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edizionidel

Centro Studi LibertariCamillo Di Sciullo

Chieti 2005

La riproduzione totale o parziale è permessaa tutti sotto la condizione della fedeltàal testo e della indicazione della fonte

C.S.L. Di Sciullocasella postale 86

66100 Chieti

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Massimiliano Ilari

LA GIUSTIZIA DI FRANCOla repressione franchista

ed il movimento libertario spagnolo1939-1951

Centro Studi LibertariCamillo Di Sciullo

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Parlare di anarchici, sia pure in prospettiva storica, e –per di più – di anarchici, come quelli di Spagna, che per uncerto periodo non hanno mancato di condurre una lottaarmata contro il regime di Franco, nelle attuali circostanzepuò essere impopolare e rischioso. Impopolare perché l’opi-nione pubblica viene spesso emotivamente sollecitata da at-tentati tentati o compiuti rivendicati con l’etichetta degli“anarchici insurrezionalisti” o ad essi attribuiti dall’apparatodi polizia, e, a distanza di mesi, da provvedimenti di poliziacontro più o meno numerosi presunti esecutori e loro retiorganizzative. Rischioso perché – per la pessima abitudine aconsiderare la storia dei movimenti e dei partiti politici perl’“uso pubblico” che se ne fa – potrebbe far apparire un lavo-ro, come questo di Massimiliano Ilari, (serio, ben impostatoe documentato, equilibrato e problematico), alla stregua diun’opera destinata alla propaganda.

Certo, quest’opera non sfugge alla regola degli studi suimovimenti e sui partiti politici, per la quale, in Italia, sonoper lo più gli eredi che studiano gli antenati. Così è stato peril movimento socialista e per quello cattolico, altrettanto èstato per il movimento comunista nei primi anni della Re-pubblica e negli anni della crisi degli anni ’70, mentre il Par-tito d’Azione, i cristiano-sociali, i cattolici comunisti ed i dis-sidenti di “Bandiera Rossa” hanno trovato finalmente unastoriografia quando alcune loro tematiche riemergevanonella sensibilità “rivoluzionaria” dei giovani nella “stagionedei movimenti”. Allo stesso modo, anche la storiografia delmovimento libertario, dopo una fase nella quale era legatasoprattutto ad alcune personalità di rilievo – particolarmen-te Pier Carlo Masini, Biagio Gino Cerrito, Enzo Santarelli –dagli anni ’70 in avanti ha visto crescere una più numerosaserie di studiosi, ormai alla seconda (o forse terza) genera-zione, che hanno trovato spazi autorevoli anche in campoaccademico, la cui produzione più caratterizzante è oggi ilDizionario Biografico degli Anarchici Italiani. Si tratta, nella

INTRODUZIONE

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gran parte, di lavori e iniziative che nascono all’interno delmovimento libertario e che spesso (talora per limiti di con-cezione e di conduzione) non riescono ad uscire da queicircuiti di diffusione e di conoscenza.

Se la damnatio memoriae spesso ha colpito e colpisce perso-nalità, componenti correnti anche estese nella società e nel-la storia del paese (si pensi a quella dei cattolici democraticio dei borghesi moderati e conservatori nella storia degli esu-li antifascisti o a quella dei monarchici variamente organiz-zati e rappresentati nella storia del primo trentennio deldopoguerra), allora non c’è da stupirsi se ai libertari (comeforse è più proprio definire gli anarchici) non si sia prestatae non si continui a prestare adeguata attenzione fuori deicircoli, dei giornali e delle riviste del movimento.

Ancor più estranea alla conoscenza diffusa appare la vi-cenda dei libertari delle province e regioni di Spagna, scon-tando una più generale disattenzione degli italiani e delleitaliane per la storia dei paesi e delle società della penisolaiberica. In Spagna ( in Portogallo) vi si recano di frequenteper affari e turismo, ma delle vicende contemporanee di quel-le terre e di quelle popolazioni continuano a sapere ben poco.Eppure sono italiani alcuni degli studiosi più accreditati (an-che nel paese iberico) della Spagna dell’800 e del ’900 e inItalia è prodotta ed edita una autorevolissima rivista di studicome «Spagna Contemporanea». Tutto ciò spiega le ragioniper le quali trovai grande interesse alla proposta di Mas-similiano Ilari di seguirne la ricerca e il lavoro che in questepagine oggi vede la luce.

