Viedelgusto agosto settembre 2014

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(SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - REGIME LIBERO 70% DCB ROMA) Agosto-Settembre 2014 Euro 2,90 www.viedelgusto.it ITINERARI DEL GUSTO INTERVISTE SUL SET: MATTHEW MCCONAUGHEY NAPOLI PIZZA VILLAGE EXPO 2015: IL PADIGLIONE DEL VINO ITALIANO A VENEZIA PER RISCOPRIRE LE VERE TRADIZIONI LAGUNARI STREET FOOD NELLA CITTÀ DI DANTE LE VIGNE DEL PIEMONTE ORGOGLIO E SIMBOLO DELL’ITALIA NEL MONDO NOTTE SCINTILLANTE AL MITICO LIDO DI PARIGI IL POLPO: TENTACOLI DI LEGGERA FRESCHEZZA NEL POLLINO PER GUSTARE LA LENTICCHIA DI MORMANNO FAVIGNANA: ISOLA NELL'ISOLA SALENTO SLOW BASILICATA IN TOUR CORSICA TROPICALE CHIANA, LA VALLE DELLA BUONA CARNE INTERVISTE SUL SET: MATTHEW MCCONAUGHEY NAPOLI PIZZA VILLAGE EXPO 2015: IL PADIGLIONE DEL VINO ITALIANO A VENEZIA PER RISCOPRIRE LE VERE TRADIZIONI LAGUNARI STREET FOOD NELLA CITTÀ DI DANTE LE VIGNE DEL PIEMONTE ORGOGLIO E SIMBOLO DELL’ITALIA NEL MONDO NOTTE SCINTILLANTE AL MITICO LIDO DI PARIGI IL POLPO: TENTACOLI DI LEGGERA FRESCHEZZA NEL POLLINO PER GUSTARE LA LENTICCHIA DI MORMANNO FAVIGNANA: ISOLA NELL'ISOLA SALENTO SLOW BASILICATA IN TOUR CORSICA TROPICALE CHIANA, LA VALLE DELLA BUONA CARNE

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(SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - REGIME LIBERO 70% DCB ROMA)

Agosto-Settembre 2014 Euro 2,90 www.viedelgusto.it

ITINERARI DEL GUSTO

INTERVISTE SUL SET: MATTHEW MCCONAUGHEY

NAPOLI PIZZA VILLAGE

EXPO 2015: IL PADIGLIONE DEL VINO ITALIANO

A VENEZIA PER RISCOPRIRE LE VERE TRADIZIONI LAGUNARI

STREET FOOD NELLA CITTÀ DI DANTE

LE VIGNE DEL PIEMONTE ORGOGLIO E SIMBOLO DELL’ITALIA NEL MONDO

NOTTE SCINTILLANTE AL MITICO LIDO DI PARIGI

IL POLPO: TENTACOLI DI LEGGERA FRESCHEZZA

NEL POLLINO PER GUSTARE LA LENTICCHIA DI MORMANNO

FAVIGNANA: ISOLA NELL'ISOLA

SALENTO SLOW

BASILICATA IN TOUR

CORSICA TROPICALE

CHIANA, LA VALLE DELLA BUONA CARNE

INTERVISTE SUL SET: MATTHEW MCCONAUGHEY

NAPOLI PIZZA VILLAGE

EXPO 2015: IL PADIGLIONE DEL VINO ITALIANO

A VENEZIA PER RISCOPRIRE LE VERE TRADIZIONI LAGUNARI

STREET FOOD NELLA CITTÀ DI DANTE

LE VIGNE DEL PIEMONTE ORGOGLIO E SIMBOLO DELL’ITALIA NEL MONDO

NOTTE SCINTILLANTE AL MITICO LIDO DI PARIGI

IL POLPO: TENTACOLI DI LEGGERA FRESCHEZZA

NEL POLLINO PER GUSTARE LA LENTICCHIA DI MORMANNO

FAVIGNANA: ISOLA NELL'ISOLA

SALENTO SLOW

BASILICATA IN TOUR

CORSICA TROPICALE

CHIANA, LA VALLE DELLA BUONA CARNE

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Tutti, in qualche anfratto recondito della nostramente, custodiamo con gelosia un immaginarioparadiso perduto, un lembo di paradiso terrestre

dove sogniamo di approdare con la nostra barca quandoi problemi della vita di ogni giorno si fanno più opprimen-ti ed esasperanti. Un luogo dell’anima talora solo filtratoda un sogno, oppure idealizzato, altre volte reale, cono-sciuto anche solo per pochi momenti dal vivo e rimastoimpresso indelebilmente nel nostro intimo seppure trasfi-gurato e avvolto da un’aureola d’incanto. Insomma, unasorta di mitico eldorado personale, un porto sicuro diormeggio interiore dove amiamo rifugiarci per sfuggirealle angustie del quotidiano e trarne sollievo e nuovi sti-moli rassicuranti di speranza. Ammantandolo nei nostriviaggi onirici con sempre più intense sensazioni di armo-nia e sfumandolo col proposito di un futuro immancabileappuntamento: “prima o poi mollo tutto e mi ritiro lì”. Diceva il filosofo Cleante a un giovane discepolo: “Tienisempre a portata di mano una barca per fuggire nellatua isola felice ogni volta che il destino avverso sta persopraffarti”. Un consiglio prezioso che è facile metterein pratica: è sufficiente che la barca sia ancorata nellanostra mente e che sappia già verso quale meta farerotta per abbandonare, anche solo per pochi istanti,quotidiane angosce, logoranti menage, stili di vita sem-pre più opprimenti. Non importa se questo eliso è quasi sempre solo imma-ginario e siamo stati noi a plasmarlo nella mente a nostraimmagine e somiglianza per placare una profonda sete dibeatitudine e bon vivre. Ma può essere anche un luogo che esiste davvero, doveabbiamo messo piede e dove si è creata una perfetta sin-tonia di vibrazioni, un luogo conosciuto durante un viag-gio, questo sì reale e non dell’anima o della fantasia. Nellagran parte dei casi, almeno stando al ritratto delineato daquanti rivelano di avere trovato il proprio paradiso interra, si tratta di un posto dal clima mite, bagnato dalmare dove ci si sente felicemente liberi, accarezzati dal-l’aria e dal sole. Un luogo esotico, ma non necessariamente, perché puòessere un lembo di campagna o un remoto angolodisperso fra le montagne, quasi un eremo, per chi ha lavocazione al misticismo e alla contemplazione. E perchéno, anche una città speciale, una metropoli, come Londra,New York, Madrid o Parigi, che emanano un fascino intri-gante, talora perverso, con la loro vita spasmodica macosì ricca di fremiti e di emozioni. Un fascino che seduceirresistibilmente soprattutto i più giovani che detestano laroutine con i suoi rituali scontati e preferiscono un’over-dose di vita.

La possibilità di scovare il proprio ambiente ideale dainteriorizzare poi nella mente è oggi di gran lunga più altarispetto al passato. I luoghi di sogno ai tempi del Grand Tour si limitavanoall’Europa e avevano come capisaldi l’Italia col suo sole, ilsuo mare limpido e sgargiante, i tesori d’arte e di storia,ma anche la Grecia e la Spagna. Invece per i tanti emi-granti che, fra l’Ottocento e il Novecento, con un viaggiodi sola andata verso un mondo ignoto, approdavano inun’America ancora da esplorare, i paradisi perduti e ritro-vati erano tanti. Ed erano reali perché vi si poteva pianta-re le radici per il resto della vita, purtroppo talvolta a sca-pito di chi ci abitava prima.Oggi gli orizzonti si sono enormemente dilatati grazie allacomodità che abbiamo di spostarci, specie in aereo, chein poche ore ci porta in capo al mondo. Chi non si è anco-ra imbattuto nel suo angolo di paradiso e l’ha solovagheggiato nella mente, continui a viaggiare perché cer-tamente lo troverà e potrà dare un senso meno astratto aipropri sogni. Ma soprattutto potrà avere un rifugio acco-gliente e rilassante ogni volta che occorre ricaricare leproprie batterie.

Editorialewww.viedelgusto.itdi Giancarlo Roversi

A OGNUNO IL SUO PARADISO TERRESTRE...Ph. Mario Rebeschini

Felice Casorati – “Il sogno del Melograno” (1912)

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60 LE DOLCI UVE DI MAZZARRONEDI PAOLO BARONE

62 CIOCCOLATO FONDENTE: GOLOSO TOCCASANA

DI ERNESTO VANIA

63 PANE ARABO ALIMENTO A CINQUE SENSI

DI GIUSY REGINA

64 “CA' SAGREDO”: INDIMENTICABILIATMOSFERE VENEZIANE

DI TERRY ZANETTI

66 CHI DICE MAREMMA DICE MARE E...TANTO BUON PESCE!

DI MARIA LUPI

68 CORSICA: IL REGNO DEI CONTRASTIDI SAMANTHA MARCELLI

72 FRUTTI TROPICALI: SMAGLIANTETAVOLOZZA DI COLORI E SAPORI

DI MICHELLE BELOTTI

76 INTERVISTE SUL SETMATTHEW McCOUNAGHEY

DI MARCO SPAGNOLI

80 A SACCA FISOLA, PER RISCOPRIRELE VERE TRADIZIONI LAGUNARI

DI DAVIDE FEDERICI

82 ERBA DELLA MADONNA, ERBA AMARA, ERBA BONA

DI ANNA MARIA FABBRI

84 NAPOLI PIZZA VILLAGEDI ELEONORA MOSA

88 CUCINA ANTISPRECODI MATTEO DESIDERIO

89 NON TUTTI I GRASSI VENGON PER NUOCEREDI MARIA CARLA SQUEO

90 ANEDDOTI, CURIOSITÀ E RICETTE DELLE “PISCADORE” DI CERVIA

DI LORIS FANTINI

92 L’ARTE BIANCA MARCHIGIANA...DALL’APLOMB ANGLOSASSONE

DI GIULIA GIOVANELLI

94 IN FORMA CON LO YOGURTDI MATTEO DESIDERIO

96 LE LENTICCHIE DI MORMANNODI GIORGIO RINALDI

99 CELIACHIA? FORSE NON SARÀ PIÙ UNA MALATTIA

DI R.T.

100 ASSAGGIATI PER VOIDI PAOLA CERANA

102 FORMAGGI E UVA: APPETITOSO CONNUBIO

DI MATTEO DESIDERIO

104 VACANZE RURALI E SLOW IN POLESINE

DI GINEVRA CORSAROLI

105 SU E GIÙ PER L’ITALIA

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IN COPERTINA 10FOTORACCONTO: I TESORI VITIVINICOLI DELLE

LANGHE-ROERO E MONFERRATODI CLAUDIA BECCATO

3 EDITORIALE: A OGNUNO IL SUO PARADISO TERRESTRE...

DI GIANCARLO ROVERSI

6 PAESAGGI GASTRONOMICI: CHIANA, LA VALLE DELLA BUONA CARNE

DI GIOVANNI BALLARINI

16 APPUNTAMENTI GUSTOSI

18 FAVIGNANA: UN PARADISO DI TERRA E DI MARE

DI MARIANNA MASTROPIETRO

22 NON SOLO MARE IN UN SALENTO TUTTO DA ASSAPORARE

DI CLAUDIA BECCATO

28 LO STREET FOOD DELLA CITTÀ DI DANTEDI TERESA MONACO

30 I MILLE GUSTI DELLA MILLE MIGLIADI CECILIA SGHERZA

32 MEZZO SECOLO DI “BUON RICORDO”DI SAMANTHA MARCELLI

34 PHILIPPINES AIRLINES:QUEL TOCCO DI BUON GUSTO...

DI MARCO FINELLI

35 EXPO 2015: VINO - A TASTE OF ITALYDI CECILIA SGHERZA

36 NOTIZIE GOLOSE

38 LE DELIZIE DEI SENSI E L’EMOZIONE DI GUIDARE A CIELO APERTO

DI SAMANTHA MARCELLI

40 UNA NOTTE SCINTILLANTE AL MITICO LIDO DI PARIGI

DI VITTORINA FELLIN

42 ARBATAX PARK RESORT & SPA UN'OASI ESCLUSIVA AFFACCIATA SUL MARE

DI RITA BERTAZZONI

46 BENVENUTI NEL PIANETA LUCANIADI FRANCESCA MAISANO

50 DOLOMITI LUCANE: PERLA NASCOSTA DI MARIA LUISA PASQUALE

53 VINÒFORUM TRADE: I VINI ITALIANI ALLA CONQUISTA DEL MONDO

DI FRANCESCA MAISANO

54 POLPO: TENTACOLI DI LEGGERA FRESCHEZZADI LUIGI FERRARO

56 DAL “SALONE DEL GUSTO E TERRA MADRE 2014” VERSO “EXPO 2015”

DI GINEVRA CORSAROLI

58 MANGIARE IN MONGOLFIERADI VALERIO GRANCORIS

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PAESAGGI GASTRONOMICI

di GIOVANNI BALLARINI

CHIANA, LA VALLE DELLA BUONA CARNE

Poeticamente decantata da Goethe, quella bella terra di Toscana educata con sapienza dalla mano contadina, lavorata alla perfezione e preparata alla seminazione, è culla della razza bovina più pregiata e invidiata al mondo

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Val di Chiana per molti ricorda la carne della razza bovina Chia-nina, e viceversa. Un paesaggio antico, che entusiasma Johann Wolfgang von Goethe e nel suo Viaggio in Italia gli fa dire “Non è possibile vedere campi più belli; non vi è una gola di terreno la quale non sia lavorata alla perfezione, preparata alla seminazione. Il formento vi cresce rigoglioso, e sembra rinvenire in questi ter-reni tutte le condizioni che si richiedono a farlo prosperare. Nel secondo anno seminano fave per i cavalli, imperocché qui non

cresce avena. Seminano pure lupini, i quali ora sono già verdi, e portano i loro frutti nel mese di marzo. Il lino pure è già semina-to; nella terra tutto l’inverno, ed il freddo, il gelo lo rendono più tenace”.Una razza antichissima, quella Chianina, di grandi dimensioni, d’origine Etrusca e punti di partenza anatolici, come stanno di-mostrando le ultime ricerche genetiche, ma soprattutto con una carne di qualità inimitabile.La carne della bistecca alla fiorentina, che si ottiene dal taglio del-la lombata (la parte in corrispondenza alle vertebre lombari, la metà della schiena dalla parte della coda) del vitellone di razza Chianina, ha nel mezzo l’osso a forma di “T” con il filetto da una parte e il controfiletto dall’altra.Il padre della cucina borghese italiana, Pellegrino Artusi, nel suo manuale La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene, scritto in Toscana, definisce“Bistecca alla fiorentina. Da beef-steak, parola inglese che vale costola di bue, è derivato il nome della nostra bi-stecca, la quale non è altro che una braciuola col suo osso, grossa un dito o un dito e mezzo, tagliata dalla lombata di vitella”.Non solo razza, ma anche modo di allevamento e alimentazione degli animali, nelle condizioni di un paesaggio che aveva impres-sionato Goethe e ricco di quelle leguminose – fave e lupini – che nutrivano i cavalli, ma anche i buoi da lavoro e i manzi da carne.Poche sono le valli italiane della buona carne bovina, ma la Val di Chiana é una di queste, con il suo paesaggio creato dall’uomo che ha messo a regime le acque, bonificando anche le paludi che si erano formate nel passato, coltivando foraggi e leguminose particolari per l’alimentazione umana e animale.Nella fiorente agricoltura chianina, spiccano i cereali (grano, gran-turco, orzo), gli ortaggi e tra questi alcune leguminose come l’an-tichissimo fagiolo dall’occhio, il fagiolo romano e il fagiolo zolfino.Una valle dal clima speciale, ma soprattutto culla di una razza bo-vina che, non tradendo le sue antichissime origini anatoliche, si é alzata non solo in altezza ma soprattutto in qualità delle carni, acquisendo infine un bianco colore del mantello e del pelame.Bovino gigante, il Bos magnus et albus di Plinio il Vecchio, con una crescita lenta necessaria per assicurare alla sua carne la ma-turità necessaria per avere un’inimitabile, preziosa bistecca alla fiorentina, e non i sia pur apprezzabili lessi e bolliti delle altre razze bovine italiane da carne.Nei maschi raggiunge e supera i 190 centimetri di altezza al gar-rese, con un peso che può arrivare a 1.700 chilogrammi; nelle femmine si superano i 155 centimetri al garrese e si arriva a un peso di 1.100 chilogrammi.È caratterizzata da gigantismo somatico, tra le razze bovine è quella che raggiunge le maggiori dimensioni. Il mantello è bianco porcellana in entrambi i sessi con aperture naturali pigmentate.Una razza unica al mondo e per questo esportata e allevata in

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Paesaggi gastronomici

molte parti del mondo, in particolare nell’America Meridionale. Questa razza fornisce una carne magra, solo in soggetti molto grandi troviamo infiltrazione di grasso tra le masse muscolari, che ne accentuano il sapore. Dalla carne di questi animali si ottiene la bistecca alla fiorentina, taglio di carne molto pregiato ottenibile solo da questa razza, che è considerata gigante per l’elevato svi-luppo della mole.La carne di Chianina, già nota per il gusto eccellente, si colloca fra le carni più salubri.Nella valutazione della salubrità del prodotto carne, assume parti-colare rilevanza il rapporto esistente tra acidi grassi saturi ed insaturi, importante ai fini della prevenzione delle malattie cardiovascolari. L’indice di aterogenicità, che tiene conto di questi fattori, è consi-derato un importante indicatore di qualità: più basso è il suo valo-re, migliori sono le caratteristiche dietetiche della carne, e quella di vitellone Chianino ha valori simili a quelli del pollo e del pesce, alimenti ritenuti altamente sani e digeribili.La carne di Chianina gustosa, magra ha un basso contenuto di colesterolo, ed è tutelata dal 1982 dal marchio di qualità 5R del Consorzio C.C.B.I. ed ha recentemente ottenuto il riconoscimen-to di Indicazione Geografica Protetta ”Vitellone Bianco dell’Ap-pennino Centrale”.La carne, ben frollata per almeno due settimane nelle celle frigo-rifere, al momento della cottura deve essere a temperatura am-biente. Il taglio è tra un chilogrammo e un chilogrammo e mezzo, con un’altezza tra i cinque e i sei centimetri. La bistecca deve es-sere tanto spessa da stare in piedi da sola.Una buona cottura è il segreto di tutto il gusto della bistecca alla fiorentina.

La cottura é rigorosamente alla griglia con abbondante brace di carbone di legna, preferibilmente di quercia, leccio o olivo, ben viva, appena velata da un leggero strato di cenere, senza fiamma.La carne all’inizio va posta vicinissima ai carboni, di modo che si formi una crosta il più rapidamente possibile e i succhi della carne non fuoriescano. Dopo il primo minuto, la bistecca va alzata a un fuoco più gentile.La carne va girata una sola volta, cucinandola tra i tre e i cinque minuti per parte, poi messa “in piedi”, dalla parte dell’osso, per cinque, sette minuti, fino a quando non scompaiono da questo le tracce di sangue.Con una buona cottura la carne deve risultare colorita all’esterno e rossa, morbida e succosa all’interno. Per questo, non deve esse-re girata con l’ausilio di forchettoni o altro utensile che penetri la carne e rompa la crosta che si forma all’inizio della cottura.Non deve essere cosparsa di limone.Accompagnamento tradizionale sono i fagioli cannellini all’olio, o un’insalata e come vino un buon Chianti classico.

GIoVANNI BALLARINI, Professore Emerito dell’Università degli Studi di Parma, si dedica alla cultura dell’alimentazione umana, con oltre 400 pubblicazioni. È Presidente dell’Accademia Italiana della Cucina e Vicepresidente della Académie Internationale de la Gastronomie. Gli sono stati attribuiti molti prestigiosi premi nazionali e internazionali.

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Coltura & Cultura

di Giovanni Ballarini

lE VIGNE DEl PIEMoNtE orGoGlIo E SIMBolo DEll’ItalIa NEl MoNDo Il patrimonio dell’umanità si arricchisce di una nuova gemma: i tesori vitivinicoli delle Langhe-Roero e Monferrato

di Claudia BeCCatoFotografie associazione per il Patrimonio dei Paesaggi vitivinicoli di langhe-Roero e Monferrato

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Anche tu sei collina / e sentiero di sassi / e gioco di canneti, / e conosci la vigna / che di notte tace. Tu non dici parole. / C’è una terra che tace / e non è terra tua. / C’è un silenzio che dura / sulle piante e sui colli. / Ci son acque e campagne. / Sei un chiuso silenzio / che

non cede, sei labbra / e occhi bui. Sei la vigna.Cesare Pavese

Barbaresco noto per essere luogo di origine e di produzione dell’omonimo vino doCG ottenuto da Nebbiolo in purezza

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Coltura & Cultura

Quelle sinuose colline della Langa di cui Cesare Pavese è stato sommo cantore sono finalmente state riconosciute dall’UNESCO come patrimonio mondiale assieme a Roero e Monferrato. Pri-mo paesaggio vitivinicolo italiano a far parte della “World Heritage List”.Sono sei le aree che fanno parte di questo distretto straordinario: la Langa del Barolo, vocata da sempre al nobile Nebbiolo, il Castello di Grinzane Cavour, residenza del Conte Camillo Benso, promotore dei primi esperimenti enologici piemontesi, le colline del Barbaresco, dove si pro-

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le Cattedrali Sotterranee, meraviglia di Canelli e patrimonio dell’umanità. Queste cantine storiche si snodano sotto la città e nel ventre della collina di Villanuova. Nel 1850 Carlo Gancia in uno di questi “capolavori” diede vita al primo spumante italiano, l’asti. Qui riposavano, tra ’800 e ’900, le botti di Moscato in attesa di fermentazione. oltre alle Cantine Gancia, davvero spettacolari anche le Cantine Con-tratto, Bosca e Coppo

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duce l’omonimo vino, Nizza Monferrato e il Barbera, celeberrimo vitigno dove lì trova la sua ori-gine, Canelli e l’Asti Spumante, terra del Moscato Bianco, il Monferrato degli Infernot, interrati scavati nella Pietra da Cantoni atti alla conservazione domestica delle bottiglie ed emblemi del savoire faire popolare ed infine una zona tampone. Quest’ultima per garantire una continuità al paesaggio delle singole aree e quindi una più corretta protezione. Quindi grande gioia per queste terre, segnate dalle viti ed emblema culturale dell’unione tra l’uomo e la natura.

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Coltura & Cultura

Il Nebbiolo è considerato il “re dei vitigni di Langa” per tutta una serie di caratteristiche genetiche superiori ad altri vitigni che si configurano in complessità aromatica, potenza tannica e maggiore longevità. (Tratto da: Atlante delle Grandi vigne di Langa – Slow Food editore)Storicamente nell’albese si trovano quattro sottovarietà di Nebbiolo: Il Michet (così denominato per la forma com-patta del suo grappolo che ricorda la pagnotta di Langa); Il Lampia, dal grappolo più grosso e abbastanza allun-gato, ma con qualità enologiche equilibrate e costanti; Il Rosè, oggi però quasi del tutto abbandonato per la sua scarsa resa e Il Bolla, dal nome del selezionatore di santa Maria di La Morra.

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Serralunga d’Alba, paese di circa 500 abitanti in provincia di Cuneo (foto in alto), è un tipico borgo medievale cresciuto concentricamente attorno al castello del XIV secolo. L’imponente maniero domina con il forte slancio verticale delle sue architetture il maestoso panorama delle colline di Langa, che sembrano disegnate sui fianchi delle colline. È un “Donjon” (dal francese Dongione), e questa caratteristica lo rende unico nel panorama nazionale. Dal 2007 fa parte del circuito degli 8 castelli, meglio noto come Castelli Doc, che include i manieri di Grinzane Cavour (in basso a sinistra), Barolo, Govone, Magliano Alfieri, Roddi, Mango e Benevello. Dal punto di vista enogastronomico, Serralunga è famosa in tutto il mondo per il vino, Nebbiolo e Barolo (soprattutto quello chinato) e gli squisiti tartufi bianchi di Alba.

Ph. enzo Massa

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Profumo di Cous Cous a San Vito lo CapoTorna il Cous Cous Fest: lo storico appuntamento per gustare tutte le interpretazioni euro-mediterranee di questo piatto sim-bolo di meticciato e contaminazione. Dal 23 al 28 settembre, a dilettare gli ospiti: lezioni culinarie, spettacoli e sfide tra chef! All’interno della giuria lo stellato Giancarlo Morelli, patron del Ristorante Pomiroeu di Seregno, insieme ai giornalisti Fausto Ar-righi, Paolo Marchi, Roberto Perrone e Chiara Maci. E il 20 e 21 settembre, ci sarà Aspettando il Cous Cous Fest. Nella foto il Cous cous integrale, verdure croccanti, sardine all’o-lio evo e ginger dello chef Morelli.www.couscousfest.it

MortadellaBò: Bologna celebra la sua Regina RosaAl grido “Chi la fa l’affetta!”, Bologna si prepara a celebrare uno dei prodotti simbolo della sua antica storia gastronomica: la Mor-tadella Bologna IGP. Dopo il grande successo della “prima” del-lo scorso anno, MortadellaBò – il grande evento organizzato dal Consorzio Mortadella Bologna – in programma da giovedì 9 a domenica 12 ottobre 2014, si profila quest’anno ancor più ricco di spunti e iniziative. La quattro giorni, che avrà come cornice Piazza Maggiore, suggella il legame tra la cultura gastronomica felsinea e la sua Regina Rosa. Accanto agli stand di degustazione e vendita, saranno organizzate tavole rotonde e incontri, labora-tori di degustazione e di cucina, intrattenimenti a tema per tutta la famiglia, e numerose iniziative collaterali con il coinvolgimento di ristoranti e botteghe del gusto, locali happy hour e musei.www.mortadellabo.it

La Festa dell’Uva più antica d’ItaliaRisale al 1929 la manifestazione che dal 18 al 22 settembre celebra a Soave (a pochi minuti da Verona) la vendemmia del vitigno au-toctono Garganega con mostre, folklore e spettacoli pirotecnici. Sotto le porte medievali, appesi per le “recie”, i grappoli di Gar-ganega destinati a diventare Recioto di Soave rimarranno in bella mostra fino a gennaio.www.stradadelvinosoave.com

Acetaie d’ItaliaOdore di Aceto Balsamico il 28 settembre nella provincia di Mo-dena, con l’apertura delle Acetaie. Degustazioni, visite guidate, eventi social e apertura dei ristoranti in anticipo, con pietanze a base del noto oro nero. Mentre domenica sera saranno conse-gnate le mappe con gli indirizzi delle Acetaie.www.acetaieaperte.com

Tutti “I Primi d’Italia” si assaporano in UmbriaA Foligno, dal 25 al 28 settembre, saranno protagonisti primi piatti di pesce e di carne, prodotti gluten free, tortellini e gnocchi con proteine vegetali della canapa. Oltre 200 le ricette proposte dagli 80 chef presenti, tra cui Uliassi e Rivaroli, e tanti gli appun-tamenti per sapere tutto sulla pasta. www.iprimiditalia.it

APPUNTAMENTI GUSTOSID

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a cura di Teresa Monaco

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La Sagra dell’AnguillaRitorna a Comacchio (Fe), la XVI Sagra dell’Anguilla, dal 26 settembre al 12 ottobre. Oltre al folklore e agli appuntamenti gourmet nelle serate infrasettimanali, si potrà navigare su imbar-cazioni tipiche, partecipare ad aperitivi musicali, incontri letterari, mostre, escursioni slow e partite di calcetto.www.sagradellanguilla.it

Pane, strudel e speck in festa Festa nelle valli altoatesine con il Mercato del Pane e dello Stru-del, dal 3 al 5 ottobre a Bressanone e la Festa dello Speck Alto Adige IGP, a Santa Maddalena il 4 e 5 ottobre. I forni si arroven-teranno regalando Pusterer Breatl, Vinshger Paarl, gli illustri pane di segale, bianco, alla frutta, lo Zelten e, tra i dolci, lo Strudel di mele; mentre i mastri fornai sveleranno tutti i segreti del mestie-re! Affinando l’olfatto sarà facile raggiungere il cuore della Val di Funes dove si cela, nella sua pettorina verde, lo Speck. Mercatini e attrazioni per i piccini contribuiranno a sottolineare il sapore di queste eccellenze, firmate dall’Alto Adige e convolate a nozze grazie alla maestria di EOS – Organizzazione Export Alto Adige della Camera di commercio di Bolzano.www.mercatodelpane.it www.speckfest.it

Festival Triveneto del BaccalàDal 12 settembre al 3 dicembre il baccalà sarà il leitmotiv di 32 cene-evento, in cui gli chef dei ristoranti veneti, friulani, trentini e altoatesini proveranno a reinterpretare la classicità di questa pie-tanza con originalità e gusto. Chi vincerà il Trofeo Tagliapietra? La migliore ricetta scelta dai clienti e da una giuria stellata! www.festivaldelbaccala.it

expo Rurale di Firenze La campagna toscana, con la sua terra e il bestiame, si trasferisce a due passi dal Duomo, all’interno del Parco delle Cascine.Dal 18 al 21 settembre, un mix di degustazioni, eventi, laboratori, show e tanto altro farà da sfondo alla grande festa della ruralità nel cuore di Firenze. Un’occasione per degustare i prodotti to-scani DOP e IGT, apprendere ricette e usi della vita in campagna. www.exporurale.it

Il gusto “Gentile” Un gusto davvero “gentile“ quello del Salame di Fabriano; un prodotto che condivide il nome del grande pittore Gentile da Fabriano, che si potrà ammirare, dal 26 luglio al 30 novembre nella Città della Carta, grazie a una splendida mostra: Da Giotto a Gentile. Un salame che è sovrano di una gastronomia storica di cui scoprire particolarità come il lonzino del Padrone, la sop-pressata fabrianese o l’agnello di razza autoctona, straordinario e unico per un sapore delicato che, proseguendo nel gioco, po-tremmo ancora definire “gentile”. In concomitanza con la mostra si terrà anche un festival: Lo spirito e la Terra. Dal 23 agosto al 7 settembre concerti, escursioni, film e degustazioni guidate di Verdicchi per un festival ricco e denso di più di trecento eventi gratuiti, che nasce sulle orme di una grande esperienza spirituale di un territorio in cui sono stati fondati tre ordini religiosi (Camal-dolesi, Silvestrini e Cappuccini).www.mostrafabriano.it - www.lospiritoelaterra.it

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di Giovanni Ballarini

FaViGNaNa: uN paradiso di terra e Mare

Gli approdi del Gusto

di MARIANNA MASTROPIETRO

Quando sono sbarcata a Favignana la prima persona che ho in-contrato e con cui ho scambiato poche battute è stata la signora Girolama, ottuagenaria che non aveva mai lasciato la sua iso-la. Ero in una stradina deserta appena fuori dal piccolo centro, mentre cercavo riparo dal sole cocente di una Sicilia che per latitudine è quasi Africa.Siamo alle isole Egadi, a pochi minuti di aliscafo da Trapani, dove si nasconde un paradiso turchese in cui il mare e il cielo si fondono in un azzurro infi nito e, alle spalle del visitatore in contemplazione, il giallo intenso del tufo e il bianco accecante delle poche case sparse.Qui il ritmo di vita è lento, si fa la spesa dai contadini con i cesti pieni di pomodori e melanzane fermi lungo i muretti a secco, si compra il pesce fresco dai piccoli pescherecci che attraccano nel porticciolo, ci si rinfresca dal caldo secco con una granita di gelsi. Tutto qui è lento, bello e buono.Appena si approda, lo sguardo cade subito sull’Antica Tonna-ra Florio, adagiata sul mare tranquillo e da poco convertita in museo. Favignana ha per secoli basato la sua economia sulla pesca, vocazione rafforzata nel 1874 con l’arrivo della famiglia Florio che mise in piedi una fl oridissima attività conserviera ba-sata sulla tradizione secolare della mattanza. Con i suoi canti propiziatori (cialome) di impronta araba che davano il ritmo ai tonnaroti guidati dal rais (capo in arabo), oggi la mattanza è solo un ricordo evocato nelle prelibatezze della cucina locale. Il poco tonno ancora pescabile nelle acque paradisiache di Favignana si trasforma nella classica bottarga (che qui ha tenui sentori di mare e acciuga), nella fi cazza (salame di tonno rosso aromatizzato), nel mosciame (fi letto di tonno ripulito, asciugato, salato ed essicca-

to al sole) e nel lattume (il liquido di fecondazione del maschio) preparato sia impanato e fritto, sia salato a fette.Tra un tuffo nel blu più intenso e lunghe passeggiate in bicicletta alla scoperta dell’isola selvaggia, si possono allenare i sensi ai profumi selvatici e alle ottime preparazioni della cucina tradi-zionale. Si va dalle magnifi che focacce del Panifi cio Costanza ai cannoli e le cassatredde (fazzoletti di pasta frolla farcita simili ai genovesi di Erice) della pasticceria FC, mentre chi ha la possibi-lità di trascorrere qualche ora nella sorella minore Levanzo, può dedicare una sosta al gelato del bar Arcobaleno: gelso, ricotta o cannella sono i gusti da assaporare sull’incredibile terrazza che affaccia sul pittoresco porticciolo dell’isola.

Il piacere della lentezza all’ombra del solleone, il sapore della tra-dizione e quel turchese del mare che si tuff a nel celeste del cielo fanno della perla delle Egadi un’isola incontaminata, dove le delizie della semplicità si fondono con l’esuberanza della natura

Sopra il vigneto gioiello di Tenuta Calamoni con vitigni autoctoni a piede franco. Sotto la Bottarga di tonno in fase di essiccazione

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Il tonno è considerato il maiale del mare, quindi del tonno non si buttava via nulla. Le parti più pregiate venivano e sono utilizzate come prodotto

fresco, poi si produce il tonno in scatola, e via via tutti gli altri derivati.In basso. Il mosciame di tonno rosso ricavato dalla parte superiore

della ventresca di tonno, in siciliano “surra”: la carne viene desquamata, ripulita, e lavata; i filetti rimangono poi sotto sale

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Il piatto tipico: le Frascatole Recuperate dalle sorelle Giovanna e Maria Guccione, ex ristora-trici di Favignana, le Frascatole derivano dagli scarti della lavo-razione del cous cous. Ammassati assieme e cucinati al sole di-ventavano come una pasta che veniva poi condita con un sugo di verdure. Le sorelle Guccione hanno recuperato questa ricet-ta reinventandola. Una volta raggiunta la fase in cui la semola del cous cous è pronta, si continua a lavorare il composto con l’aggiunta di farina e un poco di acqua, formando delle palline grosse che si lasciano riposare finché non vengono cucinate nel brodo di pesce o sugo di aragosta.

