Yield anno 8 n. 1
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Il Paesedei diritti
negati
yieldroma3.blogspot.it
Diritto allo studio,cittadinanza,
qualità dei saperi:
quando lo Stato non è sociale
Periodico
universitario
Anno VIII - # 1Ottobre 2012 Yield!
Ottobre 2012 3
Ricominciamo
Ricomincio dagli studenti, si è detto in
redazione. Dove tutti abbandonano,
dove tutti tolgono, dove tutti non
guardano più, nelle scuole, nell’istruzione,
dove anche il governo ha lasciato la presa,
da lì noi ricominciamo. Rendere manifesto
il malcontento dei ragazzi, portare alla luce
le disfunzioni del sistema, le debolezze, le
mancanze, scoprire i problemi nel quotidiano
dell’universitario medio. Lo Yield! come voce
dell’ateneo Roma III. Perché, nonostante le
previsioni del tempo non siano esattamente
il punto forte di questa città, non ci vuole
granché a prevedere che l’autunno sarà
caldo. E le ragioni sono proprio gli studenti,
che hanno davanti libri e non carote e non
bastoni, che chiedono nulla più del rispetto
della costituzione, del rispetto dell’articolo
34 in quanto capaci e meritevoli, che a volte,
triste verità, vengono dimenticati a tal punto
da dover lottare per affermare la loro stessa
italianità. Da loro, dai ragazzi e dalle scuole
questo giornale riprende a scrivere. Dove
tutti hanno abbandonato, noi ricominciamo.
Alessio Paolucci
L’editoriale
Periodico di informazione a cura di Ricomincio dagli Studenti
Responsabile dell’iniziativaDavid De Concilio
DirettoreAlessio Paolucci
Contatti
328.8326504
yieldroma3.blogspot.it
facebook.com/yieldromatre
Anno VIII - # 1Ottobre 2012
In questo numero:
Bastone e Carota......................... pag. 4Diritto allo studio........................ pag. 6Cittadinanza.................................. pag. 8Una mattina da fuorisede......... pag. 10Antiproibizionismo..................... pag. 12Internazionale a Ferrara............ pag. 14
Yield!
4 Yield
Bastone e carota“Se pensate che l’istruzione costi troppo, provate con l’ignoranza” - Derek Bok
Come ogni ottobre, dopo il rientro dai
mesi estivi durante i quali di tutto
vogliamo parlare tranne che dei pro-
blemi che ci affliggono tutto l’anno, studenti,
professori e personale scolastico si risvegliano
dal torpore estivo e scendono in piazza a
manifestare il loro scontento contro questo
governo che, nonostante sia diverso, come lo
è la situazione italiana in questo momento,
sembra proseguire sui passi dei suoi prede-
cesGsori ovvero tagli ad una scuola pubblica
già ridotta all’osso. Questo 12 ottobre studenti
e professori, soprattutto di scuole secondarie,
hanno protestato in molte delle più grandi
città italiane contro l’aumento delle ore di
insegnamento da 18 ore settimanali a 24 ore
settimanali, aumento al quale, come è ovvio,
non segue un incremento dello stipendio
che si trova già tra i più bassi d’Europa. Anzi
in questo modo la retribuzione oraria viene
ridotta, tagliando ancora una volta quindi il
salario degli insegnanti, ma, cosa più impor-
tante, vengono tagliate moltissime cattedre
che potrebbero accogliere nuovi professori.
Questo sempre all’insegna dei piani di crescita
e sviluppo dell’Italia. Ma c’è dell’altro tra cui i
problemi con l’edilizia scolastica, fatiscente e
non adatta alle esigenze dell’attività didattica,
l’assenza di leggi nazionali sul diritto allo studio
e la riduzione dei finanziamenti alle università,
per non parlare dell’aumento delle tasse uni-
versitarie. L’istruzione italiana, da sempre una
delle migliori al mondo, sta andando allo sfa-
scio, vedendosi prediligere spese militari o
investimenti destinati a gruppi bancari e sem-
bra difficile pensare che nelle scuole di oggi si
formino le persone che domani dovranno diri-
gere il paese.
