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XVII Rapporto sul turismo italiano 499 4.2 LA MONTAGNA NEL TURISMO ITALIANO 1 1. Lofferta turistica alpina 1.1 La montagna, la vacanza e i fattori evolutivi La montagna come destinazione di vacanza ha interessato nel 2010 quasi un italiano su sei, raccogliendo, secondo la tradizionale indagine dell‟ ISTAT sui viaggi e le vacanze degli italiani, il 17,1 % delle preferenze, una incidenza ben lontana dal 47% del mare (ISTAT 2010). Rispetto al 2005, quando veniva registrato un 20,5%, a fronte di una sostanziale stabilità della vacanza balneare, tale incidenza si è ridotta sensibilmente (ISTAT 2005). Graf. 1 - La montagna nelle vacanze degli italiani (incidenza percentuale) 18,8 20,1 17,1 2000 2005 2010 Fonte Istat 2001, 2006, 2011 Anche se nell‟ultimo quinquennio tre punti percentuali non sono pochi, interpretare questi dati come una tendenza al declino della montagna come destinazione turistica, è comunque azzardato. È certamente vero e lo si è frequentemente rilevato che nel corso dell‟ultimo ventennio le destinazioni turistiche montane sono state oggetto, più di altre località, di una forte pressione da parte di fattori esogeni ed endogeni, che hanno indotto prospettive di cambiamento nella struttura dell‟offerta (Macchiavelli 2006) 2 , non sempre accolte, per mancanza di visione strategica o talvolta per insufficiente capacità di investimento, dagli stessi operatori. Ma è anche vero che alcuni di questi fattori sono ormai entrati nell‟orizzonte dell‟operatività quotidiana e, se 1 A cura di Andrea Machiavelli, Università di Bergamo 2 Su esplicita richiesta dell‟autore, in questo capitolo le note sono all‟interno del testo

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XVII Rapporto sul turismo italiano 499

4.2 LA MONTAGNA NEL TURISMO ITALIANO1

1. L’ offerta turistica alpina

1.1 La montagna, la vacanza e i fattori evolutivi

La montagna come destinazione di vacanza ha interessato nel 2010 quasi un italiano su sei, raccogliendo, secondo la tradizionale indagine dell‟ISTAT sui viaggi e le vacanze degli italiani, il 17,1 % delle preferenze, una incidenza ben lontana dal 47% del mare (ISTAT 2010). Rispetto al 2005, quando veniva registrato un 20,5%, a fronte di una sostanziale stabilità della vacanza balneare, tale incidenza si è ridotta sensibilmente (ISTAT 2005).

Graf. 1 - La montagna nelle vacanze degli italiani (incidenza percentuale)

18,8

20,1

17,1

2000 2005 2010

Fonte Istat – 2001, 2006, 2011

Anche se nell‟ultimo quinquennio tre punti percentuali non sono pochi, interpretare questi dati come una tendenza al declino della montagna come destinazione turistica, è comunque azzardato. È certamente vero – e lo si è frequentemente rilevato – che nel corso dell‟ultimo ventennio le destinazioni turistiche montane sono state oggetto, più di altre località, di una forte pressione da parte di fattori esogeni ed endogeni, che hanno indotto prospettive di cambiamento

nella struttura dell‟offerta (Macchiavelli 2006)2, non sempre accolte, per mancanza di visione strategica o talvolta per insufficiente capacità di investimento, dagli stessi operatori. Ma è anche vero che alcuni di questi fattori sono ormai entrati nell‟orizzonte dell‟operatività quotidiana e, se

1 A cura di Andrea Machiavelli, Università di Bergamo

2 Su esplicita richiesta dell‟autore, in questo capitolo le note sono all‟interno del testo

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pur lentamente inducono orientamenti e forme di business nuove, che, come vedremo, cominciano a dare segnali di interesse in una domanda che è sempre più sensibile alle novità.

È quindi più realistico considerare la montagna come una destinazione turistica matura, sostanzialmente stabile nelle preferenze del mercato (ONT 2009), per la quale è difficile prevedere sia una ripresa vigorosa, che un declino improvviso.

Alcuni dei fattori esogeni che ne hanno condizionato l‟andamento in questi ultimi decenni hanno un impatto lento, che opera sul lungo periodo e talvolta evidenziano”effetti di ritorno” che inducono a pensare che il trend annunciato non sia poi così irreversibile. È il caso del cambiamento climatico, ad esempio, tanto analizzato e discusso nell‟ultimo decennio. Dopo qualche anno di scarsità di neve (2006-07 e 2007-08) che aveva fatto temere un declino irreversibile di alcune stazioni sciistiche a bassa quota, vi sono stati alcuni anni di buon innevamento che hanno riportato sul mercato anche piccole stazioni che solo qualche anno fa avremmo considerato senza prospettive. Ma il riscaldamento del clima è pur sempre un fatto oggettivo, definito da un aumento medio delle temperature valutato in Trentino negli ultimi 100 anni attorno a +0,6 C ±0,16 C. E per le località di montagna di media e bassa altitudine questo significa comunque una riduzione della stagione sciistica e, per contro, un possibile incremento della domanda nella stagione più calda; parimenti, gli anni di scarsità di neve hanno indotto la maggior parte delle stazioni ad attrezzarsi con impianti di innevamento artificiale, la cui ampia dotazione oggi consente di garantire un‟offerta sciistica comunque più stabile e continuativa. E‟ comunque un fatto oggettivo l‟avvenuta uscita dal mercato di alcune piccole stazioni che oggi non avrebbero più le condizioni per essere competitive.

La scarsità di spazio per l‟ampliamento delle aree sciabili è un altro fattore che caratterizza stabilmente l‟offerta alpina, anche in ragione della stazionarietà del mercato. In alcuni paesi (Austria, Svizzera) la limitazione all‟ampliamento delle aree sciabili è un fatto ormai irreversibile; in altri, come nel nostro caso, è piuttosto un tema oggetto di discussione e di contrattualità a livello locale. Ma con uno sguardo meno localistico, appare chiaro a tutti che le condizioni per prevedere ampliamenti consistenti delle aree sciabili non ci sono più, anche in forza di una domanda di qualità ambientale che è oggettivamente crescente.

Anche l’invecchiamento della popolazione costituisce un fattore di cambiamento della domanda, soprattutto in inverno quando le motivazioni tradizionali della vacanza in montagna erano esclusivamente legate alla pratica dello sci alpino. Se ciò non determina automaticamente una contrazione della domanda, implica però modalità diverse di comportamento da parte dei frequentatori, che esigono attrezzature e condizioni diverse di offerta; basti pensare a quanto sono diventati importanti in questi anni nelle località alpine i centri benessere, oppure quanto sono cresciute le attività escursionistiche con le “ciaspole”, un modo “dolce” di fruire della neve.

Ma la causa principale della contrazione della domanda nelle località alpine sta nella concorrenza delle altre destinazioni. Se un tempo la montagna in estate rappresentava l‟unica alternativa (o spesso la complementarietà) alla vacanza balneare e in inverno ha rappresentato, con la settimana bianca, la prima forma di seconda vacanza, oggi le alternative di vacanza breve e lunga sono pressoché infinite, sia nelle aree di prossimità delle grandi aree urbane, sia nelle destinazioni più lontane e in questo caso la forte diminuzione dei costi del trasporto aereo ne costituisce il fattore di spinta maggiore.

Accanto a questi, che possono essere considerati i fattori esogeni del cambiamento del mercato, vi sono fenomeni che hanno origine nel mercato stesso; i fattori di cambiamento sociale che agiscono sul comportamento del turista, sul tempo della vacanza, sull‟impegno nello svolgimento di una attività fisica, sul desiderio di attività ludiche o sulla percezione di stati emozionali come condizione fondamentale della vacanza, sono solo alcuni dei fattori che hanno contribuito a caratterizzare l‟evoluzione del mercato tradizionale della vacanza in montagna, a

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fronte dei quali più urgentemente si rendono necessari i cambiamenti nell‟offerta. Se questi non sempre si riscontrano, non è solo perché mancano le risorse per nuovi investimenti, ma più spesso perché non si coglie ancora la portata di questi cambiamenti; ne manca la consapevolezza, anche perché troppo spesso non vengono adeguatamente utilizzati gli strumenti di lettura e di analisi dei cambiamenti in corso.

Ma la frequentazione della montagna, e quindi l‟andamento turistico, è strettamente dipendente anche da condizioni congiunturali proprie del turismo alpino ed è per questo che occorre usare molta cautela prima di attribuire disfatte o successi. Il caldo d‟estate e la neve d‟inverno possono rappresentare solide ragioni di scelta o di rinuncia per una vacanza in montagna. Ne è una conferma l‟andamento delle vendite di paia di sci, per quanto riguarda la stagione invernale (Graf.2).

