle societa sono aumentati ed esigono unapronta ed adeguata soluzione. Molti dei congegni escogitati per ampliarela sfera dell’estensione del fallimento sociale non sono conformi allo spiritoed alla lettera della legge e non possono, pertanto, essere ammessi. E neces-sario, invece, un coraggioso intervento del legislatore per una effettiva siste-mazione del diritto dell’impresa, allo scopo di evitare che le disposizioninormative degli istituti concorsuali siano inidonee a regolare certe formedi gestione economica ed a colpire la responsabilita derivante dall’eserciziodell’impresa dove essa effettivamente si annida.

Non saranno piu sufficienti, in sede di riforma della legge fallim., pochee schematiche norme, essendo indispensabile che il legislatore regoli, in mo-do completo ed organico, le vicende della societa in sede concorsuale e diauna adeguata sistemazione e disciplina dei congegni in virtu dei quali il fal-limento sociale puo essere esteso ai soci illimitatamente responsabili, stabi-lendo i limiti di applicazione degli stessi ed in particolare se devono disci-plinare anche le ipotesi di soci di societa di capitali in via eccezionale re-sponsabili illimitatamente dei debiti sociali.

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Sono anni che da piu parti si chiede una seria riforma della legge fallim.ed una completa regolamentazione del fallimento della societa e dei soci il-limitatamente responsabili. Tutti coloro che, comunque, devono applicare,nel lavoro di tutti i giorni, la legge fallimentare sanno quanto ormai sia ur-gente un intervento del legislatore in tal senso, e cio per i risultati insuffi-cienti e troppo spesso iniqui cui porta l’applicazione o anche la non appli-cabilita delle vigenti disposizioni normative in materia. E sotto gli occhi ditutti quello che e stato definito lo scarto fra norma e realta.

Oggi, infatti, la realta economica, sociale, cambia con un ritmo del tuttosconosciuto ai legislatori di altre epoche. Per questo si richiede, piu che inpassato, che l’intervento del legislatore sia tempestivo per adeguare la nor-ma alla realta di fatto ed evitare che l’ordinamento giuridico resti un corpodi norme superate ed inadatte a regolare la nuove situazioni che l’esperienzaprospetta. L’interprete della norma avverte questa esigenza di adeguamen-to, il bisogno di una sostanziale riforma e la sollecita. Oggi, dopo la recenteriforma del diritto societario, ancora piu indilazionabile e una completa ri-forma delle procedure concorsuali.

Indubbiamente, l’esperienza dei decenni trascorsi ci evidenzia come diprogetti di riforma della legge fallim. ne sono stati predisposti tanti, poi re-golarmente venuti meno con il cadere dei governi che li avevano avviati.

Nella precedente legislatura era stato predisposto il Disegno di leggeministeriale recante «Delega al Governo per la riforma delle procedure con-corsuali»approvato dal Consiglio dei Ministri il 27 ottobre 2000.

Questo disegno di legge prevedeva, in sostituzione delle procedure diamministrazione controllava e di concordato preventivo, una procedura an-ticipatoria di crisi e di ristrutturazione, attivabile solo ad iniziativa del debi-tore, in presenza di sintomi di crisi economica e finanziaria, nel corso dellaquale la gestione e l’amministrazione del patrimonio doveva restare affidataal debitore stesso, sotto la vigilanza del commissario giudiziale.

Alla mancata realizzazione del piano di risanamento nel termine di dueanni poteva seguire la procedura unitaria di insolvenza, attuabile in due fasi:una fase di osservazione, diretta all’accertamento della reale consistenza del-l’impresa e del patrimonio del debitore ed alla scelta delle concrete soluzio-ni da adottare per il risanamento; allo scadere di questa fase, una successivadi attuazione del programma di risanamento. Soltanto, in caso di esito ne-gativo di queste fasi, il disegno di legge prevedeva il passaggio a quella dellaliquidazione, tendente alla realizzazione dell’attivo ed alla ripartizione dellostesso fra tutti i creditori concorsuali.

Tutti gli ultimi progetti di riforma della legge fallim. prevedevano l’e-liminazione delle procedure di amministrazione controllata e del concor-dato preventivo, facendo precedere il fallimento da una fase di regola-mento giudiziario di insolvenza tendente a salvare l’impresa prima di pro-cedere alla sua liquidazione, sul modello del reglement judiciaire francese

Il diritto fallimentare delle societa commerciali350

e di altre legislazioni europee. Per la stessa finalita, nell’ambito della pro-cedura fallimentare, disciplinavano piu compiutamente l’esercizio provvi-sorio dell’impresa, ritenuto il mezzo spesso piu efficiente per assicurarnela conservazione.

Di recente, e stato presentato il disegno di legge contenente « Misureurgenti al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, recante disciplina del falli-mento», approvato dal Consiglio dei ministri il 1 marzo 2002, indicato ingenere come «Miniriforma della legge fallim.». A questo disegno di leggee gia seguito un decreto legge per le «Modifiche urgenti al r.d. 16 marzo1942, n. 267, (maxiemendamento al disegno di legge del marzo 2002) (inDir. fallim., 2005. I, 209)».

Sono, inoltre, terminati i lavori della Commissione parlamentare incari-cata di predisporre uno schema di legge delega per una riforma generaledelle procedure concorsuali (la c.d. Commissione Trevisanato). L’elaboratodefinitivo, predisposto da una commissione ristretta, e stato consegnato al-l’ufficio legislativo per l’esame e l’approvazione del Consiglio dei Ministriprima e del parlamento dopo.

Lo schema di legge delega della Commissione «Trevisanato» prevedel’applicabilita nella specie dell’art. 10 legge fallim.; la non assoggettabilitaal fallimento dell’unico azionista o quotista e dell’accomandante ingeritosinegli affari sociali; l’estensione del fallimento sociale al socio tiranno o so-vrano; la disciplina dell’insolvenza dei patrimoni destinati e delle societa ti-tolari di patrimoni destinati ad uno specifico affare.

Il disegno di legge delega del diritto fallimentare predisposto dalla com-missione «Trevisanato» va indubbiamente nella direzione della tutela delleesigenze delle imprese di piu grosse dimensioni e, quindi, di quelle societa-rie e di capitali in particolare.

Vengono prese in adeguata considerazione le esigenze di tutela dellaconservazione delle imprese per evitare che il fallimento, la liquidazione ela disgregazione dei suoi elementi costitutivi rimangano la soluzione natura-le della loro crisi economica e finanziaria.

Le procedure di amministrazione controllata, di concordato preventivo,di fallimento e di liquidazione coatta amministrativa sono, a tal fine, elimi-nate e sostituite dagli istituti dell’allerta e della prevenzione, dalla proceduradi composizione concordata della crisi e dalla procedura di liquidazioneconcorsuale.

L’allerta e la prevenzione hanno la finalita di indurre l’imprenditore afar emergere in tempo utile le situazioni di difficolta economica e finanzia-ria, allo scopo di predisporre piani di riorganizzazione e di ristrutturazione,per impedire che l’impresa finisca per cadere in uno stato di decozione ir-reversibile.

La procedura di composizione concordata della crisi dell’impresa, in so-stituzione dell’amministrazione controllata e del concordato preventivo,

Parte I - Dottrina 351

consente di raggiungere accordi con i creditori, non necessariamente contutti, al fine di comporre la crisi dell’impresa.

La procedura di liquidazione concorsuale, che puo essere avviata siaprima che dopo il verificarsi dell’insolvenza stessa, prevede comunque lapossibilita di presentare un piano di ristrutturazione dell’impresa, sempreche i creditori siano d’accordo ed esprimano il loro consenso in tempi ra-pidi e cioe entro sei mesi dall’apertura del procedimento. In difetto, la pro-cedura deve tendere alla liquidazione dei beni, con formalita meno gravosedi quelle attuali, sia pure nel pieno rispetto dei princıpi di trasparenza ecompetitivita.

Quanto al presupposto oggettivo, queste procedure superano la nozio-ne tradizionale di stato di insolvenza per ricomprendere il piu ampio con-cetto di crisi dell’impresa. In sostanza, oltre alla decozione vera e propria,vengono in considerazione tutte le situazioni di squilibrio finanziario edeconomico nelle quali l’impresa puo venire a trovarsi, conformemente agliorientamenti da tempo prospettati dalla dottrina aziendalistica.

6. Il sistema complessivo che emerge da questo quadro delle procedureconcorsuali, in definitiva, avvicina la legislazione italiana a quella degli altripaesi europei, come peraltro era stato ripetutamente richiesto dalla Com-missione europea, in particolare con il regolamento n. 1346/ 2000, tendentead indicare direttive unitarie per le discipline spesso diverse fra i vari Statied i princıpi ispiratori della riforma del diritto concorsuale interno.

Esso comprende la procedura di amministrazione straordinaria per legrandi imprese in crisi, nei limiti soggettivi modificati dal recente decretolegge 23 dicembre 2003, n. 347 (decreto Marzano).

Per tutte le altre imprese individuali e sociali, l’obiettivo fondamentaledelle procedure concorsuali non appare piu la regolamentazione dei rap-porti conseguenti alla loro liquidazione in caso di insolvenza, ma la necessitache la crisi finanziaria ed economica emerga in tempo utile per consentireun effettivo recupero e un risanamento che consenta la prosecuzione del-l’attivita.

Se si considerano, tuttavia, gli scarsi risultati che nel corso degli anni han-no avuto le procedure di amministrazione straordinaria delle grandi impresein crisi, quasi tutte convertitesi in quella del fallimento, nonche il fatto che deltutto irrisoria e la percentuale di imprese che hanno visto recuperata la loroefficienza e produttivita in seguito all’esperimento delle procedure, anch’essetendenti alla conservazione dell’impresa, dell’amministrazione controllata edel concordato preventivo, alcune precisazioni appaiono doverose.

L’interesse alla conservazione dell’impresa non puo diventare un mito,da tutelare ad ogni costo, anche se si ha la certezza che si tratta di una im-presa antieconomica, sacrificando ogni altro interesse coinvolto nel suo sta-to di insolvenza. Indubbiamente, in una economia moderna, mista o pro-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali352

grammata, si deve spesso consentire la presenza di imprese non redditizie,essendo questo il prezzo che si deve pagare per realizzare l’obiettivo di unamaggiore efficienza dell’economia nel suo complesso. Cosı, il salvataggio ela riorganizzazione dell’impresa si impongono ove si tratti, ad esempio, diimpresa oligopolica, per la quale la legge del mercato non opera e la cui eli-minazione, data l’impossibilita di sostituirla con altra fungibile, rappresentaun costo per la collettivita o di una impresa su cui graviti il lavoro di unaintera citta, tutta una serie di infrastrutture, eccetera.

Ma neppure e opportuno sostituire la dura logica della selezione con lapresenza di uno Stato assistenziale che interviene, direttamente o indiretta-mente, con il denaro pubblico, sempre e ad ogni costo, con operazioni disalvataggio che non hanno altro fine che sanare il deficit dell’impresa e ri-mandare nel tempo le conseguenze negative dello stato di insolvenza.

L’esperienza degli ultimi tempi ha dimostrato che l’interesse dei dipen-denti di una impresa non si tutela cercando di tenere in vita in modo arti-ficioso un rapporto ormai vuoto di contenuto, e che sacrificare incondizio-natamente l’interesse dei creditori a quello dei lavoratori significa spessotrasferire l’insolvenza nelle imprese economicamente dipendenti da quelladissestata e cosı favorire il personale di quest’ultima a scapito di altri lavo-ratori in stato di maggiore debolezza. Sovente, inoltre, l’impresa giunge sul-l’orlo del fallimento per l’impossibilita di adeguare tempestivamente alle ef-fettive esigenze produttive la consistenza del personale dipendente. La di-fesa ad oltranza di ogni posto di lavoro rischia cosı di compromettere anchela posizione di chi non subirebbe pregiudizi dalla semplice riduzione dei li-velli occupazionali.

E chiaro che, in tali ipotesi, ai problemi dell’occupazione deve esseredata una soluzione diversa dal ricorso a procedure che hanno la finalitadi salvare l’impresa, come, ad esempio, l’inserimento del personale esube-rante o di quello dell’impresa liquidata in aziende di nuova costituzione oin fase di espansione.

Di recente e stata emanata la legge 14 maggio 2005, n. 80, di conversio-ne, con modificazioni, del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante di-sposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economi-co, sociale e territoriale; nonche deleghe al Governo per la modifica del co-dice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato, eper la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali.