Soprattutto perché con sprechi ed evasione
ovunque, l’unico settore sul quale si decide
UNIVERSITA’
sempre di tagliare senza rimorsi è la scuola
pubblica (ovviamente la privata al contrario
riceve nuovi finanziamenti), che non viene
vista come un investimento ma come un
peso. Per questo i partecipanti al mondo
scolastico sono scesi in piazza. Ma la scintilla
che ha fatto scattare la protesta, questa volta
è stata una frase del ministro dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca Francesco
Profumo (ex rettore del politecnico di Torino)
pronunciata a Genova : “Il Paese va allenato.
Dobbiamo usare un po’ di bastone e un po’
di carota e qualche volta dobbiamo utiliz-
zare un po’ di più il bastone e un po’ meno
la carota. In altri momenti bisogna dare più
carote, ma mai troppe”. Usando una meta-
fora già utilizzata da altri personaggi del
XX secolo come Winston Churchill e Benito
Mussolini, il ministro Profumo suggerisce che
gli italiani sono troppo abituati alle carote e
che dovrebbero vedere più spesso il bastone.
E proprio carote sono state lanciate in forma
di protesta durante la manifestazione al
grido di “Oh Profumo facce l’insalata”. Ma
tutti gli studenti che sono scesi in piazza
il 12 e quelli che torneranno in piazza nei
giorni a venire che effetti hanno sortito e
sortiranno sugli elementi politici del nostro
Paese? E’ dal 2008 che le manifestazioni
studentesche hanno raggiunto una portata
tale da permettergli una certa visibilità, ma
è cambiato qualcosa effettivamente? Le con-
tinue proteste sembrano essere viste dalla
classe politica solo come un modo di lasciar
sfogare i manifestanti, che tanto la sera tor-
nano a casa a guardare la tv, e per continuare
a dirigere il Paese come meglio credono.
Le migliaia di voci, che in particolare ogni
autunno da 4-5 anni a questa parte che si riu-
niscono e urlano contro i governi responsabili
dell’indebolimento del nostro sistema scola-
stico sembrano destinate a essere perse nel
vento. E perchè solo da noi le manifestazioni
non raccolgono tutta l’attenzione dei media
o la partecipazione che invece ottengono in
altri paesi come la Spagna e il Portogallo?
Qualcuno lamenta che ormai manifestare non
ha più senso, scendere in piazza a urlare con-
tro il potente è una perdita di tempo, tempo
che potrebbe essere impiegato altrove. Quale
alternativa dunque? Sicuramente studiare è
un’alternativa: creare una coscienza critica
in ognuno di noi a dispetto di quanti ci vor-
rebbero come una massa di pecore o, per
meglio essere in sintonia con la metafora del
ministro, asini. Purtroppo però studiare senza
fare niente è inutile. Partecipare alla vita
politica del paese, manifestando, scrivendo,
parlando è fondamentale per il progresso
dell’Italia. Far capire alla classe politica che
stiamo andando nella direzione sbagliata è
un dovere di ogni cittadino.
Gabriele Paone
6 Yield
Lo chiamavano diritto allo studio
Quando parliamo di diritto allo studio
il primo riferimento che si pone alla
nostra attenzione è quello all’art. 34
COST. secondo il quale “La repubblica rende effet-
tivo questo diritto con borse di studio” rivolte a
coloro i quali seppure “capaci e meritevoli” siano
sprovvisti dei mezzi economici necessari per “rag-
giungere i gradi più alti degli studi”. Ora, partendo
dal dettato costituzionale, tenteremo di capire se e
in che misura il diritto allo studio sia effettivamente
tutelato e garantito. A tal proposito ho pensato che
il modo migliore per rendersi conto dell’inadegua-
tezza delle misure statali volte a garantire il diritto
allo studio sia quello di proporre al lettore la situa-
zione dello studente medio, capace e meritevole
ma privo di mezzi, che si trovi a dover fare affida-
mento sulle misure atte a rendere effettivo il suo
diritto allo studio. Per rendere ancora più concreto
il nostro esempio ci focalizzeremo sull’esperienza
di uno studente o una studentessa che decide di
iscriversi ad uno degli atenei romani. L’ esperienza
universitaria per lo studente borsista inizia come
tutti con l’immatricolazione e parallelamente con la
domanda di partecipazione al concorso per l’eroga-
zione dei benefici (principalmente si tratta di borse
di studio e posto alloggio o contributo monetario
per il pagamento del canone di locazione) previsti
a livello nazionale e gestiti a livello regionale da
“LazioDISU”. La domanda deve essere presentata
