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Auguri regionali e nazionali

Un 2011 da incorniciare per Michele ColledanIn evidenza il trapianto multiorgano a una bambinae la conquista di «quota 1.000» nei trapianti di fegato

L’insonnia: un problema per molti

I mangiatori notturni

Sapori antichi

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Il lungo viaggio della solidarietàDonare oggi per il futuro

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«Scegli Oggi» e «Donazione parlane oggi»Due modi concreti di diffonderela cultura della donazione

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Giornata regionale AidoRifiorisce la speranza

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Ricordando...Giorgio Brumat

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Convegno Fondazione Don Carlo Gnocchi - MilanoVolontari: Accanto alla vita, sempre

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Mensile di cultura sanitaria del Consiglio RegionaleAIDO Lombardia - ONLUS

Anno XX n. 196 - dicembre 2011

Editore: Consiglio Regionale AIDO Lombardia - ONLUS 24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Tel. 035 235327 - fax 035 244345 [email protected]

Direttore EditorialeLeonida Pozzi

Direttore ResponsabileLeonio Callioni

Collaborazioni scientificheDott. Gaetano Bianchi

Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo

Dott. Michele ColledanDirettore Chirurgia Generale III Direttore Centro Trapianti di fegato e di polmoni

Dott. Paolo FerrazziDirettore Dipartimento CardiovascolareDirettore U.O. di Cardiochirurgia

Dott. Giuseppe LocatelliConsulente del Dipartimento di Chirurgia Pediatrica

Prof. Giuseppe Remuzzi Direttore Dipartimento di Immunologia e Clinica dei Trapianti

Azienda Ospedaliera A. Manzoni di Lecco

Dott. Amando GambaDirettore U.O. Cardiochirurgia

Università Milano Bicocca

Prof. Roberto FumagalliDocente

NITp - Nord Italia Transplant

Prof. Paolo Rigotti - Presidente

Dott. Mario Scalamogna - Direttore

Istituto Mediterraneo Trapianti e Terapie di alta specializzazione - ISMeTT

Prof. Bruno GridelliDirettore Medico scientificoProfessore di Chirurgia Università di Pittsburgh

Istituto Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” - Bergamo

Prof. Giuseppe Remuzzi - Direttore

Yale University School of Medicine

Dott. Mario StrazzaboscoProfessor of Medicine,Director of Transplant HepatologyDepartment of Internal MedicineSection of Digestive Diseases

Redazione esternaLaura SpositoCristina GrandeClelia Epis

Redazione tecnicaBergamo [email protected] Seminati

Segreteria e Amministrazione24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Tel. 035 235327 - fax 035 [email protected]@aidolombardia.itC/C postale 36074276Ester MilaniLaura Cavalleri

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C/C postale 36074276 AIDO Cons.Reg.LombardiaONLUS Prevenzione Oggi

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StampaCPZ - Costa di Mezzate BG

Finito di stampare seconda decade gennaio 2012

Reg. Trib. di Milano n. 139 del 3/3/90

Le informazioni contenute in questo periodicovengono trattate con liceità, correttezza e tra-sparenza conformemente al D.lgs. n. 196 del 30giugno 2003 “Codice in materia di protezionedei dati personali”.

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

800 20 10 88NUMERO VERDE

Risponde l’Aido Lombardia

Spazio ai lettoriPer gli interventi dei lettori:

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L’intervista al dott. Michele Colledan e ad alcunicomponenti l’équipe che nello scorso mese di ago-sto ha eseguito un intervento di trapianto mul-

tiorgano (ben cinque simultaneamente) salvando la vitaad una bambina di cinque anni, era nata dalla valuta-zione della Redazione che fosse opportuno evidenziare

una fase straordinaria della scienza medica trapiantologica. Mentre stiamo per consegnare la rivi-sta alla stampa sono arrivate altre due notizie di grandissima portata medica e scientifica: il tra-guardo dei mille trapianti di fegato, con protagonista lo stesso dott. Colledan, presso gli OspedaliRiuniti di Bergamo, e la dichiarazione della disponibilità di questo stesso ospedale, sempre con il dott.Colledan, ad eseguire i trapianti di fegato da vivente. C’è di che rimanere sbalorditi. E’ difficile in-fatti immaginare un periodo più fecondo e più significativo di questo se consideriamo che l’Aido staconcludendo un anno straordinario dedicato alla celebrazione dei quarant’anni dalla fondazione,quando nacque come DOB (Donatori Organi Bergamo) per intuizione e slancio ideale dell’indi-menticabile cav. Giorgio Brumat. Un anno che sarà nostra cura raccontare in un numero speciale in distribuzione con l’edizione di gen-naio-febbraio 2012, affinché rimanga traccia indelebile nella storia sociale e scientifica della nostracomunità lombarda questa incredibile esperienza. A dimostrazione – se fosse ancora necessario – che la nostra Associa-zione non si limita a “celebrare” ma è concretamente e fortemente im-pegnata a tracciare le linee di un possibile orizzonte operativo perincrementare e consolidare l’esperienza della donazione di organi,tessuti e cellule, segnalo ai lettori il resoconto dell’iniziativa lanciataquest’anno insieme con Consiglio dei sindaci della provincia di Ber-gamo, Asl, Provincia e Coordinamento al prelievo e al trapianto diorgani e denominata “Scegli oggi”. Anche in questo caso si tratta diun’esperienza unica in Italia, voluta dai protagonisti citati primaproprio per cercare di scagliare un sasso nel lago stagnante dell’in-differenza e costringere – in modo dialogante ma fermo – i cittadinia fare una riflessione sul tema della donazione per comunicare al-l’Asl la propria disponibilità dopo la morte; così come anche a comu-nicare la propria indisponibilità. Lo stesso vale per la campagna "Donazione parlane oggi", perora in via sperimentale nella provincia di Bergamo, che apre le porte delle farmacie e dei farmacistia tutti coloro che vogliono esprimere il proprio consenso alla donazione degli organi, o semplice-mente vogliono ricevere maggiori informazioni. C’è comunque il desiderio di andare oltre il quietoseguire la corrente per lasciare che sia il caso a far incrociare il tema della donazione con i cittadini.Dal progetto alla concretizzazione. Dall’idea al coinvolgimento delle Anagrafi comunali alla cam-pagna di comunicazione e di proposta di adesione, anche con la presenza significativa dell’Aido chesi propone come Associazione di riferimento per la diffusione della cultura della donazione.Questi e tanti altri argomenti arricchiscono il numero di Prevenzione Oggi che mi auguro possa an-cora una volta incontrare l’interesse e il gradimento dei nostri numerosi e affezionatissimi lettori.

Leonida Pozzi

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In copertina:«CERAMICHE»©

foto di Silvio Gamberoni - Bergamo

“Le splendide ceramiche dei Della Robbia non hanno certobisogno di presentazione, per chi ha appena un po’di conoscenza della storia dell'arte italiana. Questa Annunciazione che si trova nel convento de La Verna in Toscana, noto per le Stimmate di S. Francesco, ci dice sia la qualità dell'opera che la solennità di un momento fondamentale nella storia della fede cristiana”.

Molte buone notizie: Salvata una bambina con il trapianto di cinque organiRaggiunta a Bergamo quota mille trapianti di fegatoL’Ospedale di Bergamo pronto al trapianto di fegato da vivente

Editoriale

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Carissime e carissimi tutti,è con un particolare sen-timento di gioia che mirivolgo a voi per formu-lare, a nome del Consi-

glio regionale AIDO della Lombardia,i migliori auguri di buon Natale e di unsereno inizio di 2012. Ho negli occhi enel cuore i molti avvenimenti che hannocaratterizzato la celebrazione dei 40anni di vita della nostra stupenda As-sociazione. E sono stati momenti in-tensi, partecipati, sentiti. In questo climacollaborativo e di forte condivisione èstato possibile non avvertire il peso di unlavoro particolarmente intenso e accu-rato. Di ciò ringrazio tutti coloro chehanno contribuito alla buona riuscitadelle diverse proposte, sia per quantodato in modalità organizzative, sia perla partecipazione.Questo illumina un anno peraltro se-

gnato da notevoli difficoltà che stannogravando sulla condizione sociale dellanostra comunità. L’AIDO, Associazionevicina alle famiglie, e in particolare aquelle più segnate dalla sofferenza, nonpuò rimanere indifferente. Consapevoledi quanto sia difficile, di questi tempi,intravedere spiragli di sereno nell’oriz-zonte che si va profilando, credo sia piùche necessario addirittura indispensabilerichiamare tutti alla consapevolezzadelle enormi potenzialità insite nella co-munità lombarda. Mi riferisco in par-ticolare ad una eccezionale capacità difare rete solidale, di reagire alle difficoltàche già in altre epoche storiche dram-maticamente segnate dalla sofferenza,hanno mostrato di cosa siamo capaci.La storia stessa dell’AIDO, che nel-l’anno delle celebrazioni per il quaran-tennale abbiamo avuto modo di riper-correre attraverso alcuni eventi

particolarmente significativi, ne è pro-bante dimostrazione. Abbiamo bisognodi sentirci uniti nel contrasto alle diffi-coltà, ma soprattutto dobbiamo recupe-rare e fare nostre la grande forzad’animo e la geniale intuizione di un fu-turo possibile che furono caratteristichecomuni dei fondatori e dei primi diri-genti dell’AIDO. Abbiamo il dovere diessere degni della loro testimonianza edel loro insegnamento e quindi non pos-siamo spaventarci o peggio ancora sco-raggiarci se le difficoltà dell’oggi ci sem-brano cariche di oscuri presagi. A noi,donne e uomini dell’AIDO, il compito difar luce sul bene possibile affinché unen-doci lo possiamo rendere attuale.Mi sembra questo il modo migliore peraugurare a tutta la nostra splendida co-munità, di saper valorizzare il passatoper costruire uno stupendo futuro. Unabbraccio particolare, a nome dell’AIDOLombardia, per coloro che soffrono perragioni familiari, sociali o per malattia.Sappiano di non essere soli perché lanostra Associazione esiste proprio perrappresentare un’àncora di salvezza, unapprodo sicuro per chi brancola nel buiodella solitudine e dell’isolamento.Con immenso affetto, il presidente re-gionale

Cav. Leonida Pozzi

Con nel cuore la gioia per le celebrazioni dei 40 anni di vita AIDO

auguro a tutti voi di vivere un santo e felice Natale e ottimo 2012

Carissimi,

questo breve messaggio per inviare a Voi ed alle Vostre famiglie un sincero augurio di Buone Feste.

L’anno che si sta chiudendo ha registrato dei fatti positivi: tra questi una maggiore e migliore volontà politica, da parte delle Istituzioni, per la diffusione della pratica dei trapianti. Inoltre è da segnalare il ruolo, l’autorevolezza e la credibilità che sono sempre più riconosciuti alla nostra associazione. Tutto ciò è motivo di soddisfazione perché viene a riconoscere quanto l' Associazione ha fatto in questi anni e come sia stata pagante la linea costruttiva, pur nella critica, che A.I.D.O. ha perseguito. Paradossalmente però tale ruolo e notorietà, oltre che motivo di soddisfazione, sono anche ragione di riflessione e preoccupazione. Ci fanno riflettere su cosa avremmo potuto essere e non siamo ancora. Le assemblee del prossimo anno dovranno diventare pertanto il luogo della riflessione, della valutazione, dell’assunzione di impegno e non un momento burocratico, un'incombenza cui non ci si può sottrarre. Dobbiamo metterci tutti in discussione per consentire il necessario rinnovamento e studiare il modo più efficace per svolgere la nostra azione. Più progettualità e obiettivi precisi. Per questo è essenziale che le assemblee fra l’altro, scelgano e indichino, in relazione alle diverse cariche associative persone che vogliano e sappiano agire per l’effettivo perseguimento degli scopi associativi. Dovranno essere persone preparate e disponibili, attori ma non protagonisti, servitori e non padroni, consci di essere una parte dell’associazione, non l’associazione, quindi pronti alla collaborazione spassionata e contrari alla polemica, soprattutto personale. Spetterà a tutti noi renderci degni del rispetto e della considerazione degli altri, ma soprattutto essere gli artefici di una sempre maggiore e diffusa coscienza dell’obbligo morale che incombe su ciascuno di noi di essere disponibile al dono di organi.

Con queste riflessioni, che sono certo troveranno condivisione, penso che il 2011 possa essere archiviato come anno che ci ha rafforzato nel nostro impegno e che ci spinge a essere sempre più presenti, attivi e concreti.

É questo l’augurio che faccio a tutti noi per il prossimo 2012.