I vini di FavignanaNel 2009 il produttore di vini Firriato ha riportato la vite a Fa-vignana, precisamente a Tenuta Calamoni, impiantando vitigni autoctoni a piede franco quasi in riva al mare. Nero d’Avola,

Perricone, Grillo, Catarratto e Zibibbo resi pregevoli dal suolo sabbioso di origine calcarea e caratterizzato dalla presenza di una pietra di origine marina ricca di carbonato di calcio.Sono così nati il bianco Favinia La Muciara dal profumo soffuso che esplode poi in bocca con freschezza, sapidità e mineralità, e il rosso Favinia Le Sciabiche dai profumi balsamici e grande finezza al palato, caratterizzato dalla presenza del Perricone, fino al passito Favinia Passulè. La vendemmia è tutta manuale, i grappoli posti in cassette di legno vengono poi trasportati via mare dall’isola alla terra ferma dove vengono vinificati.

Le buone sosteCave Bianche Hotel, resort scavato nella pietra che ad ogni ora del giorno crea giochi di luce affascinanti. Nel ristorante lo chef Angelo Franzò valorizza in chiave moderna, le eccellenze ga-stronomiche del territorio siciliano.

Gli approdi del Gusto

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MOSTRA Artisti di sicilia. Da Pirandello a Iudice: una linea contemporanea. Fino al 12 Ottobre 2014Favignana - Ex Tonnara dei Florio www.comune.favignana.tp.itSi annuncia come la più importante mostra sul Novecento si-ciliano quella che il 10 luglio ha aperto i battenti a Favignana, la più grande delle Isole Egadi, negli spazi espositivi dell’ex Stabilimento Florio delle Tonnare di Favignana e Formica, un tempo luogo di opulenza e sviluppo e oggi restaurato sim-bolo di archeologia industriale, perché qui la famiglia Florio, dal 1841 e fino ai primi decenni del ‘900, lavorava il tonno (oggi lo stabilimento ospita il Museo della antica tonnara di Favignana). (Nella foto Renato Guttuso, Vucciria)

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di Giovanni Ballarini

nOn SOlO MaRE In un SalEntO tuttO Da aSSaPORaRE

PaESaGGI GaStROnOMIcI

di CLAUDIA BECCATO

La strada si distende ritta, le sue carreggiate separate da seducen-ti oleandri e tutt’intorno ulivi che si contorcono su se stessi, alcuni secolari, altri più giovani. E poi il mare accanto, blu intenso, che ci rassicura da quell’orizzonte di terra piana, incapace di farci capire l’altrove. Se da Bari si discende nel Salento verso Brindisi e poi giù in direzione di Lecce, l’impressione è proprio quella di arrivare al limite. Si segue quella terra assetata, spesso arida, ma in grado di dare comunque frutti straordinari, che sembra protrarsi ad un tuffo. Il termine della Puglia è infatti una lingua di terra circondata dall’acqua, una costa dallo Ionio, e l’altra dall’Adriatico: il Salento. Compreso tra il Golfo di Taranto e il Canale d’Otranto, ha inizio proprio al di sotto delle Murge estendendosi sino al Capo più meridionale della Puglia, di Santa Maria di Leuca.Il Salento, uno tra i maggiori emblemi gastronomici d’Italia, è terra di viti, ulivi e frutta; quello che cresce ha il sapore del sole e della sua luminosità, come il gustoso pomodoro fi aschetto, antica varietà col-tivata soprattutto nella Riserva di Torre Guaceto, a pochi chilomentri da Brindisi: è dolce, succoso e serbevole, base della passata che una volta ogni famiglia locale preparava in casa. Torre Guaceto è una riserva sia terrestre sia marina, che gode di un’al-tissima biodiversità. Nelle sue acque la pesca è limitata solo a quattro giorni al mese: uno straordinario esempio di sostenibilità, felicemen-te riconosciuto dalla stessa Cooperativa di pescatori di Torre Guace-

Il morbido susseguirsi di vigneti, uliveti e frut-teti è lo specchio dell’anima della Puglia, terra ricca di tradizioni esaltate dalla sua gente ge-nerosa e ospitale

Il pomodoro Fiaschetto è una cultivar storica della zona di Torre Guaceto. Il progetto di recupero all’interno della Riserva è il ri-sultato di anni di lavoro dei tecnici della Riserva, degli amici di Slow Food e degli agricoltori dell’area protetta

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La Riserva Naturale di Torre Guaceto, compresa nel territorio comunale di Carovigno e Brindisi si estende su una superficie di 1114 ettari, di cui il 77% occupati da coltivazioni agrarie. Questo evidenzia come sia rilevante la vocazione agricola dell’area pro-tetta. L’olio, oggi, è senz’altro il prodotto tipico per eccellenza della zona. Proprio il territorio della Riserva è diventato protago-nista di un significativo progetto per la produzione dell’Oro del Parco, extravergine di oliva da agricoltura biologica dagli ulivi secolari di Torre Guaceto. www.riservaditorreguaceto.it

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IncantI lucanI

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to. All’interno della Riserva non mancano neppure ulivi secolari da cui si produce un olio extravergine di oliva biologico, e vi-gneti: si alternano vigne di Negroamaro, Fiano, Ottomaniello e Susumaniello. Questi vitigni locali sono la testimonianza che il patrimonio ampelografico pugliese, e quindi salentino, si di-stingue per l’ampiezza delle varietà autoctone. È una terra di grandi vini rossi, quanto bianchi. Infatti, spostandosi al confine con le provincie di Brindisi e Taranto si entra in un’area forte-mente vocata anche alla coltivazione di vitigni a bacca bianca, come il Bianco D’Alessano, che vinificato in purezza dimostra una buona acidità, un gusto agrumato e sfumature erbacee, e il Verdeca, riconoscibile nelle sue note piacevolmente fruttate. La provincia di Taranto, terra della Messapia, è invece l’origine del Primitivo, vitigno versatile che dà vita a vini amabili, po-

tenti, ma ultimamente anche freschi, vivaci ed eleganti. Infatti il profilo enologico della Puglia sta cambiando: si assiste alla produzione di vini nuovi e rifiniti e ad una grande ripresa quali-tativa dei vitigni autoctoni tradizionali.Scendendo ancora più a Sud, in piena provincia brindisina, dove i suoli diventano argillosi e calcarei, si incontra la terra di elezione del Negroamaro. Qui il terroir permette da secoli la sua migliore espressione. Si vinifica in rosso, in bianco e in rosato, regalando vini profumatissimi.L’essenza dello spirito salentino delle persone e della tradizio-ne gastronomica di questa terra si esprimono al meglio du-rante il pranzo, invitati da una famiglia locale. L’ospitalità è un valore imprescindibile. Ed una tavola imbandita è l’accoglienza di ogni tempo. Un bicchiere di buon vino rosso ad accompa-

L’area marina protetta di Torre Guaceto

Lampascioni sott’aceto. In basso il cacioricotta

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gnare le pittule, la focaccia ripiena di cipolla, olive, capperi e pomodorini, e le intramontabili orecchiette condite con il sugo di pomodoro ed una grattugiata di cacioricotta. Il Salento è infatti anche terra di prodotti caseari. Da sempre si allevano le pecore, il cui ricco latte è utilizzato per la produzio-ne di formaggi, come appunto il cacioricotta, che, grattugiato, imbianca piatti di pasta fresca o arricchisce ripieni di panzerot-ti. Questo formaggio è accessorio a molti piatti della tradizione gastronomica. Si produce con latte intero ovino e caprino uniti assieme. Si consuma fresco, dopo 2 o 3 giorni la produzione o mediamente stagionato, dopo qualche mese. Il Salento è anche principe nella tradizione di formaggi filati freschi, come la mozzarella, il caciocavallo e la burrata. Diverse sono le masserie che oltre ad offrire ospitalità producono que-sti prodotti succulenti. Un esempio eccellente è quello della Masseria San Biagio a Calimera, unica in Salento ad avere un allevamento di bufale, con il cui latte vengono prodotti mozza-

relle affumicate, stracchino, stracciatella, ricotte e tanto altro.E poi fondamentali le conserve, che molte famiglie producono ancora in casa: dalla salsa di pomodoro, ai carciofini sott’olio, dai lampascioni sott’aceto alle cime di rapa sott’olio. Questi prodotti sono alla base della tradizione culinaria locale: nelle stagioni più favorevoli, quando i frutti della terra sono copiosi, non c’è altra soluzione alla conservazione. Quindi, di necessi-tà virtù. Ecco la mitica tradizione gastronomica, glorificata ad ogni pranzo o cena che sia.Un’altra pratica estremamente diffusa per trattare le materie prime è l’essicamento. Secchi, sono tipici i pomodori, quanto i fichi, ormai rari da trovare: aperti a metà, vengono fatti seccare al sole e poi farciti con una mandorla, un pochino di scorza grattugiata di limone e conservati con foglie di alloro. Subli-mazione estrema dei prodotti di questa terra, che le nonne, fino a qualche anno fa, conservavano con cura in un angolo di credenza.

Il Negro Amaro è un vitigno a bacca rossa originario della Puglia, che vede nel Salento la zona di maggiore coltivazione

La burrata è prodotta da filetti di mozzarella mescolati con pan-na fresca e racchiusa in una sottile sacca di pasta filata

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COSA FACCIAMOPirro Varone, azienda vitivinicola che prende il nome dalla casa in Manduria dove visse l’omonimo benefattore, giovane e dinamica azienda che nasce dalla fervida volontà e dalla passione di Maria Antonietta Occhinero. Volontà di far riscoprire le proprie radici, di rivalutare i vini e l’olio del territorio salentino, attraverso una costante ricerca della qualità, con particolare attenzione all’ambiente grazie all’impiego di metodi biologici. Passione nel riproporre al consuma-tore tipologie di vini autentici, nell’assoluto rispetto della tradizione enologica del territorio. La vendemmia rigorosamente a mano, seve-ra selezione dei grappoli nel rispetto delle caratteristiche ambientali e della personalità del vitigno, vinificazione come frutto dell’impiego di moderne tecnologie e tecniche di lavorazione che consentono di valorizzare il meglio delle uve.Così nascono i prodotti Pirro Varone, autentici, genuini, ricchi di fra-granze e profumi, prodotti che l’azienda omonima produce nel pie-no rispetto dei secolari valori e dei costumi salentini.

TERRITORI E VIGNETIPirro Varone, ubicata a sud del comprensorio di Manduria (TA), nel cuore del vino a Denominazione di Origine Controllata “Primitivo di Manduria” e dell’olio a Denominazione di Origine Protetta “Terra d’Otranto”, è composta da un unico corpo di 15 ettari di cui circa 13 ettari coltivati a vigneto e la restante parte coltivata ad ulivi con coltivazioni tradizionali quali Cellina di Nardò e Oglialora.L’azienda segue rigorosamente una coltivazione biologica nel massi-mo del rispetto dell’ambiente e della salute umana.Per la coltivazione della vite, da secoli praticata nella zona, l’azienda utilizza sistemi di allevamento tradizionali quali l’alberello appog-giato e il cordone speronato. L’utilizzo delle macchine è, pertanto, riservato esclusivamente alle operazioni di lavorazione del terreno e

dei trattamenti fitosanitari. La raccolta delle uve avviene a mano con accurata selezione dei grappoli.L’azienda è dotata di approvvigionamento idrico da falda artesiana utilizzato con micro-irrigazione esclusivamente in caso di soccorso dato dal clima caldo delle stagioni.Due differenti tipologie caratterizzano la natura del terreno. La prima di origine erosiva poco profonda, scheletrica con roccia di origine calcarea (caratteristica che ha reso necessaria la frantumazione della roccia per permettere la coltivazione del suolo e l’impianto di nuovi vigneti), non molto ricca di azoto, ben equilibrata con sostanza or-ganica di origine prevalentemente vegetale. La ricchezza di ferro e potassio regala a questa parte di terreno una colorazione rossastra. La natura del terreno permette di avere un ottimo drenaggio e man-tenere un clima fresco alle radici.L’altra parte del terreno è di origine alluvionale, profonda, poggia-ta su argilla e roccia tufacea. Il terreno, quasi nero, assume la sua caratteristica colorazione essenzialmente dalla ricchezza di sostanza organica proveniente dalla decomposizione delle antichissime ve-getazioni.La fertilità di questo terreno permette alla pianta di crescere in equi-librio vegetativo con il minimo intervento in apporto di sostanze nu-tritive e idriche.

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di Giovanni Ballarini

Soc. Agricola Pirro VaroneIl Librone Magno delle famiglie di Manduria riporta il nome di Pirro Varone, figlio di Giovan Battista, nobiluomo ebreo con-vertito al cattolicesimo, la storia ne tramanda le umane virtù di benefattore, magnanimo dispensatore di offerte alla Chiesa Matrice e ad altre chiese dell’antico borgo, sino alla fine della sua vita, allorché, con testamento del 24 febbraio 1587, egli lasciò erede del suo patrimonio il Venerabile Monte di Pietà.La generosità di Pirro Varone è la stessa di una terra che, an-cora oggi, riverbera gli innati aneliti gentili nel suo vino.Posta nel versante sud orientale della provincia di Taranto, nel cuore dell’areale del Primitivo, Manduria è luogo del vino per eccellenza e i suoi nettari sono rinomati in tutto il mondo, grazie a caratteristiche organolettiche che li rendono unici,

così come i vini dell’azienda Pirro Varone, che nascono dai 15 ettari vitati di contrada Surani, zona particolarmente votata dell’agro manduriano.In quei campi, ai tradizionali vitigni Pri-mitivo, Negramaro e Malvasia si unisce la riscoperta del Fia-no Minutolo (antico vitigno pugliese la cui coltivazione risale all’epoca romana), a comporre il primo tassello di una filiera completa, che dalla campagna alla bottiglia esprime un’unica costante: la qualità. La stessa qualità dei vigneti Pirro Varone che ne abbassa la resa media rigorosamente a non più di 70 q.li/ha. Quasi come fosse tutto una cura materna, che trova lo slancio più forte nell’impareggiabile contatto fisico della vendemmia: grappoli spargoli, accarezzati al taglio e riposti come in una culla.

PIRRO VARONESOcIEtà AgRIcOlA S.R.l Via Senatore lacaita, 9074024 - MANDURIA (tA) - ItAlYtel. +39 3397429098Fax +39 0992209939web: www.pirrovarone.eu

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Soc. Agricola Pezza Viva NuovaDalla pianura di Brindisi, nel cuore del “Tavoliere salentino”, tra i comuni di Torre Santa Susanna e Oria, si estende la Società Agricola Pezza Viva Nuova per circa 260 ettari, nata nel 1952 ha conservato intatto lo spirito dei fondatori. Ai genitori Donato e Angela succedono i figli, ecco che oggi i fratelli Greco, con pic-coli passi, puntando esclusivamente sulla qualità, continuano a far crescere l’Azienda. Non solo latticini e formaggi ma vini, olio e orticole. Centonovanta ettari di seminativi garantiscono l’ali-mentazione agli allevamenti ovini, caprini e bovini. Un moderno caseificio aziendale a normativa CEE permette la trasformazione del latte di alta qualità prodotto giornalmente, in formaggi a pa-sta dura e latticini freschi. Quaranta ettari di uliveti con impianti di irrigazione innovativi permettono di produrre olive di varietà cellina, leccina e frantoiana che vengono trasformate nel frantoio aziendale ottenendo un olio extra vergine di categoria superiore. Quindici ettari di vigneto a spalliera condotto con metodo guyot, nella tenuta Pezza Viva, ricadenti nel comprensorio dei vigneti DOP PRIMITIVO DI MANDURIA, che impone una produzione per ettaro come da disciplinare al massimo di 90 quintali per ettaro. I vigneti coltivati principalmente a varietà come Primitivo, presen-tano anche altre tipologie come Malvasia nera, Malvasia bianca e Aleatico di Puglia che producono vini di alta qualità, vinificati nella moderna cantina aziendale. L’impianto dei vigneti con circa

36000 piante per ettaro permette sia la raccolta meccanica che manuale, anche se viene preferita quella manuale come per la po-tatura. L’innovazione ha migliorato l’azienda dal punto di vista sia tecnologico che qualitativo dei prodotti ottenuti, senza alterare le tecniche di produzione artigianali, in cantina la spremitura delle uve avviene per mezzo di una pressa soffice che delicatamente spreme i mosti per ottenere vini di qualità.

THYRSOS: Vino Primitivo di Manduria Dop. La rac-colta manuale che avviene nelle prime ore mattuti-ne, la trasformazione in loco nell’attrezzata cantina aziendale, l’affinamento e la conservazione della temperatura, contribuiscono alla produzione di un vino dal colore rosso intenso, con profumi di frutta viva e spezie, liquirizia, prugna secca e cacao. Al gu-sto risulta lungo, potente ed equilibrato. Si abbina a carni rosse, primi piatti con sughi robusti, conditi con formaggi stagionati e piccanti. Grado alcolico 14%

TURRIS: Vino Primitivo di Manduria Igp Salento. Dal colore rosso rubino intenso, profumi di frutta matura giovane e speziata, dal gusto morbido e vellutato, è un vino del bere quotidiano. Si abbina molto bene con formaggi freschi a pasta molle e stagionati, minestre e zuppe di verdure. Dopo un’attenta sele-zione le uve vengono diraspate e lavorate con una breve pigiatura soffice. Inizia la macerazione tradi-zionale delle uve lasciate a contatto con le bucce. In seguito si passa all’affinamento in botte di rovere. Grado alcolico 13,5%

MELIOS: Malvasia Nera Igp Salento prodotta nei terreni della tenuta Pezzaviva, precedentemente frantumati, donano ai tannini la tipica dolcezza che è la forte caratteristica dei vini del Sud. Vino dal co-lore rosso rubino, dai profumi di frutta matura dal gusto morbido e vellutato, con una grande storia. Si abbina con formaggi stagionati e semi stagionati, primi piatti con sughi robusti di carne e arrosti. Gra-do alcoolico 13%.

VALEOS: Malvasia Bianca Igp Salento, un vino bian-co che vale. Le uve selezionate sul ceppo vengono raccolte in cassetta. Dopo la diraspatura, la spremi-tura a mezzo di una pressa soffice, che avviene nel-la cantina Pezzaviva, vengono spremute le vinacce per poi ottenere il mosto che sarà fatto fermentare a temperatura controllata. Il vino si presenta con un colore giallo paglierino, con presenza di sfumature verdoline, dal profumo fruttato ampio ed intenso, gradevole, fresco e morbido. Si abbina con for-maggi freschi e leggeri, si consiglia di servirlo a una temperatura di 8-10 °C, e di non tenerlo per lungo tempo in recipienti mezzi vuoti, poiché l’aria può modificarne le proprietà organolettiche. Grado al-coolico 11,5%.

IRIS: Vino Rosato Igp Salento ottenuto dalle uve di Primitivo raccolte nelle ore fresche del mattino, subi-to dopo la pressatura soffice, inizia la fermentazione termo controllata. Il rosato Pezzaviva è un complesso di profumi conservati sin dalla raccolta. Un vino dal colore rosa ciliegia vivo, delicatamente floreale, fre-sco e gentile. Abbinamenti: lo rende un compagno per primi piatti leggeri, carni magre, piatti a base di pesce e formaggi a pasta molle. Ottimo per aperitivi gustosi. Grado alcolico 13%

ANTHOS: Vino rosato frizzante Igp Puglia, vino ri-fermentato Brut con metodo Martinotti-Charmat da uve Primitivo, fresco e deciso in bocca, al naso si di-stinguono frutti a bacca rossa. Ideale come aperitivo ma anche abbinato a formaggi a pasta molle, crudo di pesce (come vuole la tradizione pugliese), primi piatti a base di funghi. Ideale anche con crostate di confetture e noci, salame al cioccolato. Grado alco-olico 11,5%

KRISOS: Vino Passito Igp Salento proveniente dai racemi del Primitivo. Consente la fermentazione del mosto a contatto con la vinaccia, durante questa fase rilascia parte della sostanza in essa contenuta, effettuata la svinatura si procede all’affinamento a temperatura bassa, un periodo di invecchiamento minimo di sette mesi produce un vino dal colore ros-so rubino intenso dai profumi di frutta matura giova-ne e speziata dal gusto equilibrato con buon rappor-to zucchero/alcool. Abbinamenti: pasticceria secca, formaggi erborinati abbinati con miele e mostarde di uva, dessert al cioccolato e selvaggina cotta nel cacao. Grado alcoolico 16%

ALEOS: Aleatico di Puglia Dop è un vino dolce da dessert dal colore rosso granato con sfumature vio-lacee, dal sapore pieno e moderatamente dolce, l’Aleatico si produce nella tipologia dolce naturale. Il leggero appassimento delle uve permette di gu-starlo come vino da dessert assieme a dolci, come crostate alla marmellata di frutti rossi o pasticceria secca a base di pasta di mandorle. Va servito a tem-peratura di 12-14°C. Grado alcoolico 16%

AzIENDA AgRIcOlA PEzzA VIVA NUOVAS.S. c.da Pezza Viva 72028 torre S. Susanna (BR) web: www.pezzaviva.it

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CULTURA DEL CIBO

di TERESA MONACO

LO STREET FOOD DELLA CITTÀ DI DANTE Sbriciolona, fi nocchiona, bistecche di chianina, lingua di mucca e lampredotto…ma anche tofu, falafel e seitan: è il goloso menù di Firenze, dove al fascino sublime dell’arte si mescolano i piaceri del palato

Nella città di Dante, andiamo alla ricerca dei poeti culinari del-lo street food!La nostra prima tappa ruota attorno a Piazza della Signoria. Non è il bistrot francese e neanche il pub inglese, bensì l’equi-

valente fi orentino: il vinaio. Un’antica e rara istituzione nella quale un tempo anche Lorenzo de’ Medici e Michelangelo si distraevano con gli amici tra un bicchiere di vino e robusti contorni.

Tra sapori antichi e di cucina etnica

Sopra e in alto a destra ’Ino: la bottefa dello street food gourmet. Da destra a scendere l’invitante panino de Le Trippaie, le gustose proposte de Il Cernacchino e due creazioni di ’Ino. Per i vegetariani l’hamburger è di tofu a Il Panino Tondo, oltre alla classica Chianina

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Cercando di imitare le loro “gesta” ci facciamo spazio tra i tu-risti in fila e finalmente conquistiamo la nostra schiacciata con crema di carciofi, melanzane grigliate e sbriciolona: un tipico insaccato toscano molto simile alla più rinomata finocchiona, abbondantemente aromatizzato con semi di finocchio, bagna-to col vino e facilmente friabile, da qui il perché del suo nome! Seduti sugli sgabelli dell’osteria All’Antico Vinaio lasciamo che questa meraviglia si sciolga in bocca e proseguiamo con crostini al lardo di cinta senese.Con la presunzione di andare oltre i grandi fiorentini rinasci-mentali, attraversiamo Via dei Calzaiuoli; vicinissimo al Mer-cato di San Lorenzo, si trova la Casa del Vino, in cui Gianni Migliorini prosegue l’attività iniziata dal nonno nei primi anni del Novecento. Ci stuzzica l’appetito con la poppa e la lingua di mucca e con la mitica trippa fredda in insalata!Oltrepassando la Cattedrale di Santa Maria del Fiore, due arzille signore ci tentano all’ingresso de Il Cernacchino con il Peposo all’imprunetina, classica pietanza di Impruneta (Fi), anticamente preparata durante la notte dagli artigiani che lavoravano nelle fornaci e che disponevano quasi sempre dei tagli meno pregiati della carne, come il muscolo di manzo. Cuocendolo con Chianti ed erbe aromatiche per circa sette ore però, viene fuori un piatto gustosissimo! Pensate di dover rinunciare al cibo di strada solo per-ché siete vegetariani? Niente affatto! Costeggiando l’Arno arriviamo in Via Montebello 56, a Il panino tondo. Pasti veloci, nutrienti e deliziosi si sbi-lanciano in un menù molto vario che presenta hamburger di chianina e pietanze a base di tofu, falafel, seitan. E ovviamente una lar-ghissima varietà di birre artigianali!Anche gli amanti del gourmet trova-no “pane per i propri denti” da ‘Ino, diminutivo di panino! Nell’elegante bottega di Alessandro Frassica la fi-losofia Slow Food si concretizza in squisite consistenze cibarie che si esprimono in panini o schiac-ciate farcite con salame rosa e pesto di zucchine e zaffera-no, gorgonzola e mostar-da di fichi, caprino fre-sco e acciughe,

pecorino stagionato e paprika.Per concludere, accarezziamo la statua in bronzo che troneggia all’inizio del Mercato del Porcellino e ci mettiamo alla ricerca del-la gemma culinaria della Città del Giglio: il lampredotto! Archi-tettato dall’artista addetto ai lavori: il Trippaio. Questa calorica pietanza, come la maggior parte delle precedenti, proviene dalla fantasia che scaturisce in cucina quando non si hanno soldi per comperare tagli di carne pregiata e magari si spera di poter ra-cimolare gli scarti. Sembrerebbe il caso di dire: non tutti i mali vengono per nuocere!Tornando al lampredotto, è niente poco di meno che il quarto stomaco di vitella che i trippai acquistano già cotto, per poi farlo bollire in un brodo con cipolle, sedano, prezzemolo, peperon-cino, carota, sale e pepe. Il passo successivo consiste nel tagliarlo sul pane, in modo che la mollica si insaporisca e, passo finale: immergere il “coperchio” del panino nel brodo. Completato con salsa verde o salsa piccante, non vi resta che addentarlo smoda-tamente e godervelo fino in fondo!

SOSTE GOLOSELe Trippaie

P.zza Dalmazia

Il CernacchinoVia della Condotta 38/r

InoVia de’ Georgofili, 3

Il panino tondo Via Montebello 56/r

All’Antico VinaioVia dei Neri, 74

Casa del Vino Via dell’Ariento, 16/r

Chiosco PolliniVia de’ Macci, ang. Borgo la Croce

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PIATTI TIPICI IN PASSERELLA

I MILLE GUSTI DELLA

MILLE MIGLIA

Sono un uovo frullato, anzi ormai strapazzato, tra le portiere di una Mercedes Benz degli anni Sessanta lanciata in una rincorsa senza speranza. Mi chiedo che cosa abbia potuto spingere una persona tranquilla e tutto sommato ragionevole come me, au-topatentata senz’auto, che non guida da un imprecisato numero di mesi, a farmi accettare l’invito alla “corsa delle corse”, la Mille Miglia edizione 2014.Tra una curva e l’altra non trovo risposte. Non so come dire al pilo-ta, e al suo navigatore, come sedare per qualche ora la loro ansia da prestazione. M’accorgo non soltanto di essere stata precipito-sa, ma davvero superfi ciale: quando ho sentito parlare di “auto d’epoca” pensavo a vecchie cariatidi da esposizione, ferrivecchi in pensione e piene d’acciacchi, giusto con un po’ di “belletto” sulla carrozzeria. Roba da museo, insomma, da “viale del tramonto”. Non certo immaginavo queste belve assatanate. Loro più dei pa-droni. Eccole sfrecciare come felini in caccia, bruciare benzina nei carburatori come ai tempi eroici, in spregio a qualsiasi prudenza “eco”, e mostrare la loro carrozzeria avvenente. La mitica Bugatti T40, Alfette rosso fuoco come diavolo comanda, Fiat coupé che Marchionne se le sogna, Jaguar e Aston Martin da fi lm (non era un’allucinazione, quando a Roma ho visto Jeremy Irons alla guida di una Jaguar XK 120 Lightweight). L’allucinazione l’ho avuta poco dopo a un distributore di Radiocofani, dalle parti di Viterbo, manifestatasi con un bagliore accecante, un “essere” meccanico tra la pacchianata e i sogni di bambina, un’auto tutta d’oro. La Porsche 356 A 1500 GS Carrera dello sceicco Alghanim Omar che, volendo, sarebbe pure meglio del principe azzurro sul cavallo bianco.Ma torniamo allo scombussolamento di quest’ultima tappa che

ci rispedisce verso Brescia. Un solo pensiero alimenta la parte ottimista del mio carattere: l’ultima delle soste serali secondo la personalissima Mille Miglia cui ho chiesto di partecipare. Una Mil-le Gusti, più che una Mille Miglia. Con la “top ten” dei ristoranti nei quali ex maghi del volante hanno organizzato quest’edizione 2014. Luoghi del piacere assoluto, eccellenze del gusto che par-lano della stessa Italia attraversata dalle 435 auto d’epoca della gara. Un’Italia di provincia capace di invenzioni che si trasmettono di generazione in generazione anche in cucina. Un percorso “al-tro”, all’interno dell’itinerario che da numerosi anni anima la più classica delle corse. In fondo, era quello che cercavo: alimentazio-ne per la parte ottimista di me.

LE TAPPE DEL GUSTOTappa numero uno. Si parte da Brescia, e qui si trova il primo ristorante che vale la pena di visitare. É L’Oste Sobrio che offre gustosi tagliolini con crema di zucca e pancetta. La tagliata è cot-ta a regola d’arte. (Voto:8)Tappa numero due. La seconda sosta è a Verona al ristorante Ciccarelli. Il clou è la pasta in brodo coi fegatelli e il carrello dei bolliti in salsa verde. Commovente. (Voto: 10)Tappa numero tre. A Bassano del Grappa abbiamo trovato il ristorante San Bassiano che propone menù a base di pesce e primizie stagionali. Il baccalà alla vicentina è davvero eccezionale. (Voto: 9) Tappa numero quattro. Ad Ascoli Piceno la Trattoria Da Mid-dio ti stuzzica ad assaggiare di tutto. Da non perdere, la trippa! (Voto: 8)

REPORTAGE DI UN VIAGGIO APPETITOSO

I luoghi del piacere assoluto, le eccellenze della gastronomia che parlano del nostro Bel Paese attraversato dalle 435 auto d’epoca della “gara più bella del mondo”

di CECILIA SGHERZA

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Tappa numero cinque. Nella Capitale siamo andati alla ricerca delle vestigia di Roma Sparita. I rigatoni al sugo di coda alla vaccinara sono una vera prelibatezza ma vale la pena assaggiare anche i tagliolini al cacio e pepe. (Voto: 7)Tappa numero sei. Nel centro storico di Ronciglione, siamo stati attratti dalla taverna Trilussa che ha stupito il nostro palato. Irre-sistibili gli antipasti con gamberi avvolti da fettine di lardo e quelli immersi nella deliziosa crema di zucca. (Voto: 9)Tappa numero sette. Insuperabile il pranzo nella bellissima Sie-na. Al Boccon del Prete abbiamo cominciato con i carciofi con lardo, poi i pici al pesto leggero e ottima tagliata di Chianina. (Voto: 10)Tappa numero otto. All’Osteria del Tinti nel centro di Pisa ab-biamo preso il prosciutto toscano, poi gli strozzapreti con crema di carciofi e pecorino e un assaggio di pici al ragù maremmano. Ottimo il Cinghiale in Salmì. (Voto: 9)Tappa numero nove. A Bologna il Ristorante Diana ha propo-sto assaggi di pasta tipica fatta in casa. Meraviglioso il carrello dei bolliti. (Voto: 7)Tappa numero 10. Si ritorna a Brescia e dopo la premiazione ci siamo ritrovati nella Locanda dei Guasconi a divorare un “legge-rissimo” piatto di gnocchi al Bagoss. (Voto: 7)

CECILIA SGHERZA, cacciatrice di sogni, esploratrice del gusto e delle passioni, giornalista e fotoreporter vagabonda. Avrebbe fatto volentieri la turista di professione, si accontenta di scrivere reportage di viaggi ed enogastronomia. Farebbe sempre quattro salti in Australia e abiterebbe volentieri in una vela. Ha collaborato con “Il Sole 24 Ore”, “Il Giornale” e prestigiose riviste di turismo. Organizza crociere in barca per l’associazione “SailXSea”. La conoscenza di luoghi, culture e popoli è lo spirito che anima i suoi articoli. cecinviaggio.blogspot.it

Dall’alto il baccalà alla vicentina del ristorante San Bassiano di Bassano del Grappa; pasta tipica fatta in casa e il carrello dei bolliti al ristorante Diana di Bologna

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di Samantha marcelli

meZZO SecOlO Di

“bUON RICORDO”

Lo spettacolo è garantito come pure la qualità e la varietà delle vivande previste nel menù kolossal che l’Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo ha elaborato per festeggiare il suo mezzo secolo di vita a servizio dell’eccellenza, della gastronomia italica e dei suoi piatti più rappresentativi. È un autentico evento da Guin-ness dei Primati, destinato a chiamare a raccolta the best of the best degli addetti ai lavori del Bel Paese e i buongustai con la B maiuscola, ma anche i comunicatori più accreditati. Anche lo scenario prescelto è degno dell’evento: il centro storico di Par-ma, capitale della Food Valley italiana, una delle città simbolo della qualità alimentare e della cultura gastronomica italiana. Un evento difficilmente superabile perché il 9 settembre una lunga e strabiliante tavolata di più di 300 metri è destinata a invadere il cuore della città ducale per festeggiare il cinquantesimo com-

pleanno di quella che è stata la prima associazione di ristoratori a nascere in Italia, nel lontano 1964. Previste tovaglie raffinate, eleganti mise en place e bicchieri di cristallo per una mega ta-volata elegantemente apparecchiata e imbandita nei luoghi più importanti di Parma: Piazza Garibaldi, i Portici del Grano e Strada Repubblica. A imbandirla 100 ristoranti del Buon Ricordo, impe-gnati a collaborare in vario modo alla realizzazione di un menù esemplare, capace di evocare (e proporre) la più rappresentativa tipicità della cucina italiana. A fare da aperitivo gli assaggi dei prodotti tipici delle regioni italiane allietati da brani musicali. In dono ai commensali il piatto del 50° in edizione speciale datata e numerata, dipinto a mano dai decoratori artigiani della Ceramica Solimene di Vietri sul Mare. “Festeggiamo il nostro compleanno facendo quello che sap-

CENA DA GUINNESS

Una tavolata di 300 metri e oltre 100 ristoranti per celebrare i 50 anni dei piatti dipinti a mano dagli artigiani della Ceramica Solimene di Vietri sul Mare, una grande festa all’insegna della tradizione e della qualità gastronomica italiana

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piamo fare e ricordando anche, praticamente, che la qualità dei prodotti e dei modi di cucinarli e porgerli è uno degli asset, non sempre adeguatamente gestiti e promossi, del nostro Paese” dice il presidente dell’Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo Ovidio Mugnai. L’Unione Ristoranti del Buon Ricordo propone da 50 anni un viaggio tra i sapori e i colori della cucina italiana. Le 111 insegne racchiuse sotto il suo marchio, distribuite in tutta la Penisola, rap-presentano la migliore espressione della cucina regionale e dise-gnano la mappa della gastronomia e dell’ospitalità made in Italy.

