Gennaio 2013

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prima edizione - Anno 2 n°6 inverno 2013 viaggi e cultura viaggi e cultura viaggi e cultura GALAPAGOS GALAPAGOS KENYA KENYA GROENLANDIA GROENLANDIA LAS VEGAS LAS VEGAS ARGENTINA ARGENTINA BAHIA BAHIA GERMANIA GERMANIA SIRACUSA SIRACUSA ARCUMEGGIA ARCUMEGGIA GALAPAGOS KENYA GROENLANDIA LAS VEGAS ARGENTINA BAHIA GERMANIA SIRACUSA ARCUMEGGIA

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Rivista mensile di Emotions Magazine

Transcript of Gennaio 2013

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prima edizione - Anno 2 n°6 inverno 2013

viaggi e cultura viaggi e cultura viaggi e cultura

GALAPAGOSGALAPAGOSKENYAKENYAGROENLANDIAGROENLANDIALAS VEGASLAS VEGASARGENTINAARGENTINABAHIABAHIAGERMANIAGERMANIASIRACUSASIRACUSAARCUMEGGIAARCUMEGGIA

GALAPAGOSKENYAGROENLANDIALAS VEGASARGENTINABAHIAGERMANIASIRACUSAARCUMEGGIA

Page 2: Gennaio 2013

3

pag. 6

pag 14 Malesia crogiolo di etnie e culture

di Teresa Carrubba

pag 22 Kenya la tua Africa

di Pamela McCourt Francescone

pag 28 Groenlandia il paese dei ghiacci fluttuanti

di Anna Alberghina

pag 34 Las Vegas non solo gioco d'azzardo

di Annarosa Toso

pag 40 Argentina gourmet

di Mirella Sborgia

pag 48 Bahia l'anima nera del Brasile

di Anna Maria Arnesano

pag 56 Germania Baden-Wurttemberg

di Teresa Carrubba

pag 66 Speciale Francia

Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac

di Artifex

pag 72 Provence Verte

di Franca Dell'Arciprete Scotti

pag 78 Siracusa un crogiolo di civiltà

di Viviana Tessa

pag 84 Arcumeggia il paese dipinto

di Giulio Badini

pag 90 KALEIDOSCOPE

Sommario

Il fascino

arcano delle

Galapagosdi Alessandro Martini

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pag. 6

pag 14 Malesia crogiolo di etnie e culture

di Teresa Carrubba

pag 22 Kenya la tua Africa

di Pamela McCourt Francescone

pag 28 Groenlandia il paese dei ghiacci fluttuanti

di Anna Alberghina

pag 34 Las Vegas non solo gioco d'azzardo

di Annarosa Toso

pag 40 Argentina gourmet

di Mirella Sborgia

pag 48 Bahia l'anima nera del Brasile

di Anna Maria Arnesano

pag 56 Germania Baden-Wurttemberg

di Teresa Carrubba

pag 66 Speciale Francia

Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac

di Artifex

pag 72 Provence Verte

di Franca Dell'Arciprete Scotti

pag 78 Siracusa un crogiolo di civiltà

di Viviana Tessa

pag 84 Arcumeggia il paese dipinto

di Giulio Badini

pag 90 KALEIDOSCOPE

Sommario

Il fascino

arcano delle

Galapagosdi Alessandro Martini

Page 4: Gennaio 2013

anno 2 - n°6 Inverno 2013

5editoriale

Il miglior augurio per il nuovo anno

potrebbe essere quello di viaggiare.

E di meraviglie il mondo intero ce ne

offre a iosa! Dalle arcaiche creature

delle Galapagos di darwiniana

memoria agli spettacolari ghiacciai

della Groenlandia, vere sculture

d'autore. Dal languore degli scenari

kenyoti che lasciano dentro la

melancolia del “mal d'Africa” alla

mondanità rutilante di Las Vegas o

alla vivacità tutta brasiliana di Salvador de Bahia.

Dalla paganità rituale del carnevale della Foresta

Nera, ottimo spunto per un viaggio nel Baden

Wurttemberg , una delle regioni più interessanti

della Germania, al fascino antico del barocco

siciliano di cui Siracusa ne è prestigioso emble-

ma. Che dire poi dei tesori nascosti della nostra

Italia tutti da scoprire come Arcumeggia, paesino

del Varesotto impreziosito da affreschi sulle

facciate delle case, firmati da famosi pittori italia-

ni? Non mancano, in questo numero invernale,

suggerimenti per un fine settimana o novità nella

rubrica Kaleidoscope. Il team dei giornalisti di

Emotions ha visitato queste meraviglie ed altre

ancora per comunicare informazioni, curiosità,

ma soprattutto “Emozioni” che servano da sti-

molo a viaggiare, viaggiare, viaggiare…

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

5editoriale

Il miglior augurio per il nuovo anno

potrebbe essere quello di viaggiare.

E di meraviglie il mondo intero ce ne

offre a iosa! Dalle arcaiche creature

delle Galapagos di darwiniana

memoria agli spettacolari ghiacciai

della Groenlandia, vere sculture

d'autore. Dal languore degli scenari

kenyoti che lasciano dentro la

melancolia del “mal d'Africa” alla

mondanità rutilante di Las Vegas o

alla vivacità tutta brasiliana di Salvador de Bahia.

Dalla paganità rituale del carnevale della Foresta

Nera, ottimo spunto per un viaggio nel Baden

Wurttemberg , una delle regioni più interessanti

della Germania, al fascino antico del barocco

siciliano di cui Siracusa ne è prestigioso emble-

ma. Che dire poi dei tesori nascosti della nostra

Italia tutti da scoprire come Arcumeggia, paesino

del Varesotto impreziosito da affreschi sulle

facciate delle case, firmati da famosi pittori italia-

ni? Non mancano, in questo numero invernale,

suggerimenti per un fine settimana o novità nella

rubrica Kaleidoscope. Il team dei giornalisti di

Emotions ha visitato queste meraviglie ed altre

ancora per comunicare informazioni, curiosità,

ma soprattutto “Emozioni” che servano da sti-

molo a viaggiare, viaggiare, viaggiare…

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Il fascino arcano delle Galapagos/The mysterious charm of the Galapagos

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

testo di /Words by

Alessandro Martini

“Nel tempo e nello spazio si viene a contatto con quel

mistero che fu la prima apparizione dei nuovi esseri su

questa Terra”. E' l'intrigante definizione delle Galapagos

da parte del naturalista Charles Darwin il quale, dallo stu-

dio delle molteplici specie endemiche di flora e di fauna

di queste terre, ha trovato spunto per la sua illuminante

Teoria dell'Evoluzione. Tant'è, il suo saggio “L'origine del-

le specie” rivela proprio l'attenta osservazione della natu-

ra delle Galapagos. Non a caso, visto che alcune isole

dell'arcipelago datano circa 4 milioni di anni e il lunghissi-

mo isolamento a causa della distanza da altre terre, dalla

diversità del clima e di ecosistema influenzati dalle cor-

renti marine, ha portato alla formazione di una natura

esclusiva. Il viaggio alle Galapa-

gos, dunque, è un viaggio in

un'altra dimensione. Semi-

nascosta tra i sassi

arrotondati dal

mare, di cui assume persino colore e forma, scorgiamo a

malapena una foca distesa e addormentata; si tratta di

una giovane femmina di lobo de mar. Pochi passi più in là

ci rendiamo conto della grande quantità di fitti cespugli

di taglia bassa dove nidificano le fregate. Nidi ovunque, i

maschi adulti gonfiano l'esagerata gola rossa come ves-

“Both in space and in time, it seems like being transported

close to that great event, that mystery of mysteries, which

was the first apparition of new beings on this Earth.” This

emotional description of th Galapagos islands is Charles

Darwin's. And it was having observed the numerous

endemic species of flora and fauna on the islands that

Darwin was inspired to write his illuminated theory of evo-

lution. His famous treatise “On the Origin of Species” con-

tains numerous references to his studies on the endemic

species of the Galapagos islands. And it is no mere coinci-

dence, as some of the islands in the archipelago date back 4

million years and, given their relative isolation and dis-

tance from the continent, apart from the ample variety of

climates and habitats due to the marine currents, it is not

surprising that they enjoy an “exclusive”

nature. And so a journey to the Galapagos is a journey into

another dimension. Camouflaged by the rounded stones

on the shore and of their same colour, we can barely make

out a seal in the distance, it is a young female "lobo de mar"

who is asleep. Then our attention wanders to the low

shrubs where some frigate birds are nesting. There are

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Il fascino arcano delle Galapagos/The mysterious charm of the Galapagos

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

testo di /Words by

Alessandro Martini

“Nel tempo e nello spazio si viene a contatto con quel

mistero che fu la prima apparizione dei nuovi esseri su

questa Terra”. E' l'intrigante definizione delle Galapagos

da parte del naturalista Charles Darwin il quale, dallo stu-

dio delle molteplici specie endemiche di flora e di fauna

di queste terre, ha trovato spunto per la sua illuminante

Teoria dell'Evoluzione. Tant'è, il suo saggio “L'origine del-

le specie” rivela proprio l'attenta osservazione della natu-

ra delle Galapagos. Non a caso, visto che alcune isole

dell'arcipelago datano circa 4 milioni di anni e il lunghissi-

mo isolamento a causa della distanza da altre terre, dalla

diversità del clima e di ecosistema influenzati dalle cor-

renti marine, ha portato alla formazione di una natura

esclusiva. Il viaggio alle Galapa-

gos, dunque, è un viaggio in

un'altra dimensione. Semi-

nascosta tra i sassi

arrotondati dal

mare, di cui assume persino colore e forma, scorgiamo a

malapena una foca distesa e addormentata; si tratta di

una giovane femmina di lobo de mar. Pochi passi più in là

ci rendiamo conto della grande quantità di fitti cespugli

di taglia bassa dove nidificano le fregate. Nidi ovunque, i

maschi adulti gonfiano l'esagerata gola rossa come ves-

“Both in space and in time, it seems like being transported

close to that great event, that mystery of mysteries, which

was the first apparition of new beings on this Earth.” This

emotional description of th Galapagos islands is Charles

Darwin's. And it was having observed the numerous

endemic species of flora and fauna on the islands that

Darwin was inspired to write his illuminated theory of evo-

lution. His famous treatise “On the Origin of Species” con-

tains numerous references to his studies on the endemic

species of the Galapagos islands. And it is no mere coinci-

dence, as some of the islands in the archipelago date back 4

million years and, given their relative isolation and dis-

tance from the continent, apart from the ample variety of

climates and habitats due to the marine currents, it is not

surprising that they enjoy an “exclusive”

nature. And so a journey to the Galapagos is a journey into

another dimension. Camouflaged by the rounded stones

on the shore and of their same colour, we can barely make

out a seal in the distance, it is a young female "lobo de mar"

who is asleep. Then our attention wanders to the low

shrubs where some frigate birds are nesting. There are

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sillo della loro sensualità per ammaliare le femmine che

però si concedono il lusso di scegliere il migliore. Dalle

tortuosità della riva spunta il muso trogloditico di

un'iguana marina, altre la seguono dando a noi visitatori

una sequenza inarrivabile di stimoli. La superficie del

terreno, solidificazione di remote colate di lava, s'increspa

in rigide, inquietanti pieghe e in rocce che simulano la

ghisa, delineando uno scenario illusorio che fa pensare

ad un altro pianeta. L'eruzione di un secolo fa ha fatto

piazza pulita di erbe rigogliose lasciando spazio solo a

nests everywhere with fledglings, more mature birds, and

adult males blowing out their enormous red throats to

attract the females who fly overhead seeking the most

attractive males as mating partners. And then, hidden in

the gorges along the shore, we see our first marine iguana,

the first of many. There is so much to see that it is impossi-

ble to take it all in. A lava flow, the surface of which resem-

bles a fluid that has only just solidified and on which the

creases trace an unreal landscape. Rocks so hard they

resemble congealed cast iron. The eruption took place

Il fascino arcano delle Galapagos/The mysterious charm of the Galapagos

anno 2 - n°6 Inverno 2013

piante immarcescibili come cactus e poco altro. A Barto-

lomé ci inerpichiamo sulle pendici di un vulcano spento.

Dal bordo del suo cratere il respiro si ferma di fronte allo

spettacolo che si para ai nostri occhi. Un cordone di sab-

bia formata da polvere di corallo, s'insinua nel mare

legando insieme la collina ad altre due più piccole. Al di là,

l'isola di Santiago, un grande territorio disseminato di

rocce nere di lava, ricordo di recenti eruzioni vulcaniche,

in mezzo ad altre di colore naturale, con effetto bicroma-

tico davvero impressionante. Sembra che quest'isola fun-

ga da curioso spartiacque: a sinistra della lingua di sabbia,

la baia è spesso ritrovo per i pescecani, quindi accurata-

mente da evitare. Quella di destra è tranquilla e balneabi-

le. Un odore forte e pungente desta la nostra attenzione,

ci spiegano che quest'isola è abitata da una colonia di

leoni marini. Gli esemplari maschi, grazie alla loro forte

stazza, alcune centinaia di chili, non devono fare molta

fatica a difendere il proprio territorio, mentre le femmine

si crogiolano al sole. A forza di rotolare sulle rocce

dell'isola i leoni marini hanno smussato le loro asperità

rendendole tipicamente tondeggianti. La rara ed aspra

vegetazione non riesce a nascondere quelle creature pri-

mordiali che qui sono a casa, le iguane, il cui aspetto

rimanda a un'altra era, quella dei dinosauri. Si nutrono dei

frutti di cactus e si riuniscono in branchi cercando angoli

more than a century ago, but this arid and inhospitable

landscape is colonized only by scattered cactus bushes,

some lizards and a few insects. On Bartolomé we climb to

the summit of an extinct volcano which is over a hundred

meters high. The views are stunning, with a long bank of

white coral sand linking the hill to two other smaller hills,

on the right of which a blade of rock soars skywards. In the

distance we see Santiago; it is a large island and the part

covered by the lava flow is extensive with smaller, older,

different coloured hillocks protruding from the black rocks.

Our guide explains that the beach to the left of the sand-

bank is frequented by sharks, but that the beach on the

right is safe and that we can swim there. The pungent air

tells us that a colony of sea lions lives on the island; the

coast is divided into areas for the massive males, which

weight hundred of kilos and defend their territory against

all intruders including unwary tourists, while the young

females warm themselves in the sun as the cubs nuzzle up

to them to feed. Their cries fill the air. There are hundreds of

them and the rocks are worn and rounded by their constant

comings and goings. We make our way between the rocks

and meet the land iguanas. Given the sparse vegetation on

the island they have adapted to eating cactus, and are par-

ticularly fond of the cactus fruit, although they also gobble

the leaves. These strange animals, which are no longer

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sillo della loro sensualità per ammaliare le femmine che

però si concedono il lusso di scegliere il migliore. Dalle

tortuosità della riva spunta il muso trogloditico di

un'iguana marina, altre la seguono dando a noi visitatori

una sequenza inarrivabile di stimoli. La superficie del

terreno, solidificazione di remote colate di lava, s'increspa

in rigide, inquietanti pieghe e in rocce che simulano la

ghisa, delineando uno scenario illusorio che fa pensare

ad un altro pianeta. L'eruzione di un secolo fa ha fatto

piazza pulita di erbe rigogliose lasciando spazio solo a

nests everywhere with fledglings, more mature birds, and

adult males blowing out their enormous red throats to

attract the females who fly overhead seeking the most

attractive males as mating partners. And then, hidden in

the gorges along the shore, we see our first marine iguana,

the first of many. There is so much to see that it is impossi-

ble to take it all in. A lava flow, the surface of which resem-

bles a fluid that has only just solidified and on which the

creases trace an unreal landscape. Rocks so hard they

resemble congealed cast iron. The eruption took place

Il fascino arcano delle Galapagos/The mysterious charm of the Galapagos

anno 2 - n°6 Inverno 2013

piante immarcescibili come cactus e poco altro. A Barto-

lomé ci inerpichiamo sulle pendici di un vulcano spento.

Dal bordo del suo cratere il respiro si ferma di fronte allo

spettacolo che si para ai nostri occhi. Un cordone di sab-

bia formata da polvere di corallo, s'insinua nel mare

legando insieme la collina ad altre due più piccole. Al di là,

l'isola di Santiago, un grande territorio disseminato di

rocce nere di lava, ricordo di recenti eruzioni vulcaniche,

in mezzo ad altre di colore naturale, con effetto bicroma-

tico davvero impressionante. Sembra che quest'isola fun-

ga da curioso spartiacque: a sinistra della lingua di sabbia,

la baia è spesso ritrovo per i pescecani, quindi accurata-

mente da evitare. Quella di destra è tranquilla e balneabi-

le. Un odore forte e pungente desta la nostra attenzione,

ci spiegano che quest'isola è abitata da una colonia di

leoni marini. Gli esemplari maschi, grazie alla loro forte

stazza, alcune centinaia di chili, non devono fare molta

fatica a difendere il proprio territorio, mentre le femmine

si crogiolano al sole. A forza di rotolare sulle rocce

dell'isola i leoni marini hanno smussato le loro asperità

rendendole tipicamente tondeggianti. La rara ed aspra

vegetazione non riesce a nascondere quelle creature pri-

mordiali che qui sono a casa, le iguane, il cui aspetto

rimanda a un'altra era, quella dei dinosauri. Si nutrono dei

frutti di cactus e si riuniscono in branchi cercando angoli

more than a century ago, but this arid and inhospitable

landscape is colonized only by scattered cactus bushes,

some lizards and a few insects. On Bartolomé we climb to

the summit of an extinct volcano which is over a hundred

meters high. The views are stunning, with a long bank of

white coral sand linking the hill to two other smaller hills,

on the right of which a blade of rock soars skywards. In the

distance we see Santiago; it is a large island and the part

covered by the lava flow is extensive with smaller, older,

different coloured hillocks protruding from the black rocks.

Our guide explains that the beach to the left of the sand-

bank is frequented by sharks, but that the beach on the

right is safe and that we can swim there. The pungent air

tells us that a colony of sea lions lives on the island; the

coast is divided into areas for the massive males, which

weight hundred of kilos and defend their territory against

all intruders including unwary tourists, while the young

females warm themselves in the sun as the cubs nuzzle up

to them to feed. Their cries fill the air. There are hundreds of

them and the rocks are worn and rounded by their constant

comings and goings. We make our way between the rocks

and meet the land iguanas. Given the sparse vegetation on

the island they have adapted to eating cactus, and are par-

ticularly fond of the cactus fruit, although they also gobble

the leaves. These strange animals, which are no longer

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Il fascino arcano delle Galapagos/The mysterious charm of the Galapagos

anno 2 - n°6 Inverno 2013

riparati dal vento, con difficoltà, visto che Bartolomè è

un'isola aspra e brulla, disseminata di concrezioni di lava

rappresa e rugosità simili a bocche di crateri che

l'associano alla crosta lunare. Pochi gli interventi

dell'uomo; una rudimentale scala di legno ci porta in cima

a una collina da dove si offrono ad uno sguardo attonito

le altre isole e la Roccia Pinnacolo, una formazione di tufo

a picco sulla Baia di Sullivan che spesso è popolata da

than a metre in length and weight about fifteen kilos,

descend from dinosaurs. As the temperatures are low the

reptiles seek protection from the wind, gathering in their

hundreds. Bartolomé is a small island with an arid lunar

surface and volcanic formations including lava pumps,

scattered cones and volcanic ash. Having climbed up

wooden stairs we are rewarded with a stunning view over

the island and Pinnacle Rock, an eroded tufa cone, as well

as wonderful views of Sullivan Bay. On the climb to the top

we come across large colonies of iguanas and “lava lizards”

as well as rare plants like red mangroves, tiquilla and cac-

tus. From the shore we can see some Galapagos penguins,

sea turtles (January-March) and white fin sharks. The 14

Galapagos islands, eight are large and six small, and the 41

islets most of which are little more than volcanic rocks, lie

in the Pacific Ocean on the Equator, some 1,000 kilometers

from the west coast of South America and are one of the

most famous natural parks in the world thanks to their

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Il fascino arcano delle Galapagos/The mysterious charm of the Galapagos

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riparati dal vento, con difficoltà, visto che Bartolomè è

un'isola aspra e brulla, disseminata di concrezioni di lava

rappresa e rugosità simili a bocche di crateri che

l'associano alla crosta lunare. Pochi gli interventi

dell'uomo; una rudimentale scala di legno ci porta in cima

a una collina da dove si offrono ad uno sguardo attonito

le altre isole e la Roccia Pinnacolo, una formazione di tufo

a picco sulla Baia di Sullivan che spesso è popolata da

than a metre in length and weight about fifteen kilos,

descend from dinosaurs. As the temperatures are low the

reptiles seek protection from the wind, gathering in their

hundreds. Bartolomé is a small island with an arid lunar

surface and volcanic formations including lava pumps,

scattered cones and volcanic ash. Having climbed up

wooden stairs we are rewarded with a stunning view over

the island and Pinnacle Rock, an eroded tufa cone, as well

as wonderful views of Sullivan Bay. On the climb to the top

we come across large colonies of iguanas and “lava lizards”

as well as rare plants like red mangroves, tiquilla and cac-

tus. From the shore we can see some Galapagos penguins,

sea turtles (January-March) and white fin sharks. The 14

Galapagos islands, eight are large and six small, and the 41

islets most of which are little more than volcanic rocks, lie

in the Pacific Ocean on the Equator, some 1,000 kilometers

from the west coast of South America and are one of the

most famous natural parks in the world thanks to their

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pinguini endemici delle Galapagos, tartarughe marine e

squali dalla pinna bianca. Lungo il cammino che porta in

cima, può capitare di imbattersi in numerosi esemplari di

iguane e delle cosiddette lucertole di lava e di osservare

decine di specie di cactus e piante rare come le rizoforee

rosse. Le 14 isole si susseguono l'una all'altra, le più anti-

che hanno 4 milioni di anni, mentre ne emergono ancora

di nuove grazie a fenomeni vulcanici, qui più frequenti

che in qualsiasi altra parte del mondo. Di alcune si vede

infatti solo un'altura con grande cratere annerito di lava

solidificata; altro non è se non la cima di un vulcano che in

gran parte rimane sommerso. La frequenza di tali forma-

zioni dà all'arcipelago delle Galapagos una fisionomia

davvero unica. Alcuni di questi isolotti, già ben visibili

dalla barca, sono diventati meta stanziale di stormi di

uccelli anche endemici che qui nidificano e si riproduco-

no dovunque. Paradiso per gli ornitologi. Anche l'albatros

fa parte della fauna di quest'arcipelago ma con

un'apertura alare di due metri, ha bisogno di una vera

pista di atterraggio, dunque sceglie isole più pianeggian-

ti. Gli uccelli qui hanno motivo di accasarsi anche grazie

ad un pescosissimo mare che giustifica il viavai senza

sosta di navi da pesca, base di cospicuo bottino per il com-

mercio. Si nutrono di questi pesci anche le tartarughe

giganti, tra gli animali più famosi delle Galapagos. Ogni

isola ha la sua razza endemica per via dell'isolamento e

del diverso habitat, secondo la teoria dell'evoluzione del-

la specie di Darwin. Un numero considerevole di specie

faunistiche endemiche, soprattutto in proporzione al

territorio relativamente ridotto di queste isole. Ben 11

sottospecie di Tartaruga Gigante delle Galapagos, ma

anche iguane di mare e di terra, pinguini e 13 specie di

fringuelli detti di Darwin per via del particolare studio che

ne fece il naturalista. Sono endemiche anche alcune spe-

cie vegetali, cactus, alberi e rizoforee di quattro colori

unique characteristics. They are strung out, one after the

other. The oldest are four million years old while the youn-

ger islands are still forming. In fact the archipelago is con-

sidered one of the world's most active volcanic areas. Cre-

ated by massive explosions, each island is the tip of a giant

volcano, three-quarters of which is submerged under the

ocean. Which is what makes the archipelago resemble the

surface of the moon. Observing each mountain crowned by

its crater and the endless flows of lava which can be clearly

seen makes one think that in a recent geological era, the

Galapagos could have been separated by the ocean. We

land on a small island. It is covered by birds and it is difficult

to proceed for fear of stepping on a fledgling, a nest or an

egg which has been left unattended. There are many alba-

trosses on this island. These birds have a wing span of two

metres, they are as large as a turkey and have a funny gait

and an even stranger mating ritual which unfortunately

we were unable to capture as the battery of our camera

went flat. Although the albatross is strong once in the air he

has great difficulty taking off, often falling back on the

land, and so they prefer to launch themselves from high

cliffs. Fishing boats ply these seas incessantly as they have

an abundance of fish, and the advantage of the system is

evident, as this abundance of fish, which provides constant

nourishment, is the reason there are so many animals on

the islands. One of the most famous of all the animals on

the Galapagos islands is the giant tortoise: each island has

its own race of tortoise, the isolation and the environmen-

tal conditions having modified the morphology. Which is

Darwin's theory. Considering how small these island are,

we are constantly amazed by the number of endemic spe-

cies. The tortoises are symbols of the archipelago with 11

sub-species of the Giant Tortoise. But there are also sea

iguanas, penguins and 13 species of finch, the famous birds

that led to Darwin's theory on the evolution of the species.

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Il fascino arcano delle Galapagos/The mysterious charm of the Galapagos

anno 2 - n°6 Inverno 2013

differenti. Infine, la fauna marina in cui ci imbattiamo

facilmente tra le scogliere di queste isole, occasione stra-

ordinaria per i sub, ma anche per il semplice nuotatore

che può trovarsi davanti a branchi di otarie e razze. Tutto

questo appartiene all'esperienza Galapagos. Come pure

allontanarsi in barca verso il canale Bolivar per avvistare

balene e delfini. Di ritorno dal canale sbarchiamo alla Baia

Urbina nell'Isola Isabela, la più grande delle Galapagos,

con 5 imponenti vulcani, tra i quali il Vulcano Wolf, la vetta

più alta delle Galapagos (1 707 m.). Il primo impatto è con

la scogliera su cui sono visibili dei graffiti, forse per mano

di pirati e bucanieri sbarcati qui nell'Ottocento. Ma poi,

lungo il sentiero che porta alla laguna di acqua salata di

Darwin, si apre la straordinaria vista dei campi di lava con

pittoresche formazioni naturali ad opera delle eruzioni

vulcaniche e dell'azione dilavante dell'Oceano. Adden-

trandoci nelle lagune di mangrovie per cercare le tartaru-

ghe giganti ci imbattiamo in una particolare specie di

iguane di terra con vistose creste sul dorso e dai forti colo-

ri arancione e giallo. Quattromila tartarughe giganti, pin-

guini delle Galapagos e fregate,ma anche tartarughe

marine, razze, pesci martello, squali delle Galapagos, avvi-

stabili grazie ad un'escursione in barca lungo la costa.

Nell'”ultimo santuario di vita naturale”, prendendo in pre-

stito la definizione di Jacques Cousteau delle Galapagos,

questi animali rudi e dall'aspetto preistorico sembrano

non scomporsi di fronte all'essere umano che si avvicina a

loro con naturalezza, quasi fosse un altro abitante del loro

Eden.•

There are also various species of endemic cactii, vegeta-

tion, trees and mangroves in four different colours.

And then, the marine life. It is fascinating to discover it in

the creeks and bays and along the pristine reefs. Many of

the beaches are perfect for diving and swimming with

seals, rays and sharks, which is one Galapagos experience

not to be missed. Having crossed the Bolivar Canal hoping

to see whales and dolphins, we make a wet landing on

Isabel Island to visit Urbina Bay. On our way to see the

giant tortoises we come across orange and yellow land

iguanas with high crests on their backs. Giant tortoises,

some 400 of them, Galapagos penguins and frigate birds

also live on Isabel and later, swimming in the waters off the

island, we see marine lizards, sea turtles, rays, hammer-

head fish and white-fin sharks as well as Galapagos

sharks. Isabela is the largest island in the archipelago and

consists of five active volcanoes of which the Wolf Volcano

is the highest point on the islands (1,707 metres). Along

the rocky coastline we come across some 19th-century

graffiti, probably left by pirates and buccaneers and,

taking the path towards Darwin's salty lagoon, we have a

perfect view of the lava fields, the volcanic formations and

the ocean. We take a boat and follow the coast where we

see more marine life including Galapagos penguins and

cormorants. In this "last sanctuary of natural life," to quote

Jacques Cousteau, these rare animals with their prehis-

toric features have learned there is nothing to fear from

man. It is incredible how easy it is to approach them and be

considered just another inhabitant of their paradise.•

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pinguini endemici delle Galapagos, tartarughe marine e

squali dalla pinna bianca. Lungo il cammino che porta in

cima, può capitare di imbattersi in numerosi esemplari di

iguane e delle cosiddette lucertole di lava e di osservare

decine di specie di cactus e piante rare come le rizoforee

rosse. Le 14 isole si susseguono l'una all'altra, le più anti-

che hanno 4 milioni di anni, mentre ne emergono ancora

di nuove grazie a fenomeni vulcanici, qui più frequenti

che in qualsiasi altra parte del mondo. Di alcune si vede

infatti solo un'altura con grande cratere annerito di lava

solidificata; altro non è se non la cima di un vulcano che in

gran parte rimane sommerso. La frequenza di tali forma-

zioni dà all'arcipelago delle Galapagos una fisionomia

davvero unica. Alcuni di questi isolotti, già ben visibili

dalla barca, sono diventati meta stanziale di stormi di

uccelli anche endemici che qui nidificano e si riproduco-

no dovunque. Paradiso per gli ornitologi. Anche l'albatros

fa parte della fauna di quest'arcipelago ma con

un'apertura alare di due metri, ha bisogno di una vera

pista di atterraggio, dunque sceglie isole più pianeggian-

ti. Gli uccelli qui hanno motivo di accasarsi anche grazie

ad un pescosissimo mare che giustifica il viavai senza

sosta di navi da pesca, base di cospicuo bottino per il com-

mercio. Si nutrono di questi pesci anche le tartarughe

giganti, tra gli animali più famosi delle Galapagos. Ogni

isola ha la sua razza endemica per via dell'isolamento e

del diverso habitat, secondo la teoria dell'evoluzione del-

la specie di Darwin. Un numero considerevole di specie

faunistiche endemiche, soprattutto in proporzione al

territorio relativamente ridotto di queste isole. Ben 11

sottospecie di Tartaruga Gigante delle Galapagos, ma

anche iguane di mare e di terra, pinguini e 13 specie di

fringuelli detti di Darwin per via del particolare studio che

ne fece il naturalista. Sono endemiche anche alcune spe-

cie vegetali, cactus, alberi e rizoforee di quattro colori

unique characteristics. They are strung out, one after the

other. The oldest are four million years old while the youn-

ger islands are still forming. In fact the archipelago is con-

sidered one of the world's most active volcanic areas. Cre-

ated by massive explosions, each island is the tip of a giant

volcano, three-quarters of which is submerged under the

ocean. Which is what makes the archipelago resemble the

surface of the moon. Observing each mountain crowned by

its crater and the endless flows of lava which can be clearly

seen makes one think that in a recent geological era, the

Galapagos could have been separated by the ocean. We

land on a small island. It is covered by birds and it is difficult

to proceed for fear of stepping on a fledgling, a nest or an

egg which has been left unattended. There are many alba-

trosses on this island. These birds have a wing span of two

metres, they are as large as a turkey and have a funny gait

and an even stranger mating ritual which unfortunately

we were unable to capture as the battery of our camera

went flat. Although the albatross is strong once in the air he

has great difficulty taking off, often falling back on the

land, and so they prefer to launch themselves from high

cliffs. Fishing boats ply these seas incessantly as they have

an abundance of fish, and the advantage of the system is

evident, as this abundance of fish, which provides constant

nourishment, is the reason there are so many animals on

the islands. One of the most famous of all the animals on

the Galapagos islands is the giant tortoise: each island has

its own race of tortoise, the isolation and the environmen-

tal conditions having modified the morphology. Which is

Darwin's theory. Considering how small these island are,

we are constantly amazed by the number of endemic spe-

cies. The tortoises are symbols of the archipelago with 11

sub-species of the Giant Tortoise. But there are also sea

iguanas, penguins and 13 species of finch, the famous birds

that led to Darwin's theory on the evolution of the species.

12

Il fascino arcano delle Galapagos/The mysterious charm of the Galapagos

anno 2 - n°6 Inverno 2013

differenti. Infine, la fauna marina in cui ci imbattiamo

facilmente tra le scogliere di queste isole, occasione stra-

ordinaria per i sub, ma anche per il semplice nuotatore

che può trovarsi davanti a branchi di otarie e razze. Tutto

questo appartiene all'esperienza Galapagos. Come pure

allontanarsi in barca verso il canale Bolivar per avvistare

balene e delfini. Di ritorno dal canale sbarchiamo alla Baia

Urbina nell'Isola Isabela, la più grande delle Galapagos,

con 5 imponenti vulcani, tra i quali il Vulcano Wolf, la vetta

più alta delle Galapagos (1 707 m.). Il primo impatto è con

la scogliera su cui sono visibili dei graffiti, forse per mano

di pirati e bucanieri sbarcati qui nell'Ottocento. Ma poi,

lungo il sentiero che porta alla laguna di acqua salata di

Darwin, si apre la straordinaria vista dei campi di lava con

pittoresche formazioni naturali ad opera delle eruzioni

vulcaniche e dell'azione dilavante dell'Oceano. Adden-

trandoci nelle lagune di mangrovie per cercare le tartaru-

ghe giganti ci imbattiamo in una particolare specie di

iguane di terra con vistose creste sul dorso e dai forti colo-

ri arancione e giallo. Quattromila tartarughe giganti, pin-

guini delle Galapagos e fregate,ma anche tartarughe

marine, razze, pesci martello, squali delle Galapagos, avvi-

stabili grazie ad un'escursione in barca lungo la costa.

Nell'”ultimo santuario di vita naturale”, prendendo in pre-

stito la definizione di Jacques Cousteau delle Galapagos,

questi animali rudi e dall'aspetto preistorico sembrano

non scomporsi di fronte all'essere umano che si avvicina a

loro con naturalezza, quasi fosse un altro abitante del loro

Eden.•

There are also various species of endemic cactii, vegeta-

tion, trees and mangroves in four different colours.

And then, the marine life. It is fascinating to discover it in

the creeks and bays and along the pristine reefs. Many of

the beaches are perfect for diving and swimming with

seals, rays and sharks, which is one Galapagos experience

not to be missed. Having crossed the Bolivar Canal hoping

to see whales and dolphins, we make a wet landing on

Isabel Island to visit Urbina Bay. On our way to see the

giant tortoises we come across orange and yellow land

iguanas with high crests on their backs. Giant tortoises,

some 400 of them, Galapagos penguins and frigate birds

also live on Isabel and later, swimming in the waters off the

island, we see marine lizards, sea turtles, rays, hammer-

head fish and white-fin sharks as well as Galapagos

sharks. Isabela is the largest island in the archipelago and

consists of five active volcanoes of which the Wolf Volcano

is the highest point on the islands (1,707 metres). Along

the rocky coastline we come across some 19th-century

graffiti, probably left by pirates and buccaneers and,

taking the path towards Darwin's salty lagoon, we have a

perfect view of the lava fields, the volcanic formations and

the ocean. We take a boat and follow the coast where we

see more marine life including Galapagos penguins and

cormorants. In this "last sanctuary of natural life," to quote

Jacques Cousteau, these rare animals with their prehis-

toric features have learned there is nothing to fear from

man. It is incredible how easy it is to approach them and be

considered just another inhabitant of their paradise.•

13

Page 14: Gennaio 2013

14

Malesia crogiolo di etnie e culture

erra di forti contrasti, la Malesia. Di contrasti e di Tmiti perduti. Della leggendaria tigre-Sandokan

resta la suggestione evocata dall'isola di Mompra-

cem, l'odierna Kuraman, e anche il suo nome, dato a un

grande villaggio del Borneo settentrionale. Ma

l'esplosione selvaggia della natura non è fantasia. E' il

caldo umido dei tropici favorito da brevi acquazzoni ad

alimentare quel magnifico patrimonio verde che sono le

giungle e le foreste dove intricati cespugli s'incastrano

tra gli alberi enormi che svettano i loro rami ad altezze

straordinarie e dalla terra emergono come serpenti inar-

cati le loro radici nodose. Quindicimila specie di alberi e

piante e un'infinita varietà di fiori, dalle orchidee ai lotos

all'ibiscus alla rosa sinesis, il fiore nazionale. E in mezzo al

verde, i villaggi, con le emblematiche abitazioni a palafit-

te. Una natura prorompente, dunque, a dispetto dell'altra

Malesia. Quella degli avveniristici grattacieli che elevano

le grandi città, in tutti i sensi. Forme affusolate in cui

vetro, cemento e acciaio si modellano nelle mani di auda-

ci architetti sicuri dell'effetto sorpresa su chi, al primo

impatto con la Malesia, si aspetti di trovare l'Oriente

puro, fatto solo di costruzioni basse, tetti a pagoda, ori e

decori a profusione. Che ci sono, naturalmente, tra vec-

chie case e templi, sparsi qua e là, pur all'ombra di quegli

altissimi palazzi che la voglia di Oriente farebbe persino

vedere come ascetici minareti. Il contrasto, si diceva. Città

dall'architettura vagamente british-moresca con tocchi

cinesi e indù. E il comparire improvviso di grattacieli che

Malesia crogiolo di etnie e culture

testo di

Teresa Carrubba

anno 2 - n°6 Inverno 2013

15

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Malesia crogiolo di etnie e culture

erra di forti contrasti, la Malesia. Di contrasti e di Tmiti perduti. Della leggendaria tigre-Sandokan

resta la suggestione evocata dall'isola di Mompra-

cem, l'odierna Kuraman, e anche il suo nome, dato a un

grande villaggio del Borneo settentrionale. Ma

l'esplosione selvaggia della natura non è fantasia. E' il

caldo umido dei tropici favorito da brevi acquazzoni ad

alimentare quel magnifico patrimonio verde che sono le

giungle e le foreste dove intricati cespugli s'incastrano

tra gli alberi enormi che svettano i loro rami ad altezze

straordinarie e dalla terra emergono come serpenti inar-

cati le loro radici nodose. Quindicimila specie di alberi e

piante e un'infinita varietà di fiori, dalle orchidee ai lotos

all'ibiscus alla rosa sinesis, il fiore nazionale. E in mezzo al

verde, i villaggi, con le emblematiche abitazioni a palafit-

te. Una natura prorompente, dunque, a dispetto dell'altra

Malesia. Quella degli avveniristici grattacieli che elevano

le grandi città, in tutti i sensi. Forme affusolate in cui

vetro, cemento e acciaio si modellano nelle mani di auda-

ci architetti sicuri dell'effetto sorpresa su chi, al primo

impatto con la Malesia, si aspetti di trovare l'Oriente

puro, fatto solo di costruzioni basse, tetti a pagoda, ori e

decori a profusione. Che ci sono, naturalmente, tra vec-

chie case e templi, sparsi qua e là, pur all'ombra di quegli

altissimi palazzi che la voglia di Oriente farebbe persino

vedere come ascetici minareti. Il contrasto, si diceva. Città

dall'architettura vagamente british-moresca con tocchi

cinesi e indù. E il comparire improvviso di grattacieli che

Malesia crogiolo di etnie e culture

testo di

Teresa Carrubba

anno 2 - n°6 Inverno 2013

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Page 16: Gennaio 2013

mostrano una diversa realtà; la testi-

monianza di un Paese in cui i ritmi di

sviluppo non hanno precedenti in

nessun'altra parte dell'Asia. Proprio

per questo il turista in Malesia è anco-

ra un viaggiatore privilegiato perché

nel Paese esiste un bell'amalgama di

natura, di fascino esotico e di com-

fort di tipo occidentale.