Graf. 2 - Paia di sci venduti dalle aziende italiane in Italia (migliaia)

398,1375,6

327,1

220,2240,9 247,6

2004-05 2005-06 2006-07 2007-08 2008-09 2009-10

Fonte: Pool Sci Italia (90% del mercato italiano)

Come si vede, nel giro di qualche anno si è passati dai 398 mila paia dell‟annata 2004-05 , ai 220 mila del 2007-08, con un decremento di quasi il 45%. Il calo non è evidentemente attribuibile solo al fattore climatico; in questi anni si è verificata una progressiva disaffezione allo sci e parallelamente si è sempre più diffusa la pratica del noleggio, oltre a scontare l‟avvenuto ricambio delle attrezzature avvenute negli anni precedenti. Non vi è dubbio invece che la ripresa evidente che si scorge negli anni successivi (247 mila paia venduti nel 2009-10) rifletta il buon livello di innevamento delle ultime stagioni invernali. I dati più recenti confermano che il mercato si è oggi assestato ad un livello di vendite che si aggira attorno alle 250 mila paia.

Alla stabilità del turismo alpino concorrono peraltro motivazioni di tipo culturale e sociale. Alla frequentazione continuativa della montagna come luogo di vacanza concorrono spesso due fattori che si rivelano decisivi ai fini della continuità di presenza sul territorio: la cultura famigliare, che tende a tramandare la consuetudine alla frequentazione della montagna tra generazioni, e la disponibilità di case di vacanza. Questo secondo fattore, di cui ci occuperemo più avanti, caratterizza una buona parte delle aree alpine e prealpine e rappresenta uno delle ragioni che maggiormente lega al territorio montano per ragioni di vacanza una consistente quota della popolazione che lo frequenta.

La montagna come destinazione turistica gode quindi più del mare di una frequentazione in qualche modo alimentata da fattori culturali e sociali che almeno in parte la preservano da repentini cambiamenti connessi ai cambiamenti di moda e di comportamento, anche se ciò non

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basta a metterla al riparo dalla necessità di adeguarsi, come tutte le altre località turistiche, alla mutate aspettative della sua clientela.

1.2 Le caratteristiche dell’offerta turistica italiana

Uno dei pochi studi prodotti recentemente sul turismo montano, per iniziativa dell‟Osservatorio Nazionale del Turismo (ONT), presenta un quadro che attribuisce al turismo montano un ammontare complessivo di presenze (al 2006) di oltre 47 milioni, pari a circa il 13% del turismo ufficialmente registrato in Italia (ONT 2009). Si tratta di un turismo in larga prevalenza interno, essendo composto per il 63% da Italiani, un „incidenza che peraltro sarebbe ben più elevata se non fosse per l‟alta percentuale di stranieri presenti in Alto Adige. Complessivamente l‟offerta di posti letto viene stimata in 7 milioni.

L‟ammontare complessivo di presenze va peraltro considerato per difetto. Lo studio infatti analizza le presenze turistiche effettivamente registrate in località “montane” in quanto ubicate ad una certa quota, ma è pur vero che esistono molte località, che pur collocandosi a fondo valle rispondono ad una domanda di turismo comunque “montano”, in quanto collocate in un contesto alpino e comunque facilmente collegate a piste di sci o a percorsi escursionistici alpini; basti pensare ai 300 metri di altitudine di Merano o agli 800 di Brunico. Così, solo in provincia di Bolzano, a cui viene automaticamente associata la vacanza in una destinazione montana, le presenze nelle località in quota risultano poco più del 70% del totale, mentre in Trentino non raggiungono il 67%.

La distribuzione delle presenze turistiche nelle regioni si presenta come dal grafico seguente:

Graf. 3 - Distribuzione percentuale del movimento turistico nelle località montane per regioni

Fonte: CISET su ONT

Tale distribuzione offre alcuni spunti di riflessione:

In primo luogo si constata che oltre il 60% del movimento interessa il Trentino Alto Adige con un incidenza del 40% nella sola provincia di Bolzano; se aggiungiamo l‟11% del Veneto (che per lo più coincide con la provincia di Belluno) e il Friuli, dobbiamo constatare che tre quarti del turismo montano italiano si concentra nell‟area dolomitica. Un‟attribuzione un po‟ approssimativa, ma di immediata interpretazione, potrebbe portare a queste entità in relazione alla tipologia delle montagne:

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o Dolomiti: 70-75% del turismo montano o Alpi Occidentali e centrali: 15-20% o Appennini: 5-10%

Il turismo montano si concentra quindi principalmente nel nord-est del Paese e in due province l‟offerta turistica ha oggi raggiunto livelli di sviluppo di gran lunga superiori a quello delle altre. Si tratta in entrambi i casi di Province Autonome e a questo molti operatori delle altre aree attribuiscono gran parte del successo. Ciò è vero solo in parte, anche perché in tale condizione si trovano pure la Valle d‟Aosta e il Friuli V.G., dove comunque l‟area montana ha dimensioni molto minori. Nelle province del Trentino Alto Adige si riconosce quindi uno sviluppo che, oltre ad essere sostenuto dalla oggettiva alta qualità delle risorse naturali e ambientali (le Dolomiti), trova i suoi fondamenti in un solido modello organizzativo e gestionale che riconosce nel turismo la risorsa economica primaria attorno alla quale ruota lo sviluppo regionale.

Tutte le località che offrono turismo montano in Italia sono caratterizzate da un modello gestionale basato sulla comunità residente (Community Model), così come del resto in Austria e in Svizzera. Ciò significa – e non è irrilevante nel confronto con le località di altri paesi concorrenti – che lo sviluppo turistico è solidamente legato alla gestione locale; questo ha forti implicazioni sull‟utilizzo del territorio, sul livello di coordinamento degli stakeholders e quindi sull‟efficacia delle azioni intraprese, sulle capacità di investimento, sul livello di imprenditorialità e, in ultima analisi, sulla qualità del prodotto offerto. La gestione della destinazione turistica nel suo insieme è sensibilmente condizionata dall‟esistenza di una comunità che sul turismo vive e che di fatto solo dal turismo dipende; questo da un lato porta necessariamente ad enfatizzare il ruolo dell‟Amministrazione Pubblica (Flagestad 2000), ma dall‟altro porta a stimolare l‟innovazione per adeguarsi al cambiamento imposto dal mercato.

Graf. 4 - Intensità delle abitazioni di vacanza nelle province alpine (Abitazioni di vacanza x 1000 abitanti - 2004)

255,9

228,6

142,2 138,8

28,5

AO SO BL TN BZ

Fonte: elaborazioni su dati Mercury e ISTAT

In molte regioni, in particolare in quelle in cui le località turistiche sono più vicine alle grandi aree urbane, il modello di offerta è fortemente caratterizzato dalla presenza di abitazioni turistiche, per lo più di proprietà di non residenti (seconde case). Apparentemente la presenza di abitazioni di vacanza non dovrebbe influenzare il

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successo o l‟insuccesso dell‟offerta ricettiva imprenditoriale di una destinazione turistica, ma è ormai appurato che la presenza e le modalità di gestione degli appartamenti turistici condizionano sensibilmente anche la dinamicità imprenditoriale dell‟offerta. Consideriamo l‟intensità delle abitazioni di vacanza in cinque delle province maggiormente interessate dal turismo alpino (Graf.4).

Come si vede, le differenze sono notevoli ed in buona parte sono legate alla vicinanza alle grandi aree urbane. Fa certamente eccezione l‟Alto Adige nelle cui decisioni di pianificazione del suolo concorrono molti altri fattori, alla cui base sta la specificità etnica della comunità locale. Non è difficile constatare che l‟ordine di graduatoria delle province considerate in questa classifica è esattamente inversa a quella della consistenza delle presenze turistiche registrate nelle strutture ricettive (Graf.3).

1.3 L’offerta alberghiera

Consideriamo l‟offerta alberghiera delle 5 province/regioni precedentemente analizzate3 (Tab.1):

Tab. 1 - Caratteristiche dell‟offerta alberghiera in 5 province alpine

Alberghi

2009

P.l.

2009

Dim.media

2009 (pl)

Var.alb.%

.‟09/01

Var.%p.l

„09/‟01

Dim.media

2001 (pl)

Valle d'Aosta 498 23.567 47,3 1,84 1,47 47,5 Sondrio 399 19.000 47,6 -0,75 -1,22 47,8

Bolzano 4.292 151.261 35,2 -4,15 2,99 32,8 Trento 1.553 94.426 60,8 -4,96 0,15 57,7 Belluno 445 20.493 46,1 -10,28 -6,58 44,2

Fonte Istat e Uffici statistici provinciali – Vari anni

In primo luogo constatiamo la differenza quantitativa dell‟offerta, che vede nelle due province del Trentino Alto Adige, congiuntamente considerate, un ammontare di quasi 250 mila posti letto, pari a 4 volte la somma delle altre 3 province. A queste vanno poi aggiunte l‟offerta piemontese, che consta di circa 30 mila posti letto alberghieri nelle sole aree montane (Gaido 2009) e quella molto modesta del Friuli.

