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XIII Assemblea Nazionale ElettivaL’Aido si rinnovaguardando al futuro

La formazione in medicina dei trapianti Quali percorsi offre il sistema universitarioitaliano rispetto a quello statunitense?Ce lo racconta il Prof. Mario Strazzabosco

Alcol e giovani

Calcolosi colecisticaUn problemasoprattutto al femminile

Calcoli biliarie alimentazione

Un convegno per informarei malati di fegato

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Mensile di cultura sanitaria del Consiglio RegionaleAido Lombardia - ONLUS

Anno XXI n. 201 - luglio 2012

Editore: Consiglio Regionale Aido Lombardia - ONLUS 24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Tel. 035 235327 - fax 035 244345 [email protected]

Direttore EditorialeLeonida Pozzi

Direttore ResponsabileLeonio Callioni

Collaborazioni scientificheDott. Gaetano Bianchi

Dott.ssa Cristina Grande

Regione Lombardia - SanitàDott. Sergio VesconiCoordinatore regionale prelievo/trapianto

Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo

Dott. Michele ColledanDirettore Chirurgia Generale III Direttore Centro Trapianti di fegato e di polmoni

Dott. Paolo FerrazziDirettore Dipartimento CardiovascolareDirettore U.O. di Cardiochirurgia

Dott. Giuseppe LocatelliConsulente del Dipartimento di Chirurgia Pediatrica

Prof. Giuseppe Remuzzi Direttore Dipartimento di Immunologia e Clinica dei Trapianti

Azienda Ospedaliera A. Manzoni di Lecco

Dott. Amando GambaDirettore U.O. Cardiochirurgia

Università Milano Bicocca

Prof. Roberto FumagalliDocente

NITp - Nord Italia Transplant

Prof. Paolo Rigotti - Presidente

Dott. Giuseppe Piccolo - Direttore Cir

Istituto Mediterraneo Trapianti e Terapie di alta specializzazione - ISMeTT

Prof. Bruno GridelliDirettore Medico scientificoProfessore di Chirurgia Università di Pittsburgh

Istituto Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” - Bergamo

Prof. Giuseppe Remuzzi - Direttore

Yale University School of Medicine

Dott. Mario StrazzaboscoProfessor of Medicine,Director of Transplant HepatologyDepartment of Internal MedicineSection of Digestive Diseases

Redazione esternaLaura Sposito; Clelia Epis; Fernanda Snaiderbaur

Redazione tecnicaBergamo [email protected] Seminati

Segreteria e Amministrazione24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Tel. 035 235327 - fax 035 [email protected]@aidolombardia.itC/C postale 36074276Ester MilaniLaura Cavalleri

SottoscrizioniSocio Aido Simpatizzante Sostenitore Benemerito € 35,00 € 50,00 € 70,00 € 90,00

C/C postale 36074276 Aido Cons.Reg.LombardiaONLUS Prevenzione OggiC/C UBI BANCA POPOLARE DI BERGAMOIT 57 R 05428 11106 000 000 071 903

Si contribuisce alle spese di stampa come amici.

Il socio sostenitore ha diritto ad omaggiare un’altra per-sona previa segnalazione all’atto della sottoscrizione.

StampaCPZ - Costa di Mezzate BG

Finito di stampare prima decade di agosto

Reg. Trib. di Milano n. 139 del 3/3/90

Le informazioni contenute in questo periodicovengono trattate con liceità, correttezza e tra-sparenza conformemente al D.lgs. n. 196 del 30giugno 2003 “Codice in materia di protezionedei dati personali”.

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

800 20 10 88NUMERO VERDE

Risponde l’Aido Lombardia

Spazio ai lettoriPer gli interventi dei lettori:

[email protected]

È attivo il sito dell’Aido Regionale:

www.aidolombardia.it

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La Lombardia ha accolto stupendamente, nello scorso mese di giugno, l’As-semblea elettiva nazionale della nostra Associazione. Nulla è stato la-sciato al caso – la location, l’ospitalità, la cadenza dei lavori, gliinterventi, le relazioni - e quindi possiamo serenamente affermare, in sededi bilancio, che eccellente è stato il lavoro organizzativo e gestionale del

Gruppo Aido di Coccaglio (Brescia), magistralmente coordinato dall’infaticabilecav. Lino Lovo. Da tanti anni, in realtà, la Lombardia non aveva l’onore di poteraccogliere i lavori di un’Assemblea elettiva dell’Aido Nazionale, e l’aver affron-tato questo compito con la competenza, la dedizione e la bravura del gruppo diamici di Coccaglio, consolida il buon nome e la credibilità del Consiglio regionalelombardo in sede nazionale. Grazie, a nome mio e di tutti gli esponenti Aido chehanno avuto il piacere di partecipare. Su questa eccellenza si è innestata poi laqualità, altrettanto elevata, dei contenuti dell’Assemblea. Un consistente numerodi pagine di questo numero di Prevenzione Oggi è dedicato alla presentazione,affidata al sempre più bravo Paolo Seminati, delle tematiche fondamentali e alla

descrizione degli orizzonti etici ed operativi che l’Aido siè dato nell’occasione. Un orizzonte reso chiaro dalla con-divisione di alcuni valori sui quali imperniare il nostro la-voro per il futuro. Un orizzonte che chiama l’Aido ad unulteriore sforzo per crescere nella consapevolezza di avereuna responsabilità nei confronti di una società civile capacedi esprimere peraltro grandi capacità nel settore della ri-cerca, della medicina e della chirurgia del trapianto di or-gani. Ma soprattutto siamo consapevoli di non averepossibilità alcuna di rallentare, poiché la sofferenza di chiaspetta in lista d’attesa e – come purtroppo ancora avviene– rischia ogni giorno la morte perché non è stato possibiletrovare un organo per il trapianto, è una sofferenza che ciriguarda, che contamina il nostro quotidiano chiedendoci dimoltiplicare gli sforzi nei confronti della politica, dell’eco-nomia, della pubblica amministrazione, della comunità

tutta che deve essere trascinata dalla nostra forza positiva a rendersi consapevoleche con il gesto d’amore della donazione di organi si possono vincere anche le sfidepiù ardue. In questo nuovo scenario associativo rivolgo ai nuovi eletti e a tutti co-loro che sono stati confermati, a cominciare dal presidente nazionale dott. Vin-cenzo Passarelli, i più sentiti auguri per un proficuo lavoro. Con la conferma chenoi ci saremo sempre: sia per sostenere che per stimolare, anche – se necessario – conla critica costruttiva. Non ci tireremo mai indietro. Rivolgo un particolare augu-rio di buon lavoro alla presidente della Sezione di Bergamo, Monica Vescovi, cheè stata investita del delicato e oneroso compito di amministratrice nazionale.

Invito poi i nostri affezionati lettori a soffermarsi anche sugli altri articolidella rivista. In particolare l’intervista al prof. Mario Strazzabosco, preziosoamico dell’Aido e professionista d’alto profilo che offre spunti molto interessanti inparticolare per la formazione di nuovi medici.

Così come una particolare riflessione è stata dedicata al tema del diffondersidella dipendenza da alcol fra i giovani. Si tratta di una epidemia spaventosa, chemiete vittime ad ogni età – per malattia o per incidenti – e che in realtà le fami-glie faticano ad affrontare anche perché poco aiutate a rendersi consapevoli delproblema e protagoniste degli interventi più incisivi.

Leonida Pozzi

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A Coccaglio un’Assemblea elettiva nazionale AIDOche segna un salto di qualità

nel corso della storia associativa

Editoriale

In copertina:foto di

Claudio Leoni - Fotoclub Airuno (Lc)

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Un esempio per tutti. Così si po-trebbe dire dell'Assemblea Na-zionale dell'Aido. Non suonicome una frase fuori luogo,soprattutto visto il periodo dif-

ficile che sta vivendo la nostra società e le isti-tuzioni. Ebbene si, nonostante tutto pare checi siano cose positive di cui parlare e da cuiprendere esempio, come l'Assemblea appunto.Lo sanno bene i volontari dell'Aido, che sonoin grado di ritrovarsi, discutere, affrontarei problemi, darsi degli obiettivi e rinnovarele cariche associative con una dignità e unacapacità di leggere il presente che fanno in-vidia al mondo della politica. Non ci vuolecertamente molto per superare le capacitàdella classe politica italiana, ma le riflessio-ni nate a Coccaglio lo scorso mese di giugnoe la capacità di pensare e programmare il fu-turo di questa associazione vanno menzio-nate con lode. Il documento finale che ne èscaturito (pubblicato in calce a queste pagi-ne assembleari) dà modo a tutta la colletti-

vità di rendersi conto di quanto proficuo siastato il lavoro in assemblea. Se si aggiungonopoi i vari spunti di riflessione nati dal con-fronto con le istituzioni e con le altre real-tà associative con cui si collabora, ne risul-ta una tre giorni di intensi lavori e di pro-fitto assoluto. I delegati sono venuti da tutta Italia per rap-presentare il territorio nazionale, ma non sisono trovati solo per eleggere gli organismicentrali che guideranno l'Aido per i prossi-mi quattro anni. Come ogni assemblea del-l’Associazione, hanno discusso il venerdì sul-la relazione del Presidente Nazionale uscen-te, hanno dedicato il sabato a riflettere sultema “Eccellenze e criticità della rete na-zionale trapianti", hanno votato ed hanno fe-steggiato gli eletti la domenica mattina perpoi ripartire verso le proprie case. Il tutto èsuccesso dall'1 al 3 giugno scorsi, a Cocca-glio, in terra Bresciana, nella nostra Lom-bardia. Vista l'importanza dell'evento non po-tevamo non essere presenti.

XIII Assemblea Nazionale Elettiva

L’AIDO SI RINNOVAGUARDANDO AL FUTURO

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L'AssembleaCome dicevamo, tutto ha inizio venerdì 1 giu-gno, quando la sala convegni dell'Hotel Tou-ring di Coccaglio si riempie via via dei de-legati Aido. L'apertura dei lavori è affidata aLino Lovo, Presidente dell’AIDO Provincialedi Brescia nonché uomo guida di un’impor-tante associazione di volontariato di Cocca-glio (il Gruppo Sportivo Vita per la Vita, dicui più volte abbiamo parlato in queste pa-gine) che rivolge subito un pensiero ai ter-remotati dell'Emilia e chiude esaltando il sen-so di solidarietà della comunità locale.Quindi viene eletto presidente dell'Assem-blea il Cav. Leonida Pozzi, vicepresidente laSignora Silvana Crepaldi (sezione AIDO Le-gnano-Melegnano-Melzo) e segretaria la Si-gnora Giuseppina Pancaldi (AIDO Emilia-Romagna). Ora che l'Assemblea è composta,il Presidente Nazionale uscente VincenzoPassarelli procede all'illustrazione della re-lazione di cui daremo ampio spazio. Primadi questo però è necessario sottolineare comel'Aido affronti questi lavori pensando ad uncambiamento. Nell’Associazione è forte laconsapevolezza che si deve saper cambiareper adattarsi alla società del futuro, senzastravolgere la mission per la quale è nata. Conqueste prime riflessioni Vincenzo Passarel-li si presenta all'assise, ma saranno concet-ti espressi più volte nel corso dei lavori.Quindi procede alla lettura della relazione cheè un vero e proprio Bilancio Sociale, comeespresso dalle sue parole: “Nella cartellacongressuale trovate la copia della quinta edizionedel Bilancio Sociale dell’Aido Nazionale. Il bi-lancio sociale è stato definito come «un processocon cui si valutano e un documento con cui si co-municano agli interlocutori gli aspetti sociali eambientali dell’agire di una organizzazione».Aido, con questo strumento, vuole pertanto ren-dere ancora più trasparente il suo profilo mora-le. Il Bilancio Sociale è costruito con l’affianca-mento metodologico di Sinopsis Lab – Labora-torio di Innovazione e reti territoriali di Man-tova.Sarà inviato come ogni anno alle SezioniProvinciali, alle Sedi regionali, alle Istituzionie a tutti coloro che sono interessati all’attività as-sociativa, ovvero gli Stakeholder.Inoltre sarà con-sultabile in rete sul sito associativo www.aido.it".Già questo rende il profilo dell'Associazio-ne un passo avanti rispetto ad altre realtà. Ve-niamo ora a presentare i concetti espressi dal

documento. Cercheremo di darne una sin-tesi adeguata.

Si parte dai numeriLa prima parte del Bilancio Sociale Aido èricca di numeri. È il punto di partenza, l'in-formazione essenziale e oggettiva su cui poifondare le riflessioni. Si parla ovviamente del-la rete nazionale trapianti con i dati riferitiall'anno solare 2011 e se ne evidenziano leeccellenze e le criticità, con quella capacitàdi analisi che non vede solo positivo, ma sadare il giusto peso anche alle difficoltà e daqueste partire per migliorare. In sintesi eccole riflessioni.

EccellenzeI dati dimostrano che nonostante le criticità la retenazionale “tiene”.Nel 2011 il numero totale di donatori utilizzatiha avuto un incremento di circa 1.6%.Il numero dei soggetti sottoposti ad accertamen-to di morte con standard neurologici è pari a 37.4per milione di abitanti, con una differenza tra leregioni del Centro-Nord e quelle del Centro - Sud. I pazienti trapiantati in numero assoluto sono2940: 64 in più rispetto al 2010.La qualità di trapianto di organi, tessuti e cel-lule è considerata di eccellenza internazionale. I dati sull’attività di trapianto di cuore, fegatoe rene in Italia per il periodo 2000-2009 con-fermano l’efficienza di tutti i Centri e l’eccellen-za nei risultati:

A 9 anni dal trapianto di rene: il 97% dei pa-zienti è vivo;A 9 anni dal trapianto di cuore: l’84% dei pa-zienti è vivo;A 9 anni dal trapianto di fegato: l’86% deipazienti è vivo;Lavorano o sono nelle condizioni di farlo il90% dei trapiantati di rene e cuore, l’80% difegato;

Alcune donne trapiantate hanno portato a ter-mine una o due gravidanze;Molti pazienti praticano sport.

CriticitàNelle rianimazioni muoiono meno persone conlesioni cerebrali;Si è alzata l’età della popolazione deceduta; Persiste ancora una insufficiente organizzazio-ne territoriale delle urgenze;Alcune rianimazioni partecipano poco al pro-gramma di reperimento di organi;

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C’è in molti casi un approccio non coinvolgentedel Coordinatore con la famiglia che sta viven-do un lutto improvviso;É necessario da parte delle Istituzioni regiona-li una maggiore attenzione e continue verificheal modello organizzativo;L’intera struttura aziendale deve intendersi im-plicata a pieno titolo e con piena disponibilità nelprocesso di donazione e trapianto; Ci sono molti Centri che non raggiungono gli stan-dard minimi di attività clinica annuale;É importante mantenere il livello di informa-zione/comunicazione/promozione verso la cit-tadinanza;É importante continuare a sviluppare pro-grammi che sfruttino al massimo la potenziali-tà dei “donors” anziani (per il cuore il programmaADONHERS dell’Istituto di Fisiologia Clinicadel CNR di Pisa).

Non si dimentichi che questa è un'analisi alivello nazionale, una realtà diversa dalla solanostra Lombardia, che spesso eccelle in mol-ti di questi campi, ma che non rappresentatutta la Nazione. Guardando oltre possiamorenderci conto di quanto di positivo si fa sulnostro territorio, e possiamo prendere spun-to anche da eccellenze di altre regioni per mi-gliorare ancora.

Aido: presenza sul territorioQuesto nuovo capitolo riguarda la distri-buzione dell'Aido sul territorio nazionale.Già nell'edizione di maggio/giugno diPrevenzione Oggi, all'interno del docu-mento dell'Assemblea Regionale, si è datoampio spazio alla composizione dell'Asso-ciazione. Qui sottolineiamo solo come l'Ita-lia, anche in questo caso, sia diversificata.Per chi volesse approfondire, sul sitowww.aido.it può trovare la versione inte-grale del documento.

La struttura associativaAl di la dei numeri riguardanti le riunioni deivari organi associativi, ritengo interessantela parte riguardante il programma che l'Ai-do si era dato quattro anni fa. È un modo perpoter capire l'evoluzione dei tempi e per ve-rificare l'effettiva capacità dell'Associazionedi raggiungere gli obiettivi.“Il programma di attività dell’Associazione - silegge nel Bilancio Sociale - , sulla base delle li-nee enunciate dalla mozione finale dell’Assem-

blea Nazionale di Sesto Fiorentino (FI) del 6,7 e 8 giugno 2008, verteva sui seguenti punti:

- Il potenziamento dell’informazione.- La progettazione di una formazione per-manente.- Lo sviluppo del sistema informativo SIA(Sistema Informativo Aido) con nuove di-chiarazioni di volontà positive alla donazione.- La riorganizzazione associativa: territo-rialità, organismi associativi, autonomiaeconomica.- Il potenziamento politico e gestionale del-la Struttura Nazionale. - Il rilancio del Fondo Boccioni con l’ade-guamento della denominazione e delle fina-lità.