Nuovamente un affettuoso saluto a tutti,

cordialmente

Vincenzo Passarelli Presidente A.I.D.O. Nazionale

GLI AUGURI DEL PRESIDENTE NAZIONALE

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Quanto avviene agliOspedali Riuniti diBergamo ormai non fapiù notizia. I trapiantisi susseguono con un

ritmo impressionante, con risultatieccellenti, ma nel completo silenziodel mondo della comunicazione. Poi,di tanto in tanto, qualcosa di parti-colare colpisce la fantasia di qual-che direttore di giornale e così, eccoriaccendersi i fari dell’attenzione me-diatica. Stiamo parlando di quantoavvenuto ormai qualche mese fa(eravamo in periodo ferragostano):in un periodo di ripetuti trapianti diroutine, ecco focalizzarsi l’attenzionedi tutti sul trapianto multiorgano diuna bambina di due anni. Un evento

che abbiamo voluto valorizzare per-ché aiuta la sensibilizzazione dellacomunità civile e quindi “Preven-zione Oggi” non poteva mancarequesta occasione. Perciò abbiamochiesto una nuova intervista al dott.Michele Colledan, che in modo si-gnorile ed amichevole come sempre,ci ha prontamente dato la sua pre-ziosa disponibilità. Al colloquio perla verità non si presenta solo, macon alcuni componenti - pensiamo ipiù rappresentativi - dell’équipe.Pozzi: dobbiamo complimentarcicon tutta l'equipe per il trapiantoeseguito sulla bambina, che pensosegni un passo molto importanteper la chirurgia dei trapianti. Que-sto intervento ha accentuato l'eccel-

UN 2011 DA INCORNICIARE PER MICHELE COLLEDANIn evidenza il trapianto multiorgano a una bambinae la conquista di «quota 1.000» nei trapianti di fegato

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lenza dell'ospedale di Bergamo. Nelmondo dei trapianti e soprattuttonel mondo dei trapianti pediatrici.Credo sia un fiore all'occhiello per ilnostro ospedale. Abbiamo appreso la notizia di que-sto trapianto dai Media e vorremmocapirne di più. Cosa ha portato que-sta bambina al trapianto? Quali ra-gionamenti e quali decisioni sonostate prese per la buona riuscita del-l’operazione?Colledan: È l'occasione per par-lare di questo tipo di trapianti. Per-ché in realtà non è il primo cheeseguiamo. Ne avevamo già ese-guiti altri tre identici a questo e, si-mili, altri due. Sono quindi sei itrapianti multi-viscerali addominali,eseguiti. Dal punto di vista delle dif-ficoltà strettamente operatorie cheimpegnano gli anestesisti e i chi-rurghi, non è più complesso di altritipi di trapianto. Anzi, forse, percerti aspetti, lo è anche un pocomeno dei più complessi che ese-guiamo.

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Questi trapianti sono invece sicu-ramente molto più complessi ditutti gli altri se uno considera tuttoil processo di cura: prima, durante edopo l'intervento.Siamo nell’ambito più generale diuna famiglia eterogenea di trapianti:quelli di intestino che, a secondadelle circostanze, può essere tra-piantato da solo oppure in bloccocon altri organi addominali comenel caso della nostra bambina.Sono questi i trapianti che oggidanno i risultati meno brillanti. Eper questo motivo, sono indicatisolo per situazioni estreme, non èsufficiente che vi sia l’insufficienzadell’organo.Mi spiego: chi ha l’insufficienza re-nale, ed è in dialisi ha l'indicazioneal trapianto di rene, chi ha insuffi-cienza epatica terminale e non puòguarire deve fare il trapianto di fe-gato. Lo stesso dicasi per il cuore oper il polmone. Chi ha l'insufficienzaterminale dell'intestino, non fa iltrapianto di intestino. Viene nutritoper via venosa con buoni risultati. Sifa il trapianto di intestino soloquando, oltre ad avere insufficienzaintestinale, il paziente ha sviluppatodelle ulteriori complicanze che met-tono a rischio la sua esistenza.Quindi, di tutti i trapianti di organosolido, quelli di intestino sono quelliche si eseguono meno di frequentee i cui risultati nel lungo terminesono sicuramente meno soddisfa-centi”.Pozzi: Il trapianto di tanti organicontemporaneamente ha impressio-nato l'opinione pubblica che si èchiesta se in questa bambina ci fos-sero cinque organi che non funzio-navano, perché non si pensa ad unacatena che va a coinvolgere più or-gani.Colledan: L’origine dei problemidi questa bambina era una situa-zione che si chiama sindrome del-l’intestino corto. Le mancava infattila totalità dell’intestino tenue, che èquello indispensabile, perché haavuto dei problemi quando è nata

DAL 1998 AD OGGI1000 TRAPIANTI DI FEGATO

L'ennesimo miracolo, il mille-simo per la precisione.Quando si parla di trapiantiogni intervento in fondo èuna piccola sfida che ha insé qualcosa di soprannatu-rale. L'insita complessità, itempi sempre strettissimi e leabilità di chirurghi e infermieriche non bastano mai. Infondo in fondo si tratta disquadre, per utilizzare unametafora calcistica, ricche difuoriclasse. Se poi si rag-giungono cifre stratosferichecome i mille trapianti di fe-gato, si rischia di far passare

per normalità un'attività per sua natura eccezionale. L'avventuradi cui stiamo parlando è iniziata il 28 ottobre 1998 agli OspedaliRiuniti di Bergamo, il protagonista ovviamente è il dott. MicheleColledan. L'obiettivo adesso come allora è quello di salvare vite,ma ogni volta la storia è differente e coinvolge fattori medici eumani che vanno affrontati e superati. Il successo finale però ri-paga di ogni sforzo e infonde nuove energie affinché si facciasempre meglio. È un'équipe che lavora in sincronia e il merito delsuccesso è di tutti come spesso afferma il dott. Colledan.Al centro però c'è la sua figura, un uomo eccezionale, perchéeccezionali sono le sue gesta e meritano i complimenti da partedi tutta l'Aido. Non sono mancati gli attestati di stima portati dalpresidente regionale Cav. Leonida Pozzi, alla sua persona, allostaff, alla Direzione Generale e al coordinatore ai prelievi e tra-pianti degli Ospedali Riuniti di Bergamo . Lo scorso 28 dicem-bre, in occasione della festa per il 40º anniversario del Dob alTeatro Donizetti di Bergamo, lo si è festeggiato come meritava,consegnandogli una pergamena con medaglia d'oro comesegno di ringraziamento. È con stima e orgoglio che raccon-tiamo queste storie di buona sanità, di traguardi raggiunti, disperanze che si concretizzano; grazie dottor Colledan anche anome di tutta Prevenzione Oggi. Abbiamo avuto il privilegio diconoscerla e le auguriamo una carriera ancor più ricca di suc-cessi di quella che finora ha realizzato.

Il Dott. Michele Colledan

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che hanno reso necessarie delle re-sezioni. Il motivo che però la ha por-tata ad avere bisogno di untrapianto è il fatto che a causa del-l’assenza dell’intestino ha svilup-pato una cirrosi e un'insufficienzadel fegato che la stavano portando amorte. Oltre a questi due organi, ab-biamo aggiunto gli altri organi peruna scelta tecnica, legata a un ri-schio minore tenendo conto dellecaratteristiche dimensionali dellapaziente e del donatore. In altre cir-costanze si sarebbe potuto fareanche solo il trapianto di fegato e diintestino”.Pozzi: Si trattava di una situazionemolto complicata rispetto ai più fre-quenti trapianti di fegato o di cuore?Casotti: Faccio parte dell'équipepediatrica, che segue questi bambini

nel periodo che precede i trapianti edurante il postoperatorio. Nello spe-cifico caso di questa bambina noi laconosciamo da quando aveva unanno, era mancante di quasi tuttol'intestino e questo le impediva dicrescere e di alimentarsi normal-mente per bocca; era dipendente dauna nutrizione per via endovenosa,che chiamiamo nutrizione parente-rale. Questa condizione l’ha portatanel tempo a sviluppare molte com-plicazioni, tra cui soprattutto l’in-sufficienza del fegato. La scelta diarrivare al trapianto è stata dettatadalla compromissione della qualitàdella vita, per la ricorrenza di infe-zioni legate alla nutrizione parente-rale, ma soprattutto dal rischio divita legato alla malattia del fegato e

alle sue complicazioni. Pozzi: Proviamo a spiegarlo senzautilizzare termini scientifici?Colledan: La malattia del fegatocausata dall'insufficienza intestinaleavrebbe ucciso la bambina. Non sipoteva però cambiare solo il fegatolasciando l’intestino in quelle condi-zioni. Il nuovo fegato si sarebberiammalato”.Pozzi: Perchè si ammala il fegatose c'è l’insufficienza dell’intestino?Colledan: Il fegato si ammalaperché avere un intestino corto al-tera tutto, sia la funzione del fegatoche dell'intestino stesso. La stessanutrizione parenterale, cioè il fattodi nutrire l’organismo in vena, è unamodalità artificiale che di per sé, inalcune circostanze, danneggia il fe-gato e lo porta alla cirrosi. I bambinidiventano itterici, la sintesi del fe-gato si altera, non produce più pro-teine fondamentali per l'organismo.Si sviluppa anche l'alterazione delcircolo, quella che noi chiamiamoipertensione portale, per cui sono arischio di sanguinamenti”.Pozzi: Quindi l'intestino costringead un'alimentazione che non èquella normale. E questo alla finedanneggia un po' l'organismo. Maperché poi si ammala proprio il fe-gato?Casotti: Perché il fegato è l’or-gano che deve metabolizzare tutte lesostanze che arrivano attraverso ilcircolo ematico. Sonzogni: Paradossalmente lanutrizione parenterale che dovrebbeessere un aiuto, alla fine si rivela es-sere un veleno.Pozzi: Quindi questa bambina daquando è nata è sempre stata assi-stita dal punto di vista medico per-ché non aveva l'autonomia peralimentarsi, per poter vivere. Quindiera una bambina destinata allamorte. Poteva vivere attraversoun'alimentazione esterna correttaoppure aveva un destino abbastanzalimitato?Casotti: In una prima fase la bam-bina ha mantenuto un certo com-

Nel nostro ospedale abbiamo una unità dedicatadi epatologia, gastroenterologia pediatrica etrapianti pediatrici. In questo reparto curanotutti i nostri piccoli candidati al trapianto etrapiantati, tra l’altro, anche i bambinitrapiantati di polmoni. Un gruppo eccellente.

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penso; aveva l'insufficienza dell’inte-stino, ma non aveva ancora l'insuffi-cienza del fegato. Ha potutosopravvivere con il supporto dellanutrizione parenterale. La malattiadel fegato è una malattia evolutivache ad un certo punto si è manife-stata in modo progressivo, ha datol'impressione di non poter più esserené controllata né reversibile. Quindici ha portati alla scelta del trapiantoperché le possibilità di sopravvi-venza si erano progressivamente ri-dotte e il rischio di vita era moltoalto.”Pozzi: Dal punto di vista medico siprevedevano queste conseguenze?O è stata una sorpresa vedere che ilfegato veniva compromesso da que-sta alimentazione?Casotti: No. È una cosa assoluta-mente prevedibile. È una delle clas-siche complicanze dell'insufficienzaintestinale ed è una delle cause percui alcuni di questi bambini devonofare il trapianto. Molti bambini nonsviluppano questa complicanza econ la nutrizione endovenosa diven-tano grandi.Pozzi: È quindi una complicanzainsorta nel tempo? Ce ne possonoessere altre?Colledan: Per esempio quando lepoche vene che si possono utilizzareper una nutrizione parenterale ini-ziano a trombizzarsi, cioè ad occlu-dersi. Quando uno ne perde una,due, a quel punto è possibile cheperderà anche le altre, che si arri-verà ad un punto in cui non si potràpiù nutrire. Allora diventa necessa-rio il trapianto”.Pozzi: Ma con la nutrizione endo-venosa non si applicano impiantifissi?Colledan: Sì, ma, anatomicamenteparlando, le vene che si possonousare per questi impianti fissi sono 4o 6. Quindi sono un numero limi-tato. Se iniziano ad occludersi leprime 2 vi è un'indicazione del tra-pianto di intestino prima che perdale altre, perché quando non ha piùvene non si riesce più nemmeno ad

eseguire il trapianto.”Pozzi: Quindi per questa diagnosicomplessa avete ricoverato la bam-bina in pediatria?Colledan: Nel nostro ospedale ab-biamo una unità dedicata di epato-logia, gastroenterologia pediatrica etrapianti pediatrici. In questo re-parto curano tutti i nostri piccolicandidati al trapianto e trapiantati,tra l’altro, anche i bambini trapian-tati di polmoni. Un gruppo eccel-lente.Pozzi: È difficile avere la disponi-bilità di 5 organi per poter fare unintervento del genere?Colledan: Sì. Questa popolazionedi pazienti è quella con la più altamortalità in lista di attesa. I bambiniche aspettano un trapianto di que-sto tipo hanno tra il 20 e il 30 percento di probabilità di morire primadi avere l'organo. E questo è abba-stanza costante, più o meno in tuttoil mondo. Il problema non è tantorappresentato dal numero degli or-gani quanto dalle loro dimensioni.L'addome di questi pazienti è adat-tato a non avere l'intestino e non haspazio per contenerlo. Questi bam-bini hanno quindi bisogno di organipiccoli da donatori più piccoli diloro. E c'è un problema proprio dirapporto dimensionale tra donatoree ricevente che è molto difficile darisolvere. Ci sono in realtà alcunesoluzioni tecniche: si possono ri-durre le dimensioni, si possono ad-dirittura usare delle protesi perallargare la parete addominale masolo entro certi limiti e questo ri-mane uno dei grossi problemi. Que-sta bambina ha aspettato 8-9 mesi,che non è neanche tanto. Abbiamodei bambini che sono morti aspet-tando. Quest'anno per esempio èmorto in attesa di trapianto un altrobambino che aspettava un inter-vento simile. E abbiamo avuto unbambino che ha aspettato per dueanni. Nel frattempo si mantengonoin vita in condizioni precarie. Que-sta è la prima parte difficile del la-voro dei nostri pediatri”.