Più interessante è analizzare il modello di offerta e le dinamiche dell‟ultimo decennio, relativamente alle quali possiamo fare le seguenti considerazioni:

la dimensione media è ovunque molto bassa, decisamente più bassa della media nazionale, che oggi si colloca sui 67 posti letto, corrispondente ad una tipologia alberghiera a forte frammentazione, caratterizzata senza dubbio da oggettive difficoltà nel perseguire condizioni di produttività accettabili, ma anche da condizioni di forte flessibilità gestionale; condizione che peraltro non è dissimile da quella della montagna svizzera o austriaca. Fanno parziale eccezione alla media proprio le province di Trento e di Bolzano,se pure con tendenze opposte; la prima che, con 60,8 posti letto, tende a inseguire livelli più simili alla media nazionale, la seconda che, con soli 35,2 posti letto per albergo, al contrario, presenta un modello gestionale unico, caratterizzato da grande flessibilità, da forti integrazioni con altre attività complementari (inclusa l‟agricoltura) e certamente da un ruolo di sostegno insostituibile dell‟Amministrazione Pubblica;

3 Su queste si baserà l‟analisi successiva, dal momento che ci consentono un quadro più aggiornato dei dati e che, pur

comprendendo anche località non in quota, possono ritenersi rappresentative delle più significative aree montane

dell‟intero arco alpino.

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rispetto al 2001 non si notano variazioni molto significative in alcuna provincia, il che rappresenta la più evidente conferma di un panorama di offerta sostanzialmente definito e privo di cambiamenti in corso. Solo nel Bellunese, l‟offerta alberghiera presenta una contrazione degna di nota (oltre il 10% in termini di strutture e del 6,6% in termini di posti letto); negli altri casi si avvertono dinamiche molto modeste che tuttavia vanno nella direzione di una razionalizzazione dell‟offerta nel caso delle province di Bolzano e di Trento, mentre lasciano le cose immutate nel caso di Aosta e Sondrio. Nelle province del Trentino A.A. infatti la contrazione del numero di strutture si accompagna ad un incremento (Bolzano) o ad una tenuta (Trento) dei posti letto, mentre ad Aosta e Sondrio le variazioni vanno nella stessa direzione;

conseguentemente la tendenza all‟aumento della dimensione media alberghiera è riscontrabile solo nell‟area dolomitica, dove è quindi possibile scorgere come, pur nell‟ambito di caratteristiche ben definite dell‟offerta, sia in atto un processo di razionalizzazione verso condizioni di maggiore efficienza aziendale. Nel caso del Bellunese sembra che la rincorsa sia maggiore, nel tentativo di recuperare condizioni di partenza più arretrate.

La produttività del sistema alberghiero, è comunque meglio evidenziata dall‟indice di utilizzo lordo, che indica il livello di impiego delle strutture. Sebbene tutte le aree offrano, in misura più o meno simile, una stagione estiva ed una invernale, i valori che emergono dal calcolo dell‟indice sono alquanto diversi; mentre in Alto Adige l‟indice supera oggi il 40% (il che equivale a 149 giorni di utilizzo pieno all‟anno, nella provincia di Belluno e in Valle d‟Aosta (dove tra l‟altro la stagione sciistica può durare più a lungo grazie all‟altitudine delle piste) ci si limita al 26%, pari a 95 giorni all‟anno. In posizioni intermedie si collocano Sondrio (29%) e Trento (33,1%).

Graf. 5 - Indice di utilizzo lordo alberghiero in alcune province alpine

28,9 27,5

37

30,628,2

2629

40,8

33,1

26

AO SO BZ TN BL

2001 2009

Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT e Uffici statistici provinciali

Va però sottolineato che i diversi risultati non sono conseguenti solo all‟efficienza gestionale dei diversi sistemi, ma anche a condizioni di mercato connesse alle caratteristiche dell‟offerta. In primo luogo alla possibilità di sfruttare a pieno la stagione invernale, che non è omogenea in tutte le aree, e soprattutto ai mercati a cui le diverse aree si rivolgono; il livello di utilizzo molto più alto della Provincia di Bolzano è attribuibile soprattutto al fatto che il sistema ricettivo lavora per quasi

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il 50% con il mercato tedesco e che gran parte di questo mercato è molto sensibile anche ai mesi non di punta; maggio ed ottobre ad esempio raccolgono un ammontare di presenze non molto lontane da quelle di dicembre o di febbraio, come mostra chiaramente il Graf. 6.

Graf. 6 - Distribuzione percentuale delle presenze per mesi in Alto Adige

Fonte: ASTAT – Provincia di Bolzano

La distribuzione delle presenze in Alto Adige si presenta senza forti picchi stagionali, come invece avviene in tutte le altre province ed è significativo anche che la distribuzione della domanda in relazione ai mercati di provenienza risenta fortemente del periodo stagionale. La clientela tedesca è molto presente nei mesi di maggio, giugno, settembre e ottobre, mentre quella italiana si concentra in agosto, in luglio e nei mesi sciistici.

Il Graf. 5 evidenzia comunque che non tutte le province hanno migliorato il loro livello di utilizzo nell‟arco di 8 anni. È pur vero che questo risente dell‟andamento congiunturale, ma è comunque indicativo che tre province l‟abbiamo aumentato (BZ, TN e SO) e due lo abbiano diminuito (AO e BL)

1.4 Le tendenze della domanda

Avendo ormai appurato la diversa consistenza della domanda nelle province alpine, con il Trentino Alto Adige in posizione di forte preminenza rispetto alle altre, è certamente significativo osservarne ora l‟evoluzione (Graf. 7).

Come si vede, nel corso dell‟ultimo decennio, l‟andamento mostra situazioni alquanto diverse; la performance migliore viene registrata in Alto Adige,dove le presenze sono aumentate di quasi il 15% in otto anni, con una media annua di 1,8. Altrettanto positivo è stato l‟andamento della Valtellina (prov. Sondrio) e del Trentino, con un incremento complessivo per entrambi del 11,7%. La Valle d‟Aosta ha perso poco meno del 4%, mentre la provincia di Belluno registra una forte contrazione della domanda con un calo di quasi il 15% delle presenze, peraltro già anticipata dal calo dell‟offerta ricettiva, rilevata precedentemente. I fattori congiunturali in questo caso sembrano poco rilevanti, in tutte le province infatti si è registrato un buon andamento nel 2003, anno di buon innevamento, ma non tutte hanno potuto godere del buon innevamento delle annate più recenti, anche perché non per tutte il peso della domanda invernale assume la stessa consistenza.

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Graf. 7 - Evoluzione delle presenze in 5 province alpine - Anni 2001-2009 (Numeri indice -

2001=100)

0,0

20,0

40,0

60,0

80,0

100,0

120,0

140,0

a 2002 a 2003 a 2004 a 2005 a 2006 a 2007 a 2008 a 2009

Aosta Sondrio Bolzano Trento Belluno

Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT e Uffici statistici provinciali

Anche le caratteristiche della domanda tuttavia mostrano alcune significative differenze. La permanenza media, in primo luogo, che oggi va dai 5,4 giorni della provincia di Belluno ai 3,4 della Valle d‟Aosta (Graf. 8). Nel primo caso la permanenza piuttosto lunga è spiegata da una consistente incidenza delle presenze extralberghiere registrate (più del 50%), che tendono notoriamente a fare soggiorni più lunghi, nel secondo caso la breve durata è da mettersi in relazione con la vicinanza alle grandi aree urbane di Torino e di Milano, e quindi alla facile raggiungibilità, favorevole per brevi soggiorni.

Graf. 8 - Durata media del soggiorno in alcune province alpine nel 2001 e nel 2009 (gg.)

4,14,5

5,7

5,1

6,7

3,44

5,14,8

5,4

AO SO BZ TN BL

2001 2009

Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT e Uffici statistici provinciali

Le province di Bolzano e Trento hanno oggi una permanenza media molto simile:

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rispettivamente 5,1 e 4,8 giorni, tipica da turismo di vacanza, seppur breve. La provincia di Sondrio, con una durata media più breve (4 giorni) sembra anch‟essa risentire della vicinanza con l‟area metropolitana milanese. Tutte le province avvertono il calo della permanenza media, così come si verifica per qualsiasi tipo di turismo di vacanza, ma anche nella riduzione si notano differenze significative, dal momento che in provincia di Trento e relativamente contenuta (rispettivamente 6 e 12%) mentre in Valle d‟Aosta raggiunge il 17% e nel Bellunese il 19%.

