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Gli auguri dell’Aido Lombardia

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Intervista a Carlo Sposito e Sherrie BhooriL’Istituto Tumori di Milano conta sulle grandi potenzialità e sull’entusiasmo dei giovani medici che rappresentano il futuro della ricerca e della cura

Bergamo consegna la benemerenza civica al cav. Leonida Pozzi«Ha reso la città un punto di riferimento di eccellenza nazionale»

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Sciogliere i nodiSpazio autismo «La nota in più»

Noi, i batteri, gli antibiotici: una complessa interazione

Batteri e alimenti

Le declinazioni del verbo donareA Varese si indaga sui molti significati della parola dono

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Ricostituita la Consulta Tecnica permanente per i trapiantiL’Aido rappresentata dal presidente nazionale Vincenzo Passarelli

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Notizie dalle Sezioni33pagina

Il Tedoforo per eccellenza36pagina

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Mensile di cultura sanitaria del Consiglio RegionaleAido Lombardia - ONLUS

Anno XXI n. 205 - dicembre 2012

Editore: Consiglio Regionale Aido Lombardia - ONLUS 24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Tel. 035 235327 - fax 035 244345 [email protected]

Direttore EditorialeLeonida Pozzi

Direttore ResponsabileLeonio Callioni

Collaborazioni scientificheDott. Gaetano Bianchi

Dott.ssa Cristina Grande

Regione Lombardia - SanitàProf. Sergio VesconiCoordinatore regionale prelievo/trapianto

Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo

Dott. Michele ColledanDirettore Chirurgia Generale III Direttore Centro Trapianti di fegato e di polmoni

Dott. Paolo FerrazziDirettore Dipartimento CardiovascolareDirettore U.O. di Cardiochirurgia

Dott. Giuseppe LocatelliConsulente del Dipartimento di Chirurgia Pediatrica

Prof. Giuseppe Remuzzi Direttore Dipartimento di Immunologia e Clinica dei Trapianti

Azienda Ospedaliera A. Manzoni di Lecco

Dott. Amando GambaDirettore U.O. Cardiochirurgia

Università Milano Bicocca

Prof. Roberto FumagalliDocente

NITp - Nord Italia Transplant

Prof. Paolo Rigotti - Presidente

Dott. Giuseppe Piccolo - Direttore Cir

Istituto Mediterraneo Trapianti e Terapie di alta specializzazione - ISMeTT

Prof. Bruno GridelliDirettore Medico scientificoProfessore di Chirurgia Università di Pittsburgh

Istituto Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” - Bergamo

Prof. Giuseppe Remuzzi - Direttore

Yale University School of Medicine

Prof. Mario StrazzaboscoProfessor of Medicine,Director of Transplant HepatologyDepartment of Internal MedicineSection of Digestive Diseases

Redazione esternaLaura Sposito; Clelia Epis; Fernanda Snaiderbaur

Redazione tecnicaBergamo [email protected] Seminati

Segreteria e Amministrazione24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Tel. 035 235327 - fax 035 [email protected]@aidolombardia.itC/C postale 36074276Ester MilaniLaura Cavalleri

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Le informazioni contenute in questo periodicovengono trattate con liceità, correttezza e tra-sparenza conformemente al D.lgs. n. 196 del 30giugno 2003 “Codice in materia di protezionedei dati personali”.

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

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Ritengo sia un segno concreto di speranza concludere il 2012 di Prevenzioneoggi con un'apertura giornalistica affidata a due giovani medici dell'Isti-tuto Tumori di Milano. In una società tanto spesso accusata di vecchiaia per-ché schiacciata su personaggi autorevoli ma adulti se non addiritturaanziani, abbiamo pensato che fosse bello poter proporre un'intervista con-

trocorrente, affidando la parola ai protagonisti dell'oggi e del futuro della ricerca, dellamedicina, della chirurgia e, cosa non secondaria, attivi in uno dei punti di riferimentoper la cura dei tumori del fegato in Italia e nel mondo: l'Istituto Tumori di Milano.

Le parole, la competenza, l'entusiasmo dei giovani dottori Bhoori e Sposito fannopiazza pulita di tanti cliché stantii e superati attraverso i quali la grande comunica-zione tende sempre a descrivere in modo solo negativo l'Italia e il mondo della medicina.Se il dialogo con questi due splendidi giovani apre alla speranza di un futuro miglioreperché mette in risalto le potenzialità di chi ha saputo accettare il pur gravoso testimonedi uno fra i maggiori protagonisti della lotta al tumore del fegato, e mi riferisco in par-ticolare al mai sufficientemente apprezzato prof. Vincenzo Mazzaferro, altrettanto il-

luminante è il racconto di una delle più recenti tecniche di contrastoe lotta contro il tumore, una forma raffinatissima di bombarda-mento nucleare che raggiunge le singole cellule maligne, senza dan-neggiare altre parti vitali del fegato. Scrivo queste note consapevoledi contribuire ad aprire nuove finestre su un orizzonte di speranzaper molti malati di questa terribile ma non invincibile malattia.Ma sono altrettanto felicemente consapevole che non si tratta di falsesperanze perché questa tecnica si sta già applicando all'Istituto diMilano e quanto raccontato dai nostri due prestigiosi interlocutori,autori di uno specifico articolo su una rivista scientifica specializ-zata, ne dimostra l'efficacia. Anche questo mette in evidenza unavolta di più, se ve ne fosse ancora bisogno, quanto la ricerca e la me-dicina dei trapianti sia parallelamente utile a molteplici altre formedi cura delle persone. Ma soprattutto dimostra che vale la pena in-vestire nei giovani e nella ricerca. Lo sottolineo come richiamo ad

una Nazione troppo distratta da tanti altri problemi e poco sensibile alle difficoltà dinuove generazioni di ricercatori, clinici e chirurghi che vengono indotti spesso a cercarespazi vitali altrove nel mondo. Questi giovani rappresentano un patrimonio di scienza,di coraggio, di solidarietà che dovremmo invece, tutti insieme, fare il possibile perchésiano valorizzati nel nostro peraltro meraviglioso Paese, offrendo loro spazi operativi edi sperimentazione scientifica. Voglio chiudere il 2012 con un particolare ringrazia-mento ai nostri lettori, ai quali va il merito di aver sostenuto una rivista che, senza vin-coli economici derivanti da pubblicità o altre forme di finanziamento, si pone al serviziodella buona medicina, della buona comunicazione, del miglioramento della società. In unmomento particolarmente difficile, terribile e devastante per le economie delle famiglie,la scelta dei nostri lettori di confermare il sostegno alla rivista è davvero un segnale lu-minoso di un affetto che va ben al di là dello scontato; un affetto che rappresenta per noisprone e incoraggiamento a proseguire su questa strada, consapevoli di avere un man-dato esplicito per agire nella cultura sociale affinché sia sempre più valorizzata la sceltadella donazione di sé ai fini della cura delle persone che soffrono.

Grazie, a nome di tutti coloro che nel trapianto hanno ritrovato il sorriso e la pre-senza rassicurante della famiglia. E grazie anche a nome di coloro che non ne hanno po-tuto usufruire ma che hanno sentito il calore umano di una comunità partecipe esinceramente solidale.

Leonida Pozzi

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Editoriale

In copertina:foto di

Giancarlo Crotti - Fotoclub Airuno (Lc)

Bhoori e Sposito, due giovani medici dell'Istituto Tumori di Milano che rappresentano

le ragioni della speranza e della fiducia nel futuro

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crivo questi auguri a conclusione di un 2012 che lascerà un segno indelebile intutti noi, nelle nostre famiglie, nell’AIDO stessa. Ma scrivo gli auguri ai no-stri lettori, alle nostre famiglie, a tutti gli amici raccolti nell’Aido, alla stu-penda comunità lombarda, ben lontano dal vivere sentimenti di sconforto edemoralizzazione. Consapevole che il 2012 ha portato tanta sofferenza a tan-tissime, troppe, famiglie della nostra comunità, voglio augurare a tutti che que-

sta “crisi” sia vissuta nel profondo significato della parola: difficoltà nella rinascita. Lastoria dell’uomo è storia di sofferenze che sbocciano in dimensioni nuove, che fanno sco-

prire quello che i tempi dell’abbondanza e dell’efficienza avevano offuscato. Se la crisici ha svelato il piacere di una mano tesa in soccorso di chi soffre, allora ben vengala crisi. Se la crisi ci ha aiutato ad aprire gli occhi su un tessuto sociale fatto di una

fitta rete di solidarietà e relazioni che ha retto anche nei momenti più bui, allora benvenga la crisi. Se la crisi ha fatto esplodere le contraddizioni sociali scoperchiandole ipocrisie e le falsità, mostrandole nella loro brutale nudità, allora ben venga la

crisi.Avevamo bisogno di verità e l’esperienza ci ha dimostrato di nuovo che

l’asprezza dei momenti più duri serve a fare pulizia dentro e fuoriognuno di noi.

Ma benedetta sarà la crisi se ci avrà indotto a dare valore alle cosevere della vita: agli affetti sinceri, alla capacità di costruire relazionipositive, al superiore valore del volontariato. Perché allora i tempi

difficili ci avranno fatti più forti, più uniti, dentro un progetto di Dio sull’uomo che è quello diindurlo all’amore fraterno, all’attenzione reciproca, al “farsi carico” l’uno dell’altro.

Quanto sembrano lontani i tempi dell’individualismo esasperato, dell’efficientismo a tutti icosti. Ma soprattutto quanto sembrano falsi quei tempi. Eppure è storia di ieri; travolta e de-sertificata dalla vacuità dei contenuti più che dallo tsunami degli eventi economico-finanziarie sociali.

Oggi siamo nelle condizioni di chi riapre gli occhi dopo tanto tempo di offuscamento, ubria-cati come siamo stati dal bombardamento quotidiano dell’inutile presentato come indispensabile.Adesso finalmente siamo di nuovo svegli.

Abbiamo ora il compito preciso di valorizzare questo cielo terso che sta conquistando l’oriz-zonte. Ci aspettando ancora giorni difficili, ma forse abbiamo imparato come affrontarli. Cer-tamente è diventata patrimonio diffuso la consapevolezza che solo facendo rete, solo unendo leforze e sentendoci fratelli nel comune destino umano, possiamo contribuire a costruire una so-cietà veramente e profondamente giusta.

I sintomi di questo miglioramento sociale ci sono tutti, basta saperli riconoscere. Potrei faretanti esempi ma mi limito invece a un solo dato: mai come nell’epoca che stiamo vivendo si è as-sistito alla presenza nella comunità civile di tante persone disabili o come meglio si definisce oggiquesta speciale condizione: diversamente abili. Questo è un grande segno, perché vuol dire che sonomigliorate le tutele sanitarie e sociali, è cresciuto il livello di accoglienza, ma soprattutto si stafacendo largo una nuova cultura della “diversità” che invece di considerare “il limite” un pro-blema individuale comincia a pensare che proprio nella fragilità e nella disabilità stia la veragrandezza della persona umana. Chi crede in Dio sta scoprendo sempre più il disegno del-l’Amore che ci interpella e ci dà l’occasione di farci prossimo per chi soffre. La novità di questitempi sta nel numero crescente di giovani e non più giovani che si dedicano alla cura delle per-sone maggiormente in difficoltà, perché è nel “metterci insieme” che si prova la gioia più vera eprofonda. Quella gioia che aveva già messo le radici nel nostro cuore ma che i tempi dell’ubria-catura egoistica ci avevano fatto perdere di vista.

Che il 2013 sia ricco di amore per tutti.

Leonida Pozzi

Questi tempi difficili offrono una grande opportunità:

scoprire l’Amore che c’è in ognuno di noi e ci fa sentire fratelli

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Sherrie Bhoori e Carlo Spo-sito sono due giovani medicicoinvolti da tempo nell’atti-vità trapianto di fegato al-l’Istituto Nazionale Tu-

mori di Milano. Pur avendo conseguitogià risultati eccezionali nonostante laloro giovane età, hanno mantenuto un at-teggiamento semplice e disponibile chefa onore a loro stessi, alla classe medicae all’Istituto Tumori. Semplicità e fre-schezza che caratterizzeranno il collo-quio/intervista del novembre scorso, aMilano, che qui di seguito pubblichiamo.Il compito di introdurre il tema dell’in-contro, come sempre, spetta al direttoreeditoriale di Prevenzione Oggi, Leo-nida Pozzi.La dottoressa Sherrie Bhoori è gastro-enterologa mentre il dottor Carlo Spositoè chirurgo, entrambi presso l’Unità diChirurgia dell’Apparato Digerente e

Trapianto di fegato dell’ Istituto Tumoridi Milano diretta dal dottor VincenzoMazzaferro.Collegandosi al colloquio introduttivo,il cav. Pozzi chiede conferma al dott.Sposito della sua esperienza di lavoro inSpagna (nazione che, ricordiamo, in ter-mini di donazione e trapianti è moltoavanti).

Sposito: In effetti ho trascorso seimesi molto utili presso l’Universitàdi Barcellona in Spagna e durante lascuola di specializzazione ho seguitoperiodi di turnazione negli altri Cen-tri Trapianto milanesi. La maggiorparte della mia formazione l'ho peròconcentrata qui all’Istituto Tumori diMilano.Pozzi: Cosa l'ha spinta a fermarsiqui?Sposito: Ho sempre avuto la curiosi-

Intervista aCarlo Sposito e Sherrie Bhoori

L’Istituto Tumori di Milano conta sulle grandi potenzialità e sull’entusiasmo dei giovani mediciche rappresentano il futuro della ricerca e della cura

