Vulture Magazine, 8 marzo 2012

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VULTURE MAGAZINE 1 Blog: Notizie dal VULTURE - il cuore della Basilicata Sommario 8 Marzo 2012 Via Anzio Speciale Festa della Donna Rionero Filiano Una Donna E Un Fiore. Scatto Di A. Raffaele Poste Italiane Rionero. I Nuovi Spazi della rete Venosa. Rassegna Cinematografica

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notizie dal cuore della Basilicata

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Blog: Notizie dal VULTURE - il cuore della Basilicata

Sommario 8 Marzo 2012 Via Anzio Speciale Festa della Donna Rionero Filiano Una Donna E Un Fiore. Scatto Di A. Raffaele Poste Italiane Rionero. I Nuovi Spazi della rete Venosa. Rassegna Cinematografica

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NON SOLO MIMOSE

Un salotto culturale e musicale per riflettere insieme sul ruolo della

donna

La Pro Loco di Filiano è lieta di presentare un'iniziativa volta alla riflessione sul ruolo della donna nelle istituzioni e nella cultura. Un salottino culturale ospiterà, a Filiano, quanti vorranno celebrare la donna attraverso un vivace dibattito, accompagnati dalla calda musica di una chitarra. Sabato 10 marzo 2012, alle ore 18 nella sala convegni di Palazzo Corbo, la Pro Loco di Filiano, presieduta da Nicola Martinelli, celebrerà la "Festa della donna" con una iniziativa dal sapore insolito coniugando cultura, musica e temi sociali in un incontro allietato dalla voce e dalla chitarra del giovane cantautore Giuseppe Sileo. L'iniziativa, ideata da Vito Sabia, è stata intitolata "Non solo mimose". Quest'anno, infatti, la ricorrenza della "Festa della Donna" sarà occasione di dibattito analitico e costruttivo sul ruolo della donna nelle varie espressioni della vita. Il tema è: "Il ruolo delle donne nel contesto istituzionale e culturale". “Non solo mimose” è una proposta culturale

per valorizzare, oltre ogni retorica, l’identità di genere, la soggettività femminile e rendere omaggio al valore delle donne. Lo spunto della discussione e del dibattito sarà offerto dalla presentazione dell’ultimo lavoro della prof.ssa Anna Rivelli, “Il ragno”, romanzo incentrato sulla difficoltà di essere donna nella società contemporanea solo apparentemente evoluta. Ai saluti di Nicola Martinelli, Presidente della Pro Loco di Filiano, Giuseppe Nella, Sindaco di Filiano, e Felice Russillo, Presidente della Pro Loco di Picerno, seguirà la relazione di Vito Sabia, Responsabile della Biblioteca comunale di Filiano. Porteranno la loro esperienza e testimonianza la dott.ssa Valeria Russillo, Sindaco di Picerno, e la prof.ssa Anna Rivelli, scrittrice e autrice del libro “Il ragno”. Presenta e conduce Giusi Macchia, Vicepresidente Associazione Pro Loco di Filiano. La serata si concluderà con un aperitivo “in tema” preparato dalla Caffetteria “Dolci Evasioni” di Filiano. L’incontro è realizzato dalla Pro Loco di Filiano, in collaborazione con la Biblioteca Comunale di Filiano e l’Associazione Pro Loco di Picerno, e con il patrocinio del Comune di Filiano e del Comune di Picerno. Con l’iniziativa “Non solo mimose”, la Pro Loco di Filiano continua nel dare vita ad un serie di incontri nei quali il turismo delle culture diventa strumento efficace di progresso civile. L’appuntamento è per sabato 10 marzo 2012, alle ore 18.00 presso la sala convegni di Palazzo Corbo in c.da Iscalunga a Filiano.