Il turismo montano in Italia è per tradizione un turismo prevalentemente interno; nella stagione invernale sono soprattutto i paesi privi di offerta sciistica ad alimentare la domanda estera delle località dell‟arco alpino, nella stagione estiva la presenza di stranieri risente soprattutto della prossimità ai confini. Come si è detto, fa eccezione l‟Alto Adige in cui la presenza di Tedeschi, oltre che di altri stranieri germanofoni, è particolarmente consistente per ragioni di lingua e di affinità culturale. In Provincia di Bolzano si raggiungono oggi perciò quasi i due terzi di presenze straniere (Graf. 9). Non è irrilevante anche l‟incidenza degli stranieri in Valtellina (41,4%) che risente della prossimità e dei buoni collegamenti con la Svizzera e con la Germania, mentre prevalentemente interno è il turismo del Bellunese.

In tutte le province l‟incidenza degli stranieri è aumentata nel periodo 2001-2009, con la sola eccezione di Bolzano, che invece ha visto un incremento, seppur modesto, degli italiani.

Graf. 9 - Livello di internazionalizzazione di alcune province alpine (incidenza presenze straniere

su presenze totali - Anni 2001 e 2009)

0%

20%

40%

60%

80%

100%

V.A 2001

V.A 2009

SO 2001

SO 2009

BZ 2001

BZ 2009

TN 2001

TN 2009

BL 2001

BL 2009

25,131,4 29,0

41,4

65,2 63,0

33,3 36,6

17,7 20,5

74,968,6 71,0

58,6

34,8 37,0

66,7 63,4

82,3 79,5

Stranieri Italiani

Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT e Uffici statistici provinciali

L‟incidenza della domanda nella stagione invernale è fortemente dipendente dalla disponibilità dell‟offerta sciistica; nell‟intera provincia di Bolzano la stagione invernale, intesa come i 4 mesi sciistici (dic-mar) incide per il 33% delle presenze annuali, mentre in provincia di Trento, dove i mesi intermedi sono meno sfruttati, l‟incidenza arriva al 37,4%; in Valle d‟Aosta dove la concentrazione stagionale è ancora più accentuata si supera il 40%.

In provincia di Trento e in quella di Bolzano vengono effettuate analisi sulla spesa turistica. I risultati non sono molto dissimili; in Alto Adige la spesa turistica giornaliera procapite si aggira sui 119€ mediamente nell‟anno, mentre in Trentino si attesta sui 112 quella del periodo invernale,

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tendenzialmente più alta di quella estiva; si riscontrerebbe quindi una maggiore spesa in Alto Adige rispetto al Trentino, sebbene la tipologia di offerta sia molto simile. La differenza potrebbe essere messa in relazione alla diversa incidenza di appartamenti turistici nelle due province.

2. Il turismo della neve

2.1 Uno sguardo internazionale

Nelle Alpi il turismo della neve presenta un quadro sostanzialmente statico, con un ammontare di giornate - sciatore che si colloca attorno ai 160 milioni (Vanat 2010). La stagione invernale 2009-10 nei paesi alpini, malgrado il buon innevamento, si è chiusa complessivamente con un decremento del 5,7%; un calo attorno al 3% è stato registrato anche nei paesi europei non alpini e in Asia, mentre nell‟America del Nord si registra un incremento del 3,4% (Vanat 2011). Nel contesto mondiale l‟Italia, con 26.860.000 giornate sciatore rappresenterebbe l‟8% circa del mercato: nel mercato alpino, a cui appartengono con noi Francia, Austria e Svizzera l‟Italia rappresenterebbe invece il 16,7%, una quota più o meno simile a quella della Svizzera (17,3%) ma ben inferiore a quella delle Francia e dell‟Austria che detengono circa i due terzi del mercato.

Tab. 2 - Il turismo della neve nei paesi alpini - Anno 2010

Stazioni Impianti Giornate sciatore

G.S./ impianto

% sciatori stranieri

G.S/ abitante

N. % N % („000) %

Austria 254 21,7 3313 29,1 51.512 32,1 15.548 66% 1,55 Francia 325 27,8 3790 33,3 54.320 33,9 14.332 28% 0,19 Italia 349 29,9 2006 17,6 26.860 16,7 13.390 15% 0,09 Svizzera 240 20,5 2284 20,0 27.720 17,3 12.137 50% 1,61 TOTALE 1168 100,0 11393 100,0 160.412 100,0 14.080

Fonte: Laurent Vanat

La Tab. 2 fornisce alcuni dati significativi4 per una comparazione dell‟offerta italiana con quella dei paesi concorrenti. Possiamo sintetizzare le indicazioni più significative attraverso le seguenti considerazioni:

In primo luogo osserviamo che l‟Italia dispone del maggior numero di stazioni tra i Paesi alpini (349), a fronte del quale vi è però un numero di impianti decisamente minore degli altri Paesi (2006). Questo indica la presenza di una forte frammentazione delle stazioni, molte delle quali sono evidentemente povere di offerta sciistica, se individualmente considerate. Va però considerato che il modello delle stazioni fondato sulle comunità locali, rende difficile la considerazione dell‟offerta sulla base della singola località; gran parte di queste sono tra loro collegate e di fatto l‟offerta è ben più ampia.

Con il maggior numero di stazioni, la nostra offerta raggiunge una domanda di poco meno di 27 milioni di giornate sciatore, pari a meno della metà della Francia e a circa la metà dell‟Austria. In termini di volume di attività, l‟Italia si colloca sullo stesso livello della Svizzera, la quale però lo raggiunge con un numero di stazioni di un terzo inferiore. Nella sostanza emerge una scarsa produttività delle singole stazioni italiane, diretta

4 Si tratta di un analisi quantitativa del mercato mondiale che viene effettuata annualmente dall‟esperto svizzero

Laurent Vanat e che costituisce ormai un punto di riferimento per gli operatori di ogni paese. I dati sono certamente utili e

attendibili per un quadro interpretativo della situazione a livello internazionale. Le singole cifre vanno comunque prese con

una certa cautela, dal momento che in Italia non vengono raccolte sistematicamente tali informazioni e sono quindi spesso

frutto di stime.

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La montagna nel turismo italiano 510

conseguenza di un offerta frammentata e meno efficiente.

Non è così però in termini di produttività degli impianti; il numero di giornate sciatore per impianto è superiore a quello della Svizzera e non molto inferiore a quello di Francia e Austria, il che indica che a livello di singolo impianto l‟offerta italiana riesce ad essere discretamente efficiente.

Si presenta quindi un quadro complessivo che vede l‟Austria e la Svizzera (paesi esclusivamente alpini) con una intensità di domanda sciistica (giornate sciatore per abitante) molto elevata, ma con una sensibile differenza di offerta sia sul piano della produzione che su quello dell‟efficienza; l‟Austria raggiunge quasi il doppio delle giornate sciatore della Svizzera, con un maggiore livello di efficienza per stazione e anche per impianto, tanto da superare, in entrambi i rapporti, anche la Francia, che notoriamente gode di grandi stazioni artificiali. L‟offerta italiana si presenta certamente più frammentata e quindi certamente meno efficiente sotto il profilo economico a livello di stazione. Ma nel nostro caso suppliscono le reti di collaborazione e integrazione tra operatori e stazioni; basti pensare a Dolomiti Superski, il più grande ed efficiente consorzio di operatori sciistici del mondo, che aggrega circa 130 società di operatori, con 450 impianti complessivi e circa 1200 km di piste. Non è un caso che circa il 40% delle giornate-sciatore dell‟offerta italiana vengano effettuate nell‟ambito delle aree di Dolomiti Superski.

2.2 L’offerta sciistica nazionale

Il panorama degli impianti di risalita, secondo i dati del Ministero dei Trasporti e delle

Infrastrutture, si presenta come riportato nella Tab.3.5 L‟offerta è concentrata per il 78,7% nelle regioni alpine; nell‟area appenninica solo l‟Abruzzo, L‟Emilia e la Toscana presentano un‟offerta degna di nota (Graf.10).

Graf. 10 - Distribuzione percentuale degli impianti di risalita nelle regioni italiane

Fonte: elaborazioni su dati Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture

Come è risultato evidente nel confronto internazionale precedentemente proposto, non è tanto il numero degli impianti a decretare la consistenza dell‟offerta, quanto la loro qualità in termini di innovazione tecnologica, misurabile dalla tipologia e quindi dalla velocità, dal comfort e dalla portata. La maggiore incidenza delle funivia è da mettersi in relazione anche alla disponibilità di quote elevate in cui si effettua lo sci e al dislivello da superare per scopi turistici oltre che sciistici, ma anche al numero di impianti complessivi di cui dispone l‟area: si riscontra così una maggiore

5 La non piena coincidenza con i dati della Tab.2 è soprattutto dovuto al fatto che in questa tabella sono contenuti

anche impianti di risalita non destinati ad attività sciistiche. Si tratta comunque di una percentuale molto modesta che non

altera il quadro complessivo.