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tà scientifica che va oltre quella me-dica e in questo Istituto ci sono gli sti-moli giusti, oltre alla possibilità anchedi fare approfondimenti e lavorare siaclinicamente che scientificamente afianco di una persona che ha tutto dainsegnarmi come il dott. Mazzaferro.Inoltre è importante sottolineare chepresso il nostro Centro trattiamo lemalattie tumorali del fegato sia chi-rurgicamente ma anche applicandotutte le altre tecnologie, strumenti efarmaci più moderni, dai trattamen-ti locoregionali alle terapie a bersagliomolecolare, al trapianto stesso con letecniche più innovative. Avere a di-sposizione l’intero panorama delleterapie su una malattia come questaè davvero opportunità non comune siain Italia che fuori dall'Italia, non soloper i pazienti. Pozzi: Anche la dott.ssa Bhoori hagià accumulato importanti espe-rienze.Bhoori: Provengo dal Policlinico diMilano dove ho iniziato il mio cam-mino professionale.Dopo la specializzazione sono pas-sata all’Istituto Tumori e mi sonoappassionata a questo reparto per la“multidisciplinarietà reale” (credo chesia il termine più giusto) che è allabase di tutto ciò che facciamo e cherappresenta il grande valore ag-giunto della nostra offerta sanitaria,anche per merito dell’ampio oriz-zonte di armi per combattere il tu-more del fegato che abbiamo allestitoin questi anni. Vivere esposti con-temporaneamente ad attività chirur-giche, radiologiche, anatomopatolo-giche ed oncologiche sia dal punto divista clinico che scientifico è fonda-mentale per la gestione di questo tipodi tumore. E qui abbiamo questa pos-sibilità.Milani: Cosa manca invece negli altricentri?Bhoori: Gli altri Centri Trapiantohanno una vocazione giustamente fo-calizzata appunto sul trapianto inquanto procedura innovativa e sal-vavita, qualunque sia l’indicazione al-l’intervento. Nel nostro caso la mis-

sione principale è focalizzata sulla te-rapia di una malattia chiamata can-cro, che è la causa di morte più im-portante nel mondo e che nel caso delfegato è seconda causa di morte deipazienti con cirrosi. A questo pro-posito è giusto notare che per noi iltrapianto è una delle armi a disposi-zione per la cura dei pazienti con tu-more, ma non certo l’unica. In alcunialtri Centri, focalizzati appunto sullasola problematica del trapianto sonomeno forti le opzioni alternative altrapianto stesso, come ad esempio laradioembolizzazione con Yttrio 90:una metodica che noi abbiamo svi-luppato con impegno negli ultimianni, diventando leader nazionali sul-l’argomento. In altri contesti a voca-zione oncologica pura, manca invecela sensibilità alle grandi prospettiveofferte dal trapianto in alternativa atrattamenti farmacologici ancorapoco efficaci. Penso quindi che sipossa dire che il nostro Centro qui al-l’Istituto Tumori abbia davvero ca-ratteristiche uniche in grado di ri-spondere a 360 gradi alle domandecomplesse che originano dai pazientiammalati sia di cirrosi che di tumore,applicando di volta in volta le strate-gie meglio rispondenti alla preva-lenza dell’una o dell’altra compo-nente della malattia. Il tutto dopoaver valutato collegialmente edestensivamente ogni caso, alla ricercadella soluzione migliore. La bontà diquesto approccio, invero molto fati-coso perché aperto su più fronti ci èconfermata dai risultati e dal ricono-scimento della qualità del nostro la-voro che ci arriva di continuo da ognifonte, sia dai pazienti che dai Colle-ghi. Pozzi: Interessante questo aspettodelle diverse specialità che si con-centrano sulle caratteristiche del-l’ammalato.Sposito: In questo modo tutti i sog-getti curanti fanno squadra; radio-logi, medici, chirurghi epatologi eanche infermieri e ricercatori di la-boratorio hanno diritto di parola e di-scutono insieme su quale sia il trat-

Dr.ssa Sherrie BhooriGASTROENTEROLOGA PRESSO LA CHIRURGIA

DELL’APPARATO DIGERENTE

E TRAPIANTO DI FEGATO

FONDAZIONE IRCCS ISTITUTO NAZIONALE DEI TUMORI, MILANO

Nata a Bombay (India) il19/07/1973, laureata a pieni voti nel lu-glio 2008 in Medicina e Chirurgia pressol’Università degli Studi di Milano con unatesi sull’ “Ipersensibilità viscerale nei pa-zienti con la sindrome dell'intestino irrita-bile” e specializzata nel novembre del2004 (70 cum laude/70) con una tesisul “Ruolo della nutrizione parenteralenella gestione del paziente affetto da en-terite attinica”.

Dopo la laurea è stata titolare diquattro borse di studio (Fondazione Po-liclinico di Milano, Fondazione Istituto Na-zionale Tumori, AIRC – AssociazioneItaliana per la ricerca sul Cancro) e daldicembre 2008 presta servizio come di-rigente medico di I livello presso il Re-parto di Chirurgia dell’Apparato Digerentee Trapianto di Fegato (Istituto Nazionaledei Tumori) diretto dal Dr. Mazzaferro oc-cupandosi sia della parte clinica (Ambu-latorio di gestione di pazienti trapiantati)che della parte di ricerca clinica comeco-investigatrice in numerosi studi scien-tifici su scala internazionale e investigator-driven (non sponsorizzati). Supportata dalsuo Direttore, il dr. Vincenzo Mazzaferro,è co-autrice di diverse pubblicazioniscientifiche su riviste internazionali, rela-trice a numerosi congressi e, cresciutacon stimoli multiculturali con forte im-pronta anglosassone, coordina corsi di-dattici diretti dal dottor VincenzoMazzaferro, rivolti a colleghi provenientida diversi parti del mondo e concentratisulla gestione multi-disciplinare del trat-tamento del tumore primitivo del fegato.

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tamento migliore. Un concetto dimultidisciplinarietà che quando è ve-ramente applicato diventa l'arma vin-cente.Bhoori: La patologia cirrotica equella tumorale pur essendo due ma-lattie ben distinte che viaggiano pa-rallelamente, a un certo punto si in-contrano. Ed è giusto che nelmomento dell'incontro ci siano lecompetenze in grado di gestire il tu-more, ma contemporaneamentequelle per gestire la malattia cirroticadi base.Milani: Ma la cirrosi non porta auto-maticamente al tumore?Bhoori: Per fortuna no. Se tutte lepersone con la cirrosi dovesseroavere il tumore saremmo veramentenei guai. In realtà il tumore è “una”delle complicanze della cirrosi cheperò diventa sempre più probabilequanto più passa il tempo.Sposito: Statisticamente infatti èstato calcolato che circa il 5 per centodelle persone ammalate di cirrosiogni anno sviluppa un tumore del fe-gato.Bhoori: Alla luce anche di questi datidobbiamo scegliere i diversi tratta-menti per il tumore tenendo ben inconsiderazione il grado di severitàdella cirrosi contemporaneamentepresente. Il grado di cirrosi può in-fatti minare i potenziali trattamentiantitumorali e vice versa.Pozzi: Quindi ci sono tumori conse-guenti alla cirrosi epatica e altri cheoriginano per cause diverse?Bhoori: È così. Tuttavia nel secondocaso, ovvero tumori che insorgonosu un fegato non affetto da cirrosi –quello che noi chiamiamo” fegatosano” – scendiamo come percentualia cifre più ridotte.Ancora non sappiamo per quale mo-tivo si formino i tumori su un fegatonon cirrotico, quale sia la loro causascatenante. Un parallelismo simileriguarda i tumori del polmone: unacerta percentuale nasce senza che lapersona abbia mai fumato, quindisenza una nota causa scatenate. Pozzi: Noi oggi vorremmo focaliz-

zare la nostra attenzione su come sipuò curare e di conseguenza risolvereil problema del tumore al fegato,senza interventi chirurgici e senza iltrapianto. Sposito: Ad oggi sono consideratiinterventi curativi per il carcinomadel fegato unicamente la resezionechirurgica, il trapianto di fegato e latermoablazione, che è un trattamentoloco-regionale con sonde speciali ingrado di “bruciare” il tessuto tumo-rale. Se un paziente si presenta conun tumore del fegato in stadio ini-ziale, che gli permette di accederetecnicamente a una di queste tre al-ternative terapeutiche, avrà la “for-tuna” di poter accedere a un tratta-mento curativo. Tutti gli altritrattamenti, compresa la radio-em-bolizzazione, devono considerarsi an-cora oggi di tipo palliativo, cioè ingrado di prolungare la sopravvivenzadel paziente ma non di curare defi-nitivamente la malattia tumorale. C’ècomunque una quota ridotta di pa-zienti che guarisce definitivamentecon questi trattamenti non-chirur-gici. È però importante sottolineareche sarebbe sbagliato oggi dire che ipazienti possono evitare gli inter-venti di rimozione del tumore o lostesso trapianto solo perché esistonoaltri trattamenti loco-regionali: que-sti ultimi infatti continuano in gene-rale a non avere le stesse potenzialitàdi cura radicale offerte dai tratta-menti chirurgici più invasivi. Pozzi: quando viene proposto il tra-pianto di fegato per tumore?Sposito: Ci sono criteri ben precisiper capire se un paziente affetto datumore epatico è candidabile a tra-pianto. Tali criteri, detti “criteri diMilano”, sono stati individuati daldott. Mazzaferro e pubblicati nel1996 a seguito di uno studio clinicocondotto in Istituto Tumori. Inquello studio il dott. Mazzaferro di-mostrò per la prima volta in modorazionale che il trapianto può guarireil tumore epatico entro precisi limiti.Alle condizioni di dimensione e nu-mero dei noduli di tumore codificati

Dr. Carlo F. A. SpositoCHIRURGIA DELL’APPARATO DIGERENTE

E TRAPIANTO DI FEGATO

FONDAZIONE IRCCS ISTITUTO NAZIONALE DEI TUMORI, MILANO

Nato a Milano il 9/04/1978, laureatoa pieni voti in Medicina e Chirurgia pressol’Università degli Studi di Milano nell’Otto-bre 2003 con una tesi sul ruolo progno-stico dell’ecografia nel morbo di Crohncomplicato. Specializzazione in ChirurgiaGenerale (Università degli Studi di Milano)nel novembre 2009 con voto di 70/70cum laude con una tesi sul ruolo della chi-rurgia resettiva nell’epatocarcinoma.

Nel corso della Scuola di Specializza-zione ha frequentato diverse struttureospedaliere milanesi, principalmente nelcampo della chirurgia epatica e dei tra-pianti d’organo, e ha trascorso alcuni mesipresso reparti di chirurgia d’urgenza inUganda e Sud Africa. Nel 2008 ha pre-stato servizio presso il Reparto di Chirur-gia Epatica e Trapianto di Fegatodell’Hospital Clinic di Barcelona, occupan-dosi di chirurgia generale oncologica e vi-deolaparoscopica, con particolareriferimento alla chirurgia epatobiliopan-creatica, al prelievo multiorgano e al tra-pianto di fegato.

Dal novembre 2008 presta servizio,inizialmente in qualità di borsista e quindidi dirigente medico di I livello, presso il Re-parto di Chirurgia dell’Apparato Digerentee Trapianto di Fegato (Istituto Nazionale deiTumori) diretto dal Dr. Mazzaferro. Qui èresponsabile dell’ambulatorio di neoplasieprimitive epatiche e della gestione del trialrandomizzato multicentrico sul trapianto difegato “XXL”; è inoltre co-investigatore didiversi studi scientifici nazionali ed inter-nazionali per lo studio e la cura dell’epa-tocarcinoma. E’autore e co-autore didiverse pubblicazioni scientifiche su rivisteinternazionali e di più di 50 tra abstract,posters e comunicazioni a congressi.

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nei “Criteri di Milano”, sostituendo ilfegato malato sia di cirrosi che di tu-more il paziente guarisce contempo-raneamente da due malattie. Il dott.Mazzaferro ha anche dimostrato chenon si possono trapiantare tutti i pa-zienti che abbiano dei noduli tumo-rali nel fegato ma solo quelli con di-mensione del tumore (se in forma dinodulo singolo) entro i 5 cm o con unnumero di noduli tumorali (se il car-cinoma si presenta in forma di nodulimultipli) non superiore a 3 e non piùgrandi di 3 cm. Pozzi: Diversamente non ne vale lapena? Cosa succede se il paziente è aldi fuori dei criteri?Sposito: Al di fuori dei criteri, cioè in

presenza di più noduli e di maggioridimensioni a quanto codificato, laprobabilità che ci siano cellule tumo-rali già in circolazione e che possanodepositarsi nei polmoni o nelle ossasono alte e ciò porta ad un netto au-mento della probabilità di recidivadel tumore dopo il trapianto. Lagrande intuizione dei “Criteri di Mi-lano” è stata di capire quale sia il li-mite delle dimensioni e del numerodei noduli di tumore per poter confi-dare che ci sia una probabilità estre-mamente bassa di avere cellule can-cerogene già in circolazione per ilcorpo e di conseguenza di giustificarel’uso di un organo per trapianto, conla ragionevole sicurezza di offrirlo achi può davvero guarire. Il limitatonumero di organi disponibili ci im-pedisce infatti di offrire il trapiantoper tumore solo come una pallia-zione, ovvero per ottenere solo so-pravvivenze limitate. Bisogna evitareche un uso inappropriato della ri-

sorsa degli organi donati arrivi a pe-nalizzare i pazienti in lista di attesaper altre malattie epatiche non-tu-morali. Bhoori: Infatti dopo tanti anni i Cri-teri di Milano rimangono alla basedei criteri di allocazione dei fegatidonati in tutti i Paesi del mondo, nonsolo in Italia. Pozzi: Quindi come italiani dobbiamoessere grati ed orgogliosi del prof.Mazzaferro. Ma come si può vedere,sono ben pochi che ne parlano. Matant’è: la comunicazione è concen-trata a dare enfasi a scandalini e scan-daletti… Torniamo a noi: ci troviamodi fronte ad un fegato che ha un no-dulo di dimensione superiore ai 5 cm,quindi non trapiantabile. Ma ho lettosu una vostra pubblicazione che esi-stono possibilità di cura attraversouna tecnica nuovissima denominataradioembolizzazione. Io ricordo laterapia dell’alcoolizzazione… Pro-vocava dolori acuti, molto acuti. Eral'anticamera dell'inferno. La vera an-ticamera dell'inferno. Sposito: In effetti l’alcoolizzazionepuò causare degli effetti collateraliseri, come il dolore e infatti si trattadi una tecnica in progressivo abban-dono a favore della termoablazionecon la radiofrequenza che ha effettimeno dolorosi.Pozzi: Io l’ho provata l’alcolizzazione.Per due volte ho sopportato ma allaterza mi sono rifiutato. Quando tol-gono l’ago è un vero supplizio. Midica: quali sono i criteri che adottateper decidere di intervenire con la ra-diofrequenza o con le altre tecniche?Bhoori: In generale si può dire cheviene proposto un trattamento loco-regionale intra-arterioso (ad es. lachemioembolizzazione o la radioem-bolizzazione) quando la situazione diestensione del tumore nel fegato nonpuò essere affrontata con un approc-cio curativo: ovvero mediante la chi-rurgia resettiva, la radiofrequenza eil trapianto. Ogni caso fa a sé e deveessere scelta la procedura che garan-tisca il risultato migliore. Quindi, senon posso proporre al mio paziente

...dopo tanti anni i Criteri di Milanorimangono alla base dei criteri diallocazione dei fegati donati in tutti iPaesi del mondo, non solo in Italia.

