Post on 07-Mar-2016
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prima edizione - Anno 2 n°6 inverno 2013
viaggi e cultura viaggi e cultura viaggi e cultura
GALAPAGOSGALAPAGOSKENYAKENYAGROENLANDIAGROENLANDIALAS VEGASLAS VEGASARGENTINAARGENTINABAHIABAHIAGERMANIAGERMANIASIRACUSASIRACUSAARCUMEGGIAARCUMEGGIA
GALAPAGOSKENYAGROENLANDIALAS VEGASARGENTINABAHIAGERMANIASIRACUSAARCUMEGGIA
3
pag. 6
pag 14 Malesia crogiolo di etnie e culture
di Teresa Carrubba
pag 22 Kenya la tua Africa
di Pamela McCourt Francescone
pag 28 Groenlandia il paese dei ghiacci fluttuanti
di Anna Alberghina
pag 34 Las Vegas non solo gioco d'azzardo
di Annarosa Toso
pag 40 Argentina gourmet
di Mirella Sborgia
pag 48 Bahia l'anima nera del Brasile
di Anna Maria Arnesano
pag 56 Germania Baden-Wurttemberg
di Teresa Carrubba
pag 66 Speciale Francia
Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac
di Artifex
pag 72 Provence Verte
di Franca Dell'Arciprete Scotti
pag 78 Siracusa un crogiolo di civiltà
di Viviana Tessa
pag 84 Arcumeggia il paese dipinto
di Giulio Badini
pag 90 KALEIDOSCOPE
Sommario
Il fascino
arcano delle
Galapagosdi Alessandro Martini
3
pag. 6
pag 14 Malesia crogiolo di etnie e culture
di Teresa Carrubba
pag 22 Kenya la tua Africa
di Pamela McCourt Francescone
pag 28 Groenlandia il paese dei ghiacci fluttuanti
di Anna Alberghina
pag 34 Las Vegas non solo gioco d'azzardo
di Annarosa Toso
pag 40 Argentina gourmet
di Mirella Sborgia
pag 48 Bahia l'anima nera del Brasile
di Anna Maria Arnesano
pag 56 Germania Baden-Wurttemberg
di Teresa Carrubba
pag 66 Speciale Francia
Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac
di Artifex
pag 72 Provence Verte
di Franca Dell'Arciprete Scotti
pag 78 Siracusa un crogiolo di civiltà
di Viviana Tessa
pag 84 Arcumeggia il paese dipinto
di Giulio Badini
pag 90 KALEIDOSCOPE
Sommario
Il fascino
arcano delle
Galapagosdi Alessandro Martini
anno 2 - n°6 Inverno 2013
5editoriale
Il miglior augurio per il nuovo anno
potrebbe essere quello di viaggiare.
E di meraviglie il mondo intero ce ne
offre a iosa! Dalle arcaiche creature
delle Galapagos di darwiniana
memoria agli spettacolari ghiacciai
della Groenlandia, vere sculture
d'autore. Dal languore degli scenari
kenyoti che lasciano dentro la
melancolia del “mal d'Africa” alla
mondanità rutilante di Las Vegas o
alla vivacità tutta brasiliana di Salvador de Bahia.
Dalla paganità rituale del carnevale della Foresta
Nera, ottimo spunto per un viaggio nel Baden
Wurttemberg , una delle regioni più interessanti
della Germania, al fascino antico del barocco
siciliano di cui Siracusa ne è prestigioso emble-
ma. Che dire poi dei tesori nascosti della nostra
Italia tutti da scoprire come Arcumeggia, paesino
del Varesotto impreziosito da affreschi sulle
facciate delle case, firmati da famosi pittori italia-
ni? Non mancano, in questo numero invernale,
suggerimenti per un fine settimana o novità nella
rubrica Kaleidoscope. Il team dei giornalisti di
Emotions ha visitato queste meraviglie ed altre
ancora per comunicare informazioni, curiosità,
ma soprattutto “Emozioni” che servano da sti-
molo a viaggiare, viaggiare, viaggiare…
anno 2 - n°6 Inverno 2013
5editoriale
Il miglior augurio per il nuovo anno
potrebbe essere quello di viaggiare.
E di meraviglie il mondo intero ce ne
offre a iosa! Dalle arcaiche creature
delle Galapagos di darwiniana
memoria agli spettacolari ghiacciai
della Groenlandia, vere sculture
d'autore. Dal languore degli scenari
kenyoti che lasciano dentro la
melancolia del “mal d'Africa” alla
mondanità rutilante di Las Vegas o
alla vivacità tutta brasiliana di Salvador de Bahia.
Dalla paganità rituale del carnevale della Foresta
Nera, ottimo spunto per un viaggio nel Baden
Wurttemberg , una delle regioni più interessanti
della Germania, al fascino antico del barocco
siciliano di cui Siracusa ne è prestigioso emble-
ma. Che dire poi dei tesori nascosti della nostra
Italia tutti da scoprire come Arcumeggia, paesino
del Varesotto impreziosito da affreschi sulle
facciate delle case, firmati da famosi pittori italia-
ni? Non mancano, in questo numero invernale,
suggerimenti per un fine settimana o novità nella
rubrica Kaleidoscope. Il team dei giornalisti di
Emotions ha visitato queste meraviglie ed altre
ancora per comunicare informazioni, curiosità,
ma soprattutto “Emozioni” che servano da sti-
molo a viaggiare, viaggiare, viaggiare…
Il fascino arcano delle Galapagos/The mysterious charm of the Galapagos
6
anno 2 - n°6 Inverno 2013
testo di /Words by
Alessandro Martini
“Nel tempo e nello spazio si viene a contatto con quel
mistero che fu la prima apparizione dei nuovi esseri su
questa Terra”. E' l'intrigante definizione delle Galapagos
da parte del naturalista Charles Darwin il quale, dallo stu-
dio delle molteplici specie endemiche di flora e di fauna
di queste terre, ha trovato spunto per la sua illuminante
Teoria dell'Evoluzione. Tant'è, il suo saggio “L'origine del-
le specie” rivela proprio l'attenta osservazione della natu-
ra delle Galapagos. Non a caso, visto che alcune isole
dell'arcipelago datano circa 4 milioni di anni e il lunghissi-
mo isolamento a causa della distanza da altre terre, dalla
diversità del clima e di ecosistema influenzati dalle cor-
renti marine, ha portato alla formazione di una natura
esclusiva. Il viaggio alle Galapa-
gos, dunque, è un viaggio in
un'altra dimensione. Semi-
nascosta tra i sassi
arrotondati dal
mare, di cui assume persino colore e forma, scorgiamo a
malapena una foca distesa e addormentata; si tratta di
una giovane femmina di lobo de mar. Pochi passi più in là
ci rendiamo conto della grande quantità di fitti cespugli
di taglia bassa dove nidificano le fregate. Nidi ovunque, i
maschi adulti gonfiano l'esagerata gola rossa come ves-
“Both in space and in time, it seems like being transported
close to that great event, that mystery of mysteries, which
was the first apparition of new beings on this Earth.” This
emotional description of th Galapagos islands is Charles
Darwin's. And it was having observed the numerous
endemic species of flora and fauna on the islands that
Darwin was inspired to write his illuminated theory of evo-
lution. His famous treatise “On the Origin of Species” con-
tains numerous references to his studies on the endemic
species of the Galapagos islands. And it is no mere coinci-
dence, as some of the islands in the archipelago date back 4
million years and, given their relative isolation and dis-
tance from the continent, apart from the ample variety of
climates and habitats due to the marine currents, it is not
surprising that they enjoy an “exclusive”
nature. And so a journey to the Galapagos is a journey into
another dimension. Camouflaged by the rounded stones
on the shore and of their same colour, we can barely make
out a seal in the distance, it is a young female "lobo de mar"
who is asleep. Then our attention wanders to the low
shrubs where some frigate birds are nesting. There are
7
Il fascino arcano delle Galapagos/The mysterious charm of the Galapagos
6
anno 2 - n°6 Inverno 2013
testo di /Words by
Alessandro Martini
“Nel tempo e nello spazio si viene a contatto con quel
mistero che fu la prima apparizione dei nuovi esseri su
questa Terra”. E' l'intrigante definizione delle Galapagos
da parte del naturalista Charles Darwin il quale, dallo stu-
dio delle molteplici specie endemiche di flora e di fauna
di queste terre, ha trovato spunto per la sua illuminante
Teoria dell'Evoluzione. Tant'è, il suo saggio “L'origine del-
le specie” rivela proprio l'attenta osservazione della natu-
ra delle Galapagos. Non a caso, visto che alcune isole
dell'arcipelago datano circa 4 milioni di anni e il lunghissi-
mo isolamento a causa della distanza da altre terre, dalla
diversità del clima e di ecosistema influenzati dalle cor-
renti marine, ha portato alla formazione di una natura
esclusiva. Il viaggio alle Galapa-
gos, dunque, è un viaggio in
un'altra dimensione. Semi-
nascosta tra i sassi
arrotondati dal
mare, di cui assume persino colore e forma, scorgiamo a
malapena una foca distesa e addormentata; si tratta di
una giovane femmina di lobo de mar. Pochi passi più in là
ci rendiamo conto della grande quantità di fitti cespugli
di taglia bassa dove nidificano le fregate. Nidi ovunque, i
maschi adulti gonfiano l'esagerata gola rossa come ves-
“Both in space and in time, it seems like being transported
close to that great event, that mystery of mysteries, which
was the first apparition of new beings on this Earth.” This
emotional description of th Galapagos islands is Charles
Darwin's. And it was having observed the numerous
endemic species of flora and fauna on the islands that
Darwin was inspired to write his illuminated theory of evo-
lution. His famous treatise “On the Origin of Species” con-
tains numerous references to his studies on the endemic
species of the Galapagos islands. And it is no mere coinci-
dence, as some of the islands in the archipelago date back 4
million years and, given their relative isolation and dis-
tance from the continent, apart from the ample variety of
climates and habitats due to the marine currents, it is not
surprising that they enjoy an “exclusive”
nature. And so a journey to the Galapagos is a journey into
another dimension. Camouflaged by the rounded stones
on the shore and of their same colour, we can barely make
out a seal in the distance, it is a young female "lobo de mar"
who is asleep. Then our attention wanders to the low
shrubs where some frigate birds are nesting. There are
7
8
sillo della loro sensualità per ammaliare le femmine che
però si concedono il lusso di scegliere il migliore. Dalle
tortuosità della riva spunta il muso trogloditico di
un'iguana marina, altre la seguono dando a noi visitatori
una sequenza inarrivabile di stimoli. La superficie del
terreno, solidificazione di remote colate di lava, s'increspa
in rigide, inquietanti pieghe e in rocce che simulano la
ghisa, delineando uno scenario illusorio che fa pensare
ad un altro pianeta. L'eruzione di un secolo fa ha fatto
piazza pulita di erbe rigogliose lasciando spazio solo a
nests everywhere with fledglings, more mature birds, and
adult males blowing out their enormous red throats to
attract the females who fly overhead seeking the most
attractive males as mating partners. And then, hidden in
the gorges along the shore, we see our first marine iguana,
the first of many. There is so much to see that it is impossi-
ble to take it all in. A lava flow, the surface of which resem-
bles a fluid that has only just solidified and on which the
creases trace an unreal landscape. Rocks so hard they
resemble congealed cast iron. The eruption took place
Il fascino arcano delle Galapagos/The mysterious charm of the Galapagos
anno 2 - n°6 Inverno 2013
piante immarcescibili come cactus e poco altro. A Barto-
lomé ci inerpichiamo sulle pendici di un vulcano spento.
Dal bordo del suo cratere il respiro si ferma di fronte allo
spettacolo che si para ai nostri occhi. Un cordone di sab-
bia formata da polvere di corallo, s'insinua nel mare
legando insieme la collina ad altre due più piccole. Al di là,
l'isola di Santiago, un grande territorio disseminato di
rocce nere di lava, ricordo di recenti eruzioni vulcaniche,
in mezzo ad altre di colore naturale, con effetto bicroma-
tico davvero impressionante. Sembra che quest'isola fun-
ga da curioso spartiacque: a sinistra della lingua di sabbia,
la baia è spesso ritrovo per i pescecani, quindi accurata-
mente da evitare. Quella di destra è tranquilla e balneabi-
le. Un odore forte e pungente desta la nostra attenzione,
ci spiegano che quest'isola è abitata da una colonia di
leoni marini. Gli esemplari maschi, grazie alla loro forte
stazza, alcune centinaia di chili, non devono fare molta
fatica a difendere il proprio territorio, mentre le femmine
si crogiolano al sole. A forza di rotolare sulle rocce
dell'isola i leoni marini hanno smussato le loro asperità
rendendole tipicamente tondeggianti. La rara ed aspra
vegetazione non riesce a nascondere quelle creature pri-
mordiali che qui sono a casa, le iguane, il cui aspetto
rimanda a un'altra era, quella dei dinosauri. Si nutrono dei
frutti di cactus e si riuniscono in branchi cercando angoli
more than a century ago, but this arid and inhospitable
landscape is colonized only by scattered cactus bushes,
some lizards and a few insects. On Bartolomé we climb to
the summit of an extinct volcano which is over a hundred
meters high. The views are stunning, with a long bank of
white coral sand linking the hill to two other smaller hills,
on the right of which a blade of rock soars skywards. In the
distance we see Santiago; it is a large island and the part
covered by the lava flow is extensive with smaller, older,
different coloured hillocks protruding from the black rocks.
Our guide explains that the beach to the left of the sand-
bank is frequented by sharks, but that the beach on the
right is safe and that we can swim there. The pungent air
tells us that a colony of sea lions lives on the island; the
coast is divided into areas for the massive males, which
weight hundred of kilos and defend their territory against
all intruders including unwary tourists, while the young
females warm themselves in the sun as the cubs nuzzle up
to them to feed. Their cries fill the air. There are hundreds of
them and the rocks are worn and rounded by their constant
comings and goings. We make our way between the rocks
and meet the land iguanas. Given the sparse vegetation on
the island they have adapted to eating cactus, and are par-
ticularly fond of the cactus fruit, although they also gobble
the leaves. These strange animals, which are no longer
9
8
sillo della loro sensualità per ammaliare le femmine che
però si concedono il lusso di scegliere il migliore. Dalle
tortuosità della riva spunta il muso trogloditico di
un'iguana marina, altre la seguono dando a noi visitatori
una sequenza inarrivabile di stimoli. La superficie del
terreno, solidificazione di remote colate di lava, s'increspa
in rigide, inquietanti pieghe e in rocce che simulano la
ghisa, delineando uno scenario illusorio che fa pensare
ad un altro pianeta. L'eruzione di un secolo fa ha fatto
piazza pulita di erbe rigogliose lasciando spazio solo a
nests everywhere with fledglings, more mature birds, and
adult males blowing out their enormous red throats to
attract the females who fly overhead seeking the most
attractive males as mating partners. And then, hidden in
the gorges along the shore, we see our first marine iguana,
the first of many. There is so much to see that it is impossi-
ble to take it all in. A lava flow, the surface of which resem-
bles a fluid that has only just solidified and on which the
creases trace an unreal landscape. Rocks so hard they
resemble congealed cast iron. The eruption took place
Il fascino arcano delle Galapagos/The mysterious charm of the Galapagos
anno 2 - n°6 Inverno 2013
piante immarcescibili come cactus e poco altro. A Barto-
lomé ci inerpichiamo sulle pendici di un vulcano spento.
Dal bordo del suo cratere il respiro si ferma di fronte allo
spettacolo che si para ai nostri occhi. Un cordone di sab-
bia formata da polvere di corallo, s'insinua nel mare
legando insieme la collina ad altre due più piccole. Al di là,
l'isola di Santiago, un grande territorio disseminato di
rocce nere di lava, ricordo di recenti eruzioni vulcaniche,
in mezzo ad altre di colore naturale, con effetto bicroma-
tico davvero impressionante. Sembra che quest'isola fun-
ga da curioso spartiacque: a sinistra della lingua di sabbia,
la baia è spesso ritrovo per i pescecani, quindi accurata-
mente da evitare. Quella di destra è tranquilla e balneabi-
le. Un odore forte e pungente desta la nostra attenzione,
ci spiegano che quest'isola è abitata da una colonia di
leoni marini. Gli esemplari maschi, grazie alla loro forte
stazza, alcune centinaia di chili, non devono fare molta
fatica a difendere il proprio territorio, mentre le femmine
si crogiolano al sole. A forza di rotolare sulle rocce
dell'isola i leoni marini hanno smussato le loro asperità
rendendole tipicamente tondeggianti. La rara ed aspra
vegetazione non riesce a nascondere quelle creature pri-
mordiali che qui sono a casa, le iguane, il cui aspetto
rimanda a un'altra era, quella dei dinosauri. Si nutrono dei
frutti di cactus e si riuniscono in branchi cercando angoli
more than a century ago, but this arid and inhospitable
landscape is colonized only by scattered cactus bushes,
some lizards and a few insects. On Bartolomé we climb to
the summit of an extinct volcano which is over a hundred
meters high. The views are stunning, with a long bank of
white coral sand linking the hill to two other smaller hills,
on the right of which a blade of rock soars skywards. In the
distance we see Santiago; it is a large island and the part
covered by the lava flow is extensive with smaller, older,
different coloured hillocks protruding from the black rocks.
Our guide explains that the beach to the left of the sand-
bank is frequented by sharks, but that the beach on the
right is safe and that we can swim there. The pungent air
tells us that a colony of sea lions lives on the island; the
coast is divided into areas for the massive males, which
weight hundred of kilos and defend their territory against
all intruders including unwary tourists, while the young
females warm themselves in the sun as the cubs nuzzle up
to them to feed. Their cries fill the air. There are hundreds of
them and the rocks are worn and rounded by their constant
comings and goings. We make our way between the rocks
and meet the land iguanas. Given the sparse vegetation on
the island they have adapted to eating cactus, and are par-
ticularly fond of the cactus fruit, although they also gobble
the leaves. These strange animals, which are no longer
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Il fascino arcano delle Galapagos/The mysterious charm of the Galapagos
anno 2 - n°6 Inverno 2013
riparati dal vento, con difficoltà, visto che Bartolomè è
un'isola aspra e brulla, disseminata di concrezioni di lava
rappresa e rugosità simili a bocche di crateri che
l'associano alla crosta lunare. Pochi gli interventi
dell'uomo; una rudimentale scala di legno ci porta in cima
a una collina da dove si offrono ad uno sguardo attonito
le altre isole e la Roccia Pinnacolo, una formazione di tufo
a picco sulla Baia di Sullivan che spesso è popolata da
than a metre in length and weight about fifteen kilos,
descend from dinosaurs. As the temperatures are low the
reptiles seek protection from the wind, gathering in their
hundreds. Bartolomé is a small island with an arid lunar
surface and volcanic formations including lava pumps,
scattered cones and volcanic ash. Having climbed up
wooden stairs we are rewarded with a stunning view over
the island and Pinnacle Rock, an eroded tufa cone, as well
as wonderful views of Sullivan Bay. On the climb to the top
we come across large colonies of iguanas and “lava lizards”
as well as rare plants like red mangroves, tiquilla and cac-
tus. From the shore we can see some Galapagos penguins,
sea turtles (January-March) and white fin sharks. The 14
Galapagos islands, eight are large and six small, and the 41
islets most of which are little more than volcanic rocks, lie
in the Pacific Ocean on the Equator, some 1,000 kilometers
from the west coast of South America and are one of the
most famous natural parks in the world thanks to their
11
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Il fascino arcano delle Galapagos/The mysterious charm of the Galapagos
anno 2 - n°6 Inverno 2013
riparati dal vento, con difficoltà, visto che Bartolomè è
un'isola aspra e brulla, disseminata di concrezioni di lava
rappresa e rugosità simili a bocche di crateri che
l'associano alla crosta lunare. Pochi gli interventi
dell'uomo; una rudimentale scala di legno ci porta in cima
a una collina da dove si offrono ad uno sguardo attonito
le altre isole e la Roccia Pinnacolo, una formazione di tufo
a picco sulla Baia di Sullivan che spesso è popolata da
than a metre in length and weight about fifteen kilos,
descend from dinosaurs. As the temperatures are low the
reptiles seek protection from the wind, gathering in their
hundreds. Bartolomé is a small island with an arid lunar
surface and volcanic formations including lava pumps,
scattered cones and volcanic ash. Having climbed up
wooden stairs we are rewarded with a stunning view over
the island and Pinnacle Rock, an eroded tufa cone, as well
as wonderful views of Sullivan Bay. On the climb to the top
we come across large colonies of iguanas and “lava lizards”
as well as rare plants like red mangroves, tiquilla and cac-
tus. From the shore we can see some Galapagos penguins,
sea turtles (January-March) and white fin sharks. The 14
Galapagos islands, eight are large and six small, and the 41
islets most of which are little more than volcanic rocks, lie
in the Pacific Ocean on the Equator, some 1,000 kilometers
from the west coast of South America and are one of the
most famous natural parks in the world thanks to their
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pinguini endemici delle Galapagos, tartarughe marine e
squali dalla pinna bianca. Lungo il cammino che porta in
cima, può capitare di imbattersi in numerosi esemplari di
iguane e delle cosiddette lucertole di lava e di osservare
decine di specie di cactus e piante rare come le rizoforee
rosse. Le 14 isole si susseguono l'una all'altra, le più anti-
che hanno 4 milioni di anni, mentre ne emergono ancora
di nuove grazie a fenomeni vulcanici, qui più frequenti
che in qualsiasi altra parte del mondo. Di alcune si vede
infatti solo un'altura con grande cratere annerito di lava
solidificata; altro non è se non la cima di un vulcano che in
gran parte rimane sommerso. La frequenza di tali forma-
zioni dà all'arcipelago delle Galapagos una fisionomia
davvero unica. Alcuni di questi isolotti, già ben visibili
dalla barca, sono diventati meta stanziale di stormi di
uccelli anche endemici che qui nidificano e si riproduco-
no dovunque. Paradiso per gli ornitologi. Anche l'albatros
fa parte della fauna di quest'arcipelago ma con
un'apertura alare di due metri, ha bisogno di una vera
pista di atterraggio, dunque sceglie isole più pianeggian-
ti. Gli uccelli qui hanno motivo di accasarsi anche grazie
ad un pescosissimo mare che giustifica il viavai senza
sosta di navi da pesca, base di cospicuo bottino per il com-
mercio. Si nutrono di questi pesci anche le tartarughe
giganti, tra gli animali più famosi delle Galapagos. Ogni
isola ha la sua razza endemica per via dell'isolamento e
del diverso habitat, secondo la teoria dell'evoluzione del-
la specie di Darwin. Un numero considerevole di specie
faunistiche endemiche, soprattutto in proporzione al
territorio relativamente ridotto di queste isole. Ben 11
sottospecie di Tartaruga Gigante delle Galapagos, ma
anche iguane di mare e di terra, pinguini e 13 specie di
fringuelli detti di Darwin per via del particolare studio che
ne fece il naturalista. Sono endemiche anche alcune spe-
cie vegetali, cactus, alberi e rizoforee di quattro colori
unique characteristics. They are strung out, one after the
other. The oldest are four million years old while the youn-
ger islands are still forming. In fact the archipelago is con-
sidered one of the world's most active volcanic areas. Cre-
ated by massive explosions, each island is the tip of a giant
volcano, three-quarters of which is submerged under the
ocean. Which is what makes the archipelago resemble the
surface of the moon. Observing each mountain crowned by
its crater and the endless flows of lava which can be clearly
seen makes one think that in a recent geological era, the
Galapagos could have been separated by the ocean. We
land on a small island. It is covered by birds and it is difficult
to proceed for fear of stepping on a fledgling, a nest or an
egg which has been left unattended. There are many alba-
trosses on this island. These birds have a wing span of two
metres, they are as large as a turkey and have a funny gait
and an even stranger mating ritual which unfortunately
we were unable to capture as the battery of our camera
went flat. Although the albatross is strong once in the air he
has great difficulty taking off, often falling back on the
land, and so they prefer to launch themselves from high
cliffs. Fishing boats ply these seas incessantly as they have
an abundance of fish, and the advantage of the system is
evident, as this abundance of fish, which provides constant
nourishment, is the reason there are so many animals on
the islands. One of the most famous of all the animals on
the Galapagos islands is the giant tortoise: each island has
its own race of tortoise, the isolation and the environmen-
tal conditions having modified the morphology. Which is
Darwin's theory. Considering how small these island are,
we are constantly amazed by the number of endemic spe-
cies. The tortoises are symbols of the archipelago with 11
sub-species of the Giant Tortoise. But there are also sea
iguanas, penguins and 13 species of finch, the famous birds
that led to Darwin's theory on the evolution of the species.
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Il fascino arcano delle Galapagos/The mysterious charm of the Galapagos
anno 2 - n°6 Inverno 2013
differenti. Infine, la fauna marina in cui ci imbattiamo
facilmente tra le scogliere di queste isole, occasione stra-
ordinaria per i sub, ma anche per il semplice nuotatore
che può trovarsi davanti a branchi di otarie e razze. Tutto
questo appartiene all'esperienza Galapagos. Come pure
allontanarsi in barca verso il canale Bolivar per avvistare
balene e delfini. Di ritorno dal canale sbarchiamo alla Baia
Urbina nell'Isola Isabela, la più grande delle Galapagos,
con 5 imponenti vulcani, tra i quali il Vulcano Wolf, la vetta
più alta delle Galapagos (1 707 m.). Il primo impatto è con
la scogliera su cui sono visibili dei graffiti, forse per mano
di pirati e bucanieri sbarcati qui nell'Ottocento. Ma poi,
lungo il sentiero che porta alla laguna di acqua salata di
Darwin, si apre la straordinaria vista dei campi di lava con
pittoresche formazioni naturali ad opera delle eruzioni
vulcaniche e dell'azione dilavante dell'Oceano. Adden-
trandoci nelle lagune di mangrovie per cercare le tartaru-
ghe giganti ci imbattiamo in una particolare specie di
iguane di terra con vistose creste sul dorso e dai forti colo-
ri arancione e giallo. Quattromila tartarughe giganti, pin-
guini delle Galapagos e fregate,ma anche tartarughe
marine, razze, pesci martello, squali delle Galapagos, avvi-
stabili grazie ad un'escursione in barca lungo la costa.
Nell'”ultimo santuario di vita naturale”, prendendo in pre-
stito la definizione di Jacques Cousteau delle Galapagos,
questi animali rudi e dall'aspetto preistorico sembrano
non scomporsi di fronte all'essere umano che si avvicina a
loro con naturalezza, quasi fosse un altro abitante del loro
Eden.•
There are also various species of endemic cactii, vegeta-
tion, trees and mangroves in four different colours.
And then, the marine life. It is fascinating to discover it in
the creeks and bays and along the pristine reefs. Many of
the beaches are perfect for diving and swimming with
seals, rays and sharks, which is one Galapagos experience
not to be missed. Having crossed the Bolivar Canal hoping
to see whales and dolphins, we make a wet landing on
Isabel Island to visit Urbina Bay. On our way to see the
giant tortoises we come across orange and yellow land
iguanas with high crests on their backs. Giant tortoises,
some 400 of them, Galapagos penguins and frigate birds
also live on Isabel and later, swimming in the waters off the
island, we see marine lizards, sea turtles, rays, hammer-
head fish and white-fin sharks as well as Galapagos
sharks. Isabela is the largest island in the archipelago and
consists of five active volcanoes of which the Wolf Volcano
is the highest point on the islands (1,707 metres). Along
the rocky coastline we come across some 19th-century
graffiti, probably left by pirates and buccaneers and,
taking the path towards Darwin's salty lagoon, we have a
perfect view of the lava fields, the volcanic formations and
the ocean. We take a boat and follow the coast where we
see more marine life including Galapagos penguins and
cormorants. In this "last sanctuary of natural life," to quote
Jacques Cousteau, these rare animals with their prehis-
toric features have learned there is nothing to fear from
man. It is incredible how easy it is to approach them and be
considered just another inhabitant of their paradise.•
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pinguini endemici delle Galapagos, tartarughe marine e
squali dalla pinna bianca. Lungo il cammino che porta in
cima, può capitare di imbattersi in numerosi esemplari di
iguane e delle cosiddette lucertole di lava e di osservare
decine di specie di cactus e piante rare come le rizoforee
rosse. Le 14 isole si susseguono l'una all'altra, le più anti-
che hanno 4 milioni di anni, mentre ne emergono ancora
di nuove grazie a fenomeni vulcanici, qui più frequenti
che in qualsiasi altra parte del mondo. Di alcune si vede
infatti solo un'altura con grande cratere annerito di lava
solidificata; altro non è se non la cima di un vulcano che in
gran parte rimane sommerso. La frequenza di tali forma-
zioni dà all'arcipelago delle Galapagos una fisionomia
davvero unica. Alcuni di questi isolotti, già ben visibili
dalla barca, sono diventati meta stanziale di stormi di
uccelli anche endemici che qui nidificano e si riproduco-
no dovunque. Paradiso per gli ornitologi. Anche l'albatros
fa parte della fauna di quest'arcipelago ma con
un'apertura alare di due metri, ha bisogno di una vera
pista di atterraggio, dunque sceglie isole più pianeggian-
ti. Gli uccelli qui hanno motivo di accasarsi anche grazie
ad un pescosissimo mare che giustifica il viavai senza
sosta di navi da pesca, base di cospicuo bottino per il com-
mercio. Si nutrono di questi pesci anche le tartarughe
giganti, tra gli animali più famosi delle Galapagos. Ogni
isola ha la sua razza endemica per via dell'isolamento e
del diverso habitat, secondo la teoria dell'evoluzione del-
la specie di Darwin. Un numero considerevole di specie
faunistiche endemiche, soprattutto in proporzione al
territorio relativamente ridotto di queste isole. Ben 11
sottospecie di Tartaruga Gigante delle Galapagos, ma
anche iguane di mare e di terra, pinguini e 13 specie di
fringuelli detti di Darwin per via del particolare studio che
ne fece il naturalista. Sono endemiche anche alcune spe-
cie vegetali, cactus, alberi e rizoforee di quattro colori
unique characteristics. They are strung out, one after the
other. The oldest are four million years old while the youn-
ger islands are still forming. In fact the archipelago is con-
sidered one of the world's most active volcanic areas. Cre-
ated by massive explosions, each island is the tip of a giant
volcano, three-quarters of which is submerged under the
ocean. Which is what makes the archipelago resemble the
surface of the moon. Observing each mountain crowned by
its crater and the endless flows of lava which can be clearly
seen makes one think that in a recent geological era, the
Galapagos could have been separated by the ocean. We
land on a small island. It is covered by birds and it is difficult
to proceed for fear of stepping on a fledgling, a nest or an
egg which has been left unattended. There are many alba-
trosses on this island. These birds have a wing span of two
metres, they are as large as a turkey and have a funny gait
and an even stranger mating ritual which unfortunately
we were unable to capture as the battery of our camera
went flat. Although the albatross is strong once in the air he
has great difficulty taking off, often falling back on the
land, and so they prefer to launch themselves from high
cliffs. Fishing boats ply these seas incessantly as they have
an abundance of fish, and the advantage of the system is
evident, as this abundance of fish, which provides constant
nourishment, is the reason there are so many animals on
the islands. One of the most famous of all the animals on
the Galapagos islands is the giant tortoise: each island has
its own race of tortoise, the isolation and the environmen-
tal conditions having modified the morphology. Which is
Darwin's theory. Considering how small these island are,
we are constantly amazed by the number of endemic spe-
cies. The tortoises are symbols of the archipelago with 11
sub-species of the Giant Tortoise. But there are also sea
iguanas, penguins and 13 species of finch, the famous birds
that led to Darwin's theory on the evolution of the species.
12
Il fascino arcano delle Galapagos/The mysterious charm of the Galapagos
anno 2 - n°6 Inverno 2013
differenti. Infine, la fauna marina in cui ci imbattiamo
facilmente tra le scogliere di queste isole, occasione stra-
ordinaria per i sub, ma anche per il semplice nuotatore
che può trovarsi davanti a branchi di otarie e razze. Tutto
questo appartiene all'esperienza Galapagos. Come pure
allontanarsi in barca verso il canale Bolivar per avvistare
balene e delfini. Di ritorno dal canale sbarchiamo alla Baia
Urbina nell'Isola Isabela, la più grande delle Galapagos,
con 5 imponenti vulcani, tra i quali il Vulcano Wolf, la vetta
più alta delle Galapagos (1 707 m.). Il primo impatto è con
la scogliera su cui sono visibili dei graffiti, forse per mano
di pirati e bucanieri sbarcati qui nell'Ottocento. Ma poi,
lungo il sentiero che porta alla laguna di acqua salata di
Darwin, si apre la straordinaria vista dei campi di lava con
pittoresche formazioni naturali ad opera delle eruzioni
vulcaniche e dell'azione dilavante dell'Oceano. Adden-
trandoci nelle lagune di mangrovie per cercare le tartaru-
ghe giganti ci imbattiamo in una particolare specie di
iguane di terra con vistose creste sul dorso e dai forti colo-
ri arancione e giallo. Quattromila tartarughe giganti, pin-
guini delle Galapagos e fregate,ma anche tartarughe
marine, razze, pesci martello, squali delle Galapagos, avvi-
stabili grazie ad un'escursione in barca lungo la costa.
Nell'”ultimo santuario di vita naturale”, prendendo in pre-
stito la definizione di Jacques Cousteau delle Galapagos,
questi animali rudi e dall'aspetto preistorico sembrano
non scomporsi di fronte all'essere umano che si avvicina a
loro con naturalezza, quasi fosse un altro abitante del loro
Eden.•
There are also various species of endemic cactii, vegeta-
tion, trees and mangroves in four different colours.
And then, the marine life. It is fascinating to discover it in
the creeks and bays and along the pristine reefs. Many of
the beaches are perfect for diving and swimming with
seals, rays and sharks, which is one Galapagos experience
not to be missed. Having crossed the Bolivar Canal hoping
to see whales and dolphins, we make a wet landing on
Isabel Island to visit Urbina Bay. On our way to see the
giant tortoises we come across orange and yellow land
iguanas with high crests on their backs. Giant tortoises,
some 400 of them, Galapagos penguins and frigate birds
also live on Isabel and later, swimming in the waters off the
island, we see marine lizards, sea turtles, rays, hammer-
head fish and white-fin sharks as well as Galapagos
sharks. Isabela is the largest island in the archipelago and
consists of five active volcanoes of which the Wolf Volcano
is the highest point on the islands (1,707 metres). Along
the rocky coastline we come across some 19th-century
graffiti, probably left by pirates and buccaneers and,
taking the path towards Darwin's salty lagoon, we have a
perfect view of the lava fields, the volcanic formations and
the ocean. We take a boat and follow the coast where we
see more marine life including Galapagos penguins and
cormorants. In this "last sanctuary of natural life," to quote
Jacques Cousteau, these rare animals with their prehis-
toric features have learned there is nothing to fear from
man. It is incredible how easy it is to approach them and be
considered just another inhabitant of their paradise.•
13
14
Malesia crogiolo di etnie e culture
erra di forti contrasti, la Malesia. Di contrasti e di Tmiti perduti. Della leggendaria tigre-Sandokan
resta la suggestione evocata dall'isola di Mompra-
cem, l'odierna Kuraman, e anche il suo nome, dato a un
grande villaggio del Borneo settentrionale. Ma
l'esplosione selvaggia della natura non è fantasia. E' il
caldo umido dei tropici favorito da brevi acquazzoni ad
alimentare quel magnifico patrimonio verde che sono le
giungle e le foreste dove intricati cespugli s'incastrano
tra gli alberi enormi che svettano i loro rami ad altezze
straordinarie e dalla terra emergono come serpenti inar-
cati le loro radici nodose. Quindicimila specie di alberi e
piante e un'infinita varietà di fiori, dalle orchidee ai lotos
all'ibiscus alla rosa sinesis, il fiore nazionale. E in mezzo al
verde, i villaggi, con le emblematiche abitazioni a palafit-
te. Una natura prorompente, dunque, a dispetto dell'altra
Malesia. Quella degli avveniristici grattacieli che elevano
le grandi città, in tutti i sensi. Forme affusolate in cui
vetro, cemento e acciaio si modellano nelle mani di auda-
ci architetti sicuri dell'effetto sorpresa su chi, al primo
impatto con la Malesia, si aspetti di trovare l'Oriente
puro, fatto solo di costruzioni basse, tetti a pagoda, ori e
decori a profusione. Che ci sono, naturalmente, tra vec-
chie case e templi, sparsi qua e là, pur all'ombra di quegli
altissimi palazzi che la voglia di Oriente farebbe persino
vedere come ascetici minareti. Il contrasto, si diceva. Città
dall'architettura vagamente british-moresca con tocchi
cinesi e indù. E il comparire improvviso di grattacieli che
Malesia crogiolo di etnie e culture
testo di
Teresa Carrubba
anno 2 - n°6 Inverno 2013
15
14
Malesia crogiolo di etnie e culture
erra di forti contrasti, la Malesia. Di contrasti e di Tmiti perduti. Della leggendaria tigre-Sandokan
resta la suggestione evocata dall'isola di Mompra-
cem, l'odierna Kuraman, e anche il suo nome, dato a un
grande villaggio del Borneo settentrionale. Ma
l'esplosione selvaggia della natura non è fantasia. E' il
caldo umido dei tropici favorito da brevi acquazzoni ad
alimentare quel magnifico patrimonio verde che sono le
giungle e le foreste dove intricati cespugli s'incastrano
tra gli alberi enormi che svettano i loro rami ad altezze
straordinarie e dalla terra emergono come serpenti inar-
cati le loro radici nodose. Quindicimila specie di alberi e
piante e un'infinita varietà di fiori, dalle orchidee ai lotos
all'ibiscus alla rosa sinesis, il fiore nazionale. E in mezzo al
verde, i villaggi, con le emblematiche abitazioni a palafit-
te. Una natura prorompente, dunque, a dispetto dell'altra
Malesia. Quella degli avveniristici grattacieli che elevano
le grandi città, in tutti i sensi. Forme affusolate in cui
vetro, cemento e acciaio si modellano nelle mani di auda-
ci architetti sicuri dell'effetto sorpresa su chi, al primo
impatto con la Malesia, si aspetti di trovare l'Oriente
puro, fatto solo di costruzioni basse, tetti a pagoda, ori e
decori a profusione. Che ci sono, naturalmente, tra vec-
chie case e templi, sparsi qua e là, pur all'ombra di quegli
altissimi palazzi che la voglia di Oriente farebbe persino
vedere come ascetici minareti. Il contrasto, si diceva. Città
dall'architettura vagamente british-moresca con tocchi
cinesi e indù. E il comparire improvviso di grattacieli che
Malesia crogiolo di etnie e culture
testo di
Teresa Carrubba
anno 2 - n°6 Inverno 2013
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mostrano una diversa realtà; la testi-
monianza di un Paese in cui i ritmi di
sviluppo non hanno precedenti in
nessun'altra parte dell'Asia. Proprio
per questo il turista in Malesia è anco-
ra un viaggiatore privilegiato perché
nel Paese esiste un bell'amalgama di
natura, di fascino esotico e di com-
fort di tipo occidentale.