entro determinati limiti temporali ed è divisa in
“provvisoria” e “definitiva”, ma ciò che importa è
che gli esiti definitivi del concorso non sono pub-
blicati prima di fine ottobre (questo rappresenta il
primo e gravissimo disagio e vedremo perché). A
questo punto i vincitori di posto alloggio possono
iniziare la procedura di assegnazione ma l’effettiva
disponibilità per tutti i vincitori non si avrà prima di
metà novembre. Pertanto lo studente o la studen-
tessa fuori sede, salvo rare eccezione rappresentate
da coloro che possono contare sul supporto di
parenti o amici, si ritrovano costretti a cercare un
posto letto a titolo (molto)oneroso e senza, almeno
per il momento, nessun supporto finanziario da
parte della Repubblica. A questo punto è neces-
sario segnalare due ordini di problemi. Il primo
riguarda un dato di carattere “procedurale”, cioè il
UNIVERSITA’
Ottobre 2012 7fatto che per poter percepire l’intero importo della
borsa di studio nel caso in cui non si vinca il posto
alloggio è necessario presentare un contratto di loca-
zione regolarmente registrato, il che comporta una
conseguenza aberrante: lo studente che abbia a sot-
toscrivere un tale contratto (che di regola è annuale)
e che saprà di essere vincitore solo a fine di ottobre si
trova per legge obbligato a dare tre mesi di preavviso
per il recesso anticipato e pertanto costretto a pagare
il canone nei successivi tre mesi, con o senza borsa
di studio. In secondo luogo risulta fondamentale un
altro dato di carattere “statistico” e il conseguente
stato di incertezza in cui si sono trovati gli studenti
che partecipano al concorso per il conferimento di
detti benefici. Per via dei continui tagli all’istruzione,
risultano ogni anno sempre di più gli studenti che,
seppur “idonei” (cioè “capaci e meritevoli ma privi di
mezzi” ed in possesso di tutti i requisiti richiesti dal
bando), vengono classificati come “non vincitori” e
di conseguenza, pur avendone diritto, sono esclusi di
fatto dai benefici. E qui la Repubblica si arrende già
in partenza, con buona pace del dettato costituzio-
nale. Vediamo ora cosa succede ai “fortunati” idonei
e vincitori di borsa di studio. Come dicevamo gli
esiti definitivi sono pubblicati a fine ottobre ma per
vedersi erogata effettivamente la prima rata della
borsa di studio bisogna attendere almeno dicem-
bre/gennaio, mentre per la seconda rata(del primo
anno) si deve attendere sino almeno a marzo (che
effettivamente significa giugno o luglio) del secondo
anno. Dunque, lo studente che abbia fatto domanda
a settembre 2012, percepirà, verosimilmente, la
prima rata a dicembre/gennaio 2013 mentre per
la seconda rata dovrà attendere a giugno 2014!! A
questo punto penso che abbiamo tutti gli strumenti
per effettuare un superficiale calcolo economico.
Prendiamo ad esempio lo studente immatricolato
a settembre del 2012 che abbia iniziato i corsi a
ottobre dello stesso anno e limitiamo, per adesso,
l’indagine al periodo temporale ottobre 2012 – otto-
bre 2013 per vedere come se la caverà lo studente
privo di mezzi durante il suo primo anno di studi
universitari. In base a quanto detto in precedenza
lo studente medio è obbligato a pagare di tasca sua
almeno per due mesi(che diventano spesso 5 per via
del preavviso) il canone di locazione. Questo, a Roma,
significa almeno 350 EURO al mese(ad essere molto
modesti) che si traducono in (almeno) 1750 EURO
che lo studente fuori sede potrebbe risparmiare se
solo l’amministrazione velocizzasse le procedure
burocratiche per l’assegnazione del posto alloggio
pubblicando le graduatorie entro il 15 settembre.
Detto ciò, se si considera che l’ammontare della
prima rata della borsa di studio si aggira intorno a
1.800 euro vediamo che, di fatto, è come se lo stu-
dente non percepisse alcun che! Ed è importante
anche sottolineare che lo studente matricola nell’
a.a. 2012/2013, prima di ricevere un ulteriore con-
tributo finanziario, dovrà attendere almeno sino a
dicembre 2013 quando, se idoneo e vincitore, potrà
percepire la prima rata del secondo anno. Tirando le
fila del discorso, possiamo concludere che, almeno
per il primo anno, lo studente “capace e meritevole
ma privo di mezzi” iscritto, ad esempio, all’Università
di Roma Tre, dovrà arrangiarsi come può. Ed anche
qui la Repubblica si arrende, in corso d’opera questa
volta, con buona pace del dettato costituzionale.