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uno dei tre trattamenti potenzial-mente risolutivi il paziente “slitta” distadio e diventa un paziente in una fa-scia che noi definiamo intermedia,per i quali viene quindi proposto untrattamento loco regionale intra-ar-terioso. È questa una popolazionemolto variegata di pazienti nei qualiviene applicato, diciamo, tutto quelloche non è chirurgia. La terapia me-dica mediante farmaci definiti “siste-mici” ovvero in grado di diffondersiin tutto l’organismo viene applicatainvece nelle fasi più avanzate del tu-more. Sposito: Per semplificare potremmodire che scegliamo il “criterio nega-tivo”. Nel senso che se un pazientenon è dentro i famosi “Criteri Mi-lano”, quindi ha ad esempio un no-dulo di 6 centimetri o ha 4 noduli,ecco che, invece di ragionare sul tra-pianto o sulla chirurgia, ragioneremosulle possibilità alternative al tra-pianto tra cui anche la radioemboliz-zazione, un trattamento che abbiamodimostrato essere ben tollerato edefficace. In alcuni casi l’efficacia diquesto approccio ha permesso di ri-

portare alcuni pazienti all’interno deicriteri di buona previsione di risul-tato con il trapianto e per loro è statopossibile essere messi in lista di at-tesa ed essere trapiantati dopo che inun primo momento ciò non era statogiudicato possibile.Pozzi: I vostri risultati sulla radio-embolizzazione sono stati pubblicatidi recente sulla prestigiosa rivistaHepatology. Se ho ben capito si trattadi iniettare nel tumore sferette ra-dioattive piccolissime (del diametrodi un quarto di un capello). È così?Sposito: L’Yttrio-90 si presenta inuna normale fiala, come un antibio-tico, con la differenza che essa peròcontiene una specie di sabbiolinamolto fine... Ad una prima occhiataassomiglia alla polvere di casa, di-ciamo. In pratica questo materialecostituito da microscopiche sferettedi vetro caricate con un isotopo cheemette radiazioni viene tecnicamenteveicolato nelle arterie più periferichedel fegato che nutrono il tumore. Ilfegato è nutrito dalle arterie come sefossero le foglie di un albero nutritedal suo tronco. Il tumore “attira” a se

La dott.ssa Bhoori mostra al cav. Pozzi una fiala campione contenente le microsfere in vetro

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più vasi sanguigni del normale e lemicrosfere vanno a impilarsi proprionei vasi tumorali dove esercitano laloro azione radioattiva, preservandole parti non tumorali e il resto deltessuto epatico normale.Callioni: È quindi diversa dalla tec-nica di cercare di chiudere i capillarie far morire il tumore “di fame”.Sposito: La formula che abbiamo tro-vato è decisamente più efficace. Per-ché? Attraverso una puntura dell'ar-teria femorale, cioè dell'arteria dellagamba, con un catetere molto sottilesi arriva nelle arterie sempre più pic-cole fino ad arrivare all'arteria delfegato e quindi nella zona in cui c'è iltumore. E lì iniettiamo questa polve-

rina che in realtà, vista molto ingrande, è composta da piccolissimesfere che sulla loro superficie hannouna sostanza radioattiva, l’Yttrio 90,che con il suo decadimento emetteradiazioni. Come una microscopicabomba atomica... Bhoori: Si tratta di un processo moltoinnovativo che permette ciò cheprima era impossibile, ovvero trat-tare i tumori epatici con le radiazioni,a ragione del fatto che la radioterapiadall’esterno è molto tossica per il fe-gato non tumorale. Con la radioem-bolizzazione è stato possibile portarela radioterapia direttamente dentro iltumore, aumentando enormementel’efficacia, senza effetti collateraligravi sul paziente.Pozzi: A chi si deve questa scoperta?Sposito: Questo trattamento ha ini-ziato ad essere utilizzato negli anniSessanta, con delle miscele che peròerano molto tossiche e molto dan-nose. Solo negli anni novanta/primi

anni del duemila si è resa disponibilela tecnologia che ha permesso di pro-durre le microsfere radioattive cheusiamo oggi, che sono molto più se-lettive e permettono di colpire sola-mente il tessuto tumorale senza dan-neggiare il fegato sano. La tecnologiae le forme di utilizzo di questa tera-pia si sono ulteriormente sviluppatenelle loro forme attuali grazie a unbrillante radiologo di Chicago, il DrSalem, che ne ha perfezionato la tec-nica e le indicazioni. Abbiamo lavo-rato con lui in questi anni e dal 2006anche noi abbiamo iniziato ad appli-care questo trattamento, che apparivapromettente ma che in realtà nonaveva ancora una valenza scientificariconosciuta in tutto il mondo. Milani: Quindi si tratta di un tratta-mento recentissimo.Bhoori: In medicina tutto è in co-stante evoluzione e dal 2006 a oggi distrada ne è stata fatta tanta. Unadelle caratteristiche del nostro Di-rettore, lo sa, è la lungimiranza. Hacolto le potenzialità dal trattamentoper determinati pazienti quando an-cora la tecnica non aveva molto se-guito sia per complessità che per in-novatività. Dopo alcuni anni irisultati confermano la bontà dellenostre scelte sottolineando il fattoche l’Yttrio-90 non è propriamenteun farmaco ma un “device”, cioè un“dispositivo” che è stato riconosciutoin Europa per il trattamento del-l'epatocarcinoma. Anche su questo,a partire dal 2007, sosteniamo nelnostro gruppo la interessante (e nonsempre facile) competizione tra “di-spositivi” e farmaci nella cura di untumore così pericoloso come quellodel fegato: una prospettiva che moltigruppi di lavoro riconoscono comemolto innovativa e meritevole di in-vestimenti. Pozzi: Un investimento che è già re-altà, visto che adesso lo state nor-malmente utilizzando.Sposito: Come lei ha notato di re-cente abbiamo pubblicato i nostri ri-sultati su “Hepatology” illustrandol’efficacia e la sicurezza di questo

con la radioembolizzazione è statopossibile portare la radioterapiadirettamente dentro il tumore,aumentando enormemente l’efficacia

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trattamento che è anche stato rico-nosciuto dalla Regione Lombardia equindi rimborsato dal sistema sani-tario. Possiamo dire che ormai si uti-lizza quasi quotidianamente. Dico“quasi” perché ogni trattamento nonè mai banale . Come può immaginaredai discorsi fatti sinora, nell’uso diquella fialetta sono coinvolti almenoun epatologo, due radiologi, un me-dico nucleare, un fisico nucleare chedeve calcolare le dosi. Il farmacoviene ordinato dalle sedi di produ-zione oltreoceano con 15 giorni dianticipo durante i quali bisogna cal-colare il decadimento dell’Yttrio 90,in modo da dare la dose giusta alpaziente giusto nel giorno giusto.Un trattamento quindi tanto com-plesso quanto estremamente tecno-logico, che richiede competenze e la-voro condiviso da parte di tantispecialisti. Pozzi: Chiaro. A chi spetta il compitodi stabilire la quantità del medicinaleda iniettare?Sposito: Al fisico medico , che devefare una serie di calcoli piuttostocomplessi. In Istituto Tumori il fi-sico medico dottor Carlo Chiesa è unvero esperto che sta sviluppando, in-sieme ai colleghi della Medicina Nu-cleare e ai nostri interlocutori stra-nieri, un metodo di calcolo ancor piùraffinato rispetto a quello di Chicago,ancora più individualizzato, e appa-rentemente ancora più efficace. Callioni: Ci può parlare di statisti-che, di risultati verificati?Sposito: Come ho detto, con il dottorMazzaferro abbiamo lavorato in par-ticolare nell’uso della radioemboliz-zazione contro il carcinoma del fe-gato. Questo tumore, nella sua storianaturale di progressione, può arri-vare a invadere la vena porta, che è lavena principale in arrivo al fegatodall’intestino. Ciò crea una condi-zione che si chiama trombosi por-tale, condizione in realtà di serissimoaggravamento e di fatto di incurabi-lità del tumore. È molto importantenotare che il nostro studio ha dimo-strato l’efficacia della radioemboliz-

zazione proprio nei pazienti con tu-more e con trombosi portale: pazienticioè senza alcuna altra prospettiva.In questi pazienti l’aspettativa di vitagrazie alla radioembolizzazione è difatto raddoppiata e in circa il 10% deicasi si è osservata una completa re-missione del tumore. Pozzi: Quindi anche questo apre unaprospettiva. Perché se in questo mo-mento il 10% delle persone condan-nate può guarire ci sarà anche una ra-gione. Sposito: Ci siamo fatti l'idea. Pen-siamo che quanto più periferica è latrombosi tanto meno è grave, tantopiù ci sono le possibilità di una gua-rigione.

Bhoori: Ci sono anche tanti fattoritecnici e di miglioramento della pre-vedibilità del risultato in dipendenzadella presentazione del tumore. Perquesto stiamo lavorando sull’otti-mizzazione delle dosi di radiazione edi microsfere da somministrare esulla tecnica angiografica, oltre chesu una più accurata selezione dei pa-zienti, anche con condizioni diversedall’epatocarcinoma.Pozzi: Quanti sono, oggi, in Italia, icentri che hanno iniziato l'uso di que-sta terapia?Sposito: Credo che non siano più diuna dozzina. E poi è giusto rilevareche i risultati sono molti diversi trachi ha trattato centinaia di casi e chiè solo agli inizi. Pozzi: Torniamo ai trapianti, invece,come è la situazione del Centro del-l’Istituto dei Tumori di Milano?Bhoori: Stiamo mantenendo un buonritmo, che incrementa di anno inanno. Attualmente la nostra attesa

...nell’uso di quella fialetta sono coinvoltialmeno un epatologo, due radiologi,

un medico nucleare, un fisico nucleare che deve calcolare le dosi

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in lista per trapianto nei casi eligibiliè ridotta a circa 4 mesi, un risultatomolto buono in paragone alla mag-gior parte delle realtà italiane. Seconsideriamo che il trapianto da noiarriva al termine di un lungo per-corso del paziente sottoposto ad altreterapie come quella che abbiamo ap-pena descritta, seppur con grande fa-tica, riusciamo a soddisfare le richie-ste dei pazienti che si rivolgono alnostro centro.Pozzi: Quindi i vostri sono trapiantisolo per epatocarcinoma?Bhoori: Concentrarci sulla cura deipazienti con tumore (nel nostro casocon epatocarcinoma) è la nostra mis-sion dell’Istituto dei Tumori e del

gruppo multidisciplinare diretto daldottor Mazzaferro; tuttavia il tra-pianto nel nostro Centro viene pro-posto anche per pazienti con sola cir-rosi ad alto rischio di sviluppo o adalto sospetto di degenerazione neo-plastica, oltre che per alcune indica-zioni oncologiche rare come peresempio le metastasi epatiche da tu-mori neuroendocrini, che sono neo-plasie con forte tendenza a diffon-dersi nel fegato, in pazienti giovanicon nessuna altra chance di cure al-ternative. Proprio in questi giorniabbiamo contribuito ad una Consen-sus Conference internazionale tenu-tasi a Londra sull’argomento del tra-pianto in questi pazienti.Pozzi: Fate anche le resezioni dellaparte tumorale del fegato?Sposito: Siamo in realtà uno dei treCentri più attivi in Italia sulle rese-zioni epatiche per tumore, anche per-ché, come abbiamo detto, il trapiantonon può essere proposto a tutti i pa-

zienti con un tumore epatico. Direianzi che l’intera comunità scientificasta andando sempre più nella dire-zione di proporre la resezione comeprima linea terapeutica, e di utilizzareil trapianto come “salvataggio” perquei pazienti che recidivano neglianni successivi. Pozzi: Già 20 anni fa c'erano duescuole di pensiero: quella bolognesee quella milanese. Sant'Orsola, di Bo-logna, diceva che la Lombardia tra-piantava troppo e inutilmente. Io miricordo un convegno in una localitàsul Garda che ha messo a confrontoqueste due scuole di pensiero, maerano scuole di chirurgia. E infattiSant'Orsola attuava molte resezionicon risultati ottimi, con due vantaggi:di non sottoporre il paziente a untrattamento immunosoppressivo e diridare la possibilità al fegato di rico-struirsi e di ritornare nel pieno dellafunzionalità.Bhoori: Il problema rimane di difficileapproccio e su questo negli ultimi 20anni, come lei nota giustamente, leposizioni rimangono differenziate.Prenda il caso della cirrosi: quandolei reseca il tumore, la cirrosi rimane.Un paziente può morire anche solo dicirrosi senza avere il tumore, e la cir-rosi può riproporre il tumore. Quindi,il problema di fondo è che con la re-sezione eliminiamo una sola delle due

...l’intera comunità scientifica sta andandosempre più nella direzione di proporre laresezione come prima linea terapeutica, e diutilizzare il trapianto come «salvataggio»

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malattie mentre con il trapianto ab-biamo la possibilità di risolvere tuttii problemi con un unico intervento. Èperò vero che ci sono molti pazientiper i quali la sola resezione è suffi-ciente a garantire una vita di lun-ghezza e qualità del tutto normale.Lei che è presidente dell'Aido è giu-sto anche che sappia che la chirurgiaresettiva è numericamente più rile-vante rispetto ai trapianti e che gra-zie alla chirurgia resettiva è possibileevitare molti trapianti e quindi ri-sparmiare organi da assegnare a chiè più nel bisogno, sia che abbia o chenon abbia un tumore associato allacirrosi epatica. Credo sia giusto an-che dire in conclusione che l’attivitàdi trapianto in Italia rimane una at-tività difficile, faticosa e poco rico-nosciuta. Da noi, come in quasi tuttigli altri Centri l’intervento di tra-pianto, eseguito ovviamente in con-dizione di urgenza, si aggiunge atutto il resto dell’attività eseguita incondizione di elezione o di routine. Ichirurghi dedicati a questa attivitàlavorano quindi tutta la giornata suicasi già programmati e in caso di tra-pianto trascorrono la notte succes-siva ancora lavorando sull’urgenza. Èuna attività davvero molto impegna-tiva che richiede grande forza e mo-tivazione considerando anche tuttociò che viene prima e dopo il tra-

pianto. Le confido che spesso sono glistessi pazienti in ambulatorio chechiedono ai medici reduci da turnimolto pesanti di andare a riposare.Senza contare gli impegni scientifici,organizzativi, educazionali etc. chead ognuno di noi sono richiesti. Pozzi: E su questo andrebbe apertoun altro capitolo sul patrimonio so-ciale e sanitario che è rappresentatoin Italia, ma soprattutto in Lombar-dia, da tanti medici, infermieri e di-rigenti che alla donazione e al tra-pianto, credendoci fino in fondo,dedicano le migliori energie di lorostessi. Ma di questo stiamo certi chei grandi mezzi di comunicazione nonne parleranno mai; oppure se lo fa-

ranno verrà riservato in qualche ri-vista specializzata o trasmesso in oreimpossibili per il grande pubblico.Aver incontrato, qui a Milano, duegiovani come voi mi riempie il cuoredi orgoglio e di speranza. Grazie.

Questa intervista era quasi terminata,quando è arrivato, per non mancare l'oc-casione di salutarci, il prof. Mazzaferro.Ne è scaturito un breve ma interessantecolloquio, ricco di spunti e riflessioni.Pensiamo di fare cosa gradita per i let-tori facendone oggetto di uno specificoarticolo nei prossimi numeri di "Pre-venzione Oggi".

