Amministrazioni pubbliche: tra obblighi di riqualificazione energetica e...

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Amministrazioni pubbliche: tra obblighi di riqualificazione energetica e vincoli di bilancio Paolo Battistella Febbraio 2011 © Luiss Guido Carli. La riproduzione è autorizzata con indicazione della fonte o come altrimenti specificato. Qualora sia richiesta un’autorizzazione preliminare per la riproduzione o l’impiego di informazioni testuali e multimediali, tale autorizzazione annulla e sostituisce quella generale di cui sopra, indicando esplicitamente ogni altra restrizione Dipartimento di Scienze giuridiche CERADI – Centro di ricerca per il diritto d’impresa

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Amministrazioni pubbliche: tra obblighi di riqualificazione energetica e

vincoli di bilancio

Paolo Battistella

Febbraio 2011

© Luiss Guido Carli. La riproduzione è autorizzata con indicazione della fonte o

come altrimenti specificato. Qualora sia richiesta un’autorizzazione preliminare per la riproduzione o l’impiego di informazioni testuali e multimediali, tale autorizzazione annulla e sostituisce quella generale di cui sopra, indicando esplicitamente ogni altra restrizione

Dipartimento di Scienze giuridiche

CERADI – Centro di ricerca per il diritto d’impresa

INDICE

AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE: TRA OBBLIGHI DI

RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA E VINCOLI DI BILANCIO

1. Il quadro normativo in materia di efficienza

energetica

quadro comunitario

quadro nazionale

p. 3

p. 3

p. 5

2. Il ruolo della p.a. in materia di riqualificazione p. 7

3. La realizzazione di interventi in materia di

riqualificazione energetica: il problema degli

investimenti

p. 12

4. Le nuove forme contrattuali del comparto

energetico

p. 19

5. Conclusioni p. 24

Bibliografia e sitografia p. 26

1. IL QUADRO NORMATIVO IN MATERIA DI EFFICIENZA

ENERGETICA

QUADRO COMUNITARIO

I consumi globali di energia nell’ultimo trentennio del 2000 sono

pressoché duplicati, la necessità del reperimento di alternative alle tradizionali

fonti energetiche è pressante, il quadro climatico ha mostrato importanti

cambiamenti. Vari sono i motivi che hanno indotto ad un ripensamento delle

strategie energetiche che ha condotto all’approvazione del Protocollo di Kyoto

che impone importanti vincoli ai paesi aderenti, Italia inclusa.

Il Protocollo pone degli obiettivi che prevedono anche l’introduzione

di un sistema di emissione di gas ad effetto serra per quote (il cui numero nel

tempo verrà progressivamente diminuito), strutturato in modo che solo chi

dimostra di aver provveduto a realizzare progetti di tutela dell’ambiente avrà

diritto a continuare lo svolgimento di determinate attività (direttiva

2003/87/CE, direttiva 2004/101/CE).

Anche l’Italia dovrà concorrere agli obiettivi che l’UE si è fissata per il

2020: riduzione del 20% delle emissioni di gas ad effetto serra, raggiungimento

della soglia del 20% di risparmio energetico e del 20%

dell’approvvigionamento da fonti rinnovabili.

In attuazione degli obblighi assunti l'Unione Europea ha emesso una

serie di provvedimenti attuativi (mediante regolamenti, direttive e decisioni)

volti a migliorare l'efficienza energetica degli impianti ed a effettuare opere di

riqualificazione.

L’Unione ha impegnato tutte le componenti ed ha coinvolto in primis

gli stati membri ed i loro enti pubblici imponendo agli stessi di assumere, nel

campo dell’attività di riqualificazione, un ruolo esemplare nel perseguimento

degli obiettivi virtuosi in campo energetico e ambientale; favorendo, da un lato,

la diffusione delle “best practise” tra gli stessi enti pubblici e, dall’altro, la

riduzione degli ostacoli normativi interni e delle imperfezioni del mercato

nonché l’introduzione di modelli contrattuali ad hoc volti al miglioramento

dell’efficienza energetica allo scopo di creare le condizioni migliori per lo

sviluppo e la promozione di un mercato dei servizi energetici e la fornitura di

altre misure di miglioramento dell’efficienza energetica (DIR. 2006/32/CE).

Molta importanza nell’attuazione di tali obiettivi riveste, poi, il settore

edilizio (ossia quello residenziale e terziario) dal momento che, da solo assorbe

oltre il 40% dei consumi elettrici dell’Unione Europea.

La disciplina adottata in quest’ambito impegna direttamente anche i

privati e non solo gli enti pubblici. Con la normativa adottata, l’Unione

Europea rileva, laddove si provveda alla realizzazione degli interventi di

ristrutturazione degli edifici esistenti e alla costruzione di nuovi edifici, la

necessità di tener conto di alcuni aspetti che influiscono sull’efficienza

energetica.

In particolare viene posto l’accento sui requisiti minimi delle

caratteristiche architettoniche, sulle caratteristiche della zona geografica, sulle

coibentazioni delle strutture, sul tipo di impianto di riscaldamento o

climatizzazione, sui vantaggi della bioedilizia.

Viene introdotta in nuce la disciplina del certificato energetico il quale ha

lo scopo di mettere in evidenza il valore aggiunto che un edificio ben

progettato ha rispetto un altro edificio.

Il primo a differenza del secondo conduce ad un risparmio di energia e,

di conseguenza, ad un risparmio economico.

La consapevolezza di ciò, compendiata nel certificato energetico

dovrebbe condurre l’acquirente a prendere in considerazione l’aspetto

energetico dell’eventuale acquisto ed il costruttore ad una progettazione e

realizzazione consapevole di ciò che offrirà sul mercato (dir. 2002/91/CE).

QUADRO NAZIONALE

Di fronte alla necessità di recepire queste iniziative l'Italia ha

provveduto ad emanare una serie di norme attuative che consentono di

percepire in maniera più chiara la portata innovativa del Protocollo di Kyoto

che, se da un lato, pone obblighi stringenti di risultato, dall'altro introduce dei

meccanismi, anche premianti, che mirano ad orientare l'agire degli enti pubblici

e privati.