Lo si vede percorrendola in auto da
regione a regione: dal Selangor al
Kelantan, dalla Malacca allo Johor, al
Pehanh. E se ci si stupisce alla vista di
tanta modernità, la sorpresa aumen-
ta di fronte agli animisti che vivono
ancora allo stato primitivo nella giun-
gla, nutrendosi quasi esclusivamen-
te dei suoi frutti, tutt'al più costruen-
do piccoli oggetti artigianali da ven-
dere ai turisti. Il contrasto, si diceva.
Per la sua posizione strategica tra il
Mar della Cina meridionale e
l'Oceano Indiano, la Malesia è sem-
pre stata luogo d'incontro privilegia-
to per mercanti e viaggiatori dell'Est
e dell'Ovest. La sua storia riflette
perciò queste influenze straniere:
quella indo-buddista per esempio, la
più importante nel secolo preceden-
te l'arrivo dell'Islam. Quando nel
Malesia crogiolo di etnie e culture
16
anno 2 - n°6 Inverno 2013
17
1400 il reame malese di Malacca raggiunse il suo apogeo, l'Islam dominava la regione. Ed era
proprio la penisola di Malacca, quello stretto braccio di terra che dall'istmo di Krà si spinge ver-
so sud-est sino all'isola di Singapore e separa il Mar della Cina meridionale dall'Oceano India-
no, il passaggio obbligato per andare per mare da occidente a oriente e viceversa.
Massimo produttore al mondo di stagno, caucciù e olio di palma, grande esportatore di petro-
lio, gas, pepe, cacao, apparecchiature elettroniche e legnami pregiati, la Malesia è stata negli
ultimi anni l'orgoglio dell'Asia. Era il paese delle notti orientali, ed è diventato uno dei poli del
boom economico asiatico insieme a Giappone, Corea del Sud, Hong Kong e Singapore.
L'ospitalità rispecchia questi imperativi; alberghi e ristoranti, sorti numerosi negli ultimi tempi,
soddisfano ogni tipo di esigenza e rispondono ad un unico denominatore comune, cortesia ed
efficienza. E il primo impatto con questo lontano mondo orientale, è proprio la cortesia dei
malesi, un popolo che ama fraterniz-
zare. Vivono in 19 milioni su un terri-
torio poco più piccolo dell'Italia:
divisi in tre principali etnie, Malesi,
Cinesi, Indiani e nei diversi gruppi
indigeni del Sabah e dal Sarawak. E
gli incroci tra le razze hanno dato
origine a sembianze singolari, visi in
cui è difficile attribuire un'origine
definita. Questo aumenta il fascino
della Malesia. Kuala Lumpur, città
giovane senza storia. Assorbì molto
dal dominio britannico, usi e costumi
e anche l' architettura di cui riman-
gono piacevoli tracce. Di tutta la
Malesia, forse è qui, nella sua capita-
le, il trionfo di quel singolare amal-
gama di etnie, di religioni, di culture
così diverse eppure così ben assimi-
late. Girando per le strade di questa
città, nata nel 1857 dall' insediamen-
to di un gruppo di minatori in cerca
di stagno nella confluenza dei fiumi
KIang e Gombak, oggi una vera
metropoli, la suggestione è continua
e sbalorditiva. Sembra una città
musulmana, ma poi emergono dei
tratti cinesi mentre a due passi si
respira un forte sapore indiano. E
poi, girato l'angolo, appaiono i linea-
mostrano una diversa realtà; la testi-
monianza di un Paese in cui i ritmi di
sviluppo non hanno precedenti in
nessun'altra parte dell'Asia. Proprio
per questo il turista in Malesia è anco-
ra un viaggiatore privilegiato perché
nel Paese esiste un bell'amalgama di
natura, di fascino esotico e di com-
fort di tipo occidentale.
Lo si vede percorrendola in auto da
regione a regione: dal Selangor al
Kelantan, dalla Malacca allo Johor, al
Pehanh. E se ci si stupisce alla vista di
tanta modernità, la sorpresa aumen-
ta di fronte agli animisti che vivono
ancora allo stato primitivo nella giun-
gla, nutrendosi quasi esclusivamen-
te dei suoi frutti, tutt'al più costruen-
do piccoli oggetti artigianali da ven-
dere ai turisti. Il contrasto, si diceva.
Per la sua posizione strategica tra il
Mar della Cina meridionale e
l'Oceano Indiano, la Malesia è sem-
pre stata luogo d'incontro privilegia-
to per mercanti e viaggiatori dell'Est
e dell'Ovest. La sua storia riflette
perciò queste influenze straniere:
quella indo-buddista per esempio, la
più importante nel secolo preceden-
te l'arrivo dell'Islam. Quando nel
Malesia crogiolo di etnie e culture
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1400 il reame malese di Malacca raggiunse il suo apogeo, l'Islam dominava la regione. Ed era
proprio la penisola di Malacca, quello stretto braccio di terra che dall'istmo di Krà si spinge ver-
so sud-est sino all'isola di Singapore e separa il Mar della Cina meridionale dall'Oceano India-
no, il passaggio obbligato per andare per mare da occidente a oriente e viceversa.
Massimo produttore al mondo di stagno, caucciù e olio di palma, grande esportatore di petro-
lio, gas, pepe, cacao, apparecchiature elettroniche e legnami pregiati, la Malesia è stata negli
ultimi anni l'orgoglio dell'Asia. Era il paese delle notti orientali, ed è diventato uno dei poli del
boom economico asiatico insieme a Giappone, Corea del Sud, Hong Kong e Singapore.
L'ospitalità rispecchia questi imperativi; alberghi e ristoranti, sorti numerosi negli ultimi tempi,
soddisfano ogni tipo di esigenza e rispondono ad un unico denominatore comune, cortesia ed
efficienza. E il primo impatto con questo lontano mondo orientale, è proprio la cortesia dei
malesi, un popolo che ama fraterniz-
zare. Vivono in 19 milioni su un terri-
torio poco più piccolo dell'Italia:
divisi in tre principali etnie, Malesi,
Cinesi, Indiani e nei diversi gruppi
indigeni del Sabah e dal Sarawak. E
gli incroci tra le razze hanno dato
origine a sembianze singolari, visi in
cui è difficile attribuire un'origine
definita. Questo aumenta il fascino
della Malesia. Kuala Lumpur, città
giovane senza storia. Assorbì molto
dal dominio britannico, usi e costumi
e anche l' architettura di cui riman-
gono piacevoli tracce. Di tutta la
Malesia, forse è qui, nella sua capita-
le, il trionfo di quel singolare amal-
gama di etnie, di religioni, di culture
così diverse eppure così ben assimi-
late. Girando per le strade di questa
città, nata nel 1857 dall' insediamen-
to di un gruppo di minatori in cerca
di stagno nella confluenza dei fiumi
KIang e Gombak, oggi una vera
metropoli, la suggestione è continua
e sbalorditiva. Sembra una città
musulmana, ma poi emergono dei
tratti cinesi mentre a due passi si
respira un forte sapore indiano. E
poi, girato l'angolo, appaiono i linea-
Malesia crogiolo di etnie e culture
menti di elegante stile inglese dei palazzi coloniali. Ma
tutto si stravolge in pieno centro dove lo sguardo è
costretto ad alzarsi per seguire le linee essenziali dei
numerosi modernissimi grattacieli. Ed è allora che, asse-
condando con gli occhi quelle magnifiche svettanti strut-
ture, ci si chiede se sia Manhattan o davvero il sud
dell'Asia. Tra tutte spiccano le Petronas Twin Towers, sim-
bolo della città, le torri gemelle più alte al mondo. Quat-
trocentocinquantadue metri di altezza, 88 piani scintil-
lanti di vetrate, acciaio e alta tecnologia. Costruite senza
badare a spese dalla compagnia petrolifera malese,
Petronas appunto, le torri sono improntate al lusso e
all'eleganza. All'interno, una Philarmonic Hall per con-
certi e rappresentazioni teatrali, e un centro commerciale
che vanta le più prestigiose firme del design internazio-
nale. Ma il percorso più sorprendente è il camminatoio
vetrato che collega le due torri a circa metà altezza, da cui
si gode un' irrinunciabile panoramica della città. Richiesta
a tal punto da dover prenotare l'ingresso varie ore prima.
Un'alternativa è la Torre di Kuala Lumpur, stazione di tra-
smissione per telecomunicazioni, sulla cima di Bukit
Nanas. Dall'alto dei suoi 421 metri è possibile percorrere
una veranda circolare che offre una vista della città a
lungo raggio. Ma Kuala Lumpur, lo abbiamo detto, è
anche altro. E' nel folklore del Mercato Centrale,
fregiato del Coronation Architecture Design Award per lo
stile architettonico, e per ben tre volte del Gold Award del
Turismo Malesia per aver fornito un grande contributo
all'industria e al turismo. Oggi è il centro per lo sviluppo
della cultura, delle arti e dell'artigianato malese. E' più di
un mercato, qui si possono osservare le tecniche della
lavorazione del vetro soffiato o del batik su stoffa, ma ci si
può far anche predire il futuro, farsi fare ritratti, e natural-
mente acquistare prodotti di artigianato locale. A 5 minu-
ti a piedi la favolosa China Town, coloratissima di botte-
ghe in cui tutto fa bella mostra di sé, dalle stoffe ai ninnoli
pendenti, tra il profumo di spezie e di erbe medicinali. A
sera, poi, le strade si animano ancora di più per gli ambu-
lanti festosi che offrono l'illusione di un Cartier o di un
Rolex con ottime imitazioni. Il chiasso si placa allonta-
nandosi per le vie della città a ritrovare la seppur breve
storia di Kuala Lumpur che si concentra, per esempio, in
Dataran Merdeka, la suggestiva piazza dove il 31 Agosto
1957 fu abbassata la bandiera britannica e issata quella
malese, su un'asta di 100 metri, una delle più alte del mon-
do. Il governo britannico, tuttavia, ha lasciato in
quest'enorme piazza un bellissimo palazzo, sua sede
amministrativa, di un singolare stile moresco, il Sultan
Abdul Samad Building. Il palazzo, che delinea tutto un
lato della piazza Merdeka, conducendo quasi a un punto
di fuga, oggi ospita la Corte Suprema e il Museo tessile
della città. In un angolo della piazza si trova anche il
Selangor Club, un edificio in stile Tudor costruito nel
1910. Sotto la Dataran Merdeka si trova la Plaza Putra, un
complesso sotterraneo con ristoranti e locali di diverti-
mento. Interessante, anche se, di sera, Kuala Lumpur va 18
anno 2 - n°6 Inverno 2013
19
vista a terra, specie nel modernissimo centro dove i raggi
del sole che di giorno animano di forme e colori le super-
fici specchiate dei grattaceli, lasciano il posto ad una
sapiente illuminazione che ne disegna i contorni proiet-
tandoli verso il buio del cielo come giganteschi alberi di
Natale. Ma la vera Malesia, inizia subito dopo la capitale.
Il trafficato raccordo anulare che circonda la città, lascia
spazio dapprima alle vastissime piantagioni degli alberi
della gomma, poi all'inestricabile giungla che si snoda
già dai bordi della strada. Non ci sono più rumori, solo
palme da cocco e da olio, banani, laghi immensi ricoperti
da fiori di loto. Il tuffo in Oriente, dunque, è più facile a
partire dalla periferia di Kuala Lumpur dove, per esempio,
si possono visitare le Batu Caves, un complesso di grotte
dove si trovano dei templi indù. La suggestione comin-
cia già dall'ingresso dove statue di divinità indiane zoo-
morfe, come il dio panciuto con la testa di elefante, avvia-
no ai 272 gradini su cui è facile imbattersi in simpatiche
scimmiette. Ma il fascino è in cima, dove si aprono enor-
mi grotte e piccoli coloratissimi altari. Se poi si ha la for-
tuna di trovarsi lì in un momento di preghiera, è difficile
non restarne coinvolti. Un ossessivo suono di tamburi
sottolinea il rito dei fedeli indiani che, a torso nudo si pas-
sano una fiaccola accesa pronunciando frasi concitate.
Fedeli che qui, a febbraio, diventano circa 100.000 per
festeggiare il Thaipusam.
Si può scegliere di vedere la Malesia attraverso i circuiti
turistici tradizionali, visitando i templi della Malacca, il
dolce altopiano delle Cameron Highlands, il Taman Nega-
ra (il parco nazionale). Oppure si può noleggiare un'auto
e girare qua e là tra le caratteristiche cittadine e le splen-
dide spiagge della costa orientale. Anni di colonialismo
inglese hanno reso la Malesia un paese molto organizza-
to. I servizi alberghieri sono all'altezza di quelli occiden-
tali e il governo negli ultimi anni sta ponendo una grossa
attenzione alla crescente domanda turistica. Tutto ciò
consente di vedere il paese con estrema tranquillità:
l'inglese è parlato da tutti, la delinquenza è quasi inesi-
stente, il traffico di droga è punito con la pena di morte.
Ma la natura della Malesia celebra il suo trionfo soprat-
tutto nelle isole. Centinaia di isole tropicali circondate da
un'intatta barriera corallina, sono il luogo ideale per un
soggiorno balneare. Potete sceglierne fra quelle della
costa orientale d'estate e quelle dello Stretto di Malacca
d'inverno. Potete sedervi sulla spiaggia di Kuala Dungun
ad aspettare le testuggini verdi che vengono a deporre le
uova. Potete fare snorkeling o immersioni nelle acque
cristalline del Mar Cinese Meridionale e se avete spirito di
avventura potete inoltrarvi fra le foreste di tek del Borneo
malese, terra di etnie affascinanti come gli Iban, ma
anche, e soprattutto, degli orangutan, delle scimmie nasi-
che, dei tapiri. Di isole incantate la Malaysia ne è piena.
Basta spostarsi nello stato del Kedah, a Langkawi, dove si
trova un gruppo di 99 isolotti quasi tutti ancora disabitati
e inesplorati. Ci si arriva in aereo o in battello da Penang,
anche quest'ultima isola d'incomparabile bellezza. Lan-
Malesia crogiolo di etnie e culture
menti di elegante stile inglese dei palazzi coloniali. Ma
tutto si stravolge in pieno centro dove lo sguardo è
costretto ad alzarsi per seguire le linee essenziali dei
numerosi modernissimi grattacieli. Ed è allora che, asse-
condando con gli occhi quelle magnifiche svettanti strut-
ture, ci si chiede se sia Manhattan o davvero il sud
dell'Asia. Tra tutte spiccano le Petronas Twin Towers, sim-
bolo della città, le torri gemelle più alte al mondo. Quat-
trocentocinquantadue metri di altezza, 88 piani scintil-
lanti di vetrate, acciaio e alta tecnologia. Costruite senza
badare a spese dalla compagnia petrolifera malese,
Petronas appunto, le torri sono improntate al lusso e
all'eleganza. All'interno, una Philarmonic Hall per con-
certi e rappresentazioni teatrali, e un centro commerciale
che vanta le più prestigiose firme del design internazio-
nale. Ma il percorso più sorprendente è il camminatoio
vetrato che collega le due torri a circa metà altezza, da cui
si gode un' irrinunciabile panoramica della città. Richiesta
a tal punto da dover prenotare l'ingresso varie ore prima.
Un'alternativa è la Torre di Kuala Lumpur, stazione di tra-
smissione per telecomunicazioni, sulla cima di Bukit
Nanas. Dall'alto dei suoi 421 metri è possibile percorrere
una veranda circolare che offre una vista della città a
lungo raggio. Ma Kuala Lumpur, lo abbiamo detto, è
anche altro. E' nel folklore del Mercato Centrale,
fregiato del Coronation Architecture Design Award per lo
stile architettonico, e per ben tre volte del Gold Award del
Turismo Malesia per aver fornito un grande contributo
all'industria e al turismo. Oggi è il centro per lo sviluppo
della cultura, delle arti e dell'artigianato malese. E' più di
un mercato, qui si possono osservare le tecniche della
lavorazione del vetro soffiato o del batik su stoffa, ma ci si
può far anche predire il futuro, farsi fare ritratti, e natural-
mente acquistare prodotti di artigianato locale. A 5 minu-
ti a piedi la favolosa China Town, coloratissima di botte-
ghe in cui tutto fa bella mostra di sé, dalle stoffe ai ninnoli
pendenti, tra il profumo di spezie e di erbe medicinali. A
sera, poi, le strade si animano ancora di più per gli ambu-
lanti festosi che offrono l'illusione di un Cartier o di un
Rolex con ottime imitazioni. Il chiasso si placa allonta-
nandosi per le vie della città a ritrovare la seppur breve
storia di Kuala Lumpur che si concentra, per esempio, in
Dataran Merdeka, la suggestiva piazza dove il 31 Agosto
1957 fu abbassata la bandiera britannica e issata quella
malese, su un'asta di 100 metri, una delle più alte del mon-
do. Il governo britannico, tuttavia, ha lasciato in
quest'enorme piazza un bellissimo palazzo, sua sede
amministrativa, di un singolare stile moresco, il Sultan
Abdul Samad Building. Il palazzo, che delinea tutto un
lato della piazza Merdeka, conducendo quasi a un punto
di fuga, oggi ospita la Corte Suprema e il Museo tessile
della città. In un angolo della piazza si trova anche il
Selangor Club, un edificio in stile Tudor costruito nel
1910. Sotto la Dataran Merdeka si trova la Plaza Putra, un
complesso sotterraneo con ristoranti e locali di diverti-
mento. Interessante, anche se, di sera, Kuala Lumpur va 18
anno 2 - n°6 Inverno 2013
19
vista a terra, specie nel modernissimo centro dove i raggi
del sole che di giorno animano di forme e colori le super-
fici specchiate dei grattaceli, lasciano il posto ad una
sapiente illuminazione che ne disegna i contorni proiet-
tandoli verso il buio del cielo come giganteschi alberi di
Natale. Ma la vera Malesia, inizia subito dopo la capitale.
Il trafficato raccordo anulare che circonda la città, lascia
spazio dapprima alle vastissime piantagioni degli alberi
della gomma, poi all'inestricabile giungla che si snoda
già dai bordi della strada. Non ci sono più rumori, solo
palme da cocco e da olio, banani, laghi immensi ricoperti
da fiori di loto. Il tuffo in Oriente, dunque, è più facile a
partire dalla periferia di Kuala Lumpur dove, per esempio,
si possono visitare le Batu Caves, un complesso di grotte
dove si trovano dei templi indù. La suggestione comin-
cia già dall'ingresso dove statue di divinità indiane zoo-
morfe, come il dio panciuto con la testa di elefante, avvia-
no ai 272 gradini su cui è facile imbattersi in simpatiche
scimmiette. Ma il fascino è in cima, dove si aprono enor-
mi grotte e piccoli coloratissimi altari. Se poi si ha la for-
tuna di trovarsi lì in un momento di preghiera, è difficile
non restarne coinvolti. Un ossessivo suono di tamburi
sottolinea il rito dei fedeli indiani che, a torso nudo si pas-
sano una fiaccola accesa pronunciando frasi concitate.
Fedeli che qui, a febbraio, diventano circa 100.000 per
festeggiare il Thaipusam.
Si può scegliere di vedere la Malesia attraverso i circuiti
turistici tradizionali, visitando i templi della Malacca, il
dolce altopiano delle Cameron Highlands, il Taman Nega-
ra (il parco nazionale). Oppure si può noleggiare un'auto
e girare qua e là tra le caratteristiche cittadine e le splen-
dide spiagge della costa orientale. Anni di colonialismo
inglese hanno reso la Malesia un paese molto organizza-
to. I servizi alberghieri sono all'altezza di quelli occiden-
tali e il governo negli ultimi anni sta ponendo una grossa
attenzione alla crescente domanda turistica. Tutto ciò
consente di vedere il paese con estrema tranquillità:
l'inglese è parlato da tutti, la delinquenza è quasi inesi-
stente, il traffico di droga è punito con la pena di morte.
Ma la natura della Malesia celebra il suo trionfo soprat-
tutto nelle isole. Centinaia di isole tropicali circondate da
un'intatta barriera corallina, sono il luogo ideale per un
soggiorno balneare. Potete sceglierne fra quelle della
costa orientale d'estate e quelle dello Stretto di Malacca
d'inverno. Potete sedervi sulla spiaggia di Kuala Dungun
ad aspettare le testuggini verdi che vengono a deporre le
uova. Potete fare snorkeling o immersioni nelle acque
cristalline del Mar Cinese Meridionale e se avete spirito di
avventura potete inoltrarvi fra le foreste di tek del Borneo
malese, terra di etnie affascinanti come gli Iban, ma
anche, e soprattutto, degli orangutan, delle scimmie nasi-
che, dei tapiri. Di isole incantate la Malaysia ne è piena.
Basta spostarsi nello stato del Kedah, a Langkawi, dove si
trova un gruppo di 99 isolotti quasi tutti ancora disabitati
e inesplorati. Ci si arriva in aereo o in battello da Penang,
anche quest'ultima isola d'incomparabile bellezza. Lan-
Malesia crogiolo di etnie e culture
gkawi, un tempo porto di rifugio per
i pirati e più tardi il primo punto di
appoggio per gli inglesi, in posizione
strategica all' estremità settentrio-
nale della Malesia peninsulare, dove
l'Oceano Indiano si restringe per
diventare lo Stretto di Malacca. Natu-
ra rigogliosa, spiagge bianchissime e
soprattutto, mare blu-turchese
caratterizzano questo gruppo di
isole, che gode di temperature
costanti, con brevi acquazzoni
durante la stagione estiva. L'isola
principale, Langkawi, pur dotata
delle migliori strutture di accoglien-
za turistica, mantiene intatto il suo
fascino selvaggio e la bellezza delle
sue spiagge che hanno fatto guada-
gnare all'arcipelago l'appellativo di
“Isole della Leggenda”. E proprio le
leggende moltiplicano la suggestio-
ne che queste isole esercitano. Un
giro in piccoli battelli consente di
vistitarne alcune, di questo splendi-
do arcipelago quasi del tutto disabi-
tato e intatto. Pulau Dayang Bunting,
forse, è l'isoletta più emozionante.
Pochi passi a piedi e si apre un lago
circondato da colline verdissime di
foresta malese dove il silenzio asso-
luto non è disturbato neanche dalle
aquile che, qui, volano bassissime.
Qui, fuori dal mondo. Un incanto
amplificato dalla leggenda, appun-
to, quella che racconta di miracoli di
fertilità per le donne che bevano
l'acqua di questo lago. Ma anche
l'isola di Langawi non è indenne dai
miti legati a luoghi reali, la Tomba di
Mahsuri, una giovane sposa uccisa
perché creduta infedele, il Campo di
riso bruciato per allontanare gli inva-
sori, e la Spiaggia nera. Magie a par-
te, Langawi, ancora fuori dal turismo
di massa, sembra essere nelle atten-
zioni del governo che la vorrebbe
una delle principali attrazioni turisti-
che del paese. Già nel 1986, Langka-
wi è stata dichiarata porto franco e in
seguito furono stanziati diversi
finanziamenti per la costruzione di
una buona rete stradale e di un aero-
porto funzionale. La città principale
è Kuah, fino a pochi anni fa solo un
piccolo villaggio di pescatori, oggi
un importante centro turistico con
diversi alberghi, centri commerciali e
negozi duty-free. La cittadina di
Kuah si apre nel mare con un molo di
spettacolare architettura su cui cam-
peggia il simbolo dell'isola, un'aquila
imponente, alta 18 metri. Altra meta
immancabile, non a caso nominata
la Perla d'Oriente è Penang. L'isola di
Penang contiene il noto suggestivo
contrasto architettonico tra gratta-
cieli e templi orientali e assomma
senza difficoltà la cultura orientale e
quella occidentale. Le sue spiagge e
le sue attrazioni turistiche l'hanno
resa una delle più popolari destina-
zioni della Malesia, grazie anche alla
sua localizzazione strategica, sulla
costa Nord-Ovest della penisola,
tanto che nel 1786 gli inglesi ne ave-
vano fatto uno dei loro più grossi
porti commerciali dell'Oriente. Il
fulcro palpitante di Penang è la sua
capitale, Georgetown, vivace di colo-20
anno 2 - n°6 Inverno 2013
21
ri e movimento, con una forte impronta della cultura cine-
se. Visitarla in risciò dà la viva sensazione di tutto questo.
Il quartiere coloniale, nella zona vecchia della città, è vici-
no al famoso Fort Cornwallis dove sbarcò Sir Francio
Light, il fondatore di Penang. Il centro finanziario, invece
è sulla Lebuah Pantai, la via principale con edifici coloniali
e vecchi negozi a ricordare che Penang è stato il primo
insediamento britannico in Asia. Lo stato di Penag com-
prende l'isola e un lembo di terraferma chiamato Seba-
rang Prai con cui si collega attraverso un ponte spettaco-
lare, il Penang Bridge, che con i suoi 13,5 km è uno dei più
lunghi dell'Asia. Ma i più nostalgici preferiscono
l'affascinante traversata di 24 ore. Il traghetto salpa da
Butterworth.•
www.turismomalesia.it
Malesia crogiolo di etnie e culture
gkawi, un tempo porto di rifugio per
i pirati e più tardi il primo punto di
appoggio per gli inglesi, in posizione
strategica all' estremità settentrio-
nale della Malesia peninsulare, dove
l'Oceano Indiano si restringe per
diventare lo Stretto di Malacca. Natu-
ra rigogliosa, spiagge bianchissime e
soprattutto, mare blu-turchese
caratterizzano questo gruppo di
isole, che gode di temperature
costanti, con brevi acquazzoni
durante la stagione estiva. L'isola
principale, Langkawi, pur dotata
delle migliori strutture di accoglien-
za turistica, mantiene intatto il suo
fascino selvaggio e la bellezza delle
sue spiagge che hanno fatto guada-
gnare all'arcipelago l'appellativo di
“Isole della Leggenda”. E proprio le
leggende moltiplicano la suggestio-
ne che queste isole esercitano. Un
giro in piccoli battelli consente di
vistitarne alcune, di questo splendi-
do arcipelago quasi del tutto disabi-
tato e intatto. Pulau Dayang Bunting,
forse, è l'isoletta più emozionante.
Pochi passi a piedi e si apre un lago
circondato da colline verdissime di
foresta malese dove il silenzio asso-
luto non è disturbato neanche dalle
aquile che, qui, volano bassissime.
Qui, fuori dal mondo. Un incanto
amplificato dalla leggenda, appun-
to, quella che racconta di miracoli di
fertilità per le donne che bevano
l'acqua di questo lago. Ma anche
l'isola di Langawi non è indenne dai
miti legati a luoghi reali, la Tomba di
Mahsuri, una giovane sposa uccisa
perché creduta infedele, il Campo di
riso bruciato per allontanare gli inva-
sori, e la Spiaggia nera. Magie a par-
te, Langawi, ancora fuori dal turismo
di massa, sembra essere nelle atten-
zioni del governo che la vorrebbe
una delle principali attrazioni turisti-
che del paese. Già nel 1986, Langka-
wi è stata dichiarata porto franco e in
seguito furono stanziati diversi
finanziamenti per la costruzione di
una buona rete stradale e di un aero-
porto funzionale. La città principale
è Kuah, fino a pochi anni fa solo un
piccolo villaggio di pescatori, oggi
un importante centro turistico con
diversi alberghi, centri commerciali e
negozi duty-free. La cittadina di
Kuah si apre nel mare con un molo di
spettacolare architettura su cui cam-
peggia il simbolo dell'isola, un'aquila
imponente, alta 18 metri. Altra meta
immancabile, non a caso nominata
la Perla d'Oriente è Penang. L'isola di
Penang contiene il noto suggestivo
contrasto architettonico tra gratta-
cieli e templi orientali e assomma
senza difficoltà la cultura orientale e
quella occidentale. Le sue spiagge e
le sue attrazioni turistiche l'hanno
resa una delle più popolari destina-
zioni della Malesia, grazie anche alla
sua localizzazione strategica, sulla
costa Nord-Ovest della penisola,
tanto che nel 1786 gli inglesi ne ave-
vano fatto uno dei loro più grossi
porti commerciali dell'Oriente. Il
fulcro palpitante di Penang è la sua
capitale, Georgetown, vivace di colo-20
anno 2 - n°6 Inverno 2013
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ri e movimento, con una forte impronta della cultura cine-
se. Visitarla in risciò dà la viva sensazione di tutto questo.
Il quartiere coloniale, nella zona vecchia della città, è vici-
no al famoso Fort Cornwallis dove sbarcò Sir Francio
Light, il fondatore di Penang. Il centro finanziario, invece
è sulla Lebuah Pantai, la via principale con edifici coloniali
e vecchi negozi a ricordare che Penang è stato il primo
insediamento britannico in Asia. Lo stato di Penag com-
prende l'isola e un lembo di terraferma chiamato Seba-
rang Prai con cui si collega attraverso un ponte spettaco-
lare, il Penang Bridge, che con i suoi 13,5 km è uno dei più
lunghi dell'Asia. Ma i più nostalgici preferiscono
l'affascinante traversata di 24 ore. Il traghetto salpa da
Butterworth.•
www.turismomalesia.it
22
speciale Africa KENYA la tua Africa
L'immensità cerulea dei cieli. Le ombre fulve della savana.
I maestosi e misteriosi baobab che si stagliano contro
tramonti rosso fuoco. I mari di smeraldo. Il ruggito frago-
roso di un leone nella notte che fa tremare il manto sella-
to. Tutto questo è la costa orientale del Kenya. Un paese
dai mille volti. Un paese che va dritto al cuore, e che diffi-
cilmente si può cancellare dalla mente. La spettacolare
costa orientale affacciata sull'Oceano Indiano è forse il
Kenya più familiare; quella che da Mombasa, la seconda
città del Paese, sale oltre Malindi, la St. Tropez d'Africa, e
l'Isola di Lamu fino al confine con la Somalia. Centinaia di
chilometri di spiagge bianche, di barriera corallina e di
Testo di Pamela McCourt FrancesconeFoto Pamela McCourt Francescone e Archivio
KENYA La tua Africa
anno 2 - n°6 Inverno 2013
23
mari che sfoggiano i colori di pietre preziose: smeraldi,
turchesi, lapislazzuli, acquamarine. Mombasa, la più “ita-
liana” delle città africane, e già capitale della colonia
inglese, si trova su un'isola di circa 15 km quadrati, e van-
ta un centro storico costruito dagli arabi che mischia, in
un intrigo architettonico, palazzi islamici con altri di ispi-
razione europea, come il Forte Gesù costruito dai Porto-
ghesi nel 16° secolo. Oggi il Forte è un museo con testi-
monianze che narrano la storia della città nei secoli. Inte-
ressante la Borsa del Tè di Mombasa -il Kenya è il terzo
produttore di tè al mondo dopo la Cina e l'India- dove
produttori e compratori da molti paesi africani contratta-
22
speciale Africa KENYA la tua Africa
L'immensità cerulea dei cieli. Le ombre fulve della savana.
I maestosi e misteriosi baobab che si stagliano contro
tramonti rosso fuoco. I mari di smeraldo. Il ruggito frago-
roso di un leone nella notte che fa tremare il manto sella-
to. Tutto questo è la costa orientale del Kenya. Un paese
dai mille volti. Un paese che va dritto al cuore, e che diffi-
cilmente si può cancellare dalla mente. La spettacolare
costa orientale affacciata sull'Oceano Indiano è forse il
Kenya più familiare; quella che da Mombasa, la seconda
città del Paese, sale oltre Malindi, la St. Tropez d'Africa, e
l'Isola di Lamu fino al confine con la Somalia. Centinaia di
chilometri di spiagge bianche, di barriera corallina e di
Testo di Pamela McCourt FrancesconeFoto Pamela McCourt Francescone e Archivio
KENYA La tua Africa
anno 2 - n°6 Inverno 2013
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mari che sfoggiano i colori di pietre preziose: smeraldi,
turchesi, lapislazzuli, acquamarine. Mombasa, la più “ita-
liana” delle città africane, e già capitale della colonia
inglese, si trova su un'isola di circa 15 km quadrati, e van-
ta un centro storico costruito dagli arabi che mischia, in
un intrigo architettonico, palazzi islamici con altri di ispi-
razione europea, come il Forte Gesù costruito dai Porto-
ghesi nel 16° secolo. Oggi il Forte è un museo con testi-
monianze che narrano la storia della città nei secoli. Inte-
ressante la Borsa del Tè di Mombasa -il Kenya è il terzo
produttore di tè al mondo dopo la Cina e l'India- dove
produttori e compratori da molti paesi africani contratta-
24
speciale Africa KENYA la tua Africa
no le foglie arrivate dalle piantagioni
ubicate nelle zone montagnose del
Paese. A Malindi si scende nel cuore
turistico del Kenya: un allegro mix tra
Africa e Italia che vive ancora dei
riflessi degli Anni d'Oro quando il
fior fiore dei grandi manager italiani
la scelsero per costruire ville sfarzo-
se, alcune delle quali oggi vivono
una seconda vita come resort di lus-
so. Nel porto c'è un faro che segna il
punto dove, nel 1498, Vasco da
Gama sbarcò sulla costa dell'Africa
orientale per curiosare prima di cari-
care acqua e cibo e proseguire il suo
viaggio verso le Indie. Ma prima di
Vasco da Gama erano arrivati gli ara-
bi che fecero di Malindi uno dei più
famosi porti dell'Oceano Indiano. E
dopo, nel 19° secolo, la città – e il
Paese - furono governati dagli ingle-
si fino all'Indipendenza guidata nel
1963 da Jomo Keniatta, che poi
divenne il primo presidente del Ken-
ya, e combatté tenacemente contro i
colonizzatori britannici per ridare
non solo al suo popolo, i Kikuyu, ma
a tutte le tribù keniote, le loro terre e
il loro retaggio. Malindi si affaccia sul
mare e su decine di chilometri di
spiagge bianche orlate di palme e
preservate da tre fasce di barriera
corallina, che fanno parte dell'area
protetta del Malindi National Park.
Nella città, lungo le vecchie viuzze,
dove i profumi di spezie alleggiano
nell'aria, piccole boutique e botte-
ghe vendono coloratissimi tessuti,
sculture in pesante legno scurissimo
fatte da artigiani locali e cascate di
bigiotteria di perline. Sono molti i
ristoranti italiani e quelli specializzati
in pesce, bar dove viene servita
l'ottima birra Tusker, discoteche
dove si suona la musica fino alle ore
piccole, e il luccicante Casinò di
Malindi che dà un tocco di mondani-
tà a questa città che, negli anni '30, fu
scelta da Ernest Hemingway che ivi
soggiornò, scrivendo alcuni dei suoi
romanzi più belli e dedicandosi alla
sua passione per la pesca d'altura.
Una quindicina di chilometri prima
di arrivare a Malindi, lasciando la
strada che la collega a Mombasa, si
prende una strada in terra battuta,
una brutta strada che poco concede
al conforto ma, proprio per questo,
dà il sentore che ora sì, si è prossimi
a toccare la vera Africa. Che a Wata-
mu vuol dire mari ancora più scintil-
lanti, e la certezza di aver trovato un
angolo pressoché incontaminato del
Continente Nero. Anche se, nel cuo-
re della piccola cittadina, non è diffi-
cile trovare un ottimo espresso e un
cornetto appena sfornato. Perché
anche qui la cultura italiana, come
spesso accade nei posti più impen-
sabili, ha briosamente superato le
barriere poste dalla natura e da certe
lentezze burocratiche nell'introdurre
comodità a noi abituali. Poco lonta-
no si trovano le rovine dell'antica
città araba di Gede che sorgono nel-
la foresta di Arabuko Sorgege tra
alberi di baobab, sequoie e chinino
–molto apprezzato dalla popolazio-
ne per le sue proprietà curative, vie-
ne usato contro tante malattie com-
preso la malaria- costruita nel 13°
secolo e che, pare, contava oltre
25.000 abitanti. Di grande sugge-
stione le antiche cisterne d'acqua, le
25
anno 2 - n°6 Inverno 2013
24
speciale Africa KENYA la tua Africa
no le foglie arrivate dalle piantagioni
ubicate nelle zone montagnose del
Paese. A Malindi si scende nel cuore
turistico del Kenya: un allegro mix tra
Africa e Italia che vive ancora dei
riflessi degli Anni d'Oro quando il
fior fiore dei grandi manager italiani
la scelsero per costruire ville sfarzo-
se, alcune delle quali oggi vivono
una seconda vita come resort di lus-
so. Nel porto c'è un faro che segna il
punto dove, nel 1498, Vasco da
Gama sbarcò sulla costa dell'Africa
orientale per curiosare prima di cari-
care acqua e cibo e proseguire il suo
viaggio verso le Indie. Ma prima di
Vasco da Gama erano arrivati gli ara-
bi che fecero di Malindi uno dei più
famosi porti dell'Oceano Indiano. E
dopo, nel 19° secolo, la città – e il
Paese - furono governati dagli ingle-
si fino all'Indipendenza guidata nel
1963 da Jomo Keniatta, che poi
divenne il primo presidente del Ken-
ya, e combatté tenacemente contro i
colonizzatori britannici per ridare
non solo al suo popolo, i Kikuyu, ma
a tutte le tribù keniote, le loro terre e
il loro retaggio. Malindi si affaccia sul
mare e su decine di chilometri di
spiagge bianche orlate di palme e
preservate da tre fasce di barriera
corallina, che fanno parte dell'area
protetta del Malindi National Park.
