12 Mesi - BERGAMO - Marzo 2013

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DIrEttOrE rESpOnSaBIlEGIORGIO [email protected] CARÈGIUSEPPE RUGGIERI

EDItOrEEDIZIONI 12 SRLrEDazIOnEVIA PAGLIA, 26 - 24122 BERGAMOTEL. [email protected] LEGALE: BRESCIAVIALE DUCA DEGLI ABRUZZI, 163

rEgIStrazIOnETRIBUNALE DI BERGAMO N. 10/12 DEL 16/03/2012

IMpagInazIOnESALE’S SOLUTIONS SRL

StaMpaSTILGRAF . BRESCIA . ITALIA

FOtOgraFIEARCHIVIO SALE’S SOLUTIONS, UMBERTO FAVRETTO AGENZIA REPORTER, ROLANDO GIAMBELLI IL FOTOGRAMMA, PATRICK MERIGHI BRESCIA IN VETRINA, CRISTINA MININI

pUBBlICItÀVIA PAGLIA, 26 - 24122 BERGAMOTEL. [email protected]: [email protected]

VIA PAGLIA, 26 24122 BERGAMO. ITALIATEL. [email protected]

HannO COllaBOratOSILVIO BETTINI, DONATELLA CARÈ, ALESSANDRO CHEULA, MARCO CIMMINO, MARIO CONSERVA, LAURA DI TEODORO, GIOVANNA DOLCI, FULVIO FACCI, BRUNO FORZA, LORENZO FRIZZA, ROBERTO GIULIETTI, LAURA BERNARDI LOCATELLI, SARA NORIS, ANTONIO PANIGALLI, LELIA PARISI, MASSIMO ROSSI, GIUSEPPE RUGGIERI, ROSANNA SCARDI, DANIELE SELINI, GIORDANA TALAMONA, DONATELLA TIRABOSCHI, ALESSANDRA TONIZZO.

DODICIMESI12/

12DODICIMESI MEnSIlE DI attUalItÀ ECOnOMIa InCHIEStE OpInIOnI E CUltUra Da BErgaMO E Dal MOnDO

DODICIMESI12/sommario

L’EDITORIALEPRODOTTO & MERCATOSTRATEGIA D’IMPRESABACHECAINSIDEPARETE NORD

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ruBriCHe

STRADE E QUARTIERI: MONTEROSSO,L’OASI VERDE CHE RISCHIA DI TRASFORMARSIIN UN GHETTOHINTERLAND: UN PAESE, TRE CAMPANILI,A SORISOLE L’INTEGRAZIONE FATICA A DECOLLARE

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TerriTorio

KRIZIA: “LA VERA ELEGANZA? È SENTIRSI SEMPRE A PROPRIO AGIO”ERNESTO GATTI: “ECCO GLI ERRORI DA EVITAREQUANDO SI CERCA UN LAVORO”ALDO COLONETTI: “SE CI FOSSE MARX SAPREBBE COSA DIRE AI NOSTRI POLITICI”CLAUDIO SOTTOCORNOLA: “INCAPACIIN INTERIORIZZARE, ECCO IL MALE DEI GIOVANI D’OGGI”

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Pensieri di

LA SCOMMESSA DELLA “BASSA”: AGRICOLTURA DI QUALITÀ E RISCOPERTA DEL TURISMO D’ARTE

P. 44La ProVinCia

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

IL LIBRO: LA COMPARSA, UN ROMANZO SULL’ITALIETTA CHE PREMIA I MEDIOCRIWHAT'S UP? BRUTTO MALEDUCATO!RUGBY, ANCHE A BERGAMO È BOOM

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aLTro

ITALIAN SOUNDING: SEMBRA BUONO, MA NON LO È

inCHiesTa P. 25

WI-FI: PICCOLE RETI CRESCONO,

MA NON TROPPO

inCHiesTa

P. 63

“CASE CHIUSE”PROBLEMA APERTO

inCHiesTa

P. 69

MarzO 2013nUMErO 2RIVISTA MENSILE € 2,50

aBBOnaMEntO annUalE € 30TRAMITE BONIFICO BANCARIO INDICANDO NELLA CAUSALE “ABBONAMENTO ANNUALE 12 MESI” E NOME DELL’ABBONATOIBAN: IT 07 R05116 11201 000000027529PER RICEVERE LA PUBBLICAZIONE, INSIEME AL BONIFICO SARÀ NECESSARIO INVIARE UNA MAIL ([email protected]) O UN FAX (AL N. 030.3758444) INDICANTE, OLTRE AL NOME DELL’ABBONATO, L’INDIRIZZO AL QUALE INVIARE LA RIVISTA E UN NUMERO DI TELEFONO

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EDItOrIalEL/

Il 25 febbraio, come quasi tutti gli italiani, ero immerso negli esiti delle elezioni, incollato alla tv. Nei commen-tatori percepivo un crescente aumento di tensione che si rifletteva anche sul mio inconscio. I risultati arrivavano a ondate e, tra una pausa e l’altra, ormai irrequieto, facevo disperatamente zapping anche su canali che non sapevo esistessero. Saltavo da una trasmissione di cucina per bambini chef prodigio, ad un’altra dove ti insegnano a spellare un porcospino, nel frequentissimo caso che ci si smarrisca nella giungla del Borneo. Tra un film sui gla-diatori e un bianco e nero francese, il tempo medio di per-manenza su un canale era di tre secondi cronometrati. Fui salvato da questa frenesia, nell’incocciare un programma, non saprei più dire su che canale, di mix di gag comiche dei mitici Totò e Peppino. Prima di tornare in crisi di asti-nenza di Vespa e Mentana, riuscii a vedere la scenetta in cui il principe De Curtis vendeva la fontana di Trevi per dieci milioni di lire ad un arricchito oriundo americano. Poi prevalse il thriller elettorale e ritornai a exit poll, in-stant poll e risultati. A notte fonda, spento lo schermo per sfinimento, andai a letto in cerca di un sonno ristoratore. Ma quella notte non sognai Bruno o Enrico, Gianfranco o Beppe e neanche Crozza, la Merkel o il circo delle mera-viglie. Nell’addormentarmi diventai Totò. Ero a Pompei e giravo tra le mirabili rovine alla ricerca di un pollo. Non di un volatile s’intende, ma di un riccone da spennare. Osservavo giapponesi occhialuti, olandesi sprezzanti e grassi, tedeschi che gettavano lattine di birra vuote oltre

le transenne delle domus crollate, ma niente da fare, nes-sun possibile affare in vista. Stavo per abbandonare quan-do fui abbordato da un uomo robusto, occhiali neri, barba e copricapo arabo kefiah che mi chiese quanto volevo per vendergli Pompei e qualche centinaio di ettari nei dintor-ni. Pensai: “qui la sola la prendo io” e sparai irridente: “un decimo del debito pubblico italiano”. Ma quello era l’emi-ro del Qatar, non un quaquaraqua qualunque, tolse dalla tunica un portafoglio di Prada, fece un assegno di 200 miliardi di euro tondi tondi, fece un leggero inchino per ringraziarmi, si voltò e, con un gesto della mano, diede il via ai lavori. Schiere di archeologi, restauratori e tecnici ristrutturarono le rovine, sorsero bellissimi resort inseriti nell’ambiente, allevamenti biologici di bufale diedero la-voro ai caseifici locali. La Qatar Airways attivò dei voli diretti da Singapore, Francoforte e New York su Fiumici-no e Capodichino. A Pompei i congressi internazionali e i pullman di turisti non si contarono più ed eravamo tutti felici e contenti. Il risveglio arrivò come un pugno nello stomaco. L’emiro del Qatar, quasi genio della lampada, era ritornato nel libro delle favole. Nella realtà, andando su Google quella mattina seppi che il mio uomo stava trat-tando, non con Totò, ma con l’Egitto, per gestire Luxor e le piramidi. Quella sera andai a dormire desiderando che il principe Antonio De Curtis, alias Totò, fosse ancora tra noi. Lui sì che sarebbe stato un grande primo ministro, altro che clown.

Totò, Peppino e l’emiro del Qatar

di GiORGiO COSTA

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Parla la stilista bergamasca

Mariuccia Mandelli, in arte Krizia: “Essere alla moda significa non tradire

la propria essenza e il proprio gusto”.

“La vera eLeganza?È sentirsi sempre a proprio agio”

Krizia, lei è un’affermata sti-lista, conosciuta in tutto il mondo, con radici nel mon-do. Qual è oggi il suo legame

con Bergamo ?“È la mia città, l’ho sempre amata mol-tissimo e ci ritorno sempre volentieri”.Quando è successo l’ultima volta? “Non ricordo con precisione, ma non molto tempo fa”.Che cosa in particolare la affascina?“Trovo che Città Alta sia sempre me-ravigliosa, un luogo curato, antico, ma al tempo stesso sempre nuovo. Si può sempre scoprire qualcosa camminando tra i vicoli”.Che cosa, invece, non le piace? “Di primo acchito sarei tentata di ri-spondere niente. Ripensandoci, dal momento che non ci vivo più, non saprei dire con esattezza che cosa funziona e che cosa no. Preferisco quindi astener-mi da una valutazione”. Un ricordo particolare? “Sono moltissimi e tutti molto belli, le-gati alla mia infanzia, alla mia famiglia e a mia sorella”.Che cosa la rende fiera di essere ber-gamasca?

“Il senso del dovere; credo che questo sia il tratto distintivo della nostra terra, il marchio dei bergamaschi nel mondo”.Se fosse il sindaco della città?“A Milano dicono ofelè fa ol tò mestè, quindi il primo cittadino lo lascio fare volentieri a Tentorio”.Bergamo è candidata a capitale euro-pea della cultura…“Anche la moda è e produce cultura, è una forma d’arte che arricchisce chi la fa e chi la indossa. Come l’arte, rende il mondo più bello”.Cosa è la moda?“Non si può dire la moda è… possiamo dire che la moda esiste e poi ognuno la personalizza come meglio crede”.Essere “alla moda” è solo un modo di dire? “No, significa essere se stessi, non tradi-re la propria essenza e il proprio gusto”.Gli stilisti che ammira di più? “Chanel e Armani”.Che cos’è l’eleganza?“Uno stato d’animo, principalmente… Sentirsi sempre a proprio agio”.Che cosa nota per prima cosa nell’ab-bigliamento di una donna?“Sarà per deformazione professionale, ma guardo subito se indossa un mio abi-to”.

Il suo dress code per tre occasioni: giornata di lavoro, cerimonia e serata importante?“Una giacca abbinata a un pantalone o ad un abito, arricchita da accessori im-portanti, bastano questi elementi per essere perfette in ogni occasione”.

Non avesse fatto la stilista cosa avreb-be fatto?“La maestra, i bambini sono incredibili. È un lavoro che dà gioia”.Il complimento più bello?“Quello che deve ancora arrivare. Non si può dar nulla per scontato nella vita come nel lavoro. Ogni giorno e ogni impresa devono essere forieri di nuovi stimoli”.La delusione più grande che ha mai provato? “Forse per alcuni miei collaboratori in cui credevo molto e che mi hanno tra-dita”.Un capo che avrebbe voluto disegnare lei? “Ogni stilista ha… appunto il suo stile inconfondibile, perché riflette la perso-nalità”.Tendenze per la prossima stagione? “Mi piace molto la pelle in tutti i suoi sviluppi”.Gli errori stilistici da evitare?

“Se si è in linea con se stessi non si sbaglia mai”.Che consigli darebbe a una ragazza che punta a diventare stilista? “Perché dovrebbe trattarsi di una ra-gazza? Perché non un ragazzo?”.I must have irrinunciabili del guar-daroba di ogni donna?“Una giacca, un tubino nero e una camicia bianca”. Moda e cibo: due eccellenze che sal-veranno l’Italia... Concorda?

“Più di tutto direi che ci salverà la crea-tività, in qualsiasi campo si esprima. An-che se nei due settori la facciamo ancora da padroni”. La crisi può rivelarsi anche un’oppor-tunità per le aziende?“Solo se si guarda il bicchiere mezzo

pieno; in realtà è un momento molto difficile”. La sua azienda ne ha risentito? “Come tutti, anche se immagino che le piccole realtà stiano soffrendo maggior-mente rispetto ai grandi brand”.Nella vita privata conta più rimorsi o rimpianti?“Nessun rimpianto, ma qualche rimorso sì”. Tra i sette vizi capitali quale, secondo lei, è il più “capitale”? “L’invidia mi è estranea, è un sentimen-to che non provo verso niente e nessu-no”.Le colpe che le inducono indulgenza? “Quelle del cuore”.Una cosa che proprio non sopporta? “La maleducazione in tutti i contesti in cui si manifesta”.

la schedaMariuccia Mandelli, in arte Krizia (un nome preso a prestito dal dialogo di Platone sulla vanità femminile), na-sce a Bergamo nel 1935. Fin da gio-vane nutre la passione per la moda, dimostrando una particolare attitu-dine per il taglio, il cucito e l’ideazio-ne di capi d’abbigliamento. Studia in Svizzera e divenuta maestra elemen-tare, ma lascia la cattedra per aprire un laboratorio a Milano, dove, con l’amica Flora Dolci, inizia a produrre gonne e vestiti semplici, dalla linea essenziale e fresca. Alla sua prima sfilata a Palazzo Pitti, nel 1964, si ag-giudica il premio Critica della Moda. Oggi Krizia conta molte licenze, dai profumi ai vini, e ha nel mondo boutique monomarca direttamente controllate e numerose boutique in franchising. È commendatore della Repubblica Italiana.

La crisi può rivelarsi anche un’opportunità, ma solo se si guarda il bicchiere mezzo pieno

Una cosa che non sopporto è la maleducazione, in tutti i contesti in cui si manifesta

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prODOttO&MErCatO

CarasaLuTe

salute,

di SiLviO BeTTini

È recente il dibattito, sulla futura soste-nibilità del welfare e più in particolare sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) nel nostro paese, di-battito che non è e non può essere privo di strascichi polemici in considerazione delle implicazioni economiche e sociali ad esso sottostanti.La sanità italiana è senza dubbio uno dei pilastri su cui si fonda il nostro stato sociale: il diritto garantito a chiunque di fruire di prevenzione e cura delle malattie gratuitamente o quasi, rappresenta una grande conquista democratica. È anche vero che la spesa necessaria per sostenere tale conquista non è poca cosa: nel 2011 lo stato ha finanziato il SSN con 108,7 miliardi di euro, circa il 25% dell’intero bilancio statale. Oggi la nostra sanità si dibatte tra istanze contrapposte: da un lato ci sono le politiche di riequi-librio di bilancio pubblico che richiedo-no una revisione dei capitoli di spesa; dall’altro subisce la crescente domanda di cure di una popolazione che continua ad invecchiare.Il nostro SSN è sistema sostanzialmente sano con buone prospettive di sosteni-bilità e poli di sicura eccellenza, ma non significa che non sia migliorabile. Inoltre non è vero che le ultime politiche di bilan-cio riducono lo stanziamento netto a favo-re della sanità, ma si “limitano” a ridurne l’incremento, ricorrendo ad una maggio-re contribuzione (ticket) richiesta alla po-polazione. La tabella mostra la dinamica di spesa per il triennio 2011/2012 dalla quale si evidenzia come la reintroduzione dei ticket, appunto, ha pesato sulla collet-tività per 386,5 milioni nel 2011 e 834 milioni nel 2012.Ben più articolate sono invece le misure previste per il biennio 2013/14, quan-do serviranno circa 8 miliardi di euro. Si

prevede di intervenire sui fornitori della sanità per 5,3 miliardi; riducendo salari e stipendi per 600 milioni; chiedendo 2 mi-liardi di euro extra agli utenti, ovvero a chi necessita di cure o prescrizioni mediche.In questo modo si sposta una piccola par-te percentuale, ca. 1,8% (grande in valo-re assoluto), dell’onere complessivo dalla collettività che paga le tasse (o meglio da quella porzione di collettività che paga le tasse) al “cliente” del SSN. In altri termi-ni la volontà espressa è quella di ridurre gli sprechi e guadagnare efficienza da un lato, di addossare una parte dei maggiori costi agli utenti/clienti dall’altro. Potrebbe essere questa una ricetta con-divisibile, a condizione che il guadagno di efficienza non peggiori la qualità del servizio offerto e sempre che la maggior contribuzione richiesta aiuti a ridurre gli sprechi (quanti farmaci scaduti gettiamo ogni anno?) e non a penalizzare alcune categorie di soggetti, magari più deboli.Pur nella consapevole caduta sui soliti luoghi comuni, non possiamo poi pre-scindere da una breve disanima dei di-versi ambiti regionali, poli di governo del servizio stesso. Se analizziamo congiuntamente due va-lori desumibili dai dati ufficiali, possiamo farci un’idea, sia pur grossolana, della dif-ferente situazione nelle diverse regioni. Il risultato di bilancio pro capite ottenuto nella gestione del SSN dalle diverse am-ministrazioni regionali evidenzia la capa-

cità di alcune di esse, quali a puro titolo di esempio: il Piemonte, la Lombardia, Il Friuli, L’Emilia Romagna e la Toscana, di impiegare efficacemente le risorse rice-vute, mentre altre, come Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Sicilia e Puglia, conti-nuano da anni a consuntivare risultati di bilancio negativi; queste ultime indicate, cumulano un disavanzo pari all’86,4% del disavanzo complessivo.Il secondo valore, ovvero il saldo della co-siddetta mobilità sanitaria interregionale, esprime la tendenza della popolazione a spostarsi dalla propria regione per ri-cevere cure in una regione differente. Anche se qualche aggiustamento deve essere considerato perché il dato com-prende prestazioni erogate a cittadini che dimorano nel territorio dove ricevo-no il servizio, ma che risultano residenti altrove, la mobilità interregionale deriva dalla aspettativa di ricevere cure impor-tanti o migliori rispetto a quelli ottenibili nel proprio territorio. Da questo punto di vista alcune situazio-ni sono emblematiche, in Campania per esempio, osserviamo risultati di bilancio negativi e una forte propensione della popolazione a spostarsi in altre regioni per ricevere cure adeguate, a dimostra-zione che non sempre una maggior spesa genera una migliore qualità del servizio reso, anche queste sono tematiche circa le quali i nostri governanti dovrebbero darci conto.

Manovra sanitaria (€/mil.) 2010 2011 2012

Fabbisogno totale SSN

Finanziamento statale stanziato

Residuo da stanziare

Reintroduzione Ticket

Finanziamento Statale programmato

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106.733Dati: Fondazione Cencis Cergas Università Bocconi

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“ecco gLi errori da evitare quandosi cerca un Lavoro”

Intervista a Ernesto Gatti, responsabile del personale di Mediamarket: “Tra i punti deboli di chi arriva ai colloqui

c’è la rassegnazione, che si percepisce e non aiuta il candidato”

di LaUra BErnardI LocaTELLI

dottor Gatti, quali sono le maggiori difficoltà per chi deve entrare nel mon-do del lavoro?

“Con la crisi e la recessione il mercato del lavoro anziché assumere espelle. La burocrazia e la nuova Riforma non aiu-tano perché invece di introdurre flessi-bilità hanno portato diversi elementi di rigidità. La Riforma Fornero è una buo-

na legge in un mercato stabile, ma oggi la situazione non consente il posto fisso che tutti vorremmo. E poi in Italia dete-niamo un primato negativo: abbiamo il costo del lavoro più alto d’Europa e gli stipendi più bassi”. Quali sono i punti deboli dei candida-ti che le scrivono? “Oggi le candidature sono spesso più che buone, ma è il lavoro che manca. Chi cerca un’occupazione sa mettersi in discussione, ma tra i punti deboli in que-

sto momento difficile indico la rassegna-zione, che in un colloquio si percepisce e non è certo un atteggiamento che pre-mia. Ovviamente va tenuta a bada anche la presunzione, che può risultare davve-ro insopportabile”. Cosa, di contro, apprezza maggior-mente in un curriculum?“Un percorso di studi ben costruito e concluso in tempi veloci, oltre alle esperienze lavorative effettuate nel frat-tempo, dagli stage, con un particolare occhio di riguardo ai tirocini all’estero, ai lavoretti per mantenersi gli studi”. Quanto pesano le raccomandazioni?“La raccomandazione serve a far arriva-re un curriculum sulla scrivania, ma sen-za spessore e qualità non si va avanti”. Quanto conta la prima impressione?“Conta poco: presentarsi male non gio-ca certo a favore, ma anche presentarsi troppo bene non è apprezzato. Il mio consiglio? Non bruciarsi subito”. Tra donne e uomini sul lavoro che dif-ferenze trova negli ultimi anni?“L’azienda per cui lavoro è al 50% fem-minile e non posso far altro che ripetere che, soprattutto in questi momenti, le donne sono eccezionali perché riescono a conciliare vita privata e lavoro, a diffe-renza di noi uomini. Vedo, ad esempio, tantissime neo-mamme riprendere a la-vorare con lo stesso entusiasmo di prima, se non con maggiore determinazione”. Quali consigli per i giovani?“Ai giovani dico di non scoraggiarsi mai,

ma di avere in tasca oltre che al piano A, un piano B e un piano C. Soprattutto in questi momenti non bisogna legarsi ri-gidamente al proprio schema lavorativo. C’è spazio per chi ha voglia di fare, ser-ve solo maggiore spirito di adattamento. Nei giovani mi aspetto sempre entusia-smo e voglia di fare”.Le iscrizioni all’Università sono in netto calo. Quale percorso formativo suggerisce?“Ognuno deve seguire quello che sap-pia meglio valorizzare il proprio talento. Senza dubbio oggi consiglierei ingegne-ria, anche gestionale, e per chi ha corag-gio percorsi formativi legati all’ambiente, alla tecnologia e alla green economy”.

Quali professioni sono emergenti?“Vedo in ascesa quelle legate all’am-biente, al benessere, ma anche i lavori manuali, le professioni legate al turismo e all’industria alimentare. Perdono in-vece quota le professioni più classiche, contabili, amministrativi e anche i ban-cari. Sono tutte professioni che negli anni Novanta erano al top e invece oggi sono oggi a rischio”.Curiosamente di ambiente non parla più nessuno, anche i Verdi sono sem-pre più in un cono d’ombra…“Purtroppo non se ne parla perché non abbiamo la buona abitudine di pensare nel medio e lungo periodo. Eppure le opportunità di lavoro non mancano in questo campo in cui si gioca, specialmen-te sul fronte energetico, il nostro futuro”. A suo figlio che consigli dà? “Ho sempre raccomandato a mia figlia Francesca, che lavora con noi all’ufficio personale e risorse umane, di non smet-tere mai di credere in se stessa, di man-tenere il giusto distacco dagli eventi e dai

problemi e di sor-ridere almeno due volte al giorno”.Come si gestisce un buon gruppo di lavoro?“Con la massima onestà e trasparen-za, cercando di valorizzare ogni singolo individuo all’interno del gruppo, senza fare al contempo prevalere mai l’indivi-dualismo, perché bisogna ricordare che al risultato finale concorre sempre e co-munque il gruppo”. Come si tiene alta la motivazione in questo periodo di crisi?“In questo momento bisogna lavorare sul

breve periodo in modo molto forte, evidenziando le opportunità che potranno aprirsi nel medio e lungo periodo, ripagando un domani – si spera non troppo lontano – i sacri-fici di oggi”.Cosa fare quando il clima in azienda diventa troppo caldo o troppo freddo?“Per riscaldare il clima bisogna riportare le persone a sognare e a

riscoprire il piacere di lavorare assieme. Se invece il clima si surriscalda e diventa conflittuale vuol dire che si sono fatti er-rori gravi che vanno corretti rivedendo tutto daccapo. Il clima conflittuale porta all’esasperazione ed ha sempre esiti di-struttivi”. Il modello tedesco si può replicare in Italia?“Razionalità, rigore e serietà sono qua-lità tedesche che sarebbe auspicabile vedere anche in Italia, specialmente in politica. Di contro però noi italiani abbiamo creatività, cuore e fantasia. Il modello perfetto riesce a tenere in equi-librio testa e cuore”. L’Europa politica è un’utopia o un’i-potesi concreta?“Fino ad oggi ho visto scarsa concre-tezza. Mi sembra evidente che l’Europa resterà indietro se si continua a parlarne e basta, purtroppo spesso e volentieri a sproposito”.Quali consigli per chi si appresta ad avviare un’impresa?