Sotto la spinta comunitaria, quindi, l'Italia si dota di una legislazione

energetica completa (l. 9 e 10 /1991, l. 239/2004).

Nasce la figura dell'Energy Manager, profilo dotato di alto livello, con

competenze manageriali, tecniche, economiche e finanziarie che, all'interno di

imprese private ed enti pubblici, svolge una funzione consulenziale

monitorando i consumi, predisponendo piani ed azioni ed, in genere,

supportando le figure apicali nelle politiche e nelle azioni collegate all'uso

razionale dell'energia (l. 308/1982, l. 9-10/1991) ed alla cui nomina è

subordinata la possibilità di accesso ad alcuni incentivi.

In tema di edilizia viene prevista l'emanazione di una normativa di

dettaglio attraverso decreti attuativi ed il rinvio alla normazione tecnica che

tiene conto della specificità delle leggi naturali che presiedono il settore, al fine

di ottenere il soddisfacimento delle necessità con modalità che comportano

minori consumi.

Si tiene conto così delle caratteristiche dei materiali e degli impianti di

climatizzazione invernale ed estiva installati, dei parametri climatici delle

località, della destinazione degli edifici, delle diverse tecnologie per la

produzione di energia, non solo nella realizzazione degli interventi ma anche

nella predisposizione di piani di intervento redatti dalle amministrazioni locali.

L'efficacia dei suddetti elementi viene analizzata mediante la cd.

"diagnosi energetica", realizzata da soggetti abilitati, che consente la

predisposizione del "certificato energetico" la cui obbligatorietà viene

progressivamente estesa.

Il certificato energetico mira alla informazione e sensibilizzazione

energetica degli utenti finali. Questo, infatti, contiene la comparazione dei

valori energetici propri dell'edificio, con i valori vigenti a norma di legge ed i

valori di riferimento nonchè "i suggerimenti in merito agli interventi più significativi ed

economicamente convenienti per il miglioramento della [omissis] prestazione" (art. 6 d.lgs.

19 agosto 2005, n. 192).

Dagli obblighi di riqualificazione energetica non vanno esenti, come

detto, le amministrazioni pubbliche alle quali è fatto obbligo di soddisfare il

fabbisogno energetico favorendo il ricorso a fonti rinnovabili di energia (art. 5,

comma 15, dpr 412/1993) rispettando i criteri di economicità dell'azione

amministrativa (art. 5, comma 16, dpr 412/1993).

Vengono introdotti e disciplinati nuovi strumenti contrattuali

(contratto di rendimento energetico) e nuovi soggetti (E.S.CO.) la cui

specializzazione tecnica consente di realizzare interventi di progettazione,

realizzazione, manutenzione, gestione di opere di riqualificazione energetica a

fronte della corresponsione del prezzo della bolletta energetica per un periodo

prefissato (d.lgs. 115/2008) con o senza l'intervento dei capitali di un terzo

finanziatore.

2. IL RUOLO DELLA P.A. IN MATERIA DI

RIQUALIFICAZIONE

È evidente l'importanza che in tale scenario assume il ruolo svolto dalla

pubblica amministrazione nell'attuazione di tali obblighi. Ad essa spetta infatti

non solo adeguare il proprio patrimonio immobiliare ai nuovi standard

energetici ma, anche, realizzare quella serie di attività collaterali ( pianificatorie

ed incentivanti) funzionali alla realizzazione dei predetti obiettivi.

È ovvio che in tale processo siano coinvolte non solo il livello di

governo centrale ma anche le amministrazioni locali gli enti strumentali e le

società pubbliche.

Tuttavia il ruolo dell'amministrazione pubblica va oltre la mera

attuazione degli obblighi; è compito della pubblica amministrazione svolgere

un ruolo esemplare ponendo in essere tutti quei comportamenti che, in senso

lato, mirano al miglioramento della efficienza energetica propria e di tutti i

soggetti energivori.

In tal senso l'adozione di politiche di promozione dell'efficienza negli

usi finali rappresenta uno strumento fondamentale per il rispetto degli impegni

assunti.

Significative sono le esperienze di realtà straniere: l’agenzia Carbon

Trust, fondata nel 2001 nel Regno Unito, al fine di supportare aziende

pubbliche e private nell’adozione di pratiche di gestione dell’energia.

Il Carbon Trust è un’agenzia privata con accesso a fondi pubblici che

ha supportato centinaia di aziende pubbliche e private sia nella fase di studio,

sia fornendo prestiti a tasso zero per i progetti di efficienza energetica1; oppure

1 http://carbontrust.co.uk/resource/case_studies/case_studies.htm

il progetto ERE (Energy Resource Efficiency), promosso e finanziato da One

NorthEast, l’agenzia per lo sviluppo delle regioni dell’est dell’Inghilterra. In tale

progetto l’agenzia finanzia l’utilizzo da parte delle aziende energivore con sede

sul proprio territorio di consulenti accreditati presso l’agenzia stessa al fine di

portare avanti un’attività di formazione in primo luogo del middle management

ma, in generale, di tutti i dipendenti; tale formazione è dedicata alla

strutturazione di un sistema di gestione dell’energia spesso strutturata in

workshop cui vengono invitate le risorse dedicate e dove si valuta

attentamente, mediante anche l’utilizzo di questionari specifici quali siano le

pratiche di gestione correnti per poi individuare la direzione che possa portare

a dei benefici2.

Così una serie di interventi legislativi ha disciplinato anche: il mercato

dei titoli di efficienza energetica e dei meccanismi di incentivazione (dd. mm.

20 luglio 2004); la figura del energy manager; la costituzione di un fondo di

rotazione destinato alle ESCO (d.lgs. 115/2008).

I titoli di efficienza energetica, una sorta di certificati, sono venduti dai

distributori che, con i loro progetti, raggiungono un risparmio superiore ai

propri obiettivi annui, o dalle ESCO, che li hanno ottenuti mediante progetti

autonomi, e che, non avendo obblighi diretti di risparmio cui ottemperare,

hanno la possibilità di realizzare, attraverso la vendita dei titoli, dei profitti sul

mercato. Gli stessi titoli, poi, sono acquistati dai distributori che, con proprie

2 Mauro Roglieri, Angelo Peruzzi, Gestione strutturata dell’energia in azienda: un lavoro di

attività, realizzano un risparmio energetico inferiore a quello che dovrebbero

raggiungere.