Nella città, lungo le vecchie viuzze,
dove i profumi di spezie alleggiano
nell'aria, piccole boutique e botte-
ghe vendono coloratissimi tessuti,
sculture in pesante legno scurissimo
fatte da artigiani locali e cascate di
bigiotteria di perline. Sono molti i
ristoranti italiani e quelli specializzati
in pesce, bar dove viene servita
l'ottima birra Tusker, discoteche
dove si suona la musica fino alle ore
piccole, e il luccicante Casinò di
Malindi che dà un tocco di mondani-
tà a questa città che, negli anni '30, fu
scelta da Ernest Hemingway che ivi
soggiornò, scrivendo alcuni dei suoi
romanzi più belli e dedicandosi alla
sua passione per la pesca d'altura.
Una quindicina di chilometri prima
di arrivare a Malindi, lasciando la
strada che la collega a Mombasa, si
prende una strada in terra battuta,
una brutta strada che poco concede
al conforto ma, proprio per questo,
dà il sentore che ora sì, si è prossimi
a toccare la vera Africa. Che a Wata-
mu vuol dire mari ancora più scintil-
lanti, e la certezza di aver trovato un
angolo pressoché incontaminato del
Continente Nero. Anche se, nel cuo-
re della piccola cittadina, non è diffi-
cile trovare un ottimo espresso e un
cornetto appena sfornato. Perché
anche qui la cultura italiana, come
spesso accade nei posti più impen-
sabili, ha briosamente superato le
barriere poste dalla natura e da certe
lentezze burocratiche nell'introdurre
comodità a noi abituali. Poco lonta-
no si trovano le rovine dell'antica
città araba di Gede che sorgono nel-
la foresta di Arabuko Sorgege tra
alberi di baobab, sequoie e chinino
–molto apprezzato dalla popolazio-
ne per le sue proprietà curative, vie-
ne usato contro tante malattie com-
preso la malaria- costruita nel 13°
secolo e che, pare, contava oltre
25.000 abitanti. Di grande sugge-
stione le antiche cisterne d'acqua, le
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anno 2 - n°6 Inverno 2013
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speciale Africa KENYA la tua Africa
tombe, gl i archi di una
moschea, e i resti di un palaz-
zo sontuoso mentre tra gli
oggetti nel piccolo museo, i
pezzi provenienti dalla Cina,
dalla Persia, dall'India, dalla
Spagna e dalla Serenissima,
testimoniano la propensione
degli abitanti a viaggiare e
intrattenere scambi con terre
lontane. Lasciando alle spalle
i colori gioiello dell'oceano, si
va alla scoperta di un'altra
Africa. L'Africa dove a fare da
padrone del territorio sono
gli animali: erbivori come
elefanti, antilopi, gazzelle,
giraffe, bufali, zebre, rinoce-
anno 2 - n°6 Inverno 2013
27
ronti e ippopotami, e i loro predatori - leoni, leopardi, ghepardi,
coccodrilli, iene e altri ancora che nel Parco Tsavo -su una super-
ficie di 21.000 km quadrati è una delle riserve più grandi del
mondo– si muovono tra savana, boschi, laghi, fiumi, colline e
zone semi-desertiche. Se, nella Riserva Masai Mara, ai confini
con la Tanzania, il rosso è il colore dei Masai, un popolo di noma-
di, allevatori di bestiame, che vestono teli di cotone rosso fuoco,
anche nello Tsavo -diviso tra Tsavo Est e Tsavo Ovest
dall'autostrada che collega Mombasa con la capitale Nairobi-
predomina il rosso. Il rosso della terra. E non è raro incrociare
elefanti, zebre e rinoceronti che, essendosi arrotolati nella polve-
re rossiccia, sfoggiano un sorprendente manto rosso bruciato,
come se fossero usciti da un coloratissimo cartone animato giap-
ponese. Del Kenya, terra del sole e di stravaganti colori, profumi,
sapori e fogge, è facile ammaliarsi e sono veramente pochi quelli
che non vengono stregati dai ritmi rilassati della gente, la cui
filosofia di vita si riassume in due locuzioni: Pole pole che in
Kiswahili vuol dire piano piano, e Hakuna matata, ossia no pro-
blem. Tuttavia un problema c'è. E si presenta quando arriva il
momento di staccarsi da questo splendido Paese a cavallo
dell'Equatore, e dalla sua gente semplice, garbata e sorridente. E
allora Kwaheri - Arrivederci Kenya!•
www.magicalkenya.it
www.inviaggi.it
26
speciale Africa KENYA la tua Africa
tombe, gl i archi di una
moschea, e i resti di un palaz-
zo sontuoso mentre tra gli
oggetti nel piccolo museo, i
pezzi provenienti dalla Cina,
dalla Persia, dall'India, dalla
Spagna e dalla Serenissima,
testimoniano la propensione
degli abitanti a viaggiare e
intrattenere scambi con terre
lontane. Lasciando alle spalle
i colori gioiello dell'oceano, si
va alla scoperta di un'altra
Africa. L'Africa dove a fare da
padrone del territorio sono
gli animali: erbivori come
elefanti, antilopi, gazzelle,
giraffe, bufali, zebre, rinoce-
anno 2 - n°6 Inverno 2013
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ronti e ippopotami, e i loro predatori - leoni, leopardi, ghepardi,
coccodrilli, iene e altri ancora che nel Parco Tsavo -su una super-
ficie di 21.000 km quadrati è una delle riserve più grandi del
mondo– si muovono tra savana, boschi, laghi, fiumi, colline e
zone semi-desertiche. Se, nella Riserva Masai Mara, ai confini
con la Tanzania, il rosso è il colore dei Masai, un popolo di noma-
di, allevatori di bestiame, che vestono teli di cotone rosso fuoco,
anche nello Tsavo -diviso tra Tsavo Est e Tsavo Ovest
dall'autostrada che collega Mombasa con la capitale Nairobi-
predomina il rosso. Il rosso della terra. E non è raro incrociare
elefanti, zebre e rinoceronti che, essendosi arrotolati nella polve-
re rossiccia, sfoggiano un sorprendente manto rosso bruciato,
come se fossero usciti da un coloratissimo cartone animato giap-
ponese. Del Kenya, terra del sole e di stravaganti colori, profumi,
sapori e fogge, è facile ammaliarsi e sono veramente pochi quelli
che non vengono stregati dai ritmi rilassati della gente, la cui
filosofia di vita si riassume in due locuzioni: Pole pole che in
Kiswahili vuol dire piano piano, e Hakuna matata, ossia no pro-
blem. Tuttavia un problema c'è. E si presenta quando arriva il
momento di staccarsi da questo splendido Paese a cavallo
dell'Equatore, e dalla sua gente semplice, garbata e sorridente. E
allora Kwaheri - Arrivederci Kenya!•
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www.inviaggi.it
28
GROENLANDIA il paese dei ghiacci fluttuanti
anno 2 - n°6 Inverno 2013
29
oche altre terre al mondo offrono tante possibilità di vita e di Pavventure all'aria aperta come la Groenlandia. Lo splendore
dello scenario artico si estende a perdita d'occhio sulla più
grande isola del mondo che conta solo 55.000 abitanti. Non appena
ci si lascia alle spalle uno qualsiasi dei piccoli centri abitati ci si può
sentire, forse per la prima volta, veramente liberi. Questo paese fa
parte del Regno di Danimarca, ma dal 1979 ha ottenuto una certa
indipendenza trasformandosi in democrazia parlamentare. La mag-
gioranza della popolazione è di razza Inuit ed ha molte affinità con
gli Inuit del Canada, dell'Alaska e della Siberia. Gli Inuit, parola che
testo e foto di
Anna Alberghina
IL PAESE DEI GHIACCI FLUTTUANTI
28
GROENLANDIA il paese dei ghiacci fluttuanti
anno 2 - n°6 Inverno 2013
29
oche altre terre al mondo offrono tante possibilità di vita e di Pavventure all'aria aperta come la Groenlandia. Lo splendore
dello scenario artico si estende a perdita d'occhio sulla più
grande isola del mondo che conta solo 55.000 abitanti. Non appena
ci si lascia alle spalle uno qualsiasi dei piccoli centri abitati ci si può
sentire, forse per la prima volta, veramente liberi. Questo paese fa
parte del Regno di Danimarca, ma dal 1979 ha ottenuto una certa
indipendenza trasformandosi in democrazia parlamentare. La mag-
gioranza della popolazione è di razza Inuit ed ha molte affinità con
gli Inuit del Canada, dell'Alaska e della Siberia. Gli Inuit, parola che
testo e foto di
Anna Alberghina
IL PAESE DEI GHIACCI FLUTTUANTI
30
GROENLANDIA il paese dei ghiacci fluttuanti
significa “uomini”, sono un popolo di cacciatori, derivato da un ramo della razza mongolica, giunto in questi territori in
epoche lontanissime. Per secoli essi hanno condotto uno stile di vita unico, indissolubilmente legato alle condizioni
ambientali, in un isolamento quasi totale. La conoscenza del cielo notturno è sempre stata essenziale per la loro
sopravvivenza. Durante le battute di caccia, alla foca, al tricheco, alle renne o alle balene, l'intera famiglia si spostava su
slitte trainate da cani e costruiva ripari provvisori di ghiaccio, i famosissimi igloo. L'organizzazione sociale si basava
anno 2 - n°6 Inverno 2013
31
sulla solidarietà fra villaggi. Gli Inuit
vivevano completamente concentra-
ti sul momento presente, più preoc-
cupati di superare le sfide quotidiane
che di cercare una causa primordiale.
La loro religiosità era fondata sulla
credenza che animali e fenomeni
naturali avessero un'anima. Durante
le lunghe notti polari, gli anziani rac-
contavano antiche leggende e, al
suono dei tamburi, gli sciamani, gui-
dati dagli spiriti, cercavano di com-
prendere le cause delle malattie, del-
la scarsità di animali o del tempo
inclemente. I primi contatti con gli
esplorator i europei r isalgono
all'arrivo delle baleniere durante il
secolo scorso. Oggi gli Inuit stanno
progressivamente abbandonando lo
stile di vita tradizionale. Casette pre-
fabbricate dai colori brillanti hanno
sostituito gli igloo e le tende di pelli
di foca. Gli arpioni d'avorio o di corno
e le lame di pietra hanno lasciato il
posto alle armi moderne. Sostenuti
dai sussidi governativi, i vari gruppi si
sono organizzati per dare vita alla
Conferenza Inuit Circumpolare nel
tentativo di salvaguardare la loro
cultura. Tuttavia, nonostante il fasci-
no esercitato dalle nuove tecnologie,
l'antico patrimonio di conoscenze
non è ancora del tutto perduto. Molti
costruiscono ed usano il proprio
kayak. L'arte e l'artigianato sono
l'espressione di miti arcaici. I tupilak,
piccole figure grottesche ricavate dai
denti del tricheco, del narvalo o dalle
corna delle renne, che rappresenta-
vano degli spiritelli maligni, sono
oggi souvenirs molto apprezzati,
realizzati da abili artisti. Ma ciò che
costituisce l'incanto e la magia di
questa terra è il ghiaccio. Grazie alla
vicinanza con il Polo Nord, la Groen-
landia gode di un clima artico, in
linea di massima, molto secco e con
temperature minime fra le più basse
mai registrate sul pianeta. La calotta
polare, che può raggiungere lo spes-
sore di tre kilometri, copre quasi inte-
ramente il paese lasciando libera solo
una strettissima fascia costiera. A
Kangerlussuaq, essa dista solo 20
kilometri e può quindi essere facil-
mente raggiunta con un mezzo fuo-
ristrada. Lo spettacolo del “deserto di
ghiaccio” lascia letteralmente senza
fiato! Altra meraviglia sono gli Ice-
bergs. Il luogo migliore per ammirarli
è la Disko Bay dove si ergono fino a
100 metri al di sopra dell'acqua men-
tre il 90% della loro massa si sviluppa
sotto la superficie del mare! Il ghiac-
ciaio più attivo al mondo si trova ad
Ilulissat e si sposta di 25-30 metri al
giorno, frastagliandosi su di un fron-
te di 10 kilometri. “Datemi la neve,
datemi i cani e tenetevi il resto” è la
famosa frase dell'esploratore polare
Knud Rasmussen. Non si può infatti
parlare della Groenlandia senza cita-
re i cani. Ad Ilulissat ci sono 5000 abi-
tanti e 6000 cani da slitta. Il loro latra-
to è spesso l'unico suono che inter-
rompe il magico silenzio! Le slitte
sono, ancora oggi, il mezzo di tra-
spor to più ut i l izzato durante
l'inverno. Soltanto una perfetta sim-
biosi tra uomo ed animale permette
di sopravvivere in un territorio pieno
di insidie mortali. Le motoslitte sono
proibite in molte aree perché distur-
bano la quiete e spaventano la sel-
30
GROENLANDIA il paese dei ghiacci fluttuanti
significa “uomini”, sono un popolo di cacciatori, derivato da un ramo della razza mongolica, giunto in questi territori in
epoche lontanissime. Per secoli essi hanno condotto uno stile di vita unico, indissolubilmente legato alle condizioni
ambientali, in un isolamento quasi totale. La conoscenza del cielo notturno è sempre stata essenziale per la loro
sopravvivenza. Durante le battute di caccia, alla foca, al tricheco, alle renne o alle balene, l'intera famiglia si spostava su
slitte trainate da cani e costruiva ripari provvisori di ghiaccio, i famosissimi igloo. L'organizzazione sociale si basava
anno 2 - n°6 Inverno 2013
31
sulla solidarietà fra villaggi. Gli Inuit
vivevano completamente concentra-
ti sul momento presente, più preoc-
cupati di superare le sfide quotidiane
che di cercare una causa primordiale.
La loro religiosità era fondata sulla
credenza che animali e fenomeni
naturali avessero un'anima. Durante
le lunghe notti polari, gli anziani rac-
contavano antiche leggende e, al
suono dei tamburi, gli sciamani, gui-
dati dagli spiriti, cercavano di com-
prendere le cause delle malattie, del-
la scarsità di animali o del tempo
inclemente. I primi contatti con gli
esplorator i europei r isalgono
all'arrivo delle baleniere durante il
secolo scorso. Oggi gli Inuit stanno
progressivamente abbandonando lo
stile di vita tradizionale. Casette pre-
fabbricate dai colori brillanti hanno
sostituito gli igloo e le tende di pelli
di foca. Gli arpioni d'avorio o di corno
e le lame di pietra hanno lasciato il
posto alle armi moderne. Sostenuti
dai sussidi governativi, i vari gruppi si
sono organizzati per dare vita alla
Conferenza Inuit Circumpolare nel
tentativo di salvaguardare la loro
cultura. Tuttavia, nonostante il fasci-
no esercitato dalle nuove tecnologie,
l'antico patrimonio di conoscenze
non è ancora del tutto perduto. Molti
costruiscono ed usano il proprio
kayak. L'arte e l'artigianato sono
l'espressione di miti arcaici. I tupilak,
piccole figure grottesche ricavate dai
denti del tricheco, del narvalo o dalle
corna delle renne, che rappresenta-
vano degli spiritelli maligni, sono
oggi souvenirs molto apprezzati,
realizzati da abili artisti. Ma ciò che
costituisce l'incanto e la magia di
questa terra è il ghiaccio. Grazie alla
vicinanza con il Polo Nord, la Groen-
landia gode di un clima artico, in
linea di massima, molto secco e con
temperature minime fra le più basse
mai registrate sul pianeta. La calotta
polare, che può raggiungere lo spes-
sore di tre kilometri, copre quasi inte-
ramente il paese lasciando libera solo
una strettissima fascia costiera. A
Kangerlussuaq, essa dista solo 20
kilometri e può quindi essere facil-
mente raggiunta con un mezzo fuo-
ristrada. Lo spettacolo del “deserto di
ghiaccio” lascia letteralmente senza
fiato! Altra meraviglia sono gli Ice-
bergs. Il luogo migliore per ammirarli
è la Disko Bay dove si ergono fino a
100 metri al di sopra dell'acqua men-
tre il 90% della loro massa si sviluppa
sotto la superficie del mare! Il ghiac-
ciaio più attivo al mondo si trova ad
Ilulissat e si sposta di 25-30 metri al
giorno, frastagliandosi su di un fron-
te di 10 kilometri. “Datemi la neve,
datemi i cani e tenetevi il resto” è la
famosa frase dell'esploratore polare
Knud Rasmussen. Non si può infatti
parlare della Groenlandia senza cita-
re i cani. Ad Ilulissat ci sono 5000 abi-
tanti e 6000 cani da slitta. Il loro latra-
to è spesso l'unico suono che inter-
rompe il magico silenzio! Le slitte
sono, ancora oggi, il mezzo di tra-
spor to più ut i l izzato durante
l'inverno. Soltanto una perfetta sim-
biosi tra uomo ed animale permette
di sopravvivere in un territorio pieno
di insidie mortali. Le motoslitte sono
proibite in molte aree perché distur-
bano la quiete e spaventano la sel-
32
GROENLANDIA il paese dei ghiacci fluttuanti
vaggina. Inoltre sono considerate inaffidabili per i lunghi
viaggi perché potrebbero rompersi o rimanere senza
carburante con conseguenze fatali per il guidatore. I cani
da slitta, invece, non si fermano mai! Ad Ilulissat il sole
non tramonta dal 25 maggio al 25 luglio ed in questo
periodo l'ora “normale” è come se non valesse. Se duran-
te l'inverno si può ammirare lo straordinario spettacolo
delle Aurore Boreali che tingono il cielo di drappeggi can-
gianti, in estate si vive il fenomeno del sole di mezzanotte.
Il sole di mezzanotte è uno stato mentale! Il tempo perde
significato, l'orologio non serve ed il giorno non finisce
mai. Durante le notti artiche la luce si fa più calda e le lun-
ghe ombre create dal sole, basso sull'orizzonte, trasfor-
mano la realtà in un sogno di bellezza soprannaturale! •
anno 2 - n°6 Inverno 2013
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GROENLANDIA il paese dei ghiacci fluttuanti
vaggina. Inoltre sono considerate inaffidabili per i lunghi
viaggi perché potrebbero rompersi o rimanere senza
carburante con conseguenze fatali per il guidatore. I cani
da slitta, invece, non si fermano mai! Ad Ilulissat il sole
non tramonta dal 25 maggio al 25 luglio ed in questo
periodo l'ora “normale” è come se non valesse. Se duran-
te l'inverno si può ammirare lo straordinario spettacolo
delle Aurore Boreali che tingono il cielo di drappeggi can-
gianti, in estate si vive il fenomeno del sole di mezzanotte.
Il sole di mezzanotte è uno stato mentale! Il tempo perde
significato, l'orologio non serve ed il giorno non finisce
mai. Durante le notti artiche la luce si fa più calda e le lun-
ghe ombre create dal sole, basso sull'orizzonte, trasfor-
mano la realtà in un sogno di bellezza soprannaturale! •
anno 2 - n°6 Inverno 2013
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LAS VEGAS non solo gioco d'azzardo
34
LAS VEGAS non solo gioco d'azzardo
Per approcciarsi a Las Vegas, capitale
della contea di Clark, città moderna,
allegra ed in continua evoluzione, è
necessario lasciare da parte i luoghi
comuni e i pregiudizi e farsi traspor-
tare in positivo da tutto quello che
scorre davanti ai nostri occhi. Già
dall'arrivo all'aeroporto, le prime
slot machine e i primi cartelloni pub-
blicitari ci rammentano che siamo
arrivati nella città simbolo del gioco
d'azzardo e del peccato, dei più sin-
golari alberghi a tema, degli spetta-
coli prestigiosi, dei ristoranti lussuo-
si, delle incredibili limousine, dei
matrimoni celebrati in fretta, dei
divertimenti più sfrenati, degli
eccessi, delle feste eccentriche, delle
luci esagerate, delle musiche assor-
danti. Tutto questo può non piacere
e fare arricciare il naso ai benpen-
santi e ai bacchettoni. Ma allora per-
ché andare a Las Vegas? Siamo in
una città, il cui passato e le sue origi-
ne sono legate alla malavita italiana
e americana del secondo dopoguer-
ra e fanno inevitabilmente parte del-
la sua storia, del suo successo e della
sua ricchezza. Siamo in una città uni-
ca, futuristica, contraddittoria, fasci-
nosa, con una grande personalità.
Una città semplicemente diversa,
che ha avuto successo grazie a una
testo di
Annarosa Toso
anno 2 - n°6 Inverno 2013
35
LAS VEGAS non solo gioco d'azzardo
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LAS VEGAS non solo gioco d'azzardo
Per approcciarsi a Las Vegas, capitale
della contea di Clark, città moderna,
allegra ed in continua evoluzione, è
necessario lasciare da parte i luoghi
comuni e i pregiudizi e farsi traspor-
tare in positivo da tutto quello che
scorre davanti ai nostri occhi. Già
dall'arrivo all'aeroporto, le prime
slot machine e i primi cartelloni pub-
blicitari ci rammentano che siamo
arrivati nella città simbolo del gioco
d'azzardo e del peccato, dei più sin-
golari alberghi a tema, degli spetta-
coli prestigiosi, dei ristoranti lussuo-
si, delle incredibili limousine, dei
matrimoni celebrati in fretta, dei
divertimenti più sfrenati, degli
eccessi, delle feste eccentriche, delle
luci esagerate, delle musiche assor-
danti. Tutto questo può non piacere
e fare arricciare il naso ai benpen-
santi e ai bacchettoni. Ma allora per-
ché andare a Las Vegas? Siamo in
una città, il cui passato e le sue origi-
ne sono legate alla malavita italiana
e americana del secondo dopoguer-
ra e fanno inevitabilmente parte del-
la sua storia, del suo successo e della
sua ricchezza. Siamo in una città uni-
ca, futuristica, contraddittoria, fasci-
nosa, con una grande personalità.
Una città semplicemente diversa,
che ha avuto successo grazie a una
testo di
Annarosa Toso
anno 2 - n°6 Inverno 2013
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36
LAS VEGAS non solo gioco d'azzardo
serie di circostanze fortunose e alla
protezione di chi credeva nel suo
sviluppo legato al gioco, iniziato clan-
destinamente e in sordina, ma lega-
lizzato fin dal 1931.
Frank Sinatra e la sua “Rat Pack” della
quale facevano parte Dean Martin,
Peter Lawford, Sammy Davis jr e Joey
Bishop, a Las Vegas erano di casa.
Negli anni si sono esibiti offrendo i
più prestigiosi concerti che hanno
dato lustro non solo a loro stessi, ma
a tutta la città. Una tradizione quella
degli spettacoli, che a Las Vegas non
si è mai interrotta e che anche oggi
resta una attrattiva di grande rilievo.
Pensiamo al Cirque du Soleil, che
tiene cartelloni da anni, pur cambian-
do periodicamente il tipo di show. E
in quasi tutti gli hotel si può assistere
a spettacoli di grande livello, la cui
scelta tra le numerose opportunità, è
veramente difficile. Ma a Las Vegas si
possono fare tante cose originali
come prendere un drink in un locale
dalle temperature sotto zero dove
tutto è di ghiaccio bicchieri, sedie e
tavoli compresi, cenare in uno dei
anno 2 - n°6 Inverno 2013
37
36
LAS VEGAS non solo gioco d'azzardo
serie di circostanze fortunose e alla
protezione di chi credeva nel suo
sviluppo legato al gioco, iniziato clan-
destinamente e in sordina, ma lega-
lizzato fin dal 1931.
Frank Sinatra e la sua “Rat Pack” della
quale facevano parte Dean Martin,
Peter Lawford, Sammy Davis jr e Joey
Bishop, a Las Vegas erano di casa.
Negli anni si sono esibiti offrendo i
più prestigiosi concerti che hanno
dato lustro non solo a loro stessi, ma
a tutta la città. Una tradizione quella
degli spettacoli, che a Las Vegas non
si è mai interrotta e che anche oggi
resta una attrattiva di grande rilievo.
Pensiamo al Cirque du Soleil, che
tiene cartelloni da anni, pur cambian-
do periodicamente il tipo di show. E
in quasi tutti gli hotel si può assistere
a spettacoli di grande livello, la cui
scelta tra le numerose opportunità, è
veramente difficile. Ma a Las Vegas si
possono fare tante cose originali
come prendere un drink in un locale
dalle temperature sotto zero dove
tutto è di ghiaccio bicchieri, sedie e
tavoli compresi, cenare in uno dei
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38
LAS VEGAS non solo gioco d'azzardo
ristoranti più famosi del mondo il
Joel Rebuchon che qui ha una sede,
o pranzare sospesi nel cielo al Dinner
on the Sky. Ci si può anche sposare in
una delle tante cappelle preposte -
ce ne sono per tutti i gusti e per tutte
le tasche - con cerimonie più o
meno romantiche, più o meno
dispendiose. Contratti di matrimoni
che possono anche essere trascritti
in Italia e legalizzati dal nostro ordi-
namento giuridico. Si può provare
l'emozionane del sorvolo in elicotte-
ro del lago Mead e della sontuosa
diga di Hoover che fornisce di acqua
la città, raggiungendo il Grand Can-
yon in Arizona in poco più di
mezz'ora di volo. Più semplicemente
anno 2 - n°6 Inverno 2013
39
possiamo camminare per la Strip,
ammirare quegli alberghi che sono
diventati pezzi di storia, fare shop-
ping, giocare a golf, illuderci che
potremo capitare sul set della serie
CSI e scorgere qualcuno dei prota-
gonisti della serie poliziesca, che ha
regalato a questa città una nuova
immagine e una nuova giovinezza.
La città del Nevada, costruita nel
deserto, ma che abbonda di
acqua grazie alle acque del
Colorado, mette nel suo
piatto anche una pregevo-
le offerta di spa e resort
con centri benesse-
re, ma soprattutto
un'ampia scelta per
il turismo congres-
suale e d'affari. Ma
a Las Vegas ci si va
soprat tut to
per sognare che la fortuna ci stia vici-
no quando decidiamo che è arrivato
il momento di sfidare la sorte sul
tappeto verde. E Las Vegas, rivale da
sempre Reno, l'altrettanto famosa
città dei casino, rimane il simbolo
indiscusso del gioco d'azzardo, desi-
derata e sognata da chi spera di cam-
biare il proprio destino. E sono tanti i
giocatori che vedono l'alba nei casi-
no e che non interrompono mai il
loro divertimento, sostituendo al
mattino, il drink preferito con il caffè.
Ed è proprio al mattino che si scor-
gono le facce provate da una notte
insonne, il trucco sfatto delle signo-
re, gli occhi arrossati, ma per lo più, si
intuisce che il giocatore, anche se
stanco, sta facendo quello gli piace
ed è a proprio agio. Come quella
coppia di sposi che ha scelto Las
Vegas per unirsi in matrimonio e con
indosso ancora gli abiti da cerimonia
ha consumato la prima notte di noz-
ze avvinghiata a una slot machine,
sperando nella fortuna. Questa è Las
Vegas. Amata e odiata, esaltata e
condannata, ma diversa. Amichevole
e sfrontata, accattivante e subdola,
ma unica. Una città da vedere alme-
no una volta nella vita.•
38
LAS VEGAS non solo gioco d'azzardo
ristoranti più famosi del mondo il
Joel Rebuchon che qui ha una sede,
o pranzare sospesi nel cielo al Dinner
on the Sky. Ci si può anche sposare in
una delle tante cappelle preposte -
ce ne sono per tutti i gusti e per tutte
le tasche - con cerimonie più o
meno romantiche, più o meno
dispendiose. Contratti di matrimoni
che possono anche essere trascritti
in Italia e legalizzati dal nostro ordi-
namento giuridico. Si può provare
l'emozionane del sorvolo in elicotte-
ro del lago Mead e della sontuosa
diga di Hoover che fornisce di acqua
la città, raggiungendo il Grand Can-
yon in Arizona in poco più di
mezz'ora di volo. Più semplicemente
anno 2 - n°6 Inverno 2013
39
possiamo camminare per la Strip,
ammirare quegli alberghi che sono
diventati pezzi di storia, fare shop-
ping, giocare a golf, illuderci che
potremo capitare sul set della serie
CSI e scorgere qualcuno dei prota-
gonisti della serie poliziesca, che ha
regalato a questa città una nuova
immagine e una nuova giovinezza.
La città del Nevada, costruita nel
deserto, ma che abbonda di
acqua grazie alle acque del
Colorado, mette nel suo
piatto anche una pregevo-
le offerta di spa e resort
con centri benesse-
re, ma soprattutto
un'ampia scelta per
il turismo congres-
suale e d'affari. Ma
a Las Vegas ci si va
soprat tut to
per sognare che la fortuna ci stia vici-
no quando decidiamo che è arrivato
il momento di sfidare la sorte sul
tappeto verde. E Las Vegas, rivale da
sempre Reno, l'altrettanto famosa
città dei casino, rimane il simbolo
indiscusso del gioco d'azzardo, desi-
derata e sognata da chi spera di cam-
biare il proprio destino. E sono tanti i
giocatori che vedono l'alba nei casi-
no e che non interrompono mai il
loro divertimento, sostituendo al
mattino, il drink preferito con il caffè.
Ed è proprio al mattino che si scor-
gono le facce provate da una notte
insonne, il trucco sfatto delle signo-
re, gli occhi arrossati, ma per lo più, si
intuisce che il giocatore, anche se
stanco, sta facendo quello gli piace
ed è a proprio agio. Come quella
coppia di sposi che ha scelto Las
Vegas per unirsi in matrimonio e con
indosso ancora gli abiti da cerimonia
ha consumato la prima notte di noz-
ze avvinghiata a una slot machine,
sperando nella fortuna. Questa è Las
Vegas. Amata e odiata, esaltata e
condannata, ma diversa. Amichevole
e sfrontata, accattivante e subdola,
ma unica. Una città da vedere alme-
no una volta nella vita.•
speciale Sudamerica
40
Argentina gourmet
n antico proverbio Argentino dice: “i messicani
Udiscendono dagli Aztechi, i peruviani dagli Incas
e gli argentini…dalle navi”. Radici culturali diver-
se, eredità dei milioni di migranti dall'Europa e dal mon-
do in cerca di migliori opportunità, che ritroveremo in
questo viaggio nell'eno-gastronomia argentina. Un viag-
gio che condividerò con colleghi di tutto il mondo ma
che per me, come italiana, ha comunque un sapore noto,
di casa, frutto della forte influenza che la nostra cultura
ha lasciato sulle tavole e nelle cantine di questo straordi-
nario paese sudamericano. Profumi e sapori noti, ma al
tempo stesso esotici perché intrecciati di tradizioni
autoctone - indigene e di tante regioni d'Europa e del
mondo – e arricchiti dalle note peculiari del suo territorio.
Estensioni enormi, che dagli altipiani andini giungono
alla Terra del Fuoco - estrema propaggine del mondo
abitato, prima dei ghiacci perenni – attraversando le ster-
minate pianure di pascoli e cereali (oggi soprattutto
soia), che sono la vera ricchezza – economica e gastrono-
mica – del Paese. A Buenos Aires – “Baires”, per i “porte-
gni” che la abitano – siamo ospiti dell'hotel Club Frances,
nel suggestivo quartiere della Recoleta, sorto attorno
all'omonimo cimitero monumentale dinnanzi alle cui
austere mura sorgono, oggi, bar, ristoranti alla moda,
centri culturali e d'arte, che poco hanno a che fare con la
contrizione e il sonno eterno. Il palazzo in cui è situato
l'hotel Club Frances è stato dichiarato “luogo di interesse
culturale e turistico nazionale” poiché unico nel suo gene-
re, con i suoi raffinati arredamenti belle epoque e opere
d'arte perfettamente restaurate, che attestano l' influen-
Argentina gourmetUn viaggio nell'enogastronomia di una terra lontana, ma molto vicina
Testo di
Mirella Sborgia
anno 2 - n°6 Inverno 2013
4141
za della cultura francese nella capita-
le argentina al crepuscolo del XIX
secolo e agli albori del XX. Le 28 stan-
ze dell'hotel sono un esempio di
armonia tra questo scintillante pas-
sato e la creatività contemporanea,
nel mobilio e oggetti d' arredamen-
to, che è una delle caratteristiche
dell'Argentina dei giorni nostri. La
cucina dello splendido ristorante
dell'hotel, dalle ovattate atmosfere
retrò, è affidata alle mani e all'olfatto
di Ramiro Martinez, astro della
gastronomia portegna, che ci ha
deliziato con una cucina che mesco-
la sapientemente la sofisticata cuci-
na francese con le tradizioni - e le
meravigliose carni – della cucina
argent ina . Un connubio
espresso al meglio nell'
agnello piccante in salsa
agrodolce al tamarindo,
che abbiamo degustato
tra altre prelibatezze.
Una breve siesta ed
eccoci a girovagare nel
pittoresco quartiere di San Telmo,
piccolo villaggio incastonato nella
gigantesca metropoli. E' domenica,
c'è il mercatino dell' antiquariato e
bric-a-brac molto frequentato sia da
locali che da turisti. Tantissime ban-
carelle dove si possono trovare
oggetti di ogni tipo, soprattutto di
artigianato locale, e ad ogni angolo
maghi, ballerini di tango, artisti di
strada pronti a fare il loro spettacoli-
no. E poi bar, ristorantini e tanta vita.
Pochi minuti di taxi da lì, si arriva nel
nuovo ed originale quartiere Puerto
Madero. Un tempo con i moli
d'attracco e magazzini merci, oggi
divenuto un sofisticato quartiere di
ristoranti di lusso, hotel design,
banche, uffici commerciali e
appartamenti di lusso, dove
gli architetti locali e interna-
z iona l i hanno dato i l
meglio di sé. Un luogo
dove passeggiare lungo
i canali, in piena sicu-
rezza (si tratta di una
speciale Sudamerica
40
Argentina gourmet
n antico proverbio Argentino dice: “i messicani
Udiscendono dagli Aztechi, i peruviani dagli Incas
e gli argentini…dalle navi”. Radici culturali diver-
se, eredità dei milioni di migranti dall'Europa e dal mon-
do in cerca di migliori opportunità, che ritroveremo in
questo viaggio nell'eno-gastronomia argentina. Un viag-
gio che condividerò con colleghi di tutto il mondo ma
che per me, come italiana, ha comunque un sapore noto,
di casa, frutto della forte influenza che la nostra cultura
ha lasciato sulle tavole e nelle cantine di questo straordi-
nario paese sudamericano. Profumi e sapori noti, ma al
tempo stesso esotici perché intrecciati di tradizioni
autoctone - indigene e di tante regioni d'Europa e del
mondo – e arricchiti dalle note peculiari del suo territorio.
Estensioni enormi, che dagli altipiani andini giungono
alla Terra del Fuoco - estrema propaggine del mondo
abitato, prima dei ghiacci perenni – attraversando le ster-
minate pianure di pascoli e cereali (oggi soprattutto
soia), che sono la vera ricchezza – economica e gastrono-
mica – del Paese. A Buenos Aires – “Baires”, per i “porte-
gni” che la abitano – siamo ospiti dell'hotel Club Frances,
nel suggestivo quartiere della Recoleta, sorto attorno
all'omonimo cimitero monumentale dinnanzi alle cui
austere mura sorgono, oggi, bar, ristoranti alla moda,
centri culturali e d'arte, che poco hanno a che fare con la
contrizione e il sonno eterno. Il palazzo in cui è situato
l'hotel Club Frances è stato dichiarato “luogo di interesse
culturale e turistico nazionale” poiché unico nel suo gene-
re, con i suoi raffinati arredamenti belle epoque e opere
d'arte perfettamente restaurate, che attestano l' influen-
Argentina gourmetUn viaggio nell'enogastronomia di una terra lontana, ma molto vicina
Testo di
Mirella Sborgia
anno 2 - n°6 Inverno 2013
4141
za della cultura francese nella capita-
le argentina al crepuscolo del XIX
secolo e agli albori del XX. Le 28 stan-
ze dell'hotel sono un esempio di
armonia tra questo scintillante pas-
sato e la creatività contemporanea,
nel mobilio e oggetti d' arredamen-
to, che è una delle caratteristiche
dell'Argentina dei giorni nostri. La
cucina dello splendido ristorante
dell'hotel, dalle ovattate atmosfere
retrò, è affidata alle mani e all'olfatto
di Ramiro Martinez, astro della
gastronomia portegna, che ci ha
deliziato con una cucina che mesco-
la sapientemente la sofisticata cuci-
na francese con le tradizioni - e le
meravigliose carni – della cucina
argent ina . Un connubio
espresso al meglio nell'
agnello piccante in salsa
agrodolce al tamarindo,
che abbiamo degustato
tra altre prelibatezze.
Una breve siesta ed
eccoci a girovagare nel
pittoresco quartiere di San Telmo,
piccolo villaggio incastonato nella
gigantesca metropoli. E' domenica,
c'è il mercatino dell' antiquariato e
bric-a-brac molto frequentato sia da
locali che da turisti. Tantissime ban-
carelle dove si possono trovare
oggetti di ogni tipo, soprattutto di
artigianato locale, e ad ogni angolo
maghi, ballerini di tango, artisti di
strada pronti a fare il loro spettacoli-
no. E poi bar, ristorantini e tanta vita.