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XVII Rapporto sul turismo italiano 511

incidenza di funivie in Valle d‟Aosta e nel Veneto (Tab.4) e in misura minore in Alto Adige, dove tuttavia il numero in valore assoluto è di gran lunga superiore (23 funivie contro 14 della Valle d‟Aosta e 12 del Veneto).

Tab. 3 - Gli impianti di risalita nelle regioni italiane - Anno 2011

Ad agganciamento automatico

Regione Funivie Seggiovie Cabinovie Totale

N. lungh. N N. N. lungh.

Piemonte 8 17050 19 7 26 51634

Valle d'Aosta 14 21087 26 16 42 74538 Lombardia 11 20882 27 12 39 62580 Trento 11 16996 49 24 73 112728 Bolzano 23 48473 63 50 113 180087

Veneto 12 23467 28 2 31 43000 Friuli V.G. 4 7880 10 3 13 21100 Liguria 4 9984 0 0 0 0 Emilia R. 1 1949 4 0 4 5768

Toscana 2 3988 2 1 3 5745 Umbria 0 0 0 0 0 0 Marche 2 3004 0 0 0 0 Lazio 1 760 0 0 0 0

Abruzzo 1 3176 8 4 12 13815 Molise 0 0 1 0 1 1361 Campania 1 2945 0 0 0 0 Puglia 0 0 0 0 0 0

Basilicata 0 0 0 0 0 0 Calabria 0 0 0 2 1 1810 Sicilia 0 0 1 2 3 6369 Sardegna 0 0 0 0 0 0

TOTALE 95 181641 238 123 361 580535

A collegamento temporaneo Sciovie TOT.IMPIANTI

Regione Seggiovie Cabinovie Totale

N. N. N. lungh. N. N.

Piemonte 101 2 103 127768 236 373 Valle d'Aosta 45 1 46 48453 31 133

Lombardia 88 5 93 94661 125 268 Trento 90 3 93 78479 65 242 Bolzano 100 3 103 94620 133 372 Veneto 65 3 68 75470 158 269

Friuli V.G. 13 0 13 11000 11 41 Liguria 3 1 4 4974 7 15 Emilia R. 28 0 28 25770 73 106 Toscana 14 2 16 17226 48 69

Umbria 1 1 2 1505 4 6 Marche 9 1 10 13244 27 39 Lazio 8 1 9 7010 41 51 Abruzzo 40 1 41 37087 61 115

Molise 3 0 3 2894 6 10 Campania 3 0 3 3166 4 8 Puglia 0 0 0 0 0 0 Basilicata 3 0 3 3387 10 13

Calabria 6 1 7 8249 6 14 Sicilia 1 0 2 1621 6 11 Sardegna 1 0 1 886 1 2

TOTALE 622 27 648 657470 1053 2157

Fonte: Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture

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Nelle stesse aree in cui vi è la maggiore incidenza di funivie si riscontra la minore incidenza delle sciovie (skilift); queste ultime sono ancora molto consistenti, rispetto al parco complessivo, laddove l‟offerta sciistica è meno innovativa: è il caso di tutte le regioni appenniniche, ma anche del Friuli e del Piemonte e, se pure in minor misura, della Lombardia.

Lo skilift è un mezzo di risalita che tende ad essere sostituito con impianti più avanzati (e naturalmente più costosi), con il vantaggio di un minore impatto sul territorio, dal momento che più skilift vengono generalmente sostituiti con un solo impianto.

Un altro elemento significativo in ordine al livello di qualità degli impianti è dato dall‟incidenza degli impianti ad agganciamento (ammorsamento) automatico, che sono più confortevoli e consentono il trasporto di un maggior numero di persone. Come si vede nella tab.4 , le regioni in cui questo tipo di impianti è maggiormente presente sono quelle che hanno anche l‟offerta sciistica più ampia; in Alto Adige, in Trentino, in Valle d‟Aosta, ma sorprendentemente anche in Friuli, questo tipo di impianti supera il 30% del numero complessivo, mentre rappresenta solo il 14,6% in Lombardia, l‟11,5% nel Veneto e il 7% in Piemonte.

Tab. 4 - Distribuzione percentuale degli impianti per tipologia - Anno 2011

Regioni Funivie Agg. Automatico Agg.Temporaneo

Sciovie TOTALE Segg. Cabin.

Piemonte 2,1 5,1 1,9 27,1 0,5 63,3 100,0 Valle d'Aosta/ Vallé d'Aoste 10,5 19,5 12,0 33,8 0,8 23,3 100,0 Lombardia 4,1 10,1 4,5 32,8 1,9 46,6 100,0

Trentino-Alto Adige 4,5 20,2 9,9 37,2 1,2 26,9 100,0 Bolzano/Bozen 6,2 16,9 13,4 26,9 0,8 35,8 100,0 Trento 4,5 10,4 0,7 24,2 1,1 58,7 100,0

Veneto 9,8 24,4 7,3 31,7 0,0 26,8 100,0

Friuli-Venezia Giulia 2,1 5,1 1,9 27,1 0,5 63,3 100,0 Emilia-Romagna 0,9 3,8 0,0 26,4 0,0 68,9 100,0 Toscana 2,9 2,9 1,4 20,3 2,9 69,6 100,0 Abruzzo 0,9 7,0 3,5 34,8 0,9 53,0 100,0

Fonte: elaborazioni su dati Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture

Ma l‟indicatore che esprime maggiormente, in forma sintetica, la qualità dell‟offerta è dato dalla portata oraria degli impianti. Come è noto gli impianti più recenti raggiungono portate molto elevate (fino a 4000 persone/ora nel caso di alcune seggiovie o cabinovie ad ammorsamento automatico) e la portata oraria media è quindi indice di un buon upgrading dell‟offerta sciistica.

Come evidenzia il Graf. 11, vi è una notevole differenza tra la portata media degli impianti della Valle d‟Aosta e quella delle altre regioni considerate. La portata media più alta viene registrata in Friuli con oltre 1900 persone/ora; il Friuli dispone di pochi impianti (solo 41), ed evidentemente si tratta in buona parte di impianti di recente rinnovo. Le due province di Trento e Bolzano presentano un livello molto simile (attorno alle 1350 persone/ora); considerato che l‟incidenza delle sciovie (che hanno una portata più bassa) è più alta in Trentino, ciò porta per conseguenza ad una maggiore portata media degli altri tipi di impianti, rispetto alla provincia di Bolzano. La Lombardia con circa 1200 persone/ora offre un buon livello qualitativo degli impianti sciistici, considerato che ha una alta incidenza di sciovie, ma soprattutto che non è una regione a statuto speciale, come le maggiori concorrenti, dove vi è una maggiore disponibilità di fondi pubblici per questo tipo di infrastrutture. La Valle d‟Aosta appare decisamente come la più debole tra le aree considerate, con un livello di portata media per impianto pari a circa la metà di quella del Trentino Alto Adige (600 persone/ora). Tenuto conto che vi è la più bassa incidenza di sciovie, ne consegue che gli impianti di maggiore capacità siano mediamente più datati rispetto a quelli delle altre regioni.

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XVII Rapporto sul turismo italiano 513

Graf. 11 - Portata oraria media per impianto in alcune regioni (persone/ora)

605

11971377 1354

1915

Valle D'Aosta Lombardia Trento Bolzano Friuli

Fonte: elaborazioni su dati Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture e statistiche regionali

Come abbiamo visto precedentemente la Valle d‟Aosta è anche la regione dove si registra la maggiore intensità di abitazioni di vacanza, gran parte delle quali sono di proprietà di non residenti (Graf.4). La minore qualità degli impianti di risalita non è estranea al fenomeno della forte incidenza delle seconde case; gran parte della clientela turistica dell‟area è infatti già acquisita attraverso l‟acquisto degli immobili e questo certamente non stimola quella vivacità imprenditoriale, indispensabile a chi deve “vendere il proprio prodotto” annualmente ad un domanda sempre più sensibile alla qualità e all‟innovazione.