Una storia luminosaQuella dell’Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo è una storia esemplare, consolidata e gloriosa. A una felice e puntuale idea di Dino Villani, uomo di cultura e maestro di comunicazione, si associò un gruppo di ristoranti di qualità con l’obiettivo di ridare notorietà e prestigio alle tante espressioni locali della tradizione gastronomica italiana, a quell’epoca poco valorizzata. Era la pri-mavera del 1964. Chi si associava assumeva l’impegno di prati-care una linea di cucina tipica del territorio, di tenere sempre in carta “una specialità” che ne doveva essere la rappresentazione più rigorosa ed esemplare. A chi consumava quella specialità veniva donato un piatto decorato a mano dagli artigiani di una “città della ceramica” (Vietri sul Mare) che doveva appunto co-stituire il “buon ricordo” di una degustazione che, per qualità e rigore, doveva essere veramente difficile dimenticare. Piatti dive-nuti oggetto di collezionismo, ancor oggi decorati a mano dagli artigiani delle Ceramiche Solimene di Vietri. È cominciata così. Prima solo in Italia poi, con scelte attente e qualificate, anche

locali che avevano scelto di portare la qualità autentica dei pro-dotti e della gastronomia di qualche regione italiana all’estero. Oggi i Ristoranti del Buon Ricordo sono 111 (di cui 12 all’este-ro) e la cucina “del territorio” non è più né segreta né negletta. Gode anzi di grande considerazione da parte di storici, dietologi, nutrizionisti e, soprattutto, dei consumatori. E loro ne sono stati gli antesignani. Ma il compito dell’Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo è ben lontano dal considerarsi esaurito. L’Unione sta lavorando ancor più intensamente perché le evoluzioni, i cambiamenti, la creati-vità si sviluppino in modo corretto e coerente con la storia cultu-rale dei nostri territori, con lo scopo di difendere e diffondere la ristorazione italiana di rigore e qualità, dentro e fuori i nostri con-fini. I ristoranti seri, professionalmente adeguati e culturalmente preparati sono ambasciatori di questi valori. Per loro cucina della tradizione, km0, ricerca dei prodotti di nicchia del territorio, non sono una moda del momento, ma da sempre il modo e la filoso-fia del lavorare. Info:www.buonricordo.com

SAMANTHA MARCELLI, laureata al DAMS di Bologna, cultrice di storia dell’arte, teatro, ballo e scenografia, rivolge una particolare attenzione al cibo, cui ha dedicato vari saggi e articoli, fra cui quello sulla patata di Noirnoutier apparso nel volume monografico sulla Patata nella collana “Coltura e cultura” di Bayer CropScience.

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di Marco Finelli

PHILIPPINES AIRLINES: QUEL TOCCO DI BUON GUSTO...

Non è una linea aerea sotto i riflettori degli italiani come per le vicine e blasonate dell’Estremo Oriente. Per quasi un ventennio, Philippine Airlines o PAL è rimasta assente e da poco è ricomparsa con un servizio giornaliero su Lon-dra grazie ai suoi nuovi B777/300LR. Una flotta in evolu-zione costante presto riceverà il Dreamliner, sempre della Boeing, che si affiancherà alla flotta a medio raggio di Ai-rbus A321/320/319, ossatura del medio-corto raggio. Tutti gli aerei sono di recente consegna per continuare ad offrire il top della tecnologia.Mabuhay, che in Tagalog ha molti significati beneaugu-ranti, è il cenno di benvenuto da parte del personale di bordo ed è anche il nome della classe alta di servizio. Qui il viaggiatore potrà vivere l’esperienza dell’accoglienza di questo vettore, ambasciatore della cultura di questo pae-se protratto verso l’Oceano Pacifico, ma ancora con le sue radici nell’Asia.Su un Airbus A320 testeremo il servizio di bordo volando verso il cuore del Pacifico, da Manila a Guam. Viaggiando in classe Mabuhay, si può approfittare della Mabuhay lounge al Terminal 2, con ampia varietà di piatti. La business class ha un compartimento dedicato: eleganti poltrone dalla struttura chiara, due a destra e due a sinistra, regalano re-lax già all’arrivo. L’assistente di volo si è già preoccupato di accompagnarvi al posto e di offrirvi da bere. La scelta cade su un succo di arancia, visto che il nostro decollo alla volta di Guam è alle 07:25 del mattino. Cuscino, coperta e cuffie sono le dotazioni per chi vorrà riposare, oltre a uno scher-mo personale con monitor da 10 pollici a cristalli liquidi.Quel che più colpisce è trovare il menù su una tratta a me-dio raggio della durata di quasi tre ore e mezza. Sei sono gli chef del team, non solo filippini, tutti di fama e prestigio.

Philippines celebra con un mondo di spezie il suo menù, at-traverso sapori ed aromi della cucina asiatica in questa ele-gante atmosfera nel cielo. La mattina avremo una colazione con varie portate. Per tutti un’entrata di succo di mirtillo rosso o arancia, un piatto fresco di frutta, pollo affumicato con formaggio edam o cheddar, pane oppure paste dolci al cioccolato o croissant, o ancora formaggio Ensaymada con burro. Oltre a yoghurt alla frutta, marmellate e miele.Tre sono poi le scelte. La prima è per un piatto asiatico, speziato, un pollo al curry verde con riso cotto al vapore proposto da Suwanna Puangdee, chef thailandese del ri-storante Benjarong Royal Thai al Dusit Thani di Manila. Il secondo è un piatto filippino, un Beef Arroz Ala Cubana, carne di manzo e maiale in un umido di pomodoro, cipolle e aglio con un’omelette e riso al vapore, piatto di Fernando Aracama, famosissimo chef filippino a Manila. Segue il ter-zo, piatto occidentale, un Chorizo and Green Chili Fritata con pancetta pepata e patate rosemary proposto da Clifton Lyles, con larga esperienza negli USA. Il bar comprende a richiesta aperitivi, cocktail, superalcolici e Champagne. Tut-ti australiani i vini della Lindeman’s e Penfolds provenienti dallo Stato di Victoria. Due bianchi: un Lindeman’s Premier Selection Chardonnay e Penfolds Private Release Chardon-nay. I rossi: un Lindeman’s Premier Selection Shiraz Caber-net e un Penfold’s Private Release Shiraz Cabernet. Birre e soft drink completano l’offerta.Il responsabile del servizio di bordo e un assistente si occu-peranno con discrezione dei dodici passeggeri che al mas-simo della capienza possono prendere posto in Mabuhay Class, ma la stessa qualità di Philippines viene fornita anche in classe economica, per offrire a tutti un volo dal sapore indimenticabile.

A tAvoLA NELL’ALto dEI cIELI

Un seducente aroma di spezie, ottimi vini australiani e stuzzicanti dessert: questo il menu che la compagnia aerea asiatica dedica ai suoi viaggiatori, che trasforma il volo in un anticipo di vacanza

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eventi

di Cecilia Sgherza

Uno spazio di circa 2.000 metri quadrati che racconterà la storia del rapporto tra uomo, natura e territorio nella nostra produzione vitivinicola

Aspettando Milano eXPO 2015

Immensi chicchi d’uva coloratissimi e, per di più, parlanti. Grappoli e viti che si moltiplicano lungo le pareti e sui soffitti di una stravagante grotta interattiva che incanta per i mille colori ma anche per i profumi più variegati: da quello del mo-sto ai frutti di bosco, al mix di spezie. Un percorso durante il quale, assaporando il vino e attraversando viti e cantine, si ricostruisce una storia lunga cinque mila anni. Quella della nostra terra e di una delle nostre produzioni d’eccellenza: il vino. L’unico protagonista di “Vino-A taste of Italy”, il Padi-glione del vino italiano all’interno di Expo 2015, un’originale installazione di duemila metri quadrati ideata dall’architetto Italo Rota. Dopo l’immersione nello spazio virtuale, gli ospiti possono salire al piano superiore per dedicarsi alla Biblioteca del vino, un’enoteca con vini provenienti da tutta Italia, da quelli più rari a quelli più economici, prodotti ai piedi delle nevi delle Alpi o in riva al mare di Sicilia, raccolti sulle colline toscane o nelle terre della Puglia, vinificati nei castelli me-dievali o nelle futuristiche cantine delle star. Insomma, mille vini da apprezzare, gustare e da leggere, come un romanzo ricco di sorprese. A completare il percorso una cantina web per gli acquisti mentre la terrazza ospita un fitto programma degustazioni, wine tasting e master class. D’altra parte, come ha affermato il Ministro Martina “il vino è una chiave di rac-conto fra le più importanti che l’Italia possa presentare all’Ex-

po 2015”. E forse è arrivato il momento di usare l’esperienza vitivinicola per comprendere come potrà essere l’Italia del futuro. Ne è convinta anche Diana Bracco, Presidente Expo 2015 e Commissario Generale per il Padiglione Italia che lo descrive come “un vivaio dove far germogliare nuovi talenti” e contesto ideale per creare “uno staff di professionisti che formeranno giovani sommelier cinesi”. Sono inoltre previsti alcuni master agroalimentari.

vinO A TASTe Of ITAly

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NOTIZIE GOLOSE

EccO cOmE Sarà IL PadIGLIONE dEL PrINcIPaTO dI mONacO a ExPO 2015

Il count down è già cominciato e tutti gli occhi sono puntati al 1 maggio del prossimo anno quando si apriranno le danze della prima Esposizione Universale dedicata alla sicurezza alimentare e alla diversità della nutrizione. E il Principato di Monaco (www.visitmonaco.com) è pronto a stupire con l’audace architettura del Pavillon ideato da Enrico Pollini. Strabilianti il giardino pensile di 500 mq, che rimanda alle suggestioni della French Riviera, e il ristorante con il menù elaborato per l’occasione da Philippe Joannès, Chef Executive al Fairmont Monte Carlo. Prima di tut-to, però, l’Expo sarà l’occasione per dimostrare che la prosperità guadagnata nel corso dei secoli può essere utilizzata per pro-muovere la salvaguardia ambientale e la solidarietà. L’obbligo di smontaggio della struttura, per esempio, ha dato vita a un pro-getto di rilocalizzazione a favore della Croce Rossa Burkinabè, un’iniziativa di ecologia circolare auspicata nella governance del Principe Alberto II di Monaco.

OLTrE I cLIché LE SParkLING dINNEr

Bollicine a tutto pasto? Assolutamente da provare. Ne è convinto l’autorevole Wine Entusiast che per le sparkling dinner concede una deroga alla regole di progressione dei vini fermi a tavola: da leggero a strutturato, da giovane a invecchiato e da bianco a rosso. A fare la differenza è la texture “che offre una dimensione strutturale che rende l’interazione tattile irresistibile.” Dalle parole ai fatti, abbiamo provato la proposta di Opera Vitivinicola in Valdicembra, dallo scorso anno partner di una delle realtà laziali più innovative: Casale del Giglio, che grazie a questa collaborazione ha inserito nel proprio corollario bolli-cine Metodo Classico di alto profilo coprotagoniste di un menu a base di pesce allo storico ristorante Il Glauco di Fregene sul litorale roma-no. Ecco che il perlage diventa la chiave di volta per l’abbinamento tra Opera Trento DOC Brut Millesimato Blanc de Blancs e julienne di zucchine crude con seppia panata in farina di mais e fritta oppure tra Opera Trento DOC Rosé e tagliolini con gamberi e pachino. Ardito l’accostamento tra Trento DOC Nature Opera con orata al sale. Basta poco per scoprire nuovi orizzonti! info: www.casaledelgiglio.it

aPrE a BOLOGNa IL “mErcaTO dI mEZZO”

è stato inaugurato a Bologna, a due passi da Piazza Mag-giore, il nuovo “Mercato di Mezzo”, traslazione dell’antico nome dell’arteria (oggi via Rizzoli) che porta alle Due Torri. La struttura, sorge al centro del “Quadrilatero”, formato da pittoresche viuzze destinate alla vendita delle erbe e dei ge-neri alimentari. Già sede dell’Ospedale di S. Maria della Vita e trasformata nella seconda metà dell’Ottocento in mercato coperto delle erbe, è stata oggi recuperata da Coop Adriati-ca per farne il luogo dei sapori e della cultura del cibo, nello spazio chiave del commercio, della memoria storica e della tradizione gastronomica della città. Un punto di riferimento, soprattutto per i turisti, per acquistare, gustare e vivere le specialità bolognesi e italiane in un’atmosfera piacevole e ricca di vibrazioni.

a cura di FRANCESCA MAISANO e TERESA MONACO

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LE NEw ENTry dEL BuON rIcOrdO

Locanda Al Castello di Cividale del Friuli (UD), Caffè Arte e Mestieri di Reggio Emilia, Ristorante Chalons d’Orange di Al-vito (FR) – nella foto –, Ristorante Lo Stuzzichino di S. Agata sui due Golfi (NA): dal Friuli Venezia Giulia alla Campania, sono questi i 4 ristoranti entrati a far parte nel 2014 dell’U-nione Ristoranti del Buon Ricordo (www.buonricordo.it). 109 sono dunque i ristoranti associati al sodalizio fondato nel 1964 per salvaguardare le tradizioni gastronomiche del Bel Paese. I ristoranti possono cambiare ogni 5 anni la loro specialità, non resta quindi che andare a scoprirle.

daL VENETO, km 0 aNchE IN hOTEL

Presto il cosiddetto “Km 0” sarà un’offerta di moltissimi Ho-tel. Il primo a proporre questa formula si trova in Veneto: è il ristorante di un Hotel a 4 stelle di Mestre, “Ai Pini”. I titolari, Giovanni Battista Baldo e Roberta Ferrari, hanno ricevuto la targa di riconoscimento, frutto delle verifiche effettuate dalla commissione di garanzia. Il “Km 0” è un progetto di Coldi-retti Veneto. Questa legge non è ancora definitiva ma si sta lavorando al suo perfezionamento, con la speranza che la Re-gione Veneto sia d’esempio per altre.info: www.regione.veneto.it

IL PO: uN fIumE dI STOrIa, GuSTI E cuLTura IN mOSTra a ExPO 2015

Non solo campi coltivati e orti ma anche fiumi a Expo 2015! Il Po si metterà in vetrina per attrarre turisti e visitatori. Enti, Re-gioni e Consorzi hanno aderito al progetto “UnPOxExpo2015” con decine di pacchetti turistici. Una valle dai 4 grandi gusti globali: dolce, amaro, acido, salato declinati dalla biodiversità tipica di queste regioni. Per Expo 2015 un’offerta di soggior-no molto originale, dal titolo “Turismi Enogastronomici Flu-viali”, un’occasione per far toccare con mano le atmosfere del made in Italy agro-alimentare di queste zone. Info: [email protected]

IL fOrTE VILLaGE SEducE carLO craccO

Sarà il Forte Village Resort, da 16 anni consecutivi eletto miglior hotel per le vacanze al mondo e affacciato sulle ac-que cristalline della costa sud della Sardegna, ad accogliere quest’estate Carlo Cracco, per tutto il mese di agosto.Consacrato come uno dei migliori al mondo, e reduce da una lunga stagione invernale di grandi successi televisivi: da Ma-sterChef a Hell’s Kitchen, Cracco è pronto per questa nuova sfida. Alcuni segreti della sua filosofia culinaria, da sempre focalizzata sulla valorizzazione della cucina mediterranea, ver-ranno ‘svelati’ durante le “cooking class” che lo chef terrà per gli ospiti del resort, che vanta un’ineguagliata offerta ga-stronomica con i suoi 21 ristoranti, tra cui quelli degli stellati Rocco Iannone, Giancarlo Perbellini, Gordon Ramsay, il sardo Antonello Arrus, e ora…Carlo Cracco!

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di Samantha marcelli

LE DELIZIEDEI SENSI e l’ emOZiOne Di GUiDare a cielO aPertO

Dolomiti da gustare oltre che da esplorare e da godere con gli occhi e con lo spirito. Se poi alla magia della natura ag-giungi l’emozione di viaggiare su una Porsche cabrio gialla come quelle messe a disposizione dei clienti dei 5 Hotel Dol-ceVita tra Naturno e Laces in Val Venosta, allora l’incantesi-mo è completato. Le occasioni per deliziare il palato sono davvero tante e tutte... vertiginose ossia nei ristoranti ad alta quota, ma anche in quelli in valle. E tutti i prodotti utilizzati nei menù sono locali e di qualità. D’altronde sono numerose le eccellenze proposte dalla terra di montagna preparate con cura dalla gente del posto ricca di esperienza e cultura alpina. A 2.239 metri di altitudine il ristorante Maria in cima propone accoglienza e cucina tipica “di una volta” ammirando il pano-rama mozzafiato del Sass Pordoi e il Sass Becè. Il ristorante prende il nome da Maria Piaz, sorella del famoso alpinista Tita Piaz, che ha dato un incentivo importante allo sviluppo dell’e-

conomia turistica del Passo. Nata a Pera di Fassa nel 1877 ac-quistò con l’aiuto del padre una baracca al Passo Pordoi con l’idea di fornire un punto di ristoro a chi attraversava il passo. Grazie anche all’inaugurazione della Strada delle Dolomiti e alla tenacia di persone come Maria, il Passo Pordoi diventò un luogo di importante interesse turistico. Durante il periodo della Prima Guerra Mondiale le strutture esistenti furono di-strutte. Ci vollero anni per risollevare l’attività economica del passo e nel 1961 la Piaz, insieme al figlio Francesco, diede il via alla costruzione della prima funivia del Sass Pordoi, una delle prime funivie delle Dolomiti. Persona di grande cuore,

Su E gIù pEr LE DoLomItI

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Sopra le creazioni dello Chef Andreas Pircher del ristorante del DolceVita Hotel Lindenhof, a Naturno presso Merano

durante la prima guerra mondiale Maria fu imprigionata per aver aiutato alcuni irredentisti a passare il confine e dal 1915 al 1918 venne anche internata nel campo di concentramento di Katzenau. Dal Passo Pordoi si ha il più rapido accesso al gruppo del Sella (la cui maggior elevazione è il Piz Boè, 3.152 m) per mezzo della funivia che, con un unico balzo, raggiunge i 2.950 m del Sass Pordoi, lo sperone più a sud del Grup-po del Sella. Sul Pordoi sono state scritte importanti pagine di storia. Le aspre battaglie della Prima Guerra Mondiale (di cui quest’anno ricorre il centenario) sono testimoniate ancora oggi dall’Ossario, situato nel versante veneto del passo, dove sono raccolti, in una tomba comune, i resti di 454 caduti ger-manici e di 8.128 austro-ungarici. Dal Passo Pordoi in Alta Badia, in località Piz la Ila, ottimo ristorante del rifugio Moritzino. Conosciuto per la sua posi-zione unica, a 2.100 m di altitudine, è dal 1966 una delle lo-cation più esclusive dell’Alto Adige, punto di riferimento per la ristorazione e il divertimento. Il rifugio panoramico è meta gettonata per feste, Après-Ski, pranzi e cene da buongustai con prodotti tipici locali e tradizionali come i canederli. Noto anche per le magiche serate in compagnia ai piedi delle più suggestive cime delle Dolomiti, meta preferita da molti VIP, personaggi dello spettacolo e dello sport. Il ristorante offre la possibilità di gustare piatti a base di pesce fresco, carni di pri-ma qualità e prelibatezze preparate con passione dallo chef Marco Spinelli e dal suo staff. Il sommelier guida gli ospiti alla scelta di vini pregiati per aperitivi di classe con un ottimo bicchiere accompagnato da salumi, formaggi, marmellate e mostarde. Dall’Alta Badia al Passo Gardena verso l’Alpe di Siusi e l’in-cantevole Sciliar per poi giungere alla Strada del vino, che da Caldaro arriva fino alla conca di Bolzano. Li sorge l’im-ponente centenaria cantina di San Michele Appiano. Gestita con passione e determinazione da Hans Terzer, winemaker che dal 1977, con i suoi vini contraddistinti da un ottimo rapporto qualità-prezzo, vini ottenuti anche da zone vocate come il Pinot Bianco Schulthauser, il Riesling di Montiggl, lo Chardonnay Merol e la Schiava Pagis. Di questa linea fanno parte anche il Pinot Nero Riserva, Lagrein Riserva e il nuovo “De Piano” (uvaggi Merlot-Cabernet). E il fiore all’occhiello, la Linea Sanct Valentin, riservata ai vini più prestigiosi che sono prodotti con attenta selezione delle migliori uve dei vi-tigni locali. La gamma è completata dal Comtess, un vino da dessert con uvaggio di Gewürztraminer, Sauvignon e Riesling. Vini da degustare nei numerosi ristoranti della provincia di Bolzano, in particolare nei ristoranti dei 5 Hotel DolceVita in Val Venosta che si contraddistinguono anche per il livello di alta qualità dei menù proposti a pranzo e a cena.

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Sapori & Spettacolo

di Vittorina Fellin

Il tempio della “revue” francese risveglia i sensi con la raffinata eleganza di sempre

per una notte scintillante al mitico lido di parigi

Cosa c’entra il più elegante locale di cabaret di Parigi con l’incom-parabile cucina francese? Nulla all’apparenza, se non fosse che oggi il tempio della “revue” parigina (spettacolo), come dicono da queste parti, è meta anche dei gourmet i quali, oltre a godersi l’esibizione di donne dalla bellezza prodigiosa, possono gustare un’autentica cucina d’autore. Una scelta di piatti accuratamente moderni, preparati dal grande chef Philippe Lacroix e dalla sua équipe formata da 35 persone tra cuochi e pasticceri. Uno chef, il signor Lacroix, che ama giocare tra tradizione e creatività, la cui cucina riflette le varie influenze della sua esperienza e della sua ricca sapienza gastronomica. Il risultato è un connubio di sapori inaspettati, di prodotti di qualità impecca-

bile e di piatti perfettamente serviti. Un sottile intreccio di gusti tra la tradizione francese e la cucina innovativa. Se le stagioni influenzano la cucina di Philippe Lacroix nella scelta dei prodotti per i diversi menù, alcuni piatti tradizionali sono sem-pre disponibili con alcune variazioni di accompagnamento o con-dimento. Così, aragosta e foie gras, due classici acclamati dai clien-ti del Lido, sono le garanzie di una scelta sicura e senza tempo.Non deve essere facile servire una cena a circa mille persone ogni sera in due ore, perché questa è la tradizione del Lido. Due spetta-coli a sera per 365 giorni l’anno, Natale e Pasqua compresi. Sono moltissimi gli spettatori che affollano, ogni anno, il sontuoso salone di duemila metri quadrati dalla perfetta visione e ognu-no ha la consapevolezza di essere parte di un sogno lungo due ore. Ma, al di là delle prodezze tecnologiche e dell’incanto di uno spettacolo di portata internazionale, la leggenda del Lido è con-fermata dal fatto che ogni sera in questo luogo si perpetua una tradizione artistica di grande valore.

LE ORIGINILa sua apertura risale al giugno del 1946 quando, subito dopo la seconda guerra mondiale, i fratelli Joseph e Luigi Clerico riapri-rono un vecchio locale già noto sugli Champs-Elyséès, arredato nello stile della spiaggia del Lido di Venezia, da cui il nome. Con l’intervento e la collaborazione di Margaret Kelly Leibovici, fon-datrice del celeberrimo corpo di ballo delle Bluebell Girls, il Lido divenne presto uno dei cabaret-spettacolo più famosi del mondo. Qui si sono esibiti artisti di fama che hanno contribuito a farne una leggenda: da Elvis Presley a Edith Piaf, da Marlene Dietrich a Dalida, fino ad arrivare ad Elton John. Oggi, questo autentico pezzo di storia, al pari del Louvre o della Torre Eiffell, mi perdonino i puristi, rappresenta l’essenza di questa scintillante città.Il locale si trova ancora sugli Champs-Elysées ed è facilmente rag-giungibile con tutti i mezzi. Un consiglio: è utile arrivare sul posto almeno trenta minuti prima per evitare la coda all’ingresso e ma-gari ricevere una migliore sistemazione che ripagherà sicuramente del tempo di attesa.

LO SPETTACOLO Lo spettacolo Bonheur afferma con risolutezza il suo carattere con-temporaneo senza rinnegare la grande tradizione degli spettacoli del Lido: 48 BlueBelle Girls e 16 Lido Boys si esibiscono al meglio della tecnica.La “revue” in realtà è uno spettacolo-cena, o dopo-cena, a secon-da dell’orario che viene scelto. Ogni esibizione presenta ventitré scenari diversi, circa una trentina di cambi per un totale di seicento

non Solo PailletteS Ma Piatti HaUt De GaMMe

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costumi, che impegnano una decina di sarte, e un gran numero di tecnici audio e luci che dalla regia seguono ogni singolo passo di danza. Il palco è un condensato di tecnologia: regala spazi ed effetti speciali inimmaginabili, si abbassa e si alza, a seconda dell’occa-sione, davanti ad un pubblico sbigottito. Ballerine altissime (rigo-rosamente in topless) si accompagnano a Boy statuari in creativi balletti.Nulla è volgare, ma tutto impreziosito da musiche piacevolissime e coinvolgenti. Le scenografie cambiano rapidamente per offri-re dimensioni sempre nuove, coloratissime e ben curate, mentre costumi di raffinata fattura, abbagliano per numero di paillettes, almeno 150.000 si dice, molte lasciate sul palco a fine spettacolo.

VIVERE GLAMOUR… SCEGLIENDO CON GUSTONon sono prezzi economici quelli del Lido, ma quello cui si può as-sistere non è solo uno spettacolo, ma lo spettacolo per eccellenza.Si può scegliere tra la Diner-Revue (cena più spettacolo) o la Revue Bonheur (spettacolo) per quella che viene definita “Soirée Emo-tion”, il tutto dipende esclusivamente dal budget e dalla curiosità. Non manca l’abbinata con lo champagne, perché i francesi non di-menticano certo di essere gli artefici delle bollicine per eccellenza.Nel tempio del cabaret ci si deve sentire perfettamente a proprio agio per calarsi appieno nella leggenda. Il Lido non richiede poi molto perché concede a tutti di sentirsi cenerentole al ballo per una notte.Per carità, però, niente jeans, bermuda, scarpe da ginnastica o infradito, siamo pur sempre sugli Champs-Elyséès, ma neppure un abbigliamento particolarmente formale, ci si deve pur divertire e non rimanere ingessati. È consigliato, quindi, un abbigliamento elegante e non casual (abito o pantaloni per le signore e giacca per i signori) e soprattutto il vostro sorriso migliore, per illuminare, insieme alle paillettes, le scintillanti notti parigine.Info:Cabaret Lido Paris (www.lido.fr)

LE SOSTE HAUTE DE GAMMEHotel Le MeuriceOspitato in un edificio del XVIII secolo e situato nel cuore di Parigi, sotto i portici di Rue de Rivoli, a 200 metri dal museo del Louvre e dai Giardini delle Tuileries, questo hotel 5 stelle vanta pregevoli opere d’arte, due ristoranti di cui uno con 3 stelle Michelin, camere eleganti e un centro benessere e fitness. www.dorchestercollection.com/en/paris/le-meurice Hotel du Collectioneur Arc Du TriompheElegante 5 stelle in ottima posizione centrale a pochi passi dai principali monumenti con un ampio cortile interno, grandi spazi, bell’arredamento, stanze con vista sulla Tour Eiffel. Il ristorante Le Safran serve cucina francese sofisticata in un ambiente art déco o in una delle sue bellissime terrazze panoramiche. Il Purple Bar propone una selezione di cocktail e spuntini leggeri da gustare sulla terrazza o in un ambiente elegante.www.hotelducollectionneur.comVilla Saxe Eiffel ParisSituato a breve distanza dalla Tour Eiffel e da altri famosi luoghi parigini l’hotel 5 stelle sorge in una zona centrale ma all’interno di una piccola strada che garantisce una tranquillità assoluta. Recenti restauri hanno trasformato il vecchio edificio in una struttura mo-derna che sposa la sobria eleganza al calore, alla serenità e all’ar-monia. Dispone di 48 camere o suite, declinate su temi dell’oro, argento e di uno spazio benessere. Deliziosa la prima colazione. Professionale e gentile il personale. www.villa-saxe-eiffel.com/fr

NOTIzIE UTILI PER IL SOGGIORNO A PARIGI Atout Francewww.rendezvousenfrance.comOffice du Tourisme et des Congres Pariswww.parisinfo.comCentres des Monuments Nationauxwww.monuments-nationaux.fr

VITTORINa FELLIN, giornalista e scrittrice. Esperta di agroalimentazione e di turismo enogastronomico, collabora con varie testate e a livello della istituzioni di settore con progetti e ideazione di eventi.

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Sardegna da vivere

di Rita BeRtazzoni

Un’oaSi eSclUSiva affacciata SUl mare

All’Arbatax Park Resort & Spa per un soggiorno armonioso tra intime calette e giardini incontaminati all’insegna del benessere, del contatto con la natura e della seduzione dei sensi, anche a tavola

È il più grande Park & Spa Resort della Sardegna, un grande com-plesso turistico che si estende per circa 60 ettari sull’estremità della penisola di Capo Bellavista, ad Arbatax. A dispetto delle dimensioni, il villaggio è un angolo di paradiso dove ritagliarsi momenti di relax e silenzio a contatto con una natura mozzafiato. Lo scenario, infatti, è di incomparabile bellezza: nel Parco Natura-listico e Faunistico Bellavista, in un’area di 40 ettari, tra olivastri, lentischi e mirti vivono in libertà mufloni, cinghiali, cavallini della giara, daini, asini, pecore e mucche, oltre ad una varietà di volatili che trovano rifugio in un ecosistema protetto. Molti sono i percorsi per osservarli e godere al contempo di panorami spettacolari in un alternarsi di intime calette, giardini lussureggianti e aspre rocce.All’Arbatax Park Resort & Spa si alloggia in hotel, cottage, ville e suite arredati con cura e attenzione ai dettagli. Sono suddivisi in aree diverse collegate fra loro da un servizio gratuito di navet-te con piccoli mezzi elettrici che percorrono a rotazione l’intero villaggio.Il Borgo Cala Moresca ha l’aspetto di un vecchio borgo sardo ar-roccato sulla roccia con case in pietra articolate intorno ad una piazza centrale e sentieri acciottolati ombreggiati da grandi alberi. 250 sono le camere, classic e superior, e le suite dove protagonisti

sono i materiali antichi, il ferro battuto, i mobili in legno, le archi-travi di ginepro. Si soggiorna nel massimo comfort in un ambiente tranquillo dove anche l’animazione è soft. Un ascensore collega la piazza al viale che porta al mare dove si incontra l’anfiteatro che di sera ospita la rassegna di “Cinema sotto le stelle”. Per godere del sole e di un bagno nell’acqua cristallina, diversi terrazzamenti di sabbia giungono fino al mare dove si trova anche una piattaforma in legno con lettini e ombrelloni. Niente è lasciato al caso per gli ospiti del villaggio e anche la cucina è curata e diversificata negli 8 ristoranti del resort. Gli ospiti del Borgo, per esempio, hanno a disposizione per i pasti un ristorante dedicato, con ampie sale e terrazze, dove trionfa la cucina internazionale, di terra e di mare. Per chi ama il pesce, il Ristorante La Vela, aperto solo per cena, è specializzato in menù marinari e propone piatti gustosi con crosta-cei e il pescato del giorno. In pochi minuti a piedi si arriva a Monte Turri Luxury Retreat che ha il fascino di un’antica e lussuosa dimora di campagna. Si dorme in 59 raffinate camere, arredate in tipico stile sardo, che possono ospitare fino a 4 persone e godono di una vista spettacolare sul mare e sul parco. Intima e deliziosa è la caletta privata che si rag-giunge con un ascensore panoramico in cristallo da cui ammirare

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l’incanto del paesaggio sardo. Un privilegio anche di chi prenota al Ristorante Monte Turri, ambientato su una terrazza con vista che toglie il fiato. La cucina è molto curata e in tavola sfilano piatti che accontentano tutti i palati. All’estremità della Penisola Bellavista si trovano le Dune dell’Ar-batax Park con camere dall’originale forma esagonale e il tetto in legno. Sono le preferite dai giovani che amano gli ambienti informali e la vicinanza alle spiagge, che distano dai 10 ai 100 metri dalle stanze. Per mangiare si va in uno dei ristoranti dell’area Telis, dove la cucina internazionale è pensata per soddisfare i gu-sti di una clientela internazionale. Nel grande buffet si sceglie fra piatti di carne e piatti di pesce. In alternativa il ristorante Le Palme propone, a pranzo, una cucina veloce con antipasti e primi piatti mentre la cena è un omaggio alla cucina di mare.Poco più distanti dalla costa sono i bungalow del Telis, un’area di 10 ettari nella macchia disposta su una collina che digrada verso il mare. È il posto ideale per le famiglie che possono contare su diverse tipologie di camere, anche comunicanti, immerse nella ve-getazione e su una animazione adatta ai bambini. Intorno ad una grande piazza ci sono bar e ristoranti. Come il ristorante centrale Telis con cucina internazionale e grande varietà di piatti di terra e di mare o il Sa Gana che accoglie anche gli ospiti dell’area Cotta-ge, una delle zone più esclusive del resort, a pochi passi dal mare. Piccoli chalet tinteggiati di bianco e arredati con mobili di legno in stile sardo, affacciati sul mare o sul lussureggiante giardino. Chi alloggia nei Cottage o nelle Suite Cottage ha il privilegio di ave-re piccoli giardini privati terrazzati sulla roccia per contemplare il mare direttamente dalla stanza. Entrambi poi hanno libero acces-so alla Piscina Relax.