Testi a cura diLeonio Callioni

Ha collaboratoLeonida Pozzi

Servizio fotograficoPaolo Seminati

la chirurgia resettiva è numericamentepiù rilevante rispetto ai trapianti

e grazie alla chirurgia resettiva è possibile evitare molti trapianti

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BERGAMO CONSEGNA LA BENEMERENZA CIVICA

AL CAV. LEONIDA POZZI«Ha reso la città

un punto di riferimento di eccellenza nazionale»

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Il nostropresidenter e g i o n a l edell’Aido, ilcav. Leonida

Pozzi, è stato insi-gnito della beneme-renza civica da parte dellacittà di Bergamo. La cerimonia du-rante la quale gli è stato attribuitoquesto riconoscimento si è svolta lamattina di sabato 15 dicembre 2012nella coreografica cornice del teatroDonizetti di Bergamo, in città bassa,trasformato per l’occasione nellasede per la seduta straordinaria delConsiglio comunale cittadino. “Leciviche benemerenze - come recita ilsito ufficiale del comune di Bergamo- sono destinate a premiare persone, enti,società, istituzioni che si sono partico-larmente distinte nei diversi campi e at-tività pubbliche e private contribuendoad elevare il prestigio della Città con di-

_x ÅÉà|äté|ÉÇ|“Il cavalier Leonida Pozzi è dal 1989 Presidente del ConsiglioRegionale dell’Aido, Associazione Italiana per la donazione di Organi,Tessuti e Cellule. In contemporane a questo importante incarico, haricoperto altri significativi compiti, tra i quali quello di Vice Presidentedel Consiglio Nazionale. La Sua sensibilità per i problemi dellepersone che vivono il dramma della ricerca e dell’attesa di organi loha visto impegnato anche nel settore più generale del volontariato.Oggi, grazie anche al Suo impegno ed a quello dell’Aido, la nostraCittà è diventata un punto di riferimento di eccellenza nazionale. Pertutto questo Leonida Pozzi è stato nominato Cavaliere dellaRepubblica Italiana per meriti sociali.” Con queste parole il sindaco diBergamo ha motivato la benemerenza conferita al cav. Pozzi lo scorso15 dicembre. Proposta inizialmente da alcuni componenti della Giuntacomunale di Bergamo, e successivamente votata all’unanimità datutta la Giunta stessa, dal Comune fanno sapere che “L’attribuzionedella civica benemerenza della Città di Bergamo al cav. Leonida Pozzi,fonda le sue ragioni in un riconoscimento molto più ampio che lo ha

visto, e per tanti aspetti lo vede ancora, impegnato nellerealtà del volontariato, della beneficenza e della

gestione sanitaria non solo della città diBergamo, da cui le ragioni della benemerenza,

ma anche di altre strutture della provincia”.Leonida Pozzi è stato infatti tra i fondatorie primo presidente del Centro ServiziBottega del Volontariato della provinciadi Bergamo, è stato sindaco delComune di Ponte San Pietro, è statocomponente di diverse Fondazioni dicarattere sociale e benefico (RSA diPonte San Pietro, MisericordiaMaggiore di Bergamo, con particolare

impegno per i progetti di solidarietà) edè ancora componente del Comitato Etico

degli Ospedali Riuniti di Bergamo, oggiOspedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e

della Fondazione Comunità Bergamasca.Particolarmente intensa la sua attività a favore

della cultura della donazione di organi, tessuti e cellule.Presidente provinciale dell’Aido a Bergamo per quasi trent’anni,

è stato confermato presidente del Consiglio regionale dell’Aido dellaLombardia ed è stato prima consigliere nazionale e poi vicepresidente dell’Aido Nazionale. Tra le sue attività in favore dell’Aido, ilcav. Pozzi organizza corsi di aggiornamento per quadri dirigenti evolontari delle Sezioni provinciali Aido lombarde ed e’ relatore aconvegni e conferenze sulla tematica donazione/trapianto di organi sututto il territorio della regione Lombardia. Intrattiene inoltre rapporti ecoopera alle attività dell’Assessorato Sanità SettoreDonazione/Trapianto e dell’Assessorato Famiglia e Solidarietà Socialedella Regione Lombardia, collabora con il Coordinatore Regionale alPrelievo e Trapianto di Organi, con le Aziende Ospedaliere provincialilombarde e con il Centro di Riferimento Interregionale Nord ItaliaTransplant. In ambito territoriale bergamasco infine, il cavalier Pozzicollabora con il Coordinatore di Area della provincia di Bergamo,Ospedali Riuniti di Bergamo, per l’organizzazione di “Lezioni” per glistudenti delle classi 5e superiori delle scuole bergamasche.

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sinteressata dedizione”. A consegnarele benemerenze il sindaco della cittàorobica Franco Tentorio che fin dal-l’apertura del teatro ha atteso all’in-gresso del Donizetti tutti ibenemeriti, accogliendoli in platea efacendo gli onori di casa. La Festadelle Benemerenze, questo il titoloscelto dal comune per identificare lamattinata di solennità, era ad in-gresso libero e, nonostante la neveed il vento gelido, i bergamaschisono affluiti numerosi riempiendo laplatea del teatro per assistere all’as-segnazione delle 6 medaglie d’oro edelle dieci benemerenze assegnatedal sindaco quale forma di ringra-ziamento pubblico da parte dell’am-ministrazione comunale di Bergamonei confronti di quei suoi cittadiniche si sono particolarmente distinticon il proprio lavoro ed impegno.“Oggi porto il grazie sentito di tutta lacittà a questi cittadini che si sono di-stinti per il loro aiuto disinteressato allanostra comunità - ha aperto Tentorio- le benemerenze che vado a conferire

BENEMERENZA CIVICA DI BERGAMO

_Ë ⁄TÅuÜÉz|ÇÉÓ ÉÜÉu|vÉ t| v|ààtw|Ç| Å|zÄ|ÉÜ|

La Festa delle Benemerenze, definita dal Cerimonialedel Comune di Bergamo come “la Giornata dedicataalla Città e ai Cittadini”, ha spostato per il terzo anno

consecutivo la seduta straordinaria del Conigliocomunale di Bergamo, riunita per assegnare le stesse

benemerenze, dagli uffici della sede di Palazzo Frizzoniall’interno del teatro civico Donizetti.

“L’Amministrazione comunale, anche quest’anno, hascelto di conferire le civiche benemerenze nella

splendida cornice del Teatro Donizetti, il massimoTeatro cittadino, per consentire ad un gran numero di

persone e di Associazioni di partecipare a questasolenne cerimonia con la quale l’Amministrazione

ringrazia e segnala alla pubblica estimazione le personee le associazioni la cui opera disinteressata ha

concorso ad elevare ulteriormente il prestigio dellaCittà” ha spiegato all’apertura della mattinata il

responsabile del cerimoniale Tullia Vecchi. I riconoscimenti di Civica Benemerenza che la Città di

Bergamo, tramite il suo Sindaco, conferisce aiBenemeriti, sono costituiti da 6 trittici di medaglie

coniate dalla Zecca di Bergamo, medaglie cheraccontano della storia della nostra comunità, ed inoltre

da 10 medaglie d’argento. Il Trittico si compone deltremisse d’oro, di una moneta d’argento e dell’anticosigillo di Bergamo in bronzo. Il tremisse d’oro è il più

antico pezzo battuto dalla Zecca bergamasca nelperiodo 774 – 781, sotto Carlo Magno. Il nome del

grande re figura al diritto della moneta intorno allacroce patente, mentre al rovescio appare la Zecca di

emissione. La moneta d’argento, stampata perconcessione dall’Imperatore Federico II di Svevia,

nipote di Federico Barbarossa, raffigura il ritrattodell’imperatore al diritto e la veduta ideografica

dell’antica città al rovescio. Il sigillo antico di Bergamo,risalente al 1341 è stato, invece, riprodotto in bronzo

ed è tratto da un diploma originale esistentenell’Archivio segreto Vaticano e raffigura la cittadella

sormontata dall’aquila imperiale, affiancata da duebiscioni viscontei.

Dopo l’assegnazione delle 6 medaglie d’oro e delle 10benemerenze la mattinata si è conclusa con la

consegna di alcune medaglie da partedell’Amministrazione a coloro che, con particolari

donazioni, hanno accresciuto il patrimonio comunale.

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sono infatti un riconoscimento del loroimpegno per la comunità tutta”. I 16benemeriti sono stati selezionati tra38 proposte iniziali, giunte all’atten-zione del Comune per segnalazionedi privati, enti ed istituzioni entro il31 ottobre 2012. Le segnalazioni sono poi state sot-toposte all’attenzione prima dellaGiunta e poi del Coniglio comunaleche in seguito ad una discussione inaula consiliare ha stilato una lista dinomi tornati all’attenzione dellaGiunta per l’approvazione finale. “Consiglio e Giunta hanno votato una-nimemente a favore dei premiati e que-sto ha reso ancora più forte ilriconoscimento - ha sottolineato ilsindaco Tentorio dal palco del tea-tro dove sono sfilati i benemeriti -un’intera città dunque che senza distin-zione di parte ha voluto oggi dire gra-zie ai suoi uomini migliori”. Il cav. Pozzi è salito sul palco per ri-tirare la benemerenza mentre il sin-daco Tentorio ne introducevapubblicamente la persona attraverso

una breve presentazione “Il cavalierLeonida Pozzi è dal 1989 Presidentedel Consiglio Regionale dell’Aido, As-sociazione Italiana per la donazione diOrgani, Tessuti e Cellule e grazie ancheal Suo impegno ed a quello dell’Aido,oggi la nostra Città è diventata unpunto di riferimento di eccellenza na-zionale - ha detto, leggendo infine avoce alta la motivazione del ricono-scimento impressa sull’attestatostesso di benemerenza - in qualità diPresidente del Consiglio della Lombar-dia dell’Aido, il Cavaliere LeonidaPozzi ha reso Bergamo un punto di ri-ferimento a livello nazionale nel campodella donazione di Organi, Tessuti eCellule”. Insieme con il riconoscimento dellacivica benemerenza è stata conse-gnata al cav. Pozzi anche una meda-glia d'argento con raffigurato ilritratto dell’imperatore Federico IIdi Svevia, nipote di Federico Barba-rossa, al diritto, e la veduta ideogra-fica dell’antica città, al rovescio.

Fernanda Snaiderbaur

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Le corde degli strumenti persciogliere i nodi dell’autismo:questa è l’essenza del progetto“La nota in più” che da anniavvicina i ragazzi con tratti

autistici alla pratica musicale aprendoinaspettati scorci di relazione e luce.

Maria Carla MarchesiPROMOTRICE E RESPONSABILE DEL PROGETTO“L’autismo - spiega Maria CarlaMarchesi promotrice e responsabiledel Centro Spazio autismo di Ber-gamo - è una sindrome che tradi-zionalmente si articola attorno a trenodi di difficoltà: quella di comuni-care, quella di avere un’interazionesociale e quella di comprendere-pre-vedere gli stati d’animo degli altri.Ne segue una sorta di muro, di osta-colo alla relazione con gli altri”.Attraverso lo studio della musica, ilcontatto diretto con gli strumenti el’attività orchestrale in gruppo èstata delineata negli anni una pro-posta innovativa e sempre aggior-nata: “La nota in più” è natasoprattutto per dare ai ragazzi auti-stici una proposta formativa e dipienezza di vita. L’esperienza d’or-chestra ne “La nota in più” non è ungioco, ma è uno spazio significativoentro il quale i ragazzi imparano asviluppare le capacità che propriograzie alla musica possono imple-mentare, come mantenere l’atten-zione e imparare a diventareprotagonisti apprezzati in un’atti-vità che porteranno avanti finquando non si stancheranno”.La musica sembra dunque lachiave giusta per mettersi in re-lazione con il mondo dei ragazziautistici, perché?“L’Orchestra nasce pensando a que-

fv|ÉzÄ|xÜx | ÇÉw|Spazio autismo: «La nota in più»

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sti giovani, questo perché sono pro-prio loro a stare bene nella musica. Questo tipo di proposta è stata peròcolta anche da altre famiglie configli affetti da altre problematiche(ad esempio down, comunque se-gnati da tratti di autismo) perchéhanno individuato nell’Orchestravalori positivi per loro.Attraverso la musica, i nostri ra-gazzi hanno acquisito uno stru-mento per dare senso alla loro vita,per instaurare relazioni, ottenereuna presenza sociale ed essere real-mente apprezzati per quanto fanno.La qualità del progetto deve esserealta, perché attraverso la qualità delrisultato il pubblico apprezza i no-stri musicisti che percepisconomolto chiaramente il gradimento dichi assiste ai concerti.Quando e come nasce tale pro-getto?“Ci eravamo accorti che i nostribambini grazie alla musicoterapiadavvero registravano un innalza-mento del loro stato di benessere.Siamo arrivati a fondare l’Orchestra

perché volevamo che non fosse piùun’attività limitata allo stimolo, mapotesse diventare una componenteeducativa. Abbiamo incontratol’esperienza proposta da Esa-gramma a Milano e abbiamo decisodi adottarla e di immergerci in que-sta importante avventura.Abbiamo presentato il progetto alProvveditorato agli studi e al Co-mune di Bergamo per predisporretutto perché l’idea diventasse realtà:dal reperimento degli strumenti,alla ricerca dello spazio, all’avvio diun corso di formazione di tre anniper gli insegnanti. Sono stati fattiinvestimenti importanti, ma bilan-ciati dal risultato: quasi tutti i do-centi attivi oggi sono parte delnucleo originario.Quali barriere sono state abbat-tute e come?“Insieme a loro abbiamo dimostratoche le persone autistiche, apparen-temente diverse da quelle che noiconsideriamo normali, se una nor-malità esiste, e che sempre apparen-temente sembravano non voler

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avere contatti con gli altri, attra-verso la musica riuscivano invece adesprimersi e ad entrare in contattoanche con gli sconosciuti se inseritinel contesto adeguato, se (graziealla musica) si sentivano apprezzatie capiti.Quali le tappe principale dellaspeciale tourneè de “La nota inpiù”?Il lavoro ci ha dato input molto po-sitivi e dopo un triennio di lavorocon i ragazzi siamo arrivati prima adun’esposizione davanti al pubblico,poi ai saggi anuali, in seguito alprimo grande concerto in SalaPiatti, nel cuore di Città Alta a Ber-gamo.In quel momento, era il 2008, ho ca-pito che davvero stavamo facendo lacosa giusta. Sul palco abbiamo vistoi ragazzi trasformarsi, hanno avutola capacità di sostenere un ruolo, disuperare un contesto che avrebbeportato ansia per chiunque di noi,dimostrando di essere completa-mente diversi dallo stereotipo del-l’autistico che vuole sempre fuggiredalla gente.Abbiamo pianto in molti.Come reagisce il pubblico?“Il pubblico si stupisce e questo èprevedibile perché da un gruppo didisabili si aspetta una qualità me-diocre. Quando invece gli spettatorisi rendono conto che la musica de“La nota in più” è buona, allorascatta l’entusiasmo che i ragazzisentono e avvertono, giustamente,come apprezzamento personale. Iragazzi sono effettivamente au-tori/attori dell’armonia musicale:questo scalda l’atmosfera ed emo-ziona. Alla fine del concerto, di regola, inostri ragazzi si portano su prosce-nio e ricevono gli applausi del pubb-blico in sala. Osservandoli ci sirende conto della loro soddisfazionee della loro gioia, pari a quella diqualsiasi altro musicista.I ragazzi autistici sono esattamentecome noi, hanno voglia di essere ac-cettati, ma anche di sentirsi apprez-

zati, di esprimersi e sentire che sonoimportanti e desiderati.Quale lo sforzo compiuto perchèil percorso possa continuare?Il progetto costa almento 70.000euro l’anno che coprono solo le atti-vità di formazione dei ragazzi, per lequali gli insegnanti ricevono uncompenso esiguo. Dobbiamo peròconsiderare anche i viaggi, le spesedi manutenzione e la retta di 20.000euro che paghiamo annualmente alComune. Questo perché il Comunenon ritiene che la musicoterapia el’attività orchestrale siano indispen-sabili e, dunque, che vada versatauna parte di “rimborso spese” per lestrutture.Lo sforzo dell’Associazione spazioautismo è forte, ma abbiamo decisodi non aggravare di spese le fami-glie. A loro si chiedono solo 300euro in un anno per le spese vive.Gli strumenti inizialmente sonostati acquistati dal Comune, con unaspesa ingente, ora a noi di anno inanno spetta la manutenzione el’eventuale acquisto di nuovi esem-plari.Quale la posta in gioco? Che cosaha significato “La nota in più”?“Non dimentichiamo le questioni le-gate alla dimensione della presenzasociale di queste persone. “La notain più” consente loro di esprimersiin modo originale: in Lombardia ein Italia siamo gli unici a questo li-vello. Per il futuro è necessario che i pro-getti offerti alle persone disabili in-nalzino la loro qualità, escanodall’infantilità e dalla prevedibilitàentro i quali sono spesso confinati iprogetti proposti ai disabili.Lavorare con i ragazzi autistici, opiù in generale in difficoltà, obbliganoi operatori a semplificare e perso-nalizzare, ma non a banalizzare.Per questo motivo quest’anno ab-biamo attivato anche un laboratoriodi pittura, entro il quale abbiamocercato di legare questa forma d’artealla musica e allestito lo spettacolo“Muri” per la rassegna DeSidera

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tratto dal racconto di Oscar Wilde“Il gigante egoista”.“La nota in più” si è occupata del-l’accompagnamento musicale e i ra-gazzi del laboratorio di pittura sisono occupati delle scenografie pro-ducendo trenta quadri di grandeformato che in buona parte abbiamogià venduto nel nostro negozio divia Pignolo 9 b. La favola terminava con la cadutadel muro costruito dal gigante che,cascando, si frantumava in pezzi e aquel punto ogni spettatore ricevevaun sasso a memoria di quel muro edella nostra volontà di abbattere lebarriere, sempre e comunque!