Nel corso del quadriennio le assemblee interme-die oltre a verificare l’applicazione del programma,hanno valutato positivamente il lavoro svolto ein alcuni casi suggerito proposte migliorative".Se si vuole giudicare l'operato dell'Asso-ciazione a livello nazionale si deve partire daqui. Credo non sia il compito di queste pa-gine, le quali vogliono invece illustrareun'evoluzione associativa che rispecchiaquella della nostra società. Mi preme sot-tolineare le similitudini tra questo e il pro-gramma per il prossimo quadriennio. Tretemi restano centrali nelle azioni da com-piere: informazione, formazione e struttu-ra. Sorprende come già quattro anni fa si èstati capaci di essere precursori, perché è sot-to gli occhi di tutti che oggi più che mai c'èbisogno di tutto questo. Magari con stru-menti nuovi e adatti ai tempi, ma è chiarocome l'Associazione sappia quello che c'è dafare.

Le azioni e i risultatiQuesto forse è il capitolo più interessante edè anche il più corposo. Si parla di ciò che siè fatto, e si è fatto molto. Raccogliamo soloalcune iniziative e come sempre lasciamo allettore interessato il compito di integrare apiacere le informazioni sul sito Aido.

L’informazione e la comunicazioneCampagna informativa:«Donazione: parlane oggi»La campagna nata nel 2008 nasce per svilup-pare il tema dell’“argomento imbarazzante” conpiccoli esempi di vita quotidiana per cambiare,poi, il concetto di ciò che è veramente imbaraz-

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zante. Si vuole dire che la donazione degli or-gani dovrebbe diventare argomento di cui poterparlare senza remore o imbarazzi, sia con colo-ro che amiamo che nella società in cui operiamoe viviamo.La campagna, che ha avuto il patrocinio del Cen-tro Nazionale Trapianti, è composta da tre lo-candine, un opuscolo informativo, due pannellie un spot televisivo con testimonial AlessandroGassman. É finanziata con il ricavato del 5 xmille e il materiale è inviato gratuitamente allesedi periferiche.Tre Regioni (Emilia–Romagna, Lombardia eToscana) hanno supportato la campagna con del-le iniziative locali.

Giornale “L’Arcobaleno”L’Arcobaleno è giunto al 14° anno di vita. Latiratura media è di 8.000 copie. Viene inviato aisoci abbonati, a istituzioni e categorie varie. Dairiscontri risulta un canale di informazione ap-prezzato sia all’interno che fuori dall’Associa-zione. Nel 2011 ha mantenuto la periodicità tri-mestrale con la pubblicazione di 4 numeri.

Sito www.aido.it Le pagine web della nostra associazione sono on-line da 11 anni. Dal lontano 2001 il numero de-gli utenti del sito www.aido.it ha continuato acrescere senza interruzioni passando dagli ini-ziali 2.600 contatti mensili agli attuali 435.000.

Aido su FacebookL’obiettivo principale della fanpage Facebook diAido nazionale, che ha festeggiato il secondo annodi presenza on line, è quello di informare cor-rettamente sul tema della donazione di organi unalarga fascia di utenti di internet che tradizio-nalmente, pur frequentando social network o al-tre realtà della rete sono, per vari motivi, poco pro-pensi ad informarsi sui siti web tradizionali. La“Bacheca” Aido è frequentata, oltre che dai sociAido e dai responsabili delle sedi locali, anche dapazienti che hanno subito un trapianto o che sonoancora in lista d’ attesa e da utenti italiani e stra-nieri in cerca di informazioni corrette sul temadella donazione di organi.Nel corso del 2011 la pagina ufficiale di AidoNazionale su Facebook, attiva dal febbraio2010 ha guadagnato 4.000 nuovi apprezzamentidagli utenti della rete, attestandosi a 15.500 “MiPiace”. I 10.000 “utenti” Aido raggiunti settimanalmentesono in maggior parte donne (58%, contro il 42%

di uomini) e la fascia di età più rappresentata èquella 25÷34 anni (17% donne e 12% uomini).Tra i Paesi esteri più presenti, gli Stati Uniti, ilRegno Unito, la Germania, la Francia, la Spa-gna, la Svizzera, il Brasile, il Belgio e l’Argen-tina. I post di maggior interesse raggiungono pun-te di 10.000 visualizzazioni totali, mentre il nu-mero di post visualizzati mensilmente è pari acirca 300.000.Recentemente anche la bacheca Aido ha assun-to l’aspetto del “diario”, adeguandosi alle ulti-me innovazioni tecnologiche di Facebook per con-sentire agli utenti una più facile consultazione de-gli eventi passati e agli amministratori una ge-stione globale più agevole.

Mi piace chiudere il capitolo dell'informazionemettendo al centro alcune riflessioni. La pri-ma è la capacità dell'associazione di utilizzarenumerosi canali di informazione. La secon-da riguarda la presenza in Facebook. Si è di-battuto a lungo sull'opportunità della pre-senza di Aido su un canale di questo tipo.Dopo un'attenta valutazione si è capitocome fosse una necessità esserci per veico-lare un'informazione corretta. Che un'asso-ciazione sappia utilizzare più canali d'infor-mazione è una necessità, ma che sia in gra-do di adeguarsi pienamente al tempo in cuiopera e lo faccia con professionalità, è sicu-ramente un merito in più che va messo in evi-denza.

La formazioneUno degli obiettivi del programma quadriennaleverteva sulla progettazione di una formazionepermanente. Nonostante tutti si dichiarino d’ac-cordo sull’importanza della formazione, nella pra-tica poi non si fa – tranne rare eccezioni – né èstata significativa la partecipazione ai corsi or-ganizzati da alcune Aido Regionali. Il Consiglio Nazionale pertanto pur non esclu-dendo i corsi residenziali ha progettato come pri-mo momento il corso on line sulla morte cerebrale:prima tappa di un cammino. Vista la buona partecipazione e il gradimento, èin fase avanzata e sarà presentato nel corso di que-sta Assemblea, il nuovo corso sulle problematichegenerali dei trapianti, denominato “Save the date2013”. Si tratta di una modalità innovativa per distri-buire in modo semplice, economico e per un annointero pillole informative sull’argomento delcorso attraverso un’agenda con approfondimen-

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ti sul web. La realizzazione è stata affidata, comeil corso precedente, alla Società di Formazionecontinua ed integrata Eureka di Lucca. É pre-vista la stampa di 1.000 copie di cui 500 da uti-lizzare all’interno delle nostre strutture e a cam-pione tra gli studenti delle scuole superiori op-portunamente selezionate. Le altre 500 copie sa-ranno inviate a persone esterne di riferimento checontribuiranno a testare questo modo di fare in-formazione.

Progetto di ricerca «Dono organi e comunità immigrate”Il progetto prevede un’indagine rivolta al rap-porto fra donazione degli organi e comunità diimmigrati, nel tentativo di indagare i seguentiambiti: il grado di integrazione delle comunità studia-te nelle realtà territoriali, socio-economiche e cul-turale considerate e, in particolare, rapporti conle istituzioni e le strutture sanitarie, i servizi so-ciali, la rete delle organizzazioni associative; l’etica della solidarietà diffusa all’interno deigruppi di immigrati, intesa sia in senso intra-comunitario sia in relazione alla società “ester-na”; i rapporti delle persone coinvolte nella ricerca coni servizi sanitari presenti sul territorio, nonchécon i servizi sanitari nel paese di provenienza; l’influenza della cultura d’origine sugli attualiatteggiamenti dei cittadini immigrati riguardocorpo, salute, malattia, guarigione; riguardo al tema specifico della donazione e tra-pianto degli organi, saranno indagati gli even-tuali rapporti con questa pratica nella storia per-sonale e familiare, sia in Italia che nel paese diprovenienza (incluse le eventuali esperienzecome “riceventi”; in definitiva, sarà sondato l’atteggiamento com-plessivo di disposizione o di resistenza verso ladonazione degli organi, evidenziando gli even-tuali ostacoli culturali o istituzionali, e l’eventualeruolo di figure di mediazione politico-cultura-le da impiegare per la sensibilizzazione e l’in-formazione sull’argomento; parallelamente all’indagine sulle comunità di im-migrati, è fondamentale approfondire la cono-scenza del funzionamento delle sezioni Aido neiterritori selezionati, per capirne le potenzialitàma anche le carenze, il bacino (anche potenzia-le) d’utenza ed eventualmente la possibilità di in-staurare cooperazioni internazionali con i prin-cipali paesi di provenienza migratoria.

La ricerca, coordinata dalla dottoressa Fantauzzi,docente di Antropologia culturale e medica pres-so l’Università di Torino, sarà effettuata da ungruppo di lavoro a livello nazionale composto daricercatori debitamente selezionati che abbianocompetenze socio-antropologiche e siano forma-ti sull’argomento. Il finanziamento sarà assicu-rato dal contributo del 5 x mille del 2008.

Anche in questo caso mi preme sottolinea-re la visione al futuro dell'Associazione. I cor-si on-line non sono certo di dominio pubblicoo di uso comune, ma rappresentano una svol-ta epocale e necessaria. Essere precursori si-gnifica arrivare preparati prima degli altri,anche se ora non se ne ha la percezione. Ilprogetto sulle comunità immigrate invece ciaiuterà a comprendere una società che è incontinua evoluzione e trasformazione ancheper i flussi migratori. Oramai siamo cittadinidel mondo e anche i volontari devono di-ventare volontari del mondo.

CollaborazioniSi apre quindi il capitolo delle collaborazio-ni. Qui si apprende come l'Aido abbia sapu-to guadagnarsi un patrimonio di credibili-tà immenso verso le istituzioni, grazie allasua serietà e alla capacità di tutti i volonta-ri sul territorio. Mi permetto di riassumerele collaborazioni ad un mero elenco che giàper la sua consistenza appare significativo:Ministero salute: Consulta Tecnica Trapianti; Mi-nistero Salute: Campagna informativa; MinisteroSalute: Giornata Nazionale Donazione; Cen-tri Interregionali di Riferimento (CIR); CentroNazionale Trapianti (CNT): progetto Tessuti;Centro Nazionale Trapianti (CNT); CNR –CNT : Progetto ADHONERS; Società Italianaper la Sicurezza e la Qualità nei Trapianti(SISQT); SITO (Società Italiana Trapiantid’Organo); Università di Pisa: master di primo

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livello; SISM (Segretariato Italiano Studenti Me-dicina); FITOT; SANIT Forum Internazionaledella Salute; Accordo CNIFP e AidoCampagna “Ubriàcati di Vita”; CampagnaPubblicità Progresso; Gruppo Sportivo “Vita perla Vita”; Parma Calcio – Testimonial Aido; Vil-laggio Solidale; Adesione al Comitato Editorialedel periodico “Vita”; Pubblicazione dei volumi:Il trapianto moltiplica la vita, ed. Baldini e Ca-stoldi; Santi o schiavi? Prospettive e problemi del-la donazione di organi da vivente, Dalai edito-re; La donazione in Italia, Sperling editore. Seguono quindi le conclusioni che chiudo-no la prima giornata dei lavori assemblea-ri.

La speranzaCon un titolo ad effetto vorrei sottolinea-re la giornata del sabato, perchè ha con-tribuito a rendere positiva la visione del fu-turo. Resta un lungo cammino da compiere,ma dalle parole spese in questa giornata cisi rende conto che raggiungere risultati èpossibile. Speranza appunto.Due sono stati i momenti: il convegno delmattino e la discussione del pomeriggio.Ma è soprattuo il primo sul quale vorreisoffermarmi in quanto la presenza del di-rettore del Centro Nazionale Trapianti,Dottor Alessandro Nanni Costa ha resoonore alla nostra Associazione, soprattuttocon le sue parole di stima e la sua dispo-nibilità a rispondere alle domande dei de-legati sul tema: “Eccellenze e criticitàdella Rete Nazionale Trapianti”.Innanzi tutto bisogna dire della sua pre-sentazione. Senza allargarsi troppo sui nu-meri ma esprimendo i concetti: le donazioninon vanno così male come si afferma. Il Dr.Nanni Costa ha voluto andare contro cor-rente rispetto al pensiero comune diffusoP

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XIII ASSEMBLEA NAZIONALE ELETTIVACOCCAGLIO (BS), 1-2-3 GIUGNO 2012

INDIRIZZI DI POLITICAASSOCIATIVA 2012-2016Visto che- Aido é unica su tutto il territorio nazionale e il suo Statuto ne è ilriferimento fondamentale; - Aido é un’Associazione di Volontariato, apartitica, interetnica,aconfessionale, senza scopi di lucro, senza discriminazioni disesso, razza e lingua. É stata costituita per incrementare ladonazione volontaria, gratuita ed in forma anonima degli organi,tessuti e cellule post-mortem;- Altri obiettivi sono la prevenzione sanitaria nel nostro Paeseattraverso l’informazione corretta e la promozione di corretti stilidi vita per affermare il modello sociale di riferimento fondato sulprincipio solidale di mutuo aiuto e della responsabilità civile eraggiungere così il diritto alla salute per tutti e diffondere lasolidarietà;- Aido, i suoi volontari e iscritti sono quindi testimoni di altruismo,umanità, volontariato, gratuità, consapevolezza, responsabilità esono promotori di cultura della solidarietà, del dono, dellapartecipazione, di stili di vita positivi e di salute;- Aido, come il Volontariato in senso lato, rappresenta unpatrimonio di valori e di socialità riconosciuto da Istituzioni ecittadini e impegna l’Associazione ad un’assunzione diresponsabilità;

Considerato chele difficoltà gestionali riscontrate in relazione al continuo aumentodelle richieste rivolte al Volontariato e le difficoltà oggettive direperimento delle risorse finanziarie a tutti i livelli, relative allasituazione sociale ed economica del Paese, si possonocontrastare aumentando la qualità del nostro agire e rinnovandola sostanza del nostro impegno;

Ritiene prioritarie le seguenti azioni e dà mandato al ConsiglioNazionale di procedere con i seguenti temi:

INFORMAZIONE E SITOAlla luce degli strumenti tecnologici e delle forme dicomunicazione esistenti, si ritiene necessaria la produzione dinuovo materiale informativo e un restyling del sito anchepotenziandolo nei siti regionali collegati per rendere efficace,omogeneo e credibile il nostro messaggio.

RETE CON LE ALTRE ASSOCIAZIONI E RAPPORTI CON LE ISTITUZIONI Promuovere la collaborazione con altre espressioni diVolontariato, soprattutto quelle del dono, rafforza ed esalta lanostra stessa identità, diviene strumento per l’affermazione di talivalori e permette una ancor maggiore credibilità verso lapopolazione. Questo riconoscimento dovrà impegnare Aido a

Il Dr. Nanni Costa illustra i dati del Centro Nazionale Trapianti

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da una cattiva informazione, fotografandouna situazione italiana di sostanziale tenutadelle donazioni nel 2011 oltre ad una ri-presa delle regioni meridionali, anche in ter-mini di riduzione delle opposizioni, che ren-de la situazione del Paese più omogenea diquanto si pensi. Ovviamente non si è la-sciato andare a facili trionfalismi, ma ha pre-sentato tutte le criticità della rete ed anchela necessità di ripensare e provare nuovestrade proprio ora, quando si stanno rac-cogliendo i frutti del lavoro fatto alla finedegli anni 90 con la promulgazione dellafamosa legge n.91. “Ora si può parlare di unsistema con le donazioni in crescita e liste d'at-tesa in equilibrio, con alcuni problemi”. Que-ste sono state le parole del Dr. Nanni Co-sta, suffragate dai dati ufficiali presentati du-rante l'Assemblea. Non ha esitato a direcome la cattiva percezione della realtà creispesso ulteriori problemi e difficoltà. Pre-sentando poi i dati riferiti alle singole ti-pologie di trapianto, si è ben compresocome davvero le liste d'attesa, in questo mo-mento, siano in equilibrio.Interessante poi l'analisi del sistema el'affermazione su cui il futuro delle politi-che sanitarie nazionali in un sistema re-gionalizzato, non può e non deve essere fat-to in contrasto con le Regioni stesse.Questo per dire che le politiche nazionaliandranno impostate e condivise con tuttii soggetti interessati, anche con i centri in-terregionali, che non brillano certo peromogeneità nei compiti e nella composi-zione. Una delle difficoltà sarà quelle in fu-turo di superare queste diversità, coinvol-gendo tutti in un processo condiviso dicambiamento.Si dovrà affrontare anche il tema della so-stenibilità del sistema nel suo complesso, construmenti idonei a rimuovere doppioni einefficienze. Non è la semplice riduzione deicentri trapianti che determina l'efficienza delsitema, bisogna partire dai risultati dei sin-goli centri, valutarne bene costi e beneficie quindi decidere cosa fare. L'esempio del-l'Inghilterra è davanti agli occhi di tutti: èstata la prima a decidere una forte pianifi-cazione dei centri trapianti ma ora è la na-zione con i risultati peggiori.Bastano questi concetti per rendere l'ideadi quanto sia stata importante questa as-semblea per il mondo dell'Aido. Il Dr. Nan-

ni Costa ha continuato il dibattito con l'As-semblea per tutto l'arco della mattinata il-lustrando i progetti futuri e confrontandosicon la platea.Ne è risultata una sessione che più di altrimomenti formativi ha contribuito allacrescita personale di ogni delegato. Per re-stare in tema di formazione è stato poi pre-sentato dal Dottor Alberto Mandoli del-la società Eureka di Lucca il progetto“STD-Save the date 2013”, un percorso diformazione continua e integrata sulle te-matiche generali dei trapianti. Quindi ègiunto il momento del Progetto di ricer-ca: “Dono, organi e comunità immigrate:aspetti sociali, culturali e medico-sanitaridel dono del sé nell’altro” con l'interven-to della Dott.ssa Anna Maria Fantauzzi del-l'Università di Torino, che ha chiuso la mat-tinata di lavori.