Venivano indicati i criteri direttivi ed i princıpi ai quali si doveva atte-nere il Governo nell’esercizio della delega.

Per quanto concerne gli aspetti fin qui esaminati, al n. 1, dell’art. 6 eraprevisto che il Governo doveva semplificare la disciplina attraverso l’esten-sione dei soggetti esonerati dall’applicabilita dell’istituto del fallimento.

La delega comprendeva anche, all’art. 14, l’abrogazione dell’ammini-strazione controllata.

Parte I - Dottrina 353

La nuova disciplina del concordato preventivo, attuata con la legge n.80 del 2005, ne modifica sostanzialmente i presupposti sostanziali tantoda renderlo assimilabile alle procedure di regolamento giudiziario dell’in-solvenza o dell’allerta previste nei precedenti disegni di legge che non han-no visto completato il loro iter parlamentare.

Non solo, infatti, non sono piu richiesti i requisiti soggettivi di meri-tevolezza previsti dalla legge del 1942, ma, il che e particolarmente rile-vante, il suo presupposto oggettivo non e lo stato di insolvenza bensı lostato di crisi.

Indubbiamente, sarebbe preferibile che il legislatore chiarisse il conte-nuto dello «stato di crisi», evitando di rimettere puramente e semplicemen-te al giudice di determinarne i connotati sostanziali. Si deve, tuttavia, rite-nere che tale stato puo sussistere anche senza che l’impresa si trovi in unostato irreversibile di insolvenza, bensı soltanto se versa in una situazione diilliquidita, di difficolta ad adempiere, di crisi meramente finanziaria o sesussiste il semplice rischio di cadere in stato di insolvenza. Lo scopo e, ap-punto, di consentire un intervento che possa salvare l’impresa prima che ca-da in uno stato di decozione.

A tal fine, e prevista la formazione di un piano che preveda la ristruttu-razione dei debiti e la soddisfazione dei creditori attraverso qualsiasi forma,anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie,ivi compresa l’attribuzione ai creditori nonche a societa da questi partecipa-te, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altristrumenti finanziari e titoli di debito; l’attribuzione delle attivita delle im-prese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore (possono co-stituirsi come assuntori anche i creditori o societa da questi partecipate o dacostituire nel corso della procedura, le azioni delle quali siano destinate adessere attribuite ai creditori per effetto del concordato); la suddivisione deicreditori in classi secondo la posizione giuridica e interessi economici omo-genei; trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.

In sostanza, se si considerano anche le modifiche di natura proceduraleapportate dalla nuova legge, non vi e dubbio che si tratta di una proceduraben piu idonea della precedente a conseguire il fine del risanamento del-l’impresa per la tutela di interessi generali connessi alla sua conservazione.

Quale che sia la strada scelta dal legislatore, perche le procedure ten-denti al risanamento dell’impresa non costituiscano piu la mera «anticame-ra» del fallimento, occorre che siano abbandonate certe prassi degenerativeche nel corso degli anni hanno comportato che le procedure di amministra-zione controllata e di concordato preventivo siano sfociate quasi sempre nelfallimento.

In primo luogo, occorre che l’imprenditore, superando quella sorta didiffidenza nei confronti dell’autorita giudiziaria, si rivolga ad essa non quan-do la situazione patrimoniale ed economica sia caduta in un irreversibile

Il diritto fallimentare delle societa commerciali354

stato di insolvenza, magari dopo essersi fatto dissanguare dagli usurai, bensıquando un salvataggio dell’impresa e ancora possibile, altrimenti il risultatonon potra che essere ancora negativo.

Ed in questa direzione devono collaborare tutti i professionisti, soprat-tutto ragionieri e commercialisti, i quali, proprio perche seguono le sortidell’impresa, sono in grado prima di ogni altro di notare l’approssimarsidi sintomi di difficolta e di crisi, ai quali si puo far fronte utilmente soltantose i previsti rimedi vengono tempestivamente adottati.

Il tribunale fallimentare, inoltre, consapevole del fatto che una impresadecotta non puo conseguire il risultato del risanamento e della difficolta difermare, una volta avviata, la procedura di crisi o di concordato preventivo,deve superare la tendenza al generale ed indiscriminato accoglimento di tut-te le domande di concordato ed avviare, subito dopo l’ammissione alla pro-cedura, le verifiche necessarie, richiedendo dal commissario e dal perito sti-matore tutte le risposte immediate e specifiche sui punti che al momentodell’ammissione apparivano opinabili.

Deve, inoltre, valutare la congruita del piano proposto che, di volta involta, si puo incentrare sulla riduzione del personale, ove la crisi sia deter-minata da costi eccessivi della manodopera in esubero; sulla ristrutturazionedell’organizzazione produttiva ove i costi siano riscontrati eccessivi; sulla re-visione dei tipi di prodotti o servizi offerti, quando sia il mercato a non ri-spondere alla domanda; sul riequilibrio finanziario quando sia questione diproblemi di autofinanziamento per difetto di capitale di rischio.

Occorre, pertanto, che siano abbandonate certe prassi che hanno neidecenni trascorsi contribuito sensibilmente a far sfociare nel fallimento enella liquidazione dell’impresa tutte le procedure che invece avevano la fi-nalita di recuperarne l’efficienza e la produttivita.

7. Il legislatore ha fatto seguire alla legge delega n. 80 del 2005, il de-creto legislativo n. 5 del 9 gennaio 2006, contenente la riforma organica del-la legge fallimentare.

L’art. 147 del suddetto decreto ha abrogato il titolo IV del regio decreto16 marzo 1942, n. 267 e tutti i riferimenti all’amministrazione controllatacontenuti nella previgente disciplina.

In realta, nei piu recenti progetti di riforma della legge fallimentare eraprevista l’eliminazione sia dell’amministrazione controllata che del concor-dato preventivo, facendo precedere la fase eventuale della liquidazione con-corsuale da una obbligatoria di regolamento giudiziario dell’insolvenza o diallerta, come previsto nel progetto della Commissione ‘‘Trevisanato’’.

La nuova disciplina adottata dal legislatore della riforma comporta ilmantenimento del solo concordato preventivo, sia pure modificato nel sen-so sopra chiarito, come misura tendente ad evitare il fallimento dell’impren-ditore insolvente.

Parte I - Dottrina 355

Per quanto riguarda i presupposti soggettivi delle procedure concorsua-li, l’art. 1, 1º comma, legge fallim., modificato, conferma che sono soggettialle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditoriche esercitano un’attivita commerciale, esclusi gli enti pubblici ed i piccoliimprenditori.

Continuano, quindi, a non essere soggetti alle procedure concorsuali gliimprenditori agricoli e gli artigiani, anche se superano le piccole dimensioninel senso sopra chiarito.

Il legislatore, in sostanza, ha adottato una soluzione che non affronta enon risolve in senso positivo le argomentazioni, sopra esaminate, che hannoindotto la dottrina costante ad auspicare l’estensione della disciplina con-corsuale anche a queste categorie di imprenditori.

Correttamente, inoltre, il legislatore della riforma ha abrogato la dispo-sizione dell’art. 1, 2º comma, ultima parte, legge fallim., secondo cui in nes-sun caso sono considerati piccoli imprenditori le societa commerciali. An-che per le societa, quindi, occorre accertare se ricorrono i nuovi requisitiprevisti per l’individuazione della figura del piccolo imprenditore.

I criteri per identificare il piccolo imprenditore consistono nell’investi-mento nell’azienda di un capitale non superiore ad almeno 300.000,00 euroo, alternativamente, nella realizzazione, in qualunque modo risulti, di ricavilordi calcolati sulla media degli ultimi tre anni o dall’inizio dell’attivita se didurata inferiore, per un ammontare complessivo annuo non superiore adeuro 200.000,00.

Questi criteri sono applicabili per tutti gli imprenditori che esercitanoun’attivita commerciale, in forma individuale o collettiva.

Per quanto concerne i limiti di tempo entro i quali e possibile la dichia-razione di fallimento della societa, la nuova disposizione dell’art. 10 leggefallim. prevede che gli imprenditori individuali o collettivi possono esseredichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese,se l’insolvenza si e manifestata anteriormente alla medesima o entro l’annosuccessivo. In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degliimprenditori collettivi, e fatta salva la facolta di dimostrare il momento del-l’effettiva cessazione dell’attivita da cui decorre il termine del primo com-ma.

In sostanza, la disciplina e stata adeguata alla pronuncia di incostituzio-nalita della disposizione dell’art. 10 legge fallim., nella parte in cui non pre-vedeva che la societa commerciale non potesse essere dichiarata fallita de-corso un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese.

Per le societa non iscritte e, quindi, per le societa di fatto o irregolari,non e previsto alcun limite di tempo entro il quale e possibile la dichiara-zione di fallimento. La soluzione e esatta perche la mancata iscrizione nelregistro delle imprese dipende da una scelta dei soci, per cui l’impossibilitadi usufruire del termine annuale dipende dalla loro volonta, mentre la legge

Il diritto fallimentare delle societa commerciali356

non puo non sanzionare la violazione delle norme che impongono l’iscrizio-ne nel registro.

Tralasciando in questa sede l’esame della disciplina dei nuovi aspettiprocessuali previsti dalla recente riforma, per quanto concerne i presuppo-sti soggettivi del fallimento sociale, il decreto legislativo n. 5 del 9 gennaio2006 non ha apportato sostanziali variazioni rispetto alla precedente disci-plina. Il nuovo art. 147 legge fallim. prevede che la sentenza che dichiara ilfallimento di una societa appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi III,IV, VI del titolo V del libro quinto del codice civile, produce anche il fal-limento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili. Eaggiunta, quindi, solo la precisazione che soci illimitatamente responsabilipossono anche non essere persone fisiche, il che e ormai pacifico perche,come si e visto, la riforma del diritto societario consente che anche le societadi capitali facciano parte delle societa a responsabilita illimitata.

Nulla dice, invece, la nuova disciplina concorsuale in ordine al fallimen-to in estensione dell’unico azionista o quotista e del socio tiranno o sovrano.Sarebbe stato preferibile che il legislatore avesse colto l’occasione della ri-forma per porre termine ad un contrasto giurisprudenziale e dottrinaleche si trascina da decenni.

Conseguenziale alla statuizione di incostituzionalita adottata dalla Cortecostituzionale e anche la previsione, contenuta nel secondo comma del nuo-vo art. 147 legge fallim., secondo cui l’estensione del fallimento sociale alsocio illimitatamente responsabile non puo essere dichiarata dopo che e de-corso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazionedella responsabilita illimitata, anche nel caso di trasformazione, fusione oscissione delle societa, se sono state osservate le formalita per rendere noteai terzi i fatti indicati.

Corretta e la nuova previsione, gia in precedenza ritenuta dalla giuri-sprudenza, secondo cui la dichiarazione di fallimento e possibile soltantose l’insolvenza della societa attenga in tutto o in parte a debiti esistenti alladata della cessazione della responsabilta illimitata.

Infine, il legislatore della riforma ha previsto una espressa disciplina nel-le ipotesi in cui la societa fallita abbia costituito patrimoni destinati ad unospecifico affare o vi siano stati finanziamenti destinati ad uno specifico af-fare.

A norma dell’art. 155 legge fallim., modificato, il fallimento della societacomporta che l’amministrazione del patrimonio destinato previsto dall’art.2447 bis, 1º comma, lett. a), cod. civ., sia attribuita al curatore il quale deveprovvedere con gestione separata. In particolare, deve cedere il patrimonioa terzi onde conservarne la funzione produttiva, altrimenti, se la cessionenon e possibile, liquidarlo secondo le regole della liquidazione delle societain quanto applicabili.

Il corrispettivo, aggiunge l’ultimo comma dell’art. 155 legge fallim., del-

Parte I - Dottrina 357

la cessione al netto dei debiti del patrimonio o il residuo attivo della liqui-dazione sono acquisiti dal curatore nell’attivo fallimentare, detratto quantospettante ai terzi che vi abbiano effettuato apporti, ai sensi dell’articolo2447 ter, primo comma, lettera d) del codice civile.

Se, invece, dispone l’art. 156 legge fallim., il patrimonio destinato e in-capiente, il curatore, autorizzato dal giudice delegato, provvede alla sua li-quidazione.

Si e visto, peraltro, che i creditori particolari non possono soddisfarsisul patrimonio sociale. Il nuovo art. 156 legge fallim. prevede una eccezio-ne, disponendo che i creditori particolari del patrimonio destinato possonopresentare domanda di insinuazione al passivo del fallimento della societanei casi di responsabilita sussidiaria o illimitata previsti dall’art. 2447 quin-quies, terzo e quarto comma, del codice civile, sopra indicati.