Viene così, da un lato, incentivata la produzione di energia pulita e,

dall'altra, favorita la consapevolezza che non convertire le fonti di

approvvigionamento costituisce un costo.

Il ruolo della pubblica amministrazione si concretizza anche nel creare,

favorire e diffondere l'adozione e la diffusione delle "best practise" energetiche,

incoraggiando i dipendenti a mettere in comune e scambiare esperienze a

livello nazionale ed europeo, promuovere i risultati ottenuti e imparare dalle

esperienze degli altri.

Nell'ambito delle "best practise" si può catalogare sicuramente

l'applicazione del "Green Public Procurement" (GPP) ossia di quella politica

che, senza rinnegare la repressione del mancato rispetto dei limiti ambientali

imposti dalla legge, punti sulla prevenzione e sulla sollecitazione di condotte

virtuose su base volontaria, responsabile e consapevole per la quale la p.a., sia

nella veste di committente sia nella veste di utente, nella propria domanda di

beni stabilisce criteri di qualificazione ambientale ed energetica ed esprime, in

sede di gara per l'aggiudicazione di servizi, forniture e lavori pubblici, regole

capaci di orientare decisamente il mercato rafforzando anche la propensione

nella ricerca di nuove tecnologie, beni, processi produttivi innovativi, incidendo

squadra che dà ottimi risultati, in Ambiente e Sviluppo, n. 8-9/2010

in modo strutturale sulle azioni e le scelte degli operatori economici3.

Porre in essere il GPP vorrebbe dire quindi rivedere le procedure per

l'acquisto dei beni e servizi e per la realizzazione di opere non limitandosi a

tenere conto del loro costo monetario ma anche degli impatti ambientali che

questi possono generare nel corso del loro ciclo di vita.

A contribuire, poi, alla formazione di una sensibilità sul tema energetico

è anche l’introduzione della figura del cd. Energy Manager, dipendente o

consulente esterno che, come detto, all'interno di soggetti caratterizzati da

consumi rilevanti ha il compito di provvedere alla raccolta e all'analisi dei dati

sui consumi energetici, alla predisposizione di bilanci energetici e, in generale,

alla promozione dell'uso efficiente dell’energia nella propria struttura.

Non sempre, tuttavia, all'interno di dette strutture sussistono indicatori

di efficienza della trasformazione delle fonti e, conseguentemente, occorre

creare una contabilità energetica ed industriale dell'intera impresa al fine di

consentire all'Energy Manager di inserirsi nel dialogo tra chi produce energia ed

i vertici dell'impresa per cui opera.

L’evoluzione dell’Energy Manager, specie nelle pubbliche

amministrazioni, è l’Ufficio Energia le cui funzioni (controllo degli impianti per

3 In attuazione del "libro verde degli appalti pubblici nell'Unione Europea del 1996" e di una

serie di innovative norme del codice dei contratti pubblici (art. 2 co 2 che prevede che il principio di economicità possa essere subordinato ai criteri indicati nel bando non chè alla promozione dello sviluppo sostenibile; art. 69 che prevede particolari modalità di esecuzione attinenti ad esigenze ambientali ossia obblighi circa il consumo dell'energia; art. 83 che prevede criteri di valutazione dell'offerta quali il contenimento dei consumi energetici dell'opera o del prodotto).

es.) sono spesso implementate dalle legislazioni locali.

Sebbene la nomina di un Energy Manager segni sicuramente un passo

avanti nella sensibilizzazione verso un uso razionale dell'energia è necessario

tenere presente i limiti di un approccio che assegna ad un unico soggetto

l'intera responsabilità della politica energetica laddove in una struttura ad alta

intensità energetica sono molte le funzioni che hanno a che fare con l'energia.

E' intuitivo, infatti, rilevare che dato il livello di diffusione delle

responsabilità non sia corretto applicare un modello di gestione concentrato in

un'unica funzione o persona ma sia necessario definire un meccanismo che

distribuisca ruoli e responsabilità e ottimizzi l'interazioni di tutte le risorse

coinvolte. In tal senso molti paesi si sono dotati di specifici standard nazionali

per la gestione dell'energia (MSE 2000:2005 negli USA, EN 16001 in Europa).

Come detto, il fine cui tende il ruolo esemplare dello Stato può essere

perseguito anche attraverso livelli decisionali diversi dal livello di governo

nazionale.

Può, infatti, accadere che parte attiva nella politica energetica sia svolta,

quasi paradossalmente, da organizzazioni e gruppi sociali che, anziché subire

passivamente la normativa in materia di sostenibilità ambientale, si fanno essi

stessi promotori di scelte di politica ambientale, persino assumendo un ruolo di

stimolo nei confronti del legislatore spesso condizionato da vincoli finanziari e

sul quale possono pesare anche pressioni lobbistiche diversamente orientate.

La consapevolezza della contingente situazione di criticità energetico-

ambientale deve stimolare le amministrazioni locali più accorte ad investire in

sostenibilità, avviando in tal modo un processo i cui frutti sono tanto più

apprezzabili quanto più sono in grado di travalicare lo stretto ambito

territoriale di competenza.

La disseminazione di buone pratiche, infatti, ben si presta a divenire

elemento di benchmarking stimolando comportamenti emulativi presso altre

realtà così da innescare un salutare effetto moltiplicatore.

Su questa idea poggia il progetto della Commissione Europea cd.

"Patto dei Sindaci" (Covenant of Mayors) che, come tutti i progetti in tema di

riqualificazione energetica, senza prescindere da una preliminare ricognizione

di una "baseline", intesa come un inventario delle emissioni da cui prendere le

mosse, si caratterizza per il coinvolgimento della società civile sul territorio per

promuovere un utile confronto con gli altri soggetti da coinvolgere al fine di

influenzare gli schemi di consumo energetico.

Come detto, peraltro, la stessa partecipazione delle amministrazioni

locali a questa iniziativa consente di richiamare alle loro responsabilità i soggetti

privati e pubblici, detentori di "leve" determinanti per l'orientamento in chiave

sostenibile dello sviluppo del territorio governato (ad es. le banche) e di

innescare nuove opportunità di sviluppo locale.