Il Presidente Martinelli Nicola

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8 MARZO 2012. FESTA DELLA DONNA. UNA DONNA E UN

FIORE. SCATTO DI A. RAFFAELE CIRIELLO, FOTOREPORTER DI

GUERRA, CHIRURGO PLASTICO, ORGINIARIO DI GINESTRA, UCCISO DIECI ANNI FA IN

PALESTINA

Ginestra. Una donna e un fiore. In questa foto leggiamo la libertà, la speranza, la femminilità, la voglia tutta femminile di credere sempre e comunque ai sentimenti, a un domani migliore che le donne sanno sempre immaginare e costruire. Lo scatto, come gli altri, sono di Raffaele Ciriello di origini lucane (era nato a Venosa, 1959 da genitori di Ginestra ) morto tragicamente a Ramallah il 13 marzo 2002. Era un fotoreporter di guerra, che aveva lasciato la sua professione di chirurgo plastico, per collaborare col Corriere della Sera, come free-lance. Il 13 marzo 2002, a Ramallah, mentre stava documentando un rastrellamento dell'esercito israeliano, venne inquadrato e ucciso da una raffica sparata da un carro armato. Quest’anno ricorrono i dieci anni della morte del fotoreporter-chirurgo plastico di Ginestra. Era il quarto giornalista occidentale ad essere ucciso dall'IDF nei territori occupati. Dopo la sua morte, il governo israeliano non ha riconosciuto alcuna colpa, ma la sentenza di I grado del marzo 2010 nel quale il fotoreporter di guerra lucano è stato riconosciuto vittima

del terrorismo internazionale, anche quella di II grado, svolta nel novembre scorsoi sempre a Milano, dove Raffaele Ciriello a due anni si era trasferito con i genitori, ha confermato le responsabilità di chi ha ucciso il free-lance lucano. Ecco la nota dell’avvocato Fausto Maniaci di Milano, difensore della famiglia Ciriello, appena è stata emessa la sentenza di II grado: “Mi richiamo ai precedenti articoli pubblicati sull’argomento, per segnalare che la Corte di appello di Milano, con sentenza del 28 novembre scorso, ha integralmente confermato la sentenza di primo grado, che aveva riconosciuto Ciriello come vittima di terrorismo internazionale ed accordato ai congiunti superstiti i relativi benefici. Mi è gradito sottolineare che ciò è avvenuto attraverso un approfondito esame della questione di merito sulla matrice terroristica dell’evento (assunto a presupposto e titolo per la concessione dei richiesti benefici), individuata sia negli atti di rogatoria internazionale assunti a suo tempo dalla Procura di Milano e dall’informativa del Ministero della Difesa israeliano (che l’Ambasciata di Israele ha vanamente cercato di smentire nel corso del giudizio di appello), sia nell’interpretazione giurisprudenziale sulla qualificazione degli atti di matrice terroristica data dai giudici milanesi nel processo sul terrorismo islamico del 2007 e confermata in Cassazione (giurisprudenza evolutiva già richiamata nelle precedenti notizie di stampa).Vedremo se il Ministero si determinerà finalmente ad ottemperare.Avv. Fausto Maniaci”. Nel segno di una memoria giusta, che non dovrebbe mai fare difetto. Lorenzo Zolfo La foto ritrae uno scatto di Raffaele Ciriello.

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SERVIZI DI COMUNICAZIONE TERRITORIALE SUD 1 tel. 080-5507234 fax 080-5507025

FESTA DELLA DONNA: POSTE

ITALIANE, UN’AZIENDA IN ROSA OGGI IL 53% DEI DIPENDENTI

E’ DONNA

In Basilicata il 41% dirige un ufficio postale

Poste Italiane è un’azienda per oltre la metà in rosa. Complessivamente, le donne che vi lavorano sono circa 74mila, pari al 53% e circa la metà (47%) del personale con funzione di quadro risulta essere donna. In tutta Italia i direttori donna sono il 59% e dirigono 7.000 uffici su un totale di 14mila, con un’ottima percentuale al femminile in Basilicata (41%), regione nella quale sono attivi 176 uffici postali e 2 uffici Posteimpresa. Per quanto riguarda gli addetti al recapito su un totale di 40mila, sono poco meno della metà (circa 17mila) le portalettere donne. L’occupazione femminile all’interno dell’Azienda risale al 1865 ed è aumentata in modo graduale nel corso degli anni arrivando a registrare la presenza di 77 ausiliarie nel 1875. Ai primi del ‘900 il ruolo femminile viene riconosciuto e tutelato per la prima volta ma è solamente nel corso della prima guerra mondiale che si assiste ad un significativo aumento dell’occupazione femminile per compensare i tanti dipendenti postali chiamati al fronte.