Qualora, infine, risultano violate le regole di separatezza fra uno o piupatrimoni destinati costituiti dalla societa e il patrimonio della societa me-desima, il curatore puo agire in responsabilita contro gli amministratori e icomponenti degli organi di controllo ai sensi dell’art. 146 legge fallim.

Per quanto concerne, inoltre, i finanziamenti destinati ad uno specificoaffare, la disposizione dell’art. 72 ter, legge fallim., detta una disciplina con-forme alla nuova regolamentazione dei contratti in corso alla data della di-chiarazione di fallimento, che prevede una generalizzata facolta di scelta delcuratore in ordine allo scioglimento o meno del contratto.

Dispone, infatti, l’art. 72 ter, legge fallim., che il fallimento della societadetermina lo scioglimento del contratto di finanziamento di cui all’art. 2447bis, primo comma, lett. b), del codice civile, quando impedisce la realizza-zione o la continuazione dell’operazione. In caso contrario, il curatore, sen-tito il parere del comitato dei creditori, puo decidere di subentrare nel con-tratto in luogo della societa assumendone gli oneri relativi.

Ove il curatore non subentri nel contratto, il finanziatore puo chiedereal giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, di realizzare o continua-re l’operazione, in proprio o affidandola a terzi; in tale ipotesi, il finanzia-tore puo trattenere i proventi dell’affare e puo insinuarsi al passivo del fal-limento in via chirografaria per l’eventuale residuo attivo.

Nei casi in cui il curatore decida di subentrare o non nell’affare, rimaneferma la salvaguardia prevista dai commi terzo, quarto e quinto dell’art.2447 decies del codice civile. Nell’ipotesi in cui l’operazione non possa es-sere realizzata ne continuata si applica il sesto comma dell’art. 2447 deciesdel codice civile (art. 72 ter, u.c., legge fallim.).

Dott. Giuseppe Pellegrino

Presidente del Tribunale di Lucera

Il diritto fallimentare delle societa commerciali358

PROBLEMI DELLA PRATICA

REVOCATORIA DELLE RIMESSE BANCARIEED ESENZIONI DALLA REVOCATORIA A FRONTE

DI PIANI DI RISANAMENTO: PROFILI TECNICO-AZIENDALISTICI

Sommario: 1: La revoca delle rimesse in c/c. – 2. Le esenzioni della revocatoria a fronte dipiani di risanamento. – 3. Questioni penali ed aspetti processuali del piano ex art. 67.

1. La revoca delle rimesse in c/c. – La disciplina della revocatoria falli-mentare delle rimesse in conto corrente, nel regime anteriore alla modificadi cui all’art. 2 del D.L. 14 marzo 2005 n. 35, era di derivazione giurispru-denziale. Il dato normativo (art. 67, comma 2, legge fallim.), molto succinto,prevedeva la revoca, sussistendone le condizioni, dei pagamenti eseguitinell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento. Tuttavia mentre nelletransazioni commerciali la configurazione del pagamento e chiara, non cosıpuo dirsi per i versamenti su di un conto corrente. La Cassazione (1), dopoun iter tormentato e contradditorio, era finalmente pervenuta, nel 1982, adare una disciplina che era coerente con le clausole pattizie contenute neicontratti standard dell’ABI (art. 7 NUB c. 6). Secondo tali contratti, le som-me a debito del cliente, che non siano coperte da affidamento, sono imme-diatamente esigibili con la conseguenza che ogni versamento del cliente in-tegra giuridicamente un pagamento, nella misura in cui elimina o riduceuno scoperto. Era, quindi, necessario distinguere fra conto scoperto e contopassivo, in quanto solo nel primo caso la rimessa sarebbe stata revo-cabile (2).

(1) Cassazione, 18 ottobre 1982, n. 5413.(2) Le somme ricevute dalla banca, in ipotesi di conto passivo, determinano invece so-

lamente variazioni quantitative del saldo aventi la funzione di integrare la provvista a dispo-sizione del correntista per lo svolgimento di successive operazioni. Al riguardo si ricorderache le rimesse affluite su di un conto scoperto andavano, prioritariamente, imputate allo sco-perto e poi al saldo passivo, in applicazione del principio di legge secondo cui in mancanza didiversa dichiarazione, se il creditore riceve un somma di danaro dal proprio debitore, questava imputata al debito scaduto (art. 1193, comma 2, cod. civ.).

Un ruolo fondamentale, per la determinazione delle rimesse revocabili,era giocato dall’affidamento, che, come noto, tanti problemi aveva determi-nato. Ne conseguiva un fondamentale corollario: la rimessa andava scompo-sta nella componente che ripianava lo scoperto ed in quella che ripristinavala provvista. Poteva risultarne che la rimessa era completamente solutoria,ovvero ripristinatoria o avente entrambe queste caratteristche. Ogni opera-zione andava dunque considerata singolarmente (3). Il concetto di scompo-sizione della rimessa, e importante perche, come si vedra, mantiene la pro-pria validita anche nella novellata disciplina della revocatoria.

In modo rivoluzionario, la nuova disciplina prevede, comma 3-lettera b,che le rimesse sul c/c non siano soggette alla revocatoria, salvo che, in viad’eccezione, abbiano ridotto, in maniera consistente e durevole, l’esposizio-ne debitoria del fallito nei confronti della banca. La norma pone parecchiequestioni, fra cui le piu importanti attengono alla sua ambiguita ed al pro-blema logico-aritmetico d’identificazione delle rimesse revocabili. Quantoal primo aspetto occorre considerare che le terminologie usate dal legislato-re sono atecniche ed incerte, volta che non sono definiti concetti importantiquali: rimesse, e tale mancanza causera, almeno inizialmente, un nutritocontenzioso. Secondo talune interpretazioni, che condivido e ritengo cor-rette, la rimessa costituisce sempre e comunque un pagamento. Lo suggeri-sce la previsione della revoca quando i requisiti di consistenza e durevolezzasiano stati concretamente integrati nella fattispecie considerata. La pregres-sa giurisprudenza allocava, invece, la rimessa al genus dei pagamenti in fun-zione della scopertura del conto, facendole assumere, negli altri casi, valen-za neutra perche ripristinatoria del fondo provvista sul c/c. (4). Tale rico-struzione ha rilevanti conseguenze, volta che il tema dell’affidamento, nellanuova disciplina non dovrebbe piu presentarsi, in quanto ora si tiene contodell’esposizione debitoria senza distinguere piu fra conto scoperto e contopassivo.

Se la precedente ricostruzione e esatta, allora nel nuovo sistema biso-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali382

(3) La Corte di Cassazione, ha sempre insegnato che tutte le operazioni sul conto cor-rente (anche quelle effettuate nella stessa giornata) danno vita, ad autonome operazioni daconsiderare singolarmente ai fini dell’individuazione delle rimesse solutorie. Ne consegueche non puo nell’atto di citazione chiedersi la revoca di una quantita differenziale, quale ildelta fra il saldo massimo debitore e quello risultante a debito del correntista alla data di fal-limento. V. Cassazione, 18 aprile 1984, n. 2548, in Il Fallimento, 1984, pag. 1359.

(4) Conformi: Guglielmucci L., La nuova normativa sulla revocatoria delle rimesse inconto corrente, in questa Rivista, n. 5, pag. 805-808, 2005; Bonfatti S., La disciplina dell’a-zione revocatoria nella nuova legge fallim. e nei fallimenti immobiliari, Ipsoa, pag. 122-124,2005; contra: Panzani L., Il D.L. 35/2005 e la riforma della legge fallim., 2005, www.falli-mento.it. Questo autore ritiene che le distinzione fra conto scoperto e passivo sia ancora va-lida nel nuovo regime.

gnera procedere, prioritariamente, all’individuazione, non agevole, di quellerimesse, meglio di quella parte della rimessa, che determinano (determina)una riduzione durevole del debito del cliente. Nell’ambito di ogni rimessaoccorrera pertanto distinguere fra la componente che produce una durevo-le riduzione del debito e quella che invece non la determina. Accertata ladurevolezza, occorrera valutare se la riduzione rilevata sia stata consistente.Tale ultima questione determinera controversie ed inevitabili prolungamen-ti delle liti, dato che la legge non fornisce un criterio o parametro che lamisuri. Non si comprende chiaramente poi, se la consistenza vada valutatacon riferimento ad ogni rimessa o al cumulo delle rimesse, potendo ben ve-rificarsi che il frazionamento dei rientri faccia apparire non apprezzabile cioche invece e tale nella risultanza complessiva. A mio avviso la formulazionedella lettera legislativa suggerisce che la via corretta sia la seconda, in quan-to il testo dispone l’esenzione dalla revocatoria delle rimesse, non della ri-messa, che non abbiano determinato una riduzione consistente e durevoledel debito del correntista. Il parametro va quindi riferito all’insieme delleoperazioni e non a ciascuna di esse singolarmente considerata. Al riguardoe stato, correttamente, sostenuto (5) che sono certamente revocabili le ri-messe che hanno prodotto un rientro programmato, di norma rateale, del-l’esposizione nel quale caso il giudizio sulla consistenza sara agevolato stan-te la necessita di valutare l’insieme. Spettera naturalmente al Giudice ilcompito di dare una risposta a questo problema.

Dopo tale premessa ritengo utile, al fine di ricostruire la nuova norma-tiva, tracciare una serie di riflessioni enunciate nella forma di corollari:

a) il versamento intermedio fra due saldi debitori di cui il secondo siapiu elevato del primo, non assume il carattere di durevolezza richiesto dallalegge. Ne consegue che esso non appare suscettibile di revocatoria;

b) se, in un determinato periodo, il conto presenta una sequenza cre-scente di saldi debitori, le rimesse effettuate nel relativo arco temporale di-fettano del requisito della durevolezza e quindi della revocabilita;

c) poiche, almeno di regola, il conto corrente presenta saldi oscillanti,tutte le rimesse effettuate in epoca antecedente a quella in cui si e verificatoil picco massimo dell’esposizione di conto corrente, non sono assoggettabilialla revocatoria;

d) il saldo finale del conto corrente fornisce una misura incontrovertibi-le della definitivita, e quindi della durevolezza, della riduzione di precedentisaldi debitori tenuto anche conto che il periodo sospetto e breve (sei mesi).

Se le precedenti annotazioni sono esatte, ne consegue che la somma del-le rimesse configuranti una diminuzione durevole dell’esposizione debito-

Parte I - Dottrina 383

(5) Bonfatti S., op. cit., pag. 128.

ria, e data dalla differenza fra il massimo scoperto del conto ed il suo saldofinale alla data di fallimento (criterio del differenziale). Tale grandezza puoessere assunta quale parametro di verifica, cioe una sorta di prova del nove,della correttezza del calcolo delle singole rimesse revocabili che, come giadetto, va effettuata autonomamente. Alternativamente, si puo utilizzare ilcriterio del differenziale per conoscere in via immediata, e senza svolgerecalcoli laboriosi, il quantum revocabile ed alla luce di tale risultato indivi-duare le singole operazioni impugnabili. Cio aiuta ad evitare errori, a volteinsidiosi, nella ricostruzione delle singole rimesse revocabili. Le precedentiosservazioni indicano che la nuova formulazione presenta una problematicamatematicamente interessante che sarebbe senz’altro utile approfondire,per studiare l’eventuale generalizzazione di una formulazione algebricadel problema. Cio, ovviamente, spiana la strada per la sua soluzione com-puterizzata.

Questa impostazione, riguardante la determinazione dell’importo dure-vole dell’esposizione debitoria, e stata costruita indipendentemente dall’u-tilizzo della formulazione contenuta nel nuovo articolo 70 comma 3 che, re-lativamente agli atti estintivi di rapporti reiterati e continuativi, contempla,per il terzo, la restituzione di una somma pari alla differenza fra l’ammon-tare massimo raggiunto dalle sue pretese e l’ammontare residuo alla data incui si e aperto il concorso. Rispetto alla formulazione dell’art. 70, sopra ri-chiamata, dovra pero accertarsi che la diminuzione sia stata consistente, at-tributo questo che l’art. 70 non menziona in alcun modo, con la conseguen-za che l’importo revocabile con l’utilizzo della norma di cui all’art. 67b saraalgebricamente, sempre, uguale o minore a quello che si otterrebbe utiliz-zando la previsione dell’art. 70. Se fosse, quindi, corretta la tesi di quantisostengono che l’art. 67, comma 3, lett. b) legge fallim. e norma specialeper i conti correnti bancari, con sua conseguente applicazione in via esclu-siva al tema delle rimesse, ne seguirebbe, per queste operazioni, un regimedi favor legis.