“Oggi come non mai bisogna pianificare con cura tempi e risorse, nella consape-volezza che fare l’imprenditore implica un coinvolgimento al 100 se non al 200% nella propria attività. È un per-corso professionale stupendo, ma che richiede grandissimi sacrifici”. Come immagina l’Italia da qui a 10 anni?“Mi piace pensare a un’Italia più euro-pea e a un Paese di cui essere orgogliosi, con meno burocrazia e maggiore atten-zione al welfare. Il futuro dipende da ciò che facciamo oggi”.L’Italia ha bisogno di una nuova clas-se dirigente?“Abbiamo bisogno di persone che si mettano davvero a disposizione del Pa-ese e portino avanti il loro compito con impegno e serietà”.Lei vende tecnologia: gli smartphone avvicinano o allontanano i giovani?“Sono convinto che siano strumenti positivi che aiutino a migliorare le rela-zioni, ovviamente se usati in modo cor-retto. È bellissimo vedere nonni e nipoti scegliere insieme nei nostri negozi uno smartphone o un tablet, che poi utiliz-zeranno insieme a casa. Dipende tutto dall’educazione che si riceve in famiglia: è evidente che se ognuno se ne sta da-vanti ad uno schermo non si possa nem-meno parlare di relazioni”.

la scheda

Ernesto Gatti è esperto nella gestio-ne delle risorse umane e da diversi anni è responsabile del personale di Mediamarket, la multinazionale con quartiere generale a Curno (Berga-mo) specializzata nell’elettronica di consumo con i marchi Saturn e Me-diaworld.

La raccomandazione serve a far arrivare un curriculum sulla scrivania, ma senza qualità non si va avanti

Smartphone e tablet? Strumenti positivi per le relazioni, ovviamente se usati in modo corretto

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rUBrICaLA/

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StratEgIa D’IMprESa

Si parla molto di rilancio dell’industria e di competitività. Consideriamo un caso reale che riguarda il primo anello della catena manifatturiera, e cioè l’accesso alle materie prime. Può sembrare una questione lontana, da addetti ai lavori, ma è un problema di tutti, perché ri-guarda la possibilità delle aziende di re-alizzare prodotti e di riuscire a renderli concorrenziali sul mercato mondiale. Il caso concreto riguarda l’alluminio, una materia prima fondamentale per l’industria di ogni paese, perché si usa dappertutto, nelle auto, nei treni, negli imballaggi, nelle finestre, nei macchi-nari, e può essere preso come modello di come le manipolazioni di cosiddetti grandi poteri riescono ad influenzare i meccanismi economici ed industriali. È noto che il prezzo mondiale dell’allu-minio viene definito in borsa dal Lon-don Metal Exchange (LME), la borsa di Londra dei metalli; sin dal 1983 questo prezzo fa parte del sistema finanziario mondiale, è il riferimento per le transa-zioni commerciali e riflette non solo le tendenze del mercato specifico, ma an-che fattori esterni di carattere politico, economico e finanziario. Per anni il meccanismo ha funzionato senza problemi, ma la situazione si è complicata quando recentemente, nel corso del 2012, il prezzo di borsa del metallo è calato anche sotto i 2.000 $ a tonnellata, un valore inferiore ai costi di produzione di molti siti mondiali di

fabbricazione di alluminio, in partico-lare in Europa e negli Stati Uniti, con conseguente aumento delle scorte. Fin qui nulla di nuovo o di straordinario, è il naturale equilibrio del mercato tra domanda e offerta e riflette il fatto che la produzione globale di questo bene è eccedente la domanda.Però oggi c’è qualche cosa di diverso, oggi c’è un maggior peso degli investi-menti finanziari ad influenzare forte-mente il prezzo di borsa dell’alluminio, e di altre materie prime, con l’azione di fondi che spostano velocemente cifre enormi, e con le operazioni di banche e traders che hanno la possibilità di bloc-care milioni di tonnellate di metallo su contratti finanziari di lunga scadenza. Tutto questo mette senz’altro in una posizione difficile i produttori, perché, pur dopo le numerose chiusure di capa-cità specialmente in Europa e in USA, le scorte aumentano continuamente a causa del rallentamento dell’economia in Cina e della stagnazione in Europa. Succede così che, nel tentativo di di-fendere al meglio le produzioni ad alto costo nelle aree di punta come l’Europa e gli USA, si sceglie la finanziarizzazio-ne del mercato, il metallo viene tagliato

fuori dal circuito naturale degli utilizza-tori e convogliato nei magazzini di de-posito; il risultato è che i mercati reali, cioè le aziende che utilizzano il metallo per produrre semilavorati, componenti e prodotti, vengono costrette a subire le conseguenze di una rarefazione ar-tificiale dell’offerta, perché il metallo viene tenuto imboscato nei magazzini, giocando sui meccanismi di finanziariz-zazione dei contratti opportunamente definiti. Il risultato devastante per l’in-dustria è il controllo che i signori del mercato possono esercitare su una se-conda voce di costo della materia prima che si va ad aggiungere al prezzo base di riferimento LME, una voce chiamata premio, e che oggi, appunto per effetto di questi meccanismi distorsivi, è in for-te crescita, del tutto in controtendenza rispetto alle logiche di mercato. Gli ef-fetti di tutto questo, per l’industria eu-ropea in particolare, soggetta anche agli effetti negativi di un dazio sul metallo fuori di ogni logica, sono un significa-tivo maggior costo del metallo rispetto agli altri competitori globali delle altre zone mondiali, quindi maggiori costi di produzione di semilavorati e prodotti, quindi posizioni fuori di mercato, azien-de chiuse, posti di lavoro persi. È l’ora che i politici e i burocrati a Bruxelles si convincano che il vero settore critico dell’intero comparto industriale dell’al-luminio, e in genere delle materie prime in EU, è quello a valle delle produzioni dei materiali grezzi, e che su questo si dovrebbero concentrare le attenzioni e predisporre misure di salvaguardia.

di MARiO COnSeRvA

Chi tutela leindusTrie

TrasformaTriCi?

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“se ci fosse marxsaprebbe cosa dire ai nostri poLitici”

di GIordana TaLaMona Botta e risposta con aldo colonetti, filosofo e teorico del design: “Il grande pensatore direbbe a destra, sini-stra e centro che sono troppo ideologici e poco attenti

alle cose che accadono nel mondo”filosofo, storico, teorico dell’ar-te, del design e dell’architet-tura, Aldo Colonetti conosce molto bene il potenziale, ancora

parzialmente inespresso, del nostro Pa-ese. Storia, cultura e arte sono risorse ancora poco valorizzate, minerali pre-ziosi, come ama definirli, che costitui-scono non solo il passato dell’Italia, ma la sua scommessa per il futuro.Come interpreta, da filosofo, il de-sign italiano?“Il design italiano è dentro al grande fiume del made in Italy, assieme ad altri settori tradizionali, tra cui il cibo e la moda. Si tratta di attività che hanno una connotazione fortemente territoriale, con capacità artigianali e manifatturiere di grande valore”. Qual è la nostra forza?“All’estero invidiano il nostro sistema produttivo, la sua flessibilità, la capacità di affrontare i momenti difficili, senza fer-marsi mai. Il nostro sistema, inoltre, può giovarsi sia di designer italiani, che di designer stranieri che transitano, o si fer-mano, nelle nostre strutture formative”. Una fuga dei cervelli al contrario?“Per quanto riguarda la formazione, direi di sì. Sono, in particolare, le eco-nomie emergenti che stanno investendo in questo ambito. Medio Oriente, Cina, India, Corea oltre ad alcuni Paesi dell’ex Europa orientale”. Di contro, qual è il nostro punto de-bole?“Oltre alla difficoltà di fare sistema tra individui diversi, ritengo che le Istitu-zioni abbiano fatto ancora poco per il

design italiano. Gli altri Paesi, al con-trario, nonostante non abbiano la nostra stessa tradizione, hanno Istituzioni che investono sia nel design che nelle attivi-tà produttive e culturali. Un esempio su tutti: nonostante l’I-talia abbia il 55% del patrimonio artistico mondiale, non si è puntato abbastanza sul turismo”. Cosa auspica che faccia il prossimo Governo, per argi-nare la fuga dei cer-velli italiani?“Non solo lo Stato, ma le stesse associa-zioni industriali e corporative dovreb-bero dare ai giovani la certezza di poter fare ricerca nel nostro Paese, a condi-zioni paritarie, o molto vicine, a quelle degli altri ricercatori stranieri. Credo che il prossimo Governo dovrà porsi il problema di trovare, rispetto al sistema produttivo, delle defiscalizzazioni per i giovani talenti, consentendone l’inseri-mento anche in quelle aziende che han-no minori capacità di investimento”.Se potesse spiegare, da filosofo, il no-stro Paese a qualcuno venuto da Mar-te, cosa direbbe? Che cos’era, cos’è e cosa sarà l’Italia? “Cos’era l’Italia? È in parte ciò che è oggi, nel bene e nel male. I fenomeni di oggi sono, infatti, il risultato di una condizione storica che viene da lontano. L’Italia è un Paese unito nelle diversità. La nostra forza, rispetto agli altri Paesi Europei, è quella di essere uno Stato na-zionale, entro cui ci sono enormi diver-sità regionali e culturali. Questo poten-ziale va governato perché si trasformi in un valore. Sono questi i nostri minerali più preziosi: il meglio del passato, per i protagonisti del futuro. Ma per farlo dobbiamo creare un sistema che li tra-sformi in una risorsa spendibile”. Qual è invece lo stato di salute dell’in-formazione italiana?“Siamo in una società dove c’è un eccesso di comunicazione, a fronte di un’informa-zione che sembra avere la stessa esposi-

zione. In realtà le cose sono ben diverse, perché sono i contenuti che trasformano la comunicazione in informazione. Nel caso della tv, per esempio, l’eccesso di comuni-cazione non ha fatto altro che svuotare que-

sto meraviglioso mez-zo. Non è colpa della tv in sé, ma dell’uso che se ne fa. A Londra c’è la BBC, un canale totalmente pubblico, senza pubblicità, che fa informazione e ap-profondimento con una capacità unica al mondo. In Italia, ma anche in altri Paesi, l’eccesso di comuni-

cazione acuitosi con l’avvento della rete, ha dato a tutti la possibilità di comunicare, ma a pochissimi la facoltà e il dovere di infor-mare”. La televisione è lo specchio della no-stra società o è diventata un modello di comportamento? “La televisione ha svolto un ruolo mol-to importante nell’alfabetizzazione di questo Paese, nonostante un grande intellettuale come Pasolini l’accusasse di aver ucciso le tradizioni, i dialetti e la cultura contadina. È stato un prezzo necessario che ha permesso, di contro, di creare una certa uniformità di lin-guaggio. Quando, invece, la televisione è diventata altro, cercando di dominare la società e i comportamenti, mancando spesso di contenuti, non ha fatto altro che parlare di se stessa”. L’uso vacuo del mezzo televisivo, ha fatto perdere delle occasioni? “Certamente. In una situazione di crisi come quella che stiamo vivendo oggi, per esempio, la televisione potrebbe avere un ruolo di indagine. Invece si ap-propria delle tragedie del proprio tem-po, trasformandole in spettacolo”. Trova che ci sia più cattivo gusto in politica o in televisione?“Credo che siano sorelle. Una politica che usa il mezzo comunicativo per dare, come fa oggi, pochi contenuti e una rap-presentazione di sé estremamente spet-tacolare, non può che essere di cattivo

gusto. Facendone un discorso ancora più ampio, il kitsch è sempre in agguato. In una società come la nostra lo è mag-giormente, perché tutti hanno la possi-bilità di accedere velocemente a tutto, senza l’educazione, in senso lato, di farne un utilizzo appropriato. Il cattivo gusto non è altro che un uso improprio di forme, colore e cose”. Venendo alla crisi, c’è un filosofo del passato che oggi sarebbe attuale?“Karl Marx, al di là che uno sia o no mar-xista. Parlo del Marx non del Capitale, ma dell’analisi delle contraddizioni della società. Ci vorrebbe un Marx nel 2013, non tanto per individuare una società nuova, il modello marxista infatti ha to-talmente fallito, quanto per analizzare la società con un corpo sociale diverso”. Cosa direbbe Marx ai politici che go-verneranno l’Italia?“Direbbe a tutti, anche a quelli più vicini al suo pensiero, che sono troppo ideo-logici e poco attenti alle cose che acca-dono nel mondo. Lo direbbe alla destra, alla sinistra, come al centro. Soltanto se si è attenti a ciò che accade nel mondo, infatti, se ne può capire il processo e quindi pensare ad un’eventuale trasfor-mazione”.

la scheda

Aldo Colonetti nasce a Bergamo nel 1945. Negli anni Sessanta studia con Gillo Dorfles ed Enzo Paci, laurean-dosi in filosofia. Negli anni Settanta si interessa dei problemi estetici e se-mantici della comunicazione, grafica e design. Dal ’98 è direttore scienti-fico IED e dal ’91 direttore di “Otta-gono”. Ha fatto parte del Comitato Scientifico della Triennale di Milano (2002-2006) e del Comitato Presi-denza ADI (1991-1992, 1998-2002). Autore di numerosi saggi, curatore di mostre e iniziative culturali, in Ita-lia e all’estero, ha curato l’ultima mo-stra di Gillo Dorfles, “Oggi il Kitsch” (Triennale di Milano, 2012). Collabora con “Il Corriere della Sera” nell’ambi-to del design e dell’architettura. Ha fatto parte (2009-2011) del Consiglio Italiano del Design.

Per arginare la fuga dei cervelli bisogna dare ai giovani la certezza di poter fare ricerca

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Love Energy, a Oriocenter chi pedala aiuta la solidarietà Oriocenter accende i rifl ettori sui temi della solidarietà e dellʼecolo-gia, con unʼiniziativa originale e mai realizzata prima in un Centro

Commerciale in Italia: lʼevento “Love Energy”. Fino al 30 aprile, la Galleria del Centro di Orio al Serio ospiterà 4 postazioni interattive, ognuna delle quali disporrà di 5 biciclette collegate a un dispositivo per produrre energia. Tutti i clienti potranno liberamente presentarsi alla postazione per pedalare, men-tre un indicatore elettronico mostrerà lʼenergia prodotta da ogni bicicletta. Il corrispettivo in denaro del valore dellʼenergia prodotta durante tutto il perio-do dellʼevento sarà donato al Centro di Accoglienza Femminile “SaraCasa” di Bergamo, che opera sotto lʼegida della Caritas ospitando e aiutando donne in diffi coltà o vittime di abusi. I clienti di Oriocenter avranno uno stimolo in più per partecipare: tanti premi in buoni shopping da 20 euro saranno assegnati in modo casuale da un software proprio durante la pedalata.

platea degli utenti che possono contare su servizi di vicinato più convenienti e su facilitazioni in tema di salute, trasporti e tempo libero, ancor più pre-ziosi in momenti di crisi come questi. La tessera viene recapitata agli inte-ressati corredata da un opuscolo che illustra le caratteristiche delle diverse convenzioni (presente anche sul sito del Comune) ed è valida fi no al 31 dicembre 2013. I negozi e le attività aderenti sono riconoscibili dallʼapposi-ta vetrofania, basta quindi ricordarsi di esibire la card per avere diritto agli sconti e alle agevolazioni. Gli sconti vanno dal 5 al 10 % in media e coprono la spesa di tutti i giorni, dai negozi specializzati ai supermercati e iper.

Camera arbitrale di Bergamo, nominato il nuovo il Consiglio La Giunta della Camera di Commercio di Bergamo ha nomina-to i componenti del nuovo Consiglio Arbitrale dellʼente per il

triennio 2013-2015. Ecco i loro nomi: Mario Spinetti, designato dallʼOrdine degli Avvocati di Bergamo; Umberto Gavazzeni, designato dallʼOrdine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Bergamo; Carlo Viganò, designato congiuntamente dallʼOrdine degli Ingegneri, dallʼOrdine degli Architetti e dal Collegio dei Geometri di Bergamo; Barbara Pezzini, scelta tra i docenti universitari in materia giuridico-economica; Ottavio Roberto, scelto tra i magistrati a riposo; Mario Caffi , designato dalla Giunta Camera-le in rappresentanza dei vari settori; Roberto Migliavacca, designato dalla Giunta Camerale in rappresentanza dei vari settori.

In fi era torna la rassegna dedicata allʼedilizia Ritorna, dal 4 al 7 aprile, EDIL 2013 la rassegna dellʼedilizia civile e industriale, punto di riferimento regionale per il mondo

delle costruzioni che giunge questʼanno alla 27a edizione. La tradizionale offerta espositiva, promossa da Promoberg, sarà affi ancata questʼanno da “Build Solution” che punta a mettere in mostra alcuni tra i progetti più signifi cati realizzati – o di prossima cantierizzazione – mettendo in evidenza tutti i soggetti della fi liera coinvolti nellʼesecuzione: dal proget-tista, allʼimpresa, allʼinstallatore ecc.. Previsto anche un ricco programma congressuale su tematiche che rappresentano i nuovi asset di sviluppo del mercato delle costruzioni: ingegneria antisismica, sicurezza nei cantieri e nei luoghi di lavoro e mercato residenziale dei condomini.

BaCHECa/

Banda larga, arrivano i fondi per 40 comuni Venti milioni di euro. Dieci dal ministero dello Sviluppo economico e altrettanti dalla Regione Lombardia. Serviranno a coprire le spe-

se per lʼultimo intervento del piano di azzeramento del digital divide che per-metterà di completare la diffusione della banda larga anche nei 350 Comuni lombardi nei quali ci sono ancora aree non coperte. L̓ attuale provvedimento interessa 40 Comuni della provincia di Bergamo che, grazie a questo accordo tra Regione e Ministero, potranno coprire con la banda larga le zone del loro territorio che ancora non sono raggiunte da internet veloce. La proposta prevede lʼintervento congiunto di Regione Lombardia con Infratel Italia spa – Infrastrutture e Telecomunicazioni per lʼItalia – società di scopo del Mise, quale stazione appaltante. La rete che sarà realizzata, di proprietà pubblica (50% Regione Lombardia e 50 % Infratel), sarà data in concessione e uso al mercato secondo criteri di equità, trasparenza e non discriminazione.

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14/02

21/02

08/02

A Bergamo sconti sulla spesa anche per 15mila anziani Accanto alla Family Card, che offre condizioni speciali alle fami-glie con almeno tre fi gli, il Comune di Bergamo ha lanciato da

questʼanno la Senior Card, destinata agli anziani over 75. Si amplia così la

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pEnSIErI DI/

“incapaci di interiorizzare,ecco iL maLe dei giovani d’oggi”

a colloquio con claudio Sottocornola, docente liceale, ribattezzato “il filosofo del pop”: “La nostra era la generazione che andava

in profondità, voleva cambiare il mondo. oggi i ragazzi sono ‘surf’, si muovono agilmente ma sempre in superficie”.

di roSanna ScardI

professor Sottocornola, lei è un docente di liceo cono-sciuto e apprezzato per le sue lezioni-concerto. Quali sono

i difetti della scuola italiana?“Si punta molto sull’intelletto, sulla specializzazione, senza tentare di edu-care alla sensibilità e formare il carat-tere. Bisogna saper fornire ai ragazzi anche spunti che portino a sviluppare l’interiorità, perché è ciò che fa la diffe-renza. E quello che cerco di ottenere io, in modo pioneristico, attraverso le mie esibizioni, dove canto e analizzo un pe-riodo storico nella letteratura, nell’arte e nell’immagine. E poi è importante agi-re sulla volontà, attraverso esperienze e stage lavorativi”. La scuola serve ancora o ha perso gran parte del suo valore?“Serve eccome, garantisce anni di forma-zione in un ambiente protetto, dove esi-stono il confronto e il dialogo. Una sorta di palestra dove si sperimenta la compe-tizione in modo più attenuato, prima di vivere quella nel mondo del lavoro”. I genitori che si presentano ai collo-qui che aspettative nutrono?“Mamme e papà di oggi sono degli psi-cologi, spesso vivono il rapporto con l’insegnante in modo simbiotico. Fino

a qualche decennio fa la domanda era: cosa può fare mio figlio per la società? Oggi si preoccupano molto della perso-nalità e si chiedono come possa il figlio realizzarsi o sfondare. Il rischio è di cre-

are dei narcisisti”.Altro male attuale è il bullismo. Come spiega l’escalation di questo fenomeno?“A spingere i ragazzi verso questo com-

portamento è l’atteggiamento cinico, aggressivo, l’indifferenza nei rapporti, il non saper creare relazioni basate sulla fiducia. Si ripro-pone la stessa ma-leducazione che si osserva tra gli automobilisti. Le tecnologie e in-ternet ci portano a essere virtuali, indifferenti, ne-vrotici. Non a caso l’epoca che viviamo è stata definita post umana”. I docenti fino agli anni Settanta erano il deposito del sapere.“La vita che verrà è nelle mani degli edu-catori. La nostra responsabilità è come quella dei piloti nei confronti dei pas-seggeri. Eppure il personale scolastico ha perso considerazione sociale”. I concorsi per assumere docenti sono sempre super affollati. Si tratta di una professione ancora ambita? “Non direi, ci si presenta ai bandi per-

ché si cerca un lavoro. Ma i ragazzi oggi, come i miei alunni allo Scientifico, vo-gliono studiare ingegneria, medicina,

economia, pochi sono interessati alle materie teo-retiche, proprio perché il futuro occupazionale è incerto”. A proposito di futuro, i ragazzi

spesso lo inseguono fuori dai confini nazionali. Quale consiglio dà loro?“Li capisco. Sono stato uno dei primi a studiare all’estero. Era il 1976 e volai in Connecticut grazie a un progetto di In-tercultura. Negli Stati Uniti ho conosciu-to la meritocrazia assoluta. In Italia si vive di appartenenze, relazioni, conoscenze. I ragazzi si preoccupano non del talento o delle capacità, ma di come farsi aprire una porta. E a farne le spese è la cultura italia-na che ha partorito tesori inestimabili, da Giacomo Leopardi a Fabrizio De André. Io suggerisco di essere creativi, determi-nati, motivati. Perché dove c’è la volontà, c’è un mezzo. E consiglio di fare ciò che dà un senso all’esistenza”. Lei è stato battezzato “il filosofo del pop”. La musica riflette i valori della società?“Certo, ma in modo diverso. Un tempo le canzoni rispecchiavano sentimenti collettivi, come ‘Sapore di sale’ con le prime vacanze al mare. Oggi ci sono perle preziose, ma espressioni di sen-timenti individuali come ‘E dimmi che non vuoi morire’, cantata da Patty Pravo e scritta da Vasco Rossi, che da sempre esprime la sua fedeltà a una dimensione interiore”.Mettiamo a confronto i ragazzi di ieri e oggi. Come sono cambiati?“In modo sostanziale. La mia era la ge-nerazione ‘sub’, che andava in profon-dità, dibatteva su temi fondamentali, voleva cambiare il mondo. E passava il tempo nei cineforum ad approfondire Pasolini e Visconti. I giovani di oggi sono ‘surf’, si muovono agilmente in su-perficie. Entrano in rete, si connettono tra loro, viaggiano con enorme facilità.