Il votoDopo la discussione del pomeriggio sul Bi-lancio Sociale è arrivato il momento tantoagognato delle votazioni. Sono stati elettii componenti dei vari organi nazionali. Daallora il Consiglio si è già riunito ed ha elet-to il nuovo Presidente e la nuova Giunta.Ecco la composizione. Giunta di Presidenza: Presidente Vincen-zo Passarelli, Vice Presidente Vicario Ales-sandra Luppi, Vice Presidenti Filippo Car-boni e Gabriele Olivieri, Segretario ConcettaDi Filippo, Amministratore MonicaVescovi.Consiglio Direttivo Nazionale: AnnamariaSaviolo (Alto Adige), Mario Blasi (Basili-cata), Giampietro Della Cananea (Calabria),Guglielmo Venditti (Campania), Alessan-dra Luppi (Emilia Romagna), Daniela Mu-cignat (Friuli Venezia Giulia), Concetta DiFilippo (Lazio), Mauro Cervo (Liguria), Fe-

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I neoeletti con la presidenza dell’Assemblea

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lice Riva (Lombardia), Monica Vescovi(Lombardia), Roberto Ciarimboli (Marche),Rita Viscovo (Molise), Graziella Giani(Piemonte), Filippo Carboni (Puglia), Sal-vatore Pinna (Sardegna), Vincenzo Passa-relli (Toscana), Lucio Luciani (Trentino),Pietro Fiorentini (Umbria), Paolo Civelli(Valle d’Aosta), Gabriele Olivieri (Veneto),Flavia Petrin (Veneto).Collegio dei Probiviri: Vittorio Mazzotto(Emilia Romagna), Eva Di Rubba (Tosca-na), Giuseppe Vittorio Catapano (Puglia).Collegio dei Revisori dei Conti: SilvanaTrozzi (Emilia Romagna), Daniele Dame-le (Friuli Venezia Giulia), Nicoletta Sca-razzai (Veneto).Permettetemi infine una menzione specia-le per Lino Lovo, “padrone di casa” di que-sta Assemblea, che per la prima volta nonviene eletto tra le fila dell’Associazione Na-zionale. A lui è andato il rigraziamento per-sonale del Cav. Pozzi e di tutta l’Assembleaper l’impegno profuso in questi anni. Sem-pre propositivo e pieno di grinta, sicura-mente continuerà ad essere un punto di ri-ferimento per tutta l’Associazione.

La chiusuraIl mattino della domenica è il momento del-la fine dei lavori e della festa. Ci sarebbe an-cora molto da raccontare, ma quello che piùimporta è che c'è ancora molto da fare e tan-te persone che si spendono con energia, vi-talità e professionalità per realizzare la mis-sion dell’Associazione. L'Aido ha bisognodi persone così pur avendone già molte. Ilmondo del volontariato è vivo ed ha anco-ra passione per il bene comune. È davve-ro un esempio di speranza in questi mo-menti di crisi. Ripartiamo da qui.

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mantenere il ruolo attivo e di stimolo (ove necessario) verso leIstituzioni in senso lato: un corretto e trasparente rapporto ènecessario per il conseguimento dei nostri obiettivi primari.

NUOVI CITTADINI La vocazione di apertura di Aido, e in senso lato del Volontariato,che considera indispensabile l’affermazione del valore della vita,dei diritti universali e, in particolare, del diritto alla salute per tutti- nonché la consapevolezza che donarsi è innanzitutto un dirittodi ogni persona - deve impegnare nell’opera d’informazionecorretta verso le persone recentemente arrivate nel nostro Paese.Dovrà dunque essere responsabilità precisa del prossimoConsiglio Nazionale attivare percorsi che prevedano il contattocon queste comunità, anche alla luce della consistenza numericadi queste ultime, per colmare le lacune informative sul tema delladonazione e del trapianto di organi, tessuti e cellule che, permotivi culturali, economici o religiosi, molte di loro hanno.

FORMAZIONE CONTINUA Realizzare la formazione continua nei diversi aspetti, da quellipratici a quelli concettuali: necessaria riflessione econtestualizzazione dell’impegno associativo dei dirigenti eattivisti esperti, opportunità di crescita personale e associativaper le nuove forze e forma di coinvolgimento per i cittadini, inparticolare della popolazione giovanile, verso il progetto culturaledi Aido.

RIORGANIZZAZIONE ASSOCIATIVA È inderogabile un progetto profondo sulla riorganizzazioneassociativa della struttura nazionale che analizzi seriamente ilquadro attuale in cui operiamo (il sistema sociale, le tecnologieesistenti, il contesto istituzionale, il sistema economico-finanziario), per permettere realmente di essere efficaci eefficienti nel nostro impegno civile, com’è sempre accaduto nellanostra storia. Questa responsabilità, ripartendodall’interiorizzazione degli obiettivi primari di Aido, dovrànecessariamente riprendere le strategie per la loro affermazione,la struttura organizzativa e i meccanismi operativi entro i primidue anni di mandato per permettere ad Aido di divenirestrumento e non fine del nostro agire. É essenziale istituire poi unsistema qualificato di valutazione che preveda l’esplicitazione deirisultati attesi e un’analisi dell’azione a fine anno e fine mandatoin termini quantitativi e qualitativi: è indispensabile superare lafase spontaneistica dell’agire volontario.Ritiene indispensabile ripensare ad azioni atte al reperimento dirisorse finanziarie e alla loro ridistribuzione finalizzata adun’ottimale organizzazione.Si dovrà inoltre valorizzare al meglio le risorse umane e materialiesistenti, considerandole virtualmente un patrimonio comune aldi là della loro formale attribuzione: un sistema premiante laqualità e la serietà dei volontari, stimolare la collaborazionesostanziale tra le strutture, soprattutto quelle dello stesso livello.Dovrà essere favorita la condivisione, la qualità, l’efficacia el’innovazione, attraverso l’effettivo lavoro di gruppo e insieme lavalorizzazione delle competenze individuali, concentrando glisforzi su progetti significativi – anche con l’aiuto di professionistiesterni - senza temere di sperimentare nuove strade di azione enuovi ambiti di presenza.

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“Ho sempre accarez-zato l’idea di un pe-riodo di ricerca al-l’estero dopo laspecializzazione e

con una buona dose di quella che gliamericani chiamano persistence ci sonoriuscito. Convinsi i miei professori a tro-vare i fondi per permettermi di andarenegli States e la loro scelta ricadde su ilLiver Center dell’Università di Yale,dove non solo sono sopravvissuto alla te-rapia d’urto tipicamente americana del“o nuoti o affoghi”, ma ho avuto anche lafortuna di lavorare presso il laboratoriodi biologia cellulare del fegato direttodal Prof. Jim Boyer”. A parlarci conassoluta naturalezza della sua stra-ordinaria esperienza non è uno stu-dente qualunque ma il Prof. MarioStrazzabosco, epatologo di fama in-ternazionale ed esperto in Medicinadei trapianti di fegato con un curri-culum professionale a dir poco invi-diabile. “Rientrato in Italia nel 1993, hocercato di trasferire presso l’AziendaOspedaliera Universitaria di Padova -prima come Dirigente Medico di primolivello, poi come Responsabile della Se-zione Trapianti di fegato della ClinicaMedica I - quanto imparato oltreoceanonella ricerca e nella clinica. Qui - durantegli anni eroici della trapiantologia - hoavuto la fortuna di lavorare assieme agrandi chirurghi finché grazie a questaesperienza sono stato chiamato nel 2000agli Ospedali Riuniti di Bergamo, dove- dopo essere stato Primario di Gastro-enterologia ed aver dato inizio, assiemeal Prof. Gridelli, al Centro Trapianti diFegato - ho costituito il CeLiveR, unCentro Studi sulle Malattie del fegato, incollaborazione con Ospedali Riuniti, laYale University e l’Università di Pa-dova. Nel 2005, su invito del mio vecchiomaestro , Jim Boyer, sono poi tornato aYale come Professore Ordinario di Me-dicina, Direttore della Transplant He-patology Unit e Direttore vicario mem-bro dell’executive committee dello YaleLiver Center, una struttura extramura-ria del National Institute of Health…In estrema sintesi, l’irrequietezza di nonriuscire a stare in un posto troppo a lungo

e l’amore mai dimenticato per l’Americahanno impresso un segno indelebile allamia carriera, che ancora oggi si divide fral’Italia e gli Stati Uniti”. Oggi infattiMario Strazzabosco si divide tral’Università Milano-Bicocca dove èProfessore di Gastroenterologia e laYale School of Medicine dove è Pro-fessore di Medicina. Insomma, unavita “delocalizzata” – come dice scher-zando a proposito dei suoi frequen-tissimi viaggi in aereo fra Europa eUSA – ma al tempo stesso “privile-giata” – perché ammette di avere larara opportunità di essere operativoin entrambi i sistemi, potendo trarneil meglio. Chi più di lui - che rivesteanche l’incarico di Direttore del Ma-ster Universitario di II livello in Me-dicina dei Trapianti d’Organo – puòaiutarci a fare il punto della forma-zione dei trapiantologi in Italia, con-frontandola con quella dei colleghiamericani? Siamo quindi andati a tro-

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vare il Prof. Strazzabosco all’Uni-versità Milano-Bicocca, in cui il Ma-ster è partito dal lontano 2002 e, dia-logando con lui a tutto tondo sulledifferenze fra i due sistemi, una cer-tezza l’abbiamo assolutamente ac-quisita: per garantire i migliori stan-dard nella cura dei pazientitrapiantati è indispensabile non soloricevere un training formativo post-laurea di eccellenza, ma avere ancheintraprendenza, curiosità e tenacia.Doti che, oltre al Master, richiedonoun ottimo magister, quale è stato JimBoyer per il Prof. Strazzabosco equale è ora il Prof. Strazzabosco peri suoi studenti, americani e italiani.Semplice trasferimento di cono-scenze o qualcosa di più? Noi la chia-miamo passione per l’educazione, daquell’educere di latina memoria di cuiogni tanto varrebbe la pena rispol-verare il significato...

Laura Sposito

L’intervistaQual è la situazione in Italia

relativamente alla forma-zione in Medicina dei tra-

pianti?Fin dalle origini i nostri professio-nisti del trapianto si sono formati otramite stage in qualche centroestero o nel “vivaio” dei vari ospe-dali. Ancora oggi la formazione èsostanzialmente “fatta in casa”,senza percorsi comuni codificati. InItalia cioè non si è ancora formaliz-zato un corso accademico speciali-stico o di formazione post-laurea.Ben differente è la situazione negliUSA, in cui, solo dopo aver seguitoun corso post-specializzazione (chedura un anno nel caso dell’epato-logo o due nel caso del chirurgo) sipuò poi sostenere la board exami-nation che consente di essere accre-ditati presso UNOS e lavorare inun centro trapianti.

Perché in Italia siamo ancora inquesta situazione non codificata?Malgrado la formazione “selfmade”, la trapiantologia italiana e’molto buona e pertanto non si e’mai sentita la necessità di normarneil percorso formativo e certificativo.Una situazione che – terminata lafase pionieristica del trapianto – statuttavia per cambiare. A dimostrar-celo è l’AISF, la società degli epato-logi. Da sempre attenta a cogliere itrend internazionali nella evolu-zione della epatologia, ha in corso dipreparazione un documento sullacertificazione del “Transplant He-patologist”. Tuttavia il paradosso èche si sta cominciando a codificarel’accreditamento di una figura pro-fessionale di cui non si fa menzionein alcun documento ufficiale. Alcontrario, negli USA, UNOS attri-buisce al Transplant Hepatologisted al Direttore Medico del pro-gramma un ruolo essenziale. Anchein Europa si sta muovendo qualcosaP

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LA FORMAZIONE IN MEDICINA

DEI TRAPIANTIQuali percorsi offre

il sistema universitario italiano rispetto a quello statunitense?

Ce lo racconta il Prof. Mario Strazzabosco

a partire dalla sua straordinaria esperienza professionale

in entrambi i Paesi

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e, da quest’anno, esiste una tran-splant hepatology board; all’esamepossono accedere solo professionistiche si siano formati secondo precisirequisiti stabiliti dall’organizzazionedei medici specialisti dell’UnioneEuropea (UEMS), tuttavia non si èancora formalizzata la necessità diuna fellowship post-laurea (Master).

Secondo lei la formazione degliaspiranti trapiantologi deve pas-sare attraverso un iter ben pre-ciso?Assolutamente sì. Quello che ha cer-cato di fare l’UEMS con l’EuropeanBoard of Transplant Medicine ofthe Division of Transplantation(EBTM) è proprio definire delle li-nee guida utili a standardizzare a li-vello europeo una formazione di ec-cellenza in Medicina dei trapianti. Iltrapianto resta infatti una proceduramolto complessa sotto vari aspetti:di carattere medico (quelli che at-tengono a pazienti estremamentefragili con insufficienza terminaled’organo prima del trapianto e a pa-zienti immunosoppressi e/o con re-cidiva di malattia dopo il trapianto),di carattere regolatorio e farmaco-economico (che diventeranno sem-pre più complessi ed importanti) einfine di carattere psico-sociale edetico (sui quali non si insisterà maiabbastanza). Nonostante ciò di tra-pianto quasi non si parla nel corso dilaurea e se ne parla molto poco an-che durante la specialità in Gastro-enterologia. Questo per dire che ilpercorso culturale non è definito,benché il trapianto sia un processoche un Paese moderno non puòcerto affidare all’improvvisazione.

Proprio per evitare questo ri-schio, quali conoscenze e compe-tenze deve avere uno studente inMedicina che voglia lavorare inun centro trapianti?Deve conoscere le implicazioni im-munologiche e chirurgiche; avereesperienza e duttilità nel gestire inumerosi tipi di protocolli immu-

nosoppressivi; possedere conoscenzedi farmacologia, farmacodinamica edi interazioni farmacologiche; di-sporre di una approfondita padro-nanza delle fisiopatologia e clinicadell’organo trapiantato; avere com-petenza clinica nella cura del pa-ziente con insufficienza d’organoterminale; conoscere i criteri di in-dicazione al trapianto, gli indici pro-gnostici per i diversi organi, le pro-cedure di selezione, i criteri diallocazione degli organi e i criteri ditiming del trapianto; fare propri icriteri di matching donatore/rice-vente, conoscere bene la storia delloscompenso acuto e cronico, i variaspetti della medicina intensivistica,la gestione post-chirurgica, la ge-stione delle complicanze a breve elungo termine, i problemi della re-cidiva della malattia e della sua te-rapia; le problematiche dei trapiantimultiorgano; infine deve avere fa-miliarità con gli aspetti etici e me-dico-legali della donazione e dellagestione delle priorità. In sintesi lamedicina dei trapianti d’organo ri-chiede una formazione estrema-mente articolata, basata su cono-scenze specifiche e competenzemultisciplinari.

E, guarda caso, il Master del-l’Università Bicocca di Milano,così come il corso elettivo offertoagli studenti nel corso di laurea inMedicina e Chirurgia, vanno pro-prio in questa direzione.Esatto. Il Master in Medicina deitrapianti, che viene proposto con ca-denza annuale e duplice indirizzo(medicina del trapianto epatico echirurgia dei trapianti addominali),fornisce ai medici che intendono la-vorare nel campo del trapianto diorgani solidi addominali tutte le co-noscenze di cui abbiamo appena par-lato. Il Master è nato ben dieci annifa, proprio con l’intenzione di col-mare il “gap” formativo a cui si ac-cennava prima. A creare questo per-corso - che abbiamo fortementevoluto si attenesse alle linee guida

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UNOS ed AASLD USA (ed ora an-che dell’EBTM) - ci sollecitavanodue precise esigenze. La prima era dicarattere culturale: come operatorinel campo del trapianto ci rende-vamo conto che nessuno di noi di-sponeva di una vera e propria for-mazione “teorica”, che le conoscenzenon erano riunite in un corpus di-dattico facilmente trasmissibile. Laseconda era un’esigenza di centro,nel senso che presso il Centro Tra-pianti dei Riuniti di Bergamo - afronte di una incredibile varietà diofferta clinica che era un peccato di-sperdere - non avevamo personalegià in formazione a livello teorico.Assieme a Bruno Gridelli, ci siamodetti “perché non provare ad isti-tuire un percorso post-post gra-duate che risponda a entrambi i bi-sogni?” Lo abbiamo quindi propostoall’Università Milano-Bicocca, concui c’era già in essere un rapporto dicollaborazione, e così l’iniziativa èpartita. Inizialmente ha coinvoltosolo gli Ospedali Riuniti di Ber-gamo, poi si è esteso al Niguarda diMilano e progressivamente ad altrerealtà ospedaliere, fino ad arrivaread includere l’Ospedale San Gerardodi Monza e, con l’ultima edizione,anche l’Istituto Tumori, e l’equipedel Prof. Vincenzo Mazzaferro inconsiderazione della particolare ri-levanza del trapianto nel tratta-mento dell’epatocarcinoma. Per leprossime edizioni speriamo di in-cludere anche le rimanenti realtàtrapiantologiche lombarde.