In apertura Baia Monte Turri, dall’alto spiaggia Le Palme, scorcio Cala Goloritzé, costumi tradizionali dell’Ogliastra e gabbiani nel Parco Naturalistico Bellavista

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Paesaggi gastronomici

In questa area si trovano anche ville e suite esclusive per chi desi-dera trascorrere una vacanza in un ambiente elegante, curato nei dettagli e in totale riservatezza. La Torre, per esempio, è una villa con ampio patio e giardino, vasca idromassaggio incastonata nel granito, vista incantevole sulla costa sud dell’Ogliastra. La casa sfoggia mobili antichi di pregio, letto a baldacchino, salotto con maxischermo, libreria, living room che si apre sul giardino e sul mare. È una villa singola anche la Suite Nuraghe che sorge diretta-mente sull’omonima spiaggetta, intima e suggestiva. Tessuti pre-giati e mobili d’antiquariato rendono unico questo alloggio che vanta una spettacolare stanza da bagno incastonata nella roccia di granito. Infine, nel punto più alto della Penisola di Arbatax, immersa nel parco naturalistico, è Villa Bianca, che si apre su tutta la baia con vista sull’Isolotto d’Ogliastra, le famose rocce di porfido rosso, le rinomate spiagge di Porto Frailis e di Orrì. Circondata da un ampio giardino con prato all’inglese e piscina privata con casca-ta, è dedicata a chi ricerca il lusso e il contatto con la natura più selvaggia. Chi alloggia in questa esclusiva villa può scegliere di mangiare in casa o in un qualunque ristorare del resort, compresi i ristoranti Gourmet Bellavista con prodotti dell’orto biologico e Su Coile che offre un meù tipico sardo in un ambiente sorprendente, con tavoli ricavati da blocchi di granito grezzo e sedie realizzate con tronchi di albero intagliati.www.arbataxpark.com

THALASSO & SPA BELLAVISTA È considerato uno dei migliori centri benessere d’Europa per la straordinaria location, all’interno di un parco naturalistico, e la ricchezza delle proposte beauty e wellness. Bellavista Thalasso & Spa sorge nel cuore dell’Arbatax Resort, circondato da un paesaggio mozzafiato. L’architettura della Spa richiama quella di un’antica dimora araba che si sviluppa intorno ad un patio dov’è situata la grande piscina esterna con idromassaggio. Con i suoi 2.000 mq di superficie, è un invito alla contemplazione della forza della natura, all’ascolto del silenzio, alla cura del corpo e dei sensi nell’ottica di un’esperienza olistica. Dopo essersi lasciati inebriare dal profumo del mare, ci si abbandona con piacere ad un massaggio antistress o aromatico agli oli essenziali. L’esperienza olfattiva continua con l’innovativo massaggio alla crema di cioccolato o con le perle naturali. Per la bellezza della pelle ci sono le proposte di ringiovanimento cutaneo con esclusivi programmi anti-age Ericson Laboratoire face and body care o i trattamenti estetici che sfruttano le proprietà delle piante officinali sarde. Da provare, tra gli altri, il percorso rigenerante nelle 10 vasche di acqua salata e riscaldata, il bagno turco, la grande sauna, le cascate emozionali, la cromoterapia, la stanza del sale, quella dei geyser, la sala relax con filmati naturalistici e musica di sottofondo.

Sardegna da vivere

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di Giovanni Ballarini

BenVenutI nel PIaneta

lucanIa

ItalIa In controluce

di FRANCESCA MAISANO

Calanchi lunari scolpiti dall’impeto della natura digrada-no verso acque turchesi incastonate negli arenili d’oro della piana di Metaponto. Le fragranze sublimi e persi-stenti dei gigli di sabbia danzano nell’aria, mentre il te-pore della rena fi nissima avvolge i piedi nudi. È il corpo che coglie in ogni fi bra l’essenza della Basilicata. Questa terra di contrasti e meraviglie sa condurci per mano in un viaggio indimenticabile che inizia dalla co-sta ionica, dove le vestigia del Tempio di Hera (Tavole Palatine) ritagliano scorci di sacralità nel blu del cielo circondate da rarissimi esempi di archeologia rurale (og-getto di studio anche dell’Università di Austin in Texas). Viriamo a nord e in poco meno di un’ora ecco materia-lizzarsi il portento della Murgia di Matera e dei Sassi: aggregati di case intrappolati nella nuda pietra, eco lirica dell’antica Cappadocia. Dalle ceneri della sua “dolente bellezza, espressiva e toccante” – rubando le parole a Carlo Levi che aveva denunciato le condizioni di vita insalubri degli abitanti degli antichi rioni –, Ma-tera come un’araba fenice è risorta divenendo primo sito del Sud Patrimonio dell’Umanità (1993), candidato a capitale della cultura europea per il 2019. Qui, i pensieri si lasciano dominare dallo strapiombo che fa da culla al torrente Gravina mentre, davanti ai nostri occhi, si mostra mistico e inarrivabile il Parco del-le Chiese Rupestri.

Da Metaponto a Maratea, un viaggio indimenticabile tra le spiagge selvagge di due mari, i preziosi nettari del Vulture e i sapori autentici della Basilicata

Peperoni cruschi o come la tradizione popolare dice “i paparuol crushc” fatti essiccare al sole nelle famose e suggestive collane, chiamate serte

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Persi nei labirintici vicoli a guidarci è l’istinto. Decidiamo così di entrare in una delle gallerie del Caveoso, nelle vicinanze del Convicinio di S. Antonio. All’antica cantina Cavea ci immergiamo in un’esperienza mul-tisensoriale degustando specialità come il caciocavallo podoli-co, l’oliva infornata di Ferrandina, il pezzente di montagna Ma-terana (tutelati come Presidi Slow Food) e i peperoni cruschi. Tutto è esclusivamente lucano, proveniente dalle più disperse, minuscole e genuine aziende regionali, e preparato a vista, in un laboratorio di cucina ricavato negli ipogei della cantina da Fabrizio Zampagni. Un uomo eclettico, dalle mille idee – come quella di far volare le mongolfiere sui Sassi –, che ci conduce nel racconto di ogni preparazione partendo da un alimento basilare e identitario: il pane di Matera. Dall’accattivante forma a mon-tagnetta e il bel colore bruno, deve la sua gustosità e serbevo-lezza (fino a 7 giorni) alla semola di grano duro: in particolare al riscoperto Senatore Cappelli, coltivato sulle colline argillose che circondano la città. Cotto in enormi e storici forni a legna, è lavorato a mano, come la centenaria tradizione comanda.

I “calanchi” caratterizzano l’aspro paesaggio della Lucania sud-orienta-le, fra le valli del Sauro, l’Agri ed il Basento. “…da ogni parte non c’erano che precipizi di argilla bianca, su cui le case stavano come liberate nell’aria” così Carlo Levi descrisse il paese di Aliano durante il suo secondo confino in Basilicata nel 1935

Il Pane di Matera IGP è ottenuto con semole rimacina-te di grano duro 100% lucane, di cui 20-30% semola rimacinata Senatore Cappelli. Il rigoroso disciplinare prevede l’utilizzo del lievito madre naturale ottenuto

dalla macerazione in acqua di uva e fichi

L’Aglianico del Vulture è annoverato tra i più grandi vini rossi d’Italia. La produzione è consentita solo nella zona del

Vulture, in provincia di Potenza. Nel 2010 ha ottenuto la denominazione di origine controllata e garantita (DOCG) per

la tipologia Superiore e Superiore Riserva.Nelle foto in alto: i peperoni cruschi, uno dei prodotti più

rappresentativi della Basilicata e i resti del Tempio di Hera

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Il profumo rassicurante del lievito madre che ancora persiste sulle dita, riporta alla mente altri sentori, quelli di lamponi, arricchiti da note di mentuccia e felce, che con il tempo si trasformano in ricordi di humus, liquirizia e mallo di noce. Siamo giunti in una delle più seducenti plaghe della regione: il regno dell’Aglianico del Vulture (DOCG per le tipologie di vertice Superiore e Supe-riore Riserva), simbolo non solo del potentino, ma di gran parte del Mezzogiorno. La trama tannica imponente, che si fa setosa ed elegante con il passaggio in legno, regala il massimo piacere in abbinamento a lagane e ceci; carpaccio di maialino affumicato con delizie di latte e crostino casereccio e tagliata di vitello po-dolico con rucola, scaglie di grana e balsamico. Sinfonie papillari orchestrate ad arte sulla nostra tavola da Roberto e Rocky Calitri a La Loggia del Monaco (www.loggiadelmonaco.it), agriturismo a pochi minuti da uno dei borghi più belli d’Italia: Acerenza.Il centro storico della Città Cattedrale sembra vivere in armonio-sa simbiosi con i cigli della rupe di tufo che ne cinge i fianchi e lo sospende nel cielo ad oltre 800 metri di altezza sulla valle del Bradano. Il privilegio di visitare le cantine private, scavate nella roccia al di sotto dell’abitato, per ora è riservato a pochi. Ma noi abbiamo una guida acheruntina d’eccezione, Michele Orlando, Sindaco di Acerenza dal 1980 al 1990, che ci mostra il luogo in-cantato di fermentazioni e affinamenti. Che sia un patrimonio dal grandissimo potenziale lo si intuisce subito: le cantine, affacciate su un orizzonte che delinea l’Altopiano delle Murge come in un quadro rinascimentale, potrebbero essere inserite in un percorso enoturistico insolito e unico nel suo genere. Rinomata invece, anche oltre i confini nazionali, la Cattedrale, mirabile esempio di architettura in stile Romanico-Cluniacense, come ci racconta Antonio Saluzzi, decoratore per professione e

cantore per diletto, che sa descrivere il fascino dei luoghi in cui vive e lavora con l’abilità di un poeta-ricercatore. Prima di entrare ci accompagna in una passeggiata perimetrale, alla ricerca dei mille, piccoli segreti incastonati nella trama di marmi millenari: come i frammenti dei sarcofagi romani o i fusti di colonnine a spirale di marmo orientale. All’interno, poi, gli affreschi soprav-vissuti all’intervento Barocco, la cripta e le volte sono coinvol-genti quando, al tramonto, la luce naturale attraversa il rosone fasciando l’altare maggiore. Con la promessa di ritornare presto, eccoci pronti a ripartire e... a librarci nell’aria. Come i grandi grandi rapaci padroni dei cieli sorvoliamo le Dolomiti Lucane, tra guglie e pinnacoli scolpiti dal vento. Oltre un chilometro e mezzo in poco più di un minuto su “ali meccaniche”. È il Volo dell’Angelo ovvero un carrello assi-curato saldamente ad un cavo d’acciaio che collega i paesi di Castelmezzano e Pietrapertosa. In rotta verso meridione, lasciamo il cielo ai rarissimi esemplari di aquila reale del Parco Nazionale del Pollino, un territorio si-lenzioso rotto solo dal vento che accarezza i profili contorti dei monumentali Pini Loricati. Ed ecco apparire le coste del Tirreno. I succulenti spaghetti alle patelle, da raccogliere a mano sugli scogli e da provare in uno dei tanti ristorantini tipici, lasciano un delizioso retrogusto di mare in bocca, mentre ci immergiamo nei fondali di Maratea decorati di madrepore di un intenso color arancio. Le pareti a strapiombo sul mare, le piccole insenature, le spiagge di ghiaia o di rena finissima e i promontori rocciosi che il mare pe-riodicamente isola dalla terraferma rendono l’estremo lembo oc-cidentale della Basilicata un capolavoro. “Forse in Italia non c’è paesaggio e panorama più superbi”, scriveva Indro Montanelli.

IncantI lucanI

Sopra una spettacolare veduta del borgo di Acerenza e le suggestive grotte-cantine scavate a mano nel tufo. Visitando questi luoghi non si può fare a meno di gustare un buon bicchiere di vino, magari accompagnandolo con i prodotti di antica tradizione come la salsiccia o la soppressata acheruntina (la spezzettatura della carne avviene ancora a “punta di coltello”). Tra le specialità anche il pane di semola rimacinata di grano duro e un ottimo olio extravergine d’oliva. Assolutamente da provare i tradizionali “maccaroun a desct” (pasta fatta a mano e condita con sugo di carne o abbinata a legumi)

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ItalIa In controluce

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Percorrendo i suggestivi vicoli medioevali di Acerenza e costeggiando le antiche mura, si va incontro all’imponente e splendida Cattedrale dedicata a Santa Maria Assunta e a San Canio Vescovo. Il monumento è dichiarato di interesse nazionale, di eccezionale valore artistico e storico. ll centro storico è stato annoverato tra i pri-mi 50 borghi più belli d’Italia con meno di cinquemila abitanti. Orazio la immortala in una delle sue Odi nel viaggio da Roma a Brindisi, quando accompagna Mece-nate in Grecia: “…quicumque celsae nidum Acherontiae…” (Odi – Libro III, ode IV)

Tripudio di sapori lucani all’antica cantina Cavea di Matera

Uno scorcio di Maratea

MOSTRA: Pasolini a Matera. Il Vangelo secondo Matteo cinquant’anni dopo. Matera, fino al 9 novembre 2014La mostra celebra, attraverso immagini e docu-menti inediti, i 50 anni dalla realizzazione del film che Pasolini girò nel 1964 nella città dei Sassi. (nella foto Mario Carbone I Sassi di Matera 1960)

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GIROGUSTANDO

di MARIA LUISA PASQUALE

Becco della Civetta, Bocca del Leone, Aquila Reale: sono alcuni dei picchi rocciosi che il cuore della Basilicata custodisce per la gioia dei turisti golosi di natura incontaminata, sano sport e buoni sapori

Benvenuti nelle Dolomiti Lucane, montagne sconosciute ai più, ma davvero sorprendenti per chi arriva nel cuore della Basilica-ta, una delle aree naturalistiche più suggestive del Sud d’Italia: il Parco regionale Gallipoli Cognato–Piccole Dolomiti Lucane.A una ventina di km a sud est di Potenza, percorrendo la Sta-tale Basentana, già si scorgono le Dolomiti Lucane che, con le loro punte aguzze e frastagliate, ricordano le Dolomiti tren-tine. Ma la composizione delle rocce è ben differente. Qui pietre arenarie dure si alternano a pietre argillose più tenere e il susseguirsi dei diversi tipi di roccia, con l’azione erosiva dell’acqua e del vento, hanno modellato nel tempo forme as-sai singolari. Le rocce più curiose sono state battezzate con nomi fantasiosi come Becco della Civetta, Bocca del Leone, Grande Madre, Aquila Reale. Nelle foreste incontaminate di cerri, aceri, roveri, tigli, che sono parte integrante della gran-de riserva naturale del parco, tra Potenza a Matera – 27.000 ettari di terra ricca di specie protette e di biodiversità – abi-tano volpi, tassi, istrici, lepri e, vicino ai corsi d’acqua, lontre, donnole e scoiattoli. Tra queste specie, particolarmente rara e singolare è la Cicogna nera. Il volatile, diffi cile da intercettare, è tutelato e costantemente monitorato da studiosi e ricerca-tori del parco. Le Dolomiti sono il luogo ideale per chi ama l’escursionismo, il trekking, la bicicletta. Lasciamo l’auto e proponiamo una gita in mountain bike, per un’avventura emozionante e suggesti-va e una conoscenza diretta del territorio. Si parte dal B&B La Cuntana di Potenza, dove hanno sede le guide esperte dell’Associazione Basilicata Mtb Tour e, pedalando su antichi tratturi e mulattiere, si raggiungono le dolomiti. È un’espe-

UNA PERLA NASCOSTA: LE DOLOMITI LUCANE

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rienza autentica di contatto con la natura, di sport e di cultura del territorio (noleggio bici e prenotazione di itinerari perso-nalizzati all’indirizzo web: www.basilicatamtbtour.it). Visitiamo ora i due borghi, tra i più belli d’Italia che, con le case incastonate nelle rocce, sembrano quasi un prolunga-mento della pietra.Pietrapertosa, a 1088 metri sul livello del mare, è il paese più alto della Basilicata. Le grotte e le caverne sparse qua e là appaiono come pietre bucate, un tempo abitazioni di pastori, oggi utilizzate per tenere in fresco il vino. Nel centro antico vale la pena visitare il quartiere saraceno detto l’Arabata, con le case addossate alla parete rocciosa; la Fortezza medievale con la Chiesa di San Giacomo Maggiore e il Convento di San Francesco, dove si possono ammirare gli affreschi e il bellissi-mo Polittico di Giovanni Luce da Eboli (XVI secolo).Castelmezzano appare come un presepio a grandezza natura-le. Presidio normanno tra l’XI e il XIII secolo, ne sono testimo-nianza i resti del Castello Normanno-Svevo, un tempo rifugio dei cavalieri diretti in Terra Santa. Da vedere, le sculture nella Chiesa di Santa Maria dell’Olmo (XIII secolo). Chi ama camminare può fare il Percorso delle sette pietre tra Castelmezzano e Pietrapertosa e ascoltare le storie fantasti-che, narrate con effetti speciali, tratte dal libro di Mimmo Sam-martino “Vito ballava con le streghe”. In questo territorio, come in tutta la Lucania, si riconoscono echi e infl ussi delle culture di tante civiltà: dai Greci che fon-darono le prime colonie sulla costa ionica, ai Romani, ai Bi-zantini e Longobardi; poi pirati Saraceni, profughi Albanesi, Normanni, Svevi, Angioini, Francesi e Spagnoli. Le culture di questi popoli si intrecciano nell’arte, nell’architettura, nelle tradizioni, nei costumi e persino nei piatti tipici della gastro-nomia locale.Entriamo allora nel ristorante più caratteristico di Castelmez-zano, Al Becco della Civetta, per gustare piatti tipici della cucina locale. Il ristorante, da cui si ammira lo splendido pa-norama delle Dolomiti e il Volo dell’Angelo, ricavato da un’an-tica stalla dove i Templari custodivano i cavalli, è stato aperto nel 1990 da Antonietta Santoro, proprietaria, chef, custode di antiche tradizioni e profonda conoscitrice di erbe, piante e ricchezze del territorio. Antonietta, che fa anche scuola di

cucina, produce tutto ciò che mette in tavola e, soprattutto, “vende emozioni con il cibo”.Fiori di carciofo con ricotta e menta, Ravioli di ricotta con funghi e asparagi, Lonzino di maiale marinato all’Agliani-co del Vulture con caciocavallo al timo e mele di Caper-rino, e Agnello delle dolomiti con le erbe del parco: un trionfo di prodotti di stagione mescolati ad arte. Ma il re dei piatti, il più rappresentativo di questo luogo, ottimo per tutte le stagioni, è il Baccalà con i peperoni cruschi.

La ricetta del Baccalà con i peperoni cruschi

Cuocere il baccalà al vapore e intanto imbiondire l’aglio in olio extravergine d’oliva e friggere i peperoni (dolci, essiccati). Versare l’olio caldo sul baccalà, poi il prezzemolo e i peperoni cruschi.

Foto di Simona Polese (Assoc. Lucana Uscite Fotografi che)

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Cantine del Notaio, nel cuore verde della Basilicata, ha dedicato il suo impegno e la sua ricerca ad esplorare tutte le potenzialità eno-logiche dell’Aglianico, che nel Vulture trova la sua migliore espres-sione per una felice combinazione di temperature (forti salti termici estivi e temperature molto alte d’estate per effetto delle correnti di aria provenienti dall’Africa), piovosità (assente nei periodi estivi), esposizioni e suolo (presenza del tufo che “allatta”).L’azienda dispone di circa 30 ettari suddivisi in aree particolarmente vocate (cosiddette prime zone) di 5 comuni del Vulture (Maschito, Ripacandida, Ginestra, Rionero in Vulture e Barile) dove, sul vitigno Aglianico, è condotto uno studio unico nel suo genere (sono piantati stessi cloni, sullo stesso porta-innesto, con stesso sesto di impianto – 2,20x 0,90, stessa forma di allevamento – spalliera e cordone spero-nato) per verificarne il comportamento su tipologie di suoli differenti.Straordinarie le condizioni di affinamento dei vini in antiche grotte di tufo del 1600, appartenute ai Padri Francescani (che si sviluppano su circa 1.500 mq di spazi sotterranei), che garantiscono una umidità molto elevata, costante tutto l’anno.L’azienda, dallo studio scientifico sul vitigno e da un recupero di an-tiche tradizioni (interpretate in chiave più moderna), produce 10 vini diversi di cui 9 a base di Aglianico del Vulture.

La differenziazione dei vini è basata su di una diversa epoca di rac-colta (da fine agosto a fine novembre) che, in funzione del diverso grado di maturazione fenolica, consente una interpretazione enolo-gica specifica per esaltarne le caratteristiche del frutto.Ciò è reso possibile dal fatto che il vitigno Aglianico del Vulture ha una fase di maturazione molto tardiva.I nomi dei vini richiamano tutti l’attività Notarile, ma vi è una logica per ognuno: ad esempio Il Preliminare è un vino d’ingresso, i base sono L’Atto e Il Rogito (sinonimi utilizzati per il rosso e il rosato rispet-tivamente), La Raccolta è il bianco da uve selezionate, Il Repertorio, La Firma e il Sigillo sono i rossi posti in ordine progressivo di epoca di raccolta e, quindi, di maggiore concentrazione. Per il Dolce c’è L’Autentica che chiude il pranzo o la cena.

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di Giovanni Ballarini

Cantine del NotaioCantine del Notaio nasce da un progetto di valorizzazione dell’Aglianico che nel Vulture, vulcano dormiente sito nel-la parte nord della Regione Basilicata, trova condizioni assai particolari di sviluppo e maturazione. L’Aglianico del Vulture è un vitigno straordinario anche se, forse, non ancora suffi-cientemente noto come meriterebbe, caratterizzato dal lungo ciclo vegetativo (la vendemmia termina alla fine di novembre!). Gerardo Giuratrabocchetti, laureato in Scienze Agrarie, con sua moglie Marcella, nel 1998 incontrano il Prof. Luigi Moio dell’Università Federico II di Napoli e, insieme, sviluppano un

progetto enologico di valorizzazione del vitigno e del vino Aglianico del Vulture. Nasce così “La Firma”, 100% Aglianico del Vulture, a cui seguono nel tempo altri 8 vini, tutti a base di Aglianico del Vulture, dallo spumante metodo classico (La Stipula biancae rosè), ai bianchi (Il Preliminare e La Raccolta), al Rosato (Il Rogito), ai rossi (L’Atto, Il Repertorio, Il Sigillo) che testimoniano, tra l’altro, la grande ecletticità dello stesso viti-gno. L’affinamento è fatto in grotte di tufo vulcanico, scavate a mano, a partire della fine del 1400, che creano un percorso capace di regalare grandi emozioni al visitatore.

Cantine del notaioVia Roma, 159 – 85028 Rionero in Vulture (PZ)tel. +39 0972 723689 - +39 0972 724900Fax. +39 0972 725435 - +39 0972 725094e-mail: [email protected]: www.cantinedelnotaio.com

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di Francesca Maisano

Vinòforum Trade: i vini italiani alla conquista del Mondo

Oltre 2500 etichette in degustazione, rinomati chef nazionali e internazionali, menù gourmet e street food. Vinòforum anche quest’anno ha portato il fascino del vino nella Capitale. Ma non si ferma qui, perché il 12 novembre torna con un nuovo progetto dedicato all’internazionalizzazione, promosso in collaborazione con Fiera Roma: Vinòforum Trade. Solo lo scorso anno, l’export ha fatto registrare un doppio record, con il superamento della soglia dei 5 miliardi in valore con un trend positivo del 7,3%. Una crescita che non conosce crisi e prosegue incessante alla conquista di un mercato sempre più interessato a vini “che solo la moderna Enotria può offrire al mondo, grazie a vitigni come il Nero d’Avola, il Fiano, il Sagrantino e il Teroldego”, sottolinea Monica Larner di WineEnthusiast. Ecco perché il nuovo progetto di Emiliano De Venuti adesso punta sul trade.

Da comunicatore, quali sono i suoi consigli per raccontare nel modo giusto l’Italia vitivinicola?Raccontare l’Italia del vino vuol dire parlare di territorio, tradi-zione e professionalità. Possediamo un patrimonio culturale non totalmente apprezzato all’estero perché semplicemente poco co-nosciuto, ed è nostro dovere comunicare al mondo che in Italia, ad esempio, esistono più di 350 varietà di vitigni autoctoni, che

danno vita a vini talmente particolari da essere unici al mondo.Dovremmo iniziare a capire, per poi “urlarlo” al mondo, che il no-stro paese è il più grande produttore di vino di qualità, ed è im-possibile pensare che, ad esempio, in Cina neanche lo conoscano.“Il vino è per tutti” e non per pochi eletti. “Il vino è per i giovani” e va trasmesso loro il valore culturale e qualitativo, in modo da poter superare il problema del bere responsabile. Inoltre il vino può creare nuove opportunità di lavoro. Il mio consiglio a tutte le varie professionalità nel nostro mondo è di imparare insieme a parlare differentemente di vino, raccontarlo come non è stato mai raccontato, e soprattutto “riconsegnarlo” a tutti.

Le aziende hanno difficoltà nell’approcciarsi ai mercati esteri?Le aziende italiane hanno sempre più necessità di svilupparsi sui mercati esteri, ma fare export significa in primis conoscere il siste-ma economico e legislativo del paese in cui si vuole operare, le abitudini e gli stili di vita della popolazione, i trend dei consumi e avere le risorse per affrontare le difficoltà che si presentano nel commercializzare un proprio prodotto in un mercato straniero.Per una piccola-media azienda è impegnativo e la migliore solu-zione è quella di mettersi in rete.Ed è proprio per supportare le aziende in questa complessa di-rezione che abbiamo voluto costruire un appuntamento come Vinòforum Trade, capace di “accorciare le distanze” tra i nostri produttori e i Paesi più ricettivi alle nostre eccellenze enologiche attraverso incontri diretti con gli operatori chiave su questi mercati.

Perché ha scelto Roma come fulcro?Meta turistica di eccellenza, Roma è anche un importante polo d’affari per la sua centralità sia rispetto alla produzione sia rispetto ai grandi flussi internazionali.La città si caratterizza, tra l’altro, per una crescente richiesta eno-gastronomica come testimoniano le oltre 30.000 imprese attive per servizi di ristorazione, e rappresenta storicamente un punto di incontro delle eccellenze dell’enogastronomia italiana ed in-ternazionale.

Come si immagina lo scenario per il vino italiano nel mondo nei prossimi dieci anni?Potrebbe essere un ottimo scenario, il problema è sempre lo stes-so, dipende da noi e da quello che vogliamo fare da grandi.Abbiamo un’imminente opportunità per far vedere di che pasta è fatto il nostro paese con Expo 2015, e siamo confidenti che si possano aprire scenari molto interessanti.

enoTria in passerella

La mission di Emiliano De Venuti sarà dedicata all’internazionalizzazione delle eccellenze enologiche del Bel Paese, per farne un patrimonio di tutti

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Piatti tiPici in Passerella

L’estate offre e richiede freschezza, leggerezza e colore! Anche quando mangiamo è così: piatti freschi e colorati sono fondamentali per il nostro umore e per il nostro benessere e la proposta che segue nasce proprio dalla base di questa idea! La base di questo piatto è un prodotto “ricco ma leggero”: il polpo, che grazie anche alla sua composizione costituita per una buona percentuale d’acqua, è particolarmente indicato per chi è a dieta ma anche per chi non lo è! È ricco di calcio, potassio, fosforo, vitamina A e B1, proteine, retinolo e in media contiene meno di 70 calorie per 100 g di prodotto, ma la sua più caratteristica particolarità è anche il fatto che sia composto

principalmente da tessuto connettivo, per questo può essere anche non facile da digerire, è necessario per questo batterne le carni prima di cuocerlo, così che resti meno duro e filaccioso, una volta infatti era sbattuto sulle rocce direttamente dai pescatore finché i tentacoli non si distendevano.Ottimo anche solo se condito con un buon olio extravergine, o con limone o aceto, arancia o bergamotto. Ottimo naturalmente accompagnato da altri prodotti e sapori, che ne esaltano il gusto o che ne accompagnano semplicemente il sapore. Ottimo, colorato e invitante secondo la mia ricetta che vi propongo di seguito, spero compiaccia i vostri gusti…

di Luigi Ferraro

IL POLPOTeNTaCoLi Di Leggera FreSCHeZZa

L’estate nel piatto

È una delle creature marine più intelligenti ma anche più appetitose. Colorato, saporito e sano, ecco come gustarlo con fantasia

MaNgiarSaNo

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Curiosità: il polpo è l’invertebrato più intelligente che esista e lo dimostra spesso grazie anche alla sua abilità nel riuscire a fuggire dalle navi dei pescatori, e molti sono gli studi cui è stato sottoposto e che ne hanno mostrato un’ottima

capacità di apprendere per osservazione e per associazione. Ma la cosa più sorprendente è il risultato di un test durante

il quale gli studiosi diedero ad un polpo un barattolo chiuso con all’interno una preda: il polpo si è dimostrato in grado di aprirlo per cibarsene. Altra cosa davvero interessante è che, in situazioni di scontro e nel caso in cui il nemico non si arrenda ai suoi attacchi, il polpo utilizza dei ciottoli per difendersi e parare i colpi. Davvero sorprendente!

LUIGI FERRARO, dal novembre 2010 vive e lavora a Mosca con la compagna, moglie dallo scorso luglio, come executive chef di uno dei ristoranti più lussuosi della città. Il Cafe Calvados si trova sulla Leninskiy Prospekt, una delle strade principali che porta dritto al Kremlino ed è frequentato da una clientela di altissimo livello. www.cafecalvados.ru

Ingredienti per 4 pax

• Per il PolPo500 G POLPO50 G OLIO ExtRAvERGInE2 G MAGGIORAnA2 G AGLIO2 G tIMOq.B. sALE E PEPE

Mettere il polipo sottovuoto con tutti gli ingredienti e cuocerlo a vapore; farlo raffreddare e passarlo sulla griglia per qualche minuto, condirlo con un filo di olio extravergine, sale e pepe.

• Per il contorno4 CAROtE BABy120 G POMODORInI200 G PAtAtA vIOLA30 G OLIO ExtRAvERGInE3 G tIMO3 G AGLIO5 G zEnzERO1 G BAsILICO

Cuocere le patate in acqua salata, a caldo spellarle e condirle con sale e pepe; cuocere le carote in padella con olio, aglio e timo e condire con sale e pepe; tagliare i pomodorini a metà e condirli con sale, pepe, basilico, zenzero e olio extravergine.

• Per la salsa verde20 G FOGLIE DI PREzzEMOLO 20 G FOGLIE DI BAsILICO2 G ERBA CIPOLLInA2 G AGLIO2 G BUCCIA DI LIMOnE10 G sUCCO DI LIMOnE100 G OLIO ExtRAvERGInE1 G ORIGAnO FREsCOq.B. sALE E PEPE

sbollentare l’erba cipollina con le foglie di prezzemolo e il basilico per qualche secondo in acqua e sale, poi raffreddare in acqua e ghiaccio, strizzare per bene e unire a tutti gli ingredienti, frullare e mettere in congelatore, poi frullare una seconda volta per rendere più verde e fine, conservare in frigo.

• PER LA RIDUzIOnE DI ACEtO BALsAMICO 200 G ACEtO BALsAMICO

40 G zUCChERO DI CAnnA 2 G tIMO

1 sPICChIO DI AGLIO20 G CIPOLLA ROssA DI tROPEA 1 FOGLIA DI ALLORO 2 G PEPE nERO In GRAnI

Unire tutti gli ingredienti e far cuocere molto lentamente fino

a ridursi del 70% ottenendo un composto cremoso, poi a caldo filtrare.

• PER LA sALsA AL RIBEs ROssO

10 G sCALOGnO20 G BURRO

2 G tIMO150 G RIBEs ROssO 50 G BRODO vEGEtALE

tritare lo scalogno e farlo imbiondire con il burro, poi aggiungere il timo e il ribes; far rosolare per bene e versare il brodo. Far cuocere per qualche minuto, frullare e filtrare.

• Per la comPosizioneAl centro del piatto spennellare la salsa verde, poi aggiungere la salsa al ribes e la riduzione di balsamico; sopra adagiare il polpo con la carota baby, la patata viola e i pomodorini; completare con qualche germoglio e un filo di olio extravergine.

• in abbinamento si suggerisce un vino di indicazione geografica tipica del salento, il Malvasia bianca di tenute Rubino. Prodotto in terreni sabbiosi a livello del mare, nella zona di Brindisi, e vendemmiato nella prima decade di settembre, questo bianco è un vino generato al cento per cento da vitigno Malvasia Bianca. Di caratura elevata, conquista per la sua rotondità e struttura, ottimo da bere in un calice medio, leggermente panciuto, per goderne a pieno gusto e profumi.