Pochi minuti di taxi da lì, si arriva nel
nuovo ed originale quartiere Puerto
Madero. Un tempo con i moli
d'attracco e magazzini merci, oggi
divenuto un sofisticato quartiere di
ristoranti di lusso, hotel design,
banche, uffici commerciali e
appartamenti di lusso, dove
gli architetti locali e interna-
z iona l i hanno dato i l
meglio di sé. Un luogo
dove passeggiare lungo
i canali, in piena sicu-
rezza (si tratta di una
Un antico proverbio Argentino dice: “i messicani discen-
dono dagli Aztechi, i peruviani dagli Incas e gli argenti-
ni…dalle navi”. Radici culturali diverse, eredità dei milioni
di migranti dall'Europa e dal mondo in cerca di migliori
opportunità, che ritroveremo in questo viaggio nell'eno-
gastronomia argentina. Un viaggio che condividerò con
colleghi di tutto il mondo ma che per me, come italiana,
ha comunque un sapore noto, di casa, frutto della forte
influenza che la nostra cultura ha lasciato sulle tavole e
nelle cantine di questo straordinario paese sudamerica-
no. Profumi e sapori noti, ma al tempo stesso esotici per-
ché intrecciati di tradizioni autoctone - indigene e di tan-
te regioni d'Europa e del mondo – e arricchiti dalle note
peculiari del suo territorio. Estensioni enormi, che dagli
altipiani andini giungono alla Terra del Fuoco - estrema
propaggine del mondo abitato, prima dei ghiacci peren-
ni – attraversando le sterminate pianure di pascoli e cere-
ali (oggi soprattutto soia), che sono la vera ricchezza –
economica e gastronomica – del Paese.
A Buenos Aires – “Baires”, per i “portegni” che la abitano –
siamo ospiti dell'hotel Club Frances, nel suggestivo quar-
tiere della Recoleta, sorto attorno all'omonimo cimitero
monumentale dinnanzi alle cui austere mura sorgono,
oggi, bar, ristoranti alla moda, centri culturali e d'arte, che
poco hanno a che fare con la contrizione e il sonno eter-
no. Il palazzo in cui è situato l'hotel Club Frances è stato
dichiarato “luogo di interesse culturale e turistico nazio-
nale” poiché unico nel suo genere, con i suoi raffinati
speciale Sudamerica
42
Argentina gourmet
arredamenti belle epoque e opere
d'arte perfettamente restaurate, che
attestano l' influenza della cultura
francese nella capitale argentina al
crepuscolo del XIX secolo e agli albo-
ri del XX. Le 28 stanze dell'hotel sono
un esempio di armonia tra questo
scintillante passato e la creatività
contemporanea, nel mobilio e
oggetti d' arredamento, che è una
delle caratteristiche dell'Argentina
dei giorni nostri. La cucina dello
splendido ristorante dell'hotel, dalle
ovattate atmosfere retrò, è affidata
alle mani e all'olfatto di Ramiro Mar-
tinez, astro della gastronomia porte-
gna, che ci ha deliziato con una cuci-
na che mescola sapientemente la
sofisticata cucina francese con le
tradizioni - e le meravigliose carni –
della cucina argentina. Un connubio
espresso al meglio nell'agnello pic-
cante in salsa agrodolce al tamarin-
do, che abbiamo degustato tra altre
prelibatezze. Una breve siesta ed
eccoci a girovagare nel pittoresco
quartiere di San Telmo, piccolo vil-
laggio incastonato nella gigantesca
metropoli. E' domenica, c'è il merca-
tino dell' antiquariato e bric-a-brac
molto frequentato sia da locali che
da turisti. Tantissime bancarelle dove
si possono trovare oggetti di ogni
tipo, soprattutto di artigianato loca-
le, e ad ogni angolo maghi, ballerini
di tango, artisti di strada pronti a fare
il loro spettacolino. E poi bar, risto-
rantini e tanta vita. Pochi minuti di
taxi da lì, si arriva nel nuovo ed origi-
nale quartiere Puerto Madero. Un
tempo con i moli d'attracco e
magazzini merci, oggi divenuto un
anno 2 - n°6 Inverno 2013
4343
Un antico proverbio Argentino dice: “i messicani discen-
dono dagli Aztechi, i peruviani dagli Incas e gli argenti-
ni…dalle navi”. Radici culturali diverse, eredità dei milioni
di migranti dall'Europa e dal mondo in cerca di migliori
opportunità, che ritroveremo in questo viaggio nell'eno-
gastronomia argentina. Un viaggio che condividerò con
colleghi di tutto il mondo ma che per me, come italiana,
ha comunque un sapore noto, di casa, frutto della forte
influenza che la nostra cultura ha lasciato sulle tavole e
nelle cantine di questo straordinario paese sudamerica-
no. Profumi e sapori noti, ma al tempo stesso esotici per-
ché intrecciati di tradizioni autoctone - indigene e di tan-
te regioni d'Europa e del mondo – e arricchiti dalle note
peculiari del suo territorio. Estensioni enormi, che dagli
altipiani andini giungono alla Terra del Fuoco - estrema
propaggine del mondo abitato, prima dei ghiacci peren-
ni – attraversando le sterminate pianure di pascoli e cere-
ali (oggi soprattutto soia), che sono la vera ricchezza –
economica e gastronomica – del Paese.
A Buenos Aires – “Baires”, per i “portegni” che la abitano –
siamo ospiti dell'hotel Club Frances, nel suggestivo quar-
tiere della Recoleta, sorto attorno all'omonimo cimitero
monumentale dinnanzi alle cui austere mura sorgono,
oggi, bar, ristoranti alla moda, centri culturali e d'arte, che
poco hanno a che fare con la contrizione e il sonno eter-
no. Il palazzo in cui è situato l'hotel Club Frances è stato
dichiarato “luogo di interesse culturale e turistico nazio-
nale” poiché unico nel suo genere, con i suoi raffinati
speciale Sudamerica
42
Argentina gourmet
arredamenti belle epoque e opere
d'arte perfettamente restaurate, che
attestano l' influenza della cultura
francese nella capitale argentina al
crepuscolo del XIX secolo e agli albo-
ri del XX. Le 28 stanze dell'hotel sono
un esempio di armonia tra questo
scintillante passato e la creatività
contemporanea, nel mobilio e
oggetti d' arredamento, che è una
delle caratteristiche dell'Argentina
dei giorni nostri. La cucina dello
splendido ristorante dell'hotel, dalle
ovattate atmosfere retrò, è affidata
alle mani e all'olfatto di Ramiro Mar-
tinez, astro della gastronomia porte-
gna, che ci ha deliziato con una cuci-
na che mescola sapientemente la
sofisticata cucina francese con le
tradizioni - e le meravigliose carni –
della cucina argentina. Un connubio
espresso al meglio nell'agnello pic-
cante in salsa agrodolce al tamarin-
do, che abbiamo degustato tra altre
prelibatezze. Una breve siesta ed
eccoci a girovagare nel pittoresco
quartiere di San Telmo, piccolo vil-
laggio incastonato nella gigantesca
metropoli. E' domenica, c'è il merca-
tino dell' antiquariato e bric-a-brac
molto frequentato sia da locali che
da turisti. Tantissime bancarelle dove
si possono trovare oggetti di ogni
tipo, soprattutto di artigianato loca-
le, e ad ogni angolo maghi, ballerini
di tango, artisti di strada pronti a fare
il loro spettacolino. E poi bar, risto-
rantini e tanta vita. Pochi minuti di
taxi da lì, si arriva nel nuovo ed origi-
nale quartiere Puerto Madero. Un
tempo con i moli d'attracco e
magazzini merci, oggi divenuto un
anno 2 - n°6 Inverno 2013
4343
speciale Sudamerica
44
Argentina gourmet
sofisticato quartiere di ristoranti di
lusso, hotel design, banche, uffici
commerciali e appartamenti di lusso,
dove gli architetti locali e internazio-
nali hanno dato il meglio di sé. Un
luogo dove passeggiare lungo i cana-
li, in piena sicurezza (si tratta di una
sorta di “isola”, molto vigilata), ma
che certo ha poco delle atmosfere
della Baires un po' parigina cui siamo
abituati. Fortuna che nel lungo-
fiume ci sono molti chioschi che con
il loro cibo di strada ci riportano nei
sapori di questa terra. Uno in parti-
colare, l'affollatissimo “My Sueno”,
mi ha colpito non solo per la bontà
dei suoi “choripan” - panini ripieni di
carne alla griglia - ma anche per la
simpatia del suo proprietario, che ha
sempre una parola gentile e una bat-
tuta salace per ogni cliente. La gior-
nata gastronomica a Buenos Aires si
è conclusa… in pizzeria! Eh sì, perché
la domenica in questo angolo del
Sud America così lontano dai lidi
partenopei, la domenica la maggior
parte degli argentini molto spesso
cenano con una pizza, considerata
tra le specialità locali! La nostra piz-
zeria si chiama El Cuartito. Pizza mol-
to alta, cotta a legna su materiale
refrattario che viene dalla Patagonia
(e che dicono dia alla pizza un sapo-
re “speciale”) e piena di formaggio.
Buona, ma certamente non è un piat-
to leggero e comunque piuttosto
distante dalla nostra concezione di
pizza. Ma, lo ripetiamo, qui la tradi-
zione italiana ha cercato e sposato i
gusti locali, che sono sensibilmente
“più tosti” dei nostri. Il viaggio prose-
gue verso Cordoba, seconda città
dell'Argentina e cuore pulsante
dell'economia agricola e agroindu-
striale del Paese. Dall' aeroporto ci
conducono direttamente a Colonia
Caroya, 50 km da Cordoba verso le
falde andine, nella “Estancia” (ovvero
grande fattoria agricola) che porta lo
stesso nome. Questa fu fondata nel
XVII secolo dai gesuiti, che a Cordo-
ba stabilirono la capitale del loro
sistema di “misiones”, e l'Estancia
Jesuitica Caroya è oggi patrimonio
UNESCO. In seguito, precisamente
nel 1878, confluirono sul posto i
primi immigrati friulani, che diedero
origine al villaggio di Colonia Caro-
ya. Il nostro incontro qui è infatti
proprio con una famiglia di origine
friulana che, portandosi dietro
l'antica tradizione della propria terra,
produce con orgoglio salami e pro-
sciutti di qualità in una piccola fab-
brica artigianale. L'assaggio di que-
sti salumi, conditi di aria andina e
accompagnati da buon vino locale, è
stata una gradita sorpresa. Sempre
di proprietari d'origine friulana è
anche il rinomato ristorante Fertilia.
Ambiente semplice, accogliente e
specialità che ci riportano davvero a
casa nostra: salumi di antipasto,
pasta fatta in casa - ravioli e gnocchi
– davvero di qualità e carni cucinate
“alle nostre maniere”, ben lontane
dai peraltro ottimi “asados” (griglia-
te) locali. L'amabilità e l'umiltà con
la quale i proprietari si prendono
cura di ogni cliente creano un clima
caldo e familiare, tipico della nostra
ristorazione d'altri tempi. Non pote-
va mancare nel pomeriggio una visi-
ta al Club de Polo, sport nazionale
per eccellenza. Il luogo in cui sorge il
prestigioso Club Pompeya è paesag-
gisticamente mozzafiato: circondato
dalle montagne preandine, con una
natura rigogliosa e varia. Il Pompeya
ha 5 campi omologati su cui abbia-
mo avuto la possibilità, per qualche
istante, di provare l'ebbrezza di que-
sto singolare sport. Confesso che
non è semplice andare al galoppo e
cercare al tempo stesso di centrare
con la mazza la pallina per fare goal,
anno 2 - n°6 Inverno 2013
4545
ma è sicuramente un'esperienza molto divertente. La
sera finalmente a Cordoba, ospiti dell'hotel Azur Real, il
primo hotel boutique della città, situato nel bellissimo
centro storico della città “gesuitica”. Ogni angolo di que-
sto hotel combina il minimalismo con elementi nobili e
poco convenzionali e l'architettura di inizio XX secolo si
fonde con i dettagli di avanguardia e design, creando
ambienti caldi e confortevoli. Il personale, molto qualifi-
cato e gentile, ci invita ad un aperitivo, che è stato per me
una sorpresa. Ho infatti qui scoperto che gli argentini
sono grandi ed affezionati consumatori del nostro Fer-
net, però gustato in un long drink preparato con tre parti
di Coca Cola per una di amaro. Una specie di eresia per i
nostri puristi del Fernet dopo pasto ma, vi assicuro, il
risultato dolce-amaro è davvero da provare. La serata si
conclude al Goulu Bistrò, sofisticato ristorante arredato
con molto gusto. Il proprietario ci tiene a precisare che
qui si offre un'esperienza gastronomica unica, sia per i
piatti tradizionali sia nel menu tematico - che cambia
ogni bimestre – che fonde in modo originale elementi
gastronomici che vanno dalla cucina araba a quella giap-
ponese, con prodotti e gusti del luogo. Il risultato è quel-
lo di piatti insoliti, carni, pesci e salse molto originali. For-
se un po' troppo per poter apprezzare appieno i gusti dei
prodotti locali. O sarà che comincio ad aver voglia di un
buon asado? Una bella passeggiata per il centro di Cor-
doba ci fa ritrovare le atmosfere locali. Nella splendida
“manzana jesuitica” (quartiere gesuita) si apprezzano
infatti appieno le vestigia del barocco coloniale che orna
gli edifici e le chiese della zona. I bar e le stradine brulica-
no di studenti (Cordoba è sede di una delle più antiche
università dell'America Latina) e la musica risuona un po'
dappertutto fino a tarda notte. Il giorno seguente, par-
tenza verso l'Alta Garcia, ovvero la zona pedemontana,
per una visita all'Estancia Las Canitas (25 km da Villa Gene-
ral Belgrano). Questa antica fattoria, che si estende per
ben 1.300 ettari, è immersa tra fiumi, foreste e cascate. Un
affascinante e inaspettato ambiente montano, nel quale
gli ospiti, alloggiati in bungalow di legno sul fiume, pos-
sono contemplare una natura di pini, querce e betulle, in
cui trovano rifugio uccelli, lepri, volpi e altri animali selva-
tici. In questo luogo silvestre proviamo anche il nostro
primo asado locale. Si tratta di una maniera davvero par-
ticolare di cuocere le carni, che non vengono arrostite sui
carboni, bensì su grossi spiedi posti attorno al fuoco. La
cottura è lentissima, la carne viene rigirata sugli spiedi
infilzati a terra per ore. Il risultato è eccezionale. I tranci di
manzo, capretto, agnello e maiale vengono accompa-
gnati da una salsa, il chimichurri, composta da olio, aglio,
prezzemolo, origano e peperoncino, che ne esalta i sapo-
ri. In attesa dell'asado, le ricche “empanadas” locali - una
specie di panzerotto farcito o con carne, formaggio o
verdura qui cotte al forno (altrove sono fritte) – permet-
tono di provare gli ottimi vini dell'Estancia. Dal 2008 Las
Canitas produce infatti anche vini Malbec (il vitigno più
esteso in argentina) e Cabernet Sauvignon. Si tratta di
vini molto corposi e di buona qualità, che si accompa-
gnano splendidamente alle carni grigliate. Prima di
lasciare Cordoba alla volta di Mendoza non si può non
fare menzione del Ristorante & Hotel San Leonardo: Il
proprietario è un collezionista d'arte che ha aperto que-
sta struttura facendone un luogo di esposizione della sua
collezione privata, ivi compresi mobili e oggetti di tutte le
epoche. L'edificio in cui sorge l'hotel risale agli anni '30
ed è stato progettato dall'architetto italiano Ferrari - lo
stesso che ha progettato la chiesa neo-gotica di Cordoba
– che ha portato le linee funzionali e pulite dell' architet-
tura di quell'epoca a queste latitudini. Il giorno successi-
speciale Sudamerica
44
Argentina gourmet
sofisticato quartiere di ristoranti di
lusso, hotel design, banche, uffici
commerciali e appartamenti di lusso,
dove gli architetti locali e internazio-
nali hanno dato il meglio di sé. Un
luogo dove passeggiare lungo i cana-
li, in piena sicurezza (si tratta di una
sorta di “isola”, molto vigilata), ma
che certo ha poco delle atmosfere
della Baires un po' parigina cui siamo
abituati. Fortuna che nel lungo-
fiume ci sono molti chioschi che con
il loro cibo di strada ci riportano nei
sapori di questa terra. Uno in parti-
colare, l'affollatissimo “My Sueno”,
mi ha colpito non solo per la bontà
dei suoi “choripan” - panini ripieni di
carne alla griglia - ma anche per la
simpatia del suo proprietario, che ha
sempre una parola gentile e una bat-
tuta salace per ogni cliente. La gior-
nata gastronomica a Buenos Aires si
è conclusa… in pizzeria! Eh sì, perché
la domenica in questo angolo del
Sud America così lontano dai lidi
partenopei, la domenica la maggior
parte degli argentini molto spesso
cenano con una pizza, considerata
tra le specialità locali! La nostra piz-
zeria si chiama El Cuartito. Pizza mol-
to alta, cotta a legna su materiale
refrattario che viene dalla Patagonia
(e che dicono dia alla pizza un sapo-
re “speciale”) e piena di formaggio.
Buona, ma certamente non è un piat-
to leggero e comunque piuttosto
distante dalla nostra concezione di
pizza. Ma, lo ripetiamo, qui la tradi-
zione italiana ha cercato e sposato i
gusti locali, che sono sensibilmente
“più tosti” dei nostri. Il viaggio prose-
gue verso Cordoba, seconda città
dell'Argentina e cuore pulsante
dell'economia agricola e agroindu-
striale del Paese. Dall' aeroporto ci
conducono direttamente a Colonia
Caroya, 50 km da Cordoba verso le
falde andine, nella “Estancia” (ovvero
grande fattoria agricola) che porta lo
stesso nome. Questa fu fondata nel
XVII secolo dai gesuiti, che a Cordo-
ba stabilirono la capitale del loro
sistema di “misiones”, e l'Estancia
Jesuitica Caroya è oggi patrimonio
UNESCO. In seguito, precisamente
nel 1878, confluirono sul posto i
primi immigrati friulani, che diedero
origine al villaggio di Colonia Caro-
ya. Il nostro incontro qui è infatti
proprio con una famiglia di origine
friulana che, portandosi dietro
l'antica tradizione della propria terra,
produce con orgoglio salami e pro-
sciutti di qualità in una piccola fab-
brica artigianale. L'assaggio di que-
sti salumi, conditi di aria andina e
accompagnati da buon vino locale, è
stata una gradita sorpresa. Sempre
di proprietari d'origine friulana è
anche il rinomato ristorante Fertilia.
Ambiente semplice, accogliente e
specialità che ci riportano davvero a
casa nostra: salumi di antipasto,
pasta fatta in casa - ravioli e gnocchi
– davvero di qualità e carni cucinate
“alle nostre maniere”, ben lontane
dai peraltro ottimi “asados” (griglia-
te) locali. L'amabilità e l'umiltà con
la quale i proprietari si prendono
cura di ogni cliente creano un clima
caldo e familiare, tipico della nostra
ristorazione d'altri tempi. Non pote-
va mancare nel pomeriggio una visi-
ta al Club de Polo, sport nazionale
per eccellenza. Il luogo in cui sorge il
prestigioso Club Pompeya è paesag-
gisticamente mozzafiato: circondato
dalle montagne preandine, con una
natura rigogliosa e varia. Il Pompeya
ha 5 campi omologati su cui abbia-
mo avuto la possibilità, per qualche
istante, di provare l'ebbrezza di que-
sto singolare sport. Confesso che
non è semplice andare al galoppo e
cercare al tempo stesso di centrare
con la mazza la pallina per fare goal,
anno 2 - n°6 Inverno 2013
4545
ma è sicuramente un'esperienza molto divertente. La
sera finalmente a Cordoba, ospiti dell'hotel Azur Real, il
primo hotel boutique della città, situato nel bellissimo
centro storico della città “gesuitica”. Ogni angolo di que-
sto hotel combina il minimalismo con elementi nobili e
poco convenzionali e l'architettura di inizio XX secolo si
fonde con i dettagli di avanguardia e design, creando
ambienti caldi e confortevoli. Il personale, molto qualifi-
cato e gentile, ci invita ad un aperitivo, che è stato per me
una sorpresa. Ho infatti qui scoperto che gli argentini
sono grandi ed affezionati consumatori del nostro Fer-
net, però gustato in un long drink preparato con tre parti
di Coca Cola per una di amaro. Una specie di eresia per i
nostri puristi del Fernet dopo pasto ma, vi assicuro, il
risultato dolce-amaro è davvero da provare. La serata si
conclude al Goulu Bistrò, sofisticato ristorante arredato
con molto gusto. Il proprietario ci tiene a precisare che
qui si offre un'esperienza gastronomica unica, sia per i
piatti tradizionali sia nel menu tematico - che cambia
ogni bimestre – che fonde in modo originale elementi
gastronomici che vanno dalla cucina araba a quella giap-
ponese, con prodotti e gusti del luogo. Il risultato è quel-
lo di piatti insoliti, carni, pesci e salse molto originali. For-
se un po' troppo per poter apprezzare appieno i gusti dei
prodotti locali. O sarà che comincio ad aver voglia di un
buon asado? Una bella passeggiata per il centro di Cor-
doba ci fa ritrovare le atmosfere locali. Nella splendida
“manzana jesuitica” (quartiere gesuita) si apprezzano
infatti appieno le vestigia del barocco coloniale che orna
gli edifici e le chiese della zona. I bar e le stradine brulica-
no di studenti (Cordoba è sede di una delle più antiche
università dell'America Latina) e la musica risuona un po'
dappertutto fino a tarda notte. Il giorno seguente, par-
tenza verso l'Alta Garcia, ovvero la zona pedemontana,
per una visita all'Estancia Las Canitas (25 km da Villa Gene-
ral Belgrano). Questa antica fattoria, che si estende per
ben 1.300 ettari, è immersa tra fiumi, foreste e cascate. Un
affascinante e inaspettato ambiente montano, nel quale
gli ospiti, alloggiati in bungalow di legno sul fiume, pos-
sono contemplare una natura di pini, querce e betulle, in
cui trovano rifugio uccelli, lepri, volpi e altri animali selva-
tici. In questo luogo silvestre proviamo anche il nostro
primo asado locale. Si tratta di una maniera davvero par-
ticolare di cuocere le carni, che non vengono arrostite sui
carboni, bensì su grossi spiedi posti attorno al fuoco. La
cottura è lentissima, la carne viene rigirata sugli spiedi
infilzati a terra per ore. Il risultato è eccezionale. I tranci di
manzo, capretto, agnello e maiale vengono accompa-
gnati da una salsa, il chimichurri, composta da olio, aglio,
prezzemolo, origano e peperoncino, che ne esalta i sapo-
ri. In attesa dell'asado, le ricche “empanadas” locali - una
specie di panzerotto farcito o con carne, formaggio o
verdura qui cotte al forno (altrove sono fritte) – permet-
tono di provare gli ottimi vini dell'Estancia. Dal 2008 Las
Canitas produce infatti anche vini Malbec (il vitigno più
esteso in argentina) e Cabernet Sauvignon. Si tratta di
vini molto corposi e di buona qualità, che si accompa-
gnano splendidamente alle carni grigliate. Prima di
lasciare Cordoba alla volta di Mendoza non si può non
fare menzione del Ristorante & Hotel San Leonardo: Il
proprietario è un collezionista d'arte che ha aperto que-
sta struttura facendone un luogo di esposizione della sua
collezione privata, ivi compresi mobili e oggetti di tutte le
epoche. L'edificio in cui sorge l'hotel risale agli anni '30
ed è stato progettato dall'architetto italiano Ferrari - lo
stesso che ha progettato la chiesa neo-gotica di Cordoba
– che ha portato le linee funzionali e pulite dell' architet-
tura di quell'epoca a queste latitudini. Il giorno successi-
speciale Sudamerica
46
Argentina gourmet
vo arriviamo finalmente a Mendoza per partecipare alla nuova
edizione del Master of Food & Wine, kermesse eno-
gastronomica internazionale che è il vero motivo del nostro
viaggio nel gusto argentino. Per l'occasione si riuniscono per 4
giorni chef e sommelier argentini di grido, cantine locali, pro-
duttori di eccellenze agroalimentari. E molti giornalisti ed
appassionati, interessati a questa particolare esperienza di
vino-cibo non stop. Il programma del festival prevede corsi di
cucina, degustazioni e visite di alcune delle migliori cantine di
Mendoza. L'evento è ospitato nell'hotel Park Hyatt, sulla centra-
le Plaza Independencia della capitale vitivinicola argentina, il cui
ristorante è stato più volte premiato dalla prestigiosa rivista
Wine Spectator per la qualità della sua carta di vini. Il cuore del-
la manifestazione “Master of Food & Wine” è la gara tra gli Chef,
provenienti non solo dall'Argentina, ma anche da altri paesi
dell'America Latina e del mondo, che preparano per il pubblico
e gli addetti ai lavori piatti della propria tradizione (singolare
assaggiare tacos e caldeiradas a Mendoza), che vengono
accompagnati da degustazioni di vini locali. Quasi il 90% delle
oltre 11.000 aziende vinicole argentine si trovano nei dintorni
Mendoza, ai piedi della cordigliera delle Ande. L'alta quota e il
clima secco ne fanno infatti una zona particolarmente vocata
alla produzione di vini di qualità, tra cui spiccano rossi struttura-
ti e di gran corpo. l tour delle “Bodegas” - le cantine vinicole –
conferma la qualità dei vini locali e della cultura vitivinicola che,
portata da immigrati spagnoli e italiani, è ormai divenuto un
tratto distintivo della regione. Tra le cantine, spicca per qualità
dei prodotti e scelte architettoniche la nota cantina Catena
Zapata. La bodega presenta scelte architettoniche che hanno
rotto con la tradizione locale e che richiama le piramidi Maya
del Guatemala, una diversità che si apprezza anche nei vini. La
cantina nasce nel 1902 quando un immigrato italiano, Nicola
Zapata, pianta a Mendoza il suo primo vigneto di Malbec, il
resto è storia. Nel 1995 Catena Zapata è stata la prima cantina
argentina ad essere invitata dal Wine Spectator di New York e
ad attirare l'attenzione degli appassionati di vino di tutto il mon-
do per la qualità dei suoi prodotti. La cucina – la bodega cura
anche la ristorazione – è oggi affidata allo chef italo argentino
Martin Molteni. La Bodega Trapiche presenta invece
un'imponente facciata. Prima della cena, offerta da due chef
brasiliani, abbiamo potuto apprezzare in visita guidata la canti-
na e i processi di produzione dei vini, il cui assaggio avviene
direttamente dalle barrique di rovere della bodega. Tra le canti-
ne visitate menzione speciale va infine alla cantina Rutini, carat-
terizzata da una struttura modernista di recente realizzazione.
La qualità dei vini Rutini – in particolare il malbec - è da sempre
una delle caratteristiche di questa bodega, anch'essa fondata
da un immigrato italiano. Tra i bianchi, particolarmente degno
anno 2 - n°6 Inverno 2013
4747
di nota è il Torrontes, un vitigno
ormai autoctono che dà un vino
dai profumi intensi e freschi di
frutta tropicale particolarmente
gradevole. A ricordare il collega-
mento stretto tra la cultura eno-
gastronomica argentina e la
nostra, infine, c'è anche la produ-
zione di grappe e – negli ultimi
anni – di olio di oliva, a dimostra-
zione che il legame con le propria
tradizione dei tanti argentini di
origine italiana che operano in
questo settore non è mai venuto
meno, ma si è anzi arricchito delle
caratteristiche locali, dando origi-
ne a prodotti di grande qualità.
Insomma, un viaggio nel gusto in
Argentina non lascia mai sconcer-
tati, ma sempre gradevolmente
sorpresi di ritrovare profumi e
sapori della nostra storia, legati
però in modo indissolubile e
armonico con ciò che la storia
argentina e il suo ricco territorio
hanno saputo esprimere. Oggi
l'Argentina sta tentando di fare di
questa consapevolezza un ele-
mento di forza per le proprie pro-
duzioni tipiche e il turismo: i nume-
ri ci sono davvero tutti e a tutti
coloro che sono coinvolti in que-
sto processo non possiamo che
fare i migliori auguri.•
www.argentina.travel
www.turismo.mendoza.gov.ar
www.cordobaturismo.gov.ar
www.hotelclubfrances.com.ar
www.pompeyapolo.com.ar
www.azurrealhotel.com.ar
www.estancialascanitas.com.ar
www.sanleonardohotel.com.ar
www.goulu.com.ar
www.mendoza.park.hyatt.com
www.bodegarucamalen.com
www.catenawines.com
www.trapiche.com.ar
www.rutiniwines.com
www.familiazuccardi.com.ar
speciale Sudamerica
46
Argentina gourmet
vo arriviamo finalmente a Mendoza per partecipare alla nuova
edizione del Master of Food & Wine, kermesse eno-
gastronomica internazionale che è il vero motivo del nostro
viaggio nel gusto argentino. Per l'occasione si riuniscono per 4
giorni chef e sommelier argentini di grido, cantine locali, pro-
duttori di eccellenze agroalimentari. E molti giornalisti ed
appassionati, interessati a questa particolare esperienza di
vino-cibo non stop. Il programma del festival prevede corsi di
cucina, degustazioni e visite di alcune delle migliori cantine di
Mendoza. L'evento è ospitato nell'hotel Park Hyatt, sulla centra-
le Plaza Independencia della capitale vitivinicola argentina, il cui
ristorante è stato più volte premiato dalla prestigiosa rivista
Wine Spectator per la qualità della sua carta di vini. Il cuore del-
la manifestazione “Master of Food & Wine” è la gara tra gli Chef,
provenienti non solo dall'Argentina, ma anche da altri paesi
dell'America Latina e del mondo, che preparano per il pubblico
e gli addetti ai lavori piatti della propria tradizione (singolare
assaggiare tacos e caldeiradas a Mendoza), che vengono
accompagnati da degustazioni di vini locali. Quasi il 90% delle
oltre 11.000 aziende vinicole argentine si trovano nei dintorni
Mendoza, ai piedi della cordigliera delle Ande. L'alta quota e il
clima secco ne fanno infatti una zona particolarmente vocata
alla produzione di vini di qualità, tra cui spiccano rossi struttura-
ti e di gran corpo. l tour delle “Bodegas” - le cantine vinicole –
conferma la qualità dei vini locali e della cultura vitivinicola che,
portata da immigrati spagnoli e italiani, è ormai divenuto un
tratto distintivo della regione. Tra le cantine, spicca per qualità
dei prodotti e scelte architettoniche la nota cantina Catena
Zapata. La bodega presenta scelte architettoniche che hanno
rotto con la tradizione locale e che richiama le piramidi Maya
del Guatemala, una diversità che si apprezza anche nei vini. La
cantina nasce nel 1902 quando un immigrato italiano, Nicola
Zapata, pianta a Mendoza il suo primo vigneto di Malbec, il
resto è storia. Nel 1995 Catena Zapata è stata la prima cantina
argentina ad essere invitata dal Wine Spectator di New York e
ad attirare l'attenzione degli appassionati di vino di tutto il mon-
do per la qualità dei suoi prodotti. La cucina – la bodega cura
anche la ristorazione – è oggi affidata allo chef italo argentino
Martin Molteni. La Bodega Trapiche presenta invece
un'imponente facciata. Prima della cena, offerta da due chef
brasiliani, abbiamo potuto apprezzare in visita guidata la canti-
na e i processi di produzione dei vini, il cui assaggio avviene
direttamente dalle barrique di rovere della bodega. Tra le canti-
ne visitate menzione speciale va infine alla cantina Rutini, carat-
terizzata da una struttura modernista di recente realizzazione.
La qualità dei vini Rutini – in particolare il malbec - è da sempre
una delle caratteristiche di questa bodega, anch'essa fondata
da un immigrato italiano. Tra i bianchi, particolarmente degno
anno 2 - n°6 Inverno 2013
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di nota è il Torrontes, un vitigno
ormai autoctono che dà un vino
dai profumi intensi e freschi di
frutta tropicale particolarmente
gradevole. A ricordare il collega-
mento stretto tra la cultura eno-
gastronomica argentina e la
nostra, infine, c'è anche la produ-
zione di grappe e – negli ultimi
anni – di olio di oliva, a dimostra-
zione che il legame con le propria
tradizione dei tanti argentini di
origine italiana che operano in
questo settore non è mai venuto
meno, ma si è anzi arricchito delle
caratteristiche locali, dando origi-
ne a prodotti di grande qualità.
Insomma, un viaggio nel gusto in
Argentina non lascia mai sconcer-
tati, ma sempre gradevolmente
sorpresi di ritrovare profumi e
sapori della nostra storia, legati
però in modo indissolubile e
armonico con ciò che la storia
argentina e il suo ricco territorio
hanno saputo esprimere. Oggi
l'Argentina sta tentando di fare di
questa consapevolezza un ele-
mento di forza per le proprie pro-
duzioni tipiche e il turismo: i nume-
ri ci sono davvero tutti e a tutti
coloro che sono coinvolti in que-
sto processo non possiamo che
fare i migliori auguri.•
www.argentina.travel
www.turismo.mendoza.gov.ar
www.cordobaturismo.gov.ar
www.hotelclubfrances.com.ar
www.pompeyapolo.com.ar
www.azurrealhotel.com.ar
www.estancialascanitas.com.ar
www.sanleonardohotel.com.ar
www.goulu.com.ar
www.mendoza.park.hyatt.com
www.bodegarucamalen.com
www.catenawines.com
www.trapiche.com.ar
www.rutiniwines.com
www.familiazuccardi.com.ar
speciale Sudamerica
BAHIAl'anima nera del Brasile
48
BAHIA l'anima nera del Brasile
n quell'enorme caleidoscopio geografico, ambientale Ie umano che è il Brasile, lo stato di Bahia nel Nordeste
ne costituisce uno dei maggiori e più variegati, ma
soprattutto quello con le maggiori radici storiche e con la
più accentuata presenza nera di origine africana. Fu infat-
ti su questa costa atlantica dove il Sud America raggiun-
ge la sua massima estensione spingendosi a fondo
nell'oceano che nel 1501 avvenne il primo sbarco euro-
peo ad opera di Amerigo Vespucci, nell'ospitale baia di
Todos os Santos. La colonizzazione cominciò nel 1549,
con 400 soldati e altrettanti civili compresi preti e prosti-
tute, i quali edificarono su una scogliera il nucleo origina-
le di Salvador de Bahia. Per due secoli fu la capitale del
Brasile, tanto ricca da poter competere con Lisbona per la
fertilità del territorio in grado di produrre enormi quanti-
tà di canna da zucchero, cotone, cacao e il miglior tabac-
Testo di Anna Maria Arnesano e Foto di Giulio Badini
49
co dell'epoca. I campi richiedevano un numero elevato di
lavoratori a basso prezzo, per cui iniziò una massiccia
importazione di schiavi neri africani, preferiti agli indios
locali. Dal suo porto partivano per l'Europa legname,
zucchero, tabacco, cacao, bestiame, oro e diamanti, men-
tre vi approdavano schiavi e beni di lusso. La ricchezza di
quei tempi si ritrova ancora oggi nei bei palazzi, nei con-
venti e nelle chiese barocche piene d'oro e di intarsi pre-
senti nelle antiche cittadine coloniali. Qui, più che altrove,
europei, africani e indios hanno avuto cinque secoli a
disposizione per mescolarsi e integrarsi e qui la cultura
africana risulta profondamente radicata nella musica,
nella cucina e nella religione. Basti ricordare la diffusione
del candomblé, una religione sincretica dove al cattolice-
simo si mescola l'animismo africano del macumba ricco
di cerimonie peculiari, canti e danze che si concludono
nel trance e che permise ai neri la sopravvivenza fisica e
culturale nei secoli bui dello schiavismo, i frenetici ritmi
musicali dell'afoxé, i riti religiosi umbanda degli indios, la
spettacolare danza-lotta della capoeira. Sotto il profilo
anno 2 - n°6 Inverno 2013
speciale Sudamerica
BAHIAl'anima nera del Brasile
48
BAHIA l'anima nera del Brasile
n quell'enorme caleidoscopio geografico, ambientale Ie umano che è il Brasile, lo stato di Bahia nel Nordeste
ne costituisce uno dei maggiori e più variegati, ma
soprattutto quello con le maggiori radici storiche e con la
più accentuata presenza nera di origine africana. Fu infat-
ti su questa costa atlantica dove il Sud America raggiun-
ge la sua massima estensione spingendosi a fondo
nell'oceano che nel 1501 avvenne il primo sbarco euro-
peo ad opera di Amerigo Vespucci, nell'ospitale baia di
Todos os Santos. La colonizzazione cominciò nel 1549,
con 400 soldati e altrettanti civili compresi preti e prosti-
tute, i quali edificarono su una scogliera il nucleo origina-
le di Salvador de Bahia. Per due secoli fu la capitale del
Brasile, tanto ricca da poter competere con Lisbona per la
fertilità del territorio in grado di produrre enormi quanti-
tà di canna da zucchero, cotone, cacao e il miglior tabac-
Testo di Anna Maria Arnesano e Foto di Giulio Badini
49
co dell'epoca. I campi richiedevano un numero elevato di
lavoratori a basso prezzo, per cui iniziò una massiccia
importazione di schiavi neri africani, preferiti agli indios
locali. Dal suo porto partivano per l'Europa legname,
zucchero, tabacco, cacao, bestiame, oro e diamanti, men-
tre vi approdavano schiavi e beni di lusso. La ricchezza di
quei tempi si ritrova ancora oggi nei bei palazzi, nei con-
venti e nelle chiese barocche piene d'oro e di intarsi pre-
senti nelle antiche cittadine coloniali. Qui, più che altrove,
europei, africani e indios hanno avuto cinque secoli a
disposizione per mescolarsi e integrarsi e qui la cultura
africana risulta profondamente radicata nella musica,
nella cucina e nella religione. Basti ricordare la diffusione
del candomblé, una religione sincretica dove al cattolice-
simo si mescola l'animismo africano del macumba ricco
di cerimonie peculiari, canti e danze che si concludono
nel trance e che permise ai neri la sopravvivenza fisica e
culturale nei secoli bui dello schiavismo, i frenetici ritmi
musicali dell'afoxé, i riti religiosi umbanda degli indios, la
spettacolare danza-lotta della capoeira. Sotto il profilo
anno 2 - n°6 Inverno 2013
In quell'enorme caleidoscopio geo-
grafico, ambientale e umano che è il
Brasile, lo stato di Bahia nel Nordeste
ne costituisce uno dei maggiori e più
variegati, ma soprattutto quello con
le maggiori radici storiche e con la
più accentuata presenza nera di ori-
gine africana. Fu infatti su questa
costa atlantica dove il Sud America
raggiunge la sua massima estensio-
ne spingendosi a fondo nell'oceano
che nel 1501 avvenne il primo sbarco
europeo ad opera di Amerigo
Vespucci, nell'ospitale baia di Todos
os Santos. La colonizzazione comin-
ciò nel 1549, con 400 soldati e altret-
tanti civili compresi preti e prostitu-
te, i quali edificarono su una scoglie-
ra il nucleo originale di Salvador de
Bahia. Per due secoli fu la capitale del
Brasile, tanto ricca da poter compe-
tere con Lisbona per la fertilità del
territorio in grado di produrre enor-
mi quantità di canna da zucchero,
cotone, cacao e il miglior tabacco
dell'epoca. I campi richiedevano un
numero elevato di lavoratori a basso
prezzo, per cui iniziò una massiccia
importazione di schiavi neri africani,
preferiti agli indios locali. Dal suo
speciale Sudamerica
50
BAHIA l'anima nera del Brasile
anno 2 - n°6 Inverno 2013
51
porto partivano per l'Europa legname, zucchero, tabac-
co, cacao, bestiame, oro e diamanti, mentre vi approda-
vano schiavi e beni di lusso. La ricchezza di quei tempi si
ritrova ancora oggi nei bei palazzi, nei conventi e nelle
chiese barocche piene d'oro e di intarsi presenti nelle
antiche cittadine coloniali. Qui, più che altrove, europei,
africani e indios hanno avuto cinque secoli a disposizione
per mescolarsi e integrarsi e qui la cultura africana risulta
profondamente radicata nella musica, nella cucina e nella
religione. Basti ricordare la diffusione del candomblé,
una religione sincretica dove al cattolicesimo si mescola
l'animismo africano del macumba ricco di cerimonie
peculiari, canti e danze che si concludono nel trance e
che permise ai neri la sopravvivenza fisica e culturale nei
secoli bui dello schiavismo, i frenetici ritmi musicali
dell'afoxé, i riti religiosi umbanda degli indios, la spetta-
colare danza-lotta della capoeira. Sotto il profilo geogra-
fico e ambientale presenta due distinti habitat peculiari.