Ma non sanno interiorizzare”.I ragazzi e la politica: due mondi lon-tani?“A 34 anni ho scritto la poesia ‘18 aprile 1993’. In quel giorno si votava il refe-rendum che spingeva il sistema politico verso un modello bipolare, segnando il passaggio dalla prima alla seconda Repubblica. Ci lasciavamo alle spalle Tangentopoli e altri gravi fatti di corru-zione. C’era un atteggiamento critico che faceva naufragare sia le buone, sia le cattive intenzioni. Ma eravamo parte attiva. Oggi i ragazzi non si interessano della politica, troppo immobile, legata a strutture secolari. Suscita sentimenti di indifferenza e noia”. Qual è la ricetta per renderli parteci-pi?“Ci vorrebbe una rottamazione non ba-sata sull’età, ma sui volti. Servono per-sone nuove, meglio se a digiuno della cosa pubblica. E una legge che permetta di scegliere direttamente chi ci rappre-senta”.

la scheda

Claudio Sottocornola, classe 1959, è ordinario di Filosofia e Storia al liceo scientifico Mascheroni di Ber-gamo e docente di Storia della can-zone e dello spettacolo alla Terza Università. Ha realizzato tre album “L’appuntamento 1, 2, 3” e un dvd. Come scrittore ha pubblicato “Gio-vinezza… addio – Diario di fine 900 in versi”, l’antologia “Nugae, nugellae e lampi”, il saggio “The gift”, la trilogia “Il pane e i pesci” e il pamphlet “I trascendentali tradi-ti”. Sua la mostra di collage “Eigh-ties (laudes creaturarum 1981)” e “Il giardino di mia madre e altri luoghi”, scatti fotografici da cui sono state tratte opere multime-diali. L’approccio interdisciplinare è evidente nelle lezioni-concerto: insieme di canzoni, analisi storico-sociale, immagini, poesie. L’ultimo lavoro è “Working class”, trasferi-mento delle lezioni nel web, oggi disponibili anche in un box set di cinque dvd a tiratura limitata.

I ragazzi si disinteressano della politica, che suscita sentimenti di indifferenza e noia

Ai miei studenti consiglio di fare ciò che può dare loro un senso all’esistenza

pEnSIErI DI/

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12/DODICIMESIMarzO

di aLESSIa MarSIGaLIa

Lo chiamano Italian Sounding, ma con l’Italian Style o il Made in Italy non ha nulla a che fare. Suona italiano, ma di fatto di

sta parlando di una vera e propria nota stonata che al nostro Paese costa davve-ro tanto in termini economici. E non si tratta di “copie” malfatte di abiti o bor-se, né di imitazioni becere di rubinetti o pezzi di ricambio, ma di cibo, la vera gioia e ricchezza del nostro Paese. La Dieta Mediterranea patrimonio dell’U-nesco? Bene, ma la mozzarella campa-na è fatta in Croazia, il barbera diventa bianco e lo producono in Romania e il pecorino ha gli occhi a mandorla. Senza contare il “Parma salami”, il Regianito dell’Argentina, il Chianti della Califor-nia, il Brunetto e il Napoli Tomato. Uno scimmiottamento che non solo nuoce ai prodotti che l’Italia esporta all’estero, ma anche al mercato italiano. L’Italian Sounding è un business che si muove tra le maglie della legge, perché mentre la contraffazione o la pirateria sono illeci-ti perseguibili penalmente, lo scim- s

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Italiano nel suono, ma non nel gusto: così le

imitazioni dei prodotti

agroalimentari italiani danneggiano

l’economia e l’immagine

del nostro Paese.

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miottamento, nei paesi extraeuropei, non è reato. Eppure rimane un vero e proprio “furto” perpetrato ai danni dei produttori agroalimentari italiani che sfrutta impropriamente parole, colori, immagini che si richiamano al nostro Paese, senza contare che, trattandosi di prodotti ben diversi per qualità, prove-nienza e prezzo, possono rappresentare un potenziale rischio per la salute dei consumatori, ma soprattutto una truffa a danno dell’immagine dell’Italia all’este-ro. La Coldiretti stima che nel mondo sono contraffatti tre prodotti italiani su quattro, un mercato che costa 60 miliar-di di euro e la perdita di circa 300mila posti di lavoro e che vede in Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti i “migliori” falsari.I consorzi stanno dando vita ad una vera e propria battaglia per proteggere le ec-cellenze italiane. Dai grandi formaggi ai vini più pregiati, passando per i prodotti dolciari e i salumi, la difesa del Made in Italy sta diventando prioritaria, anche se la scarsa attenzione dell’Europa sulla questione non piace ai produttori italia-ni. Questi ultimi cercano di dialogare direttamente con il consumatore, spes-so inconsapevole di favorire lo sviluppo dell’Italian sounding. Complice la crisi, infatti, non sono poche le persone che scelgono articoli con prezzi inferiori, convinti però di acquistare le seconde li-nee degli originali. Ma così non è e nomi come “bel paese”, “gioia siciliana” non aiutano. “Il fenomeno è stato studiato addirittura dall’Università di Torino: hanno fatto una misurazione precisa di questa situa-zione dimostrando che la confondibilità, tra l’originale nelle sue seconde linee e quelli provenienti dall’est, è altissima”, ci racconta Stefano Berni, direttore ge-nerale del Consorzio Grana Padano. E proprio il Grana Padano è uno dei casi più emblematici dello scimmiottamento alimentare: “Se calcoliamo che, come Consorzio, esportiamo circa 52milioni di chili l’anno di Grana Padano in for-me e che il consumo presunto, cioè di persone convinte di acquistare Grana Padano, è di 100 milioni di chili, la si-

tuazione è chiara. Di questa cifra 10 mi-lioni sono le frodi, il resto è una “copia-tura” del prodotto. E questa situazione non si verifica solo all’estero ma anche qui”. Il Consorzio ha grande mercato anche negli Usa: “Qui cerchiamo di far capire l’importanza dell’originalità del prodotto, ci serviamo di testimonial d’eccezione e facciamo grandi promo-zioni. E devo dire che sono servite, visto che negli ultimi anni abbiamo raddop-piato l’export sul mercato americano”. Il pericolo più grande oggi viene dai mercati dell’est Europa, dove ci sono consumatori di qualità che hanno pos-sibilità di acquisto dei prodotti italiani Dop, ma che, senza una legge chiara eu-ropea, o tramite accordi bilaterali come con la Cina, saranno i primi a dar vita ad articoli fraudolenti e truccati. “Senza norme precise noi andiamo alla guerra con baionette spuntate” tuona Berni. Altra cosa da tener presente è il legame del prodotto Grana Padano con la storia della zootecnia italiana. Il Grana pada-

no trasforma il 25% del latte nazionale (il 50% delle zone dop). “Aumentando la produzione del Grana Padano ga-rantiremmo un futuro migliore anche ai nostri allevatori che nonostante la competizione futura con l’abbattimento delle quote latte, serviranno noi e tutti i produttori che necessitano del latte dop garantendosi un’attività”. Anche il produttore bresciano Giuseppe Ambrosi, presidente di un’azienda lea-der nel settore lattiero-caseario, è atten-to alla problematica: “L’italian sounding è il fenomeno peggiore. Servono azioni di promozione e ci vuole una forte azione commerciale sia dal mondo dell’industria sia dalle istituzioni: il nostro governo ha sì supportato le denominazioni d’origine e ha ottenuto tutela, ma il problema è mondiale e dove non ci sono accordi bila-terali tutto si complica”. Anche l’azienda Ambrosi ha dovuto fare i conti con il mer-cato americano che “è il più importante a livello di consumo ma è anche molto li-bero. Nei Paesi Asiatici, ad esempio, non

IL PreSIdente deLLA CAmerA dI CommerCIo dI BreSCIA

francesco bettoni: “iL made in itaLy agroaLimentare occupa fasce di nicchia che non subiscono Le cLassiche crisi di mercato: 200 miLioni di americani sono in grado di comprare i nostri prodotti”

Il mercato Statunitense è uno dei maggiori “taroccatori” nel compar-to agroalimentare. Lo conferma?“Assolutamente sì. Ho visto con i miei occhi la mozzarella di bufala campana che viene taroccata in Pennsylvania, e le farm che vicino a Philadelphia producono l’a-ceto balsamico di Modena e il prosciutto di Parma con tanto di coccarda: il sinda-co del Paese mi ha accompagnato nelle aziende ed era fiero. Quando gli ho fatto notare che era contraffazione ha sgranato gli occhi, scioccato dal fatto che esistano leggi che proteggono i prodotti tipici. L’Italian sounding rappresenta negli Sta-ti Uniti un mercato che vale 35 miliardi di dollari. In termini di danni economici stiamo parlando del 50% di esportazio-ni mancate dall’Italia. Allo stesso tempo questo dato deve essere visto anche dal lato positivo: se negli Usa esiste tale ri-chiesta qualcuno deve soddisfarla”.Come si difendono le aziende?“Per l’agroalimentare, che ci contrad-distingue, a mio parere è stata adottata una politica sbagliata. I consorzi tengono monitorata la situazione e denunciano le contraffazioni in tribunali, aprendo cause

all’estero che sono dispendiosissime. Io ritengo che andare per tribunali e spen-dere risorse non sia utile: serve invece la comparazione. Tutti i consorzi dovrebbe-ro fare grandi campagne di comparazione, magari proprio negli Stati Uniti, dove que-sto tipo di pubblicità è legale e funziona, come hanno dimostrato studi e ricerche”. Ma il Made in Italy, che comunque ha prezzi elevati, vince ancora?“Certamente, noi occupiamo nell’a-groalimentare fasce di nicchia che non

c’è questo interesse: vogliono l’originale per venderlo a caro prezzo”. Ambrosi però sottolinea la centralità del ruolo del consumatore che “va sensibilizzato”. E l’appello a “battersi da consumatori” arriva anche dal Consiglio Nazionale an-ticontraffazione. In un recente convegno l’avvocato bresciano Cesare Galli ne ha sottolineato l’importanza, mettendo in luce come le stesse istituzioni possano fare molto. Galli ha ricordato una vecchia campagna della provincia di Brescia che suonava così: “Se è falso non è degno di te”. Uno slogan azzeccato che forse do-vremmo tenere a mente quando andiamo a fare la spesa.

subiscono le classiche crisi di mercato. Nel mercato mondiale siamo posiziona-ti nella fascia alta dei prezzi e quindi ci rivolgiamo ai cosiddetti consumatori di qualità. 200 milioni di americani sono in grado di comprare i nostri prodotti, ed è per questo che gli Usa sono il mer-cato più importante”.Tornando all’Unione europea, in che senso non fa abbastanza?“Il nostro governo spinge, ma nell’UE hanno sempre seguito le filosofie nord europee che puntano sulle quantità più che sulla qualità: l’orientamento era, ed è ancora oggi, quello di garantire la sicurezza alimentare. Man mano che si sono aggiunti nuovi Paesi l’obiettivo è rimasto lo stesso, quindi quando l’Euro-pa scende in campo nelle grandi partite mondiali si batte ancora per la quantità. Quindi è il singolo Paese che deve dare ‘battaglia’ insieme ai consorzi di tutela”. Una domanda sul mercato cinese: l’agroalimentare italiano può diffon-dersi o riprodursi?“Nel campo agroalimentare la Cina è un mercato tutto da costruire. Da parte nostra stiamo facendo delle azioni di

Francesco Bettoni

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promozione dei nostri prodotti che vada-no sì nelle catene di distribuzione ma so-prattutto nei ristoranti dei centri princi-pali, cioè Shangai, Pechino, Shenzhen. A Shangai ci sono circa 50 ristoranti italia-ni che hanno soppiantato quelli francesi. Questo è lo scopo delle nostre missioni”.Come vede il futuro della nostra peni-sola e della nostra città?“In questi ultimi anni ho visto una gran-dissima attenzione al made in Italy, basato sulle 3 effe: food, fashion, forniture. Abbia-mo un appeal che è straordinario e con una politica autorizzata all’UE nel giro di due anni si potrebbe recuperare, anche solo ne-gli Usa, il 20% di quei 35 miliardi di euro”.

IL PreSIdente deLLA CAmerA dI CommerCIo dI BergAmo

paoLo maLvestiti: “La tenuta deLLa capacità di esportazione, e quindi deLLa competitività internazionaLe deLLe produzioni bergamasche, ha attenuato gLi effetti deLLa crisi”

Paolo Malvestiti

Quali sono i settori della provincia di Bergamo più colpiti dalla contraffa-zione all’estero dei propri prodotti?“Diversi sono i settori che risentono del fenomeno della contraffazione: ab-bigliamento e accessori, pelletteria, gioielli, persino l’automotive e gli elet-trodomestici per non parlare poi, nel settore agroalimentare, della prolifera-zione nei Paesi esteri di prodotti Italian sounding – come formaggi, pasta, vino – vale a dire di quei beni che evocano prodotti italiani, famosi e non, ma che

la pirateria

All’Italian Sounding, cioè all’imitazione dei prodotti alimentari italiani, si af-fianca la pirateria agroalimentare internazionale, cioè la contraffazione vera e propria, illecito perseguibile penalmente. Brescia si è rivelata un crocevia importante per questo genere di traffico, che coinvolge spesso le organiz-zazioni criminali. Federconsumatori Brescia parla di un giro d’affari miliarda-rio, stimato dalla Coldiretti in 12,5 miliardi solo per il settore agroalimentare. Nemmeno i prodotti con il marchio Dop, che ne garantisce l’origine secondo rigide norme di sicurezza, sono più sinonimo di acquisto sicuro. Infatti, grazie a nuovi metodi, la mafia sarebbe in grado di falsificare persino il marchio di qualità. I prodotti italiani iscritti nei registri Dop (denominazione di origine protetta), Stg (specialità tradizionale garantita) e Igp (indicazione geografica protetta) sono oltre 1.000 e il fatturato al consumo è intorno ai 10 miliardi di euro: difenderli è soprattutto compito dell’Agenzia delle Dogane e, la buona notizia, è che quella italiana è tra le migliori d’Europa.

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InCHIEStaL/

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nulla hanno a che fare con questi”.Secondo lei il Made in Italy funziona ancora?“Malgrado il Sistema Italia si sia spesso dimostrato, purtroppo, carente nella ca-pacità di comunicare e tutelare i propri punti di forza in maniera efficace, credo che il brand Made in Italy rappresenti ancora per molti versi un fattore di si-curo appeal e che in molti mercati possa costituire un vero e proprio vantaggio competitivo. Il Made in Italy, nel campo

i numeri della contraffazione in altri campi

• 1.850% è la stima dell’incremen-to mondiale della contraffazio-ne dei prodotti negli ultimi anni (1994/2011).

• 270.000 è la stima dei posti di lavoro persi negli ultimi 10 anni a livello mondiale, a causa della contraffazione, di cui 125.000 circa nella sola Comunità Europea.

• 3,7-7,5 miliardi di euro è il giro d’affari stimato dei produttori di falsi in Italia, al 2011.

dei beni di consumo è sinonimo di una tradizione produttiva fatta di creatività, qualità, ricercatezza, stile, cura dei par-ticolari; rappresenta inoltre un richiamo al valore intrinseco della cultura, dell’ar-te e dello stile di vita che ci caratterizza. Ma è parimenti apprezzato nel campo dei beni tecnologici, perché era tradi-zionalmente sinonimo di una qualità costruttiva seconda a nessuno”.Quali sono a suo parere i paesi su cui puntare per lo sviluppo dell’export?

“Credo che fare delle previsioni atten-dibili in una fase congiunturale tra-vagliata come quella attuale sia estre-mamente difficile. Sul fronte interno, consumi e investimenti continuano a risentire del clima di incertezza e sono gravati dalle pesanti condizioni di mer-cato. Ecco perché le aziende stanno guardando all’export come una vitale boccata di ossigeno: le statistiche ci dimostrano che la tenuta della capacità di esportazione, e quindi della compe-titività internazionale delle produzioni bergamasche, ha quantomeno attenua-to gli effetti della crisi e tale fenomeno dovrebbe permanere per tutto il 2013. Sicuramente i Paesi più promettenti rimarranno i Paesi Brics e tutto il Sud-Est Asiatico, ma credo che ci saranno buone prospettive in America latina e nei paesi in via di sviluppo del medio oriente e dell’Africa sub sahariana, an-che se questi sono gravati da un rischio maggiore”.E i Paesi europei?“I minori livelli di esportazione si regi-streranno probabilmente nell’area Euro e in Europa in genere, con l’eccezione solo di Turchia e Russia. Non vedo gran-di spazi nemmeno per i cosiddetti mer-cati maturi, con una leggera differenza in termini di previsioni positive solo per USA e Giappone. Ma ripeto: è difficile fare previsioni attendibili in questo mo-mento, gli stessi dati statistici appaiono tra loro contraddittori”.

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InSIDE/ InSIDE/

L’economia bergamascae iL rischio deLLa crescita “quasi piatta”

di John Law

L’economia bergamasca che risulta dall’ultima analisi congiunturale della Camera di Commercio si presta ad una duplice visione. Il bicchiere mezzo pie-

no è quello della prima interruzione della cadu-ta. Dopo cinque trimestri consecutivi in negati-vo, alla fine del 2012 la produzione industriale è infatti tornata a crescere (+0,6%), facendo pensare che ci possa essere se non proprio una ripresa, almeno una fase migliore del ciclo eco-nomico, dopo la discesa iniziata a metà 2011. Questo fa ben sperare sul fatto che, anche se la ripresa non sarà intensa, si possa evitare di ripetere l’intensità del picco negativo registra-to con il crollo del 2008-9. Il bicchiere mezzo vuoto è che, in ogni caso, su base annua an-che nell’ultimo trimestre del 2012 c’è stato co-munque un calo, seppure ridimensionato a un -1,1% grazie al periodo finale moderatamente positivo. Soprattutto però, con una perdita di produzione nell’intero 2012 del 4,4%, si è en-trati nel quinto anno di andamento negativo, con un indice della produzione industriale che

resta ampiamente sotto non solo ai livelli pre-crisi, ma anche ai livelli del 2005. Secondo alcuni analisti siamo tornati ai livel-li del secolo scorso. Il che non è un problema per la quantità in sé, perché comunque anche negli anni Novanta c’era un benessere diffu-so, forse, anzi, maggiore dell’attuale. Questo ritorno al passato ha però una serie di conse-guenze negative. La prima è di ordine psico-logico, perché un conto è arrivare a un certo livello attraverso la crescita e un conto è farlo a seguito di una decrescita. La seconda è di carattere macroeconomico: contrariamente a quanto accaduto nella crisi del 2008-9, quando è stata l’intera industria mondiale a fermarsi, questa volta siamo in pochi ad arretrare, men-tre importanti concorrenti stanno crescendo, aggravando i nostri problemi di competitività e quindi la possibilità di un successivo recu-pero. La terza è forse quella più preoccupan-te dal punto di vista sociale e riguarda il fatto che anche se siamo ai livelli produttivi della fine degli anni Novanta, non abbiamo una struttura

produttiva come quella degli anni Novanta, ma ancora sovradimensionata. La situazione è, come si suol dire, a macchia di leopardo: nell’economia bergamasca convi-vono settori che hanno già recuperato con gli interessi i livelli pre-crisi e altri invece che con-tinuano a perdere terreno. La differenza, sal-vo rare eccezioni, la fanno due fattori. Cresce chi riesce a presentarsi su mercati più dinamici di quello interno o direttamente attraverso le esportazioni o indirettamente come fornitori di aziende che esportano. E cresce chi riesce in qualche modo ad avere qualche caratteristica che permette di differenziarsi, in termini di in-novazione, servizio, marchio o così via. Nono-stante questo, in un mercato che è comunque diverso da quello ante-crisi, praticamente tutte le aziende bergamasche, anche quelle che più sono riuscite a sottrarre alla recessione, perché magari contemporaneamente sia esportano, sia hanno caratteri distintivi, negli ultimi anni hanno fatto qualche intervento di ristruttura-zione. Il banco di prova dei prossimi mesi sarà valutare se questa operazione di adeguamen-to al nuovo scenario, che passa essenzialmente per una struttura più snella anche di personale, sia stata sufficiente o ci si debba aspettare ul-teriori interventi.A giudicare dalle cifre, una selezione “darwinia-na” delle aziende efficienti seppure imperfetta – perché anche aziende dalla struttura in ordi-ne sono state travolte da problemi finanziari – è ancora in corso: l’espulsione dal mercato delle imprese più deboli si è anzi accentuata a gennaio 2013, mese che ha registrato un au-mento delle cessazioni e un calo delle aperture

di nuove imprese, con un saldo netto negativo di circa ottocento imprese, assolutamente ine-dito. Anche se per la maggior parte si tratta di aziende “marginali”, per la stragrande maggio-ranza ditte individuali, sono in ogni caso alme-no 800 posti di lavoro autonomo andati persi. Numeri che vanno ad aggiungersi a un livello complessivo degli occupati ulteriormente in calo e a una crescita della disoccupazione nel 2012, mentre gli ammortizzatori continuano a “nascondere” diverse migliaia di posti in realtà senza lavoro. Sempre i dati congiunturali mostrano come principale dato positivo, seppure in leggera attenuazione, l’andamento del mercato estero, mentre resta depresso il mercato interno. Del resto le difficoltà sul versante occupazione e la compressione del potere d’acquisto e del red-dito disponibile stanno deprimendo i consumi, tanto che, sempre secondo i dati camerali, il commercio al dettaglio bergamasco ne ha re-gistrato le conseguenze con un calo del 7,4% su base annua. È difficile che con l’export si possa mantenere l’intera economia bergamasca. Forse anche per questo le previsioni delle imprese industriali sono ancora prevalentemente negative, sep-pure non in peggioramento, per produzione, occupazione e domanda interna. La sensazione è che si vada verso una “crescita quasi piatta”, di quelle che, complice anche una normativa che non aiuta, non stimolano le assunzioni. Ma finché il mercato del lavoro resta in una situa-zione critica, tenendo basso il mercato interno, non possiamo certo aspettarci una ripresa par-ticolarmente vigorosa.