È ovvio che i processi di riqualificazione energetica e di gestione

strutturata dell’energia promossi dalle amministrazioni pubbliche non saranno

rapidi in quanto evidentemente comportano un cambio di mentalità, ed

importeranno sicuramente di sostenere delle spese ingenti di investimento; in

tale prospettiva le istituzioni possono dare un supporto molto importante

sostenendo i costi iniziali per avviare tale processo all’interno delle imprese

private.

3. LA REALIZZAZIONE DI INTERVENTI IN MATERIA DI

RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA: IL PROBLEMA

DEGLI INVESTIMENTI

Molteplici sono gli interventi di riqualificazione energetica, tuttavia,

anche quelli che potrebbero sembrare a prima vista "a costo zero" (creazione di

un mercato dei titoli di efficienza energetica, nomina dell'Energy Manager)

nascondono dei costi di attivazione, in termini di impiego di risorse e di

adeguamento del sistema, che necessariamente debbono essere sostenuti.

In vista di uno sviluppo ecosostenibile, è da considerare, poi, che gli

interventi comportano degli investimenti programmati ed a lungo termine. Ciò

vale anche per gli investimenti privati. Solo così, infatti, gli operatori privati

possono valutare la loro convenienza economica di avviare nuove iniziative ed

i cittadini possono essere coinvolti nel cambiamento dei "tradizionali" modelli

di consumo.

Così possono essere installati impianti di cogenerazione, a biomasse, di

teleriscaldamento e teleraffreddamento, centrali geotermiche ed impianti di

geotermia a bassa entalpia, parchi fotovoltaici e parchi eolici.

Possono essere effettuati interventi sull'involucro edilizio degli edifici

che migliorino la "tenuta" dell'isolamento delle pareti e del tetto, installati

impianti a pannelli solari termici, valvole termostatiche per termosifoni, pompe

di calore, sistemi di protezione solare, elettrodomestici ad alta efficienza.

È evidente che siffatta normativa, tuttavia, imponendo obblighi e

divieti, costituisce una limitazione all'agire delle amministrazioni pubbliche.

Diversa, tuttavia, è l'ampiezza delle interferenze che tale normativa

implica nei confronti delle amministrazioni pubbliche.

Si va, infatti, dall'impossibilità di acquistare determinati beni o beni con

determinate caratteristiche all'esigenza di tener in conto di acquistare un

immobile piuttosto che un altro immobile perché il primo e non il secondo è

munito di una soddisfacente certificazione energetica; all'obbligo di finanziare

lavori per la produzione di energia; all'obbligo di conseguire un risparmio dei

costi delle utenze elettriche.

Ciò deriva dal fatto che le amministrazioni pubbliche, nello svolgere

l'attività amministrativa, sono vincolate al rispetto del principio di legalità.

In base al principio di legalità la pubblica amministrazione deve

perseguire le finalità individuate dalla legge e conformare la propria azione al

dettato della Costituzione e, per espressa previsione delle norme costituzionali,

al dettato della legge.

Esso si esprime anche nella definizione delle modalità di esplicazione

dell'azione dell'amministrazione.

Altri principi costituzionali in materia di amministrazione pubblica

sono sanciti all'art. 97 della Costituzione che dispone che “i pubblici uffici sono

organizzati secondo le disposizioni di legge in modo che siano assicurati il buon andamento e

l'imparzialità dell'amministrazione”.

Dall'obbligo di perseguire il buon andamento dei pubblici uffici deriva

che l'azione amministrativa si deve conformare ai criteri di economicità,

efficienza ed efficacia.

L’efficienza della pubblica amministrazione è determinata dalla capacità

di conseguire i risultati più soddisfacenti con il minor apporto possibile di

risorse.

L’efficacia dell’azione amministrativa concerne, invece, la capacità di

conseguire gli obiettivi che si erano preventivamente fissati.

Il principio di legalità viene inteso anche nella accezione di non

contraddizione degli atti amministrativi rispetto ai principi posti dalle norme

costituzionali e dalle norme di legge.

L'amministrazione pertanto può agire nelle ipotesi e entro i limiti fissati

dalla legge che attribuisce il relativo potere (cd. conformità formale) ma anche

in conformità della disciplina sostanziale posta dalla legge la quale incide,

peraltro, anche sulle modalità concrete di esercizio del potere (cd. conformità

sostanziale).

Oltre tali principi generali, è possibile rinvenire in Costituzione, all'art.

81, delle norme costituzionali specifiche in materia di bilancio. Tale previsione,

in particolare, al comma quarto sancisce “ogni altra legge che importi nuove o maggiori

spese deve indicare i mezzi per farvi fronte”4.

In recepimento di obblighi comunitari è il Patto di Stabilità e Crescita

che fu approvato nel 1997, ma entrò in vigore soltanto nel 1999. Fu

sottoscritto dai Paesi aderenti all'Unione Europea per impegnare i Paesi

aderenti a una politica fiscale rigorosa anche successivamente alla nascita

dell'Euro.

Il PSC segue il trattato di Maastricht del 1992 che aveva stabilito criteri

di convergenza per i Paesi che aspiravano ad accedere all'Unione Monetaria

Europea ma che presentavano ampie differenze sotto il profilo

macroeconomico in due indicatori in particolare, inflazione e disavanzi

pubblici.