Parliamo del corso elettivo. Conquale finalità è nato?Il corso elettivo è costituito da 8 oredi lezioni frontali, rivolte a studentidi Medicina e chirurgia dal quartoanno in su e presenta i fondamentiteorici, fisiopatologici, farmacolo-gici, chirurgici e clinici del trapiantodi fegato. Anche se molto più re-cente del Master (è nato nel 2011)ha preso origine dalla medesima ne-cessità di colmare un vuoto forma-tivo. Ci eravamo infatti accorti che la

trapiantologia non viene insegnatasufficientemente nel corso di laureain Medicina in quanto ritenutatroppo specialistica. In realtà ciò cheil trapianto rappresenta - non tantodal punto di vista professionale,quanto scientifico, etico e sociale -merita di essere assolutamente tra-smesso a tutte le nuove generazionidi medici. Il corso elettivo è quindipartito per ovviare a tale errore divalutazione e al tempo stesso per ri-spondere all’esigenza degli studentidi acquisire crediti e ritagliarsi unaformazione adeguata alla specialitàche vogliono scegliere. C’è stata tut-tavia anche un’altra osservazioneche ci ha spinto a istituire il corso:

notavamo che pochi studenti di me-dicina erano registrati come poten-ziali donatori d’organo. “E perchédovrebbero donare – ci siamo detti -se nessuno gliene spiega la finalità?”.Così è nata l’idea di coinvolgereAIDO nel progetto. Da anni il Cav.Pozzi è uno dei docenti del Master edel corso elettivo; le sue lezioni sonotra le più apprezzate dagli studenti.Visto il successo, ci piacerebbe poterallargare questa esperienza anchead altre Università in quanto ci ren-diamo conto che la collaborazionecon AIDO è assolutamente strate-gica per gli obiettivi di formazionedegli operatori del sistema e per farconoscere la realtà del trapiantononché la necessità della donazione.

Nel corso dell’intervista al Prof.Fassati dello scorso numero diPrevenzione Oggi, il noto chi-rurgo ha lanciato un appello sul-

Ci eravamo infatti accorti che la trapiantologianon viene insegnata sufficientemente nelcorso di laurea in Medicina in quanto ritenutatroppo specialistica. In realtà ciò che iltrapianto rappresenta merita di essereassolutamente trasmesso a tutte le nuovegenerazioni di medici.

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l’importanza di integrare nellaformazione dei trapiantologi an-che l’aspetto della corretta co-municazione della diagnosi e ditornare a insegnare agli studentiuna componente essenziale dellamedicina che si sta perdendo: rap-porto medico-paziente. Cosa nepensa? Il Master provvede a col-mare questa lacuna?Sono assolutamente d’accordo con ilProf. Fassati. Il problema dell’insod-disfacente rapporto medico-pazienteè determinato non tanto da unascarsa empatia dei medici di oggiquanto piuttosto da aspetti organiz-zativi che privilegiano i volumi, senzadare sufficiente attenzione alla qualità

degli esiti clinici e alla soddisfazionedel paziente. Purtroppo non dob-biamo farci illusioni: il trend verso lariduzione dei tempi di contatto frapaziente e medico è un problema glo-bale e ci si potrà far fronte solo mi-gliorando la capacità di comunica-zione dei medici. Al momento ilnostro Master, che pur prevede unaserie di lezioni sugli aspetti psicolo-gici del trapianto e sulla qualità divita dei trapiantati, non include que-sto aspetto. Un ottimo suggerimento!

Avete in previsione di trattarlonella prossima edizione del Ma-ster?Certamente! Raccolgo quindi volen-tieri il suggerimento del ProfessorFassati e vi daremo spazio all’in-terno del Master. La struttura delMaster è infatti estremamente fles-sibile: il Core curriculum viene man-tenuto costante ma i seminari cam-

biano ogni anno in modo da adat-tarsi ai mutati scenari. Dico di più:sarà interessante anche parlare diquelle che gli anglosassoni chia-mano “bed-side manners”, ovvero ilcomportamento al letto del malato,un elemento su cui gli specializzandiamericani – a differenza dei nostri -vengono attentamente valutati.

Ci sta dicendo che l’insegna-mento clinico americano utilizzaun metodo diverso rispetto al no-stro?Assolutamente sì. E’ l’esatta inver-sione della nostra scuola tradizio-nale dove il medico, stanza perstanza, porta con sé gli specializ-zandi e mostra loro come devonocomportarsi con il paziente. A Yalesi fa diversamente: non sono gli stu-denti a guardare cosa fa il docentemedico, bensì il contrario. La fun-zione del docente è quella di agire dafacilitatore nei confronti di tre li-velli di specializzandi: l’intern(primo anno di specializzazione), ilresident (secondo anno), il chief re-sident (terzo anno). In pratica il me-todo presuppone che l’intern imparia raccogliere le notizie cliniche alletto del malato e le comunichi al re-sident davanti al docente, al quale ri-mane il compito di correggerlo sesbaglia a riportare i dati o si sof-ferma troppo su particolari banali. Ilresident, sulla base della comunica-zione dell’intern e i correttivi deldocente, deve – sempre alla sua pre-senza - formulare a sua volta il pianoterapeutico e sottoporlo al chief re-sident. Quest’ultimo deve infine ana-lizzare il report del resident, capiredove ci sono problemi e suggerireuna soluzione. Seguendo questo per-corso di 3 anni, sotto l’occhio vigiledel docente, gli specializzandi delcosiddetto “tronco comune” impa-rano a sviluppare la comunicazioneprofessionale, a saper elaborare unpiano terapeutico e infine a incre-mentare l’attitudine al lavoro inteam e le capacità di leadership. Allafine di questo “teaching round” co-

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Un altro aspetto del Master valutato molto positivamente

è stata la formazione sulla ricerca clinica e/odi base che, unitamente alla pratica clinica,

ha permesso a ciascuno dei futuritrapiantologi un approccio

più critico e scientifico al paziente

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mincia il lavoro clinico vero e pro-prio, che coinvolge anche gli specia-lizzandi in Gastroenterologia e gli“advanced fellows” del trapianto.

A proposito dell’insegnamento incampo formativo, come è struttu-rato il Master?Il Master è strutturato in 124 ore dilezioni frontali, 112 ore di lezionimultidisciplinari, 22 ore di meetings,affiancate a 200 ore di esercitazione e450 ore di stage presso centri tra-pianto convenzionati. L’unico requi-sito di accesso per gli studenti è chesiano disposti o a dedicare un annodella loro vita a lavorare in un centrotrapianti o che vi siano già inseriti.Abbiamo infatti voluto favorire almassimo l’integrazione fra la teoria ela frequenza in reparto, in modo dapermettere una visione diretta delleproblematiche trapianto logiche af-frontate durante le lezioni. Attual-mente il metodo di insegnamentoscelto è in prevalenza quello delle le-zioni frontali. Ci si deve necessaria-mente attenere a questa formula perfar sì che il percorso possa generare60 crediti formativi, in quanto in Ita-lia le lezioni frontali valgono di piùdelle lezioni al letto del malato. Bendiversamente accade negli Statesdove gli studenti hanno la possibilitàdi fare lezione stando a stretto con-tatto sia con i malati sia con i profes-sori di più alto livello. Per cominciaread andare verso il modello americanoabbiamo allora istituito 15 Masterdays, giornate in cui cerchiamo diconcentrare le lezioni frontali, e le-zioni via Skype in cui i discenti pre-sentano revisioni della letteratura ocasi clinici, in modo da dedicare piùspazio al confronto diretto.

Come è stato il grado di soddi-sfazione degli studenti?Molto elevato, come hanno dimo-strato sia l’aumento progressivo delnumero di iscritti sia i dati di una ri-cerca che abbiamo condotto al ter-mine del Master e da cui è emerso ilsuo importante impatto sulla car-

riera di coloro che hanno conseguitoil titolo di Master. Per molti di essiil percorso si è tradotto in unosbocco occupazionale immediato,addirittura durante il periodo di for-mazione. Oggi l’80% dei parteci-panti lavora, con un posto di ruolo,in Istituti che si occupano di tra-pianti. Un altro aspetto del Mastervalutato molto positivamente è statala formazione sulla ricerca clinicae/o di base che, unitamente alla pra-tica clinica, ha permesso a ciascunodei futuri trapiantologi un approcciopiù critico e scientifico al paziente. Abreve provvederemo a ideare lanuova edizione del Master e a cer-care di estenderla ad altri centri, im-presa tutt’altro che facile visto che sitratta di un’offerta formativa gene-rata dall’Università e messa a di-sposizione degli studenti tramiteborse di studio piuttosto esigue.Chissà che le istituzioni non si ac-corgano del valore del Master e ciaiutino a trovare il modo di reperireborse di studio più appetibili. L’ap-pello è lanciato...

Sulla base della sua esperienza aYale, vissuta sia da studente siada docente, quali sono i punti dieccellenza e i difetti della forma-zione universitaria americana?Premesso che c’è una selezione for-tissima per studiare a Yale, una voltache lo studente sia riuscito ad en-trare è una esperienza indimentica-bile. L’eccellenza formativa dellaYale University deriva da un vero esincero interesse verso lo studente,dal cercare di sviluppare in ogni di-scente studente quel particolare epersonale talento che un domani lorenderà un grande professionista,e/o scienziato e soprattutto un in-novatore. Il meccanismo per assicu-rare l’eccellenza sta nella gover-nance universitaria, nellagovernance della ricerca e nella va-lorizzazione del merito. Un trattodistintivo della governance è infattila presenza di regole molto preciseper evitare che l’interesse del sin-P

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golo prevalga su quello dell’Univer-sità; il campo di azione di ciascuno èben definito e i parametri qualitativientro cui stare sono elevatissimi. Inquesto modo nessuno può remarecontro, diventare ostruttivo nei con-fronti dell’istituzione, né tantomenofare scelte dettate dal proprio co-modo o da favoritismi verso terzi. Difetti? Per quel che concerne i di-fetti, l’unico che vedo è forse uncerto grado di conformismo e di“spettacolo” che si scopre solo colpassare del tempo e da dietro lequinte. “Non e’ tutto oro quello cheluccica”, ma nel caso della Yale Uni-versity, è quasi tutto oro!

E che ci dice della competizione,visto che meno del 10% di stu-denti provenienti da tutto ilmondo e ultrameritevoli riesce adaccedere a Yale?L’Università americana è un am-biente sicuramente molto competi-tivo. Tuttavia è una competizionemolto dura, ma sana, perché non di-venta mai interdizione. Mentre nell’Universita’ Italiana, a livello di do-centi vi è una competizione nega-tiva che punta a non consentirti difare, a Yale la competizione serve afarti fare meglio puntando sulla va-lorizzazione del merito ed è quindiun gioco al rialzo. E’ straordinariovedere come negli States i professoriuniversitari siano veramente impe-gnati nell’aiutare gli studenti a indi-viduare, sviluppare e promuovere iloro talenti. Lì il concetto del colla-boratore “schiavo” non esiste, anziviene favorita il più possibile l’auto-nomia e l’indipendenza dei collabo-ratori, promuovendone i talenti.L’elemento negativo è che talvoltaquesto acuisce l’individualismo. Percontro, l’Italia offre altri tipi di op-portunità. Noi italiani siamo più pre-disposti degli americani a lavorareassieme. Le grandi collaborazionifra centri o la tecnica dello split-liverche in Italia funzionano benissimo,in America sono poco praticate pro-prio perché manca l’attitudine a que-

sta concezione della collaborazione.In sintesi noi siamo bravi dove loronon lo sono e viceversa. Questo e’ unaspetto importante: non si deve co-piare dagli USA, si deve importareciò che funziona meglio.

Nel suo lavoro di Direttore Me-dico del centro trapianti di Yale,che differenze ha riscontrato tral’organizzazione dei trapianti inItalia e quella negli Stati Uniti ecosa si potrebbe importare? Una figura che dovremmo impor-tare dagli USA è proprio quella delMedical Director del Programmatrapianto. Negli USA e’ necessarioche ogni programma di trapiantoabbia un Medical Director affian-cato (sottolineo affiancato, non su-balterno) al Surgical Director, ov-vero due direttori con compiti esfere di azione ben definite. Questaè una differenza fondamentale, ca-pace di produrre una grande sem-plificazione del sistema e un enormevantaggio per i pazienti. Un veropeccato che in Italia non venga at-tuata. La selezione del Medical Di-rector e’ molto seria. Quando sonostato nominato Director of Tran-splant Hepatology a Yale e MedicalDirector of the Liver TransplantProgram ho dovuto preventiva-mente sottoporre ad UNOS (l’au-thority che regola il funzionamentodel sistema trapianto), assieme alcurriculum, un elenco di tutti i casiche avevo seguito negli anni.Quando UNOS ha approvato la mianomina, su un CV professionaletutto costruito in Italia, ne sonostato piuttosto fiero (e sollevato per-ché il si di UNOS non è mai scon-tato). Oltre a quanto detto primasulla formazione del trapiantologo el’organizzazione dei Centri, vi sonoaltre differenze fondamentali: l’ado-zione del sistema di allocazione ba-sato sul MELD, la lista unica senzacriteri di rotazione dell’allocazione,l’aspetto regolatorio e di complianceche è molto più complesso e impor-tante. Un altro elemento di diffe-

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renziazione concerne i chirurghitrapiantologi, che in America pos-sono acquisire una grande espe-rienza in terapia intensivistica, ve-nendovi coinvolti in prima persona.Per non parlare del fatto che mentreloro si limitano a presidiare la chi-rurgia epato-biliare e nonostante ciòhanno incentivazioni economiche dacapogiro, in Italia i nostri spazianoin tutti i campi, senza adeguate in-centivazioni e protezioni.

In quali altri aspetti c’è diversitàfra la mentalità italiana e quellastatunitense?Per esempio, noi portiamo solida-rietà, mentre loro portano l’impren-ditorialità, non senza i limiti delcaso. Da noi il sistema solidaristicopuò farci dimenticare la competi-zione, l’attenzione al merito e cau-sare un eccessivo dirigismo, facili-tando le intrusioni politiche; da loro,l’insistenza sull’imprenditorialità liha portati a tenere milioni di abitantisenza copertura sanitaria. Riuscire aintegrare questi due aspetti che cidifferenziano sarebbe molto inte-ressante. Lo stesso potremmo diredella ricerca, perché se in quella tra-slazionale e di base abbiamo moltoda imparare dagli americani (dalpunto di vista dell’organizzazione,promozione del controllo della qua-lità, della ricchezza di infrastrutturee laboratori), nella ricerca clinicasiamo decisamente più bravi noi per-ché abbiamo il vantaggio di avereun servizio sanitario nazionale cheagisce come un pagatore unico, cosache consente di superare le compli-cazioni del sistema americano. A li-vello personale – e lo posso dire per-ché ho pazienti in America e inItalia, faccio ricerca in entrambi iPaesi, i laboratori in cui opero sonoin connessione fra loro - devo tutta-via ammettere che preferisco il no-stro sistema sanitario.

Quale consiglio darebbe ai gio-vani trapiantologi italiani perché

affrontino al meglio il loro per-corso professionale?Il primo è quello di amare profonda-mente ciò che fanno e di avere vogliadi trasmettere la propria professio-nalità. Il secondo di tenere salda-mente la bussola. La bussola è chie-dersi sempre, dalla decisione piùpiccola a quella più grande, se ciò chesi sta facendo è nel miglior interessedei pazienti. “Last but not least”, sug-gerisco loro di essere creativi, di li-berare la fantasia e cercare semprenuove soluzioni. Diceva il rettore diHarvard: “I nostri allievi non trovanolavoro, essi creano il lavoro”. Unmotto di cui ho fatto la mia bandieratanto è vero che ho costruito la mia

carriera e l’ho costruita inventandoladi volta in volta sulla base dei miei in-teressi e delle opportunità. Questonon vuol dire affatto che sia stato fa-cile. Per poter andare avanti ho sem-pre dovuto essere molto mobile, sia fi-sicamente che intellettualmente.Ovunque ho trovato impedimenti, in-vidie, imprevisti, competizione nega-tiva, ma ogni volta mi è stato chiaroche every disappointment is a blessing.Le opportunità si presentano pertutti, basta solo avere il coraggio diprenderle. E se scienza, conoscenza,buon senso, capacità di decidere inemergenza e davanti a situazioni me-diche e sociali complesse, una buonadose di resistenza fisica e molta em-patia sono il bagaglio del buon tra-piantologo, la sua marcia in più deveessere la creatività. Perché se è vero che l’Università dàgli strumenti, ciò che fa la differenzaè la spinta personale. P

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L’ISSNAF è una fondazione che si occupa del trasferimento di conoscenze ed esperienze dall’Americaall’Italia e viceversa. Insieme abbiamoelaborato e presentato al Ministero della salute una proposta per la riforma della governance della ricerca.