“Laddove le donne sono istruite ed emancipate, le economie sono più produttive e più forti. Laddove le donne sono meglio rappresentate, le

società sono più pacifiche e più stabili”. È con le parole del segretario generale dell’ONU, M. Ban ki-Moon, che auguro a tutte le donne un buon 8 marzo La GIORNATA INTERNAZIONALE DELLE DONNE è l’occasione ideale per riflettere sui progressi compiuti sino ad oggi e sulla situazione attuale. Non c’è alcun dubbio che grandi cose sono state realizzate. I diritti delle donne sono ormai riconosciuti come parte integrante dei diritti umani fondamentali e l’uguaglianza dei sessi così come l’autonomia delle donne sono riconosciuti come principi essenziali per ottimizzare lo sviluppo economico e sociale. Un momento di riflessione individuale e collettivo per una celebrazione nata per la donna lavoratrice e che dal 1975 è sotto l’egida delle Nazioni Unite per ricordare il faticoso cammino compiuto dalle donne, per conquistare pari dignità e pari diritti. Ad oggi la strada è ancora lunga perchè molti sono i pregiudizi e le discriminazioni alimentati da tradizioni arcaiche che persistono in alcune parti del mondo ma anche in occidente. Con la successiva risoluzione dell’ONU del dicembre 1977, fu istituita una “GIORNATA PER I DIRITTI DELLA DONNA E LA PACE INTERNAZIONALE” con il riconoscimento del ruolo insostituibile della donna nella costruzione della pace. Ma c’è ancora bisogno di riflettere su problematiche che dopo tanti anni sono ancora, purtroppo, di attualità. Ogni

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giorno, nel mondo intero, milioni di ragazze non sono sempre scolarizzate, sopportano delle violenza fisiche e/o sessuali, sono obbligate a sposarsi o vendute come schiave. Giorno dopo giorno, i loro diritti umani fondamentali sono beffati. L’Africa, per esempio, si trova di fronte a numerose sfide: povertà, analfabetismo, violenze sessuali, alti tassi di mortalità materna e infantile, cambiamento climatico. Tutti problemi a cui devono far fronte soprattutto donne e ragazze. Benché in questi ultimi decenni si siano registrati formidabili progressi in fatto di uguaglianza tra uomo e donna, lo sviluppo e l’attuazione delle soluzioni adottate richiedono ancora un solido impegno politico. Necessita dare forza alla voce delle donne, coinvolgerle nei processi decisionali, puntare sul raggiungimento della loro autonomia economica e politica e investire nell’istruzione delle ragazze. Come ha dichiarato un economista della Banca Mondiale: “Investire nell’istruzione delle ragazze potrebbe essere sicuramente l’investimento più redditizio del mondo in via di sviluppo”. Infatti, l’investimento sulla condizione di donne e ragazze possiede un effetto moltiplicatore, poiché permette il miglioramento della condizione di vita delle loro famiglie, delle loro comunità e delle intere nazioni. Da più parti le donne oggi sono sollecitate a prendere consapevolezza non solo dei traguardi raggiunti ma anche dei rischi di arretrare. La nostra voce, le nostre esperienze di vita e di lavoro possono dunque offrire modelli positivi contro stereotipi imperanti e contro il degrado

sociale e morale di cui la donna, la sua immagine è vittima. Bisogna individuare adeguati strumenti per fronteggiare il potere dei media e le insidie dei tanti fuorvianti messaggi. Molteplici sono le risorse che alimentano il nostro cammino e talento rosa. Energia e saggezza, concretezza e fantasia non ci mancano,dunque al di là della retorica delle “mimose”, questa ricorrenza va vissuta come un utile momento di incontro e riflessione, per costruire insieme, ogni giorno, un mondo più “a misura di donna”. Maria M. PINTO Presidente del Consiglio Comunale

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Diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa

UFFICIO PER LE COMUNICAZION

I SOCIALI “La comunità cristiana guarda con

particolare attenzione al mondo

della comunicazione come a una dimensione di una rilevanza imponente per l’educazione”. E’ quanto si legge al n.51 del documento dell’episcopato italiano per il decennio 2010-2020 dal titolo Educare alla vita buona del Vangelo. Quanto affermano i Vescovi, sulle nuove tecnologie digitali e soprattutto sul modo di usare i diversi mezzi di comunicazione sociale, e fra questi in modo particolare la rete ed il mondo di internet, sarà oggetto di un convegno, promosso dall’Ufficio per le Comunicazioni Sociali della diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa, dal tema: “I nuovi spazi della rete: rischi e opportunità. Gli educatori di fronte alla sfida educativa”. Il convegno, che si terrà a Rionero sabato 10 marzo, presso l’istituto Mater Misericordiae dalle ore 17 alle ore 19, è aperto a tutti gli educatori (genitori, docenti, catechisti) chiamati, nel percorso educativo al servizio dei ragazzi e dei giovani, a confrontarsi con le nuove tecnologie. L’obiettivo, come ci suggerisce il già citato documento Educare alla vita buona del Vangelo, vuole essere “quello di educare alla conoscenza di questi mezzi dei loro linguaggi e a una più diffusa competenza quanto al loro uso”. La necessità di un’alleanza, su questi temi, fra gli organismi educativi, ha portato l’Ufficio per le Comunicazioni Sociali a programmare il convegno in collaborazione con la Commissione Famiglia, l’Ufficio Catechistico e l’Ufficio Scuola della diocesi. Saranno proprio i responsabili di tali Uffici a portare il contributo e le sollecitazioni del proprio

ambito pastorale. La relazione sarà affidata al prof. Angelo Romeo, docente presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Il vescovo diocesano mons. Todisco, che concluderà i lavori, ha sottolineato l’importanza del convegno, per tutti di educatori, nella consapevolezza che “il cammino formativo, nella società odierna, non può fare a meno di una conoscenza approfondita dei nuovi mezzi di comunicazione” IL DIRETTORE Tonio Galotta ::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

Cinema Lovaglio - VENOSA RASSEGNA CINEMATOGRAFICA

“GRANDI AM♥RI” da giovedì 8 marzo a venerdì 30

marzo 2012

PROLOGO “Amor ogni cosa vince”. (Leonardo da Vinci). Si, ma cos’è, in fondo, l’amore? Tante volte ci siamo interrogati su questo mistero che condiziona la vita di ogni essere umano, ma non siamo riusciti a dare una risposta esauriente e definitiva. Tantomeno lo si potrà fare in queste poche righe di presentazione, che vuole essere soltanto uno stimolo ad approfondire l’argomento “che fa girare il mondo”. L’amore è un sentimento intenso e profondo verso una persona, un animale, un ideale, la famiglia, il lavoro, la musica, il potere, la natura, l’arte, la politica, la terra natia, il cinema….

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Tutto ciò può essere oggetto di grande amore. Ma è anche quel sentimento che ti fa fare cose che non avresti mai immaginato di fare, che ti rende forte come un leone o molle come la cera, saldo come la roccia o debole come un bambino, che talvolta ti rende irrazionale, avventato, vulnerabile, cieco….. Sull’amore sono stati scritti fiumi di parole, sono state dipinte immagini stupende, sono state scolpite statue meravigliose, sono state composte mille e mille musiche, sono stati realizzati miriadi di film…. Resta l’interrogativo: ma cos’è, in fondo, l’amore? “Amor, amor, di nostra vita ultimo inganno” (Giacomo Leopardi). Lidia

…film in programma…

THE IRON LADY

Meryl Streep, vincitrice del Premio Oscar come Migliore Attrice Protagonista del film “The Iron Lady”, interpreta una delle personalità politiche più discusse e centrali degli anni ’80: Margaret Thatcher. Unica donna capace di arrivare alla carica di Primo Ministro in Inghilterra, la Thatcher deve il suo soprannome di “Lady di Ferro” alla scaltrezza e al cinismo politico dei suoi tre mandati consecutivi, improntati a rilanciare il suo Paese come potenza internazionale.