Lo si vede percorrendola in auto da

regione a regione: dal Selangor al

Kelantan, dalla Malacca allo Johor, al

Pehanh. E se ci si stupisce alla vista di

tanta modernità, la sorpresa aumen-

ta di fronte agli animisti che vivono

ancora allo stato primitivo nella giun-

gla, nutrendosi quasi esclusivamen-

te dei suoi frutti, tutt'al più costruen-

do piccoli oggetti artigianali da ven-

dere ai turisti. Il contrasto, si diceva.

Per la sua posizione strategica tra il

Mar della Cina meridionale e

l'Oceano Indiano, la Malesia è sem-

pre stata luogo d'incontro privilegia-

to per mercanti e viaggiatori dell'Est

e dell'Ovest. La sua storia riflette

perciò queste influenze straniere:

quella indo-buddista per esempio, la

più importante nel secolo preceden-

te l'arrivo dell'Islam. Quando nel

Malesia crogiolo di etnie e culture

16

anno 2 - n°6 Inverno 2013

17

1400 il reame malese di Malacca raggiunse il suo apogeo, l'Islam dominava la regione. Ed era

proprio la penisola di Malacca, quello stretto braccio di terra che dall'istmo di Krà si spinge ver-

so sud-est sino all'isola di Singapore e separa il Mar della Cina meridionale dall'Oceano India-

no, il passaggio obbligato per andare per mare da occidente a oriente e viceversa.

Massimo produttore al mondo di stagno, caucciù e olio di palma, grande esportatore di petro-

lio, gas, pepe, cacao, apparecchiature elettroniche e legnami pregiati, la Malesia è stata negli

ultimi anni l'orgoglio dell'Asia. Era il paese delle notti orientali, ed è diventato uno dei poli del

boom economico asiatico insieme a Giappone, Corea del Sud, Hong Kong e Singapore.

L'ospitalità rispecchia questi imperativi; alberghi e ristoranti, sorti numerosi negli ultimi tempi,

soddisfano ogni tipo di esigenza e rispondono ad un unico denominatore comune, cortesia ed

efficienza. E il primo impatto con questo lontano mondo orientale, è proprio la cortesia dei

malesi, un popolo che ama fraterniz-

zare. Vivono in 19 milioni su un terri-

torio poco più piccolo dell'Italia:

divisi in tre principali etnie, Malesi,

Cinesi, Indiani e nei diversi gruppi

indigeni del Sabah e dal Sarawak. E

gli incroci tra le razze hanno dato

origine a sembianze singolari, visi in

cui è difficile attribuire un'origine

definita. Questo aumenta il fascino

della Malesia. Kuala Lumpur, città

giovane senza storia. Assorbì molto

dal dominio britannico, usi e costumi

e anche l' architettura di cui riman-

gono piacevoli tracce. Di tutta la

Malesia, forse è qui, nella sua capita-

le, il trionfo di quel singolare amal-

gama di etnie, di religioni, di culture

così diverse eppure così ben assimi-

late. Girando per le strade di questa

città, nata nel 1857 dall' insediamen-

to di un gruppo di minatori in cerca

di stagno nella confluenza dei fiumi

KIang e Gombak, oggi una vera

metropoli, la suggestione è continua

e sbalorditiva. Sembra una città

musulmana, ma poi emergono dei

tratti cinesi mentre a due passi si

respira un forte sapore indiano. E

poi, girato l'angolo, appaiono i linea-

Page 17: Gennaio 2013

mostrano una diversa realtà; la testi-

monianza di un Paese in cui i ritmi di

sviluppo non hanno precedenti in

nessun'altra parte dell'Asia. Proprio

per questo il turista in Malesia è anco-

ra un viaggiatore privilegiato perché

nel Paese esiste un bell'amalgama di

natura, di fascino esotico e di com-

fort di tipo occidentale.

Lo si vede percorrendola in auto da

regione a regione: dal Selangor al

Kelantan, dalla Malacca allo Johor, al

Pehanh. E se ci si stupisce alla vista di

tanta modernità, la sorpresa aumen-

ta di fronte agli animisti che vivono

ancora allo stato primitivo nella giun-

gla, nutrendosi quasi esclusivamen-

te dei suoi frutti, tutt'al più costruen-

do piccoli oggetti artigianali da ven-

dere ai turisti. Il contrasto, si diceva.

Per la sua posizione strategica tra il

Mar della Cina meridionale e

l'Oceano Indiano, la Malesia è sem-

pre stata luogo d'incontro privilegia-

to per mercanti e viaggiatori dell'Est

e dell'Ovest. La sua storia riflette

perciò queste influenze straniere:

quella indo-buddista per esempio, la

più importante nel secolo preceden-

te l'arrivo dell'Islam. Quando nel

Malesia crogiolo di etnie e culture

16

anno 2 - n°6 Inverno 2013

17

1400 il reame malese di Malacca raggiunse il suo apogeo, l'Islam dominava la regione. Ed era

proprio la penisola di Malacca, quello stretto braccio di terra che dall'istmo di Krà si spinge ver-

so sud-est sino all'isola di Singapore e separa il Mar della Cina meridionale dall'Oceano India-

no, il passaggio obbligato per andare per mare da occidente a oriente e viceversa.

Massimo produttore al mondo di stagno, caucciù e olio di palma, grande esportatore di petro-

lio, gas, pepe, cacao, apparecchiature elettroniche e legnami pregiati, la Malesia è stata negli

ultimi anni l'orgoglio dell'Asia. Era il paese delle notti orientali, ed è diventato uno dei poli del

boom economico asiatico insieme a Giappone, Corea del Sud, Hong Kong e Singapore.

L'ospitalità rispecchia questi imperativi; alberghi e ristoranti, sorti numerosi negli ultimi tempi,

soddisfano ogni tipo di esigenza e rispondono ad un unico denominatore comune, cortesia ed

efficienza. E il primo impatto con questo lontano mondo orientale, è proprio la cortesia dei

malesi, un popolo che ama fraterniz-

zare. Vivono in 19 milioni su un terri-

torio poco più piccolo dell'Italia:

divisi in tre principali etnie, Malesi,

Cinesi, Indiani e nei diversi gruppi

indigeni del Sabah e dal Sarawak. E

gli incroci tra le razze hanno dato

origine a sembianze singolari, visi in

cui è difficile attribuire un'origine

definita. Questo aumenta il fascino

della Malesia. Kuala Lumpur, città

giovane senza storia. Assorbì molto

dal dominio britannico, usi e costumi

e anche l' architettura di cui riman-

gono piacevoli tracce. Di tutta la

Malesia, forse è qui, nella sua capita-

le, il trionfo di quel singolare amal-

gama di etnie, di religioni, di culture

così diverse eppure così ben assimi-

late. Girando per le strade di questa

città, nata nel 1857 dall' insediamen-

to di un gruppo di minatori in cerca

di stagno nella confluenza dei fiumi

KIang e Gombak, oggi una vera

metropoli, la suggestione è continua

e sbalorditiva. Sembra una città

musulmana, ma poi emergono dei

tratti cinesi mentre a due passi si

respira un forte sapore indiano. E

poi, girato l'angolo, appaiono i linea-

Page 18: Gennaio 2013

Malesia crogiolo di etnie e culture

menti di elegante stile inglese dei palazzi coloniali. Ma

tutto si stravolge in pieno centro dove lo sguardo è

costretto ad alzarsi per seguire le linee essenziali dei

numerosi modernissimi grattacieli. Ed è allora che, asse-

condando con gli occhi quelle magnifiche svettanti strut-

ture, ci si chiede se sia Manhattan o davvero il sud

dell'Asia. Tra tutte spiccano le Petronas Twin Towers, sim-

bolo della città, le torri gemelle più alte al mondo. Quat-

trocentocinquantadue metri di altezza, 88 piani scintil-

lanti di vetrate, acciaio e alta tecnologia. Costruite senza

badare a spese dalla compagnia petrolifera malese,

Petronas appunto, le torri sono improntate al lusso e

all'eleganza. All'interno, una Philarmonic Hall per con-

certi e rappresentazioni teatrali, e un centro commerciale

che vanta le più prestigiose firme del design internazio-

nale. Ma il percorso più sorprendente è il camminatoio

vetrato che collega le due torri a circa metà altezza, da cui

si gode un' irrinunciabile panoramica della città. Richiesta

a tal punto da dover prenotare l'ingresso varie ore prima.

Un'alternativa è la Torre di Kuala Lumpur, stazione di tra-

smissione per telecomunicazioni, sulla cima di Bukit

Nanas. Dall'alto dei suoi 421 metri è possibile percorrere

una veranda circolare che offre una vista della città a

lungo raggio. Ma Kuala Lumpur, lo abbiamo detto, è

anche altro. E' nel folklore del Mercato Centrale,

fregiato del Coronation Architecture Design Award per lo

stile architettonico, e per ben tre volte del Gold Award del

Turismo Malesia per aver fornito un grande contributo

all'industria e al turismo. Oggi è il centro per lo sviluppo

della cultura, delle arti e dell'artigianato malese. E' più di

un mercato, qui si possono osservare le tecniche della

lavorazione del vetro soffiato o del batik su stoffa, ma ci si

può far anche predire il futuro, farsi fare ritratti, e natural-

mente acquistare prodotti di artigianato locale. A 5 minu-

ti a piedi la favolosa China Town, coloratissima di botte-

ghe in cui tutto fa bella mostra di sé, dalle stoffe ai ninnoli

pendenti, tra il profumo di spezie e di erbe medicinali. A

sera, poi, le strade si animano ancora di più per gli ambu-

lanti festosi che offrono l'illusione di un Cartier o di un

Rolex con ottime imitazioni. Il chiasso si placa allonta-

nandosi per le vie della città a ritrovare la seppur breve

storia di Kuala Lumpur che si concentra, per esempio, in

Dataran Merdeka, la suggestiva piazza dove il 31 Agosto

1957 fu abbassata la bandiera britannica e issata quella

malese, su un'asta di 100 metri, una delle più alte del mon-

do. Il governo britannico, tuttavia, ha lasciato in

quest'enorme piazza un bellissimo palazzo, sua sede

amministrativa, di un singolare stile moresco, il Sultan

Abdul Samad Building. Il palazzo, che delinea tutto un

lato della piazza Merdeka, conducendo quasi a un punto

di fuga, oggi ospita la Corte Suprema e il Museo tessile

della città. In un angolo della piazza si trova anche il

Selangor Club, un edificio in stile Tudor costruito nel

1910. Sotto la Dataran Merdeka si trova la Plaza Putra, un

complesso sotterraneo con ristoranti e locali di diverti-

mento. Interessante, anche se, di sera, Kuala Lumpur va 18

anno 2 - n°6 Inverno 2013

19

vista a terra, specie nel modernissimo centro dove i raggi

del sole che di giorno animano di forme e colori le super-

fici specchiate dei grattaceli, lasciano il posto ad una

sapiente illuminazione che ne disegna i contorni proiet-

tandoli verso il buio del cielo come giganteschi alberi di

Natale. Ma la vera Malesia, inizia subito dopo la capitale.

Il trafficato raccordo anulare che circonda la città, lascia

spazio dapprima alle vastissime piantagioni degli alberi

della gomma, poi all'inestricabile giungla che si snoda

già dai bordi della strada. Non ci sono più rumori, solo

palme da cocco e da olio, banani, laghi immensi ricoperti

da fiori di loto. Il tuffo in Oriente, dunque, è più facile a

partire dalla periferia di Kuala Lumpur dove, per esempio,

si possono visitare le Batu Caves, un complesso di grotte

dove si trovano dei templi indù. La suggestione comin-

cia già dall'ingresso dove statue di divinità indiane zoo-

morfe, come il dio panciuto con la testa di elefante, avvia-

no ai 272 gradini su cui è facile imbattersi in simpatiche

scimmiette. Ma il fascino è in cima, dove si aprono enor-

mi grotte e piccoli coloratissimi altari. Se poi si ha la for-

tuna di trovarsi lì in un momento di preghiera, è difficile

non restarne coinvolti. Un ossessivo suono di tamburi

sottolinea il rito dei fedeli indiani che, a torso nudo si pas-

sano una fiaccola accesa pronunciando frasi concitate.

Fedeli che qui, a febbraio, diventano circa 100.000 per

festeggiare il Thaipusam.

Si può scegliere di vedere la Malesia attraverso i circuiti

turistici tradizionali, visitando i templi della Malacca, il

dolce altopiano delle Cameron Highlands, il Taman Nega-

ra (il parco nazionale). Oppure si può noleggiare un'auto

e girare qua e là tra le caratteristiche cittadine e le splen-

dide spiagge della costa orientale. Anni di colonialismo

inglese hanno reso la Malesia un paese molto organizza-

to. I servizi alberghieri sono all'altezza di quelli occiden-

tali e il governo negli ultimi anni sta ponendo una grossa

attenzione alla crescente domanda turistica. Tutto ciò

consente di vedere il paese con estrema tranquillità:

l'inglese è parlato da tutti, la delinquenza è quasi inesi-

stente, il traffico di droga è punito con la pena di morte.

Ma la natura della Malesia celebra il suo trionfo soprat-

tutto nelle isole. Centinaia di isole tropicali circondate da

un'intatta barriera corallina, sono il luogo ideale per un

soggiorno balneare. Potete sceglierne fra quelle della

costa orientale d'estate e quelle dello Stretto di Malacca

d'inverno. Potete sedervi sulla spiaggia di Kuala Dungun

ad aspettare le testuggini verdi che vengono a deporre le

uova. Potete fare snorkeling o immersioni nelle acque

cristalline del Mar Cinese Meridionale e se avete spirito di

avventura potete inoltrarvi fra le foreste di tek del Borneo

malese, terra di etnie affascinanti come gli Iban, ma

anche, e soprattutto, degli orangutan, delle scimmie nasi-

che, dei tapiri. Di isole incantate la Malaysia ne è piena.

Basta spostarsi nello stato del Kedah, a Langkawi, dove si

trova un gruppo di 99 isolotti quasi tutti ancora disabitati

e inesplorati. Ci si arriva in aereo o in battello da Penang,

anche quest'ultima isola d'incomparabile bellezza. Lan-

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Malesia crogiolo di etnie e culture

menti di elegante stile inglese dei palazzi coloniali. Ma

tutto si stravolge in pieno centro dove lo sguardo è

costretto ad alzarsi per seguire le linee essenziali dei

numerosi modernissimi grattacieli. Ed è allora che, asse-

condando con gli occhi quelle magnifiche svettanti strut-

ture, ci si chiede se sia Manhattan o davvero il sud

dell'Asia. Tra tutte spiccano le Petronas Twin Towers, sim-

bolo della città, le torri gemelle più alte al mondo. Quat-

trocentocinquantadue metri di altezza, 88 piani scintil-

lanti di vetrate, acciaio e alta tecnologia. Costruite senza

badare a spese dalla compagnia petrolifera malese,

Petronas appunto, le torri sono improntate al lusso e

all'eleganza. All'interno, una Philarmonic Hall per con-

certi e rappresentazioni teatrali, e un centro commerciale

che vanta le più prestigiose firme del design internazio-

nale. Ma il percorso più sorprendente è il camminatoio

vetrato che collega le due torri a circa metà altezza, da cui

si gode un' irrinunciabile panoramica della città. Richiesta

a tal punto da dover prenotare l'ingresso varie ore prima.

Un'alternativa è la Torre di Kuala Lumpur, stazione di tra-

smissione per telecomunicazioni, sulla cima di Bukit

Nanas. Dall'alto dei suoi 421 metri è possibile percorrere

una veranda circolare che offre una vista della città a

lungo raggio. Ma Kuala Lumpur, lo abbiamo detto, è

anche altro. E' nel folklore del Mercato Centrale,

fregiato del Coronation Architecture Design Award per lo

stile architettonico, e per ben tre volte del Gold Award del

Turismo Malesia per aver fornito un grande contributo

all'industria e al turismo. Oggi è il centro per lo sviluppo

della cultura, delle arti e dell'artigianato malese. E' più di

un mercato, qui si possono osservare le tecniche della

lavorazione del vetro soffiato o del batik su stoffa, ma ci si

può far anche predire il futuro, farsi fare ritratti, e natural-

mente acquistare prodotti di artigianato locale. A 5 minu-

ti a piedi la favolosa China Town, coloratissima di botte-

ghe in cui tutto fa bella mostra di sé, dalle stoffe ai ninnoli

pendenti, tra il profumo di spezie e di erbe medicinali. A

sera, poi, le strade si animano ancora di più per gli ambu-

lanti festosi che offrono l'illusione di un Cartier o di un

Rolex con ottime imitazioni. Il chiasso si placa allonta-

nandosi per le vie della città a ritrovare la seppur breve

storia di Kuala Lumpur che si concentra, per esempio, in

Dataran Merdeka, la suggestiva piazza dove il 31 Agosto

1957 fu abbassata la bandiera britannica e issata quella

malese, su un'asta di 100 metri, una delle più alte del mon-

do. Il governo britannico, tuttavia, ha lasciato in

quest'enorme piazza un bellissimo palazzo, sua sede

amministrativa, di un singolare stile moresco, il Sultan

Abdul Samad Building. Il palazzo, che delinea tutto un

lato della piazza Merdeka, conducendo quasi a un punto

di fuga, oggi ospita la Corte Suprema e il Museo tessile

della città. In un angolo della piazza si trova anche il

Selangor Club, un edificio in stile Tudor costruito nel

1910. Sotto la Dataran Merdeka si trova la Plaza Putra, un

complesso sotterraneo con ristoranti e locali di diverti-

mento. Interessante, anche se, di sera, Kuala Lumpur va 18

anno 2 - n°6 Inverno 2013

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vista a terra, specie nel modernissimo centro dove i raggi

del sole che di giorno animano di forme e colori le super-

fici specchiate dei grattaceli, lasciano il posto ad una

sapiente illuminazione che ne disegna i contorni proiet-

tandoli verso il buio del cielo come giganteschi alberi di

Natale. Ma la vera Malesia, inizia subito dopo la capitale.

Il trafficato raccordo anulare che circonda la città, lascia

spazio dapprima alle vastissime piantagioni degli alberi

della gomma, poi all'inestricabile giungla che si snoda

già dai bordi della strada. Non ci sono più rumori, solo

palme da cocco e da olio, banani, laghi immensi ricoperti

da fiori di loto. Il tuffo in Oriente, dunque, è più facile a

partire dalla periferia di Kuala Lumpur dove, per esempio,

si possono visitare le Batu Caves, un complesso di grotte

dove si trovano dei templi indù. La suggestione comin-

cia già dall'ingresso dove statue di divinità indiane zoo-

morfe, come il dio panciuto con la testa di elefante, avvia-

no ai 272 gradini su cui è facile imbattersi in simpatiche

scimmiette. Ma il fascino è in cima, dove si aprono enor-

mi grotte e piccoli coloratissimi altari. Se poi si ha la for-

tuna di trovarsi lì in un momento di preghiera, è difficile

non restarne coinvolti. Un ossessivo suono di tamburi

sottolinea il rito dei fedeli indiani che, a torso nudo si pas-

sano una fiaccola accesa pronunciando frasi concitate.

Fedeli che qui, a febbraio, diventano circa 100.000 per

festeggiare il Thaipusam.

Si può scegliere di vedere la Malesia attraverso i circuiti

turistici tradizionali, visitando i templi della Malacca, il

dolce altopiano delle Cameron Highlands, il Taman Nega-

ra (il parco nazionale). Oppure si può noleggiare un'auto

e girare qua e là tra le caratteristiche cittadine e le splen-

dide spiagge della costa orientale. Anni di colonialismo

inglese hanno reso la Malesia un paese molto organizza-

to. I servizi alberghieri sono all'altezza di quelli occiden-

tali e il governo negli ultimi anni sta ponendo una grossa

attenzione alla crescente domanda turistica. Tutto ciò

consente di vedere il paese con estrema tranquillità:

l'inglese è parlato da tutti, la delinquenza è quasi inesi-

stente, il traffico di droga è punito con la pena di morte.

Ma la natura della Malesia celebra il suo trionfo soprat-

tutto nelle isole. Centinaia di isole tropicali circondate da

un'intatta barriera corallina, sono il luogo ideale per un

soggiorno balneare. Potete sceglierne fra quelle della

costa orientale d'estate e quelle dello Stretto di Malacca

d'inverno. Potete sedervi sulla spiaggia di Kuala Dungun

ad aspettare le testuggini verdi che vengono a deporre le

uova. Potete fare snorkeling o immersioni nelle acque

cristalline del Mar Cinese Meridionale e se avete spirito di

avventura potete inoltrarvi fra le foreste di tek del Borneo

malese, terra di etnie affascinanti come gli Iban, ma

anche, e soprattutto, degli orangutan, delle scimmie nasi-

che, dei tapiri. Di isole incantate la Malaysia ne è piena.

Basta spostarsi nello stato del Kedah, a Langkawi, dove si

trova un gruppo di 99 isolotti quasi tutti ancora disabitati

e inesplorati. Ci si arriva in aereo o in battello da Penang,

anche quest'ultima isola d'incomparabile bellezza. Lan-

Page 20: Gennaio 2013

Malesia crogiolo di etnie e culture

gkawi, un tempo porto di rifugio per

i pirati e più tardi il primo punto di

appoggio per gli inglesi, in posizione

strategica all' estremità settentrio-

nale della Malesia peninsulare, dove

l'Oceano Indiano si restringe per

diventare lo Stretto di Malacca. Natu-

ra rigogliosa, spiagge bianchissime e

soprattutto, mare blu-turchese

caratterizzano questo gruppo di

isole, che gode di temperature

costanti, con brevi acquazzoni

durante la stagione estiva. L'isola

principale, Langkawi, pur dotata

delle migliori strutture di accoglien-

za turistica, mantiene intatto il suo

fascino selvaggio e la bellezza delle

sue spiagge che hanno fatto guada-

gnare all'arcipelago l'appellativo di

“Isole della Leggenda”. E proprio le

leggende moltiplicano la suggestio-

ne che queste isole esercitano. Un

giro in piccoli battelli consente di

vistitarne alcune, di questo splendi-

do arcipelago quasi del tutto disabi-

tato e intatto. Pulau Dayang Bunting,

forse, è l'isoletta più emozionante.

Pochi passi a piedi e si apre un lago

circondato da colline verdissime di

foresta malese dove il silenzio asso-

luto non è disturbato neanche dalle

aquile che, qui, volano bassissime.

Qui, fuori dal mondo. Un incanto

amplificato dalla leggenda, appun-

to, quella che racconta di miracoli di

fertilità per le donne che bevano

l'acqua di questo lago. Ma anche

l'isola di Langawi non è indenne dai

miti legati a luoghi reali, la Tomba di

Mahsuri, una giovane sposa uccisa

perché creduta infedele, il Campo di

riso bruciato per allontanare gli inva-

sori, e la Spiaggia nera. Magie a par-

te, Langawi, ancora fuori dal turismo

di massa, sembra essere nelle atten-

zioni del governo che la vorrebbe

una delle principali attrazioni turisti-

che del paese. Già nel 1986, Langka-

wi è stata dichiarata porto franco e in

seguito furono stanziati diversi

finanziamenti per la costruzione di

una buona rete stradale e di un aero-

porto funzionale. La città principale

è Kuah, fino a pochi anni fa solo un

piccolo villaggio di pescatori, oggi

un importante centro turistico con

diversi alberghi, centri commerciali e

negozi duty-free. La cittadina di

Kuah si apre nel mare con un molo di

spettacolare architettura su cui cam-

peggia il simbolo dell'isola, un'aquila

imponente, alta 18 metri. Altra meta

immancabile, non a caso nominata

la Perla d'Oriente è Penang. L'isola di

Penang contiene il noto suggestivo

contrasto architettonico tra gratta-

cieli e templi orientali e assomma

senza difficoltà la cultura orientale e

quella occidentale. Le sue spiagge e

le sue attrazioni turistiche l'hanno

resa una delle più popolari destina-

zioni della Malesia, grazie anche alla

sua localizzazione strategica, sulla

costa Nord-Ovest della penisola,

tanto che nel 1786 gli inglesi ne ave-

vano fatto uno dei loro più grossi

porti commerciali dell'Oriente. Il

fulcro palpitante di Penang è la sua

capitale, Georgetown, vivace di colo-20

anno 2 - n°6 Inverno 2013

21

ri e movimento, con una forte impronta della cultura cine-

se. Visitarla in risciò dà la viva sensazione di tutto questo.

Il quartiere coloniale, nella zona vecchia della città, è vici-

no al famoso Fort Cornwallis dove sbarcò Sir Francio

Light, il fondatore di Penang. Il centro finanziario, invece

è sulla Lebuah Pantai, la via principale con edifici coloniali

e vecchi negozi a ricordare che Penang è stato il primo

insediamento britannico in Asia. Lo stato di Penag com-

prende l'isola e un lembo di terraferma chiamato Seba-

rang Prai con cui si collega attraverso un ponte spettaco-

lare, il Penang Bridge, che con i suoi 13,5 km è uno dei più

lunghi dell'Asia. Ma i più nostalgici preferiscono

l'affascinante traversata di 24 ore. Il traghetto salpa da

Butterworth.•

www.turismomalesia.it

Page 21: Gennaio 2013

Malesia crogiolo di etnie e culture

gkawi, un tempo porto di rifugio per

i pirati e più tardi il primo punto di

appoggio per gli inglesi, in posizione

strategica all' estremità settentrio-

nale della Malesia peninsulare, dove

l'Oceano Indiano si restringe per

diventare lo Stretto di Malacca. Natu-

ra rigogliosa, spiagge bianchissime e

soprattutto, mare blu-turchese

caratterizzano questo gruppo di

isole, che gode di temperature

costanti, con brevi acquazzoni

durante la stagione estiva. L'isola

principale, Langkawi, pur dotata

delle migliori strutture di accoglien-

za turistica, mantiene intatto il suo

fascino selvaggio e la bellezza delle

sue spiagge che hanno fatto guada-

gnare all'arcipelago l'appellativo di

“Isole della Leggenda”. E proprio le

leggende moltiplicano la suggestio-

ne che queste isole esercitano. Un

giro in piccoli battelli consente di

vistitarne alcune, di questo splendi-

do arcipelago quasi del tutto disabi-

tato e intatto. Pulau Dayang Bunting,

forse, è l'isoletta più emozionante.

Pochi passi a piedi e si apre un lago

circondato da colline verdissime di

foresta malese dove il silenzio asso-

luto non è disturbato neanche dalle

aquile che, qui, volano bassissime.

Qui, fuori dal mondo. Un incanto

amplificato dalla leggenda, appun-

to, quella che racconta di miracoli di

fertilità per le donne che bevano

l'acqua di questo lago. Ma anche

l'isola di Langawi non è indenne dai

miti legati a luoghi reali, la Tomba di

Mahsuri, una giovane sposa uccisa

perché creduta infedele, il Campo di

riso bruciato per allontanare gli inva-

sori, e la Spiaggia nera. Magie a par-

te, Langawi, ancora fuori dal turismo

di massa, sembra essere nelle atten-

zioni del governo che la vorrebbe

una delle principali attrazioni turisti-

che del paese. Già nel 1986, Langka-

wi è stata dichiarata porto franco e in

seguito furono stanziati diversi

finanziamenti per la costruzione di

una buona rete stradale e di un aero-

porto funzionale. La città principale

è Kuah, fino a pochi anni fa solo un

piccolo villaggio di pescatori, oggi

un importante centro turistico con

diversi alberghi, centri commerciali e

negozi duty-free. La cittadina di

Kuah si apre nel mare con un molo di

spettacolare architettura su cui cam-

peggia il simbolo dell'isola, un'aquila

imponente, alta 18 metri. Altra meta

immancabile, non a caso nominata

la Perla d'Oriente è Penang. L'isola di

Penang contiene il noto suggestivo

contrasto architettonico tra gratta-

cieli e templi orientali e assomma

senza difficoltà la cultura orientale e

quella occidentale. Le sue spiagge e

le sue attrazioni turistiche l'hanno

resa una delle più popolari destina-

zioni della Malesia, grazie anche alla

sua localizzazione strategica, sulla

costa Nord-Ovest della penisola,

tanto che nel 1786 gli inglesi ne ave-

vano fatto uno dei loro più grossi

porti commerciali dell'Oriente. Il

fulcro palpitante di Penang è la sua

capitale, Georgetown, vivace di colo-20

anno 2 - n°6 Inverno 2013

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ri e movimento, con una forte impronta della cultura cine-

se. Visitarla in risciò dà la viva sensazione di tutto questo.

Il quartiere coloniale, nella zona vecchia della città, è vici-

no al famoso Fort Cornwallis dove sbarcò Sir Francio

Light, il fondatore di Penang. Il centro finanziario, invece

è sulla Lebuah Pantai, la via principale con edifici coloniali

e vecchi negozi a ricordare che Penang è stato il primo

insediamento britannico in Asia. Lo stato di Penag com-

prende l'isola e un lembo di terraferma chiamato Seba-

rang Prai con cui si collega attraverso un ponte spettaco-

lare, il Penang Bridge, che con i suoi 13,5 km è uno dei più

lunghi dell'Asia. Ma i più nostalgici preferiscono

l'affascinante traversata di 24 ore. Il traghetto salpa da

Butterworth.•

www.turismomalesia.it

Page 22: Gennaio 2013

22

speciale Africa KENYA la tua Africa

L'immensità cerulea dei cieli. Le ombre fulve della savana.

I maestosi e misteriosi baobab che si stagliano contro

tramonti rosso fuoco. I mari di smeraldo. Il ruggito frago-

roso di un leone nella notte che fa tremare il manto sella-

to. Tutto questo è la costa orientale del Kenya. Un paese

dai mille volti. Un paese che va dritto al cuore, e che diffi-

cilmente si può cancellare dalla mente. La spettacolare

costa orientale affacciata sull'Oceano Indiano è forse il

Kenya più familiare; quella che da Mombasa, la seconda

città del Paese, sale oltre Malindi, la St. Tropez d'Africa, e

l'Isola di Lamu fino al confine con la Somalia. Centinaia di

chilometri di spiagge bianche, di barriera corallina e di

Testo di Pamela McCourt FrancesconeFoto Pamela McCourt Francescone e Archivio

KENYA La tua Africa

anno 2 - n°6 Inverno 2013

23

mari che sfoggiano i colori di pietre preziose: smeraldi,

turchesi, lapislazzuli, acquamarine. Mombasa, la più “ita-

liana” delle città africane, e già capitale della colonia

inglese, si trova su un'isola di circa 15 km quadrati, e van-

ta un centro storico costruito dagli arabi che mischia, in

un intrigo architettonico, palazzi islamici con altri di ispi-

razione europea, come il Forte Gesù costruito dai Porto-

ghesi nel 16° secolo. Oggi il Forte è un museo con testi-

monianze che narrano la storia della città nei secoli. Inte-

ressante la Borsa del Tè di Mombasa -il Kenya è il terzo

produttore di tè al mondo dopo la Cina e l'India- dove

produttori e compratori da molti paesi africani contratta-

Page 23: Gennaio 2013

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speciale Africa KENYA la tua Africa

L'immensità cerulea dei cieli. Le ombre fulve della savana.

I maestosi e misteriosi baobab che si stagliano contro

tramonti rosso fuoco. I mari di smeraldo. Il ruggito frago-

roso di un leone nella notte che fa tremare il manto sella-

to. Tutto questo è la costa orientale del Kenya. Un paese

dai mille volti. Un paese che va dritto al cuore, e che diffi-

cilmente si può cancellare dalla mente. La spettacolare

costa orientale affacciata sull'Oceano Indiano è forse il

Kenya più familiare; quella che da Mombasa, la seconda

città del Paese, sale oltre Malindi, la St. Tropez d'Africa, e

l'Isola di Lamu fino al confine con la Somalia. Centinaia di

chilometri di spiagge bianche, di barriera corallina e di

Testo di Pamela McCourt FrancesconeFoto Pamela McCourt Francescone e Archivio

KENYA La tua Africa

anno 2 - n°6 Inverno 2013

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mari che sfoggiano i colori di pietre preziose: smeraldi,

turchesi, lapislazzuli, acquamarine. Mombasa, la più “ita-

liana” delle città africane, e già capitale della colonia

inglese, si trova su un'isola di circa 15 km quadrati, e van-

ta un centro storico costruito dagli arabi che mischia, in

un intrigo architettonico, palazzi islamici con altri di ispi-

razione europea, come il Forte Gesù costruito dai Porto-

ghesi nel 16° secolo. Oggi il Forte è un museo con testi-

monianze che narrano la storia della città nei secoli. Inte-

ressante la Borsa del Tè di Mombasa -il Kenya è il terzo

produttore di tè al mondo dopo la Cina e l'India- dove

produttori e compratori da molti paesi africani contratta-

Page 24: Gennaio 2013

24

speciale Africa KENYA la tua Africa

no le foglie arrivate dalle piantagioni

ubicate nelle zone montagnose del

Paese. A Malindi si scende nel cuore

turistico del Kenya: un allegro mix tra

Africa e Italia che vive ancora dei

riflessi degli Anni d'Oro quando il

fior fiore dei grandi manager italiani

la scelsero per costruire ville sfarzo-

se, alcune delle quali oggi vivono

una seconda vita come resort di lus-

so. Nel porto c'è un faro che segna il

punto dove, nel 1498, Vasco da

Gama sbarcò sulla costa dell'Africa

orientale per curiosare prima di cari-

care acqua e cibo e proseguire il suo

viaggio verso le Indie. Ma prima di

Vasco da Gama erano arrivati gli ara-

bi che fecero di Malindi uno dei più

famosi porti dell'Oceano Indiano. E

dopo, nel 19° secolo, la città – e il

Paese - furono governati dagli ingle-

si fino all'Indipendenza guidata nel

1963 da Jomo Keniatta, che poi

divenne il primo presidente del Ken-

ya, e combatté tenacemente contro i

colonizzatori britannici per ridare

non solo al suo popolo, i Kikuyu, ma

a tutte le tribù keniote, le loro terre e

il loro retaggio. Malindi si affaccia sul

mare e su decine di chilometri di

spiagge bianche orlate di palme e

preservate da tre fasce di barriera

corallina, che fanno parte dell'area

protetta del Malindi National Park.

Nella città, lungo le vecchie viuzze,

dove i profumi di spezie alleggiano

nell'aria, piccole boutique e botte-

ghe vendono coloratissimi tessuti,

sculture in pesante legno scurissimo

fatte da artigiani locali e cascate di

bigiotteria di perline. Sono molti i

ristoranti italiani e quelli specializzati

in pesce, bar dove viene servita

l'ottima birra Tusker, discoteche

dove si suona la musica fino alle ore

piccole, e il luccicante Casinò di

Malindi che dà un tocco di mondani-

tà a questa città che, negli anni '30, fu

scelta da Ernest Hemingway che ivi

soggiornò, scrivendo alcuni dei suoi

romanzi più belli e dedicandosi alla

sua passione per la pesca d'altura.

Una quindicina di chilometri prima

di arrivare a Malindi, lasciando la

strada che la collega a Mombasa, si

prende una strada in terra battuta,

una brutta strada che poco concede

al conforto ma, proprio per questo,

dà il sentore che ora sì, si è prossimi

a toccare la vera Africa. Che a Wata-

mu vuol dire mari ancora più scintil-

lanti, e la certezza di aver trovato un

angolo pressoché incontaminato del

Continente Nero. Anche se, nel cuo-

re della piccola cittadina, non è diffi-

cile trovare un ottimo espresso e un

cornetto appena sfornato. Perché

anche qui la cultura italiana, come

spesso accade nei posti più impen-

sabili, ha briosamente superato le

barriere poste dalla natura e da certe

lentezze burocratiche nell'introdurre

comodità a noi abituali. Poco lonta-

no si trovano le rovine dell'antica

città araba di Gede che sorgono nel-

la foresta di Arabuko Sorgege tra

alberi di baobab, sequoie e chinino

–molto apprezzato dalla popolazio-

ne per le sue proprietà curative, vie-

ne usato contro tante malattie com-

preso la malaria- costruita nel 13°

secolo e che, pare, contava oltre

25.000 abitanti. Di grande sugge-

stione le antiche cisterne d'acqua, le

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

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speciale Africa KENYA la tua Africa

no le foglie arrivate dalle piantagioni

ubicate nelle zone montagnose del

Paese. A Malindi si scende nel cuore

turistico del Kenya: un allegro mix tra

Africa e Italia che vive ancora dei

riflessi degli Anni d'Oro quando il

fior fiore dei grandi manager italiani

la scelsero per costruire ville sfarzo-

se, alcune delle quali oggi vivono

una seconda vita come resort di lus-

so. Nel porto c'è un faro che segna il

punto dove, nel 1498, Vasco da

Gama sbarcò sulla costa dell'Africa

orientale per curiosare prima di cari-

care acqua e cibo e proseguire il suo

viaggio verso le Indie. Ma prima di

Vasco da Gama erano arrivati gli ara-

bi che fecero di Malindi uno dei più

famosi porti dell'Oceano Indiano. E

dopo, nel 19° secolo, la città – e il

Paese - furono governati dagli ingle-

si fino all'Indipendenza guidata nel

1963 da Jomo Keniatta, che poi

divenne il primo presidente del Ken-

ya, e combatté tenacemente contro i

colonizzatori britannici per ridare

non solo al suo popolo, i Kikuyu, ma

a tutte le tribù keniote, le loro terre e

il loro retaggio. Malindi si affaccia sul

mare e su decine di chilometri di

spiagge bianche orlate di palme e

preservate da tre fasce di barriera

corallina, che fanno parte dell'area

protetta del Malindi National Park.