Relativamente a taluni istituti giurisprudenziali affermatisi nella prece-dente normativa si osserva che:

a) mantengono validita il riferimento ai saldi infragiornalieri, per la de-terminazione delle rimesse e quindi dei vari saldi debitori, ed il criterio dideterminazione dei saldi sulla base della data di disponibilita delle varieoperazioni (6). Conseguentemente i pagamenti effettuati tramite stanza dicompensazione, come nel caso di assegni versati sul c/c, avranno quale datadi disponibilita quella corrispondente al termine previsto da ciascuna pro-cedura di compensazione per la restituzione del titolo alla banca negoziatri-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali384

(6) Conformi: Bonfatti S., op. cit., pag. 126; Guglielmucci L., op. cit., pag. 807.

ce (7). Il principio e in linea con l’unica decisione giurisprudenziale che sulpunto si conosce (8).

b) il tema delle operazioni bilanciate non dovrebbe piu ripresentarsi, al-meno di regola, dato che esse sono assorbite nella nuova disposizione legi-slativa che sostanzialmente colpisce i rientri, che, come tali, sono al nettodei versamenti utilizzati per l’esecuzione di bonifici a terzi;

c) pare invece, in base al dato letterale della norma, che siano revocabilii pagamenti del terzo garante o non garante se ed in quanto integranti ridu-zioni durevoli e consistenti dell’esposizione. Diverso sarebbe invece, per al-cuni, il caso in cui la banca si sia sciolta dal rapporto di conto corrente me-diante recesso. In tal caso il pagamento non sarebbe effettuato su un c/cancora sussistente come tale, con la conseguenza che esso sarebbe soggettood immune dalla revoca alla stregua dell’individuazione dei presupposti direvocabilita dei pagamenti di terzi in via generale (9).

Naturalmente, ove esatte e condivise, le precedenti annotazioni contri-buiscono alla corretta stesura dell’atto di citazione che diversamente po-trebbe incorrere in censure per indeterminatezza ed inconcludenza.

2. Le esenzioni della revocatoria a fronte di piani di risanamento nellaprospettiva dell’economia aziendale. – Il nuovo articolo 67 prevede, alla let-tera d, l’esenzione dalla revocatoria di atti, pagamenti e garanzie concessesu beni del debitore purche posti in essere in esecuzione di un piano cheappaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria del-l’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria ela cui ragionevolezza sia attestata ai sensi dell’art. 2501-bis, comma 4cod. civ.

L’operativita della norma (10) non presuppone alcun accordo con icreditori e neppure una qualche forma di procedimento giudiziario qualel’omologa ovvero una speciale vicenda concorsuale (11), che ne suffraghio ne verifichi la legittimita. E sufficiente l’unilaterale iniziativa del debi-tore. Da questo punto di vista la norma si stacca, anche ontologicamentecome si vedra, dalla nozione di piano di cui al nuovo articolo 182 bis leg-

Parte I - Dottrina 385

(7) Olivieri G., Compensazione e circolazione della moneta nei sistemi di pagamento,Giuffre, pag. 168, 2002.

(8) Tribunale Brescia, 19 luglio 2000 - G.U. Cumin - in Banca, borsa, titoli di credito, n.4, pag. 489, 2002.

(9) Bonfatti S., op. cit., pag. 124-126.(10) Per un ampio esame v. Mandrioli L., Presupposti ed effetti dei piani di risanamen-

to, in Bonfatti, op. cit., pag. 144-171, 2005.(11) Ferro M., I nuovi strumenti di regolazione negoziale dell’insolvenza e la tutela giu-

diziale delle intese fra debitore e creditori: storia italiana della timidezza competitiva, in Il Fal-limento, 5/2005, pag. 598, 2005.

ge fallim., che contempla un previo accordo con i creditori che rappre-sentino almeno il 60% dei crediti, nonche da quello previsto nel concor-dato preventivo, di cui al nuovo articolo 160 legge fallim., che richiedel’assenso della maggioranza. Con tali disposizioni, la lettera d dell’art.67, condivide l’immunita dalla revocatoria, differenziandosene pero perla inapplicabilita dell’art. 168 in tema d’inibizione di azioni esecutivesul patrimonio del debitore, presumibilmente, a motivo della sua naturastrettamente privatistica.

La finalita della norma (12) e quella d’incentivare la formulazione diprogetti di risanamento mediante esenzione da revocatoria dei suoi attiesecutivi (13). Lo strumento e utilizzabile per gestire operazioni di turna-round aziendale, e quindi di riequilibrio economico e finanziario, non con-notate, a mio avviso, da situazioni d’insolvenza, in quanto, in tali casi, lesoluzioni di cui agli art. 160 e 182 bis sono sicuramente piu appropriateper il debitore, stante l’ombrello protettivo offerto dall’art. 168. L’aziendache ricorre ai piani di cui alla norma in commento, deve conseguentemen-te disporre di liquidita e/o di credito che le consentano di affrontare letensioni e le urgenze che i piani comportano senza dovere correre il rischioche esse possano sfociare in istanze di fallimento. Dovra, conseguentemen-te, trattarsi di un’azienda nella quale sia concretamente ravvisabile una se-ria prospettiva sul piano reddituale come documentata dalla validita deiprodotti, dalla situazione concorrenziale, dalle risorse immateriali di cuidispone e quindi della efficacia della sua formula imprenditoriale. Nell’ot-tica del debitore, l’esenzione dalla revocatoria dovrebbe tradursi in un raf-forzamento della sua posizione negoziale per ottenere rinunce e/o riduzio-ni da parte dei creditori piu importanti, specie chirografari, finalizzati alrecupero dell’impresa. Si tratta, com’e stato efficacemente osservato, diuno strumento esoconconcorsale (14) che, a mio avviso, rispetto agli accor-di di cui all’art. 182 bis legge fallim., ha portata piu ampia in quanto nonlimitato alla ristrutturazione dei debiti la quale, di per se sola, ha signifi-cato in una prospettiva liquidatoria che scongiuri il fallimento. E, pertan-to, da ritenere, nell’ottica operativa, che lo strumento dell’art. 182 bis leg-ge fallim., almeno il piu delle volte, sara utilizzato da aziende giunte allafase terminale del loro ciclo vitale, prive di sufficienti risorse per pagarei debiti e dunque irrecuperabili e insolventi.

La disposizione in commento e molto concisa e richiede uno sforzo ri-costruttivo con utilizzo di metodologie e concetti tratti dalla finanza azien-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali386

(12) Ferro M., op. cit., pag. 598.(13) Relazione del Consiglio dei Ministri all’art. 2 D.L. 35/2005.(14) Fauceglia G., Prime osservazioni sugli accordi di ristrutturazione di debiti, in que-

sta Rivista, pag. 843, 2005.

dale. Prima di affrontare in via specifica tale argomento, e pero necessariofare un cenno agli istituti giuridici da cui mutuare elementi di ausilio perl’inquadramento della materia. A tal fine sembra ragionevole argomentareche vada applicata, in via analogica e con gli adattamenti necessari, la nor-mativa del cod. civ., in materia di fusione a seguito di acquisizione con in-debitamento (Merger leveraged buy out – MLBO). Il ricorso all’analogia egiustificato dalla somiglianza di taluni importanti elementi e della ratio delladisposizione. In ambedue i casi, il problema riguarda la sistemazione del de-bito ed il legislatore, in entrambe le situazioni, ha avvertito l’esigenza cheessa sistemazione sia verificata (rectius dimostrata), mediante un progettocontabile previsionale realistico e congruente, sebbene nel caso della fusio-ne tale attivita sia limitata al debito contratto per l’acquisizione delle azionidella societa target o preda, mentre la norma fallimentare riguarda l’indebi-tamento complessivo.

Quanto alla materia economica, si osserva quanto segue. Gli econo-misti finanziari (15), che si sono occupati della redazione di piani di risa-namento in sede giudiziaria, hanno messo in luce che due sono le misureche, di solito, si adottano: a) quelle dirette a migliorare la redditivita ed iflussi finanziari aziendali; b) quelle dirette a sistemare l’indebitamento e agenerare liquidita. Le prime richiedono l’elaborazione di programmi diriorganizzazione industriale volti al miglioramento della produttivita, an-che mediante contrazione selettiva del volume di attivita e riduzione del-l’ampiezza della gamma, con semplificazione della linea dei prodotti, alfine di riportare in utile il conto economico. Le seconde misure sono es-senzialmente quattro: 1) realizzo di attivita patrimoniali, 2) consolidamen-to di debiti, ristrutturazione di prestiti, 3) datio in solutum di beni, 4)conversione di debiti in capitale. Se si esclude l’aumento del capitalein natura, le operazioni di cui al numero 2 sono quelle menzionate dallanorma; la 1 e la 3 non sono enunciate: sono i convitati di pietra. Nel pri-mo caso l’azienda dismette cespiti, di solito immobilizzazioni, destinando,ovviamente, il netto ricavo al pagamento di creditori a breve termine, chesono quelli piu insidiosi. Questa misura si risolve certamente in un mi-glioramento della situazione finanziaria in quanto il passivo a breve si ab-bassa e gli indici di liquidita migliorano. E d’altra parte evidente in talcaso che, se non si rispetta la regola della par conditio creditorum, si ese-guono pagamenti preferenziali, immuni dalla revocatoria per effetto del-l’esenzione in merito ai pagamenti. Il consolidamento di debiti, che ri-guarda lo spostamento di passivita dal breve al medio termine, si traduce

Parte I - Dottrina 387

(15) Brugger G., I piani di risanamento nel quadro delle prospettive e dei vincoli del-l’amministrazione controllata, in AA.VV., Crisi d’impresa e amministrazione controllata, Giuf-fre, pag. 190-208, 1986.

pure in una misura che risana l’esposizione debitoria, specie quando siaccompagna ad una diminuzione del tasso di interesse, e migliora la si-tuazione finanziaria; cio pero puo comportare il rilascio di garanzie chedata la situazione saranno non contestuali. Anche tale operazione confi-gura lesione patrimoniale aggredibile nella vecchia normativa, con la re-vocatoria a regime probatorio invertito, che rimane senza sanzione nelnuovo ordinamento perche l’esenzione riguarda sia le casistiche del com-ma 1 che del comma 2 del novellato art. 67. Stessa identico discorso valeper le datio in solutum che migliorano la situazione finanziaria, se loscambio riguarda attivita o diritti immobilizzati con debito corrente (ilnominatore del quick ratio diminuisce). Particolarmente delicate, da que-sto punto di vista, possono infine risultare le operazioni di scorporo dirami aziendali, in funzione della vendita o di recupero della produttivita,dato che, fra l’altro, vi potranno essere creditori privilegiati svantaggiati ecreditori chirografari, ma strategici, che avranno, magari, sorte migliore.

Da quanto esposto emerge, naturalmente, la necessita di esaminare se ipiani che concretizzano lesioni della par condition creditorum (art. 2741cod. civ.) siano nella realta praticabili, in quanto la configurabilita del rea-to di bancarotta preferenziale (art. 216 legge fallim. comma 3), sarebbe unchiaro impedimento alla loro realizzabilita. Oltretutto l’esperto non po-trebbe, chiaramente, rilasciare alcuna attestazione di ragionevolezza afronte di condotte aventi disvalore penale. Una recente opinione e nel sen-so che sara assai difficile, in presenza di un piano che abbia i connotati e lacertificazione di ragionevolezza, giungere ad affermare responsabilita perbancarotta preferenziale (16). Si tratta di una posizione che, in linea gene-rale, e condivisibile dato che si tratta di atti, pagamenti e garanzie ogget-tivamente esclusi dall’area di revocabilita e quindi dalla illiceita ai fini delconcorso. Peraltro la stessa fonte osserva che, perlomeno con riferimentoal previgente sistema, l’imputazione di solito, cadeva se in concreto venivaaccertata la mancanza dell’elemento psicologico come quando si compro-vava l’esclusiva finalita di risanamento dei progetti finalizzati alla salva-guardia dell’azienda coniugata alla mancanza di ragionevoli dubbi sulla lo-ro fattibilita. In seguito, tuttavia, saranno esaminate situazioni che, ragio-nevolmente, non possono ricadere dietro lo scudo protettivo della dispo-sizione.