Prima donna premier di una democrazia occidentale, Margaret Thatcher ha guidato il governo tra il 1979 e il 1990 e ha aperto la strada alle donne leader in politica ed è stata molto amata dalla destra conservatrice ma al contempo contestata dalla sinistra e dalle forze sindacali. “The Iron Lady” racconta, nel corso di 40 anni, di Margaret Thatcher ormai 80enne vittima di una demenza che le fa confondere il presente con il passato, la realtà con l’immaginazione, come una regina senza più corona che insegue il valore dei ricordi. Il film, piuttosto che dell'ascesa e del declino fine a se stesso della Thatcher, si addentra nei sottili meccanismi emotivi dell'imponente figura della ex statista, oramai giunta alla fine della sua vita. Ne viene fuori un personaggio carico di passione e di “grande am♥re” per la politica e per la Patria. E’ la storia sulla solitudine di una donna che venne dal nulla per sfondare le barriere di genere e di classe, per farsi ascoltare in un mondo dominato dagli uomini, mettendo sempre al centro se stessa a scapito degli affetti, dell’amicizia, di tutto. Sublime l'interpretazione di Meryl Streep che riesce a trasmettere tutta l'intensità del personaggio. L’attrice americana riproduce alla perfezione l’accento inglese della Signora di Ferro, restituisce la sua grinta e la sua durezza, ma scopre anche la sua vulnerabilità. La regista Phyllida Lloyd fa della vita della “Lady di Ferro” un poema sul ricordo, una riflessione sul senso delle proprie scelte: a conti fatti, ne è valsa la pena? Questa è la domanda che insiste nella mente malata di una anziana signora che ripercorre, grazie a flashback e a filmati di repertorio, la propria vita.

THE ARTIST Nell’era della tecnologia avanzata, dell’alta definizione, della tridimensionalità, sedersi in sala per

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vedere “The Artist” è come tuffarsi in un’epoca che non c’è più, tempestata di ricordi in bianco e nero, senza voci, con cartelli scritti al posto dei dialoghi. Operazione nostalgia? Niente di più lontano dalla realtà, perché il regista Michel Hazanavicius con questo film ha il merito di raccontarci il passato con un tocco di contemporaneità, regalandoci una carrellata di personaggi dal sapore moderno, sintonizzando il ritmo del cinema che fu con la velocità dello spettatore di oggi. Nella Hollywood del 1927 George Valentin (Jean Dujardin), star del cinema muto, è l’idolo delle platee. Ma l’avvento del sonoro spingerà nell’oblio l’attore incapace di adeguarsi alla nuova epoca. Peppy Miller (Bérénice Bejo) si trova, invece, nel suo momento migliore: si sta preparando a diventare, da semplice comparsa, una vera diva. Fra i due nascerà un “grande am♥re”, ostacolato però dalle difficoltà che la fama e l’orgoglio porteranno nelle loro vite. Superati i primi minuti necessari a risintonizzarsi sulle frequenze del cinema delle origini, a rapire l’interesse dello spettatore sono soprattutto gli attori che comunicano in modo chiarissimo utilizzando solo la mimica facciale. Emerge una cura dei dettagli minuziosa per sopperire all’assenza del parlato. In quest'epoca in cui siamo sommersi dal rumore, un film del genere può farci recuperare la nostra dimenticata capacità di comprenderci e capirci senza bisogno di parole. Un film d’altri tempi ma per nulla anacronistico, con una colonna sonora nostalgica che ci ricorda che più degli effetti speciali possono lasciare il segno storie appassionanti e personaggi capaci di emozionare. Jean Dujardin si è aggiudicato la Palma d’Oro per la migliore interpretazione maschile al Festival di Cannes 2011. “The Artist” ha conquistato ben 5 Premi Oscar: Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Attore Protagonista, Miglior Colonna Sonora e Migliori Costumi.

ALBERT NOBBS

Il sogno più straordinario per tutti noi è - forse - quello di vivere una vita ordinaria. E così, in bilico fra sogni di felicità e obblighi di conformarsi, ecco “Albert Nobbs”, un film del regista Rodrigo García con una protagonista d’eccezione: Glenn Close che, dopo aver interpretato innumerevoli ruoli di donne fatali e pericolose, si traveste da uomo, perfetto nei gesti, nelle movenze e nei tratti, per lavorare e sopravvivere. Siamo nell’Irlanda di fine ‘800, in piena epoca vittoriana, nel “Morrison’s Hotel” di Dublino, un albergo di lusso. Tra la servitù spicca Albert Nobbs, un maggiordomo impeccabile, mai fuori posto: un ometto piccolo di statura, rosso di capelli e di pelle, silenzioso, solitario e molto avaro, che mette da parte tutti i suoi guadagni nascondendoli sotto un mattone come nasconde le sue forme sotto uno stretto corsetto. Nessuno può immaginare che sia una donna, travestita in giovane età per sfuggire alla violenza e alla sopraffazione e per trovare un lavoro rispettabile. Una donna che si veste e si comporta come un uomo perché costretta dalle circostanze. Albert ha perso la sua identità e oramai vive nel suo mondo fatto di ambiziosi sogni, distaccandosi da tutti. Un giorno però in albergo arriva chi la costringerà a fare i conti con la propria confusa identità e si ritroverà coinvolta in un insolito triangolo amoroso e prigioniera della sua stessa finzione. Glenn Close restituisce con compostezza ed eleganza i gesti e la drammatica vita interiore di una donna sbiadita dall’assenza di trucco e rimasta intrappolata in un corpo che non è più il suo, strizzato da un busto che ne cancella le forme, e seppellito per sempre sotto una giacca maschile. È una donna ingenua, che si è sempre nascosta dal mondo. Ha soppresso così a lungo le sue