Uno dei fattori esogeni che venivano precedentemente messi in evidenza a proposito dell‟evoluzione in atto nel turismo montano è quello della scarsità di spazio per un eventuale possibile ampliamento dell‟offerta. Questo fattore incide soprattutto sulla quantità degli impianti sciistici, oltre che delle piste, che quindi non solo non aumenta, ma tende ovunque a diminuire, per effetto della sostituzione di piccoli impianti obsoleti con nuovi impianti di portata e dimensione maggiore. Questo, ben inteso, non porta ad alcuna riduzione delle aree sciabili, che tendono, seppur di poco, ad aumentare, ma quantomeno ha un effetto positivo sull‟impatto ambientale. Il fenomeno è ben visibile nel caso delle province di Trento e di Bolzano (Tab. 5) relativamente all‟ultimo ventennio.

Tab. 5 - Evoluzione degli impianti di risalita - Anni 1990-2009

1990 2000 2009

Imp.

Port. Oraria

media

Imp. Var.

% imp.

2000/90

Port. Oraria

media

Var. % port.

2000/90

Imp. Var.

% imp.

2000/90

Port. Oraria

media

Var. % port.

2000/90

Prov.Trento 314 884 260 -17,2 1206 36,4 242 -6,9 1377 14,2

Prov.Bolzano 430 888 392 -8,8 1134 27,7 376 -4,1 1340 18,2

Fonte: elaborazioni su dati Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture e statistiche regionali

Il numero degli impianti a partire dal 1990 si è sensibilmente ridotto, soprattutto per effetto della sostituzione delle sciovie; in Trentino il decremento è stato del 17,2% nel primo decennio e del

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La montagna nel turismo italiano 514

6,9% nel secondo, meno accentuato è stato il processo in Alto Adige, con una diminuzione complessiva nel ventennio del 12,5%. In entrambe le situazioni si è riscontrato comunque un forte aumento della portata oraria, che, mediamente per impianto, nel ventennio è sostanzialmente raddoppiata. In sostanza, oggi gli impianti sono in condizione di portare, nel medesimo tempo, un ben maggiore numero di sciatori in quota e questo è uno dei fattori che concorrono a porre l‟esigenza di nuovi spazi per la discesa, e che quindi spingono gli operatori a sostenere la domanda di nuove piste.

Secondo i responsabili delle maggiori società di impianti di risalita (Guilpart 2008), i prossimi anni non vedranno radicali cambiamenti in termini di innovazione tecnologica negli impianti, mentre l‟attenzione sarà prevalentemente rivolta al marketing, alla commercializzazione e alla comunicazione con il cliente; sono i segnali di un mercato che non si attende più radicali cambiamenti di quote, ma che tende piuttosto a conservare quelle esistenti.

2.3 Le tendenze del mercato

Le ultime due stagioni invernali (2009-10 e 2010-11) sono state particolarmente positive per il turismo montano invernale, grazie ad un abbondante innevamento e grazie alla complicità della crisi economica che ha favorito il turismo di prossimità, anche attraverso un maggiore utilizzo delle seconde case. La positività della stagione è stata però avvertita più dai gestori degli impianti che non dagli albergatori, per i quali ha comunque prevalso il clima di contrazione dei consumi indotto dalla crisi, che ha portato soprattutto ad una riduzione della durata dei soggiorni e quindi ad un contenimento delle presenze.

Queste buone annate hanno portato a guardare al turismo della neve con un rinnovato ottimismo ed hanno spinto qualcuno a interpretare il trend di mercato come in decisa ripresa, prospettiva che invece riteniamo debba essere valutata con molta cautela, come d‟altra parte i dati sulla vendita di sci stanno a dimostrare (Graf.2)

Una recente indagine effettuata da Astra Ricerche per conto della F.I.S.I. indica nel 42% la percentuale di italiani adulti tra i 18 e i 65 anni che avrebbe uno stretto rapporto con la montagna

e nel 16,2% coloro che praticherebbero con continuità gli sport invernali6. A livello internazionale viene attribuito agli Italiani un tasso di partecipazione allo sci di circa il 10% sull‟intera popolazione, pari a quasi 6 milioni di persone (Vanat 2010), un dato che è coerente con il precedente, se rapportato all‟universo. Ma naturalmente tutto dipende da che cosa si intende per “montagna” e cosa si intende per “continuità”. La principale caratteristica della frequentazione della montagna negli ultimi decenni sta proprio nella “poca continuità”, oltre che nella scarsa “disciplina” con la quale la montagna viene affrontata e vissuta: in termini di durata dei soggiorni, per cui il rapporto Skipass può parlare di “scioglimento delle settimane bianche” (Skipass Panorama Turismo, 2010), che vengono sempre più sostituite da week end più o meno lunghi; in termini di continuità dell‟attività sulla neve, che diventa sempre più saltuaria nel tempo e nel tipo di attività svolta; in termini di regolarità di fruizione della superficie nevosa, che diventa sempre più un terreno di sperimentazione di nuove esperienze e sensazioni.

La contrazione del mercato interno è stata peraltro compensata dall‟incremento del mercato estero, che trova le sua alimentazione incrementale più significativa nei paesi dell‟Est europeo, dove lo sviluppo dell‟offerta sciistica, sebbene in corso (non si dimentichi che le prossime Olimpiadi invernali si svolgeranno a Sochi, in Russia), non ha ancora raggiunto livelli di competitività tali da impensierire l‟offerta alpina.

6 FISI , Gli italiani la montagna e gli sport invernali. Principali evidenze delle tre ricerche condotte da AstraRicerche per

FISI, maggio 2011

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La moltiplicazione delle attività sulla neve è un fenomeno che ha caratterizzato gli ultimi decenni; l‟indagine FISI ne ha prese in considerazione ben 14, comprese il bob, il biathlon o lo slittino su strada, ma le più praticate attualmente (Graf.12), oltre allo sci alpino (85,4%), sono il carving (26,5%), lo sci di fondo ( 21,6), lo sci-alpinismo (20,5%), e lo snowboard (10,8). Il carving è, come si vede, il fenomeno di moda, che ha ormai ampiamente superato lo snowboard, ormai fermo attorno al 10%, al quale però si aggiunge un 6,5% di praticanti il freestyle; il dato è peraltro molto simile a quanto rilevato nelle stazioni francesi un paio di inverni orsono (ODIT France 2009), quando allo snowboard veniva attribuito un 11,9% dei praticanti.

Graf. 12 - Principali attività praticate sulla neve (Incidenze percentuali sui praticanti 2011)

6,5

10,8

20,5

21,6

26,5

85,4

Freestyle

Snowboard

Sci aplinismo

Sci di fondo

Carving

Sci alpino

Fonte: AstraRicerche per FISI

Ciò che caratterizza il turismo montano oggi, e non solo quello invernale, è la varietà delle opzioni sollecitate dal turista, o più spesso indotte dall‟offerta. Il frequentatore della montagna si muove tra attività sportive e attività ricreative, che tuttavia pratica con grande estemporaneità, variando l‟attività e cercando sempre nuove occasioni di emozioni. L‟aumento dell‟età dei frequentatori ha portato allo sviluppo di molte attività soft, sia sulla neve che all‟interno delle località; passeggiate sulla neve, terme, wellness e naturalmente shopping, sono diventati ingredienti sempre più strutturali dell‟offerta alpina, anche per coloro che la frequentano - e restano la maggioranza – per praticare il più tradizionale sci alpino. Tutto questo comporta una sempre più ampia gamma di servizi da offrire al turista e questo è ciò che finisce per determinare la competitività delle località montane; non vi è dubbio che la piccola dimensione di molte delle nostre località e la difficoltà a sviluppare forme di integrazione e a produrre modalità di gestione efficienti della destinazione turistica rendano più difficile garantire un offerta di qualità a livelli altamente competitivi. E‟ forse anche per questo che nella classifica stilata annualmente da BAK di Basilea sulle 15 mete dell‟arco alpino preferite dai turisti, tra le località italiane compaiono solo la Val Badia e la Val Gardena d‟inverno, rispettivamente al 12° e 14° posto, mentre d‟estate al 2° e 3°posto troviamo l‟Alto Garda Trentino e il Meranese.

L‟interpretazione di “destinazione alpina” è, come si vede, molto ampia in questa graduatoria, ma è comunque significativo osservare che, mentre d‟inverno, il fattore di competitività è ovunque dato dall‟offerta sciistica e quindi dal sistema infrastrutturale e organizzativo che la caratterizza, d‟estate sembra giocare un ruolo determinante il paesaggio come fattore di attrazione, e

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La montagna nel turismo italiano 516

nell‟ambiente alpino i laghi e le città ne sono l‟interpretazione più autentica.