Dott. Valter Sonzogni

Dott.ssa Valeria Casotti

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Casotti: Il problema è gestire eriuscire a far crescere questo bam-bino, alimentandolo in modo ade-guato.Pozzi: Quindi c'è stata una prepa-razione particolare della bambina aquesto tipo di intervento chirur-gico?Casotti: La bambina ha avuto unricovero molto lungo in cui è statavalutata per l’iscrizione in lista e incui sono state gestite le diversecomplicazioni della sua malattia;una volta conclusa questa valuta-zione ha avuto anche dei periodi direlativo benessere fuori dall'ospe-dale, mentre aspettava il suo tra-pianto. Ovviamente con deimonitoraggi molto frequenti e cer-cando di utilizzare le terapie di sup-porto per poter affrontare

l’intervento nelle condizioni mi-gliori.Pozzi: Quindi avete aspettato checi fosse un donatore, una donazioneidonea. Avevate valutato già un in-tervento chirurgico di questa por-tata, ancora prima di identificare ildonatore?Colledan: Noi avevamo diverseopzioni in funzione di quali fosserostate le caratteristiche del donatore.Qui abbiamo avuto la fortuna diavere un donatore particolarmentepiccolo, più piccolo della bambina equesto ha comportato la scelta pro-prio dei 5 organi alcuni dei quali inrealtà non erano malati. Se il dona-tore fosse stato un poco più grandela scelta tecnica sarebbe stata un'al-tra.

In questo tempo di attesa la mammadella bambina, che è sola, tra l'altro,ha vissuto come si può immaginareche viva la mamma di un bambinoin queste condizioni. Da sola e consolo questa figlia. Quest’ultimoforse era un vantaggio perché al-meno poteva occuparsi solo diquella figlia senza trascurarne altri.Pozzi: Non ha però neanche laconsolazione dei sostegni familiari.Mi sembra una condizione difficilis-sima...Colledan: Questa mamma non sa-peva più cosa fare, ha scritto ancheal Ministro della salute. Alla fine ab-biamo avuto un lungo colloquio conlei in direzione sanitaria perché vo-leva tentare all'estero. Gli italianipensano che all'estero le cose va-dano meglio. Noi non avevamo mo-tivo di precludere questa via estavamo preparando i documentiperché la bambina andasse con lamamma a Parigi dove difficilmentel'avrebbero accettata. Il punto è chea Parigi non si muore in lista menoche in Italia per questo tipo di in-tervento. Forse anzi anche di più.C'è anche il problema che ormai neiPaesi europei si tende a non accet-tare i pazienti stranieri per le listesulle quali c'è una pressione e unamortalità. Comunque nel frattempoè capitata l'occasione del donatore equindi ha ricevuto il trapianto.Avevo spiegato alla madre che an-dando all’estero avrebbe rischiato diperdere del tempo prezioso perchécomunque sarebbe dovuta usciredalla lista qua, andare là, attendereprima di entrare in lista... Troppi see troppi forse. E magari non l'avreb-bero neanche accettata.Pozzi: Non mi risulta che quelloche fanno in Francia sia migliore diquello fatto in Italia. Colledan: I centri che fanno que-sti tipi di trapianti sono pochissimi.Noi abbiamo iniziato nel 2006, ab-biamo fatto in tutto 10 trapianti diintestino nelle varie combinazioni .Dei quali come dicevo 4 di questotipo, compresa questa bambina. A

Nei primi 10 trapianti non abbiamo, infatti,avuto i risultati disastrosi che normalmente siprevedono. Tutti i bambini sono sopravvissutiall’intervento ed hanno potuto essere dimessi conl’intestino trapiantato funzionante.

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Parigi c'è uno dei più grossi centridel mondo dove si fanno da tantianni e hanno accumulato un'espe-rienza comunque in assoluto pic-cola perché sono trapianti rari,mamolto più grande della nostra. Nonso a che numero siano ma so chehanno superato i 100 bambini tra-piantati. Quindi l'esperienza e lecompetenze ci sono sicuramente.Su questo vorrei sottolineare chequando noi ci siamo proposti al cen-tro nazionale trapianti al Ministero,per questo tipo di intervento sape-vamo che è un intervento raro e dif-ficile, un programma di cura di raraapplicazione. E tutta la letteraturadice che nei centri che han fattomeno di 10 di questi trapianti i ri-sultati sono scadenti. Ci siamo pro-posti lo stesso perché per arrivare adieci bisogna partire da 1, non è chesi possa partire da 11. Ritenevamoperò di essere avvantaggiati dallagrande esperienza raccolta in que-sto ospedale in termini di trapianticomplessi nei bambini: il volume ditrapianti di fegato pediatrici ègrosso, il volume dei trapianti dicuore pediatrici è grosso. Si tratta diun ospedale nel quale, per ragionistoriche che conoscete meglio di me,che sono la cardiochirurgia pedia-trica e la chirurgia pediatrica, sisono sviluppate tutte le competenzepossibili attorno al bambino critico.Non si era mai fatto il trapianto diintestino, però c'era l'anestesia com-plessa del bambino complesso, lachirurgia complessa del bambinocomplesso, il trapianto del bambinocomplesso, la rianimazione pedia-trica del bambino trapiantato, lecompetenze nutrizionali di funzioned'organo, di immunosoppressione, lagestione delle infezioni c'eranotutte, già rodate e già abituate a la-vorare insieme. Nei primi 10 tra-pianti non abbiamo, infatti, avuto irisultati disastrosi che normalmentesi prevedono. Tutti i bambini sonosopravvissuti all’intervento edhanno potuto essere dimessi conl’intestino trapiantato funzionante.

Pozzi: Di questo siamo grati a leie a tutta la struttura che ha per-messo questo ulteriore balzo inavanti della medicina a Bergamo.Tornando ai viaggi della speranzaricordo che si era sviluppata unaparticolare riflessione al Ministerosul tema dei viaggi all’estero per ef-fettuare trapianti, perché ci sonomolte controindicazioni. Ma soprat-tutto vi sono le specialità in Italia.L’idea che sia meglio all’estero si staesaurendo. Capiamo la disperazionedi una mamma, però anche la dispe-razione deve essere controllata. Si-curamente non è la stessa cosa, mala vicenda della signora che è statatrapiantata di fegato negli StatiUniti, e che ha dovuto pagare 850mila dollari, dovrebbe insegnarequalche cosa.Colledan: In quel caso è vero chebisogna considerare l’estrema ur-genza dell’intervento. Credo sia giu-sto ricordare che questa estateabbiamo trapiantato il fegato a unbambino olandese. Era nelle stessecondizioni di quella signora in Ame-rica: erano in vacanza in Italia e haavuto l'insufficienza epatica acuta.Stavano organizzando il rientro inOlanda, ma gli hanno consigliato distare a Bergamo, perché le probabi-lità per il trapianto erano miglioriche in Olanda.Pozzi: E nessuno ha chiesto a que-sta famiglia di indebitarsi per sal-vare la vita del figlio. Anche questoè un valore del sistema Italia che imedia praticamente ignorano. Mavorrei tornare al trapianto multiplosulla bambina. Visto che c’era il do-natore avete deciso l’intervento.Avevate già preparato l’équipe? Ave-vate già un protocollo per fare que-sto tipo di intervento? Qualicompetenze sono entrate in campo?Colledan: In realtà l'equipe si facon le persone che ci sono in quelmomento. Noi siamo organizzati inmodo tale per cui qualunque sia ilgiorno dell'anno si fanno le stessecose. C'erano due bambini che teo-ricamente stando alle norme di allo-

Dott. Ezio Bonanomi

Dott. Marco Zambelli

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cazione erano davanti a questa bam-bina, uno era a Roma, però Romaper ragioni organizzative non avevaritenuto di utilizzare gli organi. Epoi l'altro bambino era in lista danoi per solo trapianto di fegato chein realtà era meno grave di quellabambina. L'altro bambino potevausufruire anche di donatori piùgrandi. Tanto è vero che un paio disettimane dopo è stato trapiantato”.Pozzi: Quando avete avuto la se-gnalazione della disponibilità delladonazione, è partito un chirurgo daBergamo per andare a fare il pre-lievo? Come si è svolta questa deli-cata fase? Zambelli: Siamo partiti in tre. C'èstato l'appoggio molto efficiente delNit della Regione che ha messo a di-sposizione l'elicottero, in quanto si

trattava di un prelievo fuori dal con-sueto perché non frequente. Il dona-tore era un bambino che eradeceduto per un incidente (era affo-gato in una piscina) ed era un bam-bino un poco più piccolo del nostroricevente con un peso decisamenteinferiore che consentiva di adattaregli organi addominali.Per il trapianto multi viscerale si fail prelievo di un unico monoblocco,quindi di tanti organi uniti insieme.Si tratta di un intervento che tecni-camente pone forse meno difficoltàdel prelievo per esempio di fegato dasplit in cui il fegato viene diviso indue parti. La difficoltà invece è farei conti con la fragilità dei tessuti,con le ridotte dimensioni e soprat-tutto la valutazione dell'idoneità

degli organi al momento del pre-lievo. In caso di prelievo pediatrico,va considerato anche l'aspetto emo-tivo del momento. E devo dire che sisente la differenza tra prelievo di unadulto e di un bambino. C'è moltopiù silenzio, nelle sale, sono tuttimolto più raccolti, c’è un impegnoincredibile. Ed è una cosa che sicu-ramente fa capire che il momento èimportante al di là del gesto chirur-gico. Il prelievo si è svolto senzanessuna difficoltà e, soprattutto,senza alcun problema di tipo tec-nico. Abbiamo potuto portare gli or-gani nell'arco di poco più di tre oreda Ancona a Bergamo.Pozzi: Si impegna un’équipe cheparte da Bergamo perché sul terri-torio non si trovano chirurghi ingrado di intervenire?Colledan: Non è così automatico.Il prelievo è una fase molto delicatache comporta anche delle responsa-bilità che sono proprie del centro. Equindi storicamente chi fa il prelievofa il trapianto. Poi ci sono eccezioni.Per esempio, i prelievi di rene ven-gono fatti dall'équipe locale di qua-lunque località sia il donatore. Iprelievi di fegato di solito vengonofatti dall'équipe che fa il trapianto,ma sempre più spesso ormai evi-tiamo il viaggio che comporta anchedei rischi. Il multiviscerale è peròuna cosa talmente rara che com-porta delle competenze un poco di-verse, quindi siamo andati noi. Pozzi: Se il prelievo è fatto male sipuò rischiare?Colledan: Sì. Ma anche se è fattobene e poi le cose non vanno beneper altri motivi, è bene che ci sia unacompleta assunzione delle respon-sabilità.Pozzi: Potrebbe essere interes-sante sapere quanto è durato l’in-tervento, se è stato un trapianto piùcomplesso di altri e quali difficoltàavete affrontato in sala operatoria.Sonzogni: “L'intervento in sé nonè più lungo del trapianto di fegatosingolo o di polmone singolo e pa-radossalmente non è nemmeno più

...le persone che si affacciano ogni anno a lavorarecon questi piccoli sono persone, sono colleghi, sonoprofessionisti e masticano bene la pediatria, laterapia intensiva pediatrica, l'anestesia e lachirurgia pediatrica. Con un bambino si hannomargini di errore molto limitati.