4 A tal proposito è interessante segnalare una pronuncia del Consiglio di Stato (Cons.

Stato Sez. V, 10-07-2000, n. 3852) capace di riassumere gli obblighi dell’amministrazione di rispettare il principio di legalità e buon andamento in tema di vincoli di bilancio e particolarmente in relazione all'obbligo di copertura finanziaria di ciascuna spesa: “La previsione della copertura finanziaria di provvedimenti amministrativi, che comportano spese per la p.a. che li emana, risponde a principi generali di buon andamento dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.) e di sana finanza pubblica (http://bd05.leggiditalia.it/cgi-bin/FulShow?TIPO=5&NOTXT=1&KEY=05AC00009854&art. 81 Cost.) ; in materia di contabilità pubblica vigono principi, per le spese degli enti locali, dall'obbligo di copertura degli atti di spesa (art. 224, t.u. com. e prov. 1934), a sua volta ribadito da quello di registrazione del relativo impegno di spesa (art. 327, t.u. com. e prov. 1934) previo accertamento della disponibilità del fondo sul capitolo di bilancio). Posti tali principi ne consegue che “Pertanto, è illegittimo il ricorso all'accensione d'un mutuo da parte di un Comune per finanziare la spesa relativa al pagamento della prestazione resagli da un professionista esterno, posto che tale comportamento non risponde ai predetti principi, se non è debitamente accompagnato da una circostanziata valutazione, contestuale all'atto di spesa, in ordine all'effettiva attendibilità della previsione circa la contrazione del mutuo, nonché alla possibilità

I criteri stabiliti riguardavano: la stabilità del tasso di cambio, la

convergenza dei tassi di interesse a lungo termine, del tasso di inflazione e di

due indicatori di finanza pubblica (rapporti deficit/PIL e debito

pubblico/PIL).

Il deficit e il debito pubblico non potevano eccedere rispettivamente il

3 % e il 60 % del PIL.

IL PSC riprende alcune norme del Trattato di Maastricht, ma dispone

un sistema di sanzioni e procedure in caso di infrazione5.

Volendosi spingere oltre la presenza di tali vincoli, che come detto

sono imposti per legge, se da un lato la presenza di tali vincoli circoscrive

l’operato delle amministrazioni pubbliche relativamente al fine da perseguire:

“si è così ritenuto che il legislatore [omissis] possa stabilire solo un limite complessivo che lasci

agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse tra i diversi ambiti e obiettivi di spesa

(sentenze n. 417 del 2005 e n. 36 del 2004)” Corte Cost n. 237/ 2009, dall’altro la

della p.a. di far fronte dalle spese per l'ammortamento di quest'ultimo”.. Cons. Stato Sez. V, 10-07-2000, n. 3852. Com. Beinasco c. Reg. Piemonte.

5 In particolare: 1) i paesi membri devono avere in media un bilancio pubblico in pareggio, ma nei periodi di recessione è concesso un deficit comunque non superiore al 3 % del PIL. Sono comunque ammesse eccezioni nel caso di una gravissima recessione come una caduta del PIL in un solo anno superiore al 2 %. 2) i paesi che presentano un deficit eccessivo (oltre il 3 %) sono oggetto prima di una raccomandazione da parte dell'ECOFIN e sono obbligati a intraprendere le misure necessarie per correggere tale situazione nel minore tempo possibile. 3) nel caso le misure intraprese siano insufficienti, l'ECOFIN irroga delle sanzioni che prenderanno forma di un deposito non remunerato pari allo 0,2 % del PIL più lo 0,1 % per ogni punto percentuale in eccesso rispetto al 3 % fino ad un massimo dello 0,5 % del PIL. 4) se entro due anni non sono state effettuate correzioni, tale deposito diventa una multa i cui proventi vengono distribuiti tra tutti gli Stati membri. Il deposito viene restituito se il rapporto deficit/PIL rientra al di sotto del 3 %. 5) permane inoltre il limite del debito pubblico rispetto al PIL pari a 60 %, obiettivo verso cui i Paesi che sforano questo indice devono convergere attraverso politiche fiscali idonee.

fissazione di tali vincoli lascia un margine di operatività alle stesse al fine di

realizzare le politiche cui sono preordinate.

È evidente che posti tali vincoli, la libertà d’agire residua non tanto

sugli obiettivi sostanziali perseguiti dalle amministrazioni, quanto sugli

strumenti che vengono adoperati per il conseguimento degli obiettivi:. “Qualora

la legge statale, invece, vincolasse [gli enti] all’adozione di misure analitiche e di dettaglio,

essa verrebbe a comprimere illegittimamente la loro autonomia finanziaria, esorbitando dal

compito di formulare i soli principi fondamentali della materia (sentenza n. 159 del 2008).”

(Corte Cost. n. 237/ 2009).

Il corretto modus operandi delle amministrazioni pubbliche è, infatti,

quello di massimizzare l’efficacia dell’azione amministrativa in riferimento alle

possibilità di impiego di risorse e, quindi, entro i limiti di spesa prefissati. È

necessario, pertanto, che tra le opzioni teoricamente attuabili per perseguire lo

scopo dell’amministrazione venga preferita quella maggiormente efficace.

Posto infatti che l’obiettivo dell’amministrazione è, per legge,

prefissato; a parità di risorse utilizzabili l’amministrazione risulterà più diligente

e, quindi, anche più apprezzata laddove sia in grado di calibrare correttamente

la scelta degli strumenti all’interno del proprio ambito di autonomia.

L’ordinamento lascia all’amministrazione un più o meno ampio potere

di autodeterminazione onde assicurare nei limiti del possibile la miglior cura

dell’interesse pubblico primario.

Nell’ambito di tale margine il titolare del potere è tenuto a compiere

una accurata ricerca, una valutazione ed una comparazione di tutti gli interessi

pubblici secondari e degli interessi privati che ritenga possano essere coinvolti

dalla emanazione del provvedimento amministrativo.

È solo dopo il compimento di queste operazioni che il soggetto potrà

compiere una scelta consapevole in grado di assicurare il miglior

soddisfacimento possibile dell’interesse pubblico primario con il minor

sacrificio possibile degli altri interessi pubblici e privati destinati ad essere

colpiti dall’emanando provvedimento.

Ciò peraltro eviterà agli stessi amministratori di incorrere in ipotesi di

responsabilità amministrativo-contabile. È giurisprudenza ormai costante

infatti che “L’equilibrio dei bilanci, la sana e corretta gestione delle risorse pubbliche sono

un “valore” costituzionale e, come tale, deve essere difeso sanzionando e perseguendo tutti quei

comportamenti che, eccedendo il mero scostamento e (responsabilità) formale generino una

turbativa che si traduca per lo meno in un reale e concreto disservizio” (Corte dei Conti

sez. giurisdizionale, Lazio n. 1519 del 14/07/2010)6.

Dal principio di legalità deriva anche che le amministrazioni pubbliche

debbono seguire un iter amministrativo ben preciso quando effettuano delle

spese.