La costa offre ciò che resta della Mata Atlantica, la fioren-
te foresta fluviale ricchissima di biodiversità e di endemi-
smi animali e vegetali, più antica di quella amazzonica,
che ricopriva per un centinaio di chilometri verso
l'interno tutta la costa brasiliana; fu la sua ricchezza di
legname ad attirare l'interesse dei colonialisti, che ne
distrussero gran parte per fare spazio alle piantagioni di
canna da zucchero, cacao e palme. Possiede stupende
spiagge incontaminate bordate da palme, semplici vil-
laggi di pescatori fuori dal tempo, lagune scintillanti e
canali bordati da mangrovie e alcune suggestive isole
dove la natura regna ancora sovrana. Alle spalle si esten-
de l'enorme sertao, zona arida con cactacee, palme e
arbusti spinosi tipici di un clima molto caldo e secco,
dove la rara fauna tende a vivere di notte o sottoterra. I
pochi abitanti si sostengono con l'allevamento di bestia-
me e una misera agricoltura di sussistenza. In passato è
stato il regno dei grandi latifondi, il rifugio per gli schiavi
ribelli, lo scenario per banditi e cercatori di diamanti, dan-
do vita ad un folclore genuino. Ogni possibile itinerario
non può che iniziare da Salvador de Bahia, la città più
monumentale, allegra e vivace del Brasile, un elegante
centro coloniale retaggio dei tempi d'oro dove assieme
ai monumenti ad attirare è lo spirito dei suoi abitanti,
sempre allegri e pronti a suonare, cantare e ballare per-
ché qui gli africani sono riusciti a conservare la propria
cultura originaria più che in qualsiasi altra parte del Nuo-
vo Mondo. Un gioiello naturalistico della Costa del Cacao
risulta costituito dall'isola di Boipeba, con semplici villag-
gi dove non esistono mezzi meccanici, tratti di foresta
51
In quell'enorme caleidoscopio geo-
grafico, ambientale e umano che è il
Brasile, lo stato di Bahia nel Nordeste
ne costituisce uno dei maggiori e più
variegati, ma soprattutto quello con
le maggiori radici storiche e con la
più accentuata presenza nera di ori-
gine africana. Fu infatti su questa
costa atlantica dove il Sud America
raggiunge la sua massima estensio-
ne spingendosi a fondo nell'oceano
che nel 1501 avvenne il primo sbarco
europeo ad opera di Amerigo
Vespucci, nell'ospitale baia di Todos
os Santos. La colonizzazione comin-
ciò nel 1549, con 400 soldati e altret-
tanti civili compresi preti e prostitu-
te, i quali edificarono su una scoglie-
ra il nucleo originale di Salvador de
Bahia. Per due secoli fu la capitale del
Brasile, tanto ricca da poter compe-
tere con Lisbona per la fertilità del
territorio in grado di produrre enor-
mi quantità di canna da zucchero,
cotone, cacao e il miglior tabacco
dell'epoca. I campi richiedevano un
numero elevato di lavoratori a basso
prezzo, per cui iniziò una massiccia
importazione di schiavi neri africani,
preferiti agli indios locali. Dal suo
speciale Sudamerica
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BAHIA l'anima nera del Brasile
anno 2 - n°6 Inverno 2013
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porto partivano per l'Europa legname, zucchero, tabac-
co, cacao, bestiame, oro e diamanti, mentre vi approda-
vano schiavi e beni di lusso. La ricchezza di quei tempi si
ritrova ancora oggi nei bei palazzi, nei conventi e nelle
chiese barocche piene d'oro e di intarsi presenti nelle
antiche cittadine coloniali. Qui, più che altrove, europei,
africani e indios hanno avuto cinque secoli a disposizione
per mescolarsi e integrarsi e qui la cultura africana risulta
profondamente radicata nella musica, nella cucina e nella
religione. Basti ricordare la diffusione del candomblé,
una religione sincretica dove al cattolicesimo si mescola
l'animismo africano del macumba ricco di cerimonie
peculiari, canti e danze che si concludono nel trance e
che permise ai neri la sopravvivenza fisica e culturale nei
secoli bui dello schiavismo, i frenetici ritmi musicali
dell'afoxé, i riti religiosi umbanda degli indios, la spetta-
colare danza-lotta della capoeira. Sotto il profilo geogra-
fico e ambientale presenta due distinti habitat peculiari.
La costa offre ciò che resta della Mata Atlantica, la fioren-
te foresta fluviale ricchissima di biodiversità e di endemi-
smi animali e vegetali, più antica di quella amazzonica,
che ricopriva per un centinaio di chilometri verso
l'interno tutta la costa brasiliana; fu la sua ricchezza di
legname ad attirare l'interesse dei colonialisti, che ne
distrussero gran parte per fare spazio alle piantagioni di
canna da zucchero, cacao e palme. Possiede stupende
spiagge incontaminate bordate da palme, semplici vil-
laggi di pescatori fuori dal tempo, lagune scintillanti e
canali bordati da mangrovie e alcune suggestive isole
dove la natura regna ancora sovrana. Alle spalle si esten-
de l'enorme sertao, zona arida con cactacee, palme e
arbusti spinosi tipici di un clima molto caldo e secco,
dove la rara fauna tende a vivere di notte o sottoterra. I
pochi abitanti si sostengono con l'allevamento di bestia-
me e una misera agricoltura di sussistenza. In passato è
stato il regno dei grandi latifondi, il rifugio per gli schiavi
ribelli, lo scenario per banditi e cercatori di diamanti, dan-
do vita ad un folclore genuino. Ogni possibile itinerario
non può che iniziare da Salvador de Bahia, la città più
monumentale, allegra e vivace del Brasile, un elegante
centro coloniale retaggio dei tempi d'oro dove assieme
ai monumenti ad attirare è lo spirito dei suoi abitanti,
sempre allegri e pronti a suonare, cantare e ballare per-
ché qui gli africani sono riusciti a conservare la propria
cultura originaria più che in qualsiasi altra parte del Nuo-
vo Mondo. Un gioiello naturalistico della Costa del Cacao
risulta costituito dall'isola di Boipeba, con semplici villag-
gi dove non esistono mezzi meccanici, tratti di foresta
51
speciale Sudamerica BAHIA l'anima nera del Brasile
atlantica, incantevoli insenature e 20 km di spiagge
deserte bordate da palme, fronteggianti un mare
d'incanto dove la barriera corallina forma piscine naturali
cristalline abitate da una miriade di pesci variopinti. Gio-
iello dell'interno invece è il parco nazionale della Chapa-
da Diamantina (dove chapada sta per altopiano), un'area
protetta estesa per 1.500 kmq istituita nel 1985 in una
magnifica regione di montagna coperta da foreste e
circondata dal polveroso sertao, formata da fiumi, casca-
te, laghetti, grotte e curiose forme geomorfologiche rac-
cordati da percorsi che si sviluppano tra cactus, elicrisi,
orchidee e paesaggi mozzafiato. Il parco, famoso per le
sue scimmie e le piante ornamentali selvatiche come bro-
melie, velosiacee, filodendri e fiori di paglia, presenta
anche peculiarità come il Marimbus, microregione palu-
dosa di rigogliosa vegetazione abitata da numerose spe-
cie di uccelli, pesci e caimani, il Poço Azul, un suggestivo
lago dall'intenso colore azzurro all'interno di una caverna
con concrezioni alabastrine, antichi villaggi di garimpei-
ros, i cercatori di diamanti di cui era ricca la zona e poi
52
anno 2 - n°6 Inverno 2013
5353
Lençois, antica cittadina mineraria con stradine acciotto-
late e edifici ottocenteschi dai colori vivaci. Cochoeira
infine, monumento nazionale, è uno splendido insieme
d'epoca coloniale rimasto intatto fino a noi, con chiese,
conventi e palazzi decorati da pregevoli azulejos; allo
stesso tempo è anche uno dei centri spiritualmente più
puri e importanti del candomblé. L'operatore milanese
“I Viaggi di Maurizio Levi” (tel. 0234934528, www.deserti-
viaggilevi.it), specializzato in itinerari a valenza ambien-
tale e etnografica, nel proprio catalogo propone nello
stato di Bahia un tour di 13 giorni dedicato alle principali
località ed ai riti del candomblè. Partenze individuali set-
timanali e bimestrali di gruppo da novembre a marzo
2013 con voli di linea da Milano e Roma, pernottamenti
in hotel e pousadas di buon livello con pensione comple-
ta, guida italiana residente in loco.•
speciale Sudamerica BAHIA l'anima nera del Brasile
atlantica, incantevoli insenature e 20 km di spiagge
deserte bordate da palme, fronteggianti un mare
d'incanto dove la barriera corallina forma piscine naturali
cristalline abitate da una miriade di pesci variopinti. Gio-
iello dell'interno invece è il parco nazionale della Chapa-
da Diamantina (dove chapada sta per altopiano), un'area
protetta estesa per 1.500 kmq istituita nel 1985 in una
magnifica regione di montagna coperta da foreste e
circondata dal polveroso sertao, formata da fiumi, casca-
te, laghetti, grotte e curiose forme geomorfologiche rac-
cordati da percorsi che si sviluppano tra cactus, elicrisi,
orchidee e paesaggi mozzafiato. Il parco, famoso per le
sue scimmie e le piante ornamentali selvatiche come bro-
melie, velosiacee, filodendri e fiori di paglia, presenta
anche peculiarità come il Marimbus, microregione palu-
dosa di rigogliosa vegetazione abitata da numerose spe-
cie di uccelli, pesci e caimani, il Poço Azul, un suggestivo
lago dall'intenso colore azzurro all'interno di una caverna
con concrezioni alabastrine, antichi villaggi di garimpei-
ros, i cercatori di diamanti di cui era ricca la zona e poi
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anno 2 - n°6 Inverno 2013
5353
Lençois, antica cittadina mineraria con stradine acciotto-
late e edifici ottocenteschi dai colori vivaci. Cochoeira
infine, monumento nazionale, è uno splendido insieme
d'epoca coloniale rimasto intatto fino a noi, con chiese,
conventi e palazzi decorati da pregevoli azulejos; allo
stesso tempo è anche uno dei centri spiritualmente più
puri e importanti del candomblé. L'operatore milanese
“I Viaggi di Maurizio Levi” (tel. 0234934528, www.deserti-
viaggilevi.it), specializzato in itinerari a valenza ambien-
tale e etnografica, nel proprio catalogo propone nello
stato di Bahia un tour di 13 giorni dedicato alle principali
località ed ai riti del candomblè. Partenze individuali set-
timanali e bimestrali di gruppo da novembre a marzo
2013 con voli di linea da Milano e Roma, pernottamenti
in hotel e pousadas di buon livello con pensione comple-
ta, guida italiana residente in loco.•
57
anno 2 - n°6 Inverno 2013
zia su chilometri di verde, punteggiato dai laghi e da
fattorie dal tetto spiovente e, nelle giornate più limpi-
de, arriva fino alle Alpi. Natura a parte, la Foresta Nera,
che coincide con il Baden-Wurttemberg, una delle
regioni più estese della Germania, con i suoi bellissimi
boschi, le valli del Reno e del Danubio, il lago di
Costanza, è costellata anche da splendide città ricche di
arte e di cultura come Heidelberg, Costanza, Mannheim,
Friedrichshafen e, naturalmente la suggestiva capitale del-
la Foresta Nera, Friburgo.
FriburgoNon è esagerato dire che la storia di questa bella città ruota
attorno alla Cattedrale, suo simbolo ed orgoglio. Un magnifico capo-
lavoro dell'architettura gotica tedesca che ha richiesto trecento anni
per la sua costruzione (XIII-XVI secolo). La torre, la parte più anti-
ca, alta 116 m. - sale su otto lati di polifore fino alla raffinatis-
sima guglia che sembra una filigrana. Chi ha fiato per rag-
giungerli quei 116 metri che portano al meraviglioso
campanile, viene premiato con un panorama moz-
za-fiato. Attorno alla cattedrale, nella bella
Munsterplatz, si raccoglie l'antica città
medievale con i suoi tesori architet-
tonici. Primo tra tutti la vistosa cin-
quecentesca Kaufhaus (Casa del
commercio), una volta magazzino
di scambi commerciali testimone
dell'importanza di Friburgo nel
Medioevo come centro econo-
mico, oggi è adibito ad eventi
culturali e mondani. Una fac-
Il Carnevale della Foresta NeraIl Carnevale della Foresta NeraIl Carnevale della Foresta Nera
GERMANIA BADEN-WURTTEMBERG
È la Gallia Cisalpina dei Romani, la Foresta Nera,
nel Sud della Germania, al confine con la Fran-
cia e la Svizzera, nella regione del Baden-
Wurttemberg. Una regione dove tutto sembra
nascere da una fiaba, le casette di legno, i cervi, i pic-
coli laghi e i mulini ad acqua, le botteghe artigiane e
gli orologi a cucù. Considerando il profondo senso
dell'ospitalità che distingue questa parte della Ger-
mania, si può comprendere come qui il turista sia
considerato un ospite da coccolare, cui offrire il me-
glio. Ogni stagione ha la sua attrattiva. D'inverno il
manto di neve al sole può essere sfruttato quasi
fino ad aprile, e la Foresta Nera, con oltre 100 piste
di sci da fondo, 200 skilift, piste per slitte trainate da
cavalli, è tutto un mondo da godere. E che c'è di
meglio dopo una giornata passata sui campi da sci
se non ritrovarsi seduti nelle Gemutliche Bau-
ernstuben? Una sorta di tavernette contadine tap-
pezzate di legno che offrono all'ospite intorno alla
stufa di maioliche lo Schwarzwalderschinken, pro-
sciutto affumicato su brace d'abete e di ginepro, e il
gustoso Holzofenbrot, pane di segala cotto al forno
a legna. Finito l'inverno comincia la stagione del
Wandern, lo sport del passeggiare in mezzo ad un
paesaggio fatto di dolci colline, di pianure verdissi-
me, di sentieri che attraversano fitti boschi ricchi di
faggi, aceri, abeti rossi. E visto che anche il Wande-
rurlaub è una vacanza estremamente riposante, inu-
tile andarsene in giro con gli zaini troppo carichi in
spalla. Le aziende di soggiorno consigliano i per-
corsi secondo le esigenze dell'ospite e la durata del-
la permanenza. Il Wandern ohne
Gepack è nato qui. Si tratta di
una formula di vacanza per
la quale il vostro bagaglio
viene portato per voi da
un albergo all'altro,
mentre voi camminate
a piedi, in bicicletta o
sugli sci. Per gli sportivi la
zona di Hinterzarten è un vero
paradiso, dove si possono praticare un po' tut-
te le attività. Ci sono 44 km di piste per lo sci di
fondo; e 40 sono i chilometri per camminare
tenuti liberi quotidianamente dalla neve. Non
lontano vi è il lago Titisee, meta di turisti e sportivi
con numerosi negozi dove si possono acquistare
i famosi orologi a cucù. Ma il più grande lago del-
la Foresta Nera è lo Schluchsee, che ha un clima
particolarmente salutare. Ci sono 150 km di
percorsi segnati per passeggiate soli-
tarie. A pochi passi da que-
sto lago c'è il Fel-
dberg, la monta-
gna più alta del-
la Foresta Nera
(m1493) , da
dove si vede
uno spettaco-
lo indimenti-
cabile.
Lo sguardo spa-
Testo di
Teresa Carrubba
56
Germania: Baden-wurttemberg
57
anno 2 - n°6 Inverno 2013
zia su chilometri di verde, punteggiato dai laghi e da
fattorie dal tetto spiovente e, nelle giornate più limpi-
de, arriva fino alle Alpi. Natura a parte, la Foresta Nera,
che coincide con il Baden-Wurttemberg, una delle
regioni più estese della Germania, con i suoi bellissimi
boschi, le valli del Reno e del Danubio, il lago di
Costanza, è costellata anche da splendide città ricche di
arte e di cultura come Heidelberg, Costanza, Mannheim,
Friedrichshafen e, naturalmente la suggestiva capitale del-
la Foresta Nera, Friburgo.
FriburgoNon è esagerato dire che la storia di questa bella città ruota
attorno alla Cattedrale, suo simbolo ed orgoglio. Un magnifico capo-
lavoro dell'architettura gotica tedesca che ha richiesto trecento anni
per la sua costruzione (XIII-XVI secolo). La torre, la parte più anti-
ca, alta 116 m. - sale su otto lati di polifore fino alla raffinatis-
sima guglia che sembra una filigrana. Chi ha fiato per rag-
giungerli quei 116 metri che portano al meraviglioso
campanile, viene premiato con un panorama moz-
za-fiato. Attorno alla cattedrale, nella bella
Munsterplatz, si raccoglie l'antica città
medievale con i suoi tesori architet-
tonici. Primo tra tutti la vistosa cin-
quecentesca Kaufhaus (Casa del
commercio), una volta magazzino
di scambi commerciali testimone
dell'importanza di Friburgo nel
Medioevo come centro econo-
mico, oggi è adibito ad eventi
culturali e mondani. Una fac-
Il Carnevale della Foresta NeraIl Carnevale della Foresta NeraIl Carnevale della Foresta Nera
GERMANIA BADEN-WURTTEMBERG
È la Gallia Cisalpina dei Romani, la Foresta Nera,
nel Sud della Germania, al confine con la Fran-
cia e la Svizzera, nella regione del Baden-
Wurttemberg. Una regione dove tutto sembra
nascere da una fiaba, le casette di legno, i cervi, i pic-
coli laghi e i mulini ad acqua, le botteghe artigiane e
gli orologi a cucù. Considerando il profondo senso
dell'ospitalità che distingue questa parte della Ger-
mania, si può comprendere come qui il turista sia
considerato un ospite da coccolare, cui offrire il me-
glio. Ogni stagione ha la sua attrattiva. D'inverno il
manto di neve al sole può essere sfruttato quasi
fino ad aprile, e la Foresta Nera, con oltre 100 piste
di sci da fondo, 200 skilift, piste per slitte trainate da
cavalli, è tutto un mondo da godere. E che c'è di
meglio dopo una giornata passata sui campi da sci
se non ritrovarsi seduti nelle Gemutliche Bau-
ernstuben? Una sorta di tavernette contadine tap-
pezzate di legno che offrono all'ospite intorno alla
stufa di maioliche lo Schwarzwalderschinken, pro-
sciutto affumicato su brace d'abete e di ginepro, e il
gustoso Holzofenbrot, pane di segala cotto al forno
a legna. Finito l'inverno comincia la stagione del
Wandern, lo sport del passeggiare in mezzo ad un
paesaggio fatto di dolci colline, di pianure verdissi-
me, di sentieri che attraversano fitti boschi ricchi di
faggi, aceri, abeti rossi. E visto che anche il Wande-
rurlaub è una vacanza estremamente riposante, inu-
tile andarsene in giro con gli zaini troppo carichi in
spalla. Le aziende di soggiorno consigliano i per-
corsi secondo le esigenze dell'ospite e la durata del-
la permanenza. Il Wandern ohne
Gepack è nato qui. Si tratta di
una formula di vacanza per
la quale il vostro bagaglio
viene portato per voi da
un albergo all'altro,
mentre voi camminate
a piedi, in bicicletta o
sugli sci. Per gli sportivi la
zona di Hinterzarten è un vero
paradiso, dove si possono praticare un po' tut-
te le attività. Ci sono 44 km di piste per lo sci di
fondo; e 40 sono i chilometri per camminare
tenuti liberi quotidianamente dalla neve. Non
lontano vi è il lago Titisee, meta di turisti e sportivi
con numerosi negozi dove si possono acquistare
i famosi orologi a cucù. Ma il più grande lago del-
la Foresta Nera è lo Schluchsee, che ha un clima
particolarmente salutare. Ci sono 150 km di
percorsi segnati per passeggiate soli-
tarie. A pochi passi da que-
sto lago c'è il Fel-
dberg, la monta-
gna più alta del-
la Foresta Nera
(m1493) , da
dove si vede
uno spettaco-
lo indimenti-
cabile.
Lo sguardo spa-
Testo di
Teresa Carrubba
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Germania: Baden-wurttemberg
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anno 2 - n°6 Inverno 2013
miche locali e le tipiche scarpe di
paglia. Quando poi si fa festa, la Mun-
sterplatz si profuma di Germania, di
salsicce e di wurstel caldi. Chi capita a
Friburgo nella prima settimana di
luglio, per esempio, s'imbatte nella
caratteristica Festa del vino. Stands e
tendoni allestiti tutt'intorno alla Cat-
tedrale esibiscono più di 400 vini che
rappresentano il meglio della varietà
prodotta dalle regioni vinicole del
Baden-Wurttemberg meridionale,
una delle zone migliori per la vitivini-
coltura in quanto ampiamente soleg-
giata. Il vino che si degusta durante
l'allegra settimana della Festa del
vino è selezionatissimo, di alta quali-
tà, e la sera accompagna ghiotte spe-
cialità gastronomiche preparate da
rinomati chef della città. La musica,
poi, fa il resto. Dalla piazza della Cat-
tedrale si diramano vicoli e vicoletti
che raccordano il suggestivo centro
storico di Friburgo. Nel silenzio asso-
luto della sera, dovuto anche al fatto
che la zona è severamente pedonale,
si sente solo il gorgoglio dei bachle,
canaletti d'acqua che corrono lungo i
lati delle strade. Nati in passato con
una funzione idraulica e antincendio,
oggi sono un elemento di particola-
rissimo gusto architettonico. Bella
l'atmosfera dei negozi che a sera
rimangono illuminati evidenziando
le vetrine ben curate, ma anche le tipi-
che insegne in ferro battuto o i mosa-
ici che descrivono con un simbolo i
prodotti in vendita. Rimasta per un
lungo periodo (1388-1806) sotto la
corona austriaca, Friburgo ha svilup-
pato molto la propria vita economica
e intellettuale; la sua Università, fon-
data nel 1457, è considerata tra le più
prestigiose della Germania. E questo
fa di Friburgo una città essenzial-
mente giovane e vivace. Lo si vede
soprattutto la sera, negli scorci del
suggestivo centro storico, quando i
piccoli caffè dalla calda atmosfera tut-
ta tedesca si affollano di ragazzi e di
allegria. Così come, salendo un po' su
per la collina, si trova sempre gente a
b e r e u n d r i n k o a g u s t a r e
l'irrinunciabile torta “Foresta Nera” in
uno dei locali che si affacciano su Fri-
burgo vista dall'alto, di sera illumina-
ta e suggestiva come un presepe. Rat-
hausplatz, la Piazza del Municipio,
sorge nella parte occidentale del cen-
tro storico. Lo dice il nome stesso: vi
sorgono il Municipio nuovo (a mez-
zogiorno suona il carillon) e il Muni-
cipio vecchio (XVI secolo). E la chiesa
di San Martino; completamente
distrutta durante la Seconda guerra
mondiale, fu ricostruita nello stile
ascetico tipico dell'ordine francesca-
no. Al centro, la statua del monaco
francescano Berthold Schwarz, cui si
attribuisce l'introduzione in Germa-
nia della polvere da sparo (1359)
Dietro la chiesa si trova la Haus zum
Walfisch (Casa della balena), con le
sue magnifiche finestre ad arco in
stile tardo-gotico, usata per un certo
periodo da Erasmo da Rotterdam
dopo che, nel 1529, fu espulso da
Basilea. Da Friburgo, porta meridio-
nale della Foresta Nera, ci si sposta
facilmente nei dintorni. Lo Schauin-
sland, alto 1284 m, fa parte del suo
territorio e a pochi chilometri dalla cit-
tà si apre la selvaggia e suggestiva
Hollental (valle dell'inferno). Interes-
santi, poi, sono le abbazie e le chiese
vicine, come S. Ulrich, S. Peter, S. Mar-
gen e l'abbazia dei benedettini a S.
Blasien.
L' Europa Park di RustChi visita la Foresta Nera e Friburgo
non può non fare l'esperienza
dell'Europa Park, il grandioso e visita-58
Germania: Baden-wurttemberg
ciata rosso pompeiano disegnata da
due eleganti bow-windows e da scul-
ture dipinte a dividere le finestre. Ai
suoi lati sorgono la Haus zum Ritter,
un tempo sede arcivescovile, e il
palazzo rococò della Wenzigerhaus,
sede del Museo sulla storia della città.
La sontuosità monumentale di tali edi-
fici viene “sdrammatizzata” ogni gior-
no da un mercatino pittoresco. Fiori,
frutta e verdura, ma anche il famoso
miele della Foresta Nera, spezie, cera-
59
anno 2 - n°6 Inverno 2013
miche locali e le tipiche scarpe di
paglia. Quando poi si fa festa, la Mun-
sterplatz si profuma di Germania, di
salsicce e di wurstel caldi. Chi capita a
Friburgo nella prima settimana di
luglio, per esempio, s'imbatte nella
caratteristica Festa del vino. Stands e
tendoni allestiti tutt'intorno alla Cat-
tedrale esibiscono più di 400 vini che
rappresentano il meglio della varietà
prodotta dalle regioni vinicole del
Baden-Wurttemberg meridionale,
una delle zone migliori per la vitivini-
coltura in quanto ampiamente soleg-
giata. Il vino che si degusta durante
l'allegra settimana della Festa del
vino è selezionatissimo, di alta quali-
tà, e la sera accompagna ghiotte spe-
cialità gastronomiche preparate da
rinomati chef della città. La musica,
poi, fa il resto. Dalla piazza della Cat-
tedrale si diramano vicoli e vicoletti
che raccordano il suggestivo centro
storico di Friburgo. Nel silenzio asso-
luto della sera, dovuto anche al fatto
che la zona è severamente pedonale,
si sente solo il gorgoglio dei bachle,
canaletti d'acqua che corrono lungo i
lati delle strade. Nati in passato con
una funzione idraulica e antincendio,
oggi sono un elemento di particola-
rissimo gusto architettonico. Bella
l'atmosfera dei negozi che a sera
rimangono illuminati evidenziando
le vetrine ben curate, ma anche le tipi-
che insegne in ferro battuto o i mosa-
ici che descrivono con un simbolo i
prodotti in vendita. Rimasta per un
lungo periodo (1388-1806) sotto la
corona austriaca, Friburgo ha svilup-
pato molto la propria vita economica
e intellettuale; la sua Università, fon-
data nel 1457, è considerata tra le più
prestigiose della Germania. E questo
fa di Friburgo una città essenzial-
mente giovane e vivace. Lo si vede
soprattutto la sera, negli scorci del
suggestivo centro storico, quando i
piccoli caffè dalla calda atmosfera tut-
ta tedesca si affollano di ragazzi e di
allegria. Così come, salendo un po' su
per la collina, si trova sempre gente a
b e r e u n d r i n k o a g u s t a r e
l'irrinunciabile torta “Foresta Nera” in
uno dei locali che si affacciano su Fri-
burgo vista dall'alto, di sera illumina-
ta e suggestiva come un presepe. Rat-
hausplatz, la Piazza del Municipio,
sorge nella parte occidentale del cen-
tro storico. Lo dice il nome stesso: vi
sorgono il Municipio nuovo (a mez-
zogiorno suona il carillon) e il Muni-
cipio vecchio (XVI secolo). E la chiesa
di San Martino; completamente
distrutta durante la Seconda guerra
mondiale, fu ricostruita nello stile
ascetico tipico dell'ordine francesca-
no. Al centro, la statua del monaco
francescano Berthold Schwarz, cui si
attribuisce l'introduzione in Germa-
nia della polvere da sparo (1359)
Dietro la chiesa si trova la Haus zum
Walfisch (Casa della balena), con le
sue magnifiche finestre ad arco in
stile tardo-gotico, usata per un certo
periodo da Erasmo da Rotterdam
dopo che, nel 1529, fu espulso da
Basilea. Da Friburgo, porta meridio-
nale della Foresta Nera, ci si sposta
facilmente nei dintorni. Lo Schauin-
sland, alto 1284 m, fa parte del suo
territorio e a pochi chilometri dalla cit-
tà si apre la selvaggia e suggestiva
Hollental (valle dell'inferno). Interes-
santi, poi, sono le abbazie e le chiese
vicine, come S. Ulrich, S. Peter, S. Mar-
gen e l'abbazia dei benedettini a S.
Blasien.
L' Europa Park di RustChi visita la Foresta Nera e Friburgo
non può non fare l'esperienza
dell'Europa Park, il grandioso e visita-58
Germania: Baden-wurttemberg
ciata rosso pompeiano disegnata da
due eleganti bow-windows e da scul-
ture dipinte a dividere le finestre. Ai
suoi lati sorgono la Haus zum Ritter,
un tempo sede arcivescovile, e il
palazzo rococò della Wenzigerhaus,
sede del Museo sulla storia della città.
La sontuosità monumentale di tali edi-
fici viene “sdrammatizzata” ogni gior-
no da un mercatino pittoresco. Fiori,
frutta e verdura, ma anche il famoso
miele della Foresta Nera, spezie, cera-
61
anno 2 - n°6 Inverno 2013
cupola costruita nel 1785 del Castello
(1752-78), inserito in un vasto parco,
ricco di bella vegetazione, di un giar-
dino botanico con serre dove cresco-
no monumentali cactus e di una cura-
tissima orangerie, dal quale, come
abbiamo detto, partono strade
disposte a raggiera. Il Castello, che si
sviluppa su pianta ad U, è uno dei
pochi monumenti cittadini ad essere
stato ricostruito secondo lo stile ori-
ginario, che testimonia il passaggio
dal Barocco al Neoclassicismo. Con-
siderato fin dalla costruzione sia
come residenza di rappresentanza
che come luogo di riposo, il castello
di Karlsruhe è circondato dal bellissi-
mo parco, che se nella parte in vista
verso il centro della città ha una strut-
tura regolare, con aiuole e viali sim-
metrici, sul retro denuncia il gusto
romantico tipico del giardino
all'inglese. Ora il Castello è un museo
permanente e d'estate il parco anti-
stante l'entrata principale del palazzo
si offre come suggestivo scenario per
opere liriche e spettacoli musicali.Le
60
Germania: Baden-wurttemberg
tissimo parco di divertimenti costrui-
to con un concetto particolare. Rag-
gruppa per zone i vari Paesi europei,
ogni area è a tema e cerca di rappre-
sentare l'atmosfera di un paese,
l'architettura, i prodotti artigianali, la
cucina, la storia.
L'itinerario nella zona della Foresta
Nera può prevedere altre soste
come, per esempio a Baden Baden e
a Karlsruhe
Baden BadenDestinazione turistica tra le più famo-
se d'Europa, Baden Baden deve la
sua celebrità ai lussuosi impianti ter-
mali, in attività fin dal 1507. Le fonti
erano già note ai romani che in onore
dell'imperatore Aurelio Severo Ales-
sandro le battezzarono Aquae Aure-
liae. L'altra attrattiva di Baden Baden
che favorisce la frequentazione assi-
dua di visitatori facoltosi è il famoso
casinò cittadino, meta abituale di ari-
stocratici e personaggi noti che han-
no sempre reso il luogo molto rino-
mato. Il Kurhaus di Baden Baden,
infatti, è stata la prima casa da gioco
aperta in Germania (1838). Ha sede in
un elegante edificio costruito negli
anni 1821-24 da F. Weibrenner, al qua-
le è stato intitolato il salone dei con-
certi, la Weinbrennersaal.
KarlsruheNon è un caso che dal “Castello” si
dirami tutta la città, lungo le nervatu-
re di un immaginario ventaglio, per-
ché è da lì che da sempre nasce la sto-
ria, il potere ed oggi la cultura di
Karlsruhe, letteralmente il 'riposo di
Carlo'. Carlo Guglielmo, marchese di
Baden-Durlach, che così volle la sua
città. Nella valle del Reno, tra Foresta
Nera, Palatinato e Alsazia. Nasce nel
1715, e prende la struttura di una
vera città solo nel 1806 sotto la dire-
zione dell'architetto F. Weinbrenner,
quando diviene capitale del Baden-
Württemberg. Dopo le devastazioni
della seconda guerra mondiale, alle
quali tuttavia non sono seguiti ade-
guati lavori di ricostruzione, una
Karlsruhe ricostruita diventa un fio-
rente porto fluviale, sede di industrie
chimiche e metalmeccaniche. Dagli
anni '50 è sede dei principali organi
giudiziari della Germania federale, la
Corte Suprema Federale e la Corte
Costituzionale Federale. Schloss e
Schlosspark, il Castello e il suo Parco.
Dal punto di vista urbanistico il fulcro
di Karlsruhe è rappresentato dalla
61
anno 2 - n°6 Inverno 2013
cupola costruita nel 1785 del Castello
(1752-78), inserito in un vasto parco,
ricco di bella vegetazione, di un giar-
dino botanico con serre dove cresco-
no monumentali cactus e di una cura-
tissima orangerie, dal quale, come
abbiamo detto, partono strade
disposte a raggiera. Il Castello, che si
sviluppa su pianta ad U, è uno dei
pochi monumenti cittadini ad essere
stato ricostruito secondo lo stile ori-
ginario, che testimonia il passaggio
dal Barocco al Neoclassicismo. Con-
siderato fin dalla costruzione sia
come residenza di rappresentanza
che come luogo di riposo, il castello
di Karlsruhe è circondato dal bellissi-
mo parco, che se nella parte in vista
verso il centro della città ha una strut-
tura regolare, con aiuole e viali sim-
metrici, sul retro denuncia il gusto
romantico tipico del giardino
all'inglese. Ora il Castello è un museo
permanente e d'estate il parco anti-
stante l'entrata principale del palazzo
si offre come suggestivo scenario per
opere liriche e spettacoli musicali.Le
60
Germania: Baden-wurttemberg
tissimo parco di divertimenti costrui-
to con un concetto particolare. Rag-
gruppa per zone i vari Paesi europei,
ogni area è a tema e cerca di rappre-
sentare l'atmosfera di un paese,
l'architettura, i prodotti artigianali, la
cucina, la storia.
L'itinerario nella zona della Foresta
Nera può prevedere altre soste
come, per esempio a Baden Baden e
a Karlsruhe
Baden BadenDestinazione turistica tra le più famo-
se d'Europa, Baden Baden deve la
sua celebrità ai lussuosi impianti ter-
mali, in attività fin dal 1507. Le fonti
erano già note ai romani che in onore
dell'imperatore Aurelio Severo Ales-
sandro le battezzarono Aquae Aure-
liae. L'altra attrattiva di Baden Baden
che favorisce la frequentazione assi-
dua di visitatori facoltosi è il famoso
casinò cittadino, meta abituale di ari-
stocratici e personaggi noti che han-
no sempre reso il luogo molto rino-
mato. Il Kurhaus di Baden Baden,
infatti, è stata la prima casa da gioco
aperta in Germania (1838). Ha sede in
un elegante edificio costruito negli
anni 1821-24 da F. Weibrenner, al qua-
le è stato intitolato il salone dei con-
certi, la Weinbrennersaal.
KarlsruheNon è un caso che dal “Castello” si
dirami tutta la città, lungo le nervatu-
re di un immaginario ventaglio, per-
ché è da lì che da sempre nasce la sto-
ria, il potere ed oggi la cultura di
Karlsruhe, letteralmente il 'riposo di
Carlo'. Carlo Guglielmo, marchese di
Baden-Durlach, che così volle la sua
città. Nella valle del Reno, tra Foresta
Nera, Palatinato e Alsazia. Nasce nel
1715, e prende la struttura di una
vera città solo nel 1806 sotto la dire-
zione dell'architetto F. Weinbrenner,
quando diviene capitale del Baden-
Württemberg. Dopo le devastazioni
della seconda guerra mondiale, alle
quali tuttavia non sono seguiti ade-
guati lavori di ricostruzione, una
Karlsruhe ricostruita diventa un fio-
rente porto fluviale, sede di industrie
chimiche e metalmeccaniche. Dagli
anni '50 è sede dei principali organi
giudiziari della Germania federale, la
Corte Suprema Federale e la Corte
Costituzionale Federale. Schloss e
Schlosspark, il Castello e il suo Parco.