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difficile. Quello che risulta impe-gnativo e che noi vorremmo sottoli-neare, è quella multi-disciplinarietàche si coagula attorno a questo bam-bino. In età neonatale ha incomin-ciato ad avere problemi all'intestino,in particolare un problema di ne-crosi. Va in sala operatoria per farsitogliere un pezzo di intestino.Spesso ritorna una seconda, unaterza, una quarta volta per accor-ciare ulteriormente questo intestino,fino a che si ritrova ad avere un in-testino corto. È un bambino ben co-nosciuto dalla parte sia chirurgicache medica dell'ospedale. Le diffi-coltà che abbiamo noi in sala opera-toria sono difficoltà legatesicuramente all'insufficienza d'or-gano e siamo preoccupati del parcovascolare, perché gli accessi vasco-lari sono ridotti ai minimi termini.Ci sono problemi dopo nel monito-rare tutti quegli organi. La sceltache abbiamo fatto noi come aziendaè avere sviluppato un programmamulti-team, multi-disciplinare e dal-l'altro all'interno di ogni unità ope-rativa avere reso totalmenteindipendenti.Pozzi: Si dice sempre che il bam-bino non è un uomo piccolo; infatti ilbambino ha le sue caratteristiche.Come si fa a tenere in anestesia unpiccolo bambino così minuto, con lasicurezza che questa anestesia nongli sia poi dannosa?Sonzogni: Il bambino non ti per-mette di sbagliare. A Bergamosiamo abituati a dire che è difficilefar morire una persona. Nel bam-bino invece non è così. Basta che ilbambino desaturi un pochino perqualunque motivo che subito la fun-zione cardiaca ne risente e quindi c'ètachicardia e quindi insufficienzadell'organo. Ogni bambino è unqualcosa a sé. Se la completa matu-rità noi l'abbiamo a 12-14 anni, vuoldire che dal momento della nascitafino ai 14 anni è una continua evo-luzione. Il neonato di 10 giorni è di-verso dal lattante di 3 mesi cosìcome è diverso da quello di 1 anno,

di 2 anni, ecc. È completamente di-verso e dà problemi completamentediversi. Per cui le persone che si af-facciano ogni anno a lavorare conquesti piccoli sono persone, sonocolleghi, sono professionisti e ma-sticano bene la pediatria, la terapiaintensiva pediatrica, l'anestesia e lachirurgia pediatrica. Con un bam-bino si hanno margini di erroremolto limitati.Pozzi: Quindi non esiste l'aneste-sista pediatrico; l'anestesista di perse stesso segue tutti i pazientiSonzogni: Nasce come anestesi-sta, cioè con una specializzazioneglobale. Poi può essere inserito inun contesto pediatrico, come al-l'ospedale pediatrico Bambino Gesù,che ha una chiara vocazione pedia-trica. La nostra azienda invece non èvotata per una specialità, non è unospedale pediatrico e quindi fa sial'adulto sia il pediatrico, fa la con-venzionale, fa la trapiantologia.Spesso siamo abituati a pensare, nonnoi, che la trapiantologia sia la mi-gliore attività che si possa fare. Ioreputo, ed è vero, che l'attività che ilchirurgo svolge, che il pediatrasvolge su altre patologie che noncompaiono in televisione oppure sulgiornale siano altrettanto degne dinota. Pozzi: Noi abbiamo un po' una de-formazione professionale perché, es-sendo associazione donatori organici concentriamo sul trapianto. C'è laconsapevolezza che i Riuniti di Ber-gamo vantano un riconoscimentointernazionale. Gli ospedali dove sifanno trapianti di per sé diventanospesso strutture di eccellenza per-ché cresce la convinzione che lì tuttele specializzazioni siano avanzate.La trapiantologia è quindi il culminedi una capacità, di una tecnologiaforte che conferma il raggiungi-mento dell’eccellenza.Tornando altrapianto multi viscerale della bam-bina, ad una prima lettura non ver-rebbe da pensare che sia più facileintervenire su un insieme di organi,perché si immagina che più è

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grande, più è articolato e com-plesso?Colledan: In verità è meno com-plesso di quando dividiamo in dueun fegato per trapiantarlo in duepersone.Pozzi: Dopo l'intervento chirur-gico la bimba è andata in rianima-zione?Bonanomi: Noi in terapia inten-siva pediatrica siamo pre-allertati edattendiamo la bambina per le curedel dopo intervento. Questi bambinisono conosciuti anche perché spessosono già stati ricoverati in TerapiaIntensiva. Per essere alimentati pervia endovenosa, hanno dei cateterivenosi per anni, sono bambini condei piccoli vasi a cui mettiamo deicateteri che spesso danno trombosie infezioni. A volte vengono ricove-

rati per shock settico o setticemiache possono portare alla morte.Dopo il trapianto il nostro compitoè di stabilizzare la situazione nelleprime ore/giorni. Il nostro scopo èprevedere tutte le possibili compli-canze precoci ed in particolarequelle infettive e quelle emorragi-che. È inoltre molto importantemantenere un'analgesia ottimale; lamassima attenzione è rivolta al fattoche il bambino non deve sentire do-lore. Progressivamente verrà sve-gliato e dovrà cominciare a respirareda solo. Da subito dobbiamo iniziarecon una minima nutrizione perchèl’intestino non deve rimanere fermo.L'intestino è pieno di germi, se sof-fre e la barriera intestinale si dete-riora, questi germi passano nel

sangue e l'infezione si diffonde.Pozzi: Quindi si comincia subitocon una minima nutrizione? Pen-savo servisse del tempo.Bonanomi: Il bambino inizial-mente dorme, per cui viene alimen-tato attraverso il sondino. Anchequando il bambino è sedato e dormeha accanto la mamma; per i genitoriogni minuto passato dietro la portadella terapia intensiva è una soffe-renza inutile e quindi i genitori en-trano e stanno con il loro bambino.Anche durante le manovre invasive,anche nelle situazioni più critiche, selo desiderano, i genitori possonostare in terapia intensiva. È impor-tante avere una terapia intensiva“aperta”; una caratteristica che do-vrebbe essere estesa a tutte le riani-mazioni italiane. Il bambino alrisveglio vede la mamma e ovvia-mente la gestione è molto più sem-plice. Il post operatorio di questabambina è andato direi molto bene.E dopo 8 giorni la bambina è scesain reparto, in pediatria con un de-corso operatorio direi, molto, moltobuono.Pozzi: Quindi voi dimettetequando siete sicuri che non ci sianocomplicanze?Bonanomi: Va detto che il rischiodi complicanze di questi bambini, èper sempre. Sono un gravissimoproblema di questo tipo di trapianti.Pozzi: Ci spiega cosa è avvenutodopo?Casotti: Nell'immediato non cisono state complicanze importanti.Abbiamo iniziato subito una terapiaimmunosoppressiva affinché l'orga-nismo non rigettasse il blocco di or-gani trapiantati. All’inizio sono richiesti controllimolto frequenti dei dosaggi dei far-maci, degli esami del sangue e isto-logici. In questo caso non ci sonostati segnali di rigetto d'organo.L'intestino rappresenta il nostro or-gano sentinella, perché è più facileda raggiungere con i prelievi biop-tici. Questi bambini hanno una sto-mia, cioè al trapianto viene lasciata

Anche quando il bambino è sedato e dorme haaccanto la mamma; per i genitori ogni minutopassato dietro la porta della terapia intensiva èuna sofferenza inutile e quindi i genitorientrano e stanno con il loro bambino.

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una porta tra l'esterno della cute el'intestino in modo tale che da quellaporta si possano prelevare dei cam-pioni per fare diagnosi precoci. E sel'intestino sta bene e non rigetta ab-biamo il segnale che tutti gli altriorgani stanno bene e anche gliesami del sangue ce lo confermano.Abbiamo iniziato a nutrire questointestino, fino a dare gli apportiquasi normali per una bambina dellasua età. Attualmente la bambina sinutre anche in parte per bocca equesto non è scontato, perché spessoi bambini che vengono trapiantaticon questa patologia sono bambiniche non hanno mai imparato a man-giare.Pozzi: Non viene subito spontaneomasticare e mangiare?Casotti: No. In alcuni casi è statoestremamente difficile insegnare amangiare. In questo caso c'era espe-rienza. Abbiamo raggiunto l'obiet-tivo di farla mangiareautonomamente però per garantirlemaggior apporto in termini di calo-rie è stata nutrita anche attraversoun tubicino che è stato lasciatoaperto nel suo stomaco per consen-tirle la nutrizione con un latte spe-ciale. La bambina è stata dimessa dalricovero ospedaliero ed è comunquein un alloggio vicino all'ospedale,non è ancora andata a casa sua”.Pozzi: È la casa dell’associazionePaolo Belli?Colledan: Sì, quella è una, ve nesono anche altre vicine all'ospedale,in modo tale da potere fare tuttiquei controlli indispensabili chesono purtroppo molto frequenti. Iltrapianto è un programma com-plesso di cura che dura per tutta lavita. Ci sono molti rischi di rigettoche può portare appunto a perderel'organo trapiantato. C’è poi il ri-schio infettivo che è sempre estre-mamente importante proprio per ilfatto che questi bambini sono im-muno-soppressi e lo sono in ma-niera significativa e pesante,rischiano patologie tumorali.Abbiamo un bambino trapiantato

che ha appena finito il trattamentodi un tumore molto aggressivo chesembra essere stato controllato.Pozzi: Sta parlando di bambini diche età?Colledan: Di 4 anni. Abbiamo unabambina che era già stata ri-tra-piantata perché aveva rigettato ilsuo intestino, adesso dovrà esserenuovamente trapiantata e questavolta dovrà trapiantare anche il fe-gato. Un’altra è stata trapiantata difegato e di intestino e a distanza diun paio di anni, probabilmentedovrà togliere l'intestino perché lesta dando più problemi che van-taggi. Però sono vivi. Questi sonotutti bambini che sarebbero mortida molto tempo. E questo è il pe-santissimo prezzo che stanno pa-gando per essere vivi. I dati delregistro mondiale dei trapianti sonoabbastanza simili per tutti i bambini.Dei circa 1300 bambini trapiantatidi intestino nel mondo in circa 20anni solo metà circa sono vivi. E diquesta metà solo metà ha l'intestinoancora funzionante. Questi sono deinumeri grossolani che rendonol'idea della complessità e della diffi-coltà di gestione. Il bambino oltreche vivere deve crescere. Se noi tra-piantiamo un uomo di 60 anni e ot-teniamo 15-20 anni di aspettativa divita abbiamo fatto una bella cosa.Ma cinque-dieci anni sul bambino ciinteressano poco. A volte purtroppoè l'unica cosa che si riesce a portarea casa ma noi dobbiamo mirare agli80 anni. È una grande sfida.Pozzi: Di fronte a tutto questo midomando che qualità della vitahanno i bambini trapiantati, proprioperché siamo consapevoli che sonocreature quotidianamente a rischio.La scienza si è posta come obiettivoil raggiungimento del requisitodella qualità della vita, loro e dei ge-nitori? Non è una vita di dolore?Colledan: Il problema ovvia-mente ce lo si pone ed è un pro-blema che può essere raccontatosolo in termini statistici. Almenometà dei bambini, forse di più, che

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fanno il trapianto di intestino omulti-viscerale, avrà una serie diproblemi anche gravi. Ne esistonoalcuni che non ne hanno, che vannobene. Fino ad ora, ma non è dettoche domani io non venga smentito,questa bambina è stata quella con ildecorso più semplice da quando fac-ciamo questo tipo di trapianti. Cen'è, per esempio, un'altra che hafatto un trapianto ancora più com-plesso e che non ha avuto niente.Non sembra neanche una bambinatrapiantata. I controlli li deve fare,ma fare un prelievo una-due volte lasettimana, andare in day hospitaluna due volte al mese e fare ognitanto biopsia è compatibile contutto, se poi le cose vanno bene. Ilproblema è quando le cose vannomale. Il fatto che qualcuno di questi

bambini vada bene credo giustifichidi andare avanti. Il peso per la fami-glia è, certe volte, mostruoso. Noicerchiamo e insistiamo moltissimoprima del trapianto nell'informa-zione, insistiamo moltissimo spie-gando che può essere una ViaCrucis inimmaginabile. Ma in quelmomento le famiglie hanno negliocchi il loro bambino che sta mo-rendo e si aggrappano a tutto. Nonvogliono che muoia. Negli anni al-cuni dicono che se l’avessero saputoprima avrebbero lasciato andare lecose per il loro corso naturale. Ciòdà la misura della sofferenza che poisi deve affrontare. Quando invece iproblemi si riescono a risolveretutto cambia.Pozzi: E dal punto di vista etico?

Colledan: Dal punto di vista eticose la vita umana è davanti a tutte lealtre cose tutto è facile.Pozzi: Una risposta meravigliosa.Colledan: C’è però una bella frase,non so di chi sia, che ogni tanto sicita in questi ambiti: “è sì interes-sante aggiungere anni alla vita ma èanche interessante aggiungere vitaagli anni.Pozzi: L’alternativa però sarebbela morte. È così difficile raggiungerel’obiettivo della qualità della vita perquesti bambini?Colledan: In molti casi è possi-bile. I primi trapianti di cuore e difegato non garantivano una lungaprospettiva di vita. Era però statoun punto di partenza e adesso pos-siamo dire che chi è trapiantato dicuore o di fegato ha una qualità dellavita e prospettive buone.Pozzi: Questo è importantissimo.Colledan: Va ricordato che i primicinque trapianti di fegato fatti almondo sono morti e non sono uscitidall'ospedale. Il primo è morto insala operatoria. Negli anni Settantasi facevano pochissimi trapianti difegato e la sopravvivenza era nel-l'ordine del 20 per cento a un anno.Oggi la situazione si è rovesciata ela mortalità è del 10-15 per cento aun anno, 5 per cento nel caso deibambini. E anche nel trapianto diintestino si è passati nel breve pe-riodo da un 50 per cento di soprav-vivenza a un anno, all'80% e anchepiù di 80. Il difficile viene per illungo termine. Sia in termini di so-pravvivenza che in qualità di vita.Però, pian pianino si aggiungono deipezzetti. E ogni paziente beneficiadi ciò che è successo sui pazientiprecedenti e fa da battistrada per ipazienti successivi. Una cosa bella èche, questo dei centri che fan questotipo di trapianti è quasi un piccoloclub a livello internazionale perchési è veramente pochissimi e ci siscambia continuamente opinioni.Noi, per esempio abbiamo rapporticon il centro di Birmingham che èuno dei più grossi centri in Europa

Anche nel trapianto di intestino si è passati nelbreve periodo da un 50 per cento di sopravvivenzaa un anno, all'80% e anche più di 80. Il difficileviene per il lungo termine. Sia in termini disopravvivenza che in qualità di vita. Però, pian pianino si aggiungono dei pezzetti.