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in evidenzain evidenza

Cimprogetti, la qualità Che punta all’eCCellenza

“Il contenuto immateriale ed intangibile del prodotto su-pererà quello dello stesso prodotto fisico in termini sia di valore che di aspettative per il cliente”. Pierluigi Rizzi (fondatore e presidente di Cimprogetti, azienda leader specializzata nella realizzazione di impian-ti per la produzione di calce in tutto il mondo, nonché Presidente del gruppo Servizi Innovativi e Tecnologici di Confindustria Bergamo) recita il suo “mantra”, pratica meditativa indiana da cui si sente ispirato per spingere la società a non considerare la sola qualità come elemento distintivo nei confronti dei competitors perché secondo la sua visione imprenditoriale “la qualità deve essere una costante per le imprese esportatrici. Per questo motivo Cimprogetti supera il concetto di qualità per arrivare ad un’altra “vision” che è quella dell’eccellenza. Un’eccellen-za che si conquista dai primi approcci con il cliente che sin dall’inizio del rapporto deve avvertire la sensazione di sentirsi accolto, seguito ma soprattutto soddisfatto”. Sembra strano associare i termini immateriale ed intan-gibile ad una realtà imprenditoriale di dimensioni globali. Ma il concetto dell’intangibile è da riferirsi al prodotto che comincia a vivere, nell’inconscio soddisfatto del cliente, ancor prima di essere realizzato. Una filosofia aziendale che si comprende meglio quando si entra nel laborato-rio di Cimprogetti a Dalmine dove vengono custodite le provette con all’interno le pietre calcare e una targhetta che indica la località di provenienza. C’è tutto il mondo: dall’Europa alle Americhe, dall’India al Sud Africa, dal Venezuela al Qatar. È li che il materiale (il calcare pro-veniente dalle cave dei clienti) viene analizzato e stu-diato per dar vita poi alla “customer care”, una sorta di interscambio col committente necessario per una fase di collaborazione e soddisfazione reciproca che entra in azione subito dopo i “performance tests” ovvero dopo che i risultati accertati di prodotto (qualità e quantità) si-ano risultati corrispondenti a quelli contrattuali. “Da li in poi il nuovo rapporto con il cliente diventerà sempre più intenso e costruttivo. Dopo si avrà ancora più bisogno di una maggiore fidelizzazione e di un interscambio di rapporti nel reciproco interesse di Cimprogetti e dell’im-presa committente”. Grazie a questa filosofia d’impresa, Cimproggetti oggi viaggia con un valore di produzione pari a 36milioni di euro in netta crescita rispetto ai valori registrati nel 2010 (24.891mila) e nel 2011 (26.924mila). Il Gruppo imprenditoriale è presente in 40 paesi nei cin-

que continenti e può vantare la realizzazione di più di 400 impianti forniti con successo ai propri clienti e seguiti tutti con attenzione e collaborazione reciproca. “Per far fronte alle accresciute esigenze di espansione globale – spiega Pierluigi Rizzi – Cimprogetti ha voluto strutturare la pro-pria attività in tre macroaree (vedasi foto) governate da tre “directors of sales” coordinati a livello centrale diret-tamente dall’amministratore delegato Oliviero Collarini e supportati da un efficiente team di ingegneri: i “proposal manager”. Attenta alla variabile realtà industriale di tutti i paesi, compresi gli emergenti (Cina, Brasile, India, Sud Africa ecc.) verso i quali Cimproggetti guarda con par-ticolare interesse, la strategia commerciale dell’impresa ha recepito le esigenze delle aziende clienti in fase di sviluppo con notevole fattore di potenzialità e con esse ha compreso la necessità di una maggiore sinergia. Per questa ragione, grazie anche all’eccellente rapporto di fiducia che sta alla base della filosofia imprenditoriale e di cui gode a livello globale, Cimprogetti è stata incari-cata dell’esecuzione di tutte le attività di ingegneria e di procurement necessarie per l’installazione degli impianti sino ad ottenere strutture complete e cioè impianti che nel gergo imprenditoriale vengono definiti Epc (Engine-ering procurement construction). “Con questa formula – spiega il presidente fondatore – negli ultimi due anni abbiamo acquisito commesse di rilevante importanza in Sudafrica (€ 23.847mila), Venezuela (€ 23milioni), Ma-lesia (€ 3.050mila) e Italia (€ 5.200mila). Risultati che ci soddisfano pienamente perché riteniamo siano il frutto di un’evoluzione tecnica ed ingegneristica di grande suc-cesso su tutti i mercati globali. È ovvio che questi risultati impongono atteggiamenti innovativi e capacità correlate da grande impegno aziendale sia dal punto di vista ope-rativo che finanziario”. Cimprogetti ha sempre cercato, in ogni circostanza, di far fronte alle difficoltà di reperire personale preparato ed adeguato alle strategie fondate su innovazione, eccellenza ed espansione dimensionale.Oggi, questo perseverante atteggiamento imprenditoria-le ha permesso di poter contare su risorse umane mol-to qualificate e su un top management efficace, coeso, compatto e pronto alla sfida competitiva globale (vedasi foto). Quindi s’intravede un potenziamento dell’efficienza aziendale e naturalmente la necessità di ulteriore per-sonale dotato di alta professionalità e specializzazione. “Prevediamo un aumento di personale, rispetto all’inizio

di questa nuova strategia commerciale, di circa il 17%. Contiamo entro il 2012 – sottolinea Pierluigi Rizzi – di tota-lizzare un organico di 65 unità di cui 55 a Dalmine più una decina di collaboratori fissi operanti nei vari paesi dove abbiamo un’intensa attività e continuità di rapporti. Tra gli impianti più prestigiosi al servizio di acciaierie di fama internazionale annoveriamo il Qatar Steel Company in Qa-tar i cui forni producono 275 tonnellate di calce al giorno e Jindal Vijayanagar Steel in India con una produzione di calce pari a 330 tonnellate giornaliere. Ma al momento le nostre attenzioni sono concentrate sulla commessa su-dafricana che prevede la realizzazione di forni rigenerativi di calce in grado di ridurre il consumo di energia, rispetto ai tradizionali forni rotativi, di circa il 40%. Un fiume di più di mille tonnellate di calce al giorno per 365 giorni l’anno che saranno utilizzate per il trattamento dei minerali nelle miniere del Sudafrica, dello Zimbabwe, del Botswana, del Congo e di altri paesi limitrofi. Cimprogetti si sente quindi partecipe alla industrializzazione di questi grandi paesi, poiché il baricentro dello sviluppo economico globale si è nettamente spostato dai paesi avanzati ai paesi emergen-ti, primariamente asiatici e poi africani e sudamericani. La nostra filosofia imprenditoriale è considerare quindi questi paesi come mercato domestico”.

LE ORIGINICimprogetti nasce a Bergamo nel 1967 come azien-da fondata dalla famiglia Rizzi e nel giro di poco tempo amplia la propria attività nella progettazione e fornitura di attrezzature e impianti per l’industria della calce. Pier-luigi Rizzi (presidente fondatore) si laurea al Politecnico di Milano nel 1962. La passione per la progettazione di impianti per la produzione di calce la eredita dal padre che ha lavorato per parecchio tempo all’Italcementi. Nel 1969 Cimprogetti diventa una società per azioni e Pier-luigi Rizzi assume l’incarico di amministratore delegato e direttore generale. Inizialmente l’azienda consolida la pro-pria posizione sul mercato nazionale. Il primo impianto viene realizzato in Calabria e precisamente a San Sosti in provincia di Cosenza. Nei successivi dieci anni l’azienda registra una crescita esponenziale ed espande rapida-

mente la propria attività in Europa ed al di la degli oceani. Oggi Cimproggetti fa parte del gruppo austriaco FMW Industrie Anlangenbau di Vienna ed è conosciuta in tutto il mondo per i suoi numerosi impianti e per l’alta tecnolo-gia innovativa e diversificata.

LA SEDEOggi la sede di Dalmine si presenta con una struttura lo-gistica open space e con un design d’arredo sobrio ma funzionale. All’interno dell’ufficio del socio fondatore è esposta un’originalissima scultura d’arte contemporanea realizzata nel 2009 dal maestro Renzo Nucara co-creatore della Craking Art. Un mix di arte, funzionalità e tecnologia che si sposa perfettamente con quelle che sono le esi-genze dell’impresa. Ma il fiore all’occhiello di Cimprogetti è l’attrezzatissimo laboratorio chimico-fisico che trova spa-zio all’interno del reparto di ingegneria. Nel laboratorio ven-gono custodite le provette con all’interno il calcare fornito dalle imprese committenti pronto per essere analizzato e da cui iniziano gli studi di fattibilità (performance test) per poi passare alla fase successiva (customer care) dove en-trano nel vivo i rapporti di interscambio e fidelizzazione con il cliente. Per le sue caratteristiche di specificità e innova-zione, il laboratorio è collegato con altri importanti centri di ricerca tra cui l’università degli studi di Bergamo, l’univer-sità di Magdeburg in Germania e da poco l’istituto Poli-tecnico di Milano. Dal 2008 Cimprogetti ha maggiormente valorizzato la propria internazionalizzazione anche nell’area tecnica di progettazione. Le unità di Dalmine, infatti, si in-terfacciano quotidianamente con la capogruppo FMW di Kirchsletten in Austria e la West di Novogorod in Russia condividendo server e software per la progettazione e per la gestione Plm (Product lifecycle management) di docu-menti attraverso una rete dedicata in fibra ottica. Recen-temente Cimprogetti ha firmato un contratto per l’accesso al Cloud Computing di Telecom Italia che permetterà una maggiore efficienza anche dell’area progettuale e dell’area Crm (Customer relationship management). Il nuovo inve-stimento permetterà all’impresa di utilizzare una tecnologia innovativa di fondamentale importanza che sino ad ora era riservata solo alle grandi realtà imprenditoriali.

Commesse in tutto il mondo, oltre 400 impianti già realizzati e una filosofia che contempla la totale soddisfazione del cliente. Il presidente Pierluigi Rizzi. “Risultati in crescita, grazie anche a risorse umane qualificate e a un top management più che efficace”

Il presidente Pierluigi Rizzi L'amministratore delegato Oliviero Collarini

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StraDE E qUartIErI/

monterossoL’oasi verde che rischia di trasformarsi in ghetto

È cresciuto il numero degli immigrati che abitano nelle case popolari, sono diminuiti i negozi e la piazza ha bisogno di un serio intervento

di Sara norIS

a metà degli anni Sessanta era un quartiere invidiabile, dove boschi, orti e frutteti aveva-no fatto un po’ di posto ai

primi condomini e alle casette ai piedi della collina: un angolo di città che stava nascendo con tutti i vantaggi della posi-zione geografica. Ovvero tanto verde a pochi metri dal centro cittadino. Ades-so, però, Monterosso – le prime case risalgono al 1963 – sembra soffrire di solitudine. I vantaggi del verde e della collina sono ancora quelli – il parco Goisis è un punto di riferimento per i bambini e le famiglie e gli abitanti delle villette più in alto godono di una bella vista sulla Rocca e le torri di Città Alta – ma il quartiere paga il prezzo dell’e-tà. Un quartiere vecchio non solo per i suoi abitanti – in tutto se ne contano 6.200 – diventati sempre più anziani, ma anche nelle strutture: le case popo-lari che si affacciano su piazza Pacati dimostrano tutti i loro anni e cozzano con “le villette dei benestanti”, come sottolinea qualche commerciante, che salgono verso la collina. E la piazza, pur essendo stata ristrutturata una decina di anni fa, avrebbe bisogno di un nuovo in-tervento. Chi lavora attorno alla piazza,

ovvero “il centro di Monterosso”, parla di abbandono, di scarsa attenzione da parte dell’Amministrazione comunale. “Dovrebbe essere il punto nevralgico del quartiere” dicono i commercianti e invece è lasciato all’incuria: ad esempio la fontana, raccontano, “non ha mai fun-zionato. Perché?”. Ma basta spostarsi di pochi metri e tutto cambia. La vicina via Tremana, che col-lega il quartiere alla zona dello stadio, sembra un altro mondo. Ci sono negozi e bei condomini, “c’è più movimento e più gente”. Due realtà opposte, due fac-ce dello stesso quartiere. Sarà forse an-che per questo che non c’è un portavo-ce dei commercianti di Monterosso ed eventi e iniziative sono portate in piazza dalle mamme della scuola elementare Papa Giovanni impegnate da anni ad animare il centro di Monterosso? Alla fine però chi ci rimette è “il cuore del quartiere”. Perché, nonostante l’ora-torio, la polisportiva, le associazioni dei genitori si diano da fare, il rischio è l’abbandono da parte dei giovani op-pure, come dicono all’edicola di piazza Pacati, “che diventi un ghetto per stra-nieri” che rappresentano quasi il 25% degli abitanti. Sono soprattutto maroc-chini, vivono nelle case popolari, fanno vita a sé. Un mondo a parte, appunto.

Ma il quartiere, come fa notare Salvatore Grenci, titolare del Nuovo Piccolo Bar, è di tutti. “Di chi ha le belle case sulla collina e di chi vive sotto. Ma è un buon quartiere. Deve solo ravvivarsi”. O forse essere lasciato meno solo.

CI rACContAnoMonTEroSSo

EnnIo E VaLTEr croSTa (EdIcoLa) Piazza PacatiCome si lavora nel quartiere? “Abbiamo aperto nel 2000 ma lo cono-sciamo da sempre, i nostri genitori vivo-no qui, abbiamo qui gli amici. Ormai co-nosciamo anche i sassi. Si sta abbastanza bene”.

Ci sono molti anziani?“Parecchi. È un quartiere vecchio. È nato negli anni Sessanta, i nostri geni-tori sono qui dal 1966. La gran parte degli abitanti non se n’è mai andata e sta invecchiando qua”.E gli stranieri?“Stanno diventando tanti. C’è il perico-

lo che diventi un ghetto. Di sera, d’esta-te, in piazza ci sono solo loro”.È un quartiere sicuro?“A parte qualche furto si vive comunque bene. Non è il Bronx. Si è sotto la colli-na, a pochi minuti dal centro”.

SaLVaTorE GrEncI(nUoVo PIccoLo Bar)Piazza PacatiDa quanto tempo ha aperto il suo bar?“Sono qui da vent’anni e ne ho viste tan-te. Il quartiere sta cambiando, anche con l’arrivo degli stranieri”.

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

La sua posizione è ottima: sotto la collina, nel ver-

de, a due passi dal centro. Peccato che sia abban-

donato a se stesso. Piazza Pacati avrebbe bisogno

di una seria manutenzione: la pavimentazione è

sconnessa, ci sono buche, la fontana non funziona.

La zona 30 resta un palliativo per un quartiere che

dovrebbe essere residenziale ma che presenta una

piazza inutilizzabile. Un grande pregio: la vista dal-

le “villette” sulla collina.

Ennio e Valter Crosta

Salvatore Grenci

s

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StraDE E qUartIErI/

Quali sono i problemi di Monterosso?“Mancano i parcheggi. Tante case po-polari sono senza box. Manca la manu-tenzione della piazza che è piena di bu-che. E manca anche qualche controllo delle forze dell’ordine”. C’è un’associazione dei commercian-ti che organizza eventi e iniziative?“No, ma ci sono le mamme della scuola elementare che organizzano il mercati-no dell’usato. Il quartiere è un po’ spen-to, dovrebbe essere rivitalizzato”.Un pregio?“Nell’insieme è un buon quartiere, ci sono belle case sulla collina, mentre sot-to è tutto popolare. Purtroppo non sono molte le coppie che acquistano casa e così gli abitanti non si rinnovano”.

nIcoLa MULaS(BarBEr SHoP) Piazza PacatiCome sono i rapporti con i residenti stranieri?

“Non ci sono rapporti, sono un mondo a parte. Da otto anni ho il mio negozio, prima era di mio padre che l’aveva aperto nel 1964, e non ho praticamente clienti stranieri. Loro tengono le distanze. Se an-diamo avanti così si diventerà un ghetto”.È un quartiere molto trafficato?“No, la zona 30 ha limitato molto le auto”.Ci sono servizi?“Pochissimi. C’è un piccolo supermer-cato, ma, per esempio, manca da sette anni la macelleria. C’era la Posta, ma l’hanno spostata in via Tremana”.Cosa non le piace del quartiere?“Non ci sono molti controlli da parte

delle forze dell’Ordine. Certo, ci sono anche posti peggiori di questo…”.

VITo dE PrISco(caFFETTErIa E PaSTIccErIa orcHIdEa BLU) Via tremanaCosa le piace del quartiere?“Ho aperto da poco, ma mi piace la zona, è ben organizzata”. Cosa manca?“Mancano i giovani. La maggioranza della clientela è anziana. La via è comun-que animata, ma i giovani non ci sono”.È una zona tranquilla? “Abbastanza. Anche se la sera un po’ meno”.

Nicola Mulas

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HIntErlanD/ HIntErlanD/

12/DODICIMESIMarzO 12/DODICIMESIMarzO

un paese, tre campaniLi,

L’integrazione fatica a decoLLare

a sorisoLe

“a volte ho l’impressio-ne di essere il sindaco di tre paesi diversi”. Con poche parole

Stefano Gamba, il primo cittadino, ar-riva subito al dunque: Sorisole, con i suoi 9.120 abitanti, distribuiti tra il paese sulla collina e le frazioni di Peto-sino – la più popolosa con i suoi 4mila abitanti – e Azzonica, racchiude in un unico comune realtà contrapposte: la sua conformazione territoriale, ai piedi del Canto Alto, rende il “capoluogo” un piccolo paese di montagna, con stradine strette e pochi negozi tutti attorno alla piazza principale, dove il traffico è ine-sistente e dove manca forse un po’ di iniziativa e vivacità. Chi cerca negozi, bar e locali deve “scendere” giù, a Pe-tosino, la frazione più vicina alla città, quella con maggiori servizi e negozi,

ma anche quella più trafficata. In mezzo, più defilata e residenziale, c’è Azzonica, che soffre però la mancanza di esercizi commerciali. Tre centri, o meglio “tre campanili”, come precisa il sindaco. Tre mondi distinti, fieri del mantenimento della propria identità che, spesso, nella loro lunga storia, ha fatto rima con di-versità: “Qui – ammette il sindaco – c’è sempre stata la logica che se si vuole re-alizzare un’opera o un’iniziativa bisogna triplicarla”. Tutto ciò, per il primo citta-dino, va a scapito della comunità, perché si disperdono le risorse e non si favori-sce l’integrazione di un territorio che già morfologicamente mostra grandi dif-

ferenze: su 12 chilometri quadrati – tan-ta è l’estensione del Comune – si passa dai 225 metri di altitudine di Petosino ai 1.100 del Canto Alto. Ma, campanilismi a parte, anche Sorisole e le sue frazioni soffrono lo sfruttamento del territorio, tanto che l’amministrazione comunale ha messo dei paletti alle costruzioni: non si realizzeranno nuove abitazioni,

ma si recupererà e ristrutturerà l’esi-stente. Anche perché, come fa notare il sindaco Gamba, sul territorio comunale ci sono ben 660 appartamenti vuoti (di cui 150 di nuovissima costruzione). Tra le priorità c’è, piuttosto, la palestra a Petosino o il centro per anziani. Perché, come ricordano i commercianti, alla fine un paese ha bisogno di servizi.

al tranquillo e un po’ isolato borgo “di montagna” fanno da contraltare la residenziale frazione

di azzonica e la vivace, ma traffi cata, Petosino. ovunque vale però la regola della salvaguardia

del territorio e dello stop a nuove costruzioni

di Sara norIS

CI rACContAnoSorISoLE

MaUrIZIo LorEnZI (PanE E caFFÈ) Piazza Bottello

Le piace il paese?“Sì. Sono nato e cresciuto qui. Abbiamo aperto da un anno e si sta bene”.Cosa manca?“Prima c’era tutto, adesso tanti negozi hanno chiuso. Mancano la macelleria, la lavanderia. Ora bisogna uscire dal paese”.Ci sono stranieri?“Sì, abbastanza. Cinesi e marocchini. Qualcuno abita qui da diversi anni ed è integrato. Altri un po’ meno”.

Si organizzano eventi e iniziative?“No, praticamente nulla”.

adrIano SonZoGnI(Bar, EdIcoLa, aLIMEnTarI) Via San CarloÈ da molto che ha aperto il suo negozio?“Questa rivendita c’è da quarant’anni, era di mio padre”.Cosa le piace del paese?“Il fatto di essere nel verde, nella natura. Io sono nato qui, ci vivo e ci lavoro. Mi piace molto”.Cosa invece non le piace?“Sta declinando. Forse per la sua posi-zione, perché non passa nessuno se non chi ci abita o forse per il fatto che non organizzano nulla. I giovani qui non tro-vano niente”.È un paese sicuro?“Abbastanza. Non ci sono grandi problemi”.

MaSSIMo FradEGrada(nUoVa oTTIca) PetosinoCome si lavora in paese?“È un momento complicato, ma restia-mo un paese fortunato”.Ci sono negozi che hanno chiuso?“Qui almeno tre. Ma possiamo dire di stare bene. Petosino è un piccolo cen-tro commerciale all’aperto, c’è tutto. Mancano forse un negozio di scarpe e una profumeria. Nonostante sia una frazione, c’è un’enorme differenza con Sorisole, che paga il fatto di non essere di passaggio”.È una zona trafficata?

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Sorisole ha tutta l’aria di essere un piccolo pae-se di montagna. Tanto verde e pochi negozi. For-se dovrebbe essere un poco più vitale e magari caratterizzarsi con un arredo urbano particolare. Certo, paga il prezzo di essere “in alto”: chi arriva a Petosino, la sua frazione, trova invece molti ne-gozi e non sale in paese. Le differenze si vedono e questa distribuzione del territorio non aiuta a fare di tre centri “un unico campanile”.

Maurizio Lorenzi

Adriano Sonzogni

Massimo Fradegrada

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HIntErlanD/

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“Sì, proprio per questa ragione il Co-mune ha scelto di chiudere al traffico l’ingresso a Petosino la mattina presto. Ma penso che le strade non vadano mai chiuse. Anche se per un tempo limitato, queste restrizioni sono un danno per il paese”.Cosa chiederebbe al Comune?“Un libro di cose! Innanzitutto di col-laborare con più energia, qualcosa si fa, ma serve ancora più presenza, soprattut-to per i servizi. E i negozi. Se servizi e negozi ci sono il paese è vivo”.

nadIa aLBorGHETTI(Bar “c’Era Una VoLTa”) PetosinoUn difetto del paese.“Essendo diviso in tre frazioni è un po’ dispersivo”.Un pregio.“La posizione geografica. Siamo in una bellissima zona. Dobbiamo valorizzare quello che ci sta attorno”.Cosa si potrebbe migliorare in paese?

“Ci vorrebbe una maggiore attenzione verso le persone più deboli, anziani, disabili. L’attenzione c’è, ma dovrebbe essere intensificata, creando una rete fra le famiglie”.C’è un’associazione dei commercian-ti che organizza eventi?“Siamo un po’ chiusi da questo punto di vista. Siamo poco attivi, c’è poca parte-cipazione”.

Le nostre domande a…

STEFANO GAMBA, SINDACO DI SORISOLEScorre velocemente il programma elettorale della sua lista, “Progetto Comune”, che l’ha eletto sindaco nel 2010 e sorride soddisfatto. “Pos-siamo dire di avere già fatto tanto” commenta Stefano Gamba, primo cittadino di Sorisole. E i temi spazia-no dalla viabilità all’attenzione al so-ciale e al volontariato, dai contributi alle scuole del territorio al “no” deci-so alle nuove costruzioni, soprattut-to al centro commerciale a Petosino. E mentre sogna la fermata della Teb 2 – il tram veloce – che “sarebbe una boccata d’ossigeno” per il paese, alleggerendo il traffico della strada provinciale, guarda con attenzione all’area dell’ex Gres Italcementi. C’è qualcosa di nuovo sul futuro di quest’area?“Per il momento no, dobbiamo ca-pire anche con la proprietà come poter valorizzare quest’area che è dismessa dal 2009”.Il traffico è un problema?“Per Petosino sicuramente. Abbia-

mo anche dovuto stabilire il divieto d’ingresso dalle 7 alle 9 per le auto che provengono da Almè, perché la strada veniva utilizzata come scorcia-toia interna. Certo, bisogna coordi-narsi tra le varie amministrazioni per agevolare il traffico sulla provinciale, anche se il nodo cruciale resta quello fra Pontesecco e Valtesse”. Nel vostro programma elettorale eravate contrari alla realizzazione di un centro commerciale a Petosino. Vale anche per le nuove costruzioni?“Eravamo contrari al centro com-merciale e lo siamo ancora. A Peto-sino non serve. E alle nuove costru-zioni metteremo un freno. Il piano di governo del territorio ha stabilito che prima di occupare nuove aree occorre recuperare il costruito. Non sono gli oneri di urbanizzazione il vo-lano dell’economia di un’amministra-zione. È un luogo comune”.Quali opere vorrebbe vedere rea-lizzate per la fine del mandato?“La palestra a Petosino e un centro

per anziani, ma sarà molto difficile. Per il momento dovremmo riuscire a far aprire un ambulatorio medico ad Azzonica. Abbiamo invece installato due impianti fotovoltaici sulle scuo-le del territorio, dato un contributo di 85mila euro alle scuole materne e rifatto il manto erboso del campo sportivo di via Roccoli, un vero cen-tro di attrazione in grado di unire il paese”.I campanilismi sono ancora radicati da questi parti?“Assolutamente sì. Sorisole, Peto-sino e Azzonica sono tre mondi di-versi. A volte mi sembra di essere il sindaco di tre paesi…”.