Tab. 6 - TOP Index 2009. Le 15 mete preferite dell‟arco alpino

Le 15 mete preferite in inverno

Grad. Destinazione Regione Top Index 2009 1 Lech-Zürs Vorarlberg 5.1

2 Skiregion Obertauern Salisburgo 4.9 3 Rennwe am Katschberg Carinzia 4,8 4 Paznaun Tirolo 4.8 5 Tux Finkenberg Tirolo 4.7

6 St.Anton am Arlberg Tirolo 4,7

7 Sefauss-Fiss-Ladis Tirolo 4,6 8 Zermatt Vallese 4.6 9 Samnaun Grigioni 4.6 10 Grossarltal Salisburgo 4.5

11 Ötztal Tourismus Tirolo 4,5 12 Alta Badia Alto Adige 4,4 13 Saalbach-Hinterglemm Salisburgo 4.4 14 Val Gardena Alto Adige 4,4

15 Arosa Grigioni 4.3

Le 15 mete preferite in estate

Grad. Destinazione Regione Top Index 2009 1 Lucerna Svizzera Centrale 5,1 2 Garda Trentino Trentino 4,9 3 Merano e dintorni Alto Adige 4,8

4 Achensee Tirolo 4.8 5 Interlaken Oberdan bernese 4,7 6 Kleinwalsertal Vorarlberg 4.7 7 Salisburgo e dintorni Salisburgo 4,7

8 Bodensee Voralberg 4,6 9 Lago Maggiore e Valli Ticino 4,5 10 Mieminger Plateau Tirolo 4,4 11 Engelberg Svizzera Centrale 4,4

12 Imst-Gurgltal Tirolo 4,4 13 Grossarltal Salisburgo 4.4 14 Oberstdorf Algovia 4.4 15 Garmisch-Partenkirchen Baviera sud orientale 4,3

Fonte BAKBASEL

3. Problematiche e prospettive dell’offerta alpina

In un contesto statico, sotto l‟aspetto quantitativo, ma assai dinamico, sul piano qualitativo, gli aspetti problematici sono molti; a quelli avvertiti da tutte le aree si aggiungono poi quelli tipicamente italiani, non esclusivi delle località montane, ma talvolta aggravati dalle condizioni di isolamento o di frammentazione che le destinazioni montane avvertono con maggior peso. Problemi quindi che si traducono nell‟esigenza di un approccio più “scientifico” e più “industriale (nel senso del metodo e non certo del prodotto) alla gestione del turismo, che costituisce, in sintesi, da sempre il fattore di maggior debolezza dell‟offerta italiana rispetto alle località concorrenti dell‟arco alpino.

In questa sede tuttavia prescindiamo dai “problemi storici” della gestione dell‟offerta turistica per concentrarci esclusivamente sulle problematiche e le prospettive che emergono alla luce delle dinamiche più recenti evidenziate dal mercato del turismo montano, identificando tre filoni di riflessione.

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XVII Rapporto sul turismo italiano 517

3.1 La questione ambientale

La problematica dell‟uso dello spazio nelle Alpi è ormai un tema che ha assunto un forte peso nelle iniziative connesse allo sviluppo turistico; il livello di saturazione del territorio è tale che pone una forte domanda di limitazione sia ad interventi edificatori, sia a nuovi impianti sciistici, che come si è ricordato, in alcuni paesi sono definitivamente banditi. Più facile è stato assistere in questi ultimi anni di buon innevamento a qualche prospettiva progettuale in Appennino, dove l‟offerta sciistica è ancora modesta e dove quindi si guarda allo sci ancora come una opportunità di sviluppo per qualche territorio. Senza entrare nel merito di specifiche situazioni, riteniamo sia opportuno in questa sede riprendere alcuni criteri di affronto della situazione ambientale connessa alle attività sciistiche.

Pur trattandosi di una tendenza ben nota, è bene sottolineare nuovamente quanto sia cresciuta negli ultimi anni la sensibilità ambientale da parte della domanda turistica, ivi compresa (e forse più di altre) quella che frequenta la montagna. Questa affermazione non mette in discussione né il fatto che lo sci continui a costituire lo “zoccolo duro” della fruizione turistica della montagna invernale, né il fatto che chi viene in montagna per sciare cerchi innanzitutto impianti, servizi e spazi per poterlo fare nel modo più soddisfacente possibile. Ma vi è pur sempre una soglia critica al di la della quale anche il fruitore più affezionato reagisce negativamente di fronte ad un‟offerta che non salvaguarda più i “fattori di produzione” tipici del turismo montano, quali la natura e il paesaggio. Questa soglia critica è generalmente più bassa laddove l‟offerta sciistica si colloca – come nel caso italiano – in contesti caratterizzati dalla presenza di nuclei abitativi storici, i quali a loro volta costituiscono una componente fondamentale dell‟offerta, soprattutto in estate. Ne è una prova che le grandi stazioni sciistiche alpine, molto frequentate in inverno, devono offrire una amplissima quantità di servizi e di divertimenti in estate per potersi garantire almeno una quota di occupazione dei numerosissimi posti letto. La crescita della sensibilità ambientale offre peraltro ampie opportunità di fruizione della montagna con modalità diverse da quello dello sci da discesa, che ancora non sono state valorizzate adeguatamente, essendo i Parchi di cui disponiamo ancora prevalentemente (pur con alcune lodevoli eccezioni) uno strumento vincolistico piuttosto che uno strumento di valorizzazione delle risorse del territorio e dell‟ambiente.

Come si è visto nell‟analisi, il numero totale degli impianti di risalita esistenti negli ultimi anni è diminuito per effetto della sostituzione di impianti minori con impianti di maggior lunghezza è portata. Ciò non può che essere considerato un fatto positivo, per gli effetti di minore impatto ambientale che la cosa comporta, anche se ciò non significa “un ritorno alla natura” da parte delle aree interessate. La realizzazione di nuovi impianti è da mettere strettamente (e seriamente) in relazione agli obiettivi per i quali se ne prospetta la realizzazione; posto che oggi nessuno immagina di realizzare nuove aree sciistiche, il problema generalmente si pone per eventuali collegamenti tra aree (Liguori, 2010). Il vero problema quindi è, in primo luogo, quello di valutare con rigore e adeguato metodo scientifico gli effetti previsti dalla realizzazione di un impianto o di una pista e, prima ancora, l‟esistenza di condizioni che ne consentano il raggiungimento; una volta che questi siano accertati, si potrà valutare l‟opportunità di alcuni sacrifici ambientali in nome di un effettivo e ragionevolmente certo incremento di competitività turistica dell‟area. Ciò che lascia maggiormente perplessi è che nella maggior parte dei casi si prendono decisioni senza che questo processo avvenga, con conseguenti effetti economici negativi, oltre che con conseguenze ambientali.

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Un terzo ordine di riflessioni riguarda le condizioni che possono supportare la realizzazione di un nuovo impianto. Sono diverse e di diversa natura; da quelle di altitudine (innevamento sufficiente) a quelle climatiche; da quelle territoriali a quelle di mercato. Qui si vogliono sottolineare le condizioni strettamente connesse al mercato turistico; troppo spesso si finisce per credere che basti costruire nuovi impianti per garantire più sciatori, e quindi più presenze, nell‟area; tutto ciò non è affatto automatico. Occorre innanzitutto valutare le condizioni dell‟intero sistema turistico territoriale nella capacità di “farsi carico” di un incremento di turisti; in termini di quantità e soprattutto di qualità dei posti letto alberghieri, dei servizi complementari e della disponibilità e qualificazione del personale. Troppo spesso queste condizioni non ci sono e quindi l‟eventuale incremento aggiuntivo di presenze indotto dall‟ampliamento dell‟area sciabile determina al più un incremento di pendolarismo sciistico nei week end.

In tema di uso dello spazio alpino, occorre spendere qualche riga anche a proposito delle abitazioni turistiche che, come si è visto, costituiscono una peculiarità di molte valli, con le implicazioni negative a cui abbiamo accennato. Il grande sviluppo delle seconde case si è verificato negli anni „70 e non solo nelle valli montane; tuttavia, se pure con tassi di crescita minori, il processo è continuato nei decenni successivi. Oggi rileviamo una forte relazione tra l‟elevata intensità di abitazioni turistiche e il declino della destinazione (Osservatorio Turistico della Provincia di Bergamo, 2011), di fronte al quale non si avvertono decisi interventi correttivi. Il problema dunque non è solo ambientale, ma di natura strettamente turistica, nel senso che dalla forte presenza di abitazioni turistiche, per lo più vuote salvo pochi giorni all‟anno (Becheri e altri 2005), deriva un impoverimento di servizi e anche di offerta alberghiera. La scarsità di risorse a disposizione delle Amministrazioni Pubbliche e l‟allettante apporto derivante dagli oneri di urbanizzazione per i Comuni, fa ritenere che, se non si pongono vincoli ai livelli amministrativi superiori, nei prossimi anni assisteremo ad un ulteriore sviluppo delle abitazioni turistiche nelle aree alpine.