Passando ad esaminare, in via specifica, il contenuto della norma si os-serva quanto segue. Il professionista che deve attestare la ragionevolezza,stante il richiamo alla normativa sulle fusioni (art. 2501-bis cod. civ., comma

Il diritto fallimentare delle societa commerciali388

(16) Bricchetti R., La disciplina della crisi di impresa e il nuovo sistema revocatorio: lariforma del diritto fallimentare nella delega legislativa, www. fallimento.ipsoa.it., 2005.

4), e designato dal Presidente del Tribunale, quando il debitore e una so-cieta per azioni o in accomandita per azioni. Il nominativo sara scelto frai soggetti iscritti nel Registro dei Revisori contabili (art. 2501-sexies comma3 che richiama l’art. 2409 bis cod. civ.). Se invece si tratta di societa quotatain borsa, dovra essere designata una societa di revisione iscritta nell’appo-sito albo (art. 2501 sexies comma 3). Quanto alle responsabilita dell’esper-to, si rammenta che in base all’art. 2501 sexies esso risponde dei danni cau-sati ai terzi ed ai soci, e che sono applicabili le disposizioni di cui all’art. 64del cod. proc. civ. La natura professionale dell’esperto, la nomina da partedel Presidente del Tribunale e la responsabilita per il danno susseguente,sono fattori che dovrebbero rendere piu difficoltoso confezionare piani pri-vi di serieta. E noto tuttavia che le recenti esperienze italiane ed estere, im-pongono cautela. La situazione peggiora nel caso di ditte individuali, socie-ta personali ed srl in quanto, in tali casi, l’esperto sara nominato dall’im-prenditore.

Ritengo, sulla scorta di nozioni gia anticipate, che i documenti che for-mano il piano siano, essenzialmente, quattro: piano industriale, budgeteconomico, budget patrimoniale, tavole analitiche del cash flow previsto.Il piano industriale e alla base degli altri documenti e l’esperto dovra avereparticolare cura di verificarne la sua fattibilita e la congruenza derivativadei budget e documenti contabili d’accompagnamento. Stante l’applica-zione analogica della normativa delle fusioni, del tipo MLBO, saranno icriteri sviluppati dalla dottrina giuridica commercialistica (17) in fatto diorizzonte temporale del piano che dovra essere correlato ai tempi occor-renti per il riequilibrio finanziario. Pertanto l’esercitazione previsionaledovra spingersi in avanti nel tempo tanto quanto necessario a dimostrareche la societa riuscira a conseguire l’equilibrio fra entrate ed uscite mone-tarie cosı come documentato dai cash flow previsionali ed in particolaredal cash flow operativo che fornisce la misura delle risorse generate dallagestione reddituale e da quella del capitale circolante commerciale (v. pro-spetto). Il modello di rappresentazione dei flussi di cassa, riprodotto nelprospetto (infra) e molto utile e raccomandato da autorevole letteraturafinanziaria (18). Esso classifica i fatti gestionali in due grandi aree: quellaoperativa (A) e quella finanziaria (B). I fattori che determinano la produ-zione dei flussi dipendono, in ultima analisi, dalla fase economica che l’im-presa attraversa (espansione, recessione, maturita ecc.,). Nel caso di ri-

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(17) Tamburini M., Il nuovo diritto delle societa, a cura di Maffei Alberti A., Cedam,2005, vol. IV, pag. 2530.

(18) Penman S.H., Financial statement analysis and security valuation, McGrawHill-Ir-win, 2004; Palepu-Healy-Bernard, Business analysis & valuation, Thomson, 5-24, 2004;Bertoneche-Knight, Financial performance, Butterworth Heinemann, 2001.

strutturazioni e probabile che il management restringa il focus dell’attivitaeliminando produzioni o cespiti non strategici ancorche, magari, redditizi;assai noti sono peraltro alcuni esempi della storia industriale, conosciuticon il nome di vendita dell’argenteria di famiglia. Pertanto il flusso nettodegli investimenti (rigo 5 del prospetto), dovrebbe essere positivo. Paral-lelamente gli sforzi gestionali saranno indirizzati a migliorare la produtti-vita e quindi ad aumentare la rotazione del capitale investito (rapportofra fatturato ed attivo di bilancio). In questa prospettiva, sara importanteconfigurare scenari concreti di efficiente gestione delle scorte e dei creditiverso la clientela (rigo 3 del prospetto). Nella misura in cui questi sforzidaranno i risultati sperati, il cash flow operativo (rigo 4 del prospetto), as-sumera segno positivo, contribuendo, in tale modo, alla riduzione di pas-sivita onerose quali il debito bancario.

Prospetto del cash-flow

A) Gestione operativa

1. Reddito Netto ....

2. Costi & Ricavi Non Monetari ....

3. Variazioni Circolante Commerciale ....

4. Cash flow operativo (1+2+3) ....

5. Investimenti (Disinvestimenti) ....

6. Flusso di cassa libero (4+5) ....

B) Gestione finanziaria

7. Debiti ed Investimenti Finanziari ....

8. Variazioni Monetarie Mezzi Propri ....

9. Aumento (Decremento) Cassa ....

E, in ogni caso raccomandabile, che il bilancio previsionale di fine pe-riodo sia sottoposto ad un test di default, adottando una qualunque dellemetodologie statistiche elaborate dalla letteratura finanziaria (19). Fra questesi segnala, in particolare, quella sviluppata da James A. Ohlson (20) che uti-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali390

(19) Altman E.I., Corporate financial distress and bankruptcy, Wiley, 1993; Szego-Va-

retto (1999), Il rischio creditizio: misura e controllo, Utet; Ross-Westerfield-Jaffe, Cor-porate Finance, McGrawHill-Irwin, 2005; Caouette-Altman-Narayanan, Managing cre-dit risk, Wiley, 1998; Damodaran, Investment valuation, Wiley, 2004; Foster G., Financialstatement analysis, Prentice Hall, 1986.

(20) Ohlson J. A., Financial ratios and the probabilistic prediction of bankruptcy, Journalof Accounting Research, vol. 18, n. 1, pag. 109-131, 1980.

lizza la funzione logistica per determinare la probabilita di default (linearprobability model (21)) e che sostanzialmente e riconducibile alla formula ri-portata nel riquadro.

Default Probability = 1 / (1 + e-y) y e la media ponderata di alcuni datidi bilancio e e la base del logaritmo naturale.

Il valore che si ottiene sara di zero per imprese sane e di 1 per quelleanomale o dissestate. Quanto piu l’indice si avvicina ad 1, tanto piu elevatasara la probabilita di default e quindi di insuccesso del piano.

Il valore della funzione logistica, con i dati del bilancio iniziale, quandoraffrontato con quello del bilancio della proiezione piu distante, fornisce unindice dell’efficacia terapeutica delle soluzioni contenute nel business plan.La verifica del piano e, come intuibile, un’attivita assai delicata nella quale epossibile commettere errori, causa la complessita dei calcoli da eseguire e ladifficolta dei concetti da sviluppare. Questo aspetto e particolarmente rac-comandato dagli studiosi; oltretutto vanno sicuramente fugate insidie circala possibile configurazione d’eventuali falsita materiali (infra). La dottrinacontabile raccomanda peraltro una serie di regole di congruenza dei risul-tati alle quali sara opportuno e necessario attenersi (22). Lo sviluppo dei cal-coli, da eseguire preferibilmente in via elettronica, si compone essenzial-mente delle seguenti fasi:

Fase 1) Previsione delle vendite. Costituisce il punto di partenza e ri-chiede l’indagine piu approfondita. A tal fine andranno considerati la stra-tegia dell’impresa ed il mercato dei prodotti;

Fase 2) Previsione del coefficiente di rotazione e determinazione delleattivita operative nette. Tale stima implica la previsione della rotazionedei crediti, delle scorte, degli immobilizzi e cosı via. Sara opportuno, oveconfigurabile, che la previsione sia sviluppata per voce contabile (scorte,crediti ecc). Ovviamente a tal fine sara indispensabile conoscere la tecnolo-gia produttiva utilizzata dall’impresa;

Fase 3) Misura della capacita produttiva. La capacita produttiva limitale vendite che conseguentemente vanno riviste ove non supportabili con gliimpianti esistenti e/o che si ritiene di acquisire;

Fase 4) Previsione del margine di profitto. Tale fase richiede una buonaconoscenza del settore in cui opera l’impresa. A tal fine va segnalato che imargini di profitto e le spese possono non essere proporzionali alle venditeper via dell’incidenza dei costi fissi;

Parte I - Dottrina 391

(21) Il modello logistico gode di alcune proprieta matematiche che lo rendono flessibile equindi molto adotto agli usi pratici.

(22) Penman S.H., op. cit., capitolo su «Full-information forecasting, valuation, and busi-ness strategy analysis».

Fase 5) Previsione di componenti reddituali non ricorrenti. Queste vociavranno particolare rilevanza ed incidenza nel caso di ristrutturazioni e/oscorpori;

Fase 6) Previsione del flusso di cassa libero. Questo calcolo e molto age-vole in quanto esso e, algebricamente, di ammontare pari alla differenza frareddito operativo ed incremento delle attivita operative nette (OI –DNOA), derivati in base alle fasi precedenti;

Fase 7) Stima, sulla scorta dei calcoli precedenti, degli oneri finanziari,del debito finanziario e dell’utile netto per modo di completare lo stato pa-trimoniale ed il conto economico di previsione. A questo punto sara neces-saria la verifica dei dati, per la quale si rivela particolarmente utile anche laloro predisposizione in forma percentuale (common-size analysis) per svol-gere confronti con aziende del settore e valutare la ragionevolezza delle sti-me e la loro consistenza con le ipotesi di base del piano. Un utile schemagrafico che riassume queste fasi di lavoro, e riportato nella recente operadi Stephen Penman (23).

Gli elementi cosı elaborati sono alla base dell’attestazione di ragionevolez-za che il perito e incaricato di suffragare. Su questo tema non puo che richia-marsi quanto suggerito dagli studiosi di Economia Aziendale (24) che racco-mandano vivamente di seguire i principi internazionali di revisione ISA (Inter-national Standard Auditing). Tali norme tecniche, tra l’altro, stabiliscono indettaglio le procedure da utilizzare e le cautele da rispettare, da parte dei sog-getti indipendenti incaricati di rilasciare un’opinione professionale sui docu-menti previsionali. Risulta essenziale che l’esperto menzioni espressamente,nella propria relazione, i dati e le circostanze alla base delle proiezioni (25).Sebbene il suo giudizio non possa essere ambiguo e raccomandabile, ovecio sia necessario, che siano descritti i warnings (segnali di allarme) pertinentialle criticita del progetto talche il lettore ne sia chiaramente informato, stantel’intrinseca trasparenza che l’opinione professionale deve rivestire.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali392

(23) Penman S.H., op. cit., pag. 532.(24) Reboa M., Le operazioni di leveraged buy out e l’art. 2501 bis cod. civ., in Rivista

Dottori Commercialisti, 6, pag. 1203-1249, 2003.(25) Il documento piu rilevante da seguire sara in tale caso il principio ISA 10 dal titolo

«The examination of prospective financial information» che costituisce una guida obbligatadelle verifiche ed accertamenti da svolgere. Si richiama, inoltre, la norma contemplata nellaSection 301, Financial Forecasts and Projections, degli U.S. Auditing Standards redatti dal-l’AICPA (American Institute of Certified Public Accounts): «The summary of significant as-sumptions is essential to the reader’s understanding of prospective financial statements. Accor-dingly, the practitioner should not compile prospective financial statements that exclude disclo-sures of the summary of significant assumptions. Also the practitioner should not compile a fi-nancial projection that excludes either (a) an identification of the hypothetical assumptions or(b) a description of the limitations on the usefulness of the presentation».