Nadia Alborghetti

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La scommessa deLLa “bassa”agricoLtura di quaLità e riscoperta deL turismo d’arte

a Spirano, Urgnano, cologno al Serio e Brignano si sta puntando sul settore rurale,

grazie anche al neonato distretto riconosciuto dalla regione,

il primo della provincia, nonché sulla valorizzazione

del notevole patrimonio artistico. c’è però il problema

della scarsità delle risorse.

di GIordana TaLaMona

nella Bassa c’è aria di cambia-mento. Nei territori attra-versati dall’Adda, dall’Oglio e dal Serio si sta tentando

non solo di salvare le proprie tradizioni, ma di farle diventare un punto di forza. A circa dodici chilometri da Bergamo c’è Spirano, paese capofila di un nuovo pro-getto, il primo nella provincia, di rilancio del settore rurale. Si chiama non a caso “Distretto rurale della Bassa bergama-sca”, un riconoscimento che è arrivato nel novembre scorso dalla Regione Lom-bardia e che coinvolge tutte le aziende che operano nei settore del latte, del mais e dell’allevamento. Tra le tante idee di questo nuovo “made in Bergamo”, oltre alla valorizzazione delle risorse rurali e ambientali, c’è quella della realizzazione di percorsi ciclo-pedonali e di una scuo-la casearia a Castel Cerreto, frazione di Treviglio. Tutti assieme per fare squadra, dunque, per rilanciare i prodotti agri-coli di pregio che rappresentano il fiore all’occhiello di questa zona. Nel mese di aprile Spirano ha inoltre inaugurato una tartufaia in zona “Mon-tagnete”, un progetto di alto livello por-tato avanti in vista dell’Expo. Ma questo paese non pensa solo al settore rurale. Dalla quiete del suo centro storico punta al rilancio del commercio con un ban-do comunale che finanzierà, con 5 mila euro, le attività tradizionali quasi del tutto scomparse (la sarta, il ciabattino ecc). Inoltre, proprio per favorire il com-mercio di vicinato, l’amministrazione s

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locale, unico caso nell’hinterland, ha escluso dal Pgt la possibilità che sorgano sul suo territorio dei centri commerciali. A poca distanza c’è Urgnano, caratte-rizzato da un patrimonio monumentale e artistico di rilievo. Il centro storico si sviluppa nella cerchia delle mura della Rocca Viscontea dove, al suo interno, vengono organizzate manifestazioni di richiamo turistico. Oltre alla Rocca è da segnalare il bel campanile del Cagnola, che si erge imponente e maestoso sulla piazza Libertà, con i suoi 54 metri di altezza. Nella frazione di Basella sorge l’omonimo Santuario costru-ito a seguito dell’apparizione ma-riana del 1356, altra chicca imper-dibile di questo paese. Ed è proprio su questo patrimonio artistico che l’amministrazione locale pensa di puntare. L’istituzione di un itinera-rio, all’interno di un progetto inte-grato con la CALT, un’associazione che comprende i principali gruppi della zona, potrebbe essere quindi la chiave di volta per il rilancio di Urgnano, che presto dovrebbe en-trare nelle rinomate guide del Tou-ring Club Italiano. Arrivati nel Comune di Cologno al Serio si rimane affascinati dalla struttura medievale del centro stori-co, rimasta pressoché intatta. Sono ancora visibili le mura con fossato che hanno protetto nei secoli il pa-ese e che, in età moderna, sono state

circondate da una comoda ciclopedonale che permette piacevoli passeggiate, sia durante l’estate che durante l’inverno. Tra le architetture religiose di maggiore interesse, si segnala la chiesa parrocchia-le di Santa Maria Assunta, dalla facciata in stile barocco. Nonostante la crisi, le attività commerciali sono ancora vive a Cologno, valorizzate dall’associazione

“Le botteghe” che organizza manifesta-zioni di richiamo durante tutto l’anno. Con Brignano si entra nei territori del-la Gera d’Adda, estesi su 204 chilometri quadrati e comprendenti 110 mila abi-tanti. Oltre al paese di Brignano, fanno parte di questa zona che prende il nome dalla conformazione del terreno, reso fertile da strati ghiaiosi in profondità,

anche i Comuni di Pagazzano, Fornovo San Giovanni, Moz-zanica, Caravaggio, Treviglio, Calvenzano, Castel Rozzone, Arzago Pontirolo, Canonica, Fara Gera d’Adda, Casirate e Misano. Brignano Gera d’Adda è cresciuto in fretta negli ultimi anni, vedendo aumentare la sua popolazione di oltre mille unità in circa sette anni. Questo ha significato cementificazione, da un lato, e necessario aumento di servizi alla persona, dall’altra, difficile da realizzarsi in tempi di crisi. Tra le opere necessarie al territorio si segnala il nuovo polo dell’infanzia, i cui lavori ini-zieranno in tarda primavera, e la nuova piattaforma ecologica. Di particolare interesse, dal punto di vista storico e artistico, è il palazzo visconteo, sede dell’am-ministrazione locale.

Nelle pagine precedenti, uno scorcio di Brignano.In questa pagina, dall’alto a sinistra, Spirano, Cologno al Serio e Urgnano.

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CI rACContAnoSPIrano

danIELE GHISLoTTI (ParrUccHIErE) Largo europa

Spirano ha avuto cambiamenti signi-ficativi negli ultimi anni?“Non più di tanto. C’è stato un conside-revole aumento della popolazione, ma nel complesso non ha inciso sul com-mercio locale, perché chi vive a Spirano, spesso, lavora fuori, verso Milano o Ber-gamo, tornando a casa in tarda serata”. C’è qualcosa che manca?“No, anzi mi sembra che l’amministra-zione locale abbia lavorato bene in que-sti anni. Forse servirebbe qualche nego-zio di alimentari in più”. Per il commercio c’è qualcosa che in-cide negativamente, a parte la crisi?

“Il fatto che il paese sia tagliato fuori dalle principali vie di comunicazione. Ci devi proprio venire e questo fatto elimi-na del tutto la clientela di passaggio”. Qualche negozio ha chiuso?“Quelli di recente apertura sì, mentre i commercianti storici riescono ad andare avanti”.

SILVano ManGILI(Bar EUroPa) Via galileo galileiLa sua è un’attività storica, quindi potrà dirmi com’è cambiato il paese. “Negli ultimi cinque-sei anni ha visto aumentare sensibilmente la propria po-polazione”. Si sente la crisi?“Sì, anche se noi, che siamo radicati sul territorio, riusciamo ad andare avan-ti. Per venire incontro ai nostri clienti abbiamo deciso di bloccare i prezzi dal

2012 al 2016, anno in cui festeggere-mo i 100 anni di attività”.Cosa manca al paese? “Vie ciclabili, come hanno altri paesi dell’hinterland. Se ne sente la mancanza soprattutto d’estate. Inoltre servirebbe una farmacia in più, perché quella che abbiamo non riesce a coprire i bisogni di tutta la popolazione”. Le piace il paese?“Sì, molto. Tra le altre cose abbiamo il Parco di San Rocco e il bosco dei fonta-nili, apprezzati anche da fuori”.

andrEa SonZoGnI(SaLUMErIa) Via FiumeLei ha rilevato l’attività da pochi anni. Con la crisi i suoi clienti hanno cambiato abitudini?“Non fanno scelte alternative, passando, per esempio, dal crudo al cotto, semmai riducono il consumo”. I centri commerciali quanto incidono?“Ce ne sono talmente tanti che ormai non ci si fa più caso. È cambiata la men-talità, soprattutto dei giovani”. Manca qualcosa al paese?“No, c’è tutto”.

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Un paese tranquillo, dove è diffi cile capi-tarci per caso, ma se succede è molto pia-cevole conversare con i suoi abitanti, pas-seggiando per le belle vie del centro.

Daniele Ghislotti

Da sinistra Andrea Mangili, Carmen Briones e Silvano Mangili

Andrea Sonzogni

MarIanGELo FInaZZI(PanIFIcIo FInaZZI) Piazza Libertà

Quali sono le attività economiche del territorio?“Nel paese rimangono piccole e medie aziende, ma nel complesso la maggior parte della popolazione va fuori per la-vorare”. E il commercio?“I magazzini dei negozi sono quasi tutti vuoti, si cerca di tenere il minimo indispensabile, senza fare scorte che rischierebbero di rimanere invendute. Passano i rappresentanti tutti i giorni, ma inutilmente”. Avete un’associazione dei commer-cianti?

“Una volta c’era, ma è durata poco…”. Un pregio?“Che fino ad ora non sono arrivati grossi supermercati sul nostro territorio. Cre-do che siamo rimasti l’unico paese, per fortuna. Almeno quello…”.

FaBIo dI rocco (FIorErIa crEMaScHI) Via garibaldiQual è stata la vostra strategia com-merciale?“Visto che negli anni i gusti e le abitu-dini delle persone sono molto cambiate,

abbiamo cercato di essere attenti alle nuovo tendenze, per accontentare la nostra clientela. Tutto questo fino alla crisi, da lì tutto è stato molto più com-plicato”.A cosa rinunciano?“Sia per i matrimoni, che per i funera-li, fanno il minimo. D’altra parte il no-stro è un articolo non è necessario per le famiglie, il primo su cui si decide di tagliare”. La cosa peggiore per un piccolo com-merciante?“I centri commerciali, qui ne siamo circondati. E conta poco il fatto di non averne sul nostro territorio, perché ba-sta prendere la macchina e fare due chi-lometri per trovare il primo”.

Le nostre domande a…

GIOVANNI MALAChINI, SINDACO DI SPIRANOSpirano ha vinto la scommessa per il riconoscimento del primo Distret-to rurale della provincia di Berga-mo. Ce ne vuole parlare?“Spirano è capofi la di un progetto che ci riempie di orgoglio, partito due anni fa con la richiesta di adesioni ad enti, aziende, scuole e istituzioni. Si tratta di un Distretto rurale dei pro-dotti agricoli di qualità della Bassa bergamasca che darà nuove opportu-nità al territorio e ai produttori. Le ini-ziative saranno innumerevoli: verran-no realizzati percorsi ciclo-pedonali, ci sarà una promozione ad hoc delle fattorie didattiche e verrà creata una scuola casearia per avvicinare i giova-ni al mondo del formaggio e dell’al-levamento. Il Distretto Rurale è nato soprattutto per aiutare l’agricoltura, un settore che va sostenuto. Il logo “Alta qualità Bassa bergamasca” è

già in fase di realizzazione”. E per il commercio?“Abbiamo escluso dal Piano di go-verno del territorio la nascita di cen-tri commerciali, proprio per favori-re il commercio di vicinato. Inoltre abbiamo appena istituito un bando col quale fi nanzieremo, con dei con-tributi speciali, le attività tradiziona-li scomparse dal territorio in questi anni, come ad esempio, il calzolaio e la sarta. Il fi nanziamento è di 5 mila euro per ogni attività”.Come sta impattando la crisi?“Tutti i giorni mi trovo ad affronta-re casi di cittadini che mi portano curricula per trovare lavoro; do loro una pacca sulle spalle e una parola di incoraggiamento, senza essere in grado di aiutarli. Le risposte a questi giovani devono arrivare dalla politica nazionale o dall’Europa, mentre tutto

quello che il Governo sa chiederci è di fare ulteriori sacrifi ci. Spirano ha oggi 900 mila euro fermi in banca che non possono essere investiti, né per le politiche sociali, né per la costruzio-ni di altre infrastrutture. In due anni, inoltre, i trasferimenti sono passati da 1 milione e 85 mila euro a 585 mila euro. È scandaloso, soprattutto se penso che da Spirano, tra imposte di-rette e indirette su aziende, cittadini e persone fi siche, arrivano a Roma tra i 10 e 20 milioni di euro”.

Mariangelo Finazzi

Fabio Di Rocco

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CI rACContAnoUrGnano

TancrEdI ondEI (VEccHIa SaIGon)Piazza LibertàLei è stato via 20 anni dal paese. Come l’ha trovato al suo ritorno?“Mi pare che abbia fatto innumerevoli passi indietro. Vent’anni fa questa piazza era sempre piena di ragazzini e di adulti, mentre oggi è pressoché deserta”. Su cosa si basava l’economia di Ur-gnano?“Sulle concerie e sul tessile. I settori da-vano lavoro a buona parte della popola-zione, mentre oggi sono rimaste un paio di aziende appena”. Sono state costruite nuove infrastrut-ture?“Mah, non mi pare. Il paese è rimasto lo stesso, con l’aggravante che è aumentato il traffico. Sono tornato da un anno e mezzo, ma sto già pensando di andarmene”.C’è un’associazione dei commercianti?“Sì, che organizza importanti eventi.

Ha organizzato le Notti Bianche, due anni fa, e mi è stato detto che la gente comprava…Quest’anno molto meno. Si sono salvati i bar, per il resto nessuno ha venduto niente, me compreso”.

GIanLUIGI FErrI(aLIMEnTarI) Piazza LibertàCom’è cambiato il paese?“Una volta c’erano sedici salumieri, nove macellai, nove fornai, mentre oggi i negozi di alimentari si contano sulle dita di una mano”. Tutto questo con la crisi?“Ma no, da quando sono arrivati i centri commerciali! La crisi è un bluff, perché c’è, ma i commerciali sono sempre pieni”. Manca qualcosa al paese?“No, per me c’è tutto. Hanno appena ristrutturato la piazza e mi sembra che le cose essenziali ci siano”. Qualcosa da migliorare? “La viabilità, perché c’è una strada sola

che collega Bergamo a Crema ed è sem-pre intasata”.

GIUSEPPE anGErETTI(cEnTro Moda dI anGErETTI) Via matteottiChe paese è Urgnano?“Tradizionale, non mi sembra che sia cambiato eccessivamente. Io avrei pre-ferito che, al contrario, si modernizzas-se di più”. Cosa serve?“Lo vedo spento, soprattutto la sera nel centro storico. Altri paesi dell’hinter-land, come Cologno, mi sembrano mol-to più vivi”. Andrebbe valorizzata di più la piazza?“Sì, mancano le attività commerciali e qualche festa in più”.E la Rocca richiama pubblico?“Certamente, quando c’è la festa annua-le, il castello e la piazza si riempiono di gente. Li vorrei sempre così. Forse an-

Tancredi Ondei Gianluigi Ferri Giuseppe Angeretti

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Cinto dalle mura medievali, da cui svetta la

rocca Albani, Urgnano è una piacevole sco-

perta. Cittadini cordiali e molto accoglien-

ti, aumentano la sensazione che la qualità

della vita sia ancora alta.

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che la Rocca andrebbe meglio valorizza-ta turisticamente”. Mancano delle infrastrutture?“No, abbiamo tutto”.

aLBErTo cHInELLI(coLorIFIcIo cHInELLI)Via matteottiCom’è la viabilità?“Quella del paese è abbastanza scorre-vole, a parte la Provinciale dove c’è una rotonda in cui si crea spesso coda, a cau-sa del traffico pesante”. Come hanno inciso sulla vostra attivi-tà i centri commerciali?“Abbastanza, però credo che se un com-merciante è competente, serio e man-tiene prezzi onesti, può andare avanti, nonostante le difficoltà”. Perché venire a Urgnano?“Abbiamo monumenti stupendi: la Roc-

ca, il Santuario di Basella e il campani-le, tra i più belli del nord Italia. Certo io sono di parte, ma secondo me si sta bene”. La criminalità?“Come in tutti i paesi”.

GIUSEPPa PIro (PETEr Pan aBBIGLIaMEnTo)Piazza LibertàVoi siete aperti da circa un anno. Un primo bilancio?“Non va malissimo, ma le spese non fi-niscono mai”. Le piace il paese?“Sì, molto, è tranquillo”. Il futuro? “È grigio. Fino a che lo Stato o le ban-che non inizieranno ad aiutare, seria-

mente, chi ha un attività, avremo tutti un futuro incerto”. Crede che la Rocca andrebbe meglio valorizzata?“Sì, per portare gente in centro. Quan-do fanno la festa del paese mettono le bancherelle in viale delle Rimembranze, non in piazza. Un vero peccato”.

Le nostre domande a…

EFREM EPIZOI, SINDACO DI URGNANOCi sono delle novità sullo snellimen-to del traffi co sulla Provinciale cre-masca che taglia in due il paese?“È allo studio della Provincia una nuova bretella che, secondo i pro-getti, dovrebbe nascere in parallelo alla Cremasca, portando fuori buo-na parte del traffi co sul nostro ter-ritorio. Il problema è il reperimento delle risorse per realizzare questa strada assolutamente necessaria per il nostro territorio. Per il momento non possiamo che attendere”. I monumenti sono tra i punti di for-za di Urgnano. È possibile credere in una reale vocazione turistica del paese?“Noi ci crediamo molto. Pochi mesi fa abbiamo avuto la visita di un de-legazione del Touring e, se tutto va bene, il nostro paese sarà inserito nelle loro guide. Stiamo progettan-do un’associazione, la CALT, che ri-unirà i gruppi del territorio e che, ce lo auguriamo, rilancerà la vocazione turistica di Urgnano”. Non trova che il centro storico si stia spegnendo?“Non è una questione legata a Urgna-no, ma a tutti i centri storici del terri-torio. Oggi si vive sempre meno nel proprio paese, preferendo alle piazze i grandi centri commerciali. Trovo, in

ogni caso, che rispetto ad altre realtà, Urgnano sia ancora molto viva, grazie anche al lavoro che sta facendo la no-stra associazione dei commercianti”. Esiste un progetto per la nascita del Distretto del commercio?“Stiamo sentendo i Paesi limitrofi per studiare un’eventuale collaborazione che porti alla nascita di un Distretto. Al momento, tuttavia, il progetto è ancora in fase embrionale”. Quali sono le prossime opere previ-ste sul territorio?“Quando ci siamo insediati, un anno e mezzo fa, abbiamo individuato nel-la ciclopedonale che porta al Santua-rio di Basella la prima opera neces-saria. Anche in questo caso stiamo valutando come reperire le disponi-bilità di copertura”.

Alberto Chinelli

Giuseppa Piro

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CI rACContAnocoLoGno aL SErIo

HE XIaoFEn(STILE aLLa Moda) Via Veneto Come ha inciso la crisi nella sua attività?“È quasi tutto fermo. L’anno scorso è andata male, quest’anno peggio. Ho ri-dotto quasi della metà il fatturato”. La clientela è del paese?“Sì, anche perché non siamo su una strada di passaggio. Non c’è neanche turismo, purtroppo”. Il paese le piace?“No, non molto. Se una cosa che vendo costa tre euro, mi chiedono di farla pa-gare cinquanta centesimi”.

GaBrIELLa MoraTTI(ParrUccHIEra UnISEX)Via Vittorio Veneto Lei è attiva dal 2005. I suoi clienti han-no cambiato abitudini con la crisi? “Sì, soprattutto sulla frequenza del ta-glio. Prima venivano tutti i mesi, adesso

aspettano. I capelli lunghi, prima, dava-no fastidio, adesso sembra che più nes-suno ci badi”.Manca qualcosa al paese?“Per esempio, proprio davanti al mio negozio, c’è una casa diroccata che avrebbe bisogno di un restauro alla fac-ciata. Le altre vie, al contrario, sono te-

nute con più decoro”. È un paese che consiglierebbe?“Mah sì, è carino e molto tranquillo. C’è il giro delle fosse che, soprattutto du-rante l’estate, è molto piacevole”.

naIda LocaTELLI(carToLIBrErIa) Piazza garibaldi La sua è un’attività storica, quindi potrà dirmi i cambiamenti più signi-ficativi del paese. “C’è stato un netto peggioramento. Se prima di sera si poteva uscire tranquilli, adesso c’è da aver paura. È una sensa-zione brutta, che mi spinge a chiudere”. Le dispiace?“Certamente, questa era l’attività di mia suocera e ci ho passato 43 anni… Se la situazione in paese fosse stata diversa, Gabriella Moratti

PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Il paesino sarebbe anche molto gradevole, se non fosse che i suoi cittadini sono tutti troppo discreti, poco propensi a parlare con sconosciuti, a parte qualche rara per-sona illuminata. Un vero peccato.

avrei continuato, ma ora non mi è più possibile, visto che sono sola”. Non c’è nessuno che le dà una mano?“Non più. Mio marito era un giornalista del Corriere, ho avuto l’onore di cono-scere Oriana Fallaci ed Enzo Biagi…”.Ci sono stati casi di criminalità?“Non nei miei confronti, per fortuna. Pensi che una volta chiudevo alle 21. Adesso chi ha il coraggio?”.

GIoVannI IErardI (HoTEL rISToranTE VILLaManZonI) Piazza garibaldiAvete aperto questa attività da circa tre anni. Perché proprio qui?“Abbiamo avuto l’occasione di restaura-re questa villa padronale dell’Ottocento, proprio nel cuore del centro storico, dove il contesto delle mura fortificate di Cologno dava alla location un’aurea suggestiva ed elegante”.

Lei viene dal Lazio, come le sembrano i bergamaschi?“Vorrei sfatare il mito della poca acco-glienza del nord. Trovo le persone di qui molto aperte ed espansive. Dopo tre anni il bilancio è più che positivo”.Qual è la chiave per resistere alla crisi?“L’accoglienza, la qualità del servizio, uniti alla scelta di prodotti di alto livello. I clienti devono sentirsi a casa propria”.

Cosa ne pensa dell’associazione com-mercianti “Le Botteghe di Cologno”? “È un’associazione vitale, che lavora molto bene sul territorio”. Il valore aggiunto di Cologno?“Il piccolo problema, al di là dell’appar-tenenza politica, si risolve, perché siamo in un contesto ancora a misura d’uomo, quel quid in più che fa la differenza, ri-spetto a una grande città”.

FrancESco BIaVa(oTTIca PaVonE E VaLLI)Piazza Vittorio emanueleSiete aperti da circa un anno. Un pri-mo bilancio?“È ancora prematuro, perché l’articolo che vendiamo non permette di capire fino in fondo quanto stia incidendo la crisi nel nostro settore”. Trova, tuttavia, che qualche abitudi-ne sia cambiata?

Da sinistra, Roberto Aglio, Laura Garlini e Giovanni Ierardi

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“Se prima il 70% della clientela entra-va e acquistava subito, mentre un 30% chiedeva un preventivo, oggi la casistica è rovesciata”. Quanto è importante sostenere l’as-sociazione delle Botteghe?“Molto, perché durante gli eventi c’è un buon ritorno e non solo di immagine. Trovo che nel complesso l’associazione stia facendo un buon lavoro”. Le piace Cologno?“Sì, tra i paesi del circondario è tra i più belli. È piacevole passeggiare lungo tut-ta la cintura medievale, sia d’inverno che d’estate”.