Silvia GazzolaDIRETTRICE D’ORCHESTRA“In sala musica ho visto crollaremolti stereotipi che circondano l’au-tismo e tutto questo avviene perchéè la musica a fare tutto, noi ne siamosolo i mezzi”. Comincia così SilviaGazzola, direttrice d’orchestra de“La nota in più” e una dei tre docenticon distacco dedicati al progettodell’Associazione Spazio AutismoBergamo - Onlus dall’Ufficio Scola-stico Provinciale che ha accolto ilprogetto attivandosi con il distaccodi due docenti a 18 ore, e altri due a9. Accanto a Silvia, Maestra diflauto traverso, ci sono Flavio Bom-biardieri (violoncello) e AlessandraNorbis (organista e musicoterapi-sta): “In questa specifica struttura -spiega Silvia Gazzola - la nostraspecializzazione non è determi-nante, ad eccezione di quella diAlessandra che le consente di ac-compagnare l’Orchestra al piano. Ilpianoforte è lo strumento principaleper il nostro lavoro perché ci con-sente di tenere l’amalgama tra glistrumenti, ci permette di racco-gliere energie, senza di esso scatte-rebbe un’atmosfera di difficoltà.Equilibrio e armonia sono fonda-mentali perché nell’orchestra sonocoinvolti 15 ragazzi. Alcuni si esibi-scono da solisti, altri affiancati daMaestri, altri ancora dopo un per-

corso specifico si esibiscono da soli”.L’attività musicale organizzata daSpazio Autismo è variegata e non siesaurisce solamente a quella orche-strale: “Il nostro metodo – continuaGazzola – prevede che i ragazzi per3 anni esplorino tutti gli strumentisecondo le modalità della musicote-rapia definita dal Centro Esa-gramma di Milano, che ne detiene ilmetodo. Alle basi del nostro pro-getto c’è l’intuizione divina di mon-signor Pier Angelo Sequeri e dellaDottoressa Licia Sbattella che com-presero come la musica sinfonicafosse la chiave giusta per aprirescorci di dialogo con il mondo auti-stico.In un primo momento abbiamo uncolloquio con la famiglia e i ragazzi,poi organizziamo un primo contattocon gli strumenti, giusto una presavisione.In seguito si va in Sala Musica eanche in quest’occasione abbiamoun primo ingresso per valutare lareazione del ragazzo, anche se am-metto che il primo riscontro ha unaveridicità relativa. La vera impres-sione l’avremo successivamente, eda vivere ci sarà un percorso di treanni.Tra coloro che partecipano, poi, inalcuni ragazzi emerge in modo par-ticolare come la musica sia il mezzodi espressione più forte, sia la loroforma d’arte”.Il percorso è molto articolato,come?“Il primo anno vi è un’esplorazionetotale del mondo musicale e di tuttigli strumenti. La conduzione spettaal pianoforte e il programma èspesso legato al genere dell’improv-visazione. Fondamentale, inoltre, èla dimensione fisica di contatto conlo strumento. Fin dal primo anno,però, i ragazzi imparano i gesti fon-damentali che accompagnano il rap-porto con lo strumento, poi manmano cominciano ad utilizzare qual-che dito.In questa fase c’è spesso un contattofisico con noi educatori, abbrac-

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ciamo spesso i ragazzi mentre inse-gnamo loro ad abbracciare alcunistrumenti, a sperimentare il gesto, liinvitiamo ad oltrepassare la barrieradella prova. Sono momenti delicati,ma poi faranno tutto loro…capitasempre così”.Il secondo anno subentra la figuradel conduttore, si collabora tra or-chestrali, pianoforte e operatori. Ilprogramma si arricchische con suitee danze, ad esempio Lo Schiaccia-noci di Tschaikovsky o i Quadri diun’esposizione di Mussorgsky, inse-rendo dove possibile i suggerimentidei ragazzi.Il terzo anno la complessità dellemusiche è molto più alta e richiedetempi lunghi di preparazione perchési passa al genere sinfonico. I brani da eseguire non durano piùdi due minuti, ma si passa a pezzi didieci o dodici minuti. Ci si preparaal lungo, con prove-allenamenti incui per un’ora sono richieste atten-zione e capacità di relazione con glialtri. Non si è più nella fase ludica,ma si entra in una dimensione lavo-rativa, impegnativa, e dalla forteemotività.Tutto questo avviene perché non sieseguono canzoncine. Ma è propriola struttura complessa della musicasinfonica che coinvolge i ragazzi conautismo e disabilità cognitiva, siache si affrontino autori classici checontemporanei come Morricone”.Chi compone l’Orchestra?“Terminato il terzo anno per ogniragazzo si valuta se l’Orchestrapossa rappresentare la sua dimen-sione futura, oppure se possa invecesemplicemente riprendere qualchespazio del MTO (Laboratorio musi-cale frequentato nei primi tre anni).Per chi continua il lavoro in Orche-stra si richiede un ulteriere impe-gno. I ragazzi infatti non sono piùaffiancati dal loro educatore, ma infase di prova spesso c’è un unico mu-sicista adulto per molti di loro e, avolte, ha persino un ruolo da solista.Oggi ne “La nota in più” abbiamoragazzi che suonano da 6 o addirit-

tura 8 anni e che si contraddistin-guono per la particolare capacità distare insieme, di creare amalgama.Ragazzi che lavorano sulla tecnicastrumentale e sulla parte sinfonica.Dopo l’MTO i giovani musicistipossiedono il loro strumento, se adarco e di piccolo formato, oppure leloro bacchette. In una settimana af-frontano circa 1 ora 1 ora e mezzadi lezione in gruppo, più una lezioneindividuale di 30’o 45’”.Quali sono le attività a latere?“Con ragazzi maturati per 2-3 annigrazie all’esperienza orchestraleviolinistica è stato possibile formareensemble d’archi che affrontano ilrepertorio di musica da camera diautori come Vivaldi. Anche per noiinsegnanti questa è una grandesfida, la musica da camera è impe-gnativa e i nostri allievi ci sorpren-dono portando il livello sempre piùin alto. Abbiamo addirittura un ra-gazzo che esegue un assolo de“L’uccello di fuoco” di Stravinsky.Ognuno di loro conosce la partiturea memoria, nessuno sa leggere lamusica, e i gesti del direttore sonol’unico punto di riferimento, anchese qualcuno potrebbe farne addirit-tura a meno”.

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Come quest’esperienza ha cam-biato anche voi docenti?“Ho visto i nostri ragazzi a Lugano,attendere fermi e concentrati per 45’l’inizio del concerto ritardato perproblemi tecnici. E’ qualcosa di stra-ordinario, la motivazione dettatadalla musica non ha fatto né spa-zientire né muovere nessuno di loro!Ci hanno dato una lezione di profes-sionalità”.Quale il ruolo dei docenti?Cerchiamo di capire dove interve-nire. Ricordo un ragazzo che percirca 1 anno e mezzo non ha volutotoccare il violoncello perché era ter-rorizzato dal dover aprire le gambe,abbiamo osato forzarlo e dal quelmomento difficilmente si separavadallo strumento, consumava il suoarco, liberava così il suo mondo, lesue tensioni, le sue emozioni.Ci stupiamo ogni volta. Un caro col-lega che lavora con noi, e che suonasia nell’ambito della classica che neljazz, ogni volta dice che questo è unmiracolo inspiegabile”.Forte è anche l’investimento emo-tivo, dove si trovano le energie?“Ognuno di noi trova le radici dellapropria motivazione in ricordi esfere personali. Io devo ripensare a

quando avevo circa dieci anni e miamamma lavorara in un Istituto perragazzi subnormali, all’epoca sichiamavano così, a Bonate Sotto. Lìvidi una suora che faceva ballare isuoi bambini sordomuti, osservai lagioia che nasceva in loro e mi pro-posi di riusicirci anch’io.L’attività a fianco dei ragazzi disa-bili mi ha sempre affascinato e ancheda musicista ho cercato questastrada, poi è arrivata la propostadell’Ufficio Scolastico Provincialeper l’attività organizzata dalla Dot-toressa Marchesi e l’ho subito ac-cettata”.Un cambio di prospettiva… com-pleto.“Stando con i miei studenti specialiho capito come talvolta noi (ritenutinormali) non assaporiamo la bel-lezza per troppa ansia da presta-zione. Mi è capitato di verificarlodiverse volte, ed in particolare inun’occasione: temevo che il mio“studente” non suonasse in tempouna campana e invece lui è stato si-curissimo nel farlo. Mi ha insegnatomolto smontando con pochi gesti ilmio castello di tensioni.Ho compreso la gioia del dare, deldonare bellezza, che solo la musicasa concedere universalmente”.Mi piacerebbe poter aggiungere chel’orchestra ha la “pretesa” di richia-mare pubblico non perché ci suo-nano ragazzi disabili ma perché fadella bella musica, suonata bene,anche se in una veste un po’ parti-colare. Inoltre, se possibile, citarequalche brano del nostro repertorio(Sheherazade di Rimskj-Korsakov;Danze Ungheresi di Brahms, Uc-cello di Fuoco di Stravinskij, PeerGynt di Grieg, Carmina Burana diOrff, Notte sul Monte Calvo diMussorgkij, Danza Macabra diSaint Saens, Marcia al Supplizio diBercio, Carmen di Bizet, Flauto Ma-gico di Mozart…).Se possibile ancora, poi, aggiungerequalche occasione in cui abbiamosuonato, ti elenco le più impor-tanti(Donizetti per Assemblea Na-P

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zionale dell’Avis davanti a 1000 de-legati,Piazza Vecchia in Bergamo,Palazzo dei Congressi di Lugano,Brescia per Festival “X giornate diBrescia”, Casalmaggiore (Cr), Cre-mona Teatro Monteverdi e Univer-sità, Cerimonia inaugurale 1°Campionato italiano F.I.S.D.I.R.Scinordico e alpino a Ponte di Legno ealtre località in Bergamo: Palacre-berg, Seminario, Quadriportico delSentierone, Sala Greppi dove tuttigli anni teniamo il nostro concertofinale, e la concedono solo a noi…).

Flavio BombardieriVIOLONCELLISTAFlavio Bombardieri, vive nella mu-sica. Per lui violoncellista di profes-sione e membro pure dell’Orchestradel Bergamo Musica Festival lo sce-nario dei grandi teatri è abituale, ep-pure è stato tra i primi docenti adedicarsi al progetto di Spazio Auti-smo e subito esordisce sorpren-dendo: “Non vogliamo che nessunodei nostri allievi diventi un musici-sta accademico”, lo scopo è quellod’incentivare il loro sviluppo pisco-fisico attraverso la musica. Il filrouge tra educatori, musica e ra-gazzi riesce a destabilizzare routineirrigidite dal tempo, portando poi aduna migliore gestione del rapportocon il mondo esterno. Durante il percorso triennale noioperatori indirizziamo ciascun ra-gazzo verso una famiglia di stru-menti, alla fine del terzo annocapiamo quale sia lo strumento pre-diletto. A questo punto si viene acreare un rapporto simbiotico tra ilragazzo e lo strumento.I nostri allievi sono esecutori nelsenso nobile e pieno del termine, perloro lo strumento è prolungamentocorporeo, è veicolo di comunica-zione privilegiato.Quanto conta il rapporto fisicocon lo strumento nell’ambitodella terapia?“È importante, per questo al ter-mine del terzo anno ne incentiviamol’acquisto.

La musica dà un piacere intangibile,psicologico, ma tutto questo è possi-bile grazie a qualcosa di concretocome lo strumento.Per i nostri al-lievi questo diventa un oggettomolto amato, che entra nel loromondo e li segue a casa e in SalaMusica, qui gradualmente spariscela paura di essere “toccati” e vi è l’ab-bandono al conduttore.Gli allievi ca-piscono che il musicista che liaffianca è il mezzo per arrivare allaqualità della musica, sentono comeun gesto eseguito correttamenteporti alla giusta sfumatura musicale,tra i chiari e gli scuri che la fanno vi-vere di emozioni. Tutto questo èancor più straordinario perché nes-suno di loro legge la partitura equindi si lasciano coinvolgere e “ra-pire” dal discorso musicale attra-verso il direttore d’Orchestra, ilmusicista affiancatore e la loro me-moria musicale ”. Non c’è alternativabisogna mettersi in discussione...“A volte rifletto su come noi “nor-mali” musicisti siamo legati al testomusicale e di quanto poco entri nellalettura la nostra personale emoti-vità in quanto spesso già “confezio-nata” dalle indicazioni deicompositori, e di come all’opposto ildato interpretativo sia forte nei no-stri ragazzi non legati da vincoli chela partitura ci impone. Questo peròcomporta un impegno altissimo perla Direttrice Silvia Gazzola che ri-spetto ad un direttore tradizionaledeve ragionare all’opposto, devepartire dagli orchestrali e dai lorotalenti espressivi.Quale il risultato più grande?“È bellissimo verificare che tra noi ei componenti dell’orchestra “La notain più” spesso si crei un rapporto allapari. Mi è capitato direttamente conil ragazzo che affianco al contrab-basso. È testardo “un osso duro”, avolte permaloso, ma in questi anniho cercato di stemperare queste suecaratteristiche e oggi vi è un totaleabbandono da parte sua e una totalefiducia da parte mia. Collaboriamo,vi è addirittura complicità!”