Nella città, lungo le vecchie viuzze,

dove i profumi di spezie alleggiano

nell'aria, piccole boutique e botte-

ghe vendono coloratissimi tessuti,

sculture in pesante legno scurissimo

fatte da artigiani locali e cascate di

bigiotteria di perline. Sono molti i

ristoranti italiani e quelli specializzati

in pesce, bar dove viene servita

l'ottima birra Tusker, discoteche

dove si suona la musica fino alle ore

piccole, e il luccicante Casinò di

Malindi che dà un tocco di mondani-

tà a questa città che, negli anni '30, fu

scelta da Ernest Hemingway che ivi

soggiornò, scrivendo alcuni dei suoi

romanzi più belli e dedicandosi alla

sua passione per la pesca d'altura.

Una quindicina di chilometri prima

di arrivare a Malindi, lasciando la

strada che la collega a Mombasa, si

prende una strada in terra battuta,

una brutta strada che poco concede

al conforto ma, proprio per questo,

dà il sentore che ora sì, si è prossimi

a toccare la vera Africa. Che a Wata-

mu vuol dire mari ancora più scintil-

lanti, e la certezza di aver trovato un

angolo pressoché incontaminato del

Continente Nero. Anche se, nel cuo-

re della piccola cittadina, non è diffi-

cile trovare un ottimo espresso e un

cornetto appena sfornato. Perché

anche qui la cultura italiana, come

spesso accade nei posti più impen-

sabili, ha briosamente superato le

barriere poste dalla natura e da certe

lentezze burocratiche nell'introdurre

comodità a noi abituali. Poco lonta-

no si trovano le rovine dell'antica

città araba di Gede che sorgono nel-

la foresta di Arabuko Sorgege tra

alberi di baobab, sequoie e chinino

–molto apprezzato dalla popolazio-

ne per le sue proprietà curative, vie-

ne usato contro tante malattie com-

preso la malaria- costruita nel 13°

secolo e che, pare, contava oltre

25.000 abitanti. Di grande sugge-

stione le antiche cisterne d'acqua, le

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

Page 26: Gennaio 2013

26

speciale Africa KENYA la tua Africa

tombe, gl i archi di una

moschea, e i resti di un palaz-

zo sontuoso mentre tra gli

oggetti nel piccolo museo, i

pezzi provenienti dalla Cina,

dalla Persia, dall'India, dalla

Spagna e dalla Serenissima,

testimoniano la propensione

degli abitanti a viaggiare e

intrattenere scambi con terre

lontane. Lasciando alle spalle

i colori gioiello dell'oceano, si

va alla scoperta di un'altra

Africa. L'Africa dove a fare da

padrone del territorio sono

gli animali: erbivori come

elefanti, antilopi, gazzelle,

giraffe, bufali, zebre, rinoce-

anno 2 - n°6 Inverno 2013

27

ronti e ippopotami, e i loro predatori - leoni, leopardi, ghepardi,

coccodrilli, iene e altri ancora che nel Parco Tsavo -su una super-

ficie di 21.000 km quadrati è una delle riserve più grandi del

mondo– si muovono tra savana, boschi, laghi, fiumi, colline e

zone semi-desertiche. Se, nella Riserva Masai Mara, ai confini

con la Tanzania, il rosso è il colore dei Masai, un popolo di noma-

di, allevatori di bestiame, che vestono teli di cotone rosso fuoco,

anche nello Tsavo -diviso tra Tsavo Est e Tsavo Ovest

dall'autostrada che collega Mombasa con la capitale Nairobi-

predomina il rosso. Il rosso della terra. E non è raro incrociare

elefanti, zebre e rinoceronti che, essendosi arrotolati nella polve-

re rossiccia, sfoggiano un sorprendente manto rosso bruciato,

come se fossero usciti da un coloratissimo cartone animato giap-

ponese. Del Kenya, terra del sole e di stravaganti colori, profumi,

sapori e fogge, è facile ammaliarsi e sono veramente pochi quelli

che non vengono stregati dai ritmi rilassati della gente, la cui

filosofia di vita si riassume in due locuzioni: Pole pole che in

Kiswahili vuol dire piano piano, e Hakuna matata, ossia no pro-

blem. Tuttavia un problema c'è. E si presenta quando arriva il

momento di staccarsi da questo splendido Paese a cavallo

dell'Equatore, e dalla sua gente semplice, garbata e sorridente. E

allora Kwaheri - Arrivederci Kenya!•

www.magicalkenya.it

www.inviaggi.it

Page 27: Gennaio 2013

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speciale Africa KENYA la tua Africa

tombe, gl i archi di una

moschea, e i resti di un palaz-

zo sontuoso mentre tra gli

oggetti nel piccolo museo, i

pezzi provenienti dalla Cina,

dalla Persia, dall'India, dalla

Spagna e dalla Serenissima,

testimoniano la propensione

degli abitanti a viaggiare e

intrattenere scambi con terre

lontane. Lasciando alle spalle

i colori gioiello dell'oceano, si

va alla scoperta di un'altra

Africa. L'Africa dove a fare da

padrone del territorio sono

gli animali: erbivori come

elefanti, antilopi, gazzelle,

giraffe, bufali, zebre, rinoce-

anno 2 - n°6 Inverno 2013

27

ronti e ippopotami, e i loro predatori - leoni, leopardi, ghepardi,

coccodrilli, iene e altri ancora che nel Parco Tsavo -su una super-

ficie di 21.000 km quadrati è una delle riserve più grandi del

mondo– si muovono tra savana, boschi, laghi, fiumi, colline e

zone semi-desertiche. Se, nella Riserva Masai Mara, ai confini

con la Tanzania, il rosso è il colore dei Masai, un popolo di noma-

di, allevatori di bestiame, che vestono teli di cotone rosso fuoco,

anche nello Tsavo -diviso tra Tsavo Est e Tsavo Ovest

dall'autostrada che collega Mombasa con la capitale Nairobi-

predomina il rosso. Il rosso della terra. E non è raro incrociare

elefanti, zebre e rinoceronti che, essendosi arrotolati nella polve-

re rossiccia, sfoggiano un sorprendente manto rosso bruciato,

come se fossero usciti da un coloratissimo cartone animato giap-

ponese. Del Kenya, terra del sole e di stravaganti colori, profumi,

sapori e fogge, è facile ammaliarsi e sono veramente pochi quelli

che non vengono stregati dai ritmi rilassati della gente, la cui

filosofia di vita si riassume in due locuzioni: Pole pole che in

Kiswahili vuol dire piano piano, e Hakuna matata, ossia no pro-

blem. Tuttavia un problema c'è. E si presenta quando arriva il

momento di staccarsi da questo splendido Paese a cavallo

dell'Equatore, e dalla sua gente semplice, garbata e sorridente. E

allora Kwaheri - Arrivederci Kenya!•

www.magicalkenya.it

www.inviaggi.it

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28

GROENLANDIA il paese dei ghiacci fluttuanti

anno 2 - n°6 Inverno 2013

29

oche altre terre al mondo offrono tante possibilità di vita e di Pavventure all'aria aperta come la Groenlandia. Lo splendore

dello scenario artico si estende a perdita d'occhio sulla più

grande isola del mondo che conta solo 55.000 abitanti. Non appena

ci si lascia alle spalle uno qualsiasi dei piccoli centri abitati ci si può

sentire, forse per la prima volta, veramente liberi. Questo paese fa

parte del Regno di Danimarca, ma dal 1979 ha ottenuto una certa

indipendenza trasformandosi in democrazia parlamentare. La mag-

gioranza della popolazione è di razza Inuit ed ha molte affinità con

gli Inuit del Canada, dell'Alaska e della Siberia. Gli Inuit, parola che

testo e foto di

Anna Alberghina

IL PAESE DEI GHIACCI FLUTTUANTI

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GROENLANDIA il paese dei ghiacci fluttuanti

anno 2 - n°6 Inverno 2013

29

oche altre terre al mondo offrono tante possibilità di vita e di Pavventure all'aria aperta come la Groenlandia. Lo splendore

dello scenario artico si estende a perdita d'occhio sulla più

grande isola del mondo che conta solo 55.000 abitanti. Non appena

ci si lascia alle spalle uno qualsiasi dei piccoli centri abitati ci si può

sentire, forse per la prima volta, veramente liberi. Questo paese fa

parte del Regno di Danimarca, ma dal 1979 ha ottenuto una certa

indipendenza trasformandosi in democrazia parlamentare. La mag-

gioranza della popolazione è di razza Inuit ed ha molte affinità con

gli Inuit del Canada, dell'Alaska e della Siberia. Gli Inuit, parola che

testo e foto di

Anna Alberghina

IL PAESE DEI GHIACCI FLUTTUANTI

Page 30: Gennaio 2013

30

GROENLANDIA il paese dei ghiacci fluttuanti

significa “uomini”, sono un popolo di cacciatori, derivato da un ramo della razza mongolica, giunto in questi territori in

epoche lontanissime. Per secoli essi hanno condotto uno stile di vita unico, indissolubilmente legato alle condizioni

ambientali, in un isolamento quasi totale. La conoscenza del cielo notturno è sempre stata essenziale per la loro

sopravvivenza. Durante le battute di caccia, alla foca, al tricheco, alle renne o alle balene, l'intera famiglia si spostava su

slitte trainate da cani e costruiva ripari provvisori di ghiaccio, i famosissimi igloo. L'organizzazione sociale si basava

anno 2 - n°6 Inverno 2013

31

sulla solidarietà fra villaggi. Gli Inuit

vivevano completamente concentra-

ti sul momento presente, più preoc-

cupati di superare le sfide quotidiane

che di cercare una causa primordiale.

La loro religiosità era fondata sulla

credenza che animali e fenomeni

naturali avessero un'anima. Durante

le lunghe notti polari, gli anziani rac-

contavano antiche leggende e, al

suono dei tamburi, gli sciamani, gui-

dati dagli spiriti, cercavano di com-

prendere le cause delle malattie, del-

la scarsità di animali o del tempo

inclemente. I primi contatti con gli

esplorator i europei r isalgono

all'arrivo delle baleniere durante il

secolo scorso. Oggi gli Inuit stanno

progressivamente abbandonando lo

stile di vita tradizionale. Casette pre-

fabbricate dai colori brillanti hanno

sostituito gli igloo e le tende di pelli

di foca. Gli arpioni d'avorio o di corno

e le lame di pietra hanno lasciato il

posto alle armi moderne. Sostenuti

dai sussidi governativi, i vari gruppi si

sono organizzati per dare vita alla

Conferenza Inuit Circumpolare nel

tentativo di salvaguardare la loro

cultura. Tuttavia, nonostante il fasci-

no esercitato dalle nuove tecnologie,

l'antico patrimonio di conoscenze

non è ancora del tutto perduto. Molti

costruiscono ed usano il proprio

kayak. L'arte e l'artigianato sono

l'espressione di miti arcaici. I tupilak,

piccole figure grottesche ricavate dai

denti del tricheco, del narvalo o dalle

corna delle renne, che rappresenta-

vano degli spiritelli maligni, sono

oggi souvenirs molto apprezzati,

realizzati da abili artisti. Ma ciò che

costituisce l'incanto e la magia di

questa terra è il ghiaccio. Grazie alla

vicinanza con il Polo Nord, la Groen-

landia gode di un clima artico, in

linea di massima, molto secco e con

temperature minime fra le più basse

mai registrate sul pianeta. La calotta

polare, che può raggiungere lo spes-

sore di tre kilometri, copre quasi inte-

ramente il paese lasciando libera solo

una strettissima fascia costiera. A

Kangerlussuaq, essa dista solo 20

kilometri e può quindi essere facil-

mente raggiunta con un mezzo fuo-

ristrada. Lo spettacolo del “deserto di

ghiaccio” lascia letteralmente senza

fiato! Altra meraviglia sono gli Ice-

bergs. Il luogo migliore per ammirarli

è la Disko Bay dove si ergono fino a

100 metri al di sopra dell'acqua men-

tre il 90% della loro massa si sviluppa

sotto la superficie del mare! Il ghiac-

ciaio più attivo al mondo si trova ad

Ilulissat e si sposta di 25-30 metri al

giorno, frastagliandosi su di un fron-

te di 10 kilometri. “Datemi la neve,

datemi i cani e tenetevi il resto” è la

famosa frase dell'esploratore polare

Knud Rasmussen. Non si può infatti

parlare della Groenlandia senza cita-

re i cani. Ad Ilulissat ci sono 5000 abi-

tanti e 6000 cani da slitta. Il loro latra-

to è spesso l'unico suono che inter-

rompe il magico silenzio! Le slitte

sono, ancora oggi, il mezzo di tra-

spor to più ut i l izzato durante

l'inverno. Soltanto una perfetta sim-

biosi tra uomo ed animale permette

di sopravvivere in un territorio pieno

di insidie mortali. Le motoslitte sono

proibite in molte aree perché distur-

bano la quiete e spaventano la sel-

Page 31: Gennaio 2013

30

GROENLANDIA il paese dei ghiacci fluttuanti

significa “uomini”, sono un popolo di cacciatori, derivato da un ramo della razza mongolica, giunto in questi territori in

epoche lontanissime. Per secoli essi hanno condotto uno stile di vita unico, indissolubilmente legato alle condizioni

ambientali, in un isolamento quasi totale. La conoscenza del cielo notturno è sempre stata essenziale per la loro

sopravvivenza. Durante le battute di caccia, alla foca, al tricheco, alle renne o alle balene, l'intera famiglia si spostava su

slitte trainate da cani e costruiva ripari provvisori di ghiaccio, i famosissimi igloo. L'organizzazione sociale si basava

anno 2 - n°6 Inverno 2013

31

sulla solidarietà fra villaggi. Gli Inuit

vivevano completamente concentra-

ti sul momento presente, più preoc-

cupati di superare le sfide quotidiane

che di cercare una causa primordiale.

La loro religiosità era fondata sulla

credenza che animali e fenomeni

naturali avessero un'anima. Durante

le lunghe notti polari, gli anziani rac-

contavano antiche leggende e, al

suono dei tamburi, gli sciamani, gui-

dati dagli spiriti, cercavano di com-

prendere le cause delle malattie, del-

la scarsità di animali o del tempo

inclemente. I primi contatti con gli

esplorator i europei r isalgono

all'arrivo delle baleniere durante il

secolo scorso. Oggi gli Inuit stanno

progressivamente abbandonando lo

stile di vita tradizionale. Casette pre-

fabbricate dai colori brillanti hanno

sostituito gli igloo e le tende di pelli

di foca. Gli arpioni d'avorio o di corno

e le lame di pietra hanno lasciato il

posto alle armi moderne. Sostenuti

dai sussidi governativi, i vari gruppi si

sono organizzati per dare vita alla

Conferenza Inuit Circumpolare nel

tentativo di salvaguardare la loro

cultura. Tuttavia, nonostante il fasci-

no esercitato dalle nuove tecnologie,

l'antico patrimonio di conoscenze

non è ancora del tutto perduto. Molti

costruiscono ed usano il proprio

kayak. L'arte e l'artigianato sono

l'espressione di miti arcaici. I tupilak,

piccole figure grottesche ricavate dai

denti del tricheco, del narvalo o dalle

corna delle renne, che rappresenta-

vano degli spiritelli maligni, sono

oggi souvenirs molto apprezzati,

realizzati da abili artisti. Ma ciò che

costituisce l'incanto e la magia di

questa terra è il ghiaccio. Grazie alla

vicinanza con il Polo Nord, la Groen-

landia gode di un clima artico, in

linea di massima, molto secco e con

temperature minime fra le più basse

mai registrate sul pianeta. La calotta

polare, che può raggiungere lo spes-

sore di tre kilometri, copre quasi inte-

ramente il paese lasciando libera solo

una strettissima fascia costiera. A

Kangerlussuaq, essa dista solo 20

kilometri e può quindi essere facil-

mente raggiunta con un mezzo fuo-

ristrada. Lo spettacolo del “deserto di

ghiaccio” lascia letteralmente senza

fiato! Altra meraviglia sono gli Ice-

bergs. Il luogo migliore per ammirarli

è la Disko Bay dove si ergono fino a

100 metri al di sopra dell'acqua men-

tre il 90% della loro massa si sviluppa

sotto la superficie del mare! Il ghiac-

ciaio più attivo al mondo si trova ad

Ilulissat e si sposta di 25-30 metri al

giorno, frastagliandosi su di un fron-

te di 10 kilometri. “Datemi la neve,

datemi i cani e tenetevi il resto” è la

famosa frase dell'esploratore polare

Knud Rasmussen. Non si può infatti

parlare della Groenlandia senza cita-

re i cani. Ad Ilulissat ci sono 5000 abi-

tanti e 6000 cani da slitta. Il loro latra-

to è spesso l'unico suono che inter-

rompe il magico silenzio! Le slitte

sono, ancora oggi, il mezzo di tra-

spor to più ut i l izzato durante

l'inverno. Soltanto una perfetta sim-

biosi tra uomo ed animale permette

di sopravvivere in un territorio pieno

di insidie mortali. Le motoslitte sono

proibite in molte aree perché distur-

bano la quiete e spaventano la sel-

Page 32: Gennaio 2013

32

GROENLANDIA il paese dei ghiacci fluttuanti

vaggina. Inoltre sono considerate inaffidabili per i lunghi

viaggi perché potrebbero rompersi o rimanere senza

carburante con conseguenze fatali per il guidatore. I cani

da slitta, invece, non si fermano mai! Ad Ilulissat il sole

non tramonta dal 25 maggio al 25 luglio ed in questo

periodo l'ora “normale” è come se non valesse. Se duran-

te l'inverno si può ammirare lo straordinario spettacolo

delle Aurore Boreali che tingono il cielo di drappeggi can-

gianti, in estate si vive il fenomeno del sole di mezzanotte.

Il sole di mezzanotte è uno stato mentale! Il tempo perde

significato, l'orologio non serve ed il giorno non finisce

mai. Durante le notti artiche la luce si fa più calda e le lun-

ghe ombre create dal sole, basso sull'orizzonte, trasfor-

mano la realtà in un sogno di bellezza soprannaturale! •

anno 2 - n°6 Inverno 2013

33

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GROENLANDIA il paese dei ghiacci fluttuanti

vaggina. Inoltre sono considerate inaffidabili per i lunghi

viaggi perché potrebbero rompersi o rimanere senza

carburante con conseguenze fatali per il guidatore. I cani

da slitta, invece, non si fermano mai! Ad Ilulissat il sole

non tramonta dal 25 maggio al 25 luglio ed in questo

periodo l'ora “normale” è come se non valesse. Se duran-

te l'inverno si può ammirare lo straordinario spettacolo

delle Aurore Boreali che tingono il cielo di drappeggi can-

gianti, in estate si vive il fenomeno del sole di mezzanotte.

Il sole di mezzanotte è uno stato mentale! Il tempo perde

significato, l'orologio non serve ed il giorno non finisce

mai. Durante le notti artiche la luce si fa più calda e le lun-

ghe ombre create dal sole, basso sull'orizzonte, trasfor-

mano la realtà in un sogno di bellezza soprannaturale! •

anno 2 - n°6 Inverno 2013

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Page 34: Gennaio 2013

LAS VEGAS non solo gioco d'azzardo

34

LAS VEGAS non solo gioco d'azzardo

Per approcciarsi a Las Vegas, capitale

della contea di Clark, città moderna,

allegra ed in continua evoluzione, è

necessario lasciare da parte i luoghi

comuni e i pregiudizi e farsi traspor-

tare in positivo da tutto quello che

scorre davanti ai nostri occhi. Già

dall'arrivo all'aeroporto, le prime

slot machine e i primi cartelloni pub-

blicitari ci rammentano che siamo

arrivati nella città simbolo del gioco

d'azzardo e del peccato, dei più sin-

golari alberghi a tema, degli spetta-

coli prestigiosi, dei ristoranti lussuo-

si, delle incredibili limousine, dei

matrimoni celebrati in fretta, dei

divertimenti più sfrenati, degli

eccessi, delle feste eccentriche, delle

luci esagerate, delle musiche assor-

danti. Tutto questo può non piacere

e fare arricciare il naso ai benpen-

santi e ai bacchettoni. Ma allora per-

ché andare a Las Vegas? Siamo in

una città, il cui passato e le sue origi-

ne sono legate alla malavita italiana

e americana del secondo dopoguer-

ra e fanno inevitabilmente parte del-

la sua storia, del suo successo e della

sua ricchezza. Siamo in una città uni-

ca, futuristica, contraddittoria, fasci-

nosa, con una grande personalità.

Una città semplicemente diversa,

che ha avuto successo grazie a una

testo di

Annarosa Toso

anno 2 - n°6 Inverno 2013

35

Page 35: Gennaio 2013

LAS VEGAS non solo gioco d'azzardo

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LAS VEGAS non solo gioco d'azzardo

Per approcciarsi a Las Vegas, capitale

della contea di Clark, città moderna,

allegra ed in continua evoluzione, è

necessario lasciare da parte i luoghi

comuni e i pregiudizi e farsi traspor-

tare in positivo da tutto quello che

scorre davanti ai nostri occhi. Già

dall'arrivo all'aeroporto, le prime

slot machine e i primi cartelloni pub-

blicitari ci rammentano che siamo

arrivati nella città simbolo del gioco

d'azzardo e del peccato, dei più sin-

golari alberghi a tema, degli spetta-

coli prestigiosi, dei ristoranti lussuo-

si, delle incredibili limousine, dei

matrimoni celebrati in fretta, dei

divertimenti più sfrenati, degli

eccessi, delle feste eccentriche, delle

luci esagerate, delle musiche assor-

danti. Tutto questo può non piacere

e fare arricciare il naso ai benpen-

santi e ai bacchettoni. Ma allora per-

ché andare a Las Vegas? Siamo in

una città, il cui passato e le sue origi-

ne sono legate alla malavita italiana

e americana del secondo dopoguer-

ra e fanno inevitabilmente parte del-

la sua storia, del suo successo e della

sua ricchezza. Siamo in una città uni-

ca, futuristica, contraddittoria, fasci-

nosa, con una grande personalità.

Una città semplicemente diversa,

che ha avuto successo grazie a una

testo di

Annarosa Toso

anno 2 - n°6 Inverno 2013

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Page 36: Gennaio 2013

36

LAS VEGAS non solo gioco d'azzardo

serie di circostanze fortunose e alla

protezione di chi credeva nel suo

sviluppo legato al gioco, iniziato clan-

destinamente e in sordina, ma lega-

lizzato fin dal 1931.

Frank Sinatra e la sua “Rat Pack” della

quale facevano parte Dean Martin,

Peter Lawford, Sammy Davis jr e Joey

Bishop, a Las Vegas erano di casa.

Negli anni si sono esibiti offrendo i

più prestigiosi concerti che hanno

dato lustro non solo a loro stessi, ma

a tutta la città. Una tradizione quella

degli spettacoli, che a Las Vegas non

si è mai interrotta e che anche oggi

resta una attrattiva di grande rilievo.

Pensiamo al Cirque du Soleil, che

tiene cartelloni da anni, pur cambian-

do periodicamente il tipo di show. E

in quasi tutti gli hotel si può assistere

a spettacoli di grande livello, la cui

scelta tra le numerose opportunità, è

veramente difficile. Ma a Las Vegas si

possono fare tante cose originali

come prendere un drink in un locale

dalle temperature sotto zero dove

tutto è di ghiaccio bicchieri, sedie e

tavoli compresi, cenare in uno dei

anno 2 - n°6 Inverno 2013

37

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LAS VEGAS non solo gioco d'azzardo

serie di circostanze fortunose e alla

protezione di chi credeva nel suo

sviluppo legato al gioco, iniziato clan-

destinamente e in sordina, ma lega-

lizzato fin dal 1931.

Frank Sinatra e la sua “Rat Pack” della

quale facevano parte Dean Martin,

Peter Lawford, Sammy Davis jr e Joey

Bishop, a Las Vegas erano di casa.

Negli anni si sono esibiti offrendo i

più prestigiosi concerti che hanno

dato lustro non solo a loro stessi, ma

a tutta la città. Una tradizione quella

degli spettacoli, che a Las Vegas non

si è mai interrotta e che anche oggi

resta una attrattiva di grande rilievo.

Pensiamo al Cirque du Soleil, che

tiene cartelloni da anni, pur cambian-

do periodicamente il tipo di show. E

in quasi tutti gli hotel si può assistere

a spettacoli di grande livello, la cui

scelta tra le numerose opportunità, è

veramente difficile. Ma a Las Vegas si

possono fare tante cose originali

come prendere un drink in un locale

dalle temperature sotto zero dove

tutto è di ghiaccio bicchieri, sedie e

tavoli compresi, cenare in uno dei

anno 2 - n°6 Inverno 2013

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38

LAS VEGAS non solo gioco d'azzardo

ristoranti più famosi del mondo il

Joel Rebuchon che qui ha una sede,

o pranzare sospesi nel cielo al Dinner

on the Sky. Ci si può anche sposare in

una delle tante cappelle preposte -

ce ne sono per tutti i gusti e per tutte

le tasche - con cerimonie più o

meno romantiche, più o meno

dispendiose. Contratti di matrimoni

che possono anche essere trascritti

in Italia e legalizzati dal nostro ordi-

namento giuridico. Si può provare

l'emozionane del sorvolo in elicotte-

ro del lago Mead e della sontuosa

diga di Hoover che fornisce di acqua

la città, raggiungendo il Grand Can-

yon in Arizona in poco più di

mezz'ora di volo. Più semplicemente

anno 2 - n°6 Inverno 2013

39

possiamo camminare per la Strip,

ammirare quegli alberghi che sono

diventati pezzi di storia, fare shop-

ping, giocare a golf, illuderci che

potremo capitare sul set della serie

CSI e scorgere qualcuno dei prota-

gonisti della serie poliziesca, che ha

regalato a questa città una nuova

immagine e una nuova giovinezza.

La città del Nevada, costruita nel

deserto, ma che abbonda di

acqua grazie alle acque del

Colorado, mette nel suo

piatto anche una pregevo-

le offerta di spa e resort

con centri benesse-

re, ma soprattutto

un'ampia scelta per

il turismo congres-

suale e d'affari. Ma

a Las Vegas ci si va

soprat tut to

per sognare che la fortuna ci stia vici-

no quando decidiamo che è arrivato

il momento di sfidare la sorte sul

tappeto verde. E Las Vegas, rivale da

sempre Reno, l'altrettanto famosa

città dei casino, rimane il simbolo

indiscusso del gioco d'azzardo, desi-

derata e sognata da chi spera di cam-

biare il proprio destino. E sono tanti i

giocatori che vedono l'alba nei casi-

no e che non interrompono mai il

loro divertimento, sostituendo al

mattino, il drink preferito con il caffè.

Ed è proprio al mattino che si scor-

gono le facce provate da una notte

insonne, il trucco sfatto delle signo-

re, gli occhi arrossati, ma per lo più, si

intuisce che il giocatore, anche se

stanco, sta facendo quello gli piace

ed è a proprio agio. Come quella

coppia di sposi che ha scelto Las

Vegas per unirsi in matrimonio e con

indosso ancora gli abiti da cerimonia

ha consumato la prima notte di noz-

ze avvinghiata a una slot machine,

sperando nella fortuna. Questa è Las

Vegas. Amata e odiata, esaltata e

condannata, ma diversa. Amichevole

e sfrontata, accattivante e subdola,

ma unica. Una città da vedere alme-

no una volta nella vita.•

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LAS VEGAS non solo gioco d'azzardo

ristoranti più famosi del mondo il

Joel Rebuchon che qui ha una sede,

o pranzare sospesi nel cielo al Dinner

on the Sky. Ci si può anche sposare in

una delle tante cappelle preposte -

ce ne sono per tutti i gusti e per tutte

le tasche - con cerimonie più o

meno romantiche, più o meno

dispendiose. Contratti di matrimoni

che possono anche essere trascritti

in Italia e legalizzati dal nostro ordi-

namento giuridico. Si può provare

l'emozionane del sorvolo in elicotte-

ro del lago Mead e della sontuosa

diga di Hoover che fornisce di acqua

la città, raggiungendo il Grand Can-

yon in Arizona in poco più di

mezz'ora di volo. Più semplicemente

anno 2 - n°6 Inverno 2013

39

possiamo camminare per la Strip,

ammirare quegli alberghi che sono

diventati pezzi di storia, fare shop-

ping, giocare a golf, illuderci che

potremo capitare sul set della serie

CSI e scorgere qualcuno dei prota-

gonisti della serie poliziesca, che ha

regalato a questa città una nuova

immagine e una nuova giovinezza.

La città del Nevada, costruita nel

deserto, ma che abbonda di

acqua grazie alle acque del

Colorado, mette nel suo

piatto anche una pregevo-

le offerta di spa e resort

con centri benesse-

re, ma soprattutto

un'ampia scelta per

il turismo congres-

suale e d'affari. Ma

a Las Vegas ci si va

soprat tut to

per sognare che la fortuna ci stia vici-

no quando decidiamo che è arrivato

il momento di sfidare la sorte sul

tappeto verde. E Las Vegas, rivale da

sempre Reno, l'altrettanto famosa

città dei casino, rimane il simbolo

indiscusso del gioco d'azzardo, desi-

derata e sognata da chi spera di cam-

biare il proprio destino. E sono tanti i

giocatori che vedono l'alba nei casi-

no e che non interrompono mai il

loro divertimento, sostituendo al

mattino, il drink preferito con il caffè.

Ed è proprio al mattino che si scor-

gono le facce provate da una notte

insonne, il trucco sfatto delle signo-

re, gli occhi arrossati, ma per lo più, si

intuisce che il giocatore, anche se

stanco, sta facendo quello gli piace

ed è a proprio agio. Come quella

coppia di sposi che ha scelto Las

Vegas per unirsi in matrimonio e con

indosso ancora gli abiti da cerimonia

ha consumato la prima notte di noz-

ze avvinghiata a una slot machine,

sperando nella fortuna. Questa è Las

Vegas. Amata e odiata, esaltata e

condannata, ma diversa. Amichevole

e sfrontata, accattivante e subdola,

ma unica. Una città da vedere alme-

no una volta nella vita.•

Page 40: Gennaio 2013

speciale Sudamerica

40

Argentina gourmet

n antico proverbio Argentino dice: “i messicani

Udiscendono dagli Aztechi, i peruviani dagli Incas

e gli argentini…dalle navi”. Radici culturali diver-

se, eredità dei milioni di migranti dall'Europa e dal mon-

do in cerca di migliori opportunità, che ritroveremo in

questo viaggio nell'eno-gastronomia argentina. Un viag-

gio che condividerò con colleghi di tutto il mondo ma

che per me, come italiana, ha comunque un sapore noto,

di casa, frutto della forte influenza che la nostra cultura

ha lasciato sulle tavole e nelle cantine di questo straordi-

nario paese sudamericano. Profumi e sapori noti, ma al

tempo stesso esotici perché intrecciati di tradizioni

autoctone - indigene e di tante regioni d'Europa e del

mondo – e arricchiti dalle note peculiari del suo territorio.

Estensioni enormi, che dagli altipiani andini giungono

alla Terra del Fuoco - estrema propaggine del mondo

abitato, prima dei ghiacci perenni – attraversando le ster-

minate pianure di pascoli e cereali (oggi soprattutto

soia), che sono la vera ricchezza – economica e gastrono-

mica – del Paese. A Buenos Aires – “Baires”, per i “porte-

gni” che la abitano – siamo ospiti dell'hotel Club Frances,

nel suggestivo quartiere della Recoleta, sorto attorno

all'omonimo cimitero monumentale dinnanzi alle cui

austere mura sorgono, oggi, bar, ristoranti alla moda,

centri culturali e d'arte, che poco hanno a che fare con la

contrizione e il sonno eterno. Il palazzo in cui è situato

l'hotel Club Frances è stato dichiarato “luogo di interesse

culturale e turistico nazionale” poiché unico nel suo gene-

re, con i suoi raffinati arredamenti belle epoque e opere

d'arte perfettamente restaurate, che attestano l' influen-

Argentina gourmetUn viaggio nell'enogastronomia di una terra lontana, ma molto vicina

Testo di

Mirella Sborgia

anno 2 - n°6 Inverno 2013

4141

za della cultura francese nella capita-

le argentina al crepuscolo del XIX

secolo e agli albori del XX. Le 28 stan-

ze dell'hotel sono un esempio di

armonia tra questo scintillante pas-

sato e la creatività contemporanea,

nel mobilio e oggetti d' arredamen-

to, che è una delle caratteristiche

dell'Argentina dei giorni nostri. La

cucina dello splendido ristorante

dell'hotel, dalle ovattate atmosfere

retrò, è affidata alle mani e all'olfatto

di Ramiro Martinez, astro della

gastronomia portegna, che ci ha

deliziato con una cucina che mesco-

la sapientemente la sofisticata cuci-

na francese con le tradizioni - e le

meravigliose carni – della cucina

argent ina . Un connubio

espresso al meglio nell'

agnello piccante in salsa

agrodolce al tamarindo,

che abbiamo degustato

tra altre prelibatezze.

Una breve siesta ed

eccoci a girovagare nel

pittoresco quartiere di San Telmo,

piccolo villaggio incastonato nella

gigantesca metropoli. E' domenica,

c'è il mercatino dell' antiquariato e

bric-a-brac molto frequentato sia da

locali che da turisti. Tantissime ban-

carelle dove si possono trovare

oggetti di ogni tipo, soprattutto di

artigianato locale, e ad ogni angolo

maghi, ballerini di tango, artisti di

strada pronti a fare il loro spettacoli-

no. E poi bar, ristorantini e tanta vita.

Pochi minuti di taxi da lì, si arriva nel

nuovo ed originale quartiere Puerto

Madero. Un tempo con i moli

d'attracco e magazzini merci, oggi

divenuto un sofisticato quartiere di

ristoranti di lusso, hotel design,

banche, uffici commerciali e

appartamenti di lusso, dove

gli architetti locali e interna-

z iona l i hanno dato i l

meglio di sé. Un luogo

dove passeggiare lungo

i canali, in piena sicu-

rezza (si tratta di una

Page 41: Gennaio 2013

speciale Sudamerica

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Argentina gourmet

n antico proverbio Argentino dice: “i messicani

Udiscendono dagli Aztechi, i peruviani dagli Incas

e gli argentini…dalle navi”. Radici culturali diver-

se, eredità dei milioni di migranti dall'Europa e dal mon-

do in cerca di migliori opportunità, che ritroveremo in

questo viaggio nell'eno-gastronomia argentina. Un viag-

gio che condividerò con colleghi di tutto il mondo ma

che per me, come italiana, ha comunque un sapore noto,

di casa, frutto della forte influenza che la nostra cultura

ha lasciato sulle tavole e nelle cantine di questo straordi-

nario paese sudamericano. Profumi e sapori noti, ma al

tempo stesso esotici perché intrecciati di tradizioni

autoctone - indigene e di tante regioni d'Europa e del

mondo – e arricchiti dalle note peculiari del suo territorio.

Estensioni enormi, che dagli altipiani andini giungono

alla Terra del Fuoco - estrema propaggine del mondo

abitato, prima dei ghiacci perenni – attraversando le ster-

minate pianure di pascoli e cereali (oggi soprattutto

soia), che sono la vera ricchezza – economica e gastrono-

mica – del Paese. A Buenos Aires – “Baires”, per i “porte-

gni” che la abitano – siamo ospiti dell'hotel Club Frances,

nel suggestivo quartiere della Recoleta, sorto attorno

all'omonimo cimitero monumentale dinnanzi alle cui

austere mura sorgono, oggi, bar, ristoranti alla moda,

centri culturali e d'arte, che poco hanno a che fare con la

contrizione e il sonno eterno. Il palazzo in cui è situato

l'hotel Club Frances è stato dichiarato “luogo di interesse

culturale e turistico nazionale” poiché unico nel suo gene-

re, con i suoi raffinati arredamenti belle epoque e opere

d'arte perfettamente restaurate, che attestano l' influen-

Argentina gourmetUn viaggio nell'enogastronomia di una terra lontana, ma molto vicina

Testo di

Mirella Sborgia

anno 2 - n°6 Inverno 2013

4141

za della cultura francese nella capita-

le argentina al crepuscolo del XIX

secolo e agli albori del XX. Le 28 stan-

ze dell'hotel sono un esempio di

armonia tra questo scintillante pas-

sato e la creatività contemporanea,

nel mobilio e oggetti d' arredamen-

to, che è una delle caratteristiche

dell'Argentina dei giorni nostri. La

cucina dello splendido ristorante

dell'hotel, dalle ovattate atmosfere

retrò, è affidata alle mani e all'olfatto

di Ramiro Martinez, astro della

gastronomia portegna, che ci ha

deliziato con una cucina che mesco-

la sapientemente la sofisticata cuci-

na francese con le tradizioni - e le

meravigliose carni – della cucina

argent ina . Un connubio

espresso al meglio nell'

agnello piccante in salsa

agrodolce al tamarindo,

che abbiamo degustato

tra altre prelibatezze.