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Di fatto però noi abbiamo menostrumenti rispetto agli americani Sono d’accordo solo in parte. La ve-rità è che può essere che ne abbiamo,in proporzione, un numero inferiorema il punto è che li usiamo male.Piccolo esempio: da noi le risonanzemagnetiche nucleari si fermano du-rante la notte, in USA no. Altroesempio: abbiamo gli strumenti permisurare gli outcome ma non lo fac-ciamo. Come si fa a gestire ciò chenon si misura? Qui non abbiamo ne-anche le cartelle elettroniche, inAmerica io le compilo tutte a video.Faccio un ulteriore esempio: se vo-glio sapere come stanno i miei pa-zienti americani, è sufficiente chemi connetta da qui al centro di Yalee riesco a prenderne visione intempo reale, potendo addirittura or-dinare le medicine per loro. Le piat-taforme informatiche esistono an-che in Italia e non sono certoimpossibili da acquistare! Per altrola Regione sta dando corpo a unainiziativa straordinaria che Obamasi sogna e cioè l’archivio sanitarioinformatico (SIS). Quindi, ancorauna volta, si tratta solo di avere ildesiderio di saper imparare recipro-camente.

Il CeLiveR, così come l’ISSNAFdi cui è membro, mi sembra cherappresentino un riuscito esem-pio di questo desiderio. Mi sba-glio?Non si sbaglia, è proprio così. L’IS-SNAF è una fondazione che si oc-cupa del trasferimento di cono-scenze ed esperienze dall’Americaall’Italia e viceversa. Insieme ab-biamo elaborato e presentato al Mi-nistero della salute una proposta perla riforma della governance della ri-cerca. ISSNAF è coinvolta nellapeer-review dei grants del Mini-stero e collabora ad una serie di pro-getti con il Ministero degli Esteri equello dell’Università e Ricerca. IlCeLiveR, invece è un esperimentopilota pluri-istituto nato dalla ge-nerosità e dall’intuizione di due

grandi bergamaschi come l’avv. Ce-sare Zonca e l’Ing. Miro Radici. Essihanno reso possibile lo straordinariogemellaggio fra la tradizione ospe-daliera italiana e la tradizione uni-versitaria americana. Il futuro delCeLiveR dipenderà dalla possibilitàdi continuare il partenariato conistituzioni internazionali prestigioseed illuminate personalità prove-nienti da diversi ambiti economicidel Paese.

Intravede già una prospettiva inquesto senso?Nell’immediato no, tuttavia mi stogià muovendo per favorire un’ipotesidi scambio reciprocamente vantag-giosa. Se gli americani ci dessero lapossibilità di fare ricerca di base aYale, partecipando ai loro bandi, noipotremmo fornire loro l’abbondantemateriale di esperienza che abbiamoper aiutare la loro ricerca clinica.L’evoluzione del CeLiveR potrebbeessere questa e dal canto mio cispero proprio, anche se devo direche già oggi questo esperimento digovernance della ricerca ha incar-nato quel “melting pot” fra espe-rienze diverse che è il sogno dellamia vita professionale, quel sogno dicui mai come ora i nostri pazienti eil nostro Paese hanno bisogno percrescere.

L. S.

Per informazioni

Master di II livello in Medicina dei Trapianti d’organoSegreteria organizzativa: Dr. Antonio [email protected] (tel.02/64488262) www.unimib.it;

ISSNAF (Italian Scientists andScholars of North AmericaFoundation)www.issnaf.org

CeLiveR (Center for Liver Research)www.celiver.org

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Bergamo - Primavera 2012,l'ambulanza arriva a pochimetri dal supermercato: cisono due ragazze e una diloro è esanime. Accanto

alle due ragazzine c’è una bottiglia divodka quasi vuota: la quattordicenne aterrà è trasportata d’urgenza agliOspedali Riuniti di Bergamo dovepassa alcune ore in coma etilico e leviene riscontrata una grave intossica-zione.Scene di cronaca o di ordinaria follia?L’alcol è la nuova moda che uccide igiovani d’oggi: è questo un grido d’al-larme che ormai sale direttamente dalterritorio coinvolgendo le famiglie, lascuola, le istituzioni e i ragazzi stessiche sembrano impreparati a capire leconseguenze dell’assunzione di alcol. Molti giovani sono convinti di gestireil problema e l’idea della dipendenzanon li sfiora. Sono piuttosto terroriz-zati di non far parte del gruppo e be-vono anche senza averne voglia. L’abuso di alcol tra i minori è unapiaga sociale, la dipendenza da alcol,sottovalutata ancora oggi, ha costi so-

ciali enormisia per le pato-logie legate al fegato che per quellepsichiche. Fino a pochi anni fa bere erasinonimo di degrado ed era un vizio,spesso diffuso nelle classi basse, oggi èun fenomeno diffuso e ovunque è pos-sibile bere, bere, bere; anche e, soprat-tutto, in Lombardia. La situazione èsempre più grave e l’alcol non minasolo il fisico dei nostri ragazzi, spaccaanche i legami sociali e gli equilibri fa-migliari. Il territorio, la Regione e Ber-gamo (che tristemente ha i dati più altia livello lombardo per il consumo gio-vanile) ha dovuto reagire e prenderecoscienza del fenomeno creando se-zioni specializzate nell’affrontare la di-pendenza da alcol dei giovanissimi.Per questo si sono attivate indagini ac-curate di mappatura del problema,sono state attivate campagne di pre-venzione e attività di sensibilizzazione(come il convegno promosso da Aiddlo scorso 12 maggio).È ancora presto, forse non è troppotardi, ma certo è il momento di muo-versi e di farlo con decisione.

Alcol e giovani: untema di scottanteattualità attorno alquale tutta la città diBergamo si èconfrontata lo scorso12 maggio inoccasione delconvegnoorganizzato da

A.I.D.D.,AssociazioneItaliana contro laDiffusione delleDroghe, il cuireferente a

Bergamo è FabioBergamaschi, al quale

hanno partecipatole istituzioni, gliesponenti del

mondo dellasanità, della scuola,

genitori e figli.L’iniziativa ha godutoanche del patrocinio delSenato della RepubblicaItaliana e ha visto tra i piùattivi la SenatriceAlessandra Gallone, nelduplice ruolo dirappresentante politica emadre.L’associazione, nata nel1977 per iniziativa deiLions e Rotary, si occupadi prevenzione primariadel disagio giovanile especificatamente di lottaall’alcolismo giovanile e alconsumo di droga. Intenso è stato ilprogramma con gliinterventi di esponenti del mondo sanitario,universitario, politico,sociale, giovanile e deirappresentanti dellefamiglie.

ALCOL eGIOVANI

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IL CONTESTOSOCIALITÀIl vino, la birra, i superalcolici, da sem-pre hanno fatto parte della cultura ita-liana e lombarda: con questagiustificazione l’avvicinamento all’al-col avveniva, e oggi, avviene ancorprima. Esso diventava parte del per-corso di crescita e compagno per lavita, spesso in occasione di momentisociali sia nella quotidianità che in oc-casioni speciali.Un dato storico che con l’evolversidella società dei consumi si è forte-mente intrecciato al tema della pub-blcità. È infatti un legame ambiguoquello costruito attorno alla propostadi alcol da parte della pubblicità e dellasocietà stessa: l’aperitivo happy-hour(sempre più ricco d’alcol) è un ritoormai irrinuniciabile che spesso fa dapreambolo ad una serata in discoteca oad una cena dove altro alcol può essereconsumato.

Bergamo e la Lombardiaaprono gli occhi

La «battaglia» per contrastare la diffusione dell’alcoltra i giovanissimi è dunque combattuta su vari fronti. I

dati messi a disposizione dall’Osservatorio delle Di-pendenze dell’ASL di Bergamo riferiti all’indagine

ESPAD che ha visto coinvolta anche la popolazionestudentesca bergamasca – 15- 19 anni nell’anno

scolastico 2010 -2011.Con il crescere dell’età cresce anche il consumo di

alcol. Il «boom» si registra tra i 15 e i 16 anni.Sono alte le percentuali di studenti che hanno prati-cato «binge drinking», vale a dire il consumo di be-vande alcoliche per più di cinque volte in un’unicaoccasione, nell’ultimo mese. Allarmante, in questo

contesto, la fascia d’età tra i 15 e i 17 anni. Le stu-dentesse bergamasche, in particolare le diciasset-

tenni e diciannovenni, presentano percentuali di«binge drinking» più delle coetanee del resto d’Italia.

Nella tabella i dati nel dettaglio.

BERGAMO LOMBARDIA ITALIAGIOVANI CHE HANNO BEVUTO ALCOLICI

1 o più volte negli ultimi 12 mesi 82,6% 83,5% 81,9%1 o più volte nell’ultimo mese 71,5% 70,8% 66,9%Tutti i giorni 6,8% 6,6% 5,7%

15ENNI CHE HANNO BEVUTO ALCOLICI M 73,5% M 73,4% M 71,8%1 o più volte negli utlimi 12 mesi F 63,0% F 67,2% F 64,6%

19ENNI CHE HANNO BEVUTO ALCOLICI M 92,1% M 91,9% M 91,2%

1 o + volte negli utlimi 12 mesi F 85,7% F 87,4% F 85,4%TRA CHI HA ASSUNTO BEVANDE ALCOLICHE NELL’ULTIMO ANNO M 30% d.n.d d.n.d

Giovani che hanno assunto alcol più di 40 volte F 14% d.n.d d.n.dTRA CHI HA ASSUNTO BEVANDE ALCOLICHE NELL’ULTIMO ANNO M 1 su 4 d.n.d d.n.d

Giovani che hanno assunto alcol in modo episodico F 1 su 3 d.n.d d.n.dBINGE DRINKING

Tra i 15 e i 19 anni 35,9% 35,8% 35,5%Tra i 15 e i 17 anni 15 anni 20,6% 15 anni 23,7% 15 anni 23.3%

17 anni 40,3% 17 anni 39.9% 17 anni 37,4%Più di 6 volte in un mese M 14,0% d.n.d d.n.dtra i 15-19 enni F 11,0% d.n.d d.n.d

Fonte Osservatorio delle Dipendenze – ASL di BergamoPer approfondimenti contattare Dott.ssa Elvira BeatResponsabile Osservatorio delle Dipendenze ASL Bergamo

I DATI

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SOLITUDINEA questa diffusione del “messaggio”, silega però una situazione diversa e, for-se, ancor più inquietante: la gradualeperdita proprio di questa socialità le-gata al bere che, paradossalmente, stadiventando un’attività isolata, o voltaal volersi isolare, seppur inseriti in ungruppo.Soprattutto tra i giovanissimi sta in-fatti diventando abituale il rito didarsi appuntamento fuori dai super-mercati, comprare alcol a basso costo,e poi stare a bere nel retro dei par-cheggi con il solo obiettivo di bere, discolare bottiglie, e non di trascorreretempo in chiacchiere... magari ancheassaggiando qualcosa di alcolico.Sembra che l’obiettivo principale siaquello di sparire, di non esserci. Nonc’è il gusto del bere, ma piuttosto sem-brerebbe un mezzo per socializzare,non più una trasgressione, ma un ter-ribile conformismo, una parola d’or-dine.

IL PERCHÉTra i tanti fattori che contribuisconoalla distorsione dei processi che sonoalla base della stessa cultura del beresi possono evidenziare sia l’idea che lebevande alcoliche non sono adeguata-mente percepite dai giovani come pos-sibile fonte di problemi, che la facilitàdel reperimento, che la poca stigma-tizzazzione di questo comportamentoda parte della società se non soloquando scivola in una devianza “fasti-diosa” per il contesto.

ETÀ CRITICAETÀ FRAGILELa preadolescenza e l’adolescenzasono un momento delicato di passag-gio tra l’infanzia e l’età adulta. Rap-prenta un periodo di sviluppo esperimentazione, con una forte ricercadell’autonomia psicologica, il conflittotra dipendenza e indipendenza dai ge-nitori e dai grandi, la costruzione dinuove coordinate relazionali con i pari,la scoperta e la definizione della pro-pria sessualità, la percezione del corpoche cambia in fretta.

Incertezza, paure, voglia di affermarsispesso sono elementi che spingono iragazzi a compiere gesti forti, ad assu-mere comportamenti estremi e infattioggi per i teenagers ubriacarsi è unamoda.La conseguenza di questo fenomenodilagante, però, è assai grave: bere fapiù morti della droga illegale tra i gio-vani d’oggi.Le insidie si nascondono anche dietroeleganti maschere dal design accatti-vante, diverse dalla classica bottiglia divino che può far pensare direttamentea qualcosa di alcolico. La maggiorparte dei «designer drinks» infattisono bevande alcoliche esattamentecome le altre.Spiega Laura Pernice, psicologa Aidd :“Molti ragazzi, spesso i più vulnerabilie fragili, si sentono “inadeguati” almondo circostante, non cercano di af-frontarlo ma di sfuggirlo; tutti noi: ge-nitori, docenti, psicologi dobbiamomonitorarli e aiutarli, percepire il lorodisagio, farli parlare, ascoltarli e dareloro le indicazioni per non sbagliare.La famiglia - continua – deve esserescuola d’amore, di rapporti fiduciari, diclima affettivo di appartenenza; è fon-damentale; la scuola deve essere cor-relata nel perseguire questi stessiobiettivi. Dobbiamo riuscire a portarei ragazzi a diventare padroni delle pro-prie scelte”

IL PUNTO DI VISTADEI GIOVANII ragazzi, pur manifestando buone ca-pacità nell’identificazione dell’alcolcome sostanza potenzialmente dan-nosa per lo stato di salute, dichiaranoespressamente di non possedere espe-rienze e abilità sufficienti per discrimi-nare la dimensione di ambiguità dellebevande alcoliche e, con essa, il limiteoltre alla quale il consumo si trasformain abuso, con conseguente incrementodel rischio.

GIOVANI E ALCOL: OGGIEssere amici, chiacchierare per ore,trascorrere insieme ogni momento li-bero perché in palio c’è la possibilità di

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crescere e condividere la partita dellavita: questo è essere amici quando si èragazzi. Eppure a questi momenti purie bellissimi, a volte, si lega un pericolo.I dati di oggi segnalano che aumentafortemente il peso degli amici nelleprime esperienze di consumo di alcol.Importato dall’Inghilterra e dai Paesinordici oggi è di moda il Binge Drin-king (la bevuta da sballo che porta allosvenimento - binge uguale frenesia,esagerazione).

BERGAMO TRISTEPRIMATO IN LOMBARDIAIl Binge Drinking è un fenomeno cheviene dal nord e consiste nell’ubria-carsi da soli, in modo assolutamentedistaccato dalla dimensione sociale,sbronzarsi diventa una scelta d’isola-mento per stordirsi in solitario.Walter Fornasa – Università degliStudi di Bergamo – Facoltà Scienzadella Formazione afferma, nel corsodel convegno bergamasco promossoda AIDD attorno al tema : “Sballare,trasgredire in solitudine è un feno-

meno in aumento. Stiamo infatti svol-gendo uno studio entro il quale no-tiamo la crescita evidente di come lasolitudine sia il fattore primario, e for-temente ricercato oggi, in quei com-portamenti legati alla dipendenza ealla trasgressione”

FENOMENO FEMMINILENessuno è obbligato ad essere astemioma i dati sono allarmanti. In crescita èsoprattutto il consumo di alcol daparte di ragazzi sempre più giovani edel maggior coinvolgimento delle ra-gazzine. Tra maschi e femmine non c’èdifferenza nell’individuare il momentodi esordio con l’alcol che coincide conle prime libertà d’uscita, spesso il sa-bato sera.