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Alessandra NorbisPIANISTAUna carriera da pianista e una spe-cializzazione in musicoterapia al-l’Università di Bristol, questo ilprofilo di Alessandra Norbis che in-sieme a Silvia Gazzola e FlavioBombardieri affianca ormai da moltianni i ragazzi del Centro di Musico-terapia orchestrale “La Nota in Più”:“Spesso sono sorprendenti e nel mioruolo di accompagnatrice, e diguida, è affascinante dover esseresempre pronta a cogliere nei lorogesti una possibilità musicale, cosìda portarla in partitura. Tutto pernoi infatti avviene su partiture rivi-sitate, cosicchè sia lasciato spazioanche alla capacità d’improvvisaredei ragazzi. In questo contesto spe-ciale il pianoforte diventa la cassaarmonica di tutta l’orchestra, nondeve esserne il protagonista, bensìha il ruolo di collettore, deve creareil tema che a volte è poi ripreso dallepiastre e dagli archi”.Quanto è importante l’essere mu-sicoterapista?“È una chiave di lettura preziosaperché anche da un gesto, da unosguardo, dalla modalità di relazioneche i ragazzi hanno verso uno stru-mento si può capire come abbianovoglia di esprimersi, l’impostazionee la tonicità del corpo ne sono unsegno forte.I ragazzi lo sentono e ben sanno cheda tutto questo deriva un risultatomusicale differente. Percepiscono inmodo molto chiaro la qualità dellamusica e agiscono di conseguenza,sono consci del loro ruolo all’in-terno del discorso musicale e del si-gnificato dei loro gesti.All’interno del gruppo orchestrale,ogni musicoterapista, insieme adogni ragazzo, cerca di gestire il rap-porto con lo strumento che diventaestensione corporea per esprimersi,mezzo di comunicazione non ver-bale e per questo ancor più potente. Lo strumento e la musica, inoltre,impongono una gestione del tempo,

dell’attesa, dell’attenzione e tuttoquesto è già terapia”.Quali i risultati che la musica dàsul comportamento dei ragazzi?“Ci sono dei miglioramenti anche acasa o a scuola. Ad esempio una ra-gazza che era troppo socievole edespansiva, tanto che questa caratte-ristica rischiava di diventare perico-losa, è stata educata al rispetto deglispazi e dei tempi nell’ambito musi-cale e in seguito è riuscita a conte-nere la sua esuberanza migliorandola qualità del suo rapporto con glialtri. Altri ragazzi hanno registratoun miglioramento dei tempi di at-tenzione nell’ambito lavorativo, op-pure hanno avuto un innalzamentodell’autostima soprattutto quandoall’ingresso in orchestra hanno do-vuto acquistare il loro strumento o iloro battenti”.Quale il tipo di impegno che vi èrichiesto?“È forte e anche diverso da quelloche può esserci proposto fuori daquesti spazi. Ci dobbiamo calare nelcontesto, puntare alla collabora-zione, cambiare più volte il puntodi vista, capire che la ricchezza dellavoro sta nel sapersi adattare, met-tere da parte l’orgoglio. Dobbiamometterci in ascolto e poi eseguire,utilizzare la nostra competenzamusicale per valorizzare quello cheemerge dai ragazzi. È faticosoanche dal punto di vista fisico, ma inostri allievi ci insegnano che lamotivazione può far superare qual-siasi limite. Ad esempio durante letrasferte e i concerti fuori sede, iragazzi sopportano viaggi e atteselunghe che mai accetterebbero inun laboratorio protetto o a scuola.Quel che ne segue è qualcosa distraordinario. Ricordo con inten-sità il recente concerto alle DieciGiornate di Brescia dove si è arri-vati a produrre un suono tantoamalgamato da tradursi in emo-zione pura. Il pubblico lo ha capito,i ragazzi lo hanno compreso ed èstata magia”.

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Èopinione di molti che ibatteri siano ospiti indesi-derabilmente dannosi perla nostra salute. Questaconvinzione è in parte da

attribuire alla esperienza consoli-data della efficacia della terapia an-tibiotica nel curare molte malattiebatteriche che in epoca pre-antibio-tica rappresentavano un rischioreale, severo, temibile e frequente-mente mortale per la salute. Anchela pubblicità riguardante detersivied igienizzanti che, oltre ad assicu-rare la pulizia e l’igiene delle nostrecase, dei nostri abiti, dei nostri cibi edi quanto da noi utilizzato quotidia-namente, avrebbero una funzioneantibatterica utile e desiderabile, hacertamente contribuito ad inculcarenella popolazione il concetto: batterieguale malattia. Questo convincimento non è asso-lutamente vero in senso generale,ma esclusivamente per una piccolaparte di batteri, che per la loro ca-pacità di danneggiare gli organi delnostro corpo, sono chiamati pato-geni. Le cellule batteriche non patogenepresenti sulla nostra pelle, nell’areagenitale, in bocca, nelle cavità nasali,ma soprattutto nei nostri intestinisono dieci volte più numerose dellecellule umane. Sempre più la ricercamedica genetica e sperimentale di-mostra che non solo questa popola-zione batterica, chiamatamicrobioma, non è dannosa ma rap-presenta un fattore benefico e taloraindispensabile per il funzionamentoottimale del nostro organismo. Gli esseri umani posseggono un mi-crobioma “personale” già in teneraetà. Se è vero che l’utero di norma èsterile, già il passaggio attraverso ilcanale del parto al momento dellanascita permette il trasferimento dibatteri al neonato, batteri che rapi-damente si moltiplicano. Anche l’al-lattamento al seno, le coccole chegenitori e nonni fanno al piccolo, ilcontatto con fratelli ed amici, tuttocontribuisce ad arricchire il patri-

NOI, I BATTERI,

GLI ANTIBIOTICI:una complessa interazione

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monio cellulare batterico del pic-colo, così che già nella tarda infanziail nostro corpo ospita uno dei piùcomplessi sistemi microbici del pia-neta (J. Ackermann; Le Scienze2012). Lo studio della sequenza genica diquesti microrganismi ha recente-mente permesso di conoscere me-glio le specie non patogene presentinell’apparato digerente di ciascunodi noi, ma anche quali siano le lorofunzioni a favore del benessere delnostro organismo. All’inizio del2010 erano già state individuate ecodificate oltre 1000 specie batteri-che per un totale di 3,3 milioni digeni. Ciascuno di noi ha uno speci-fico patrimonio batterico, anche sela maggior parte degli individuicondividono un gruppo essenzialedi batteri utili. Le prime osservazioni sull’effettobenefico della flora batterica intesti-nale si sono avute all’inizio deglianni ’80 del XX secolo. Si era infattiosservato come alcuni batteri inte-stinali fossero capaci di sintetizzareenzimi utili alla produzione di Vita-mina B 12, essenziale per i processicellulari energetici, la fabbricazione

degli acidi grassi ecc. Da anni poi siè scoperto che la flora batterica in-testinale svolge una azione essen-ziale per la digestione di alcunicomponenti del cibo che altrimentisarebbero indigeribili ed inutilizzati.Ad esempio il Bactroides thetaio-taomicron, un nome di origine grecapressochè impronunciabile, è ingrado di spezzare i carboidrati piùgrossi e complessi, trasformandoliin molecole più piccole, di più faciledigestione, come il glucosio. Ciòpermette, ad esempio, di poter man-giare e nutrirsi di molti frutti, qualile arance, le mele, ma anche patate egermi di grano. Anche l’Helicobacter Pylori (H. Py-lori ) accusato negli anni ’90 di es-sere responsabile di molte gastriti epersino dell’ulcera gastrica, è statoparzialmente riabilitato. E’ infattiuno dei pochi batteri che sono capacidi prosperare ed agire nell’ambientefortemente acido del nostro sto-maco. La sua funzione in condizioni“normali” è quella di regolare i li-velli di acidità dello stomaco inmodo utile ed opportuno attraversola produzione di proteine che rego-lano, abbassandolo, il flusso di acidogastrico stesso. Solo la contempora-nea presenza di condizioni indivi-duali sfavorevoli, quali un usocontinuato di antinfiammatori(FANS ), favorisce la formazione diulcere gastriche in presenza di H.Pylori. Questo batterio infattisvolge una importante azione di re-golazione dell’appetito attraverso laproduzione di due ormoni: la gre-lina che informa il cervello che ilcorpo ha bisogno di mangiare e laleptina che informa che lo stomaco èpieno. Si ritiene che la distruzionedell’Helicobacter Pylori ad operadegli antibiotici alteri la produzionedi grelina, alterando così un mecca-nismo sofisticato di controllo delsenso di fame. Molti ricercatori ritengono che laperdita rapida di H. Pylori ed altribatteri del microbioma umano adopera di terapia antibiotica sia una

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concausa dell’aumento della obesitànella popolazione dei Paesi cosid-detti industrializzati. Il microbioma umano negli ultimidecenni è stato, in modo più o menomarcato, alterato non solo dal dif-fondersi della terapia antibiotica, maanche da altri fattori concomitanticome ad esempio il moltiplicarsi dinascite attraverso il parto cesareo, ledimensioni ridotte delle famiglie perla nascita di uno o due figli soltantoe quindi minori contatti soprattuttoper la prima infanzia. La potabiliz-zazione dell’acqua, la sterilizzazionedel latte, una rete fognaria efficiente,la maggiore pulizia degli ambientidi casa, tutto questo ha rappresen-tato certamente un passo impor-tante nella prevenzione di malattiebatteriche patogene quali il colera,il tifo ecc. e della miglior qualità divita. Pur tuttavia ci si domanda setutto questo non abbia anche un ri-svolto negativo. Ci si sta domandando infatti il per-chè la flora batterica intestinale nonstimoli il sistema immunitario con-tro di essa. Il sistema immunitarioinfatti rappresenta un complesso si-stema difensivo contro i germi e ibatteri patogeni limitandone la cre-scita o determinandone la distru-zione una volta entrati nel nostroorganismo. Nel corso di almeno200.000 anni il nostro organismo hainfatti trovato un efficace equilibriodi difesa immunitaria che impedisceda una parte di aggredire i batteriportatori di malattie, ma nello stessotempo salvando quei batteri che sisono dimostrati utili per il nostrostato di benessere. Si è ad esempioosservato che alcune cellule –celluleT- hanno un ruolo importante nelriconoscere ed attaccare i microbi“dannosi”. Si è però successivamenteosservato che oltre alle cellule T“aggressive”, vi sono cellule T re-golatrici, cioè capaci di evitare laproduzione eccessiva delle aggres-sive, stabilendo così un buon equili-brio tra le due specie di cellule T atutto beneficio della nostra salute.

Dalle recenti ricerche di Mazma-nian e collaboratori riguardante uncomune batterio (Bacteroides fragi-lis ) risulterebbe che un sistema im-munitario sano dipende anche dalcontinuo intervento di batteri bene-fici. Gli stessi hanno osservato cheterapie antibiotiche talora indiscri-minate hanno avuto come conse-guenza la riduzione o la scomparsadi questo batterio così come del H.Pylori con conseguente aumento dialcune patologie cosiddette “au-toimmuni” nelle quali la produzionedelle cellule T aggressive non vienepiù giustamente regolata e ad in-durre gli stessi ad aggredire anchetessuti del nostro corpo. Per ora èquesta una affascinante ipotesi che,se confermata, indurrebbe un giustoripensamento anche sull’uso degliantibiotici. Certamente non pos-siamo fare a meno, almeno per ora,della terapia antibiotica in molti casidi malattia batterica grave, tale daportare ad invalidità e a morte gliindividui colpiti. Ma una cosa certa-mente la si può già da ora fare: limi-tare l’uso di antibiotici nei casiveramente indispensabili, non solo,ma anche utilizzando l’antibioticopiù efficace per il microrganismo re-sponsabile della malattia infettiva. Far uso di antibiotici, ad esempio,per episodi influenzali di origine vi-rale, non complicati da superinfe-zione batterica, non solo è inutile inquanto inefficaci a combattere ivirus, ma potrebbe compromettereanche la flora intestinale utile per ilbenessere del nostro organismo. Gliantibiotici debbono quindi esse usaticon oculatezza e non si deve assolu-tamente abusarne. Il loro cattivo edinappropriato impiego può esseredannoso sia per l’effetto negativo sulmicrobioma umano, ma anche per lasempre più frequente osservata re-sistenza verso batteri patogeni, re-sistenza che limita o annulla l’azionebatteriostratica o batteriolitica degliantibiotici, mettendone a repenta-glio l’efficacia curativa.

Dott. Gaetano Bianchi

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5 PUNTI PER LA SICUREZZA

ALIMENTARE

PULIZIA * Lavarsi le mani con il sapone prima di toccarecibo e lavarsi spesso durante la preparazionedei cibi* Lavarsi le mani con sapone dopo aver usato iservizi igienici* Lavare e disinfettare tutte le superfici e le at-trezzature utilizzate per la preparazione dei cibi* Proteggere le aree cucina e degli alimenti dainsetti, parassiti e altri animali

SEPARARE GLI ALIMENTI CRUDIDA QUELLI COTTI* Separare la carne cruda, pollame e frutti dimare da altri alimenti* Utilizzare utensili e attrezzature separate * Conservare il cibo in contenitori per evitare ilcontatto tra cibi crudi e cotti

CUOCERE BENE* Cuocere il cibo completamente, soprattuttocarne, pollame, uova e frutti di mare* Portare cibi come zuppe e stufati ad ebollizioneper assicurarsi che essi raggiungano i 70° C. * Riscaldare bene i cibi già cotti.

MANTENERE I CIBI A TEMPERATURE DI SICUREZZANon lasciare i cibi cotti a temperatura ambienteper più di 2 ore.* Refrigerare immediatamente tutti i cibi cotti edeperibili (preferibilmente sotto i 5 ° C)* Non conservare alimenti troppo a lungo anchenel frigorifero* Non scongelare gli alimenti surgelati a tem-peratura ambiente

UTILIZZARE ACQUA E INGREDIENTI SICURI* Usare acqua potabile.* Controllare che i cibi freschi siano in buonostato. * Lavare frutta e verdura, soprattutto se consu-mate crude* Non utilizzare alimenti oltre la data di scadenza

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Tutti noi possediamo l’in-nata capacità di proteg-gerci dalle malattie, gra-zie al nostro sistemaimmunitario. Questo stra-

ordinario sistema di prevenzione èbasato su mediatori chimici e cellu-lari e ci permette di difenderci dagliinsulti chimici, traumatici o infet-tivi che potrebbero comprometterel’integrità dell’organismo stesso. Unsistema immunitario efficiente rico-nosce le sostanze e le strutture chenon costituiscono pericolo e quelleche sono nocive per l’organismo edevono essere eliminate, come i bat-teri patogeni. Uno stile di vita sano, qualche con-siglio per la sicurezza alimentare euna dieta equilibrata proteggonol’organismo dalle infezioni e aiutanoil sistema immunitario a funzionareal meglio.

I BATTERI CHE PROTEGGONO LA SALUTEAlcuni batteri, come i Lattobacillipresenti nello yogurt, esplicano uneffetto positivo sulla salute. Tale ef-fetto è dovuto alla capacità dei lat-tobacilli di causare una maggiorestimolazione della componente delsistema immunitario responsabiledella risposta ai germi patogeni in-fettivi.Un solo grammo di yogurt frescoapporta circa un miliardo di batterilattici vivi. I batteri lattici sono “pro-biotici” , parola che significa lette-ralmente “per la vita”, e, contri-buendo all’equilibrio della florabatterica intestinale, esercitano uneffetto benefico sull’ospite.