Sono infatti vincolate, come detto, al rispetto del bilancio di previsione

che definisce le competenze relative all'esercizio. In particolare oltre le entrate,

6 Rassegna di giurisprudenza della sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, 3/

2010.

il bilancio definisce le spese autorizzate per provvedere ai pubblici servizi ed

agli obblighi dello stato.

La disciplina è fissata dal R.D. n. 2440/1923 Legge di Contabilità dello

Stato e dalla R.D. n. 827/1924 Regolamento di Contabilità dello Stato.

Per spese, infatti, si intendono le spese di qualsiasi specie necessarie per

il funzionamento dei servizi pubblici che dipendono da amministrazioni dello

Stato previste da leggi, decreti, regolamenti ed altri atti alle quali si deve

provvedere a carico dello Stato.

Si tratta di spese permanenti, spese in conto capitale, spese derivanti da

contratti che prevedono oneri continuativi, per contratti di fornitura, per

stipendi e pensioni, spese di giustizia7.

Posto tale quadro, è indubbio che l’attuazione degli obblighi di

riqualificazione energetica e gli obblighi di rispetto dei vincoli di bilancio pone

evidentemente una criticità.

Infatti i “soggetti che gestiscono la cosa pubblica … debbono conformare il proprio

agire amministrativo al più aderente rispetto dei vincoli che gli atti normativi pongono in

7 L'iter previsto al fine di effettuare una spesa pubblica prevede fasi successive:

impegno, liquidazione, titoli di spesa, ordinazione. L'impegno consiste nell'accantonamento in bilancio, entro i limiti del fondo previsto in bilancio, delle somme occorrenti per determinate spese o determinati pagamenti; ciò comporta l’indisponibilità di tali somme per fini diversi da quelli prestabiliti, cioè l’effetto di imporre il vincolo di destinazione sulla somma. La liquidazione è la determinazione dell’esatto ammontare della spesa o del debito con contestuale individuazione dell’esatto creditore. Il titolo di spesa consiste nell' ordinativo o mandato diretto, assegno, ordine di accreditamento con cui si provvede alla spesa. L’ordinazione è l’emissione del titolo di spesa per il pagamento di una somma di denaro nei confronti dei creditori.

materia di assunzioni di spesa” (C. Conti Toscana Sez. giurisdiz., 27 maggio 1999, n.

569).

Tuttavia il quadro sopra delineato prevede, da un lato, gli obblighi di

riqualificazione energetica del patrimonio pubblico, e, dall’altro, l’obbligo di

rispettare i vincoli di bilancio.

È evidente che, al fine di assolvere i primi, è necessario l’impiego di

ingenti risorse e che l’impiego di ingenti risorse è raramente possibile alle

amministrazioni pubbliche a meno di non perseguire politiche di spesa in

contrasto con i vincoli di bilancio.

4. LE NUOVE FORME CONTRATTUALI DEL COMPARTO

ENERGETICO

Occorre allora riuscire a trovare un contemperamento all' "antinomia"

normativa tra l'obbligo di riqualificazione energetica ed il rispetto dei vincoli

alla spesa.

In tale panorama è necessario fare riferimento alle ESCO ed all’EPC.

È forse possibile rintracciare le risorse per sostenere gli investimenti

necessari alla riqualificazione energetica reperendole nel risparmio che

consegue alla maggiore efficienza energetica.

I maggiori costi per l’implementazione dell'energia da fonti rinnovabili

possono, cioè, trovare la necessaria copertura nel risparmio energetico, e quindi

economico, e nell'efficienza.

Figura chiave in tale ruolo sono le ESCO (Energy Service Company)

ovvero soggetti, detti anche fornitori (imprese private, agenzie energetiche

pubbliche, società miste), che si caratterizzano per la forte innovatività

tecnologica dei servizi offerti.

Per costituirsi come ESCO è necessario solo che nell’oggetto sociale sia

specificato il ruolo di operatore nel settore dei servizi energetici integrati.

Le ESCO8 provvedono a realizzare ristrutturazioni finalizzate ad

accrescere l'efficienza energetica degli impianti e, quindi, a ridurre il consumo

di energia a parità di servizi.

Le ESCO sono nate negli Stati Uniti verso la fine degli anni settanta a

seguito della crisi energetica che aveva provocato bruschi aumenti del prezzo

dell’energia.

Fu allora che alcuni produttori di sistemi di controllo e di regolazione

energetica, alcune società di consulenza energetica e i dipartimenti tecnici dei

grandi distributori di energia identificarono una nuova modalità per vendere le

soluzioni tecnologiche da loro sviluppate, e cioè finanziandole direttamente. Il

meccanismo ebbe successo e la domanda di questo tipo di soluzione aumentò

progressivamente portando alla nascita di società autonome e dedicate.

Le esigenze che possono portare un cliente a rivolgersi ad una ESCO

8 In termini generali per una ricostruzione dell’attività svolta da una ESCO:

Chieregato, Le ESCO e il mercato dell’efficienza energetica, Padova 2008; Grippo, Manca, Manuale breve di diritto dell’energia, Padova 2008; AA.VV. ESCO : guida per il recupero di efficienza energetica ed ambientale, Palermo 2008.

ed a stipulare un contratto di servizi energetici sono la mancanza di adeguate

esperienze e competenze in materia e la mancanza di fondi per la realizzazione

di un piano di intervento.

A tali esigenze l’ESCO risponde con l'offerta di contratti a prestazioni

garantite; la possibilità di finanziamenti tramite terzi; l'approccio integrato che

consideri le varie opzioni tecnologiche applicabili che consentono di ottenere

migliori risultati in termini di efficienza energetica.

In Italia il primo riconoscimento ufficiale avviene con il D.M.20 luglio

2004, nelle cui Linee Guida si legge che le ESCO sono le “società, comprese le

imprese artigiane e le loro forme consortili, che […] hanno come oggetto sociale, anche non

esclusivo, l’offerta dei servizi integrati per la realizzazione e l’eventuale successiva gestione di

interventi per la riduzione dei consumi energetici”.