Una breve siesta ed

eccoci a girovagare nel

pittoresco quartiere di San Telmo,

piccolo villaggio incastonato nella

gigantesca metropoli. E' domenica,

c'è il mercatino dell' antiquariato e

bric-a-brac molto frequentato sia da

locali che da turisti. Tantissime ban-

carelle dove si possono trovare

oggetti di ogni tipo, soprattutto di

artigianato locale, e ad ogni angolo

maghi, ballerini di tango, artisti di

strada pronti a fare il loro spettacoli-

no. E poi bar, ristorantini e tanta vita.

Pochi minuti di taxi da lì, si arriva nel

nuovo ed originale quartiere Puerto

Madero. Un tempo con i moli

d'attracco e magazzini merci, oggi

divenuto un sofisticato quartiere di

ristoranti di lusso, hotel design,

banche, uffici commerciali e

appartamenti di lusso, dove

gli architetti locali e interna-

z iona l i hanno dato i l

meglio di sé. Un luogo

dove passeggiare lungo

i canali, in piena sicu-

rezza (si tratta di una

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Un antico proverbio Argentino dice: “i messicani discen-

dono dagli Aztechi, i peruviani dagli Incas e gli argenti-

ni…dalle navi”. Radici culturali diverse, eredità dei milioni

di migranti dall'Europa e dal mondo in cerca di migliori

opportunità, che ritroveremo in questo viaggio nell'eno-

gastronomia argentina. Un viaggio che condividerò con

colleghi di tutto il mondo ma che per me, come italiana,

ha comunque un sapore noto, di casa, frutto della forte

influenza che la nostra cultura ha lasciato sulle tavole e

nelle cantine di questo straordinario paese sudamerica-

no. Profumi e sapori noti, ma al tempo stesso esotici per-

ché intrecciati di tradizioni autoctone - indigene e di tan-

te regioni d'Europa e del mondo – e arricchiti dalle note

peculiari del suo territorio. Estensioni enormi, che dagli

altipiani andini giungono alla Terra del Fuoco - estrema

propaggine del mondo abitato, prima dei ghiacci peren-

ni – attraversando le sterminate pianure di pascoli e cere-

ali (oggi soprattutto soia), che sono la vera ricchezza –

economica e gastronomica – del Paese.

A Buenos Aires – “Baires”, per i “portegni” che la abitano –

siamo ospiti dell'hotel Club Frances, nel suggestivo quar-

tiere della Recoleta, sorto attorno all'omonimo cimitero

monumentale dinnanzi alle cui austere mura sorgono,

oggi, bar, ristoranti alla moda, centri culturali e d'arte, che

poco hanno a che fare con la contrizione e il sonno eter-

no. Il palazzo in cui è situato l'hotel Club Frances è stato

dichiarato “luogo di interesse culturale e turistico nazio-

nale” poiché unico nel suo genere, con i suoi raffinati

speciale Sudamerica

42

Argentina gourmet

arredamenti belle epoque e opere

d'arte perfettamente restaurate, che

attestano l' influenza della cultura

francese nella capitale argentina al

crepuscolo del XIX secolo e agli albo-

ri del XX. Le 28 stanze dell'hotel sono

un esempio di armonia tra questo

scintillante passato e la creatività

contemporanea, nel mobilio e

oggetti d' arredamento, che è una

delle caratteristiche dell'Argentina

dei giorni nostri. La cucina dello

splendido ristorante dell'hotel, dalle

ovattate atmosfere retrò, è affidata

alle mani e all'olfatto di Ramiro Mar-

tinez, astro della gastronomia porte-

gna, che ci ha deliziato con una cuci-

na che mescola sapientemente la

sofisticata cucina francese con le

tradizioni - e le meravigliose carni –

della cucina argentina. Un connubio

espresso al meglio nell'agnello pic-

cante in salsa agrodolce al tamarin-

do, che abbiamo degustato tra altre

prelibatezze. Una breve siesta ed

eccoci a girovagare nel pittoresco

quartiere di San Telmo, piccolo vil-

laggio incastonato nella gigantesca

metropoli. E' domenica, c'è il merca-

tino dell' antiquariato e bric-a-brac

molto frequentato sia da locali che

da turisti. Tantissime bancarelle dove

si possono trovare oggetti di ogni

tipo, soprattutto di artigianato loca-

le, e ad ogni angolo maghi, ballerini

di tango, artisti di strada pronti a fare

il loro spettacolino. E poi bar, risto-

rantini e tanta vita. Pochi minuti di

taxi da lì, si arriva nel nuovo ed origi-

nale quartiere Puerto Madero. Un

tempo con i moli d'attracco e

magazzini merci, oggi divenuto un

anno 2 - n°6 Inverno 2013

4343

Page 43: Gennaio 2013

Un antico proverbio Argentino dice: “i messicani discen-

dono dagli Aztechi, i peruviani dagli Incas e gli argenti-

ni…dalle navi”. Radici culturali diverse, eredità dei milioni

di migranti dall'Europa e dal mondo in cerca di migliori

opportunità, che ritroveremo in questo viaggio nell'eno-

gastronomia argentina. Un viaggio che condividerò con

colleghi di tutto il mondo ma che per me, come italiana,

ha comunque un sapore noto, di casa, frutto della forte

influenza che la nostra cultura ha lasciato sulle tavole e

nelle cantine di questo straordinario paese sudamerica-

no. Profumi e sapori noti, ma al tempo stesso esotici per-

ché intrecciati di tradizioni autoctone - indigene e di tan-

te regioni d'Europa e del mondo – e arricchiti dalle note

peculiari del suo territorio. Estensioni enormi, che dagli

altipiani andini giungono alla Terra del Fuoco - estrema

propaggine del mondo abitato, prima dei ghiacci peren-

ni – attraversando le sterminate pianure di pascoli e cere-

ali (oggi soprattutto soia), che sono la vera ricchezza –

economica e gastronomica – del Paese.

A Buenos Aires – “Baires”, per i “portegni” che la abitano –

siamo ospiti dell'hotel Club Frances, nel suggestivo quar-

tiere della Recoleta, sorto attorno all'omonimo cimitero

monumentale dinnanzi alle cui austere mura sorgono,

oggi, bar, ristoranti alla moda, centri culturali e d'arte, che

poco hanno a che fare con la contrizione e il sonno eter-

no. Il palazzo in cui è situato l'hotel Club Frances è stato

dichiarato “luogo di interesse culturale e turistico nazio-

nale” poiché unico nel suo genere, con i suoi raffinati

speciale Sudamerica

42

Argentina gourmet

arredamenti belle epoque e opere

d'arte perfettamente restaurate, che

attestano l' influenza della cultura

francese nella capitale argentina al

crepuscolo del XIX secolo e agli albo-

ri del XX. Le 28 stanze dell'hotel sono

un esempio di armonia tra questo

scintillante passato e la creatività

contemporanea, nel mobilio e

oggetti d' arredamento, che è una

delle caratteristiche dell'Argentina

dei giorni nostri. La cucina dello

splendido ristorante dell'hotel, dalle

ovattate atmosfere retrò, è affidata

alle mani e all'olfatto di Ramiro Mar-

tinez, astro della gastronomia porte-

gna, che ci ha deliziato con una cuci-

na che mescola sapientemente la

sofisticata cucina francese con le

tradizioni - e le meravigliose carni –

della cucina argentina. Un connubio

espresso al meglio nell'agnello pic-

cante in salsa agrodolce al tamarin-

do, che abbiamo degustato tra altre

prelibatezze. Una breve siesta ed

eccoci a girovagare nel pittoresco

quartiere di San Telmo, piccolo vil-

laggio incastonato nella gigantesca

metropoli. E' domenica, c'è il merca-

tino dell' antiquariato e bric-a-brac

molto frequentato sia da locali che

da turisti. Tantissime bancarelle dove

si possono trovare oggetti di ogni

tipo, soprattutto di artigianato loca-

le, e ad ogni angolo maghi, ballerini

di tango, artisti di strada pronti a fare

il loro spettacolino. E poi bar, risto-

rantini e tanta vita. Pochi minuti di

taxi da lì, si arriva nel nuovo ed origi-

nale quartiere Puerto Madero. Un

tempo con i moli d'attracco e

magazzini merci, oggi divenuto un

anno 2 - n°6 Inverno 2013

4343

Page 44: Gennaio 2013

speciale Sudamerica

44

Argentina gourmet

sofisticato quartiere di ristoranti di

lusso, hotel design, banche, uffici

commerciali e appartamenti di lusso,

dove gli architetti locali e internazio-

nali hanno dato il meglio di sé. Un

luogo dove passeggiare lungo i cana-

li, in piena sicurezza (si tratta di una

sorta di “isola”, molto vigilata), ma

che certo ha poco delle atmosfere

della Baires un po' parigina cui siamo

abituati. Fortuna che nel lungo-

fiume ci sono molti chioschi che con

il loro cibo di strada ci riportano nei

sapori di questa terra. Uno in parti-

colare, l'affollatissimo “My Sueno”,

mi ha colpito non solo per la bontà

dei suoi “choripan” - panini ripieni di

carne alla griglia - ma anche per la

simpatia del suo proprietario, che ha

sempre una parola gentile e una bat-

tuta salace per ogni cliente. La gior-

nata gastronomica a Buenos Aires si

è conclusa… in pizzeria! Eh sì, perché

la domenica in questo angolo del

Sud America così lontano dai lidi

partenopei, la domenica la maggior

parte degli argentini molto spesso

cenano con una pizza, considerata

tra le specialità locali! La nostra piz-

zeria si chiama El Cuartito. Pizza mol-

to alta, cotta a legna su materiale

refrattario che viene dalla Patagonia

(e che dicono dia alla pizza un sapo-

re “speciale”) e piena di formaggio.

Buona, ma certamente non è un piat-

to leggero e comunque piuttosto

distante dalla nostra concezione di

pizza. Ma, lo ripetiamo, qui la tradi-

zione italiana ha cercato e sposato i

gusti locali, che sono sensibilmente

“più tosti” dei nostri. Il viaggio prose-

gue verso Cordoba, seconda città

dell'Argentina e cuore pulsante

dell'economia agricola e agroindu-

striale del Paese. Dall' aeroporto ci

conducono direttamente a Colonia

Caroya, 50 km da Cordoba verso le

falde andine, nella “Estancia” (ovvero

grande fattoria agricola) che porta lo

stesso nome. Questa fu fondata nel

XVII secolo dai gesuiti, che a Cordo-

ba stabilirono la capitale del loro

sistema di “misiones”, e l'Estancia

Jesuitica Caroya è oggi patrimonio

UNESCO. In seguito, precisamente

nel 1878, confluirono sul posto i

primi immigrati friulani, che diedero

origine al villaggio di Colonia Caro-

ya. Il nostro incontro qui è infatti

proprio con una famiglia di origine

friulana che, portandosi dietro

l'antica tradizione della propria terra,

produce con orgoglio salami e pro-

sciutti di qualità in una piccola fab-

brica artigianale. L'assaggio di que-

sti salumi, conditi di aria andina e

accompagnati da buon vino locale, è

stata una gradita sorpresa. Sempre

di proprietari d'origine friulana è

anche il rinomato ristorante Fertilia.

Ambiente semplice, accogliente e

specialità che ci riportano davvero a

casa nostra: salumi di antipasto,

pasta fatta in casa - ravioli e gnocchi

– davvero di qualità e carni cucinate

“alle nostre maniere”, ben lontane

dai peraltro ottimi “asados” (griglia-

te) locali. L'amabilità e l'umiltà con

la quale i proprietari si prendono

cura di ogni cliente creano un clima

caldo e familiare, tipico della nostra

ristorazione d'altri tempi. Non pote-

va mancare nel pomeriggio una visi-

ta al Club de Polo, sport nazionale

per eccellenza. Il luogo in cui sorge il

prestigioso Club Pompeya è paesag-

gisticamente mozzafiato: circondato

dalle montagne preandine, con una

natura rigogliosa e varia. Il Pompeya

ha 5 campi omologati su cui abbia-

mo avuto la possibilità, per qualche

istante, di provare l'ebbrezza di que-

sto singolare sport. Confesso che

non è semplice andare al galoppo e

cercare al tempo stesso di centrare

con la mazza la pallina per fare goal,

anno 2 - n°6 Inverno 2013

4545

ma è sicuramente un'esperienza molto divertente. La

sera finalmente a Cordoba, ospiti dell'hotel Azur Real, il

primo hotel boutique della città, situato nel bellissimo

centro storico della città “gesuitica”. Ogni angolo di que-

sto hotel combina il minimalismo con elementi nobili e

poco convenzionali e l'architettura di inizio XX secolo si

fonde con i dettagli di avanguardia e design, creando

ambienti caldi e confortevoli. Il personale, molto qualifi-

cato e gentile, ci invita ad un aperitivo, che è stato per me

una sorpresa. Ho infatti qui scoperto che gli argentini

sono grandi ed affezionati consumatori del nostro Fer-

net, però gustato in un long drink preparato con tre parti

di Coca Cola per una di amaro. Una specie di eresia per i

nostri puristi del Fernet dopo pasto ma, vi assicuro, il

risultato dolce-amaro è davvero da provare. La serata si

conclude al Goulu Bistrò, sofisticato ristorante arredato

con molto gusto. Il proprietario ci tiene a precisare che

qui si offre un'esperienza gastronomica unica, sia per i

piatti tradizionali sia nel menu tematico - che cambia

ogni bimestre – che fonde in modo originale elementi

gastronomici che vanno dalla cucina araba a quella giap-

ponese, con prodotti e gusti del luogo. Il risultato è quel-

lo di piatti insoliti, carni, pesci e salse molto originali. For-

se un po' troppo per poter apprezzare appieno i gusti dei

prodotti locali. O sarà che comincio ad aver voglia di un

buon asado? Una bella passeggiata per il centro di Cor-

doba ci fa ritrovare le atmosfere locali. Nella splendida

“manzana jesuitica” (quartiere gesuita) si apprezzano

infatti appieno le vestigia del barocco coloniale che orna

gli edifici e le chiese della zona. I bar e le stradine brulica-

no di studenti (Cordoba è sede di una delle più antiche

università dell'America Latina) e la musica risuona un po'

dappertutto fino a tarda notte. Il giorno seguente, par-

tenza verso l'Alta Garcia, ovvero la zona pedemontana,

per una visita all'Estancia Las Canitas (25 km da Villa Gene-

ral Belgrano). Questa antica fattoria, che si estende per

ben 1.300 ettari, è immersa tra fiumi, foreste e cascate. Un

affascinante e inaspettato ambiente montano, nel quale

gli ospiti, alloggiati in bungalow di legno sul fiume, pos-

sono contemplare una natura di pini, querce e betulle, in

cui trovano rifugio uccelli, lepri, volpi e altri animali selva-

tici. In questo luogo silvestre proviamo anche il nostro

primo asado locale. Si tratta di una maniera davvero par-

ticolare di cuocere le carni, che non vengono arrostite sui

carboni, bensì su grossi spiedi posti attorno al fuoco. La

cottura è lentissima, la carne viene rigirata sugli spiedi

infilzati a terra per ore. Il risultato è eccezionale. I tranci di

manzo, capretto, agnello e maiale vengono accompa-

gnati da una salsa, il chimichurri, composta da olio, aglio,

prezzemolo, origano e peperoncino, che ne esalta i sapo-

ri. In attesa dell'asado, le ricche “empanadas” locali - una

specie di panzerotto farcito o con carne, formaggio o

verdura qui cotte al forno (altrove sono fritte) – permet-

tono di provare gli ottimi vini dell'Estancia. Dal 2008 Las

Canitas produce infatti anche vini Malbec (il vitigno più

esteso in argentina) e Cabernet Sauvignon. Si tratta di

vini molto corposi e di buona qualità, che si accompa-

gnano splendidamente alle carni grigliate. Prima di

lasciare Cordoba alla volta di Mendoza non si può non

fare menzione del Ristorante & Hotel San Leonardo: Il

proprietario è un collezionista d'arte che ha aperto que-

sta struttura facendone un luogo di esposizione della sua

collezione privata, ivi compresi mobili e oggetti di tutte le

epoche. L'edificio in cui sorge l'hotel risale agli anni '30

ed è stato progettato dall'architetto italiano Ferrari - lo

stesso che ha progettato la chiesa neo-gotica di Cordoba

– che ha portato le linee funzionali e pulite dell' architet-

tura di quell'epoca a queste latitudini. Il giorno successi-

Page 45: Gennaio 2013

speciale Sudamerica

44

Argentina gourmet

sofisticato quartiere di ristoranti di

lusso, hotel design, banche, uffici

commerciali e appartamenti di lusso,

dove gli architetti locali e internazio-

nali hanno dato il meglio di sé. Un

luogo dove passeggiare lungo i cana-

li, in piena sicurezza (si tratta di una

sorta di “isola”, molto vigilata), ma

che certo ha poco delle atmosfere

della Baires un po' parigina cui siamo

abituati. Fortuna che nel lungo-

fiume ci sono molti chioschi che con

il loro cibo di strada ci riportano nei

sapori di questa terra. Uno in parti-

colare, l'affollatissimo “My Sueno”,

mi ha colpito non solo per la bontà

dei suoi “choripan” - panini ripieni di

carne alla griglia - ma anche per la

simpatia del suo proprietario, che ha

sempre una parola gentile e una bat-

tuta salace per ogni cliente. La gior-

nata gastronomica a Buenos Aires si

è conclusa… in pizzeria! Eh sì, perché

la domenica in questo angolo del

Sud America così lontano dai lidi

partenopei, la domenica la maggior

parte degli argentini molto spesso

cenano con una pizza, considerata

tra le specialità locali! La nostra piz-

zeria si chiama El Cuartito. Pizza mol-

to alta, cotta a legna su materiale

refrattario che viene dalla Patagonia

(e che dicono dia alla pizza un sapo-

re “speciale”) e piena di formaggio.

Buona, ma certamente non è un piat-

to leggero e comunque piuttosto

distante dalla nostra concezione di

pizza. Ma, lo ripetiamo, qui la tradi-

zione italiana ha cercato e sposato i

gusti locali, che sono sensibilmente

“più tosti” dei nostri. Il viaggio prose-

gue verso Cordoba, seconda città

dell'Argentina e cuore pulsante

dell'economia agricola e agroindu-

striale del Paese. Dall' aeroporto ci

conducono direttamente a Colonia

Caroya, 50 km da Cordoba verso le

falde andine, nella “Estancia” (ovvero

grande fattoria agricola) che porta lo

stesso nome. Questa fu fondata nel

XVII secolo dai gesuiti, che a Cordo-

ba stabilirono la capitale del loro

sistema di “misiones”, e l'Estancia

Jesuitica Caroya è oggi patrimonio

UNESCO. In seguito, precisamente

nel 1878, confluirono sul posto i

primi immigrati friulani, che diedero

origine al villaggio di Colonia Caro-

ya. Il nostro incontro qui è infatti

proprio con una famiglia di origine

friulana che, portandosi dietro

l'antica tradizione della propria terra,

produce con orgoglio salami e pro-

sciutti di qualità in una piccola fab-

brica artigianale. L'assaggio di que-

sti salumi, conditi di aria andina e

accompagnati da buon vino locale, è

stata una gradita sorpresa. Sempre

di proprietari d'origine friulana è

anche il rinomato ristorante Fertilia.

Ambiente semplice, accogliente e

specialità che ci riportano davvero a

casa nostra: salumi di antipasto,

pasta fatta in casa - ravioli e gnocchi

– davvero di qualità e carni cucinate

“alle nostre maniere”, ben lontane

dai peraltro ottimi “asados” (griglia-

te) locali. L'amabilità e l'umiltà con

la quale i proprietari si prendono

cura di ogni cliente creano un clima

caldo e familiare, tipico della nostra

ristorazione d'altri tempi. Non pote-

va mancare nel pomeriggio una visi-

ta al Club de Polo, sport nazionale

per eccellenza. Il luogo in cui sorge il

prestigioso Club Pompeya è paesag-

gisticamente mozzafiato: circondato

dalle montagne preandine, con una

natura rigogliosa e varia. Il Pompeya

ha 5 campi omologati su cui abbia-

mo avuto la possibilità, per qualche

istante, di provare l'ebbrezza di que-

sto singolare sport. Confesso che

non è semplice andare al galoppo e

cercare al tempo stesso di centrare

con la mazza la pallina per fare goal,

anno 2 - n°6 Inverno 2013

4545

ma è sicuramente un'esperienza molto divertente. La

sera finalmente a Cordoba, ospiti dell'hotel Azur Real, il

primo hotel boutique della città, situato nel bellissimo

centro storico della città “gesuitica”. Ogni angolo di que-

sto hotel combina il minimalismo con elementi nobili e

poco convenzionali e l'architettura di inizio XX secolo si

fonde con i dettagli di avanguardia e design, creando

ambienti caldi e confortevoli. Il personale, molto qualifi-

cato e gentile, ci invita ad un aperitivo, che è stato per me

una sorpresa. Ho infatti qui scoperto che gli argentini

sono grandi ed affezionati consumatori del nostro Fer-

net, però gustato in un long drink preparato con tre parti

di Coca Cola per una di amaro. Una specie di eresia per i

nostri puristi del Fernet dopo pasto ma, vi assicuro, il

risultato dolce-amaro è davvero da provare. La serata si

conclude al Goulu Bistrò, sofisticato ristorante arredato

con molto gusto. Il proprietario ci tiene a precisare che

qui si offre un'esperienza gastronomica unica, sia per i

piatti tradizionali sia nel menu tematico - che cambia

ogni bimestre – che fonde in modo originale elementi

gastronomici che vanno dalla cucina araba a quella giap-

ponese, con prodotti e gusti del luogo. Il risultato è quel-

lo di piatti insoliti, carni, pesci e salse molto originali. For-

se un po' troppo per poter apprezzare appieno i gusti dei

prodotti locali. O sarà che comincio ad aver voglia di un

buon asado? Una bella passeggiata per il centro di Cor-

doba ci fa ritrovare le atmosfere locali. Nella splendida

“manzana jesuitica” (quartiere gesuita) si apprezzano

infatti appieno le vestigia del barocco coloniale che orna

gli edifici e le chiese della zona. I bar e le stradine brulica-

no di studenti (Cordoba è sede di una delle più antiche

università dell'America Latina) e la musica risuona un po'

dappertutto fino a tarda notte. Il giorno seguente, par-

tenza verso l'Alta Garcia, ovvero la zona pedemontana,

per una visita all'Estancia Las Canitas (25 km da Villa Gene-

ral Belgrano). Questa antica fattoria, che si estende per

ben 1.300 ettari, è immersa tra fiumi, foreste e cascate. Un

affascinante e inaspettato ambiente montano, nel quale

gli ospiti, alloggiati in bungalow di legno sul fiume, pos-

sono contemplare una natura di pini, querce e betulle, in

cui trovano rifugio uccelli, lepri, volpi e altri animali selva-

tici. In questo luogo silvestre proviamo anche il nostro

primo asado locale. Si tratta di una maniera davvero par-

ticolare di cuocere le carni, che non vengono arrostite sui

carboni, bensì su grossi spiedi posti attorno al fuoco. La

cottura è lentissima, la carne viene rigirata sugli spiedi

infilzati a terra per ore. Il risultato è eccezionale. I tranci di

manzo, capretto, agnello e maiale vengono accompa-

gnati da una salsa, il chimichurri, composta da olio, aglio,

prezzemolo, origano e peperoncino, che ne esalta i sapo-

ri. In attesa dell'asado, le ricche “empanadas” locali - una

specie di panzerotto farcito o con carne, formaggio o

verdura qui cotte al forno (altrove sono fritte) – permet-

tono di provare gli ottimi vini dell'Estancia. Dal 2008 Las

Canitas produce infatti anche vini Malbec (il vitigno più

esteso in argentina) e Cabernet Sauvignon. Si tratta di

vini molto corposi e di buona qualità, che si accompa-

gnano splendidamente alle carni grigliate. Prima di

lasciare Cordoba alla volta di Mendoza non si può non

fare menzione del Ristorante & Hotel San Leonardo: Il

proprietario è un collezionista d'arte che ha aperto que-

sta struttura facendone un luogo di esposizione della sua

collezione privata, ivi compresi mobili e oggetti di tutte le

epoche. L'edificio in cui sorge l'hotel risale agli anni '30

ed è stato progettato dall'architetto italiano Ferrari - lo

stesso che ha progettato la chiesa neo-gotica di Cordoba

– che ha portato le linee funzionali e pulite dell' architet-

tura di quell'epoca a queste latitudini. Il giorno successi-

Page 46: Gennaio 2013

speciale Sudamerica

46

Argentina gourmet

vo arriviamo finalmente a Mendoza per partecipare alla nuova

edizione del Master of Food & Wine, kermesse eno-

gastronomica internazionale che è il vero motivo del nostro

viaggio nel gusto argentino. Per l'occasione si riuniscono per 4

giorni chef e sommelier argentini di grido, cantine locali, pro-

duttori di eccellenze agroalimentari. E molti giornalisti ed

appassionati, interessati a questa particolare esperienza di

vino-cibo non stop. Il programma del festival prevede corsi di

cucina, degustazioni e visite di alcune delle migliori cantine di

Mendoza. L'evento è ospitato nell'hotel Park Hyatt, sulla centra-

le Plaza Independencia della capitale vitivinicola argentina, il cui

ristorante è stato più volte premiato dalla prestigiosa rivista

Wine Spectator per la qualità della sua carta di vini. Il cuore del-

la manifestazione “Master of Food & Wine” è la gara tra gli Chef,

provenienti non solo dall'Argentina, ma anche da altri paesi

dell'America Latina e del mondo, che preparano per il pubblico

e gli addetti ai lavori piatti della propria tradizione (singolare

assaggiare tacos e caldeiradas a Mendoza), che vengono

accompagnati da degustazioni di vini locali. Quasi il 90% delle

oltre 11.000 aziende vinicole argentine si trovano nei dintorni

Mendoza, ai piedi della cordigliera delle Ande. L'alta quota e il

clima secco ne fanno infatti una zona particolarmente vocata

alla produzione di vini di qualità, tra cui spiccano rossi struttura-

ti e di gran corpo. l tour delle “Bodegas” - le cantine vinicole –

conferma la qualità dei vini locali e della cultura vitivinicola che,

portata da immigrati spagnoli e italiani, è ormai divenuto un

tratto distintivo della regione. Tra le cantine, spicca per qualità

dei prodotti e scelte architettoniche la nota cantina Catena

Zapata. La bodega presenta scelte architettoniche che hanno

rotto con la tradizione locale e che richiama le piramidi Maya

del Guatemala, una diversità che si apprezza anche nei vini. La

cantina nasce nel 1902 quando un immigrato italiano, Nicola

Zapata, pianta a Mendoza il suo primo vigneto di Malbec, il

resto è storia. Nel 1995 Catena Zapata è stata la prima cantina

argentina ad essere invitata dal Wine Spectator di New York e

ad attirare l'attenzione degli appassionati di vino di tutto il mon-

do per la qualità dei suoi prodotti. La cucina – la bodega cura

anche la ristorazione – è oggi affidata allo chef italo argentino

Martin Molteni. La Bodega Trapiche presenta invece

un'imponente facciata. Prima della cena, offerta da due chef

brasiliani, abbiamo potuto apprezzare in visita guidata la canti-

na e i processi di produzione dei vini, il cui assaggio avviene

direttamente dalle barrique di rovere della bodega. Tra le canti-

ne visitate menzione speciale va infine alla cantina Rutini, carat-

terizzata da una struttura modernista di recente realizzazione.

La qualità dei vini Rutini – in particolare il malbec - è da sempre

una delle caratteristiche di questa bodega, anch'essa fondata

da un immigrato italiano. Tra i bianchi, particolarmente degno

anno 2 - n°6 Inverno 2013

4747

di nota è il Torrontes, un vitigno

ormai autoctono che dà un vino

dai profumi intensi e freschi di

frutta tropicale particolarmente

gradevole. A ricordare il collega-

mento stretto tra la cultura eno-

gastronomica argentina e la

nostra, infine, c'è anche la produ-

zione di grappe e – negli ultimi

anni – di olio di oliva, a dimostra-

zione che il legame con le propria

tradizione dei tanti argentini di

origine italiana che operano in

questo settore non è mai venuto

meno, ma si è anzi arricchito delle

caratteristiche locali, dando origi-

ne a prodotti di grande qualità.

Insomma, un viaggio nel gusto in

Argentina non lascia mai sconcer-

tati, ma sempre gradevolmente

sorpresi di ritrovare profumi e

sapori della nostra storia, legati

però in modo indissolubile e

armonico con ciò che la storia

argentina e il suo ricco territorio

hanno saputo esprimere. Oggi

l'Argentina sta tentando di fare di

questa consapevolezza un ele-

mento di forza per le proprie pro-

duzioni tipiche e il turismo: i nume-

ri ci sono davvero tutti e a tutti

coloro che sono coinvolti in que-

sto processo non possiamo che

fare i migliori auguri.•

www.argentina.travel

www.turismo.mendoza.gov.ar

www.cordobaturismo.gov.ar

www.hotelclubfrances.com.ar

www.pompeyapolo.com.ar

www.azurrealhotel.com.ar

www.estancialascanitas.com.ar

www.sanleonardohotel.com.ar

www.goulu.com.ar

www.mendoza.park.hyatt.com

www.bodegarucamalen.com

www.catenawines.com

www.trapiche.com.ar

www.rutiniwines.com

www.familiazuccardi.com.ar

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Argentina gourmet

vo arriviamo finalmente a Mendoza per partecipare alla nuova

edizione del Master of Food & Wine, kermesse eno-

gastronomica internazionale che è il vero motivo del nostro

viaggio nel gusto argentino. Per l'occasione si riuniscono per 4

giorni chef e sommelier argentini di grido, cantine locali, pro-

duttori di eccellenze agroalimentari. E molti giornalisti ed

appassionati, interessati a questa particolare esperienza di

vino-cibo non stop. Il programma del festival prevede corsi di

cucina, degustazioni e visite di alcune delle migliori cantine di

Mendoza. L'evento è ospitato nell'hotel Park Hyatt, sulla centra-

le Plaza Independencia della capitale vitivinicola argentina, il cui

ristorante è stato più volte premiato dalla prestigiosa rivista

Wine Spectator per la qualità della sua carta di vini. Il cuore del-

la manifestazione “Master of Food & Wine” è la gara tra gli Chef,

provenienti non solo dall'Argentina, ma anche da altri paesi

dell'America Latina e del mondo, che preparano per il pubblico

e gli addetti ai lavori piatti della propria tradizione (singolare

assaggiare tacos e caldeiradas a Mendoza), che vengono

accompagnati da degustazioni di vini locali. Quasi il 90% delle

oltre 11.000 aziende vinicole argentine si trovano nei dintorni

Mendoza, ai piedi della cordigliera delle Ande. L'alta quota e il

clima secco ne fanno infatti una zona particolarmente vocata

alla produzione di vini di qualità, tra cui spiccano rossi struttura-

ti e di gran corpo. l tour delle “Bodegas” - le cantine vinicole –

conferma la qualità dei vini locali e della cultura vitivinicola che,

portata da immigrati spagnoli e italiani, è ormai divenuto un

tratto distintivo della regione. Tra le cantine, spicca per qualità

dei prodotti e scelte architettoniche la nota cantina Catena

Zapata. La bodega presenta scelte architettoniche che hanno

rotto con la tradizione locale e che richiama le piramidi Maya

del Guatemala, una diversità che si apprezza anche nei vini. La

cantina nasce nel 1902 quando un immigrato italiano, Nicola

Zapata, pianta a Mendoza il suo primo vigneto di Malbec, il

resto è storia. Nel 1995 Catena Zapata è stata la prima cantina

argentina ad essere invitata dal Wine Spectator di New York e

ad attirare l'attenzione degli appassionati di vino di tutto il mon-

do per la qualità dei suoi prodotti. La cucina – la bodega cura

anche la ristorazione – è oggi affidata allo chef italo argentino

Martin Molteni. La Bodega Trapiche presenta invece

un'imponente facciata. Prima della cena, offerta da due chef

brasiliani, abbiamo potuto apprezzare in visita guidata la canti-

na e i processi di produzione dei vini, il cui assaggio avviene

direttamente dalle barrique di rovere della bodega. Tra le canti-

ne visitate menzione speciale va infine alla cantina Rutini, carat-

terizzata da una struttura modernista di recente realizzazione.

La qualità dei vini Rutini – in particolare il malbec - è da sempre

una delle caratteristiche di questa bodega, anch'essa fondata

da un immigrato italiano. Tra i bianchi, particolarmente degno

anno 2 - n°6 Inverno 2013

4747

di nota è il Torrontes, un vitigno

ormai autoctono che dà un vino

dai profumi intensi e freschi di

frutta tropicale particolarmente

gradevole. A ricordare il collega-

mento stretto tra la cultura eno-

gastronomica argentina e la

nostra, infine, c'è anche la produ-

zione di grappe e – negli ultimi

anni – di olio di oliva, a dimostra-

zione che il legame con le propria

tradizione dei tanti argentini di

origine italiana che operano in

questo settore non è mai venuto

meno, ma si è anzi arricchito delle

caratteristiche locali, dando origi-

ne a prodotti di grande qualità.

Insomma, un viaggio nel gusto in

Argentina non lascia mai sconcer-

tati, ma sempre gradevolmente

sorpresi di ritrovare profumi e

sapori della nostra storia, legati

però in modo indissolubile e

armonico con ciò che la storia

argentina e il suo ricco territorio

hanno saputo esprimere. Oggi

l'Argentina sta tentando di fare di

questa consapevolezza un ele-

mento di forza per le proprie pro-

duzioni tipiche e il turismo: i nume-

ri ci sono davvero tutti e a tutti

coloro che sono coinvolti in que-

sto processo non possiamo che

fare i migliori auguri.•

www.argentina.travel

www.turismo.mendoza.gov.ar

www.cordobaturismo.gov.ar

www.hotelclubfrances.com.ar

www.pompeyapolo.com.ar

www.azurrealhotel.com.ar

www.estancialascanitas.com.ar

www.sanleonardohotel.com.ar

www.goulu.com.ar

www.mendoza.park.hyatt.com

www.bodegarucamalen.com

www.catenawines.com

www.trapiche.com.ar

www.rutiniwines.com

www.familiazuccardi.com.ar

Page 48: Gennaio 2013

speciale Sudamerica

BAHIAl'anima nera del Brasile

48

BAHIA l'anima nera del Brasile

n quell'enorme caleidoscopio geografico, ambientale Ie umano che è il Brasile, lo stato di Bahia nel Nordeste

ne costituisce uno dei maggiori e più variegati, ma

soprattutto quello con le maggiori radici storiche e con la

più accentuata presenza nera di origine africana. Fu infat-

ti su questa costa atlantica dove il Sud America raggiun-

ge la sua massima estensione spingendosi a fondo

nell'oceano che nel 1501 avvenne il primo sbarco euro-

peo ad opera di Amerigo Vespucci, nell'ospitale baia di

Todos os Santos. La colonizzazione cominciò nel 1549,

con 400 soldati e altrettanti civili compresi preti e prosti-

tute, i quali edificarono su una scogliera il nucleo origina-

le di Salvador de Bahia. Per due secoli fu la capitale del

Brasile, tanto ricca da poter competere con Lisbona per la

fertilità del territorio in grado di produrre enormi quanti-

tà di canna da zucchero, cotone, cacao e il miglior tabac-

Testo di Anna Maria Arnesano e Foto di Giulio Badini

49

co dell'epoca. I campi richiedevano un numero elevato di

lavoratori a basso prezzo, per cui iniziò una massiccia

importazione di schiavi neri africani, preferiti agli indios

locali. Dal suo porto partivano per l'Europa legname,

zucchero, tabacco, cacao, bestiame, oro e diamanti, men-

tre vi approdavano schiavi e beni di lusso. La ricchezza di

quei tempi si ritrova ancora oggi nei bei palazzi, nei con-

venti e nelle chiese barocche piene d'oro e di intarsi pre-

senti nelle antiche cittadine coloniali. Qui, più che altrove,

europei, africani e indios hanno avuto cinque secoli a

disposizione per mescolarsi e integrarsi e qui la cultura

africana risulta profondamente radicata nella musica,

nella cucina e nella religione. Basti ricordare la diffusione

del candomblé, una religione sincretica dove al cattolice-

simo si mescola l'animismo africano del macumba ricco

di cerimonie peculiari, canti e danze che si concludono

nel trance e che permise ai neri la sopravvivenza fisica e

culturale nei secoli bui dello schiavismo, i frenetici ritmi

musicali dell'afoxé, i riti religiosi umbanda degli indios, la

spettacolare danza-lotta della capoeira. Sotto il profilo

anno 2 - n°6 Inverno 2013

Page 49: Gennaio 2013

speciale Sudamerica

BAHIAl'anima nera del Brasile

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BAHIA l'anima nera del Brasile

n quell'enorme caleidoscopio geografico, ambientale Ie umano che è il Brasile, lo stato di Bahia nel Nordeste

ne costituisce uno dei maggiori e più variegati, ma

soprattutto quello con le maggiori radici storiche e con la

più accentuata presenza nera di origine africana. Fu infat-

ti su questa costa atlantica dove il Sud America raggiun-

ge la sua massima estensione spingendosi a fondo

nell'oceano che nel 1501 avvenne il primo sbarco euro-

peo ad opera di Amerigo Vespucci, nell'ospitale baia di

Todos os Santos. La colonizzazione cominciò nel 1549,

con 400 soldati e altrettanti civili compresi preti e prosti-

tute, i quali edificarono su una scogliera il nucleo origina-

le di Salvador de Bahia. Per due secoli fu la capitale del

Brasile, tanto ricca da poter competere con Lisbona per la

fertilità del territorio in grado di produrre enormi quanti-

tà di canna da zucchero, cotone, cacao e il miglior tabac-

Testo di Anna Maria Arnesano e Foto di Giulio Badini

49

co dell'epoca. I campi richiedevano un numero elevato di

lavoratori a basso prezzo, per cui iniziò una massiccia

importazione di schiavi neri africani, preferiti agli indios

locali. Dal suo porto partivano per l'Europa legname,

zucchero, tabacco, cacao, bestiame, oro e diamanti, men-

tre vi approdavano schiavi e beni di lusso. La ricchezza di

quei tempi si ritrova ancora oggi nei bei palazzi, nei con-

venti e nelle chiese barocche piene d'oro e di intarsi pre-

senti nelle antiche cittadine coloniali. Qui, più che altrove,

europei, africani e indios hanno avuto cinque secoli a

disposizione per mescolarsi e integrarsi e qui la cultura

africana risulta profondamente radicata nella musica,

nella cucina e nella religione. Basti ricordare la diffusione

del candomblé, una religione sincretica dove al cattolice-

simo si mescola l'animismo africano del macumba ricco

di cerimonie peculiari, canti e danze che si concludono

nel trance e che permise ai neri la sopravvivenza fisica e

culturale nei secoli bui dello schiavismo, i frenetici ritmi

musicali dell'afoxé, i riti religiosi umbanda degli indios, la

spettacolare danza-lotta della capoeira. Sotto il profilo

anno 2 - n°6 Inverno 2013

Page 50: Gennaio 2013

In quell'enorme caleidoscopio geo-

grafico, ambientale e umano che è il

Brasile, lo stato di Bahia nel Nordeste

ne costituisce uno dei maggiori e più

variegati, ma soprattutto quello con

le maggiori radici storiche e con la

più accentuata presenza nera di ori-

gine africana. Fu infatti su questa

costa atlantica dove il Sud America

raggiunge la sua massima estensio-

ne spingendosi a fondo nell'oceano

che nel 1501 avvenne il primo sbarco

europeo ad opera di Amerigo

Vespucci, nell'ospitale baia di Todos

os Santos. La colonizzazione comin-

ciò nel 1549, con 400 soldati e altret-

tanti civili compresi preti e prostitu-

te, i quali edificarono su una scoglie-

ra il nucleo originale di Salvador de

Bahia. Per due secoli fu la capitale del

Brasile, tanto ricca da poter compe-

tere con Lisbona per la fertilità del

territorio in grado di produrre enor-

mi quantità di canna da zucchero,

cotone, cacao e il miglior tabacco

dell'epoca. I campi richiedevano un

numero elevato di lavoratori a basso

prezzo, per cui iniziò una massiccia

importazione di schiavi neri africani,

preferiti agli indios locali. Dal suo

speciale Sudamerica

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BAHIA l'anima nera del Brasile

anno 2 - n°6 Inverno 2013

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porto partivano per l'Europa legname, zucchero, tabac-

co, cacao, bestiame, oro e diamanti, mentre vi approda-

vano schiavi e beni di lusso. La ricchezza di quei tempi si

ritrova ancora oggi nei bei palazzi, nei conventi e nelle

chiese barocche piene d'oro e di intarsi presenti nelle

antiche cittadine coloniali. Qui, più che altrove, europei,

africani e indios hanno avuto cinque secoli a disposizione

per mescolarsi e integrarsi e qui la cultura africana risulta

profondamente radicata nella musica, nella cucina e nella

religione. Basti ricordare la diffusione del candomblé,

una religione sincretica dove al cattolicesimo si mescola

l'animismo africano del macumba ricco di cerimonie

peculiari, canti e danze che si concludono nel trance e

che permise ai neri la sopravvivenza fisica e culturale nei

secoli bui dello schiavismo, i frenetici ritmi musicali

dell'afoxé, i riti religiosi umbanda degli indios, la spetta-

colare danza-lotta della capoeira. Sotto il profilo geogra-

fico e ambientale presenta due distinti habitat peculiari.

