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Rimarrà sicuramente nella storia scienti-fica e sociale lombarda il successo delConvegno ospitato il mese scorso a Ber-

gamo, relatori i responsabili di tutte le banche deitessuti e delle cellule della Lombardia. Un eventounico nel suo genere, mai avvenuto prima e quindiparticolarmente significativo per noi. Proseguecosì, sostenuto dal vento dell’eccellenza e degli ot-

timi risultati, un anno di manifestazioni e cerimonie con le quali l’Aido in Lombardiaintende celebrare i quarant’anni di attività dell’Associazione dalla fondazione del Dob(1971) divenuto definitivamente Aido nel 1973. Un ampio resoconto di questo conve-gno, stilato a quattro mani, da Paolo Seminati e Clelia Epis, trova spazio in questo nuovonumero di “Prevenzione Oggi”, che ospita anche altri articoli di notevole interesse per inostri affezionatissimi lettori. Mi riferisco in particolare – senza per ciò comunque tra-scurare il valore di tutti gli altri articoli – a quello sull’attività di sensibilizzazione nellescuole e all’intervista ancora al San Matteo di Pavia, dove si stanno utilizzando, per iltrapianto, organi prelevati a cuore fermo.Suggestivo e da non perdere il viaggio nella attività di sensibilizzazione scolastica, al-l’interno di un vero e proprio “incontro” fra i relatori dell’Associazione e il mondo deiragazzi e dei giovani. Con delicatezza e sensibilità, Clelia Epis compone un quadro cheillustra le modalità, i tempi, le tecniche attraverso le quali l'Aido propone ai giovani lariflessione sulla non facile ma stupenda prospettiva della donazione. Ed è bello vederecome il mondo dei giovani risponda sorprendendo per generosità e partecipazione. A Pavia, invece, grazie al colloquio con il direttore sanitario dott. Marco Bosio e con ilcoordinatore ai prelievi e ai trapianti, dott. Paolo Geraci, ci siamo addentrati in un’av-ventura medico scientifica ai confini della responsabilità giuridica. Grazie ad un lavoroaccurato, al perfezionamento e alla valorizzazione delle possibilità insite nella normache attualmente regola il prelievo e il trapianto di organi, è possibile prelevare anche a per-sone che presentano ormai una situazione di cuore fermo. Questo vuol dire ampliare edestendere le possibilità di intervente. Stiamo parlando per ora, per le particolari caratte-ristiche dell’organo e delle tecniche trapiantologiche, del rene. Ma ciò è significativo siaperché la lista d’attesa per il rene è comunque lunga e popolata di persone che da temposoffrono i disagi e le sofferenze connesse alla dialisi; sia perché i successi su questo organopermetteranno di andare oltre, sperimentando magari in un futuro non troppo lontano,anche la possibilità di utilizzare altri organi.Concludo ricordando l’omaggio che l’Aido, attraverso “Prevenzione Oggi”, riserva alcompianto dott. Giuseppe Mosconi, fra i primi iscritti all’Associazione e per ventidueanni presidente del Collegio Regionale dei Probiviri. Un uomo rigoroso con sé e con glialtri, ma capace di proporsi nel ruolo di guida dei probiviri con una grande capacità dicomposizione dei possibili conflitti. Una persona, perciò, che ha fatto il bene dell’Aido eche abbiamo il dovere di onorare valorizzandone l’insegnamento.

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In copertina:«ROSSI D’AUTUNNO»©

foto di Luciano Ravasio - Fotoclub Airuno (Lc)

Tutte le banche dei tessuti e delle cellule della Lombardiahanno relazionato al convegno svoltosi a Bergamo

Editoriale

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In occasione del 40esimo anniversariodel DOB (Donatori Organi Bergamo- divenuto poi Aido) che nasceva nel1971 per volontà di Giorgio Brumat,Bergamo è stata scelta come sede del

prestigioso convegno dal titolo: "Tessutie cellule, dal presente al futuro della ri-cerca e della cura - il sistema lombardo".Sabato 22 ottobre, presso la sala Mo-saico della Borsa Merci, grazie al pre-zioso lavoro delle segreterieorganizzative, nonché alla lungimiranzadel presidente regionale Cav. LeonidaPozzi, è stato possibile riunire sotto lostesso tetto sette delle otto banche deitessuti e delle cellule lombarde per com-prenderne il lavoro, il loro ruolo all'in-terno del sistema di cura lombardo e lenuove frontiere della ricerca. Ad acco-gliere i relatori una sala quasi gremita,dove il "quasi" lascia un po' l'amaro inbocca. Se è vero che paragonati ad altri

convegni si può ritenere la partecipa-zione un successo, in questo caso forse sipuò sottolineare il fatto che molti, all'in-terno dell'Aido, hanno perso un'occa-sione. Si trattava infatti di un appuntamento ri-volto, e questa è un'autentica novità, allagente comune e non agli addetti ai lavori.Davvero e con forza i relatori si sonoprodigati per mettere a conoscenza deipresenti quali sono i meccanismi e le ec-cellenze che ci fanno ben sperare per ilfuturo. Siamo circondati da notizie nefa-ste e preoccupanti, ma in questo caso èemerso quanto di buono ha saputo pro-durre il sistema lombardo fino ad oggi,senza nascondere le difficoltà, ma evi-denziando le concrete aree di positività.Potremmo dire con un realismo quasispiazzante: questa non è la politica dovetutto è giusto o sbagliato a seconda deipunti di vista, questa è la realtà tangibile

TESSUTI E CELLULE, DAL PRESENTE AL FUTURO DELLA RICERCA E DELLA CURAIL SISTEMA LOMBARDO

Bergamo è stata sede delconvegno, organizzatodall’Aido regionale in

collaborazione con il Centro di Riferimento

della RegioneLombardia, e ilCoordinamento

Regionale che ha riunito sette

delle otto banche di tessuti e cellule

presenti sul territorioper presentare il lavoro

fatto e dare risposte

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di un sistema sanitario, formato da lu-minari e da appassionati lavoratori, chetiene alto il nome della Lombardia e del-l'Italia in Europa e nel mondo.Ad ulteriore dimostrazione della validitàdell'iniziativa due moderatori d'ecce-zione: il Dottor Mario Scalamogna delCentro di Riferimento della RegioneLombardia e il Dottor Sergio Vesconi,coordinatore al prelievo e trapianto dellaRegione Lombardia, salutati dal Cav.Pozzi come "amici" oltre che importantirappresentanti delle massime istituzioniper quanto riguarda il sistema trapianti.Una parola che vuole essere il segno diquel legame che si instaura tra realtà epersone che si stimano e collaboranoproficuamente per il bene comune.La giornata è stata articolata in due ses-sioni: la prima ha posto l'accento sullecinque banche dei tessuti: le banchedegli occhi di Monza e Pavia, la bancaP

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MEDICINA DELLA DONAZIONEI NUOVI ORIZZONTI TRA RISULTATI SCIENTIFICI E IMPEGNO CIVILEIntervista ai moderatori Mario Scalamogna e Sergio Vesconi

Lombardia quale luogo d’eccellenza per la raccolta, il recupero, l’utilizzo e la ri-cerca di organi, tessuti e cellule provenienti dalla donazione solidaristica dei cit-tadini. Nella nostra regione hanno sede le maggiori Banche di cellule e tessutiche, per un giorno, nell’ambito del convegno organizzato da Aido Lombardiahanno potuto sedere allo stesso tavolo e confrontarsi dialogando in modo efficacetra loro e con i rappresentanti della società civile.A dialogo con i protagonisti e con i moderatori emergono alcuni punti.L’eccellenza della nostra realtà è frutto del rapporto con il volontariato e con icittadini. Cosa ne pensa?Risponde SSergio Vesconi, Coordinamento Regione Lombardia prelievo/trapianto:“Viviamo in un territorio dove il tasso di opposizione è bassissimo, grazie al la-voro di Aido e di altre associazioni, questo è un vantaggio per tutta la comunità.Il nostro impegno deve arrivare a fare uscire la medicina della donazione da unadimensione straordinaria. La donazione deve diventare un’attività organica, inte-grata, e non eccezionale delle nostre strutture. Per questo la Regione Lombar-dia ha iniziato un’attività periodica di sorveglianza volta a verifiche sui numeri egli standard di qualità ed efficienza in ogni sede. È un’attività che va presidiataal meglio per il suo valore sociale, nonostante i tagli e la carenza di risorse è pos-sibile radicare sempre più queste attività. Ad esempio l’importantissima raccoltadel sangue da cordone ombelicale è effettuata in molti luoghi 24 ore su 24, 7giorni su 7, ma altrove sarebbe già importante svolgerla durante la settimana.L’eccezionalità di realtà avanzate deve essere da stimolo anche per altre a rag-giungere buoni traguardi parziali. La storia ci insegna che molta enfasi è statadata alla donazione degli organi, ma altrettanta importanza va data a quella deitessuti e delle cellule che ci consentono risultati straordinari per la qualità dellavita dei pazienti”.Come conciliare obiettivi e speranze con i tagli al sistema? Molte delle realtà pro-tagoniste del convegno hanno organici per buona parte esterni e supportati dallasocietà civile…Risponde MMario Scalamogna (Centro di Riferimento Regione Lombardia e NITp):“La medicina della donazione è una medicina a tutti gli effetti: il trapianto è l’ul-tima soluzione dopo la cura del malato con altre terapie. Il nostro compito è quellodi riportare le persone rese fragili dalla malattia alla società, al lavoro, alla fami-glia. Il nostro impegno deve andare di pari passo anche al riconoscimento del-l’impegno della società civile e alla comunità dei trapianti che sostengono laricerca e promuovo continuamente la sensibilità alla donazione.Importante è inoltre dare occasione ai ricercatori e ai medici, così come avvenutooggi, di trovare momenti di confronto tra loro e ancor più tra loro e i cittadini”.Cosa emerge da questa giornata di lavori?Risponde GGiuseppe Piccolo (Coordinamento Nitp Milano): “Ho notato che la re-altà dei trapianti si basa su due pilastri: quello molto forte che fa riferimento allapopolazione e quello purtroppo più debole che fa capo alle Aziende ospedaliere.Credo che la spinta della dimensione civile possa aiutarci a migliorare le difficoltàorganizzative dei nostri ospedali facendo spinta su una terza dimensione: quellapensante delle Istituzioni.

dott. Mario Scalamogna

dott. Sergio Vesconi

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dell'osso di Milano, la banca della cute edella terapia tissutale di Milano e labanca dei tessuti cardiovascolari di Mi-lano; la seconda invece ha visto al centrole tre realtà che si occupano di cellule: illaboratorio di terapia cellulare G. Lan-zani di Bergamo e le banche del cordoneombelicale di Milano e Pavia.A fare da apripista alla giornata le auto-rità che hanno portato il saluto e la be-nedizione su questa iniziativa,sottolineando ancora una volta la bontàdel lavoro dell'Aido e di tutti i suoi vo-lontari. Fra queste il sindaco di Ber-gamo Franco Tentorio, il consiglieredella Provincia di Bergamo GiuseppeFerri, e Mons. Alberto Carrara in rap-presentanza del Vescovo di Bergamo.Quindi la giornata si è aperta con il di-scorso del Cav. Leonida Pozzi, presi-dente regionale Aido, il quale nelringraziare i relatori di indiscussa ec-cellenza e i partecipanti, ha sottolineatocome questa giornata, unica nel suo ge-nere, di altissimo livello scientifico, siastata pensata per i volontari dell'Aido,che si dedicano anima e corpo per la dif-fusione della cultura della donazione,che hanno sete di sapienza e voglia diimparare per offrire un servizio mi-gliore.

Ha proseguito quindi ribadendo chequesto convegno, all'interno dei festeg-giamenti per il 40º anniversario dellafondazione del Dob, si configura comel'evento massimo, a coronamento di unastrada di vita associativa che ha coin-volto migliaia di volontari che hannoreso concreta la diffusione della culturadella solidarietà, che hanno fatto moltofino ad ora, ma che non hanno ancoraesaurito il proprio compito. Resta infattiancora una lunga strada da percorrere,ma il patrimonio di credibilità che l'Aidosi è guadagnato in questi anni dive-nendo per legge l'interlocutore privile-giato delle istituzioni ad ogni livello perciò che riguarda la trapiantologia e lacultura della donazione, rende onore allavoro impagabile dei volontari e generaun dovere morale che spinge a fare an-cora di più e meglio.La parola è quindi passata ai due mode-ratori, Il Dottor Scalamogna che si è oc-cupato di gestire la prima parte dei lavoricentrata sui tessuti mentre il Dottor Ve-sconi, è stato l'arbitro della seconda, doveprotagoniste sono state le cellule. Le loro presentazioni sono state ricchedi spunti per la riflessione, ma un ap-punto importante va preso a memoriaper il futuro. Non si è parlato di organi,

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ma è stato ben precisato che cellule e tes-suti non vanno visti come fratelli minori,ma parte integrante di quel sistema dicura che è la "medicina della donazione".Non bisogna vedere il trapianto come lasoluzione ad una malattia, ma tutto vainserito in un programma (di cura ap-punto) che si fonda sulla solidarietà deicittadini e che quindi presuppone un suogrado di coinvolgimento sociale. Ne ri-sulta che, vista nel suo insieme, la medi-cina della donazione non è molto diversada altri tipi di medicine, non è miraco-losa (il dott. Scalamogna ha sottolineatocome sia necessario evitare eccessivitrionfalismi), è parte di un percorso,spesso tortuoso, che coinvolge il malatoanche dopo la fase dell'intervento chi-rurgico. In quest'ottica, anche i tessuti ele cellule acquisiscono importanza e di-vengono parte di un sistema ancora piùcomplesso di cui spesso ci si dimentica olo si sottovaluta.Quindi, come un fiume in piena, le settebanche presenti hanno esposto il loro la-voro e si sono messe al servizio del pub-blico per dipanare i dubbi ed esseretrasparenti.Sono emerse numerose eccellenze sia alivello europeo che mondiale. Il sistemaItalia ad esempio è il primo assoluto, inEuropa, nella raccolta di cornee. Ne ri-sulta un quadro d'insieme che, nono-stante le difficoltà congiunturali delperiodo nel reperire risorse, grazie allalungimiranza, alla buona volontà, al vo-lontariato e in qualche caso anche al so-stegno privato, mantiene livelli diassoluta eccellenza nella nostra Regione.Merita una menzione particolare la cittàdi Bergamo che, grazie al preciso, pun-tuale e appassionato lavoro degli Ospe-dali Riuniti di Bergamo, a detta deirelatori, figura come una delle realtàprincipe nella capacità di raccolta e nellosviluppo delle terapie del trapianto. Unarealtà, quella bergamasca, che ha dimo-strato la capacità di ottenere risultati dilivello mondiale e che quindi funge dastimolo affinché anche altrove si possanoraggiungere gli stessi standard, ren-dendo deboli gli alibi che spesso altre re-altà pongono come limiti alla possibilitàdi sviluppo del sistema di prelievo e

quindi della medicina dei trapianti.In più di una occasione i relatori hannosottolineato come le loro presentazioniavrebbero incontrato ampie aree di si-militudine o ripetizione rispetto alle altrerealtà della mattinata. Questo che aprima vista pare una mancanza di ric-chezza è stato invece uno dei fattori cheha dimostrato al pubblico come ci sianounità d'intenti e di metodologie. All'in-terno di strutture e con persone diffe-renti, le realtà lombarde sono in gradodi esprimere metodi comuni, spesso rag-giunti grazie al confronto, alla speri-mentazione e alla condivisione deirisultati. Una mattinata che ha profuso sensazionipositive e ha confermato la buona qua-lità del sistema sanitario lombardo; sen-sazioni che non si devono tramutare infalse speranze. È importante infatti con-tinuare a promuovere la corretta infor-mazione, come in questo convegno ecome sta cercando di fare PrevenzioneOggi da più di un decennio.

Testo e servizio fotografico diPaolo Seminati

Interviste a cura di Clelia Epis

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Il dott. Marino Campanelli, diret-tore della Banca degli Occhi diMonza, ha presentato una realtà di

eccellenza, un vero fiore all'occhiellodella nostra regione per quantità equalità del lavoro svolto. Lo scopo chemuove l'attività di questa realtà èquello di rendere disponibili dei tes-suti umani per cittadini sofferenti dipatologie oculari gravemente invali-danti. Se teniamo conto che questotipo di patologie colpiscono in preva-lenza giovani e giovanissimi, l'attivitàdella banca acquista ancora maggiorvalore. Per quanto riguarda la raccoltadi cornee l'Italia è di gran lunga ilprimo paese a livello europeo, con untotale annuo che varia tra le 10 e le 12mila unità. La Banca degli Occhi diMonza, all'interno di questo sistema,ha un ruolo di primo piano. Sonomolte le malattie che possono esserecurate da un trapianto di cornea e leprocedure per il prelievo e il manteni-mento sono studiate nei minimi det-tagli. Attraverso una precisa analisidell'evoluzione della banca, si è potutocomprendere quali sono le patologieche possono beneficiare delle cornee,ed è quasi incredibile pensare che cor-nee prelevate da donatori ultrasettan-tenni vengano utilizzate per trapiantisu riceventi molto più giovani. Infatti,se la qualità del tessuto è ottima, nonci sono controindicazioni o perdite diqualità nel trapianto da un soggettopiù vecchio ad uno molto più giovane.