Le nostre domande a…

CLAUDIO FRANCESCO SESANI, SINDACO DI COLOGNO AL SERIOIl tema della sicurezza è tra i più sentiti nella zona. Cosa avete fatto a riguardo da quando vi siete inse-diati nel 2011?“Abbiamo intensifi cato i controlli della nostra polizia locale, in colla-borazione con i carabinieri di Urgna-no, e abbiamo messo in funzione le telecamere di videosorveglianza. Per quanto riguarda i commercian-ti e le ditte, non si segnalano mol-ti furti, mentre sono più frequenti nelle abitazioni. Cerchiamo di fare il possibile, in base anche ai fondi che abbiamo a disposizione. In ogni caso manteniamo la guardia sempre alta sul tema della sicurezza”. Come valuta l’impatto della crisi sul suo territorio, sia da un punto di vi-sta economico che sociale?“Buona parte della popolazione di Cologno è impegnata nell’edilizia, un settore oggi in profonda crisi. Sem-pre più spesso, quindi, ci troviamo a ricevere cittadini che sono in diffi -coltà e che ci chiedono di indirizzar-

li a qualche azienda, per un lavoro. Al momento la maggior parte della popolazione riesce ancora a lavorare otto ore, ma la percentuale dei di-sagiati sta velocemente crescendo. Stiamo cercando, dunque, di trovare il modo di far insediare, nel nostro territorio, delle nuove aziende”. Ha già preso contatti con qualche imprenditore?“Sinora non è arrivata nessuna buo-na proposta, purtroppo. Essendo contro i centri commerciali, che han-no messo in ginocchio i negozi di

vicinato, abbiamo solo autorizzato l’insediamento di un supermarket di media struttura che ha garantito qualche nuovo posto di lavoro”. Venendo proprio al commercio, come sta collaborando l’amministra-zione con l’associazione “Le botte-ghe di Cologno”?“Stiamo cercando di dare sostegno sia a loro, che ai commercianti che non sono iscritti al gruppo. Quest’e-state, per esempio, abbiamo dato disponibilità alla chiusura del cen-tro storico per gli eventi organizza-ti dall’associazione, come la Notte Bianca, che mi sembra abbiamo avu-to un buon ritorno, soprattutto per i bar e le pizzerie”. Quali sono i prossimi obiettivi per il 2013?“Con i tagli dei trasferimenti statali, diminuiti negli ultimi tre anni di oltre il 50%, (da 1 milione e mezzo a 700 mila euro), non possiamo che occu-parci esclusivamente dell’ordinaria amministrazione”.

Francesco Biava

CI rACContAnoBrIGnano GEra d’adda

aMInE BaHI(IL Bar dEL coITa) Via Palazzo

Siete aperti da circa sette anni. Perché proprio qui?“Sono cresciuto qui e la mia famiglia è perfettamente integrata nel territorio. Ricordo, tuttavia, che quando rilevam-mo il bar ci fu un certo scalpore a Bri-gnano. L’accoglienza è stata comunque molto positiva”. La crisi?“Si sente, eccome. Chi al nord “vive per lavorare”, sta molto più attento rispetto a prima, mentre chi ha origini del sud e “lavora per vivere”, spende ancora. Al di là della crisi, dunque, è una questione di mentalità diverse”. Cos’è cambiato di più?“Il morale del paese. È spento. Anche i giovani della mia età, li vedo senza spe-ranze, come se ormai si fossero assue-fatti a una situazione di immobilismo. In parte è colpa della televisione che ha creato falsi miti”.

Amine Bahi Avete un’associazione dei commer-cianti?“No. Avevo proposto di crearne una dei baristi, visto che siamo molti in paese, ma è stato impossibile”. Mancano delle infrastrutture?“No, c’è tutto. È anche in arrivo un su-permarket che, purtroppo, inciderà sui due alimentari del paese”.

IGIno nISoLI(Bar IMPEro) Via Palazzo Siete aperti dal 1946. È cambiata molto Brignano?“Sì, soprattutto nell’ultimo decennio. Trovo che si sia edificato troppo e ciò ha svuotato il centro e allargato la periferia”. È diventato un paese-dormitorio?“Per fortuna no, anzi qui c’è ancora gen-te che “vive” il paese. Nel nostro bar, in particolare, c’è ancora chi si ritrova a giocare a briscola come una volta”. Che paese è Brignano?

“Molto tranquillo, ancora a misura d’uo-mo. È il classico paese dove ci si conosce ancora tutti e scambiare quattro parole è ancora possibile. Forse la sera si è svuo-tato un po’ rispetto al passato”. La concorrenza degli altri locali ha inciso sulla sua attività?“Non più di tanto, perché nel nostro ri-storante si fa ancora cucina tradizionale. Anzi credo che siamo rimasti i soli nella zona”.

Da sinistra Igino Nisoli, Francesca Pinotti e Laura Nisoli

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PAESE CHE VAI…LE NOSTRE IMPRESSIONI

Un bel paesone, con un buon andi-

rivieni di gente sia nel centro che

nella periferia. Cordiali i suoi citta-

dini.

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prOvInCIaLA/ prOvInCIaLA/

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Il futuro?“Nonostante la crisi, voglio essere otti-mista”.

JaLaL aLLaoUI(PIZZErIa dEL caMPIonE)Via XXV AprileLei ha recentemente rilevato l’attivi-tà, dopo averci lavorato per 22 anni. Le piace il paese? “Sì, anche se è cambiato molto. Negli anni si è allargato tanto, forse troppo. Mi sembra che stia morendo, non c’è più quel clima di entusiasmo e di affiatamen-to di qualche decennio fa”. L’amministrazione locale è vicina ai commercianti?“Sì, le iniziative non mancano. Nono-stante non ci sia nel paese un’associazio-ne dei commercianti, l’amministrazione organizza degli eventi che possono sti-molare il commercio, come la “Notte Bianca” e “Buon Gusto a Palazzo”. Cosa manca?“La partecipazione dei cittadini. Duran-te l’evento “Buon Gusto a Palazzo”, per

esempio, erano di più i visitatori da fuori, che gli stessi brignanesi. Un vero pecca-to, perché sono tanti gli artigiani e i pro-duttori importanti nel nostro territorio”.

PaoLo ToFFETTI(Bar San rocco) Via ViscontiLa sua attività è aperta dal 1933, tro-va che Brignano sia cambiata molto?“È arrivata gente da fuori, non solo ex-tracomunitari, ma anche italiani che sono venuti a vivere qui per i costi me-diamente più bassi delle case, rispetto a Bergamo o a Treviglio”. Un tema delicato?

“Quello della sicurezza, qui come in altri paesi vicini è molto sentito. Dopo una certa ora c’è il coprifuoco, ma temo che sia così ovunque, oramai. Sento molti clienti lamentarsi del fatto che, nella Bergamasca, i furti in casa sono aumentati molto”. Qualcosa che si è perso rispetto al pas-sato?“Non si socializza più, le piazze si svuo-tano e la comunicazione viene lasciata nelle mani dei cellulari e dei nuovi social network”. La crisi ha cambiato qualche abitudine?“Sì, ho notato che in special modo i gio-vani tendono a indirizzarsi, sempre più spesso, verso il tabacco, rispetto alla si-garetta. I costi del tabacco, infatti, sono molto più bassi”.

VaLEnTIna canò(caSEIFIcIo La VIa LaTTEa)Via Provinciale per VerdelloQual è la chiave del rilancio dei terri-tori della Gera d’Adda?“È da quando ho iniziato questa attivi-

Jalal Allaoui

tà, 15 anni orsono, che dico, a destra e a manca, che all’estero non vendono un prodotto, ma il territorio. È chiaro che ogni piccolo produttore, in Italia, faccia fatica a vendere il proprio prodotto se non c’è un territorio che, come nel caso della Francia, riesca a veicolarlo”. Manca il sistema?“Certamente, non solo qui, ma in tutta Italia. Non abbiamo, per esempio, una fiera credibile del settore caseario, dove si parli di lavoro e di vendita”. Questo territorio sarebbe “vendibile”, al pari di altri territori internazionali?“Ce l’avevamo un territorio, poi si è pre-ferito investire sul settore industriale ed edilizio, tralasciando quello agricolo. Basta vedere la moria di aziende agrico-le negli ultimi 20 anni, per capire cosa avevamo e cos’abbiamo oggi. Siamo pieni di strade e capannoni, quest’ultimi per lo più vuoti”. Il futuro?“C’è il progetto Nutri Milano per il 2015, sul quale forse si potrà ancora puntare. In generale trovo che il settore agroalimentare sia stato molto penaliz-zato negli ultimi decenni”.

Le nostre domande a…

VALERIO MORO, SINDACO DI BRIGNANO GERA D’ADDARiguardo al tema della sicurezza, cosa avete fatto da quando vi siete insediati nel 2009?“Quando sono arrivato i vigili non erano sufficienti, quindi ho indetto un bando per l’assunzione di un coman-dante. Inoltre ho creato un assesso-rato alla Sicurezza che si interfaccia regolarmente con la polizia locale e abbiamo installato qualche teleca-mera in più sul territorio comunale. La sicurezza è un tema molto sentito, ma servirebbero più risorse per presi-diare meglio il territorio, non solo da parte della polizia locale, ma anche da parte di tutte le forze dell’ordine. Noi cerchiamo di fare del nostro meglio”.Come sta impattando la crisi sul suo territorio?“In maniera palpabile. Essendomi insediato proprio nel 2009, ho avuto modo di vedere tutta la crisi come amministratore locale, percependo

da vicino quanto sia peggiorata la situazione delle famiglie. Riceviamo costantemente richieste di aiuto, nell’ordine del 15%-20% in più ri-spetto al 2009, da parte di chi non ri-esce più neanche a pagare le bollette del gas e dell’elettricità. Proprio per questo abbiamo deciso di aumenta-re le risorse per il settore sociale, an-che se sono comunque molto basse rispetto alle necessità. Inoltre colla-boriamo attivamente con la Caritas locale, a cui abbiamo recentemente dato un piccolo contributo”. So che è stato approvato un pro-getto preliminare sul nuovo polo dell’infanzia. Ce ne vuole parlare?“Brignano è cresciuto molto negli ultimi sette anni, a causa dell’ultimo boom edilizio. In breve la nostra po-polazione è aumentata di oltre 1000 cittadini, per questo il nuovo polo dell’infanzia è una struttura necessa-

ria. Abbiamo molte richieste da par-te delle famiglie che non riescono a essere assorbite dal nostro asilo pub-blico, che contiene circa 70 bambini e da quello privato, che ne assorbe circa 130. Spero di poter posare le prima pietra in tarda primavera”.Ci sono altre opere previste?“Termineremo l’ampliamento del cimitero e speriamo di realizzare la nuova piattaforma ecologica. Quella che abbiamo ora, infatti, è obsoleta e non più in grado di rispondere alle necessità del territorio”.

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in evidenza in evidenza

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Il Consorzio di Bonifica della Media Pianura Bergamasca bandisce un nuovo concorso d’arte rivolto a tutti gli arti-sti, professionisti e non, senza limiti di età e residenti nel territorio bergamasco dal titolo “Acqua: Stile Libero”.Il tema di quest’anno è un’esortazione a cogliere i vari aspetti legati all’acqua. Il titolo rappresenta perciò un’in-dicazione, un invito per tutti gli artisti alla realizzazione di opere d’arte che abbiano come tema l’acqua nella sua accezione più ampia. Un’esortazione a sperimentare e sviluppare diverse forme artistiche, a fine di collocare l’e-lemento acqua all’interno del proprio mondo immaginati-vo e del proprio fare creativo.Pittura, fotografia, video, scultura, ogni tipologia di opera d’arte sarà presa in considerazione. La qualità, la ricerca, la contemporaneità e l’attinenza al tema proposto rap-presenteranno i criteri fondamentali della selezione. Ogni artista potrà partecipare con più opere, ma una sola par-teciperà all’assegnazione dei premi finali.

Le immagini e le specifiche relative alle opere d’arte do-vranno essere inviate all’indirizzo mail [email protected] entro il 31 marzo 2013. Tramite una votazione che sarà effettuata online sulla pagina del concorso www.amica-acqua.it dagli utenti registrati in Facebook, sarà possibile esprimere la propria preferenza, entro il 28 aprile 2013, votando una delle opere in gara.Le 20 opere d’arte più votate parteciperanno alla mo-stra-evento finale presso l’Archivio di Stato di Bergamo, che verrà inaugurata il 9 e si chiuderà l’11 maggio 2013. Sarà inoltre prodotto un catalogo con testi critici. Saran-no infine gli stessi artisti nel giorno dell’inaugurazione a decretare i vincitori.L’iniziativa si colloca nell’ambito di quanto il Consorzio sta compiendo per la promozione, la valorizzazione delle risorse acquifere e la salvaguardia del territorio da eson-dazioni.Per maggiori informazioni è possibile consultare il bando del concorso su www.amicaacqua.it o chiamare il nu-mero 035 322734.

L’iniziativa, promossa dal Consorzio di Bonifica della Media Pianura Bergamasca, invita tutti gli artisti residenti nel territorio bergamasco alla realizzazione di opere d’arte sul tema dell’acqua

ConCorso d’arte “aCqua: stile liBero”

Alcune foto dell'edizione 2012

“amiCa aCqua 2013storie ed immagini sull’aCqua”

La grande iniziativa-ricerca per le scuole di Bergamo e provincia promossa dal Consorzio di Bonifica della Media Pianura Bergamasca

Portare nella scuola la realtà e gli aspetti vitali del mondo-acqua, promuovendo tra i ragazzi una maggiore cono-scenza sul bene-acqua e su tutto ciò che rappresenta quest’elemento per l’essere umano, per il mondo natu-rale, per la società e l’economia. Raccontare la vita e l’im-pegno di chi lavora per l’acqua ed affinché l’acqua – ed il suo uso – non vadano sprecati, ma salvaguardati e gestiti in modo corretto e responsabile.È questo l’obiettivo generale di “AMICA ACQUA”, pro-mossa dal Consorzio di Bonifica della Media Pianura Bergamasca tra le scuole dell’infanzia, primarie e secon-darie di primo grado della provincia di Bergamo. Giunta quest’anno alla quinta edizione, l’iniziativa ha sempre in-contrato un ampio consenso da parte delle scuole.Il tema “STORIE ED IMMAGINI SULL’ACQUA” può es-sere sviluppato negli stili e nelle forme grafiche ed espres-sive più diverse, secondo la creatività di ognuno. Viene dunque chiesto ai giovani alunni di “lavorare sull’acqua”, ossia: indagare, verificare ed approfondire il ruolo, l’im-portanza e la presenza dell’acqua nel proprio paese, nel proprio quartiere e nel proprio territorio. Si invita a “leggere” e a documentare l’ambiente, a rac-contare di fiumi e ruscelli, rogge e torrenti, stagni e fonta-nelle, fonti e sorgenti e così via, narrando storie, tradizio-ni, aspetti e curiosità legati alla “propria acqua”. I lavori potranno essere presentati nelle forme e con i supporti più vari: album, opuscoli, fascicoli, giornali sco-

lastici, audiocassette, videocassette, cd-rom e così via. Il prodotto delle proprie osservazioni “sul posto” potrà es-sere presentato sottoforma di disegni, fotografie, scritti, registrazioni audio, interviste ed immagini televisive. I lavori dovranno essere realizzati e spediti entro il 31 marzo 2013 al seguente indirizzo: Mediatek, via T. Tasso, 51 - 24126 Bergamo. Una commissione giudicatrice se-lezionerà poi gli elaborati ed attribuirà i premi previsti. La premiazione avrà luogo nel mese di maggio 2013 in pro-vincia di Bergamo alla presenza delle scuole premiate. L’iniziativa “Amica Acqua” ha coinvolto nelle quattro edizioni finora svoltisi oltre 200 scuole, le quali hanno raggiunto risultati ed esiti che hanno impressionato per qualità, consapevolezza ed attinenza al tema proposto meritando così, per l’impegno dimostrato, i riconosci-menti ricevuti.Non solo alunni bergamaschi. Tanti gli elaborati, molti dei quali di grande impatto visivo, ricevuti negli anni dagli alunni delle scuole della Lombardia e del resto dell’Ita-lia. Una dimostrazione di come il tema dell’acqua attiri e coinvolga un gran numero di studenti. Per informazioni www.amicaacqua.it .

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lIBrOiL/

La comparsaun romanzo suLL’itaLietta

che premia i mediocri

È già un piccolo caso editoriale, anche sui social network, l'opera prima del giornalista andrea Tortelli

parla di quell’Italia in cui gli uomini senza virtù vengono sistematicamente premiati “La comparsa” (Gam edito-

re), romanzo di debutto del giornalista bresciano Andrea Tortelli. Un piccolo caso editoriale che parte dalla provincia, ma che sta già raccogliendo interesse in tutta la Penisola e che si sta diffondendo velocemente – in maniera virale – sui principali social network. Anche grazie a un simpatico concorso/tormentone via Facebook in cui i volti dei lettori si accompagnano al libro negli autoscatti via cellulare, contendendosi – sulla base del numero di “mi piace” raccolti – un aperitivo con l’autore e una vera bom-betta inglese, come quella del personag-gio raffigurato in copertina.Il libro – in vendita nelle migliore libre-rie e sui principali siti di vendita on line a 10 euro (8,50 euro su Ibs.it e inMon-dadori.it) – è la biografia immaginaria di Agazio Sanguedolce, siciliano trasferito a Roma che nella vita ricopre sistemati-camente il ruolo della comparsa. Nato

da una “comparsata” del padre e da una madre che di lavoro fa la prèfica, cioè piange ai funerali, Agazio trascorre tut-ta la sua tragicomica esistenza in questa parte: reggimoccolo, fidanzato a noleg-gio, centurione al Colosseo, attore nei programmi “verità” in tv, prestanome inconsapevole per attività poco lecite e via dicendo. Finché un giorno, dopo la morte della madre, trova conforto alla solitudine iscrivendosi al Partito degli italiani (“la grande mamma”) e cambia vita. Chiamato a sé dall’Altissimo, il pro-tagonista del libro inizia una folgorante carriera politica che lo porta a diventare ministro della Repubblica. Pur restando di fatto una comparsa.

Una storia – che fa ridere e fa riflettere – am-bientata nell’Italietta contemporanea, con figure (dai politici ai personaggi della tv) e “scene” che richiamano apertamente la cronaca degli ultimi anni. Mentre per il pro-tagonista, l’autore ammicca a Pirandello e al Fantozzi di Paolo Villaggio. Ma anche alla parabola del famoso “biondino degli 883”. A lui nel racconto vengono anche concessi un cammeo e una originale postfazione, in cui Tortelli – partendo da un tentativo di intervista andato a vuoto – svela il segreto della “fine” di Mauro Repetto.

Ulteriori informazioni sul libro sono dispo-nibili alla pagina Facebook: http://www.facebook.com/libroLACOMPARSA.

la scheda

TITOLO: “La comparsa”SOTTOTITOLO: Vita morte e "mi-racoli" di Agazio Sanguedolce, ita-liano medioAUTORE: Andrea TortelliEDITORE: Gam RudianoPAGINE: 60PREZZO: 10 euroISBN: 9788898288069

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nasce a Treviglio il pro-getto di una federazione di hotspot, le aree dove è possibile accedere al web

senza fili grazie al wi-fi, che dovrebbe coinvolgere una trentina di comuni della Bergamasca. Grazie a questa tecnologia è possibile collegarsi con pc, cellulari, pal-mari, tablet, in qualsiasi momento, senza preoccuparsi del proprio credito, né di

Wi-fipiccoLe reti crescono,

ma non troppoda Treviglio parte il progetto di una “federazione” di hotspotper accedere al web senza fili. Potrebbe coinvolgere una trentina di comuni della Bergamasca e diversi esercizi commerciali, ma non mancano le battute d’arresto. Ecco cosa ne pensano alcuni sindaci.

di roSanna ScardI

s

sapere quanti gigabyte si hanno ancora a disposizione per visualizzare un video o per scaricare le e-mail. La potenza di tra-smissione è limitata da normative di sicu-rezza legate al rischio elettromagnetico. Tuttavia, se si estendesse, il wi-fi, origi-nariamente pensato su piccola scala, po-trebbe coprire aree molto più grandi. Un sogno che proprio in questi giorni si cer-ca di concretizzare negli Stati Uniti dove si sta lavorando alla creazione di una rete grande abbastanza da interessare tutta

la nazione e coprire il territorio da costa a costa. Il progetto è dell’autorità delle telecomunicazioni, la Federal Commu-nication Commission. In Italia, invece, i progetti languono, azzoppati da burocra-zia e disinteresse. Nella nostra provincia, però, qualcosa si muove e dalla fusione delle piccole reti comunali potrebbe na-scere la prima confederazione di wi-fi. L’idea di rendere le reti bergamasche co-municanti fra loro è venuta al sindaco di Treviglio, Giuseppe Pezzoni.

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Nel comune della Bassa il servizio wi-fi, avviato nel 2007, segna un record di connessioni: sono 3.228 gli utenti attivi, per un totale di 65.434 con-nessioni, 1.831 quelli nel 2012 per 31.093 connessioni, 1.524 gli iscritti in biblioteca. Da qui la necessità di po-tenziare e semplificare il servizio. “Ogni volta bisogna registrarsi nel proprio comune compilando un modulo per poi ricevere una password – spiega il sindaco Pezzoni –. Una pratica che va ripetuta se si vuole una connessione in un altro comune. Ma, dal momento che la stessa società specializzata fornisce il servizio per trenta paesi, incluso il ca-poluogo orobico, dove le aree coperte sono 14, ho chiesto che la procedura di accreditamento potesse essere unica e tecnicamente mi è stata confermata la fattibilità dell’operazione, senza ulterio-ri spese per le amministrazioni”. In que-sto modo ogni cittadino avrebbe accesso libero alle reti dei paesi confederati. Ma il sindaco non si ferma qui. “A Treviglio – aggiunge – vorrei che in alcune zone il servizio di accesso fosse esteso anche agli esercizi commerciali tramite un ac-cordo con il Distretto del commercio, una partnership fra pubblico e privato. Se tutti siamo interconnessi, vengo-no integrate le potenzialità di ciascun servizio di rete ora non collegato”. Gli hotspot attuali sono localizzati in piazza Manara e in piazza Paolo VI, nella zona

Ad aver aderito per primi alla proposta di Treviglio, seguendo una logica di integrazione sovralocale fra reti, sono i paesi di Almé, Canonica d’Adda, Az-zano San Paolo e Zogno. Quest’ultimo comune della Val Brembana si scopre popolato da internauti. Il wi-fi piace a giovani e adulti che si possono collega-re mentre si trovano negli edifici pub-blici oppure passeggiano per le vie del centro. Lo dimostrano i dati delle iscri-zioni, 250, con un trend in costante aumento. La rete è fruibile nel munici-pio in piazza Italia, nella sala consiliare di viale Martiri della Libertà, presso la biblioteca, al Parco Belotti e al parco giochi di via Ruggeri, ma anche in tre ristoranti, una pizzeria, due bar, un bed & breakfast e un albergo. “Si tratta di

un sistema che consente di convenzio-narsi con l’amministrazione in modo da fornire un servizio aggiuntivo ai clienti di questi esercizi – spiega il sindaco Giuliano Ghisalberti –. Il progetto, frutto della collaborazione con l’asso-ciazione commercianti “Punto amico”, è la dimostrazione dell’attenzione a un bisogno della cittadinanza”. L’iniziati-va, che appare nella home page del sito comunale, prevede una registrazione

come funziona la rete senza fili

Il wi-fi è una tecnologia di trasmissione. Il nome sta per wireless fidelity e indica una rete di telecomunicazioni tramite dispositivi di ricetrasmissione radio quali gli access point. Grazie al wi-fi diversi terminali (pc, smartphone, tablet, palma-ri, ecc.) possono collegarsi tra loro attraverso una rete locale senza fili. La con-nettività può coprire uffici, alberghi, aree piccole o più estese come aeroporti o centri commerciali. Le città più all’avanguardia sono Milano e Venezia con 215 hot spot. I rischi per la salute sono ancora da dimostrare, essendo una tecnolo-gia nuova. Tuttavia, i livelli dei campi elettromagnetici sono molto più bassi dei cellulari poiché il segnale è di cento milliwatt. L’Organizzazione mondiale della Sanità ritiene che il 3% della popolazione occidentale denunci sintomi quali emicranie, tachicardia, vertigini e stanchezza. Negli Stati Uniti si sta progettan-do una rete che copra il Paese. Secondo quanto scrive il Washington Post, la proposta costerebbe allo Stato 178 miliardi di dollari, ma gli permetterebbe di rafforzare la propria leadership in ambito tecnologico.

