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Social(e) Dieci temi per comunicare sui social media senza farsi male (soprattutto su Facebook) Giovanni Acquarulo – Bologna, 14 maggio 2015

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Social(e)Dieci temi per comunicare sui social media senza farsi male (soprattutto su Facebook)

Giovanni Acquarulo – Bologna, 14 maggio 2015

214 maggio 2015 Social(e)

Chi sono

Mi chiamo Giovanni Acquarulo

([email protected] - @waterrule)

Sono giornalista parlamentare e social media manager dal 2010 per Sinistra Ecologia Libertà (www.sinistraecologialiberta.it)

Questa presentazione è disponibile gratuitamente (sia la consultazione che il download) all’indirizzo:

www.slideshare.net/GiovanniAcquarulo

314 maggio 2015 Social(e)

Sommario

1. Tutto ciò che è virtuale è reale

2. La comunicazione è un prisma

3. Andiamoci a prendere il popolo?

4. Sputtanare il luogo comune

5. Una bufala è per sempre

6. La partecipazione non si crea, si facilita

7. C’è una metrica per tutto, meno che per i sentimenti

8. Evviva la sincera imperfezione!

9. Customer care della vita offesa

10. C’è vita oltre la filter bubble?

414 maggio 2015 Social(e)

Tutto ciò che è virtuale è reale La contrapposizione fittizia fra reale e virtuale

“L'insopportabile retorica del valore della disconnessione che emerge sotto traccia. La contrapposizione fittizia fra reale e virtuale. Il richiamo all'autenticità delle relazioni offline vs quelle online. Il vuoto culturale e banalizzante di un "dualismo digitale" che richiama alla felicità di un'età dell'oro in cui vivevamo vite reali piene e soddisfacenti.

514 maggio 2015 Social(e)

Tutto ciò che è virtuale è reale

Se vogliamo osservare in modo critico la realtà contemporanea in cui il digitale è parte delle nostre vite la via non è di certo questa. La solitudine reale che si vive anche in una realtà connessa è una condizione dell'esistenza, non una variabile dettata dalle tecnologie”.

Giovanni Boccia Artieri, sociologo e docente all’università di Urbino

614 maggio 2015 Social(e)

Tutto ciò che è virtuale è reale

Non c’è più un “sotto” o un “fuori”, ma un unico gigantesco “dentro”. Il digitale è diventato carne, come scrive il sociologo americano Nathan Jurgenson.

La Rete è un pezzo della vita e del mondo reale, nel bene e nel male. E se c’è un problema, il problema non è internet, siamo noi.

714 maggio 2015 Social(e)

Tutto ciò che è virtuale è reale

Ne consegue che: Sui social ogni atto di comunicazione da parte di

un personaggio pubblico, o di un attore/associazione/organizzazione il cui ruolo ha rilevanza politico-istituzionale, è un’azione pubblica.

Far finta che non esista una reputazione pubblica è un’ingenuità imperdonabile. La vita di un'opinione sui social va ben al di là della piattaforma stessa.

Facebook è un ambiente informativo che è parte integrante del discorso pubblico.

814 maggio 2015 Social(e)

Tutto ciò che è virtuale è reale

Social media fail da manuale con i seguenti casi:

• Nobraino

• Antonio Adornato (vice-questore di Cagliari)

• Paola Salluzzi

914 maggio 2015 Social(e)

La comunicazione è un prisma

Ogni scelta di comunicazione sui social media va assunta come uno degli elementi di una strategia complessiva.

Media tradizionali, comunicati stampa, newsletter, redazione di un sito, iniziative sul territorio: tutti tasselli di un’architettura più generale.

Ogni “modulo” comunicativo serve a tradurre in diversi linguaggi lo stesso contenuto, a posizionare coerentemente il nostro “brand” nell’immaginario, a definire la nostra reputazione online e offline.

1014 maggio 2015 Social(e)

La comunicazione è un prisma

Se la comunicazione è un prisma, quello che paga è sempre la qualità di un contenuto, la sua forza intrinseca come messaggio e come “composizione mediale” (che sia un video, un post, una foto, un meme virale).

Quando hai contenuti validi metà del lavoro è già fatto.

1114 maggio 2015 Social(e)

Andiamoci a prendere il popolo?