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BANCA DEGLI OCCHI MONZA OSPEDALE SAN GERARDO

Intervista al Direttore Dott. Marino CampanelliPunto d’eccellenza in Italia e in Europa è la Banca degli occhi di Monza che, in-sieme a quella di Pavia, è anche punto di riferimento internazionale.La realtà monzese è attiva dal 1998: “È una struttura regionale situata all’internodell’Ospedale S. Gerardo. Dal 2000 è la prima Banca degli occhi pubblica d’Ita-lia ed è tra il secondo e il quinto posto in Europa. Qui accogliamo cornee che pro-vengono da circa quaranta ospedali lombardi e trentini (vi è infatti un’intesa conla Regione Trentino). Distribuiamo circa mille tessuti all’anno”.Quali le caratteristiche della vostra struttura?: “Monza ha sofisticati strumentitecnologici che consentono di valutare, conservare e distribuire a scopo di tra-pianto, le cornee prelevate da cadavere in diverse strutture ospedaliere o a do-micilio. La Banca degli Occhi di Monza ha permesso di aumentare la disponibilitàdelle cornee per trapianto e di evitare che fossero danneggiate: siamo infatti laprima Banca degli occhi europea ad essere dotata di una clean room che serveper dare la massima sicurezza infettivologica su tessuti e consente ai tecnici dilavorare entro gli standard di qualità imposti dalla Comunità Europea.Tutto va a vantaggio dei riceventi e procede anche nel più alto rispetto dei donatorie dei loro famigliari”.Come è organizzata l’attività di Procurement?: “In Italia vi sono circa 10-12 milacornee raccolte annualmente, mentre in Germania si è a 5-6 mila. Tutto questoè possibile perché grazie all’impegno della società civile e di quello ospedalierooggi vi è una rete tecnologica grazie alla quale è possibile raccogliere in modorapido e completo l’adesione alla donazione. Ogni cornea donata è un bene pre-zioso e oggi riusciamo ad utilizzare anche quelle dei donatori oltre i 75 anni cheammontano a circa il 25-20% annuo. Abbiamo nuove tecnologie grazie alle qualinulla viene sprecato, il futuro è affidato al nostro lavoro e ancor più alla sensibi-lità dei cittadini che già tanto hanno dimostrato di saper fare su questo territo-rio”.

Attività di prelievo nel bacino di utenza 1999Attività di prelievo nel bacino di utenza 1999--20092009Banca degli Occhi

di Monza

Banca degli Occhi

di Monza

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La dottoressa Maristella Faré, di-rigente responsabile, ha presen-tato la Banca dell'Osso di

Milano. Un tessuto che difficilmenteviene accostato alla donazione, eppuresi è potuto apprendere come la dona-zione e quindi il trapianto di ossosvolga, al pari di altre banche di rac-colta, una importante funzione sociale.In questo caso non parliamo di inter-venti salva vita, ma sicuramente sitratta di operazioni che ne possonomigliorare sensibilmente la qualità.Essendo l'osso umano il miglior so-stegno su cui far ricrescere il proprioosso (meglio di materiale sintetico oricavato da animali), ed essendo possi-bile donarlo anche da vivente (il casoprincipe è la donazione della testa delfemore in operazioni di ricostruzionedell'anca), si può intuire come questabanca svolga un ruolo particolare emolto rilevante. I prelievi vengono effettuati sia per es-sere tritati ed utilizzati in polvere perla ricostruzione di parti anatomiche,sia in forma completa ed integra perpoter essere sostituite nei casi di tu-more alle ossa. Non sono poi da omet-tere le raccolte di menischi e tendini,anch'essi utilizzati in operazioni di ri-costruzione. La ricerca poi si sta spin-gendo verso lo studio e la produzionedi matrici ossee demineralizzate, ap-positi sostegni che permettono una ri-crescita dell'osso originario con unminor utilizzo di osso da donatore.P

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BANCA DELL’OSSO MILANO ISTITUTO ORTOPEDICO GAETANO PINI

Intervista alla Dott.ssa Maristella FarèLa Banca dell’Osso, ma anche di qualsiasi tessuto muscolo scheletrico del qualeun paziente possa avere bisogno per un intervento.L’attività della Banca con sede al Gaetano Pini è molto vasta, seppur ancora pococonosciuta, quali le caratteristiche del vostro lavoro?: “Prima di tutto voglio sot-tolineare come la Banca sia un servizio sociale volto al benessere dei cittadini ga-rantisce la sicurezza e la qualità dei tessuti che, seppur non salvano la vita comegli organi, migliorano molto la qualità di vita dei pazienti”.Che tipi di utilizzo hanno i tessuti da voi conservati?: “L’osso è indispensabile inmolti interventi ortopedici, di tipo dentistico, maxillofacciale e neurochirurgico.Noi facciamo da riferimento a tutta la Lombardia e conserviamo circa centotrentatipi di osso che possono essere adatti a tutti gli interventi relativi a traumi, rifa-cimenti di legamenti, interventi di neurochirurgia al cranio e molto altro”.Alcuni dati sulla vostra attività?: “Siamo attivi dal 2003, la nostra equipè è com-posta da cinque persone, ogni anno effettuiamo circa milleseicento trapianti osseie abbiamo in archivio circa duemila tessuti che riceviamo da donatori sia viventiche cadaveri. Come è possibile donare?: “Si può donare al termine della vita, ma per noi sonoimportanti anche le donazioni fatte in vita. Ad esempio risultati straordinari li ot-teniamo lavorando le teste di femore che sono sostituite ai nostri anziani quandosubiscono l’operazione alla testa dell’anca. Quel materiale, che andrebbe gettato,riesce a darci degli ottimi risultati per le ricostruzioni senza problemi d’incompa-tibilità. È quindi importante che per il futuro i cittadini si rendano conto di quantopositivo possa essere il risultato del loro gesto”.

RISULTATI ATTIVITA’ 2004 – 9 mesi 2011RISULTATI ATTIVITA 2004 9 mesi 2011

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2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 9 mesi2011

Prelievi Vivente Prelievi Cadavere Trapianti

TIPOLOGIE TMSTIPOLOGIE TMS UTILIZZATEUTILIZZATE800 695

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La dottoressa Marta Tosca ha il-lustrato il lavoro e i risultatidella propria realtà. Dalla na-

scita ad oggi molte energie sono stateprofuse per fare in modo che i familiarie le strutture ospedaliere fossero ade-guatamente sensibilizzate a questotipo di donazione che riscontrava, finoa qualche anno fa, una serie di resi-stenze. Il timore da parte dei familiariche le lesioni fossero visibili dopo ilprelievo ne scoraggiava l'adesione.Poco a poco, grazie anche alla forma-zione degli operatori, i passi avantisono diventati concreti. Un'esperienzache potrebbe dare suggerimenti ancheal mondo dei trapianti di organi. Inu-tile poi sottolineare quanto questabanca sia importante nel campo delleustioni e delle lesioni cutanee legate adulcere e ferite difficili. Anche in questocaso, oltre alle attività di prelievo, esi-ste un fitto programma di ricerca.Proprio per questo la banca è parte diun consorzio che lavora su una pro-teina della seta per la produzione di"scaffold" (letteralmente significa im-palcatura) che permetta la crescitadelle colture di pelle e l'impianto sulmuscolo del pazienze limitando la di-spersione delle cellule. Tra le sue com-petenze, negli ultimi anni è statointrodotto il trapianto di isole pan-creatiche per la cura dei pazienti condiabete di tipo 1. Tutto questo graziealla collaborazione scientifica con Dia-betes Research Institute Foundation.

BANCA DELLA CUTE E TERAPIA TISSUTALE MILANO OSPEDALE NIGUARDA

Intervista alla Dott.ssa Marta Cecilia ToscaLa Banca della pelle con sede al Niguarda è il più grande centro italiano ad altasicurezza biologica in cui vengono svolte attività di ingegneria tissutale: coltiva-zione di cute e cartilagine e crioconservazione dei tessuti.Quali le tappe del vostro percorso?: “Abbiamo una lunga tradizione e nasciamocome struttura a supporto del Centro Grandi Ustionati e il passaggio a Banca èpiù recente.È in questo centro che, nel 1990, sono state prodotte in Italia le prime cellule sta-minali adulte della pelle. Queste tecniche hanno radicalmente cambiato la tera-pia delle ustioni, permettendo di salvare la vita a centinaia di pazienti con ustioniriguardanti anche il 90% del corpo e che, poco meno di trent'anni fa, sarebberomorti a causa delle infezioni sopraggiunte. Di cosa vi occupate?: “La cell factory della banca produce cute e cartilagine inqualità e sicurezza. L'ingegnerizzazione di un tessuto rientra nelle Terapie Avan-zate, per cui tutte le procedure seguono rigidi standard di alta sicurezza biologicain conformità alla Direttiva Europea. In una prima fase la Banca si occupava diderma ed epidermide, oggi la ricerca va avanti e seguiamo anche l’attività le-gata all’ingegneria tissutale sia per la produzione in laboratorio di derma che dialtri tessuti”.Come è cresciuta l’attività?: “Tutto grazie ai donatori e nel 2010 è stato possi-bile realizzare ben 173 trapianti, tutto grazie alla sensibilità delle famiglie chehanno accolto il messaggio degli operatori opportunamente formati e preparati.Quali i nuovi fronti della ricerca?: “Tra i vari studi condotti in laboratorio, vi è quelloche riguarda le cellule delle isole pancreatiche per alcuni casi particolarmentegravi di diabete di tipo 1. La nostra equipè è composta da meno di dieci personetra medici e biologi, solo due direttamente dipendenti dall’Ospedale. La voglia disviluppare idee innovative e ottenere risultati in laboratorio che un giorno sa-ranno fruibili dai pazienti è grande, ma la lotta contro la carenza d’organico chedeve comunque garantire la qualità è sempre più gravosa.

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Prelievi 30 91 23 27 60 92

Trapianti 18 71 3 39 36 173

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Una banca più piccola rispetto allealtre, nasce nel 1993 ad uso esclu-sivo del Monzino. Già l'anno suc-

cessivo entra nel gruppo collaborativo delNord Italia Transplant e l’attività vieneampliata sia per tipologia dei tessuti pro-cessati sia per numero delle strutture chene possono usufruire. La struttura si oc-cupa del prelievo, della processazione edella distribuzione di materiale cardiova-scolare. La struttura è suddivisa in tremacroaree: l'area tecnica organizzativa,quella medica di prelievo e la più recentearea di ricerca, introdotta lo scorso anno.La banca viene interpellata ed esce per ilprelievo nei casi di donazione nei quali ilcuore non sia ritenuto idoneo per il tra-pianto. I tessuti prelevati vendono pro-cessati in camera sterile e preparati evalutati. Il processo di conservazione cheavviene per congelamento si attiva soloper il materiale eccellente: solo valvole diclasse 5 (la migliore) e poche di classe 4che, vista la scarsità, servono per gestirele emergenze. Per i vasi invece si conser-vano solo quelli di classe 3 (i migliori) equalche 2. L'evolversi delle tecniche chi-rurgiche hanno fatto si che negli annicambiassero anche le esigenze delle strut-ture ospedaliere: l'attenzione della bancaè anche quella di seguire queste necessità.La ricerca si è concentrata per anni suimetodi di conservazione, mentre il futuroè quello dell'ingegneria genetica al fine diprodurre materiali che possano esseresede di colture di cellule da impiantarenelle valvole malate del ricevente.

BANCA DEI TESSUTI CARDIOVASCOLARI MILANO CENTRO CARDIOLOGICO MONZINO

Intervista ad Anna GuarinoQuando inizia la storia della Banca?: “Più di vent’anni fa e avrebbe dovuto esserefunzionale solo alla nostra sede, ma ci si è resi subito conto che le necessità ter-ritoriali erano molto più estese e siamo diventati il punto di riferimento per Milanoe per la Lombardia”Cosa significa banking?: “Per banking cardiovascolare si intende l’insieme deiprocessi che vanno dal reperimento alla preparazione, conservazione, valuta-zione e certificazione di idoneità all’impianto e distribuzione di tessuti provenientida donatori multiorgano o cadavere”Quali i compiti della vostra Banca?: “Ci occupiamo di garantire la qualità dei tes-suti cardiaci e vascolari dal momento del prelievo fino al momento in cui vengonoutilizzati. La Banca riceve i tessuti cardiovascolari direttamente dai centri sede diprelievo, ne valuta la qualità e li lavora al fine di distribuirli certificati per l’uso cli-nico secondo criteri di assegnazione predefiniti”.Quali gli sviluppi futuri?: “Abbiamo iniziato occupandoci dei tessuti e delle valvolecardiovascolari, ma oggi grazie a nuovi progetti stiamo sviluppando soluzioni le-gate all’ingegneria tissutale e alla riproduzione in laboratorio di determinate com-ponenti”.

Il dott. Giuseppe Locatelli, affermato chirurgo di livello interna-zionale, ora in pensione, creatore della Divisione di Chirugia Pe-diatrica degli Ospedali Riuniti di Bergamo che ha raggiunto livelliinternazionali e di cui resta tuttora un consulente, ha partecipatoai lavori del congresso e, plaudendo alla bontà dell’iniziativa, èintervenuto con interesse chiedendo informazioni e delucida-zioni alla dott.ssa Anna Guarino (di schiena in primo piano) sul-l’attività del Centro Cardiologico Monzino di Milano.

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Il dott. Martino Introna è il direttoredel centro G. Lanzani di Bergamo:"Siamo la prima ematologia in italia,

impensabile fino a qualche anno fa. Gra-zie a tutta la generosità di Bergamo". Conorgoglio conduce la platea all'interno deldelicato mondo delle cellule staminali,precisando che in molti casi l'informa-zione resa al pubblico è carente e lasciaadito a false speranze. L'idea di trasferirele cellule staminali per reintegrare il san-gue è nata nei primi anni novanta dallapaura per le radiazioni atomiche che uc-cidono le cellule. Da allora la ricerca hacercato di dare risposte e dagli insuccessiè passata a risultati incoraggianti, almenoper quanto riguarda il sangue e la curadella leucemia grazie al trapianto di mi-dollo. Al centro c'è la compatibilità gene-tica. L'aumentato numero di donatori fa siche il 50% dei malati trovi il donatorecompatibile in sei mesi. Per chi non ci rie-sce l'aspettativa di vita si attesta tra i seimesi e l'anno. La procedura per entrareed essere censiti nella banca ora è moltosemplice e si può fare con un sempliceprelievo di sangue. Esiste poi tutto ilmondo delle cellule staminali ricavate dalcordone ombelicale, che finalmente oggiè possibile conservare ed utilizzare per itrapianti di midollo. Essendo formato dacellule giovani, quelle del cordone ombe-licale sono staminali molto potenti. Il tra-pianto con cellule da cordone è in forteaumento e si avvicina ai numeri del tra-pianto tradizionale, il che fa pensare adun superamento nello stretto futuro.