Giuseppe Pezzoni, sindaco di Treviglio.

zogno, copertura anche per bar e ristoranti

Giuliano Ghisalberti,sindaco di Zogno.

brignano, rete gratis in dirittura d’arrivoEntro aprile, anche il comune di Brigna-no sarà dotato della tecnologia senza fili. “Ci stiamo portando avanti valutando i preventivi per installare la fibra ottica – puntualizza il sindaco Valerio Moro –. Dobbiamo inserire in bilancio questa spesa, che è pari a circa il 30% in più del costo della normale linea telefonica”. Il servizio sarà attivato nella zona del muni-cipio, nei pressi di scuole e oratori. Alla base della scelta del primo cittadino c’è una valutazione di carattere economico: “Ad ogni euro speso in nuove reti digita-li, corrisponderà un euro e mezzo in pil.

Valerio Moro,sindaco di Brignano.

Ci stiamo muovendo verso un futuro di-gitale, dunque anche noi dobbiamo stare al passo cogliendo le novità tecnologiche e il wi-fi è un buon viatico. L’amministra-zione comunale deve sapersi rinnovare, trovare il modo per comunicare con i propri cittadini”. Il sindaco non esclude di poter aderire alla proposta del collega trevigliese di una confederazione berga-masca di hotspot. “L’importane è parti-re – afferma –. Se un domani ci sarà una struttura unica, un consorzio di reti, non saremo certo noi a blindarci nella nostra connessione”. s

a trevigLio È boom di accessi

nord, oltre che nella biblioteca in via Bi-cetti. Qui, oppure via internet, è possi-bile registrarsi e richiedere la password. Gli accessi sono in continuo aumento. E proprio per rispondere alla crescente richiesta, è in vista un potenziamento con nuovi hotspot. “Siamo iper intasati. Creare nuove aree dove internet è gratis

è una necessità per evitare un accumulo in alcune zone – spiega Pezzoni –. La rete è un bene prezioso, un diritto che non vogliamo negare a nessuno. Ma vi-gileremo anche su quelle navigazioni di puro parassitismo, attraverso eventuali limiti orari, e stabiliremo le regole in caso di comportamenti illeciti”.

online. L’accesso è garantito gratuita-mente per 120 minuti al giorno e tra gli obblighi dell’utente c’è il rispetto delle norme della buona educazione. Inoltre occorre impegnarsi a proteggersi da virus che possano danneggiare la rete, a non trasmettere materiale o mes-saggi che incoraggino ad attuare una condotta criminosa e a non immettere informazioni diffamatorie, offensive, razziste, blasfeme.

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romano, iL comune deLuso. pochi gLi utenti

CI hANNO DETTO…Francesco, osio Sopra, 27 anni Trova utile il wi-fi?“Moltissimo, così non devo districar-mi tra mille fili. Ma in Italia nelle aree pubbliche è lentissimo, a volte nean-che funziona”. Nel tuo paese c’è?“C’era un vecchio pc in piazza, è du-rato tre mesi, poi l’ hanno tolto”.

Federico, Treviglio, 26 anniA Treviglio il wi-fi sarà potenziato. Lei lo usa?“Io pago il mio abbonamento 10 euro al mese e non ci penso a colle-garmi alla rete pubblica”.Ma se sul mercato non ci fossero così tanti pacchetti accessibili, il wi-fi sarebbe indispensabile?“Sì, certo, ma oggi anche il cellulare più scarso permette l’accesso al web”.

Gianluca, Bolgare, 25 anniIl tuo giudizio sul wi-fi?“È una tecnologia stupenda. La uso spesso da casa, mentre con il cellula-re sfrutto la connessione veloce del-la mia compagnia”.Siamo tecnologicamente arretrati?“No, mancano fondi e interesse, vi-sto che i cellulari hanno connessio-ni iperveloci, inutile mettere il wi-fi ovunque”.

Teo, comun nuovo, 36 anniPregi e difetti del wi-fi? “Diventerà interessante quando ci sarà una rete di hot spot in tutta Ita-lia”.A Comun Nuovo com’è la situazio-ne?“Siamo fermi al Medioevo, non c’è neanche la connessione veloce”.

Emanuele, Treviglio, 31 anniAccedi a Internet tramite la rete pubblica?“Mi è capitato una volta a Bergamo, mi sono reso conto che faccio prima con il cellulare”.Nel capoluogo gli hot spot sono 14.“Troppo pochi. A Lugano sono 50 e la rete in Svizzera è velocissima. Non c’è paragone”.

Loredana, romano, 26 anni Si connette a Internet?“Sì, non potrei farne a meno”.Le farebbe comodo la connessione wi-fi? “Beh, avendo un abbonamento con dei limiti mensili mi farebbe comodo, ma dovrebbe essere più diffuso sul territorio”.

L’idea di una federazione di hotspot nella Bassa piace a Michele Lamera, sindaco di Romano di Lombardia. “Se il progetto fosse tecnicamente fattibile, anche il mio comune potrebbe aderire – afferma –. Ma bisogna tenere conto del gestore, che non è lo stesso per ogni paese”. Il servizio qui è partito oltre un anno fa. A fornirlo è un’azienda di te-lefonia che aveva già predisposto tutti i collegamenti per le fibre ottiche. Gli hotspot sono situati nell’area del centro sportivo e a Palazzo Muratori, in piazza Roma. Entro l’anno sarà coperto anche il quartiere dei Cappuccini, presso il campo sportivo. Viene chiesto di regi-strarsi e poi si ha gratuitamente accesso alla rete per un’ora al giorno, anche fra-zionabile. Ci si può scollegare quando si vuole e ricollegarsi in un’altra zona. La password viene inviata tramite sms e vale sei mesi. Ma gli accessi avvengono con il contagocce. “È stata una delu-sione, oltre ogni aspettativa – afferma il sindaco –. Gli utenti sono cinque-sei al giorno, limitati a quei ragazzi che scari-cano filmati. Chi possiede l’iPad, magari con un abbonamento, non ha né tempo

né voglia di accedere al wi-fi, anche se il proprio cellulare o pc lo consente”. La situazione cambia in biblioteca, dove ci sono molti studenti, e gli accessi sono tanti. Ma in questo caso il wi-fi è un si-stema interno. Lo scarso apprezzamento della nuova tecnologia è in parte dovuto alla mentalità che porta a non considera-re Internet uno strumento fondamentale. “So di essere un cattivo testimonial – am-mette Lamera –. Ma anch’io ho un abbo-namento e al di fuori dell’ufficio faccio uno scarso uso delle tecnologie”.

Michele Lamera, sindaco di Romano di Lombardia

caravaggio, iL servizio gratuito per ora non decoLLa

A Caravaggio il wi-fi è presente solo nella biblioteca comunale “Banfi”. Il servizio, attivo dalla scorsa estate, non pone limiti orari, ma comporta un’iscrizione e per i minorenni, accettati a partire dai 14

anni, è necessaria l’autorizzazione di un genitore. Viene rilasciata una tessera che ha la validità di due anni. La connessio-ne si basa sulla condivisione di un tratto della banda adsl del Comune. A fornirla è la stessa società che gestisce il wi-fi a Treviglio. Una sola è la postazione con pc, per chi non possiede un portatile, mentre gli altri utenti possono accedere tramite le proprie apparecchiature. Il servizio, partito in sordina, non ha fino ad oggi riscontrato un particolare succes-so. Gli accessi sono pochi, nell’ordine di una decina al giorno. Anche per questo il sindaco Giuseppe Prevedini è scettico sull’estensione del servizio internet gra-tuito in nuove zone del paese. “Di questi tempi bisogna essere dotati di senso pra-

tico – afferma –. Siamo costretti a tagliare servizi su servizi per far fronte ai tagli di bilancio, aggiungerne altri mi sembra difficile, perché comportano sempre un onere economico a carico dell’ente pubblico che poi, di conseguenza, viene riversato sui cittadini”. Dunque, nessuna previsione di nuove aree internet free. “Con una rete troppo estesa – spiega Prevedini – gli utenti potrebbero arrivare a rinunciare non solo agli abbonamenti dei loro smartphone, ma persino all’adsl domestica. Questo vale soprattutto per quella fetta di popolazione poco esigente nei confronti della qualità della connes-sione e con ridotte possibilità di spesa. Ma i canoni a questo punto sarebbero a carico dei Comuni”.

Giuseppe Prevedini,sindaco di Caravaggio.

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“case chiuse”probLema aperto

a distanza di oltre mezzo secolo dall’abolizione delle case di tolleranza, il dibattito sulla loro riapertura è sempre attuale. a favore pesano il ritorno economico per le casse statali, i possibili controlli sanitari e la sicurezza fisica delle prostitute. Ma non tutti sono d’accordo.

di donaTELLa TIraBoScHI

È un tema caldo in tutti i sensi, quello delle case chiuse e della legalizzazione della prostituzio-ne che ha tenuto banco anche in

campagna elettorale: il Pd decisamente

per il no; il Pdl, il Movimento 5 Stelle, il Mir e la Lega Nord a favore. La questio-ne si pone sotto diversi aspetti. Il primo è quello di un rientro economico per le casse dello Stato, il secondo riguarda il fattore di sicurezza fisica delle pro-stitute e di un loro periodico controllo

sanitario, il terzo e più importante si ri-ferisce al rispetto della donna: pur nella libera scelta dell’esercizio del mestiere più antico del mondo, una società civile ha l’obbligo di garantire la dignità di chi la pratica. Il pensiero, ogni volta che la questione viene discussa, va alla Leg- s

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ducendo tutto a ‘case chiuse sì o no’. La legge Merlin è stata una vittoria del-la civiltà in Italia, perché le case chiuse erano uno sfruttamento esercitato sulle donne dallo Stato. La prostituzione è un fenomeno poliedrico: c’è infatti una grande differenza tra la libertà, a patto che sia davvero tale, di ogni donna di ‘disporre del corpo’ anche ricorrendo a forme organizzative con diritti e tutele e il fenomeno della prostituzione, oggi una realtà che nasconde spesso sfrut-tamento, racket, riduzione in schiavitù e ingenti profitti per le organizzazioni criminali. Se è necessario dare rispo-ste agli enti locali e ai cittadini che

ge Merlin, che nel 1958 ha portato all’a-bolizione delle “case chiuse” (conosciu-te anche come “case di tolleranza”) in tutta Italia. La legge prende il nome da una maestra veneta, eletta senatrice nel-le liste del partito socialista, che nell’im-mediato dopoguerra aveva cominciato a battersi contro la prostituzione nei bor-delli tollerati dallo Stato, presentando un disegno di legge. All’epoca si calcola che in Italia fossero attivi oltre sette-cento “casini” con oltre tremila donne registrate come prostitute. Dieci anni dopo, al momento dell’entrata effettiva in vigore della legge, si calcola che le “lavoranti” del sesso a pagamento si fos-sero ridotte a duemila. Queste statisti-che riportano solo i dati delle prostitute “regolari”; anche allora c’erano moltis-sime prostitute “clandestine” che non esercitavano nei bordelli, ma a domicilio o in altri locali. A contrastare il nuovo progetto di legge furono al tempo so-prattutto i parlamentari missini e quelli del partito monarchico. Con l’appro-vazione della Legge Merlin (1958) fu abolita la regolamentazione preesisten-te della prostituzione (legge che preve-deva apposite licenze per i tenutari dei casini, e l’obbligo di controlli sanitari periodici per le prostitute, controlli che però erano notoriamente carenti, tant’è che in quegli anni le malattie veneree, in particolare la sifilide, rappresentava-no un’autentica piaga sociale) e furono definitivamente chiusi gli ultimi 560 postriboli rimasti in Italia. Nel paese la nuova legge fu accolta con un dibattito molto acceso e contrastato. La stessa senatrice Merlin fu oggetto di una virulenta ostilità da parte degli avversi alla sua crociata (in particolare dalla lobby dei tenutari delle case chiu-se), tanto da ricevere perfino minacce di morte. Il problema, dopo mezzo secolo, nel nostro Paese sembra essere ancora di stringente attualità, con forme di sfrutta-mento della prostituzione di strada e da appartamento forse ancor più violente e brutali di un tempo. Soprattutto da parte di organizzazioni criminali estere (rume-ne, albanesi, africane) che hanno assunto una sorta di monopolio nel settore.

eX ASSeSSore regIonALe AL terrItorIo e ALL’UrBAnIStICA

danieLe beLotti: “fenomeno incontroLLabiLe, quindi sono favorevoLe aLLa riapertura”Sono favorevole alla riapertura delle case chiuse. Ormai va preso atto che non si può continuare nella situazio-ne attuale riguardo alla prostituzione. Donne straniere schiavizzate (a cui si aggiungono i viados), in strada, senza alcun controllo sanitario, con un giro d’affari miliardiario, controllato da clan di albanesi, ucraini e nigeriani (che si spartiscono il territorio). La legalizza-zione del sesso a pagamento, come del resto avviene in buona parte del Nord Europa, a cominciare dal vicino Canton Ticino, porterebbe diversi vantaggi: liberare le strade da questo mercato, controlli sanitari effettivi e tassazione, come altre imprese, con entrate, mol-to ingenti, per l’erario. E sarebbe un freno deciso anche al racket visto che potrebbero costituirsi delle forme di organizzazione, ad esempio coopera-tive, delle stesse prostitute, come del resto avviene già in Olanda, Germania,

Svizzera e Austria. Tutti questi aspet-ti, dal mio punto di vista, superano la comprensibile obiezione sulla moralità di legittimare la prostituzione: se è de-finito il lavoro più antico del mondo e se neanche la terribile crisi economica che stiamo attraversando ne riesce a ridurre il giro d’affari, allora va preso atto, sen-za ipocrisie, che è meglio regolamenta-re il fenomeno che lasciarlo continuare a prosperare nell’illegalità”.

Daniele Belotti

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s

dePUtAtA deL Pd

eLena carnevaLi: “La Legge merLin È stata una vittoria di civiLtà”

“La drammatica questione della pro-stituzione non può essere affrontata lanciando proposte improvvisate o ri-

Elena Carnevali

a Bergamo il fenomeno è sempre stato limitato

“Noi siam come le lucciole viviamo nelle tenebre”, oltre ad essere una canzone degli Anni Venti si è rivelata anche un’inedita iniziativa pensata da Paolo Moschini, “facitore di so-gni”, come ama definirsi, e anima del G.a.b, Gruppo Archeologico Berga-masco che, dopo il rinomato “Tour del mistero”, ha messo in campo un altro tipo di tour, altrettanto miste-rioso e intrigante, nel fenomeno del-la prostituzione e delle case chiuse di Bergamo, a cavallo tra ‘800 e ‘900. Un viaggio tra recitazione e rievoca-zione storica, tra le vie di Città Alta, che nei quattro appuntamenti estivi di agosto e settembre si è rivelato un successone, a riprova dell'inte-resse, o meglio della curiosità susci-tata dall'argomento considerato un po’ tabù. Va detto che il fenomeno

della prostituzione a Bergamo, nel periodo che va dall’Unità d’Italia alla prima Guerra Mondiale, non assunse mai proporzioni rilevanti. Il numero delle prostitute “patentate” e delle case di tolleranze legalizzate in città restò, infatti, sempre basso, ponen-do Bergamo fra le ultime province del Regno nelle rispettive classifiche. Nella tabella riguardante il numero delle prostitute iscritte al 31 dicem-bre 1875, Bergamo occupava il 59° posto (su 69 province d'Italia) ed era preceduta da realtà provinciali più piccole (Lucca, Cremona Reggio Emilia, Siena, Pesaro, Mantova, Pa-via, Modena); le meretrici che ope-ravano a Bergamo rappresentavano infatti meno dello 0,3% del totale nazionale. Altro capitolo è, invece, quello della

prostituzione clandestina che veniva esercitata presso la Fiera o in via San Giovanni, in case di tolleranza illega-li che sfuggivano alla sorveglianza. I postriboli cittadini erano condotti da donne (nel 1892 a Bergamo quattro tenutari su cinque erano di sesso femminile) che godevano di un po-tere assoluto sulle loro lavoranti. Alla faccia della solidarietà femminile, le sfruttavano senza remore, le priva-vano dei guadagni e, per comple-tare l’opera, le gravavano di debiti. Il sistema di sorveglianza medico-poliziesca, farraginoso e sostanzial-mente vessatorio nei confronti delle donne, venne però abolito nel 1888; i medici visitatori scomparvero e i controlli sanitari sulle prostitute co-minciarono ad essere eseguiti da medici fiduciari.

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problema, una mancanza di rispetto per chi pratica la prostituzione e per chi ne ‘usufruisce’, anche se è una cosa che esi-ste da quando esiste l’uomo. È che dalla legge Merlin sono passati molti anni ed è anche difficile immaginare da un pun-to di vista “fisico-immobiliare” una casa di tolleranza, che, comunque la si voglia chiamare, è e rimane sempre un bordel-lo. Basta vedere cosa succede all’estero dove la prostituzione è legalizzata, in città come Amburgo, Anversa o Fran-coforte, per togliersi immediatamente dalla testa l’idea che le case chiuse siano, come dire ‘romantiche’ o ‘bohemien’, con l’allure di racconti romanzati dove la gioventù maschile andava a ‘farsi le ossa’ (sessualmente parlando). Secondo la mia opinione sono e restano posti da temere e da tenere a debitissima distanza”.

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Il quartiere a luci rosse di Amsterdam

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Ol Bepi“Di primo acchito, rispondo sì, che le case chiuse potrebbero costituire una ‘cornice’ a questo quadro che non è per nulla edificante. Più che parlare di case chiuse, occorrerebbe riflettere sul fenomeno della prostituzione che però rappresenta una battaglia persa in partenza. Un fenomeno che è anche un

tIzIAno InCAnI, CAntAnte BergAmASCo

oL bepi: “difficiLe oggi immaginare ‘fisicamente’ una casa di toLLeranza”

la prostituzione in europa

Nel contesto comunitario non c'è ancora armonia nella legilazione: tra gli Stati membri sono notevoli le dif-ferenze di approccio sulla gestione della prostituzione e del suo merca-to. In alcuni Stati il compiere presta-zioni sessuali a pagamento è illega-le, mentre in altri la prostituzione in sé è lecita, mentre sono punite varie forme di favoreggiamento (come l’agire come protettore, il prestare favoreggiamento, ogni attività che porti ad ottenere profitto dalla pro-stituzione, l’induzione). L’atto del prostituirsi (effettuare prestazioni sessuali a pagamento) è invece le-gale nella maggioranza dei Paesi dell’Europa occidentale, mentre è tendenzialmente illegale nell’Euro-pa orientale. Fruire della prostituzio-ne (ricevere prestazioni sessuali die-tro pagamento) è legale nella gran parte dei Paesi europei. Solamente in Svezia, Norvegia e Islanda si è recentemente affermato un nuovo modello legislativo nel quale viene punito il cliente. Per quel che riguar-da l'adescamento (l’invito a fruire di prostituzione in luogo pubblico o aperto al pubblico) la gran parte dei Paesi nei quali la prostituzione è lecita hanno leggi o disposizioni amministrative che puniscono que-sto tipo di condotte. Talvolta sono istituite delle “zone di tolleranza” (ufficiali o non) nelle quali l’adesca-mento è consentito. Lo sfruttamen-to, favoreggiamento, reclutamento o induzione infine sono illegali in gran parte d’Europa.

I ModELLI Il trattamento legale della prostitu-zione nei diversi Paesi europei segue tre modelli giuridici dominanti. Quel-lo proibizionista consiste nel vietare la prostituzione e nel punire la pro-stituta con pene pecuniarie o deten-tive. In taluni Paesi in cui è adottato questo modello, oltre alla prostituta viene punito anche il cliente. Questo modello è seguito dalla gran parte dei Paesi dell’Est Europa: Albania, Azerbaigian, Bielorussia, Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Georgia, Kaza-

kistan, Lituania, Macedonia, Molda-via, Montenegro, Romania, Russia, Serbia, Slovenia, Ucraina.Il secondo, detto abolizionista, con-siste nel non punire la prostituzione né l’acquisto di prestazioni sessuali, ma al tempo stesso nel non regola-mentarli, mentre si puniscono tutta una serie di condotte collaterali alla prostituzione (favoreggiamento, in-duzione, reclutamento, sfruttamen-to, gestione di case chiuse, etc.). Il sistema chiama lo Stato fuori dalla di-sputa, senza proibire o regolamenta-re l’esercizio della prostituzione, ma la vorrebbe scoraggiare attraverso la punizione di tutte le attività collate-rali e la mancata regolamentazione. Questo modello è seguito dalla gran parte dei Paesi dell’Europa occiden-tale: Andorra, Armenia, Belgio, Bul-garia, Città del Vaticano, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Malta, Monaco, Polonia, Portogallo,

Regno Unito, Repubblica Ceca, San Marino, Slovacchia, Spagna.Il terzo modello, detto regolamen-tarista è un sistema teso alla lega-lizzazione e regolamentazione della prostituzione che può avvenire con modalità differenti (come la stataliz-zazione dei bordelli, i quartieri a luci rosse). In 7 Paesi europei (Paesi Bas-si, Germania, Austria, Svizzera, Gre-cia, Ungheria e Lettonia) la prostitu-zione è legale e regolamentata. La legalizzazione sovente include l’im-posizione di tasse e restrizioni, più o meno ampie, nell’esercizio della prostituzione anche con l’individua-zione di luoghi preposti all’esercizio dell’attività e la prescrizione di con-trolli sanitari obbligatori per prosti-tute e prostituti per la prevenzione e il contenimento delle malattie vene-ree e l’obbligo di segnalare attività e residenza.

I.P.

devono fare i conti con il degrado che si accompagna a questa situazione, sa-rebbe però sbagliato ridurre tutto a una questione di ordine pubblico: serve un approccio che individui, da un lato, un complesso di misure penali dirette a col-pire le forme di sfruttamento – conside-rando anche il carattere di clandestinità del fenomeno – e, dall’altro, occorrono interventi di carattere sociale volti ad aiutare, concretamente, le vittime della prostituzione. Se anche oggi, come già previsto dalla legge Merlin, si ritiene di non sanzionare l’esercizio in forma au-tonoma e volontaria dell’attività di pro-stituzione, di proteggere chi la esercita in condizioni di costrizione o sfrutta-mento e di garantire un bilanciamento tra le esigenze di chi volontariamente si prostituisce e gli interessi collettivi, il Partito democratico propone di colpire più duramente chi sfrutta, equiparan-do le pene a quelle previste dai reati di mafia e prevedendo l’ipotesi di confisca dei beni da reindirizzare a programmi a favore delle vittime dello sfruttamento”.

PreSIdente deLL’ordIne degLI AVVoCAtI

ermanno baLdassarre: “sì aLLe case chiuse.ci guadagnano Le donne e La coLLettività”

Ermanno Baldassarre

“La riapertura delle cosiddette case chiuse è un’iniziativa di civiltà. Nel nostro Ordinamento si deve precisare che non è punita la prostituzione, ma lo sfruttamento della stessa. È inac-cettabile che le strade siano affollate da povere ragazze dell’est o africane

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che debbano vendere il loro corpo, in condizioni estreme all’aperto, spesso contro la loro volontà e in situazioni di schiavitù. Chi vuole disporre del pro-prio corpo lo deve fare in piena libertà, godere del reddito che produce, paga-re i relativi oneri fiscali e contributivi, godere di adeguato controllo medico, sia per sé che per i propri clienti. Ci guadagnerebbero, in senso letterale, le dirette interessate e la collettività in termini di ordine pubblico (quanto denaro derivante da tali proventi è poi utilizzato per fini illeciti!) sotto ogni profilo. E, magari, perché no, con la possibilità di organizzarsi in ‘coopera-tive dell’amore’”.