Il p

olpo e la doppia cottura

DIFFICOLtà DI EsECUzIOnE ALtA

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I grandI appuntamentI del cIbo

di Ginevra Corsaroli

Dal Presidente di Slow Food Carlo Petrini un accorato invito a riflettere sui grandi eventi che porteranno in primo piano l’alimentazione mondiale: “Bisogna metterci l’anima se si vuole sfamare tutti”

Come sempre è Carlo Petrini, Presidente di Slow Food, ad aprire ufficialmente le danze dell’evento più importante de-dicato alla cultura del cibo: “Dieci edizioni del Salone e dieci anni di Terra Madre. Certo, se ripenso al 1996, era proprio un altro mondo!”, esordisce presentando il programma del Salone del Gusto e Terra Madre, in programma dal 23 al 27 ottobre a Torino (Lingotto Fiere e Oval. L’evento è organiz-zato da Slow Food, Regione Piemonte e Città di Torino, in collaborazione con il Ministero delle politiche agricole, ali-mentari e forestali. “Ma non dimentichiamoci che le tema-tiche al centro dell’Expo sono nate qui, all’epoca non c’era coscienza che dietro il lavoro umile di pescatori, contadini e artigiani ci fosse l’elemento chiave per l’economia reale e per la storia del mondo. Passo dopo passo siamo riusciti a consolidare e traghettare il Salone fuori dalla gastronomia classica, sancendo questo cambio di rotta con la nascita di Terra Madre. Avevamo capito che questo sistema alimentare è malato”, denuncia Petrini. “Ma se ci limitiamo a convivere

con questa realtà, se non la denunciamo, allora non diamo il giusto valore a Terra Madre e al Salone. L’appuntamento di Torino è politico, riguarda la tutela dell’ambiente, la dife-sa della biodiversità, il diritto dei contadini a essere trattati con dignità”. E proprio di politica si parla quando Petrini si riferisce all’Expo 2015. “Da quando l’hanno presentato, si è trasformato in un evento che non ha nulla a che fare con il cibo, con la nutrizione e con il pianeta. Ma non scordiamoci che l’asso di picche è rappresentato da Terra Madre! Parteci-peremo all’Expo in maniera critica perché questo evento non ha anima. Expo va trattato con determinazione, chi gli vuole bene non può stare zitto, ed è per questo che noi alziamo la voce andando controcorrente. Dobbiamo metterci l’anima, e questo significa garantire il diritto al cibo per tutti”, conclude Petrini.“Al centro della scena del Salone del Gusto e Terra Madre c’è la salvaguardia della biodiversità, purtroppo sempre più a rischio. Un esempio su tutti: nel mondo ci sono oltre 30.000

dal “Salone del guSto e terra madre 2014” verso “eXPo 2015” Per la DiFesa Della BioDiversiTÀ

Carlo Petrini

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piante commestibili, ma solo 30 forniscono il 90% del nostro fabbisogno energetico”. A farci riflettere è Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia, che invita: “Portate il prodot-to che volete salvare a Torino, sarà il prossimo passeggero dell’Arca del Gusto, il progetto di Slow Food che segnala i cibi in via di estinzione”. Altro tema fondamentale dell’edi-zione 2014 è l’agricoltura familiare, cui la Fao ha dedicato l’evento. “Questo tipo di agricoltura dà l’opportunità di in-centivare le economie locali e la sostenibilità delle comunità, restituendo il ruolo centrale al contadino, troppo spesso mes-so da parte da una meccanizzazione e industrializzazione ec-cessiva”, conclude Pascale. Questi temi incrociano il lavoro di Slow Food e di Terra Madre e ogni giorno vengono declinati in tutta un’altra serie di argomenti come lotta alla fame, mal-nutrizione e cattiva alimentazione – facce della stessa meda-glia – l’educazione alimentare, il rapporto tra cibo e ambiente e il rispetto dei territori e delle tradizioni.“Il Salone del Gusto e Terra Madre inaugurano un anno molto intenso per il Piemonte, in cui i riflettori saranno puntati più che mai sul mondo del cibo”, racconta Piero Fassino, sindaco della Città di Torino. “Questi due eventi hanno contribuito a cambiare negli anni la cultura del cibo sia a livello nazionale sia internazionale, creando quel mutamento culturale che fa sì che oggi milioni di persone guardino in modo diverso a ciò che mangiamo. Cambiamento, questo, non scontato e reso possibile grazie alle energie di Slow Food, che ha ripensa-to il destino del cibo e il suo futuro. Temi e indicazioni che ci accompagneranno nei prossimi mesi avvicinandoci a Expo 2015, occasione unica per mostrare le eccellenze di Torino e del Piemonte”, conclude Fassino.L’evento è reso possibile grazie al sostegno di numerose re-altà, tra le quali citiamo gli Official Partner: Lurisia, Garofalo, Lavazza, Novamont, DHL, Intesa Sanpaolo; i sostenitori della Fondazione Terra Madre e di Slow Food: Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT e Associazione delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte.La grande novità del programma è rappresentata dal padi-glione 5 del Lingotto, interamente dedicato alla didattica e all’educazione del gusto. Immancabili gli appuntamenti nell’area Slow Food Educa per tutta la famiglia e le scolare-sche e i Laboratori del Gusto, che quest’anno ci accompagna-no in un viaggio agli angoli del pianeta. Al debutto Scuola di Cucina, dove seguire la nascita di un piatto proprio come nella cucina di un ristorante; la Fucina di Pane e Pizza che coinvolge i maestri panettieri e pizzaioli dei corsi di Alto Apprendistato dell’Università degli Studi di Scien-ze Gastronomiche; l’areaMixology con i migliori bartender del momento per diffondere l’arte e la cultura dei cocktail.Infine tornano gli Appuntamenti a Tavola, per chiudere l’e-sperienza del Salone con una cena di alta gastronomia in lo-cation esclusive a Torino e dintorni. Nuova formula anche per il programma delle Conferenze, che accanto a quelle classiche presenta le lectio magistralis, ana-lisi più profonde di esperti e studiosi. Ritroviamo i Laboratori della Terra e gli appuntamenti nella Casa della Biodiversità, con i temi cari ai delegati delle Comunità del cibo. Dopo otto anni di ricerca e sperimentazione, Salone del Gu-sto e Terra Madre hanno cambiato struttura e volto, riducen-do l’impatto sull’ambiente del 65% rispetto al 2006, edizione di nascita del progetto. Primi tra le manifestazioni fieristiche a porsi la questione ambientale, per quest’anno gli organiz-zatori rilanciano: il prossimo obiettivo sarà migliorare anche gli aspetti sociali e sensoriali, mantenendo lo stesso spirito di apertura verso progetti innovativi.Info: www.slowfood.it

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Svolazzare sui colli parmensi è di per sé un grande spasso ma de-gustarne le eccellenze gastronomiche da una prospettiva a volo d’uccello fa amare ancor di più la Food Valley.A coniugare i due piaceri in modo alquanto inusuale è la “Meren-da in quota” di Volare in Mongolfiera di Carpineti (RE), che orga-nizza voli a richiesta anche in altre suggestive zone d’Italia come la Toscana, le Dolomiti e i colli di Roma. Come in tutti i voli senza ali né motore, la direzione ogni volta la detta Eolo, dio dei venti, con i suoi vari umori. E l’atterraggio è sempre a sorpresa, in una bella zona di campagna. Ma, come si suol dire, l’importante è godersi il viaggio: sollevandosi da terra con il pallone aerostatico due ore prima del tramonto, la luce e l’assenza di turbolenze permettono di assaporare come da un balcone itinerante l’appetitosa merenda a base di fette di Culatello, Prosciutto di Parma, Salame di Felino e scaglie di Parmigiano Reggiano con tutta la calma necessaria. Mantenendo sempre un alto standard di sicurezza, i piloti esperti gestiscono ogni aspetto del volo e ne valutano la fattibilità in base alle condizioni atmosferiche del luogo. La durata del volo è di circa 60-80 minuti a seconda del vento. Dopo l’atterraggio si può sog-giornare in un B&B della zona. Il pacchetto è proposto sia per i turisti sia per le aziende che desi-derano accompagnare i propri clienti in un percorso panoramico ad un passo dal cielo, con la possibilità di personalizzare la mon-golfiera con il logo dell’azienda.

Info: www.volareinmongolfiera.com

MERENDA IN QUOTA SUI COLLI PARMENSI

L’EBBREZZA DI MANGIARE

IN MONGOLFIERA

La Food Valley sconfina nei cieli offrendo ai visitatori amanti dell’avventura e dei prodotti tipici uno spuntino in volo a base di culatello, salame di Felino, prosciutto di Parma e Parmigiano Reggiano per unire alla leggerezza del volo la piacevolezza della goladi vALERIo GRANcoRIs

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di Giovanni Ballarini

LE DOLCI UVE DI MAZZARRONEUn centro benessere nel sole di Sicilia

WINE PASSION

di PAOLO BARONE

La Sicilia è mare, terre assolate e riarse d’estate ma lussureg-gianti e verdissime in tutte le altre stagioni, è spettacolo ma-estoso sulle sommità dell’Etna, il vulcano attivo più grande d’Europa.Ma quest’isola straordinaria è anche sorpresa e stupore nel percorrerla in tutte le sue interne direttrici e scoprire ad orien-te, a sud del calatino e con lo sguardo rivolto verso i monti Iblei, una distesa a perdita d’occhio di dolci rilievi collinari am-mantati di rigogliosi vigneti gravidi di grappoli, ora dorati ora corvini, cullati dalla brezza del Mediterraneo che lì s’incrocia con quella del mar Ionio.Dagli inizi di giugno fi n dopo il Natale, da questo compren-sorio partono incredibili carovane di dolcissimi grappoli delle migliori qualità d’uva da tavola - Victoria, Matilde, Black Ma-gic, Italia, Red Globe e Black Pearl – rivolte ai più qualifi cati mercati europei e internazionali, e al gusto di consumatori alla ricerca del meglio dei sapori.Ma l’uva è ampiamente riconosciuta, oltre che per la sua stra-ordinaria capacità di seduzione del palato, come una natu-rale riserva di sostanze benefi che e salutari che prevengono l’insorgenza delle più disparate patologie (anemia, affatica-mento, vene varicose, uricemia, gotta, iperazotemia, malattie della pelle e tant’altro ancora) e fanno da supporto e incorag-giamento al mantenimento delle migliori condizioni fi siche, quasi un elisir di giovinezza.Le uve da tavola di Mazzarrone, già da tempo laureate come prodotto ad indicazione geografi ca protetta (i.g.p.), riescono ad esaltare tutte queste salutari motivazioni al consumo con elevati standard qualitativi di gusto, di dolcezza e di appeti-bilità.Dalla Francia all’Ucraina, dalla Spagna al Belgio, all’Olanda

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e fino alle Mauritius, l’uva da tavola di Mazzarrone è un pro-dotto d’eccellenza rinvenibile presso i migliori rivenditori. Ma le emozioni che si provano nello scorrazzare tra le vigne di questo comprensorio, su e giù per colline rigogliose di verde e di grappoli straordinari, pullulanti di lavoro e di frenetico

impegno nel raggiungere sempre un più alto e ottimale livello di produzione e mostrare al mondo quanto la Sicilia riesce comunque a stupire… posso solo accennarle con qualche im-magine per lanciare al galoppo l’immaginazione del lettore e, magari, anticipare un “benvenuti a Mazzarrone”.

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di ERNESTO VANIA

IL CIOCCOLATO FONDENTE È UN GOLOSO TOCCASANA: LO DICONO I BATTERI !

Secondo uno studio della Louisiana State University circa i be-nefi ci effetti sulla salute ormai acclarati da molte ricerche, siamo in grado di convertire i grandi polimeri del cacao in composti antinfi ammatori.È ormai noto che il cioccolato fondente, consumato quotidiana-mente in piccole dosi, avrebbe benefi ci effetti sulla nostra salute. Effetti positivi dovuti soprattutto alla presenza nel cacao di poli-fenoli. La natura di questi polifenoli è però complessa ed era sco-nosciuto, fi no ad oggi, come il nostro corpo potesse assimilarli.Questa ricerca americana ci spiega fi nalmente la ragione: i bat-teri della nostra fl ora intestinale sarebbero golosi di cioccolato.Il team leader della ricerca John Finley spiega che, mangiando cioc-colato fondente, i batteri buoni aumentano di volume e iniziano a fermentare “producendo composti che sono antinfi ammatori”.Per giungere a queste conclusioni, i ricercatori hanno provato tre differenti tipi di cacao. I test sono stati condotti in vitro simulando il processo digestivo. “Bifi dobacterium e i fermenti lattici, vanno a nozze con il cioccolato” ha affermato Maria Moore, coautrice della ricerca.I ricercatori hanno in particolare approfondito il metabolismo dei polifenoli presenti nella polvere di cacao, antiossidanti come catechina ed epicatechina, oltre alla modica quantità di fi bra ali-mentare. La fi bra subisce un processo di fermentazione, i grandi polimeri polifenolici vengono metabolizzati ottenendo molecole più pic-cole, trasformazione che li rende più assorbibili. E sono questi ad attivare l’azione antinfi ammatoria.Sarebbe la combinazione della fi bra di cacao con i prebiotici a migliorare la salute generale di una persona e contribuire a con-vertire polifenoli nello stomaco in composti anti-infi ammatori.John Finley ha infi ne spiegato che i massimi benefi ci del ciocco-lato fondente si avrebbero combinando cioccolato fondente con frutti come melograno e semi di acai.

pgc “Teatro Naturale” Anno 12 | 22 Marzo 2014

LO SAPETE CHE...

I polifenoli del cacao fanno bene alla salute e contribuiscono al benessere del nostro organismo. Una ricerca della Louisiana State University ci spiega il perché

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La parola “pane” ha un’etimologia complessa: in molte rico-struzioni storiche e religiose è associata alla parola “pater” (padre), avendo a che fare con riproduzione e sacralità. Nei testi sacri poi, il pane viene evocato molte volte: nella reli-gione cattolica ad esempio lo stesso Gesù Cristo si definisce “pane della vita”, che raggiunge il culmine nella celebrazione

dell’Eucarestia. Nella religione ebraica invece si distingue tra il pane del sabato, che celebra la giornata di festa e il pane azzimo, non lievitato, che ricorda invece la Pasqua ebraica. Nel Corano infine, il pane è considerato un dono di Dio fatto agli uomini.Nei paesi arabi, stando a quello che ci racconta l’attualità ne-gli ultimi anni, il pane è diventato strettamente collegato alle proteste, tanto da formare un binomio ormai indissolubile. Dit-tature, povertà e aumento del prezzo del pane sono le cause più citate come scatenanti le rivolte della cosiddetta primavera araba.Eppure il profumo del pane in paesi come la Siria, il Marocco, la Tunisia, il Libano e tanti altri, è sempre stato una fragranza amica, calda, familiare. Che sapeva innanzitutto di casa, di fo-colare, di amici, di solidarietà (dalla parola cum panis deriva la parola “compagno”) e di – parola chiave – semplicità.Ingredienti semplici appunto: basta impastare 500 gr di farina, 10 gr di lievito di birra, 300 ml di acqua, un cucchiaino di zuc-chero ed uno di sale. Un filo d’olio facoltativo. Bastano solo pochi minuti e quando inizia a gonfiarsi voilà, il profumo la fa da padrone!Un pane arabo molto speciale è quello tipico del Mashreq e della Siria soprattutto. Oltre ai tipici ingredienti, infatti, si ag-giungono i semi di timo, che gli conferiscono un aroma ed un sapore tutto da provare, mordere, gustare.Il pane nel mondo arabo è un elemento base per ogni pa-sto ed è molto diffuso ancora oggi farlo in casa, spesso anche come occasione di ritrovo e di pettegolezzi, il tutto unito alle voci festose dei bambini. Inoltre, è un alimento trattato con il massimo rispetto: se qualcuno trova un pezzo di pane per stra-da ad esempio, lo mette laddove nessuno possa calpestarlo. Questo probabilmente associato anche alla tradizione passata secondo cui il gesto di buttare il pane o di sprecarlo, evoca una delle sciagure peggiori dell’umanità: la carestia.Per fare un buon pane – arabo in questo caso – ci vuole espe-rienza sì, ma anche unione: si tratta di un’esperienza non indi-viduale ma collettiva. Il pane nel mondo arabo è un alimento di cui si gode con tut-ti e cinque i sensi: dal profumo che stimola l’olfatto, al tatto, poiché si mangia con le mani; dall’udito, poiché si spezza e la croccantezza si fa “sentire”, alla vista candida. E infine al gusto impareggiabile che tutti dovrebbero provare almeno una volta nella vita.

La storia in un chicco di grano

ProFuMato, croccantE E candido:

È IL PANE ARABO,aLiMEnto a cinQuE sEnsiIl simbolo gastronomico di civiltà più diffuso al mondo acquista tra i popoli musulmani una fragranza amica, calda e famigliare tutta da scoprire

di giusy rEgina

Del mare e della terra faremo pane,coltiveremo a grano la terra e i pianeti,il pane di ogni bocca,di ogni uomo,ogni giornoarriverà perché andammo a seminarloe a produrlo non per un uomoma per tutti,il pane, il paneper tutti i popolie con esso ciò che haforma e sapore di panedivideremo:la terra,la bellezza,l’amore,tutto questo ha sapore di pane.

(“Ode al pane” - Pablo Neruda)

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Piatti tiPici in Passerella

di Terry ZaneTTi

l’alcova intrigante...

Volendo essere terribilmente originale dirò che Venezia è un sogno, dirò che dal primo passo posato in laguna l’animo mio trascende ogni senso di praticità e si espande e cala nella più perfetta delle inconsistenze fisiche. Venezia è la magia della sospensione dal traffico anche se vi è traffico, dal rumore in mezzo al rumore, Venezia è respiro di eterno come solo ciò che è sospeso e insicuro ha il gusto forte del “per sempre”.Seulement à Venise. Only in Venice. Sòlo en Venecia. Nur in Venedig. Tol’ko v Venetsii. Mi piace la gente, mi piace il turista, mi piace l’accoglienza. Credete quindi che se in questa perfetta dimensione d’eccel-lenza percepisco l’eccellenza nelle eccellenze. Sul Canal Gran-de, gioiello fra i gioielli, ecco Cà Sagredo: mi sta aspettando. Sono dentro e dentro posso toccare con lo sguardo i sorrisi del Longhi, del Tiepolo; posso toccare col palmo e col cuore il marmo del Tirali. Adoro il selfie che mi fa posare con l’arte, benedico gli attimi che mi eternizzano davanti alla perfezione immortale del genio. Viene sempre il tempo in cui una foto scattata ti serve davvero.Le camere sono preziose, il servizio è attento e discreto. L’or-

ganizzazione gerarchica di reception ben racconta l’eleganza dell’Hotel. Patrizia Coccato, guest relations di Cà Sagredo, ac-coglie con raffinato abbraccio. Scendo al ristorante l’Alcova. La parola alcova deriva dall’arabo Al qubba, significa cupola, pa-diglione. Sono al ristorante l’Alcova, padiglione di perfezione. Me ne hanno parlato bene ma ho una idea “vecchio stampo” riguardo l’arte del ricevere il cliente, certe cose non conoscono nè mode nè tempo e io sono un’integralista dello stile. Sono in anticipo, guardo fuori, di fronte il Mercato di Rialto: una lingua d’acqua divide e unisce i palazzi nobiliari, il mercato del pesce, delle verdure e delle carni. Vedo arrivare i due amici che con me godranno di un appuntamento gastronomico da ricordare. Oggi si parla moltissimo di chef e i ragazzi aspirano a questa bellissima professione. Splendido per loro entrare in brigata di cucina, con la speranza di diventare chef, ma dovrebbero non trascurare anche il lavoro di brigata di sala che nulla ha da invi-diare alla prima. Ci accoglie il Maître e subito riconosco l’accen-to della perfezione. Il Maître deve essere intuitivo, riconoscere al primo sguardo la tipologia del cliente ma non per questo adeguarsi ad esso, il Maître è l’anfitrione di elegante casa che

indimenticabili atmosfere veneziane

Performance delle star della gastronoma italiana a Venezia e in più un’occasione per un giro fra calli, campi e campielli alla scoperta degli umori popolari e aristocratici del cibo

“Ca’ Sagredo”: il “Canal grande”, l’arTe, la griffe ariSToCraTiCa, i divini Sapori...

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sa porgersi con essenziale signorilità. Si sta perdendo lo stile raffinato di un tempo e, calarsi nell’eleganza, diventa indispen-sabile come una ossigenante camminata nel bosco. Il Maître di sala deve assomigliare il più possibile al maggiordomo Stevens interpretato da Anthony Hopkins in “Quel che resta del gior-no”, o a Charles Carson interpretato da Jim Carter in “Downton Abbey”. Maître di Cà Sagredo, il perfetto Nicolò D’Ambrosio, ha quelle caratteristiche nonostante la giovane età. Giusto il modo di spostare la poltrona, cortese il tono di voce, avvolgen-te la disponibilità che aleggia di tavolo in tavolo regalando la confortevole sensazione che tutto sarà armonioso. Il servizio è “all’italiana”, il piatto con il cibo è preparato direttamente in cucina e arriva in tavola coperto da una cloche d’argento. Fra tutte le tecniche di servizio trovo questa molto piacevole anche per l’effetto sorpresa e il modo con cui il Maître, orgoglioso e complice dello chef, scoperchia e porge la delizia. Al raffinato servizio “al guéridon” preferisco questo. Perfetto il commis de rang e il sommelier. A grande richiesta chiediamo la presenza dello Chef il quale,pur essendo impegnatissimo nelle cucine arriva solerte. Lo riconosco poiché Michele Potenza è un volto molto noto, presente nei più importanti appuntamenti televisivi dedicati alla cucina. Ci parla del suo immenso amore per Ve-nezia, ci racconta di come ogni mattina sia sua cura scegliere ciò che c’è di più fresco al vicinissimo Mercato di Rialto. As-saggiamo quelle che lui definisce “Piacevoli Suggestioni” e ne restiamo più che suggestionati, completamente rapiti: trancio di rombo al pepe di Szechuan, variazioni di tonno all’olio, tar-tare scottato al sesamo. Delizie su delizie che chi leggerà il mio pezzo vorrà senz’altro sperimentare.

TERRY ZANETTI scrittrice, regista e saggista, collabora a vari periodici su temi legati alla cultura del cibo, ai viaggi, alla simbologia. e scienze esoteriche. Autrice di vari volumi tra cui “Erbe magiche per piatti incantati”, “Tarocchi: storia arte e magia”, “Il rondò della Pepita”.

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di Giovanni Ballarini

TOSCANA COSTIERA

Ecco il pesce di Maremma, il pesce d’autore: alimento eccezionale per proprietà nutrizionali, versatilità in cucina e gusto, che popola il mare della Maremma da sempre. Eppure quel pesce che arricchisce i menù di tutto il mon-do è poco conosciuto proprio nel territorio dove viene prodotto. Ecco perché la Camera di Commercio di Gros-seto lancia il progetto Green and Blue Economy, azioni di sistema per uno sviluppo sostenibile in Maremma, un sistema di comunicazione innovativo per promuovere il settore ittico della provincia di Grosseto e per portare il pesce del mare di Maremma nelle carte dei ristoranti ma-remmani e nei piatti delle famiglie maremmane. Ma c’è di più. Promuovere la pesca del territorio signifi ca: dare voce agli imprenditori locali che sono una realtà produttiva vi-vace e dinamica; rilanciare il mestiere del pescatore con la sua storia e il suo fascino; creare una nuova collaborazione con enti locali, scuole e istituzioni per promuovere il con-sumo del pesce della tradizione fi n da bambini; contribui-re alla promozione di quella terra straordinaria e unica che è la Maremma. Questo è un progetto di fi liera legato al settore ittico con l’obiettivo di valorizzare la produzione locale anche attra-verso la creazione di un marchio che possa essere ricono-sciuto come sinonimo di qualità e trasparenza: DiMarem-ma, pesce d’autore.

Ecco le specie ittiche più diff use da gustare con fantasia all’insegna della mediterraneità più autentica

SPIgola/CaratteristicheIl corpo è oblungo, fi anchi lievemente compressi, scaglie picco-le. Presenti due pinne dorsali vicine, ma nettamente separate. Occhio medio. Bocca ampia con mandibola appena prominen-te. I denti sono molto piccoli e sottili. Prevale la tinta argentea. Si riproduce nei mesi invernali da gennaio a marzo. È vorace e prevalentemente carnivora. Preferisce piccoli gamberi e cefalo-podi. Si alleva nelle valli salmastre, nelle lagune e in mare. Può superare il metro di lunghezza e il peso di 12 kg. Presente in tutto il Mediterraneo.

oraTa/CaratteristicheL’Orata (Sparus aurata) si distingue per avere il profi lo del capo assai convesso e la mandibola leggermente più breve della ma-scella superiore. Sulla parte anteriore di ciascuna mascella sono presenti 4-6 grossi denti canini, seguiti da 3-5 serie di denti mo-lari superiori e 3-4 inferiori. Il corpo è ovale elevato e depresso. La pinna dorsale è unica con 11 raggi spinosi e 12-13 molli. Il dorso è grigio azzurrognolo ed i fi anchi argentei con sottili linee grigie longitudinali.Una banda nera e una dorata sono interposte fra gli occhi. La regione scapolare è nera, questo colore continua sulla parte su-periore dell’opercolo, il cui margine è rossastro.La pinna dorsale è grigio azzurrognola, con una fascia mediana longitudinale più scura. La lunghezza massima dell’orata è 70 cm, ma la più comune è tra i 20 e 50 cm; può raggiungere un peso di 10 kg circa. L’orata è presente in tutto il bacino del Mar

CHI DICE MAREMMA DICE MARE E...TANTO BUON PESCE!

di MARIA LUPI

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Mediterraneo e nell’Atlantico orientale.È un pesce strettamente costiero e vive tra i 5 e i 150 m dalla costa; normalmente conduce una vita solitaria o a piccoli gruppi. Frequentemente vive presso lagune ed estuari, ma è estrema-mente sensibile alle basse temperature.L’orata presente nella Laguna di Orbetello ha un colore molto più brillante rispetto a quella di mare e la sua carne ha una con-sistenza maggiore, visto che si nutre molto più spesso a causa della notevole presenza di nutrienti naturali ed alle favorevoli condizioni climatiche.

Cefalo/CaratteristicheIl cefalo o muggine (Mugil cephalus) è un pesce dal corpo fusi-forme, il dorso è di colore grigio scuro, a volte tendente all’az-zurro o al verde, con strisce longitudinali dello stesso colore che decorrono spesso sui fianchi di colore argento. Le pinne pettorali hanno alla loro base una macchia più scura. Il cefalo vive in grandi banchi, in ambienti diversi in quanto tollera varia-zioni di temperatura e di salinità.Si nutre in prevalenza di detrito organico, alghe e piccoli inver-tebrati e si riproduce in estate. La taglia media è di 30 cm, an-che se può raggiungere i 4 kg per 60 cm di lunghezza. Il cefalo è molto comune in tutto il Mediterraneo, nel Mar Nero e lungo le coste atlantiche. Lo si trova anche in mare aperto, tuttavia predilige le zone costiere, i fondali molli e ricchi di vegetazione. Spesso i cefali penetrano anche nelle acque salmastre e dolci (lagune e fiumi). Il cefalo è un pesce semigrasso dalla carne ab-bastanza digeribile, rappresenta una buona fonte di omega3. Si può consumare cotto al forno o al vapore, il suo sapore è particolare e piuttosto intenso. Si trova spesso in piccoli banchi vicino alla superficie dell’acqua ed è facilmente visibile.È un pesce onnivoro che raspa dal fondo e dalle rocce, scava nei fondi molli o bruca le particelle sospese nell’acqua. Dai suoi ovari, salati ed essiccati, si ricava la bottarga. Il cefalo viene pescato soprattutto in Toscana, Sardegna e Veneto con reti da traino pelagico dette volanti, con reti da posta e con reti a cir-cuizione.

Sugarello/andamento catturePresente tutto l’anno, da sempre il Sugarello rappresenta una parte importante delle quantità pescate nelle acque del Gros-setano. Nei periodi primaverili, se ne possono pescare fino a 200 casse al giorno per imbarcazione. Negli anni del primo do-poguerra, questi erano venduti come pesci nobili nei mercati, e rappresentavano la maggiore fonte di reddito per i pescatori. I Sugarelli di maggior pregio sono i “Bianchi” e i “Coda Rossa” entrambi meno spinosi e con carni più delicate del “Sugarello Nero”. I prezzi veramente popolari, permettono di portare a ta-vola questo prodotto con pochi euro, godendo così di un menù prezioso ed economico al tempo stesso.PreparazioneIl filetto di sugarello si presta ad ogni tipo di preparazione. Molto particolare e consigliato è l’accostamento al miele e al pepe. Il sugarello arrosto (specie quello bianco) rimane uno dei piatti favoriti dai pescatori di Monte Argentario. Attenzione alle spine sulla coda: quando pulite il sugarello fate attenzione a levare le due fasce spinose presenti sulla parte esterna che va dalla coda all’inizio della pancia.

Dialogo tra due pescatori”Oggi abbiamo preso oltre 100 casse di Sugherelli, ma al mer-cato non hanno fatto niente, manco li sordi della cassetta c’amo ripreso, a pensà che so così boni, io me li porto sempre 2-3 kg a casa... la mi‘ mamma ci va in mattia”. . . ”è proprio un peccato, ti ricordi quando si mettevino sotto sale, com’erino boni, speramo che quarcuno trovi la maniera di pagarceli du’ sordi in più”.

gambero roSa/andamento catturePresente ormai quasi tutto l’anno, nel tempo il Gambero Rosa ha visto decuplicare le proprie catture. Probabilmente per l’an-damento delle temperature in mare o per il cambiamento di correnti, questa specie è sempre più presente nella costa della Maremma. Oggi è arrivata ad essere la risorsa ittica più impor-tante per i pescatori e la costante diminuzione del prezzo, che ha toccato i 3 € al kg alla produzione, rende questo prezioso ali-mento un prodotto adatto a tutte le fasce di consumatori. C’è da fare attenzione alle allergie, perché i prodotti potrebbero essere trattati con solfiti, per evitare l’annerimento del carapace.Proposte abbinamentiGambero Rosa di Maremma su letto di finocchi, condito con olio e succo d’arance; Panino di Gambero Rosa di Maremma, avoca-do e fettine di pompelmo, su letto di rucola.Dialogo tra due pescatori“Oggi avemo preso una saccata piena di gamberi a largo di Montecristo, era pranzo e l’ho buttatti in padella con un po’ d’a-glio, olio e sfumati col vino bianco... dovevi sentì com’erino, le-vavano dal mondo, ci le semo succhiellati tutti, il meglio è tutto nella testa”... “io quando ce li prendemo, me li sguscio subi-to una ventina e li metto nell’insalata, gli altri li sbollento, una spruzzata di limone o d’arancio e via... non c’è di meglio l’estate quando si schiatta dal caldo”.