LABORATORIO TERAPIA CELLULARE BERGAMO «G. LANZANI»

Intervista al responsabile dott. Martino IntronaBergamo leader in Italia per la cura delle malattie ematologiche: tutto questo èpossibile grazie al Laboratorio di terapia cellulare “G.Lanzani” frutto della colla-borazione tra l’Azienda Ospedaliera e la società civile che, da anni, sostiene conimpegno concreto e continuo il lavoro di medici e ricercatori.Quale il ruolo dei volontari a fianco della vostra attività?: “È fondamentale. Il no-stro gruppo di medici e ricercatori-biologi fa riferimento al Reparto di Ematolo-gia degli Ospedali Riuniti di Bergamo, ma solo una parte di noi è direttamentedipendente dall’Azienda Ospedaliera, i più lavorano con noi ogni giorno grazie alsostegno delle risorse che ci offre l’Associazione AIL Paolo Belli e a grant di ri-cerca straordinari che riusciamo a reperire. Senza questi sostegni straordinarinon potremmo essere il punto di riferimento in Italia per risultati e accoglienza.Quale il lavoro svolto? “Produciamo tutte le cellule staminali necessarie per i tra-pianti dovuti a Leucemia che si effettuano agli Ospedali Riuniti: prepariamo lecellule, le purifichiamo, le conserviamo, le caratterizziamo e poi le “mandiamo”in fase di trapianto. Siamo il primo centro in Italia di ematologia per trapianti al-logeni. A Bergamo si trattano circa cinquanta malati l’anno e abbiamo un archi-vio pari a 2-3000 possibilità di trapianto. Nel dettaglio il laboratorio è compostoda un’area dedicata alla Produzione di Prodotti di Terapia cellulare somatica (inGMP), che prevede la espansione in vitro e preparazione di cellule per programmisperimentali di terapia cellulare; da un’area dedicata alla Processazione delleCellule Staminali Emopoietiche che svolge attività di congelamento, purificazionedi cellule ematopoietiche nell’ambito del Programma Trapianto dell’USC Emato-logia; da un’area dedicata alla Ricerca e Sviluppo che svolge attività di ricercasperimentale per la caratterizzazione e lo sviluppo di nuovi farmaci convenzionalie/o di nuove terapie cellulari o biologiche nell'ambito dell'onco-ematologia”.Quale lo spirito che guida il vostro lavoro? “Ogni ricercatore deve sempre esserechiaro spiegando al meglio quello che fa: è una questione democratica e di ren-dicontazione anche alla generosità di chi ci sostiene e crede nella ricerca. Il no-stro è un lavoro che per procedere di pochi passi ha bisogno di molto tempo eogni giorno ci misuriamo con sconfitte, ma la nostra serietà e l’aiuto della societàcivile ci hanno fatto raggiungere traguardi d’eccellenza che vogliamo continuarea migliorare”.

Transplants by diagnoses

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Il prof. Paolo Rebulla, della banca delsangue placentare e cordone ombe-licale ha presentato la realtà della

sede di Milano. Un'attività introdotta inItalia nel 1993 dal Dr. Girolamo Sirchiache oggi, nel mondo, un centinaio dibanche esercitano per censire le carat-teristiche genetiche e conservare i cam-pioni da distribuire poi per la donazione.Il congelamento avviene con vapori diazoto a -150 gradi ed il limite di con-servazione si sposta sempre di più: inCile è stata utilizzata con successo unadonazione di 17 anni fa e in un altrocaso si è arrivati a 23 anni. Il processo diconservazione è molto costoso e impe-gna notevoli risorse economiche, ma lepreoccupazioni per le spese sono miti-gate dalla sempre maggiore importanzaacquisita dai trapianti di midollo che av-vengono con il sangue del cordone.Questo è talmente "buono" da poterpermettere trapianti con parziale in-compatibilità. La strada da percorrere èancora lunga: l'ampliamento del data-base mondiale è sicuramente la prioritàassoluta, un lavoro immane nel quale leostetriche svolgono un servizio impa-gabile e impagato. Non si è riusciti in-fatti a trovare un incentivo. La solaraccolta dei dati per una mamma chedona prevede la compilazione di una de-cina di pagine, che deve avvenire con as-soluta completezza e precisione, perchécontiene le informazioni necessarie, ma-gari dopo un decennio, per la buona riu-scita del trapianto.

BANCA DEL SANGUE DA CORDONE OMBELICALE MILANO OSPEDALE MAGGIORE

Intervista al prof. Paolo RebullaLa Banca Regionale del sangue da cordone ombelicale con le due sedi di Milanoe Pavia rappresenta un centro d’eccellenza nel settore a livello europeo e mon-diale.Nelle due sedi si trova l’inventario lombardo delle donazioni in materia, così comeci spiega Paolo Rebulla responsabile della sede milanese : “Abbiamo circa 40.000donazioni annue sul nostro territorio e circa 15.000 (un terzo) vengono bancateperché idonee ad essere conservate in vista di un trapianto emopoietico. Questodipende dalla storia clinica della madre, dalle condizioni e dalla grandezza delbimbo e da altri fattori.È importante dire, però, che anche le donazioni non bancate sono comunque utilialla comunità e utilizzate per altri settori di ricerca. Tra le ultime conquiste, pro-prio grazie alla possibilità di usare staminali dal sangue del cordone ombelicale,è stato ricavato un gel piastrinico importantissimo per la cura delle piaghe ed inparticolare delle piaghe da decupito”.Quale la situazione italiana?: “In Italia vi sono altre sedici Banche e nel complessosi riescono a bancare circa 30.000 donazioni all’anno. Milano e Pavia sono ipunti più alti sul territorio nazionale, ma tutti dobbiamo migliorare ancora. Il fab-bisogno stimato è di due terzi maggiore e anche il nostro Paese insieme a tuttoil mondo dovrà fare la sua parte per migliorare. È importante dire che le due sedilombarde sono le uniche certificate a livello internazionale: far parte della retemondiale significa poter collegare tutti gli archivi e trovare la migliore soluzioneper ogni paziente. Nello specifico la Milano Cord Blood Bank è membro della reteinternazionale ‘Netcord’ ed è accreditata dalla ‘Foundation for the Accreditationof Cellular Therapy.Fino a poche generazioni fa gli italiani emigravano nel resto del mondo, non èdunque scontato che il miglior donatore per un italiano di oggi sia proprio in Ita-lia. Oggi circa il 50% dei donatori è trovato nel resto del mondo: diventa quindichiaro perché sia importantissimo ampliare la rete solidaristica. Bisogna spie-gare come non sia giusto cedere alla tentazione della conservazione autologaalimentata da enti commerciali che convincono le mamme a non perdere l’oc-casione della vita conservando, dietro forte pagamento, il sangue del cordoneombelicale per il proprio bambino. Tutto questo non ha fondamento scientificomentre la condivisione di quanto oggi disponibile sta portando a risultati impor-tantissimi e, nel caso vi fosse la sfortunata necessità di un ricorso alle staminaliper il proprio caso, vi sarebbe la possibilità di trovarle perfettamente conservatenel midollo osseo ”.Come è possibile donare?: “È molto semplice. Ogni mamma durante la gravi-danza, ma in alcuni casi anche in sala parto, può decidere di donare esprimendoil consenso. Tutti i dati sono raccolti con estrema cura in un questionario di circadieci pagine: è necessario perché la conservazione delle sacche oggi arriva finoa vent’anni e nulla può risultare incompleto a distanza di tanto tempo. Per que-sto abbiamo formato centinaia di ostetriche. Un esempio concreto è dato da unadelle ultime donazioni: proprio in questi giorni abbiamo inviato in Cile una saccacontenente materiale donato diciassette anni fa.In Lombardia la raccolta viene effettuata in molte sale parto delle quali trentasettefanno capo a Milano, che fa da referente a più della metà della regione. Il puntod’eccellenza è Bergamo che è ai vertici della raccolta e dove la missione solida-ristica della donazione è stata compresa dai cittadini”.

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La dottoressa Laura Salvaneschiha presentato il lavoro dellasede di Pavia della banca del

cordone ombelicale. Il gruppo cheopera all'interno del Policlinico SanMatteo è da considerarsi una se-conda sede rispetto al gruppo di Mi-lano. La banca nasce a cavallo tra il1996 e il 1997, più piccola rispettoalla sede di Milano. L'attività peròinizia qualche anno dopo, nel 2003, acausa di un periodo di accredita-mento molto lungo. Ora lavora apieno regime e trova riscontro posi-tivo grazie ad una buona risposta alledonazioni anche da parte di clinicheprivate. Si cerca di ampliare il piùpossibile la tipizzazione, anche attra-verso un programma apposito perdonatrici non italiane. Si spera infattidi rendere la banca il più possibilemultietnica, al fine di favorire la ri-cerca e l'acquisizione di quelle tipo-logie genetiche ancora mancanti. Cisono zone del mondo come l'Africa eil Sudamerica dove non ci sono ban-che e quindi non si raccolgono cam-pioni. Vengono a mancare quindialcune tipologie genetiche che pos-sono essere importanti anche per glialtri continenti. Spesso infatti i tra-pianti compatibili si trovano in sog-getti appartenenti a razze diverse oin località molto distanti tra loro, inquanto negli anni i geni si sono di-stribuiti in luoghi impensabili anchegrazie alle migrazioni.

BANCA DEL CORDONE OMBELICALE PAVIA IRCCS POLICLINICO SAN MATTEO

Intervista alla Direttrice Dott.ssa Laura SalvaneschiInsieme a Milano quella di Pavia è la Banca del sangue da cordone ombelicaleleader in Italia, ma all’inizio del suo intervento la direttrice Laura Salvaneschi cisorprende con una rriflessione di natura sociale e non medica: “Oggi ci stiamo av-viando verso una dimensione globale, verso un unico fine chiamato donazione invirtù di un principio di solidarietà condiviso. Il rapporto con le Organizzazioni diVolontariato verso questa dimensione di generosità e altruismo evoluti è l’obiet-tivo di tutti noi, per riuscirci è importante qualificare sempre più il ruolo del do-natore”.La vostra storia e quella di Milano ha origini lontane, ci aiuta a capire?: “Il primotrapianto di sangue da cordone ombelicale all’estero risale al 1988, da quel mo-mento è iniziata l’attività di bancaggio a -150° con lo studio e la conoscenza deiprivilegi immunologici che provengono da trapianti di questo tipo”.Quali i vantaggi?: “Il sangue da Cordone ombelicale ha una bassa contaminazionevirale, ha una pronta disponibilità anche per i non consanguinei perché già con-servato in banca, ha una maggiore variabilità genetica, ha una maggiore sicurezzaper il donatore, ha una facilità di raccolta”.Quali gli svantaggi?: “Ad esempio ha una dose cellulare inferiore rispetto ad altrefonti”.Quali le caratteristiche della raccolta a Pavia?: “Ci occupiamo della raccolta e poidella conservazione del materiale in provincia di Pavia e in buona parte dellabassa Lombardia sia per gli Ospedali pubblici che per le Cliniche Private. Ab-biamo una grande collaborazione da parte sia delle mamme, sono pochissimequelle che scelgono la conservazione autologa che non ha fondamento scienti-fico, che delle ostetriche che s’impegnano con un lavoro continuo”.Quali i punti di continuità con Milano? “Collaboriamo a ricerche come quella delgel piastrinico che sta ottenendo risultati importantissimi”.Quali le differenze?: “Siamo uniti da un filo di condivisione fondamentale. Tra ledifferenze posso citare un progetto sperimentale grazie al quale (in riferimento adun accordo Stato-Regioni del 2001) è stato possibile definire l’idoneità dellamamma tramite la collaborazione dei centri trasfusionali degli ospedali e le saleparto. Ad ogni reparto è spettato un compito specifico e questo ha reso la rac-colta ancora più rapida ed efficace.

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Dati 2010 – Raccolte solidaristiche

Ostetricia N. U. raccolte

N. parti/anno * U. raccolte

/N.Cesareo Naturale Totale /N. parti (%)

Cesareo Naturale Totale

Fondazione IRCCS 578 635 1136 1 771 32 66Fondazione IRCCS Pavia

578 635 1136 1.771 32,66

Voghera 123 260 443 703 17,4Broni-Stradella 93 192 325 517 17,9Vigevano 36 276 378 654 5,5Ist Clinica Città di 107 232 189 421 25 45 4Ist. Clinica Città di Pavia

107 232 189 421 25,45,4

Lodi 84 378 1.039 1.417 5,9Codogno 72 291 394 685 10,5Vigevano Beato Matteo

163 250 283 533 30,5MatteoMantova 148 250 283 533 7,8

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Insieme con il prof. Mario Viganò, dicui abbiamo pubblicato l’ampia in-tervista nel numero precedente diPrevenzione Oggi (ottobre 2011),nel nostro viaggio al Policlinico di

Pavia, abbiamo incontrato anche il dott.Paolo Geraci, coordinatore provincialeal prelievo e al trapianto di organi e ildirettore sanitario della importantestruttura ospedaliera pavese, il dott.Marco Bosio.Con il dott. Geraci cerchiamo di ap-profondire la tematica del prelievo acuore fermo; una tecnica all’avanguar-dia che potrebbe aprire (anzi, siamocerti, aprirà) in Italia nuovi fondamen-tali scenari nella medicina e nella chi-rurgia dei trapianti. Prima del collo-quio con il dott. Geraci siamo peròaccolti dal dott. Bosio, direttore sanita-rio aziendale, che ci dà il benvenuto e ciintroduce alla conoscenza dell’incredi-bile realtà, eccellenza nelle eccellenze,

del Policlinico San Matteo di Pavia.Il dott. Bosio parte proprio dallo svi-luppo delle tecniche del prelievo a cuorefermo.BOSIO: Vorrei fare una premessa.Sono ormai alcuni anni che ci stiamoimpegnando su questo fronte, che è di-ventato una via di possibile concretosviluppo dell’attività di donazione e tra-pianto di organi. Però va detto che peripotizzare, sviluppare e rendere opera-tiva un'attività come questa bisognamettere in campo una serie di compe-tenze tecniche e organizzative non in-differenti. Alle quali aggiungere la ca-pacità di dedicarsi di tutto il personale,a prescindere dagli orari, andando oltretutto quello che è un po' l'attività ordi-naria. È un mix di componenti moltocomplesso dal punto di vista organiz-zativo perché coinvolge tantissime pro-fessionalità che vanno dal territorio al-l'ospedale, dal mondo sociale a quello

AL SAN MATTEO DI PAVIASuperata la barriera

del prelievo a cuore fermo

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sanitario. Il nostro protocollo, frutto della colla-borazione tra il dott. Geraci e il prof.Giampaolo Azzoni, giurista della Uni-versità di Pavia e membro del ComitatoEtico della nostra Fondazione, è statoda loro presentato al Comitato Nazio-nale per la Bioetica in un'audizione didue anni fa in cui erano presenti ancheil dott. Alessandro Nanni Costa, diret-tore del Centro Nazionale Trapianti eil dott. Francesco Procaccio, qualiesperti nel campo della morte encefa-lica. Ed è stato validato e accettato dalComitato Nazionale per la Bioeticacome protocollo di riferimento nazio-nale. Mi sento di affermare che ciò cheha consentito di raggiungere l’obiet-tivo, primi in Italia, è stata la straordi-naria combinazione di due fattori: una

buona organizzazione e l’accordo trapersone molto affiatate. Questa situa-zione ha creato un gruppo molto bellodi cui lo stesso direttore sanitario èchiaramente partecipe perché, anche senon si mette il camice e i guanti, forni-sce, con sincerità e attenzione, il soste-gno della direzione. Noi sappiamo che quello che facciamo ècondiviso perché elaborato insieme ed è,possiamo dire, l'attività di un ospedaleintero. Ritengo importante valorizzarequesto aspetto tecnico fondamentale;non si fa niente senza la dedizione, la ca-pacità di “donarsi”, di fare sacrifici, dellepersone che seguono un particolareprogetto. Possiamo avere organizza-zione, risorse economiche e tanto al-tro, ma poi sono sempre i singoli chefanno la differenza. Il nostro progettosul prelievo a cuore fermo è così com-plesso che deve essere seguito, monito-rato, sostenuto. Così si ottengono ri-sultati di prestigio a livello nazionale einternazionale. Altrimenti staremmoqui semplicemente a copiare e appli-care quello che esperienze più avanzateci possono consegnare. Invece il Poli-clinico San Matteo può contare su per-sone di altissimo profilo professionaleed etico. Un patrimonio che è nostrocompito mettere al servizio di tutta lacomunità.GERACI: Tenevo molto che fosse quicon noi oggi il nostro Direttore sanita-rio perché tutte le attività che riguar-dano la donazione e i trapianti di organie di tessuti riguardano l’intero ospe-dale nel suo complesso. Mi spiego: se unospedale non funziona o funziona pocobene non si può permettere il lusso dipensare ai trapianti, e tantomeno alledonazioni. Un progetto come quello delprelievo e del trapianto di organi dadonatore a cuore fermo coinvolge real-mente tutto l'ospedale perché impe-gna e interessa tantissime persone avario titolo. Per questo motivo dovreb-bero essere qui con me oggi anche molticolleghi che hanno condiviso e condi-vidono il percorso. Mi sembra giusto ci-tarli uno per uno, per l’apporto fonda-mentale che ciascuno di loro ha dato econtinua a dare. In primis, l’amico dott.