RAGAZZE E DONNEL'organismo femminile, rispetto aquello maschile, risulta essere più vul-nerabile agli effetti dell'alcol. Le lineeguida nutrizionali raccomandano cheuna donna adulta e in buona salutenon superi un consumo giornaliero di1-2 unità alcoliche, mentre gli uomininon devono superare le 2-3 unità alco-liche. Questa differenza dipende dalfatto che l’organismo femminile pre-senta una massa corporea inferiore ri-spetto all’uomo, minor quantità diacqua corporea e meno efficienza deimeccanismi di metabolizzazione del-l’alcol (carenza dell’enzima epaticoalcol deidrogenasi).A pari quantità di bevande alcoliche,quindi, corrisponde un livello di alco-lemia maggiore. Per questi motivi ladonna impiega un tempo più limitatodell'uomo per diventare alcolista e svi-luppa molto più rapidamente le com-plicanze epatiche, cardiovascolari epsichiatriche correlate all'abuso. Oltrea queste patologie, la donna bevitricepresenta un maggior rischio di svilup-pare il tumore al seno. L’abuso di alcolha un ruolo rilevante ed incide negati-vamente anche sulla fertilità.Le abitudini delle donne d’oggi sonoprofondamente cambiate anche neiconfronti dell'alcol, tanto che oggi trail sesso femminile l'assunzione di alcol

Artway, l’arte in movimento È la manifestazione grazie alla quale tutti i locali di Bergamo

diventano luogo di aggregazione e palcoscenico per i giovani artisti all’insegna del bere analcolico

e del bere consapevole.L’iniziativa è promossa dall’Assessorato alle Politiche

Giovanili del Comune di Bergamo, in collaborazione conAscom e Confesercenti, con il patrocinio dell’Asl di

Bergamo, il sostegno della Banca Popolare di Bergamo e la media partnership di Mynight.it.

L’obiettivo di Artway è quello di animare le serate attraversola realizzazione di progetti che promuovano stili di vita e diaggregazione consapevoli, al motto di “No alcol, sì party!”, in un’ottica di prevenzione al consumo di alcolici; mettere

l’accento su questa tematica promuovendo politiche attiveanziché diffondere semplicemente messaggi preventivi.

Ogni locale coinvolto nell’iniziativa infatti proporrà un cocktailanalcolico a 3 Euro per tutta la durata di Artway.

www.giovani.bg.itTerl. 035-399657/647/674

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è regolare sia tra le giovanissime chetra le donne adulte e l'alcolismo ha untasso d'incremento superiore a quellomaschile. Negli ultimi anni questo fe-nomeno è diventato di rilevanza so-ciale, ma spesso l'etilismo femminilenon è facilmente rilevabile, essendosovente confinato nel privato o dissi-mulato per l'elevata riprovazione so-ciale. Nelle dinamiche dell’alcolismo femmi-nile spesso entrano in gioco situazionidi eccessiva routine svolte inutilmentee senza riconoscimento l’allontana-mento dei figli, il poco interesse delmarito. Quello femminile è un alcoli-smo reattivo, beve da sola nasconden-dosi. La mortalità alcol-correlata inuna fascia d'età compresa fra i 30 e i 34anni è oltre 3 volte superiore rispettoall'uomo.

COSA FARE?L’Asl di Bergamo sta puntando parec-chio sulla prevenzione: nell’anno sco-lastico appena concluso i medici delDipartimento delle dipendenze hanno

incontrato oltre 4.000 studenti dellescuole medie e del biennio delle supe-riori in tre percorsi di informazione esensibilizzazione sui rischi che provo-cano le dipendenze da alcol e droga.Accanto a questo, l’Asl ha anche datovita a un «codice etico» di autoregola-mentazione che coinvolge già gli am-biti territoriali di Romano diLombardia, Isola, Valle Imagna, ValleBrembana, Valle Cavallina e Valle Se-riana: gli «attori» dell’iniziativa sono,oltre all’Azienda sanitaria, i titolari dibar, locali pubblici, esercizi commer-ciali e organizzatori di feste, che hannosiglato questo «codice» che affianca lalegge – già di per sé molto chiara – chevieta la somministrazione di bevandeai minori di 16 anni. Il terzo fronte nelquale sta operando l’Asl coinvolge i lo-cali notturni, dove gli operatori sonopresenti direttamente «in pista», e leforze dell’ordine. Fare sistema per pre-venire, per far sì che i nostri ragazziimparino a scegliere, imparino a deci-dere.

Clelia Epis

Alessandra GalloneSenatrice della Repubblica ItalianaXVI legislatura

Alessandra Gallone è in prima filaal convegno che vuole sollevareil problema dell’alcolismo gio-vanile in terra bergamasca elombarda.

È lei che, dopo i gravissimi episodi chehanno visto drammatici protagonisti dellacronaca alcuni giovanissimi bergamaschi inbalìa di sostanze alcoliche, si è fatta promo-trice recentemente di un’interrogazione par-lamentare urgente al Presidente del Consi-glio Mario Monti e al Ministro della SaluteRenato Balduzzi sul tema dell’abuso di alcol.Puntuale e determinata, Gallone si presentacome donna di Stato ma anche comemamma in un mix di sentimenti e stati

d’animo che riconducono al concetto dellaresponsabilità.“Il nostro ruolo di adulti deve richiamarsi albuon senso, alla saggezza, a un affianca-mento silenzioso che possa così dare un in-dirizzo efficace ai nostri ragazzi. La gio-ventù è la stagione più bella e noi – lo dicoanche da madre – dobbiamo fare in modoche di questo periodo della vita resti per loroun ricordo di pura bellezza”.Quello dell’alcol è un problema socialegrave, i dati sono in crescita e lo sono ve-locemente. Come proteggere le famiglieda questo problema dilagante?“Abbiamo il compito di costruire, o raffor-zare dove già presente, le competenze dellarete (sanitaria, sociale, giuridica, scolastica)e far sì che tutte le famiglie con adolescentiche hanno problemi di alcol possano essereaiutate a 360 gradi. Dev'essere l'intero am-biente che frequentano a costituire un "cor-

ALCOL E GIOVANI - NON BEVIAMOCI LA VITA

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done sanitario" che impedisca loro di caderenell'abuso. Creare una rete ancor più forte èdiventato urgente e improcrastinabile per-ché il fenomeno non si ferma, e i dati lo di-mostrano”.Già, ma attraverso quali misure con-crete?“Prevenzione e vigilanza sono i punti dipartenza. Ma non ci si può fermare lì. Oc-corre trovare il modo di accrescere pocoalla volta lo stesso senso civico dei ragazzi,al punto da farli diventare in qualche modo"complici" nell'opera di loro salvaguardia.Sarebbe stupendo che i ragazzi scoprisseroche a mente lucida ci si diverte di più. Chele sensazioni e le emozioni vissute da sobrisono impagabili e durature, rispetto a quelleeffimere indotte dagli stati di abbandono,quali la droga o l'alcol. In questa giornata,dedicata ai giovani, credo che bisognerebbepartire proprio da questa consapevolezza, daquesto sforzo comune. E dare atto all’Aidddi essere ormai un punto di riferimento pertutti i soggetti che lavorano su questo”.Mi pare di capire che per Lei preveniresia meglio che curare. Ma quanto sonoimportanti i controlli? E le sanzioni sonodeterrenti validi? "Certo che controlli e sanzioni non pos-sono essere evitate. Ma credo che affrontareun fenomeno così complesso non sia possi-bile se non coinvolgendo direttamente isoggetti interessati, cioé i giovani. E questosi può fare soltanto con organiche e coerentiazioni di prevenzione e di educazione. Pensoche quando ci troviamo di fronte a un ra-gazzino under 16 dedito all'alcol è mate-matico che non ha saputo calcolare bene i ri-schi. Ecco dove la prevenzione gioca unruolo essenziale, dove qualche educatore hafallito nella sua opera. Io non credo moltonelle campagne criminalizzanti. Ordinanzedi divieto che non distinguono tra un beresano e consapevole e il consumo esageratoe lontano dai pasti, normalmente collegatoalla 'movida' notturna, non raggiungonol'obiettivo perché i ragazzi ne colgono in-tuitivamente il carattere “ipocrita”. Unavera opera di educazione deve fare proprioquesto: spiegare come vino e birra possonoessere assunti a una certa età, con adeguatamoderazione e a stomaco pieno, come face-vano i nostri nonni. Mentre ben diverso èstordirsi in cinque minuti tracannando

vodka e whisky miscelati a succhi di fruttaalla pera. Un modo per sballare che è equi-pollente alle pastiglie di ecstasy, spesso per-sino più costoso".Che tipo di supporto ci si può attenderedagli esercenti dei locali pubblici? Pos-sono fare qualcosa anche loro?“Certo. Sono importantissimi nel controlloe nella gestione del fenomeno. Esiste giàuna proficua collaborazione: la Fipe (Fede-razione Italiana Pubblici Esercizi) è sensi-bile alla legge e al problema, in molte cittàesistono iniziative volte a diffondere tra igiovani il bere consapevole, o addirittura aprovare bevande analcoliche. Cerchiamodunque di estendere anche questa maglia. Igestori di questi luoghi devono essere i no-stri primi alleati”.Ma le leggi esistenti costituiscono un va-lido strumento nella lotta all'alcol, o an-drebbero cambiate?Sulla materia vige una legge-quadro, la nu-mero 125 del 2001. In essa troviamo diversedisposizioni che affrontano le problematichelegate all'alcol e alla tossicodipendenza: inparticolare, stabilisce in via di principio il di-ritto dei minori a essere protetti da chiun-que cerchi di indurre e favorire l'abuso di be-vande alcoliche e droghe; favoriscel'informazione e l'educazione sulle conse-guenze nefaste. Ma non è l'unica disposi-zione in materia. C'è una mentalità sbagliata che ritienel'abuso di alcol un fatto privato, unascelta personale. Eppure si tratta di unproblema sociale. In concreto, che cosasignifica per lo Stato?Beh, non sto qui a ricordare i tanti disastriderivanti dal fenomeno. Dagli incidenti stra-dali agli atti criminali. Alle spese necessarieper le cure sanitarie. Ma io vorrei farne unaquestione ancora più ampia, che riguardal'intera nostra società: più che di alcol, quidovremmo forse parlare di sbornia collet-tiva... Un sbornia che deriva dalla crisi di va-lori che attraversiamo, e che a sua volta ci al-lontana dai valori pregnanti di una società..L’alcol sta diventando un forte problemaanche tra le donne (soprattutto casalin-ghe e giovani-giovanissime). Comedonna con che sguardo osserva il feno-meno?"Come donna non posso che immaginarmianzitutto mamma, e credo che il senso ma-

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terno imponga a ciascuna di noi di usare unadose di attenzione in più per salvare i nostrifigli da un baratro del genere. Quando al-cune di noi, abbattute dai problemi, incapacidi trovare altre soluzioni, finiscono essestesse vittima dell'alcol, credo che sia unasconfitta doppia per la società. Ogni casa-linga frustrata che si annega nell'alcol vienemeno anche ai propri doveri più che sociali,naturali..."

Stefano FagiuoliDirettore gastroenterologia Ospedali Riuniti Bergamo

Per parlare del rapporto tra alcole fegato, potremmo usare il vec-chio detto “Conoscere per pre-venire”, esordisce così il Dr. Ste-fano Fagiuoli, nell’ambito del

convegno organizzato da AIDD a Bergamo.Il fegato è la nostra officina metabolica,che cosa significa?“Serve per l’elaborazione degli alimenti, perla produzione di energia, per immagazzi-nare scorte, per smaltire le tossine e so-stanze potenzialmente nocive, per contri-buire ai processi digestivi (con la bile), permantenere un adeguato bilancio ormonale.Un bene prezioso, ma quanto delicato?“Per quanto robusto e capace di rigenerarsi,il fegato è comunque un organo molto de-licato. Il danno epatico (sia di tipo acutoche cronico – cirrosi ) può svilupparsi at-traverso l’abuso o uso prolungato di alcol,farmaci, il contatto con sostanze tossiche, aseguito di disordini alimentari, oltre che acausa di agenti lesivi come i virus dell’epa-tite o, infine a seguito di malattie a caratteregenetico. Per l’alcol è stato definito un “li-mite” di quota di assunzione giornalieraconsiderata sostanzialmente “sicura”: 40gr/die per gli uomini e 20 gr/die per ledonne. Va precisato tuttavia, che chi soffredi qualunque patologia epatica, acuta o cro-nica, non deve assumere alcuna quantità dialcol, pena una pericolosa accelerazione deldanno.”Come si delinea l’abuso di alcol nellapopolazione?“L’Abuso e/o la dipendenza da alcol sonopiù frequenti negli uomini (11%) che nelledonne (7%), e in maggioranza nella razza

bianca. Da sottolineare il dato che il 15% deisoggetti che abusano di alcol sviluppanouna cirrosi in 10 anni. È un bevitore mode-rato chi assume fino a 2 unità alcoliche algiorno (40 g) se è uomo, oppure 1 unità al-colica al giorno (20 g) se è donna.Le soglie non sono valide per gli adole-scenti e per le persone sopra i 65 anni, per-ché il metabolismo è molto differente nelrapporto con le bevande alcoliche”Come sta cambiando il consumo dell’al-col?“Anche noi medici possiamo confermare cheil consumo di alcol nella popolazione au-menta. In Italia abbiamo 30.000 morti/anno perpatologie alcol correlate e una stima seppurgrossolana parla di circa 1 milione di alco-listi cronici.In tre anni i bevitori abituali sono aumen-tati di 100.000 unità e si è abbassata l’età incui i ragazzi, meglio i bambini, assaggianoil primo bicchiere. Questo avviene ad 11anni e naturalmente in ambito famigliare …per fare provare, è un errore gravissimo per-ché da adolescenti saranno più facilmentecoinvolti in dinamiche comportamentali le-gate al bere, a volte latori di gravi conse-guenze.Oggi sono 900 mila i ragazzi con meno di14 anni che in Italia bevono abitualmente,aumenta il numero delle ragazze che be-vono, e molto il numero di giovani che ognianno in Italia muoiono per incidenti legatiall’alcol.Come si ammala il fegato?“Il fegato si ammala su un lungo periodoperché è capace di rigenerarsi, lo ricordanoanche gli antichi con la leggenda di Pro-meteo, ma proprio per questo, una voltache si manifestano chiaramente i segni dellamalattia, significa che una gran percentualedell’organo (fino al 75% ) è oramai severa-mente danneggiato. Questo è gravissimoperché dal fegato passa tutto il potenziale“benessere” del nostro organismo, e se ci vo-gliamo riferire alla saggezza popolare degliantichi, proprio il fegato era riconosciutocome la sede del coraggio, della forza, dellapassione: era insomma considerato “organocentrale”, perfino più del cuore.Ogni bevanda che contiene alcol passa dalfegato e lo danneggia. Dobbiamo ricordareche 1 litro di alcol corrisponde a 86,9

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grammi: per non oltrepassare il limite con-sentito dalla legge (12 gr) si può al massimobere 1 birra, o 1 bicchiere di vino, o 1 misu-rino di superalcolico.Quali i rischi, in particolare per i gio-vani?“In un rispettoso andamento di vita, dob-biamo considerare che se i limiti racco-mandati anche dai medici sono superati inmodo costante, il nostro fegato impiegheràcirca 10 anni ad ammalarsi.Dobbiamo però distinguere l’abuso dalladipendenza (che è una malattia con basi ge-netiche) e prestare molta attenzione alle di-namiche sociali, perché le statistiche dimo-strano che il consumo di alcol comincia incasa: il consumo di alcol è infatti legato aduna forte influenza socio- culturale.Come già detto, è oramai consuetudine cheun adolescente beva i primi bicchieri di vinoin ambito familiare, nella convinzione che“un buon vino, magari di casa, fa buon san-gue”: ciò è potenzialmente gravissimo per-ché un adolescente ha un sistema metabo-lico ancora inadatto a metabolizzare l’ alcol.Ricordiamoci che l’alcol è la terza causa almondo per la perdita di salute e che il 10-15% dei trapianti in Italia avviene per que-sta causa.OMS: l’alcol causa 2,5 milioni di mortil’anno, 320 mila tra i 15 e i 29 anni. Il 3,8% di tutte le morti sono attribuibili al-l’alcol; in Europa le prevalenze raddoppiano,a causa del maggior consumo pro capitedel pianeta. E non va dimenticato il sempre più evi-dente impatto dell’alcol sullo sviluppo dipatologie importanti come il cancro, le pa-tologie vascolari oltre che alle già citate pa-tologie epatiche.Le ricadute nei giovani, invece, si fanno sen-tire maggiormente in relazione all’aumentodi incidenti stradali, suicidi e uso della vio-lenza.Ci sono altri pericoli?L’alcol è tossico anche per le cellule nervosesoprattutto a livello di corteccia orbito fron-tale, interferendo pertanto con i processidecisionali, emozionali e motivazionali; e alivello dell’ippocampo, con conseguenzesulla regione dell’apprendimento e dellamemoria.Non scordiamoci neppure della terribilecombinazione tra alcol e “droghe sintetiche

(le famose “pasticche” come extasi e simili):un mix che può uccidere, tanto è vero chenel recente passato una giovane di 19 annisi è trovata a passare, nel giro di 12 ore, dauna serata da “sballo” a dover essere tra-piantata d’urgenza di fegato. Una sola pa-sticca può uccidere se mischiata all’alcol”.