Antonio Contartese
UNIVERSITA’
8 YieldSOCIETA’
Alla ricerca della cittadinanza perduta(... cioè mai avuta)
Negli ultimi anni si è sentito spesso
parlare di seconde generazioni e
della legge sulla cittadinanza. Per
molti la discussione è mera cronaca poli-
tica, un argomento in più per dare adito alle
discussioni tra politici nei salotti televisivi.
Per altri, per le seconde generazioni in parti-
colare, è vita e lotta quotidiana. Per seconde
generazioni si intende i figli di immigrati
e rifugiati nati e/o cresciuti in Italia . Molti
(tra cui i ragazzi della rete G2- seconde
generazioni) si autodefiniscono come “figli
di immigrati” e non come “immigrati”: i
nati in Italia, infatti, non hanno compiuto
alcuna migrazione, e chi è nato all’estero
ma cresciuto in Italia non è emigrato volon-
tariamente, ma è stato portato in Italia da
genitori o altri parenti. Seconde generazioni
quindi non sta “per seconde generazioni di
immigrati” ma per “seconde generazioni
dell’immigrazione”, intendendo l’immi-
grazione come un processo che trasforma
l’Italia, di generazione in generazione (cit
www.secondegenerazioni.it -rete G2). Molti
di questi ragazzi di seconda generazione
sono vittime di una Legge datata e obsoleta
che non prevede per loro nessun percorso
alternativo ad hoc per l’acquisizione della
cittadinanza. Si parla della Legge n 91 del
92 che ancora oggi disciplina tutti i casi di
acquisizione della cittadinanza italiana.
Occorre quindi spiegare qual è l’iter che le
cosiddette seconde generazioni affrontano
prima di ottenere la cittadinanza italiana.
Nascere o meno in Italia non fa la differenza
se entrambi i genitori non sono cittadini ita-
liani. In tutti i casi il bambino o la bambina
dovranno avere un permesso di soggiorno
Ottobre 2012 9SOCIETA’(prima allegato a quello dei genitori e poi
indipendente). Sicuramente i disagi che si pos-
sono avere da bambini non sono paragonabili
a quelli di uno studente universitario o di un
lavoratore ma già da questa tenera età si perce-
pisce quella che è una discriminazione rispetto
ai propri compagni di scuola ed ai propri amici.
Ci si trova a non poter mancare al consueto
appuntamento con la questura (ogni anno, due
anni o più, secondo il tipo di permesso che si
possiede) per richiedere assieme ai genitori un
permesso di soggiorno, a dover talvolta rinun-
ciare ad una gita scolastica all’estero perché il
permesso di soggiorno è in rinnovo o perché la
destinazione richiederebbe un visto che non
si riesce ad ottenere nei tempi previsti. Tra la
rabbia di chi è già consapevole del suo diritto
mancato ad essere italiano e la rassegnazione
di chi, invece, non raggiunge questa consapevo-
lezza si arriva alla fatidica maggiore età, a questi
18 anni che spesso rendono la situazione solo
più complicata. Qui però le strade si dividono.
“ Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risie-
duto legalmente senza interruzioni fino al
raggiungimento della maggiore età,” come
afferma l’art 4, comma 2 L.91/1992, “ diviene
cittadino se dichiara di voler acquistare la cit-
tadinanza italiana entro un anno dalla suddetta
data.” In questo caso la neo o il neo maggio-
renne ha tempo fino ai 19 anni per richiedere
la cittadinanza, superati i quali non è più
possibile ottenerla con il detto “rito semplifi-
cato” , nonostante la nascita sul suolo italiano.
Chi, invece, come tante seconde generazioni,
nasce in un paese estero ma arriva con la
famiglia nell’infanzia, frequenta le scuole ita-
liane, diviene adulto in Italia, al compimento
dei 18 anni rimane quello che era prima per lo
stato italiano, uno STRANIERO. Non solo non
si ottiene il riconoscimento di quello che si è
già ma ci si ritrova ad avviare la normale richie-
sta di cittadinanza da parte degli stranieri che
richiede dieci anni di residenza continuativa,
un limite discrezionale di reddito (spesso la
domanda viene rifiutata per questo criterio), il
tutto aspettando altri tre, quattro o cinque anni.