“Il premier privilegia Twitter, che però è elitario, Grillo il suo blog, più utile all’approfondimento. Noi ci concentriamo su Facebook, per un motivo molto semplice: in Italia, il popolo, sta lì. E noi andiamo a prendercelo”.

Luca Morisi, spin doctor e social media manager di Matteo Salvini

1214 maggio 2015 Social(e)

Andiamoci a prendere il popolo?

È vero? È vero e falso allo stesso tempo:

Il "popolo del web" non esiste, almeno non più di quanto esista, per esempio, il popolo dei passanti per strada. Il popolo del web non esiste se lo si intende come massa indistinta, dove prevalgono meccanismi tribali, da branco, magari con una specifica attitudine tanto anonima quanto punitiva.

Non si tratta di negare dinamiche aggressive ed emulative: ma sono codici comunicativi e relazionali che l’online come ecosistema complesso ha semplicemente mutuato dalla vita offline.

1314 maggio 2015 Social(e)

Andiamoci a prendere il popolo?

Il popolo del web esiste invece nella misura in cui esistono tantissime persone che ogni giorno sono parte di un pubblico e amplissimo dibattito con i propri contenuti, chi confrontandosi di più e chi meno, ma comunque nella stessa piazza, inevitabilmente e per sempre.

Una complicata ma interessante “piazza aperta” in cui ci troviamo tutti (Alessandro Gilioli).

1414 maggio 2015 Social(e)

Sputtanare il luogo comune

Sottrarsi ai cliché, alle frasi fatte,

ai luoghi comuni, alle cose scritte senza

attenzione per le parole

significa avvicinarsi alla comprensione

delle cose, di ogni singola cosa.

1514 maggio 2015 Social(e)

Sputtanare il luogo comune

Se è vero che nell’informazione mainstream lo scenario mostra che vincono e pagano – in prevalenza – numeri, contenuti e prodotti a misura delle esigenze dei lettori, che sono prevalentemente mediocri e precipitose, sulle piattaforme social alla lunga la qualità paga e vince.

Il “controllo di qualità” lo fa la tua comunità: se la tua scrittura è figlia di una cultura giornalistica pigra e ripetitiva fatta di luoghi comuni, metafore rituali e formule vuote, la tua comunità prima o poi si rivolgerà altrove. Vale per la lingua e vale per i contenuti.

1614 maggio 2015 Social(e)

Sputtanare il luogo comune

Puntare sull’identità del contenitore e la riconoscibilità di un progetto (editoriale e comunicativo insieme) significa investire prioritariamente sulla “complicità” dei tuoi lettori/utenti. Significa fare community.

Se non c’è coerenza tra la mission della tua organizzazione e i contenuti redazionali che produci, sarà impossibile produrre identificazione, identità, appartenenza.

1714 maggio 2015 Social(e)

Sputtanare il luogo comune

I luoghi comuni sono contagiosi come gli sbadigli:

sotto il profilo tecnico rivelano sciatteria, superficialità, disinteresse per chi legge.

sotto il profilo di quella che si definisce una corretta strategia di community-building, avranno l’effetto di allontanare i vostri utenti, contribuendo a deteriorare la vostra reputazione digitale.

1814 maggio 2015 Social(e)

Una bufala è per sempre

“Se l'unica democrazia davvero compiuta è una democrazia informata, le notizie false indeboliscono la democrazia: costruiscono paradigmi culturali e creano percezioni che si riflettono nella vita di tutti i giorni, dalla scelta del partito da votare a quella dell'università da frequentare”.

Francesco Costa, giornalista e blogger

1914 maggio 2015 Social(e)

Una bufala è per sempre

Alcune notizie false uscite negli ultimi mesi sui giornali italiani riescono ad alterare e indebolire la percezione delle cose che accadono attorno a noi. Le ragioni di questo fenomeno?

la verifica delle fonti superficiale se non inesistente

la ricerca di visibilità e lettori

l'interesse smodato del pubblico per notizie in grado di suscitare reazioni emotive

la necessità di fare i conti con sempre maggiori richieste e minori risorse.

2014 maggio 2015 Social(e)

Una bufala è per sempre

Le smentite di queste bufale,

quando e se ci sono, non trovano mai

la stessa enfatica pubblicazione e

virale diffusione della balla originaria,

che intanto è tracimata e continua a

vivere di vita propria.