Dal punto di vista urbanistico il fulcro
di Karlsruhe è rappresentato dalla
63
anno 2 - n°6 Inverno 2013
opere di pittura conservate nel principale museo di Karlsruhe, la Staatliche Kun-
sthalle, provengono in gran parte dalle collezioni dei principi elettori del Baden e
sono state esposte per la prima volta al pubblico nel 1846. La collezione di pittura
contemporanea della Staatliche Kunsthalle ha sede nell'Orangerie. In linea diretta
con il Castello, la Marktplatz, la piazza principale di Karlsruhe conserva i pochi edifici
neoclassici sopravvissuti ai bombardamenti. Sotto la piramide-mausoleo che Wein-
brenner fece innalzare nel 1807 al centro della Marktplatz è sepolto il fondatore del-
la città, Carlo Guglielmo appunto. La fontana con la statua del granduca Luigi
(1832), il Rathaus (1816) e la Pfarrkirche (1807-16), la chiesa evangelica, che circon-
dano la piazza sono altre opere dell'architetto Weinbrenner, nativo di Karlsruhe.
Karlsruhe, una città che aspira ad essere nominala la prossima Capitale europea
dell'arte, è allo stesso tempo una città all'avenguardia sotto vari profili. A partire
dall'ampia struttura tranviaria cittadina a doppio sistema che permet-
te di raggiungere tutte le maggiori località della regione del
Baden-Wurttemberg. Fino a un centro altamente tecno-
logico, il più importante al mondo, lo ZKM, il Centro
di Arte e Media, una sorta di università per corsi
62
Germania: Baden-wurttemberg
63
anno 2 - n°6 Inverno 2013
opere di pittura conservate nel principale museo di Karlsruhe, la Staatliche Kun-
sthalle, provengono in gran parte dalle collezioni dei principi elettori del Baden e
sono state esposte per la prima volta al pubblico nel 1846. La collezione di pittura
contemporanea della Staatliche Kunsthalle ha sede nell'Orangerie. In linea diretta
con il Castello, la Marktplatz, la piazza principale di Karlsruhe conserva i pochi edifici
neoclassici sopravvissuti ai bombardamenti. Sotto la piramide-mausoleo che Wein-
brenner fece innalzare nel 1807 al centro della Marktplatz è sepolto il fondatore del-
la città, Carlo Guglielmo appunto. La fontana con la statua del granduca Luigi
(1832), il Rathaus (1816) e la Pfarrkirche (1807-16), la chiesa evangelica, che circon-
dano la piazza sono altre opere dell'architetto Weinbrenner, nativo di Karlsruhe.
Karlsruhe, una città che aspira ad essere nominala la prossima Capitale europea
dell'arte, è allo stesso tempo una città all'avenguardia sotto vari profili. A partire
dall'ampia struttura tranviaria cittadina a doppio sistema che permet-
te di raggiungere tutte le maggiori località della regione del
Baden-Wurttemberg. Fino a un centro altamente tecno-
logico, il più importante al mondo, lo ZKM, il Centro
di Arte e Media, una sorta di università per corsi
62
Germania: Baden-wurttemberg
64
Germania: Baden-wurttemberg
d'arte e di tecnica digitale. Contiene un interessantissimo
Museo dei Media , completamente interattivo, dove è
possibile sperimentare alcune incredibili possibilità della
nuova tecnologia telematica.
Il Carnevale della Foresta NeraLa Foresta Nera è famosa anche per il suo Carnevale, Alle-
manische Fastnacht. Niente a che vedere con il Karneval
della Renania o con il Fasching della Baviera, carnevali
prettamente cittadini. Il Fastnacht è un'altra cosa.
Comincia il 6 gennaio e finisce il mercoledì delle Ceneri,
anche se il massimo dell'allegria esplode il Giovedì gras-
so. Le maschere sono artigianali, in genere di legno e lavo-
rate a mano; diverse nei vari paesi, rappresentano perso-
naggi di leggende antiche come i Pflumeschlucker, i man-
giaprugne. Il Giovedì grasso si apre con un frastuono di
campanelli, pentole e sonagli fin dalle 5 del mattino. Si for-
mano cortei in maschera, i Narren (folletti) che vanno a
prendere i ragazzi nelle scuole. A Rottweil c'è il Narren-
sprung, il tradizionale salto attraverso la porta della città.
A Schonberg i Narren ballano la polonaise. Dappertutto
si formano cortei che distribuiscono ghiottonerie. Il mar-
tedì grasso, dopo un'altra giornata di festa, c'è il rogo del-
le streghe, ma insieme ad esse bruciano anche maschere
e pupazzi di paglia, quasi ad uccidere definitivamente
l'inverno. Il mercoledì delle Ceneri prevede le Wein-
bergschnecken, le lumache dei vigneti gratinate con bur-
ro ed erbe aromatiche; ci sono quindi le aringhe all'agro e
lo stoccafisso al burro con crauti e patate, che prean-
nunciano la Quaresima. Ma neanche la Quaresima è poi
così magra!
INFORMAZIONI UTILIDall'Italia la Foresta Nera può essere raggiunta in mac-
china attraverso il valico del S. Gottardo ; per via aerea
con Rayan Air fino a Baden o in treno fino a Stoccarda o
Basilea.
http://www.viaggio-in-germania.de/info.html
http://www.freiburg.de/pb/,Lde/226940.html
http://www.baden-baden.de/it/index.html
www.karlsruhe.de/Tourismus/index
www.europapark.de
64
Germania: Baden-wurttemberg
d'arte e di tecnica digitale. Contiene un interessantissimo
Museo dei Media , completamente interattivo, dove è
possibile sperimentare alcune incredibili possibilità della
nuova tecnologia telematica.
Il Carnevale della Foresta NeraLa Foresta Nera è famosa anche per il suo Carnevale, Alle-
manische Fastnacht. Niente a che vedere con il Karneval
della Renania o con il Fasching della Baviera, carnevali
prettamente cittadini. Il Fastnacht è un'altra cosa.
Comincia il 6 gennaio e finisce il mercoledì delle Ceneri,
anche se il massimo dell'allegria esplode il Giovedì gras-
so. Le maschere sono artigianali, in genere di legno e lavo-
rate a mano; diverse nei vari paesi, rappresentano perso-
naggi di leggende antiche come i Pflumeschlucker, i man-
giaprugne. Il Giovedì grasso si apre con un frastuono di
campanelli, pentole e sonagli fin dalle 5 del mattino. Si for-
mano cortei in maschera, i Narren (folletti) che vanno a
prendere i ragazzi nelle scuole. A Rottweil c'è il Narren-
sprung, il tradizionale salto attraverso la porta della città.
A Schonberg i Narren ballano la polonaise. Dappertutto
si formano cortei che distribuiscono ghiottonerie. Il mar-
tedì grasso, dopo un'altra giornata di festa, c'è il rogo del-
le streghe, ma insieme ad esse bruciano anche maschere
e pupazzi di paglia, quasi ad uccidere definitivamente
l'inverno. Il mercoledì delle Ceneri prevede le Wein-
bergschnecken, le lumache dei vigneti gratinate con bur-
ro ed erbe aromatiche; ci sono quindi le aringhe all'agro e
lo stoccafisso al burro con crauti e patate, che prean-
nunciano la Quaresima. Ma neanche la Quaresima è poi
così magra!
INFORMAZIONI UTILIDall'Italia la Foresta Nera può essere raggiunta in mac-
china attraverso il valico del S. Gottardo ; per via aerea
con Rayan Air fino a Baden o in treno fino a Stoccarda o
Basilea.
http://www.viaggio-in-germania.de/info.html
http://www.freiburg.de/pb/,Lde/226940.html
http://www.baden-baden.de/it/index.html
www.karlsruhe.de/Tourismus/index
www.europapark.de
67
anno 2 - n°6 Inverno 2013
Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac... testo di
Artifex
olosa, capoluogo della regione Midi Pirenei e “porta settentrionale dei Pirenei” Tè una città piena di vita, già capitale della Linguadoca, oggi al quarto posto
nella graduatoria delle città medie di Francia. Si estende su una vasta pianura
sottolineata dal corso della Garonna e vive nel suo fervido sviluppo attuale, animata e
66
speciale Francia Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac
nel “Paese della Cuccagna”!!
67
anno 2 - n°6 Inverno 2013
Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac... testo di
Artifex
olosa, capoluogo della regione Midi Pirenei e “porta settentrionale dei Pirenei” Tè una città piena di vita, già capitale della Linguadoca, oggi al quarto posto
nella graduatoria delle città medie di Francia. Si estende su una vasta pianura
sottolineata dal corso della Garonna e vive nel suo fervido sviluppo attuale, animata e
66
speciale Francia Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac
nel “Paese della Cuccagna”!!
69
anno 2 - n°6 Inverno 2013
filosofia. Tolosa comunque va colta nella sua gioiosa
vitalità, a mano a mano, passeggiando a piedi, attraverso
i suoi vecchi quartieri e i suoi vicoli pedonali. Appaiono
così i bei cortili rinascimentali, facenti parte di un patri-
monio architettonico classico, ma anche gli antichi edifici
industriali ristrutturati e le numerose vetrine per lo shop-
ping di vario genere. E spostandoci poi verso il “Quartiere
latino” eccoci alla Rue du Taur, ai cybercaffè e ai fastfood
frequentati dai numerosissimi studenti dell'antica univer-
sità tolosana, delle cui origini (XIII secolo) restano il colle-
gio dell'Esquille, con il bel portale di pietra che si affaccia
sulla Rue du Taur, dell'architetto Nicholas Bachelier. Ma
se un altro tripudio architettonico si scorge nella basilica
di Saint-Sernin, capolavoro dell'arte romanica, ecco sul
lungofiume, la Prairie des Filtres, il parco più vissuto dai
Tolosani : per passeggiare o pescare o imbarcarsi per un
bel giro sulla Garonne. Attraversata poi la Garonne si può
scoprire il quartiere Saint-Cyprien, un villaggio con le sue
piazze come quella dell'Estrapade, i suoi mercati coperti
in ferro e vetro e i suoi stretti vicoli. E proprio a Tolosa,
alcuni anni or sono, un Convegno ha riportato alla luce un
elemento di grande interesse per quanto attiene alla pos-
sibilità di usufruire delle capacità coloranti di un vegetale,
che fino al secolo XVIII veniva usato con grande successo
per materiali d'arredamento ed anche ad uso dei più raffi-
nati costumisti e stilisti. Si tratta di un materiale certa-
mente molto antico se viene riportato anche nei diari dei
pellegrini che, attraversando questo territorio e puntan-
do sul meraviglioso centro monastico di Moissac, tappa
di quel cammino, si recavano a Santiago di Compostela, i
quali vedevano in esso un vero e proprio “mito” , espri-
mendosi con frasi di questo tipo:..” ho potuto visitare per-
sonalmente le terre del “Paese della Cuccagna”!”
Siamo nei pressi di Albi, l'affascinante “Città episcopale”,
iscritta nell'elenco dei Siti Patrimonio dell'Umanità, nel
cui territorio tuttora si coltiva quest'erba speciale, una
piccola pianta, la “isatis tintoria” le cui foglie, seccate e
lavorate, dopo un lungo periodo e vari procedimenti,
sono in grado di dare l'intenso colore “blu di pastel”, che
nel Rinascimento fece appunto di Albi una città ricchissi-
ma esportando tessuti trattati con il “pastel”, il miscuglio
(denominato appunto “cocagne”), ricavato da quell'erba,
che dava al materiale un bellissimo colore blu intenso. Da
qui il nome di “Paese della cuccagna” dato a quel territo-
rio che veniva presto indicato quale “triangolo d'oro”,
compreso fra Albi, Tolosa e Carcassonne, in cui, nel XVI 68
speciale Francia Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac
cosmopolita, tutti i contrasti tipici di un difficile accordo
fra passato e presente. Ma nel suo centro storico gli ele-
ganti palazzi rinascimentali e le chiese romaniche cerca-
no armonia, con i tipici mattoni dal bel colore rosato, con i
moderni quartieri, le fabbriche di aeroplani (si pensi al
Caravelle, al Concorde, e poi anche l'Airbus qui costruiti), i
campus universitari e i centri scientifici, dall'elettronica
alle varie tecnologie moderne. La vecchia Tolosa si incen-
tra su Place du Capitole, laddove una croce occitanica in
bronzo che rappresenta l'emblema della città è stata inca-
stonata al centro, con orgoglio, sul pavimento della piaz-
za che brulica di gente fino a tardi e che deve il suo nome
al Capitole, il Municipio, La maestosa facciata del Capito-
le, dove i consoli, eletti dalla borghesia, si riunivano per
governare la città, alterna elegantemente i colori della
pietra, dei mattoni, e del marmo, bell'esempio di architet-
tura urbana settecentesca. Nel cortile, sopra il portale
rinascimentale si erge una delle rare statue di Enrico IV
realizzata quando era in vita, nel 1607. E se le sale di rap-
presentanza del primo piano straordinariamente decora-
te, ci portano nella grande “Storia”, ecco che, nella piaz-
za, fra i numerosissimi locali, siamo gioiosamente accolti
da un continuo “viavai internazionale”, specie sotto i por-
tici ottocenteschi, dove si aprono i dehors dei caffè, dal
Grand Café Albert al Café des Arcades, al Bibent. Un fer-
vore cosmopolita che rende vivacissima l'atmosfera che
anima la piazza in ogni ora del giorno e in quasi tutte le
stagioni. In particolare notiamo il ristorante “Le Bibent”
che offre piatti prelibati, serviti con grande classe, nel suo
nuovo restyling che mostra all'interno una bella combi-
nazione di storia e design raffinato ed elegante, in un
ambiente che è sempre stato punto d'incontro molto
frequentato a Tolosa e che oggi i recenti restauri hanno
di nuovo esaltato in un insieme davvero affascinante. Al
bordo della piazza ecco si intravede anche “Le Grand Bal-
con”, l' hotel a 5 stelle situato a 100 metri da Place du
Capitole, con la metropolitana Capitole e le Galeries Lafa-
yette rispettivamente a 3 e 5 minuti di cammino. La sua
caratteristica più saliente è quella di vantare un affasci-
nante arredamento anni '30 a tema aeronautico. Ma dove
bere qualcosa anche in altri quartieri? Ecco il..”Bar du
Matin”, situato di fronte al parcheggio sospeso in cemen-
to della Place des Carmes, sempre pieno di intellettuali
immersi nella lettura del giornale, abitanti del quartiere,
giovani trendy e vecchi clienti che si ritrovano ogni matti-
na, per parlare dei fatti del giorno, ma anche di arte e di
69
anno 2 - n°6 Inverno 2013
filosofia. Tolosa comunque va colta nella sua gioiosa
vitalità, a mano a mano, passeggiando a piedi, attraverso
i suoi vecchi quartieri e i suoi vicoli pedonali. Appaiono
così i bei cortili rinascimentali, facenti parte di un patri-
monio architettonico classico, ma anche gli antichi edifici
industriali ristrutturati e le numerose vetrine per lo shop-
ping di vario genere. E spostandoci poi verso il “Quartiere
latino” eccoci alla Rue du Taur, ai cybercaffè e ai fastfood
frequentati dai numerosissimi studenti dell'antica univer-
sità tolosana, delle cui origini (XIII secolo) restano il colle-
gio dell'Esquille, con il bel portale di pietra che si affaccia
sulla Rue du Taur, dell'architetto Nicholas Bachelier. Ma
se un altro tripudio architettonico si scorge nella basilica
di Saint-Sernin, capolavoro dell'arte romanica, ecco sul
lungofiume, la Prairie des Filtres, il parco più vissuto dai
Tolosani : per passeggiare o pescare o imbarcarsi per un
bel giro sulla Garonne. Attraversata poi la Garonne si può
scoprire il quartiere Saint-Cyprien, un villaggio con le sue
piazze come quella dell'Estrapade, i suoi mercati coperti
in ferro e vetro e i suoi stretti vicoli. E proprio a Tolosa,
alcuni anni or sono, un Convegno ha riportato alla luce un
elemento di grande interesse per quanto attiene alla pos-
sibilità di usufruire delle capacità coloranti di un vegetale,
che fino al secolo XVIII veniva usato con grande successo
per materiali d'arredamento ed anche ad uso dei più raffi-
nati costumisti e stilisti. Si tratta di un materiale certa-
mente molto antico se viene riportato anche nei diari dei
pellegrini che, attraversando questo territorio e puntan-
do sul meraviglioso centro monastico di Moissac, tappa
di quel cammino, si recavano a Santiago di Compostela, i
quali vedevano in esso un vero e proprio “mito” , espri-
mendosi con frasi di questo tipo:..” ho potuto visitare per-
sonalmente le terre del “Paese della Cuccagna”!”
Siamo nei pressi di Albi, l'affascinante “Città episcopale”,
iscritta nell'elenco dei Siti Patrimonio dell'Umanità, nel
cui territorio tuttora si coltiva quest'erba speciale, una
piccola pianta, la “isatis tintoria” le cui foglie, seccate e
lavorate, dopo un lungo periodo e vari procedimenti,
sono in grado di dare l'intenso colore “blu di pastel”, che
nel Rinascimento fece appunto di Albi una città ricchissi-
ma esportando tessuti trattati con il “pastel”, il miscuglio
(denominato appunto “cocagne”), ricavato da quell'erba,
che dava al materiale un bellissimo colore blu intenso. Da
qui il nome di “Paese della cuccagna” dato a quel territo-
rio che veniva presto indicato quale “triangolo d'oro”,
compreso fra Albi, Tolosa e Carcassonne, in cui, nel XVI 68
speciale Francia Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac
cosmopolita, tutti i contrasti tipici di un difficile accordo
fra passato e presente. Ma nel suo centro storico gli ele-
ganti palazzi rinascimentali e le chiese romaniche cerca-
no armonia, con i tipici mattoni dal bel colore rosato, con i
moderni quartieri, le fabbriche di aeroplani (si pensi al
Caravelle, al Concorde, e poi anche l'Airbus qui costruiti), i
campus universitari e i centri scientifici, dall'elettronica
alle varie tecnologie moderne. La vecchia Tolosa si incen-
tra su Place du Capitole, laddove una croce occitanica in
bronzo che rappresenta l'emblema della città è stata inca-
stonata al centro, con orgoglio, sul pavimento della piaz-
za che brulica di gente fino a tardi e che deve il suo nome
al Capitole, il Municipio, La maestosa facciata del Capito-
le, dove i consoli, eletti dalla borghesia, si riunivano per
governare la città, alterna elegantemente i colori della
pietra, dei mattoni, e del marmo, bell'esempio di architet-
tura urbana settecentesca. Nel cortile, sopra il portale
rinascimentale si erge una delle rare statue di Enrico IV
realizzata quando era in vita, nel 1607. E se le sale di rap-
presentanza del primo piano straordinariamente decora-
te, ci portano nella grande “Storia”, ecco che, nella piaz-
za, fra i numerosissimi locali, siamo gioiosamente accolti
da un continuo “viavai internazionale”, specie sotto i por-
tici ottocenteschi, dove si aprono i dehors dei caffè, dal
Grand Café Albert al Café des Arcades, al Bibent. Un fer-
vore cosmopolita che rende vivacissima l'atmosfera che
anima la piazza in ogni ora del giorno e in quasi tutte le
stagioni. In particolare notiamo il ristorante “Le Bibent”
che offre piatti prelibati, serviti con grande classe, nel suo
nuovo restyling che mostra all'interno una bella combi-
nazione di storia e design raffinato ed elegante, in un
ambiente che è sempre stato punto d'incontro molto
frequentato a Tolosa e che oggi i recenti restauri hanno
di nuovo esaltato in un insieme davvero affascinante. Al
bordo della piazza ecco si intravede anche “Le Grand Bal-
con”, l' hotel a 5 stelle situato a 100 metri da Place du
Capitole, con la metropolitana Capitole e le Galeries Lafa-
yette rispettivamente a 3 e 5 minuti di cammino. La sua
caratteristica più saliente è quella di vantare un affasci-
nante arredamento anni '30 a tema aeronautico. Ma dove
bere qualcosa anche in altri quartieri? Ecco il..”Bar du
Matin”, situato di fronte al parcheggio sospeso in cemen-
to della Place des Carmes, sempre pieno di intellettuali
immersi nella lettura del giornale, abitanti del quartiere,
giovani trendy e vecchi clienti che si ritrovano ogni matti-
na, per parlare dei fatti del giorno, ma anche di arte e di
71
anno 2 - n°6 Inverno 2013
Parvis”, situato sulla Place Sainte-Cecile,
nei pressi della Cattedrale di Albi. Inserito in una
dimora degli anni '30, ne mantiene l'atmosfera di
abitazione privata, ma, sia con i vari menu sia “à
la carte”, la raffinatezza del ristorante potrà offrire
anche agli ospiti più esigenti le specialità più tra-
dizionali, molto ben presentate da uno staff genti-
le e preparato, che, collaborando con la proprieta-
ria e sua figlia, aiuta nella scelta dei vari piatti della
cucina francese. E un lieve sottofondo musicale si
può apprezzare, sotto gli ultimi raggi del sole al
tramonto, dalla terrazza panoramica che
accoglie gli ospiti in estate. Da qui lo
sguardo spazia dalla maestosa catte-
drale che svetta verso il cielo alle
tipiche vivacissime stradine. E
che dire del raffinatissimo
Ristorante L'Esprit du Vin,
situato nel cuore storico di
Albi, recentemente indicato come Patrimonio
Mondiale dell'Umanità dall'UNESCO? Il locale è
oggi un punto di riferimento gastronomico moz-
zafiato e inevitabile. La cucina gourmet, che uni-
sce gusto e originalità, è offerta in due stanze, una
più intima e contemporanea, l'altra una tradizio-
nale cantina con soffitto a volta in mattoni.
Notevole anche i locali di David Enjalran, il quale,
tornato nella sua città natale lasciata da bambino,
ha realizzato ad Albi il sogno di esperienze gastro-
nomiche che volle installare dal 2004 nelle ex scu-
derie lungo le banchine vecchie della città episco-
pale.
www.franceguide.com
70
speciale Francia Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac
secolo, fiorì il commercio del pastel, considerato il
migliore di Europa, esportato ovunque e ricercato
soprattutto dalle corti rinascimentali per tingere le
stoffe regali. Tolosa si impose particolarmente come
cuore del traffico, approvvigionando di “guado” tutta
l'Europa. Vi si installarono tutti quelli che sarebbero
diventati i più celebri “commercianti” tintori della storia,
accumulando fortune straordinarie e costruendovi
castelli e palazzi finché le guerre di Religione da un lato e
l'arrivo dell'indaco importato dalle Indie, dall'altro, non
fecero cadere il sud tolosano nel declino. Castelli come
quelli di Montgeard e Fajac de la Relenque, o di Magrin,
dove si trova il museo del Pastel, oppure i centri di Lava-
ur, Gaillac e Albi, dove nel 1864 nacque il pittore Henri
Toulouse-Lautrec, sulle rive del Tarn, sono alcune delle
località più note in un itinerario attraverso questa pro-
duzione così particolare. Oggi a Lectoure, piccolo centro
del sud-ovest, il pastel è tornato di moda e continua ad
essere estratto artigianalmente per tingere lane e fou-
lard di seta. Esiste anche la “Strada storica del Pastel” nel
Paese della Cuccagna: 200
chilometri in 19 tappe che è
possibile ripercorrere toccando i
centri più importanti della storia
del Pastel e gli hotel particuliers.
Soprattutto a Tolosa, a testimonianza
dei tempi d'oro, sono rimasti 20 “hotels
pasteliers”, esempio unico in Francia di
edifici con torri di mattoni rosa e sculture in
pietra bianca che arricchiscono le strade anti-
che. Nel “Paese della Cuccagna”, il paesaggio
incantevole e le storiche architetture si fondono in
un'atmosfera irreale, lontana nel tempo, in cui diffi-
cilmente si inserisce la contemporaneità, ma è la sto-
ria stessa che sa farsi attualità coinvolgendo il visitatore
quando innalza gli occhi verso il culmine della cattedrale
di Albi o segue il percorso del fiume Turn, che si segue
dall'alto del giardino lussureggiante che avvolge il
Museo di Toulouse Lautrec. E una cena, in una sera
d'estate, al tramonto vi può accogliere al Ristorante “Le
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anno 2 - n°6 Inverno 2013
Parvis”, situato sulla Place Sainte-Cecile,
nei pressi della Cattedrale di Albi. Inserito in una
dimora degli anni '30, ne mantiene l'atmosfera di
abitazione privata, ma, sia con i vari menu sia “à
la carte”, la raffinatezza del ristorante potrà offrire
anche agli ospiti più esigenti le specialità più tra-
dizionali, molto ben presentate da uno staff genti-
le e preparato, che, collaborando con la proprieta-
ria e sua figlia, aiuta nella scelta dei vari piatti della
cucina francese. E un lieve sottofondo musicale si
può apprezzare, sotto gli ultimi raggi del sole al
tramonto, dalla terrazza panoramica che
accoglie gli ospiti in estate. Da qui lo
sguardo spazia dalla maestosa catte-
drale che svetta verso il cielo alle
tipiche vivacissime stradine. E
che dire del raffinatissimo
Ristorante L'Esprit du Vin,
situato nel cuore storico di
Albi, recentemente indicato come Patrimonio
Mondiale dell'Umanità dall'UNESCO? Il locale è
oggi un punto di riferimento gastronomico moz-
zafiato e inevitabile. La cucina gourmet, che uni-
sce gusto e originalità, è offerta in due stanze, una
più intima e contemporanea, l'altra una tradizio-
nale cantina con soffitto a volta in mattoni.
Notevole anche i locali di David Enjalran, il quale,
tornato nella sua città natale lasciata da bambino,
ha realizzato ad Albi il sogno di esperienze gastro-
nomiche che volle installare dal 2004 nelle ex scu-
derie lungo le banchine vecchie della città episco-
pale.
www.franceguide.com
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speciale Francia Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac
secolo, fiorì il commercio del pastel, considerato il
migliore di Europa, esportato ovunque e ricercato
soprattutto dalle corti rinascimentali per tingere le
stoffe regali. Tolosa si impose particolarmente come
cuore del traffico, approvvigionando di “guado” tutta
l'Europa. Vi si installarono tutti quelli che sarebbero
diventati i più celebri “commercianti” tintori della storia,
accumulando fortune straordinarie e costruendovi
castelli e palazzi finché le guerre di Religione da un lato e
l'arrivo dell'indaco importato dalle Indie, dall'altro, non
fecero cadere il sud tolosano nel declino. Castelli come
quelli di Montgeard e Fajac de la Relenque, o di Magrin,
dove si trova il museo del Pastel, oppure i centri di Lava-
ur, Gaillac e Albi, dove nel 1864 nacque il pittore Henri
Toulouse-Lautrec, sulle rive del Tarn, sono alcune delle
località più note in un itinerario attraverso questa pro-
duzione così particolare. Oggi a Lectoure, piccolo centro
del sud-ovest, il pastel è tornato di moda e continua ad
essere estratto artigianalmente per tingere lane e fou-
lard di seta. Esiste anche la “Strada storica del Pastel” nel
Paese della Cuccagna: 200
chilometri in 19 tappe che è
possibile ripercorrere toccando i
centri più importanti della storia
del Pastel e gli hotel particuliers.
Soprattutto a Tolosa, a testimonianza
dei tempi d'oro, sono rimasti 20 “hotels
pasteliers”, esempio unico in Francia di
edifici con torri di mattoni rosa e sculture in
pietra bianca che arricchiscono le strade anti-
che. Nel “Paese della Cuccagna”, il paesaggio
incantevole e le storiche architetture si fondono in
un'atmosfera irreale, lontana nel tempo, in cui diffi-
cilmente si inserisce la contemporaneità, ma è la sto-
ria stessa che sa farsi attualità coinvolgendo il visitatore
quando innalza gli occhi verso il culmine della cattedrale
di Albi o segue il percorso del fiume Turn, che si segue
dall'alto del giardino lussureggiante che avvolge il
Museo di Toulouse Lautrec. E una cena, in una sera
d'estate, al tramonto vi può accogliere al Ristorante “Le
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anno 2 - n°6 Inverno 2013
attualmente trasformato nel Museo dei Pays Brignolais,
con testimonianze di storia locale, dipinti, e il più antico
sarcofago del cristianesimo trovato in Provenza, del II°
secolo. Passeggiando tra le colline, ecco Cotignac, un
village de caractère, appoggiato ai piedi di una falesia di
tufo di 80 metri di altezza, dove si aprono alcune abitazio-
ni trogloditiche, che hanno mantenuto la parete interna
scavata nella roccia. Dall'alto il panorama è davvero pitto-
resco e invita alle fotografie: tetti rossi e finestre color
lavanda, alberi verdi e glicini viola, la torre in piazza e il
campanile che batte le ore. Tra ristoranti caratteristici e
brasserie, atelier di artisti e negozi artigianali, fontane e
lavatoi, si respira l'atmosfera perfetta del tipico paesino
provenzale. A Barjols si percepisce l'abbondanza di
acqua, uno degli elementi che caratterizzano la Provence
Verte: 28 fontane sono ancora zampillanti e una Casa
Regionale dell'Acqua crea e diffonde la conoscenza
sull'acqua e sull'ambiente circostante. A Mazaugues, pic-
colissimo, si scopre una struttura davvero originale: la
Ghiacciaia di Pivaut, il grande pozzo in pietra ricoperto
con piastrelle, alto 23 metri, utilizzato per deposito di
ghiaccio nel XIX secolo. Fin dal XVII secolo, infatti, il mas-
siccio di Sainte Baume accoglieva un'attività originale: la
fabbricazione del ghiaccio. L'acqua di fonti e ruscelli veni-
va presa e messa a congelare nei bacini murati. Poi veniva
immagazzinata nelle ghiacciaie, vasti pozzetti di 10-20 m
di profondità scavati nella roccia, coperte con un tetto di
tegole. In estate, i blocchi venivano trasportati di notte a
dorso d'asino fino a Tolone e Marsiglia.
Una imponente basilica: Saint-Maximin
La Provence Verte ospita il più importante edificio religio-
so gotico del sud della Francia: la basilica di Saint-
Maximin la Sainte-Baume. La sua origine è legata alla
devozione verso Maria Maddalena, che avrebbe trascor-
speciale Francia Provence Verte
PROVENCE VERTE Un'inedita Provenza di entroterraItinerari tra abbazie, case di campagna, castelli: tra colline, campi di lavanda e di iris gialli
n'oasi soleggiata di freschezza e calma, con i suoi
Utrentanove piccoli comuni, foreste profumate,
valli, sorgenti e una natura intatta che le ha dato
il nome e il colore: è la Provence Verte. Cuore meno noto
della grande Provenza, si trova al centro del Var, il diparti-
mento che si estende dal Golfo di Saint-Tropez al massic-
cio dei Maures, dal promontorio dell'Estérel ai Pays de
Fayence e alle Gole del Verdon. Per collocarla meglio,
possiamo considerare tre punti di riferimento: il Verdon,
la Sainte Baume e la Sainte Victoire, tutti ben noti e rico-
noscibili, anche nei dipinti di artisti famosi. Piccoli paesi
aggrappati alla falesia, stradine color ocra, pittoreschi
paesaggi immersi nelle colline, dove splendono i colori
della lavanda e degli iris gialli, dei glicini e dei fiori del
rosmarino, mille sorgenti d'acqua, e qualche monumen-
to di grande effetto. La Provence Verte, prima zona della
regione francese PACA, che ha ottenuto l'etichetta “Pae-
se d'arte e storia” dal Ministero della Cultura, offre nume-
rosi itinerari tra abbazie, case di campagna, castelli. Il suo
territorio è stato terra ancestrale dei signori della Proven-
za, la sua storia è scritta nelle mura monumentali dei
castelli, delle abbazie, dei Palazzi dei cavalieri Templari.
Brignoles è la cittadina più importante della regione,
anche se conserva dimensioni minuscole, con circa
18.000 abitanti, con alcune tracce romane, come la pre-
senza della via Aureliana. Conquistata dai Romani, dai
Franchi, dai conti catalani e dell'Anjou, Brignoles entrò a
far parte del regno di Francia nel 1481, con tutta la Pro-
venza. Nell'Alto Medioevo acquistò importanza sotto i
conti di Provenza, che qui avevano un grande palazzo,
testo di Franca Dell'Arciprete Scotti foto di Franca Dell'Arciprete Scotti
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anno 2 - n°6 Inverno 2013
attualmente trasformato nel Museo dei Pays Brignolais,
con testimonianze di storia locale, dipinti, e il più antico
sarcofago del cristianesimo trovato in Provenza, del II°
secolo. Passeggiando tra le colline, ecco Cotignac, un
village de caractère, appoggiato ai piedi di una falesia di
tufo di 80 metri di altezza, dove si aprono alcune abitazio-
ni trogloditiche, che hanno mantenuto la parete interna
scavata nella roccia. Dall'alto il panorama è davvero pitto-
resco e invita alle fotografie: tetti rossi e finestre color
lavanda, alberi verdi e glicini viola, la torre in piazza e il
campanile che batte le ore. Tra ristoranti caratteristici e
brasserie, atelier di artisti e negozi artigianali, fontane e
lavatoi, si respira l'atmosfera perfetta del tipico paesino
provenzale. A Barjols si percepisce l'abbondanza di
acqua, uno degli elementi che caratterizzano la Provence
Verte: 28 fontane sono ancora zampillanti e una Casa
Regionale dell'Acqua crea e diffonde la conoscenza
sull'acqua e sull'ambiente circostante. A Mazaugues, pic-
colissimo, si scopre una struttura davvero originale: la
Ghiacciaia di Pivaut, il grande pozzo in pietra ricoperto
con piastrelle, alto 23 metri, utilizzato per deposito di
ghiaccio nel XIX secolo. Fin dal XVII secolo, infatti, il mas-
siccio di Sainte Baume accoglieva un'attività originale: la
fabbricazione del ghiaccio. L'acqua di fonti e ruscelli veni-
va presa e messa a congelare nei bacini murati. Poi veniva
immagazzinata nelle ghiacciaie, vasti pozzetti di 10-20 m
di profondità scavati nella roccia, coperte con un tetto di
tegole. In estate, i blocchi venivano trasportati di notte a
dorso d'asino fino a Tolone e Marsiglia.
Una imponente basilica: Saint-Maximin
La Provence Verte ospita il più importante edificio religio-
so gotico del sud della Francia: la basilica di Saint-
Maximin la Sainte-Baume. La sua origine è legata alla
devozione verso Maria Maddalena, che avrebbe trascor-
speciale Francia Provence Verte
PROVENCE VERTE Un'inedita Provenza di entroterraItinerari tra abbazie, case di campagna, castelli: tra colline, campi di lavanda e di iris gialli
n'oasi soleggiata di freschezza e calma, con i suoi
Utrentanove piccoli comuni, foreste profumate,
valli, sorgenti e una natura intatta che le ha dato
il nome e il colore: è la Provence Verte. Cuore meno noto
della grande Provenza, si trova al centro del Var, il diparti-
mento che si estende dal Golfo di Saint-Tropez al massic-
cio dei Maures, dal promontorio dell'Estérel ai Pays de
Fayence e alle Gole del Verdon. Per collocarla meglio,
possiamo considerare tre punti di riferimento: il Verdon,
la Sainte Baume e la Sainte Victoire, tutti ben noti e rico-
noscibili, anche nei dipinti di artisti famosi. Piccoli paesi
aggrappati alla falesia, stradine color ocra, pittoreschi
paesaggi immersi nelle colline, dove splendono i colori
della lavanda e degli iris gialli, dei glicini e dei fiori del
rosmarino, mille sorgenti d'acqua, e qualche monumen-
to di grande effetto. La Provence Verte, prima zona della
regione francese PACA, che ha ottenuto l'etichetta “Pae-
se d'arte e storia” dal Ministero della Cultura, offre nume-
rosi itinerari tra abbazie, case di campagna, castelli. Il suo
territorio è stato terra ancestrale dei signori della Proven-
za, la sua storia è scritta nelle mura monumentali dei
castelli, delle abbazie, dei Palazzi dei cavalieri Templari.
Brignoles è la cittadina più importante della regione,
anche se conserva dimensioni minuscole, con circa
18.000 abitanti, con alcune tracce romane, come la pre-
senza della via Aureliana. Conquistata dai Romani, dai
Franchi, dai conti catalani e dell'Anjou, Brignoles entrò a
far parte del regno di Francia nel 1481, con tutta la Pro-
venza. Nell'Alto Medioevo acquistò importanza sotto i
conti di Provenza, che qui avevano un grande palazzo,
testo di Franca Dell'Arciprete Scotti foto di Franca Dell'Arciprete Scotti
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so gli ultimi anni della sua vita in una grotta (baumo in
provenzale), aperta nel Massiccio della Sainte-Baume. E'
una muraglia di calcare che si eleva fino a oltre 1100 metri
di altezza, lungo circa 14 chilometri, che sovrasta il paese
di Saint-Maximin. La grotta, già riconosciuta come luogo
sacro da tempi antichissimi, è uno dei luoghi di pellegri-
naggio più visitati del mondo occidentale: ben 8 papi e
18 sovrani sono venuti qui dal Medioevo, oltre a migliaia
di anonimi pellegrini. Intorno a quelli che erano ritenuti i
resti e la tomba originaria di Maria Maddalena, nel paesi-
no di Saint Maximin, fu prima costruito un piccolo orato-
rio funebre e poi fu iniziata da Carlo II d'Angiò questa
grandiosa basilica. Tra il XIII e il XVI secolo fu eretta in tre
successive campagne di lavori, e mai completata. Anche
questo è parte del suo fascino. Classificata come Monu-
mento Storico, la basilica di Saint-Maximin ha un interno
spoglio e solenne, arricchito da preziosi arredi in legno
nel coro, e uno dei più grandiosi organi d'Europa, che
Lucien Bonaparte salvò dalla distruzione durante la rivo-
luzione, facendo suonare la Marsigliese.