Il DM 30 maggio 2008 specifica, poi, che le ESCO sono una “persona

fisica o giuridica che fornisce servizi energetici, ovvero altre misure di miglioramento

dell’efficienza energetica nelle installazioni o nei locali dell’utente e, ciò facendo, accetta un

certo margine di rischio finanziario. Il pagamento dei servizi forniti si basa, totalmente o

parzialmente, sul miglioramento dell’efficienza energetica conseguito e sul raggiungimento degli

altri criteri di rendimento stabiliti”.

Il rapporto che lega il fornitore (ESCO) ed il beneficiario è il contratto

di rendimento energetico (EPC ossia Energy Performance Contract), delineato nei

suoi tratti essenziali dal d.lgs. 115/2008.

L’ EPC è il contratto con il quale un soggetto “fornitore”

(normalmente una ESCO) si obbliga al compimento - con propri mezzi

finanziari o con mezzi finanziari di terzi soggetti - di una serie di servizi e di

interventi integrati volti alla riqualificazione e al miglioramento dell’efficienza di

un sistema energetico (un impianto o un edificio) di proprietà di altro soggetto

(beneficiario), verso un corrispettivo correlato all’entità dei risparmi energetici

(preventivamente individuati in fase di analisi di fattibilità) ottenuti in esito

all’efficientamento del sistema9.

Il finanziamento, come detto, può essere interno o esterno. Il

finanziamento esterno, oltre i casi di leasing o project financing, consiste in forme

di prestito bancario che facilitano l’ingresso nel mercato anche ad ESCO con

ridotta liquidità e consente a quest’ultime di partecipare al rischio finanziario

dei progetti cui si trovano coinvolte.

Il finanziamento interno, invece, può essere rappresentato da un venture

capital ossia dall’apporto di capitale da parte di un investitore fortemente

orientato al rischio per finanziare l’avvio o la crescita di operatori in settori che

presentano notevoli potenziali di sviluppo.

La ESCO provvede, pertanto, alla progettazione, ristrutturazione,

gestione e manutenzione di un sistema energetico di proprietà del beneficiario

ricevendo un corrispettivo pari al costo della utenza elettrica per un lasso di

tempo predeterminato, al termine del quale la stessa ESCO sarà rientrata delle

9http://www.treccani.it/Portale/sito/diritto/approfondimenti/1_Piselli_rendimento

_energetico.html

spese sostenute ed avrà realizzato un utile per effetto dell'accresciuta efficienza

energetica dell'impianto ristrutturato.

Per converso la beneficiaria, al termine dell'operazione, avrà rinnovato

ed adeguato il proprio impianto energetico alla normativa esistente, senza aver

effettuato un esborso superiore al costo della semplice utenza elettrica.

A fronte, pertanto del costo della bolletta energetica, o di una sua

percentuale10, l'ESCO realizza l’intervento ed il proprio profitto lucrando sul

risparmio energetico e quindi economico derivante dall'accresciuta efficienza

realizzata in conseguenza della ristrutturazione dell'impianto energetico (first

out)11.

Ossia, fatta una bolletta di 100 all'anno per 5 anni (500 oppure 500-

X%), il guadagno della ESCO consiste nella differenza tra quanto la

beneficiaria avrebbe speso se non ci fosse stato l'efficientamento (500) e

quanto, grazie all'impianto ristrutturato, la beneficiaria in concreto consuma

(Y).

La differenza tra 500 ed Y rappresenta il guadagno dell’ESCO.

10 Tra breve vedremo il perché. 11 In alternativa al finanziamento operato per intero dall’ESCO è possibile prevedere

che l’ESCO finanzi per quota parte la riqualificazione e condivida i risparmi ottenuti dal cliente in base a quanto hanno investito per un periodo fissato, in questo modosi ha risultato variabile per entrambi (shared saving); oppure che il finanziamento sia coperto interamente dal cliente e la ESCO garantisca un minimo di risparmio energetico e assuma la responsabilità per il mancato risparmio, in questo modo, per il periodo previsto vengono corrisposte all’ESCO rate prefissate di pagamento in modo da garantire al cliente rbenefici certi mentre i ricavi dell’ESCO sono variabili (guaranteed saving) .

Per X% si intende l'ulteriore incentivo offerto al beneficiario che

consente a chi stipula un EPC di realizzare, fin da subito, una riduzione delle

spese fisse.

Ulteriore margine di guadagno realizzato dall'ESCO, infine, è

rappresentato dall'assegnazione e successiva rivendita dei titoli di efficienza

energetica rilasciati dal GSE e conseguiti per la realizzazione dei progetti di

riqualificazione energetica.

La consapevolezza dell'importanza del ruolo dell’ESCO si acquisisce

allorchè si comprenda che esse garantiscono che il progetto di efficientamento

sia positivo attraverso lo studio del miglior compromesso tra produttività e

costo per tutta la durata del contratto; offrono un servizio che esonera l'utente

dalla gestione degli impianti; offrono finanziamenti dell'intervento in quota da

stabilire secondo il contratto; offrono competenza tecnologica specifica sugli

impianti energetici; offrono garanzia di risultati12, oltre ad una maggiore

stabilità nel tempo del costo dell'energia.

A fronte di tali vantaggi, tuttavia, l’intervento delle ESCO,

comportando la realizzazione di opere complesse e costose, necessita spesso

dell'impiego di notevoli capitali di start up.

In linea di massima è lo stesso fornitore ad avere un interlocutore

bancario privilegiato, riuscendo così a garantire al suo cliente la soluzione

12 Piselli e Capuzza, Rivista trimestrale e degli appalti, n. 2/2009, pag 365-389

completa del problema sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista

finanziario.

L’art. 9 del d.lgs. 115/2008 prevede, come detto, un fondo di rotazione

destinato alle ESCO con lo scopo di promuovere e sostenere la realizzazione,

tramite queste stesse società di servizi energetici e di misure atte a realizzare un

significativo incremento dell’efficienza energetica.

4. CONCLUSIONI

Orbene, poste le coordinate del contratto di rendimento energetico, è

necessario effettuare alcune riflessioni nel caso in cui sia una P.A. a stipularlo.

Come detto le pubbliche amministrazioni sottostanno ad una

programmazione economico-finanziaria che mira al contenimento delle spese

attraverso una catalogazione delle stesse.