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emozioni, fino a rinunciare al “grande am♥re”. Incantevole l’interpretazione di Glenn Close, che era candidata al Premio Oscar come Migliore Attrice Protagonista nel ruolo di un “travestito” Albert Nobbs, timido e raffinato alla stregua dell'indimenticabile Charlot del grande Chaplin, capace di catturare l’attenzione del pubblico attraverso una sottile e costante modulazione di comicità e tragicità. La sua è una recitazione asciutta, il suo viso è imperturbabile e lo sguardo esprime un’emotività a lungo repressa, uno sguardo che va oltre, in un altrove dove poter riscattare la sua felicità. Il regista descrive la miseria sia materiale che emotiva in cui molta gente viveva, delinea un periodo in cui la perdita del lavoro era all’ordine del giorno e ci si ritrovava in mezzo ad una strada con estrema facilità. Storie toccanti come quella di Albert Nobbs meritano di essere raccontate perché sviluppano una connessione emotiva con il pubblico.

ALMANYA Protagonista del film è la famiglia Yilmaz, emigrata in Germania dalla Turchia negli anni ‘60 in cerca di lavoro e di fortuna. Dopo le iniziali difficoltà si è integrata perfettamente sul territorio tedesco e lì sono nate ben tre nuove generazioni. Dopo una vita di sacrifici, il patriarca Hüseyin ha finalmente realizzato il sogno di comprare una casa in Turchia e ora vorrebbe farsi accompagnare fin lì da figli e nipoti per risistemarla. Il capofamiglia inizierà un’opera di convincimento perché si possa organizzare un viaggio comune. Malgrado lo scetticismo iniziale, la famiglia al completo parte per questa nuova avventura nella terra d’origine durante la quale si intrecciano i ricordi tragicomici dei primi anni in Germania, quando la nuova patria sembrava un

posto assurdo in cui vivere. Lungo il tragitto, però, vengono a galla molti segreti del passato e del presente e tutta la famiglia si troverà ad affrontare la sfida più ardua: quella di restare unita. “Almanya” (Germania in turco), del regista Yasemin Samdereli, ha il merito di offrire allo spettatore una miriade di sfumature. La famiglia Yilmaz rappresenta un condensato della sfida che attende le nuove generazioni, in bilico fra l’appartenenza alle origini e un mondo costruito a partire da loro. Il film è un gioco di sguardi, un passaggio orale di esperienze, un continuo monito ad esplorare le proprie coscienze e i propri sogni, senza dimenticare chi siamo stati, cosa siamo oggi e cosa saremo domani. Quanta emozione in questo film narrato dai diversi protagonisti, tutti, nessuno più importante di un altro, ognuno con la sua storia da raccontare, storie che si intrecciano, che si sovrappongono, che scompongono e ricompongono il tessuto di questa famiglia fatta di valori veri, antichi, ma fortemente radicati, unita da un “grande am♥re” e dal reciproco sostegno. In “Almanya” c'è l'amore, quello filiale, quello puro, narrato con soavità e delicatezza, e quello ancestrale per la propria terra e le proprie origini. E’ un film vero, divertente, corale, deliziosamente attuale e realistico, che analizza con delicatezza e ironia il tema dell’integrazione e potrebbe riguardare gli immigrati di ogni parte del mondo. Fa capire cosa vuol dire doversi adattare in un paese straniero, non capire una sola parola, integrarsi in una nuova scuola da parte dei bambini, spesso assoggettati anche a emarginazioni e angherie. Tutte difficoltà che vengono superate se la famiglia è unita. Si ride, ci si commuove, si riflette: “Almanya” è un vero gioiellino. Spassoso e nostalgico, attuale e poetico.

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