BATTERIe ALIMENTI

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I probiotici oltre a stimolarela risposta immunitaria, sem-brano possedere ancheun’azione anti-diarrea. Ilconsumo di yogurt permetteun più veloce recuperodalle infezioni gastrointe-stinali, soprattutto incaso di diarree dovute aEscherichia coli, Salmo-nella, Shigella e rotavirus.Sembra anche che i pro-biotici possano avere unruolo di prevenzione neiconfronti di alcune malattiecome l’aterosclerosi e il tumoredel colon.

I BATTERI DANNOSII batteri sono la causa più comune diintossicazione alimentare e produ-cono i loro effetti per invasione di-retta nell’organismo o per produ-zione di tossina. Alcune tossine sitrovano già formate nel cibo inge-rito, altre vengono prodotte dai bat-teri nell’organismo.Ci possono essere tossine che agi-scono sull’apparato gastroenterico etossine che colpiscono il sistemanervoso. Le tossinfezioni alimentari più dif-fuse nell’Unione Europea sono do-vute a batteri come Campilobatterioe Salmonella, che penetrano nell’or-ganismo attraverso il tratto ga-strointestinale, dove spesso si av-vertono i primi sintomi. Carni e uova sono gli alimenti più fa-cilmente contaminati da questi bat-teri.Gli alimenti possono essere conta-minati in diversi momenti del per-corso che li porta a tavola. Per esem-pio, le carni possono esserecontaminate durante la macella-zione, entrando in contatto con pic-cole quantità di contenuto intesti-nale. Durante le fasi ditrasformazione degli alimenti, i mi-crobi possono essere introdotti percontaminazione crociata da un altroprodotto vegetale o animale non la-vorato e infetto o da esseri umani in-

fetti. In cucina, du-rante la distribuzione

del cibo i microbi possonoessere trasmessi da un ali-

mento all’altro tramite uten-sili contaminati o ancora tramite

una persona infetta.

LA SICUREZZA ALIMENTARE E IL SISTEMA HACCPL'introduzione del sistema HACCP(Hazard Analysis and Critical Con-trol Points, tradotto: Analisi dei Ri-schi e Punti Critici di Controllo), neiprocessi di produzione alimentare èstato un progresso significativo nellaproduzione di sicurezza alimentare ela prevenzione delle intossicazionialimentari.Il sistema HACCP è un sistema diautocontrollo che ogni operatore nelsettore della produzione e distribu-zione di alimenti deve mettere inatto per valutare e stimare pericoli erischi e stabilire misure di controlloper prevenire l'insorgere di problemiigienici e sanitari.Applicare e verificare il sistemaHACCP significa controllare le tem-perature di conservazione e cotturadegli alimenti, i programmi di sani-ficazione degli ambienti e delle at-trezzature, l’igiene degli operatori, ilrispetto dei tempi e delle proceduredi produzione, stoccaggio e distri-buzione degli alimenti.La predisposizione e l'attuazione delsistema HACCP consente di con-

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trollare l’intero processodi produzione di alimentie bevande in ogni sua fase,dall’approvvigionamento delle ma-terie prime fino alla distribuzione.

LA SICUREZZA ALIMENTARE A CASALa cottura ad alte temperature uc-cide la maggior parte di germi pa-togeni e, quindi, il primo consiglioè quello di cuocere bene gli alimentifacilmente contaminati come carni,pesci, frutti di mare e uova ed evi-tare di consumarli crudi.Acquisto, conservazione e prepara-zione degli alimenti sono tutti puntidi fondamentale importanza per lasicurezza alimentare. È sempre consigliabile controllareil luogo dove si fanno gli acquisti:deve essere pulito e gli alimenti de-vono essere sistemati al posto giu-sto e conservati alle giuste tempe-rature. Gli alimenti più deperibili,come latte, yogurt e budini, devonoessere mantenuti a temperatureuguali o inferiori a +4 °C; i surge-lati devono essere tenuti costante-mente a una temperatura pari o in-feriore a –18 °C.In modo particolare va controllatala data di scadenza sull’etichetta,scegliendo prodotti la cui scadenzanon sia imminente. Le confezionidevono essere integre e, se si trattadi surgelati, non devono essere ri-coperte di brina che è indice di unnon corretto mantenimento dellatemperatura.

È preferibile acqui-stare alla fine dellaspesa i surgelati etrasportarli a casa inun contenitore ter-mico, perché non siscongelino durante il

tragitto.È opportuna una par-

ticolare attenzioneper l’acquisto delpesce. È molto im-

portante che sia te-nuto in un banconerefrigerato e chenon abbia un cattivoodore. L’occhiodeve essere spor-gente e le branchierosse o rosee.

Frutta e ortaggi devono essere sanie freschi.Una volta acquistati i prodottivanno conservati correttamenteperché non se ne alterino le carat-teristiche e non si deteriorino, se-condo le norme e le raccomanda-zioni per la conservazione scrittesull’etichetta del prodotto. In frigorifero gli alimenti vanno ri-posti in appositi contenitori o pro-tetti con pellicole. Per evitare contaminazioni, gli ali-menti vanno separati tra loro e col-locati secondo la loro deperibilità:in basso, dove la temperatura è piùalta, frutta e verdura; subito al disopra, dove la temperatura si ab-bassa, si possono riporre la carne, ilpesce e i formaggi, accuratamenteprotetti da involucri o contenitori.Nei ripiani più alti e più freddi èpreferibile conservare prodotticome le creme, il latte e la panna. Leuova vanno lasciate nella loro con-fezione d’acquisto, affinché non en-trino in contatto con altri alimentie si possa sempre leggere la dataentro cui è preferibile consumarle.Alimenti congelati o surgelativanno scongelati correttamente, se-guendo le istruzioni riportate sullaconfezione.

Cristina Grande

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Il primo lunedi di dicembre, inuna Varese baciata da un gelidosole invernale, si è tenuto ilconvegno “La società deldono”. Un incontro di aggior-

namento per medici e staff infer-mieristico incentrato sui diversisignificati che concorrono a defi-nire cos’è un dono. Per l’approccioscelto dalla sua responsabilescientifica, la dott.ssa DanielaMaretti, coordinatrice al Prelievod’organi e tessuti della Provinciadi Varese, l’incontro è stato occa-sione per porre a confronto le di-verse accezioni che il termine“dono” assume in base a chi lopronuncia. Che si tratti di un giudice, un filo-sofo o un medico, la parola prendeinfatti delle sfumature di senso avolte profondamente differenti. “Ilsignificato di questo incontro eradare l’occasione ai partecipanti di ve-dere le donazioni oltre il punto divista medico a cui noi siamo abituati,in quanto medici ed infermieri” haspiegato a Prevenzione oggi ladott.ssa Maretti spesso ospitedegli incontri di formazione e di-vulgazione organizzati dall’Aidodi Varese con il presidente pro-vinciale Aido, Roberto Bertinelli“Mentre stavo preparando questoconvegno mi sono resa conto che ogni

volta che devo gestire gli incontri coni parenti imposto il discorso parlandodi dono. Perché in fin dei conti la do-nazione è questo. Un dono”. Il tagliocritico dato dai diversi relatori in-vitati a Varese ha in effetti risve-gliato aspetti differenti del tema.Per il professor Carmelo Vigna,docente di Filosofia Moralepresso l’università di Venezia, ildono rappresenta il momento incui l’uomo comprende fino infondo la sua umanità. “In un rap-porto personale in cui si vuole vera-mente conoscere l’altro, per amiciziao per amore, si dona alla persona concui si vuole entrare in rapporto lapropria libertà, intesa come tempo,pensiero, cura e premure. Ed è in quelmomento, attraverso l’atto di dona-zione, che si comprende fino in fondodi essere uomini liberi, che possonodisporre di sè a tal punto da poterscegliere di donarsi. Liberamente enon perché costretti - ha spiegato ilprofessor Vigna, convinto che - ildono rappresenta per l’uomol’estremo atto di coscienza di sestesso”. Se consideriamo il dono in rap-porto al tema del ricambiare e del-l’essere riconoscente, ecco allorache si allarga ancora il significatodello stesso. “Per i trapianti siparla di dono per contrapporlo al-

Le declinazioni del verbo donare

A Varese si indaga sui molti significati della parola dono

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l’accordo di scambio, alla compra-vendita - ha iniziato il suo inter-vento Giampaolo Azzoni, docentedi Filosofia del Diritto a Pavia - ildono, se fatto con sentimento auten-tico e non per legare l’altra persona asè con la gratitudine, prevede reci-procità ma non restituzione. Non èmai fatto per essere ricambiato allapersona che ci è donatrice ma innescaun rapporto di donazione ulteriore,dalla persona ricevente ad una nuovapersona, a sua volta chiamata a do-nare, in un circolo virtuoso che coin-volge sempre più persone”. Perspiegare il concetto Azzoni ha ri-chiamato alla mente dell’uditoriola rappresentazione delle TreGrazie: “Una dona all’altra che asua volta dona alla terza. Il dono è

privo del legame di scambio, del mer-cimonio, così come un dono per untrapianto. Chi lo riceve può ringra-ziare solo facendo del bene ad altri,ma non al donatore in modo reci-proco”. A chiudere gli interventisui diversi sensi della parola“dono” è stato infine un uomo dilegge, il giudice presso il Tribu-nale di Varese Nicola Cosentino.“Il Legislatore italiano ha sempreposto forti barriere alla pratica delladonazione, intesa nel codice italianosoprattutto come attribuzione di benipatrimoniali con carattere di gra-tuità, cercando di assicurarsi dell’as-senza di condizionamenti che possonoalterare la nascita del consenso”. Inderoga a questo comportamento,con la creazione della Costitu-zione dopo il secondo ConflittoMondiale, nel codice si è comin-ciato a dare maggior spazio alprincipio di solidarietà e questo hanel tempo aperto la porta a leggisul consenso al dono, caratteriz-zate dalla libertà dell’atto, l’istin-tività che lo muove, la possibilita’di revocarlo fino all’ultimo mo-mento ed infine il suo carattere diatto informato. “Il consenso al donoper il Legislatore italiano deve essereprima di tutto un consenso informato,che dia consapevolezza del sacrificioa cui ci si sottopone” ha detto Co-sentino. Al congresso sono inter-venuti anche due testimoni, unuomo di chiesa trapiantato dicuore da 11 mesi e la madre di unabambina morta per un incidentestradale che con il marito ha de-ciso di donare gli organi ed i tes-suti della figlia “È fondamentaleavere le informazioni in merito altrapianto ed alle donazioni. L’igno-ranza crea intolleranza e paura. Solol’informazione può aiutare a capire eagire nel modo migliore” ha detto lamadre della piccola Giulia a con-clusione del suo intervento in sala“Perché l’ignoranza non faccia sof-frire più di quanto le circostanze giànon portano a sentire”.

Fernanda Snaiderbaur

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Il 23 novembre u.s. il Ministro della sa-lute ha firmato il decreto per la ricosti-tuzione della Consulta tecnicapermanente per i trapianti. La Consultaha il compito di predisporre gli indirizzi

tecnico-operativi per lo svolgimento delleattività di prelievo e di trapianto di organie di svolgere funzioni consultive a favoredel Centro nazionale per i trapianti. Lanuova Consulta è composta da:- Dott.ssa Monica Bettoni, direttore del-

l'Istituto Superiore di Sanità, o un suo de-legato.

- Dott. Alessandro Nanni Costa, direttoregenerale del Centro Nazionale per i tra-pianti.

Dai coordinatori dei centri regionali e in-terregionali per i trapianti e dai rappresen-tanti di ciascuna delle Regioni che abbiaistituito un centro interregionale:- Prof. Antonio Famulari - Regioni

Abruzzo e Molise.- Dott. Angelo Saracino - Regione Basili-

cata.- Dott. Bruno Giacon - Provincia auto-

noma di Bolzano.- Dott. Pellegrino Mancini- Regione Cala-

bria.- Prof. Claudio Napoli - Regione Campa-

nia.- Dott.ssa Lorenza Ridolfi - Regione Emi-

lia Romagna.- Dott.ssa Antonella Bulfone - Regione

Friuli Venezia Giulia.- Prof. Domenico Adorno - Regione Lazio.- Prof. Sergio Vesconi - Regione Lombar-

dia.- Dott. Duilio Testasecca- Regione Mar-

che.- Dott.ssa Egidia Cofelice - Regione Mo-

lise.- Dott. Piero Bretto - Regione Piemonte.- Prof. Francesco Paolo Schena - Regione

Puglia.- Prof. Carlo Carcassi - Regione Sardegna.- Dott. Vito Sparacino - Regione Sicilia.- Dott. Giuseppe Bozzi - Regione Toscana.

- Dott.ssa Lucia Pilati - Provincia auto-noma di Trento.

- Prof. Cesare Gambelunghe - RegioneUmbria.

- Prof. Francesco Calabrò - Regione Ve-neto.

Da tre clinici esperti in materia di trapiantidi organi e di tessuti:- Dott. Pietro Paolo Donadio, direttore

della Struttura Complessa di Anestesia eRianimazione dell'Azienda OspedalieraCittà della Salute e della Scienza di To-rino.

- Prof. Luigi Rainero Fassati, professoreemerito di chirurgia presso la Facoltà diMedicina e Chirurgia dell'Universitàdegli Studi di Milano.

- Prof. Alessandro Rambaldi, direttoreU.S.C. Ematologia, Azienda OspedalieraOspedali Riuniti di Bergamo.

Da tre esperti delle associazioni nazionaliche operano nel settore dei trapianti e dellapromozione delle donazioni:- Dott.ssa Valentina Paris, presidente dell'

Associazione Nazionale Emodializzati(Aned).

- Dott. Vincenzo Passarelli, presidente del-l'Associazione Italiana per la Donazionedi Organi, tessuti e Cellule (Aido).

- Avv. Paola De Angelis, presidente del-l'Associazione Donatori Midollo Osseo(Admo).

I componenti della Consulta durano in ca-rica due anni, a decorrere dalla data del pre-sente decreto, rinnovabili alla scadenza. Aifini dell'istruttoria tecnica e dell'approfon-dimento di specifici temi, la Consulta puòcostituire nel proprio ambito sottocommis-sioni o gruppi di lavoro. Il Direttore delCentro nazionale per i trapianti ha facoltàdi invitare a partecipare ai lavori della Con-sulta, su convocazione del Presidente,esperti di altre Istituzioni, ove lo richiedanogli argomenti in trattazione. La Consultaopera presso il Centro nazionale per i tra-pianti, istituito presso l'Istituto Superioredi Sanità.

RICOSTITUITA LA CONSULTA TECNICAPERMANENTE PER I TRAPIANTI

L’Aido rappresentatadal presidente nazionale Vincenzo Passarelli

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Il gruppo comunale Aido di Leffe ha ospitato, loscorso 12 ottobre, un bellissimo incontro sul tema“La donazione e il trapianto di Reni. Una meravi-gliosa risorsa di vita” con i relatori: Dott. Giovanni Rota – Medico dirigente nella Chirur-gia Pediatrica degli Ospedali Riuniti di Bergamo.Cav. Leonida Pozzi - Presidente Aido RegionaleLombardia.Il Dottor Rota ha esposto dettagliatamente le infor-mazioni essenziali sul trapianto di Reni in modomolto esauriente. I dati sull’attività del trapianto direne in Italia, per il periodo 2000/2009 confermanol’efficienza di tutti i centri e l’eccellenza nei risultati:a nove anni dal trapianto di rene il 97% dei pazientiè vivo.È necessario aumentare il livello di informazione, co-municazione e promozione verso la cittadinanza e,su questo tema, ha preso la parola il Cav. LeonidaPozzi, il quale sostiene che il trapianto è un miracoloche lui stesso ha vissuto e sta vivendo da 14 anni el’ha potuto avere grazie ad un dono "anonimo maimmenso" e con lui quelle circa 3.000 persone cheogni anno vengono trapiantate.