Attendendo i tempi della burocrazia italiana la
seconda generazione deve comunque avere
un permesso di soggiorno per motivi di lavoro
o di studio e in un momento di piena crisi le
difficoltà aumentano ulteriormente. Ci si trova,
dunque, a crescere in un paese, ad essere citta-
dino di fatto dello stesso, ma, purtroppo, non
per lo stato, non nelle carte. Ne consegue l’im-
possibilità ad agire, a far valere i propri diritti
pur essendo parte integrante della società ita-
liana. Come? Non potendo votare, ad esempio,
non potendo partecipare a concorsi pubblici,
non potendo viaggiare se il permesso è in
rinnovo. Per le seconde generazioni la cittadi-
nanza italiana non è un lusso, un documento in
più, ma il riconoscimento di quello che già essi
sono, riconoscimento che allo stato attuale è ,
purtroppo e troppo spesso, ingiustificatamente
negato.
Kaoutar Charjane
10 YieldRACCONTO
La sveglia del fuori sede non è fissa, ma
flessibile: la mia è il camion dell’Ama che
passa a svuotare i cassonetti sotto alla
finestra della camera. Facendo una media pon-
derata di quattro anni di osservazioni sul campo
ho capito che l’orario standard è quello delle
otto meno un quarto, ma può subire variazioni
a seconda del bar in cui il conducente decide
di fare colazione (se è quello prima dei casso-
netti, la sveglia può arrivare anche alle nove e
mezza, se è quello dopo potrebbe capitare anche
di doversi svegliare alle sette meno un quarto).
Mercoledì la sveglia è capitata alle otto e
mezza. Non presto, ma nemmeno troppo tardi.
Mi alzo tranquillo, ma non troppo. Trovo il bagno
occupato, quindi opto per un caffè. Caffè finito.
Rimango spaparanzato sul divano e attendo.
Si libera il bagno ed ecco l’amara sorpresa: il
mio coinquilino non ha fatto le pulizie il giorno
prima durante il suo turno. Il pavimento sembra
quello dello spogliatoio dell’Atletico Palustre,
visto che il mio coinquilino ha pure l’abitudine
di utilizzare le scarpe al posto delle ciabatte.
Mi inoltro nella fanghiglia fino alla doc-
cia, apro l’acqua aspettando il getto rovente
ma l’acqua è gelata perché nel frattempo
la mia coinquilina sta lavando i piatti.
Esco. Mi asciugo. Mi deodoro. Mi vesto. Mi profumo.
Una mattina da fuorisede
Vignetta di Dario Di Girolamo
Ottobre 2012 11RACCONTOAl termine della vestizione, penso che non sarebbe
affatto male mettermi la camicia bianca che ho
lavato il giorno prima piuttosto che la solita maglietta.
Mi dirigo verso lo stendino. La camicia, che
secondo i miei calcoli doveva essere quasi
asciutta, con quel poco di umidità residua
perfetto per rendere la stiratura una semplice
formalità e non una lotta all’ultimo sangue
contro le maniche sgualcite, è sepolta da un
mucchio di panni gocciolanti che qualcuno ha
lasciato lì prima di uscire. La guardo, con lo
stesso sguardo che Giovanni in “Così è la vita”
rivolge alla sua macchina rigata. La dissotterro
dal cumulo, la appendo ordinatamente su
una gruccia, mi rimetto la maglietta ed esco.
Non faccio in tempo a scendere le scale che
ricevo un messaggio dal padrone di casa. Odio
i messaggi del padrone di casa. Quello diceva
semplicemente: “Passo lunedì”, che ai più non
sembrerà poi così minaccioso. Traducendo
dall’italiano al padronese forse si capiscono
meglio i termini della minaccia: “Non passo da
sei mesi, quindi la parte in nero dell’affitto che
non è compresa nel contratto e che mi conse-
gni a mano per non lasciare tracce con bonifici
e operazioni bancarie è arrivata a toccare quota
duemila euro: aggiungendo le tre bollette di gas,
luce e conguaglio del riscaldamento, e togliendo
l’armadio e le sedie che hai comprato tu e che
ti devo rimborsare perché sono di mia com-
petenza, fanno duemilatrecentoventisei euro.
Fammeli trovare lunedì quando arrivo, pos-
sibilmente in banconote di grosso taglio.”
Faccio due conti. Me ne mancano duecento.