CI hANNO DETTO…Walter, 38 anni, Bergamo“Credo che regolamentare la prosti-tuzione sia un segno di civiltà e visto che questo mestiere è antichissimo, riaprire le case chiuse vorrebbe dire offrire una migliore vivibilità alle cit-tà, togliere dalle strade minorenni e donne gettate nel mestiere a forza, eliminare il rischio di malattie veneree e dare un taglio agli sfruttatori. Sono convinto che regolarizzare la ‘profes-sione’, far pagare le tasse alle prosti-tute, possa essere un passo fattibile”.

roberto, 41 anni, Seriate“In linea di principio mi sta bene la riapertura dei bordelli. Diciamo la verità, questo è un paese permeato di ipocrisia. Siamo ottimi clienti delle donne di strada, ma non lo confes-siamo a nessuno per paura di essere giudicati. Il problema per me è tutto qui, nella mancanza di coerenza”.

andrea, 56 anni, ranica “Condivido la posizione di chi vuo-le la riapertura della case chiuse. Un evento del genere avrebbe ricadute positive su più fronti, a partire dall’e-liminazione, almeno si spera, del racket della prostituzione. Penso an-che al fattore sicurezza: la possibilità di periodici controlli sanitari sarebbe una bella garanzia per tutti”.

Giuliana, 37 anni, Bergamo“Le case chiuse? Dico no, non mi piace lo sfruttamento della donna,

anche se consenziente. Comunque sia, per me il sesso deve rimanere un gesto spontaneo, libero, meglio se all’interno di una coppia che si vuol bene. Quindi non accetto qualsiasi tipo di mercificazione, anche se con-trollata e regolata”.

Luigi, 23 anni, Stezzano“Ho letto più volte che la prostituzio-ne regolamentata potrebbe portare alle casse disastrate del nostro paese diversi miliardi di euro l’anno e anche qualche posto di lavoro, che, visti i tempi, non guasta. Se poi ci mettia-mo che la riapertura delle case chiuse potrebbe incentivare un certo tipo di turismo, aprirle a controlli medici, io non avrei molte riserve al riguardo”.

Mirko, 25 anni, Seriate“Sono favorevole alla riapertura. An-che perché mi pare che il proibizio-nismo non funzioni, anzi, basta guar-darsi intorno per scoprire che porta racket, sfruttamento, ricatti, violen-ze su ragazze indifese e costrette a battere. Servono meno moralismo e più voglia di provare a fare qualche cosa di nuovo”.

Maria, 29 anni, Bergamo“Nel mondo della prostituzione non esiste solo la ragazza che si dà a pa-gamento ma anche lo sfruttamento, la schiavitù, le malattie veneree. Le-galizzare la prostituzione è sicura-mente una garanzia sia per le donne sia per le casse dello Stato. Sarei però d'accordo nell’istituire dei luoghi pro-tetti e non vie intere che rischiereb-

bero di diventare dei ghetti”.

carlo, 43 anni, Ponte San Pietro “In altri paesi europei come Svizzera, Olanda, Germania, per non parlare di Canada e Australia, la prostitu-zione è già da anni legale. Probabil-mente anche per questo motivo il mercato del sesso è migliore: tutto tassato, pulito e controllato. A chi non gradisce non rimane che restare fuori dalla porta”.

Francesca, 26 anni, Bergamo“Non mi dispiace l’ipotesi di riapri-re le case chiuse. L'importante è che tutto sia alla luce del sole, che la donna sia padrona del proprio destino, libera di scegliere se fare o meno il mestiere, tutelata, con tanto di controlli sanitari. Così si darebbe un taglio netto allo sfruttamento di minori, a vere e proprie forme di schiavitù”.

Piero, 31 anni, azzano“Non ho nulla contro l’eventuale ria-pertura delle case chiuse. Il fenome-no della prostituzione c'è ed è sotto gli occhi di tutti, con un giro d’affari impressionante. Se prendiamo il caso delle escort, parliamo di migliaia di euro al giorno a testa, tutto in nero. Credo che la questione si potrebbe affrontare in un duplice modo: da un lato regolarizzando tutte quelle che lo fanno per libera scelta, dall’altro introducendo pene molto severe per chi invece costringe le donne a pro-stituirsi e per chi continua ad eserci-tare in strada”.

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Le parole sono importanti: aveva ragio-ne Nanni Moretti. Non si possono attri-buire significati a pera a vocaboli che appartengono all’uso corrente, pena

l’innesco di fraintendimenti a catena, dagli esi-ti quasi sempre perniciosi. La cultura, ad esem-pio, è sulla bocca di tutti: però, nel concreto, ognuno tende ad attribuire a questo vocabolo accezioni e sfumature affatto personali e pe-culiari. Invece, bisognerebbe avere ben chiaro cosa si intenda oggi per cultura e quanto que-sta parola significhi, nel concreto, per ognu-no di noi. Un tempo, la cultura era pressoché unicamente il patrimonio culturale umanistico: la tradizione classica. Nel XIX secolo, hanno cominciato ad affermarsi le culture nazionali, ossia delle tradizioni caratteristiche delle sin-gole nazioni europee: il Romanticismo, prima, e gli ipernazionalismi, poi, hanno determina-to l’insorgere di questa idea nuova di cultura, evidentemente asservita ad ideologie che, spesso, hanno sconfinato nello sciovinismo. Si pensi alla capziosa distinzione, tutta teutonica, tra ‘Zivilisation’, tipica dei paesi non germa-nici, e ‘Kultur’, caratteristica del solo popolo tedesco, che spopolava ai tempi di Bismarck. Oggi, invece, la cultura si è, per così dire, specializzata e, inevitabilmente, ha diluito un tantino la sua valenza originaria: esistono una cultura materiale e una cultura contadina, una cultura del bere e una cultura dell’accoglienza. Insomma, questa benedetta cultura ha finito per significare tutto e niente: è diventata una specie di vocabolo polisemico buono per tutte le occasioni. Dunque, quando leggiamo un po’ dappertutto che Bergamo si è candidata ad essere la capita-le europea della cultura per il 2019, la mia sen-sazione è che la gente non abbia tanto chiaro cosa possa significare una simile candidatura.

E, se devo dirla tutta, mi pare che neppure i promotori di questa iniziativa abbiano le idee chiarissime al riguardo. Cosa vuol dire essere la “capitale europea della cultura”? Da una parte, è il caso di dirlo, in soldoni, questo si-gnificherebbe un discreto gruzzolo che piove-rebbe, provvidenzialmente, sulle esangui casse di comune e provincia: finanziamenti dell’Ue e indotto porterebbero un sacco di soldi a Berga-mo, un po’ come accade per le città che ospiti-no le olimpiadi o i festival internazionali. Però, non si deve pensare che in Europa siano tutti scemi: prima di sganciarti il malloppo, quelli vogliono che tu dimostri di meritartelo. Mica basta dire: eccomi qua, sono Bergamo, la città ideale per fare la capitale della cultura! Invece, la sensazione è proprio quella che, nelle stan-ze dei bottoni, questo dettaglio della faccenda non l’abbiano colto. In Europa, la parola cultura ha un significato un po’ diverso da quello che trapela da manifesti e proclami orobici: mentre da noi cultura vuol dire passato, per l’Europa, viceversa, significa futuro. La nostra cultura si identifica con le Mura, Piazza Vecchia, l’Acca-demia Carrara. Oppure con Arlecchino, la po-lenta taragna, Gimondi e Agostini. In Europa, cultura vuol dire pensare ad un progetto di cit-tà: ad una nuova identità urbana e suburbana, che sia ben definita e che si proietti nei decenni a venire, proponendo un’idea nuova e diversa di convivenza, di accoglienza e di esistenza dei cittadini nel territorio. Quindi, la prima cosa da fare dovrebbe essere chiederci cosa potrebbe significare per Bergamo la parola cultura, non cosa significhi adesso. Quella del 2019 non è una pesca di beneficenza: è una sfida per il fu-turo. Essere nominati capitale europea della cultura non vuol dire vedere riconosciute le be-nemerenze dei nostri avi, ma la nostra capacità progettuale, i nostri sogni, le nostre speranze,

di Marco Cimmino

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parEtE nOrD/

bergamo capitaLe europea deLLa cuLtura? sì, ma bisogna chiarire gLi obiettivi

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parEtE nOrD/

il nostro impegno. Questa è la cultura di cui stiamo parlando: una cultura dell’organizzazio-ne e della creatività, del rispetto delle esigenze di tutti e dell’efficienza. La cultura che trasu-da da un territorio in cui vivere dà piacere e soddisfazione. E io non sono affatto sicuro che sia questa la cultura che ha in mente la nostra classe dirigente, quando pensa a questa formi-dabile occasione: credo, piuttosto, che abbia un’immagine antiquata e statica di quel che sia l’identità di un territorio, oltre che una visione un pochino provinciale della progettazione a lunga gittata. Perché lo dico? Perché chi dovrebbe agire, creare gruppi di lavoro, produrre idee nuove e progetti ambiziosi, traccheggia, differisce, si dedica al piccolo cabotaggio, fatto di “fa e di-sfa” o di iniziative tanto estemporanee quanto inutili, come i totem in cui si pubblicizza questa candidatura, senza minimamente entrare nel merito del come e del perché. Il che è l’esatto

contrario di quello che l’Europa si aspetta da una capitale della cultura, per cui si richiedono dinamismo, progettualità, azioni che incidano profondamente nella qualità della vita e nell’a-spetto futuro di un territorio. Ossia tutto quello che, fino ad ora, oggettivamente è mancato a Bergamo. Alla fine, perderemo la sfida: ci vuol poco a profetizzarlo. Allora si dirà che troppo quotata era la concorrenza, che troppo pochi erano i fondi e che comunque l’arbitro era di parte, come sempre accade qui da noi, quando si perde una partita importante. Invece, Bergamo le chances per vincere le avrebbe tutte: però, bisognerebbe aver ben chiaro l’obiettivo, padroneggiare bene gli stru-menti, impegnare le giuste energie, rivolgersi alle persone più adatte, avere un’idea precisa del da farsi. Insomma, bisognerebbe sapere cosa diavolo voglia dire questa paroletta magi-ca: cultura. Perché le parole sono importanti: e i fatti lo sono anche di più.

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WHat ’S Up?/ WHat ’S Up?/

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al peggior Virus dei giorni nostri c’è rimedio

di aLESSandra TonIZZo

Brutto maleducato!

Esistono giornate, che a volte si stemperano in (ter-ribili) settimane, durante le quali ci sembra di vi-vere in una pellicola horror: c’è un “male oscuro” che ci contagia, e non sappiamo dargli nome. Ma,

se facciamo un bel respiro e contiamo fi no a dieci, capi-remo subito che si tratta di… maleducazione. Semplice.Spesso inizia tutto con un velo di stanchezza, data dall’i-neluttabilità del quotidiano che, con la sua routine, ci mette

un pesante giogo sulle spalle e un fi tto paraocchi; mentre la mente s’ingrippa di cose da fare – quasi sempre le stesse, in

sequenza ritmata – e il corpo obbedisce, indolenzito, ad ottusi ri-chiami automatici, percorriamo traiettorie satellitari, a velocità

sostenuta, per raggiungere con effi cienza i nostri obiettivi primari. Accade così che la mattina, appena svegli, gli occhi ancora socchiusi, ci

fi ondiamo in bagno seguendo la nostra personale scorciatoia (“scavalco il cane, “taglio” l’angolo, dribblo le ciabatte e accorcio di 30 secondi la distanza tra

me e il tubetto di dentifricio”), con le mani che già si muovono freneti-che in attesa d’afferrare spazzolino, sapone e deodorante. Poi arriva

lui, o lei, con l’idea sagace di sconvolgere i vetusti piani familiari, quelle sottili autostrade immaginarie che, in anni di rodaggio, han-no solcato strati e strati di solido parquet. Ed è scontro. Un “bum” sordo. Quel che basta per svegliarci del tutto, guardarci in cagne-sco, mandarci a quel paese ed iniziare una giornata pericolosa-mente… maleducata.

Oramai, siamo come la pallina di Galileo sul suo piano inclinato: nulla ci può più fermare, l’energia compressa che ci scava dentro è davvero perpetua, e irrompe-rà in mille piccoli frammenti di villania. Si prosegue, difatti, con il vicino di casa, pronto come al solito a salutarci mentre c’infi liamo in auto (non ci limiteremo ad ignorarlo, ma rivolgeremo uno sguardo di disapprovazione alla sua mise casareccia), con il lavavetri all’incrocio, con il compagno d’uffi cio, persino con noi stessi (guardando il nostro rifl esso al bancone del bar, mentre il cappuccio si fredda, ci troveremo un po’ grigi, stropicciati e distorti: insomma, pro-prio brutti), in una screanzata spirale d’inciviltà.

Perché è proprio vero, la maleducazione ci rende orrendi, senza se e senza ma. E, se un piccolo gesto isolato di stizza ci può anche stare, per il resto non esiste alcuna

giustifi cazione plausibile: le piccole cattiverie inferte agli altri non azzerano le nostre altrettanto piccole infelicità, ma le amplifi cano in una scarica d’a-drenalina che lascia l’amaro in bocca e un peso sullo stomaco. Quello delle

tante cattiverie mignon che s’avverano non appena cediamo il passo alla maleducazione.“La gentilezza, come un virus, coinvolge chiunque ne venga a con-tatto. Il 13 novembre è l’occasione perfetta per diffonderla”: questo è

uno degli slogan, scelti da Gentletude – associazione che si batte “per un mondo migliore depurato dall’aggressività, dall’arroganza e dalla

maleducazione” – per lanciare la Giornata Mondiale della Genti-lezza, che si celebra, appunto, ogni 13 novembre. Virus contro virus: una via d’uscita, allora, c’è. Certo, applicarlo un giorno solo è poca cosa. Possiamo sin d’ora

prepararci a celebrare questa data, per il prossimo autunno, come si deve, magari stampando dal sito www.gentletude.com i tipici bi-gliettini dell’organizzazione (sui quali si legge: “ci sono giorni che

non sono uguali agli altri. Facciamo di tutto per ritrovare il piacere di essere gentili. Grazie”) esponendoli in bar, ristoranti, hotel e negozi; sui tavolini, nelle camere, o consegnati direttamente con le consuma-zioni, gli acquisti; sulle scrivanie dei dipendenti magari con un dolcetto

o una caramella, nelle sale riunioni, negli spazi comuni. Ma intanto, quo-tidianamente, potremmo già farci contagiare da chi, di cortesia, ci vive già.

La prossima volta, davanti a quel passante che ci urta senza chieder perdono o all’ennesima com-messa che scova mille difetti alla nostra fi sicità, invece di “sparare a zero”, di lasciarci contagiare, spezziamo la catena di questo virus decisamente cattivo. Domandiamoci contro cosa abbiano cozza-to costoro, all’elettrico suono della sveglia, e porgia-mogli di rimando un bellissimo, ampio sorriso.

Si chiama Michael Landy, classe 1963, è uno degli Young British Artists e, nel 2001, ha letteralmente distrutto ciò che possedeva (ben 7.227 beni, passaporto e cimeli di famiglia compresi), restando “nudo” di tutto; un gesto estremo contro il consumismo, il suo, volto a far emergere il lato più umano degli individui: l’empatia, che porta direttamente alla gentilezza, alla cortesia. Landy, al tempo di quest’im-presa (che porta il titolo Break Down), è vissuto grazie alle mani tese di innume-revoli sconosciuti, ed oggi continua la sua dirompente opera artistica con Acts of Kindness, un’enorme e nomade installa-zione che “democratizza la gentilezza” e che, fi no a tutto il 2012, è stata esposta nella metropolitana londinese: omini sti-lizzati senza precisa identità (né sesso, né razza) sono uniti mano nella mano, come le fermate dell’underground stessa, sottolineando il fatto che, ci piaccia o no, siamo tutti connessi l’uno all’altro.

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SpOrt/ SpOrt/

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In soli cinque anni i tesserati sono quasi decuplicati. a fare da traino le imprese della nazionale, “ma anche

la Federazione – dice il delegatoprovinciale rota – è stata tempestiva nel cavalcare il fenomeno,

soprattutto sul piano della formazione”.

rugbyanche a bergamo È boom

di FULVIo FaccI

i 132 tesserati del 2007 non giusti-ficavano di certo l’esistenza di un Comitato provinciale della Federa-zione Italiana Rugby a Bergamo e in

realtà nemmeno i 1.155 attuali, che dan-no però conto dello sviluppo veramente impressionante di questa attività.Quando è iniziata l’escalation, Gian-franco Rota era membro del Comitato regionale della Federugby poi, nel 2008, è diventato delegato provinciale e nel 2012 la carica gli è stata rinnovata per un altro quadriennio olimpico. Il fenomeno lo ha quindi vissuto dall’interno. «Certo le imprese della Nazionale – racconta Rota – hanno impresso una grande acce-lerazione alla nostra disciplina, rimasta a lungo come sport di nicchia. È molto importante che lo sviluppo sia avvenuto a tutti i livelli, quindi tra i giocatori che

sono classificati senior e in tutte le fasce del settore giovanile, dai sei anni di età in su. Per anni è stata solo la Rugby Ber-gamo 1950 a praticare questa disciplina, mentre da quando è iniziato quello che possiamo senz’altro definire un boom sono sorte altre dieci società e ci sono an-che due scuole in cui si pratica il nostro sport. Geograficamente si può dire che la provincia è coperta totalmente».Quasi dieci anni di attività dirigenziale in Federazione non sono stati però il solo modo per Gianfranco Rota di mantenersi nel mondo del rugby. Il delegato provin-ciale partecipa infatti all’attività degli Old che disputano partite amichevoli ed è sta-to un giocatore di ottimo livello, visto che dopo aver esordito e militato nella Rugby Bergamo ha disputato, insieme all’amico Mario Cordoni, cinque campionati col Cus Milano al massimo livello prima di tornare nuovamente a Bergamo.«La crescita della Nazionale e tutta l’im-magine che si è creata attorno alle sue

esibizioni hanno avuto un grande effetto trainante, ma va detto che anche la Fede-rugby è stata molto tempestiva nel caval-care il fenomeno, soprattutto sul piano formativo – rimarca –. La Federazione è molto attenta ai giovani, ci sono le di-verse nazionali, gli stage e le Accademie dove i giocatori trascorrono i loro perio-di formativi. Sì, sono scelte che hanno consentito veramente di crescere». E per quanto riguarda la Bergamasca? «Siamo senz’altro anche noi in linea con quello che sta accadendo a livello na-zionale. Certo rimaniamo sempre uno sport ‘minore’ ma è molto bello avere, ad esempio, tutte le fasce di età nei settori giovanili. Questo, visto che ci sono bam-bini anche molto piccoli, comporta inevi-

tabilmente il coinvolgimento dei genitori e quindi il movimento complessivamente comincia a diventare molto ampio». Ora c’è però il problema dei campi di gioco. «In effetti quelli dedicati esclusiva-mente al rugby – prosegue Rota – sono solo quelli della Rugby Bergamo e di Onore, per il resto ci si adatta sui campi di calcio. Recentemente c’è stato comun-que un episodio molto significativo. L’O-robic Rugby di Alzano aveva problemi di campo e il sindaco di Urgnano ha messo a disposizione della società un’area ido-nea. Il rugby non è come il calcio, non c’è bisogno di fare il fondo al campo, va bene così com’è, al naturale, e quindi in pratica l’Orobic ha avuto a disposizione un vero campo per la palla ovale».

Gli sviluppi troppo rapidi a volte creano anche i cosiddetti “problemi di cresci-ta”... «La soddisfazione per lo sviluppo dell’attività – conclude il delegato Fir – è di gran lunga superiore ai problemi che ne possono derivare. Quello degli impianti di gioco dedicati è senz’altro il più rilevante e di difficile soluzione so-prattutto nel momento attuale. Quello che auspico invece e che si può senz’al-tro migliorare è il rapporto tra le varie realtà della nostra provincia. Sono tutte molto giovani, questo è evidente, e vor-rei che tra lo ci fosse maggior dialogo, un maggior scambio di informazioni».

C’è fermento in provincia per il rugby, ci sono tante situazioni in movimento, ma quando si parla di palla ovale in pri-mo piano c’è sempre la Rugby Bergamo: la storica società cittadina rimasta a lun-go la sola a rappresentare questa disci-plina sportiva. Sorta nel 1950, la Rugby Bergamo ha vissuto, come tanti sport di nicchia, alterne fortune, raggiungendo il massimo traguardo nel 1990 con la promozione nel campionato di serie A2, disputato per una sola stagione. Una bella impresa, ma forse – senza voler fare delle classifiche di merito – è mi-gliore quella che la società sta compien-do oggi.Sergio Bellini è presidente della società dal 2011, una nomina recente, ma come la maggior parte di quanti gravitano nel rugby si può dire che sia in questo sport da una vita avendo iniziato a giocare nell’81 (è stato uno dei protagonisti della promozione in A2 anche se poi non ha partecipato a questo campionato a seguito di un infortunio) ed essendo

ancora in attività con la squadra degli Old che non disputa un campionato ma dà vita ad incontri amichevoli. Bellini quindi è uno dei tanti che hanno fatto la storia della Rugby Bergamo e ora ne sta reggendo il timone. «Abbiamo diversi motivi – racconta – per essere pienamente soddisfatti per lo sviluppo che sta avendo la nostra società sia sul piano numerico che su quello qualitati-vo. Il dato più confortante e stimolante è quello della crescita. Da sei anni con-secutivi stiamo registrando ad ogni anno l’incremento in doppia cifra dei tessera-ti. Abbiamo circa 400 atleti, 30 allena-tori, 35 accompagnatori e poi tanti altri collaboratori che si danno da fare per la manutenzione dei campi e per curare tutti i dettagli anche del terzo tempo che viene praticato dalla prima squadra sino a quella degli Under 6. In totale abbia-mo 15 squadre e per le categorie tra gli Under 16 e gli Under 8 abbiamo dovu-to formare due squadre. Siamo quasi in 500... si può dire un piccolo paese».

LA SoCIetà StorICA

rugby bergamo, “una comunità unita in campo e fuori”

ora il problema sono i campi da gioco e poi c’è l’auspicio di un maggiore dialogo tra le società, tutte molto giovani

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Sul versante agonistico competitivo la prima squadra è la C1 Elite, poi c’è la C3 e via via a scendere dagli Under 20 sino ai più piccoli. C’è anche la forma-zione degli Old. Complessivamente un gran movimento che crea qualche pro-blema soprattutto di carattere logistico e quindi di utilizzo dei campi e degli spogliatoi. Problemi comunque sempre risolti con grande disponibilità di tutti al punto che la sede risulta in pratica aperta tutti i giorni, e si tratta sempre di volontari.

«Il movimento è cresciuto molto anche in provincia – continua Bellini – anche sulla spinta dell’immagine che la Nazio-nale ha dato a questo sport. Il nostro pro-getto è di fare crescere bene i nostri gio-vani, ma abbiamo obiettivi chiari anche dal punto di vista agonistico. Da qualche tempo l’orientamento per la formazione della nostra prima squadra è cambiato: impieghiamo solo elementi cresciuti nel nostro settore giovanile. È già una buo-na cosa ma siamo confortati anche dagli aspetti tecnici, ogni anno otteniamo in-fatti risultati significativamente migliori rispetto a quelli della stagione prece-dente, al punto che abbiamo pianificato di poter raggiungere la serie B, il nostro traguardo massimo, tra un paio di stagio-

ni. Decisamente non male se pensiamo che si tratta di una squadra fatta in casa».In termini di tesserati la Rugby Bergamo “vale” più o meno la metà dell’intero movimento rugbystico della provincia, si tratta quindi di una grande comunità che vive di intensità agonistica ma che si identifica anche nel “terzo tempo” e cioè nell’aspetto conviviale del dopopartita nel quale si riconosce che l’altra squadra è fatta di avversari e non di nemici. Una pratica che incontra grandi fatiche nel decollare nelle altre discipline, pensiamo solo al popolarissimo calcio, nel quale i giocatori al termine della partita fanno fatica a scambiarsi una stretta di mano.E allora abbiamo avuto una sorta di flash: abbiamo visto gli Under 6, quindi bam-bini sotto i sei anni, che facevano il loro terzo tempo con pane e Nutella. Ci han-no confermato che è proprio così!

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