La costa offre ciò che resta della Mata Atlantica, la fioren-

te foresta fluviale ricchissima di biodiversità e di endemi-

smi animali e vegetali, più antica di quella amazzonica,

che ricopriva per un centinaio di chilometri verso

l'interno tutta la costa brasiliana; fu la sua ricchezza di

legname ad attirare l'interesse dei colonialisti, che ne

distrussero gran parte per fare spazio alle piantagioni di

canna da zucchero, cacao e palme. Possiede stupende

spiagge incontaminate bordate da palme, semplici vil-

laggi di pescatori fuori dal tempo, lagune scintillanti e

canali bordati da mangrovie e alcune suggestive isole

dove la natura regna ancora sovrana. Alle spalle si esten-

de l'enorme sertao, zona arida con cactacee, palme e

arbusti spinosi tipici di un clima molto caldo e secco,

dove la rara fauna tende a vivere di notte o sottoterra. I

pochi abitanti si sostengono con l'allevamento di bestia-

me e una misera agricoltura di sussistenza. In passato è

stato il regno dei grandi latifondi, il rifugio per gli schiavi

ribelli, lo scenario per banditi e cercatori di diamanti, dan-

do vita ad un folclore genuino. Ogni possibile itinerario

non può che iniziare da Salvador de Bahia, la città più

monumentale, allegra e vivace del Brasile, un elegante

centro coloniale retaggio dei tempi d'oro dove assieme

ai monumenti ad attirare è lo spirito dei suoi abitanti,

sempre allegri e pronti a suonare, cantare e ballare per-

ché qui gli africani sono riusciti a conservare la propria

cultura originaria più che in qualsiasi altra parte del Nuo-

vo Mondo. Un gioiello naturalistico della Costa del Cacao

risulta costituito dall'isola di Boipeba, con semplici villag-

gi dove non esistono mezzi meccanici, tratti di foresta

51

Page 51: Gennaio 2013

In quell'enorme caleidoscopio geo-

grafico, ambientale e umano che è il

Brasile, lo stato di Bahia nel Nordeste

ne costituisce uno dei maggiori e più

variegati, ma soprattutto quello con

le maggiori radici storiche e con la

più accentuata presenza nera di ori-

gine africana. Fu infatti su questa

costa atlantica dove il Sud America

raggiunge la sua massima estensio-

ne spingendosi a fondo nell'oceano

che nel 1501 avvenne il primo sbarco

europeo ad opera di Amerigo

Vespucci, nell'ospitale baia di Todos

os Santos. La colonizzazione comin-

ciò nel 1549, con 400 soldati e altret-

tanti civili compresi preti e prostitu-

te, i quali edificarono su una scoglie-

ra il nucleo originale di Salvador de

Bahia. Per due secoli fu la capitale del

Brasile, tanto ricca da poter compe-

tere con Lisbona per la fertilità del

territorio in grado di produrre enor-

mi quantità di canna da zucchero,

cotone, cacao e il miglior tabacco

dell'epoca. I campi richiedevano un

numero elevato di lavoratori a basso

prezzo, per cui iniziò una massiccia

importazione di schiavi neri africani,

preferiti agli indios locali. Dal suo

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BAHIA l'anima nera del Brasile

anno 2 - n°6 Inverno 2013

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porto partivano per l'Europa legname, zucchero, tabac-

co, cacao, bestiame, oro e diamanti, mentre vi approda-

vano schiavi e beni di lusso. La ricchezza di quei tempi si

ritrova ancora oggi nei bei palazzi, nei conventi e nelle

chiese barocche piene d'oro e di intarsi presenti nelle

antiche cittadine coloniali. Qui, più che altrove, europei,

africani e indios hanno avuto cinque secoli a disposizione

per mescolarsi e integrarsi e qui la cultura africana risulta

profondamente radicata nella musica, nella cucina e nella

religione. Basti ricordare la diffusione del candomblé,

una religione sincretica dove al cattolicesimo si mescola

l'animismo africano del macumba ricco di cerimonie

peculiari, canti e danze che si concludono nel trance e

che permise ai neri la sopravvivenza fisica e culturale nei

secoli bui dello schiavismo, i frenetici ritmi musicali

dell'afoxé, i riti religiosi umbanda degli indios, la spetta-

colare danza-lotta della capoeira. Sotto il profilo geogra-

fico e ambientale presenta due distinti habitat peculiari.

La costa offre ciò che resta della Mata Atlantica, la fioren-

te foresta fluviale ricchissima di biodiversità e di endemi-

smi animali e vegetali, più antica di quella amazzonica,

che ricopriva per un centinaio di chilometri verso

l'interno tutta la costa brasiliana; fu la sua ricchezza di

legname ad attirare l'interesse dei colonialisti, che ne

distrussero gran parte per fare spazio alle piantagioni di

canna da zucchero, cacao e palme. Possiede stupende

spiagge incontaminate bordate da palme, semplici vil-

laggi di pescatori fuori dal tempo, lagune scintillanti e

canali bordati da mangrovie e alcune suggestive isole

dove la natura regna ancora sovrana. Alle spalle si esten-

de l'enorme sertao, zona arida con cactacee, palme e

arbusti spinosi tipici di un clima molto caldo e secco,

dove la rara fauna tende a vivere di notte o sottoterra. I

pochi abitanti si sostengono con l'allevamento di bestia-

me e una misera agricoltura di sussistenza. In passato è

stato il regno dei grandi latifondi, il rifugio per gli schiavi

ribelli, lo scenario per banditi e cercatori di diamanti, dan-

do vita ad un folclore genuino. Ogni possibile itinerario

non può che iniziare da Salvador de Bahia, la città più

monumentale, allegra e vivace del Brasile, un elegante

centro coloniale retaggio dei tempi d'oro dove assieme

ai monumenti ad attirare è lo spirito dei suoi abitanti,

sempre allegri e pronti a suonare, cantare e ballare per-

ché qui gli africani sono riusciti a conservare la propria

cultura originaria più che in qualsiasi altra parte del Nuo-

vo Mondo. Un gioiello naturalistico della Costa del Cacao

risulta costituito dall'isola di Boipeba, con semplici villag-

gi dove non esistono mezzi meccanici, tratti di foresta

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Page 52: Gennaio 2013

speciale Sudamerica BAHIA l'anima nera del Brasile

atlantica, incantevoli insenature e 20 km di spiagge

deserte bordate da palme, fronteggianti un mare

d'incanto dove la barriera corallina forma piscine naturali

cristalline abitate da una miriade di pesci variopinti. Gio-

iello dell'interno invece è il parco nazionale della Chapa-

da Diamantina (dove chapada sta per altopiano), un'area

protetta estesa per 1.500 kmq istituita nel 1985 in una

magnifica regione di montagna coperta da foreste e

circondata dal polveroso sertao, formata da fiumi, casca-

te, laghetti, grotte e curiose forme geomorfologiche rac-

cordati da percorsi che si sviluppano tra cactus, elicrisi,

orchidee e paesaggi mozzafiato. Il parco, famoso per le

sue scimmie e le piante ornamentali selvatiche come bro-

melie, velosiacee, filodendri e fiori di paglia, presenta

anche peculiarità come il Marimbus, microregione palu-

dosa di rigogliosa vegetazione abitata da numerose spe-

cie di uccelli, pesci e caimani, il Poço Azul, un suggestivo

lago dall'intenso colore azzurro all'interno di una caverna

con concrezioni alabastrine, antichi villaggi di garimpei-

ros, i cercatori di diamanti di cui era ricca la zona e poi

52

anno 2 - n°6 Inverno 2013

5353

Lençois, antica cittadina mineraria con stradine acciotto-

late e edifici ottocenteschi dai colori vivaci. Cochoeira

infine, monumento nazionale, è uno splendido insieme

d'epoca coloniale rimasto intatto fino a noi, con chiese,

conventi e palazzi decorati da pregevoli azulejos; allo

stesso tempo è anche uno dei centri spiritualmente più

puri e importanti del candomblé. L'operatore milanese

“I Viaggi di Maurizio Levi” (tel. 0234934528, www.deserti-

viaggilevi.it), specializzato in itinerari a valenza ambien-

tale e etnografica, nel proprio catalogo propone nello

stato di Bahia un tour di 13 giorni dedicato alle principali

località ed ai riti del candomblè. Partenze individuali set-

timanali e bimestrali di gruppo da novembre a marzo

2013 con voli di linea da Milano e Roma, pernottamenti

in hotel e pousadas di buon livello con pensione comple-

ta, guida italiana residente in loco.•

Page 53: Gennaio 2013

speciale Sudamerica BAHIA l'anima nera del Brasile

atlantica, incantevoli insenature e 20 km di spiagge

deserte bordate da palme, fronteggianti un mare

d'incanto dove la barriera corallina forma piscine naturali

cristalline abitate da una miriade di pesci variopinti. Gio-

iello dell'interno invece è il parco nazionale della Chapa-

da Diamantina (dove chapada sta per altopiano), un'area

protetta estesa per 1.500 kmq istituita nel 1985 in una

magnifica regione di montagna coperta da foreste e

circondata dal polveroso sertao, formata da fiumi, casca-

te, laghetti, grotte e curiose forme geomorfologiche rac-

cordati da percorsi che si sviluppano tra cactus, elicrisi,

orchidee e paesaggi mozzafiato. Il parco, famoso per le

sue scimmie e le piante ornamentali selvatiche come bro-

melie, velosiacee, filodendri e fiori di paglia, presenta

anche peculiarità come il Marimbus, microregione palu-

dosa di rigogliosa vegetazione abitata da numerose spe-

cie di uccelli, pesci e caimani, il Poço Azul, un suggestivo

lago dall'intenso colore azzurro all'interno di una caverna

con concrezioni alabastrine, antichi villaggi di garimpei-

ros, i cercatori di diamanti di cui era ricca la zona e poi

52

anno 2 - n°6 Inverno 2013

5353

Lençois, antica cittadina mineraria con stradine acciotto-

late e edifici ottocenteschi dai colori vivaci. Cochoeira

infine, monumento nazionale, è uno splendido insieme

d'epoca coloniale rimasto intatto fino a noi, con chiese,

conventi e palazzi decorati da pregevoli azulejos; allo

stesso tempo è anche uno dei centri spiritualmente più

puri e importanti del candomblé. L'operatore milanese

“I Viaggi di Maurizio Levi” (tel. 0234934528, www.deserti-

viaggilevi.it), specializzato in itinerari a valenza ambien-

tale e etnografica, nel proprio catalogo propone nello

stato di Bahia un tour di 13 giorni dedicato alle principali

località ed ai riti del candomblè. Partenze individuali set-

timanali e bimestrali di gruppo da novembre a marzo

2013 con voli di linea da Milano e Roma, pernottamenti

in hotel e pousadas di buon livello con pensione comple-

ta, guida italiana residente in loco.•

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

zia su chilometri di verde, punteggiato dai laghi e da

fattorie dal tetto spiovente e, nelle giornate più limpi-

de, arriva fino alle Alpi. Natura a parte, la Foresta Nera,

che coincide con il Baden-Wurttemberg, una delle

regioni più estese della Germania, con i suoi bellissimi

boschi, le valli del Reno e del Danubio, il lago di

Costanza, è costellata anche da splendide città ricche di

arte e di cultura come Heidelberg, Costanza, Mannheim,

Friedrichshafen e, naturalmente la suggestiva capitale del-

la Foresta Nera, Friburgo.

FriburgoNon è esagerato dire che la storia di questa bella città ruota

attorno alla Cattedrale, suo simbolo ed orgoglio. Un magnifico capo-

lavoro dell'architettura gotica tedesca che ha richiesto trecento anni

per la sua costruzione (XIII-XVI secolo). La torre, la parte più anti-

ca, alta 116 m. - sale su otto lati di polifore fino alla raffinatis-

sima guglia che sembra una filigrana. Chi ha fiato per rag-

giungerli quei 116 metri che portano al meraviglioso

campanile, viene premiato con un panorama moz-

za-fiato. Attorno alla cattedrale, nella bella

Munsterplatz, si raccoglie l'antica città

medievale con i suoi tesori architet-

tonici. Primo tra tutti la vistosa cin-

quecentesca Kaufhaus (Casa del

commercio), una volta magazzino

di scambi commerciali testimone

dell'importanza di Friburgo nel

Medioevo come centro econo-

mico, oggi è adibito ad eventi

culturali e mondani. Una fac-

Il Carnevale della Foresta NeraIl Carnevale della Foresta NeraIl Carnevale della Foresta Nera

GERMANIA BADEN-WURTTEMBERG

È la Gallia Cisalpina dei Romani, la Foresta Nera,

nel Sud della Germania, al confine con la Fran-

cia e la Svizzera, nella regione del Baden-

Wurttemberg. Una regione dove tutto sembra

nascere da una fiaba, le casette di legno, i cervi, i pic-

coli laghi e i mulini ad acqua, le botteghe artigiane e

gli orologi a cucù. Considerando il profondo senso

dell'ospitalità che distingue questa parte della Ger-

mania, si può comprendere come qui il turista sia

considerato un ospite da coccolare, cui offrire il me-

glio. Ogni stagione ha la sua attrattiva. D'inverno il

manto di neve al sole può essere sfruttato quasi

fino ad aprile, e la Foresta Nera, con oltre 100 piste

di sci da fondo, 200 skilift, piste per slitte trainate da

cavalli, è tutto un mondo da godere. E che c'è di

meglio dopo una giornata passata sui campi da sci

se non ritrovarsi seduti nelle Gemutliche Bau-

ernstuben? Una sorta di tavernette contadine tap-

pezzate di legno che offrono all'ospite intorno alla

stufa di maioliche lo Schwarzwalderschinken, pro-

sciutto affumicato su brace d'abete e di ginepro, e il

gustoso Holzofenbrot, pane di segala cotto al forno

a legna. Finito l'inverno comincia la stagione del

Wandern, lo sport del passeggiare in mezzo ad un

paesaggio fatto di dolci colline, di pianure verdissi-

me, di sentieri che attraversano fitti boschi ricchi di

faggi, aceri, abeti rossi. E visto che anche il Wande-

rurlaub è una vacanza estremamente riposante, inu-

tile andarsene in giro con gli zaini troppo carichi in

spalla. Le aziende di soggiorno consigliano i per-

corsi secondo le esigenze dell'ospite e la durata del-

la permanenza. Il Wandern ohne

Gepack è nato qui. Si tratta di

una formula di vacanza per

la quale il vostro bagaglio

viene portato per voi da

un albergo all'altro,

mentre voi camminate

a piedi, in bicicletta o

sugli sci. Per gli sportivi la

zona di Hinterzarten è un vero

paradiso, dove si possono praticare un po' tut-

te le attività. Ci sono 44 km di piste per lo sci di

fondo; e 40 sono i chilometri per camminare

tenuti liberi quotidianamente dalla neve. Non

lontano vi è il lago Titisee, meta di turisti e sportivi

con numerosi negozi dove si possono acquistare

i famosi orologi a cucù. Ma il più grande lago del-

la Foresta Nera è lo Schluchsee, che ha un clima

particolarmente salutare. Ci sono 150 km di

percorsi segnati per passeggiate soli-

tarie. A pochi passi da que-

sto lago c'è il Fel-

dberg, la monta-

gna più alta del-

la Foresta Nera

(m1493) , da

dove si vede

uno spettaco-

lo indimenti-

cabile.

Lo sguardo spa-

Testo di

Teresa Carrubba

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Germania: Baden-wurttemberg

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

zia su chilometri di verde, punteggiato dai laghi e da

fattorie dal tetto spiovente e, nelle giornate più limpi-

de, arriva fino alle Alpi. Natura a parte, la Foresta Nera,

che coincide con il Baden-Wurttemberg, una delle

regioni più estese della Germania, con i suoi bellissimi

boschi, le valli del Reno e del Danubio, il lago di

Costanza, è costellata anche da splendide città ricche di

arte e di cultura come Heidelberg, Costanza, Mannheim,

Friedrichshafen e, naturalmente la suggestiva capitale del-

la Foresta Nera, Friburgo.

FriburgoNon è esagerato dire che la storia di questa bella città ruota

attorno alla Cattedrale, suo simbolo ed orgoglio. Un magnifico capo-

lavoro dell'architettura gotica tedesca che ha richiesto trecento anni

per la sua costruzione (XIII-XVI secolo). La torre, la parte più anti-

ca, alta 116 m. - sale su otto lati di polifore fino alla raffinatis-

sima guglia che sembra una filigrana. Chi ha fiato per rag-

giungerli quei 116 metri che portano al meraviglioso

campanile, viene premiato con un panorama moz-

za-fiato. Attorno alla cattedrale, nella bella

Munsterplatz, si raccoglie l'antica città

medievale con i suoi tesori architet-

tonici. Primo tra tutti la vistosa cin-

quecentesca Kaufhaus (Casa del

commercio), una volta magazzino

di scambi commerciali testimone

dell'importanza di Friburgo nel

Medioevo come centro econo-

mico, oggi è adibito ad eventi

culturali e mondani. Una fac-

Il Carnevale della Foresta NeraIl Carnevale della Foresta NeraIl Carnevale della Foresta Nera

GERMANIA BADEN-WURTTEMBERG

È la Gallia Cisalpina dei Romani, la Foresta Nera,

nel Sud della Germania, al confine con la Fran-

cia e la Svizzera, nella regione del Baden-

Wurttemberg. Una regione dove tutto sembra

nascere da una fiaba, le casette di legno, i cervi, i pic-

coli laghi e i mulini ad acqua, le botteghe artigiane e

gli orologi a cucù. Considerando il profondo senso

dell'ospitalità che distingue questa parte della Ger-

mania, si può comprendere come qui il turista sia

considerato un ospite da coccolare, cui offrire il me-

glio. Ogni stagione ha la sua attrattiva. D'inverno il

manto di neve al sole può essere sfruttato quasi

fino ad aprile, e la Foresta Nera, con oltre 100 piste

di sci da fondo, 200 skilift, piste per slitte trainate da

cavalli, è tutto un mondo da godere. E che c'è di

meglio dopo una giornata passata sui campi da sci

se non ritrovarsi seduti nelle Gemutliche Bau-

ernstuben? Una sorta di tavernette contadine tap-

pezzate di legno che offrono all'ospite intorno alla

stufa di maioliche lo Schwarzwalderschinken, pro-

sciutto affumicato su brace d'abete e di ginepro, e il

gustoso Holzofenbrot, pane di segala cotto al forno

a legna. Finito l'inverno comincia la stagione del

Wandern, lo sport del passeggiare in mezzo ad un

paesaggio fatto di dolci colline, di pianure verdissi-

me, di sentieri che attraversano fitti boschi ricchi di

faggi, aceri, abeti rossi. E visto che anche il Wande-

rurlaub è una vacanza estremamente riposante, inu-

tile andarsene in giro con gli zaini troppo carichi in

spalla. Le aziende di soggiorno consigliano i per-

corsi secondo le esigenze dell'ospite e la durata del-

la permanenza. Il Wandern ohne

Gepack è nato qui. Si tratta di

una formula di vacanza per

la quale il vostro bagaglio

viene portato per voi da

un albergo all'altro,

mentre voi camminate

a piedi, in bicicletta o

sugli sci. Per gli sportivi la

zona di Hinterzarten è un vero

paradiso, dove si possono praticare un po' tut-

te le attività. Ci sono 44 km di piste per lo sci di

fondo; e 40 sono i chilometri per camminare

tenuti liberi quotidianamente dalla neve. Non

lontano vi è il lago Titisee, meta di turisti e sportivi

con numerosi negozi dove si possono acquistare

i famosi orologi a cucù. Ma il più grande lago del-

la Foresta Nera è lo Schluchsee, che ha un clima

particolarmente salutare. Ci sono 150 km di

percorsi segnati per passeggiate soli-

tarie. A pochi passi da que-

sto lago c'è il Fel-

dberg, la monta-

gna più alta del-

la Foresta Nera

(m1493) , da

dove si vede

uno spettaco-

lo indimenti-

cabile.

Lo sguardo spa-

Testo di

Teresa Carrubba

56

Germania: Baden-wurttemberg

Page 58: Gennaio 2013

59

anno 2 - n°6 Inverno 2013

miche locali e le tipiche scarpe di

paglia. Quando poi si fa festa, la Mun-

sterplatz si profuma di Germania, di

salsicce e di wurstel caldi. Chi capita a

Friburgo nella prima settimana di

luglio, per esempio, s'imbatte nella

caratteristica Festa del vino. Stands e

tendoni allestiti tutt'intorno alla Cat-

tedrale esibiscono più di 400 vini che

rappresentano il meglio della varietà

prodotta dalle regioni vinicole del

Baden-Wurttemberg meridionale,

una delle zone migliori per la vitivini-

coltura in quanto ampiamente soleg-

giata. Il vino che si degusta durante

l'allegra settimana della Festa del

vino è selezionatissimo, di alta quali-

tà, e la sera accompagna ghiotte spe-

cialità gastronomiche preparate da

rinomati chef della città. La musica,

poi, fa il resto. Dalla piazza della Cat-

tedrale si diramano vicoli e vicoletti

che raccordano il suggestivo centro

storico di Friburgo. Nel silenzio asso-

luto della sera, dovuto anche al fatto

che la zona è severamente pedonale,

si sente solo il gorgoglio dei bachle,

canaletti d'acqua che corrono lungo i

lati delle strade. Nati in passato con

una funzione idraulica e antincendio,

oggi sono un elemento di particola-

rissimo gusto architettonico. Bella

l'atmosfera dei negozi che a sera

rimangono illuminati evidenziando

le vetrine ben curate, ma anche le tipi-

che insegne in ferro battuto o i mosa-

ici che descrivono con un simbolo i

prodotti in vendita. Rimasta per un

lungo periodo (1388-1806) sotto la

corona austriaca, Friburgo ha svilup-

pato molto la propria vita economica

e intellettuale; la sua Università, fon-

data nel 1457, è considerata tra le più

prestigiose della Germania. E questo

fa di Friburgo una città essenzial-

mente giovane e vivace. Lo si vede

soprattutto la sera, negli scorci del

suggestivo centro storico, quando i

piccoli caffè dalla calda atmosfera tut-

ta tedesca si affollano di ragazzi e di

allegria. Così come, salendo un po' su

per la collina, si trova sempre gente a

b e r e u n d r i n k o a g u s t a r e

l'irrinunciabile torta “Foresta Nera” in

uno dei locali che si affacciano su Fri-

burgo vista dall'alto, di sera illumina-

ta e suggestiva come un presepe. Rat-

hausplatz, la Piazza del Municipio,

sorge nella parte occidentale del cen-

tro storico. Lo dice il nome stesso: vi

sorgono il Municipio nuovo (a mez-

zogiorno suona il carillon) e il Muni-

cipio vecchio (XVI secolo). E la chiesa

di San Martino; completamente

distrutta durante la Seconda guerra

mondiale, fu ricostruita nello stile

ascetico tipico dell'ordine francesca-

no. Al centro, la statua del monaco

francescano Berthold Schwarz, cui si

attribuisce l'introduzione in Germa-

nia della polvere da sparo (1359)

Dietro la chiesa si trova la Haus zum

Walfisch (Casa della balena), con le

sue magnifiche finestre ad arco in

stile tardo-gotico, usata per un certo

periodo da Erasmo da Rotterdam

dopo che, nel 1529, fu espulso da

Basilea. Da Friburgo, porta meridio-

nale della Foresta Nera, ci si sposta

facilmente nei dintorni. Lo Schauin-

sland, alto 1284 m, fa parte del suo

territorio e a pochi chilometri dalla cit-

tà si apre la selvaggia e suggestiva

Hollental (valle dell'inferno). Interes-

santi, poi, sono le abbazie e le chiese

vicine, come S. Ulrich, S. Peter, S. Mar-

gen e l'abbazia dei benedettini a S.

Blasien.

L' Europa Park di RustChi visita la Foresta Nera e Friburgo

non può non fare l'esperienza

dell'Europa Park, il grandioso e visita-58

Germania: Baden-wurttemberg

ciata rosso pompeiano disegnata da

due eleganti bow-windows e da scul-

ture dipinte a dividere le finestre. Ai

suoi lati sorgono la Haus zum Ritter,

un tempo sede arcivescovile, e il

palazzo rococò della Wenzigerhaus,

sede del Museo sulla storia della città.

La sontuosità monumentale di tali edi-

fici viene “sdrammatizzata” ogni gior-

no da un mercatino pittoresco. Fiori,

frutta e verdura, ma anche il famoso

miele della Foresta Nera, spezie, cera-

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

miche locali e le tipiche scarpe di

paglia. Quando poi si fa festa, la Mun-

sterplatz si profuma di Germania, di

salsicce e di wurstel caldi. Chi capita a

Friburgo nella prima settimana di

luglio, per esempio, s'imbatte nella

caratteristica Festa del vino. Stands e

tendoni allestiti tutt'intorno alla Cat-

tedrale esibiscono più di 400 vini che

rappresentano il meglio della varietà

prodotta dalle regioni vinicole del

Baden-Wurttemberg meridionale,

una delle zone migliori per la vitivini-

coltura in quanto ampiamente soleg-

giata. Il vino che si degusta durante

l'allegra settimana della Festa del

vino è selezionatissimo, di alta quali-

tà, e la sera accompagna ghiotte spe-

cialità gastronomiche preparate da

rinomati chef della città. La musica,

poi, fa il resto. Dalla piazza della Cat-

tedrale si diramano vicoli e vicoletti

che raccordano il suggestivo centro

storico di Friburgo. Nel silenzio asso-

luto della sera, dovuto anche al fatto

che la zona è severamente pedonale,

si sente solo il gorgoglio dei bachle,

canaletti d'acqua che corrono lungo i

lati delle strade. Nati in passato con

una funzione idraulica e antincendio,

oggi sono un elemento di particola-

rissimo gusto architettonico. Bella

l'atmosfera dei negozi che a sera

rimangono illuminati evidenziando

le vetrine ben curate, ma anche le tipi-

che insegne in ferro battuto o i mosa-

ici che descrivono con un simbolo i

prodotti in vendita. Rimasta per un

lungo periodo (1388-1806) sotto la

corona austriaca, Friburgo ha svilup-

pato molto la propria vita economica

e intellettuale; la sua Università, fon-

data nel 1457, è considerata tra le più

prestigiose della Germania. E questo

fa di Friburgo una città essenzial-

mente giovane e vivace. Lo si vede

soprattutto la sera, negli scorci del

suggestivo centro storico, quando i

piccoli caffè dalla calda atmosfera tut-

ta tedesca si affollano di ragazzi e di

allegria. Così come, salendo un po' su

per la collina, si trova sempre gente a

b e r e u n d r i n k o a g u s t a r e

l'irrinunciabile torta “Foresta Nera” in

uno dei locali che si affacciano su Fri-

burgo vista dall'alto, di sera illumina-

ta e suggestiva come un presepe. Rat-

hausplatz, la Piazza del Municipio,

sorge nella parte occidentale del cen-

tro storico. Lo dice il nome stesso: vi

sorgono il Municipio nuovo (a mez-

zogiorno suona il carillon) e il Muni-

cipio vecchio (XVI secolo). E la chiesa

di San Martino; completamente

distrutta durante la Seconda guerra

mondiale, fu ricostruita nello stile

ascetico tipico dell'ordine francesca-

no. Al centro, la statua del monaco

francescano Berthold Schwarz, cui si

attribuisce l'introduzione in Germa-

nia della polvere da sparo (1359)

Dietro la chiesa si trova la Haus zum

Walfisch (Casa della balena), con le

sue magnifiche finestre ad arco in

stile tardo-gotico, usata per un certo

periodo da Erasmo da Rotterdam

dopo che, nel 1529, fu espulso da

Basilea. Da Friburgo, porta meridio-

nale della Foresta Nera, ci si sposta

facilmente nei dintorni. Lo Schauin-

sland, alto 1284 m, fa parte del suo

territorio e a pochi chilometri dalla cit-

tà si apre la selvaggia e suggestiva

Hollental (valle dell'inferno). Interes-

santi, poi, sono le abbazie e le chiese

vicine, come S. Ulrich, S. Peter, S. Mar-

gen e l'abbazia dei benedettini a S.

Blasien.

L' Europa Park di RustChi visita la Foresta Nera e Friburgo

non può non fare l'esperienza

dell'Europa Park, il grandioso e visita-58

Germania: Baden-wurttemberg

ciata rosso pompeiano disegnata da

due eleganti bow-windows e da scul-

ture dipinte a dividere le finestre. Ai

suoi lati sorgono la Haus zum Ritter,

un tempo sede arcivescovile, e il

palazzo rococò della Wenzigerhaus,

sede del Museo sulla storia della città.

La sontuosità monumentale di tali edi-

fici viene “sdrammatizzata” ogni gior-

no da un mercatino pittoresco. Fiori,

frutta e verdura, ma anche il famoso

miele della Foresta Nera, spezie, cera-

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

cupola costruita nel 1785 del Castello

(1752-78), inserito in un vasto parco,

ricco di bella vegetazione, di un giar-

dino botanico con serre dove cresco-

no monumentali cactus e di una cura-

tissima orangerie, dal quale, come

abbiamo detto, partono strade

disposte a raggiera. Il Castello, che si

sviluppa su pianta ad U, è uno dei

pochi monumenti cittadini ad essere

stato ricostruito secondo lo stile ori-

ginario, che testimonia il passaggio

dal Barocco al Neoclassicismo. Con-

siderato fin dalla costruzione sia

come residenza di rappresentanza

che come luogo di riposo, il castello

di Karlsruhe è circondato dal bellissi-

mo parco, che se nella parte in vista

verso il centro della città ha una strut-

tura regolare, con aiuole e viali sim-

metrici, sul retro denuncia il gusto

romantico tipico del giardino

all'inglese. Ora il Castello è un museo

permanente e d'estate il parco anti-

stante l'entrata principale del palazzo

si offre come suggestivo scenario per

opere liriche e spettacoli musicali.Le

60

Germania: Baden-wurttemberg

tissimo parco di divertimenti costrui-

to con un concetto particolare. Rag-

gruppa per zone i vari Paesi europei,

ogni area è a tema e cerca di rappre-

sentare l'atmosfera di un paese,

l'architettura, i prodotti artigianali, la

cucina, la storia.

L'itinerario nella zona della Foresta

Nera può prevedere altre soste

come, per esempio a Baden Baden e

a Karlsruhe

Baden BadenDestinazione turistica tra le più famo-

se d'Europa, Baden Baden deve la

sua celebrità ai lussuosi impianti ter-

mali, in attività fin dal 1507. Le fonti

erano già note ai romani che in onore

dell'imperatore Aurelio Severo Ales-

sandro le battezzarono Aquae Aure-

liae. L'altra attrattiva di Baden Baden

che favorisce la frequentazione assi-

dua di visitatori facoltosi è il famoso

casinò cittadino, meta abituale di ari-

stocratici e personaggi noti che han-

no sempre reso il luogo molto rino-

mato. Il Kurhaus di Baden Baden,

infatti, è stata la prima casa da gioco

aperta in Germania (1838). Ha sede in

un elegante edificio costruito negli

anni 1821-24 da F. Weibrenner, al qua-

le è stato intitolato il salone dei con-

certi, la Weinbrennersaal.

KarlsruheNon è un caso che dal “Castello” si

dirami tutta la città, lungo le nervatu-

re di un immaginario ventaglio, per-

ché è da lì che da sempre nasce la sto-

ria, il potere ed oggi la cultura di

Karlsruhe, letteralmente il 'riposo di

Carlo'. Carlo Guglielmo, marchese di

Baden-Durlach, che così volle la sua

città. Nella valle del Reno, tra Foresta

Nera, Palatinato e Alsazia. Nasce nel

1715, e prende la struttura di una

vera città solo nel 1806 sotto la dire-

zione dell'architetto F. Weinbrenner,

quando diviene capitale del Baden-

Württemberg. Dopo le devastazioni

della seconda guerra mondiale, alle

quali tuttavia non sono seguiti ade-

guati lavori di ricostruzione, una

Karlsruhe ricostruita diventa un fio-

rente porto fluviale, sede di industrie

chimiche e metalmeccaniche. Dagli

anni '50 è sede dei principali organi

giudiziari della Germania federale, la

Corte Suprema Federale e la Corte

Costituzionale Federale. Schloss e

Schlosspark, il Castello e il suo Parco.

Dal punto di vista urbanistico il fulcro

di Karlsruhe è rappresentato dalla

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

cupola costruita nel 1785 del Castello

(1752-78), inserito in un vasto parco,

ricco di bella vegetazione, di un giar-

dino botanico con serre dove cresco-

no monumentali cactus e di una cura-

tissima orangerie, dal quale, come

abbiamo detto, partono strade

disposte a raggiera. Il Castello, che si

sviluppa su pianta ad U, è uno dei

pochi monumenti cittadini ad essere

stato ricostruito secondo lo stile ori-

ginario, che testimonia il passaggio

dal Barocco al Neoclassicismo. Con-

siderato fin dalla costruzione sia

come residenza di rappresentanza

che come luogo di riposo, il castello

di Karlsruhe è circondato dal bellissi-

mo parco, che se nella parte in vista

verso il centro della città ha una strut-

tura regolare, con aiuole e viali sim-

metrici, sul retro denuncia il gusto

romantico tipico del giardino

all'inglese. Ora il Castello è un museo

permanente e d'estate il parco anti-

stante l'entrata principale del palazzo

si offre come suggestivo scenario per

opere liriche e spettacoli musicali.Le

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Germania: Baden-wurttemberg

tissimo parco di divertimenti costrui-

to con un concetto particolare. Rag-

gruppa per zone i vari Paesi europei,

ogni area è a tema e cerca di rappre-

sentare l'atmosfera di un paese,

l'architettura, i prodotti artigianali, la

cucina, la storia.

L'itinerario nella zona della Foresta

Nera può prevedere altre soste

come, per esempio a Baden Baden e

a Karlsruhe

Baden BadenDestinazione turistica tra le più famo-

se d'Europa, Baden Baden deve la

sua celebrità ai lussuosi impianti ter-

mali, in attività fin dal 1507. Le fonti

erano già note ai romani che in onore

dell'imperatore Aurelio Severo Ales-

sandro le battezzarono Aquae Aure-

liae. L'altra attrattiva di Baden Baden

che favorisce la frequentazione assi-

dua di visitatori facoltosi è il famoso

casinò cittadino, meta abituale di ari-

stocratici e personaggi noti che han-

no sempre reso il luogo molto rino-

mato. Il Kurhaus di Baden Baden,

infatti, è stata la prima casa da gioco

aperta in Germania (1838). Ha sede in

un elegante edificio costruito negli

anni 1821-24 da F. Weibrenner, al qua-

le è stato intitolato il salone dei con-

certi, la Weinbrennersaal.