Che fare? Viale Marconi è a due passi e vendere
il proprio corpo potrebbe essere una soluzione
(ma ne dovrei guadagnare trecento per ammor-
tizzare la spesa per una parrucca e delle calze a
rete), ma opto per metodi meno cruenti. Che al
momento non conosco, ma arriveranno.
Arrivo all’università e saluto.
“’Mazza Marcè, ma te e gli abbinamenti siete
proprio due estranei… ma come cazzo te vesti?
‘Na camicia ogni tanto no?”
“*****************” (risposta censurata per
rispetto delle principali normative vigenti in
materia di diffamazione, calunnia e per sensi-
bilità verso i lettori cattolici).
“Nte se po dì proprio niente oh….stai calmo…”
Prima di pranzo, l’ultima goccia: chiamata di
mamma.
“Come stai?”.
Anche qui, la traduzione dall’italiano al mam-
miano aiuta la comprensione: “Stai mangiando
o stai morendo di fame? Stai fumando? Sei riu-
scito a uscire dal tunnel dell’eroina? Ti servono
dei soldi? Mi levo il pane dalla bocca per man-
tenerti, ma mettendo una piccola ipoteca sulla
casa e vendendo la macchina potrei darti una
cinquantina di euro in più questo mese”.
“Ciao mamma… tutto bene, non ti preoccupare…
no non mi drogo… no non mi servono soldi”,
rispondo sconsolato, dirigendomi rapido verso
il sexy shop di via Giustiniano Imperatore, dove
potrò trovare parrucche e calze a rete a buon
mercato. Marcello Moi
12 Yield
Antiproibizionismo:intervista all’on. Rita Bernardini
Il 18 giugno scorso la deputata radicale Rita
Bernardini durante una conferenza stampa ha
seminato 3 semi di marijuana iniziando una
disobbedienza civile per conclamare la condizione di
migliaia di malati che rischiano la galera se scelgono
di curarsi con la cannabis, autoproducendola in casa.
On. Bernardini secondo lei perché, dopo mesi che
pubblica su Facebook le foto delle sua piantina di
marijuana, ancora le forze dell’ordine continuano
ad ignorarla? Cosa rischierebbe un cittadino “qua-
lunque” a coltivare 3 piante di marijuana in casa?
La rilevanza penale della condotta che ho posto in
essere nel corso della conferenza stampa del 18
giugno alla Camera dei deputati quando ho semi-
nato la marijuana e successivamente quando ho
proseguito la coltivazione sulla terrazza della mia
abitazione, c’è tutta; e ricordo che l’immunità non
è prevista se il parlamentare è colto in flagranza
di reato. Perché non mi arrestano? Solo perché
vogliono impedire che si apra nel paese quel dibat-
tito che è stato negato da decenni nel nostro paese,
dibattito riguardante i costi umani, civili, sociali ed
economici del proibizionismo. Cosa rischia chiun-
que coltivi per uso personale la marijuana? L’art. 73
del D.P.R. 309/90 prevede la reclusione da 6 a 20
anni e la multa da 26mila a 260mila euro; se il fatto
è di lieve entità (comma 5) – come nel caso delle tre
piantine – la reclusione è da 1 a 6 anni e la multa da
3mila a 26mila euro.
Ci può spiegare il significato di questa “diversa”
tipologia di lotta politica?
Ho due condanne definitive, diverse assoluzioni, e
un bel po’ di processi prendenti. Già uno dovrebbe
porsi questa domanda: come mai, per la stessa
identica condotta, sono stata condannata a Roma e
assolta a Palermo o a Matera? Come mai un ragazzo
viene assolto a Milano dal giudice Salvini per col-
tivazione domestica di marijuana e un altro viene
condannato e spedito in carcere in altre parti d’Ita-
lia? Inoltre, ripetutamente, la Corte di Cassazione
emette sentenze che si contraddicono l’una con
l’altra. Pertanto, se si ritiene -come noi radicali rite-
niamo- che una legge sia ingiusta, irragionevole e
criminogena, occorre intervenire cercando di cam-
biare la legge. Noi radicali ci abbiamo provato con
i referendum dal 1977 in poi, ma il potere se ne è
sempre inventata una – imbrogliando – o per impe-
dire ai cittadini di votare (vedi sentenze della Corte
Costituzionale) o stravolgendo l’esito referendario
come nel 1993 quando il popolo italiano decretò
la vittoria della “non sanzionabilità penale dei con-
sumatori”. E allora che fare di fronte all’arroganza
di un regime antidemocratico come il nostro? Il
nonviolento si sente in dovere di disobbedire pub-
blicamente contravvenendo alla legge e subendo
le conseguenze della violazione. Pannella nel 1977
finì in galera per aver fumato uno spinello in pub-
blico e nel giro di pochi giorni modificarono la legge
APPROFONDIMENTI
Ottobre 2012 13che fece uscire di galera migliaia di giovani incolpe-
voli. Sarà per questo “ricordo” che il potere sceglie
di non arrestarmi?