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Sull’altra Sponda del tirreno

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Sull’altra Sponda del tirreno

di SAMANTHA MARCELLI

LA CORSICA: IL REGNO DEI CONTRASTI

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LA CORSICA: IL REGNO DEI CONTRASTI

Viaggi diversi in un unico luogo.E chi dice che la Corsica sia un’isola per camminatori montanari, scatenati surfisti e allenatissimi ciclisti? O per famiglie amanti della tipica vita da spiaggia che, al calar del sole, e dopo una deliziosa cenetta porta tutti a nanna? E che fatica il viaggio in traghetto… In Corsica tutto è possibile! Anche buttarsi giù da una montagna in parapendio, ripiegare la vela e farsi fare un massaggio ritem-prante agli oli essenziali prodotti sull’isola in una SPA in spiag-gia all’aria aperta! E la sera fare festa, andare ad un concerto di musica Jazz, ad un festival di danza, ad ascoltare canti profani e religiosi nelle cittadelle, in spiaggia o nei caffè animati tutta notte. I Greci la chiamavano Kalliste, ovvero l’Isola della Bellezza, selvag-gia e paradisiaca, affascinante ed emozionante in ogni stagione dell’anno. Cinque Riserve Naturali e un Parco Marino Internazio-nale largamente tutelati perché fonte di ricchezze turistiche dell’i-sola sono l’habitat ideale di una fauna rara e di più di 2000 specie di piante autoctone. Da nord a sud, dal famoso “dito” del capo Corso che si allunga verso la Liguria, alle Bocche di Bonifacio che guardano la Sardegna, nessuna altra isola del Mediterraneo pos-siede un tale paradiso naturale con bellissime spiagge di sabbia fine, calette più intime da godersi in barca e impressionanti sco-gliere a picco sul mare.Come raggiungere l’isola? E da dove? Corsica Sardinia Ferries na-turalmente, la compagnia di navigazione leader di mercato sulla Corsica. Fino a 30 traversate in traghetto al giorno in partenza da Piombino, Livorno, Savona, Nizza e Tolone verso Ajaccio, Bastia, Calvi e Ile Rousse. Con Corsica Sardinia Ferries la traversata in mare si trasforma in un’esperienza indimenticabile e di lusso gra-zie ad un personale di bordo disponibilissimo e attento al benes-sere del viaggiatore, e a navi low cost eleganti, dotate di ogni tipo di comfort. Niente è lasciato al caso, ma il vero valore aggiunto della compagnia è nella ristorazione, decisamente di alto livello, con la possibilità di pregustare in anticipo alcuni prodotti corsi,

anche di nicchia, come gli ottimi formaggi aromatizzati alle erbe, i salumi, l’olio e i vini. A supervisionare i menu à la carte, Mediter-raneo e Gastronomico, dei ristoranti di bordo c’è l’Executive Chef esterno, Peter Brunel, noto cuoco della Val di Fassa e star televi-siva che stimola la bravura dei cuochi a rivisitare le sue ricette con un tocco personale avendo cura della presentazione dei piatti. Il pesce è davvero speciale, grigliate, fritto misto, paccheri con pesce spada e pomodorini , totani alla ligure con patate e sedano filè, capesante, orate, gamberoni e tante altre proposte anche di carne come la bistecca argentina e la classica tagliata. Anche la carta dei vini ha un’ampia scelta e il servizio è impeccabile.La porta d’ingresso della Corsica è indubbiamente Bastia, la città italiana per eccellenza. Si sbarca nel porto nuovo a due passi da Place Saint Nicolas e Place du Marchè e subito si percepisce la brulicante vita d’affari della città moderna. Un’atmosfera più inti-ma e al contempo mondana si respira invece passeggiando nelle viuzze della cittadella genovese tra chiese barocche, palazzi sto-rici, negozi e locali per l’aperitivo, qui molto apprezzato, fino a raggiungere il porto vecchio che al tramonto sembra un dipinto quando gli yacht e le reti di pescatori si specchiano nelle acque del mare tra i profili dei palazzi. A Bastia è molto rinomata la gastrono-mia locale: zuppa di pesce di scoglio, sardine al brocciu, capretto arrosto, agnello allo spiedo, sono alcune della specialità corse che i migliori buongustai possono assaggiare in primavera presso il Salone dei vini e dei Prodotti del Territorio. Le Cosi, con la sua ter-razza di fronte al mare è un ottimo indirizzo dove assaporare piatti di qualità ad un prezzo accessibile a tutti. Sublime e saporito il suo gaspacho al pomodoro con olive e formaggio di capra, o squisita la carne di maiale alle erbe aromatiche avvolta a mo’ di involtino in una pasta salata. Particolare e creativa la tartare di salmone con un pizzico di frutto della passione. Buonissimi anche i dessert.Un punto di partenza ideale per visitare Bastia e la zona di Cap

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Sull’altra Sponda del tirreno

Corse è l’Hotel Pietracap, vicinissimo alle spiagge e a soli 2 km da Bastia. Un luogo silenzioso e riservato, avvolto in una macchia di ulivi centenari e piante fiorite dove la mattina è rilassante far colazione in terrazza, respirando l’aria benefica di mare e gustan-do dolci francesi e marmellate preparate con i frutti del giardino inebriati dai profumi di bouganville, aranci e gelsomini.Scendendo verso sud, da Bastia verso Ajaccio, ci s’inoltra in uno degli scenari più mozzafiato del centro dell’isola: la foresta di Vivazzona. Imponenti alberi di pino laricio, foreste di faggio e boschi di castagno ricoprono interamente le montagne della catena corsa tra gli 800 e i 1650 m di altitudine tra cui svettano cime bianche oltre i 2000 metri di altezza che rimangono inneva-te fino a maggio. Uno spettacolo unico che gli amanti del trek-king e dello sci non si perdono per niente al mondo! Il famoso GR 20, uno dei sentieri per le escursioni più difficili e panoramici d’Europa passa proprio in questa zona. Per chi è alla ricerca di emozioni da brivido, salendo sulla cima del Monte d’Oro, a 2389 m di altezza si può ammirare tutta la Corsica e il Tirreno. Dopo quest’abbuffata di verde e di ossigeno si giunge in uno dei golfi più belli al mondo: la baia di Ajaccio, che abbaglia per quanto è luminosa! Capoluogo dell’isola dal 1811, Ajaccio è una città vi-vace, commerciale, elegante, godereccia dove poter fare mille cose: shopping, visitare il famoso Museo Fresch delle Belle Arti proprio in centro, la Maison Bonaparte mentre si gironzola tra le vie della città vecchia, fare un bel bagno nella lingua di spiaggia fine di Saint-Fracois a due passi dal centro, oppure condividere i piaceri della vita attorno ad una tavola imbandita. Nel ristorante La Table du Hussard siete nel posto giusto! In un ambiente mo-derno e raffinato, in una via storica del centro di Ajaccio la tavola mediterranea di Jean Baptiste è per veri gourmand. Eccezionali le tartare di manzo e di tonno e il fiadone, uno dei dolci tipici dell’isola ripieno di brocciu, il formaggio AOC (l’equivalente della DOP) unico della Corsica a base di latte di pecore o capre autoc-tone. Ottimi i vini rossi e bianchi rigorosamente corsi scelti sempre

da Jean Baptiste, un vero padrone di casa. E se desiderate sapere tutto sui 2000 anni di storia dei vitigni corsi e vivere un’esperienza degustativa e olfattiva appassionante con il miglior caviste della Francia, fermatevi alle porte di Ajaccio nella cantina di Nicolas Stroboni. Le Chemin des Vignobles (www.chemin-des-vignobles.fr) è una boutique straordinaria, con più di 3000 bottiglie, tra vini corsi e francesi e tante leccornie del territorio. In Corsica ci sono vini per tutti, dai più raffinati ai più corposi, secchi e dolci, bianchi leggeri e strutturati, rossi eleganti e rossi corposi, i rosé delicati e i grigio rosé molto di moda, specie per gli aperitivi, quasi tra-sparenti perché hanno una mostatura veloce e una fermentazione molto corta. Una così grande varietà è data dalla diversa tipologia del terreno granitico, calcareo e argilloso della Corsica e dai dif-ferenti microclimi. Una vacanza lungo le strade dei vini corsi vale decisamente la scelta per scoprire l’immenso patrimonio dell’iso-la. Ma le bellezze del golfo di Ajaccio continuano lungo la stra-da delle Isole Sanguinarie, un arcipelago considerato il paradiso degli uccelli. Un susseguirsi di bellissime spiagge di sabbia fine dove trascorrere una cena romantica in uno dei ristoranti sul mare aspettando che il sole tramonti e che le rocce dell’arcipelago si tingano di rosso. Questo è il bel panorama che si gode dal ri-storante Chez Pech (www.restaurant-pech-ajaccio.fr) sulla famosa spiaggia Barbicaja. Il pesce è sicuramente la specialità del locale. Crostacei, tartare di tonno, ricci di mare, insalate di polipo, cozze e tante altre qualità sono accompagnate dai migliori vini AOC della Corsica. A pochi metri dalla spiaggia l’hotel La Pinède (www.la-pinede.com) con le sue camere vista mare dotate di balcone privato e la piscina immersa nel verde, offre comfort e relax in uno degli angoli più affascinanti dell’intera Corsica. Dopo una pausa caffè a Sartène sul Golfo di Valinco e una puntati-na in una salumeria tradizionale tra prisuttu, coppa, salsiccia, lonzu e figatellu, si entra in una dimensione a sé nel Domaine de Murtoli (www.murtoli.com). Una tenuta agricola di 2500 ettari sulla costa meridionale dell’isola che un uomo, Paul Canarelli, ha trasformato

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in un resort esclusivo, unico e irripetibile. Immaginate una valla-ta immensa attraversata da un fiume, l’Ortoli, una spiaggia e un mare caraibico che la circondano, nessun hotel ma poche case di vacanza in pietra ricavate da vecchi ovili o da antiche dimore in rovina, ognuna dotata di una propria piscina, Spa e giardino priva-to. Il top del top del lusso e della riservatezza per godersi a pieno una vacanza d’amore o un soggiorno in compagnia di amici in estate, nei weekend a tema, a San Valentino, nelle feste Pasquali o d’inverno a Natale e Capodanno a cena a lume di candele nel ristorante la Grotta, ricavato nella roccia, attorno al camino acceso mentre l’agnello sta per essere servito dopo una giornata di cac-cia. A Murtoli i prodotti portati a tavola sono quelli coltivati nell’or-to. Perché la tenuta vuole essere prima di tutto una fattoria dove tutti i giorni si lavorano i campi e si pascolano le bestie per avere le carni migliori e frutta e verdura al naturale esattamente come in passato. Anche l’olio è quello degli ulivi di Murtoli e il pesce, pe-scato fresco tutti i giorni è del mare di fronte, cucinato in maniera semplice dallo chef Jean Nèel che ama conservare il più possibile intatti i sapori originari. Pranzare in riva al mare nel Ristorante del-la Spiaggia, un’antica capanna di pescatori in legno, tra ombra, sole e brezza è un autentico momento di pura felicità. Specialità dello chef? Spaghetti alle vongole con qualche goccia di limone e pomodorini dell’orto! Ottimi tutti i piatti con l’aragosta, le tartare, il pagro, il dentice, i ricci di mare, il branzino ma anche il vitello e l’agnello corso sono le specialità di carne più richieste. E per chi ama la discrezione e il relax più totale basta chiedere a Valerie, la bellissima donna di Paul Canarelli e i pasti saranno preparati e serviti a casa vostra. Perché a Murtoli il vero lusso è soddisfare il piacere che in quel momento si desidera di più. E l’ospitalità è sacra! Inoltre gli svaghi proposti in questa singolare fattoria sono tantissimi: dalla caccia alla pesca, dal golf all’equitazione, dalle camminate per sentieri botanici alle scoperte di siti archeologici e megalitici di cui è ricca la zona, dal kayak alle uscite in barca

pointu, la barca tradizionale in legno dei pescatori, al benessere. Tutto questo è Murtoli: un unico luogo per tanti viaggi diversi… Dopo l’esperienza estasiante nel Domaine le emozioni continua-no alla vista di Bonifacio alta, situata in cima a un masso di roc-cia bianca calcarea erosa dalle onde del mare e dalle intemperie. Siamo nella punta sud più estrema della Corsica, separata dalla Sardegna da soli 13 km dove il vento soffia violento quasi tutto l’anno. Proprio arroccato sulla scogliera c’è un Hotel davvero ac-cogliente e dal design particolare e moderno, l’Hotel Santa Te-resa (www.hotel-santateresa.com) uno dei pochi a Bonifacio. Nel porto di Bonifacio attraccano barche e yacht anche solo per una notte appositamente per godersi questo spettacolo della natura e fare un giro tra le vie della città genovese tra scorci mozzafiato, chiese, coralli, botteghe artigiane, negozi di coltelli e prodotti ga-stronomici tipici come l’olio, famoso in tutto il mondo per la sua qualità, la farina di castagne con cui si preparano ottimi dolci, i mieli, i salumi, i formaggi di capra e pecora, la nocciola, il mirto, la bottarga e tanti altri. Dopo aver fotografato paesaggi incan-tevoli non resta che scegliere il ristorante! La Stella D’Oro nella cittadella medievale è uno dei più rinomati per le specialità boni-faciane quali la pasta al forno, i ravioli al brocciu, le melanzane alla bonifaciana, la bouillabaisse, gli spaghetti al sugo di aragosta e i dolci buonissimi fatti in casa. Ad accogliervi una bella e simpatica signora che insieme ai suoi figli e alla sua famiglia tramanda con passione e rispetto i segreti delle ricette dal 1965 ad oggi. Insu-perabili le cozze gratinate al formaggio e la lasagna di melanzane dell’antica ricetta della nonna sarda. Da Bonifacio si prende la via del ritorno verso Bastia alla volta di una nuova traversata salutan-do Kalliste con un soddisfatto arrivederci… Info: Atout France: www.rendezvousenfrance.comOffice du Tourisme en Corse: www.visit-corsica.com/itCorsica Ferries: www.corsica-ferries.it

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Il sole In tavola

di Michelle Belotti

FRUttI tRoPICalI: UNA SMAGliANte tAVoloZZA Di coloRi e SAPoRi Fogge sensuali e nuance solari rendono la frutta dei mari del sud bella da guardare e incantevole da mangiare in tanti modi suadenti

Quel gusto esotico che fa la differenza

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Alchechengi

cArAmbolA o stAr fruit

Alchechengi Il frutto, commestibile quando è maturo, è rap-presentato da una bacca delle dimensioni di una ciliegia, di colore giallo o rossiccio e privo di nocciolo; è racchiuso in un involucro leggero, a forma di cuore, colorato in autunno di ros-so o di arancio, ed ha un sapore acidulo. Per i suoi caratteristici palloncini rossi e rigonfi, l’alchechengi è spesso coltivato nei giardini a scopo ornamentale. È presente sul mercato da otto-bre a gennaio: quando si acquista, si deve fare attenzione che l’involucro esterno sia ben secco e ancora chiuso. Dopo averne aperto dall’alto l’involucro esterno rivoltandolo come un ciuffo, si consuma al naturale o candito o, squisitissimo, ricoperto di cioccolato; viceversa, il rizoma e le foglie sono velenose, a cau-sa della solanina che contengono.

babaco I frutti, simili nella forma a peperoni, dal colore verdastro quando sono acerbi e gialli con qualche sfumatura verde quando raggiungono la piena maturazione, sono totalmente commesti-bili, compresa la buccia, e il gusto è un misto di fragola ed ananas. In cucina, il babaco può essere consumato al naturale o a ma-cedonia, con panna o gelato; è molto dissetante in sorbetto o frullato (con limone, zucchero, acqua e ghiaccio).

carambola o star fruit È un frutto succoso e di sapore piutto-sto acidulo chiamato anche “frutto stella“ in quanto, una volta tagliato, gli spicchi che si formano sono proprio a forma di stel-la. Viene comunemente coltivato in Brasile, Indonesia e nelle Antille. Ricchissimo di vitamina C. La polpa ha la freschezza del cocomero, ma nulla della dolcezza. Il sapore è un miscuglio inestricabile, vagamente devia verso gli agrumi, pur non aven-do nulla di aspro.

cerimoia È uno dei più delicati frutti tropicali. Proviene dal Sud America. Ha l’aspetto di un’enorme pigna verde, ma la superficie è liscia e vellutata. La polpa è bianca, cremosa, di sapore delizioso tra l’ananas e la fragola, molto digeribile, quindi consigliabile a chiunque. La polpa al suo interno è di colore bianco panna e i semi non commestibili sono simili a quelli dell’anguria; è dolce, succosa e ha una consistenza cre-

mosa; il gusto ricorda la vaniglia con un retrogusto di frago-la (per questo chiamata anche “Fragola del Paradiso”). Ecco come si mangia: tagliate a metà il frutto, spruzzate a piacere con limone e mangiatelo con il cucchiaino scartando i grossi semi. curuba È un’altra varietà del “frutto della passione” dalla for-ma oblunga e dal colore che va dal verde-giallo al rosso cupo. Questo frutto ha un aspetto delicato, raffinato e prezioso. All’interno contiene una polpa rosata, gelatinosa e fragrante; i piccoli semi, un po’ più scuri della polpa, sono edibili. È col-tivato nell’America del Sud e in particolar modo in Colombia, dove è molto diffuso e conosciuto. Come si mangia: tagliate il frutto per il senso della lunghezza e mangiate il contenuto con un cucchiaino. Durian La caratteristica di questo frutto è data dal suo odore, che è veramente abominevole e repellente (tan-to che nei negozi del sud-est asiatico è bandito nei nego-zi e negli alberghi!); ma il suo sapore è veramente subli-me (dolce e piccante insieme, come un gelato alla vaniglia con retrogusto di banana ed un aroma di spezie davve-ro particolare). Ogni albero rende circa 50 frutti all’anno. In cucina, il durian viene solitamente consumato al naturale e utilizzato per preparare salse e condimenti; oltre alla polpa, anche i semi, una volta lessati, fritti o torrefatti, sono comme-stibili. Può essere conservato in scatola, surgelato, cotto nello zucchero o sotto sale. feijoa È una pianta sempreverde perenne originaria della zona sub-tropicale dell’America del Sud e diffusasi successivamente in California, Florida e in Italia (Riviera ligure, Calabria e Sicilia). Ha polpa bianca, dolce e aromatica, con piccoli semi comme-stibili e il gusto ricorda l’ananas e la fragola insieme. Si conser-va in frigorifero per cinque giorni al massimo e si consuma al naturale, tagliata a metà e spolpata con un cucchiaino, oppure spellata e fatta a macedonia. Si può trovare anche sotto forma di succo o marmellata.

lulo

cerimoiA (cherimoyA)

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granadilla È un frutto molto singolare e piacevolissimo a ve-dersi. È di un bel colore giallo-arancio, di forma quasi sferica, leggerissimo e con un lungo picciolo. La polpa, gelatinosa e profumata, è punteggiata da piccoli semi edibili grigio perla. Viene coltivata in Brasile, Sud Africa e Indonesia. Come si man-gia: tagliate il frutto a metà e mangiatene il contenuto con un cucchiaino. guava Questo frutto, dalle dimensioni di una grossa mela ver-de, ha una superficie gibbosa, lucente e, all’interno, una polpa bianca e soda. Proviene dall’America del Sud, dalla Thailan-dia, dalla Malesia, dall’Indonesia e anche dal Sud Africa, ha un sapore dolce, fresco e delicato. È maturo quando al tatto risulta morbido. Come si magia: tagliate il frutto in sei fette, scartate i semi (come per il melone) e mangiate le fette private della buccia. Kiwano o african cucumber Originario dell’Africa tropicale, il kiwano è un frutto dall’aspetto singolare in quanto sembra un piccolo melone con le corna. È di un bel colore giallo all’ester-no e contiene una polpa gelatinosa verde brillante e cosparsa di piccoli semi eduli. Il gusto è agrodolce tra il limone e la ba-nana e si presta benissimo per essere usato come antipasto e con i frutti di mare, come frutta o nelle macedonie, per gelati e sorbetti. Ha un sapore molto intenso e un “bouquet” davvero vario. La sua polpa è morbida e si presta alla preparazione di ottimi dolcetti semplicemente lavorandola con del mascarpo-ne e pochissimo zucchero a velo, usandolo come ripieno di tar-tellette di frolle. Come si mangia: tagliatelo a spicchi o a metà per il senso della lunghezza e mangiatelo con il cucchiaino. litchi Questa “prugna della Cina” è un frutto simile a una grossa noce, con un guscio provvisto di tubercoli rossi e rosa. La parte commestibile interna è bianca, carnosa zuccherina, ma leggermente acidula e ricopre un seme come quello delle nespole. Ha un delicato profumo di rosa, il suo sapore ricorda l’uva. È un frutto molto diffuso in estremo oriente e viene im-portato dal Madagascar, Tailandia, Israele e Sud Africa. Come si mangia: con il coltello incidete con delicatezza il guscio a metà (è molto sottile e si stacca subito) e mangiatelo come una ciliegina. lulo È un frutto proveniente dalla Colombia. La sua polpa ha un sapore acido, normalmente il succo viene miscelato con zucchero. Come si mangia: tagliatelo a spicchi o a metà per il senso della lunghezza e mangiatelo con il cucchiaino è molto indicato per dissetarsi.

mangosteen Il mangosteen è un frutto veramente insolito per il contrasto che si crea tra la parte esterna e quella interna del frutto: fuori la scorza è dura, bruno-rossastra, dentro ha un cuore morbido e candido tutto fatto a spicchi. Anche il sapore è sorpren-dente: per alcuni è un cocktail di uva e pesca insieme, per altri, è un mix di banana e lampone. Come si mangia: incidete con il col-tello la scorza a metà, aprite il frutto e mangiate solo gli spicchi con un cucchiaino o una forchetta, i semi non sono commestibili. È ottimo consumato al naturale, può essere aggiunto nelle ma-cedonie ed è adatto per la preparazione di creme, marmellate, gelati e cocktail. In Indonesia, dove la coltivazione di questo frutto è molto diffusa, viene messo anche sottaceto o utilizzato per aromatizzare l’aceto.

maracuja Il frutto si presenta di colore giallo, un po’ più gran-de di un limone. All’interno della succosa e dolce polpa ci sono piccoli semi, che non bisogna eliminare se si vuole gustare il frutto allo stato fresco. Quando la buccia è leggermente cor-rugata, il frutto è al punto giusto di maturazione come si man-gia: tagliate il frutto a metà e mangiatene il contenuto con un cucchiaino. nashi Il nashi è la pera giapponese. I suoi frutti sono chia-mati in diversi modi: mela-pera, pera d’acqua, pera orientale, pera giapponese, pera delle sabbie. Questo frutto presenta una buccia chiara e liscia giallo-verde oppure arancio-marrone rugginosa a seconda delle varietà. La polpa è croccante, mol-to succosa, poco acida e profumata dal sapore molto buono. Come si mangia: pelatelo come una pera e mangiatelo. Passion fruit Nativo del Sud America, ma cresce anche in In-dia e Nuova Zelanda. Il Frutto della Passione ha questo nome estremamente… evocativo; sembra una specie di melograno con grossi semi dorati, o rossi. Ideale nella sangria, le sue gem-me sono succosissime e danno un tocco particolare a questa bevanda. È molto buono mescolato allo yogurt bianco e nei frullati tipicamente esotici; si presta anche per la preparazione di marmellate e di gustosi cocktail profumati; il succo centri-fugato è ottimo per aromatizzare arrosti di maiale o di pollo. Pepino Questo frutto è chiamato anche melone pepino per-ché assomiglia a un piccolo melone giallo striato di bruno. Ha un sapore delicato che si presta ad essere utilizzato sia con cibi salati che con i dolci o come semplice frutta. Si consuma quando la buccia esterna acquista un bel colore giallo intenso. Viene prodotto in Nuova Zelanda. Come si magia: sbucciate il frutto e togliete i semi prima di consumarlo.

Pitahaya o Dragon fruit Ne esistono due varietà: la pitahaya gialla, originaria della Colombia e la pitahaya rossa, di origine vietnamitica. All’inizio la pitahaya è verde e completamente ri-coperta da minuscole e affilate spine, che vengono rimosse dopo lo raccolta. Il frutto è maturo quando la buccia diventa gialla. La polpa, chiara e trasparente, assomiglia ad un sorbet-to, piena di minuscoli semini neri che sono eduli. La pitahaya è deliziosa, rinfrescante, mangiata in grande quantità si dice abbia un effetto lassativo. È un dessert eccellente. Servito con i formaggi poco stagionati questo frutto rende moltissimo, grazie al sapore delicato. Come si mangia: tagliate il frutto a metà e mangiatelo con il cucchiaino al naturale o condito con zucchero e limone; rappresenta un ottimo e fresco dessert ma viene utilizzato anche per preparare cocktail e frullati, dando loro un colore e un gusto veramente particolare. Con la polpa si prepara una succosa bevanda chiamata ”agua de pitahaya”. rambutan Nonostante la buccia pittoresca il Rambutan ha un sapore simile al lychee. Molto dolce, sta benissimo nel tè. Ba-sta strizzare la polpa e dolcificare la bevanda, che deve essere servita fredda, in bicchieri trasparenti con all’interno un frutto intero. La superficie è ricoperta da spine morbide più o meno lunghe che gli conferiscono un aspetto simile a grossi ricci di castagna; la polpa è simile a quella del litchi, bianco transluci-do, succulenta, dal gusto dolce e la profumazione molto aro-matica. In cucina viene consumato principalmente al naturale, togliendo la polpa dal guscio dopo averlo tagliato a metà.

Il sole In tavola

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salak Frutto quasi sferico, è racchiuso in una corazza a scaglie di un bel colore bruno-rossiccio. L’interno è formato da 3 se-zioni bianco-latte separate e racchiuse in una membrana sottile e trasparente. Ogni sezione contiene oltre alla polpa un seme marrone lucido, non digeribile. La polpa è chiara e consistente, dal sapore dolce e aspro, molto piacevole. Viene prodotto in Thailandia e Indonesia. Come si mangia: tagliate con un col-tello la buccia marrone, estraete le 3 sezioni e liberatele dalla membrana trasparente; eliminate i noccioli e mangiate il frutto. Il sapore, molto gradevole, è dolce ed aspro insieme. In cuci-na si consuma al naturale o aggiunto nelle macedonie, dopo averne tolto la buccia ed estratto la polpa liberandola dalle membrane trasparenti e dai semi.

sapodilla La famiglia delle Sapotacee comprende molte spe-cie diffuse in America Centrale e Sud America alcune delle quali producono frutti eduli. Però tutti i membri di questa fa-miglia hanno una cosa in comune: quando questi alberi ven-gono danneggiati trasudano un lattice gommoso. Il lattice di una specie particolare viene utilizzato per fare il chewing gum. La sapodilla è il frutto più conosciuto di queste piante; è di forma ovale o arrotondata a buccia marrone, con polpa consistente di un bel marrone chiaro, può contenere semi neri o non averne affatto. Il profumo e il sapore ricordano la pera, l’albicocca e il miele. Come si mangia: tagliate il frut-to a metà, togliete i semi e consumatelo. Si presta bene an-che alla preparazione di gustosi sorbetti, creme e macedonie. tamarillo Il Tamarillo appartiene alla Famiglia delle Solana-ceae ed è originario del Sud America (fascia tropicale): sono delle bacche, di colore variabile dal giallo al rosso al viola, di forma ovoidale con apice appuntito, contenenti molti semi pic-coli (120-150). La polpa è di colore variabile dal giallo crema all’arancio-giallo all’arancio-rosso, il cui sapore ricorda quello del pomodoro.

tamarindo I frutti sono baccelli penduli dalla forma legger-mente incurvata; sono lunghi dai 10 ai 15 cm ed hanno una colorazione marrone; i semi, da 4 a 12 per ogni baccello, sono inseriti in una polpa giallastra o bruna dal sapore leggermente aspro ma gradevole. In cucina, la polpa del tamarindo viene usata come spezia (è un importante ingrediente della salsa “Worcestershire”); in India, quella dei frutti più acerbi, essen-do più aspra, viene utilizzata come ingrediente acidificante per preparare il “Sambhar” (una zuppa di lenticchie speziata con molte verdure) ed il riso “Pulihora”; quella dei frutti più ma-turi (che invece è più dolce) viene usata per preparare dessert (seccata e candita) e bevande (in Italia è famoso lo sciroppo di Tamarindo).

p.g.c. / by courtesy www.metexi.org

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PitAhAyA o DrAgon fruit

tAmArinDo

nAshi

sAlAK

mArAcujA

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interviste sul set

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di Marco Spagnoli

“lavorare col SorriSo rende tutto Migliore”L’attore americano Matthew McCounaghey, premiato per Dallas Buyers Club, svela gli ingredienti del suo successo, sul set e nella vita: primo tra tutti una buona dose di ironia

l’Oscar del buonumore

È l’attore dell’anno. E non solo per l’Oscar vinto meritatamente per Dallas Buyers Club, ma anche per la sua straordinaria in-terpretazione nella serie televisiva più interessante degli ultimi anni, quel True Detective interpretato al fianco di Woody Harrel-son, e per l’esilarante cameo in The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese in cui l’abbiamo visto prendere in giro il personaggio di Leonardo Dicaprio. Matthew McCounaghey è all’apice della sua carriera e non solo per i premi vinti. È un momento fortunato che gli fa scegliere i ruoli giusti e che gli fa prendere la vita con un senso dell’umorismo e dell’ironia ammirevoli. “Il primo film che – in assoluto – ho interpretato sullo schermo è stato La vita è un sogno di Richard Linklater dove tutti erano attori profes-sionisti tranne me.” Ricorda McCounaghey. “Grazie a quella pellicola ho imparato una lezione: tutto diventa più divertente se fai in modo che la persona che sta con te sia divertente. Tu stesso appari più sincero e credibile se lasci che la persona al tuo fianco sia più libera di esprimere sé stessa. La tua recitazione è migliore se fai in modo che anche gli altri siano al meglio nel loro personaggio. Se tutti sono al meglio anche io finisco per farci una figura migliore.”

In più lei non teme di rendersi ridicolo… anzi: spesso sembra divertirsi del fatto che il pubblico possa ridere di lei…Una volta un vecchio regista di Hollywood mi ha detto: “Se non sai stare allo scherzo è meglio che non ti guardi allo specchio.” Credo che sia decisamente vero. Essere perfetti? Non è una cosa della vita reale, né tanto meno è divertente. Eppoi sarebbe troppa pressione…

Un punto di forza?Chi si può identificare in uno che non ha mai problemi ed è per-

fetto? Prendersi troppo seriamente è inutile. L’unica cosa che prendo sempre sul serio è l’umorismo.

E quali sono le sue sfide come attore?Per me i film sono dominati da un tema particolare. Amo i perso-naggi introspettivi, ma anche quelli sopra le righe: tutto è sem-pre molto leggero, perché non appena le cose si complicano sei perduto. In realtà tutti questi elementi vanno combinati tra loro alla luce di una carriera dove le risate e la malattia vanno di pari passo con la tragedia e la commedia. Nel lavoro di ogni atto-re ogni tanto c’è la primavera, altre c’è l’inverno e altre ancora l’autunno. Una carriera, però, non dipende da una stagione sola.

Un’idea molto filosofica del lavoro…Simile a quella che hanno tutti. In certi momenti della vita è lu-nedì e devi impegnarti al massimo per quello che fai nel lavoro. Altre è sabato pomeriggio. Puoi ascoltare un po’ di buona musi-ca, portare a cena una ragazza, cantare, ballare e…Mi piace pensare di portare sullo schermo personaggi che rap-presentino i giorni della settimana o le stagioni dell’anno. Spero che ogni ruolo mi permetta un po’ di crescere. Non credo che il dramma e la depressione facciano sempre male. Anzi, nel nostro lavoro possono essere molto salutari. La vita ti fa crescere non solo quando le cose vanno male o sono dure, ma anche in altri momenti quando tutto va per il meglio. Se ti stai divertendo, apprezzare quello che vivi, ti può fare diventare una persona migliore.

Cosa apprezza di più del senso dell’umorismo?Il fatto che – oggi come oggi - sia necessario per sopravvivere. Non per essere stupidi, bensì per essere ottimisti e guardare con

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interviste sul set

Dimagrito di ventitré chili per Dallas Buyers Club per esigenze di copione, Matthew McCounaghey ama molto mangiare. La sua ri-cetta preferita gliel’ha insegnata sua madre e viene dal Texas dove l’attore è nato quarantacinque anni fa.

Ingredienti (per quattro persone)Cinque teste d’aglioTre cucchiaini di sale marino separatiTre cucchiaini di pepe separatiUn quarto di cucchiaino di pepe di caiennaUn cucchiaino di rosmarinoTre cucchiaini di zuccheroUn chilo e due di lombo di maiale arrostoDue cipolle a quartiDue zucchine tagliate in otto mezze luneDue carote lavate e tagliate in otto pezziTre pomodori a quartiDue patate rosse a quartiUn vasetto di pesto italianoMezzo vino biancoBrodo di pollo q.b.Tre cucchiaini di burro

PreparazionePreriscaldare il forno a 220 venti gradi. Pestare in un mortaio l’aglio, due cucchiaini di sale, di pepe nero, caienna, rosmarino e zucchero fino a quando non sono uniti insie-me in una pasta uniforme su cui spalmare il maiale.Aggiungere le verdure nel tegame e condirle con sale, pepe, pe-sto, olio, vino e brodo di pollo. Dopo avere posizionato il pollo nel tegame lasciare tutto per trenta minuti a 220 gradi, poi, a 120 gradi per un’altra ora, girando il pollo su se stesso ogni mezz’ora. Prima di servirlo lasciarlo riposare per circa 10 minuti. Aggiungere vino rosso e brodo di pollo e tagliare in fette sottili.

Fette di maiale al pestofiducia al futuro. Lavorare con un sorriso sul volto rende tutto mi-gliore. È qualcosa che io porto avanti nella mia vita, altrimenti sarebbe durissima.

In che senso?Credo che nella vita ci preoccupiamo troppo di cose inutili e stu-pide. Se qualcosa non ti può uccidere, se non si tratta di vita o di morte, perché prendersela tanto?

Funziona?Certo: se sono sopravvissuto a tante crisi lo devo soltanto a questo. Ho vissuto tante tragedie nella mia vita e la cosa più sorprendente è che la maggior parte di esse non è mai acca-duta. Ridere serve a fare scoppiare quelle bolle in cui spesso ci rintaniamo.

Non solo l’Oscar, ma lei sta lavorando tanto in progetti molto interessanti…Era arrivato il momento. Amo questo lavoro come non mi è mai capitato prima. In più ho l’opportunità di fare tutti questi film. Alle volte hai l’amore, altre l’opportunità. Questa volta ho entrambi allo stesso momento. Era proprio arrivata l’ora…

MARCO SPAGNOLI critico e giornalista cinematografico, è il Direttore Artistico del Galà del Cinema e della Fiction in Campania, degli Italian Dvd Awards e del Premio Golden Graal. Ha pubblicato diversi libri dedicati al cinema e il suo ultimo lavoro su Giuliano Montaldo ha avuto la World Premiere al Festival Internazionale del cinema di Roma. È membro dell’Accademia del David di Donatello, della FIPRESCI e dell’EFA che ogni anno assegna gli Oscar europei.