Vini e sapori
Una vera scoperta sono i vini provenzali, soprattutto i
rosé, prodotti in piccole vigne basse, curatissime ed este-
se, diffuse in tutto il territorio. Eredi del più antico vigneto
di Francia, come tutti i vini del Var, furono introdotti dai
Fenici, circa 600 anni avanti Cristo. Poi i Romani, in questa
che era la "Provincia" per eccellenza, contribuirono allo
sviluppo dei vigneti. La tradizione viticola è dunque mol-
to antica, e il Var è oggi la prima regione produttrice di
vino rosé nel mondo. La sua produzione viticola com-
prende ben 3 DOC prestigiose: Coteaux Varois, Bandol e
Côtes de Provence.
Moltissime Maison de Vin invitano alla degustazione e
all'acquisto, offrendo spesso, accanto all'enoteca, camere
per gli ospiti e ristoranti gourmet. Ne è esempio lo Chate-
au Nestuby, casa di campagna del 19° secolo, in mezzo ad
alberi di ulivi e vigne a distesa d'occhio.
L'enogastronomia valorizza al massimo i prodotti locali:
erbe provenzali, aglio, basilico, olio d'oliva, tartufi, fichi,
miele, castagne e marroni. I piatti tipici della Provence
Verte sono molti, saporiti e originali. Tra tutti ne sceglia-
mo due: l'aïoli, o maionese all'aglio, da accompagnare a
verdure, lumache e frutti di mare, e la anchoïade o salsa
alle acciughe. Le olive sono servite ovunque, da sole, con
l'aperitivo o in purea, la tapenade.
Dove alloggiare
Per alloggiare nella Provence Verte ideali sono le cham-
bre d'hotes, per assaporare l'atmosfera tipica delle case
provenzali. Sono camere che si affittano in una casa
privata abitata dalla famiglia: case di campagna circonda-
te da giardini di fiori e di erbe aromatiche come Le Mas
des Tours di Cotignac, oppure case storiche nel centro di
piccoli paesi come La Licorne. Tutte arredate con grandis-
simo gusto, nel rispetto dello stile provenzale rustico. La
prima colazione é adeguata all'atmosfera: immancabile la
baguette con burro di campagna e marmellate fatte in
casa, formaggi di capra, yogurt e frutta biologica.
www.provenceverte.it in italiano
Tutte le proposte sul sito internet
www.sejourprovence.com
www.franceguide.com
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speciale Francia Provence Verte
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anno 2 - n°6 Inverno 2013
so gli ultimi anni della sua vita in una grotta (baumo in
provenzale), aperta nel Massiccio della Sainte-Baume. E'
una muraglia di calcare che si eleva fino a oltre 1100 metri
di altezza, lungo circa 14 chilometri, che sovrasta il paese
di Saint-Maximin. La grotta, già riconosciuta come luogo
sacro da tempi antichissimi, è uno dei luoghi di pellegri-
naggio più visitati del mondo occidentale: ben 8 papi e
18 sovrani sono venuti qui dal Medioevo, oltre a migliaia
di anonimi pellegrini. Intorno a quelli che erano ritenuti i
resti e la tomba originaria di Maria Maddalena, nel paesi-
no di Saint Maximin, fu prima costruito un piccolo orato-
rio funebre e poi fu iniziata da Carlo II d'Angiò questa
grandiosa basilica. Tra il XIII e il XVI secolo fu eretta in tre
successive campagne di lavori, e mai completata. Anche
questo è parte del suo fascino. Classificata come Monu-
mento Storico, la basilica di Saint-Maximin ha un interno
spoglio e solenne, arricchito da preziosi arredi in legno
nel coro, e uno dei più grandiosi organi d'Europa, che
Lucien Bonaparte salvò dalla distruzione durante la rivo-
luzione, facendo suonare la Marsigliese.
Vini e sapori
Una vera scoperta sono i vini provenzali, soprattutto i
rosé, prodotti in piccole vigne basse, curatissime ed este-
se, diffuse in tutto il territorio. Eredi del più antico vigneto
di Francia, come tutti i vini del Var, furono introdotti dai
Fenici, circa 600 anni avanti Cristo. Poi i Romani, in questa
che era la "Provincia" per eccellenza, contribuirono allo
sviluppo dei vigneti. La tradizione viticola è dunque mol-
to antica, e il Var è oggi la prima regione produttrice di
vino rosé nel mondo. La sua produzione viticola com-
prende ben 3 DOC prestigiose: Coteaux Varois, Bandol e
Côtes de Provence.
Moltissime Maison de Vin invitano alla degustazione e
all'acquisto, offrendo spesso, accanto all'enoteca, camere
per gli ospiti e ristoranti gourmet. Ne è esempio lo Chate-
au Nestuby, casa di campagna del 19° secolo, in mezzo ad
alberi di ulivi e vigne a distesa d'occhio.
L'enogastronomia valorizza al massimo i prodotti locali:
erbe provenzali, aglio, basilico, olio d'oliva, tartufi, fichi,
miele, castagne e marroni. I piatti tipici della Provence
Verte sono molti, saporiti e originali. Tra tutti ne sceglia-
mo due: l'aïoli, o maionese all'aglio, da accompagnare a
verdure, lumache e frutti di mare, e la anchoïade o salsa
alle acciughe. Le olive sono servite ovunque, da sole, con
l'aperitivo o in purea, la tapenade.
Dove alloggiare
Per alloggiare nella Provence Verte ideali sono le cham-
bre d'hotes, per assaporare l'atmosfera tipica delle case
provenzali. Sono camere che si affittano in una casa
privata abitata dalla famiglia: case di campagna circonda-
te da giardini di fiori e di erbe aromatiche come Le Mas
des Tours di Cotignac, oppure case storiche nel centro di
piccoli paesi come La Licorne. Tutte arredate con grandis-
simo gusto, nel rispetto dello stile provenzale rustico. La
prima colazione é adeguata all'atmosfera: immancabile la
baguette con burro di campagna e marmellate fatte in
casa, formaggi di capra, yogurt e frutta biologica.
www.provenceverte.it in italiano
Tutte le proposte sul sito internet
www.sejourprovence.com
www.franceguide.com
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speciale Francia Provence Verte
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iracusa. Magnifica città siciliana che s'insinua nel
Smare con l'inconfondibile profilo di Ortigia, l'isola
di virgiliana memoria in cui si mostrano numerose
le tracce delle civiltà antiche, greca, bizantina, norman-
na, sveva e aragonese, in un intrigante rincorrersi di stili
e atmosfere tanto diversi nella matrice storica e architet-
tonica quanto armonizzati da quella famosa pietra bian-
ca siracusana che si offre ai mutevoli giochi della luce
cambiando aspetto e suggestione. L'isola di Ortigia, cui
si accede dalla terraferma attraverso il Ponte Nuovo, è
SIRACUSA un crogiolo di civiltà
testo di
Viviana Tessa
anno 2 - n°6 Inverno 2013
79
Siracusa un crogiolo di civiltà
L'isola di Ortigia cantata da Virgilio
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iracusa. Magnifica città siciliana che s'insinua nel
Smare con l'inconfondibile profilo di Ortigia, l'isola
di virgiliana memoria in cui si mostrano numerose
le tracce delle civiltà antiche, greca, bizantina, norman-
na, sveva e aragonese, in un intrigante rincorrersi di stili
e atmosfere tanto diversi nella matrice storica e architet-
tonica quanto armonizzati da quella famosa pietra bian-
ca siracusana che si offre ai mutevoli giochi della luce
cambiando aspetto e suggestione. L'isola di Ortigia, cui
si accede dalla terraferma attraverso il Ponte Nuovo, è
SIRACUSA un crogiolo di civiltà
testo di
Viviana Tessa
anno 2 - n°6 Inverno 2013
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Siracusa un crogiolo di civiltà
L'isola di Ortigia cantata da Virgilio
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anno 2 - n°6 Inverno 2013
81SIRACUSA un crogiolo di civiltà
disegnata da due porti naturali che ne vivacizzano le
coste per via delle molte barche da diporto ormeggiate i
cui alberi tintinnano alla brezza marina che stempera la
calura meridionale facendo di Siracusa una gradevolissi-
ma località turistica. E dalla darsena si ergono imponenti
i resti delle antiche mura spagnole che testimoniano
come un tempo, e fino all'Ottocento, tutta la città vec-
chia fosse fortificata. Le mura si aprono nella Porta Mari-
na, sormontata da un'edicola preziosamente lavorata in
stile catalano, che immette nel Passeggio Adorno, un
filare di bei palazzi d'epoca affacciati sul mare, fino a
raggiungere, alla punta estrema di Ortigia, il sontuoso
Castello Maniace, notevole esempio di architettura mili-
tare, realizzato da Federico II nella prima metà del XIII
secolo, con un portale di raffinate forme gotiche e
quattro torrioni scalari agli angoli a limitare la massiccia
struttura quadrata, tipica dello stile svevo. E se la storia
ha immortalato forme così imponenti, la leggenda
impregna di sé luoghi più leggiadri e romantici come la
Fonte Aretusa. Qui l'acqua sgorga dal mito di Aretusa,
ninfa di Artemide, che per sfuggire agli amori di Alfeo, fu
trasformata in fonte dalla dea. Oggi è una sorgente di
acqua dolce in cui vive rigogliosa la pianta del papiro
dalla quale nell'antichità si ricavava la carta. La fonte
ebbe in passato un ruo lo determinante per
l'insediamento del primo nucleo di abitanti e, a partire
dall'VIII secolo avanti Cristo, dei coloni greci che veniva-
no da Corinto. E da quel piccolo agglomerato, in pochi
secoli Siracusa diventò una delle città più potenti
dell'antichità, i suoi tiranni dominavano tutta la Sicilia. Il
più celebre fu Dionisio il Vecchio ( 405-367 a.C.), uomo
dal grande carisma; a lui è dedicata la famosa spaccatura
nella roccia nelle latomie di Siracusa, nota appunto come
l'Orecchio di Dionisio non solo per la forma, ma anche
per l'ottima acustica. Via via Ortigia, privilegiata da una
posizione strategica e protetta, fu abitata da romani,
barbari e bizantini, arabi e normanni, svevi e spagnoli.
Un'alternanza costruttiva che ha favorito uno sviluppo
urbano ancora oggi riccamente presente in un unicum di
straordinario interesse. Tuttavia è il barocco che ha dise-
gnato il profilo più significativo di Ortigia. Un barocco
duttile così com'è duttile la magnifica pietra bianca in cui
si è forgiato attraverso colonne, cornicioni, nicchie,
cariatidi, mascheroni. E il trionfo del barocco siracusano
è senza dubbio Piazza Duomo, il salotto di Ortigia. Lo
sguardo, abituato ai vicoli e alle salitelle brulicanti di arti-
giani e negozi dalle cui vetrine oggetti coloratissimi
ammiccano al turista e all'amatore, all'improvviso si
allarga con stupore e ammirazione lungo la morbida
arcata di prestigiosi palazzi chiusa dalla linea opposta
che si concentra sul Duomo, formando una perfetta
semiellisse. Il respiro si arresta e lo stupore rimane a lun-
go, ribadito da ogni palazzo, da ogni fregio, dalla bellez-
za ieratica del Duomo, dal passaggio del tempo che ha
depositato fascino e preziosità sulla facciata di edifici
come il Palazzo Beneventano del Bosco. Qui la sosta,
80
anno 2 - n°6 Inverno 2013
81SIRACUSA un crogiolo di civiltà
disegnata da due porti naturali che ne vivacizzano le
coste per via delle molte barche da diporto ormeggiate i
cui alberi tintinnano alla brezza marina che stempera la
calura meridionale facendo di Siracusa una gradevolissi-
ma località turistica. E dalla darsena si ergono imponenti
i resti delle antiche mura spagnole che testimoniano
come un tempo, e fino all'Ottocento, tutta la città vec-
chia fosse fortificata. Le mura si aprono nella Porta Mari-
na, sormontata da un'edicola preziosamente lavorata in
stile catalano, che immette nel Passeggio Adorno, un
filare di bei palazzi d'epoca affacciati sul mare, fino a
raggiungere, alla punta estrema di Ortigia, il sontuoso
Castello Maniace, notevole esempio di architettura mili-
tare, realizzato da Federico II nella prima metà del XIII
secolo, con un portale di raffinate forme gotiche e
quattro torrioni scalari agli angoli a limitare la massiccia
struttura quadrata, tipica dello stile svevo. E se la storia
ha immortalato forme così imponenti, la leggenda
impregna di sé luoghi più leggiadri e romantici come la
Fonte Aretusa. Qui l'acqua sgorga dal mito di Aretusa,
ninfa di Artemide, che per sfuggire agli amori di Alfeo, fu
trasformata in fonte dalla dea. Oggi è una sorgente di
acqua dolce in cui vive rigogliosa la pianta del papiro
dalla quale nell'antichità si ricavava la carta. La fonte
ebbe in passato un ruo lo determinante per
l'insediamento del primo nucleo di abitanti e, a partire
dall'VIII secolo avanti Cristo, dei coloni greci che veniva-
no da Corinto. E da quel piccolo agglomerato, in pochi
secoli Siracusa diventò una delle città più potenti
dell'antichità, i suoi tiranni dominavano tutta la Sicilia. Il
più celebre fu Dionisio il Vecchio ( 405-367 a.C.), uomo
dal grande carisma; a lui è dedicata la famosa spaccatura
nella roccia nelle latomie di Siracusa, nota appunto come
l'Orecchio di Dionisio non solo per la forma, ma anche
per l'ottima acustica. Via via Ortigia, privilegiata da una
posizione strategica e protetta, fu abitata da romani,
barbari e bizantini, arabi e normanni, svevi e spagnoli.
Un'alternanza costruttiva che ha favorito uno sviluppo
urbano ancora oggi riccamente presente in un unicum di
straordinario interesse. Tuttavia è il barocco che ha dise-
gnato il profilo più significativo di Ortigia. Un barocco
duttile così com'è duttile la magnifica pietra bianca in cui
si è forgiato attraverso colonne, cornicioni, nicchie,
cariatidi, mascheroni. E il trionfo del barocco siracusano
è senza dubbio Piazza Duomo, il salotto di Ortigia. Lo
sguardo, abituato ai vicoli e alle salitelle brulicanti di arti-
giani e negozi dalle cui vetrine oggetti coloratissimi
ammiccano al turista e all'amatore, all'improvviso si
allarga con stupore e ammirazione lungo la morbida
arcata di prestigiosi palazzi chiusa dalla linea opposta
che si concentra sul Duomo, formando una perfetta
semiellisse. Il respiro si arresta e lo stupore rimane a lun-
go, ribadito da ogni palazzo, da ogni fregio, dalla bellez-
za ieratica del Duomo, dal passaggio del tempo che ha
depositato fascino e preziosità sulla facciata di edifici
come il Palazzo Beneventano del Bosco. Qui la sosta,
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anno 2 - n°6 Inverno 2013
83SIRACUSA un crogiolo di civiltà
favorita dai caffè all'aperto che, oltre
a delicatezze come le sensuali grani-
te di limone e di mandorle, offrono la
possibilità di godere uno scenario
davvero indimenticabile, è ben ripa-
gata. Il salotto di Ortigia, si diceva. Il
punto di ritrovo per eccellenza dei
siracusani, il luogo eletto per i turisti,
lo spunto irrinunciabile per gli aman-
ti dell'arte. Un luogo, Piazza Duomo,
che cambia atmosfera ad ogni fase
del giorno per via della pietra bianca
che accomuna tutto l'impianto
architettonico e che, abbacinante in
pieno giorno, vira in un languido
ocra al tramonto per poi scaldarsi
ancora grazie alla sapiente illumina-
zione notturna. Tutto sembra con-
centrarsi sul Duomo, magnifico
monumento che ingloba l'antico
tempio di Atena innalzato in onore
della dea con i proventi della vittoria
contro i Cartaginesi ad Himera (480
a.C.). Nel VII sec. l'edificio sacro ai
Greci fu trasformato in chiesa cristia-
na dai Bizantini, i Normanni appor-
tarono sensibili modifiche nell'XI
sec., il soffitto ed il pavimento sono
spagnoli. L'attuale facciata barocca
del XVIII sec. fu costruita dal paler-
mitano Andrea Palma, dopo il terre-
moto che nel 1693 distrusse quella
preesistente normanna. L'ingresso è
preceduto da un atrio con un bel
portale delimitato da due colonne a
torciglione istoriate con tralci d'uva.
Alle spalle di Ortigia si estende la
zona pianeggiante detta Acradina. E
poi la Neaú polis, area "nuova" dove
si trova il teatro greco, l'Orecchio di
Dionisio e la latomia del Paradiso,
una delle zone più rigogliose, fitta di
aranci, palme e magnolie. E ad orien-
te, il quartiere di Tyche con i resti del
tempio dedicato alla dea Fortuna.
Domina tutto l'Epipoli e il castello
Eurialo. Il Teatro Greco, del V sec.
a.C., è uno dei più imponenti
dell'antichità. Qui Eschilo assistette
alla prima rappresentazione de "I
Persiani". La cavea è stata completa-
mente scolpita nella pietra (è il più
grande teatro monolitico del mon-
do), sfruttando la naturale pendenza
del colle Temenite. Ancora oggi, in
prima estate vi si svolgono le rappre-
sentazioni classiche con le opere
immortali dei più grandi autori del
periodo greco: Eschilo, Sofocle ed
Euripide.
Orecchio di Dionisio - Questa sug-
gestiva grotta si trova in una delle
più belle latomie di Siracusa, la Lato-
mia del Paradiso. Fu Caravaggio,
durante un suo viaggio in Sicilia agli
inizi del '600, ad assegnarle questo
nome. Sull'archeologia dell'area
s i r a c u s a n a , u n a r i c c a f o n t e
d'informazioni e suggestioni è costi-
tuita dal Museo Archeologico Regio-
nale Paolo Orsi all'interno del parco
di Villa Landolina. Il museo rappre-
senta uno dei punti di riferimento
fondamentali per la conoscenza del
periodo preistorico della Sicilia fino
ai tempi delle colonie di Siracusa. Il
settore A dedicato alla geologia e al
periodo che va dalla preistoria alla
colonizzazione greca. Il settore B in
cui sono presenti reperti provenienti
dalla Siracusa greca e dalle vicine
colonie calcidesi e di Megara Hibla-
ea. Il settore C vanta reperti prove-
nienti da Eloro, Akrai, Kasmenai,
Kamarina e da numerosi centri elle-
nizzati siciliani. Nel Museo sono
custoditi inoltre materiali prove-
nienti da Gela e da Agrigento.
Siracusa possiede il complesso cata-
combale più vasto d'Italia, secondo
solo a quello romano.
Le Catacombe di S. Giovanni sorgo-
no nella zona di Acradina, luogo
deputato al culto dei morti fin dal
periodo romano. Le Catacombe furo-
no costruite intorno alla cripta di S.
Marciano, primo vescovo di Siracu-
sa, considerata il primo luogo di cul-
to cristiano in occidente. Qui si
fermò l'apostolo Paolo. Nel periodo
bizantino la cripta fu trasformata in
chiesa, gli svevi poi ne ornarono
l'ingresso con una volta a crociera
federiciana. Le Catacombe di S. Gio-
vanni hanno una struttura comples-
sa e risalgono al IV-V sec. Scavate
seguendo il tracciato rettilineo di un
acquedotto greco in disuso, da esso
si diramano cunicoli minori. I sepol-
cri si trovano lungo le pareti e sono
ad arcosolio e polisomi, cioè a più
posti. Ogni tanto si aprono aree cir-
colari o quadrate, utilizzate dai cri-
stiani come camere sepolcrali di mar-
tiri e santi. Tra queste la più nota è la
Rotonda di Adelfia, ove è stato ritro-
vato un bellissimo sarcofago scolpi-
to con scene bibliche, ora conserva-
to nel Museo Archeologico. Lungo il
tracciato si incontrano inoltre cister-
ne coniche di epoca greco-romana
trasformate poi in cubicoli. Le Cata-
combe di S. Lucia si trovano sotto la
Basilica di S. Lucia extra Moenia –
Edificata nello stesso luogo del
martirio della Santa avvenuto nel
303 e testimoniato dalla magnifica
tela del Caravaggio, oggi pala
d'altare della Basilica. Di stile bizanti-
no, la Basilica è stata rimaneggiata in
seguito, fino al suo aspetto attuale,
che risale al XV-XVI sec. Le parti più
antiche ancora esistenti sono il por-
tale della facciata, le tre absidi semi-
circolari e i primi due ordini del cam-
panile (XII sec.). Il soffitto ligneo a
capriate con decorazioni dipinte
risale al XVII secolo. Sulla stessa piaz-
za, un piccolo edificio ottagonale,
opera di Vermexio, è il sepolcro
destinato alla Santa, i cui resti, porta-
ti a Costantinopoli nell'XI secolo dal
generale bizantino Maniace, poi a
Venezia in seguito alla presa della
città durante la quarta crociata, sono
oggi conservati nel Duomo.•
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83SIRACUSA un crogiolo di civiltà
favorita dai caffè all'aperto che, oltre
a delicatezze come le sensuali grani-
te di limone e di mandorle, offrono la
possibilità di godere uno scenario
davvero indimenticabile, è ben ripa-
gata. Il salotto di Ortigia, si diceva. Il
punto di ritrovo per eccellenza dei
siracusani, il luogo eletto per i turisti,
lo spunto irrinunciabile per gli aman-
ti dell'arte. Un luogo, Piazza Duomo,
che cambia atmosfera ad ogni fase
del giorno per via della pietra bianca
che accomuna tutto l'impianto
architettonico e che, abbacinante in
pieno giorno, vira in un languido
ocra al tramonto per poi scaldarsi
ancora grazie alla sapiente illumina-
zione notturna. Tutto sembra con-
centrarsi sul Duomo, magnifico
monumento che ingloba l'antico
tempio di Atena innalzato in onore
della dea con i proventi della vittoria
contro i Cartaginesi ad Himera (480
a.C.). Nel VII sec. l'edificio sacro ai
Greci fu trasformato in chiesa cristia-
na dai Bizantini, i Normanni appor-
tarono sensibili modifiche nell'XI
sec., il soffitto ed il pavimento sono
spagnoli. L'attuale facciata barocca
del XVIII sec. fu costruita dal paler-
mitano Andrea Palma, dopo il terre-
moto che nel 1693 distrusse quella
preesistente normanna. L'ingresso è
preceduto da un atrio con un bel
portale delimitato da due colonne a
torciglione istoriate con tralci d'uva.
Alle spalle di Ortigia si estende la
zona pianeggiante detta Acradina. E
poi la Neaú polis, area "nuova" dove
si trova il teatro greco, l'Orecchio di
Dionisio e la latomia del Paradiso,
una delle zone più rigogliose, fitta di
aranci, palme e magnolie. E ad orien-
te, il quartiere di Tyche con i resti del
tempio dedicato alla dea Fortuna.
Domina tutto l'Epipoli e il castello
Eurialo. Il Teatro Greco, del V sec.
a.C., è uno dei più imponenti
dell'antichità. Qui Eschilo assistette
alla prima rappresentazione de "I
Persiani". La cavea è stata completa-
mente scolpita nella pietra (è il più
grande teatro monolitico del mon-
do), sfruttando la naturale pendenza
del colle Temenite. Ancora oggi, in
prima estate vi si svolgono le rappre-
sentazioni classiche con le opere
immortali dei più grandi autori del
periodo greco: Eschilo, Sofocle ed
Euripide.
Orecchio di Dionisio - Questa sug-
gestiva grotta si trova in una delle
più belle latomie di Siracusa, la Lato-
mia del Paradiso. Fu Caravaggio,
durante un suo viaggio in Sicilia agli
inizi del '600, ad assegnarle questo
nome. Sull'archeologia dell'area
s i r a c u s a n a , u n a r i c c a f o n t e
d'informazioni e suggestioni è costi-
tuita dal Museo Archeologico Regio-
nale Paolo Orsi all'interno del parco
di Villa Landolina. Il museo rappre-
senta uno dei punti di riferimento
fondamentali per la conoscenza del
periodo preistorico della Sicilia fino
ai tempi delle colonie di Siracusa. Il
settore A dedicato alla geologia e al
periodo che va dalla preistoria alla
colonizzazione greca. Il settore B in
cui sono presenti reperti provenienti
dalla Siracusa greca e dalle vicine
colonie calcidesi e di Megara Hibla-
ea. Il settore C vanta reperti prove-
nienti da Eloro, Akrai, Kasmenai,
Kamarina e da numerosi centri elle-
nizzati siciliani. Nel Museo sono
custoditi inoltre materiali prove-
nienti da Gela e da Agrigento.
Siracusa possiede il complesso cata-
combale più vasto d'Italia, secondo
solo a quello romano.
Le Catacombe di S. Giovanni sorgo-
no nella zona di Acradina, luogo
deputato al culto dei morti fin dal
periodo romano. Le Catacombe furo-
no costruite intorno alla cripta di S.
Marciano, primo vescovo di Siracu-
sa, considerata il primo luogo di cul-
to cristiano in occidente. Qui si
fermò l'apostolo Paolo. Nel periodo
bizantino la cripta fu trasformata in
chiesa, gli svevi poi ne ornarono
l'ingresso con una volta a crociera
federiciana. Le Catacombe di S. Gio-
vanni hanno una struttura comples-
sa e risalgono al IV-V sec. Scavate
seguendo il tracciato rettilineo di un
acquedotto greco in disuso, da esso
si diramano cunicoli minori. I sepol-
cri si trovano lungo le pareti e sono
ad arcosolio e polisomi, cioè a più
posti. Ogni tanto si aprono aree cir-
colari o quadrate, utilizzate dai cri-
stiani come camere sepolcrali di mar-
tiri e santi. Tra queste la più nota è la
Rotonda di Adelfia, ove è stato ritro-
vato un bellissimo sarcofago scolpi-
to con scene bibliche, ora conserva-
to nel Museo Archeologico. Lungo il
tracciato si incontrano inoltre cister-
ne coniche di epoca greco-romana
trasformate poi in cubicoli. Le Cata-
combe di S. Lucia si trovano sotto la
Basilica di S. Lucia extra Moenia –
Edificata nello stesso luogo del
martirio della Santa avvenuto nel
303 e testimoniato dalla magnifica
tela del Caravaggio, oggi pala
d'altare della Basilica. Di stile bizanti-
no, la Basilica è stata rimaneggiata in
seguito, fino al suo aspetto attuale,
che risale al XV-XVI sec. Le parti più
antiche ancora esistenti sono il por-
tale della facciata, le tre absidi semi-
circolari e i primi due ordini del cam-
panile (XII sec.). Il soffitto ligneo a
capriate con decorazioni dipinte
risale al XVII secolo. Sulla stessa piaz-
za, un piccolo edificio ottagonale,
opera di Vermexio, è il sepolcro
destinato alla Santa, i cui resti, porta-
ti a Costantinopoli nell'XI secolo dal
generale bizantino Maniace, poi a
Venezia in seguito alla presa della
città durante la quarta crociata, sono
oggi conservati nel Duomo.•
84
anno 2 - n°6 Inverno 2013
85
il paese dipintoolti centri montani tendono a giu-Mstificare la loro irreversibile ago-
nia, dovuta al progressivo spopo-
lamento, con la mancanza di risorse e di pos-
sibilità occupazionali in loco. A volte è davve-
ro così, ma in parecchi casi a difettare è
soprattutto la fantasia, grazie alla quale si
possono ottenere inimmaginabili inversioni
di tendenze, con risultati sorprendenti. Un
esempio tangibile può essere dato da Arcu-
meggia, un paesino (80 anime in tutto, tanto
poco importante da non essere nemmeno più
sede comunale, trasferita nel 1927 a Casalzui-
gno, di cui è divenuta frazione) posto a 570
metri di quota sulle colline della Valcuvia, a
nord di Varese, sotto le pendici del monte
Nudo Ampi boschi di castagni e querce, qual-
che prato, tanto verde, acqua di sorgente,
cielo terso e profonda quiete, ma anche trop-
po distante da grossi centri abitati, da impor-
tanti vie di comunicazione, dal lago Maggiore
e dal confine svizzero per sperare in qualche
prospettiva. Per arrivarci una strada non lun-
ga, ma ripida, stretta e disseminata di tornan-
ti. Uniche magre risorse l'allevamento di muc-
che e capre, da cui si ricava un gustoso for-
maggio, e la raccolta di castagne, legna e fun-
ghi. Nel 1956 ad alcuni appassionati d'arte
locale venne in mente di invitare durante
l'estate famosi pittori italiani figurativi a
d ip ingere g ra tu i tamente , i n cambio
dell'ospitalità, le facciate delle loro case,
strette le une alle altre secondo i canoni
dell'architettura spontanea alpina, intercala-
te da viuzze selciate, porticati, corti e cortili.
Gli affreschi sulle pareti esterne degli edifici
costituivano un'antica tradizione della Valcu-
testo e foto di
Giulio Badini
ARCUMEGGIA
Arcumeggia il paese dipinto
84
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il paese dipintoolti centri montani tendono a giu-Mstificare la loro irreversibile ago-
nia, dovuta al progressivo spopo-
lamento, con la mancanza di risorse e di pos-
sibilità occupazionali in loco. A volte è davve-
ro così, ma in parecchi casi a difettare è
soprattutto la fantasia, grazie alla quale si
possono ottenere inimmaginabili inversioni
di tendenze, con risultati sorprendenti. Un
esempio tangibile può essere dato da Arcu-
meggia, un paesino (80 anime in tutto, tanto
poco importante da non essere nemmeno più
sede comunale, trasferita nel 1927 a Casalzui-
gno, di cui è divenuta frazione) posto a 570
metri di quota sulle colline della Valcuvia, a
nord di Varese, sotto le pendici del monte
Nudo Ampi boschi di castagni e querce, qual-
che prato, tanto verde, acqua di sorgente,
cielo terso e profonda quiete, ma anche trop-
po distante da grossi centri abitati, da impor-
tanti vie di comunicazione, dal lago Maggiore
e dal confine svizzero per sperare in qualche
prospettiva. Per arrivarci una strada non lun-
ga, ma ripida, stretta e disseminata di tornan-
ti. Uniche magre risorse l'allevamento di muc-
che e capre, da cui si ricava un gustoso for-
maggio, e la raccolta di castagne, legna e fun-
ghi. Nel 1956 ad alcuni appassionati d'arte
locale venne in mente di invitare durante
l'estate famosi pittori italiani figurativi a
d ip ingere g ra tu i tamente , i n cambio
dell'ospitalità, le facciate delle loro case,
strette le une alle altre secondo i canoni
dell'architettura spontanea alpina, intercala-
te da viuzze selciate, porticati, corti e cortili.
Gli affreschi sulle pareti esterne degli edifici
costituivano un'antica tradizione della Valcu-
testo e foto di
Giulio Badini
ARCUMEGGIA
Arcumeggia il paese dipinto
via, un po' trascurata negli ultimi tempi, che ha lasciato
nella vallata interessanti testimonianze di arte popola-
re. Si trattava quindi di dare seguito ad un tradizione già
esistente in passato e che si riallacciava idealmente ai
grandi cicli pittorici trecenteschi e quattrocenteschi su
aff re sco d i C imabue , Maso l i no da Pan i ca l e
(quest'ultimo assai attivo anche nel Varesotto, che a
Castglione Olona ha lasciato ammirevoli capolavori),
Michelangelo, Masaccio e Giotto. Le idee valide, si sa,
trovano sempre un immediato sostegno: nel caso spe-
cifico l'ente del turismo varesino, il quale sposò con
entusiasmo la causa e fornì un appoggio determinante
per dare continuità all'iniziativa “Pittori in vacanza”,
seguita poco dopo dai corsi estivi di pittura promossi
da importanti accademie. li abitanti, muratori da gene-
razioni come attesta la spontanea architettura del pae-
se fatta di pietra e legno, costruirono per prima cosa la
Casa dei Pittori, seguita poco dopo dalla Bottega dei
Pittori, messe entrambe a disposizione degli artisti che
aderirono numerosi all'iniziativa, arrivando ben presto
a trasformarlo nel primo paese dipinto italiano con una
quarantina di opere di insigni maestri. Una tavolozza
colorata nel verde della Valcuvia. Da un'idea di Gianfi-
lippo Usellini si cominciò col dipingere una Via Crucis
davanti alla chiesa romanica di Sant'Ambrogio, opera
che richiese nove anni di lavoro ed alla quale si alterna-
rono undici artisti. Poi si è passati ad affrescare le case e
le corti del paese, i bei cortili interni con ballatoi fioriti
come nel caso della graziosa Corte dei Sofistici. Nel
volgere di alcuni decenni da Arcumeggia sono passati
tutti, o quasi, i più importanti nomi della pittura figura-
tiva italiana del secondo Novecento: Giovanni Brancac-
cio, Remo Brindisi, Aldo Carpi, Cristoforo De Amicis,
Gianni Dova, Ferruccio Ferrazzi, Achille Funi, Francesco
Menzio, Giuseppe Migneco, Sante Monachesi, Giusep-
pe Montanari, Luigi Montanarini, Enzo Morelli, Ilario
Rossi, Bruno Saetti, Innocente Salvini, Aligi Sassu, Fio-
renzo Tomea, Eugenio Tomiolo, Ernesto Treccani, Gian-
filippo Usellini, che hanno lasciato 23 pitture “storiche”,
ultima la Primavera di Massimo Parietti del 1996. Ognu-
no ha abitato in paese per un periodo più o meno lungo,
spesso tornandoci più volte, vivendo gomito a gomito
con gli abitanti, tenendo scuola d'arte per giovani allie-
vi e, soprattutto, lasciando su qualche muro un affresco
Arcumeggia il paese dipinto
anno 2 - n°6 Inverno 2013
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via, un po' trascurata negli ultimi tempi, che ha lasciato
nella vallata interessanti testimonianze di arte popola-
re. Si trattava quindi di dare seguito ad un tradizione già
esistente in passato e che si riallacciava idealmente ai
grandi cicli pittorici trecenteschi e quattrocenteschi su
aff re sco d i C imabue , Maso l i no da Pan i ca l e
(quest'ultimo assai attivo anche nel Varesotto, che a
Castglione Olona ha lasciato ammirevoli capolavori),
Michelangelo, Masaccio e Giotto. Le idee valide, si sa,
trovano sempre un immediato sostegno: nel caso spe-
cifico l'ente del turismo varesino, il quale sposò con
entusiasmo la causa e fornì un appoggio determinante
per dare continuità all'iniziativa “Pittori in vacanza”,
seguita poco dopo dai corsi estivi di pittura promossi
da importanti accademie. li abitanti, muratori da gene-
razioni come attesta la spontanea architettura del pae-
se fatta di pietra e legno, costruirono per prima cosa la
Casa dei Pittori, seguita poco dopo dalla Bottega dei
Pittori, messe entrambe a disposizione degli artisti che
aderirono numerosi all'iniziativa, arrivando ben presto
a trasformarlo nel primo paese dipinto italiano con una
quarantina di opere di insigni maestri. Una tavolozza
colorata nel verde della Valcuvia. Da un'idea di Gianfi-
lippo Usellini si cominciò col dipingere una Via Crucis
davanti alla chiesa romanica di Sant'Ambrogio, opera
che richiese nove anni di lavoro ed alla quale si alterna-
rono undici artisti. Poi si è passati ad affrescare le case e
le corti del paese, i bei cortili interni con ballatoi fioriti
come nel caso della graziosa Corte dei Sofistici. Nel
volgere di alcuni decenni da Arcumeggia sono passati
tutti, o quasi, i più importanti nomi della pittura figura-
tiva italiana del secondo Novecento: Giovanni Brancac-
cio, Remo Brindisi, Aldo Carpi, Cristoforo De Amicis,
Gianni Dova, Ferruccio Ferrazzi, Achille Funi, Francesco
Menzio, Giuseppe Migneco, Sante Monachesi, Giusep-
pe Montanari, Luigi Montanarini, Enzo Morelli, Ilario
Rossi, Bruno Saetti, Innocente Salvini, Aligi Sassu, Fio-
renzo Tomea, Eugenio Tomiolo, Ernesto Treccani, Gian-
filippo Usellini, che hanno lasciato 23 pitture “storiche”,
ultima la Primavera di Massimo Parietti del 1996. Ognu-
no ha abitato in paese per un periodo più o meno lungo,
spesso tornandoci più volte, vivendo gomito a gomito
con gli abitanti, tenendo scuola d'arte per giovani allie-
vi e, soprattutto, lasciando su qualche muro un affresco
Arcumeggia il paese dipinto
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Arcumeggia il paese dipinto
a testimonianza della propria pre-
senza e del proprio inconfondibile
stile. In parecchi casi, come il Trionfo
di Gea di Monachesi, la Madonna di
Funi, il Lavoro del Posto di Brindisi,
San Martino e il povero e Corridori
(dove si riconoscono i volti dei cicli-
sti Coppi, Bartali e Magni, quest'
ultimo nativo di queste parti) di Sas-
su, Sant'Ambrogio a cavallo di Car-
pi, il Ritorno dell'emigrante di Usel-
lini, la Spartizione della polenta di
Salvini, il Cristo crocefisso di Tomea,
oltre alla già citata Via Crucis, si trat-
ta di indiscutibili capolavori, degni
di figurare nei cataloghi e nei libri
d'arte di mezzo mondo. Grazie ad
un'idea vincente e lungimirante, e
con un investimento davvero mini-
mo, Arcumeggia, oggi nota ovun-
que come il “il paese dei pittori” per
antonomasia, si è assicurata un futu-
ro. Ogni giorno, d'estate come d'
inverno, frotte di turisti percorrono
le sue strade selciate per ammirare
la più importante galleria all'aperto
di arte contemporanea, nella Casa
del Pittore si svolgono mostre di
pittura e ogni estate vi si tengono
corsi internazionali di affresco
dell'Accademia milanese di Brera.