Può essere internet uno strumento più efficace per
diffondere la pratica della disobbedienza civile?
I media italiani preferiscono la violenza piuttosto
che lo scandalo della nonviolenza. Lo sapete che
l’unica intervista televisiva sulla mia disobbedienza
civile me l’ha fatta la CNN? Rai, Mediaset, la 7: chi le
ha viste? Certo il web è utile, ma solo se integrato
dagli altri mezzi di informazione. Però attenzione,
la nonviolenza è anche fisicità, contatto umano
diretto; con la nonviolenza è il proprio corpo che
diviene centrale… corpo che può essere incarcerato
per aver violato una legge ingiusta o che deperisce
per un prolungato digiuno…
La Toscana ha reso possibile per i malati l’uso
della cannabis per scopi terapeutici, che lei sappia
ci sono altre Regioni che potrebbero seguire la
Toscana? Ad oggi un malato cosa rischia se decide
di auto prodursi in casa questo tipo di farmaco
naturale?
Oltre alla Toscana, hanno legiferato Veneto e Liguria.
Ma non basta: occorrono direttive nazionali che
consentano di superare tutti quegli ostacoli buro-
cratici che oggi impediscono l’accesso ai farmaci a
base di cannabinoidi. Secondo la folle normativa
vigente, se un malato si autocoltiva la marijuana sul
balcone di casa rischia la condanna da 1 a 6 anni di
prigione; se, invece, quello stesso malato si riforni-
sce al mercato criminale, viene sottoposto solo a
sanzioni amministrative, ma la galera non la rischia.
Lo Stato, di fatto, ha compiuto la scelta di favorire il
mercato criminale.
Le proposte di legge antiproibizioniste sugli
stupefacenti sono mai state discusse approfondita-
mente in Parlamento? E come si sono comportate
le forze “progressiste e laiche” oltre ai radicali?
Ero riuscita a far abbinare la proposta di legge radi-
cale sulla depenalizzazione per uso personale, ma
hanno pensato bene di “stralciare” la materia dal
Disegno di legge delega del governo in materia di
depenalizzazione e decarcerizzazione e, comunque,
anche prima dello stralcio, tutti i gruppi parlamen-
tari - PD e PDL in testa, culo e camicia su questo
- hanno ignorato questo aspetto che avrebbe con-
sentito di sgomberare i tavoli dei magistrati (e le
galere) di decine di migliaia di procedimenti penali…
Perché la politica italiana è così disinteressata a
questo tema? Oltre alla criminalità organizzata a
chi giova il proibizionismo?
Giova ad una classe politica partitocratica, arro-
gante e ipocrita che, abitando in TV, va a dire - senza
contraddittorio- “tutti in galera” e, mentre litigano
facendo a gara a chi è più proibizionista, ottengono
facili consensi incuranti delle statistiche che par-
lano chiaro: aumento dei consumatori, lievitazione
degli introiti delle organizzazioni criminali, amplia-
mento dell’area della corruzione delle istituzioni
soprattutto di quelle chiamate a reprimere il feno-
meno del consumo. E, diciamola tutta: in questo
bailamme di incapacità a governare il fenomeno
della diffusione di sostanze stupefacenti illegali,
qualche sniffatina per tirarsi un po’ su ci vuole, no?
intervista di Gionny D’Anna
APPROFONDIMENTI
14 YieldCULTURA
Quando il giornalismo incontra... ... il resto del mondo
Torna anche quest’anno il festival del noto
periodico “Internazionale”. Tre giornate di
Ottobre, 5,
6 e 7. La città di Ferrara ospita nei suoi palazzi, parchi
e cortili un evento che ogni anno riunisce comples-
sivamente centosettanta giornalisti ed esperti in
vari ambiti da tutto il mondo (sono presenti ben
trent’otto paesi). Internazionale è un settimanale.