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AllA ricercA del gusto perduto

di DaviDe FeDerici

Murei de bisato, folpetti e sarde in saor sono solo alcune delle ricette da gustare ai Campi Sportivi della Serenissima, una sosta di golose memorie per chi cerca valori autentici anche a tavola

Mangiar bene a Venezia... si può ancora

Nei sapori c’è la storia dei luoghi, degli uomini e delle culture. A Venezia c’è un Ristorante che invita a riscoprire l’anima del-la città, anche a tavola. I suoi elementi caratterizzanti sono in estrema sintesi due: il contesto in cui è inserito, ovvero ai campi sportivi, e una gestione molto amichevole e schietta in grado di offrire un menù per tutte le tasche e i sapori tradizionali della cucina veneziana. Una proposta semplice dietro alla quale c’è, però, una cultura centenaria che rischia di scomparire. E’ piace-vole passeggiare lungo le fondamenta dell’Isola dalla quale si può ammirare uno “spaccato” di Venezia dalla Marittima sino al Bacino San Marco. Il Ristorante è invece ubicato dalla parte opposta dell’Isola e gode di un affaccio sulla laguna centrale e di un panorama che offre tramonti mozzafiato. Non si trova in un luogo di passaggio, e questo a Venezia è per il sottoscrit-to un valore aggiunto, ed è aperto alle più diverse tipologie di clientela. Seduti ai tavoli si possono trovare famiglie che magari hanno seguito un torneo di calcetto del figlio e che mangiano una semplice pizza, lavoratori in pausa pranzo e turisti curiosi ed attenti che si sono spinti sino alla punta estrema della “Sacca”.L’isola ospita un quartiere popolare di costruzione relativamente recente e non presenta monumenti o edifici di particolare rilievo architettonico ma è un polmone verde lontano dalle folle turi-stiche pur essendo ad appena 15 minuti di vaporetto da Piazza San Marco. Vi sorge, come detto, un centro sportivo (con campi da tennis, da calcetto, palestre e la piscina comunale) molto fre-quentato poiché è uno dei pochissimi così attrezzati in Città: una vera e propria Cittadella dello sport, dei bambini e del tempo libero immersa nel verde. Proprio davanti al Ristorante e alla pi-scina un bellissimo praticello dove stendersi e guardare le isole

di Sacca Sessola, San Clemente, le Grazie e, con il cielo limpido, perdersi in paesaggi che sembrano uscire dalle matite del gran-de Hugo Pratt, fino a Pellestrina… e oltre.Il ristorante propone menù di pesce, di carne e gustose grigliate all’aperto (in estate). E quindi, solo a memoria e senza seguire un ordine da menù, fritture fuori dalle convenzionali e a volte surgelate “scampi e calamaretti”, ma con “murei de bisato” (pezzi di anguilla), pas-sarini, sarde, verdurette julienne di accompagnamento; antipasti semplici e con ingredienti freschissimi: latticini di seppia, folpetti (polipetti serviti tiepidi e conditi con sedano, sale, pepe, olio e aceto), le famose sarde in saor, una ricetta che da sola racconta un pezzo della storia della Serenissima e delle esigenze di con-servazione del cibo da parte dei naviganti costretti a lunghi viag-gi: le sarde, conservate in barili sotto aceto, s’insaporivano con cipolla, uvette e pinoli provenienti dalle lontane terre d’oriente.Ma ci si può orientare anche sulla carne tranquillamente sceglien-do una meravigliosa trippa in umido, oppure piatti per palati che “osano meno” con la tagliata di manzo su crema di melanzane e verdurine fritte. Rigorosamente dalle isole dell’estuario vi sa-ranno servite le saporitissime verdure: il carciofo nelle sue varie declinazioni e cioè botoli, castraure, fondi di carciofo; le erbe per ottimi risotti come i bruscandoli, asparagi, piselli…Il vino è schietto, c’è anche un buon prosecco Bisol Jeio, e il con-to è onesto. Aggiungo, per farmi capire meglio, che il Ristorante Ai campi Sportivi appartiene a quella categoria di locali, come rapporto prezzo-qualità, che si trovano con difficoltà nella città lagunare troppo condizionata dal turismo mordi e fuggi. Inoltre Ai Campi Sportivi si è affermato, soprattutto negli ultimi anni, per

A sAccA FisolA, Per riScOPrire Le vere TraDiZiONi LaGUNari

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i suoi servizi di catering di alta qualità. Il soggetto imprenditoriale che gestisce il locale è la Cooperativa Sociale Il Cerchio Onlus, vero motore propulsivo di questa e altre iniziative. Oltre agli altri molteplici servizi messi in atto dalla Cooperativa Sociale Il Cer-chio, come ad esempio la gestione dei campi sportivi di Sacca Fisola, e il servizio di lavanderia per grandi alberghi e istituzioni, il fiore all’occhiello è la sezione sartoria. Nel negozio “Banco Lotto n°10”, inaugurato con la partecipazione dell’Associazione Il Gra-nello di Senape nel maggio 2003, sono in vendita abiti, giacche e borse di alto livello sartoriale, realizzati dalle detenute, gestito dalla Cooperativa Il Cerchio. Sono inoltre in atto collaborazioni con la Fondazione Teatro La Fenice di Venezia per la realizzazio-ne di abiti di scena, recentemente sono stati commissionati a Il Cerchio gli abiti per la rappresentazione de “La Tosca”.Da poco si è svolta una sfilata dei vestiti realizzati dalle carcerate nello splendido scenario dell’Isola di San Giorgio che ha avuto un grande successo.La direzione della sartoria e della sfilata è affidata ad Annalisa Chiaranda, mentre la presentazione dell’evento-sfilata è stata affidata a Stefania Stea, Vice Presidente dell’Ava, Associazione già coinvolta in altre iniziative della Cooperativa. “La sfilata – ha dichiarato Gianni Trevisan, Presidente della Cooperativa – è un’occasione per comunicare ad alto livello la professionalità di questo settore della Cooperativa e delle svariate attività in cui sono impiegate le detenute e per accendere i riflettori e imple-mentare il dibattito sulle precarie condizioni in cui versano tutti i reclusi in Italia”.La filosofia del Ristorante Ai Campi Sportivi, in sintonia con quel-la della Cooperativa Sociale Il Cerchio Onlus, dà vita ad un lo-cale da scoprire, che ripropone gusti della memoria di tradizioni autentiche veneziane e con una forte spinta alle problematiche della solidarietà e del volontariato.

DaviDe FeDerici, giornalista veneziano, ex giocatore e grande appassionato di rug-by. Si occupa di organizzazione e comunica-zione di eventi nella città lagunare, oltre che in veneto e in altre regioni, collaborando con gli enti locali e con importanti aziende private. cultore di enogastronomia ha col-laborato e collabora con diverse riviste tra cui Mete d’italia e del mondo, atmosphere, Menu Magazine, venezia news.

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ERBA DELLA MADONNA, ERBA AMARA, ERBA BONA

Erba di Maria, Erba S. Pietro, tanti nomi per una sola pianta dall’odore unico e inebriante che sa di fresco, di pulito, di menta e limone, il cui nome scientifi co Balsamita major ci indica appun-to che profuma come un balsamo.Una pianta erbacea perenne, appartenente alla famiglia delle composite denominata erba di Maria o erba della Madonna per-ché un tempo veniva impiegata per alleviare i dolori del parto, e per devozione durante il mese mariano (a maggio), maggior-mente in Umbria, le sue foglie venivano messe in infusione per una notte, in chiesa, dentro una bacinella piena d’acqua, con la quale al mattino le donne devote usavano sciacquarsi il viso prima della messa, diffondendo in chiesa un intenso e delicato profumo di fresco. Già nel Medioevo veniva diffusamente coltivata negli orti con-ventuali per le innumerevoli proprietà terapeutiche delle sue foglie grandi e oblunghe che venivano usate anche come segna-libro profumato per i testi sacri.

Proprietà: per uso esterno, l’infuso delle foglie svolge un’azione antisettica, ed inoltre profuma la pelle ed i capelli, ed applicata sulle punture d’insetti ne attenua il dolore. Per uso interno ha proprietà digestive e carminative ed un’azione calmante e anti-spasmodica.

contiene: tannini, mucillagini, resine ed un olio essenziale co-stituito maggiormente da carvacrolo, timolo, carvone e tujone, una sostanza presente anche nella salvia e nel dragoncello, di cui non bisogna abusare perché in dosi eccessive può essere tossica.Le foglie vanno raccolte prima della fi oritura che avviene in esta-te, e possono essere usate fresche in cucina per preparare tanti piatti speciali. Un tempo venivano impiegate per aromatizzare la birra ed age-volarne la conservazione, alla quale conferivano un gusto amaro-gnolo, da cui il nome erba amara. Infatti c’è anche il famoso “tortello amaro” di Castel Goffredo in provincia di Mantova, a cui viene dedicata una sagra nel mese di giugno, nei cui ingredienti del ripieno troviamo l’erba della Madonna. L’odore particolare, aromatico e il sapore amarognolo di questa pianta può rendere speciali molte pietanze: paste ripiene, fritta-te, pesce, carne e frattaglie.

VIVeR SANI CON LA NATURA

ANNA MARIA FABBRI, giornalista e scrittrice romana, laureata in Scienze e Tecnologie dei Prodotti Erboristici e laureanda in Farmacia. Titolare dell’Erboristeria TiSana sas in piazza Cornelia a Roma, organizza corsi presso associazioni e scuole sul riconoscimento e l’impiego terapeutico delle erbe e sul loro utilizzo alimentare. Fra le sue collaborazioni si segnalano quelle con le riviste Giardini, Menu Magazine, Spazio Italia, Atmosphere, ecc. www.annamariafabbri.it

di ANNA MARIA FABBRI

foto di Mario Giannini

Un tempo veniva impiegata per alleviare i dolori del parto e come toccasana per alleviare tanti disturbi. Le foglie vanno raccolte prima della fi oritura estiva e possono essere usate fresche in cucina per preparare tanti piatti speciali come il famoso “tortello amaro” mantovano di Castel Goff redo

di ANNA MARIA FABBRI foto di MARIO GIANNINI

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Le RICeTTe

Paccheri al ragÙ di Pesce Lessiamo 320 grammi di paccheri. Nel frattempo tagliamo a da-dini un filetto di cernia o di altro pesce di circa 400 grammi e lo passiamo nella farina di grano duro, prima di versarlo in un tegame con dell’olio caldo, uno spicchio di aglio e un peperon-cino. Facciamo cuocere il pesce per una decina di minuti e poi aggiungiamo 400 gr. di pomodori rossi freschi tagliati a pezzetti, 2 foglie di alloro, 2 foglie di erba della Madonna, 2 foglie di prez-zemolo e mezza buccia di limone grattugiato. A cottura ultimata, mantechiamo i paccheri appena scolati in questo ragù di pesce piccante, per qualche minuto prima di servirli.

sautÉ di vongole all’erba della madonnaLaviamo accuratamente circa 1 kg di vongole veraci. Le met-tiamo a cuocere in un tegame ricoperte di acqua e, quando le valve sono tutte aperte, a gas spento separiamo le vongole dal liquido di cottura, che filtriamo con una tela ed accantoniamo. Nel frattempo mettiamo a soffriggere nell’olio d’oliva 2 spicchi d’aglio e un peperoncino. Poi ci versiamo le vongole aperte, una spruzzata di vino bianco, il liquido che avevamo accantona-to, 2-3 foglie di erba della Madonna ed un ciuffo di prezzemolo tritato. Se ci fa piacere aggiungiamo qualche pomodorino ta-gliato a pezzetti oppure lo lasciamo in bianco. Poi aggiustiamo di sale e pepe e serviamo il sauté di vongole caldo in piatti fondi con qualche crostino.

triPPa al sugo ProfumatoLessiamo in acqua circa 600 grammi di trippa. Dopo averla scola-ta la tagliamo a listarelle sottili e la poniamo in un tegame a cuo-cere lentamente insieme a circa 500 grammi di pomodori rossi a pezzetti, una cipolla, un gambo di sedano e due carote tritate.A cottura quasi ultimata aggiungiamo due foglie di erba della Madonna che renderà speciale questo piatto povero, tradizio-nale della cucina romanesca della quale fa parte anche la coda alla vaccinara, che assume un sapore più fresco e leggero con qualche foglia di erba della Madonna aggiunta al sugo.

ravioli all’erba della madonnaPer il ripieno mescoliamo in un mixer 250 grammi di ricotta di pecora o di mucca, un uovo, 3 cucchiai di parmigiano grattugia-to, 4 foglie tenere di Balsamita,un pizzico di noce moscata, sale e pepe quanto basta. Per la sfoglia prepariamo un impasto con 3 uova, 300 grammi di farina ed un bicchierino d’acqua e la stendiamo fino a farla sottile. Poniamo 1 cucchiaio del ripieno ogni 6 centimetri circa e dopo aver sovrapposto la sfoglia la schiacciamo ai bordi e con una rondella la ritagliamo in forme tondeggianti a formare dei ravioli. Li lasciamo asciugare qualche minuto sopra un canovaccio prima di lessarli, e poi li condiamo con un delicato sugo al basilico.

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di Giovanni Ballarini

naPolI PIZZa vIllageDal 2 al 7 settembre sul lungomare partenopeo la più grande e spettacolare pizzeria del mondo

eventI gastronomIcI

di ELEONORA MOSA

Al principio era una semplice focaccia, un pane dalla forma piatta al quale venivano aggiunti vari tipi di condimenti: ba-silico, formaggio, pepe e persino pesce, il tutto senza il po-modoro, che cominciò a diffondersi in Europa ed in Italia solo verso la fi ne del XVI secolo, importato dall’America meridio-nale. Nasce così la pizza, piatto quanto mai popolare, che “sposa” il pomodoro solo nella prima metà del Settecento diventando, di fatto, la pietanza più diffusa al mondo. Le pizze più popolari e famose a Napoli erano la Marinara, nata nel 1734, e la Margherita, del 1796-1810, ma anche il calzone e la pizza fritta. La storia riporta vari aneddoti, come quello della consacra-zione della pizza Margherita che acquisì il nome in onore dei reali di casa Savoia quando fu offerta, dal pizzaiuolo Raffaele Esposito, alla Regina d’Italia in visita a Napoli nel 1889. Ep-pure di pizza ne parlava nei suoi scritti del 1866 Francesco de Bourcard Usi e costumi di Napoli, citando: “talora ripiegando la pasta su se stessa se ne forma quel che chiamasi calzone”.Insomma la pizza è oggi, universalmente, la pietanza che con-sacra nel mondo, e non solo quello gastronomico, Napoli, ecco perché la manifestazione Napoli Pizza Village – in pro-gramma sul lungomare partenopeo dal 2 al 7 settembre 2014 – non può e deve essere considerata solo una celebrazione della pietanza, ma un vero e proprio strumento di comuni-

Le 45 pizzerie storiche napoletane prepare-ranno oltre 100mila pizze. In programma il Campionato Mondiale del Pizzaiuolo, musica e spettacoli

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cazione ed incoming turistico per l’intero territorio campano. Tra i numeri del “pianeta pizza” basti pensare che al primo posto della classifica dei più grandi consumatori del mondo di pizza ci sono gli americani, con una media di 13 chili per persona all’anno e un giro di affari di 40 miliardi di dollari, mentre gli italiani si collocano al secondo posto con una me-dia di 7,6 chili a testa e un fatturato di 10 miliardi di euro con oltre 250mila addetti e 50mila pizzerie”. A Napoli Pizza Village ci saranno 45 pizzerie storiche pronte ad accogliere i 500mila visitatori previsti.

LE INIZIATIVE CAMPIONATO MONDIALE DEL PIZZAIUOLONapoli Pizza Village è diventata la sede ideale e stabile del Campionato Mondiale del Pizzaiuolo che si disputa da ben 13 anni. Parteciperanno oltre 500 pizzaiuoli provenienti da 40

paesi (Europa, Asia, Africa, Americhe, Australia) che si sfide-ranno nello Stadio della Pizza, allestito sul lungomare. Sono 8 i premi in palio per diverse specialità: il Trofeo Caputo pizza napoletana STG (Specialità Tradizionale Garantita); pizza clas-sica; pizza in teglia; pizza al metro infornata con la pala; pizza di stagione; pizza senza glutine; categoria juniores (pizzaiuoli da 18-21 anni) e la pizza acrobatica dove, invece del sapore, vengono valutati la larghezza della pizza lanciata, la velocità dell’acrobazia, la fantasia del free style e la spettacolarità del-la migliore squadra acrobatica.

MUSEO DELLA PIZZAAll’interno del MAMT (Museo Mediterraneo, Arte, Musica e Tradizioni) in Piazza Municipio nasce la mostra con oltre 200 articoli esposti ed ulteriormente arricchita grazie alla collabo-razione dell’Associazione Pizzaiuoli Napoletani. I “ferri” del mestiere, le pale, le oliere, il vestiario originale dei pizzaiuoli d’epoca, ma anche le immagini storiche legate al prodotto, opere e studi sul piatto della tradizione gastronomica parte-nopea più celebre al mondo, costituiscono un percorso unico e imperdibile per i visitatori.

LABORATORIOQuest’anno sono previsti due laboratori: il primo, dopo il successo delle precedenti edizioni, è dedicato ai bambini e il secondo, novità di quest’anno, è riservato agli adulti. I corsi si svolgono grazie ad Academy of Pizza voluta dall’Associazio-ne Pizzaiuoli Napoletani che supporta la formazione di figu-re professionali attraverso dei corsi di 240 ore, mettendo in cattedra illustri maestri pizzaiuoli. Un addestramento a tutto tondo in cui, oltre alla preparazione della pizza, si approfon-discono la conoscenza del territorio, delle materie prime, dei

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IncantI lucanI

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valori nutrizionali e delle normative in materia.I piccoli immersi in un percorso fiabesco, possono apprendere attraverso il gioco, piccole ma importanti regole sull’alimen-tazione e sugli ingredienti della pizza. Infine, nel laboratorio imparano a impastare, preparare e infornare in forni realizzati a misura di bimbi e sempre guidati da esperti. I grandi invece potranno imparare a realizzare una pizza napoletana utilizzan-do il forno di casa. Oltre che provare a realizzare e a degusta-re la pizza i partecipanti ai minicorsi riceveranno un kit per la realizzazione di 3/4 pizze.

SPETTACOLIIl calendario degli spettacoli di Napoli Pizza Village si arricchi-sce di anno in anno proponendo per i 6 giorni dell’evento un programma che spazia dalla musica al cabaret, dai concerti al piano bar. Il palco allestito all’interno del villaggio, accoglie una platea di 70mila persone ogni giorno dalle 18 a mezza-notte, con un’offerta di spettacolo che incontra i gusti di tutto il pubblico.

CELIACHIAIn uno dei 45 forni sul Lungomare saranno cucinate solo pizze per chi è intollerante al glutine che i clienti potranno consumare seduti al tavolo della pizzeria scelta dai propri amici e parenti.

VIVI IL NAPOLI PIZZA VILLAGEVuoi fare una fantastica vacanza nella città del sole e della Pizza a prezzi modici grazie alle stupefacenti offerte dell’or-ganizzazione della manifestazione, scoprire i vicoli del centro storico e la ricchezza artistica della città, fare una passeggiata sul lungomare e chiudere la giornata con una vera Pizza napo-letana? Ecco le migliori proposte: www.pizzavillage.it - [email protected]

eventI gastronomIcI

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di Matteo DesiDerio

IL LATTE IN FRIGO SCADE OGGI? eCCo CoMe Fare Per NoN BUttarLo

La lotta allo spreco alimentare non va in vacanza: in estate c’è an-cora più da fare per ridurre la quantità di cibo che le famiglie italia-ne normalmente gettano nella spazzatura perché mal conservato o scaduto. Assolatte ricorda che le imprese del settore lattiero-caseario continuano a fare la loro parte, impegnandosi nel con-dividere le buone pratiche che consentono di utilizzare al 100% i loro prodotti: dall’indicazione sulle etichette dei consigli di uso, di consumo e di conservazione, allo sviluppo di packaging anti-spreco, come le confezioni richiudibili. Inoltre Assolatte continua a proporre idee e consigli per aiutare i consumatori a evitare di spre-care il latte, suggerendo anche come usarlo in modo alternativo. Ecco dunque cinque deliziose ricette, dolci e salate, da mangiare e da bere. Ma soprattutto da preparare in un lampo per coniugare buona alimentazione e cucina anti-spreco, visto che sono adatte al latte conservato in frigorifero, utilizzandolo anche all’ultimo minu-to, poco prima che arrivi a scadenza.

Street food: latte frittoMescolare con cura 100 g di zucchero, 50 g di farina, 4 tazzine di latte e una noce di burro.Versare in una piccola pentola e far cuo-cere a fuoco lento finché l’impasto si rapprende. Quindi trasferirlo su un piatto fondo e lasciarlo raffreddare affinché si rassodi. Poi tagliare l’impasto a cubetti e passarli in farina e uovo. Far friggere i cubetti in una padella con burro ben caldo e poi servirli con una passata di zucchero a velo.

Detox drink: frullato esotico Tagliare a pezzetti 50 g di ananas fresco, ½ banana e 1 mango, e poi frullare tutto insieme a 80 ml di latte e 6 cubetti di ghiaccio.

Pranzo speedy: omelette ai gamberettiLavare 100 g di gamberetti e farli cuocere per 2-3 minuti in una casseruola con acqua bollente poco salata. Quindi scolarli e la-sciarli intiepidire. In una terrina sbattere 4 uova, 50 ml di latte, un

CUCINA ANTISPRECO

Dalla prima colazione alla cena, ecco i suggerimenti su come usarlo subito e fino all’ultima goccia

pizzico di sale, un poco di pepe e di zenzero grattugiato. Far scal-dare un poco di olio in una padella e versarvi la pastella. Quando inizia a rapprendersi unire i gamberetti, una patata sbucciata e ta-gliata a cubetti e un trito di prezzemolo. Ripiegare l’omelette su se stessa e lasciarla cuocere per altri 2 minuti. Quindi servirla calda.

Dessert style: bavarese ai pinoliFar bollire 500 ml di latte con 50 g di zucchero. A fuoco spento, unire 20 g di gelatina di pesce ammollata in acqua e ben strizzata. Lasciar raffreddare e poi aggiungere 1,5 dl di panna montata, 40 g di pinoli e 150 g di yogurt bianco cremoso. Versare in uno stampo e far riposare in frigo per un paio d’ore.

Iced food: milkshake alla pescaFrullare 1 bicchiere di latte, due palline di gelato alla pesca e un poco di vaniglia fino a ottenere una schiuma soffice. Versare nei bicchieri e unire qualche chicco di uva bianca.

Info: www.vuoilatte.it

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di Maria Carla Squeo

NoN TuTTi i GRASSI VeNGoN Per NuoCere

Ecco un utile manuale edito da Tecniche Nuove, di cui sono autori Ulrich Strunz e Andreas Jopp, che ci aiuta – come recita il sotto-titolo – a “Scegliere i cibi giusti per mantenere in forma corpo e mente”. Leggendolo, si scopre che non tutti i grassi sono uguali. Ci sono grassi buoni e grassi cattivi, e non è poco, visto che in genere si demonizzano i grassi senza fare alcuna distinzione. Un grande errore di prospettiva che è bene non fare. Stare in guar-dia sempre, certo, anche perché è bene per esempio evitare, per quanto possibile, di acquistare prodotti contenenti grassi idroge-nati o comunque parzialmente idrogenati. Tanti i prodotti che li contengono: croissant, krapfen, biscotti, merendine, impasti di pasta sfoglia, pietanze precotte, porzioni di pesce o pollo impa-nati e pronti per cuocere, ma anche patatine, creme da spalmare al cioccolato, patate fritte surgelate, pizze surgelate e margarine di consistenza dura adatte per cuocere… Alcuni denominano i grassi cattivi con l’appellativo di “grassi killer”, o in via bonaria, con il nome di “grassi trans”, il più delle volte definiti “grassi invi-sibili” in quanto non ci si rende conto della loro presenza.I grassi buoni sono sempre i benvenuti, seppure è bene presta-re la massima attenzione, perché non occorre mai abusare con i grassi. Il volume edito da Tecniche Nuove fa luce anche sui grassi buoni. Per esempio sugli oli extra vergini di oliva; e poi, più in particolare, i grassi DHA. Cos’è? è l’acido docoesanoico, un acido grasso della serie omega 3. Lo si assume mangiando pesce gras-so di mare almeno una o due volte alla settimana; e per chi non ama il gusto del pesce, è possibile l’assunzione anche in capsule. Ogni capsula contiene 120 mg di DHA.La conclusione alla quale giungono gli autori, è che si possa effet-tivamente vivere più a lungo anche consumando i grassi. Purché siano quelli giusti, ovviamente.Se buoni, i grassi ci rendono addirittura più felici e intelligenti. Infatti, se buoni, aiutano a migliorare le interconnessioni a livello cerebrale.C’è tanto da imparare leggendo questo libro. Ecco la scheda con cui l’Editore lo presenta in catalogo.“Sostituite il 5% di quanto mangiate in pasta con dei grassi: pen-sate di aumentare rischio infarto? Sbagliato: la scienza prova il contrario.Dite “grassi” e pensate a sovrappeso, colesterolo, malattie car-diovascolari. Ma le più recenti ricerche scientifiche conferma-

no che non tutti i grassi sono uguali. Ci sono quelli nocivi, che danneggiano le arterie e aumentano i trigliceridi nel sangue. E ci sono i grassi “buoni”: quelli che vi possono aiutare a ridurre il colesterolo, a diminuire drasticamente la vostra esposizione al rischio di infarto, a contrastare gli effetti delle più svariate malattie infiammatorie e autoimmuni.”Nutrirsi dei grassi sbagliati o assumere grassi in quantità insuffi-ciente sono comportamenti alimentari ugualmente sbagliati. Con “Grassi buoni, grassi cattivi” imparerete a riconoscere al volo i lipidi-killer: gli oli preriscaldati, quelli idrogenati, gli acidi trans, le margarine da cottura e molti altri che, non di rado, si nascondono dietro le etichette di alimenti apparentemente salutari. Grazie alle indicazioni del manuale, saprete come sostituire questi antinu-trienti con i grassi che fanno bene al cuore, mantengono giovani e aiutano a prevenire le più diffuse malattie.Dai piccoli segreti, come una spruzzata di semi triturati di lino sull’insalata, alle gustose scelte salutari alla scontata alternativa “carne o formaggio”, ogni pagina di “Grassi buoni, grassi cattivi” è un invito a mettere in discussione le false certezze del marketing e le abitudini alimentari errate, per scoprire il piacere di sentirsi bene grazie a una dieta gustosa e salutare.è un volume edito nel 2008, ma sempre attuale e disponibile sia nelle librerie tradizionali, sia in quelle on line, che direttamente sul sito dell’Editore (www.tecnichenuove.com).

pgc: Olio Officina Magazine 2 Giugno 2014

LIbRI SALutARI

Un manuale che insegna a scegliere i cibi giusti per mantenere in forma corpo e mente, per vivere con gusto più a lungo in maniera intelligente

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TRADIZIONI GASTRONOMICHE MARINARE

di LORIS FANTINI

Aneddoti, curiosità e ricette delle “piscadore” di Cervia: una “miseria geniale”, condita con fantasia e orgoglio popolare

Romagna mia

Le terre della Romagna raccontano di donne geniali, fantasiose, uniche. Ogni Borgo, ogni Ghetto, ogni calera (viottolo appena tracciato che portava ad un gruppo di due o tre casine), oltre che per i soprannomi, le famiglie erano famose per le razdore o per le piscadori. Tal se che a ca ad Pitret la razdora la fa un stufè che rapa par i mur? (lo sai che a casa di Pasquini – Pitret – si mangia uno spezzatino che fà resuscitare i morti?).Le donne di Romagna di terra o di marina orgogliose e ambi-ziose, davano fondo a tutta la loro fantasia e creavano piatti meravigliosamente poveri. La festività non poteva essere igno-rata. Anche se c’era poco, con quel poco s’inventavano “e ca-plet busedar” (i cappelletti bugiardi), fatti con sfoglia tirata con farine di grano, mais, castagna, ghianda, forse qualche uovo: opportunamente tagliata a riquadri, si facevano i cappelleti ma senza il ripieno all’interno. Invece per fare la l’amnestra lorda (minestra lorda) si lordava metà della sfoglia, la si ricopriva con l’altra metà e si tagliavano rombi. Per fare gli stroza prit , ricavati da una sfoglia grossolana a base di farina ed acqua tagliata a striscie, bisognava girare con vigore e rabbia la pasta fra le mani. I condimenti?“va a vdè quel cu iè armast” (va a vedere cosa c’è rimasto)!La piscadora, la razdora delle famiglie dei pescatori, aspetta-va il maritio sul porto riconoscendolo dai colori e dai disegni personalizzati della vela al terzo del trabaccolo. Poi lo aiutava a dividere i pesci. I più pregiati andavano ai ristoranti, la seconda scelta alla pescheria, la terza nella cesta della bicicletta e via

US FA’ CUN QUEL CU IE’ OVVERO SI FA CON QUEL CHE C’E’

US FA’ CUN QUEL CU IE’ OVVERO SI FA CON QUEL CHE C’E’

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subito di corsa nell’entroterra per cercare di venderne il più possibile. La sera a casa il marito portava gli avanzi, la “pulitura della barca” mentre la piscadora tornava con pesce invenduto. I brodi di seppia, quelli di pesci vari, i brodetti, le marinate, le rostite, tutte queste meraviglie, solo per citarne alcune, sono l’espressione di una miseria geniale condita con amor proprio, fantasia, orgoglio. “Us fa cfun quel cu iè basta savel druvè (si fa con quel che c’è basta saperlo adoperare). E soprattutto uns stroscia gnit (non si spreca nulla).

E caplèt busedar (i cappelletti bugiardi)Fin dal mattino presto l’illusione era totale. Si sentiva, per tutta la casa, il profumo del brodo; la razdora tirava la sfo-glia. Quando riecheggiava l’esclamazione an la lascela inruvdì (non lasciarla irruvidire), la razdora la tagliava a strisce alte 3-4 centimetri, sovrapponendole l’una all’altra e poi tagliandole a quadrati quasi perfetti. Tutto era chiaro, incù us magna i caplet in brod (oggi si mangiano i cappelleti in brodo!). Ci si distraeva, si facevano alcuni lavoretti per casa, poi lo sguardo cadeva sul tagliere dove campeggiava un’infilata di cappel-letti tutti gialli, tutti gonfi, tutti uguali; osscia ad magneda ca fasem incù! (ostia che mangiata che facciamo oggi!).Tutto era perfetto. Dopo la cottura nel brodo e piat cuv (il piatto fondo) veniva colmato al punto giusto. Alcuni cappel-letti fuoriuscivano appena dal brodo che copriva tutto il resto. Finalmente il cucchiaio alloggiava il primo cappelletto. Sofia

se no tat scot (soffia se no ti scotti), frenava la tentazione di mordere e di assaporare il ripieno con la sfoglia ben annaffia-to col brodo che faceva venire l’acquolina. E poi, rivolta alla piscadora, risuonava un’esclamazione: boia te e una vigliaca! ta sè fat i caplet busedar, ie vuit! (boia tu sei una vigliacca ci hai fato i cappelletti buigiardi, ossia senza farcia). E giù tutti a ridere consapevoli che non si sarebbe potuto fare di più e meglio!

E dolz dì puret (il dolce dei poveri)Imprecando contro il prete che, a quei tempi, aveva in dispen-sa ogni ben di Dio mentre le famiglie dei marinai facevano la fame, le razdore rullavano fra le mani gli strozzapreti. Stanche di mettere a tavola la stessa pasta povera e condita alla me-glio cun quel cu iera armast (con ciò che era rimasto) inven-tarono un dolce per far contenti e far sorridere mariti, figli, nuore e nipoti. In una padella di ferro mettevano a sciogliere un cucchiaio di strutto, chi lo possedeva, oppure ci si accontentava di percor-rere per due, massimo tre volte, l’interno della padella rovente con un tocco di lardo, andando veloci e prestando attenzione a non consumarne troppo. Poi mettevano gli strozzapreti tenuti da parte cotti e sconditi a soffriggere un po’ ed ecco il colpo di genio: versavano una dose generosa di zucchero, chi l’aveva, oppure una colata di miele mescolando in fretta, giusto il tempo di buona manteca-tura caramellata. E il gioco era fatto.

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di Giulia Giovanelli

MANI IN PASTA Con aMoRe

L’arte bianca marchigiana... dall’aplomb anglosassone

Tutto ebbe inizio quando Sara, figlia di Nicola Mascia, pro-prietario assieme al fratello di un forno a Pesaro, nelle Mar-che, decise di far conoscere all’estero i prodotti del forno di famiglia. Una missione? Sì! Un vero e proprio lavoro nato dal-la forza di una donna che ha saputo credere fortemente nelle sue radici. Da Pesaro a Londra il passo non è stato così sem-plice, ma Sara non si vuole fermare qui… Uno stimolo quindi a non darsi per vinti e a restituire valore al nostro know-how, rivolto in particolar modo ai giovani in questo momento di grande crisi.

“Vivere all’estero e girare per aeroporti, dà l’opportunità di parlare con tanti stranieri. Ci si sente orgogliosi del prodotto italiano e diventa come una sorta di dovere, presentare e far capire le eccellenze, la cultura e la tradizione del luogo da cui provieni”. Proprio per questo motivo Sara, giovanissima, a soli 30 anni, non ha saputo frenare il suo entusiasmo e ha voluto iniziare questa esperienza. Prima tappa Inghilterra, con Londra e Dubli-no, ma i progetti si stanno ampliando per raggiungere il merca-to tedesco e olandese, quello statunitense e giapponese.

Panettone, pizza rustica, crostate, piadine, cantucci, crescia pasquale, riproposti con l’olio extravergine d’oliva e senza burro, per dare un plus di italianità a tutta la linea “Delicatezze” del forno artigianale Mascia di Pesaro che ha conquistato i palati inglesi

STorIe MAde IN ITALy

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Tanta Audacia e tanta energia per dare vita ad un marchio che ha reso finalmente giustizia a un prodotto che spesso acqui-stiamo, ma che di rado sappiamo valorizzare. Dietro a questa arte meravigliosa ed antichissima di fare il pane e i suoi derivati c’è tanta dedizione, ogni giorno. Alzarsi nel cuore della notte e andare a dormire quando il re-sto del mondo si sveglia è amore vero per il proprio lavoro, è convinzione, è passione per qualcosa che ha più valore di un semplice tozzo di pane. E Sara ha voluto rendergli omaggio. Per prima cosa ha dovuto ritrovare quelli che sono i prodotti più identificativi del suo territorio, il panettone, la pizza rusti-ca, le crostate, le piadine, i cantucci, la crescia di Pasqua, e riproporli con un ingrediente chiave, vero protagonista, ovvero l’Olio extravergine d’oliva, a sostituzione del burro, per dare un tocco di italianità in più a tutta la linea. Poi ha immaginato il logo, ha realizzato i packaging e ancora ha avviato la produ-zione, ideando e creando la sua rete per spedire le Delicatez-ze nel mondo. Ora questi prodotti sono gli ambasciatori della nostra terra, della nostra cultura all’estero, per ricordare che il buon cibo è un’eccellenza del made in Italy ancora oggi legato all’artigianalità e alla sapienza di chi ha saputo tramandarlo.

La storiaDal 1976 il Forno Mascia ha le mani in pasta e sforna ogni giorno la memoria marchigiana dei mastri panificatori. Da quel giorno, i fratelli Nicola e Luigi Mascia, all’età di 25 e 23 anni decisero di intraprendere il lavoro più nobile e antico di tutti i tempi: fare il pane artigianale, il pane fresco, il pane quotidia-no e da 37 anni l’attività continua.Iniziarono a collaborare in un piccolo panificio già esistente a Pesaro, dove sin dal dopoguerra gli abitanti portavano a cuo-cere i filoni di pane e i dolci che preparavano nelle loro case.Impararono ad impastare acqua e farina dietro l’insegnamento del vecchio gestore del panificio non sempre collaborativo e geloso del suo sapere. Tanti sacrifici e lunghe giornate sempre al lavoro al forno. Iniziavano ad impastare la sera all’imbrunire e continuavano tutta la notte, ogni prodotto fatto manualmen-te, senza i macchinari e la tecnologia di oggi e, giorno dopo giorno, imparavano i trucchi del mestiere. Nel 1977 cominciarono a gestire questa attività sotto il nome di Forno Fratelli Mascia coinvolgendo anche i familiari e qual-che dipendente.Il sogno diventò realtà… un Forno Artigianale di famiglia, ge-stito esclusivamente a livello familiare.Dopo 37 anni, il team di esperti pasticcieri e fornai propone prodotti genuini e specialità artigianali con la stessa passio-ne di una volta. Ancora oggi produce nel nuovo laboratorio ma nello stesso quartiere e la tradizione continua con le figlie: Chiara nel punto vendita in piazza a Villa Fastiggi e Sara all’uf-ficio commerciale.