È triste invece constatare che ben 478 persone sonomorte nello scorso anno mentre erano in lista d’at-tesa per ricevere un organo che per loro non è maiarrivato.Durante il dibattito è poi intervenuta dal pubblicouna ragazza raccontando che il proprio padre dece-duto cinque mesi fa, ha donato tutti gli organi e tes-suti possibili e dichiarando che in ospedale, almomento del decesso del papà, lei e la sua famigliasono state seguite da medici di estrema competenzae di notevole bravura e umanità, aiutandole a supe-rare questo triste momento.Noi tutti dobbiamo impegnarci sempre di più a dif-fondere il messaggio della donazione degli organi,trasformando questo atto in un sublime attod’amore verso un prossimo che non conosciamo,verso un prossimo sofferente e bisognoso di vita.Oggi ancora troppe persone sono indifferenti e pen-sano che a loro non succederà mai di ammalarsi, mala vita può cambiare dall’oggi al domani, è necessa-rio quindi aprire il nostro cuore per il bene e la vitadel nostro prossimo e questo ci farà sentire migliori.Ringraziamo il Dottor Rota, il Cavalier Pozzi e tutte lepersone che sono intervenute al dibattito auguran-doci che trasmettano il nostro messaggio alla comu-nità.

Il Consiglio Aido Leffe

Piccoli ambasciatoridi solidarietà

Si è conclusa lo scorso sabato la preziosa collabora-zione tra la scuola primaria di Lodrino e Aido. Alla pre-senza del vicepresidente provinciale dell'associazione,Rosaria Prandini, e del presidente della sezione localeClaudio Leni, i ragazzi delle due classi quinte hanno ri-cevuto in dono un attestato. Questo riconoscimento linomina a tutti gli effetti "Ambasciatori di solidarietà" eviene loro conferito in segno di ringraziamento perl'impegno dimostrato nei laboratori sul tema del dono. Partendo da questo concetto i ragazzi hanno intra-preso un percorso che li ha portati a comprenderequanto donare sia anche più bello se non si prendenulla in cambio. Ad arricchire l'atmosfera di festa e sod-disfazione è arrivato anche un bel gesto da parte deiragazzi, i quali, su consiglio del corpo docenti, hannoorganizzato uno scambio di regali fra amici, dimo-strando di aver compreso appieno il significato del lorolavoro. Vista l'ottima riuscita del progetto, sia il diri-

gente scolastico Valentino Maffina sia Paola Micheli,referente del progetto, si uniscono agli insegnanti nel-l'augurio che laboratori simili possano essere portatiavanti, come arricchimento del programma scolastico,ma anche della coscienza dei giovani. I ringraziamentigiunti da parte della sezione locale Aido sono stati sin-ceri, così come la speranza che un così costruttivo per-corso non si interrompa qui.

Greta Rambaldini

Notizie dalle Sezioni

La donazione e il trapianto di reniUna meravigliosa risorsa di vita

LODRINO (BS)

LEFFE (BG)

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Sabato 13 ottobre si è svolta a Sarnico una Fiaccolataalla memoria del Cav. Ugo Buelli, figura importantis-sima per l’Aido, poiché ricoprì la carica di primo Presi-dente Provinciale della Sezione di Bergamo (dal 1975al 1984) e fondò il gruppo pluricomunale di Sarnico nel1974.Uomo all’apparenza burbero, era invece dotato di

grande sensibilità e chi ebbe la fortuna di conoscerloe lavorare insieme a lui lo ricorda come una personasensibile e di grande cuore, capace di commuoversidinnanzi al letto di un bambino malato.E’ stato quindi doveroso ricordarlo nel XXV della suamorte, avvenuta a Sarnico il 12 ottobre 1987.Alla Fiaccolata hanno partecipato più di 40 gruppiAido e 10 sezioni Avis; un doveroso ringraziamento vaovviamente a tutti i volontari che hanno reso possibilela riuscita di questa manifestazione ed a tutti i gruppiche con la loro presenza hanno reso indimenticabilequesta Fiaccolata.Un grazie in particolare al Sindaco, Rag. Franco Do-metti, al Parroco Don Luciano Ravasio, alla presidenteProvinciale Sig.ra Monica Vescovi, al Presidente AidoRegionale Cav. Leonida Pozzi, ed al Presidente delgruppo pluricomunale di Sarnico, Sig. Leandro Mora.Alle ore 20:30 la partenza, subito dopo l’arrivo dellafiaccola (accesa dinanzi alla Sede provinciale di Ber-gamo e portata dal gruppo podistico Avis-Aido di Gru-mello del Monte). Con il Corpo musicale cittadino in testa, il corteo haraggiunto il cimitero dove Don Luciano ha benedettola tomba di Ugo Buelli.Dopo la deposizione di un cesto di fiori, il Cav. Leonida

Pozzi ha acceso con la fiaccola il cero della memoria.“Il silenzio” suonato dalla Banda mentre il Presidentedel gruppo pluricomunale di Sarnico, Leandro Mora,leggeva la Preghiera del Donatore, ha reso ancor piùsuggestivo il significativo gesto.Da qui il corteo ha ripreso a marciare per le vie di Sar-nico, percorrendo Via della Libertà, via Garibaldi, viaCol. G. Sora, per poi ricongiungersi a via Vittorio Venetoe giungere infine al Cine-teatro Junior, dove si è com-memorata la figura del Cav. Ugo Buelli.A presentare la serata la Sig.ra Monica Vescovi la quale,oltre a preparare una serie di diapositive che raccon-tavano la vita di Ugo Buelli, introduceva man mano ivari interventi che si sono susseguiti nel corso della se-rata, e dai quali è emerso che il Cavaliere fu tra i primia credere fortemente alla donazione degli organi, con-tribuendo così a far arrivare l’Aido dove è ora, un’Asso-ciazione riconosciuta da tutti, i cui valori sono rispettatied apprezzati.Un ringraziamento particolare va ai parenti, la cui pre-senza ci ha fatto enormemente piacere.

Il Direttivo dell’Aido Sarnico

Notizie dalle Sezioni

Fiaccolata in memoriadel Cavalier Ugo Buelli

SARNICO (BG)

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In onore del 25° di fondazione Aido e del 50° di Avis, le duestoriche associazioni hanno inaugurato il “ Monumento aldonatore” presso il Cimitero del paese. “Lo abbiamo posatoin questo luogo per una triplice ragione- hanno spiegato ipresidenti delle associazioni – in memoria del passato e deinostri cari, pensando al presente, a tutte le persone che pos-sono riflettere sull’importanza delle donazioni e, inoltre, consguardo rivolto alle nuove generazioni affinché possanocomprendere il nostro impegno “. L’inaugurazione è avve-nuta nel corso di una cerimonia, seguita al corteo congruppi comunali e provinciali della zona, con il SindacoMelis e una rappresentanza della giunta comunale, il presi-dente Aido della provincia di Varese Roberto Bertinelli , oltread un gruppo numeroso di cittadini iscritti alle due asso-ciazioni. A svelare l’opera i due presidenti Canavesi Marcodell’Avis e Mario Vanzini dell’Aido. L’opera raffigura unadonna che si copre il volto e rappresenta la gratuità e l’ano-nimato della donazione e due fanciulle che tengono inmano un cuore dal quale escono gocce di sangue. “ Donare è vita“ è la scritta incisa sulla scultura realizzata daDomenico Calcara mentre la struttura in granito è stata rea-lizzata da Diego Toniolo. “Vi definirei supereroi – ha com-

mentato il Sindaco Luigi Melis – date un esempio di grandesenso civico in una società sempre più orientata all’indivi-dualismo”. Al termine della S. Messa in chiesa parrocchiale,intervento delle autorità presso il centro socio culturaledove venerdì 14 settembre si era svolta una serata di infor-mazione sui trapianti con medici rianimatori e esperti in tra-pianti. Infine sono state conferite targhe a ricordo dellagiornata a tutti i gruppi intervenuti e ai fondatori storici dellesezioni locali.

Notizie dalle Sezioni

Inaugurato il «Monumento al donatore»

SOLBIATE OLONA (VA)

Émorto a Boston a 93 anni JosephMurray, il chirurgo che portò a ter-mine con successo il primo trapianto

di rene e più tardi vinse un premio Nobelper i suoi studi in medicina efisiologia. Murray è morto inseguito ad un ictus che lo hacolpito nei giorni scorsi. Il trapianto di rene effettuatoda Murray nel 1954 (pressoil Peter Pickle Bent BrighamHospital) venne effettuato suigemelli Herrick [News Aido31 dicembre 2010]: il medicoutilizzò un rene preso dal ge-mello omozigote del paziente. Il pazientevenne dimesso dopo 37 giorni dal tra-pianto e morì 20 anni dopo per infartomiocardico, mentre il gemello è morto al-l’età di 79 anni per complicanze in seguitoad un intervento al cuore.

Si trattò di una pietra miliare nello sviluppodella medicina: dopo questo trapianto,Murray ne effettuò altri, come il primo al-lotrapianto nel 1959 e il primo trapianto di

rene con un organo prelevatoda un cadavere (nel 1962).Continuò la sua attività nelcorso di tutti gli anni ’60, per-fezionando la tecnica anchegrazie alla messa a punto deifarmaci immunosoppressori,che azzeravano il rischio di ri-getto (permettendo di fattotrapianti da donatori non le-gati da parentela con i rice-

venti). La carriera di Joseph Murray ècontinuata con successo presso il Chil-dren’s Hospital di Boston: il medico è statoanche professore emerito di chirurgiapresso la scuola di medicina di Harvard.

www.aido.it

È morto il Premio Nobel Joseph Murraypadre del trapianto di rene

ERRATACORRIGE

Nel numero 202 diPrevenzione Oggi,all'interno

dell'articolo di pagina 6dal titolo: "Voglio viverecosì... col sole infronte..." è stata citata laDr.ssa Laura Gangeri conun'errata qualifica. Percorrettezza segnaliamoche la dottoressa Gangeriè Ricercatrice nell'ambitodella Struttura SempliceDipartimentale PsicologiaClinica Istituto Tumori. Ciscusiamo con l'IstitutoTumori e con ladottoressa per l'errore.

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Prevenzione

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Il Tedoforo per Eccellenza

Chi scrive è attivo nell’Aido da oltre ventisei anni ed ha avuto l’opportunitàdi affiancare quasi costantemente Leonida Pozzi il “Tedoforo per eccel-lenza”. Tedoforo perché dagli anni ’70 ha impugnato la fiaccola dei Valoriche la Solidarietà in generale, e le Finalità dell’Aido nello specifico, richie-dono. Una fiamma alimentata dal suo entusiasmo e da iniziative solide ri-

versate nell’attività associativa a tutto tondo, messe al servizio del prossimo ed inparticolare di chi soffre.

Sfoglio le pagine del numero 197 gennaio-febbraio 2012 di Prevenzione Oggi, edi-zione che riporta le manifestazioni realizzate nell’anno del 40° di Fondazione Dob-Aido( 2011) una sequenza di impegni di spessore che hanno visto l’Amico Leonida impegnatocostantemente in prima linea nelle proposizioni, nelle programmazioni e nei consigli af-finché il tutto riuscisse al meglio. E’ solo la punta dell’iceberg di quanto realizzato neglianni dall’Aido a livello Nazionale, Regionale Lombardia e Provinciale Bergamo con lasostanziale determinazione e le competenze selettive di Pozzi. Quella fiaccola che ha rac-colto da Giorgio Brumat e dai Padri Fondatori: Beniamino Penzani, Don Giovanni Bo-nanomi, avv. Antonio Rodari e Cav. Ugo Buelli per citare i noti, è stata punto diriferimento per quanti hanno avuto l’opportunità di affiancarlo nei suoi molteplici pro-getti: io sono stato tra quelli.

Asserire che abbia trovato la strada spianata sarebbe ingiusto, parecchie sono state lesue battaglie perché l’Associazione si mantenesse nel tracciato delle Finalità; sovente havestito i panni del nocchiere che nella tempesta riesce a tenere “ la barra a dritta” egliene va reso il merito, non dimenticando che pur con i suoi articolati problemi di sa-lute, non ha mai fatto venir meno il suo supporto di entusiastico ed ineccepibile trasci-natore. Sua ottima qualità è stata dare ed ottenere fiducia dai suoi collaboratori direttie indiretti, da qui il risultato di trovare il supporto necessario a sostenere e realizzarei programmi.

Gli scalini che Leonida Pozzi ha salito nella piramide dell’Aido partono dalla Pre-sidenza del Gruppo, a seguire del Consiglio Provinciale di Bergamo, del Consiglio Re-gionale Lombardia e a plurimi incarichi per anni nel Consiglio Nazionale; decenni diimpegno che hanno visto il suo carisma essere punto di congiunzione tra i vari obiettiviassociativi ad ogni livello. Dobbiamo anche a lui se l’Aido è riuscita ad imporre la sua pre-senza nella società portando a conoscenza del prossimo sia le Finalità che le risultantidelle proprie attività ed a convogliare sempre più l’interesse verso la specifica solidarietàdella Donazione di Organi e Tessuti. La trapiantologia degli Ospedali Riuniti di Ber-gamo ha raggiunto livelli di eccellenza anche per il supporto attivo dell’Aido Bergamo eAido Regionale Lombardia, presiedute dal “Tedoforo per Eccellenza” Leonida Pozzi.

Lo stesso mensile “Prevenzione Oggi” è stata una sua intuizione e caparbia realiz-zazione; in pochi a quel tempo davano credito alla sua scelta; gli sono grato per avermichiamato nel lontano ’91 come primo collaboratore sul campo e sostenitore convinto dellafutura e straordinaria impresa editoriale.

Non va dimenticato che tutto questo spendersi per l’Associazione era contemporaneo al-l’impegno di seguire la famiglia, mantenere aggiornata e produttiva la professione, bar-camenarsi al meglio con i problemi di salute, anche difficili, gestire impegni politici,assumere incarichi istituzionali di rilievo: questo testimonia l’unicità della persona. Lo dicocon franchezza, Pozzi è stato veramente un esempio trainante per Iscritti, e non, all’Aido.

Giorgio Brumat, a lui, nel ruolo di collega professionale, devo la conoscenza dell’Aidoe l’iscrizione convinta; dicevo che Giorgio nella sua semplicità coinvolgente non manche-rebbe di mettere una mano sulla spalla dell’Amico e dire “Grazie Leonida per quanto haifatto e stai facendo per l’Associazione, hai raccolto il testimone con eccezionale risultato”.

Mi associo a questo Grazie: è genuina riconoscenza.Con illimitata stima e franca amicizia

Lu cor

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