Dott. Marco Bosio

Dott. Paolo Geraci

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Massimo Abelli, chirurgo responsa-bile del Centro Trapianti di rene, cheprimo tra tutti condivise con me il so-gno e poi il progetto del “cuore fermo”.La dottoressa Elena Ticozzelli, giovanechirurga che ha riversato e riversa il suoentusiasmo giovanile travolgendo conle sue tumultuose iniziative e trasci-nando tutti noi in una accelerazionetalvolta necessaria per vincere certeinerzie inevitabili. Anche il dott. Mau-rizio Raimondi, con tutti i suoi colla-boratori dell’AREU 118, che capì ilruolo fondamentale del suo Servizio inun progetto del genere, che richiedeuna forte integrazione della rete ospe-dale-territorio; senza di lui non sarebbepossibile intercettare le occasioni di do-nazione e, grazie alla elevata qualitàdelle cure pre-ospedaliere e alla conse-guente fiducia delle famiglie conqui-stata dall’équipe di soccorso, in caso diinsuccesso, proporre la donazione. Eancora il caro dottor Carlo Pellegrini,cardiochirurgo responsabile della strut-tura ECMO, circolazione extracorpo-rea, sempre presente al momento giustoe nel modo più appropriato. AntonellaDegani, “capa” del formidabile gruppodei perfusionisti, indispensabili nel per-corso di cura dei pazienti, prima e dopoche possano eventualmente diventaredonatori. E i chirurghi vascolari che cihanno aiutato nelle prime fasi del pro-getto; i medici e i tecnici dei laboratoriche ci forniscono in tempi incredibili irisultati delle analisi necessarie per pro-seguire il trattamento, senza i quali po-trebbe non avere senso allertare un si-stema assai impegnativo e dispendioso.E anche i medici e gli infermieri delPronto Soccorso e i medici e i tecnici diAnatomia Patologica, guidati fino a po-chi anni fa dal professor Umberto Ma-grini e ora dal prof. Marco Paulli, amicie colleghi che lavorano dietro le quintee che hanno ben capito come in questoprogetto il loro intervento assume i ca-ratteri dell’urgenza clinica ed è un pas-saggio determinante per il risultato deitrapianti. Gli infermieri e i loro coordi-natori e tutto il Sitra perché loro è ilmerito di “fare le cose” nei tempi e neimodi giusti. E per ultimo, last but not le-

ast, il prof. Antonio Dal Canton, nefro-logo, oggi Preside della Facoltà di Me-dicina, con i suoi collaboratori: di lui ri-cordo le emozionanti discussioninotturne intorno al microscopio e aipreparati istologici dei reni prelevati,le ansie e le preoccupazioni, ma soprat-tutto la tranquillità di aver preso la de-cisione giusta e la gioia di averne con-statato il risultato dopo il trapianto. Ma, detto questo, se non ci fosse statauna figura come il nostro attuale Di-rettore sanitario che ci ha creduto, ci hadato fiducia e sostenuto in questa scom-messa che all’inizio poteva sembrareun po' folle, forse oggi non saremmo quia parlarne. Precisiamo subito che il prelievo di or-gani da donatori a cuore fermo è un'at-tività molto diffusa nel mondo e cheanzi, prima degli anni Settanta, eral’unica possibilità di prelievo da cada-vere in quanto non era ancora stato ac-cettato il concetto di morte encefalicache avrebbe portato alla comparsa deicosiddetti donatori di organi a cuorebattente. Oggi è invece una possibilitàaggiuntiva per contribuire alla solu-zione della carenza di organi per i pa-zienti in attesa di un trapianto.Questo tipo di prelievo è molto diffusonegli Stati Uniti d’America, ma anche inEuropa, in Spagna, in Inghilterra, inBelgio, in Olanda, in Francia, e un po’anche in Svizzera. In Italia non era maistato immaginato semplicemente per-ché la legislazione italiana in vigoreignora questo tipo di possibilità; non laesclude né tantomeno la proibisce, masemplicemente non ne tiene conto, inquanto è stata scritta considerando, dauna parte, la donazione di organi acuore battente e, dall’altra, quella ditessuti, per esempio le cornee, a cuorefermo, cioè dopo l’arresto del cuore. La nostra legge prevede che, per poteraccertare la morte di un soggetto con ilcuore che si è fermato, si deve regi-strare un tracciato elettrocardiograficoche dimostri l’assenza di attività car-diaca per almeno 20 minuti. Questotempo è infatti ritenuto ampiamentesufficiente per determinare la distru-zione completa e irreversibile dell’en-

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cefalo, la cui funzione è l’unico elementoche determina la vita fino al momentodella sua cessazione “completa e irre-versibile” che coincide con la morte.L’Italia è l’unico paese in cui sono ri-chiesti così tanti minuti per poter di-chiarare morto un soggetto dopo l’ar-resto del cuore; negli altri paesi delmondo si va dai 2 ai 5, ai 10 minuti almassimo. Questi 20 minuti hanno sem-pre spaventato la comunità scientificaitaliana che li ha ritenuti incompatibilicon una buona preservazione degli or-gani: in questo periodo di tempo infattigli organi non ricevono sangue e ossi-geno, quindi subiscono i danni della co-siddetta ischemia. I tempi di ischemia sopportati da al-cuni organi, quali i reni, sono superioria 20 minuti, potendo raggiungere – se-condo quanto descritto nella lettera-tura scientifica – i 40 minuti. Dallo stu-dio della letteratura internazionaleabbiamo ricavato la convinzione che,con una buona organizzazione e unaottimizzazione dei tempi, si possano ot-tenere reni idonei al trapianto. Uno stu-dio di fattibilità ci ha confortato sullapossibilità di attuare il programma nelnostro ospedale.Abbiamo quindi deciso di elaborare unprotocollo improntato al rispetto asso-luto, della legislazione vigente, da unpunto di vista sia giuridico sia etico.Per questo abbiamo coinvolto, sin dal-l'inizio, un giurista, il prof. GiampaoloAzzoni, docente di Biodiritto presso lanostra Università e membro del comi-tato etico del San Matteo. Azzoni si èmolto appassionato all’argomento e hadato un contributo molto rilevante aldisegno del protocollo. La Direzionesanitaria ha condiviso ogni fase del pro-getto e lo ha appoggiato nella consape-volezza che nulla è stato sottovalutatoda un punto di vista anche formale, ol-tre che tecnico e pratico. Abbiamo chia-mato il nostro programma e il proto-collo operativo ad esso connesso“Programma Alba” anche per eviden-ziare come dal tramonto di una vita siapossibile trovare l’alba per una o più al-tre vite. Mi piace ricordare che il nomeè stato suggerito da un caro amico, il

professor Amedeo Giovanni Conte,professore emerito di Filosofia del Di-ritto all’Università di Pavia e Accade-mico dei Lincei.Prima di partire ci siamo confrontaticon i colleghi spagnoli di Barcellona edi Madrid che hanno la casistica piùricca al mondo di prelievi da donatori acuore fermo “non controllati” e lavo-rano in un contesto culturale simile alnostro. Con Barcellona abbiamo stabi-lito un forte legame di collaborazionesia per gli aspetti organizzativi sia perle competenze tecniche e chirurgiche. Ilnostro protocollo consiste in un adat-tamento alla nostra realtà dell’espe-rienza catalana. Al momento abbiamo raggiunto qual-che risultato incoraggiante anche se inostri numeri non sono ancora para-gonabili a quelli di Barcellona. Ma die-tro ai numeri sappiamo che ci sono per-sone che hanno potuto liberarsi delladialisi; e sono una decina e stanno bene:senza il nostro programma, probabil-mente, sarebbero ancora in attesa di unorgano. I nostri primi risultati sono importantiperché ci hanno dimostrato che il pro-getto è realizzabile e che gli organi pre-levati secondo la tecnica del nostro pro-tocollo sono utilizzabili e possonofunzionare benissimo. Insomma, reali-sticamente, con tutte le attenzioni for-mali e pratiche, questi organi possonoessere prelevati, valutati e trapiantaticon successo. La massima attenzione è ovviamenterivolta a non procurare danni ai rice-venti e a garantire loro la massima si-curezza. Naturalmente i pazienti in li-sta d’attesa devono essere informatipreventivamente e accettare il trapiantodi organi di questo tipo. Prima del tra-pianto dobbiamo essere sicuri – perquanto umanamente e tecnicamentepossibile – che gli organi siano in gradodi funzionare bene; almeno quantoquelli prelevati da donatori, diciamo,convenzionali, cioè quelli a cuore bat-tente.POZZI: Una scelta molto interes-sante, la vostra. Quindi nessun inter-vento legislativo ma una più attenta e

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coraggiosa valutazione delle norme esi-stenti. Una valutazione finalizzata afare il bene delle persone in lista d’at-tesa senza però forzare lo spirito dellalegge ma interpretandola alla luce delmandato che la stessa si dava.GERACI: La frase corrente tra i col-leghi in Italia sino a prima del nostrotentativo era: “Questa cosa non si puòfare se prima non si cambia la legge”.Effettivamente sappiamo che in Spa-gna esiste una legge ad hoc per questotipo di attività. Ma il cambiamento dellalegge è inimmaginabile in tempi com-patibili con il nostro percorso profes-sionale e soprattutto con le attuali po-tenzialità del sistema sanitario di Pavia,eccellente per strutture, persone e pre-disposizione all’innovazione. Quindinella convinzione di avere alle spalle unOspedale e una Università “potenti”,abbiamo scelto una strada diversa datracciare insieme, medici e giuristi: co-struire un protocollo operativo basatosu un impianto teorico forte e inattac-cabile, perfettamente coerente con lalegge e con i princìpi etici che ci ispi-rano. Un protocollo che, senza cam-biare la legge e senza intaccare alcunprincipio etico, consentisse di arrivarea un risultato che altrove è già statoraggiunto, anche grazie a facilitazionidi legge. La nostra legge prevede che ladonazione degli organi sia possibile intutte le circostanze purché siano salva-guardati alcuni principi fondamentaliche sono il rispetto della volontà delsoggetto e l’accertamento della morte.In pratica, quando un soggetto haespresso - direttamente in vita o tra-mite la testimonianza dei suoi familiario degli aventi diritto - la propria vo-lontà di donare, e quando costui è ine-quivocabilmente morto, in quanto lasua morte è stata accertata secondo icriteri di legge, il prelievo è sicura-mente possibile. Dico di più: è precisodovere dei sanitari fornire tutti gli stru-menti tecnici e scientifici per poter ri-spondere nel modo più completo ed ef-ficace alla volontà di donare dellepersone. Questo è il principio di baseche ha sempre ispirato la mia personaleazione di “medico dei trapianti” e che, al

San Matteo, ha trovato e trova quoti-dianamente la condivisione generale daparte dei medici, degli infermieri e ditutto il personale, comprese – potreidire senza esagerare – portinai, guardie

Abbiamo chiamato il nostroprogramma e il protocollooperativo ad esso connesso“Programma Alba” ancheper evidenziare come daltramonto di una vita siapossibile trovare l’alba peruna o più altre vite. Mi piacericordare che il nome è statosuggerito da un caro amico,il professor Amedeo Gio-vanni Conte, professore eme-rito di Filosofia del Dirittoall’Università di Pavia eAccademico dei Lincei.

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e giardinieri. Perché dunque non c'era bisogno dicambiare la legge? Perché i 20 minutiprescritti per l’accertamento dellamorte (in cui – come ho detto - gli or-gani stanno all'interno del corpo senzanessuna perfusione), sebbene siano statila barriera che ha frenato per tantotempo l'attivazione delle procedure diprelievo, di fatto possono non esserlo. Enoi, con la nostra scommessa stiamodimostrando che questi 20 minuti nonsono incompatibili con la preservazionedegli organi purché ci sia un'organiz-zazione che consenta di utilizzarli bene.Né va dimenticato che in questi minutidi registrazione ecg il soggetto poten-ziale donatore non va toccato: in in-glese il tempo necessario per la deter-minazione della morte è infattichiamato “no-touch period”. Tuttavia sipossono svolgere diverse attività, nondirettamente sul corpo del soggetto“morto”, ma intorno a esso, azioni ditipo organizzativo e relazionale (peresempio comunicando con i familiari).Quindi per noi sono 20 minuti preziosi.Il vero problema di questo tipo di pre-lievo è l'organizzazione, che deve es-sere molto stringente comportando in-terventi sincronizzati con tempestività,velocità e accuratezza, senza perdite ditempo prezioso. Va sottolineato che noi abbiamo decisodi reclutare come possibili donatori queisoggetti che, nel mondo, sono classifi-cati come “donatori non controllati”,cioè quelle persone che hanno un arre-sto di cuore improvviso e non prevedi-bile, che vengono rianimate pronta-mente e anche a lungo, ma senzasuccesso. Questo rende particolarmenteimpegnativo l’intervento, perché non sipuò sapere a che ora del giorno o dellanotte si può essere allertati per un in-tervento. All'estero, là dove hanno numeri moltoalti di prelievi a cuore fermo, la fonteprincipale degli organi è rappresentatadai donatori cosiddetti “controllati”. Idonatori “controllati” sono quei sog-getti ricoverati in Rianimazione in statodi coma profondo, con una prognosi si-curamente infausta (magari per un

trauma cranico devastante o per unadisastrosa emorragia cerebrale), che –sebbene destinati a morire - non sod-disfano però ancora tutti i criteri clinicio strumentali per poter far diagnosi, equindi accertamento, di morte encefa-lica. Sono persone la cui morte è sicu-ramente prevedibile. All'estero che cosafanno i medici in questi casi? Parlanocon i familiari, convengono che non c'è

nessuna chance e interrompono la tera-pia rianimatoria, compresa la ventila-zione artificiale. La decisione di inter-rompere il trattamento rianimatoriopuò essere presa in un momento pre-ciso, programmato. Nel caso sia nota lavolontà donativa del soggetto ci si puòorganizzare per una eventuale dona-zione. Si tratta in questi casi evidente-mente di “donatori controllati”. Sotto-lineiamo che l'interruzione della terapianon è legata alla donazione degli organima alla determinazione di non prose-

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guire un trattamento inutile, come fosseun accanimento terapeutico. Conside-rato il contesto culturale italiano – purnella convinzione che questo temapossa e debba essere approfondito an-che da noi – abbiamo deciso di nonprendere in considerazione nel nostroprotocollo questa categoria di poten-ziali donatori. POZZI: Sono consapevole che stiamo

costeggiando confini etici e professio-nali molto delicati...GERACI: Anche per questo abbiamopensato di non prendere in considera-zione, per il momento, questo tipo didonatori. Così hanno fatto anche i col-leghi spagnoli che però oggi, forti del-l’esperienza maturata negli ultimi anni,stanno spingendosi anche verso que-sta frontiera. Quindi abbiamo seguito la strada piùdifficile e impegnativa, attrezzandociperò come si deve.