3. Questioni penali ed aspetti processuali del piano ex art. 67. – Sebbenela legge non richieda una forma di pubblicita, e evidente che il piano sia undocumento destinato alla diffusione, ossia rivolto ad una categoria aperta didestinatari, e come tale rientrante nelle comunicazioni sociali la cui falsita epenalmente sanzionata. Benche, come evidenziato nella dottrina penalistica,le comunicazioni effettuate su base volontaria non abbiano tutela penalesembra pacifico che il reato sia integrato da quelle comunicazioni ricollegatea presupposti legalmente tipizzati ancorche non obbligatorie in senso stret-to (26). Il problema non attiene al mancato avveramento delle previsioni, dicui nessuno potra assumersi la responsabilita, quanto piuttosto alle circo-stanze di fatto che sono a base del piano, la cui verita sara accertata con ri-ferimento alla loro aderenza ai dati reali (27). Cosı ad esempio se un pianofonda le aspettative di crescita del fatturato sull’utilizzo di un brevetto chenon esiste, perche i relativi studi sono ancora in fase iniziale e non e datosapere a cosa condurranno, si sara in presenza di un piano che integra fal-sita in quanto pone a suo fondamento (aumento delle vendite e probabil-mente degli utili) un dato inesistente. Stessa situazione si realizza quandosi prevede che l’impresa possa giovarsi di riduzioni di costi di produzionea fronte di attivita di ricerca e sviluppo mai intraprese o comunque talida non potere ragionevolmente giustificare gli ipotizzati tagli nei costi. An-cora con riferimento alla situazione concorrenziale, che il piano deve neces-sariamente esaminare, se si assume, allo scopo di stimare i futuri ricavi, chel’impresa opera in condizioni di quasi-monopolio quando, al contrario, ilsettore e connotato da accesa concorrenza. Altra ipotesi di falsita del pianosi ha quando i dati di partenza, ossia il bilancio di funzionamento (o d’eser-cizio) da cui i budget previsionali prendono necessariamente le mosse (28), efalso, ecc. Ne consegue che, in tali ipotesi, saranno configurabili i reati dicui agli art. 2621-2622 cod. civ. (False comunicazioni sociali e false comu-nicazioni sociali in danni dei soci e dei creditori), 2624 cod. civ. (Falsita nel-la relazione o nelle comunicazioni delle societa di revisione), 2625 cod. civ.(Impedito controllo). C’e ovviamente la responsabilita penale dell’espertoin caso di falsa perizia. Questi concetti si applicheranno, a fortiori, ai pianidi cui agli art. 160 e 182 bis legge fallim., la cui redazione e obbligatoria perespressa previsione di legge.

Questioni importanti attengono agli aspetti processual-civilistici ove,

Parte I - Dottrina 393

(26) Pulitano D., False comunicazioni sociali, sta in Alessandri (a cura di), in Il nuovodiritto penale delle societa, Ipsoa, pag. 146, 2002.

(27) Per la configurabilita, nel caso di business plan, del reato di false comunicazioni so-ciali, con riferimento alla previgente normativa del falso in bilancio, v. Mazzacuva, Il falso inbilancio: casi e problemi, Cedam, pag. 169-174, 2004, con citazioni di giurisprudenza.

(28) Palepu-Healy-Bernard, op. cit, 6-3.

naturalmente, sia ammissibile il sindacato dei suoi atti esecutivi (infra). Ap-plicando per analogia i consolidati principi della Cassazione circa la distri-buzione dell’onere probatorio di cui all’art. 67, comma 2, legge fallim. spet-tera al convenuto in revocatoria di provare l’esistenza del piano, l’attestazio-ne di ragionevolezza dell’esperto e, forse anche, la dimostrazione che l’attoimpugnato e posto in essere in esecuzione del piano. La prova storica delfatto andra, invece, data dal Curatore. I primi due aspetti attengono all’im-prescindibile esigenza che il piano sia incorporato in un documento, sicchesara necessaria la forma scritta non potendo quella testimoniale essere con-figurabile data la complessita dei fatti da dimostrare. I problemi di data cer-ta sono agevolmente risolvibili stante l’asseverazione del parere sulla ragio-nevolezza, cui il piano e ovviamente allegato. Difficoltosa si prospetta laprova circa l’inerenza dell’atto al piano. Naturalmente e palesemente irra-gionevole ritenere che il piano debba contenere la descrizione minuta dellesingole operazioni che peraltro riguardano accadimenti futuri. Dovrebbepertanto essere sufficiente, almeno di regola, una descrizione generale pergruppi di operazioni (es. acquisito di materie prime, prodotti, pagamentibancari, di fornitura, ecc.) che sia tale da consentire, o comunque agevolare,la verifica dell’inerenza. Un’eccezione ricorre tuttavia per operazioni parti-colari, come quelle maggiormente lesive della par conditio creditorum, quel-le di costituzione di garanzie non contestuali, quelle regolate con mezzianormali di pagamento delle quali e noto il disvalore ed e quindi naturaleaspettarsi una descrizione particolareggiata. Ho gia evidenziato l’esigenzadi trasparenza che il piano deve presentare; tuttavia non si puo trascuraredi considerare che esso e un documento previsionale e non consuntivo, tal-che l’operazione di identificazione non sara sempre agevole.

Rimane da affrontare la questione piu intrigante: e possibile un sindaca-to giudiziario circa la ragionevolezza del piano al fine di travolgere con l’a-zione revocatoria o con altri rimedi gli atti esecutivi posti in essere? La que-stione e molto complessa ed i contributi dottrinari fino ad ora pubblicatiaffrontano, su tale specifico problema, tematiche sostanzialmente marginali.Il tema e tuttavia rilevante anche perche i rimedi risarcitori previsti a caricodell’esperto non saranno certo bastevoli. Al riguardo pare che, in linea ge-nerale, sia argomentabile l’invalidita degli atti posti in essere senza la coo-perazione del debitore quali, ad esempio, l’iscrizione di ipoteche giudizialio l’escussione di pegni. Tali fattispecie saranno revocabili ex art. 67, sussi-stendone le condizioni. Con riferimento alla possibilita di esperire il rimediodella revocatoria fallimentare, ci si limitera ad una serie di enunciazioni afavore e contro l’ipotesi prospettata:

a) Argomenti contrari alla revoca. La finalita della norma e quella di sta-bilizzare i rapporti giuridici con espressa esclusione della revocatoria. Ilprincipio e anche contenuto nella relazione del consiglio dei ministri, alD.L., che sebbene molto succinta e, su tale punto, molto chiara e precisa.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali394

A cio deve aggiungersi che la revoca travolgerebbe atti che il terzo conve-nuto ha posto in essere in buona fede, basandosi cioe sul dato della legge esul parere dell’esperto, e che la tutela della condotta basata sulla correttezzacostituisce un principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico, atutela del corretto svolgimento degli affari.

b) Argomenti favorevoli alla revoca. L’esenzione si basa sulla congiuntaricorrenza di due elementi: a) l’apparenza dell’idoneita del piano a riequili-brare la situazione finanziaria; b) l’attestazione di ragionevolezza. Il primoaspetto attiene alla sfera cognitiva del terzo e quindi alla circostanza che l’i-doneita del piano debba risultare dalla sua lettura consapevole e dall’ap-prezzamento critico che un soggetto avveduto puo ricavarne. Naturalmentela relativa valutazione, da effettuarsi con criteri ex ante, non puo prescinde-re dalla condizione culturale del terzo trattandosi di esame di documento diparticolare complessita economica. Ne consegue allora che l’inidoneita delpiano non puo essere allegata nei confronti del quisque de populo, la cuicondotta sara il piu delle volte scusabile perche esente da negligenza grave,ma unicamente con riguardo a soggetti che siano particolarmente qualificaticon riferimento a determinati e specifici contesti storici ed economici. E uti-le menzionare che taluni autori (29) hanno prospettato, contro gli atti esecu-tivi del piano, il rimedio dell’azione revocatoria ordinaria, anche fuori dal-l’insolvenza dell’impresa che se ne sia avvalsa. Mi pare pero che si tratta diun rimedio incerto, in quanto l’azione pauliana richiede la dimostrazionedell’eventus damni e del consilium fraudis, in un contesto in cui si opera,dichiaratamente, per raddrizzare le sorti dell’impresa e quindi per non ar-recare danno ai creditori. E poi nota la difficolta di provare la sussistenzadel danno.

Interessante mi sembra invece esaminare la proponibilita delle argo-mentazioni sviluppate da una parte della dottrina giuridica, per le operazio-ni di MLBO, allo scopo di utilizzare il rimedio dell’azione d’annullamentodi cui all’art. 1344 cod. civ., ove sia ravvisabile illiceita della causa (30). Laprevisione di contratto in frode alla legge potrebbe essere supportata sul-l’assunto che gli accordi esecutivi del piano eludono i precetti imperatividi parita di trattamento dei creditori alla luce delle disposizioni dell’art.216 legge fallim. (bancarotta preferenziale dei pagamenti e delle garan-zie (31)) e dell’art. 2741 cod. civ. (concorso dei creditori e delle cause di pre-lazione), in quanto le condizioni derogatorie di cui al nuovo art. 67 legge

Parte I - Dottrina 395

(29) Ferro M., op. cit., pag. 600.(30) Perrini M., Commento all’art. 2501 bis cod. civ., in Niccolini G.-Stagno D’Al-

contres A., Societa di capitali, in Commentario, Jovene, pag. 1943, 2004.(31) La giurisprudenza penale della Cassazione ha ricondotto al paradigma della banca-

rotta preferenziale anche i titoli di prelazione.

fallim. sono state, nel caso di specie, violate a motivo dell’inadeguatezza,con valutazione ex ante, del piano a raddrizzare la situazione finanziaria del-l’impresa. In particolare non potranno «apparire idonei» quei piani conprevisioni basate su ipotesi non sensate e non sostenibili e/o quelli che ab-biano uno sviluppo logico-derivativo non congruente con le ipotesi formu-late (32). Si richiamano al riguardo le considerazioni economico-contabiliesposte nel paragrafo 2 e la sequenza delle fasi di lavoro dell’analista finan-ziario raccomandate dagli studiosi di economia aziendale. Conclusivamentel’attestazione di ragionevolezza dell’esperto, non pare sempre sufficiente arisolvere il problema della legittimita del piano con la conseguenza che sus-siste lo spazio di un sindacato giudiziale circa la legittimazione dell’opera-zione o invece il suo carattere fraudolento per violazione di legge. Mutuan-do concetti sviluppati dalla citata dottrina giuridica (33), per le operazioni dileveraged buy-out, si puo ritenere che tale sindacato sara reso piu agevole edavvertito grazie alle informazioni obbligatoriamente fornite nei modi pre-scritti da chi intende realizzare operazioni di questo tipo. Resta, a caricodell’attore l’ulteriore prova della sussistenza della frode (34), ossia dell’inten-zione di seguire una via in se lecita per conseguire un effetto sostanzialmen-te vietato. A tal fine non possono che essere richiamati i concetti, in prece-denza annotati, circa la condizione culturale del terzo concretamente valu-tata, come da interpretazione evolutiva della Corte di Cassazione (35), rifug-gendo da criteri generali ed astratti fondati sulla figura teorica di contropar-te avveduta.

Vitaliano Donato

Dottore commercialista in Brescia

Il diritto fallimentare delle societa commerciali396

(32) Tamburini, op. cit., pag. 2353.(33) Perrini M., op. cit., pag. 1946.(34) Trabucchi A., Istituzioni di diritto civile, Cedam, pag. 140, 2005.(35) In particolare: Cassazione, 7 febbraio 2001, in Il Fallimento, 6, pag. 677, 2001.

TRIBUNALE DI GENOVA13 aprile 2005

Pres. ed est. Delucchi

Arcoleasing Soc. per az. c. Curatore del fall. Perfect Soc. in acc. sempl.di Mura Luciano & C.

Fallimento - Azioni di rivendicazione, restituzione e separazione - Beni inpossesso del fallito - Determinabilita e individuabilita - Necessita(Legge fallim., art. 103)

Fallimento - Azioni di rivendicazione, restituzione e separazione - Dirittodi proprieta o altro diritto reale - Prova - Atto avente data certa - Ne-cessita(Legge fallim., art. 103; cod. civ., artt. 2704, 2729; cod. proc. civ., artt.619, 621)

Ai fini dell’esercizio delle azioni di rivendicazione, restituzione e separa-zione disciplinate dall’art. 103 legge fallim., occorre che le cose consegnateal fallito siano determinabili e individuabili (1).

Colui che agisce in rivendica deve provare con atto munito di data certaanteriore alla dichiarazione di fallimento il suo diritto di proprieta o altro di-ritto reale sui beni che intende rivendicare, nonche l’affidamento di questi aldebitore, cosı da giustificare che tali beni, al tempo dell’apertura della proce-dura concorsuale, erano detenuti o posseduti dal debitore a titolo diverso daquello di proprieta (2).

(Omissis)Svolgimento del processo. – Con ricorso ex art. 103 legge fallim. la Ar-

coleasing soc. per az., premesso di aver acquistato dalla Life Fitness soc.per az. una serie di macchinari per il fitness e di averli poi concessi in lea-sing alla fallita Perfect soc. in acc. sempl. di Mura Luciano & C., chiedeva larestituzione dei beni elencati nei contratti di leasing.