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dove lavorano degli amici, qualcunoanche italiano. E con questo centrodi Parigi. Ma ci si parla, ci si scam-biano e-mail, si scambiano idee. Eadesso inizierà ad esserci veramenteanche l'ipotesi di mettere in rete idati.Pozzi: Appare chiaro però che peri genitori di questi bimbi sono sceltemolto difficili.Colledan: È una scelta molto de-licata ma non sono soli e soprattuttova detto che quando sono malattiecroniche che portano al trapiantohanno il tempo di capire i rischi e difare la scelta.Pozzi: È difficile per i medici rela-zionarsi con i genitori?Colledan: Purtroppo sovente,quando le cose vanno male, la fami-glia riversa la propria insoddisfa-zione sui pediatri perchè si tende acercare il responsabile e questoviene identificato in chi in quel mo-mento sta seguendo il bambino. Èun peso che chi fa questo lavoro siporta addosso e che non è facil-mente misurabile tra i cosiddetti ca-richi di lavoro. Però si va avanti.Pozzi: Una conseguenza logica. Ildiscorso del bravo medico quandomi guarisce; del pessimo medicoquando non ci riesce.Pozzi: Entra in gioco la compo-nente umana; nel caso dei bambini èpiù che comprensibile. Volevo chie-dere se può capitare che uno degliorgani che appartengono a questoblocco, uno, può andare in rigettoindipendentemente dagli altri?Colledan: Sì: l'intestino. Il fegatoè un organo che viene rigettatomolto poco. E in un blocco del ge-nere forse ancora meno. Diagnosiformali con rigetto dello stomaconon ne ho mai sentite, mai viste, mailette. Il fatto di aver trapiantato il fe-gato insieme agli altri organi li pro-tegge comunque. Quindi l'intestinotrapiantato col fegato nel lungo ter-mine è rigettato meno dell'intestinotrapiantato da solo.Pozzi: E il pancreas?Colledan: Anche il pancreas tra-

piantato col fegato, per quello che sipuò dire fino ad oggi, va bene. Ilproblema è il rigetto di intestino.Pozzi: Il rischio del manifestarsi diun tumore, è come su chi abbiaavuto solo il trapianto di fegato?Colledan: No, qui è molto più altoperché l'immuno-soppressione è piùpesante e perché si trapianta ancheuna grossa massa di tessuto linfaticodel donatore. sono soprattutto tu-mori linfatici. Come vede, seguirequesti bambini è un’attività moltocomplessa; richiede una competenzache è difficile da generare. Nel no-stro ospedale abbiamo seguito quasi500 trapianti di fegato su bambini.Abbiamo concentrato un volumeelevato e questo giustifica un re-parto che si occupa proprio specifi-camente di questo e che ha ilmassimo delle competenze e dellecapacità per farlo.

Testi a cura diLeonio Callioni

Ha collaboratoLeonida Pozzi

Servizio fotograficoPaolo Seminati

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Il sonno ristoratore è importanteper “ricaricare” le energie vitali econsentire di proseguire al risve-glio le attività di ogni giorno conmaggiore efficienza e precisione.

La privazione di sonno può esporreil soggetto anche a rischi severi,come ad esempio, una minor atten-zione alla guida dell’automobile, allosvolgimento di un lavoro pericoloso,favorendo così il manifestarsi di in-cidenti e traumi anche mortali. Cia-

scuno di noi ha sperimentato occa-sionalmente le conseguenze delmancato sonno, è una esperienza co-mune e non rara. Pur tuttavia è an-cora scientificamente da provarequale sia l’effettivo contributo di unsonno ristoratore sulla sensazionedi benessere individuale. È noto come vi sia una estrema va-riabilità individuale circa le ore disonno necessarie al singolo indivi-duo per sentirsi riposato e perfetta-

L’INSONNIA

un PROBLEMA per MOLTI

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mente efficiente. Vi sono soggettiper i quali sono bastanti poche oredi sonno, anche di sole 4 ore, persentirsi in forma. Si narra che Leo-nardo da Vinci dormisse pochissimeore e ad intervalli brevi di 15-30 mi-nuti. Altri individui per sentirsi benriposati hanno necessità di 8-9 oredi sonno continuo ogni giorno. È noto che nel neonato e nel bam-bino fino ai 3 anni circa le ore disonno occupano la maggior partedella giornata; con la crescita le oredi sonno necessarie fisiologicamentesi riducono gradualmente, specienelle ore diurne anche se nel gio-vane il dormire a lungo il mattino èancora molto gratificante. Con l’in-vecchiamento la quantità totale diore di sonno diminuisce sensibil-mente, soprattutto con la quasiscomparsa del cosiddetto “sonnoREM”.Il sonno non è una attività continuaed uguale per tutta la sua durata, maè caratterizzata dall’internarsi divarie fasi di sonno cosiddetto REM,durante la quale gli occhi si muo-vono con rapidi movimenti, e la fasenon REM (NREM). Durante il ri-poso notturno si osservano vari ciclidella durata di circa 100 m’ caratte-rizzati dal passaggio attraverso 5-6fasi REM e non REM. Nello stadio iniziale ( stadio 1) l’at-tività cerebrale gradualmente ral-lenta, ad esso subentra un “sonnoleggero” ( stadio 2) e quindi unsonno sempre più profondo ( fase 3e 4 ) da cui è più difficile svegliarsi eche rappresenta il momento in cui ilnostro organismo “ si ricarica”. La fase REM ha una durata di circa15 minuti, rappresenta circa il 20%del sonno totale ed è il periodo in cuipiù frequentemente si sogna; si pre-senta ciclicamente in alternanza alsonno NREM detto anche sonno ri-storatore. Questa seconda fase èpresente nell’80% dell’intero pe-riodo di sonno. Durante questi periodi la frequenzacardiaca, del respiro e il tono mu-scolare tendono a diminuire, para-

metri fisiologici che invece aumen-tano durante la fase REM. Dormire bene è quindi fondamen-tale e un “dono della natura” indi-spensabile per un buon stato disalute sia fisico che mentale. L’esigenza di sonno sembra sia de-terminata anche dalle caratteristi-che psicologiche del soggetto.L’ambizioso, estroverso, lavoratoreaccanito tende a dormire meno delsoggetto creativo. Il parametro pergiudicare se la quantità e la qualitàdi sonno necessaria nel singolo in-dividuo sia ottimale è rappresentatodalla sensazione soggettiva di be-nessere e di riposo quale si avvertedurante il giorno così da esserepronti ad affrontare con efficienzagli impegni della vita di lavoro e direlazione. L’insonnia è quindi il di-sturbo caratterizzato dalla difficoltàad addormentarsi oppure da unsonno disturbato e poco ristoratore.È caratterizzato dalla sensazionesoggettiva di sonno mancante e dauna sensazione di generico males-sere che dura anche tutto il giornosuccessivo. Si sogliono distinguerevari gradi di insonnia acuta, daquella caratterizzata dalla difficoltàa prendere sonno, legata prevalen-temente a disturbi di tipo psicolo-gico (ansia-depressione,preoccupazioni, traumi affettivi ecc.)all’insonnia legata ad un risveglioprecoce dopo poche ore di riposo,più tipico dell’età avanzata. Un tipodi insonnia particolare è quella del-l’inversione del ritmo sonno-veglia,con sonnolenza diurna e insonnia dinotte. Tale disturbo può presentarsidopo un viaggio aereo transconti-nentale con rapido cambio di piùfusi orari; per un lavoro che prevedaturni diurni e notturni a cadenzagiornaliera o settimanale. Tale di-sturbo può essere conseguenza dilesioni cerebrali dopo un trauma. Molti soffrono inoltre di una inson-nia di tipo “lacunare” con sonno leg-gero per molta parte della notte,intervallato da ripetuti brevi risve-gli e da altri periodi di sonno nor-

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male. La sensazione del soggetto èquindi quella di non aver dormito.Varie sono anche le condizioni checausano una insonnia cronica, per-sistente nel tempo come ad esempioquella determinata dalla apnea not-turna con interruzioni brevi dellarespirazione sia nella forma ostrut-tiva che centrale. Queste patologieimpediscono un sonno ristoratore ecausano una sonnolenza diurnamarcata che compromette in modorilevante la vita quotidiana. Vi sono soggetti che soffrono di in-sonnia in relazione alla situazioneatmosferica (metereopatia); sono co-loro che avvertono in modo “esage-rato” le variazioni della pressioneatmosferica o la concentrazione at-mosferica delle cariche elettriche. La terapia dell’insonnia ovviamenteè largamente dipendente dalla con-dizione che ne determina l’insor-genza. Certamente alcune norme compor-tamentali possono favorire un sonnoristoratore. Molto utile mantenereun orario regolare del ciclo sonno-veglia; evitare esercizi fisici impor-tanti nelle ore serali; mangiare inmodo “leggero” la sera e non cori-carsi se non dopo treore dal pasto;dormire inuna ca-mera

da letto silenziosa, al buio, con tem-peratura adeguata; evitare di far usodi bevande ricche di caffeina nelleore serali quali caffé, the, cioccolataecc. Sembra invece che una tazza dilatte tiepido assunta prima di dor-mire possa favorire il sonno; il trip-tofano contenuto nel latte ha attivitàsedativa. Anche molte tisane comequella con la camomilla, la valerianaecc. possono favorire un riposo not-turno tranquillo. Un discorso diverso è quello dei casidi insonnia persistente, severa, chetende a cronicizzare. In questi casivanno ben individuate le possibilicause sia organiche che psicologichedel disturbo e stabilire di conse-guenza la terapia più idonea. È sem-pre utile in questi casi consultare ilproprio medico curante e, in casiparticolarmente importanti, unospecialista, per poter utilizzare almeglio la terapia farmacologica piùopportuna. Il far da sé non sempreè efficace ed innocuo.

Dott. Gaetano Bianchi

Molti soffrono inoltre di una insonnia di tipo

“lacunare” con sonnoleggero per molta parte della notte, intervallato

da ripetuti brevi risvegli e da altri periodi

di sonno normale.

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L’insonnia è già in sestessa un grosso pro-blema, se poi si associacon la fame notturna, iritmi naturali si sfasano

ancora di più e il problema si com-plica.

Perdere i ritmiLa vita frenetica, i lunghi viaggi elo stress sono la causa di una desin-cronizzazione delle funzioni psico-biologiche e delle attività sociali. Gli orari che siamo costrettia seguire, che poco assecon-dano i ritmi del corpo, spo-stano i ritmi biologici einfluenzano il benessere e la sa-lute. L’alterazione dei ritmi circadiani(delle 24 ore) sopprime la fisiolo-gica produzione di melatonina, ealtri importanti ormoni.Gli ormoni sono molecole, se-crete da alcune ghiandole delcorpo e servono a regolare al-cune importanti funzioni del-l’organismo. Il loro ruolo è fondamentaleper la salute e per la soprav-vivenza.La produzione di cortisolo,normalmente è più alta lamattina e i livelli di quest’or-mone decrescono durante ilgiorno e sono più bassi allasera.A colazione, quando è più altoil cortisolo, che stimola il meta-bolismo, è consigliabile mangiarealimenti energetici e ricchi di car-

I MANGIATORINOTTURNI

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boidrati. La melatonina è più bassadurante i giorno ed aumenta la serae durante la notte, se manca, ilsonno è ridotto e tormentato, du-rante il giorno si è stanchi e di cat-tivo umore. L’aspetto è invecchiatoe stanco.Riso, cereali, banane, fruttasecca,carne, latticini e uova, aiutanola produzione di melatonina.Il GH o ormone della crescita, pro-dotto dalla parte anteriore dell’ipo-fisi, stimola la sintesi di proteine efa aumentare la massa muscolare.Quest’ormone viene prodotto nelleore notturne e per sfruttarnel’azione, è consigliabile consumarea cena alimenti proteici come carnee pesce.Mangiare subito prima di coricarsio mangiare troppo a cena, influenzanegativamente il sonno e la produ-zione di ormoni.

Mangiare di notteLa NES, night eating syndrome, osindrome del mangiatore notturnoè un disturbo del comportamentoalimentare legato al sonno. Dalpunto di vista biologico, la NESsembra correlata a una mancata re-golazione dei livelli notturni di me-latonina, neuro-ormone secreto dinotte, e leptina, un neurormone checontribuisce alla regolazione delconsumo di energia e dell’appetito. La NES, negli individui predisposti,tende a manifestarsi durante i pe-riodi di stress e si traduce in una de-sincronizzazione dei sonno / vegliae fame, cioè un ritardo nei pastiquotidiani e disturbi del sonno. Lepersone con NES, consumano unagrande percentuale dell’apporto ca-lorico dopo il pasto serale o durantei risvegli notturni, il che comporta,spesso un indesiderato aumento dipeso.Mettendo a confronto i soggettiobesi affetti da questa sindrome coni soggetti obesi senza questo di-sturbo, si è rilevato nei primi un piùelevato livello di depressione e dibassa autostima, associato ad unaminore capacità di perdere peso.