KarlsruheNon è un caso che dal “Castello” si

dirami tutta la città, lungo le nervatu-

re di un immaginario ventaglio, per-

ché è da lì che da sempre nasce la sto-

ria, il potere ed oggi la cultura di

Karlsruhe, letteralmente il 'riposo di

Carlo'. Carlo Guglielmo, marchese di

Baden-Durlach, che così volle la sua

città. Nella valle del Reno, tra Foresta

Nera, Palatinato e Alsazia. Nasce nel

1715, e prende la struttura di una

vera città solo nel 1806 sotto la dire-

zione dell'architetto F. Weinbrenner,

quando diviene capitale del Baden-

Württemberg. Dopo le devastazioni

della seconda guerra mondiale, alle

quali tuttavia non sono seguiti ade-

guati lavori di ricostruzione, una

Karlsruhe ricostruita diventa un fio-

rente porto fluviale, sede di industrie

chimiche e metalmeccaniche. Dagli

anni '50 è sede dei principali organi

giudiziari della Germania federale, la

Corte Suprema Federale e la Corte

Costituzionale Federale. Schloss e

Schlosspark, il Castello e il suo Parco.

Dal punto di vista urbanistico il fulcro

di Karlsruhe è rappresentato dalla

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

opere di pittura conservate nel principale museo di Karlsruhe, la Staatliche Kun-

sthalle, provengono in gran parte dalle collezioni dei principi elettori del Baden e

sono state esposte per la prima volta al pubblico nel 1846. La collezione di pittura

contemporanea della Staatliche Kunsthalle ha sede nell'Orangerie. In linea diretta

con il Castello, la Marktplatz, la piazza principale di Karlsruhe conserva i pochi edifici

neoclassici sopravvissuti ai bombardamenti. Sotto la piramide-mausoleo che Wein-

brenner fece innalzare nel 1807 al centro della Marktplatz è sepolto il fondatore del-

la città, Carlo Guglielmo appunto. La fontana con la statua del granduca Luigi

(1832), il Rathaus (1816) e la Pfarrkirche (1807-16), la chiesa evangelica, che circon-

dano la piazza sono altre opere dell'architetto Weinbrenner, nativo di Karlsruhe.

Karlsruhe, una città che aspira ad essere nominala la prossima Capitale europea

dell'arte, è allo stesso tempo una città all'avenguardia sotto vari profili. A partire

dall'ampia struttura tranviaria cittadina a doppio sistema che permet-

te di raggiungere tutte le maggiori località della regione del

Baden-Wurttemberg. Fino a un centro altamente tecno-

logico, il più importante al mondo, lo ZKM, il Centro

di Arte e Media, una sorta di università per corsi

62

Germania: Baden-wurttemberg

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

opere di pittura conservate nel principale museo di Karlsruhe, la Staatliche Kun-

sthalle, provengono in gran parte dalle collezioni dei principi elettori del Baden e

sono state esposte per la prima volta al pubblico nel 1846. La collezione di pittura

contemporanea della Staatliche Kunsthalle ha sede nell'Orangerie. In linea diretta

con il Castello, la Marktplatz, la piazza principale di Karlsruhe conserva i pochi edifici

neoclassici sopravvissuti ai bombardamenti. Sotto la piramide-mausoleo che Wein-

brenner fece innalzare nel 1807 al centro della Marktplatz è sepolto il fondatore del-

la città, Carlo Guglielmo appunto. La fontana con la statua del granduca Luigi

(1832), il Rathaus (1816) e la Pfarrkirche (1807-16), la chiesa evangelica, che circon-

dano la piazza sono altre opere dell'architetto Weinbrenner, nativo di Karlsruhe.

Karlsruhe, una città che aspira ad essere nominala la prossima Capitale europea

dell'arte, è allo stesso tempo una città all'avenguardia sotto vari profili. A partire

dall'ampia struttura tranviaria cittadina a doppio sistema che permet-

te di raggiungere tutte le maggiori località della regione del

Baden-Wurttemberg. Fino a un centro altamente tecno-

logico, il più importante al mondo, lo ZKM, il Centro

di Arte e Media, una sorta di università per corsi

62

Germania: Baden-wurttemberg

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Germania: Baden-wurttemberg

d'arte e di tecnica digitale. Contiene un interessantissimo

Museo dei Media , completamente interattivo, dove è

possibile sperimentare alcune incredibili possibilità della

nuova tecnologia telematica.

Il Carnevale della Foresta NeraLa Foresta Nera è famosa anche per il suo Carnevale, Alle-

manische Fastnacht. Niente a che vedere con il Karneval

della Renania o con il Fasching della Baviera, carnevali

prettamente cittadini. Il Fastnacht è un'altra cosa.

Comincia il 6 gennaio e finisce il mercoledì delle Ceneri,

anche se il massimo dell'allegria esplode il Giovedì gras-

so. Le maschere sono artigianali, in genere di legno e lavo-

rate a mano; diverse nei vari paesi, rappresentano perso-

naggi di leggende antiche come i Pflumeschlucker, i man-

giaprugne. Il Giovedì grasso si apre con un frastuono di

campanelli, pentole e sonagli fin dalle 5 del mattino. Si for-

mano cortei in maschera, i Narren (folletti) che vanno a

prendere i ragazzi nelle scuole. A Rottweil c'è il Narren-

sprung, il tradizionale salto attraverso la porta della città.

A Schonberg i Narren ballano la polonaise. Dappertutto

si formano cortei che distribuiscono ghiottonerie. Il mar-

tedì grasso, dopo un'altra giornata di festa, c'è il rogo del-

le streghe, ma insieme ad esse bruciano anche maschere

e pupazzi di paglia, quasi ad uccidere definitivamente

l'inverno. Il mercoledì delle Ceneri prevede le Wein-

bergschnecken, le lumache dei vigneti gratinate con bur-

ro ed erbe aromatiche; ci sono quindi le aringhe all'agro e

lo stoccafisso al burro con crauti e patate, che prean-

nunciano la Quaresima. Ma neanche la Quaresima è poi

così magra!

INFORMAZIONI UTILIDall'Italia la Foresta Nera può essere raggiunta in mac-

china attraverso il valico del S. Gottardo ; per via aerea

con Rayan Air fino a Baden o in treno fino a Stoccarda o

Basilea.

http://www.viaggio-in-germania.de/info.html

http://www.freiburg.de/pb/,Lde/226940.html

http://www.baden-baden.de/it/index.html

www.karlsruhe.de/Tourismus/index

www.europapark.de

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Germania: Baden-wurttemberg

d'arte e di tecnica digitale. Contiene un interessantissimo

Museo dei Media , completamente interattivo, dove è

possibile sperimentare alcune incredibili possibilità della

nuova tecnologia telematica.

Il Carnevale della Foresta NeraLa Foresta Nera è famosa anche per il suo Carnevale, Alle-

manische Fastnacht. Niente a che vedere con il Karneval

della Renania o con il Fasching della Baviera, carnevali

prettamente cittadini. Il Fastnacht è un'altra cosa.

Comincia il 6 gennaio e finisce il mercoledì delle Ceneri,

anche se il massimo dell'allegria esplode il Giovedì gras-

so. Le maschere sono artigianali, in genere di legno e lavo-

rate a mano; diverse nei vari paesi, rappresentano perso-

naggi di leggende antiche come i Pflumeschlucker, i man-

giaprugne. Il Giovedì grasso si apre con un frastuono di

campanelli, pentole e sonagli fin dalle 5 del mattino. Si for-

mano cortei in maschera, i Narren (folletti) che vanno a

prendere i ragazzi nelle scuole. A Rottweil c'è il Narren-

sprung, il tradizionale salto attraverso la porta della città.

A Schonberg i Narren ballano la polonaise. Dappertutto

si formano cortei che distribuiscono ghiottonerie. Il mar-

tedì grasso, dopo un'altra giornata di festa, c'è il rogo del-

le streghe, ma insieme ad esse bruciano anche maschere

e pupazzi di paglia, quasi ad uccidere definitivamente

l'inverno. Il mercoledì delle Ceneri prevede le Wein-

bergschnecken, le lumache dei vigneti gratinate con bur-

ro ed erbe aromatiche; ci sono quindi le aringhe all'agro e

lo stoccafisso al burro con crauti e patate, che prean-

nunciano la Quaresima. Ma neanche la Quaresima è poi

così magra!

INFORMAZIONI UTILIDall'Italia la Foresta Nera può essere raggiunta in mac-

china attraverso il valico del S. Gottardo ; per via aerea

con Rayan Air fino a Baden o in treno fino a Stoccarda o

Basilea.

http://www.viaggio-in-germania.de/info.html

http://www.freiburg.de/pb/,Lde/226940.html

http://www.baden-baden.de/it/index.html

www.karlsruhe.de/Tourismus/index

www.europapark.de

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac... testo di

Artifex

olosa, capoluogo della regione Midi Pirenei e “porta settentrionale dei Pirenei” Tè una città piena di vita, già capitale della Linguadoca, oggi al quarto posto

nella graduatoria delle città medie di Francia. Si estende su una vasta pianura

sottolineata dal corso della Garonna e vive nel suo fervido sviluppo attuale, animata e

66

speciale Francia Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac

nel “Paese della Cuccagna”!!

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac... testo di

Artifex

olosa, capoluogo della regione Midi Pirenei e “porta settentrionale dei Pirenei” Tè una città piena di vita, già capitale della Linguadoca, oggi al quarto posto

nella graduatoria delle città medie di Francia. Si estende su una vasta pianura

sottolineata dal corso della Garonna e vive nel suo fervido sviluppo attuale, animata e

66

speciale Francia Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac

nel “Paese della Cuccagna”!!

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

filosofia. Tolosa comunque va colta nella sua gioiosa

vitalità, a mano a mano, passeggiando a piedi, attraverso

i suoi vecchi quartieri e i suoi vicoli pedonali. Appaiono

così i bei cortili rinascimentali, facenti parte di un patri-

monio architettonico classico, ma anche gli antichi edifici

industriali ristrutturati e le numerose vetrine per lo shop-

ping di vario genere. E spostandoci poi verso il “Quartiere

latino” eccoci alla Rue du Taur, ai cybercaffè e ai fastfood

frequentati dai numerosissimi studenti dell'antica univer-

sità tolosana, delle cui origini (XIII secolo) restano il colle-

gio dell'Esquille, con il bel portale di pietra che si affaccia

sulla Rue du Taur, dell'architetto Nicholas Bachelier. Ma

se un altro tripudio architettonico si scorge nella basilica

di Saint-Sernin, capolavoro dell'arte romanica, ecco sul

lungofiume, la Prairie des Filtres, il parco più vissuto dai

Tolosani : per passeggiare o pescare o imbarcarsi per un

bel giro sulla Garonne. Attraversata poi la Garonne si può

scoprire il quartiere Saint-Cyprien, un villaggio con le sue

piazze come quella dell'Estrapade, i suoi mercati coperti

in ferro e vetro e i suoi stretti vicoli. E proprio a Tolosa,

alcuni anni or sono, un Convegno ha riportato alla luce un

elemento di grande interesse per quanto attiene alla pos-

sibilità di usufruire delle capacità coloranti di un vegetale,

che fino al secolo XVIII veniva usato con grande successo

per materiali d'arredamento ed anche ad uso dei più raffi-

nati costumisti e stilisti. Si tratta di un materiale certa-

mente molto antico se viene riportato anche nei diari dei

pellegrini che, attraversando questo territorio e puntan-

do sul meraviglioso centro monastico di Moissac, tappa

di quel cammino, si recavano a Santiago di Compostela, i

quali vedevano in esso un vero e proprio “mito” , espri-

mendosi con frasi di questo tipo:..” ho potuto visitare per-

sonalmente le terre del “Paese della Cuccagna”!”

Siamo nei pressi di Albi, l'affascinante “Città episcopale”,

iscritta nell'elenco dei Siti Patrimonio dell'Umanità, nel

cui territorio tuttora si coltiva quest'erba speciale, una

piccola pianta, la “isatis tintoria” le cui foglie, seccate e

lavorate, dopo un lungo periodo e vari procedimenti,

sono in grado di dare l'intenso colore “blu di pastel”, che

nel Rinascimento fece appunto di Albi una città ricchissi-

ma esportando tessuti trattati con il “pastel”, il miscuglio

(denominato appunto “cocagne”), ricavato da quell'erba,

che dava al materiale un bellissimo colore blu intenso. Da

qui il nome di “Paese della cuccagna” dato a quel territo-

rio che veniva presto indicato quale “triangolo d'oro”,

compreso fra Albi, Tolosa e Carcassonne, in cui, nel XVI 68

speciale Francia Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac

cosmopolita, tutti i contrasti tipici di un difficile accordo

fra passato e presente. Ma nel suo centro storico gli ele-

ganti palazzi rinascimentali e le chiese romaniche cerca-

no armonia, con i tipici mattoni dal bel colore rosato, con i

moderni quartieri, le fabbriche di aeroplani (si pensi al

Caravelle, al Concorde, e poi anche l'Airbus qui costruiti), i

campus universitari e i centri scientifici, dall'elettronica

alle varie tecnologie moderne. La vecchia Tolosa si incen-

tra su Place du Capitole, laddove una croce occitanica in

bronzo che rappresenta l'emblema della città è stata inca-

stonata al centro, con orgoglio, sul pavimento della piaz-

za che brulica di gente fino a tardi e che deve il suo nome

al Capitole, il Municipio, La maestosa facciata del Capito-

le, dove i consoli, eletti dalla borghesia, si riunivano per

governare la città, alterna elegantemente i colori della

pietra, dei mattoni, e del marmo, bell'esempio di architet-

tura urbana settecentesca. Nel cortile, sopra il portale

rinascimentale si erge una delle rare statue di Enrico IV

realizzata quando era in vita, nel 1607. E se le sale di rap-

presentanza del primo piano straordinariamente decora-

te, ci portano nella grande “Storia”, ecco che, nella piaz-

za, fra i numerosissimi locali, siamo gioiosamente accolti

da un continuo “viavai internazionale”, specie sotto i por-

tici ottocenteschi, dove si aprono i dehors dei caffè, dal

Grand Café Albert al Café des Arcades, al Bibent. Un fer-

vore cosmopolita che rende vivacissima l'atmosfera che

anima la piazza in ogni ora del giorno e in quasi tutte le

stagioni. In particolare notiamo il ristorante “Le Bibent”

che offre piatti prelibati, serviti con grande classe, nel suo

nuovo restyling che mostra all'interno una bella combi-

nazione di storia e design raffinato ed elegante, in un

ambiente che è sempre stato punto d'incontro molto

frequentato a Tolosa e che oggi i recenti restauri hanno

di nuovo esaltato in un insieme davvero affascinante. Al

bordo della piazza ecco si intravede anche “Le Grand Bal-

con”, l' hotel a 5 stelle situato a 100 metri da Place du

Capitole, con la metropolitana Capitole e le Galeries Lafa-

yette rispettivamente a 3 e 5 minuti di cammino. La sua

caratteristica più saliente è quella di vantare un affasci-

nante arredamento anni '30 a tema aeronautico. Ma dove

bere qualcosa anche in altri quartieri? Ecco il..”Bar du

Matin”, situato di fronte al parcheggio sospeso in cemen-

to della Place des Carmes, sempre pieno di intellettuali

immersi nella lettura del giornale, abitanti del quartiere,

giovani trendy e vecchi clienti che si ritrovano ogni matti-

na, per parlare dei fatti del giorno, ma anche di arte e di

Page 69: Gennaio 2013

69

anno 2 - n°6 Inverno 2013

filosofia. Tolosa comunque va colta nella sua gioiosa

vitalità, a mano a mano, passeggiando a piedi, attraverso

i suoi vecchi quartieri e i suoi vicoli pedonali. Appaiono

così i bei cortili rinascimentali, facenti parte di un patri-

monio architettonico classico, ma anche gli antichi edifici

industriali ristrutturati e le numerose vetrine per lo shop-

ping di vario genere. E spostandoci poi verso il “Quartiere

latino” eccoci alla Rue du Taur, ai cybercaffè e ai fastfood

frequentati dai numerosissimi studenti dell'antica univer-

sità tolosana, delle cui origini (XIII secolo) restano il colle-

gio dell'Esquille, con il bel portale di pietra che si affaccia

sulla Rue du Taur, dell'architetto Nicholas Bachelier. Ma

se un altro tripudio architettonico si scorge nella basilica

di Saint-Sernin, capolavoro dell'arte romanica, ecco sul

lungofiume, la Prairie des Filtres, il parco più vissuto dai

Tolosani : per passeggiare o pescare o imbarcarsi per un

bel giro sulla Garonne. Attraversata poi la Garonne si può

scoprire il quartiere Saint-Cyprien, un villaggio con le sue

piazze come quella dell'Estrapade, i suoi mercati coperti

in ferro e vetro e i suoi stretti vicoli. E proprio a Tolosa,

alcuni anni or sono, un Convegno ha riportato alla luce un

elemento di grande interesse per quanto attiene alla pos-

sibilità di usufruire delle capacità coloranti di un vegetale,

che fino al secolo XVIII veniva usato con grande successo

per materiali d'arredamento ed anche ad uso dei più raffi-

nati costumisti e stilisti. Si tratta di un materiale certa-

mente molto antico se viene riportato anche nei diari dei

pellegrini che, attraversando questo territorio e puntan-

do sul meraviglioso centro monastico di Moissac, tappa

di quel cammino, si recavano a Santiago di Compostela, i

quali vedevano in esso un vero e proprio “mito” , espri-

mendosi con frasi di questo tipo:..” ho potuto visitare per-

sonalmente le terre del “Paese della Cuccagna”!”

Siamo nei pressi di Albi, l'affascinante “Città episcopale”,

iscritta nell'elenco dei Siti Patrimonio dell'Umanità, nel

cui territorio tuttora si coltiva quest'erba speciale, una

piccola pianta, la “isatis tintoria” le cui foglie, seccate e

lavorate, dopo un lungo periodo e vari procedimenti,

sono in grado di dare l'intenso colore “blu di pastel”, che

nel Rinascimento fece appunto di Albi una città ricchissi-

ma esportando tessuti trattati con il “pastel”, il miscuglio

(denominato appunto “cocagne”), ricavato da quell'erba,

che dava al materiale un bellissimo colore blu intenso. Da

qui il nome di “Paese della cuccagna” dato a quel territo-

rio che veniva presto indicato quale “triangolo d'oro”,

compreso fra Albi, Tolosa e Carcassonne, in cui, nel XVI 68

speciale Francia Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac

cosmopolita, tutti i contrasti tipici di un difficile accordo

fra passato e presente. Ma nel suo centro storico gli ele-

ganti palazzi rinascimentali e le chiese romaniche cerca-

no armonia, con i tipici mattoni dal bel colore rosato, con i

moderni quartieri, le fabbriche di aeroplani (si pensi al

Caravelle, al Concorde, e poi anche l'Airbus qui costruiti), i

campus universitari e i centri scientifici, dall'elettronica

alle varie tecnologie moderne. La vecchia Tolosa si incen-

tra su Place du Capitole, laddove una croce occitanica in

bronzo che rappresenta l'emblema della città è stata inca-

stonata al centro, con orgoglio, sul pavimento della piaz-

za che brulica di gente fino a tardi e che deve il suo nome

al Capitole, il Municipio, La maestosa facciata del Capito-

le, dove i consoli, eletti dalla borghesia, si riunivano per

governare la città, alterna elegantemente i colori della

pietra, dei mattoni, e del marmo, bell'esempio di architet-

tura urbana settecentesca. Nel cortile, sopra il portale

rinascimentale si erge una delle rare statue di Enrico IV

realizzata quando era in vita, nel 1607. E se le sale di rap-

presentanza del primo piano straordinariamente decora-

te, ci portano nella grande “Storia”, ecco che, nella piaz-

za, fra i numerosissimi locali, siamo gioiosamente accolti

da un continuo “viavai internazionale”, specie sotto i por-

tici ottocenteschi, dove si aprono i dehors dei caffè, dal

Grand Café Albert al Café des Arcades, al Bibent. Un fer-

vore cosmopolita che rende vivacissima l'atmosfera che

anima la piazza in ogni ora del giorno e in quasi tutte le

stagioni. In particolare notiamo il ristorante “Le Bibent”

che offre piatti prelibati, serviti con grande classe, nel suo

nuovo restyling che mostra all'interno una bella combi-

nazione di storia e design raffinato ed elegante, in un

ambiente che è sempre stato punto d'incontro molto

frequentato a Tolosa e che oggi i recenti restauri hanno

di nuovo esaltato in un insieme davvero affascinante. Al

bordo della piazza ecco si intravede anche “Le Grand Bal-

con”, l' hotel a 5 stelle situato a 100 metri da Place du

Capitole, con la metropolitana Capitole e le Galeries Lafa-

yette rispettivamente a 3 e 5 minuti di cammino. La sua

caratteristica più saliente è quella di vantare un affasci-

nante arredamento anni '30 a tema aeronautico. Ma dove

bere qualcosa anche in altri quartieri? Ecco il..”Bar du

Matin”, situato di fronte al parcheggio sospeso in cemen-

to della Place des Carmes, sempre pieno di intellettuali

immersi nella lettura del giornale, abitanti del quartiere,

giovani trendy e vecchi clienti che si ritrovano ogni matti-

na, per parlare dei fatti del giorno, ma anche di arte e di

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

Parvis”, situato sulla Place Sainte-Cecile,

nei pressi della Cattedrale di Albi. Inserito in una

dimora degli anni '30, ne mantiene l'atmosfera di

abitazione privata, ma, sia con i vari menu sia “à

la carte”, la raffinatezza del ristorante potrà offrire

anche agli ospiti più esigenti le specialità più tra-

dizionali, molto ben presentate da uno staff genti-

le e preparato, che, collaborando con la proprieta-

ria e sua figlia, aiuta nella scelta dei vari piatti della

cucina francese. E un lieve sottofondo musicale si

può apprezzare, sotto gli ultimi raggi del sole al

tramonto, dalla terrazza panoramica che

accoglie gli ospiti in estate. Da qui lo

sguardo spazia dalla maestosa catte-

drale che svetta verso il cielo alle

tipiche vivacissime stradine. E

che dire del raffinatissimo

Ristorante L'Esprit du Vin,

situato nel cuore storico di

Albi, recentemente indicato come Patrimonio

Mondiale dell'Umanità dall'UNESCO? Il locale è

oggi un punto di riferimento gastronomico moz-

zafiato e inevitabile. La cucina gourmet, che uni-

sce gusto e originalità, è offerta in due stanze, una

più intima e contemporanea, l'altra una tradizio-

nale cantina con soffitto a volta in mattoni.

Notevole anche i locali di David Enjalran, il quale,

tornato nella sua città natale lasciata da bambino,

ha realizzato ad Albi il sogno di esperienze gastro-

nomiche che volle installare dal 2004 nelle ex scu-

derie lungo le banchine vecchie della città episco-

pale.

www.franceguide.com

70

speciale Francia Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac

secolo, fiorì il commercio del pastel, considerato il

migliore di Europa, esportato ovunque e ricercato

soprattutto dalle corti rinascimentali per tingere le

stoffe regali. Tolosa si impose particolarmente come

cuore del traffico, approvvigionando di “guado” tutta

l'Europa. Vi si installarono tutti quelli che sarebbero

diventati i più celebri “commercianti” tintori della storia,

accumulando fortune straordinarie e costruendovi

castelli e palazzi finché le guerre di Religione da un lato e

l'arrivo dell'indaco importato dalle Indie, dall'altro, non

fecero cadere il sud tolosano nel declino. Castelli come

quelli di Montgeard e Fajac de la Relenque, o di Magrin,

dove si trova il museo del Pastel, oppure i centri di Lava-

ur, Gaillac e Albi, dove nel 1864 nacque il pittore Henri

Toulouse-Lautrec, sulle rive del Tarn, sono alcune delle

località più note in un itinerario attraverso questa pro-

duzione così particolare. Oggi a Lectoure, piccolo centro

del sud-ovest, il pastel è tornato di moda e continua ad

essere estratto artigianalmente per tingere lane e fou-

lard di seta. Esiste anche la “Strada storica del Pastel” nel

Paese della Cuccagna: 200

chilometri in 19 tappe che è

possibile ripercorrere toccando i

centri più importanti della storia

del Pastel e gli hotel particuliers.

Soprattutto a Tolosa, a testimonianza

dei tempi d'oro, sono rimasti 20 “hotels

pasteliers”, esempio unico in Francia di

edifici con torri di mattoni rosa e sculture in

pietra bianca che arricchiscono le strade anti-

che. Nel “Paese della Cuccagna”, il paesaggio

incantevole e le storiche architetture si fondono in

un'atmosfera irreale, lontana nel tempo, in cui diffi-

cilmente si inserisce la contemporaneità, ma è la sto-

ria stessa che sa farsi attualità coinvolgendo il visitatore

quando innalza gli occhi verso il culmine della cattedrale

di Albi o segue il percorso del fiume Turn, che si segue

dall'alto del giardino lussureggiante che avvolge il

Museo di Toulouse Lautrec. E una cena, in una sera

d'estate, al tramonto vi può accogliere al Ristorante “Le

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

Parvis”, situato sulla Place Sainte-Cecile,

nei pressi della Cattedrale di Albi. Inserito in una

dimora degli anni '30, ne mantiene l'atmosfera di

abitazione privata, ma, sia con i vari menu sia “à

la carte”, la raffinatezza del ristorante potrà offrire

anche agli ospiti più esigenti le specialità più tra-

dizionali, molto ben presentate da uno staff genti-

le e preparato, che, collaborando con la proprieta-

ria e sua figlia, aiuta nella scelta dei vari piatti della

cucina francese. E un lieve sottofondo musicale si

può apprezzare, sotto gli ultimi raggi del sole al

tramonto, dalla terrazza panoramica che

accoglie gli ospiti in estate. Da qui lo

sguardo spazia dalla maestosa catte-

drale che svetta verso il cielo alle

tipiche vivacissime stradine. E

che dire del raffinatissimo

Ristorante L'Esprit du Vin,

situato nel cuore storico di

Albi, recentemente indicato come Patrimonio

Mondiale dell'Umanità dall'UNESCO? Il locale è

oggi un punto di riferimento gastronomico moz-

zafiato e inevitabile. La cucina gourmet, che uni-

sce gusto e originalità, è offerta in due stanze, una

più intima e contemporanea, l'altra una tradizio-

nale cantina con soffitto a volta in mattoni.

Notevole anche i locali di David Enjalran, il quale,

tornato nella sua città natale lasciata da bambino,

ha realizzato ad Albi il sogno di esperienze gastro-

nomiche che volle installare dal 2004 nelle ex scu-

derie lungo le banchine vecchie della città episco-

pale.

www.franceguide.com

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speciale Francia Viaggio a Tolosa, Albi e Moissac

secolo, fiorì il commercio del pastel, considerato il

migliore di Europa, esportato ovunque e ricercato

soprattutto dalle corti rinascimentali per tingere le

stoffe regali. Tolosa si impose particolarmente come

cuore del traffico, approvvigionando di “guado” tutta

l'Europa. Vi si installarono tutti quelli che sarebbero

diventati i più celebri “commercianti” tintori della storia,

accumulando fortune straordinarie e costruendovi

castelli e palazzi finché le guerre di Religione da un lato e

l'arrivo dell'indaco importato dalle Indie, dall'altro, non

fecero cadere il sud tolosano nel declino. Castelli come

quelli di Montgeard e Fajac de la Relenque, o di Magrin,

dove si trova il museo del Pastel, oppure i centri di Lava-

ur, Gaillac e Albi, dove nel 1864 nacque il pittore Henri

Toulouse-Lautrec, sulle rive del Tarn, sono alcune delle

località più note in un itinerario attraverso questa pro-

duzione così particolare. Oggi a Lectoure, piccolo centro

del sud-ovest, il pastel è tornato di moda e continua ad

essere estratto artigianalmente per tingere lane e fou-

lard di seta. Esiste anche la “Strada storica del Pastel” nel

Paese della Cuccagna: 200

chilometri in 19 tappe che è

possibile ripercorrere toccando i

centri più importanti della storia

del Pastel e gli hotel particuliers.

Soprattutto a Tolosa, a testimonianza

dei tempi d'oro, sono rimasti 20 “hotels

pasteliers”, esempio unico in Francia di

edifici con torri di mattoni rosa e sculture in

pietra bianca che arricchiscono le strade anti-

che. Nel “Paese della Cuccagna”, il paesaggio

incantevole e le storiche architetture si fondono in

un'atmosfera irreale, lontana nel tempo, in cui diffi-

cilmente si inserisce la contemporaneità, ma è la sto-

ria stessa che sa farsi attualità coinvolgendo il visitatore

quando innalza gli occhi verso il culmine della cattedrale

di Albi o segue il percorso del fiume Turn, che si segue

dall'alto del giardino lussureggiante che avvolge il

Museo di Toulouse Lautrec. E una cena, in una sera

d'estate, al tramonto vi può accogliere al Ristorante “Le

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

attualmente trasformato nel Museo dei Pays Brignolais,

con testimonianze di storia locale, dipinti, e il più antico

sarcofago del cristianesimo trovato in Provenza, del II°

secolo. Passeggiando tra le colline, ecco Cotignac, un

village de caractère, appoggiato ai piedi di una falesia di

tufo di 80 metri di altezza, dove si aprono alcune abitazio-

ni trogloditiche, che hanno mantenuto la parete interna

scavata nella roccia. Dall'alto il panorama è davvero pitto-

resco e invita alle fotografie: tetti rossi e finestre color

lavanda, alberi verdi e glicini viola, la torre in piazza e il

campanile che batte le ore. Tra ristoranti caratteristici e

brasserie, atelier di artisti e negozi artigianali, fontane e

lavatoi, si respira l'atmosfera perfetta del tipico paesino

provenzale. A Barjols si percepisce l'abbondanza di

acqua, uno degli elementi che caratterizzano la Provence

Verte: 28 fontane sono ancora zampillanti e una Casa

Regionale dell'Acqua crea e diffonde la conoscenza

sull'acqua e sull'ambiente circostante. A Mazaugues, pic-

colissimo, si scopre una struttura davvero originale: la

Ghiacciaia di Pivaut, il grande pozzo in pietra ricoperto

con piastrelle, alto 23 metri, utilizzato per deposito di

ghiaccio nel XIX secolo. Fin dal XVII secolo, infatti, il mas-

siccio di Sainte Baume accoglieva un'attività originale: la

fabbricazione del ghiaccio. L'acqua di fonti e ruscelli veni-

va presa e messa a congelare nei bacini murati. Poi veniva

immagazzinata nelle ghiacciaie, vasti pozzetti di 10-20 m

di profondità scavati nella roccia, coperte con un tetto di

tegole. In estate, i blocchi venivano trasportati di notte a

dorso d'asino fino a Tolone e Marsiglia.

Una imponente basilica: Saint-Maximin

La Provence Verte ospita il più importante edificio religio-

so gotico del sud della Francia: la basilica di Saint-

Maximin la Sainte-Baume. La sua origine è legata alla

devozione verso Maria Maddalena, che avrebbe trascor-

speciale Francia Provence Verte

PROVENCE VERTE Un'inedita Provenza di entroterraItinerari tra abbazie, case di campagna, castelli: tra colline, campi di lavanda e di iris gialli

n'oasi soleggiata di freschezza e calma, con i suoi

Utrentanove piccoli comuni, foreste profumate,

valli, sorgenti e una natura intatta che le ha dato

il nome e il colore: è la Provence Verte. Cuore meno noto

della grande Provenza, si trova al centro del Var, il diparti-

mento che si estende dal Golfo di Saint-Tropez al massic-

cio dei Maures, dal promontorio dell'Estérel ai Pays de

Fayence e alle Gole del Verdon. Per collocarla meglio,

possiamo considerare tre punti di riferimento: il Verdon,

la Sainte Baume e la Sainte Victoire, tutti ben noti e rico-

noscibili, anche nei dipinti di artisti famosi. Piccoli paesi

aggrappati alla falesia, stradine color ocra, pittoreschi

paesaggi immersi nelle colline, dove splendono i colori

della lavanda e degli iris gialli, dei glicini e dei fiori del

rosmarino, mille sorgenti d'acqua, e qualche monumen-

to di grande effetto. La Provence Verte, prima zona della

regione francese PACA, che ha ottenuto l'etichetta “Pae-

se d'arte e storia” dal Ministero della Cultura, offre nume-

rosi itinerari tra abbazie, case di campagna, castelli. Il suo

territorio è stato terra ancestrale dei signori della Proven-

za, la sua storia è scritta nelle mura monumentali dei

castelli, delle abbazie, dei Palazzi dei cavalieri Templari.

Brignoles è la cittadina più importante della regione,

anche se conserva dimensioni minuscole, con circa

18.000 abitanti, con alcune tracce romane, come la pre-

senza della via Aureliana. Conquistata dai Romani, dai

Franchi, dai conti catalani e dell'Anjou, Brignoles entrò a

far parte del regno di Francia nel 1481, con tutta la Pro-

venza. Nell'Alto Medioevo acquistò importanza sotto i

conti di Provenza, che qui avevano un grande palazzo,

testo di Franca Dell'Arciprete Scotti foto di Franca Dell'Arciprete Scotti

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

attualmente trasformato nel Museo dei Pays Brignolais,

con testimonianze di storia locale, dipinti, e il più antico

sarcofago del cristianesimo trovato in Provenza, del II°

secolo. Passeggiando tra le colline, ecco Cotignac, un

village de caractère, appoggiato ai piedi di una falesia di

tufo di 80 metri di altezza, dove si aprono alcune abitazio-

ni trogloditiche, che hanno mantenuto la parete interna

scavata nella roccia. Dall'alto il panorama è davvero pitto-

resco e invita alle fotografie: tetti rossi e finestre color

lavanda, alberi verdi e glicini viola, la torre in piazza e il

campanile che batte le ore. Tra ristoranti caratteristici e

brasserie, atelier di artisti e negozi artigianali, fontane e

lavatoi, si respira l'atmosfera perfetta del tipico paesino

provenzale. A Barjols si percepisce l'abbondanza di

acqua, uno degli elementi che caratterizzano la Provence

Verte: 28 fontane sono ancora zampillanti e una Casa

Regionale dell'Acqua crea e diffonde la conoscenza

sull'acqua e sull'ambiente circostante. A Mazaugues, pic-

colissimo, si scopre una struttura davvero originale: la

Ghiacciaia di Pivaut, il grande pozzo in pietra ricoperto

con piastrelle, alto 23 metri, utilizzato per deposito di

ghiaccio nel XIX secolo. Fin dal XVII secolo, infatti, il mas-

siccio di Sainte Baume accoglieva un'attività originale: la

fabbricazione del ghiaccio. L'acqua di fonti e ruscelli veni-

va presa e messa a congelare nei bacini murati. Poi veniva

immagazzinata nelle ghiacciaie, vasti pozzetti di 10-20 m

di profondità scavati nella roccia, coperte con un tetto di

tegole. In estate, i blocchi venivano trasportati di notte a

dorso d'asino fino a Tolone e Marsiglia.

Una imponente basilica: Saint-Maximin

La Provence Verte ospita il più importante edificio religio-

so gotico del sud della Francia: la basilica di Saint-

Maximin la Sainte-Baume. La sua origine è legata alla

devozione verso Maria Maddalena, che avrebbe trascor-

speciale Francia Provence Verte

PROVENCE VERTE Un'inedita Provenza di entroterraItinerari tra abbazie, case di campagna, castelli: tra colline, campi di lavanda e di iris gialli

n'oasi soleggiata di freschezza e calma, con i suoi

Utrentanove piccoli comuni, foreste profumate,

valli, sorgenti e una natura intatta che le ha dato

il nome e il colore: è la Provence Verte. Cuore meno noto

della grande Provenza, si trova al centro del Var, il diparti-

mento che si estende dal Golfo di Saint-Tropez al massic-

cio dei Maures, dal promontorio dell'Estérel ai Pays de

Fayence e alle Gole del Verdon. Per collocarla meglio,

possiamo considerare tre punti di riferimento: il Verdon,

la Sainte Baume e la Sainte Victoire, tutti ben noti e rico-

noscibili, anche nei dipinti di artisti famosi. Piccoli paesi

aggrappati alla falesia, stradine color ocra, pittoreschi

paesaggi immersi nelle colline, dove splendono i colori

della lavanda e degli iris gialli, dei glicini e dei fiori del

rosmarino, mille sorgenti d'acqua, e qualche monumen-

to di grande effetto. La Provence Verte, prima zona della

regione francese PACA, che ha ottenuto l'etichetta “Pae-

se d'arte e storia” dal Ministero della Cultura, offre nume-

rosi itinerari tra abbazie, case di campagna, castelli. Il suo

territorio è stato terra ancestrale dei signori della Proven-

za, la sua storia è scritta nelle mura monumentali dei

castelli, delle abbazie, dei Palazzi dei cavalieri Templari.

Brignoles è la cittadina più importante della regione,

anche se conserva dimensioni minuscole, con circa

18.000 abitanti, con alcune tracce romane, come la pre-

senza della via Aureliana. Conquistata dai Romani, dai

Franchi, dai conti catalani e dell'Anjou, Brignoles entrò a

far parte del regno di Francia nel 1481, con tutta la Pro-

venza. Nell'Alto Medioevo acquistò importanza sotto i

conti di Provenza, che qui avevano un grande palazzo,

testo di Franca Dell'Arciprete Scotti foto di Franca Dell'Arciprete Scotti

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

so gli ultimi anni della sua vita in una grotta (baumo in

provenzale), aperta nel Massiccio della Sainte-Baume. E'

una muraglia di calcare che si eleva fino a oltre 1100 metri

di altezza, lungo circa 14 chilometri, che sovrasta il paese

di Saint-Maximin. La grotta, già riconosciuta come luogo

sacro da tempi antichissimi, è uno dei luoghi di pellegri-

naggio più visitati del mondo occidentale: ben 8 papi e

18 sovrani sono venuti qui dal Medioevo, oltre a migliaia

di anonimi pellegrini. Intorno a quelli che erano ritenuti i

resti e la tomba originaria di Maria Maddalena, nel paesi-

no di Saint Maximin, fu prima costruito un piccolo orato-

rio funebre e poi fu iniziata da Carlo II d'Angiò questa

grandiosa basilica. Tra il XIII e il XVI secolo fu eretta in tre

successive campagne di lavori, e mai completata. Anche

questo è parte del suo fascino. Classificata come Monu-

mento Storico, la basilica di Saint-Maximin ha un interno

spoglio e solenne, arricchito da preziosi arredi in legno

nel coro, e uno dei più grandiosi organi d'Europa, che

Lucien Bonaparte salvò dalla distruzione durante la rivo-

luzione, facendo suonare la Marsigliese.