Il G.D. contestava la rivendica perche i beni rivendicati non erano in-dividuabili; la Arcoleasing soc. per az., con ricorso depositato il 7 aprile2003, proponeva opposizione avverso lo stato passivo della Perfect soc.in acc. sempl. di Mura Luciano & C. si costituiva contestando la domanda

(1-2) Rivendicazione di beni mobili e regime probatorio.

Due sono i temi trattati in questo recente provvedimento del Tribunale fallimentare diGenova:

di parte opponente, con l’argomentazione secondo la quale i beni rivendi-cati dovevano considerarsi fungibili e i contratti di leasing a essi relativi era-no privi di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento: chiedeva,quindi, il rigetto dell’opposizione, con condanna dell’opponente alle spesedel giudizio.

Il G.I., proceduto agli adempimenti di cui all’art. 180, 183 e 184 cod.proc. civ., rigettate le istanze istruttorie di parte attrice in opposizione, rite-nuta la causa matura per la decisione, invitava i procuratori delle parti allaprecisazione delle conclusioni, fissando per tale incombente, l’udienzadell’11 gennaio 2005; a questa udienza, precisate le conclusioni in epigrafe,il G.I. rimetteva la causa al Collegio per la decisione, assegnando all’oppo-nente e al convenuto i termini ex art. 190 cod. proc. civ.

Motivi della decisione. – Innanzitutto occorre prendere in esame le ec-cezioni di rito sollevate da parte opponente, rappresentate da una doglianzadi carenza di motivazione del decreto del Giudice delegato che aveva esclu-so la rivendica della Arcoleasing soc. per az. e da un’eccezione di inammis-sibilita delle contestazioni formulate in comparsa di risposta dalla difesadella curatela, sul presupposto che tali contestazioni fossero dirette a otte-nere una reformatio in pejus del succitato provvedimento del Giudice dele-gato.

Entrambe le eccezioni difettano di pregio, poiche, quanto alla prima, eormai principio consolidato in giurisprudenza (cfr., per tutte: Tribunale Mi-lano, 1 febbraio 1982, in Il Fall. 1983, 120) che non soltanto la sinteticitadei provvedimenti adottati dal G.D. in sede di verifica dello stato passivonon e motivo di nullita degli stessi (conclusione sulla quale concorda la stes-sa difesa di parte opponente) ma anche che tale genus di decreti richiede,per sua natura, una succinta motivazione, la quale possa essere sufficientea far comprendere al creditore destinatario del provvedimento se la sua do-manda di insinuazione o rivendica sia stata o meno accolta ovvero se l’am-montare del credito sia stato contestato in tutto o in parte o sia stata esclusauna causa di prelazione: nella specie, non vi e dubbio che l’impugnato prov-vedimento del G.D. abbia posto l’attuale opponente in condizioni di com-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali406

a) la necessita che i beni mobili di cui e chiesta la restituzione o la separazione ex art. 103legge fallim. siano concretamente individuabili all’interno del patrimonio del fallito;

b) la necessita che gli stessi beni si trovino in possesso del fallito in base a un rapportogiuridico documentato da atto avente data certa.

Si tratta per la verita di argomenti che, seppure molto interessanti e quindi spesso affron-tati, non hanno mai dato luogo a particolari questioni interpretative perche sia la dottrina chela giurisprudenza si sono mostrate quasi sempre d’accordo. Tuttavia vale la pena di ripren-dere ancora una volta il discorso, soprattutto per ricostruire il percorso logico che viene se-guito nella sentenza che qui si annota.

prendere le ragioni dell’esclusione della propria domanda e di impostareun’appropriata difesa in sede di ricorso ex art. 98 legge fallim.

In ordine, poi, alla seconda eccezione, e sufficiente una prima letturadegli scritti difensivi del patrono della curatela per rendersi conto che la di-fesa di quest’ultimo ha soltanto sviluppato e ampliato i motivi di contesta-zione sinteticamente addotti dal G.D. nel provvedimento oggetto della pre-sente opposizione e non ha affatto chiesto una modifica in senso peggiora-tivo di detto provvedimento (cosa, peraltro, che sarebbe stato ben arduofare, in presenza di un decreto di radicale esclusione delle pretese fatte va-lere dal creditore Arcoleasing soc. per az.): anche su questo punto, delresto, e ormai ius receptum in giurisprudenza che il curatore, convenuto insede di opposizione allo stato passivo, non e vincolato dalla motivazioneadottata dal G.D. nel provvedimento con il quale siano state contestate,in tutto o in parte, le ragioni creditorie dell’opponente, bensı e libero difar valer, in via di eccezione, «ragioni di iinfondatezza della pretesa del ricor-rente anche (n.d.r.) diverse da quelle enunciate nell’originario provvedimentodi non ammissione ...al passivo, non essendovi alcun onere di sollevare tuttele possibili contestazioni nel corso dell’adunanza prevista dall’art. 96 della leg-ge fallimentare» (cosı Cassazione, 1 agosto 1996, n. 6963, in Il Fall. 1997,468; nello stesso senso: Appello Bologna, 8 luglio 2003, ivi, 2004, 223; Tri-bunale Monza, 3 novembre 1990, ivi, 1991, 1067).

Di conseguenza, le suddette eccezioni meritano di essere disattese.

Parte II - Giurisprudenza 407

a) Necessita che i beni mobili di cui e chiesta la restituzione o la separazione ex art. 103 leggefallim. siano concretamente individuabili all’interno del patrimonio del fallito.

Nel caso affrontato dal Tribunale di Genova, la controversia riguardava un’istanza di ri-vendicazione di macchinari per il fitness proposta, ex articolo 103 della legge fallim., da partedi una societa, la Arcoleasing soc. per az. Questa societa, dopo avere acquistato i macchinaridalla casa produttrice, li aveva concessi in leasing ad una societa in accomandita per azionipoi fallita, e pertanto ne chiedeva la restituzione.

Il contratto di leasing prevede, come e noto, che una parte conceda ad un’altra, dietropagamento di un canone, il godimento di un bene per un certo periodo di tempo al terminedel quale e prevista, a favore di chi ha ricevuto il godimento, la possibilita di scelta tra variealternative: restituire il bene, proseguire nel godimento con un canone notevolmente ridotto,acquistare la proprieta del bene o, ancora, chiederne la sostituzione con un altro meglio uti-lizzabile o con altri simili (1).

(1) La letteratura sul leasing e molto vasta. Si fa riferimento qui solo ad alcune delle numerose opere inargomento: E. M. Leo, L’essenza del credito e il leasing finanziario, in Riv. soc., 1978, 61 seg.; E. Gabrielli,

Sulla funzione del leasing, in Riv. dir. civ., 1979, II, 455; A. M. Marchio, Il leasing e alcuni aspetti problematici

in relazione al fallimento dell’utilizzatore, in Fallimento, 1984, 348; G. Bonfante, I rapporti pendenti nel falli-mento e la locazione finanziaria, Milano, 1989; E. Lucchini, Fallimento dell’utilizzatore e disciplina del contratto

di leasing, in NGCC, 1990, II, 483.

Nel merito, l’opposizione ex art. 98 proposta dall’Arcoleasing soc. peraz. non e fondata, per le seguenti ragioni:

come e noto, la ormai consolidata giurisprudenza sul punto ha indivi-duato una serie di condizioni alle quali e subordinato l’accoglimento diuna domanda di rivendicazione di beni mobili nell’ambito del fallimentoe che sono rappresentate da:

1) determinabilita e individuabilita delle cose consegnate al fallito (cfr.Cassazione, 81/5768; Cassazione, 90/4262), con la conseguenza che le cosefungibili non possono essere rivenditarte (Cassazione, 84/1200);

2) applicabilita del regime probatorio dettato dall’art. 621 cod. proc.civ., sul presupposto della identita di natura e di funzioni tra l’opposizionedi terzo nell’esecuzione e le domande di rivendicazione, restituzione e sepa-razione di beni mobili nel fallimento (cfr. ex plurimis, Cassazione, 71/375;Cassazione, 84/6482; Tribunale Milano, 22 giugno 1989, in Il Fall., 1989,1273) dal che discende l’onere, per colui che agisce in rivendica, di provare,con atto munito di data certa anteriore al pignoramento (nel caso di specie,alla dichiarazione di fallimento) il suo diritto di proprieta o altro diritto rea-le sui beni pignorati (nella specie, caduti nel fallimento) nonche l’affidamen-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali408

Accade non di rado pero che, in seguito al fallimento dell’utilizzatore, i beni mobili con-cessi in leasing vengano indebitamente trattenuti dal curatore, il quale li inserisce nell’inven-tario e quindi li include nella massa attiva destinata a soddisfare le pretese dei creditori (2). Inquesto caso e spesso molto difficile che la richiesta di rivendicazione, restituzione o separa-zione presentata dalla societa di leasing venga accolta, anche quando e fondata su un contrat-to avente data certa ai sensi dell’articolo 2704 cod. civ. (3).

Il fatto e che, purtroppo, la disciplina prevista dalla legge fallim. per la rivendicazione deibeni mobili che si trovano in possesso del fallito al momento della dichiarazione di fallimentoma che non sono di sua proprieta, non aiuta a risolvere in modo agevole questo problema,perche risulta molto scarna e poco dettagliata.

Infatti, la formulazione dell’art. 103 legge fallim., che si limita a richiamare gli artt. da 93a 102 legge fallim., determina l’applicazione delle disposizioni sulla formazione dello statopassivo, sulla verifica dello stesso e sui rimedi contro i provvedimenti del giudice delegato,alle azioni di rivendicazione, restituzione e separazione, ma non contribuisce a fare chiarezzacon riferimento specifico alle condizioni che devono sussistere perche il bene sia suscettibiledi rivendicazione (4).

Per colmare questa lacuna, la soluzione proposta in via interpretativa dalla maggioranzadegli autori e poi anche dalla giurisprudenza si e progressivamente adattata alle esigenze della

(2) V. Cassazione pen., 17 gennaio 1997, n. 2038, in Giust. pen., 1998, II, 379.

(3) Cosı ritiene M. La Torre, in La rivendica dei beni concessi in leasing in caso di fallimento dell’utilizza-tore, in Riv. It. Leasing, 1991, 301.

(4) L’articolo 103 legge fallim., norma centrale in questa materia, non chiarisce ad esempio se per «cosemobili in possesso del fallito» si possono intendere anche beni come i titoli di credito, anche se ormai e pacifico

per prassi giurisprudenziale che essi possono essere rivendicati.

to di questi al debitore, cosı da giustificare che tali cose, al tempo del pigno-ramento (o della apertura della procedura concorsuale), erano detenute opossedute dal debitore a titolo diverso da quello di proprieta (cosı Cassazio-ne, 6 febbraio 1970, n. 280, Giust. civ. Rep. 1970, v. Esecuzione forzata, n.70; Cassazione, 10 marzo 1967, n. 577, Giust. civ., Rep. 1967, v. cit. n. 119).

Orbene, nel caso concreto nessuna delle suddette condizioni apparesoddisfatta: non la prima, poiche, come risulta evidente dall’elencazione de-gli strumenti ginnastici contenuta nei contratti di leasing prodotti in casuada parte opponente, i beni rivendicati non sono affatto individuati ne indi-viduabili, perche si tratta di attrezzi con caratteristiche similari a altri dellostesso tipo, prodotti da diverse industrie, privi di qualsivoglia tipico e ido-neo elemento identificativo (quale, per es. numeri di matricola), che non siail semplice marchio, tanto piu che, nella specie, come riconosce la stessa di-fesa della Arcoleasing soc. per az., la societa fallita, dopo la stipulazione deicontratti di locazione finanziaria dedotti in giudizio, aveva acquistato diret-tamente dallo stesso fornitore al quale si era rivolta la Arcoleasing soc. peraz., la Life Fitness, altri attrezzi da palestra (cfr. pag. 2 della memoria ex art.184 cod. proc. civ. di parte opponente), i quali, evidentemente, presentava-no lo stesso marchio e le stesse caratteristiche tecnico-costruttive di quelli

Parte II - Giurisprudenza 409

prassi commerciale: mentre in un primo tempo, soprattutto da una parte della dottrina (5) siriteneva rivendicabile soltanto il bene di natura infungibile, piu di recente, un’impostazioneutile ai fini di una migliore e piu corretta tutela del terzo, ha portato a ritenere che, riguardoai beni fungibili, prima di escluderne la identificabilita all’interno del patrimonio del fallito,occorre verificare se veramente vi e stata commistione inscindibile con gli altri beni di pro-prieta del fallito stesso (6).