Cosa fareOltre ai trattamenti psicologici, perevitare la fame serale e notturna,può essere molto utile uno stile divita equilibrato, con durata e oraridel sonno e dei pasti regolati.Un diario alimentare giornalieropuò essere molto utile per poter at-tuare un programma nutrizionaleche comporti una maggiore assun-zione di energia durante il giorno eun apporto calorico, il più possibileridotto, di notte. È importante cercare di arrivaregradualmente a ridurre la quantitàdi cibo mangiato dopo cena a unsingolo spuntino serale o alla mi-nima porzione necessaria per riad-dormentarsi dopo il risveglionotturno. Alcol, caffeina, e acquaprima di dormire, vanno evitati.

Cristina Grande

La NES, night eating

syndrome, o sindrome del

mangiatore notturnoè un disturbo del

comportamentoalimentare

legato al sonno.

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Dopo l'entusiasmo per ilfast food, per i piattipronti, la cucina velocee le ricette light, sem-brano tornare al suc-

cesso le vecchie ricette dellatradizione locale. A casa, al risto-rante o quando si fa la spesa, si cer-cano i sapori e i profumi di una volta.

Mangiare meglio e spendere menoDopo anni di benessere sociale, incui il cibo si era trasformato da og-getto di bisogno a oggetto di desi-derio e di moda, con la crisieconomica di questi ultimi tempitorna di moda la cucina di ieri, abase di ingredienti poveri. La gentetorna ad acquistare legumi e uova,alimenti poco costosi e fonte di pre-ziose proteine e, anche durante le

feste, esclude dalla lista della spesa icibi esotici e costosi. Purtroppo, idati sulle abitudini alimentari dellapopolazione ci dicono anche, che piùè basso il livello socioeconomico,maggiore è il consumo di alimentiipercalorici, ricchi di grassi e di zuc-cheri semplici e maggiore è anche ilrischio di sviluppare obesità e ma-lattie ad essa associate, come il dia-bete e la pressione alta.Chi ha poche risorse economiche enon possiede un adeguato bagaglioculturale, si lascia guidare dalla pub-blicità nelle sue scelte e, invece di di-minuire le porzioni di alimenti,acquista alimenti a poco prezzo econ alta densità energetica comedolci e biscotti, bevande dolci esnack salati come le patatine.Il buon senso, suggerirebbe, invecedi seguire una dieta a base di cerali,possibilmente integrali, verdura e

Sapori antichi

Dopo anni dibenessere sociale, in cui il cibo si eratrasformato daoggetto di bisogno aoggetto di desiderio edi moda, con la crisieconomica di questiultimi tempi torna di moda la cucina diieri, a base diingredienti poveri.

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frutta di stagione, che hanno mi-gliori proprietà nutrizionali e uncosto più accessibile e bere soltantoacqua ed eliminare tutte le bevandeinutili o dannose e tagliare i fuoripasto e i cibi già pronti.

Il gusto e gli altri sensiMangiare non è solo soddisfazionedi un bisogno fisico ma anche emo-zione e relazione familiare e sociale.Il cibo è un piacere non solo per ilgusto ma anche per la vista , l'olfattoe il tatto. Il gusto è un senso mera-viglioso che permette di godere diuno dei più grandi piaceri della vita:il cibo. Nutrirsi, oltre ad essere unanecessità dalla quale dipende la no-stra vita e la nostra salute può ancheessere un momento di grande sod-disfazione. Mangiare troppo veloce-mente e solo per placare il senso difame o continuare a mangiare per unimpulso nervoso elimina la possibi-lità di godere di tutte le sensazionilegate al gusto e permette di rag-giungere l'appagamento soloquando è stata consumata unagrande quantità di cibo e lo stomacoè pieno. Così facendo, si finisce permangiare molto più di quello cheserve e di fare le scelte alimentarisbagliate. Per assaporare gli ali-menti, non bisogna avere fretta enon bisogna avere troppa fame.Quindi, il consiglio è quello di rita-gliarsi sempre un momento da dedi-care esclusivamente al cibo e di nonsaltare mai i pasti e di non restaremai per troppo tempo a digiuno.

Per mangiare con tutti i sensi* Non iniziate subito a mangiare,guardate per un momento quello chestate per mettere in bocca e senti-tene il profumo. * Fate piccoli bocconi, tenete un mo-mento il boccone in bocca e gode-tene la consistenza e la sensazioneche dona alla lingua e al palato. * Masticate lentamente, cercando didistinguere i diversi sapori e i diversiingredienti che lo compongono.

Cristina Grande

Le ricettePer seguire il buon senso di una volta, ecco alcune antiche ricette,

tratte da vecchi testi di cucina, a base di ingredienti semplici e

poveri.

Canestrelli Ingredienti: 400 g di farina, 200 g di zucchero, 200 g di burro,

scorza di limone, 2 uova

Preparazione: Battete le uova con lo zucchero e unite a pioggia la

farina setacciata. Lavorate bene con la frusta e aggiungete

all'impasto il burro, sciolto a temperatura ambiente e la buccia di

limone grattugiata. Impastate a lungo, aggiungendo poco latte se

l'impasto dovesse essere troppo duro. Stendete la pasta con il

mattarello su un foglio di carta forno. Cuocete in forno già caldo

a 150/160 gradi per 10/15 minuti. Lasciate raffreddare e servite.

Dolcetti di patateIngredienti: 300 g di patate lesse, 100 g di burro,

100 g di zucchero, 45 g di farina, buccia di limone, 2 tuorli.

Preparazione: Schiacciate le patate con uno schiacciapatate e

unitevi la farina setacciata. Mettete tutto sulla spianatoia e

formare una "fontana" . Ponete al centro il burro ammorbidito a

pezzi, lo zucchero, la buccia di limone grattugiata e i tuorli.

Ottenete una palla di pasta omogenea. Lavorate la pasta a forma

di lungo cilindro, come per gli gnocchi, Tagliate piccoli pezzi di

pasta e schiacciateli con le dita. Cuocete in forno già caldo a

150/160 gradi per 10/15 minuti. Lasciate raffreddare e servite.

Cipolle ripiene Ingredienti: 2 grosse cipolle, un panino raffermo, una tazza di

latte, un uovo, 50 g di parmigiano grattugiato,

20 g di mandorle, 4 chiodi di garofano, olio di oliva extravergine,

sale e pepe.

Preparazione: Lavate, scolate e svuotate le cipolle. Fate a

pezzetti il pane e mettetelo in ammollo in una tazza di latte.

Passate in padella, con poco olio, le cipolle intere e la parte

(tritata) che avete ricavato svuotandole. Fatele appassire. Unite

la cipolla tritata alla mollica pane bagnata di latte,l'uovo, il

parmigiano, le mandorle tritate,i chiodi di garofano,il sale.

Mescolate tutto e riempite le cipolle con l'impasto. Infornate a

200 gradi fino a cottura completa.

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La storiaUna madre e un padre, la gioia perla nascita di un figlio, un sogno chediventa famiglia accompagnato daun sì: il consenso a donare il sangueda cordone ombelicale. Sono passatiormai diciassette anni da quel gestoe grazie a quel sì, pochi mesi fa, unanuova vita in Cile ha ripreso a pul-sare, vibrare, gioire. I protagonistidi questa storia sono una famiglialombarda, un malato cileno e laBanca Regionale del sangue cor-done ombelicale con la sua sede diMilano custode della donazione.

I donatoriLa notizia, giunta tra le mura dellafamiglia lombarda, ha diffuso unagioia accompagnata da una certadose di sorpresa come spiega il Prof.Paolo Rebulla Direttore del Centrodi Medicina Trasfusionale, Terapiacellulare e Criobiologia a cui laBanca fa riferimento: “Ricordavano ilmomento della loro donazione, ma nonpensavano che a distanza di tanti annipotesse essere utile. I donatori sono statitra i primi a conoscere la possibilità diquanto stava per accadere perché, diprassi, ogni volta che si delinea la pos-

IL LUNGO VIAGGIO DELLA SOLIDARIETÀ

Donare oggi per il futuro

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sibilità di effettuare un trapianto conuna donazione di questo tipo ci accer-tiamo delle condizioni di salute delbambino donatore così da verificare sesiano ottimali. Questa volta, però, ilbambino era ormai prossimo a diven-tare un giovane adulto”.La bellezza della vicenda è resa an-cora più suggestiva dall’ampio mar-gine di tempo trascorso tra ladonazione iniziale e il suo effettivoutilizzo, ma il dato per gli espertinon è così sorprendente: “Le sacchecon il materiale donato – continua Re-bulla - sono conservate ad una tempe-ratura di -150° in azoto gassoso, epossono arrivare ad essere del tutto per-fette fino a oltre vent’anni di conserva-zione. All’inizio degli anni ‘90 sipensava di avere a disposizione unmargine inferiore di tempo, poi ci si èresi conto che quanto conservato neiprimi anni di raccolta era ancora per-fetto e dunque si è continuato su questastrada migliorando i dati da mettere nelregistro perché siano sempre completi eprecisi anche a distanza di anni”.

La reteLa storia ci insegna come la comu-nicazione e la condivisione sianoelemento fondamentale per facili-tare la donazione e riportare al be-nessere chi è in stato di sofferenza:“L’utilizzo del materiale custoditopresso di noi per la donazione in Cile èun processo frutto del lavoro di tutti glioperatori facenti parte della rete inter-nazionale, entro la quale siamo inseriti,che rende accessibile in ogni momento ladisponibilità di una donazione a livellointernazionale. Noi abbiamo a Milanocirca 9.500 donazioni e tutti i Centriinternazionali che fanno parte della reteufficiale possono consultare i dati rela-tivi a queste donazioni”.

Il viaggioBeneficiario è stato un malato cilenoche ha potuto godere di un trapiantoeffettuato utilizzando la sacca lom-barda e continuare a sperare, conti-nuare a vivere: “Tutto questo è statopossibile perché il sangue da cordone –

come ci spiega ancora Rebulla – ha ilgrande vantaggio di non generare in-tense reazioni immunologiche con il ri-cevente. Si tratta di un sangue ‘giovane’anche dal punto di vista immunologico,che si adatta meglio delle cellule degliadulti all’organismo del ricevente”.Una volta ricevuta la segnalazionecome è stato possibile raggiungereil malato?“La nostra Banca fa riferimento al da-tabase internazionale gestito in Italiadal Registro Italiano Donatori di Mi-dollo Osseo di Genova, che gestisceanche le richieste del sangue da cordoneombelicale. Anche in questo caso, unavolta ricevuta la segnalazione ci siamosubito attivati per verificare ulterior-mente la compatibilità. Abbiamo quindieseguito esami di laboratorio sulla ca-pacità delle cellule staminali contenutenel sangue di cordone di generare le cel-lule del sangue – questi test durano 15giorni; nel frattempo in Cile è stata ve-rificata la situazione clinica del pa-ziente e infine abbiamo spedito la saccain Cile utilizzando uno speciale frigo-rifero che mantiene la temperatura al disotto di -150°C per 5-6 giorni. In Cilepoi tutto è stato scongelato e lì, dai pro-cedimenti tecnici, si è passati alla vita:alla nuova vita del paziente”.Razionalità, precisione, ma soprat-tutto attenzione al paziente e allasua dimensione umana e famigliaresono i punti fermi degli operatoridella Banca: “Quando arriviamo allaconclusione di un trapianto tra noi vi èsempre grande emozione. Nel corso delprocesso dobbiamo essere sempre effi-cienti e razionali, ma ogni volta è me-raviglioso emozionarsi pensando cheuna volta concluso il nostro lungo la-voro il paziente potrà avere il 50% dellepossibilità di sopravvivere mentre primanon gli sarebbe più stato concesso spe-rare in nulla. Quando portiamo a ter-mine in modo positivo un trapianto,(finora ne sono stati eseguiti circa 500in tutto il mondo con le nostre dona-zioni) ritroviamo nuova energia enuovo appoggio da parte del Policli-nico, della Regione e di tutti coloro checi sostengono”.

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Donazione gesto d’amoreinternazionaleLa storia della donazione Italia-Cilesi affianca a molte altre che hannovisto rinascere la felicità di famiglielontane: “Nel mese di agosto sono ve-nuti in Italia per incontrarci i nonni diuna bambina cecoslovacca e poco tempofa un paziente statunitense è venuto danoi perché aveva ricevuto la donazioneda “Doppio Cordone” (utilizzata neicasi più gravi e quando le sacche di par-tenza non hanno una dose cellulare ele-vata) che era stato il primo paziente asopravvivere a questa procedura. Quelpaziente era in Italia perché dopo l’in-tervento aveva deciso di istituire unaFondazione che portasse nel mondo lasua storia e il messaggio della dona-zione gratuita e solidale”.