Vini e sapori

Una vera scoperta sono i vini provenzali, soprattutto i

rosé, prodotti in piccole vigne basse, curatissime ed este-

se, diffuse in tutto il territorio. Eredi del più antico vigneto

di Francia, come tutti i vini del Var, furono introdotti dai

Fenici, circa 600 anni avanti Cristo. Poi i Romani, in questa

che era la "Provincia" per eccellenza, contribuirono allo

sviluppo dei vigneti. La tradizione viticola è dunque mol-

to antica, e il Var è oggi la prima regione produttrice di

vino rosé nel mondo. La sua produzione viticola com-

prende ben 3 DOC prestigiose: Coteaux Varois, Bandol e

Côtes de Provence.

Moltissime Maison de Vin invitano alla degustazione e

all'acquisto, offrendo spesso, accanto all'enoteca, camere

per gli ospiti e ristoranti gourmet. Ne è esempio lo Chate-

au Nestuby, casa di campagna del 19° secolo, in mezzo ad

alberi di ulivi e vigne a distesa d'occhio.

L'enogastronomia valorizza al massimo i prodotti locali:

erbe provenzali, aglio, basilico, olio d'oliva, tartufi, fichi,

miele, castagne e marroni. I piatti tipici della Provence

Verte sono molti, saporiti e originali. Tra tutti ne sceglia-

mo due: l'aïoli, o maionese all'aglio, da accompagnare a

verdure, lumache e frutti di mare, e la anchoïade o salsa

alle acciughe. Le olive sono servite ovunque, da sole, con

l'aperitivo o in purea, la tapenade.

Dove alloggiare

Per alloggiare nella Provence Verte ideali sono le cham-

bre d'hotes, per assaporare l'atmosfera tipica delle case

provenzali. Sono camere che si affittano in una casa

privata abitata dalla famiglia: case di campagna circonda-

te da giardini di fiori e di erbe aromatiche come Le Mas

des Tours di Cotignac, oppure case storiche nel centro di

piccoli paesi come La Licorne. Tutte arredate con grandis-

simo gusto, nel rispetto dello stile provenzale rustico. La

prima colazione é adeguata all'atmosfera: immancabile la

baguette con burro di campagna e marmellate fatte in

casa, formaggi di capra, yogurt e frutta biologica.

www.provenceverte.it in italiano

Tutte le proposte sul sito internet

www.sejourprovence.com

www.franceguide.com

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speciale Francia Provence Verte

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

so gli ultimi anni della sua vita in una grotta (baumo in

provenzale), aperta nel Massiccio della Sainte-Baume. E'

una muraglia di calcare che si eleva fino a oltre 1100 metri

di altezza, lungo circa 14 chilometri, che sovrasta il paese

di Saint-Maximin. La grotta, già riconosciuta come luogo

sacro da tempi antichissimi, è uno dei luoghi di pellegri-

naggio più visitati del mondo occidentale: ben 8 papi e

18 sovrani sono venuti qui dal Medioevo, oltre a migliaia

di anonimi pellegrini. Intorno a quelli che erano ritenuti i

resti e la tomba originaria di Maria Maddalena, nel paesi-

no di Saint Maximin, fu prima costruito un piccolo orato-

rio funebre e poi fu iniziata da Carlo II d'Angiò questa

grandiosa basilica. Tra il XIII e il XVI secolo fu eretta in tre

successive campagne di lavori, e mai completata. Anche

questo è parte del suo fascino. Classificata come Monu-

mento Storico, la basilica di Saint-Maximin ha un interno

spoglio e solenne, arricchito da preziosi arredi in legno

nel coro, e uno dei più grandiosi organi d'Europa, che

Lucien Bonaparte salvò dalla distruzione durante la rivo-

luzione, facendo suonare la Marsigliese.

Vini e sapori

Una vera scoperta sono i vini provenzali, soprattutto i

rosé, prodotti in piccole vigne basse, curatissime ed este-

se, diffuse in tutto il territorio. Eredi del più antico vigneto

di Francia, come tutti i vini del Var, furono introdotti dai

Fenici, circa 600 anni avanti Cristo. Poi i Romani, in questa

che era la "Provincia" per eccellenza, contribuirono allo

sviluppo dei vigneti. La tradizione viticola è dunque mol-

to antica, e il Var è oggi la prima regione produttrice di

vino rosé nel mondo. La sua produzione viticola com-

prende ben 3 DOC prestigiose: Coteaux Varois, Bandol e

Côtes de Provence.

Moltissime Maison de Vin invitano alla degustazione e

all'acquisto, offrendo spesso, accanto all'enoteca, camere

per gli ospiti e ristoranti gourmet. Ne è esempio lo Chate-

au Nestuby, casa di campagna del 19° secolo, in mezzo ad

alberi di ulivi e vigne a distesa d'occhio.

L'enogastronomia valorizza al massimo i prodotti locali:

erbe provenzali, aglio, basilico, olio d'oliva, tartufi, fichi,

miele, castagne e marroni. I piatti tipici della Provence

Verte sono molti, saporiti e originali. Tra tutti ne sceglia-

mo due: l'aïoli, o maionese all'aglio, da accompagnare a

verdure, lumache e frutti di mare, e la anchoïade o salsa

alle acciughe. Le olive sono servite ovunque, da sole, con

l'aperitivo o in purea, la tapenade.

Dove alloggiare

Per alloggiare nella Provence Verte ideali sono le cham-

bre d'hotes, per assaporare l'atmosfera tipica delle case

provenzali. Sono camere che si affittano in una casa

privata abitata dalla famiglia: case di campagna circonda-

te da giardini di fiori e di erbe aromatiche come Le Mas

des Tours di Cotignac, oppure case storiche nel centro di

piccoli paesi come La Licorne. Tutte arredate con grandis-

simo gusto, nel rispetto dello stile provenzale rustico. La

prima colazione é adeguata all'atmosfera: immancabile la

baguette con burro di campagna e marmellate fatte in

casa, formaggi di capra, yogurt e frutta biologica.

www.provenceverte.it in italiano

Tutte le proposte sul sito internet

www.sejourprovence.com

www.franceguide.com

74

speciale Francia Provence Verte

Page 76: Gennaio 2013
Page 77: Gennaio 2013
Page 78: Gennaio 2013

78

iracusa. Magnifica città siciliana che s'insinua nel

Smare con l'inconfondibile profilo di Ortigia, l'isola

di virgiliana memoria in cui si mostrano numerose

le tracce delle civiltà antiche, greca, bizantina, norman-

na, sveva e aragonese, in un intrigante rincorrersi di stili

e atmosfere tanto diversi nella matrice storica e architet-

tonica quanto armonizzati da quella famosa pietra bian-

ca siracusana che si offre ai mutevoli giochi della luce

cambiando aspetto e suggestione. L'isola di Ortigia, cui

si accede dalla terraferma attraverso il Ponte Nuovo, è

SIRACUSA un crogiolo di civiltà

testo di

Viviana Tessa

anno 2 - n°6 Inverno 2013

79

Siracusa un crogiolo di civiltà

L'isola di Ortigia cantata da Virgilio

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iracusa. Magnifica città siciliana che s'insinua nel

Smare con l'inconfondibile profilo di Ortigia, l'isola

di virgiliana memoria in cui si mostrano numerose

le tracce delle civiltà antiche, greca, bizantina, norman-

na, sveva e aragonese, in un intrigante rincorrersi di stili

e atmosfere tanto diversi nella matrice storica e architet-

tonica quanto armonizzati da quella famosa pietra bian-

ca siracusana che si offre ai mutevoli giochi della luce

cambiando aspetto e suggestione. L'isola di Ortigia, cui

si accede dalla terraferma attraverso il Ponte Nuovo, è

SIRACUSA un crogiolo di civiltà

testo di

Viviana Tessa

anno 2 - n°6 Inverno 2013

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Siracusa un crogiolo di civiltà

L'isola di Ortigia cantata da Virgilio

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

81SIRACUSA un crogiolo di civiltà

disegnata da due porti naturali che ne vivacizzano le

coste per via delle molte barche da diporto ormeggiate i

cui alberi tintinnano alla brezza marina che stempera la

calura meridionale facendo di Siracusa una gradevolissi-

ma località turistica. E dalla darsena si ergono imponenti

i resti delle antiche mura spagnole che testimoniano

come un tempo, e fino all'Ottocento, tutta la città vec-

chia fosse fortificata. Le mura si aprono nella Porta Mari-

na, sormontata da un'edicola preziosamente lavorata in

stile catalano, che immette nel Passeggio Adorno, un

filare di bei palazzi d'epoca affacciati sul mare, fino a

raggiungere, alla punta estrema di Ortigia, il sontuoso

Castello Maniace, notevole esempio di architettura mili-

tare, realizzato da Federico II nella prima metà del XIII

secolo, con un portale di raffinate forme gotiche e

quattro torrioni scalari agli angoli a limitare la massiccia

struttura quadrata, tipica dello stile svevo. E se la storia

ha immortalato forme così imponenti, la leggenda

impregna di sé luoghi più leggiadri e romantici come la

Fonte Aretusa. Qui l'acqua sgorga dal mito di Aretusa,

ninfa di Artemide, che per sfuggire agli amori di Alfeo, fu

trasformata in fonte dalla dea. Oggi è una sorgente di

acqua dolce in cui vive rigogliosa la pianta del papiro

dalla quale nell'antichità si ricavava la carta. La fonte

ebbe in passato un ruo lo determinante per

l'insediamento del primo nucleo di abitanti e, a partire

dall'VIII secolo avanti Cristo, dei coloni greci che veniva-

no da Corinto. E da quel piccolo agglomerato, in pochi

secoli Siracusa diventò una delle città più potenti

dell'antichità, i suoi tiranni dominavano tutta la Sicilia. Il

più celebre fu Dionisio il Vecchio ( 405-367 a.C.), uomo

dal grande carisma; a lui è dedicata la famosa spaccatura

nella roccia nelle latomie di Siracusa, nota appunto come

l'Orecchio di Dionisio non solo per la forma, ma anche

per l'ottima acustica. Via via Ortigia, privilegiata da una

posizione strategica e protetta, fu abitata da romani,

barbari e bizantini, arabi e normanni, svevi e spagnoli.

Un'alternanza costruttiva che ha favorito uno sviluppo

urbano ancora oggi riccamente presente in un unicum di

straordinario interesse. Tuttavia è il barocco che ha dise-

gnato il profilo più significativo di Ortigia. Un barocco

duttile così com'è duttile la magnifica pietra bianca in cui

si è forgiato attraverso colonne, cornicioni, nicchie,

cariatidi, mascheroni. E il trionfo del barocco siracusano

è senza dubbio Piazza Duomo, il salotto di Ortigia. Lo

sguardo, abituato ai vicoli e alle salitelle brulicanti di arti-

giani e negozi dalle cui vetrine oggetti coloratissimi

ammiccano al turista e all'amatore, all'improvviso si

allarga con stupore e ammirazione lungo la morbida

arcata di prestigiosi palazzi chiusa dalla linea opposta

che si concentra sul Duomo, formando una perfetta

semiellisse. Il respiro si arresta e lo stupore rimane a lun-

go, ribadito da ogni palazzo, da ogni fregio, dalla bellez-

za ieratica del Duomo, dal passaggio del tempo che ha

depositato fascino e preziosità sulla facciata di edifici

come il Palazzo Beneventano del Bosco. Qui la sosta,

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81SIRACUSA un crogiolo di civiltà

disegnata da due porti naturali che ne vivacizzano le

coste per via delle molte barche da diporto ormeggiate i

cui alberi tintinnano alla brezza marina che stempera la

calura meridionale facendo di Siracusa una gradevolissi-

ma località turistica. E dalla darsena si ergono imponenti

i resti delle antiche mura spagnole che testimoniano

come un tempo, e fino all'Ottocento, tutta la città vec-

chia fosse fortificata. Le mura si aprono nella Porta Mari-

na, sormontata da un'edicola preziosamente lavorata in

stile catalano, che immette nel Passeggio Adorno, un

filare di bei palazzi d'epoca affacciati sul mare, fino a

raggiungere, alla punta estrema di Ortigia, il sontuoso

Castello Maniace, notevole esempio di architettura mili-

tare, realizzato da Federico II nella prima metà del XIII

secolo, con un portale di raffinate forme gotiche e

quattro torrioni scalari agli angoli a limitare la massiccia

struttura quadrata, tipica dello stile svevo. E se la storia

ha immortalato forme così imponenti, la leggenda

impregna di sé luoghi più leggiadri e romantici come la

Fonte Aretusa. Qui l'acqua sgorga dal mito di Aretusa,

ninfa di Artemide, che per sfuggire agli amori di Alfeo, fu

trasformata in fonte dalla dea. Oggi è una sorgente di

acqua dolce in cui vive rigogliosa la pianta del papiro

dalla quale nell'antichità si ricavava la carta. La fonte

ebbe in passato un ruo lo determinante per

l'insediamento del primo nucleo di abitanti e, a partire

dall'VIII secolo avanti Cristo, dei coloni greci che veniva-

no da Corinto. E da quel piccolo agglomerato, in pochi

secoli Siracusa diventò una delle città più potenti

dell'antichità, i suoi tiranni dominavano tutta la Sicilia. Il

più celebre fu Dionisio il Vecchio ( 405-367 a.C.), uomo

dal grande carisma; a lui è dedicata la famosa spaccatura

nella roccia nelle latomie di Siracusa, nota appunto come

l'Orecchio di Dionisio non solo per la forma, ma anche

per l'ottima acustica. Via via Ortigia, privilegiata da una

posizione strategica e protetta, fu abitata da romani,

barbari e bizantini, arabi e normanni, svevi e spagnoli.

Un'alternanza costruttiva che ha favorito uno sviluppo

urbano ancora oggi riccamente presente in un unicum di

straordinario interesse. Tuttavia è il barocco che ha dise-

gnato il profilo più significativo di Ortigia. Un barocco

duttile così com'è duttile la magnifica pietra bianca in cui

si è forgiato attraverso colonne, cornicioni, nicchie,

cariatidi, mascheroni. E il trionfo del barocco siracusano

è senza dubbio Piazza Duomo, il salotto di Ortigia. Lo

sguardo, abituato ai vicoli e alle salitelle brulicanti di arti-

giani e negozi dalle cui vetrine oggetti coloratissimi

ammiccano al turista e all'amatore, all'improvviso si

allarga con stupore e ammirazione lungo la morbida

arcata di prestigiosi palazzi chiusa dalla linea opposta

che si concentra sul Duomo, formando una perfetta

semiellisse. Il respiro si arresta e lo stupore rimane a lun-

go, ribadito da ogni palazzo, da ogni fregio, dalla bellez-

za ieratica del Duomo, dal passaggio del tempo che ha

depositato fascino e preziosità sulla facciata di edifici

come il Palazzo Beneventano del Bosco. Qui la sosta,

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

83SIRACUSA un crogiolo di civiltà

favorita dai caffè all'aperto che, oltre

a delicatezze come le sensuali grani-

te di limone e di mandorle, offrono la

possibilità di godere uno scenario

davvero indimenticabile, è ben ripa-

gata. Il salotto di Ortigia, si diceva. Il

punto di ritrovo per eccellenza dei

siracusani, il luogo eletto per i turisti,

lo spunto irrinunciabile per gli aman-

ti dell'arte. Un luogo, Piazza Duomo,

che cambia atmosfera ad ogni fase

del giorno per via della pietra bianca

che accomuna tutto l'impianto

architettonico e che, abbacinante in

pieno giorno, vira in un languido

ocra al tramonto per poi scaldarsi

ancora grazie alla sapiente illumina-

zione notturna. Tutto sembra con-

centrarsi sul Duomo, magnifico

monumento che ingloba l'antico

tempio di Atena innalzato in onore

della dea con i proventi della vittoria

contro i Cartaginesi ad Himera (480

a.C.). Nel VII sec. l'edificio sacro ai

Greci fu trasformato in chiesa cristia-

na dai Bizantini, i Normanni appor-

tarono sensibili modifiche nell'XI

sec., il soffitto ed il pavimento sono

spagnoli. L'attuale facciata barocca

del XVIII sec. fu costruita dal paler-

mitano Andrea Palma, dopo il terre-

moto che nel 1693 distrusse quella

preesistente normanna. L'ingresso è

preceduto da un atrio con un bel

portale delimitato da due colonne a

torciglione istoriate con tralci d'uva.

Alle spalle di Ortigia si estende la

zona pianeggiante detta Acradina. E

poi la Neaú polis, area "nuova" dove

si trova il teatro greco, l'Orecchio di

Dionisio e la latomia del Paradiso,

una delle zone più rigogliose, fitta di

aranci, palme e magnolie. E ad orien-

te, il quartiere di Tyche con i resti del

tempio dedicato alla dea Fortuna.

Domina tutto l'Epipoli e il castello

Eurialo. Il Teatro Greco, del V sec.

a.C., è uno dei più imponenti

dell'antichità. Qui Eschilo assistette

alla prima rappresentazione de "I

Persiani". La cavea è stata completa-

mente scolpita nella pietra (è il più

grande teatro monolitico del mon-

do), sfruttando la naturale pendenza

del colle Temenite. Ancora oggi, in

prima estate vi si svolgono le rappre-

sentazioni classiche con le opere

immortali dei più grandi autori del

periodo greco: Eschilo, Sofocle ed

Euripide.

Orecchio di Dionisio - Questa sug-

gestiva grotta si trova in una delle

più belle latomie di Siracusa, la Lato-

mia del Paradiso. Fu Caravaggio,

durante un suo viaggio in Sicilia agli

inizi del '600, ad assegnarle questo

nome. Sull'archeologia dell'area

s i r a c u s a n a , u n a r i c c a f o n t e

d'informazioni e suggestioni è costi-

tuita dal Museo Archeologico Regio-

nale Paolo Orsi all'interno del parco

di Villa Landolina. Il museo rappre-

senta uno dei punti di riferimento

fondamentali per la conoscenza del

periodo preistorico della Sicilia fino

ai tempi delle colonie di Siracusa. Il

settore A dedicato alla geologia e al

periodo che va dalla preistoria alla

colonizzazione greca. Il settore B in

cui sono presenti reperti provenienti

dalla Siracusa greca e dalle vicine

colonie calcidesi e di Megara Hibla-

ea. Il settore C vanta reperti prove-

nienti da Eloro, Akrai, Kasmenai,

Kamarina e da numerosi centri elle-

nizzati siciliani. Nel Museo sono

custoditi inoltre materiali prove-

nienti da Gela e da Agrigento.

Siracusa possiede il complesso cata-

combale più vasto d'Italia, secondo

solo a quello romano.

Le Catacombe di S. Giovanni sorgo-

no nella zona di Acradina, luogo

deputato al culto dei morti fin dal

periodo romano. Le Catacombe furo-

no costruite intorno alla cripta di S.

Marciano, primo vescovo di Siracu-

sa, considerata il primo luogo di cul-

to cristiano in occidente. Qui si

fermò l'apostolo Paolo. Nel periodo

bizantino la cripta fu trasformata in

chiesa, gli svevi poi ne ornarono

l'ingresso con una volta a crociera

federiciana. Le Catacombe di S. Gio-

vanni hanno una struttura comples-

sa e risalgono al IV-V sec. Scavate

seguendo il tracciato rettilineo di un

acquedotto greco in disuso, da esso

si diramano cunicoli minori. I sepol-

cri si trovano lungo le pareti e sono

ad arcosolio e polisomi, cioè a più

posti. Ogni tanto si aprono aree cir-

colari o quadrate, utilizzate dai cri-

stiani come camere sepolcrali di mar-

tiri e santi. Tra queste la più nota è la

Rotonda di Adelfia, ove è stato ritro-

vato un bellissimo sarcofago scolpi-

to con scene bibliche, ora conserva-

to nel Museo Archeologico. Lungo il

tracciato si incontrano inoltre cister-

ne coniche di epoca greco-romana

trasformate poi in cubicoli. Le Cata-

combe di S. Lucia si trovano sotto la

Basilica di S. Lucia extra Moenia –

Edificata nello stesso luogo del

martirio della Santa avvenuto nel

303 e testimoniato dalla magnifica

tela del Caravaggio, oggi pala

d'altare della Basilica. Di stile bizanti-

no, la Basilica è stata rimaneggiata in

seguito, fino al suo aspetto attuale,

che risale al XV-XVI sec. Le parti più

antiche ancora esistenti sono il por-

tale della facciata, le tre absidi semi-

circolari e i primi due ordini del cam-

panile (XII sec.). Il soffitto ligneo a

capriate con decorazioni dipinte

risale al XVII secolo. Sulla stessa piaz-

za, un piccolo edificio ottagonale,

opera di Vermexio, è il sepolcro

destinato alla Santa, i cui resti, porta-

ti a Costantinopoli nell'XI secolo dal

generale bizantino Maniace, poi a

Venezia in seguito alla presa della

città durante la quarta crociata, sono

oggi conservati nel Duomo.•

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favorita dai caffè all'aperto che, oltre

a delicatezze come le sensuali grani-

te di limone e di mandorle, offrono la

possibilità di godere uno scenario

davvero indimenticabile, è ben ripa-

gata. Il salotto di Ortigia, si diceva. Il

punto di ritrovo per eccellenza dei

siracusani, il luogo eletto per i turisti,

lo spunto irrinunciabile per gli aman-

ti dell'arte. Un luogo, Piazza Duomo,

che cambia atmosfera ad ogni fase

del giorno per via della pietra bianca

che accomuna tutto l'impianto

architettonico e che, abbacinante in

pieno giorno, vira in un languido

ocra al tramonto per poi scaldarsi

ancora grazie alla sapiente illumina-

zione notturna. Tutto sembra con-

centrarsi sul Duomo, magnifico

monumento che ingloba l'antico

tempio di Atena innalzato in onore

della dea con i proventi della vittoria

contro i Cartaginesi ad Himera (480

a.C.). Nel VII sec. l'edificio sacro ai

Greci fu trasformato in chiesa cristia-

na dai Bizantini, i Normanni appor-

tarono sensibili modifiche nell'XI

sec., il soffitto ed il pavimento sono

spagnoli. L'attuale facciata barocca

del XVIII sec. fu costruita dal paler-

mitano Andrea Palma, dopo il terre-

moto che nel 1693 distrusse quella

preesistente normanna. L'ingresso è

preceduto da un atrio con un bel

portale delimitato da due colonne a

torciglione istoriate con tralci d'uva.

Alle spalle di Ortigia si estende la

zona pianeggiante detta Acradina. E

poi la Neaú polis, area "nuova" dove

si trova il teatro greco, l'Orecchio di

Dionisio e la latomia del Paradiso,

una delle zone più rigogliose, fitta di

aranci, palme e magnolie. E ad orien-

te, il quartiere di Tyche con i resti del

tempio dedicato alla dea Fortuna.

Domina tutto l'Epipoli e il castello

Eurialo. Il Teatro Greco, del V sec.

a.C., è uno dei più imponenti

dell'antichità. Qui Eschilo assistette

alla prima rappresentazione de "I

Persiani". La cavea è stata completa-

mente scolpita nella pietra (è il più

grande teatro monolitico del mon-

do), sfruttando la naturale pendenza

del colle Temenite. Ancora oggi, in

prima estate vi si svolgono le rappre-

sentazioni classiche con le opere

immortali dei più grandi autori del

periodo greco: Eschilo, Sofocle ed

Euripide.

Orecchio di Dionisio - Questa sug-

gestiva grotta si trova in una delle

più belle latomie di Siracusa, la Lato-

mia del Paradiso. Fu Caravaggio,

durante un suo viaggio in Sicilia agli

inizi del '600, ad assegnarle questo

nome. Sull'archeologia dell'area

s i r a c u s a n a , u n a r i c c a f o n t e

d'informazioni e suggestioni è costi-

tuita dal Museo Archeologico Regio-

nale Paolo Orsi all'interno del parco

di Villa Landolina. Il museo rappre-

senta uno dei punti di riferimento

fondamentali per la conoscenza del

periodo preistorico della Sicilia fino

ai tempi delle colonie di Siracusa. Il

settore A dedicato alla geologia e al

periodo che va dalla preistoria alla

colonizzazione greca. Il settore B in

cui sono presenti reperti provenienti

dalla Siracusa greca e dalle vicine

colonie calcidesi e di Megara Hibla-

ea. Il settore C vanta reperti prove-

nienti da Eloro, Akrai, Kasmenai,

Kamarina e da numerosi centri elle-

nizzati siciliani. Nel Museo sono

custoditi inoltre materiali prove-

nienti da Gela e da Agrigento.

Siracusa possiede il complesso cata-

combale più vasto d'Italia, secondo

solo a quello romano.

Le Catacombe di S. Giovanni sorgo-

no nella zona di Acradina, luogo

deputato al culto dei morti fin dal

periodo romano. Le Catacombe furo-

no costruite intorno alla cripta di S.

Marciano, primo vescovo di Siracu-

sa, considerata il primo luogo di cul-

to cristiano in occidente. Qui si

fermò l'apostolo Paolo. Nel periodo

bizantino la cripta fu trasformata in

chiesa, gli svevi poi ne ornarono

l'ingresso con una volta a crociera

federiciana. Le Catacombe di S. Gio-

vanni hanno una struttura comples-

sa e risalgono al IV-V sec. Scavate

seguendo il tracciato rettilineo di un

acquedotto greco in disuso, da esso

si diramano cunicoli minori. I sepol-

cri si trovano lungo le pareti e sono

ad arcosolio e polisomi, cioè a più

posti. Ogni tanto si aprono aree cir-

colari o quadrate, utilizzate dai cri-

stiani come camere sepolcrali di mar-

tiri e santi. Tra queste la più nota è la

Rotonda di Adelfia, ove è stato ritro-

vato un bellissimo sarcofago scolpi-

to con scene bibliche, ora conserva-

to nel Museo Archeologico. Lungo il

tracciato si incontrano inoltre cister-

ne coniche di epoca greco-romana

trasformate poi in cubicoli. Le Cata-

combe di S. Lucia si trovano sotto la

Basilica di S. Lucia extra Moenia –

Edificata nello stesso luogo del

martirio della Santa avvenuto nel

303 e testimoniato dalla magnifica

tela del Caravaggio, oggi pala

d'altare della Basilica. Di stile bizanti-

no, la Basilica è stata rimaneggiata in

seguito, fino al suo aspetto attuale,

che risale al XV-XVI sec. Le parti più

antiche ancora esistenti sono il por-

tale della facciata, le tre absidi semi-

circolari e i primi due ordini del cam-

panile (XII sec.). Il soffitto ligneo a

capriate con decorazioni dipinte

risale al XVII secolo. Sulla stessa piaz-

za, un piccolo edificio ottagonale,

opera di Vermexio, è il sepolcro

destinato alla Santa, i cui resti, porta-

ti a Costantinopoli nell'XI secolo dal

generale bizantino Maniace, poi a

Venezia in seguito alla presa della

città durante la quarta crociata, sono

oggi conservati nel Duomo.•

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anno 2 - n°6 Inverno 2013

85

il paese dipintoolti centri montani tendono a giu-Mstificare la loro irreversibile ago-

nia, dovuta al progressivo spopo-

lamento, con la mancanza di risorse e di pos-

sibilità occupazionali in loco. A volte è davve-

ro così, ma in parecchi casi a difettare è

soprattutto la fantasia, grazie alla quale si

possono ottenere inimmaginabili inversioni

di tendenze, con risultati sorprendenti. Un

esempio tangibile può essere dato da Arcu-

meggia, un paesino (80 anime in tutto, tanto

poco importante da non essere nemmeno più

sede comunale, trasferita nel 1927 a Casalzui-

gno, di cui è divenuta frazione) posto a 570

metri di quota sulle colline della Valcuvia, a

nord di Varese, sotto le pendici del monte

Nudo Ampi boschi di castagni e querce, qual-

che prato, tanto verde, acqua di sorgente,

cielo terso e profonda quiete, ma anche trop-

po distante da grossi centri abitati, da impor-

tanti vie di comunicazione, dal lago Maggiore

e dal confine svizzero per sperare in qualche

prospettiva. Per arrivarci una strada non lun-

ga, ma ripida, stretta e disseminata di tornan-

ti. Uniche magre risorse l'allevamento di muc-

che e capre, da cui si ricava un gustoso for-

maggio, e la raccolta di castagne, legna e fun-

ghi. Nel 1956 ad alcuni appassionati d'arte

locale venne in mente di invitare durante

l'estate famosi pittori italiani figurativi a

d ip ingere g ra tu i tamente , i n cambio

dell'ospitalità, le facciate delle loro case,

strette le une alle altre secondo i canoni

dell'architettura spontanea alpina, intercala-

te da viuzze selciate, porticati, corti e cortili.

Gli affreschi sulle pareti esterne degli edifici

costituivano un'antica tradizione della Valcu-

testo e foto di

Giulio Badini

ARCUMEGGIA

Arcumeggia il paese dipinto

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il paese dipintoolti centri montani tendono a giu-Mstificare la loro irreversibile ago-

nia, dovuta al progressivo spopo-

lamento, con la mancanza di risorse e di pos-

sibilità occupazionali in loco. A volte è davve-

ro così, ma in parecchi casi a difettare è

soprattutto la fantasia, grazie alla quale si

possono ottenere inimmaginabili inversioni

di tendenze, con risultati sorprendenti. Un

esempio tangibile può essere dato da Arcu-

meggia, un paesino (80 anime in tutto, tanto

poco importante da non essere nemmeno più

sede comunale, trasferita nel 1927 a Casalzui-

gno, di cui è divenuta frazione) posto a 570

metri di quota sulle colline della Valcuvia, a

nord di Varese, sotto le pendici del monte

Nudo Ampi boschi di castagni e querce, qual-

che prato, tanto verde, acqua di sorgente,

cielo terso e profonda quiete, ma anche trop-

po distante da grossi centri abitati, da impor-

tanti vie di comunicazione, dal lago Maggiore

e dal confine svizzero per sperare in qualche

prospettiva. Per arrivarci una strada non lun-

ga, ma ripida, stretta e disseminata di tornan-

ti. Uniche magre risorse l'allevamento di muc-

che e capre, da cui si ricava un gustoso for-

maggio, e la raccolta di castagne, legna e fun-

ghi. Nel 1956 ad alcuni appassionati d'arte

locale venne in mente di invitare durante

l'estate famosi pittori italiani figurativi a

d ip ingere g ra tu i tamente , i n cambio

dell'ospitalità, le facciate delle loro case,

strette le une alle altre secondo i canoni

dell'architettura spontanea alpina, intercala-

te da viuzze selciate, porticati, corti e cortili.

Gli affreschi sulle pareti esterne degli edifici

costituivano un'antica tradizione della Valcu-

testo e foto di

Giulio Badini

ARCUMEGGIA

Arcumeggia il paese dipinto

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via, un po' trascurata negli ultimi tempi, che ha lasciato

nella vallata interessanti testimonianze di arte popola-

re. Si trattava quindi di dare seguito ad un tradizione già

esistente in passato e che si riallacciava idealmente ai

grandi cicli pittorici trecenteschi e quattrocenteschi su

aff re sco d i C imabue , Maso l i no da Pan i ca l e

(quest'ultimo assai attivo anche nel Varesotto, che a

Castglione Olona ha lasciato ammirevoli capolavori),

Michelangelo, Masaccio e Giotto. Le idee valide, si sa,

trovano sempre un immediato sostegno: nel caso spe-

cifico l'ente del turismo varesino, il quale sposò con

entusiasmo la causa e fornì un appoggio determinante

per dare continuità all'iniziativa “Pittori in vacanza”,

seguita poco dopo dai corsi estivi di pittura promossi

da importanti accademie. li abitanti, muratori da gene-

razioni come attesta la spontanea architettura del pae-

se fatta di pietra e legno, costruirono per prima cosa la

Casa dei Pittori, seguita poco dopo dalla Bottega dei

Pittori, messe entrambe a disposizione degli artisti che

aderirono numerosi all'iniziativa, arrivando ben presto

a trasformarlo nel primo paese dipinto italiano con una

quarantina di opere di insigni maestri. Una tavolozza

colorata nel verde della Valcuvia. Da un'idea di Gianfi-

lippo Usellini si cominciò col dipingere una Via Crucis

davanti alla chiesa romanica di Sant'Ambrogio, opera

che richiese nove anni di lavoro ed alla quale si alterna-

rono undici artisti. Poi si è passati ad affrescare le case e

le corti del paese, i bei cortili interni con ballatoi fioriti

come nel caso della graziosa Corte dei Sofistici. Nel

volgere di alcuni decenni da Arcumeggia sono passati

tutti, o quasi, i più importanti nomi della pittura figura-

tiva italiana del secondo Novecento: Giovanni Brancac-

cio, Remo Brindisi, Aldo Carpi, Cristoforo De Amicis,

Gianni Dova, Ferruccio Ferrazzi, Achille Funi, Francesco

Menzio, Giuseppe Migneco, Sante Monachesi, Giusep-

pe Montanari, Luigi Montanarini, Enzo Morelli, Ilario

Rossi, Bruno Saetti, Innocente Salvini, Aligi Sassu, Fio-

renzo Tomea, Eugenio Tomiolo, Ernesto Treccani, Gian-

filippo Usellini, che hanno lasciato 23 pitture “storiche”,

ultima la Primavera di Massimo Parietti del 1996. Ognu-

no ha abitato in paese per un periodo più o meno lungo,

spesso tornandoci più volte, vivendo gomito a gomito

con gli abitanti, tenendo scuola d'arte per giovani allie-

vi e, soprattutto, lasciando su qualche muro un affresco

Arcumeggia il paese dipinto

anno 2 - n°6 Inverno 2013

87

86

Page 87: Gennaio 2013

via, un po' trascurata negli ultimi tempi, che ha lasciato

nella vallata interessanti testimonianze di arte popola-

re. Si trattava quindi di dare seguito ad un tradizione già

esistente in passato e che si riallacciava idealmente ai

grandi cicli pittorici trecenteschi e quattrocenteschi su

aff re sco d i C imabue , Maso l i no da Pan i ca l e

(quest'ultimo assai attivo anche nel Varesotto, che a

Castglione Olona ha lasciato ammirevoli capolavori),

Michelangelo, Masaccio e Giotto. Le idee valide, si sa,

trovano sempre un immediato sostegno: nel caso spe-

cifico l'ente del turismo varesino, il quale sposò con

entusiasmo la causa e fornì un appoggio determinante

per dare continuità all'iniziativa “Pittori in vacanza”,

seguita poco dopo dai corsi estivi di pittura promossi

da importanti accademie. li abitanti, muratori da gene-

razioni come attesta la spontanea architettura del pae-

se fatta di pietra e legno, costruirono per prima cosa la

Casa dei Pittori, seguita poco dopo dalla Bottega dei

Pittori, messe entrambe a disposizione degli artisti che

aderirono numerosi all'iniziativa, arrivando ben presto

a trasformarlo nel primo paese dipinto italiano con una

quarantina di opere di insigni maestri. Una tavolozza

colorata nel verde della Valcuvia. Da un'idea di Gianfi-

lippo Usellini si cominciò col dipingere una Via Crucis

davanti alla chiesa romanica di Sant'Ambrogio, opera

che richiese nove anni di lavoro ed alla quale si alterna-

rono undici artisti. Poi si è passati ad affrescare le case e

le corti del paese, i bei cortili interni con ballatoi fioriti

come nel caso della graziosa Corte dei Sofistici. Nel

volgere di alcuni decenni da Arcumeggia sono passati

tutti, o quasi, i più importanti nomi della pittura figura-

tiva italiana del secondo Novecento: Giovanni Brancac-

cio, Remo Brindisi, Aldo Carpi, Cristoforo De Amicis,

Gianni Dova, Ferruccio Ferrazzi, Achille Funi, Francesco

Menzio, Giuseppe Migneco, Sante Monachesi, Giusep-

pe Montanari, Luigi Montanarini, Enzo Morelli, Ilario

Rossi, Bruno Saetti, Innocente Salvini, Aligi Sassu, Fio-

renzo Tomea, Eugenio Tomiolo, Ernesto Treccani, Gian-

filippo Usellini, che hanno lasciato 23 pitture “storiche”,

ultima la Primavera di Massimo Parietti del 1996. Ognu-

no ha abitato in paese per un periodo più o meno lungo,

spesso tornandoci più volte, vivendo gomito a gomito

con gli abitanti, tenendo scuola d'arte per giovani allie-

vi e, soprattutto, lasciando su qualche muro un affresco

Arcumeggia il paese dipinto

anno 2 - n°6 Inverno 2013

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88

Arcumeggia il paese dipinto

a testimonianza della propria pre-

senza e del proprio inconfondibile

stile. In parecchi casi, come il Trionfo

di Gea di Monachesi, la Madonna di

Funi, il Lavoro del Posto di Brindisi,

San Martino e il povero e Corridori

(dove si riconoscono i volti dei cicli-

sti Coppi, Bartali e Magni, quest'

ultimo nativo di queste parti) di Sas-

su, Sant'Ambrogio a cavallo di Car-

pi, il Ritorno dell'emigrante di Usel-

lini, la Spartizione della polenta di

Salvini, il Cristo crocefisso di Tomea,

oltre alla già citata Via Crucis, si trat-

ta di indiscutibili capolavori, degni

di figurare nei cataloghi e nei libri

d'arte di mezzo mondo. Grazie ad

un'idea vincente e lungimirante, e

con un investimento davvero mini-

mo, Arcumeggia, oggi nota ovun-

que come il “il paese dei pittori” per

antonomasia, si è assicurata un futu-

ro. Ogni giorno, d'estate come d'

inverno, frotte di turisti percorrono

le sue strade selciate per ammirare

la più importante galleria all'aperto

di arte contemporanea, nella Casa

del Pittore si svolgono mostre di

pittura e ogni estate vi si tengono

corsi internazionali di affresco

dell'Accademia milanese di Brera.