È infatti necessario, innanzitutto, tener presente come le spese non

possono ritenersi tutte uguali. Non possono essere messe sullo stesso piano, ad

esempio, le spese che le amministrazioni pubbliche sono tenute periodicamente

a sostenere con le spese effettuate una tantum.

Le prime sono spese di parte corrente, tra le seconde, invece, vi sono

sicuramente le spese in conto capitale ossia gli investimenti.

Così ugualmente la spesa per la bolletta energetica costituisce una spesa

di parte corrente, mentre le spese per la ristrutturazione degli impianti

energetici costituiscono spese in conto capitale.

Quid iuris riguardo alle spese derivanti dalla stipula di un EPC, ossia di

quel contratto che remunera sia la bolletta energetica sia la ristrutturazione

dell’impianto e lega al risparmio energetico il corrispettivo del fornitore? Si

tratta di spese correnti in quanto necessarie per soddisfare il fabbisogno

energetico oppure di spese in conto capitale in quanto arricchiscono la

patrimonializzazione del cliente rappresentando delle spese per investimenti ?

Influisce nella classificazione il considerare che tali spese sono

effettuate per assolvere obblighi di legge?

È evidente che la risposta a questo quesito comporterà delle

conseguenze oltre che ai fini di imputazione delle spese nel bilancio ed ai

rispettivi appostamenti13 anche relativamente al rispetto o meno del Patto di

Stabilità.

È possibile, in forza delle caratteristiche di tale contratto, imputare, in

base ai vincoli che derivano dal Patto di Stabilità, i costi dell’EPC

indifferentemente ai capitoli di parte corrente o ai capitoli in conto capitale?

Orbene a tal proposito occorre precisare che l’entità delle spese che un

ente può prevedere di compiere dipendono dal rispetto o meno dei parametri

del Patto di Stabilità.

Infatti se l’ente è virtuoso può ridurre l’obiettivo del patto di stabilità

diminuendo i vincoli e aumentando le spese correnti.

Se l’ente non è virtuoso, invece, non può impegnare spese correnti in

misura superiore ai corrispondenti impegni effettuati negli ultimi anni e non

può ricorrere all'indebitamento per gli investimenti.

Tuttavia rispettato o meno che sia il Patto di Stabilità ci si trova di

fronte ad un bilancio spesso incapace di sostenere investimenti e in alcuni casi

anche di sostenere le spese correnti i cui capitoli di bilancio, pur finanziati

prioritariamente, a volte sono tragicamente incapienti.

13 A tal proposito anche la giurisprudenza costituzionale non ha potuto che prendere

atto della differenza tra spesa in conto capitale e spese di parte corrente e riguardo i vincoli imposti dalle legge “ha osservato che la finalità di contenimento della spesa pubblica corrente deve essere ritenuta espressione della finalità di coordinamento finanziario (sentenze n. 4 del 2004 e n. 417 del 2005)” Corte Cost n. 237/ 2009.

Orbene, se le risorse disponibili nel capitolo di bilancio destinato alle

spese di parte corrente relative alla bolletta energetica vengono impiegate quale

corrispettivo di un EPC, l’amministrazione consegue un notevole vantaggio.

A fronte infatti di tale spesa l’amministrazione pubblica conseguirà il

duplice obiettivo di effettuare non solo il pagamento delle spese fisse

energetiche ma anche l’adeguamento alla normativa in materia di efficienza

energetica che altrimenti eseguita comporterebbe l’impiego di ulteriori risorse.

È evidente come in siffatto modo la P.A. assolva in maniera ottimale gli

obblighi di buon funzionamento, attraverso la corretta applicazione del criterio

dell’efficienza dell’azione amministrativa, rispettando i vincoli di bilancio

impostigli dal legislatore.

Allo stato attuale l’EPC può rappresentare una soluzione ai problemi di

finanziamento alla spesa pubblica. Ciò tuttavia deve essere vagliato alla luce dei

meccanismi del Patto di Stabilità e dei limiti che questo pone alla spesa intesa

come spesa corrente e come spesa per investimenti.

Il meccanismo del Patto di Stabilità, infatti, distinguendo tra spesa

corrente e spesa per investimenti, modula i relativi limiti al bilancio in base al

rispetto dei parametri di spesa effettuati nei periodi precedenti.

Il Patto di Stabilità stabilisce, poi, il principio di far prevalere come

fonte di spesa per finanziare le spese in conto capitale i trasferimenti dallo

Stato o dall’U. E., le alienazioni e la limitazione del ricorso all’indebitamento.

Tuttavia ad oggi il raggiungimento degli obiettivi del Patto sul lato della

competenza continua a derivare prevalentemente dal contenimento della spesa

in conto capitale, sia perché questa rappresenta un aggregato più significativo,

sia perché, come è noto, la spesa per investimenti si presta maggiormente ad

essere rimodulata rispetto alla spesa corrente che ha un maggiore carattere di

rigidità.

Posto ciò e considerato che l’EPC sembra permettere - a legislazione

ferma - di imputare le relative spese indifferentemente alla parte corrente od

alla parte in conto capitale del bilancio, alle pubbliche amministrazioni

evidentemente è possibile operare sul “fronte energetico” - e quindi finanziare

la stipula di un EPC - mediante l’implementazione, a secondo dei vincoli che

anno per anno il Patto di Stabilità imporrà, dei capitoli della spesa corrente o

della spesa in conto capitale.

In tal modo l’amministrazione avrà assolto in maniera soddisfacente gli

obblighi di riqualificazione energetica e di rispetto del bilancio.

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o+sanzionando+e+perseguendo+tutti+quei+comportamenti+che,+eccedendo+il+mero+scostamento+e+(responsabilit%C3%A0)+formale+generino+una+turbativa+che+si+trraduca+per+lo+meno+in+un+reale+e+concreto+disservizio&hl=it&gl=it&pid=bl&srcid=ADGEESj36TNivDzi2nzgXDyx2GTyH_QQcDECGMxc2Sc6i4XKf0_ja6U8Amw3yVlegECCQkf4ONZT2cLl7HqD1d0QyB04S7baDC7JdpKGVgQnKL2DNwZFLzH_2nydx82aC7CJ92xBRsmO&sig=AHIEtbRyC2VKQVQFwb8MnoCf6wD-FSDrRg

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