2214 maggio 2015 Social(e)

La partecipazione non si crea e non si distrugge, si facilita*

La sfida è sempre il “come”: come questi strumenti possono essere usati per facilitare la partecipazione politica, il dibattito costruttivo, l’elaborazione di pensiero e di strategie, il dialogo permanente tra utenti e attori politico-istituzionali.

Il ritorno dell’investimento (l’effetto ROI) non si misura nella creazione di un “consenso” immediatamente spendibile, quanto piuttosto nella costruzione di un’immagine e nell’attivazione di una comunità.

Su Facebook si consolidano (o si esasperano) posizioni perlopiù già note o acquisite: “non spostiamo voti,” ma possiamo ampliare e rafforzare la partecipazione.

*Claudia Vago

2314 maggio 2015 Social(e)

La partecipazione non si crea e non si distrugge, si facilita

I social media non modificano l'opinione pubblica, però possono modificare la percezione dei media mainstream, sempre più deboli dal punto di vista della credibilità, ma a tutt’oggi potentissimi nell’orientare e condizionare la formazione del senso comune.

2414 maggio 2015 Social(e)

La partecipazione non si crea e non si distrugge, si facilita

Alla fine puoi avere tutta la tecnologia che vuoi, ma senza i valori non vai da nessuna parte e non faciliti nulla. 

Tutto parte da chi sei, da quello in cui credi e dalla tua capacità di fornire un unico senso di quello che sei.

Il resto segue.

2514 maggio 2015 Social(e)

C’è una metrica per tutto, meno che per i sentimenti

“The metric that we should use as journalists is whether we are valuable in people’s lives”.

Jeff Jarvis, giornalista e saggista americano

2614 maggio 2015 Social(e)

C’è una metrica per tutto, meno che per i sentimenti

I criteri editoriali devono incrociare sempre analisi tecniche e semantiche.

Il livello di maturità nell’utilizzo del mezzo (e di conseguenza la sua efficacia operativa) sta nell’implementare le metriche che ci consentono di monitorare non tanto o non solo l’incremento dei fan, ma il coinvolgimento sviluppato ( Fan reach ed Engagement).

2714 maggio 2015 Social(e)

C’è una metrica per tutto, meno che per i sentimenti

2814 maggio 2015 Social(e)

C’è una metrica per tutto, meno che per i sentimenti

Si può puntare ad una strategia di incremento dei fan attraverso significativi investimenti pubblicitari, ma questo non ci garantisce la tenuta complessiva della comunità che stiamo costruendo, la costanza della sua partecipazione, la qualità dell’interazione.

Il caso di Antonello De Pierro, presidente del movimento politico Italia dei Diritti.

2914 maggio 2015 Social(e)

C’è una metrica per tutto, meno che per i sentimenti

Le metriche social, gli analytics, gli insights, gli algoritmi funzionano come il manuale DSM per il disagio psichico: servono a quantificare, oggettivare, sistematizzare.

Quello che si perde è lo scenario di senso complessivo, la cornice emotiva, l’urgenza della singola storia, la sua verità.

3014 maggio 2015 Social(e)

Evviva la sincera imperfezione!

Fare i social media manager, oggi, significa essere di fatto un community manager. Relazione, comunità, servizio: l’audience digitale, siano essi 300 o 30mila utenti, non è una massa indistinta, ma una comunità di individui.

Essere social media manager, oggi, significa essere “promotori di comunità”.

3114 maggio 2015 Social(e)

Evviva la sincera imperfezione!

Lavorare con i canali social vuol dire ingaggiare fin dal primo giorno un corpo a corpo con le dinamiche interne a questa comunità.

Uno scontro quotidiano per mettere insieme la direzione reale di questo mondo con quella che vorremmo dargli noi.

Regola principe: il contenuto è sempre più importante delle tecniche di comunicazione.

3214 maggio 2015 Social(e)

Evviva la sincera imperfezione!

Proviamo a declinarla:

Assumere sempre il punto di vista dell’utente

Definire e comunicare pubblicamente la policy nella moderazione

Meglio non comunicare che comunicare male

Meglio una buona storia che un’ottima capacità tecnica

Comunicare con regolarità

Parlare il linguaggio dei destinatari, più che dei mittenti

Cercare la multimedialità

Rispettare l’algoritmo (senza subirlo)

(grazie a Dino Amenduni per gli spunti)

3314 maggio 2015 Social(e)

Customer care della vita offesa

C’è sempre una differenza tra "narrazione" e "raccontarsela”.