Mirella Pontiggia Comandante Polizia Stradale BG

Quando Mirella Pontiggiaprende la parola, la sua voceè seria e fortemente concen-trata nel dirigersi ai ragazzipresenti in sala : “La nostra

esperienza di lavoro sulla strada ci porta adiretto contatto con il problema dell’alcolperché il 90% delle morti giovanili è dovutoad incidenti d’auto, e solo il 10% di questi èda imputare alle condizioni del veicolo e almeteo, il resto è legato all’abuso di alcolici edi altri elementi che alterano le condizionipsicofisiche di chi guida”.Nel corso del convegno il Comandanteha presentato alcuni dati in anteprima“A Bergamo, nel 2011, abbiamo avuto 6173incidenti: il 43% ha fatto registrare solodanne a cose, il 56% ha visto dei feriti, l’1%è stato mortale. Il dato qui è da leggere ancora meglio. Gliincidenti mortali sono stati meno, ma lepersone decedute sono state 76: significa 7al mese, circa 2 a settimana. Il 19% è av-venuto per eccesso di velocità, il 21% peril non rispetto della segnaletica, l’1% pernon aver utilizzato caschi e cinture o peraver guidato con in mano il telefonino, etutto questo capita spesso quando si è be-vuto. Abbiamo inoltre potuto accertare, iltest infatti va fatto immediatamente, chel’11% è avvenuto proprio per guida in statod’ebbrezza”.Guidare ubriachi significa essere un pe-ricolo per sé, ma anche per gli altri.“Il codice della strada prevede pene severee per i giovani può essere interessante sa-pere che qualora risultino positivi allo statodi ebbrezza alcolica alla guida del moto-rino da minorenni, per loro la patente potràessere conseguita non prima dei 19 anni seil loro tasso risulti non superiore a 0,50 g/l,oppure a 21 anni se superiore a 0,50 g/l”.

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Cosa prevede il codice della strada?“L’ultima modifica del Codice della stradaentrata in vigore è del 30/07/2010, essaprevede norme più rigide per la guida instato di ebbrezza e per la somministrazionedi alcolici nei locali pubblici.Queste sono le tre novità fondamentali dellanuova normativa contro l’abuso di alcol:•L’obbligo per i locali pubblici che riman-

gono aperti dopo le 24:00, di dotarsi di unetilometro da mettere a disposizione delcliente.•Tasso alcolico zero per chi ha meno di 21anni o ha conseguito la patente da meno ditre anni.•Divieto assoluto di alcol anche per i gui-datori professionali e i conducenti di veicoliper il trasporto di persone o cose con massaa pieno carico superiore a 3,5 tonnellate.•È importante sottolineare la differenzia-zione di sanzioni in base al livello di alcoolrilevato nel sangue:tasso alcolemico superiore a 0,50 e nonsuperiore a 0,80 grammi per litro ammendada € 500 a € 2.000, non è previsto l’arrestoma la sospensione della patente da 3 a 6mesi con la decurtazione di 10 punti e ilfermo del veicolo;tasso alcolemico superiore a 0,80 e nonsuperiore a 1,50 grammi per litro ammendada € 800 a € 3.200, arresto fino a 6 mesi, so-spensione della patente da 6 a 12 mesi de-curtazione 10 punti fermo del veicolo;tasso alcolemico superiore a 1,50grammi per litro ammenda da € 1.500 a €6.000, arresto da 3 mesi a 12 mesi, sospen-sione della patente da 12 a 24 mesi, decur-tazione 10 punti, confisca del veicolo consentenza di condanna.Non si applica la confisca del veicolo nelcaso in cui il veicolo appartenga a personaestranea al reato; in tal caso è previsto il rad-doppio della durata della sospensione dellapatente da un minimo di 2 anni fino ad unmassimo di 4 anni.Come viene accertato lo stato di eb-brezza?“Gli organi di Polizia stradale, nel rispettodella riservatezza personale e senza pre-giudizio per l’integrità fisica, possono sot-toporre i conducenti ad accertamenti qua-litativi non invasivi o a prove, ancheattraverso apparecchi portatili (etilometro).L’accertamento si effettua mediante l’analisi

dell’aria alveolare espirata. La concentra-zione dovrà risultare da almeno due deter-minazioni concordanti, che vengono effet-tuate ad un intervallo di tempo di 5 minuti.L’etilometro, oltre a visualizzare i risultatidelle misurazioni e dei controlli, deve anche,mediante apposita stampante, fornire la cor-rispondente prova documentale. Quando le prove qualitative hanno datoesito positivo, gli organi di Polizia stradalehanno la facoltà di effettuare ulteriori ac-certamenti con strumenti e procedure de-terminati dal regolamento, presso il più vi-cino ufficio o comando. Per i conducenticoinvolti in incidenti stradali e sottoposti acure mediche, l’accertamento viene effet-tuato da parte di strutture sanitarie ade-guate, le quali rilasciano agli organi di Po-lizia stradale la relativa certificazione,assicurando il rispetto della riservatezzadei dati in base alle vigenti disposizioni dilegge. Quali le pene alternative?“Le pene alternative al carcere per i con-ducenti fermati in stato di ebbrezza, chenon abbiano provocato incidenti: su ri-chiesta al Prefetto la pena detentiva o pe-cuniaria può essere sostituita, per non piùdi una volta, con lavori di pubblica utilità,effettuati prioritariamente nel campo dellasicurezza e dell’educazione stradale. Ladurata è pari alla sanzione detentiva inflittae alla conversione della pena pecuniariache vale 250 euro per giorno di lavoro”. Vi è il divieto assoluto sotto i 21 anni?“Sì, esiste il divieto assoluto di mettersi allaguida dopo aver bevuto alcolici per chi hameno di 21 anni o ha conseguito la patenteda meno di 3 anni, altrimenti multa fino a624 euro (che raddoppia in caso di inci-dente), con revoca della patente e confiscadel mezzo, nei casi più gravi. Se il tasso al-colemico risulta tra lo 0.5 g/l e lo 0,8 g/lle pene sono aumentate di un terzo”.Cosa accade dopo?Qualora dall’accertamento risulti un valorecorrispondente ad un tasso alcolemico su-periore a 0,5 grammi per litro (g/l), l’in-teressato è considerato in stato di ebbrezzaai fini dell’applicazione delle sanzioni sopracitate. Salvo che non sia disposto il sequestro aisensi del Comma 2 ovvero in caso di tassoalcolico superiore a 1,50 gr/l, il veicolo

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non può essere condotto dalla persona instato di ebbrezza, per cui se non è dispo-nibile altra persona in grado di prenderloin consegna e condurlo, e ove non sia pos-sibile provvedere diversamente, può es-sere fatto trasportare fino al luogo indicatodall’interessato o fino alla più vicina auto-rimessa e lasciato in consegna al proprie-tario o al gestore di essa con le normali ga-ranzie per la custodia. Le spese per ilrecupero ed il trasporto sono interamentea carico del trasgressore. Con l’ordinanza con la quale viene dispo-sta la sospensione della patente, il prefettoordina che il conducente si sottoponga a vi-sita medica, che deve avvenire nel terminedei sessanta giorni. Qualora il conducentenon vi si sottoponga entro il termine fis-sato, il Prefetto stesso può disporre pervia cautelare la sospensione della patentedi guida fino all’esito della visita medica. Quali le novità dell’ultimo aggiorna-mento del codice della strada?Per tutti coloro che si mettono alla guidacon un valore corrispondente ad un tassoalcolemico superiore a 1,50 gr/l nel caso incui il veicolo appartenga a persona estra-nea al reato (visto che il mezzo non può es-sere confiscato) è previsto, oltre alle san-zioni sopra citate in tabella, il raddoppiodella durata della sospensione della pa-tente che va da un minimo di 2 anni fino adun massimo di 4 anni. Cosa accade se si rifiuta di sottoporsiall'accertamento?Nei confronti di chi si rifiuta di sottoporsiagli accertamenti per la verifica del tassoalcolemico (o delle condizioni di altera-zione psicofisica correlata a sostanza stu-pefacenti o psicotrope), vengono applicatele stesse sanzioni previste per chi vienetrovato alla guida in stato di ebbrezza conun tasso alcolemico nel sangue superiore a1,5 grammi per litro (g/l).Il rifiuto di sottoporsi agli accertamenticomporta inoltre il sequestro preventivodel veicolo, salvo appartenga a personaestranea al reato.Confisca del veicolo per guida in statodi ebbrezza?La misura di sicurezza della confisca delveicolo, salvo che lo stesso appartenga apersona estranea al reato, è applicata neiconfronti del conducente che ha un tasso

alcolemico nel sangue superiore a 1,5grammi per litro (g/l).Comportamenti recidivi?Il veicolo sottoposto a sequestro non puòessere affidato in custodia al trasgressore,se risulta che questi abbia commesso neidue anni precedenti le medesime violazionidi cui al comma 2, lettera c) dell’art. 186. Èprevista la revoca della patente di guida.E per i giovani e non conducenti di mo-toveicoli o ciclomotori?Se la guida in stato di ebbrezza è com-messa alla guida di motoveicoli o ciclo-motori, con un tasso alcolemico non supe-riore a 1,5 gr/l, si procede al lorosequestro.Cosa succede in caso di incidenti stra-dali?Se il conducente in stato di ebbrezza pro-voca un incidente stradale, le pene sonoraddoppiate ed è disposto il fermo ammi-nistrativo del veicolo per 180 giorni, salvoche il veicolo appartenga a persona estra-nea al reato.Se il tasso alcolemico è superiore a 1,5gr/l è sempre disposto il sequestro penaleal quale segue la confisca applicata consentenza di condanna. A chi spetta il giudizio?Le cause per le lesioni provocate dallaguida in stato di ebbrezza sono di compe-tenza del tribunale in composizione mo-nocratica.Il consumo di alcol è dunque prima ditutto un problema sociale?“Sì. Il problema è vero e la Polizia Stradalesi pone nell’ottica non solo di reprimere, maanche di prevenire. L’unica possibilità per-ché questo fenomeno si riduca è che i gio-vani ne prendano consapevolezza, per que-sto incontriamo circa 65/70 scuole l’anno.Questa metodologia di informazione èun’occasione per i giovani (e non solo) diconoscere le conseguenze che possono sca-turire dal considerare inutili alcuni com-portamenti. Non risulta importante sa-pere cosa accade alla mia patente seinfrango una norma, è importante re-sponsabilizzarli in merito alle scelte cheognuno di loro può operare e far crescereuna cultura delle prevenzione che non di-penda da nessun altro elemento esternoalla propria testa”.

C. E.

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La colecisti o vescichettabiliare, posta al di sottodel fegato, è deputata allaraccolta del liquido bi-liare prodotto dal fegato,

liquido che verrà prima concen-trato durante il digiuno e poiescreto nell’intestino duodenaledurante la digestione attraversoun condotto chiamato co-ledoco. La bile si me-scola al cibo che gra-dualmente vieneimmesso dallo stomaco e favoriscela solubilizzazione del colesterolo,dei grassi, delle vitamine liposo-lubili favorendone quindi l’assor-bimento da parte della parete in-testinale sotto forma di piccoleparticelle. Gli acidi biliari idrosolubili, cioèche si sciolgono nell’acqua, sonosintetizzati dal fegato a partire dalcolesterolo che invece non è idro-solubile. È questo un meccanismoche permette il trasporto dellemolecole di colesterolo ed il suoassorbimento da parte della pa-rete intestinale. La maggioranza dei disturbi e deiproblemi clinici che riguardano ilsistema biliare è rappresentatodalla presenza di calcolosi che siformano nelle vie biliari, ma so-prattutto nella colecisti. È una pa-tologia che predilige il sesso fem-minile e alcune popolazioni, inparticolare gli Indiani del Nord-America. Si calcola che interessi il

20 % dellapopolazione femminile e la sua in-cidenza aumenta con l’età, soprat-tutto dopo i 65 anni. Sono fattorifavorenti l’insorgenza di questamalattia anche l’obesità, una dietatipica dei paesi occidentali, ma an-che una certa familiarità. I calcoli biliari sono formati so-prattutto di colesterolo. Ci si puòchiedere perchè queste personepossano sviluppare la formazionedi calcoli, mentre altri non nesono colpiti. Certamente è impor-tante la saturazione del coleste-rolo nella bile nativa, anche se li-velli di saturazione elevati sonocomunemente osservati anche insoggetti che non sviluppano cal-colosi. Si ritiene che sia soprat-tutto la formazione di cristalli dicolesterolo monoidrato l’agentedinamico che favorisce la forma-zione di calcoli. Non sempre la presenza di calcoli

in coleci-sti determina dei disturbi

specifici; la calcolosi colecisticapuò restare asintomatica, cioè nondare disturbi, per lunghi periodi ditempo, anche per tutta la vita e illoro riscontro avvenire in manieraoccasionale durante gli esami –ecografia colecistica ecc- eseguitiper altri motivi. I calcoli possonopassare dal dotto cistico, cioè ilcondotto che sfocia nel duodeno,senza dare sintomi, a meno cheprovochi una ostruzione transito-ria, condizione che scatena una ti-pica sintomatologia dolorosa: co-lica epatica. Di regola taleostruzione dura da pochi minutiad alcune ore, fino alla espulsionedel calcolo. Se l’ostruzione invecepersiste può determinare una ma-lattia seria che, se non curata, puòcausare infiammazione e infezioneacuta della colecisti, ma anche lacomparsa di ittero (colore giallodella pelle) e dolore persistente; in

CALCOLOSICOLECISTICA Un problemasoprattutto al femminile

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alcuni casi anche l’ostruzione deldotto pancreatico con conse-guente pancreatite. Calcoli parti-colarmente grossi possono neltempo erodere la parete coleci-stica con conseguente migrazionesia nell’addome che nell’intestinocon conseguenze cliniche anchesevere. La colica epatica è caratterizzatada un dolore acuto alla parte su-periore e nel quadrante destrodell’addome, può irradiarsi allaparte inferiore della scapola de-stra. Il dolore è continuo e tende,in una prima fase, ad accentuarsifino a diventare insopportabile.Spesso si accompagna a nausea e avomito. L’espulsione del calcolorisolve la sintomatologia dolorosa. Sono i calcoli di piccole dimen-sioni, che facilmente possono in-cunearsi nel coledoco, i responsa-bili della colica. Meno facili amigrare nel coledoco sono i cal-coli di dimensioni maggiori. I calcoli asintomatici possono daremanifestazione di sé solo in unapercentuale relativamente bassa:1 – 2 % per anno, e solo in parti-colari casi ( calcolo di grosse di-mensioni, ad esempio ) richiedonouna terapia di tipo chirurgico.Nella calcolosi sintomatica inveceè sempre bene intervenire attiva-mente, onde evitare la comparsadi complicazioni che renderebberol’intervento più problematico.L’intervento chirurgico in maniesperte è gravato di un tasso dicomplicazioni assai basso, so-prattutto dopo l’intro-duzione delle tecni-che endoscopichemini-invasive equindi non deveessere evitatose le coliche bi-liari sono rela-t i v a m e n t efrequenti. Ic a l c o l id e l l ac o l e -

cisti si possono talvolta ridurre edissolvere attraverso la sommini-strazione di Sali Biliari con una te-rapia della durata di alcuni mesi,ma solo se i calcoli non sono cal-cifici. Ultimamente si è applicata,con successo, la litotripsia, cioè lafrantumazione del calcolo stesso,soprattutto se il calcolo è calci-fico; ovviamente se le indicazionisono favorevoli ad un buon risul-tato. Per la colica biliare, sonomolto utili gli antispastici che de-vono comunque essere sommini-strati in ambiente protetto e daisanitari. La prevenzione ha due aspetti:quella di prevenire per quantopossibile le coliche biliari e quelladi prevenire la formazione dei cal-coli stessi. Per quanto riguarda l’evitare lecoliche biliari è importante l’ali-mentazione in quanto i grassi ingenerale e gli alimenti che con-tengono alti tassi di colesterolostimolano la contrazione della co-lecisti. È bene evitare quindi leuova intere o il rosso d’uovo, cosìcome i fritti e le carni particolar-mente grasse. L’uso abitudinariodi antispastici, anche per via orale,

non è da favorire, salvo espressaprescrizione medica e sotto strettocontrollo del sanitario. È possibile prevenire la forma-zione di calcolosi biliare? Questoè più problematico. Certamenteevitare l’obesità e il sovrappeso,soprattutto se si è diabetici; com-battere la stitichezza; attuare unadieta sana con apporto elevato divitamine, specialmente la C e ilgruppo B, e scarso apporto di co-lesterolo; fare uso abbondante difrutta e verdura; evitare le abbuf-fate; evitare l’eccessivo impiego diuova. Queste sono le principali in-dicazioni comportamentali. An-che un giusto apporto di acquanelle 24 ore è utile, così come dueo tre cucchiaini di olio di olivacrudo, piccole quantità di vinorosso. Nel complesso, diete abasso tenore di zucchero e ricchedi fibre sono da favorire perchèaiutano a tenere basso il livello dicolesterolo nella cistifellea.

Dott. Gaetano Bianchi

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È possibile prevenirela formazione dicalcolosi evitandol’obesità e ilsovrappeso;combattendo lastitichezza; attuandouna dieta sana conapporto elevato divitamine,(specialmente la C e ilgruppo B) e scarsoapporto di colesterolo;facendo usoabbondante di frutta everdura; evitando le

abbuffate; evitandol’eccessivo

impiego di uova.