La chiave di volta del nostro sistema èla circolazione extracorporea che perbrevità chiamiamo con l’acronimo in-glese “ecmo” che sta per “extra-corpo-real membrane oxygenation”. Nella no-stra Fondazione si è consolidata unanotevole esperienza in questo campo inquanto, grazie al prof. Massetti e allasua esperienza accumulata in Francia, siè attivato un programma di rianima-zione avanzata basata appunto sull’usodell’ecmo per sostituire la funzione delcuore in caso di arresto cardiaco refrat-tario al trattamento. POZZI: Quindi diciamo che l'impiantogiuridico ormai è eretto. E quindi èun'operazione che si può fare. Vor-remmo sapere come avviene questoprocesso di identificazione. E cosa fateper riuscire ad arrivare al prelievo.GERACI: Faccio un esempio con-creto sottolineando i punti chiave delprogramma.Una persona ha un arresto di cuore im-provviso, imprevedibile, fuori dal-l'ospedale. Le persone presenti, di solitoi familiari, telefonano al 118 che – comesempre – arriva il più velocemente pos-sibile. Quindi, punto uno: tempestivitàdei soccorsi.I soccorsi arrivano sul luogo, iniziano lemanovre di rianimazione e intanto sidocumentano sulla tempistica attra-verso le informazioni dei presenti: è ne-cessario che ci sia sul posto qualcunoche ha assistito all’evento e lo possaraccontare. Quindi, punto due: arrestocardiaco testimoniato.I familiari devono essere presenti o rin-tracciabili in tempi brevi e comunqueinformati in tempo reale. I familiari, po-tete capire, sono fondamentali ai finidella manifestazione di volontà. Quindi,punto tre: presenza dei familiari.Il 118 soccorre il paziente in arresto. Daquesto punto di vista credo che a Paviasiamo davvero ai massimi livelli nazio-nali e forse europei. Talvolta però itempi di arrivo sono al di là di quelli ac-cettabili per la sopravvivenza del cer-vello, o meglio dell’encefalo che subisceun danno completo e irreversibile, equi-valente alla morte della persona. Questa persona che pur viene rianimata

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come paziente nella speranza di potersalvare la sua vita, si trova in realtà inuna condizione di impossibilità di sal-vezza, di cui i medici soccorritori di-ventano progressivamente consapevoli.Se rientra in determinati criteri clinici(età, assenza di malattie gravi etc.) puòessere considerato un possibile dona-tore di organi. Quindi, punto quattro:identificazione precoce del possibiledonatore.Dal momento della identificazione dellapossibilità di donazione, mentre sul pa-ziente vengono ancora praticate tutte letecniche per salvarlo, il team Alba vienepre-allertato telefonicamente (il miocellulare è sempre acceso) e si orga-nizza, lontano dal paziente, per un even-tuale intervento, pronto, ovviamente, adisallertarsi qualora si evidenzino con-troindicazioni alla prosecuzione delprotocollo. Se questo non avvenisse, almomento della sospensione delle ma-novre rianimatorie, non sarebbe possi-bile fare nulla in tempi utili e si verrebbea frustrare, nel caso di consenso, la vo-lontà dell’interessato. Quindi, puntocinque: allertamento precoce delteam Alba.Normalmente, in questi casi il medicodel 118, in assenza di ripresa di attivitàcardiaca dopo un tempo stabilito di ria-nimazione, sospende le manovre e – percosì dire – “getta la spugna” - consta-tando il decesso. Bene, a questo punto sipuò proseguire il percorso di rianima-zione del soggetto con prognosi dimorte aggiungendo alla speranza dellasua ripresa, quella di preservare i suoiorgani al fine di trapiantarli. Quindi,punto sei: dare alla rianimazione diun paziente senza speranza, un va-lore aggiunto per salvare altri pa-zienti.Come ho accennato prima, nel nostroospedale è attivo un programma di “re-suscitazione avanzata” che prevede l'uti-lizzo della circolazione extracorporeaper salvare il cervello - e quindi la vita– ai pazienti con un cuore che si è arre-stato e non è ripartito dopo una riani-mazione precocissima, che quindi pos-sono essere ancora vivi. L'utilizzodell’ecmo, in questi casi, ha lo scopo di

salvare la vita dei pazienti. Il pro-gramma è chiamato familiarmente “co-dice viola”.Abbiamo condiviso con il dott. Rai-mondi, che ha maturato una buonaesperienza nei cosiddetti “codici viola”,di estendere l’atteggiamento aggres-sivo previsto dal programma salvavitaanche a quei pazienti in cui la prognosiè probabilmente infausta. Si tratta dipazienti che non dovrebbero essere re-clutati nel “codice viola” ma che, se ria-nimati ugualmente – come abbiamodetto prima - potrebbero ricevere, dauna parte un tempo supplementare disperanza per sè, dall’altra la possibilitàdi aggiungere speranza ad altri pazienti,attraverso la donazione dei propri or-gani. Molte più persone di quanto si po-trebbe immaginare sono infatti favore-voli alla donazione e il sistema sanitariodeve essere in grado di rispondere sem-pre alla loro volontà. Partendo quindi dall’esperienza del “co-dice viola”, che comporta un interventorapidissimo per applicare l’ecmo salva-vita, abbiamo ipotizzato di poter appli-care altrettanto rapidamente l’ecmodopo la constatazione della morte deipazienti, al fine di preservare i loro or-gani e rispettare la loro volontà di do-narli. Da queste considerazioni è nato ilProgramma Alba il cui nome familiaredi attivazione è presto diventato “codicerosa”, volendo ricordare il fiocco rosache accompagna le nascite.Quando si ha la ragionevole consape-volezza del fallimento della rianima-zione, il soggetto viene portato co-munque in ospedale, proseguendo lemanovre rianimatorie. In ospedale si fail punto della situazione: il medico soc-corritore è affiancato dai colleghi che loaccolgono in Pronto soccorso, tra cuianche un secondo rianimatore. Puntosette: condivisione del giudizio pro-gnostico, sospensione della riani-mazione e diagnosi di morte.Posta la diagnosi di morte da parte deimedici curanti, è il momento di inter-venire sul posto da parte del team Albaper ottimizzare i tempi. La prima cosada fare è iniziare l’accertamento dimorte immediatamente dopo la so-

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spensione delle manovre di rianima-zione. Come sappiamo l’accertamentodi morte per arresto cardiaco (cosid-detto standard cardiaco) consiste nellaregistrazione continua di un tracciatoecg della durata di almeno 20 minuti.Punto otto: immediato accertamentodella morte secondo la legge.Subito dopo il completamento dell’ac-certamento di morte si riprende il mas-saggio cardiaco esterno e la ventila-zione artificiale per preservare non piùil paziente (morto) ma i suoi organi nelcaso di donazione. Punto nove: ripresadelle manovre rianimatorie per lapreservazione degli organi.Durante queste fasi è fondamentale co-noscere la volontà del soggetto morto

in relazione alla donazione degli or-gani. Come è noto è possibile verifi-carlo molto rapidamente attraverso ilSistema informatizzato presso il Mini-stero della Salute e noi lo facciamo, mala principale cosa da fare è parlare coni familiari e verificare direttamente.Questo viene fatto regolarmente da meo dai miei collaboratori dopo che i ria-nimatori hanno deciso di sospendere larianimazione del paziente, hanno fattodiagnosi di morte e informato i suoi fa-miliari della morte del loro caro. Puntodieci: informazione alla famiglia delpaziente della sua morte.In caso di volontà positiva o di non op-posizione da parte dei familiari, alloraviene proposta la donazione. Punto un-dici: verifica della volontà donativadel soggetto e proposta di dona-zione.

Vorrei sottolineare come l’interventofisico del “team Alba” sia successivo alladiagnosi di morte. Questo è un puntomolto importante dal punto di vistaetico e giuridico: è essenziale che ci siae sia ben evidente una separatezza tra lavita e la morte, tra chi si occupa di cu-rare il paziente e chi si occupa di curare,attraverso quel paziente, dopo la suamorte, altri pazienti. Non sia mai chequalcuno possa sospettare o insinuareche sia accelerata la morte di un pa-ziente per poterne prelevare gli organi.Al contrario proprio l’ipotesi di donaregli organi concede al paziente una pos-sibilità aggiuntiva – seppure utopica –di riprendere il proprio battito cardiaco.Ciò non significa – come ho detto inprecedenza - che il team Alba non siapre-allertato dai rianimatori del 118 sindal momento in cui la prognosi si pre-vede infausta. Del team Alba fanno parte, come ele-menti cruciali, l’équipe per l’incannula-mento dei vasi femorali e il tecnico per-fusionista per l’applicazione dell’ecmo.Una volta verificato il consenso e ac-certata la morte, si deve al più prestoiniziare la circolazione extracorporea.Dal momento dell’inizio dell’ecmo sihanno a disposizione alcune ore perpredisporre la sala operatoria per il pre-lievo.Quindi punto dodici: utilizzo del-l’ecmo dopo la morte del pazienteper salvare i suoi organi per altri pa-zienti.Un punto molto delicato e cruciale è ilmomento decisionale in Pronto soc-corso. Qui i medici devono decidere seproseguire la rianimazione avanzata delpaziente, considerandolo ancora vivo, oaccertarne la morte e proseguire il trat-tamento dei suoi organi al fine di pre-lievo. Può accadere che il paziente con-siderato vivo venga sottoposto a ecmoterapeutica e ricoverato in Rianima-zione. Ne abbiamo un caso proprio inquesti giorni (settembre 2011: NDR).Questo paziente, il cui cuore è fermo ela cui circolazione è artificiale grazieall’ecmo, può sopravvivere o, malaugu-ratamente morire. In questo caso i se-gni della sua morte non saranno l’as-

La prima cosa da fare èiniziare l’accertamento dimorte immediatamente dopola sospensione delle manovredi rianimazione. Per unarresto cardiaco consistenella registrazione continuadi un tracciato ecg delladurata di almeno 20 minuti.

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senza di attività cardiaca (vicariata dal-l’ecmo), ma i segni della cosiddettamorte encefalica, esattamente come neipazienti di Rianimazione con lesioniencefaliche. In questo soggetto si potràquindi accertare la morte con standardneurologico (sei ore di osservazione,collegio medico, elettroencefalo-gramma, test di apnea etc.).POZZI: Che è poi l’unico modo di ac-certare la morte.GERACI: esattamente, l’unico modoprevisto dalla legge come obbligatorioin tutti i casi di morte per cause neuro-logiche. Sappiamo bene che la morte èuna sola e consiste nella cessazione ir-reversibile di tutte le funzioni dell’en-cefalo: e che vi si può arrivare o perdanno neurologico diretto o per dannolegato all’assenza di circolazione delsangue per arresto del cuore. In questo caso però noi abbiamo verifi-cato una condizione nuova e non ancoradescritta. Cioè un soggetto che può es-sere definito morto perché il cuore si èfermato, ma anche perché – in presenzadi circolazione artificiale - il cervello –possiamo dire – si è fermato. Nel casonon ci fosse nessuna volontà di donare,la morte potrebbe essere certificatacome morte cardiaca normale (come intutti i casi di decessi per arresto car-diaco) o con accertamento neurologico,come nei pazienti di Rianimazione inmorte encefalica con cuore battente. Inquesto caso il cuore non batte: questoè un tema molto intrigante da un puntodi vista teorico, ma non è qui il caso diapprofondire. Se invece c'è la volontà di donare, que-sto soggetto può diventare donatore e- guarda un po' - è un donatore a cuorefermo, ma con standard neurologico diaccertamento. Appartiene quindi a unacategoria di donatori nuova, che ab-biamo identificato proprio per aver po-sto l'attenzione su questi casi di fron-tiera.POZZI: Perciò ci troviamo di fronte aun potenziale donatore: cuore fermo,cervello senza attività elettrica e con lacircolazione extracorporea attivata.GERACI: Sì, questo soggetto è unpotenziale donatore. Non parliamo an-

cora di donatore perché è un paziente incui si è praticata una rianimazione avan-zatissima, ricorrendo anche all'ecmo.Tutto è stato fatto in primo luogo persalvare la sua vita. Alla fine ci si arrendee si constata l'esito infausto e quindi lamorte encefalica e si fa un passo avantiverso una ulteriore possibilità di cura,ad altri pazienti in attesa di un tra-pianto. POZZI: Un bel modello organizzativofinalizzato alla valorizzazione di ognipossibilità di donazione.GERACI: Indubbiamente. Qui però itempi sono molto importanti. Si inter-rompono le manovre e si inizia l’accer-tamento di morte con i 20 minuti di ecg.In questi 20 minuti si fanno le scelte. Si

parla con i familiari, i quali in generehanno già perfettamente capito che illoro caro è morto. E spesso sono donne,vedove... Nella mia mente scorrono iricordi di una serie di volti femminili.Dò l’informazione: “Mi spiace, non èstato possibile salvarlo”. È morto.“L'avevo capito dottore. Per me era giàmorto a casa”, mi sono sentito rispon-dere spesso. Ricordo il caso di un maritoche “si arresta” al volante dell’auto. Lamoglie riesce ad accostare, chiamare il118 e accompagnarlo in ospedale. Nonè stato difficile spiegarle che il maritoera morto. In questi casi non c'è la dif-ficoltà - che viene riferita a volte nellecomunicazioni delle morti encefalichein Rianimazione - di far capire, di spie-gare la morte. In Rianimazione, a volte,c’è la reazione dei parenti: “Ma dottore,respira, è vivo, ma come fa a dire che è

Noi possiamo dire di aver inqualche modo dimostrato chei tempi di ischemia descrittiin letteratura possono ancheessere superati. L'importanteè che poi gli organi venganoben valutati prima deltrapianto per non fare errorie danni ai riceventi.

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morto!?”. Vi posso dire che il cento per centodelle persone interpellate (e sono unaquindicina) finora ha detto sì alla dona-zione. Le persone vogliono donare el'ospedale deve fare in modo di poter ri-spondere a questa volontà. Quando noinon riusciamo ad arrivare al trapianto(o a volte al prelievo stesso) dei reni,credetemi, per me è più difficile spie-gare alla moglie e alla famiglia che nonè stato possibile utilizzare gli organi diquanto non lo sia stato prima comuni-care la notizia della morte e proporre ladonazione. Questa è un'esperienza stra-ordinaria. Perché queste famiglie or-mai si aspettano di poter partecipare aquesta gara di solidarietà umana. È dav-vero difficile spiegare che il prelievonon si è potuto fare. È come aggiungerealtro dolore. Per la verità è sempre pos-sibile la donazione dei tessuti, per cui,alla fine, un prelievo altrettanto impor-tante lo facciamo comunque e la dona-zione non è stata vanificata. Però l'ideadi “tirar fuori” due persone dalla dialisie restituire serenità a due famiglie, è dif-ficile da abbandonare. Al San Matteo stiamo conseguendo al-cuni risultati importanti: abbiamo fattoquesta piccola esperienza sul rene, mastiamo già immaginando i polmoni,come tipo di prelievo che si può fare, eil fegato. Con un po’ di pazienza confi-diamo di arrivarci. In realtà al San Mat-teo non c'è un centro trapianti di fegato.C'è però la capacità da parte di chirur-ghi di prelevare. Sarà l’occasione perattivare collaborazioni con Centri na-zionali o internazionali. I 20 minuti diosservazione per i reni non sono ungrande problema, perché sono organi,diciamo, più facili: hanno una buona ca-pacità di sopravvivere all'ischemia. Noipossiamo dire di aver in qualche mododimostrato che i tempi di ischemia de-scritti in letteratura possono anche es-sere superati. L'importante è che poigli organi vengano ben valutati primadel trapianto per non fare errori e danniai riceventi. Sul fegato ci si deve ben do-cumentare.I reni vengono valutati con attenzionedal chirurgo al momento del prelievo,

dopo il prelievo con l’analisi dei prepa-rati istologici, dal patologo e dal nefro-logo. Subito dopo il prelievo i reni ven-gono introdotti in una macchina diperfusione pulsatile che consente di va-lutarne le resistenze vascolari e, allostesso tempo, di migliorare la pervietàdei vasi interni, lavandoli grazie allaperfusione dei liquidi freddi. L’insiemedi tutte le valutazioni porta alla deci-sione finale di trapiantare o scartare gliorgani. Quante volte, nella notte, cisiamo trovati a guardare i vetrini diquesti reni prima di decidere il loro de-stino, con l’entusiasmo di poter aiutarei pazienti che aspettano - e che sono giàarrivati in ospedale - per il trapianto, maanche con l’attenzione a non procurareloro un danno ulteriore. La maggiorgioia e soddisfazione la proviamoquando – avendo ben calcolato che lanecrosi tubulare acuta dei reni è inevi-tabile – risultano trapiantabili e, dopoun certo periodo, li vediamo ripartire efunzionare alla grande, liberando il pa-ziente dalla dialisi. POZZI: Ma necrosi tubulare acuta si-gnifica che muoiono...GERACI: ma poi i tubuli si riparano.Vuol dire che i tubuli renali sono sog-getti a una sofferenza ischemica cheporta alla necrosi. Nei donatori a cuorefermo un po’ di più rispetto ai reni tra-dizionalmente prelevati dai donatori acuore battente, per via di tempi lunghisenza circolazione di sangue (es. per i 20minuti di ecg, ma anche per il tempo diarresto cardiaco prima dell’inizio dellarianimazione). Le cellule muoiono, mapoi si riformano. Quindi per la ripresafunzionale ci vorranno magari 20giorni, un mese ma, alla fine, i reni fun-zionano. POZZI: L'ho interrotta sul tema dellanecrosi dei reni...GERACI: Stavo dicendo del fegatoche è un po' più delicato rispetto ai reni.I tempi di ischemia tollerati dal fegatosono un po' più stretti. Sarà una bellascommessa provarci.POZZI: Mi risulta che sia un organoche ha forti capacità rigenerative.GERACI: È vero. E devo sottolineareche va sempre tenuto conto dell’impor-