Solidarietà tra mamme,speranza per tuttiDonare è molto semplice: ognimamma durante la gravidanza puòdecidere di farlo esprimendo il con-senso. Tutti i dati sono raccolti conestrema cura in un questionario dicirca dieci pagine: è necessario per-ché la conservazione delle saccheoggi arriva fino a vent’anni e nulladeve risultare incompleto a distanzadi tanto tempo. In Lombardia la raccolta viene ef-fettuata in molte sale parto dellequali trentasette fanno capo a Mi-lano, che fa da referente a più dellametà della regione. Il punto d’eccel-lenza è Bergamo che è ai verticidella raccolta e dove la missione so-lidaristica della donazione è statacompresa dai cittadini.In Italia vi sono altre sedici Banchee nel complesso si riescono a ban-care circa 5.000 donazioni all’anno.Milano e Pavia sono i punti più altisul territorio nazionale, ma tuttidobbiamo migliorare ancora. Il fab-bisogno stimato è circa il triplo del-l’attuale e anche il nostro Paeseinsieme a tutto il mondo dovrà farela sua parte per migliorare. E’ im-

portante dire che le due sedi lom-barde sono le uniche certificate a li-vello internazionale: far parte dellarete mondiale significa poter colle-gare tutti gli archivi e trovare la mi-gliore soluzione per ogni paziente.Nello specifico la Milano CordBlood Bank è membro della rete in-ternazionale ‘Netcord’ ed è accredi-tata dalla ‘Foundation for theAccreditation of Cellular Therapy.:“Non incontriamo quasi mai opposi-zioni – continua Rebulla- piuttosto èimportante spiegare alle mamme che latentazione di una conservazione auto-loga a pagamento all’estero non è si-gnificativa perché all’interno delmidollo di ognuno di noi vi sono sta-minali molto simili a quelle del sanguedel cordone ombelicale, che potrebberoverosimilmente essere usate in caso dibisogno. Sottolineiamo inoltre che incaso di patologia tra fratelli la prioritàdella donazione va all’asse famigliare.La rete e la solidarietà tra mamme do-natrici è la vera soluzione per aiutarequelle che purtroppo saranno sfortunatetra loro e avranno bimbi malati che do-vranno cercare il donatore giusto tratutti coloro che avranno compiuto ungesto tanto nobile”.

Clelia Epis

Il Prof. Paolo Rebulla Direttore del Centro diMedicina Trasfusionale, Terapia cellulare eCriobiologia a cui la Banca Regionale del sanguecordone ombelicale di Milano fa riferimento

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Èstato un anno intensoper l'Aido quello ap-pena trascorso. Allenormali attività istitu-zionali si sono aggiunti

i festeggiamenti per il quarante-simo di fondazione del Dob (Do-natori Organi Bergamo); unimpegno che non ha fermato lavena propositiva del territorio checontinua ad essere, soprattutto inLombardia, molto prolifica. Quest'anno abbiamo parlato didue iniziative nuove, entrambe fo-calizzate in via sperimentale sullaprovincia di Bergamo, delle qualigli organi regionali Aido si ten-gono in costante informazioneperché potrebbero diventare stru-menti nuovi di comunicazione pertutto il territorio lombardo. Si tratta del progetto "ScegliOggi" che, attraverso la collabora-zione ed il contributo del Collegiodei Sindaci della provincia di Ber-gamo si propone di aprire uno spa-zio in ogni ufficio anagrafecomunale nel quale i cittadini pos-sano recarsi per chiedere informa-zioni sulla donazione ed aderirealla donazione degli organi; quindila campagna "Donazione parlaneoggi" che, grazie alla firma delprotocollo d'intesa tra Aido Con-siglio Regionale Lombardia, AidoSezione provinciale di Bergamo,Ordine dei Farmacisti della Pro-vincia di Bergamo, CTF GroupScrl e Federfarma Bergamo, aprele porte delle farmacie e dei farma-cisti a tutti coloro che voglionoesprimere il proprio consenso alladonazione degli organi. Grazie infatti alla presenza in tuttele 270 farmacie del territorio oro-bico di materiale informativo car-

taceo ma soprattutto della compe-tenza, della disponibilità e dellacapacità comunicativa del farmaci-sta, si propone di essere punto diriferimento tra la gente per stimo-lare la discussione sulla donazionedegli organi e raccogliere le ade-sioni positive.Due progetti che dalla sempliceprogrammazione sono divenuti re-

altà. Le aspettative sono di altoprofilo e quindi non mancheremo,nei prossimi mesi, di continuare ilmonitoraggio e la raccolta di datiper dare merito all'impegno diqueste realtà che ci affiancano e ciaiutano nel difficile compito delladiffusione della cultura della dona-zione.

P. S.

«SCEGLI OGGI» E «DONAZIONE PARLANE OGGI»

Due modi concreti di diffonderela cultura della donazione

FARMACIA S. ANNA BERGAMO

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"Il tempo che passa cancella al-cuni brutti ricordi ma non le-nisce la tristezza per laperdita delle persone piùamate". Con queste parole

esordisce il Cav. Leonida Pozzi difronte alla platea in occasione dellaGiornata Regionale. Si è svolta il 2ottobre scorso a Bergamo, riman-data rispetto alle previsioni inizialicausa concomitanti manifestazioni incittà che ne avrebbero precluso labellezza e la visibilità. È stato co-munque un successo. L’auditoriumdel Centro Culturale San Bartolo-meo è gremito in ogni ordine diposto, siamo alla prima tappa dellagiornata, quella del saluto delle au-torità, che avviene prima della con-sueta sfilata e della Santa Messa. IlPresidente Regionale porta i pre-senti a riflettere sulla figura di al-cune persone scomparse che hannofatto grande l'Aido. Prima di tuttequella del fondatore Giorgio Brumatdella cui opera Pozzi afferma: “C'èqualcosa di grande nel dedicarsi ad unacausa giusta. Ma diventa sublime l'in-tuizione di chi getta un seme fecondo perun'Associazione che si dedica all'altro eper l'altro lavora concretamente al puntoda ottenere meravigliosi risultati”. Poiil ricordo va a scomparse più recenti:l'Avvocato Piergaetano Bellan, giàPresidente Nazionale (ben tre man-dati) e figura carismatica dell'Asso-ciazione e quindi la figura del DottorGiuseppe Mosconi, definito saggio edi grande rettitudine, Presidente delCollegio dei Probiviri, di cui è statatracciata in breve la figura sulle pa-gine di Prevenzione Oggi nel nu-mero di novembre. Via via scorronoi ricordi dei primi 40 anni di Aido.Un patrimonio per tutta l'Associa-zione che non deve dimenticare. IlPresidente Provinciale Monica Ve-scovi dedica poi un pensiero chevuole essere un ringraziamento atutti quei donatori, spesso scono-sciuti, che non sono venuti meno al-l'impegno sociale ed etico di farsi

dono con un gesto grande e nobileche onora i valori della vita.In rappresentanza del Direttivo Na-zionale, Gabriele Olivieri ha portatoil saluto del Presidente Nazionaledell'Aido Vincenzo Passarelli, im-possibilitato a partecipare personal-mente. A seguire le autoritàecclesiali e civili hanno salutato lamanifestazione con grande apprez-zamento per l'opera dell'Aido.Quindi il momento centrale dellagiornata, la sfilata dei labari per lestrade della città. In testa il gruppodelle Majorettes, a seguire la bandae quindi i labari. Un corteo compo-sto, fiero e imponente, che ancorauna volta ha testimoniato quanto siaviva la realtà dell'Aido. Nell'omeliadella Santa Messa Mons. Lino Be-lotti, Vescovo Ausiliare di Bergamo,ha ben colto questa vitalità affer-mando: "Conoscere certe persone ricchedi forti iniziative, di idee, di aperturaalle urgenze dell'uomo, di amore gra-tuito verso tutti senza distinzione, è unarricchimento e un esempio anche perme. La virtù della speranza propriadegli ammalati, è rifiorita anche in me,non perché ho bisogno di un trapianto,grazie a Dio, ma perché la vivo pen-sando a quanti attendono un trapianto".

Paolo Seminati

GIORNATA REGIONALE AIDO

Rifiorisce la speranza

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La commemorazione nelquartiere del Monterossoin città di Bergamo è sem-pre un momento speciale.È tradizione dell'Aido ri-

trovarsi di fronte alla prima sede delDob per ricordare le origini più con-crete, quelle della partenza di tutto.Quei momenti in cui Giorgio Bru-mat ha riunito un piccolo drappellodi visionari portandolo alla costru-zione di quella grande casa della so-lidarietà che oggi si chiama Aido,non possono essere dimenticati. Re-carsi il mattino presto sotto la lapidedeposta cinque anni fa con l'intentodi risvegliare la curiosità dei pas-santi e di essere pietra del ricordoper gli appartenenti all'Aido, è statocome fare un tuffo nel passato. Lavecchia sede è ancora li, palpabile,indelebile, capace di suscitare ancoraemozioni per chi crede nella culturadella donazione. Monica Vescovi,presidente provinciale Aido Ber-gamo ha esordito il suo discorso con

queste parole: “Voglio iniziare questacommemorazione dicendo grazie. Gra-zie a tutti per essere qui presenti. Oggivogliamo ricordare le nostre vere ori-gini e vogliamo ricordare il nostro fon-datore Cav. Giorgio Brumat. Questacelebrazione io la sento come se fosse unnostro tesoro, un tesoro esclusivamentedella provincia di Bergamo perché qua,il 14 novembre del 1971, nasceva ilDob”. Un tesoro che ora è di tutti ivolontari dell'Aido, senza distin-zione di origine, e sempre più pre-zioso. La Banda di Carobbio degliAngeli arricchisce una giornata giàpiena di fasto e significato, maquello che più pesa in questo incon-tro sono le parole del presidente re-gionale Cav. Leonida Pozzi: “...Iltempo, con la sua patina dorata che tuttoarchivia negli immensi scaffali dellanostalgia, e l'alloro dei moltissimi rico-noscimenti che copiosi vengono tributatialla memoria di Giorgio Brumat, ri-schiano di provocare una lacuna pro-prio nei confronti del fondatore del Dob

Ricordando...Giorgio Brumat

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che oggi qui noi ricordiamo. Si tendesempre più a pensare che il 14 novembredel 1971 l'amico Brumat, grazie aduna geniale intuizione frutto più del-l'estro che del tenace lavoro, inventasseun'associazione di donatori di organi eche da li si consolidasse quella positivavalanga di solidarietà che ha travoltotutta l'Italia e che oggi conta un milionee duecento mila aderenti, oltre a milionidi sostenitori. Non è proprio così, o me-glio non è solo così. Giorgio Brumat inquell'idea investì se stesso, la sua fami-glia, i suoi averi, i suoi affetti. Alla for-mazione di un gruppo o diun'associazione che aggregasse i dona-tori di organi ci pensava da mesi, forseda anni. Lo racconta lui stesso sul librodella nostra storia Aido”. E ancora:“Ecco cosa sono le radici dell'Aido: sonola sensibilità, il lavoro tenace, l'appro-fondimento scientifico, la conquistadelle competenze organizzative e medi-che necessarie. Per tali ragioni quellasera di luglio del 1971, quando Giorgiopropose di recarsi tutti a donare il san-

L’OMELIADON REMO LUISELLICon sentimenti di intensa partecipazione, di grata riconoscenza e di grandeemozione, la nostra comunità guarda a voi associati all'Aido, che oggi ricor-date i 40 anni di fondazione. Quarant'anni racchiudono tante storie di squi-sita solidarietà, di impegno altruistico, di servizio al fratello sofferente; 40anni di contributo nella costruzione di una civiltà coagulata nell'amore. È latestimonianza più preziosa che consegnate alle generazioni future del-l'amata terra bergamasca. Voi credete alla solidarietà umana ed offrite ilvostro impegno gratuito perché essa diventi la trama del tessuto della so-cietà. Voi siete schierati sulla frontiera dell'impegno per la diffusione dellacultura della solidarietà per ogni uomo, indipendentemente dalla fede poli-tica o religiosa. La vostra testimonianza sul nostro territorio è un richiamocostante alla realtà che ogni uomo è fratello. La mia riflessione non può senon inoltrarsi sui sentieri impervi della giustificazione del vostro servizio infavore dell'uomo. Voi, se credenti, siete convinti che la forza di servire vi èdata da Dio, che ne è la sorgente. Questo dono fonda la nostra dignità e li-bertà. Senza essere l'origine della vita ne siamo però i responsabili nell'as-sumerla e nel gestirla. Non solo i credenti, ma tutti coloro che hanno acuore le sorti della civiltà, avvertono la necessità di garantire la vita, di di-fenderla, di favorirla. Non è forse questa la forza che vi spinge a donare gliorgani? La vita umana chiede amore: è la convinzione profonda che vi hafatto fare la scelta di essere soci dell'Aido. E la cultura della vita si costrui-sce dentro la civiltà dell'amore. Ascoltate il passaggio del documento delPapa Giovanni Paolo II "Cristo Redentore dell'uomo": "L'uomo non può vi-vere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, ela vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l'amore; se non lo speri-menta, se non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente". La vita, primo efondamentale valore dell'esistenza, è anche il primo e fondamentale spaziodell'amore. Voi, schierandovi i difesa della vita dell'uomo, vi proponetecome portabandiera dell'amore autentico. Dio sa quanto bisogno c'è oggi ditestimoni del valore primario della vita! Ci sono segnali, anche da personenon credenti, che denunciano notevoli perplessità sull'atteggiamento che lanostra società assume verso i temi della vita, dell'uomo e dei suoi dirittifondamentali. In Occidente si afferma che aborto, eutanasia, sterilizzazione,ingegneria genetica prenatale sono indispensabili per il Terzo Mondo. Esisteun centro organizzato e in possesso di grandi mezzi finanziari detto "Global2005" che programma la riduzione della popolazione del pianeta. Per rag-giungere l'obiettivo diffonde paura sull'insufficienza degli alimenti per la po-polazione del pianeta; per rendere la cultura della morte più credibile,ostacola lo sviluppo agricolo, decide la distruzione dei prodotti della terra,non ha dubbi nello stimolare il sorgere di focolai bellici quali valvole naturalidi riduzione della popolazione. Chi elabora e diffonde questa mentalità èconvinto di operare per il bene dell'uomo o quanto meno è certo che le so-luzioni proposte sono il male minore, sono le strade per la frontiera del pro-gresso e della civiltà.