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eliminati con le feci.Per evitare la formazione di calcoli èquindi utile seguire un’alimenta-zione ricca di fibra e cioè, con por-zioni abbondanti di verdura, confrutta, razioni giornaliere di pane,pasta, riso e altri cereali, preferibil-mente integrali e con legumi, con-sumati almeno una volta alla setti-mana. Le uova sono sconsigliate in pre-senza di calcoli perché possono sca-tenare la colica.

ALIMENTI CONSIGLIATILatte e yogurt: magri e parzial-mente scrematiCarne: magra di tutti i tipi, (esclusooca e selvaggina) private di tutto ilgrasso visibile e della pelle. Consi-gliate le cotture al forno, in padella,ai ferri, al cartoccio, al vapore, almicroonde e la bollitura.

CALCOLI BILIARI E ALIMENTAZIONE

L’obesità è associata ad unaumentato rischio di co-lecistopatia e l’incidenzadi calcolosi della colecistiaumenta anche in seguito

a rapido calo ponderale. L’eventualeeccesso di peso che predispone allacolelitiasi deve essere eliminatosenza seguire una dieta troppo dra-stica perché il dimagrimento troppoveloce influenza negativamente lacomposizione della bile.La composizione della bile dipendeanche dal tipo di alimentazione.Mentre una dieta ipercalorica e riccadi grassi aumenta la produzione dicolesterolo, l’introduzione di fibra,di cui sono ricchi gli alimenti inte-grali, frutta e verdure , diminuisce lasaturazione del colesterolo biliareinfluendo sul riciclaggio degli acidibiliari dall’intestino e modificandola quantità di bile e dei suoi derivati

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Salumi e insaccati: prosciutto ma-gro e bresaola.Pesce: fresco o surgelato di tutti i tipi.Formaggi:. ricotta, mozzarella, cer-tosino, scamorza, fiocchi di latte ma-gri, formaggi light.Pane, grissini e crackers: pane,grissini e crachers integrali.Pasta e altri cereali: consigliatitutti, preferibilmente integrali.

Verdure, ortaggi e legumi: freschio surgelati, si consigliano i legumialmeno 1 volta alla settimana.Frutta: di stagione fresca e cruda. Grassi per condimento: olio d’olivaextravergine.Dolci: moderatamente e occasional-mente, senza creme o panna.Bevande: consigliate acqua, tisanee succhi di frutta.

PENNE INTEGRALI CON POMODORI, CAPPERI

E PESCE SPADA

FacilePreparazione 110 min.

Cottura 225 min.

Ingredienti per 4320 g di pasta integrale400 g di pesce spada

8 pomodorinicapperi

1 spicchio d’aglio4 cucchiai di olio di oliva

origano2 cucchiai di sale grosso

1 pizzico di sale fino

VÉÅx á| ÑÜÉvxwxLavare i pomodori e dividerli a metà

Sbucciare e schiacciare l’aglio. Tagliare a pezzi il pescespada.- Versare l’olio in un tegame.

- Soffriggere l’aglio.Aggiungere i pomodorini

Unire il pesce spada, i capperi e l’origano.

Salare.Portare a cottura.

- Mettere tre litri d’acqua in unacasseruola.

- Portarla ad ebollizione.- Salarla

Cuocere la pasta per il tempoindicato sulla confezione.

- Scolarla, unirla al pescespada,mescolare e servire.

PEPERONI RIPIENI ALLA RICOTTA

FacilePreparazione 110 min.

Cottura 220 min.

Ingredienti per 42 peperoni

250 g di ricotta1 pomodoro10 olive nere

1 cucchiao di olio di olivaextravergine

1 cucchiaio di acetoerba cipollina

salepepe

VÉÅx á| ÑÜÉvxwxLavare i peperoni

Cuocerli al fornoSpellarli e tagliarli

a metà.Amalgamare la ricotta, con il

pomodoro e le olive tritate.Salarla e peparla

Lavare e tritare l’erbacipollina.

Unirla al composto insieme ad olio e aceto.

Mescolare il tutto fino adottenere una crema

omogenea.Riempire le 4 metà di

peperoni.Servire.

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ALIMENTI DA EVITARECarne: carni grasse e frittePesce: pesce fritto e sott’olioSalumi e insaccati: salumi troppograssi come salame, pancetta ecoppaFormaggi: quelli troppo grassicome il mascarponeGrassi per condimento burro,

panna, strutto e margarine Bevande: superalcoliciVarie: maionese, prodotti sott’olio.

ESEMPIO PRATICO DI ALIMENTAZIONE ABITUALEColazioneYogurt parzialmente scremato Cereali

INSALATA DI RISO INTEGRALECON VERDURE

ALLA JULIENNE

FacilePreparazione 110 min.

Cottura 118 min. Riposo 11 ora.

Ingredienti per 4320 g di riso

integrale1 carota

1 peperone1 zucchina

4 cucchiai d’olio d’olivaextravergine2 mozzarelleprezzemolo

sale

VÉÅx á| ÑÜÉvxwxLavare le verdure

Tagliarle alla julienne.Lessare il riso al dente in acqua

salataScolarlo e lasciarlo raffreddareTagliare a cubetti la mozzarellaLavare e tritare il prezzemolo

Mettere in una ciotola lamozzarella, il riso e le verdure

Salare, condire con l’olio espolverizzare di prezzemolo

Mescolare.Mettere in frigorifero

per un’ora e servire.

INSALATA COLORATA

FacilePreparazione

20 min.Riposo 115 min.

Ingredienti per 42 carciofi

1 cipolla di tropea4 pomodori

100 g di lattuga50 g di rucola

4 cucchiai d’olio d’olivaextravergine

4 cucchiai d’aceto balsamicoprezzemolosale, pepe

VÉÅx á| ÑÜÉvxwxLavare i carciofi e privarli delle

foglie e delle parti dure.Tagliarli a fette sottiliSbucciare la cipolla

e tagliarla a fetteLavare i pomodori

e dividerli a spicchi.Sciacquare rucola e lattuga.

Asciugarli e sminuzzarli.Lavare e tritare il prezzemolo.Mettere in una ciotola tutte

le verdure.Salare e pepare.

Emulsionare l’aceto e l’olio.Condire l’insalata.

Mescolare e spolverizzare di prezzemolo.

Lasciare riposare 5 minuti prima di servire.

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PranzoUna porzione di pasta o riso inte-grali con sugo o con verdure; carneo pesce; una porzione di verduracruda; 1 frutto; pane integrale; acqua.

Spuntino1 frutto

Cena Una porzione di minestra di ver-dure; una porzione di ceci o fagiolioppure una porzione di prosciutto obresaola o formaggio poco grasso;una porzione di verdura cruda o

cotta; 1 frutto; pane integrale; acqua.Il condimento consigliato è l’oliod’oliva extravergine.

PER PERDERE PESOPer dimagrire senza aggravare il ri-schio di colelitiasi, occorre ridurre ilpeso corporeo in un tempo ragione-vole: un calo del 10% dovrebbe es-sere raggiunto in 4 -6 mesi e la re-strizione dietetica dovrebbe esserevalutata in base al dispendio ener-getico del soggetto.Gli Standard Italiani per la cura del-l’obesità raccomandano una restri-zione energetica compresa tra 500 e1000 kcal rispetto al dispendio ener-getico giornaliero calcolato. Unapersona con un fabbisogno caloricogiornaliero di 2500 kcal, non do-vrebbe, per esempio, seguire unadieta inferiore alle 1500 kcal gior-naliere e, in genere, non si dovreb-bero seguire diete con apporto gior-naliero inferiore a 1300 kcal se nonsotto stretto controllo medico. Ladieta deve avere un adeguato rap-porto tra calorie di origine proteicae calorie di origine non proteica: piùsi riducono le calorie non proteiche,maggiore deve essere l’apporto pro-teico della dieta. In generale le pro-teine devono essere circa 1 g per kgdi peso desiderabile e devono prove-nire sia da fonti proteiche animaliche vegetali come carni magre, pe-sce e legumi.L’apporto di carboidrati, provenientiessenzialmente da alimenti ricchi dicarboidrati complessi e fibre come icereali integrali, non dovrebbe maiscendere al disotto di 120-130 g diené bisognerebbe limitare i grassi aldi sotto di 20-25 g al dì preferendocome condimento l’olio extraverginedi oliva.La dieta Mediterranea, rappresentaun ottimo modello di alimentazionementre altri tipi di diete come quellecon troppe proteine e/o troppo po-chi zuccheri e/o grassi sono efficacisolo nei brevi periodi e sono poco si-cure per la salute.

Cristina Grande

Per dimagrire senzaaggravare il rischio di

colelitiasi, occorre ridurreil peso corporeo in untempo ragionevole: uncalo del 10% dovrebbe

essere raggiunto in 4 -6mesi e la restrizione

dietetica dovrebbe esserevalutata in base al

dispendio energetico del soggetto.

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Sabato 23 giugno, presso l'aula del-la Clinica Mangiagalli della Fon-dazione Irccs Ca' Granda Ospeda-le Maggiore Policlinico di Milano,si è tenuto il convegno dal titolo

"Nuove frontiere nella cura delle malattie del fe-gato".L'iniziativa ha rappresentato il 5º NationalMeeting della Liver-Pool Onlus, associazioneche ha lo scopo di riunire e dare voce, sotto ununico tetto, a tutte le associazioni di volontariatoche si occupano di malattie epatiche e di tra-pianto del fegato. Lo scopo è chiaro: diffonde-re le informazioni che riguardano la cura del-le malattie del fegato a tutti i malati colpiti daqueste patologie. Proprio a loro era rivolto il se-minario e ne abbiamo parlato con il Prof. Lui-gi Rainero Fassati, relatore del convegno non-ché Direttore Scientifico Copev (AssociazioneItaliana per la prevenzione e cura dell'epatite vi-rale "Beatrice Vitiello"), una delle realtà che ade-riscono alla Liver Pool e che ha partecipato di-rettamente all'organizzazione dell'evento. "Comeogni anno - afferma il Prof. Fassati - cerchiamodi porre l'attenzione sui progressi che la medicina rea-lizza nel campo della cura delle malattie del fega-to. Lo facciamo con un linguaggio semplice, perchéil nostro principale interlocutore è il malato. Vogliamodiffondere l'informazione per dare speranza, perchéspesso chi si trova a dover lottare contro la malat-tia, non sa quali sono le possibilità di cura. Faccioun esempio molto chiaro: il 90% dei pazienti affet-ti da epatite B non sanno che, grazie agli studi delDott. Pietro Lampertico, esistono nuovi farmaci ingrado di poter tenere sotto controllo la malattia. Sonorisultati straordinari, ma spesso non se ne ha la per-cezione in quanto l'informazione tende più a met-tere in risalto l'evento negativo o sensazionale del-la medicina, dimenticandosi di tutto quello che di buo-no si realizza ogni giorno". Discorrendo con ilProf. Fassati apprendiamo di un nuovo progetto,

denominato "Liver Unit" sull'assistenza ai pa-zienti affetti da epatopatie e con necessità di tra-pianto. "L'idea - ci spiega il Prof. Fassati - con-siste nella proposta di costitutire, all'interno delleAziende Ospedaliere, un reparto che si occupi dellaterapia di tutte le malattie del fegato, sia mediche chechirurgiche. Questo permetterebbe una migliore spe-cializzazione, ma soprattutto la possibilità, per queipazienti che hanno bisogno di diversi tipi di cura, dinon doversi continuamente rivolgere a diverse uni-tà con difficoltà di coordinamento, anche solo per po-ter prenotare gli esami". Passare da un'organiz-zazione orientata alla malattia, ad un'organiz-zazione orientata all'organo nella sua comple-tezza. Una bella rivoluzione. "Con altri organi

UN CONVEGNO PER INFORMARE

I MALATIDI FEGATO

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- prosegue - si è già provveduto alla costituzionedi qualcosa di simile. Un esempio su tutti è il Cen-tro Cardiologico Monzino dove si trattano tutte lepatologie riferite al cuore. Ovviamente non basta pre-sentare un'idea, ma serve fare cultura affinché si pos-sa realizzare questo progetto, nonché ottenere il ri-conoscimento nazionale". Oltre a questi interes-santi argomenti, il convegno ha stimolato i re-latori ad un confronto sulla situazione dei tra-pianti e sul grado di salute della sanità nazio-nale. Presente come relatore il Dr. Nanni Costa, di-rettore del Centro Nazionale Trapianti, che haillustrato l'attività trapiantologica in Italia.Sono state messe in evidenza con grande pre-cisione le caratteristiche di ciascun CentroTrapianti operante in Italia, con statistiche pre-cise e puntuali. Altrettanto precisa è stata la do-cumentazione presentata riguardante la dona-zione da cadavere e da vivente in Italia, dalla qua-le si evince che il nostro paese è il terzo in Eu-ropa per numero di donazioni dopo Spagna eFrancia. Un risultato assolutamente positivo cheva messo in evidenza per contrastare il cata-strofismo che spesso si riscontra quando si par-la di trapianti.“Nella relazione del Dr. Nanni Costa - prosegueil Prof. Fassati - è emerso altresì il divario tra al-cune regioni del Nord e altre del Sud per quanto ri-guarda le donazioni, anche se le regioni meridionaliappaiono in buona ripresa”. Una risposta chiaraad un altro illustre relatore del convegno, il Se-natore Ignazio Marino, che aveva messo in evi-denza come il divario tra Nord e Sud del pae-se potesse creare malati di serie A e di serie B.

Riguardo al suo intervento non sono mancatele frasi ad effetto, quando infatti, il Senatore haaffermato che: "Dovrebbero essere chiusi tutti queiCentri Trapianto di Fegato che eseguono meno di25 trapianti all'anno perché la scarsità della casi-stica porta a una minore affidabilità e a sprechi eco-nomici notevoli in un momento molto critico per l'eco-nomia italiana. L’esempio di Torino è paradigma-tico.- prosegue Marino - Un solo Centro esegue piùdi 120 trapianti di fegato all'anno, mentre a Romacinque Centri messi assieme eseguono meno di 100trapianti all'anno. Ed esiste un centro che nel 2011ha fatto soltanto 11 trapianti. Occorre una parifi-cazione tra le strutture sanitarie del sud e quelle delnord". Affermazioni che prese di primo acchi-to non fanno una piega ma che vanno comun-que inserite nel giusto contesto e dimensiona-te correttamente. "L'esempio degli Stati Uniti - ci spiega il Prof. Fas-sati - in cui il sistema spinge affinché ci siano cen-tri di trapianto con alta casistica per ridurre al mi-nimo gli errori e gli sprechi ha una sua valenza. InItalia però bisogna considerare che l'attività di tra-pianto non è una specifica attività dell'azienda ospe-daliera, ma viene realizzata dalla medesima équi-pe medico-infermieristica che si occupa della cura.Chiudere un centro trapianti quindi non significa ot-tenere automaticamente dei risparmi ingenti. Veroè che il monito ad evitare gli sprechi, soprattutto inquesto periodo di difficoltà, ha un valore assoluta-mente positivo".Come si diceva, perplessità alle affermazioni delSenatore Marino sono giunte soprattutto dalDr. Nanni Costa, ma il suo intervento si è fo-calizzato soprattutto sulla scrupolosa e costantemonitorizzazione eseguita giornalmente dal Cntsu ogni singolo trapianto che viene eseguito inItalia. Questa caratteristica, che è la migliore ga-ranzia di trasparenza e sicurezza, è il vero fio-re all'occhiello del Cnt che è stato all'avanguardianel promuovere la pubblicazione sul web di tut-ti i dati, che sono consultabili da chiunque siainteressato. Il giudizio finale del dott. Nanni Co-sta sull'attività trapiantologica italiana è risul-tato molto positivo.Quel che è certo è che convegni di questo tipopossono aiutare il malato ad una migliorecomprensione del sistema di cura italiano. Ar-chiviata l'edizione di quest'anno si pensa già allaprossima. Chi volesse restare informato sulle ini-ziative future può consultare il sito internet del-l'associazione Copev www.copev.it oppure quel-lo della Liver Pool www.liver-unit.org

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L'Associazione Italiana Copev per la prevenzione e cura dell'epatite virale"Beatrice Vitiello"- ONLUS si è costituita nel 1992 in linea di continuità con il

Comitato per la Prevenzione dell'epatite virale, promosso nel 1987. È la prima associazione di volontariato nata in Italia

nel campo delle malattie del fegato.

SEGRETERIA ASSOCIAZIONE LOMBARDIASede legale C.so di Porta Romana, 51 - 20122 Milano

Tel. 02653044 Cell. 3331567801

AMBULATORIOVia Statuto, 5 - 20121 Milano

La segreteria è aperta dal lunedì al venerdì dalle ore 9,00 alle ore 17,00. In caso di mancata risposta lasciare un messaggio sulla segreteria

tel./fax: 02 29 00 33 27 con servizio di segreteria [email protected]

DIRETTORE SANITARIOProf. Luigi Rainero Fassati

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98_terza copertina lug_2012.ai 1 02/08/2012 10:12:43

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