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tanza di tutti i protagonisti del prelievoe del trapianto. Si parla poco, per esem-pio, dei laboratoristi. Sono fondamen-tali: i laboratoristi sono abituati a rice-vere provette e a darci risposte inmezz’ora. Come anche l’anatomo-pato-logo che deve farci un'analisi molto raf-finata degli organi prelevati in brevetempo. Ma tutti sono importanti. Anchei portantini. Ma anche chi prende laprovetta e la porta in laboratorio e laconsegna: dev'essere lì e deve farlo infretta. POZZI: Quali sono i reparti interes-sati da questi processi? La rianima-zione?GERACI: Non proprio. A parte i casidi cui parlavo prima nei quali la mortesi constata dopo aver iniziato l’ecmo te-rapeutica, tutto avviene fuori dalla Ria-nimazione, in Pronto soccorso. Il re-gime prevederebbe che con un numerotelefonico dedicato si attivino tutti icomponenti del team Alba e tutti i la-boratori, a qualunque ora del giorno edella notte. Oggi siamo ancora in unafase di “volontarismo strutturato” incui tutti sono disponibili, ma se pre-senti in zona. Non c'è ancora quella intercambiabi-lità di ruoli che farebbe di un proto-collo come il nostro un protocollo diroutine. Abbiamo il vantaggio che qui aPavia a volte pare che tutti stiano benein ospedale e, alla fine, siamo quasisempre tutti qui. O comunque vicini.Insomma, ci si trova, ed è bellissimovedere come in pochi minuti in Prontosoccorso ci siano tutti.POZZI: Vuol dire anche tante per-sone che si dedicano in forma quasi...volontaristica?GERACI: Sostanzialmente sì. Di-ciamo che è previsto un sistema di so-brio riconoscimento del personale in-fermieristico perché non si può caricareil Pronto soccorso di un'attività comequesta che è straordinaria e di grande,grande impegno. Quindi gli infermierivengono chiamati ad hoc.POZZI: Mi riferivo più che all'aspettoeconomico al fatto che mi sembra dicapire che si considera la presenza inospedale una presenza che è parte della

vita, un momento di condivisione cheviene vissuto con profondità e parteci-pazione.GERACI: Quello che lei dice corri-sponde al vero a fa onore a tutti i di-pendenti del Policlinico San Matteo.Devo aggiungere che in ospedale c'ègrande attenzione e passione per i pro-getti innovativi. Questo è da sempre unPoliclinico universitario, e oggi ancheuna Fondazione IRCCS. Per cui, piùuna cosa è strana e difficile e più catturainteresse e passione.POZZI: Mi permetta ora di tornarealla valutazione del prelievo a cuorefermo. In una persona che praticamenteè morta, perché non batte più il cuore enon c'è più la circolazione del sangue,come è possibile che non ci siano feno-meni di coagulazione?GERACI: Questo è un tema crucialeperché è proprio la continuità del trat-tamento dalla diagnosi di morte all'ini-zio del percorso di donazione la chiavedi volta. La circolazione è mantenuta ilpiù a lungo possibile in modo artificialecon il massaggio cardiaco. Si lavora poiper la conservazione degli organi at-traverso la circolazione extracorporeacon “eparinizzazione”. Rimangono i 20minuti di osservazione previsti dallalegge, ma questi non sembrano deter-minare particolari problematiche. Avolte abbiamo avuto dei casi in cui nonsi riuscivano a incannulare i vasi, o al-tri problemi. Però, diciamo che in ge-nere non abbiamo avuto il problemacoagulativo. Naturalmente bisogna“eparinare” il soggetto. Il tema del-l'eparinizzazione, che è finalizzata esclu-sivamente alla donazione degli organi enon alla salvezza del paziente è scot-tante. Il nostro protocollo la prevedesoltanto dopo l’accertamento dellamorte (quindi sul cadavere) e dopol’espressione di volontà favorevole.POZZI: Perdoni, che significa “epari-nare”?GERACI: Somministrare eparina, cheè un potente anticoagulante del san-gue, in modo da impedire il formarsi dicoaguli. Si tratta di una sostanza che siusa regolarmente nei vivi, nelle per-sone immobilizzate, o con varici alle

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gambe o nel post-operatorio per via diuna permanenza prolungata a letto, oaltro. È una piccola iniezione che, nellepersone in cura, si fa sottocute, peresempio nella “pancia”. Nel nostro casol’eparina va somministrata ad alte dosiin vena. È un tema di grande rilevanzaetica perché il nostro intervento è fina-lizzato esclusivamente al prelievo degliorgani. All'estero in certi casi l’epari-nizzazione viene fatta prima dell'accer-tamento della morte, quando si prevedela morte. In Italia non facciamo nullache sia finalizzato al prelievo primadella fine dell'accertamento. Tutte lepossibili procedure da espletare nelletappe progressive che portano al pre-lievo le abbiamo valutate attentamente

con il supporto del giurista. Noi ab-biamo anche previsto che l’attesa dellarisposta dei familiari possa essere lungae che quindi, il consenso, o meglio lacertezza della volontà del defunto,possa essere verificata dopo un po’ ditempo. Ho già ricordato che il nostroprotocollo prevede l’interrogazione alSIT (il sistema informatizzato del Mi-nistero) per la verifica della volontà, senon altro per evitare di intervenire suuna persona contraria alla donazione.POZZI: I soggetti candidati sono pre-valentemente morti per arresto car-diaco...GERACI: Sì. Noi oggi escludiamo dalprotocollo tutti i casi di competenzadella magistratura. Ci sono Paesi, comein Spagna, dove la legge prevede il co-siddetto silenzio-assenso da parte dellaMagistratura. Esempio: trauma cranico

per incidente stradale, possibilità di do-nazione, volontà di donazione. Il coor-dinatore ai prelievi spagnolo invia unfax o comunque un'informazione allamagistratura per chiedere l'autorizza-zione al prelievo. Se entro un quartod'ora non arriva la risposta, si intendeche è possibile procedere. Da noi non ècosì. Da noi, salvo casi virtuosi di col-laborazioni meravigliose con la magi-stratura, non abbiamo questa tempe-stività di risposte del magistrato in casodi incidente. E siccome non possiamopermetterci di aspettare più ore, questicasi, con implicazioni giudiziarie, non liconsideriamo in prima battuta. POZZI: Lei diceva che si tratta co-munque di numeri piuttosto bassi ri-spetto alla normale attività.GERACI: In questo momento,avendo noi ancora una super selezionedei casi, abbiamo numeri piuttostobassi.POZZI: Ma lei vede potenzialità disviluppo di questo tipo di intervento?GERACI: Lo studio di fattibilità pre-liminare che avevamo fatto ci aveva in-dicato una potenzialità di reclutamentodi forse più di 10 casi l'anno. In realtàquest’anno abbiamo fatto tre casi, unodopo l'altro, nei primi mesi. Poi c'è statauna pausa. Abbiamo avuto altri due-trecasi che però non sono andati in porto. POZZI: Abbiamo parlato all'inizio diun’équipe: come è formata e quali sonoi ruoli?GERACI: Sul paziente c'è l'équipe del118 che interviene, macchina medica-lizzata, autoambulanza, massaggiatoreautomatico... tutto ciò che rappresentail sistema di soccorso di un paziente inarresto. Fino al Pronto soccorso è tuttostandard, come ogni Pronto soccorsogestisce l'arresto cardiaco, nella spe-ranza che il paziente si riprenda e sisalvi. Quando poi arriva quel momentoparticolare in cui si deve rinunciare aproseguire la rianimazione, perché ilproseguire sarebbe, oltre che inutile,un vero accanimento terapeutico, iniziail lavoro dell'equipe, che abbiano defi-nito “team Alba”, costituita dal “me-dico dei trapianti”, che coordina il si-stema (io, in questo caso), due medici,

Oggi siamo ancora in unafase di “volontarismostrutturato” in cui tutti sonodisponibili, ma se presenti inzona. Non c'è ancora quellaintercambiabilità di ruoli chefarebbe di un protocollo comeil nostro un protocollo di routine.

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un infermiere e un infermiere coordi-natore che si occupano delle cose prati-che. Per esempio l'accertamento dellamorte è ancora competenza dei medicicuranti, ma naturalmente il sistemadeve agevolare le tempistiche per cui uninfermiere del team darà una mano.POZZI: Quindi non viene attivata lacommissione per l'accertamento?GERACI: No; la morte cardiaca è ac-certata dal medico. Quindi in Prontosoccorso basta un medico...POZZI: Che non è un medico legale?GERACI: Esatto: non è un medico le-gale. Da noi al San Matteo, in realtà,poiché abbiamo un servizio della Dire-zione sanitaria con medici legali, il me-dico legale convocato firma il verbale diaccertamento e svolge le attività previ-ste dal regolamento di polizia mortua-ria. Ma questo soltanto perché è la si-tuazione particolare del Policlinico diPavia. Basta un medico per l'accerta-mento di morte con standard cardiacodi ecg. Quindi ci sono almeno due in-fermieri che vengono convocati, che sidedicano uno al paziente per seguiretutte le cose da fare, e uno alla parte an-che burocratica e formale: per esempiol'invio di esami di laboratorio, la verificache siano stati mandati e il controllodell’arrivo delle risposte. Il medico cu-rante dà ai familiari l'informazione dellaavvenuta morte perché ha avuto iltempo di conquistare la fiducia della fa-miglia, sin dal momento dei primi soc-corsi fuori ospedale. È importante la fi-ducia della famiglia e la constatazioneda parte sua che tutto è stato fatto persalvare il proprio caro. Qui a Pavia i

colleghi del 118 sono davvero moltobravi. Per ora abbiamo cominciato coni reni. Abbiamo tentato una volta con ilfegato, facendo venire l’équipe di pre-lievo da Bergamo, ma l’organo non èstato prelevato. Abbiamo ancora qual-che problema da risolvere. Stiamo par-tendo con il polmone che ha colloca-zione diversa, sopra diaframmatica, cheha problemi di preservazione diversirispetto agli organi addominali. Sul pol-mone ci sono tecniche particolari estiamo cominciando. Abbiamo il pre-stigioso Centro trapianti di polmonidel prof. Viganò. Il dott. Carlo Pelle-grini, responsabile della strutturaEcmo, è cardiochirurgo in grado ditrattare il problema del prelievo e deltrapianto di polmoni; insomma, un pa-trimonio per tutti noi.POZZI: Sembra un’esecuzione musi-cale ad opera di un'orchestra.GERACI: Un'orchestra che suonaquasi sempre molto bene. Ogni tanto c'èqualche dissonanza, perché non è chetutto fili sempre liscio. Ma direi chepossiamo dirci soddisfatti di quello chestiamo facendo, anche se il nostro sforzoè di migliorare continuamente tutti in-sieme per il bene di tutti i “nostri” pa-zienti.POZZI: Sono d’accordo. Stateaprendo una nuova via al trapianto.Non mi sembra davvero cosa da poco.

Testi a cura diLeonio Callioni

Ha colaboratoLeonida Pozzi

Servizio fotografico Paolo Seminati

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Descritto per la prima volta daMaurice Raynaud, un giovanemedico francese, il quadro cli-nico e sintomatologicodel fenomeno di Ray-

naud è caratterizzato da unospiccato pallore, quasi cadave-rico, della parte distale di una opiù dita di ambedue le mani, ognivolta che si espongono al freddo(fase bianca). Le dita sono intorpi-dite e fredde. Se scaldate le parti delle dita in-teressate al fenomeno diventano bluastre (fasecianotica) e successivamente molto rosse ( faseeritematosa). La fase cianotica di regola hauna durata maggiore della eritematosa.L’espressione tipica di questa sindrome è fa-cilmente riconoscibile alla descrizione con-corde di tutti i pazienti. Può esordire a caricodi uno o due dita, talora si estende con il tempoanche a tutte. Privilegia le parti distali, taloral’intero fino alla radice delle stesse dita. L’inconveniente è legato ad una particolaresensibilità personale allo stimolo al freddo chefa sì che il soggetto che ne soffre presenti unarisposta vasocostrittrice esagerata a carico deipiccoli vasi arteriosi delle zone interessate al fe-nomeno: ischemia transitoria. Lo stimolo chescatena il disturbo il più delle volte è localiz-zato, come avviene immergendo le mani inuna bacinella di acqua gelata, ma si può scate-nare anche se le parti del corpo interessatesono ben protette, ad esempio con dei guanticaldi. Una ventata di aria fredda, come può av-venire in inverno al passaggio da un ambientecaldo all’ambiente esterno, molto freddo, puòscatenare la comparsa del disturbo, malgradosi sia sufficientemente coperti. Alla fase ische-

mica seguela fase di cianosi,

dovuta al sangue in-trappolato poco ossigenato e

quindi l’iperemia reattiva, per brusca dilata-zione dei piccoli vasi arteriosi, meccanismo acui si deve il rossore che caratterizza la fase fi-nale della sintomatologia. Possono essere in-teressate al fenomeno anche le dita dei piedi, lapunta del naso e la parte più esterna delleorecchie. Il fenomeno di Raynaud tipico è sempre bila-terale e localizzato alla parte più distale ( fa-langina / falangetta) delle dita o un interodito, mai l’intera mano. Quando interessatesono le dita dei piedi, il paziente avverte so-prattutto un senso di intorpidimento e di do-lore alle punte dei piedi. Solo scoprendo i piedisi potrà osservare la tipica fase ischemica,bianca. Caratteristica di questa sindrome è larapida regressione della sintomatologia conl’applicazione di caldo.

IL FENOMENO DI RAYNAUD UN DISTURBO

DEL TUTTO FEMMINILE

Il fenomeno di Ray-naud è caratterizzato

da uno spiccato pallore, quasi

cadaverico, della parte distale di una o più dita

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Il fenomeno di Raynaud può migliorare oscomparire del tutto con il tempo e frequen-temente a seguito di una gravidanza. La prevalenza del sintomo nella popolazioneadulta è in generale stimata dal 4 al 30 % dellapopolazione; privilegia le giovani donne ri-spetto ai maschi. In un quarto dei casi vi è unacerta familiarità colpendo anche parenti diprimo grado. La prima manifestazione dellaforma primitiva del disturbo avviene intornoai 14 anni di età. E’ questo un dato anamne-stico importante per distinguere questa formaassolutamente benigna da quella secondaria adaltre patologie importanti. In questo secondo caso il primo disturbo ray-naudiano tende a manifestarsi vero i 30 anni edoltre. Il fenomeno di Raynaud secondario, da talunichiamata Malattia di Raynaud, è una entità cli-nica frequentemente più difficile da inqua-drare, con caratteristiche sintomatologichedifferenti. Le manifestazioni alle dita dellemani o dei piedi può anticipare anche di alcunianni i sintomi della malattia sistemica di base;può costituire infatti il sintomo d’esordio diconnettiviti e vasculiti note, soprattutto delgruppo della “sclerodermia spectrum” ( scle-rosi sistemica, connettivite mista, dermato-polisierosite). In questi casi anche se la mani-festazione più eclatante è rappresentata dalfenomeno di Raynaud, coesistono altri segniquali il malessere generale, dolori alle artico-lazioni e ai muscoli, febbricola, calo di peso,astenia. In questi casi il sintomo non è mai bi-laterale e tende a peggiorare col tempo. Le ma-nifestazioni cutanee possono interessare ancheun solo dito, o oltrepassare la radice delle dita,estendendosi al palmo o al dorso della manocon chiazze più o meno regolari. Nei casi piùseveri ( circa il 2%) a distanza di alcuni annipossono comparire alcune piccole ulcere a li-vello dei polpastrelli delle dita, delle unghie e,nei casi più gravi, anche a zone di necrosi (morte) del tessuto. Questo è dovuto ad unprocesso infiammatorio a carico delle piccolearterie fino alla loro chiusura, con conseguentesofferenza ischemica dei tessuti a valle. La manifestazione ischemica raynaudiana puòosservarsi anche nel caso di altre patologiequali le ernie discali, la presenza di coste so-prannumerarie, lesioni traumatiche dei nervi.Anche un lavoro con strumenti a vibrazionequali il martello pneumatico, torni ad elevatafrequenza ecc. può rappresentare una condi-

zione scatenante il disturbo di Raynaud. La comparsa del disturbo in età adulto-senileè indice di una malattia ateriosclerotica che in-teressa gli arti superiori, come anche delmorbo di Parkinson. In questi casi la compre-senza di altri sintomi specifici aiuta nella dia-gnosi. Il paziente che soffre della forma benigna delfenomeno di Raynaud quindi è caratterizzatonon solo dalla presenza dei fenomeni bilate-ralmente, alla assenza di segni di necrosi osofferenza tissutale, ma anche alla assenza enegatività di esami specifici per le malattie si-stemiche, quale la presenza di autoanticorpianti-nucleo. La normalità degli indici di in-fiammazione, velocità di eritrosedimentazionenei limiti, PCR bassa, ecc. nonché la normalitàdel quadro capillaroscopico orientano versola forma benigna primitiva del disturbo. Il fenomeno di Raynaud necessita quindi diuna attenta valutazione e di un iter diagnosticoche permetta di escludere i quadri clinici piùseveri e sistemici come quelli di accompagna-mento. La visita da parte di uno specialista an-giologo e/o reumatologo è il primo indispen-sabile provvedimento da adottare in quanto giàdalla raccolta dell’anamnesi, dall’esame obiet-tivo, da alcuni semplici esami strumentali e dilaboratorio, potrà trarre un orientamento dia-gnostico tra la forma più benigna del quadroclinico e quello più severo tipico di Raynaud se-condario o di accompagnamento. La terapia del disturbo è legata alla diagnosipuntuale della forma clinica e non è qui il casodi indicarla, in quanto deve essere stabilitadallo specialista in base a tutti gli elementi insuo possesso sia anamnestici che clinici e stru-mentali. Anche in questo caso alcune norme compor-tamentali sono fondamentali per una correttaterapia. Il paziente non deve fumare, in quantoè noto che il fumo riduce il flusso sanguignoalle dita. E’ bene evitare per quanto possibiledi esporsi al freddo e, se indispensabile, coprirsibene integralmente, non solo le mani, con in-dumenti caldi e che riparino dal vento. Evitareper quanto possibile stress emotivi intensi,che possono scatenare una crisi vasospastica daincrezione di catecolamine (ormoni dellostress). Si deve sempre segnalare al propriomedico curante di base di soffrire di questo di-sturbo, in quanto alcuni farmaci che causanovasospasmo devono essere evitati.