Nasce nel 1993, pubblica articoli di stampa stra-
nieri tradotti in italiano. L’idea del festival nasce nel
2007. Si vuole creare un evento in cui il pubblico sia
libero di incontrare e di discutere temi di attualità.
Giornalisti, economisti, politologi e personalità di
spicco nel mondo della cultura internazionale dibat-
tono, spiegano e illustrano i loro diversi punti di vista.
L’evento riscuote da subito grande approvazione tra
il pubblico tanto che già nel 2009 si riscontrano qua-
rantacinquemila presenze.
Il segreto di questo successo? Un’ampia offerta e
un alternarsi di prospettive. I temi trattati sono vari
e cambiano di anno in anno. Dalla politica all’eco-
nomia, dalla letteratura alle crisi internazionali. Si
discute con lo stesso grado di approfondimento della
Siria, come degli Emiri Arabi o delle elezioni politiche
in Russia. Le prospettive mutano repentinamente,
basta cambiare conferenza e si è dall’altro lato del
mondo. Gli ospiti sono personalità di spicco ricono-
sciute a livello internazionale. Roberto Saviano, Amira
Hass, Bill Emmott, Marjane Satrapi, Loretta Napoleoni,
Joe Sacco, Arundhati Roy, Noam Chomsky sono solo
alcuni degli ospiti che hanno partecipato al festival
in questi anni.
Tra gli intervistatori e i mediatori spiccano poi alcuni
grandi nomi come Gad Lerner, David Carr, Anna Maria
Giordano.
Tutto ciò avviene però in un contesto estremamente
informale. Così il pubblico può dialogare con que-
ste personalità e dibattere sui temi trattati diventa
semplice.
Il festival comincia al mattino con la rassegna stampa
a cura della redazione di Internazionale e si dispiega
per tutto il giorno in un susseguirsi di conferenze,
proiezioni cinematografiche e documentaristiche,
dibattiti, mostre fotografiche e persino uno spazio
adibito alla creatività dei più piccoli.
Di cosa si discute? Quest’anno il tema principale era
la crisi. Gli economisti possono spiegare come uscirne,
è proprio necessaria la cosiddetta “agenda Monti”?
O si potrebbero trovare dei metodi alternativi di
risanare l’economia? Come vedono la crisi in Italia
i giornalisti stranieri? Esiste, insomma “un’uscita
d’emergenza”? La varietà era ampia, diversi i filoni
sviluppati. Il primo contemplava il mondo della
protesta organizzata. Ospite d’onore: David Graeber.
Meglio noto come “l’antileader” di Occupy Wall
Street, rispondeva alle domande del pubblico su
anarchia, partecipazione e denaro.
Molto amato è stato poi il tema del Medio Oriente.
Dalle violazioni dei diritti umani, alla geopolitica, con
un maggiore approfondimento della situazione in
Ottobre 2012 15CULTURASiria.
Anche qui interviste, testimonianze e qualche
documentario.
L’ultimo filone era poi quello, immancabile, sul futuro
dell’informazione e sui social media. Ci si è interrogati
sul ruolo che questi hanno nel cambiamento dell’in-
formazione. Come si sono adeguate le più grandi
testate giornalistiche agli scossoni che l’avvento dei
giornali on-line, i blog e i nuovi sistemi di comuni-
cazione hanno dato all’industria editoriale? Può, ad
esempio, un giornale come il New York Times, uscire
dalla “crisi delle rotative”? David Carr (NYTimes)
e David Leigh (The Guardian) spiegano soluzioni
diverse al problema, illustrando due prospettive dia-
metralmente opposte ma forse entrambe soluzioni di
un problema quanto mai grave.
Se ciò non bastasse ad attirare il pubblico, si può
aggiungere che l’evento è quasi interamente gratuito,
anche se da quest’anno si è richiesto un contributo di
tre euro per le proiezioni.
Credo che la chiave più importante per il successo sia
però l’atmosfera di fermento culturale che si respira
nella città durante l’evento. Il pubblico non è spetta-
tore ma ha la possibilità di interagire e dibattere con
le personalità invitate dalla rivista.
L’assenza di mediazione tra intervistato e auditorio ci
proietta nella realtà e nel contesto di cui si sta par-
lando. Non si tratta di un articolo di giornale, né di un
film indipendente. Si può agire in prima persona.
Ci si sente in contatto il mondo, in una situazione,
appunto, internazionale.
Giulia Cavola
INIZIATIVA
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