In questo piu recente indirizzo si colloca anche la sentenza del Tribunale di Genova, se-condo cui non si tratta tanto della natura fungibile oppure infungibile del bene, quanto dellapossibilita concreta di individuarlo all’interno del patrimonio del fallito, perche possa essererestituito a chi su di esso vanta un effettivo diritto. Soluzione che nel caso di specie non estato possibile adottare, in quanto i macchinari per il fitness rivendicati non erano identifica-bili nemmeno attraverso i numeri di matricola.

b) Regime probatorio utilizzabile e in particolare necessita che i beni rivendicandi si trovino inpossesso del fallito in base a un rapporto giuridico documentato da un atto avente data certa.

Precisato dunque che l’aspetto della individuazione o individuabilita del bene (e con essotutti gli aspetti di corollario relativi al regime probatorio che il terzo potra utilizzare per di-

(5) A. Chiozzi, Rivendicazione, restituzione e separazione, in Fallimento, 1990, 963. In giurisprudenza, v.

Tribunale Torino, 23 novembre 1990; Tribunale Torino, 1 dicembre 1990; Tribunale Torino, 12 dicembre 1990e Tribunale Torino, 23 novembre 1991, in Fallimento, 1991, 424.

(6) V.: Cassazione, 20 febbraio 1984, n. 1200, in Fallimento, 1984, 1163 e in Dir. fall., 1984, II, 424; Cas-sazione, 16 maggio 1990, n. 4262, in Giur. comm., 1991, II, 608.

oggetto dei rapporti di leasing, con conseguente impossibilita di distinguerequesti ultimi da quelli comperati dalla fallita Perfect soc. in acc. sempl.

Neppure, tuttavia, appare soddisfatta la seconda (e decisiva) condizio-ne, rappresentata dalla esistenza di data certa anteriore alla dichiarazionedi fallimento sui contratti di leasing posti a fondamento del preteso dirittodi proprieta dell’opponente sui beni rivendita: entrambi detti documenti, diconseguenza, risultano privi di qualsivoglia valore probatorio ai sensi e pergli effetti di cui al combinato disposto degli artt. 103 legge fallim. e 621 cod.proc. civ. (si veda, ex plurimis, Cassazione SS.UU., 28 agosto 1990, n. 8879,in Il Fall., 1990, 1225; Cassazione, 9 maggio 2001, n. 6465, in Foro it., 2001,I, 3542; Tribunale Milano, 21 dicembre 2001, 1271) e cio anche a voler pre-scindere dall’ulteriore assorbente questione della inutilizzabilita dei medesi-mi documenti, in quanto espressamente disconosciuti dalla curatela in com-parsa di costituzione a termini dell’art. 293, comma 3, cod. proc. civ. percheprodotti in semplici fotocopie.

La certezza della data dei suddetti contratti di locazione finanziaria nonpuo neppure ricavarsi, ai sensi dell’art. 2704 cod. civ., come vorrebbe la di-fesa dell’opponente, dai timbri postali apposti sugli avvisi di ricevimentodatati 14 marzo 2002 delle lettere raccomandate inviate dalla Arcoleasingsoc. per az. con le quali si intimava la risoluzione dei rapporti di leasingde quibus per inadempimento dell’utilizzatore (v. prod. di parte ricorrente10, 11 e 12), per le seguenti ragioni:

Il diritto fallimentare delle societa commerciali410

mostrare che il bene rivendicato e veramente quello stesso che egli aveva a suo tempo affidatoal fallito) si pone come primario nell’ambito delle azioni disciplinate dall’art. 103 legge fallim.,e inevitabile rilevare che anche la questione relativa alla/e prova/e dell’esistenza del dirittoche il soggetto vanta nei confronti del bene stesso, non e priva di elementi di incertezza.

Infatti, benche sia stata da tempo riconosciuta identita di natura e di funzione tra l’azionedisciplinata dall’art. 103 legge fallim. e l’opposizione di terzo di cui all’art. 619 cod. proc. civ.,esistono comunque ai fini della rivendicazione fallimentare alcune limitazioni all’utilizzabilitadel regime probatorio previsto dal cod. proc. civ. per l’opposizione di terzo.

Una prima limitazione sta nel divieto di provare per testimoni oppure per presunzioni, ildiritto sul bene (7): l’ammissibilita della prova testimoniale e esclusa dall’articolo 621 cod.proc. civ., mentre l’uso delle presunzioni e escluso dall’articolo 2729 cod. civ., comma 2,

(7) V.: R. Provinciali, Trattato di diritto fallimentare, III, Milano, 1974, 1538; D. Mazzocca, Manuale

di diritto fallimentare, Napoli, 1986, 359; A. Bonsignori, Diritto Fallimentare, Torino, 1992, 236; G. Ragusa

Maggiore, Istituzioni di diritto fallimentare, Padova, 1994, 407; A. Castagnola, Le rivendiche mobiliari nel

fallimento, Milano, 1996, 131; S. Ronco, Affidamento di beni mobili e insolvenza dell’affidatario, Padova,2000, 255 segg. In giurisprudenza si v. tra le altre: Appello Milano, 22 febbraio 1985, in Fallimento, 1985,683; Tribunale Milano, 26 giugno 1986, ivi, 1986, 1389; Tribunale Venezia, 3 febbraio 1989, ivi, 1989, 952; Tri-

bunale Milano, 22 giugno 1989, ivi, 1989, 1273; Tribunale Torino, 5 marzo 1990, ivi, 1990, 856; Tribunale Na-poli, 2 luglio 1992, ivi, 1993, 313.

in primis, il fatto che, anche in questo caso si tratta di semplici fotocopienon attestate conformi agli originali e ritualmente disconosciute dalla cura-tela convenuta ex art. 293, comma 3, c.p.a. e, percio, inutilizzabili comeprove (cosı Cassazione, 21 maggio 2003, n. 7960, in Mass. Foro It., n. 59);

in secondo luogo, comunque, perche i timbri postali, in quanto non appo-sti direttamente sulle lettere di risoluzione dei contratti, non sono idonei a con-ferire data certa alle stesse, poiche, per costante giurisprudenza, «il timbro po-stale deve ritenersi idoneo a conferire carattere di certezza alla data di una scrit-tura tutte le volte in cui lo scritto faccia corpo unico con il foglio sul quale il timbrostesso risulti apposto» (cosı Cassazione, 19 marzo 2004, n. 5561, in Mass. ForoIt., 2004, n. 9; Cassazione, 25 luglio 1997, n. 6943, ivi, 1997, n. 28).

L’onere probatorio gravante sull’opponente in ordine alla proprieta eindividuabilita dei beni oggetto della rivendica non puo venire assolto nep-pure con i mezzi istruttori dedotti in causa dalla difesa dell’opponente me-desimo e ribaditi in sede di precisazione delle conclusioni, in quanto nonammessi dal G.I., perche:

in ordine alle prove testimonaili, al giurisprudenza e pacifica nel commi-narne l’inammissibilita ai fini della dimostrazione del diritto di proprieta delrivendicante sui beni oggetto di rivendica nel fallimento, sotto il profilo percui, nel procedimento ex art. 103 legge fallim., trova applicazione la preclu-sione posta dall’art. 621 cod. proc. civ. all’utilizzo della prova per testi e del-le presunzioni, richiedendosi quale unica idonea dimostrazione del dirittodel terzo rivendicante il documento munito di data certa anteriore alla di-chiarazione di fallimento (cfr., sul punto, per tutte: Cassazione, 14 gennaio1999, n. 352, in Il Fall., 1999, pag. 1315); nella fattispecie, inoltre, non ri-corre neppure l’eccezione al divieto della prova testimoniale introdotta dal-lo stesso art. 621 cod. proc. civ.

Parte II - Giurisprudenza 411

che prevede l’impossibilita del ricorso a presunzioni come mezzo di prova nei casi in cui lalegge esclude la prova per testi.

Una seconda limitazione attiene al fatto che colui che esercita un’azione ex art. 103 leggefallim., deve dimostrare il suo diritto attraverso la produzione di documenti muniti di datacerta anteriore alla dichiarazione di fallimento.

La prova del momento di formazione della scrittura e, si sa, soggetta ai requisiti di cuiall’art. 2704 cod. civ.: in base ad esso, se la sottoscrizione di una scrittura privata non e stataautenticata, la scrittura risulta opponibile ai terzi solamente dal giorno in cui e stata registratao dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilita fisica di colui o di uno di coloroche l’hanno sottoscritta, oppure dal giorno in cui il contenuto della scrittura stessa e statoriprodotto in atti pubblici, oppure ancora dal giorno in cui si verifica un altro fatto che sta-bilisca in modo ugualmente certo, l’anteriorita della formazione del documento.

Ora, un’analisi delle posizioni interpretative porta a rilevare che a fronte dell’orientamen-to dominante (prevalentemente dottrinale) secondo cui le limitazioni probatorie disposte dal-l’art. 621 cod. proc. civ. si applicano tanto alla prova del diritto reale quanto alla prova del-l’affidamento, vi e una posizione giurisprudenziale, che chi scrive si sente di condividere, che

Quanto alla richiesta CTU sui beni rivendicati, e sufficiente ricordarecome la CTU non sia un mezzo di prova, ma soltanto un ausilio per il giu-dice nella valutazione delle risultanze delle prove ritualmente acquisite se-condo il codice di rito, valutazione che richieda la conoscenza di specifichediscipline di carattere tecnico; irrilevante appare, poi, la richiesta riprodu-zione fotografica dei macchinari inventariati, posto che la stessa, data la na-tura fungibile di tali strumenti, per le ragioni piu ampiamente spiegate inprecedenza, non puo apportare alcun elemento utile alla decisione dellacausa; in merito, infine, all’istanza di esibizione, ex art. 210 cod. proc.civ., delle fatture e/o scritture contabili dalle quali risulti l’acquisizione,da parte della societa fallita, in compravendita o in leasing, di attrezzi dapalestra, si tratta di mezzo istruttorio inammissibile, perche caratterizzatoda evidente finalita esplorativa, in palese contrasto con il dettato dell’art.210 cod. proc. civ., il quale richiede la deduzione, da parte del richiedente,della idoneita dei documenti da esibirsi a contenere la prova dei fatti con-troversi e l’indicazione specifica degli stessi (si veda, in merito, Cassazione,8 settembre 1999, n. 9512, in Mass. Foro It., 1999, n. 3).

Pertanto, l’opposizione deve essere rigettata. (Omissis)

Il diritto fallimentare delle societa commerciali412

ammette la possibilita di provare con qualunque mezzo l’affidamento del bene a colui che poie fallito (8).

Anche in una recente sentenza della Corte di Cassazione si affronta il medesimo proble-ma: in proposito i giudici di legittimita rilevano che l’art. 2704 cod. civ. non contiene un’e-lencazione tassativa dei fatti in base ai quali la data di una scrittura privata non autenticatadeve ritenersi certa rispetto ai terzi e che pertanto sta al giudice di merito decidere, in casodi sussistenza di un fatto diverso dalla registrazione, sull’idoneita di questo fatto a dimostrarela data certa (9).

Un’ipotesi del genere non ha potuto essere ravvisata nel caso trattato dal Tribunale diGenova: i giudici infatti prendendo in considerazione l’utilizzabilita, a sostegno della data cer-ta, dei timbri postali apposti sugli avvisi di ricevimento delle lettere raccomandate di intima-zione della risoluzione dei rapporti di leasing per inadempimento dell’utilizzatore, hanno poinegato tale utilizzabilita, in considerazione del fatto che i timbri non risultavano apposti di-rettamente sulle lettere di risoluzione dei contratti.

Simonetta Ronco

Avvocato in Genova

(8) Si tratta di una posizione espressa dalla Corte di Appello di Bologna nell’ambito di una controversiariguardante una gru: Appello Bologna, 1 febbraio 1974, in Giur. comm., 1975, II, 112.

(9) Cassazione, 8 novembre 2001, n. 13183, in Fallimento, 2002, 723. Si v. anche: Cassazione, 28 giugno1963, n. 1760, massima 262702; Cassazione, 4 giugno 1986, n. 3742, massima n. 446622; Cassazione, 16 novem-

bre 2000, n. 14873, in Giust. civ. mass., 2000, 2352.