Dott. Gaetano Bianchi

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Per difendersi dai piccolimalanni invernali, pro-teggere le pelle davento e freddo e nonlasciarsi sopraffare da

raffreddore e influenza non bastasolo coprirsi, lavarsi le mani, evi-tare gli ambienti troppo affollati eriscaldati e usare le creme giustema è anche utile nutrirsi in ma-niera equilibrata, senza dimenti-care frutta e verdura che sono ric-che di sostanze preziose per lasalute.Per giocare d'anticipo e affrontareal meglio i mesi invernali bisognaconoscere i segreti dei nutrientiche aiutano a combattere i mali distagione ed evitano alla pelle glistress dovuti agli sbalzi di tem-peratura (esterno freddo - am-biente riscaldato) e all’ inquina-mento. Affrontare bene l’inverno,significa anche tenere alto l'umoremalgrado le giornate più corte edevitare di prendere troppi chili o

di intossicare l'organismo conun'alimentazione pesante. Le vitamine A, C e B6 e alcuniminerali come rame, zinco e sele-nio aiutano ad affrontare i rigoridella brutta stagione e nel casonon si sfuggisse all’influenza sta-gionale, mangiare nella manieragiusta può essere sicuramenteutile anche per rimettersi in frettae alleviare i sintomi influenzali.

Le vitamine Le vitamine, secondo le caratteri-stiche fisiche e biologiche, sonoclassificate in due gruppi: le vita-mine liposolubili e le vitamineidrosolubili.La vitamina C e la vitamina B6,come tutte le altre vitamine delgruppo B sono idrosolubili, sisciolgono, cioè in acqua. Devonoessere assunte ogni giorno per-ché l’organismo usa solo la quan-tità che gli è necessaria al mo-mento ed elimina le dosi in

eccesso attraverso l’urina e il su-dore.Luce, calore, ossigeno e acquasono nemiche di queste vitamine.Per conservare il più possibile ilpatrimonio di vitamine idrosolu-bili degli alimenti è utile:- cuocere la verdura in poca acquao al vapore - preferire frutta e verdura di sta-gione, consumata poco tempodopo la raccolta- bere subito le spremute e i frul-latiLa vitamina A, insieme alla vita-mina E,D e K fa parte delle lipo-solubili che, per essere assorbitehanno bisogno della presenza digrassi. A differenza delle idroso-lubili, possono essere accumulatenell’organismo e, per questo mo-tivo, a dosi eccessive possonoavere effetti negativi .Molti alimenti di origine vegetalesono ricchi di vitamina C, tra i piùricchi il peperoncino, il kiwi, le

NUTRIRSI PER L’INVERNO

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fragole, il ribes nero, i peperoni,gli agrumi, i pomodori e gli or-taggi a foglia verde come radic-chio, spinaci e broccoli.La vitamina C aumenta le difeseimmunitarie, stimolando la pro-duzione di anticorpi e proteggeda sindromi influenzali e raffred-dori. La vitamina C protegge an-che dai danni del freddo:- rinforza i capillari e ne stimolala circolazione, prevenendo lacouperose - interviene nella formazione delcollagene, una proteina presentenei nostri tessuti, aiutando quindila cicatrizzazione delle lesioni cu-tanee dovute al vento gelido.La vitamina A si trova in buonequantità nel fegato, nelle uova, neipesci grassi e nei formaggi comegouda, gorgonzola, montasio, ca-ciocavallo ecc...I vegetali dal colore giallo-aran-cione come carote, albicocche,zucca e melone e quelli verdescuro come gli spinaci, fornisconobeta-carotene, una sostanza chesi trasforma in vitamina A nel-l’organismo. La vitamina A pro-tegge la pelle e ne aiuta il rinno-vamento, aumentando lo spessoree l'elasticità dell'epidermide . Pre-viene la formazione di rughe chesi accentuano quando la cute èsecca e screpolata come spesso ac-cade d’inverno.Le giornate invernali sempre piùbuie e più corte possono avere uneffetto negativo sull’umore:per questo può aiutare la vitaminaB6 che possiede un’azione posi-tiva sul sistema nervoso e contri-buisce a mantenere il buonumore.La vitamina B6, inoltre aiuta l’or-ganismo a disintossicarsi perchéinterviene nell’eliminazione dellescorie derivanti dalle proteine estimola il metabolismo perché èimplicata in numerose reazioniche riguardano, oltre alle pro-teine anche i grassi e gli zuccheri.Un metabolismo efficiente ti aiutaa non accumulare chili di troppo,

soprattutto in inverno, quando leoccasioni delle numerose festivitàti tentano a mangiare di più .Si trova un po’ in tutti gli ali-menti, soprattutto fiocchi di cru-sca, funghi secchi, fegato, tac-chino, calamari, lenticchie, semidi girasole, salmone e noci.

I minerali utiliOltre alle vitamine, ci sono anchealcuni sali minerali utili a contra-stare i danni dell’inverno RameAnche la chioma, con il freddotende a perdere luminosità e mor-bidezza, il rame l’aiuta a mante-nersi bella e forte perché inter-viene nella formazione dellacheratina dei capelli.Ne sono ricchi cereali integrali,nocciole, legumi e fegato.SelenioÈ un potente antiossidante, com-batte cioè, i radicali liberi, com-posti dannosi, prodotti dall’orga-nismo che aumentano per lostress e l’inquinamento.Si trova in pesce, pollame, carni,frutta secca e cereali.

PER COPRIRE IL FABBISOGNO GIORNALIERO

Vitamina C100 g di ribes (200 mg di vit C) op-pure 200 g di fragole (108 mg di vitC) oppure una spremuta d’arancia(88 mg di vit C) oppure un peperone(211 mg di vit C) oppure 1 kiwi (85mg di vit C).

Vitamina A1 carota (918 microgrammi di vit A)oppure 150 g di bietole (885 micro-grammi di vitamina A) oppure 270 gdi cicoria (720 microgrammi di vit A)oppure 200 g di albicocche (720 mi-crogrammi di vit A) oppure 150 g dipapaia (799 microgrammi di vit A).

Vitamina B6180 g di fegato (1.51 mg di vit B6)oppure 200 g di tacchino (1.62 mg divit B6) oppure 200 g di calamari(1.58 mg di vit B6) oppure 200 g disalmone (1.50 mg di vit B6).

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ZincoCome la vitamina C, rinforza ledifese dell’organismo e aiuta lapelle a mantenersi in salute.Si trova nelle carni, nel pesce enelle ostriche.

In caso d’influenzaBisogna ricordare che la febbre faaumentare il metabolismo e, diconseguenza, le spese energeti-che. A causa della sudorazione edell’innalzamento della tempera-tura corporea, s’incrementa an-che il fabbisogno di acqua. Nelcaso di febbre particolarmenteelevata o di sudorazione abbon-dante possono aumentare anche lerichieste di sali minerali come po-tassio, sodio e cloro. Tisane, brodie spremute possono essere parti-colarmente utili per reintegrare leperdite idriche e minerali.La dieta durante i giorni di febbredeve garantire l’apporto di ener-gia e nutrienti e il fabbisogno di li-quidi.Sono indicati cibi particolarmentedigeribili, poco grassi, a base dicarboidrati e proteine come mi-

nestre in brodo e carni magre tipopollo o tacchino.Per combattere l’inappetenza edistribuire l’apporto calorico eproteico durante la giornata, inmodo da ottimizzare il bilancioenergetico, è utile frazionare l’ali-mentazione in piccoli pasti, con-sumando piccole razioni di ciboanche sotto forma di purea e frul-lati che richiedono poca fatica peressere deglutiti e non peggioranoil disagio dovuto alla gola irritatao alla tosse.

Le virtùdel brodo di polloI vecchi rimedi della nonna sonospesso i migliori. È il caso delbrodo di pollo, molto efficace, nelcombattere i sintomi influenzali.Il caldo del brodo aiuta a calmarela tosse e a riaprire le vie respira-torie e il prezioso liquido apportaminerali, grassi, proteine e acqua.

Il mieleAl miele sono attribuite moltevirtù terapeutiche sia preventiveche curative soprattutto nei ri-guardi del mal di gola e delle ma-lattie respiratorie.Le proprietà curative del miele sibasano soprattutto sulle sue dotiantibatteriche, dovute alla con-centrazione zuccherina e al phacido e alla presenza di particolarisostanze (polifenoli), all’acido for-mico e a un’ enzima, una proteinacapace di avviare o facilitare lereazioni chimiche.Il miele è anche dotato di caratte-ristiche emollienti, dovute allapresenza di fruttosio.I tipi di miele piu’ indicati in casodi malattie stagionali sono quellodi abete che aiuta a liberare le vierespiratorie, quello di eucaliptocontro raffreddore, influenza etosse e quello di girasole, controla febbre.

Cristina Grande

LE BUONE ABITUDINICONTRO LA FEBBRE

Fare 5 piccoli pasti.Bere spesso.

Assumere bevande e brodi caldi.Mangiare frutta fresca,

spremuta o frullata.

LE RICETTEQueste ricette sono due piatti uniciperché ogni porzione contiene car-boidrati, proteine e grassi in quantitàequilibrata e fornisce all’organismole vitamine e i minerali preziosi per di-fenderlo dalle insidie invernali.

Fusilli con calamari e verdure

INGREDIENTI per una persona: 80 g dipasta, 200 g di calamari, un pepe-rone, una carota, un gambo di se-dano, cipolla tritata, 20 g di noccioletritate, uno spicchio d’aglio, oliod’oliva extravergine, sale e peperon-cinoPREPARAZIONE lavate e tagliate a li-starelle i calamari, pulite e tagliate adadini i le verdure. Fate dorare l’aglioe la cipolla nell’olio. Unitevi le ver-dure, i calamari e il peperoncino. Por-tate a cottura. Lessate la pasta aldente in acqua salata e unitela alleverdure. Saltate il tutto in padella perdue minuti e spolverizzate con le noc-ciole tritate prima di servire.

Risotto piccante con la provola

INGREDIENTI per una persona: 80 g diriso integrale, 60 g di provola, 40 gdi funghi secchi, cipolla tritata, unospicchio d’aglio, olio d’oliva extraver-gine, sale e peperoncinoPREPARAZIONE mettete a bagno ifunghi per mezza giornata, scolateli estrizzateli. In un tegame fate imbion-dire lo spicchio d’aglio e la cipolla tri-tata nell’olio. Aggiungete il peperon-cino e i funghi. Mescolate e unite ilriso. Salate e versate un mestolo dibrodo vegetale e aggiungete via viabrodo man mano che si asciuga. Con-tinuate fino a cottura ultimata, qualcheminuto prima di servire, aggiungete laprovola a dadini e mescolate.

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Per Aido dialogare è sino-nimo di seminare e semi-nare è insegnare a donare.Da sempre l’Associazionecrede in queste parole che

la spingono a promuove in tutta laLombardia un’intensa attività di con-tatto con le scuole. Ogni anno mi-gliaia di giovani, dalle scuoleelementari alle superiori, vengono acontatto con i valori di solidarietà ecittadinanza consapevole grazie al la-voro accurato, costante ed innovaticodei nostri volontari.L’esperienza di Aido, grazie ad unaequipè di un centinaio di persone, rie-sce ogni anno a coinvolgere oltre15.000 giovani e 2.000 insegnati intutta la Lombardia.Referente dell’intero progetto è Ro-berto Marozzi, giovane biologo, cheda anni dedica il proprio tempo e lapropria competenza alla formazionegiovanile: “I messaggi da comunicaresono importanti – ci spiega - e appa-rentemente difficili, ma allo stessotempo convolgenti e positivi: la sfidaè grande e per vincerla è necessariostare al passo con i ragazzi e il loromutevole linguaggio.Capire come è possibile “arrivare” ai

giovani e come interessare le diversefasce d’età adottando sistemi diffe-renti è stata la chiave del “ProgettoScuola”: un progetto che ha avuto ilcoraggio e la capacità di rimettersi indiscussione più volte, di cambiare, dievolversi proprio come fanno i ra-gazzi ai quali si rivolge.Le parole di Marozzi ci guidano inun itinerario attraverso la psicologiagiovanile e il territorio lombardo.Che cosa ci ha insegnato la storiain più di trent’anni di attività?La storia del progetto è importanteperché ci mostra come siano stati ne-cessari molti cambiamenti perchè di-ventasse efficace.L’attività nelle scuole è iniziata pochianni dopo la nascita dell’Aido, at-torno al ’75, su base volontaristica:quasi tutti gli interventi erano effet-tuati da volontari. Bergamo è stata lacapostipite con Beniamino Penzaniche, all’epoca, portava il messaggioAido nelle scuole con diapositive de-rivate da materiale scientifico. Que-sto però, nonostante gli sforzi, avevaun effetto controproducente perchétroppo difficile e cruento per i ragazziche non riuscivano a mettere a fuocolo spirito associativo e solidaristico

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che invece ha sempre contraddistintoAido.Come vi siete ripensati?Per qualche anno la nostra associa-zione è rimasta lontana dalle scuole,poi abbiamo creato il primo gruppodi operatori specializzati per l’attivitàscolastica e questo ha garantito omo-geneità e preparazione per ogni in-tervento in Lombardia.Negli anni ’90 si è deciso di modifi-care il nostro approccio per riusciredavvero a comunicare (mettere in co-mune) con i giovani i nostri valori.Riuscirci non è stato facile: abbiamodovuto chiederci che cosa volevamocondividere e poi abbiamo dovutotrovare un linguaggio diverso, speci-fico per ogni fascia d’età. Abbiamoarchiviato la parte scientifica e intro-dotto quella solidaristico-associativa:l’educazione alla cultura del dono.Quali gli strumenti adottati?È stata prodotta la prima videocas-setta Missione per la vita per approc-ciare i ragazzi con un un cartoon cheli rendesse partecipativi, completa-mente diverso da diapositive ed altrifilmati che anche altre associazionigià usavano. La durata del filmato eradi circa 13 minuti, il massimo che sipossa richedere ad una platea di ra-gazzi, al termine i nuovi incontri da-vano libero spazio al dibattito e alsoddisfacimento delle curiosità deiragazzi. Quello del dibattito era, edè, un momento impegnativo ma digrande utilità e anche soddisfazione.Non si trattava più di una lezionefrontale, ma di un momento coinvol-gente per tutte le parti in causa.Dal 2000 al 2006 è stato introdottoun dvd Il dono più grande che è l’evo-luzione di Missione per la vita ed è de-dicato alle elementari; mentre per lemedie e le superiori è stato prodottoIl valore della donazione. Quest’ultimorappresenta un vero salto in avantiperché in una parte di filmato vi sonopersonaggi viventi. È uno strumentodi alto livello che va accompagnatoda un lavoro di approfondimento inclasse con gli insegnanti.Come affrontare temi delicati

quali la morte, il concetto di“cuore battente” e la donazionedegli organi con bambini e ra-gazzi?Abbiamo dovuto superare anni neiquali Aido era vista unicamentecome l’associazione che parlava dimorte, ma dopo tutto il lavoro fatto eil ripensamento sui nostri modi di co-municare oggi la situazione è moltodiversa e ci sono Istituti Scolasticidove l’attività è continuativa.Alle elementari il messaggio princi-pale è quello del dono e i bambinisono coinvolti sugli aspetti positividella donazione e della rinascita allavita per chi riceve un organo.Alle medie queste tematiche sonospesso inserite nel percorso annualedi scienze, in questo modo anche lefamiglie contrarie o straniere nonhanno obiezioni.Alle superiori il concetto di morte èaffrontato anche tecnicamente, perquesto spesso vi è la presenza di unrianimatore, è frequente infatti che iragazzi pongano domande molto dif-ficili (a volte con senso di sfida) e la

Il dott. Roberto Marozzimedico biologo eresponsabile dellaCommissione ScuolaAido regionale