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gue, e subito dopo, di formare ungruppo di donatori di organi dopo lamorte, per celebrare in modo degno laconsacrazione della nuova parrocchialedel Monterosso, il seme, deposto in unterreno così ricco e fertile, germogliò ediede frutti meravigliosi”. I frutti che sono stati ben rappre-sentati dalla colonna di labari cheper alcuni minuti hanno lentamenteattraversato tutto il quartiere perrecarsi nella Parrocchiale ove cele-brare con una Santa Messa questoricordo. Don Remo Luiselli, parroco dellacomunità, ha colto con fervore lasolennità della commemorazione econ le sue parole ha risvegliato e in-terrogato i cuori dei numerosi pre-senti. Poi, prima di benedire l'assemblea,il momento più toccante dell'interagiornata: con grande emozione ilpresidente del rinato gruppo Aidodel Monterosso e la mamma diMatteo Savoldelli, a cui il gruppo èdedicato e il cui gesto di donazioneha concesso nuova vita a chi l'avevaquasi persa ma anche all'Aido diquesto quartiere, con dignitosacommozione hanno scoperto ilnuovo labaro affinché fosse bene-detto. Ci sono state ancora parole,ma i cuori erano ormai colmi; si puòridare la vita grazie alla donazionedegli organi, ma si può anche, piùsemplicemente, ridare speranza achi l'ha perduta, anche solo con igesti.

Paolo Seminati

Così si esprimono gli articoli introduttivi delle leggi sull'aborto e sull'eutana-sia; così pensa chi sopprime i bambini non nati e abbandona o elimina an-

ziani, sofferenti, portatori di handicap, chi pianifica la sterilizzazione delproprio popolo; chi sostiene enormi settori produttivi e commerciali produ-

cendo e vendendo armi; chi distrugge montagne di cereali per non alterarel'equilibrio dei prezzi. Le contraddizioni di questo modo di promuovere lavita sono ben velate da cortine fumogene. Nello stesso ospedale, in una

stanza si mantengono in vita, con sofisticate apparecchiature costosissime,i prematuri; in altre si eliminano i non ancora nati della stessa età dei primi.

In un'altra stanza dello stesso ospedale non si è in grado di garantire l'es-senziale ai malati gravi, ma si allevano bambini in provetta, il cui costo è di

19 mila euro ciascuno. La collettività finanzia costose manifestazioni disvago, mega strutture per il tempo libero utilizzate da pochi e non pro-

gramma l'edilizia popolare; progetta per le giovani coppie abitazioni di 50mq, dove bambini e anziani non avranno mai posto. Il potere politico invia

nel mondo consistenti aiuti economici per la guerra alla fame e nello stessotempo armi sempre più aggiornate per guerre fratricide fra opposte fazionidello stesso stato. Entro la fine del 2011, moriranno 25 milioni di bambini,

ma quasi ovunque saranno soppressi gli zoo e severamente regolamentatala vivisezione. Contraddizioni vistose, ipocrisie evidenti che Paolo VI aveva

denunciato in passato con voce alta e forte: "Uomini, uomini della maturitàdel ventesimo secolo - disse pochi mesi prima di morire - voi avete scritto

sulle vostre carte gloriose i documenti della vostra raggiunta maturitàumana. Ma voi avete lasciato per i posteri i documenti della vostra ipocrisia

se quelle carte sono false. Il metro è là, nell'equazione tra pace e dignitàdella vita di ogni uomo". Gli orientamenti della cultura che nega la vita sono

il prodotto dell'egoismo di tutti, sono il risultato del peccato sociale in cuisiamo coinvolti. Ad un fenomeno tanto devastante si può rispondere solo

con l'azione sociale di segno opposto: una grande corrente d'amore diffusanella nostra società è la migliore prevenzione a questi mali moderni. In que-sto momento storico, in questa situazione è determinante l'azione trainantedel volontariato. A voi l'impegno di creare ampi spazi al volontariato, di pre-mere con determinazione su chi è preposto a gestire il bene comune, di la-sciarvi coinvolgere dalla voglia di sentirvi gratificati dall'attenzione al fratelloche si trova nel bisogno donando il vostro tempo e parte del vostro corpo. Il

Signore della vita e la storia vi saranno eternamente riconoscenti.

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Sabato 19 Novembre, in occa-sione dell'anno europeo del vo-lontariato, la Fondazione DonCarlo Gnocchi, ha organizzatoil "1° Convegno Volontariato"

presso il Centro S. Maria Nascente in Mi-lano. Al convegno sono state invitate le nume-rose Associazioni che operano all'internodella Fondazione ed anche alcune Associa-zioni esterne che hanno avuto, e che hanno,rapporti di collaborazione e di amicizia conla Fondazione e tra queste anche il Consi-glio Regionale AIDO della Lombardia. Inrappresentanza dell'Aido era presente ilvice-presidente vicario Ravasi Giovanni.L'incontro (presenti circa 200 persone pro-venienti da tutte le regioni in cui operano iCentri della Fondazione) ha avuto inizioalle ore 9,30 nella Chiesa del Beato donCarlo Gnocchi in cui è custodita la teca conil corpo del Beato, con un momento di pre-ghiera guidato da don Maurizio Rivolta,cappellano del Centro S. Maria Nascente. Successivamente Mons. Angelo Bazzari,presidente della Fondazione, ha svolto unarelazione su "La gratuità nel pensiero enella testimonianza di don Carlo Gnocchi". Partendo dalla figura e dall'opera di donCarlo ha messo in evidenza i vari gradi di"gratuità" partendo dal livello più basso chepotrebbe essere quello dell'elemosina che lostesso don Carlo aveva sperimentato e cherimane un gesto importante."L'elemosinasi deve fare senza stare a chiedersi chi ocosa c'è dietro il povero o il bambino che lachiede, caso mai dobbiamo interrogarci sulperché " (Mons. Bazzari)È passato poi ad un livello superiore di gra-tuità, quella che potremmo definire umanaperché coinvolge ogni uomo, credente onon, di chi offre il suo tempo, le sue capacitàed il suo impegno per chi ha bisogno diaiuto e di solidarietà. Per arrivare infine a quella gratuità, pienaed intensa e che coinvolge totalmente corpoe spirito e che per noi cristiani ha la stessa

radice etimologica della "Grazia Divina".Quella pienezza del donarsi che ti fa sentirecome se tu stesso fossi un unico con chi habisogno del tuo aiuto e conforto.Successivamente ci si è trasferiti nel salonedelle conferenze dove sono stati portati i sa-luti del dott. Diego Maltagliati (direttoredel Polo Lombardia 1 della Fondazione) edel dott. Bruno Marasà (rappresentante delComune di Milano al Parlamento Euro-peo).È seguita la tavola rotonda sul tema "Trapassato e futuro, le sfide del volontariato".Al dibattito, moderato da Roberto Ram-baldi, hanno preso parte:- don Roberto Davanzo, direttore CaritasAmbrosiana- Marco Granelli, assessore al Volontariatodel Comune di Milano- Giuseppe Frangi, direttore del settima-nale Vita - Graziamaria Dente, vice-presidente Cies-sevi Provincia di Milano

La tavola rotondaSono quattro rappresentanti di tutte levarie realtà che incontrano e si confrontanocon il variegato mondo del volontariato, laChiesa, le Istituzioni, i Media e l’insieme del

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CONVEGNO FONDAZIONE DON CARLO GNOCCHI - MILANO

VOLONTARIAccanto alla vita, sempre

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Volontariato stesso ed ognuno ha portatola sua particolare visione.Don Roberto Davanzo: sottolinea che il volon-tariato è oggi di fronte a tre sfide molto im-portanti per il suo futuro:- con le istituzioni perché il volontariatonon può essere considerato la soluzione ditutti i mali o i problemi ; al massimo il vo-lontariato può essere la ciliegina su unatorta che deve essere cucinata dalle istitu-zioni stesse - con se stesso perchè c’è troppa frammen-tazione e così è difficile arrivare alla radicedei mali o anche solo ad approfondirne lecause e cercare soluzioni - con il mondo giovanile perché prima i gio-vani stavano spesso insieme per fare delbene, ora si sta insieme per stare bene edobbiamo far capire invece che “fare delbene fa stare bene”Altra cosa sottolineata è che il volontariatonon deve sempre lamentarsi “siamo inpochi”, “nessuno si impegna” e richiama ilmiracolo evangelico dei 5 pani e 2 pesci.Marco Granelli: dopo un veloce excursussullo sviluppo del volontariato sottolineache spesso le istituzioni ne danno una let-tura strumentale e che i volontari diven-tano importanti per contenere costi eresponsabilità. Invece il volontariato deveassumere una importanza strategica ancheper rispondere alla crisi o alle situazioni dicrisi.Abbiamo in fondo abbandonato il concettodi bene comune per parlare sempre piùspesso di bene individuale ma il volonta-riato rappresenta di per sé una gratuitàmessa a disposizione del bene di tutti. Ri-chiama la Costituzione italiana ed in parti-colare l’art.118 sostituito dalla leggecostituzionale 3/2001 dove si introduce ilconcetto di sussidiarietà. Conclude affer-mando che dovrebbe essere dovere istitu-zionale educare al volontariato.Giuseppe Frangi: affronta il rapporto tra ilmondo dei media e quello del volontariato.Cita l’esempio recente dell’alluvione in Li-guria dove i giornali hanno messo in primapagina “gli angeli del fango” quasi che que-sti volontari siano sbucati dal nulla, senzasottolineare che queste persone il volonta-rio lo fanno sempre, ogni giorno anche insituazione di vita quotidiana. Spesso al vo-lontariato manca la coscienza di sé, non si

sa quanti sono, cosa fanno, come si rappor-tano fra loro. Siamo quasi fermi al detto che“ciò che non si conta, non conta”. Informache uno dei prossimi progetti editoriali diVita sarà proprio quello di valorizzare e“dare i numeri” sul volontariato. Graziamaria Dente: cita alcuni dati emersi daun recente convegno del Ciessevi. Sottoli-nea che quasi sempre il volontario parte dauna scelta privata e personale di impegnoche si traduce poi in scelta per il bene co-mune e nell’entrare in una associazione.Molto importante per chi fa volontariato èil radicamento nella propria realtà e nellapropria comunità. L’attività di volontariospesso è supportata dalla consapevolezza ocomunque dalla speranza di poter inciderepositivamente nella realtà in cui opera.Conclusa la tavola rotonda c’è stato il mo-mento conviviale del pranzo nella mensadel Centro.Alle ore 14,30 è ripreso l’incontro con unmomento che Mons. Bazzari ha detto divoler dedicare a tutti coloro che in un modoo nell’altro sono stati e sono vicini alla Fon-dazione. Sono state consegnate delle targhericordo a tutte le Associazione di Volonta-riato che operano all’interno della Fonda-zione ed anche a due Associazioni esternecioè Associazione Nazionale Alpini edAIDO o più precisamente al Consiglio Re-gionale Aido della Lombardia. La targa èstata ritirata dal vice-presidente Ravasi cheha portato a Mons. Bazzari ed a tutta laFondazione don Carlo Gnocchi il saluto edil ringraziamento del Consiglio ed in parti-colare quello del suo Presidente Cav. Pozzi.Ha anche sottolineato il particolare affettoche lega la nostra Associazione al Beatodon Carlo Gnocchi, primo esempio di do-natore dopo la morte.Successivamente Lino Lacagnina, respon-sabile del progetto volontariato in Fonda-zione, ha illustrato quello che sarà il futurodel volontariato nella Fondazione con unasempre maggiore integrazione delle asso-ciazioni interne che già ora operano in tuttii Centri italiani. La giornata si è conclusacon il racconto delle proprie esperienze daparte di alcuni responsabili di associazioniche da anni lavorano in Fondazione nei cen-tri di Milano, Monza, Falconara, Roma eMarina di Massa.

Giovanni Ravasi

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