3.2 Caratterizzazione e integrazione per le località turistiche montane

“Le stazioni della neve e di montagna offrono un po‟ tutte la stessa cosa; ciò non permette loro di smarcarsi dai concorrenti e di trarre profitto da strategie di differenziazione” (Keller 2010). Questa constatazione, che ha fatto da guida all‟ultimo Congresso Mondiale del Turismo della Neve e della Montagna, sta in fondo alla base di una tendenza che sembra da qualche tempo dare segnali positivi anche in Italia.

La differenziazione, che può assumere la forma della caratterizzazione e della specializzazione, costituisce da sempre l‟unica arma di cui dispongono le piccole unità commerciali, di fronte alle più potenti ed efficienti concorrenti di grandi dimensioni; una strategia aziendale può diventare analogamente una strategia per le destinazioni turistiche.

Dal momento che la clientela si aspetta, in inverno come in estate, una grande varietà di servizi

e di attività ricreative e che da ciò quindi deriva il vantaggio competitivo delle località turistiche7, è evidente che le piccole località si trovano strutturalmente deboli, date le modeste risorse, non solo economiche, a disposizione. L‟incremento delle opportunità per il turista è comunque una strada che va, per quanto possibile, percorsa, ma tende ad avere, come contropartita molto evidente, una scarsa qualità e una poca economicità dei servizi offerti. L‟orientamento verso alcuni servizi particolari o verso un particolare target, può rappresentare una possibile alternativa che sembra

7 Uno sguardo al sito web di Whistler restituisce un‟idea della varietà di opportunità che può essere offerta da una

grande stazione di montagna (www.whistlerblackcomb.com).

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dare qualche frutto positivo per le piccole stazioni, grazie anche al buon innevamento egli ult imi anni. In questo modo si tende ed evidenziare quell‟ Unique Selling Proposition (Macchiavelli 2011) tanto invocata dagli esperti di marketing come condizione per la competitività delle piccole unità produttive. In alcuni casi la specializzazione può essere orientata ad una tipologia di turisti (famiglie, bambini, anziani…), in altri ad un particolare mercato territoriale. È il caso di alcune stazioni (ad esempio, i Piani di Bobbio, in Lombardia) che si stanno orientando al turismo di prossimità (Bourdeau 2009) e che in funzione di questo organizzano la gestione della stazione, con contenimento di costi durante il periodo feriale e potenziamento delle attività durante il week end. La flessibilità, la caratterizzazione e l‟orientamento ad un particolare tipo di clientela possono quindi determinare le condizioni per una varietà di offerte tra loro complementari.

In questa logica è utile avanzare una ulteriore prospettiva. Poiché l‟offerta ampia di servizi e di attrazioni resta una condizione imprescindibile per un efficace rapporto con la clientela e poiché l‟offerta turistica dell‟arco alpino è caratterizzata da destinazioni tra loro vicine con caratteristiche diversificate anche in ragione della identità e della dimensione culturale (si pensi alle nostre valli con la presenza di numerosi comuni o borghi), occorre cominciare a guardare a questa nostra tipologia di offerta come una opportunità e non come un limite. Ed occorre soprattutto organizzare l‟offerta come un sistema fortemente integrato, dove le specificità di ciascuno diventano patrimonio di tutti. Nella sostanza, ciò che viene frequentemente auspicato a livello di singola destinazione attraverso un approccio olistico (la gestione sistemica della destinazione), potrebbe diventare il fattore competitivo per località diversificate a livello di singola offerta, ma fortemente integrate a livello di territorio e quindi gestite secondo una logica di sistema territoriale. È una prospettiva ancora poco affrontata (al più si arriva a coordinare le manifestazioni estive) poiché prevale la logica campanilistica dell‟offerta di ogni singola destinazione, ma la tendenza a caratterizzare la località potrebbe incentivarla in funzione di un beneficio, che è certamente per il turista, a cui viene offerta una gamma ben più vasta di opportunità (culturali, ricreative, sportive ecc,), ma anche per la località stesse, che potranno accedere ad un mercato ben più vasto. In questo contesto un ruolo particolarmente importante può essere esercitato dall‟offerta culturale.

3.3 La cultura alpina come fattore di attrazione

Dal punto di vista turistico la montagna ha avuto tradizionalmente due fattori di attrazione decisamente prevalenti: la natura e il paesaggio in estate, la neve in inverno.

L‟attenzione degli operatori si è concentrata essenzialmente nel rendere fruibili, nelle più diverse forme, queste due risorse chiave e quindi anche gli investimenti sono stati orientati verso una infrastrutturazione conseguente. Poca attenzione hanno avuto in passato altre risorse che, pur non costituendo la ragione principale della fruizione della montagna, avrebbero tuttavia potuto rappresentare una complementarietà importante; basti pensare alla risorsa terme, presente in alcune importanti località montane, che è sempre stata sacrificata alla risorsa sci e che solo da qualche anno, e sulla scorta di una crescente domanda di benessere da parte del turista, è stata riscoperta come una componente fondamentale dell‟offerta alpina.

È chiaro che in un contesto di mercato dove lo sci viene praticato solo da una parte dei frequentatori della montagna invernale, e con sempre minore continuità, e in cui d‟estate si sollecitano le più diverse attività sportive e ricreative, l‟attenzione verso la possibilità di una fruizione più articolata delle risorse disponibili è oggi crescente e nuove proposte da rivolgere al turista si moltiplicano. Si pensi, per citare qualche caso, all‟utilizzo di impianti e piste per la discesa in mountain bike, che sempre più località sono in grado di offrire, quale complementarietà per la valorizzazione turistica delle piste in estate (Drapier 2008); oppure alla cura con i bagni di fieno o alla fruizione dei torrenti in canoa o rafting. Indipendentemente dalle cose più o meno

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nuove che si possono proporre, cresce la tendenza a far diventare emozione ciò che fino a ieri era una semplice fruizione. E questo vale per le iniziative più innovative, come per quelle più tradizionali; l‟attenzione al creare emozioni nuove passa anche attraverso una cena in una baita o attraverso il viaggio su una funivia rotante che garantisce un panorama inusitato.

In questa ricerca di alternative e complementarietà un posto ancora modesto viene occupato dalla cultura, che nel rapporto con il turismo montano ha sempre avuto un ruolo marginale, o è stata relegata a puro folklore, fondamentalmente perché non è mai stata considerata una risorsa capace di soddisfare il turista, quantomeno in quel contesto. Eppure se c‟è un ambiente che è caratterizzato, più di altri, da una forte identità culturale, questo è proprio quello montano, dove la marginalità fisica ha enfatizzato l‟espressione di una identità ben precisa, che si riconosce attraverso la gastronomia, la vita sociale, la religiosità, le tradizioni, l‟edilizia, e così via.

Per l‟offerta montana italiana questa dimensione è particolarmente importante perché è parte integrante dell‟offerta di quasi tutte le località alpine, in quanto questa si situa in luoghi abitati e vissuti da una comunità; come tale, quindi può rappresentare il Valore Aggiunto rispetto a stazioni più efficienti sotto il profilo gestionale, ma più povere di atmosfera e di riconoscibilità. Del resto è ben evidente come ciò già accada in Alto Adige, dove l‟identità culturale è molto forte e ancora relativamente poco “inquinata”.

Ci sono oggi molti margini per una valorizzazione della cultura alpina, perché poco è stato fatto nel passato e solo negli anni più recenti si è riconosciuta una maggiore attenzione a questa componente, ma è chiaro che non si tratta di prevedere solo qualche manifestazione folkloristica in più. In primo luogo si coglie una forte esigenza di fare in modo che tutta la comunità degli operatori turistici sia consapevole di questo patrimonio e sia disponibile a farne ragione di incontro con il turista, opzioni per nulla scontate. Al proposito può essere emblematico, per mostrare come anche altri paesi si stiano muovendo in questa direzione, citare l‟esperienza del Polo Formativo di Poschiavo in Engadina (CH) a cui l‟Amministrazione regionale ha delegato la verifica della conoscenza sulla cultura locale da parte di chi fa domanda di occupazione nelle aziende del territorio, senza la quale non si determinano le condizioni per l‟assunzione. In secondo luogo occorre prevedere dei processi che traducano le potenzialità individuate (dai prodotti tipici alle opere d‟arte presenti sul territorio, per citare solo due casi) in effettivo prodotto turistico, quindi comprensibile e fruibile da chi ne è estraneo. Entrambi i percorsi richiedono tempo e risorse (si pensi al recupero dei centri storici o dell‟edilizia rurale); anche per questo la prospettiva di “specializzazione“ della località evocata nel punto precedente e la conseguente necessaria integrazione tra componenti diverse dell‟offerta può rappresentare una prospettiva praticabile.

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