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presenza di un medico esperto nelcampo è una garanzia.Gestire gli incontri richiede grandestabilità e capacità di comprensione:i più piccoli sono suggestionabili esubito riferiscono in famiglia quantovisto ed ascoltato, i ragazzi dellemedie comunicano tra gruppi ed ènecessario gestire la loro esuberanza,quelli delle superiori invece si vo-gliono affermare spesso come adultiintraprendenti davanti ai compagni.È un lavoro complesso ed impe-gnativo, quali le risposte che si ot-tengono?Alle elementari il discorso arriva su-bito, l’idea di donare e aiutare coin-volge i bambini e la loro curiosità chesollecita insegnanti e informatori conmolte domande. I piccoli inoltre sonoun canale diretto con le famiglie per-ché riportano tutto a casa e spessofanno nascere discussioni positive.Alle scuole medie il 90% dei ragazzipresenti ha incontrato Aido in 5° ele-mentare, ma è molto diverso e sem-bra un altro individuo. L’adolescenzae il nuovo tipo di scuola rendono ne-cessario un approccio differente, per-ché completamente diverso è propriol’atteggiamento dei ragazzi stessi.Riproporre il messaggio secondomodalità nuove è comunque efficace,stando con loro ci si rende conto chequello, apparentemente nascosto, se-minato alle elementari ha lasciatotraccia.Alle scuole superiori il messaggio in-vece è scambiato tra adulti e deve af-frontare temi tecnici e morali inun’ottica di costruzione e di cittadi-nanza consapevole.L’innovazione è stata la chiave delsuccesso, quali i margini per il fu-turo?Su invito degli insegnanti stiamopensando ad un cd interattivo. Oggiil dvd con il semplice filmato ed il sitoweb statico, seppur completo nellaparte espositiva, comincia ad esseremeno efficace, dobbiamo farci trovarepronti rispondendo agli stimoli deigiovani. Già oggi durante gli inter-venti nelle scuole elementari speri-

mento un programma costruito conimmagini che coinvolge direttamentedue alunni in un confronto concretotra auto e corpo umano, guasto e ma-lattia, officina e ospedale, con gli altriche sono attirati da questo gioco alcomputer.La parte importante resta comunqueil dibattito e la costruzione del lavoroin condivisione con gli insegnanti. Idocenti inoltre, a fine attività, compi-lano un questionario di soddisfazioneche ci serve molto per continuare amigliorare.A Milano, seppur con un impegnomolto lungo per la preparazione,ogni anno si realizzano due inter-venti con Role Play (gioco di ruolo)dove i ragazzi rivivono come attoriuna vicenda di donazione: anche que-sta è una novità.Da chi sono composte le equipèche incontrano gli studenti?Ogni volontario, selezionato e for-mato, dà la propria disponibilità perlavorare con i ragazzi più piccoli ocon quelli più maturi delle superiori.Oggi molte province come ad esem-pio Brescia, Mantova, Lecco, Monzae Milano hanno previsto per i ragazzidelle superiori anche la presenza diun rianimatore. A Bergamo è statoprodotto e sviluppato un dvd nelquale sono inseriti molti dati tramiteun sito statico per lasciare tutte le in-formazioni da approfondire sia ai ra-gazzi che agli insegnanti, che allascuola.Come si costruisce il rapporto coni docenti?Mandiamo una comunicazione sullenostre attività e la nostra disponibi-lità a tutti i dirigenti e a tutti i refe-renti per l’educazione alla salutenegli Istituti Comprensivi e nellescuole, ma anche nelle sedi distaccatecosicchè la nostra lettera non rischidi restare accantonata su una scriva-nia. Ad esempio a Bergamo sonooltre seicento e per conoscenza la co-municazione è inviata anche aigruppi territoriali Aido che così, so-prattutto per medie ed elementari,possono utilizzare il contatto diretto

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dato spesso dalla conoscenza perso-nale. Ne segue l’organizzazione degliincontri con gli studenti che è moltopiù efficace se inserito in un percorsodidattico; ad esempio in una scuolasuperiore della bergamasca abbiamopartecipato ad un’intera giornatadove gli studenti affrontavano iltema della salute e della donazionedal punto di vista giuridico, scienti-fico, filosofico, morale e il feed backavuto è stato di altissimo livello.La donazione è un tema delicatoattorno al quale in Lombardia mi-gliaia di persone si impegnanoogni giorno. Quale il ruolo deigruppi territoriali di volontariAido?I rappresentanti dei gruppi, e spessoil presidente, per elementari e mediesono sempre coinvolti nell’incontro.Il loro intervento però è pianificatosecondo la strategia dell’efficacia edel bilanciamento dei tempi con il fil-mato e l’intervento dell’esperto.Spesso la presenza di una personaconosciuta aiuta i bambini ad identi-ficarsi con valori e storie positive. Igruppi poi danno continuità aquanto seminato a scuola sia con ipiccoli che, soprattutto, con le lorofamiglie.L’esperienza di Aido, grazie ad unaequipè di un centinaio di volontari,riesce ogni anno a coinvolgere oltre15.000 giovani e 2.000 insegnati intutta la Lombardia.Capofila di questa attività è Ber-gamo, con circa 150 interventi al-l’anno, ma anche tutte le altreprovince rispondono con dati ottimi.Che ruolo ha la Lombardia in Ita-lia?Qui la rete costruita in molti anni trascuole e associazione è molto efficaceed è riuscita a superare l’ostacolo siadella burocrazia che della frammen-tazione dettata dal federalismo sco-lastico. Il nostro Comitato Regionaleha sempre fornito materiale a tutto ilterritorio nazionale, continueremoad essere propositivi e anzi…ab-biamo già molte nuove idee.

Clelia Epis

L’INCONTROA LEZIONE CON I GIOVANIMancano pochi minuti all’incontro tra Roberto Marozzi edalcune classi quarte di un Liceo a Bergamo. Marozzi stapredisponendo il materiale informatico, fondamentale chiaved’accesso al mondo giovanile, è tranquillo e ad un certo puntos’interrompe. Alza lo sguardo verso l’aula magna ancora vuotae dice: “I giovani sanno sorprenderci, per questo mi piacelavorare con loro. La loro forza sta nell’essere aperti al dialogo,che a volte si conclude su posizioni diverse dalle nostre, mache realmente vive uno scambio d’idee. I giovani conosconobene la differenza tra ascoltare e sentire, non restano maisordi a quello che si dice loro. A volte capitano degli incontricon ragazzi maturi, capaci di fare domande acute edinteressanti, che hanno la volontà di mettersi in gioco e nonrestano ancorati su posizioni sicure come fanno gli adulti”.Poco dopo la sala si riempie e gli sguardi incuriositi simischiano ad altri più distratti, il chiacchiericcio è ancora alto.Marozzi sveglia la loro attenzione ponendo una domanda drittae forte: “Donare sì o donare no? La risposta è individuale.L’invito che vi poniamo è quello di pensare però al drammache un adulto si trova a vivere quando deve scegliere sedonare o meno gli organi di un figlio o di un parente.” Si fasilenzio: “Scegliere – continua Marozzi- o parlare di questoargomento, può togliere dall’indecisione in un momento disofferenza e di logico dolore”. Qualcuno annuisce e si vaavanti leggendo insieme i dati sulla donazione in Italiaaggiornati a giugno 2011.Alle parole seguono immagini e musica, scorre il filmato Il valore della donazione, la curiosità si fa viva scoprendo qualie quanti organi e tessuti sia possibile donare.Dai ragazzi nascono domande su come sia possibileassociarsi, a che età si debba scegliere, fino a che età sipossa donare, Marozzi aggiunge dettagliatamente alcunespecifiche importanti sulla definizione di morte e di coma: “Èfondamentale informare in modo corretto. I giovani devonosapere esattamente che cosa s’intenda per i due stati, non vaassecondata l’imprecisione che a volte contraddistingue igiornali perché questa genera confusione e paura”.Il dibattito che segue scambia informazioni legate alla cronaca,a casi clinici celebri, al mercato degli organi, a curiositàmediche. “Ci hanno sorpreso anche questa volta vero? Sonopartiti in sordina e poi con i loro tempi e il loro linguaggiohanno comunicato con noi”.

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Chi era il Dr. Giuseppe Mosconi ?Alcuni dati di cronaca: Era nato nel 1927, figlio di Giulio, Sin-daco a Gandino, in provincia di Ber-gamo. E’ deceduto nel settembre del 2011. Si era laureato in Medicina nel 1952a Milano. Aveva poi ottenuto le spe-cializzazioni in medicina interna a Pa-via, in cardiologia a Torino e Pneu-

mologia a Milano. Dalle sue parole leggiamo

che “ in quegli anni ilmedico non era

un burocratelegato a

miglia-ia discar-toffie;ci vo-

l e v aumanità

e la dia-gnosi era una

soddisfazionepersonale “

Per oltre mezzo se-colo fu medico nel suo

paese. Fino all’ultimo impegnato atti-

vamente in molteplici attività sociali,culturali, politiche, sportive.In quel di Gandino si dedicò conprofessionalità ed entusiasmo anchealla Sezione AVIS. Di recente aveva pubblicato un arti-colato studio su Filippo Lussana, in-signe medico cui è dedicato il LiceoScientifico di Bergamo. Ma, chi è il Dr. Giuseppe Mosconiper noi dell’AIDO ? Era iscritto all’AIDO dall’ ottobre1975, quindi fin quasi dai primordi del-l’Associazione nella quale credettesubito con fermezza e passione.Uomo di elevata cultura, medico “distampo antico” attento alla personanella sua interezza. Valente sostenitore dell’AIDO, pro-digo di consigli e suggerimenti.

Ha presieduto per 22 anni il Colle-gio Regionale dei Probiviri con se-rietà, rigore e imparzialità, esattamentecome la carica richiedeva. Un compi-to non facile e molto delicato.Non è mai mancato alle nostre As-semblee Regionali, ovunque si svol-gessero, con interventi incoraggian-ti e lungimiranti.Dalle sue riflessioni per l’AssembleaRegionale di quest’anno, stralciamo al-cuni passaggi molto significativi pertutti noi: “L’impegno con cui i volontari operano ecollaborano con le Istituzioni e con le Or-ganizzazioni pubbliche e private, ri-sponde ai bisogni sociali e culturali degliindividui e della collettività; favorisce losviluppo della coscienza civile e della par-tecipazione democratica alla vita della Co-munità locale.Fra gli obiettivi che l’Aido si è prefisso diraggiungere a tutti i livelli di responsa-bilità, è il compito di tracciare linee gui-da, che servano di orientamento operati-vo per tutti, dalle piccole realtà locali allegrandi città.La campagna di informazione deve es-sere permanente e la recessione economi-ca non deve mettere a rischio l’esistenzastessa del Centro Nazionale Trapianti, conun affievolimento del diritto alla salutedel cittadino, come è scritto nella nostra Co-stituzione. Su questi temi l’AIDO etica-mente e moralmente si deve confrontare esu questi temi fondamentali deve vigila-re. Per ottenere queste finalità, che ritengobasilari, importante è la rivitalizzazio-ne delle Sezioni e dei Gruppi. Le condi-zioni ottimali esistono, perchè la concor-dia e la volontà sono sempre vive nel-l’Associazione, superando dissensi e im-precisioni statutarie o polemiche, nel dia-logo più aperto e fraterno, che è lo scopodel nostro esistere, per un bene comune” Caro Dr. Mosconi, con Lei abbiamoperso un grande Volontario; un at-tento osservatore, un prezioso colla-boratore. Grazie per tutto quello che ci hadonato.

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Tessuti e cellule, dal presente al futuro della ricerca e della curaIl sistema lombardo

AL SAN MATTEO DI PAVIASuperata la barrieradel prelievo a cuore fermo

Il Fenomeno di Raynaud un disturbo del tutto femminile

Nutrirsi per l’inverno

Dialogare è seminareSeminare è insegnare a donareIntervista a Roberto Marozzi responsabile Aido Lombardia per il Progetto Scuola

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Sommario

Mensile di cultura sanitaria del Consiglio RegionaleAIDO Lombardia - ONLUS

Anno XX n. 195 - novembre 2011

Editore: Consiglio Regionale AIDO Lombardia - ONLUS 24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Tel. 035 235327 - fax 035 244345 [email protected]

Direttore EditorialeLeonida Pozzi

Direttore ResponsabileLeonio Callioni

Collaborazioni scientificheDott. Gaetano Bianchi

Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo

Dott. Michele ColledanDirettore Chirurgia Generale III Direttore Centro Trapianti di fegato e di polmoni

Dott. Paolo FerrazziDirettore Dipartimento CardiovascolareDirettore U.O. di Cardiochirurgia

Dott. Giuseppe LocatelliConsulente del Dipartimento di Chirurgia Pediatrica

Prof. Giuseppe Remuzzi Direttore Dipartimento di Immunologia e Clinica dei Trapianti

Azienda Ospedaliera della Provincia di Lecco

Dott. Amando GambaDirettore U.O. Cardiochirurgia

Università Milano Bicocca

Prof. Roberto FumagalliDocente

NITp - Nord Italia Transplant

Prof. Paolo Rigotti - Presidente

Dott. Mario Scalamogna - Direttore

Istituto Mediterraneo Trapianti e Terapie di alta specializzazione - ISMeTT

Prof. Bruno GridelliDirettore Medico scientificoProfessore di Chirurgia Università di Pittsburgh

Istituto Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” - Bergamo

Prof. Giuseppe Remuzzi - Direttore

Yale University School of Medicine

Dott. Mario StrazzaboscoProfessor of Medicine,Director of Transplant HepatologyDepartment of Internal MedicineSection of Digestive Diseases

Redazione esternaLaura SpositoCristina GrandeEpis Clelia

Redazione tecnicaBergamo [email protected] Seminati

Segreteria e Amministrazione24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Tel. 035 235327 - fax 035 [email protected]@aidolombardia.itC/C postale 36074276Ester MilaniLaura Cavalleri

SottoscrizioniSocio Aido Simpatizzante Sostenitore Benemerito € 35,00 € 50,00 € 70,00 € 90,00

C/C postale 36074276 AIDO Cons.Reg.LombardiaONLUS Prevenzione Oggi

Si contribuisce alle spese di stampa come amici.

Il socio sostenitore ha diritto ad omaggiare un’altra per-sona previa segnalazione all’atto della sottoscrizione.

StampaCPZ - Costa di Mezzate BG

Finito di stampare prima decade di dicembre

Reg. Trib. di Milano n. 139 del 3/3/90

Le informazioni contenute in questo periodicovengono trattate con liceità, correttezza e tra-sparenza conformemente al D.lgs. n. 196 del 30giugno 2003 “Codice in materia di protezionedei dati personali”.

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

800 20 10 88NUMERO VERDE

Risponde l’Aido Lombardia

Spazio ai lettoriPer gli interventi dei lettori:

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È attivo il sito dell’Aido Regionale:

www.aidolombardia.it

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BergamoSezione 24125 - Via Borgo Palazzo, 90 Presidente: Monica VescoviTel. 035.235326Fax [email protected]

Cremona Sezione 26100 - Via Aporti 28Presidente: Daniele ZanottiTel./Fax [email protected]

Lecco Sezione 23900 - C.so Martiri Liberazione, 85Presidente: Vincenzo RennaTel./Fax 0341.361710 [email protected]

LodiSezione 26900 - Via Lungo Adda Bonaparte, 5Presidente: Emerenziano AbbàTel./Fax [email protected]

Brescia Sezione 25128 - Via Monte Cengio, 20Presidente: Lino LovoTel./Fax 030.300108 [email protected]

Como Sezione Presso A.O. Ospedale Sant'Anna22100 - Via Napoleona 60Presidente: Mario Salvatore BoscoTel./Fax 031.279877 [email protected]

Aido Consiglio Regionale Lombardia Sede: 24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Presidente: Leonida Pozzi Tel. 035.235327 - Fax 035.244345 [email protected]

Aido Nazionale Sede: 00192 Roma, Via Cola di Rienzo, 243 Presidente: Vincenzo PassarelliTel. 06.97614975 - Fax 06.97614989 [email protected]

Brescia

Bergamo

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Melegnano - MelzoLegnanoMilano

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Pavia Lodi

Cremona Mantova

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Mantova Sezione 46100 - Via Frutta, 1Presidente: Antonella Marradi Tel. 0376.223001Fax [email protected]

LegnanoMelegnanoMelzoSezione Pluricomunale20066 - Melzo (Mi)Via De Amicis, 7 Presidente: Felice RivaTel./Fax 02.95732072 [email protected]

Monza-BrianzaSezione Provinciale20052 - Monza (Mi)Via Solferino, 16 Presidente: Lucio D’AtriTel.039.3900853Fax [email protected]

MilanoSezione Pluricomunale20159 - Piazzale Maciachini, 11 Presidente: Maurizio SardellaTel./Fax [email protected]

Pavia Sezione Presso Policlinico Clinica Oculistica27100 - Piazzale Golgi, 2 Presidente: Luigi RiffaldiTel./Fax 0382.503738 [email protected]

Sondrio Sezione23100 - Via Nazario Sauro, 45Presidente: Franca BonviniTel./Fax [email protected]

Varese Sezione21100 - Via Cairoli, 14Presidente: Roberto BertinelliTel./Fax [email protected]

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