La positiva esperienza valcuviese ha

poi portato alla nascita dell' Asso-

ciazione italiana dei Paesi Dipinti,

con sede a Varese (www.paesidipin-

ti.it), che riunisce alcune del centi-

naio di analoghe località sparse per

tutta la penisola. Arcumeggia rima-

ne comunque la prima e più impor-

tante per la levatura degli artisti

presenti. Si giunge ad Arcumeggia

da Varese seguendo le indicazioni

per Gavirate e Laveno fino a Citti-

glio, da dove si imbocca la Valcuvia

percorrendola fino a Casalzuigno,

sede del comune; poco oltre si tro-

vano sulla sinistra i cartelli per Arcu-

meggia; dal capoluogo sono in tut-

to 26 chilometri. Oppure autostrada

A8 Milano-Laghi fino a Sesto Calen-

de, quindi Luino e Casalzuigno.

All'imbocco del paese scendere a

sinistra fino alla chiesa, seguendo le

indicazioni del parcheggio. In paese

i turisti trovano un'attiva Pro Loco

che distribuisce la piantina con

l'ubicazione degli affreschi, una

locanda dove gustare le specialità

g a s t r o n o m i c h e l o c a l i ( t e l .

0332.650116) e, spesso, mostre di

pittura. A Casalzuigno merita una

visita la villa Della Porta Bozzolo,

magnifico esempio di residenza

settecentesca di campagna oggi

gestita dal FAI, che possiede uno

dei più spettacolari giardini della

Lombardia. Altri famosi paesi dipin-

ti italiani sono Dozza nel Bolognese,

Furone e Vietri sul Mare (Salerno),

Diamante (Cosenza) e Orgosolo

(Nuoro).•

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Arcumeggia il paese dipinto

a testimonianza della propria pre-

senza e del proprio inconfondibile

stile. In parecchi casi, come il Trionfo

di Gea di Monachesi, la Madonna di

Funi, il Lavoro del Posto di Brindisi,

San Martino e il povero e Corridori

(dove si riconoscono i volti dei cicli-

sti Coppi, Bartali e Magni, quest'

ultimo nativo di queste parti) di Sas-

su, Sant'Ambrogio a cavallo di Car-

pi, il Ritorno dell'emigrante di Usel-

lini, la Spartizione della polenta di

Salvini, il Cristo crocefisso di Tomea,

oltre alla già citata Via Crucis, si trat-

ta di indiscutibili capolavori, degni

di figurare nei cataloghi e nei libri

d'arte di mezzo mondo. Grazie ad

un'idea vincente e lungimirante, e

con un investimento davvero mini-

mo, Arcumeggia, oggi nota ovun-

que come il “il paese dei pittori” per

antonomasia, si è assicurata un futu-

ro. Ogni giorno, d'estate come d'

inverno, frotte di turisti percorrono

le sue strade selciate per ammirare

la più importante galleria all'aperto

di arte contemporanea, nella Casa

del Pittore si svolgono mostre di

pittura e ogni estate vi si tengono

corsi internazionali di affresco

dell'Accademia milanese di Brera.

La positiva esperienza valcuviese ha

poi portato alla nascita dell' Asso-

ciazione italiana dei Paesi Dipinti,

con sede a Varese (www.paesidipin-

ti.it), che riunisce alcune del centi-

naio di analoghe località sparse per

tutta la penisola. Arcumeggia rima-

ne comunque la prima e più impor-

tante per la levatura degli artisti

presenti. Si giunge ad Arcumeggia

da Varese seguendo le indicazioni

per Gavirate e Laveno fino a Citti-

glio, da dove si imbocca la Valcuvia

percorrendola fino a Casalzuigno,

sede del comune; poco oltre si tro-

vano sulla sinistra i cartelli per Arcu-

meggia; dal capoluogo sono in tut-

to 26 chilometri. Oppure autostrada

A8 Milano-Laghi fino a Sesto Calen-

de, quindi Luino e Casalzuigno.

All'imbocco del paese scendere a

sinistra fino alla chiesa, seguendo le

indicazioni del parcheggio. In paese

i turisti trovano un'attiva Pro Loco

che distribuisce la piantina con

l'ubicazione degli affreschi, una

locanda dove gustare le specialità

g a s t r o n o m i c h e l o c a l i ( t e l .

0332.650116) e, spesso, mostre di

pittura. A Casalzuigno merita una

visita la villa Della Porta Bozzolo,

magnifico esempio di residenza

settecentesca di campagna oggi

gestita dal FAI, che possiede uno

dei più spettacolari giardini della

Lombardia. Altri famosi paesi dipin-

ti italiani sono Dozza nel Bolognese,

Furone e Vietri sul Mare (Salerno),

Diamante (Cosenza) e Orgosolo

(Nuoro).•

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Kaleid

oscope

90

ato come una villa privata, Lion in the Sun è un Nesclusivo relais di lusso a Malindi. Nel grande

giardino tropicale, alberi di frangipane bianchi

fanno da cornice alla grande piscina centrale, che ha un

fondo a macchie di giraffa, come per sottolineare che

siamo nel cuore dell'Africa.

Negli angoli dei 4.000 metri quadrati del giardino, celate

da occhi indiscreti dall'alto recinto del relais e dalla vege-

tazione armoniosa, quattro ville indipendenti intervalla-

te da 3 piscine di acqua di mare. In tutto 16, tra camere e

anno 2 - n°6 Inverno 2013

91

LION IN THE SUN suite, spaziose e luminose, ognuna

arredata in stile diverso ma tutte con

una forte impronta africana e con

richiami indiani e arabi, in un mix

esotico e raffinato che nulla concede

al quotidiano, e dove ogni minimo

dettaglio è studiato per creare

ambienti sontuosi ma allo stesso

tempo altamente vivibili. Al Lion in

the Sun si viene anche per il centro

benessere, la Thalaspa Henri Chenot

-nel 2010 è stata premiata dalla pre-

stigiosa rivista Tatler come la miglio-

re spa nel mondo –e per le terapie e i

massaggi che aiutano a liberarsi dal-

le tossine e dallo stress quotidiano.

Nel ristorante, dove grande enfasi

viene messa sull'uso di prodotti bio-

logici, verdure e pesce freschissimi,

il menu internazionale trae benefi-

cio dall'arte culinaria italiana e da

esotici e armoniosi sapori locali. A

300 metri dal resort, sulla spiaggia

privata, 8 gazebo con candidi drap-

peggi dotati di lettini prendisole, e

una piscina di acqua di mare che si

affaccia sulla baia protetta del

Parco Marino di Malindi. Il bar offre

pasti leggeri, succhi freschi, vini e

champagne a chi sceglie di pranza-

re in riva al mare. E al calar del sole,

con un colpo di bacchetta magica,

la spiaggia subisce una trasforma-

zione e al lume di mille candele e con

i riflessi della luna che danzano sui

flutti, si trasforma nel Billionaire di

Malindi, un posto incantato fre-

quentato da VIP e celebrità. pmf

http://www.lioninthesun.net/

Page 91: Gennaio 2013

Kaleid

oscope

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ato come una villa privata, Lion in the Sun è un Nesclusivo relais di lusso a Malindi. Nel grande

giardino tropicale, alberi di frangipane bianchi

fanno da cornice alla grande piscina centrale, che ha un

fondo a macchie di giraffa, come per sottolineare che

siamo nel cuore dell'Africa.

Negli angoli dei 4.000 metri quadrati del giardino, celate

da occhi indiscreti dall'alto recinto del relais e dalla vege-

tazione armoniosa, quattro ville indipendenti intervalla-

te da 3 piscine di acqua di mare. In tutto 16, tra camere e

anno 2 - n°6 Inverno 2013

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LION IN THE SUN suite, spaziose e luminose, ognuna

arredata in stile diverso ma tutte con

una forte impronta africana e con

richiami indiani e arabi, in un mix

esotico e raffinato che nulla concede

al quotidiano, e dove ogni minimo

dettaglio è studiato per creare

ambienti sontuosi ma allo stesso

tempo altamente vivibili. Al Lion in

the Sun si viene anche per il centro

benessere, la Thalaspa Henri Chenot

-nel 2010 è stata premiata dalla pre-

stigiosa rivista Tatler come la miglio-

re spa nel mondo –e per le terapie e i

massaggi che aiutano a liberarsi dal-

le tossine e dallo stress quotidiano.

Nel ristorante, dove grande enfasi

viene messa sull'uso di prodotti bio-

logici, verdure e pesce freschissimi,

il menu internazionale trae benefi-

cio dall'arte culinaria italiana e da

esotici e armoniosi sapori locali. A

300 metri dal resort, sulla spiaggia

privata, 8 gazebo con candidi drap-

peggi dotati di lettini prendisole, e

una piscina di acqua di mare che si

affaccia sulla baia protetta del

Parco Marino di Malindi. Il bar offre

pasti leggeri, succhi freschi, vini e

champagne a chi sceglie di pranza-

re in riva al mare. E al calar del sole,

con un colpo di bacchetta magica,

la spiaggia subisce una trasforma-

zione e al lume di mille candele e con

i riflessi della luna che danzano sui

flutti, si trasforma nel Billionaire di

Malindi, un posto incantato fre-

quentato da VIP e celebrità. pmf

http://www.lioninthesun.net/

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Kaleid

oscope

rchiviate le sue polverose radici élitarie, il golf si Aè democratizzato ed è attualmente uno degli

sport più ambiti in Italia e all'estero. Il golf è “in”,

lo praticano personalità come Obama e sportivi come

Del Piero e in Italia, da quando ci sono campioni mon-

diali come Edoardo Molinari, l'interesse per questo

sport è decisamente aumentato. Per chi desidera avvici-

narsi al golf partendo da zero, andare a Sotogrande e

soggiornare all'Hotel Almenara è l'ideale per conciliare

relax e tranquillità con la possibilità di frequentare corsi

di formazione altamente professionali. Contrariamente

a quanto sostengono gli Scozzesi che ne rivendicano la

paternità, il golf nasce in Cina all'epoca della dinastia

Nantang. Nonostante la crisi il golf è moda, pubblicità,

prestigio, matrimonio con arte, cultura e gastronomia

quando lo sport diventa pretesto per viaggi e soggiorni.

E se il golf è diventato con gli anni uno sport praticato da

moltissime “star” note e meno note un motivo ci sarà:

questo sport costituisce un passatempo davvero ine-

guagliabile. Giocare a golf significa entrare in un mondo

di emozioni che seguono un preciso ordine: il bravo gio-

catore e il vero appassionato sanno cogliere la giusta

sequenza tra tecnica e concentrazione, mix necessario

per cinque ore, tanto quanto dura generalmente una

gara. Ma il golf non è solo concentrazione, sacrificio,

fatica e tornei, ma è anche sinonimo di svago, rilassa-

mento e tranquillità. La Costa del Sol, nella regione

dell'Andalusia nel Sud della Spagna, è un luogo incante-

vole in cui rilassarsi durante tutto l'anno grazie alle sue

temperature miti e gradevoli. È un vero paradiso per gli 92

anno 2 - n°6 Inverno 2013

93

GOLF IN ANDALUSIASotogrande Golf Academy per principianti ai corsi di perfezionamentosoggiornando all'Hotel Almenara

amanti del golf per la presenza di circa 45 campi da golf, che ne giustificano l'appellativo “Costa del Golf”. L'Hotel

Almenara, circondato dal campo da golf a 27 buche Almenara, è una vera oasi di verde e tranquillità a Sotogrande.

Progettato dal famoso architetto di campi da golf Dave Thomas, Almenara è una meta apprezzata dai giocatori di

golf di tutto il mondo. Grazie all'Accademia del golf, riconosciuta come uno dei migliori centri di formazione di tutta

la Spagna, anche i principianti che non hanno alcuna dimestichezza con il golf possono avvicinarsi a questo sport e

iniziare a praticarlo. La Sotogrande Golf Academy offre ai “nuovi” golfisti tutto ciò di cui hanno bisogno per essere dei

buoni giocatori senza trascurare lo spirito di squadra. Le lezioni si tengono ogni sabato da ottobre a giugno e la dura-

ta è di 2 ore. Durante la Pasqua e le vacanze estive si organizzano dei programmi speciali. L'Hotel in stile mediterra-

neo offre camere con uno splendido panorama rilassante. Elysium, la Spa di Sotogrande, è un autentico tempio del

relax per il corpo e la mente. Un allenamento nell'area fitness seguito da un tuffo rigenerante nella piscina dinamica

con idroterapia o da un massaggio è un'ottima ricetta per la remise en forme. L'Hotel Almenara offre attività sportive

che soddisfano ogni interesse: dalla scuola di golf al centro equestre, dai campi da tennis a quelli da paddle tennis. A

pochi passi dall'Hotel Almenara si trovano molteplici opportunità di svago e ristorazione, tuttavia senza lasciare

l'albergo si può scegliere tra tre diverse esperienze gastronomiche: il Gaia propone una cucina mediterranea in

un'atmosfera elegante a lume di candela; il più informale Veinteeocho dona un fantastico panorama sul campo da

golf, mentre il Cucurucho Beach Club a bordo piscina offre piatti informali in spazi accoglienti con vista sul mare. La

Costa del Sol e l'attigua Costa de la Luz, protette dai venti del Nord da una catena montuosa che in certi punti degra-

da fino al mare, sono un susseguirsi di ampie spiagge, cale seminascoste tra scogliere, porticcioli e ancoraggi per la

pesca. Il clima temperato, la scarsità di piogge e la brezza marina danno luogo a una vegetazione semitropicale

caratterizzata da palme, cipressi, bouganville, oleandri e hibiscus. Sotogrande si è sviluppata attorno ad una delizio-

sa marina costellata da ristoranti e bar sul mare. Mer-

catino la domenica e il mercoledì. I principali centri

turistici della zona sono Marbella e Puerto Banus.

Gibilterra è a 15 km.

L'Aeroporto di Malaga si trova a circa un'ora di distan-

za dall'Almenara (110 Km).

L'Hotel Almenara a Sotogrande fa parte di NH hotels

(www.nh-hotels.com), il terzo gruppo alberghiero

europeo con 394 hotel e 58.844 camere in 22 paesi tra

Europa, America e Africa. Attualmente la società sta

costruendo 54 nuovi hotel che forniranno complessi-

vamente più di 8.000 camere.

Hotel Almenara (4 stelle)

Avenida Almenara, s/n. 11310 Sotogrande. Sotogran-

de/Cadice (Spagna) - Tel. +34.95.6582000

PRENOTAZIONI Tel: +800 0115 0116

Email: [email protected]

www.nh-hotels.com

Page 93: Gennaio 2013

Kaleid

oscope

rchiviate le sue polverose radici élitarie, il golf si Aè democratizzato ed è attualmente uno degli

sport più ambiti in Italia e all'estero. Il golf è “in”,

lo praticano personalità come Obama e sportivi come

Del Piero e in Italia, da quando ci sono campioni mon-

diali come Edoardo Molinari, l'interesse per questo

sport è decisamente aumentato. Per chi desidera avvici-

narsi al golf partendo da zero, andare a Sotogrande e

soggiornare all'Hotel Almenara è l'ideale per conciliare

relax e tranquillità con la possibilità di frequentare corsi

di formazione altamente professionali. Contrariamente

a quanto sostengono gli Scozzesi che ne rivendicano la

paternità, il golf nasce in Cina all'epoca della dinastia

Nantang. Nonostante la crisi il golf è moda, pubblicità,

prestigio, matrimonio con arte, cultura e gastronomia

quando lo sport diventa pretesto per viaggi e soggiorni.

E se il golf è diventato con gli anni uno sport praticato da

moltissime “star” note e meno note un motivo ci sarà:

questo sport costituisce un passatempo davvero ine-

guagliabile. Giocare a golf significa entrare in un mondo

di emozioni che seguono un preciso ordine: il bravo gio-

catore e il vero appassionato sanno cogliere la giusta

sequenza tra tecnica e concentrazione, mix necessario

per cinque ore, tanto quanto dura generalmente una

gara. Ma il golf non è solo concentrazione, sacrificio,

fatica e tornei, ma è anche sinonimo di svago, rilassa-

mento e tranquillità. La Costa del Sol, nella regione

dell'Andalusia nel Sud della Spagna, è un luogo incante-

vole in cui rilassarsi durante tutto l'anno grazie alle sue

temperature miti e gradevoli. È un vero paradiso per gli 92

anno 2 - n°6 Inverno 2013

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GOLF IN ANDALUSIASotogrande Golf Academy per principianti ai corsi di perfezionamentosoggiornando all'Hotel Almenara

amanti del golf per la presenza di circa 45 campi da golf, che ne giustificano l'appellativo “Costa del Golf”. L'Hotel

Almenara, circondato dal campo da golf a 27 buche Almenara, è una vera oasi di verde e tranquillità a Sotogrande.

Progettato dal famoso architetto di campi da golf Dave Thomas, Almenara è una meta apprezzata dai giocatori di

golf di tutto il mondo. Grazie all'Accademia del golf, riconosciuta come uno dei migliori centri di formazione di tutta

la Spagna, anche i principianti che non hanno alcuna dimestichezza con il golf possono avvicinarsi a questo sport e

iniziare a praticarlo. La Sotogrande Golf Academy offre ai “nuovi” golfisti tutto ciò di cui hanno bisogno per essere dei

buoni giocatori senza trascurare lo spirito di squadra. Le lezioni si tengono ogni sabato da ottobre a giugno e la dura-

ta è di 2 ore. Durante la Pasqua e le vacanze estive si organizzano dei programmi speciali. L'Hotel in stile mediterra-

neo offre camere con uno splendido panorama rilassante. Elysium, la Spa di Sotogrande, è un autentico tempio del

relax per il corpo e la mente. Un allenamento nell'area fitness seguito da un tuffo rigenerante nella piscina dinamica

con idroterapia o da un massaggio è un'ottima ricetta per la remise en forme. L'Hotel Almenara offre attività sportive

che soddisfano ogni interesse: dalla scuola di golf al centro equestre, dai campi da tennis a quelli da paddle tennis. A

pochi passi dall'Hotel Almenara si trovano molteplici opportunità di svago e ristorazione, tuttavia senza lasciare

l'albergo si può scegliere tra tre diverse esperienze gastronomiche: il Gaia propone una cucina mediterranea in

un'atmosfera elegante a lume di candela; il più informale Veinteeocho dona un fantastico panorama sul campo da

golf, mentre il Cucurucho Beach Club a bordo piscina offre piatti informali in spazi accoglienti con vista sul mare. La

Costa del Sol e l'attigua Costa de la Luz, protette dai venti del Nord da una catena montuosa che in certi punti degra-

da fino al mare, sono un susseguirsi di ampie spiagge, cale seminascoste tra scogliere, porticcioli e ancoraggi per la

pesca. Il clima temperato, la scarsità di piogge e la brezza marina danno luogo a una vegetazione semitropicale

caratterizzata da palme, cipressi, bouganville, oleandri e hibiscus. Sotogrande si è sviluppata attorno ad una delizio-

sa marina costellata da ristoranti e bar sul mare. Mer-

catino la domenica e il mercoledì. I principali centri

turistici della zona sono Marbella e Puerto Banus.

Gibilterra è a 15 km.

L'Aeroporto di Malaga si trova a circa un'ora di distan-

za dall'Almenara (110 Km).

L'Hotel Almenara a Sotogrande fa parte di NH hotels

(www.nh-hotels.com), il terzo gruppo alberghiero

europeo con 394 hotel e 58.844 camere in 22 paesi tra

Europa, America e Africa. Attualmente la società sta

costruendo 54 nuovi hotel che forniranno complessi-

vamente più di 8.000 camere.

Hotel Almenara (4 stelle)

Avenida Almenara, s/n. 11310 Sotogrande. Sotogran-

de/Cadice (Spagna) - Tel. +34.95.6582000

PRENOTAZIONI Tel: +800 0115 0116

Email: [email protected]

www.nh-hotels.com

Page 94: Gennaio 2013

Kaleid

oscope

Ad Istanbul, sullo stretto del Bosforo che ha stregato

anche Daniel Craig l'ultimo James Bond durante le riprese

del film Skyfall, sorge il Sumahan on The Water, al posto di

una piccola distilleria di raki ottomana dell'Ottocento.

Oggi, a sette anni dalla sua nascita, l'hotel si ingrandisce e

presenta il suo nuovo gioiello: il ristorante bar Tapasuma.

Hotel di design a cinque stelle, il Sumahan on The Water

gode di una vista senza pari sullo skyline di cupole e mina-

reti in una posizione davvero mozzafiato sul Bosforo. Le

sue originarie diciotto stanze sono diventate oggi venti-

quattro. Il suggestivo panorama dello stretto e il caminet-

to acceso nelle serate più fredde rendono l'atmosfera

dell'albergo estremamente romantica, calda e rilassante

anche per l'ultimo dei James Bond... Istanbul, divisa dal

Bosforo, si estende sia in Europa (Tracia) che in Asia (Ana-

tolia) risultando l'unica metropoli al mondo appartenente

a due continenti. È considerata una città globale e nel

2010 è stata capitale europea della cultura. Istanbul quindi

non è solo minareti o viuzze segnate dal tempo, anche se

ovviamente non si può mancare di visitare il Gran Bazar, la 94

anno 2 - n°6 Inverno 2013

95

TURKISH TAPAS SUL BOSFOROIl Sumahan on The Water, premiato come Luxury Historical Hotel of the World 2012, apre un nuovo ristorante e inaugura quattro nuove camere

Moschea Blu e il Topkapi. Tra i tanti nuovi progetti che inte-

ressano Istanbul, è in cantiere la realizzazione del nuovo

porto turistico sul Bosforo. Non a caso le riprese

dell'ultimo film di 007 sono state ambientate in questa

incantevole città. Tutti da riscoprire i magnifici scorci maga-

ri in un long weekend sul Bosforo, che alterna angoli e

affacci eternamente sospesi tra Oriente e Occidente. Il

Sumahan on the Water, che quest'anno ha vinto il presti-

gioso World Luxury Hotel Award 2012 come Luxury Histo-

rical Hotel of the World, è un hotel a cinque stelle nato nel

2005 da un progetto di design. Particolare fin dalla loca-

tion, in un'antica distilleria di raki, il fortissimo liquore turco

a base di anice. Il nome deriva da “suma”, che significa

spirito puro, e “han”, parola che ai tempi dell'impero otto-

mano indicava una locanda. L'Hotel ha due ristoranti,

entrambi affacciati sull'acqua. Il Tapasuma, di prossima

apertura, è un ristorante-bar chic, elegante e all'ultima

moda in cui è possibile gustare una cucina turca mediter-

ranea contemporanea, con il sapore tipico delle mezzes

versione turca delle tapas. selezione di antipasti dal sapore

esotico. Ê dotato inoltre di una splendida terrazza con vista

panoramica sul Bosforo. Il piccolo Waterfront Terrace

Restaurant, serve invece principalmente piatti turchi ed

internazionali. Nell'Hotel la purezza del concept, sottoli-

neata dalla scelta dei materiali – legno e marmo, acciaio e

mattoni, tessuti pregiati e lino – rispecchia l'altissimo stan-

dard di qualità del restauro. Il tema dell'acqua nelle sue

mutevoli sfumature ha ispirato la gamma di colori usati nel

design d'interni, che va dal verde, al blu, al grigio.

L'arredamento è di stile contemporaneo. Ogni camera e

suite ha una differente personalità; molte hanno il cami-

netto o il proprio bagno turco (o hammam). Le suite a due

livelli hanno un giardinetto affacciato sul Bosforo. I bagni

sono grandi ed offrono il comfort di soffici asciugamani di

spugna e una linea cortesia profumata con le più raffinate

essenze della Turchia. È presente anche un piccolo centro

benessere con una parte dedicata al fitness, bagno turco e

massaggi esclusivamente su prenotazione. Room service

disponibile 24 ore su 24. Accessibile ai disabili.L'albergo è

raggiungibile via terra o via mare ed è distante solo un

quarto d'ora in battello dal centro storico, offrendo così il

vantaggio di risiedere in un piccolo albergo intimo ed ele-

gante senza la confusione ed i rumori della città. Rientrare

al Sumahan on the Water stanchi ed affaticati dopo il

sightseeing o gli affari vuol dire rilassarsi con un drink sulla

terrazza in riva del Bosforo guardando le luci di Istanbul e

l'andirivieni delle barche sullo stretto. L'hotel ha la sua pro-

pria lancia che fa la spola con il centro storico e su richiesta

può essere noleggiata per piacevoli escursioni sulla riva

orientale ed europea.

Hotel Sumahan on the Water

Kuleli Caddesi 51 – Çengelköy, 34684 Istanbul, Turchia

Tel. +90.216.422.8000 – Fax +90.216.422.8008

E-mail [email protected], Internet www.sumahan.com

Page 95: Gennaio 2013

Kaleid

oscope

Ad Istanbul, sullo stretto del Bosforo che ha stregato

anche Daniel Craig l'ultimo James Bond durante le riprese

del film Skyfall, sorge il Sumahan on The Water, al posto di

una piccola distilleria di raki ottomana dell'Ottocento.

Oggi, a sette anni dalla sua nascita, l'hotel si ingrandisce e

presenta il suo nuovo gioiello: il ristorante bar Tapasuma.

Hotel di design a cinque stelle, il Sumahan on The Water

gode di una vista senza pari sullo skyline di cupole e mina-

reti in una posizione davvero mozzafiato sul Bosforo. Le

sue originarie diciotto stanze sono diventate oggi venti-

quattro. Il suggestivo panorama dello stretto e il caminet-

to acceso nelle serate più fredde rendono l'atmosfera

dell'albergo estremamente romantica, calda e rilassante

anche per l'ultimo dei James Bond... Istanbul, divisa dal

Bosforo, si estende sia in Europa (Tracia) che in Asia (Ana-

tolia) risultando l'unica metropoli al mondo appartenente

a due continenti. È considerata una città globale e nel

2010 è stata capitale europea della cultura. Istanbul quindi

non è solo minareti o viuzze segnate dal tempo, anche se

ovviamente non si può mancare di visitare il Gran Bazar, la 94

anno 2 - n°6 Inverno 2013

95

TURKISH TAPAS SUL BOSFOROIl Sumahan on The Water, premiato come Luxury Historical Hotel of the World 2012, apre un nuovo ristorante e inaugura quattro nuove camere

Moschea Blu e il Topkapi. Tra i tanti nuovi progetti che inte-

ressano Istanbul, è in cantiere la realizzazione del nuovo

porto turistico sul Bosforo. Non a caso le riprese

dell'ultimo film di 007 sono state ambientate in questa

incantevole città. Tutti da riscoprire i magnifici scorci maga-

ri in un long weekend sul Bosforo, che alterna angoli e

affacci eternamente sospesi tra Oriente e Occidente. Il

Sumahan on the Water, che quest'anno ha vinto il presti-

gioso World Luxury Hotel Award 2012 come Luxury Histo-

rical Hotel of the World, è un hotel a cinque stelle nato nel

2005 da un progetto di design. Particolare fin dalla loca-

tion, in un'antica distilleria di raki, il fortissimo liquore turco

a base di anice. Il nome deriva da “suma”, che significa

spirito puro, e “han”, parola che ai tempi dell'impero otto-

mano indicava una locanda. L'Hotel ha due ristoranti,

entrambi affacciati sull'acqua. Il Tapasuma, di prossima

apertura, è un ristorante-bar chic, elegante e all'ultima

moda in cui è possibile gustare una cucina turca mediter-

ranea contemporanea, con il sapore tipico delle mezzes

versione turca delle tapas. selezione di antipasti dal sapore

esotico. Ê dotato inoltre di una splendida terrazza con vista

panoramica sul Bosforo. Il piccolo Waterfront Terrace

Restaurant, serve invece principalmente piatti turchi ed

internazionali. Nell'Hotel la purezza del concept, sottoli-

neata dalla scelta dei materiali – legno e marmo, acciaio e

mattoni, tessuti pregiati e lino – rispecchia l'altissimo stan-

dard di qualità del restauro. Il tema dell'acqua nelle sue

mutevoli sfumature ha ispirato la gamma di colori usati nel

design d'interni, che va dal verde, al blu, al grigio.

L'arredamento è di stile contemporaneo. Ogni camera e

suite ha una differente personalità; molte hanno il cami-

netto o il proprio bagno turco (o hammam). Le suite a due

livelli hanno un giardinetto affacciato sul Bosforo. I bagni

sono grandi ed offrono il comfort di soffici asciugamani di

spugna e una linea cortesia profumata con le più raffinate

essenze della Turchia. È presente anche un piccolo centro

benessere con una parte dedicata al fitness, bagno turco e

massaggi esclusivamente su prenotazione. Room service

disponibile 24 ore su 24. Accessibile ai disabili.L'albergo è

raggiungibile via terra o via mare ed è distante solo un

quarto d'ora in battello dal centro storico, offrendo così il

vantaggio di risiedere in un piccolo albergo intimo ed ele-

gante senza la confusione ed i rumori della città. Rientrare

al Sumahan on the Water stanchi ed affaticati dopo il

sightseeing o gli affari vuol dire rilassarsi con un drink sulla

terrazza in riva del Bosforo guardando le luci di Istanbul e

l'andirivieni delle barche sullo stretto. L'hotel ha la sua pro-

pria lancia che fa la spola con il centro storico e su richiesta

può essere noleggiata per piacevoli escursioni sulla riva

orientale ed europea.

Hotel Sumahan on the Water

Kuleli Caddesi 51 – Çengelköy, 34684 Istanbul, Turchia

Tel. +90.216.422.8000 – Fax +90.216.422.8008

E-mail [email protected], Internet www.sumahan.com

Page 96: Gennaio 2013

Kaleid

oscope

A tutte è capitato di trovarsi a

rovistare disperatamente nella

borsa alla ricerca delle chiavi di casa

–magari sotto una pioggia battente-

degli occhiali da sole, di una penna o del

cellulare. E quanta fatica cambiare bor-

sa e dover decidere cosa trasferire da

una borsa all'altra! Con il Bagpod Red

Dog della designer svedese Marianne

Sparrenius-Waters tutto ciò non succe-

de, perché questo accessorio intelligen-

te permette di trovare all'istante quello

che si sta cercando dentro la borsa, e

cambiare borsa diventa un gioco da

ragazzi perché basta un solo gesto per

trasferire tutto il contenuto da una bor-

sa all'altra. Il Bagpod ha cinque tasche

interne –due con chiusure lampo- e 96

anno 2 - n°6 Inverno 2013

97

BAG PODUna vita, tante borse

quattro esterne e quindi c'è posto per tutto quello che la donna moder-

na ama portare con sé: borsellino, cellulare, occhiali, chiavi, penne, spaz-

zola, profumo, auricolari, bigliettini da visita, carte di credito e altro anco-

ra. In pelle o in tela, in una gamma di colori gioiello, c'è un Bagpod per

tutte le occasioni: basta scegliere tra le tre taglie. Il Bagpod grande è per-

fetto per borse voluminose e per portarsi tutto appresso nello zaino o

nella borsa da mare; la taglia media è ideale per la borsa da città della

donna d'affari, e quella piccola è stata creata per le borse di dimensioni

ridotte e da sera. Poi i Bgpod in pelle sono così eleganti che possono

essere utilizzati di giorno o la sera come eleganti pochette. Mai più sen-

za un Bagpod! pmf

www.reddogbag

s.com/reddogvideos.html

Honey SkinLe api svelano il dolce segreto per una pelle perfettamente idratata e tonica, pronta a ripararsi dal freddo e dall'inquinamento.

anta proprietà emollienti, lenitive, antiossidanti e Vuna straordinaria capacità di rigenerare i tessuti

danneggiati: è il miele, potente elisir di benessere

per la pelle. Già dall'antichità, donne di leggendaria bel-

lezza come la regina Cleopatra, lo utilizzavano come pre-

zioso ingrediente per trattamenti estetici del viso, del

corpo e dei capelli. Il miele è anche un valido alleato che

aiuta a contrastare i segni del tempo, grazie alla sua capa-

cità di trattenere l'acqua nei tessuti e di conservare elasti-

cità e turgore dell'epidermide. Infine gode di proprietà

energizzanti, rafforza le difese cutanee e protegge da

smog, agenti atmosferici e bruschi sbalzi di temperatura.

Un'autentica panacea di molti mali, che oltre a curare ren-

de la pelle morbida, setosa e ben nutrita. Al DV Chalet

Boutique Hotel & Spa di Madonna di Campiglio (TN)

Honey Scrub avvolge il corpo in un esotico bagno di mie-

le. Particelle di miele cristallizzato esfoliano finemente la

pelle rimuovendo cellule morte ed impurità. A contatto

con l'acqua, i cristalli di miele si fondono sull'epidermide

creando una perfetta emulsione per il massaggio. Il trat-

tamento prosegue con l'applicazione della crema ultra

nutriente Mango Nourishing Balm Per un tocco di dol-

cezza in più, si possono provare il massaggio Alpicare

Massage alla mela e rosa canina, che conferisce alla pelle

nuova elasticità e freschezza o il trattamento corpo

Cocoa. Un'esperienza sensoriale unica dalle proprietà

lenitive: ci si immerge in un cocktail esotico al cocco

dall'alto potere rivitalizzante

Per informazioni:

Trentino Charme – DV Chalet Boutique Hotel & Spa

Via Castelletto inferiore, 10 - 38086 Madonna di Campi-

glio (TN)

Tel. 0465.443191

E-mail: [email protected]; [email protected]

Sito web: www.dvchalet.it; www.trentinocharme.it

Page 97: Gennaio 2013

Kaleid

oscope

A tutte è capitato di trovarsi a

rovistare disperatamente nella

borsa alla ricerca delle chiavi di casa

–magari sotto una pioggia battente-

degli occhiali da sole, di una penna o del

cellulare. E quanta fatica cambiare bor-

sa e dover decidere cosa trasferire da

una borsa all'altra! Con il Bagpod Red

Dog della designer svedese Marianne

Sparrenius-Waters tutto ciò non succe-

de, perché questo accessorio intelligen-

te permette di trovare all'istante quello

che si sta cercando dentro la borsa, e

cambiare borsa diventa un gioco da

ragazzi perché basta un solo gesto per

trasferire tutto il contenuto da una bor-

sa all'altra. Il Bagpod ha cinque tasche

interne –due con chiusure lampo- e 96

anno 2 - n°6 Inverno 2013

97

BAG PODUna vita, tante borse

quattro esterne e quindi c'è posto per tutto quello che la donna moder-

na ama portare con sé: borsellino, cellulare, occhiali, chiavi, penne, spaz-

zola, profumo, auricolari, bigliettini da visita, carte di credito e altro anco-

ra. In pelle o in tela, in una gamma di colori gioiello, c'è un Bagpod per

tutte le occasioni: basta scegliere tra le tre taglie. Il Bagpod grande è per-

fetto per borse voluminose e per portarsi tutto appresso nello zaino o

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ridotte e da sera. Poi i Bgpod in pelle sono così eleganti che possono

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za un Bagpod! pmf

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Honey SkinLe api svelano il dolce segreto per una pelle perfettamente idratata e tonica, pronta a ripararsi dal freddo e dall'inquinamento.

anta proprietà emollienti, lenitive, antiossidanti e Vuna straordinaria capacità di rigenerare i tessuti

danneggiati: è il miele, potente elisir di benessere

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lezza come la regina Cleopatra, lo utilizzavano come pre-

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corpo e dei capelli. Il miele è anche un valido alleato che

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cità di trattenere l'acqua nei tessuti e di conservare elasti-

cità e turgore dell'epidermide. Infine gode di proprietà

energizzanti, rafforza le difese cutanee e protegge da

smog, agenti atmosferici e bruschi sbalzi di temperatura.

Un'autentica panacea di molti mali, che oltre a curare ren-

de la pelle morbida, setosa e ben nutrita. Al DV Chalet

Boutique Hotel & Spa di Madonna di Campiglio (TN)

Honey Scrub avvolge il corpo in un esotico bagno di mie-

le. Particelle di miele cristallizzato esfoliano finemente la

pelle rimuovendo cellule morte ed impurità. A contatto

con l'acqua, i cristalli di miele si fondono sull'epidermide

creando una perfetta emulsione per il massaggio. Il trat-

tamento prosegue con l'applicazione della crema ultra

nutriente Mango Nourishing Balm Per un tocco di dol-

cezza in più, si possono provare il massaggio Alpicare

Massage alla mela e rosa canina, che conferisce alla pelle

nuova elasticità e freschezza o il trattamento corpo

Cocoa. Un'esperienza sensoriale unica dalle proprietà

lenitive: ci si immerge in un cocktail esotico al cocco

dall'alto potere rivitalizzante

Per informazioni:

Trentino Charme – DV Chalet Boutique Hotel & Spa

Via Castelletto inferiore, 10 - 38086 Madonna di Campi-

glio (TN)

Tel. 0465.443191

E-mail: [email protected]; [email protected]

Sito web: www.dvchalet.it; www.trentinocharme.it

Page 98: Gennaio 2013

arte n

La fantasia non fa castelli in aria, ma trasforma le baracche in castelli in aria. Karl Kraus

viaggi e cultura

srl

falegnami dal 1841

Direttore Responsabile

Teresa Carrubba

[email protected]

www.emotionsmagazine.com

Progetto Grafico, impaginazione

e creazione logo Emotions

Ilenia Cairo

[email protected]

Collaboratori

Anna Alberghina, Anna Maria Arnesano, Artifex,

Giulio Badini, Franca Dell'Arciprete Scotti,

Alessandro Martini, Pamela McCourt Francescone,

Mirella Sborgia, Viviana Tessa, Annarosa Toso

Responsabile Marketing e Comunicazione

Mirella Sborgia

[email protected]

Traduzione

Pamela McCourt Francescone

[email protected]

Editore

Teresa Carrubba

Via Tirso 49 - 00198 Roma

Tel. e fax 068417855

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Roma il

27.10.2011 - N° 310/2011

Copyright © - Tutto il materiale [testi e immagini] utilizzato è

copyright dei rispettivi autori e della Casa Editrice che ne

detiene i diritti.

foto di Anna Alberghina

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La fantasia non fa castelli in aria, ma trasforma le baracche in castelli in aria. Karl Kraus

viaggi e cultura

srl

falegnami dal 1841

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Teresa Carrubba

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