“Delicatezze”Mascia “Delicatezze” è una linea di prodotti realizzati secondo le ricette tradizionali e con ingredienti genuini, senza grassi idrogenati aggiunti. Sono assenti anche i conservanti, perché l’olio d’oliva è un conservante naturale e nel tempo non cam-bia le caratteristiche organolettiche del prodotto. Un prodotto adatto per i vegetariani e con basso apporto calorico e facil-mente digeribile.La linea si basa su ricette tradizionali delle Marche e compren-de prodotti artigianali tipici della tradizione contadina e popo-lare della regione.

GIULIA GIOVANELLI, laureta in Lingue e Letterature straniere all’Università di Bologna, inizia la sua attività giornalistica scrivendo per l’in-flight magazine di alcune compagnie aeree. Particolarmente interessata al settore dell’agroalimentare e a quello della cultura e culture del cibo, collabora da anni a diverse riviste di settore.

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di Matteo Desiderio

SEMPRE IN FORMA CON LO YOGURT

La dieta dell’estate

Buono e fresco, lo yogurt aiuta anche a stare in forma e a pro-teggersi dalle “malattie del benessere”. Lo afferma Assolatte citando i nuovi studi presentati al Summit mondiale dedicato a questo prodotto. Dalla colazione al dessert, lo yogurt è delizioso in ogni momento e fornisce nutrienti preziosi a ogni età.È un alimento “evergreen”, ma quando fa caldo diventa anco-ra più irresistibile: la gradevole freschezza e il sapore acidulo lo rendono piacevolmente dissetante e fanno dello yogurt un “ingrediente” immancabile del menu dell’estate. Consumato a colazione o come spuntino, per integrare un pasto leggero o come ingrediente di tanti piatti salati o dolci, lo yogurt è un compagno fedele di chi vuole mangiare in modo gustoso, sano e leggero. Ma soprattutto, sottolinea Assolatte, lo yogurt è un fedele alleato di chi vuole stare in forma, controllare il peso cor-poreo e prevenire tante malattie molto diffuse, come l’osteopo-rosi e il diabete. La conferma del valore salutistico dello yogurt arriva dal Global Summit of the Health Effects of Yogurt, dove i nutrizionisti statu-nitensi e inglesi hanno fatto il punto sugli studi scientifici dedi-cati a quest’alimento, che sono sempre più numerosi e precisi. Da questa mole di ricerche emergono molti effetti positivi dello yogurt, che sono determinati dal suo straordinario mix di macro e micronutrienti: in particolare di proteine “pregiate”, minerali, vitamine e fermenti lattici. Proprio per il suo particolare profilo nutrizionale, lo yogurt do-vrebbe essere consumato ogni giorno: solo in questo modo si possono “tesorizzare” i suoi effetti benefici. Infatti le linee guida per una sana alimentazione italiana consigliano di consumare ogni giorno tre porzioni tra yogurt e latte. Raggiungere quest’o-biettivo e farlo diventare una piacevole abitudine è più facile di quanto si pensi. Basta seguire i suggerimenti di Assolatte, che propone a ogni membro della famiglia il modo migliore per gu-starsi il proprio yogurt nell’arco della giornata.

A colazione per lui, che è sportivoPrima di uscire per fare jogging o andare a giocare a tennis, è importante fermarsi a fare colazione e inserirvi sempre uno yogurt, che fornisce un mix di nutrienti particolarmente impor-tanti per affrontare bene gli sforzi fisici. Lo yogurt apporta, in-fatti, proteine ad alto valore biologico, cioè contenenti tutti gli aminoacidi essenziali in quantità proporzionate rispetto alla ne-cessità dell’organismo. Queste proteine proteggono dai “buchi allo stomaco”, perché, essendo molto efficaci nell’abbassare i livelli della grelina (l’ormone che stimola l’appetito) nel sangue, rendono la prima colazione particolarmente saziante. Ricco com’è di sali minerali (come calcio e potassio), di oligoe-lementi (come lo zinco) e di vitamine (in particolare vitamina A e vitamine del gruppo B), lo yogurt è un integratore naturale per-fetto per gli sportivi e quindi è molto utile nelle fasi di recupero: consumato entro 30 minuti dalla fine dell’attività fisica fornisce i nutrienti necessari per ripristinare le riserve energetiche intacca-te durante l’allenamento e per assicurarsi di nuovo i costituenti necessari per “farsi” i muscoli.

A pranzo per lei, che vuole stare a dietaSilhouette perfetta e vitino da vespa: con lo yogurt è più facile raggiungere questi traguardi, come ha rivelato uno studio pro-spettico condotto su oltre 120mila americani, che è stato pre-sentato al First Global Summit of the Health Effects of Yogurt, tenutosi di recente a Boston. Lo yogurt ha diverse caratteristiche che ne fanno un alimento privilegiato per chi vuole controllare il peso perché è ricco di sostanze nutritive ma povero di calorie (un vasetto di yogurt magro apporta appena 45 kcalorie).Inoltre, numerosi studi sostengono che lo yogurt può avere un ruolo antiobesità, perché promuove la degradazione dei gras-si contenuti nelle cellule. Merito del suo elevato contenuto di calcio (in un vasetto ce ne sono ben 150 mg), un minerale che,

Naturale o alla frutta, per colazione o come dessert, quando fa caldo diventa ancora più irresistibile: la delicata freschezza e il sapore acidulo lo rendono piacevolmente dissetante e ne fanno l’alimento ideale che ritempra e nutre l’organismo a ogni età

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assunto ogni giorno in quantità adeguate, si è rivelato efficace nel modulare i processi di sintesi e di degradazione dei lipidi all’interno dell’adipocita, facendo perdere più grasso corporeo (soprattutto addominale) e in minor tempo.

A merenda per i bambini, che devono “farsi le ossa”Proporre lo yogurt come spuntino non è solo una soluzione co-moda e sana, ma anche un investimento sulla salute futura dei bambini perché aiuta a prevenire l’osteoporosi, una malattia che va affrontata sin da piccoli, anzi soprattutto nell’infanzia e nell’a-dolescenza visto che la mineralizzazione ossea si realizza pre-valentemente durante l’età evolutiva (tra i 10 ed i 14 anni nelle femmine e tra i 12 ed i 16 nei maschi). Dunque, per garantire

uno sviluppo ottimale dell’osso e ridurre poi i rischi di osteo-porosi, è importante che i bambini (e in particolare le bambine) vengano educati a mangiare alimenti ad elevato contenuto di calcio, come lo yogurt.

Come dessert per gli anziani, che soffrono il caldoFacile da digerire, comodo da consumare, disponibile sia in bot-tiglietta da bere sia in vasetto da mangiare al cucchiaio, lo yo-gurt è un alimento perfetto per rispondere alle esigenze alimen-tari dei senior, che spesso con il caldo tendono ad avere meno appetito e a nutrirsi in modo sbilanciato. Leggero ma nutriente, lo yogurt è perfetto anche a fine pasto: il suo effetto rinfrescante e il suo lato “goloso”, alimentato da una ricca e ampia offerta di gusti, ne fanno un dessert poco calorico e adatto a tutti.Gli anziani che consumano regolarmente yogurt si assicurano dunque una buona dose di calcio, fondamentale nel manteni-mento dell’omeostasi del tessuto osseo e della densità ossea, contrastando l’osteoporosi e le fratture. Inoltre lo yogurt aiuta a combattere il deficit di micronutrienti (come vitamine e minerali) che si riscontra spesso negli anziani. Anche la potenziale attività prebiotica e probiotica dello yogurt è preziosa negli anziani, dato che il loro ecosistema intestinale viene spesso alterato dalle mo-dificazioni funzionali generate dall’invecchiamento e dalle altera-zioni anatomiche provocate dagli interventi chirurgici. Stimolando e colonizzando la microflora intestinale, lo yogurt riequilibra l’eco-sistema intestinale e protegge dai batteri patogeni. Inoltre alcune specie di lattobatteri sono anche in grado di influenzare positiva-mente la funzione immunitaria e proteggono dal cancro al colon.

Info: www.assolatte.it

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di GiorGio rinaldi

Il più grande parco nazionale d’Italia è quello del Pollino, che prende il nome dall’omonimo massiccio appenninico a caval-lo tra la Basilicata e la Calabria e abbraccia 56 comuni. Sono 192.565 ettari di natura selvatica e scenari mozzafiato: dagli altopiani spesso è possibile vedere il mar Tirreno da un lato e il mar Ionio dall’altro, sino alle cui rive si estende l’area protetta del Parco.Paradiso di escursionisti e di amanti del rafting, per via dei corsi d’acqua, a volte impetuosi, che attraversano luoghi in-contaminati di rara bellezza.Le comunità che lo animano sono le più varie, molte, addirit-tura, di origine albanese, arrivate da queste parti cinquecento anni fa. Come in ogni angolo del mondo, ogni paese ha le sue tradi-zioni e le sue specialità.In questo lembo dell’Universo, fatto di gente tosta, abituata al lavoro e al sacrificio, ogni cosa si è dovuta adeguare a ciò che la terra poteva offrire. Così le produzioni agroalimentari, così gli allevamenti, così la pastorizia. Quel poco che una ter-ra povera poteva offrire è stato valorizzato al massimo e ricet-te e prodotti che oggi fanno la gioia degli “esperti” di varia natura, non molto tempo fa, e forse ancor oggi, costituivano solo il necessario per l’alimentazione.A Mormanno, piccolo centro nel cuore del Parco, va il merito,

insieme ad altre comunità limitrofe, di avere preservato dalla certa scomparsa due vere e proprie leccornie: il fagiolo pove-rello bianco e la lenticchia.Del fagiolo poverello bianco abbiamo già parlato nel numero di Vie del Gusto ottobre/novembre 2013, qui vogliamo occu-parci della lenticchia di Mormanno.Sotto il profilo botanico si tratta di una vera e propria rari-tà, citata nei testi sacri universitari, ma parlare di come viene coltivata, del genoma, del morfotipo, del contenuto proteico ecc., non ne vale la pena, perché l’interesse dei più è rivolto alle qualità organolettiche e alle ricette a cui può dare, o con-tribuire a dare vita.È sufficiente dire che tra non molto in Italia si rischierà di mangiare solo lenticchie provenienti dall’estero, perché la produzione nazionale è passata in soli 40 anni da 15.000 a 800 tonnellate, a fronte di 3 milioni di tonnellate di lenticchie prodotte in altri Paesi.Il famoso detto, “mi hai liquidato con un piatto di lenticchie” (che ha un precedente biblico quando Esaù disse a Giacobbe che con un piatto di lenticchie gli avrebbe ceduto la “pri-mogenitura”) tra un po’ non sarà più attuale, perché quelle italiane saranno più rare e preziose dell’oro.Figuriamoci le lenticchie di Mormanno, che già sono rare adesso!

In Calabria, nel cuore del Pollino, sopravvive uno dei legumi più preziosi della Penisola, unico per virtù salutari, proprietà organolettiche e piacevolezza al palato

La cucina di una voLta

PEr Un PiaTTo di LENTICCHIEESau’ RinunciÒ aLLa PRiMoGEnituRa...FoRSE ERano di MoRManno!

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Una delle peculiarità è data essenzialmente dal fatto che sono piccole e di diversa colorazione: dal verde al rosa al beige. Poi, c’è da dire, la cottura è molto rapida rispetto alle consorelle.Il sapore riempie la bocca, come nessun’altra lenticchia riesce fare.Il gusto, arricchito dalla forma del legume, è quello tipico. Il miglior modo per apprezzarla è cucinarla secondo le ricette della tradizione.Al noto passato di lenticchie, in questi straordinari luoghi si aggiungono piatti come i “maccaroni intagliati con lentic-chie”, o la “zuppa di lenticchie con la zafarana”. Piatti che vedono come comprimari l’aglio, l’origano selvatico e l’olio extravergine di oliva. Per provarli bisogna necessariamente andare a Mormanno, anche solo per comprarne un piccolo sacchetto per poi esibirlo agli amici al ritorno, come un sin-golare trofeo.Ma, ne siamo sicuri, nessuno si fermerà alla semplice ammi-razione della Lenticchia di Mormanno perchè c’è tant’altro da vedere e da gustare.

GIORGIO RINALDI è Avvocato e vive a Bologna. è giornalista e Direttore della rivista on line www.faronotizie.it. è membro di ASA - Associazione Stampa Agroalimentare - e Console Onorario dell’Uruguay. Scrive di politica, turismo, enogastronomia e collabora con numerose riviste.

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Un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Scienze agrarie, de-gli alimenti e dell’ambiente dell’Università di Foggia ha scoperto un metodo scientifico innovativo che consente di modificare le proteine del glutine nel frumento in modo che non scatenino la reazione di intolleranza nei soggetti celiaci. In questo modo, secondo quanto riferisce l’Università, gli alimenti oggi categori-camente vietati ai celiaci saranno di fatto commestibili. La sco-perta, già brevettata in Italia e all’Estero, è frutto della ricerca dei professori Aldo Di Luccia e Carmen Lamacchia coadiuvati dalla ricercatrice del Cnr Carmela Gianfrani.Questo metodo induce nelle proteine del glutine cambiamenti tali da interrompere la catena di combinazioni chimiche che, in-nescate dopo l’ingerimento di determinati alimenti contenenti appunto il glutine, causano la cosiddetta “intolleranza”: cambia-menti che, come detto, di fatto scongiurano la cascata infiamma-toria che crea lesioni all’intestino e una disfunzione nell’assorbi-mento di nutrienti.La novità, rispetto ai metodi sinora utilizzati è che i cambiamenti cui sono state sottoposte le proteine del glutine non sono ope-ra di enzimi microbici ma frutto di un trattamento chimico-fisico (acqua e microonde per pochi secondi) applicato sulla granella prima della molitura.Questo trattamento, spiegano i ricercatori, “non influenza ne-gativamente le proprietà tecnologiche delle farine che forma-

no l’impasto permettendo, quindi, la preparazione di prodotti assimilabili per gusto e aspetto a quelli comunemente utilizzati nell’alimentazione Mediterranea e destinati non solo alla fascia di popolazione affetta da intolleranza al glutine ma anche a tutta la restante popolazione”.“Potremmo essere di fronte a una scoperta scientifica di valore assoluto – dichiara il Rettore dell’Università di Foggia, prof. Mau-rizio Ricci – che abbiamo tenuto sotto traccia per diversi mesi, per evidenti ragioni di cautela, ma che dopo le prove e le speri-mentazioni scientifiche dei vari protocolli abbiamo deciso di mo-strare all’opinione pubblica. Sono orgoglioso di rappresentare questa Università, una Università del Mezzogiorno operoso che attraverso queste scoperte dimostra concretamente il livello di inventiva, di sperimentazione e di approccio pionieristico alla so-luzione delle problematiche che coinvolgono milioni di persone nel mondo”.

pgc Teatro Naturale Anno 12 | 24 Giugno 2014

RICERCA & SALUTE

di R. T.

CELIACHIA? FORSE NON SARÀ PIÙ UNA MALATTIA

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Foggia ha scoperto, e brevettato, un metodo per modificare le proteine del grano e impedire la reazione allergica

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di Paola Cerana

Verde come le colline trapanesi, musicale al palato e gentile nel piatto, il Nocellara del Belice di Domenico Bonanno trasforma l’amore per la terra in benessere a tavola

Chiamare “condimento” un olio di qualità è un insulto. Poiché quando un olio è prodotto con la sapienza dell’amore, non rap-presenta semplicemente qualcosa “in più”, da aggiungere o togliere con il gusto del capriccio, bensì diventa un elemento indispensabile: l’anima stessa di un piatto. E l’olio Bonanno è uno di essi.

L’azienda di Domenico Bonanno è frutto di una grande passione di donne e uomini nei confronti di una terra generosa, uniti da un rapporto di reciproco scambio. L’uomo offre lavoro e rispet-to, la terra restituisce bontà e qualità. Siamo in una delle zone più generose di Sicilia: l’azienda sorge, infatti, a Campobello di Mazara, in provincia di Trapani, dove il terreno già fortunosa-mente ricco assorbe l’alito benefico del mare, impreziosendosi ancor più. Il punto forte della produzione dell’azienda è senza dubbio l’olio d’oliva extravergine “Nocellara del Belice” a deno-minazione di origine protetta, insignito di premi e riconoscimen-ti ampiamente meritati. Ma qual è il segreto di Domenico Bonanno per riuscire ad emer-gere tra i tanti bravi produttori della sua isola? La sua produ-zione agricola si basa su un principio: conciliare il rispetto per le antiche tradizioni con i più innovativi metodi di lavorazione, investendo ogni giorno su un’esperienza secolare. L’olio extra-vergine di oliva ottenuto da queste terre con raccolta esclusiva-mente a mano offre, infatti, eccellenti proprietà organolettiche e nutrizionali che raccontano la storia di chi ama il proprio me-stiere. La ricerca meticolosa dell’alta qualità ha portato l’azien-da Bonanno tra le prime ad ottenere la denominazione DOP. Equilibrio e armonia rivelano una bassa acidità e un alto potere antiossidante che, insieme, rendono l’olio Bonanno non solo buono ma anche sano. Il colore verde intenso parla il linguaggio delle colline trapanesi e il sapore fruttato ne racconta tutta la generosità, con un retrogusto di mandorla che mette vivacità in bocca. In lontananza, si dipanano vaghi sentori di carciofo e pomodoro che completano la musicalità gustativa con note agresti che fanno la differenza. Grazie alla sua corposità leggera e vellutata, l’extravergine Bonanno è una presenza essenziale in cucina, poiché la sua struttura gentile e mai invadente non corrompe i sapori, bensì li esalta con sobria eleganza. Altre specialità dell’azienda Bonanno sono le olive da tavola Nocellara del Belice DOP, magnifiche per un antipasto sfizioso: intere in salamoia o schiacciate e insaporite con basilico, ori-gano, peperoncino, aglio. Inoltre, il frutteto dell’azienda regala un ricco ventaglio di frutti dal profumo e gusto inconfondibili, come solo questa terra può sprigionare. Il trionfo della frutta qui è rappresentato da gustose marmellate di arance, mandarini, limoni, fichi d’India e gelsi rossi. Tanto per finire in dolcezza, possibilmente ospiti della squisita accoglienza della Famiglia Bonanno. www.bonannodomenico.com

eQUIlIBrIo e arMonIa Per Un

OLIO SICILIANO DOP

ASSAGGIATI PER VOI

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ASSAGGIATI PER VOI

di Paola Cerana

Rispetto per la tradizione e tecnologia ecosostenibile sono le carte vincenti di Leonardo e Luca Baccarelli, produttori di vini biologici votati all’eccellenza

Dall’Umbria con amore

Nel cuore dell’Umbria, terra dove l’eco della spiritualità soprav-vive intatto nei pittoreschi borghi medievali, sorge un piccolo eden accoccolato tra le vigne e gli oliveti dei Monti Martani. E’ la Residenza Roccafiore, a Chioano a pochi minuti da Todi (PG), il luogo perfetto per concedersi una full immersion nella sacrali-tà della natura, approfittando anche dei piaceri del palato grazie alla prelibatezza dei prodotti locali.

La ResidenzaRoccafiore è un progetto nato nel 2000 dall’estro creativo dell’imprenditore umbro Leonardo Baccarelli che, insieme al fi-glio Luca, ha ideato un Resort e un’azienda vitivinicola che espri-messero al meglio l’identità del territorio.Il nome stesso “Roccafiore” incuriosisce e racconta la storia del luogo: viene, infatti, dal roseto selvatico che per anni aveva ornato le mura della casa padronale preesistente. I fiori sono tuttora l’elemento che fa la differenza: ogni ambiente è roman-ticamente decorato da fiori freschi ogni giorno, sapientemente abbinati alle nuances degli arredi. Nel Centro Benessere sono i petali ad ornare le zone calde, la piscina e le aree massaggio, mentre la sala meeting sposa la riservatezza alla tecnologia più avanzata. La natura completa l’accoglienza della Residenza ren-dendola attraente in ogni stagione, con l’alternarsi di colori e profumi che animano i 90 ettari di giardini, vigne e oliveti inti-mamente intrecciati con le memorie medievali della vicina Todi.

L’Azienda e i Vini Gli uomini, come le terre, hanno una vocazione. E la cantina Roc-cafiore esprime perfettamente quella di Leonardo e Luca Bac-carelli: trasformare la generosità del territorio in qualità, nell’as-soluto rispetto per l’ambiente. I locali destinati alla produzione sono interrati, nella tutela delle tradizionali pratiche enologiche, mentre in superficie si sviluppa un ambiente multifunzionale de-stinato agli eventi culturali. Qui, sotto lo sguardo sapiente del giovane enologo Hartmann Donà, nascono i vini Roccafiore.La ricerca dell’eccellenza proviene dall’amore per il paesaggio e dal rispetto per gli equilibri ecologici del territorio. Infatti, Roccafiore è stata tra le prime aziende vitivinicole in Italia ad adottare il fotovoltaico, insieme ad altre strategie ecososteni-bili come l’utilizzo di bottiglie alleggerite e di biocarburanti. Per questo i vini prodotti qui non sono una semplice proposta enologica ma il frutto di una sinergia tra suolo e microclima di cui i vitigni sono la risposta. La viticoltura biologica, insieme all’utilizzo di tecnologie avanzate, permette un monitoraggio

continuo dell’intero sistema produttivo, con la volontà di innal-zare puntualmente la qualità dei vini, ma anche di grappe e oli. I vini Roccafiore sono tutti biologici con certificazione UE, ot-tenuti rigorosamente da vitigni autoctoni: Grechetto di Todi, Trebbiano Spoletino, Sangiovese, Sagrantino e Montepulciano. Tuttavia, la passione di chi li produce si esprime anche nel pia-cere estetico, non solo gustativo: le bottiglie sono infatti ele-ganti e le etichette originali. Così un rosso “Prova d’autore” o un bianco “Fiorfiore” anticipano il piacere dell’assaggio fin dal primo sguardo. www.roccafiorewines.com

Una VoCaZIone CHIaMaTa “ROCCAFIORE”

PAOLA CERANA, giornalista e scrittrice, psicologa del cibo. Collabora a varie riviste. Ha pubblicato tra l’altro: L’intuizione visiva (editore Franco Angeli); Viaggi incantati, un’anima ‘in penna’ a spasso nel mondo per assaporarlo (Edizioni Associate); Schegge d’amore rosso dieci e Il Diario proibito di Adamo ed Eva con Vittorio Salvati (Edizioni Sabinae); Il linguaggio segreto dei vegetali (Agra Editrice).

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di MATTEO DESIDERIO

AL CONTADINO NON FAR SAPERE QUANTO È BUONO IL CACIO CON... L’UVA

Dai vigneti alle piazze: è questo il viaggio che compie l’uva tra settembre e ottobre, quando i grappoli sono maturi e pronti per deliziare il palato dei gourmet. In Italia in questi due mesi è un trionfo di sagre e fi ere dedicate all’uva: da Carrù (CN) a Corropoli (TE), da Soave (VR) a Marino (RM), da San Colomba-no al Lambro (MI) a Solopaca (BN), ogni fi ne settimana offre un ricco calendario di eventi dedicati alla vendemmia. Un’occa-sione unica per immergersi nella campagna, assaggiare e fare shopping di uve locali, scoprendo varietà tradizionali e meno note. Per esaltare la dolcezza e l’aromaticità delle uve cosa c’è di meglio che abbinarle ai formaggi? Ecco sette ricette, dai fi nger food ai dessert, che abbinano i formaggi freschi e sta-gionati con le più apprezzate varietà di uva di stagione.

Palline di Caprino all’uva ItaliaLavorare 300 g di caprino fresco con 30 g di Grana Padano grattugiato, sale e pepe, in modo da ottenere una crema omo-genea. Lavare 200 g di uva Italia e poi asciugare ogni acino. Passare nel mixer 50 g di pistacchi, 30 g di semi di sesamo, 30 g di semi di papavero e un pizzico di paprika. Trasferire in piatto. Formare con il formaggio delle palline e inserire all’intero di ognuna un acino di uva. Quindi passare le palline nel trito di frutta secca e poi, aiutandosi con uno stecchino, sistemarle su un vassoio. Riporre in frigo fi no al momento del consumo.

Crema di Mascarpone all’uva ReginaMontare con una frusta 250 g di mascarpone e 150 ml di lat-te fi nché si ottiene una crema soffi ce e spumosa. Versare in una ciotola e aggiungere 15 g di confettura di marroni, 80 g di zucchero e 50 g di uva Regina frullata. Tritare fi nemente 8 biscotti secchi e distribuirli tra 8 bicchieri alti. Versare la crema nei bicchieri e decorare con acini di uva fresca.

Clafoutis di uva Palieri e Cream CheeseFrullare 240 g di Cream Cheese, 300 ml di latte, 120 g di zuc-chero e 4 uova. Foderare con la carta da forno uno stampo di 22 cm di diametro e versarvi il composto. Lavare e asciugare 250 g di uva Palieri. Aggiungere gli acini d’uva, distribuendoli in modo omogeneo. Far cuocere per 30 minuti nel forno a 170 °C.

Insalata di rucola e uva Cardinal con Pannerone e GorgonzolaSgranare 100 g di uva Cardinal, tagliare a metà gli acini e privarli dei semi. Pelare 4 fi chi e dividerli a spicchi. Tagliare a triangoli 100 g di Pannerone. Ridurre in pezzettini 50 g di Gorgonzola. Preparare una citronette con una parte di succo di limone e tre parti di olio extravergine, sale e pepe. Raccogliere in una ciotola 150 g di rucola e condirla con la citronette. Infi ne unire l’uva, i fi chi, il Pannerone e il Gorgonzola.

Un appetitoso connubio celebrato da deliziose e semplici ricette che esaltano la squisitezza di un frutto divino, dai fi nger food ai dessert

I NUOVI ORIZZONTI DEL MANGIAR SANO

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Spiedini al Gorgonzola con uve Red Globe e SugraoneTagliare a cubetti 150 g di Gorgonzola piccante, privato della crosta. Lavare e asciugare 12 acini di uva bianca e rossa del-le varietà Red Globe e Sugraone. Tagliare a cubetti 2 fette di pane alle noci e farlo tostare per un paio di minuti. Preparare 4 spiedini alternando un cubetto di pane, un cubetto di Gorgon-zola e un acino d´uva.

Bocconcini di pane, uva Crimson e FormagginoTagliare in 4 pezzi uguali 4 fette di pane di segale e disporle su un vassoio. Tagliare a metà 8 chicchi di uva Crimson e privarli dei semi. Spalmare 125 g di formaggino sulle 16 tartine e infi-ne completarle una a una con mezzo acino di uva e un pezzetto di erba cipollina.

Delizia di uva Moscato, pere e Pecorino SardoLavare 400 g di uva Moscato e dividerla in 7 grappoli uguali. Sbucciare 6 pere Williams, dividerle a metà per la lunghezza e tagliarle a fette. Prendere 400 g di Pecorino Sardo Dop maturo e ricavarne delle scaglie. Disporre il formaggio su un vassoio alternato con le fette di pere e i grappoli d’uva.

Per scoprire tante altre ricette creative da preparare con 100 diversi formaggi e averle sempre a portata di mano basta sca-ricare l’applicazione gratuita “Formaggi per sapere e per sapo-re” da www.assolatte.it

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di Ginevra Corsaroli

Il turismo lento è sinonimo di turismo compatibile con il territorio e accessibile a tutti. Addio ritmi frenetici, benvenuta lentezza.È un nuovo modo di viaggiare, per conoscere culture, territori, persone e gusti che non ci appartengono o che desideriamo ri-trovare con attività che invitano a un ritmo di vita meno frenetico.Allo stesso modo viene percepito come un valore aggiunto la scelta di soggiornare in agriturismo.Il Polesine, coi suoi 33 comuni, appare particolarmente vocato per il turismo slow, grazie alla sua rigogliosa ruralità, al paesag-gio poco urbanizzato e alle attrattive paesaggistiche, accentuate dalla presenza del fiume Po.Un territorio capace di coniugare benessere, contatto con una na-tura incontaminata, incontro con nuove culture e, in particolare, enogastronomia basata su tradizioni culinarie e prodotti genuini.Il Po si apre in tante braccia che racchiudono la più vasta esten-sione di zona umida protetta d’Italia, con una fauna che com-prende più di 400 specie diverse, tra mammiferi, rettili, anfibi e pesci e con circa 380 specie di uccelli. Gli amanti del bird-watching non possono trovare un posto migliore!Molti pescatori portano i turisti in giro per canneti, alla scoperta di una delle zone umide più importanti d’Europa. Gli uccelli rap-presentano l’aspetto faunistico di maggior rilievo, in quanto le zone palustri, boscate e prative richiamano una grande varietà di specie nidificanti e svernanti ma anche di passo, come il ger-mano reale, la folaga, il cavaliere d’Italia, il falco di palude, solo per citarne alcuni. Il viaggio è suggestivo, tra cannuccia di palude e giunchi, si vedo-no i casoni, le tipiche costruzioni dei pescatori, e all’ora di pranzo si mangia pesce freschissimo cucinato sulla griglia in una locanda. Niente lusso, ma tanta affascinante semplicità e genuinità.E poi, ci sono i prodotti tipici dell’area del Delta del Po, vere e proprie eccellenze: il Riso del Delta del Po IGP, il Radicchio di Chioggia IGP, l’Aglio Bianco Polesano DOP, e poi il pescato con la Cozza di Scardovari DOP.Dal punto di vista storico-culturale, in quest’area sono presenti testimonianze di grande importanza: teatri, ville, musei, borghi.Nel piccolo centro polesano di Fratta Polesine – ricco di impor-tanti strutture architettoniche e di storia – è da visitare Villa Bado-er, una delle ville più prestigiose del Veneto; è la prima villa in cui il grande architetto vicentino Andrea Palladio, uno dei massimi architetti italiani del ‘500.A Rovigo vale la pena, invece, visitare il Tempio della Beata Ver-gine del Soccorso detto “la Rotonda”, edificio religioso peculia-

re per la sua forma architettonica a pianta ottagonale. I più importanti Musei dell’area Polesine Adige sono il Museo Archeologico Nazionale di Fratta Polesine e il Museo dei Grandi Fiumi di Rovigo.E poi, ci sono i prodotti tipici dell’area del fiume Adige: l’Aglio Bianco Polesano DOP e l’Insalata di Lusia IGP.Gli itinerari da fare in bicicletta, in barca, a cavallo sono tantissimi e c’è solo l’imbarazzo della scelta: con tranquillità, senza fretta, lungo gli argini del Po, tra le ampie golene, nei percorsi immersi nel verde, tra piccoli borghi e campagne sconfinate. Con una ospitalità fatta di contatto umano, di gustosi piatti che esprimo-no una sapiente semplicità, di tradizioni. Gli agriturismi offrono gratuitamente il noleggio delle bici e dei cavalli e organizzano escursioni con guide naturalistiche e laboratori didattici, facendo partecipare alle attività rurali chi desidera ritornare ad una quoti-dianità semplice e autentica.

Vacanze rurali e slow in Polesine

lenTo È Bello: CiCloTUrisMo, vie D’aCQUa e saPori TiPiCi

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di Giovanni Ballarini

Aqua Lounge Restaurant and Deli nasce nell’esclusiva cornice della Marina Nuova di Porto Cervo. Con la sua terrazza panora-mica, affacciata sulla baia più incantevole della Costa Smeralda, offre un ambiente raffi nato ma al contempo rilassato. Il contesto perfetto per ogni occasione, dal brunch all’Happy Hour e dalla cena romantica alla festa privata, Aqua è aperto da aprile a set-tembre con orario continuato dalle 9.00 fi no a tarda notte Oltre ad essere un rinomato ristorante e lounge bar, il locale offre an-che la possibilità di acquisto diretto di prodotti enogastronomici o di piatti pronti grazie all’apertura, da quest’anno, del Deli con servizio di Take Away.

IL RISTORANTELa cucina offre un menu che si trasforma nel corso della giorna-ta, con gustosi piatti artigianali che nascono dalla straordinaria unione di due pregiati ingredienti: la freschezza e la qualità. Tra-dizionali e innovative assieme, le ricette che animano la cucina di Aqua rispettano con attenzione la volontà di esaltare la natura degli ingredienti forniti dai migliori produttori locali e regionali.

Aqua Lounge Restaurant and Deli offre tutti i giorni ai propri clienti la possibilità di scegliere come e quando dedicarsi un mo-mento piacevole: con un late breakfast, un menu light lunch o un ricco happy hour per l’aperitivo serale. La sera poi diventa teatro di cene speciali in un’atmosfera unica prima di animarsi con ricer-cata musica live e DJ set di alto livello.

DELIAqua Lounge Restaurant and Deli non consente solo di gusta-re in loco, ma invita i clienti che abbiano la passione di speri-mentarsi in cucina ad acquistare, presso la gastronomia, prodotti freschissimi e di qualità eccellente, accuratamente selezionati privilegiando la tradizione culinaria della Sardegna e del Medi-terraneo.Il Deli propone un’ampia scelta di specialità gastronomiche che spaziano dai salumi ai formaggi, dagli oli alle conserve, dai pro-dotti biologici a quelli senza glutine. E ancora, pasta fatta in casa e le specialità più pregiate della Sardegna, come la bottarga e lo zafferano, per soddisfare ogni palato. Il tutto da degustare con uno dei pregiati vini proposti dalla nostra vasta selezione.

Piazza AzzurraEdifi cio Yacht Club Costa SmeraldaPorto Cervo Marina – 07021Olbia – Tempio Italy Tel/Fax: 0789 902294www.aqualounge.it

ART OF FINE FOOD

AQUA LOUNGE RESTAURANT AND DELI

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