Se vuoi superare i tuoi limiti storici di consenso, devi raccontare storie che sappiano empatizzare con quelli che non ti sono vicini.

Storie non solo di indignazione, ma storie positive di resistenza, di giustizia compiuta, di felicità possibile.

Bisogna “spoliticizzare” certe testimonianze e ri-politicizzarle da capo, prendendole sempre dal lato meno prevedibile e consueto.

3414 maggio 2015 Social(e)

Customer care della vita offesa

3514 maggio 2015 Social(e)

Customer care della vita offesa

“La sfida oggi, anche sui social, è rintracciare un umano, anteriore al contratto sociale. Quella cosa per cui se stai passeggiando e una persona cade in mezzo alla strada vai a soccorrerla. Vai a soccorrerla, perché quella persona è tuo padre, tua madre, tua sorella, tuo figlio, sei te, è corpo umano come te, e questa cosa, in linea teorica dovrebbe essere anteriore al contratto sociale, dovrebbe essere un regalo di specie che la Natura dà per aiutare alla sopravvivenza”.

Costanza Jesurum, psicanalista

3614 maggio 2015 Social(e)

Customer care della vita offesa Due casi di scuola: Gianni Morandi Saverio Tommasi

3714 maggio 2015 Social(e)

C’è vita oltre la filter bubble?

La prospettiva pedagogica e morale non funziona più. Sentirsi i soggetti moralmente responsabili del mondo non funziona più.

Funziona soltanto se ci si vuole fermare alla conferma narcisistica tra consanguinei politici, morali e socioculturali.

3814 maggio 2015 Social(e)

C’è vita oltre la filter bubble?

Il rischio che corrono le “brave persone” sui social network è quello di rinfrancarsi l’un l’altro nell’evocazione della compassione, della bontà, della solidarietà, della correttezza morale, della presunta superiorità etica delle loro ragioni.

Finiscono a scambiarsi “gattini” morali, a fare clickbaiting delle nostre buone intenzioni.

Nelle migliore delle ipotesi ci si limita a riprodurre una sfida Marvel fra i buoni e i cattivi del potere.

3914 maggio 2015 Social(e)

C’è vita oltre la filter bubble?

Le nostre azioni impattano quasi sempre su “confraternite di affini”, gruppi sociali omogenei dal punto di vista identitario. Si proietta sull’universo il proprio panel mentale.

Tecnicamente questa bolla si chiama filter bubble. La sfida è allora quella di far arrivare le nostre parole a chi non è nostro amico, nella rete e nella realtà, farle arrivare a qualcuno che abita altre vite, altri lessici, altre canzoni, altre morali.

Farle arrivare a chi vive fuori dalla nostra vista, fuori dal dibattito politico, oscurato da tutti i media.

4014 maggio 2015 Social(e)

C’è vita oltre la filter bubble?

Questo è quello che dovrebbero fare ogni giorno politici e comunicatori: spiegare con educazione le proprie ragioni invece di sostituirsi a quelli che urlano più forte degli altri. Perché i voti passano, ma l'odio rimane.

Chi fa politica dovrebbe avere in testa di migliorare un Paese, più di cavalcare la rabbia.

4114 maggio 2015 Social(e)

C’è vita oltre la filter bubble? Il caso E.B.

4214 maggio 2015 Social(e)

C’è vita oltre la filter bubble?

Marco Furfaro e il caso Tortosa

4314 maggio 2015 Social(e)

C’è vita oltre la filter bubble?

Il punto insomma non è la persona che dice "meno male sono morti", ma perché lo dice. E combattere perché lo dice, perché la miseria diventa rabbia, perché la disperazione diventa odio. Farci un frontale serve solo a serrare le fila.

È una questione politica quotidiana, che ci invita a riformulare di continuo il nostro modo di stare al mondo.

Solo così potremo tornare a parlare politicamente e a cambiare lo stato di cose esistenti.

4414 maggio 2015 Social(e)

C’è vita oltre la filter bubble?

La formula della viralità non esiste. Esistono i vostri contenuti, la vostra preparazione, la vostra creatività, il vostro coraggio, il vostro spirito critico, la vostra onestà di pensiero.

Praticateli, e vincerete il vostro scontro quotidiano.

4514 maggio 2015 Social(e)

Grazie.