La positiva esperienza valcuviese ha
poi portato alla nascita dell' Asso-
ciazione italiana dei Paesi Dipinti,
con sede a Varese (www.paesidipin-
ti.it), che riunisce alcune del centi-
naio di analoghe località sparse per
tutta la penisola. Arcumeggia rima-
ne comunque la prima e più impor-
tante per la levatura degli artisti
presenti. Si giunge ad Arcumeggia
da Varese seguendo le indicazioni
per Gavirate e Laveno fino a Citti-
glio, da dove si imbocca la Valcuvia
percorrendola fino a Casalzuigno,
sede del comune; poco oltre si tro-
vano sulla sinistra i cartelli per Arcu-
meggia; dal capoluogo sono in tut-
to 26 chilometri. Oppure autostrada
A8 Milano-Laghi fino a Sesto Calen-
de, quindi Luino e Casalzuigno.
All'imbocco del paese scendere a
sinistra fino alla chiesa, seguendo le
indicazioni del parcheggio. In paese
i turisti trovano un'attiva Pro Loco
che distribuisce la piantina con
l'ubicazione degli affreschi, una
locanda dove gustare le specialità
g a s t r o n o m i c h e l o c a l i ( t e l .
0332.650116) e, spesso, mostre di
pittura. A Casalzuigno merita una
visita la villa Della Porta Bozzolo,
magnifico esempio di residenza
settecentesca di campagna oggi
gestita dal FAI, che possiede uno
dei più spettacolari giardini della
Lombardia. Altri famosi paesi dipin-
ti italiani sono Dozza nel Bolognese,
Furone e Vietri sul Mare (Salerno),
Diamante (Cosenza) e Orgosolo
(Nuoro).•
88
Arcumeggia il paese dipinto
a testimonianza della propria pre-
senza e del proprio inconfondibile
stile. In parecchi casi, come il Trionfo
di Gea di Monachesi, la Madonna di
Funi, il Lavoro del Posto di Brindisi,
San Martino e il povero e Corridori
(dove si riconoscono i volti dei cicli-
sti Coppi, Bartali e Magni, quest'
ultimo nativo di queste parti) di Sas-
su, Sant'Ambrogio a cavallo di Car-
pi, il Ritorno dell'emigrante di Usel-
lini, la Spartizione della polenta di
Salvini, il Cristo crocefisso di Tomea,
oltre alla già citata Via Crucis, si trat-
ta di indiscutibili capolavori, degni
di figurare nei cataloghi e nei libri
d'arte di mezzo mondo. Grazie ad
un'idea vincente e lungimirante, e
con un investimento davvero mini-
mo, Arcumeggia, oggi nota ovun-
que come il “il paese dei pittori” per
antonomasia, si è assicurata un futu-
ro. Ogni giorno, d'estate come d'
inverno, frotte di turisti percorrono
le sue strade selciate per ammirare
la più importante galleria all'aperto
di arte contemporanea, nella Casa
del Pittore si svolgono mostre di
pittura e ogni estate vi si tengono
corsi internazionali di affresco
dell'Accademia milanese di Brera.
La positiva esperienza valcuviese ha
poi portato alla nascita dell' Asso-
ciazione italiana dei Paesi Dipinti,
con sede a Varese (www.paesidipin-
ti.it), che riunisce alcune del centi-
naio di analoghe località sparse per
tutta la penisola. Arcumeggia rima-
ne comunque la prima e più impor-
tante per la levatura degli artisti
presenti. Si giunge ad Arcumeggia
da Varese seguendo le indicazioni
per Gavirate e Laveno fino a Citti-
glio, da dove si imbocca la Valcuvia
percorrendola fino a Casalzuigno,
sede del comune; poco oltre si tro-
vano sulla sinistra i cartelli per Arcu-
meggia; dal capoluogo sono in tut-
to 26 chilometri. Oppure autostrada
A8 Milano-Laghi fino a Sesto Calen-
de, quindi Luino e Casalzuigno.
All'imbocco del paese scendere a
sinistra fino alla chiesa, seguendo le
indicazioni del parcheggio. In paese
i turisti trovano un'attiva Pro Loco
che distribuisce la piantina con
l'ubicazione degli affreschi, una
locanda dove gustare le specialità
g a s t r o n o m i c h e l o c a l i ( t e l .
0332.650116) e, spesso, mostre di
pittura. A Casalzuigno merita una
visita la villa Della Porta Bozzolo,
magnifico esempio di residenza
settecentesca di campagna oggi
gestita dal FAI, che possiede uno
dei più spettacolari giardini della
Lombardia. Altri famosi paesi dipin-
ti italiani sono Dozza nel Bolognese,
Furone e Vietri sul Mare (Salerno),
Diamante (Cosenza) e Orgosolo
(Nuoro).•
Kaleid
oscope
90
ato come una villa privata, Lion in the Sun è un Nesclusivo relais di lusso a Malindi. Nel grande
giardino tropicale, alberi di frangipane bianchi
fanno da cornice alla grande piscina centrale, che ha un
fondo a macchie di giraffa, come per sottolineare che
siamo nel cuore dell'Africa.
Negli angoli dei 4.000 metri quadrati del giardino, celate
da occhi indiscreti dall'alto recinto del relais e dalla vege-
tazione armoniosa, quattro ville indipendenti intervalla-
te da 3 piscine di acqua di mare. In tutto 16, tra camere e
anno 2 - n°6 Inverno 2013
91
LION IN THE SUN suite, spaziose e luminose, ognuna
arredata in stile diverso ma tutte con
una forte impronta africana e con
richiami indiani e arabi, in un mix
esotico e raffinato che nulla concede
al quotidiano, e dove ogni minimo
dettaglio è studiato per creare
ambienti sontuosi ma allo stesso
tempo altamente vivibili. Al Lion in
the Sun si viene anche per il centro
benessere, la Thalaspa Henri Chenot
-nel 2010 è stata premiata dalla pre-
stigiosa rivista Tatler come la miglio-
re spa nel mondo –e per le terapie e i
massaggi che aiutano a liberarsi dal-
le tossine e dallo stress quotidiano.
Nel ristorante, dove grande enfasi
viene messa sull'uso di prodotti bio-
logici, verdure e pesce freschissimi,
il menu internazionale trae benefi-
cio dall'arte culinaria italiana e da
esotici e armoniosi sapori locali. A
300 metri dal resort, sulla spiaggia
privata, 8 gazebo con candidi drap-
peggi dotati di lettini prendisole, e
una piscina di acqua di mare che si
affaccia sulla baia protetta del
Parco Marino di Malindi. Il bar offre
pasti leggeri, succhi freschi, vini e
champagne a chi sceglie di pranza-
re in riva al mare. E al calar del sole,
con un colpo di bacchetta magica,
la spiaggia subisce una trasforma-
zione e al lume di mille candele e con
i riflessi della luna che danzano sui
flutti, si trasforma nel Billionaire di
Malindi, un posto incantato fre-
quentato da VIP e celebrità. pmf
http://www.lioninthesun.net/
Kaleid
oscope
90
ato come una villa privata, Lion in the Sun è un Nesclusivo relais di lusso a Malindi. Nel grande
giardino tropicale, alberi di frangipane bianchi
fanno da cornice alla grande piscina centrale, che ha un
fondo a macchie di giraffa, come per sottolineare che
siamo nel cuore dell'Africa.
Negli angoli dei 4.000 metri quadrati del giardino, celate
da occhi indiscreti dall'alto recinto del relais e dalla vege-
tazione armoniosa, quattro ville indipendenti intervalla-
te da 3 piscine di acqua di mare. In tutto 16, tra camere e
anno 2 - n°6 Inverno 2013
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LION IN THE SUN suite, spaziose e luminose, ognuna
arredata in stile diverso ma tutte con
una forte impronta africana e con
richiami indiani e arabi, in un mix
esotico e raffinato che nulla concede
al quotidiano, e dove ogni minimo
dettaglio è studiato per creare
ambienti sontuosi ma allo stesso
tempo altamente vivibili. Al Lion in
the Sun si viene anche per il centro
benessere, la Thalaspa Henri Chenot
-nel 2010 è stata premiata dalla pre-
stigiosa rivista Tatler come la miglio-
re spa nel mondo –e per le terapie e i
massaggi che aiutano a liberarsi dal-
le tossine e dallo stress quotidiano.
Nel ristorante, dove grande enfasi
viene messa sull'uso di prodotti bio-
logici, verdure e pesce freschissimi,
il menu internazionale trae benefi-
cio dall'arte culinaria italiana e da
esotici e armoniosi sapori locali. A
300 metri dal resort, sulla spiaggia
privata, 8 gazebo con candidi drap-
peggi dotati di lettini prendisole, e
una piscina di acqua di mare che si
affaccia sulla baia protetta del
Parco Marino di Malindi. Il bar offre
pasti leggeri, succhi freschi, vini e
champagne a chi sceglie di pranza-
re in riva al mare. E al calar del sole,
con un colpo di bacchetta magica,
la spiaggia subisce una trasforma-
zione e al lume di mille candele e con
i riflessi della luna che danzano sui
flutti, si trasforma nel Billionaire di
Malindi, un posto incantato fre-
quentato da VIP e celebrità. pmf
http://www.lioninthesun.net/
Kaleid
oscope
rchiviate le sue polverose radici élitarie, il golf si Aè democratizzato ed è attualmente uno degli
sport più ambiti in Italia e all'estero. Il golf è “in”,
lo praticano personalità come Obama e sportivi come
Del Piero e in Italia, da quando ci sono campioni mon-
diali come Edoardo Molinari, l'interesse per questo
sport è decisamente aumentato. Per chi desidera avvici-
narsi al golf partendo da zero, andare a Sotogrande e
soggiornare all'Hotel Almenara è l'ideale per conciliare
relax e tranquillità con la possibilità di frequentare corsi
di formazione altamente professionali. Contrariamente
a quanto sostengono gli Scozzesi che ne rivendicano la
paternità, il golf nasce in Cina all'epoca della dinastia
Nantang. Nonostante la crisi il golf è moda, pubblicità,
prestigio, matrimonio con arte, cultura e gastronomia
quando lo sport diventa pretesto per viaggi e soggiorni.
E se il golf è diventato con gli anni uno sport praticato da
moltissime “star” note e meno note un motivo ci sarà:
questo sport costituisce un passatempo davvero ine-
guagliabile. Giocare a golf significa entrare in un mondo
di emozioni che seguono un preciso ordine: il bravo gio-
catore e il vero appassionato sanno cogliere la giusta
sequenza tra tecnica e concentrazione, mix necessario
per cinque ore, tanto quanto dura generalmente una
gara. Ma il golf non è solo concentrazione, sacrificio,
fatica e tornei, ma è anche sinonimo di svago, rilassa-
mento e tranquillità. La Costa del Sol, nella regione
dell'Andalusia nel Sud della Spagna, è un luogo incante-
vole in cui rilassarsi durante tutto l'anno grazie alle sue
temperature miti e gradevoli. È un vero paradiso per gli 92
anno 2 - n°6 Inverno 2013
93
GOLF IN ANDALUSIASotogrande Golf Academy per principianti ai corsi di perfezionamentosoggiornando all'Hotel Almenara
amanti del golf per la presenza di circa 45 campi da golf, che ne giustificano l'appellativo “Costa del Golf”. L'Hotel
Almenara, circondato dal campo da golf a 27 buche Almenara, è una vera oasi di verde e tranquillità a Sotogrande.
Progettato dal famoso architetto di campi da golf Dave Thomas, Almenara è una meta apprezzata dai giocatori di
golf di tutto il mondo. Grazie all'Accademia del golf, riconosciuta come uno dei migliori centri di formazione di tutta
la Spagna, anche i principianti che non hanno alcuna dimestichezza con il golf possono avvicinarsi a questo sport e
iniziare a praticarlo. La Sotogrande Golf Academy offre ai “nuovi” golfisti tutto ciò di cui hanno bisogno per essere dei
buoni giocatori senza trascurare lo spirito di squadra. Le lezioni si tengono ogni sabato da ottobre a giugno e la dura-
ta è di 2 ore. Durante la Pasqua e le vacanze estive si organizzano dei programmi speciali. L'Hotel in stile mediterra-
neo offre camere con uno splendido panorama rilassante. Elysium, la Spa di Sotogrande, è un autentico tempio del
relax per il corpo e la mente. Un allenamento nell'area fitness seguito da un tuffo rigenerante nella piscina dinamica
con idroterapia o da un massaggio è un'ottima ricetta per la remise en forme. L'Hotel Almenara offre attività sportive
che soddisfano ogni interesse: dalla scuola di golf al centro equestre, dai campi da tennis a quelli da paddle tennis. A
pochi passi dall'Hotel Almenara si trovano molteplici opportunità di svago e ristorazione, tuttavia senza lasciare
l'albergo si può scegliere tra tre diverse esperienze gastronomiche: il Gaia propone una cucina mediterranea in
un'atmosfera elegante a lume di candela; il più informale Veinteeocho dona un fantastico panorama sul campo da
golf, mentre il Cucurucho Beach Club a bordo piscina offre piatti informali in spazi accoglienti con vista sul mare. La
Costa del Sol e l'attigua Costa de la Luz, protette dai venti del Nord da una catena montuosa che in certi punti degra-
da fino al mare, sono un susseguirsi di ampie spiagge, cale seminascoste tra scogliere, porticcioli e ancoraggi per la
pesca. Il clima temperato, la scarsità di piogge e la brezza marina danno luogo a una vegetazione semitropicale
caratterizzata da palme, cipressi, bouganville, oleandri e hibiscus. Sotogrande si è sviluppata attorno ad una delizio-
sa marina costellata da ristoranti e bar sul mare. Mer-
catino la domenica e il mercoledì. I principali centri
turistici della zona sono Marbella e Puerto Banus.
Gibilterra è a 15 km.
L'Aeroporto di Malaga si trova a circa un'ora di distan-
za dall'Almenara (110 Km).
L'Hotel Almenara a Sotogrande fa parte di NH hotels
(www.nh-hotels.com), il terzo gruppo alberghiero
europeo con 394 hotel e 58.844 camere in 22 paesi tra
Europa, America e Africa. Attualmente la società sta
costruendo 54 nuovi hotel che forniranno complessi-
vamente più di 8.000 camere.
Hotel Almenara (4 stelle)
Avenida Almenara, s/n. 11310 Sotogrande. Sotogran-
de/Cadice (Spagna) - Tel. +34.95.6582000
PRENOTAZIONI Tel: +800 0115 0116
Email: almenara@sotogrande.com
www.nh-hotels.com
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rchiviate le sue polverose radici élitarie, il golf si Aè democratizzato ed è attualmente uno degli
sport più ambiti in Italia e all'estero. Il golf è “in”,
lo praticano personalità come Obama e sportivi come
Del Piero e in Italia, da quando ci sono campioni mon-
diali come Edoardo Molinari, l'interesse per questo
sport è decisamente aumentato. Per chi desidera avvici-
narsi al golf partendo da zero, andare a Sotogrande e
soggiornare all'Hotel Almenara è l'ideale per conciliare
relax e tranquillità con la possibilità di frequentare corsi
di formazione altamente professionali. Contrariamente
a quanto sostengono gli Scozzesi che ne rivendicano la
paternità, il golf nasce in Cina all'epoca della dinastia
Nantang. Nonostante la crisi il golf è moda, pubblicità,
prestigio, matrimonio con arte, cultura e gastronomia
quando lo sport diventa pretesto per viaggi e soggiorni.
E se il golf è diventato con gli anni uno sport praticato da
moltissime “star” note e meno note un motivo ci sarà:
questo sport costituisce un passatempo davvero ine-
guagliabile. Giocare a golf significa entrare in un mondo
di emozioni che seguono un preciso ordine: il bravo gio-
catore e il vero appassionato sanno cogliere la giusta
sequenza tra tecnica e concentrazione, mix necessario
per cinque ore, tanto quanto dura generalmente una
gara. Ma il golf non è solo concentrazione, sacrificio,
fatica e tornei, ma è anche sinonimo di svago, rilassa-
mento e tranquillità. La Costa del Sol, nella regione
dell'Andalusia nel Sud della Spagna, è un luogo incante-
vole in cui rilassarsi durante tutto l'anno grazie alle sue
temperature miti e gradevoli. È un vero paradiso per gli 92
anno 2 - n°6 Inverno 2013
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GOLF IN ANDALUSIASotogrande Golf Academy per principianti ai corsi di perfezionamentosoggiornando all'Hotel Almenara
amanti del golf per la presenza di circa 45 campi da golf, che ne giustificano l'appellativo “Costa del Golf”. L'Hotel
Almenara, circondato dal campo da golf a 27 buche Almenara, è una vera oasi di verde e tranquillità a Sotogrande.
Progettato dal famoso architetto di campi da golf Dave Thomas, Almenara è una meta apprezzata dai giocatori di
golf di tutto il mondo. Grazie all'Accademia del golf, riconosciuta come uno dei migliori centri di formazione di tutta
la Spagna, anche i principianti che non hanno alcuna dimestichezza con il golf possono avvicinarsi a questo sport e
iniziare a praticarlo. La Sotogrande Golf Academy offre ai “nuovi” golfisti tutto ciò di cui hanno bisogno per essere dei
buoni giocatori senza trascurare lo spirito di squadra. Le lezioni si tengono ogni sabato da ottobre a giugno e la dura-
ta è di 2 ore. Durante la Pasqua e le vacanze estive si organizzano dei programmi speciali. L'Hotel in stile mediterra-
neo offre camere con uno splendido panorama rilassante. Elysium, la Spa di Sotogrande, è un autentico tempio del
relax per il corpo e la mente. Un allenamento nell'area fitness seguito da un tuffo rigenerante nella piscina dinamica
con idroterapia o da un massaggio è un'ottima ricetta per la remise en forme. L'Hotel Almenara offre attività sportive
che soddisfano ogni interesse: dalla scuola di golf al centro equestre, dai campi da tennis a quelli da paddle tennis. A
pochi passi dall'Hotel Almenara si trovano molteplici opportunità di svago e ristorazione, tuttavia senza lasciare
l'albergo si può scegliere tra tre diverse esperienze gastronomiche: il Gaia propone una cucina mediterranea in
un'atmosfera elegante a lume di candela; il più informale Veinteeocho dona un fantastico panorama sul campo da
golf, mentre il Cucurucho Beach Club a bordo piscina offre piatti informali in spazi accoglienti con vista sul mare. La
Costa del Sol e l'attigua Costa de la Luz, protette dai venti del Nord da una catena montuosa che in certi punti degra-
da fino al mare, sono un susseguirsi di ampie spiagge, cale seminascoste tra scogliere, porticcioli e ancoraggi per la
pesca. Il clima temperato, la scarsità di piogge e la brezza marina danno luogo a una vegetazione semitropicale
caratterizzata da palme, cipressi, bouganville, oleandri e hibiscus. Sotogrande si è sviluppata attorno ad una delizio-
sa marina costellata da ristoranti e bar sul mare. Mer-
catino la domenica e il mercoledì. I principali centri
turistici della zona sono Marbella e Puerto Banus.
Gibilterra è a 15 km.
L'Aeroporto di Malaga si trova a circa un'ora di distan-
za dall'Almenara (110 Km).
L'Hotel Almenara a Sotogrande fa parte di NH hotels
(www.nh-hotels.com), il terzo gruppo alberghiero
europeo con 394 hotel e 58.844 camere in 22 paesi tra
Europa, America e Africa. Attualmente la società sta
costruendo 54 nuovi hotel che forniranno complessi-
vamente più di 8.000 camere.
Hotel Almenara (4 stelle)
Avenida Almenara, s/n. 11310 Sotogrande. Sotogran-
de/Cadice (Spagna) - Tel. +34.95.6582000
PRENOTAZIONI Tel: +800 0115 0116
Email: almenara@sotogrande.com
www.nh-hotels.com
Kaleid
oscope
Ad Istanbul, sullo stretto del Bosforo che ha stregato
anche Daniel Craig l'ultimo James Bond durante le riprese
del film Skyfall, sorge il Sumahan on The Water, al posto di
una piccola distilleria di raki ottomana dell'Ottocento.
Oggi, a sette anni dalla sua nascita, l'hotel si ingrandisce e
presenta il suo nuovo gioiello: il ristorante bar Tapasuma.
Hotel di design a cinque stelle, il Sumahan on The Water
gode di una vista senza pari sullo skyline di cupole e mina-
reti in una posizione davvero mozzafiato sul Bosforo. Le
sue originarie diciotto stanze sono diventate oggi venti-
quattro. Il suggestivo panorama dello stretto e il caminet-
to acceso nelle serate più fredde rendono l'atmosfera
dell'albergo estremamente romantica, calda e rilassante
anche per l'ultimo dei James Bond... Istanbul, divisa dal
Bosforo, si estende sia in Europa (Tracia) che in Asia (Ana-
tolia) risultando l'unica metropoli al mondo appartenente
a due continenti. È considerata una città globale e nel
2010 è stata capitale europea della cultura. Istanbul quindi
non è solo minareti o viuzze segnate dal tempo, anche se
ovviamente non si può mancare di visitare il Gran Bazar, la 94
anno 2 - n°6 Inverno 2013
95
TURKISH TAPAS SUL BOSFOROIl Sumahan on The Water, premiato come Luxury Historical Hotel of the World 2012, apre un nuovo ristorante e inaugura quattro nuove camere
Moschea Blu e il Topkapi. Tra i tanti nuovi progetti che inte-
ressano Istanbul, è in cantiere la realizzazione del nuovo
porto turistico sul Bosforo. Non a caso le riprese
dell'ultimo film di 007 sono state ambientate in questa
incantevole città. Tutti da riscoprire i magnifici scorci maga-
ri in un long weekend sul Bosforo, che alterna angoli e
affacci eternamente sospesi tra Oriente e Occidente. Il
Sumahan on the Water, che quest'anno ha vinto il presti-
gioso World Luxury Hotel Award 2012 come Luxury Histo-
rical Hotel of the World, è un hotel a cinque stelle nato nel
2005 da un progetto di design. Particolare fin dalla loca-
tion, in un'antica distilleria di raki, il fortissimo liquore turco
a base di anice. Il nome deriva da “suma”, che significa
spirito puro, e “han”, parola che ai tempi dell'impero otto-
mano indicava una locanda. L'Hotel ha due ristoranti,
entrambi affacciati sull'acqua. Il Tapasuma, di prossima
apertura, è un ristorante-bar chic, elegante e all'ultima
moda in cui è possibile gustare una cucina turca mediter-
ranea contemporanea, con il sapore tipico delle mezzes
versione turca delle tapas. selezione di antipasti dal sapore
esotico. Ê dotato inoltre di una splendida terrazza con vista
panoramica sul Bosforo. Il piccolo Waterfront Terrace
Restaurant, serve invece principalmente piatti turchi ed
internazionali. Nell'Hotel la purezza del concept, sottoli-
neata dalla scelta dei materiali – legno e marmo, acciaio e
mattoni, tessuti pregiati e lino – rispecchia l'altissimo stan-
dard di qualità del restauro. Il tema dell'acqua nelle sue
mutevoli sfumature ha ispirato la gamma di colori usati nel
design d'interni, che va dal verde, al blu, al grigio.
L'arredamento è di stile contemporaneo. Ogni camera e
suite ha una differente personalità; molte hanno il cami-
netto o il proprio bagno turco (o hammam). Le suite a due
livelli hanno un giardinetto affacciato sul Bosforo. I bagni
sono grandi ed offrono il comfort di soffici asciugamani di
spugna e una linea cortesia profumata con le più raffinate
essenze della Turchia. È presente anche un piccolo centro
benessere con una parte dedicata al fitness, bagno turco e
massaggi esclusivamente su prenotazione. Room service
disponibile 24 ore su 24. Accessibile ai disabili.L'albergo è
raggiungibile via terra o via mare ed è distante solo un
quarto d'ora in battello dal centro storico, offrendo così il
vantaggio di risiedere in un piccolo albergo intimo ed ele-
gante senza la confusione ed i rumori della città. Rientrare
al Sumahan on the Water stanchi ed affaticati dopo il
sightseeing o gli affari vuol dire rilassarsi con un drink sulla
terrazza in riva del Bosforo guardando le luci di Istanbul e
l'andirivieni delle barche sullo stretto. L'hotel ha la sua pro-
pria lancia che fa la spola con il centro storico e su richiesta
può essere noleggiata per piacevoli escursioni sulla riva
orientale ed europea.
Hotel Sumahan on the Water
Kuleli Caddesi 51 – Çengelköy, 34684 Istanbul, Turchia
Tel. +90.216.422.8000 – Fax +90.216.422.8008
E-mail info@sumahan.com, Internet www.sumahan.com
Kaleid
oscope
Ad Istanbul, sullo stretto del Bosforo che ha stregato
anche Daniel Craig l'ultimo James Bond durante le riprese
del film Skyfall, sorge il Sumahan on The Water, al posto di
una piccola distilleria di raki ottomana dell'Ottocento.
Oggi, a sette anni dalla sua nascita, l'hotel si ingrandisce e
presenta il suo nuovo gioiello: il ristorante bar Tapasuma.
Hotel di design a cinque stelle, il Sumahan on The Water
gode di una vista senza pari sullo skyline di cupole e mina-
reti in una posizione davvero mozzafiato sul Bosforo. Le
sue originarie diciotto stanze sono diventate oggi venti-
quattro. Il suggestivo panorama dello stretto e il caminet-
to acceso nelle serate più fredde rendono l'atmosfera
dell'albergo estremamente romantica, calda e rilassante
anche per l'ultimo dei James Bond... Istanbul, divisa dal
Bosforo, si estende sia in Europa (Tracia) che in Asia (Ana-
tolia) risultando l'unica metropoli al mondo appartenente
a due continenti. È considerata una città globale e nel
2010 è stata capitale europea della cultura. Istanbul quindi
non è solo minareti o viuzze segnate dal tempo, anche se
ovviamente non si può mancare di visitare il Gran Bazar, la 94
anno 2 - n°6 Inverno 2013
95
TURKISH TAPAS SUL BOSFOROIl Sumahan on The Water, premiato come Luxury Historical Hotel of the World 2012, apre un nuovo ristorante e inaugura quattro nuove camere
Moschea Blu e il Topkapi. Tra i tanti nuovi progetti che inte-
ressano Istanbul, è in cantiere la realizzazione del nuovo
porto turistico sul Bosforo. Non a caso le riprese
dell'ultimo film di 007 sono state ambientate in questa
incantevole città. Tutti da riscoprire i magnifici scorci maga-
ri in un long weekend sul Bosforo, che alterna angoli e
affacci eternamente sospesi tra Oriente e Occidente. Il
Sumahan on the Water, che quest'anno ha vinto il presti-
gioso World Luxury Hotel Award 2012 come Luxury Histo-
rical Hotel of the World, è un hotel a cinque stelle nato nel
2005 da un progetto di design. Particolare fin dalla loca-
tion, in un'antica distilleria di raki, il fortissimo liquore turco
a base di anice. Il nome deriva da “suma”, che significa
spirito puro, e “han”, parola che ai tempi dell'impero otto-
mano indicava una locanda. L'Hotel ha due ristoranti,
entrambi affacciati sull'acqua. Il Tapasuma, di prossima
apertura, è un ristorante-bar chic, elegante e all'ultima
moda in cui è possibile gustare una cucina turca mediter-
ranea contemporanea, con il sapore tipico delle mezzes
versione turca delle tapas. selezione di antipasti dal sapore
esotico. Ê dotato inoltre di una splendida terrazza con vista
panoramica sul Bosforo. Il piccolo Waterfront Terrace
Restaurant, serve invece principalmente piatti turchi ed
internazionali. Nell'Hotel la purezza del concept, sottoli-
neata dalla scelta dei materiali – legno e marmo, acciaio e
mattoni, tessuti pregiati e lino – rispecchia l'altissimo stan-
dard di qualità del restauro. Il tema dell'acqua nelle sue
mutevoli sfumature ha ispirato la gamma di colori usati nel
design d'interni, che va dal verde, al blu, al grigio.
L'arredamento è di stile contemporaneo. Ogni camera e
suite ha una differente personalità; molte hanno il cami-
netto o il proprio bagno turco (o hammam). Le suite a due
livelli hanno un giardinetto affacciato sul Bosforo. I bagni
sono grandi ed offrono il comfort di soffici asciugamani di
spugna e una linea cortesia profumata con le più raffinate
essenze della Turchia. È presente anche un piccolo centro
benessere con una parte dedicata al fitness, bagno turco e
massaggi esclusivamente su prenotazione. Room service
disponibile 24 ore su 24. Accessibile ai disabili.L'albergo è
raggiungibile via terra o via mare ed è distante solo un
quarto d'ora in battello dal centro storico, offrendo così il
vantaggio di risiedere in un piccolo albergo intimo ed ele-
gante senza la confusione ed i rumori della città. Rientrare
al Sumahan on the Water stanchi ed affaticati dopo il
sightseeing o gli affari vuol dire rilassarsi con un drink sulla
terrazza in riva del Bosforo guardando le luci di Istanbul e
l'andirivieni delle barche sullo stretto. L'hotel ha la sua pro-
pria lancia che fa la spola con il centro storico e su richiesta
può essere noleggiata per piacevoli escursioni sulla riva
orientale ed europea.
Hotel Sumahan on the Water
Kuleli Caddesi 51 – Çengelköy, 34684 Istanbul, Turchia
Tel. +90.216.422.8000 – Fax +90.216.422.8008
E-mail info@sumahan.com, Internet www.sumahan.com
Kaleid
oscope
A tutte è capitato di trovarsi a
rovistare disperatamente nella
borsa alla ricerca delle chiavi di casa
–magari sotto una pioggia battente-
degli occhiali da sole, di una penna o del
cellulare. E quanta fatica cambiare bor-
sa e dover decidere cosa trasferire da
una borsa all'altra! Con il Bagpod Red
Dog della designer svedese Marianne
Sparrenius-Waters tutto ciò non succe-
de, perché questo accessorio intelligen-
te permette di trovare all'istante quello
che si sta cercando dentro la borsa, e
cambiare borsa diventa un gioco da
ragazzi perché basta un solo gesto per
trasferire tutto il contenuto da una bor-
sa all'altra. Il Bagpod ha cinque tasche
interne –due con chiusure lampo- e 96
anno 2 - n°6 Inverno 2013
97
BAG PODUna vita, tante borse
quattro esterne e quindi c'è posto per tutto quello che la donna moder-
na ama portare con sé: borsellino, cellulare, occhiali, chiavi, penne, spaz-
zola, profumo, auricolari, bigliettini da visita, carte di credito e altro anco-
ra. In pelle o in tela, in una gamma di colori gioiello, c'è un Bagpod per
tutte le occasioni: basta scegliere tra le tre taglie. Il Bagpod grande è per-
fetto per borse voluminose e per portarsi tutto appresso nello zaino o
nella borsa da mare; la taglia media è ideale per la borsa da città della
donna d'affari, e quella piccola è stata creata per le borse di dimensioni
ridotte e da sera. Poi i Bgpod in pelle sono così eleganti che possono
essere utilizzati di giorno o la sera come eleganti pochette. Mai più sen-
za un Bagpod! pmf
www.reddogbag
s.com/reddogvideos.html
Honey SkinLe api svelano il dolce segreto per una pelle perfettamente idratata e tonica, pronta a ripararsi dal freddo e dall'inquinamento.
anta proprietà emollienti, lenitive, antiossidanti e Vuna straordinaria capacità di rigenerare i tessuti
danneggiati: è il miele, potente elisir di benessere
per la pelle. Già dall'antichità, donne di leggendaria bel-
lezza come la regina Cleopatra, lo utilizzavano come pre-
zioso ingrediente per trattamenti estetici del viso, del
corpo e dei capelli. Il miele è anche un valido alleato che
aiuta a contrastare i segni del tempo, grazie alla sua capa-
cità di trattenere l'acqua nei tessuti e di conservare elasti-
cità e turgore dell'epidermide. Infine gode di proprietà
energizzanti, rafforza le difese cutanee e protegge da
smog, agenti atmosferici e bruschi sbalzi di temperatura.
Un'autentica panacea di molti mali, che oltre a curare ren-
de la pelle morbida, setosa e ben nutrita. Al DV Chalet
Boutique Hotel & Spa di Madonna di Campiglio (TN)
Honey Scrub avvolge il corpo in un esotico bagno di mie-
le. Particelle di miele cristallizzato esfoliano finemente la
pelle rimuovendo cellule morte ed impurità. A contatto
con l'acqua, i cristalli di miele si fondono sull'epidermide
creando una perfetta emulsione per il massaggio. Il trat-
tamento prosegue con l'applicazione della crema ultra
nutriente Mango Nourishing Balm Per un tocco di dol-
cezza in più, si possono provare il massaggio Alpicare
Massage alla mela e rosa canina, che conferisce alla pelle
nuova elasticità e freschezza o il trattamento corpo
Cocoa. Un'esperienza sensoriale unica dalle proprietà
lenitive: ci si immerge in un cocktail esotico al cocco
dall'alto potere rivitalizzante
Per informazioni:
Trentino Charme – DV Chalet Boutique Hotel & Spa
Via Castelletto inferiore, 10 - 38086 Madonna di Campi-
glio (TN)
Tel. 0465.443191
E-mail: info@dvchalet.it; info@trentinocharme.it
Sito web: www.dvchalet.it; www.trentinocharme.it
Kaleid
oscope
A tutte è capitato di trovarsi a
rovistare disperatamente nella
borsa alla ricerca delle chiavi di casa
–magari sotto una pioggia battente-
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Dog della designer svedese Marianne
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de, perché questo accessorio intelligen-
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trasferire tutto il contenuto da una bor-
sa all'altra. Il Bagpod ha cinque tasche
interne –due con chiusure lampo- e 96
anno 2 - n°6 Inverno 2013
97
BAG PODUna vita, tante borse
quattro esterne e quindi c'è posto per tutto quello che la donna moder-
na ama portare con sé: borsellino, cellulare, occhiali, chiavi, penne, spaz-
zola, profumo, auricolari, bigliettini da visita, carte di credito e altro anco-
ra. In pelle o in tela, in una gamma di colori gioiello, c'è un Bagpod per
tutte le occasioni: basta scegliere tra le tre taglie. Il Bagpod grande è per-
fetto per borse voluminose e per portarsi tutto appresso nello zaino o
nella borsa da mare; la taglia media è ideale per la borsa da città della
donna d'affari, e quella piccola è stata creata per le borse di dimensioni
ridotte e da sera. Poi i Bgpod in pelle sono così eleganti che possono
essere utilizzati di giorno o la sera come eleganti pochette. Mai più sen-
za un Bagpod! pmf
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Honey SkinLe api svelano il dolce segreto per una pelle perfettamente idratata e tonica, pronta a ripararsi dal freddo e dall'inquinamento.
anta proprietà emollienti, lenitive, antiossidanti e Vuna straordinaria capacità di rigenerare i tessuti
danneggiati: è il miele, potente elisir di benessere
per la pelle. Già dall'antichità, donne di leggendaria bel-
lezza come la regina Cleopatra, lo utilizzavano come pre-
zioso ingrediente per trattamenti estetici del viso, del
corpo e dei capelli. Il miele è anche un valido alleato che
aiuta a contrastare i segni del tempo, grazie alla sua capa-
cità di trattenere l'acqua nei tessuti e di conservare elasti-
cità e turgore dell'epidermide. Infine gode di proprietà
energizzanti, rafforza le difese cutanee e protegge da
smog, agenti atmosferici e bruschi sbalzi di temperatura.
Un'autentica panacea di molti mali, che oltre a curare ren-
de la pelle morbida, setosa e ben nutrita. Al DV Chalet
Boutique Hotel & Spa di Madonna di Campiglio (TN)
Honey Scrub avvolge il corpo in un esotico bagno di mie-
le. Particelle di miele cristallizzato esfoliano finemente la
pelle rimuovendo cellule morte ed impurità. A contatto
con l'acqua, i cristalli di miele si fondono sull'epidermide
creando una perfetta emulsione per il massaggio. Il trat-
tamento prosegue con l'applicazione della crema ultra
nutriente Mango Nourishing Balm Per un tocco di dol-
cezza in più, si possono provare il massaggio Alpicare
Massage alla mela e rosa canina, che conferisce alla pelle
nuova elasticità e freschezza o il trattamento corpo
Cocoa. Un'esperienza sensoriale unica dalle proprietà
lenitive: ci si immerge in un cocktail esotico al cocco
dall'alto potere rivitalizzante
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Via Castelletto inferiore, 10 - 38086 Madonna di Campi-
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Tel. 0465.443191
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Sito web: www.dvchalet.it; www.trentinocharme.it
arte n
La fantasia non fa castelli in aria, ma trasforma le baracche in castelli in aria. Karl Kraus
viaggi e cultura
srl
falegnami dal 1841
Direttore Responsabile
Teresa Carrubba
tcarrubba@emotionsmagazine.com
www.emotionsmagazine.com
Progetto Grafico, impaginazione
e creazione logo Emotions
Ilenia Cairo
icairo@emotionsmagazine.com
Collaboratori
Anna Alberghina, Anna Maria Arnesano, Artifex,
Giulio Badini, Franca Dell'Arciprete Scotti,
Alessandro Martini, Pamela McCourt Francescone,
Mirella Sborgia, Viviana Tessa, Annarosa Toso
Responsabile Marketing e Comunicazione
Mirella Sborgia
msborgia@emotionsmagazine.com
Traduzione
Pamela McCourt Francescone
mccourt@tin.it
Editore
Teresa Carrubba
Via Tirso 49 - 00198 Roma
Tel. e fax 068417855
Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma il
27.10.2011 - N° 310/2011
Copyright © - Tutto il materiale [testi e immagini] utilizzato è
copyright dei rispettivi autori e della Casa Editrice che ne
detiene i diritti.
foto di Anna Alberghina
arte n
La fantasia non fa castelli in aria, ma trasforma le baracche in castelli in aria. Karl Kraus
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