Questo lavoro di Ilari permette, quindi, per tutti, di col-mare una più generale lacuna e ci presenta una realtà chepotrà sorprendere molti. In primo luogo, richiama al tristedestino degli esuli repubblicani di Spagna, anarchici e nonsolo, nella Francia della Terza Repubblica, internati spessoin centri di raccolta e poi – con l’occupazione nazista e ilregime di Vichy – deportati nei lager di Hitler, dove non ces-sarono nella loro Resistenza a prezzo della vita. In secondoluogo, mostra un movimento libertario di Spagna, pur ridot-to a qualcosa di esile e frammentato, che non cessa di essereattivo, per merito di forti e coraggiosi refrattari, e di perse-guire, con pazienza e accortezza, ma non senza perdite esacrifici, la via della ricomposizione e della ricostituzione.Come per tutti i movimenti d’opposizione clandestina, an-che per i libertari di Spagna non mancano contraddizioni,

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errori, cedimenti, difficoltà a conciliare spontaneità ed or-ganizzazione, azione diretta e strategia d’opposizione, attivi-smo e necessità di rafforzamento. Tuttavia, questo lavoro cimostra in maniera chiara ed esauriente come, senza far man-care nulla alla serietà ed alla coerenza con le ragioni dellalotta per la libertà, i comportamenti dei libertari di Spagnafossero tutt’altro che affidati allo spontaneismo, all’improv-visazione, all’intemperanza, contrariamente ai molti luoghicomuni che su di essi e intorno ad essi si sono formati e sonostati molto meccanicamente ripetuti.

Anche l’impiego della violenza, quando e dove tale stra-da si sceglieva, non era né scontato, né compiaciuto, né pri-vilegiato, ma solo condizionato alla congruenza ed alla ne-cessità richiesta dai valori in campo.

Da ultimo, occorre dire delle somiglianze – non solo ap-parenti – con la lotta degli antifascisti italiani e, soprattutto,con la Resistenza. E qui il discorso, necessariamente, daglianarchici di Spagna va esteso comparativamente all’interomovimento di Liberazione in Italia. Infatti, avendo essi scel-to, come la Resistenza italiana, di non escludere a priori al-cuna delle forme e alcuni dei mezzi di lotta contro la dittatu-ra franchista, praticavano un’azione che operava tenendoconto dell’intera società civile e della necessità di coinvol-gerla facendosi carico a più livelli dei suoi problemi. Perquesto, più che con la quasi sconosciuta (o, meglio, taciuta)presenza anarchica nella Resistenza italiana (minoritaria, manon per questo meno significativa, realizzata con formazio-ni proprie o in formazioni dirette da altri, soprattutto socia-listi ed azionisti) gli spunti comparatistici forniscono criterid’interpretazione storica se operati con l’intero movimentoresistenziale. Accanto a quelli più specifici (e già accennati)di un movimento politico clandestino, emergono (anche setalora solo descritti: ma questo apre lo spazio per nuove ri-cerche) alcuni aspetti e rapporti tipici della storia e dellageografia sociale dei movimenti rivoluzionari o antagonisti-ci: città/campagna; pianura/montagna; classi popolari/pic-cola borghesia; religione/politica; anziani/giovani; donne/uomini; tradizione/innovazione; tempi brevi/tempi lunghi;culture dominanti (anche di opposizione)/culturesubalterne (anche conservatrici).

Per tutte queste ragioni positive (delle critiche ho riferitodirettamente all’autore) c’è da augurarsi che questo lavorodi Massimiliano Ilari trovi la diffusione che merita, in Italia

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certamente, ma anche in Spagna al di là del circuito garanti-to dall’editoria militante, meritoria per averlo pubblicato.Ma ad aggiungersi alle ragioni desumibili da quanto ho det-to finora, ve n’è un’altra non indifferente. Con questa ricer-ca, infatti, si affronta il problema dell’opposizione alfranchismo negli anni della costruzione del regime, che coin-cidono con quelli della seconda guerra mondiale (nella qualela Spagna di Franco fu neutrale ma tutt’altro che indifferen-te rispetto al fascismo e al nazismo) e del dopoguerra.

Per la mia generazione la solidarietà con l’opposizione aFranco è stata una delle prime forme di apertura alla cono-scenza della politica. Si trattasse dell’azione dimostrativa (nonviolenta) dei giovani che avevano rapito il console spagnoloa Milano o delle iniziative (senza successo) per salvare la vitaal dirigente comunista Julian Grimau, delle dichiarazioni disolidarietà all’abate di Montserrat, messo sotto tiro dal regi-me per aver ospitato riunioni di sindacalisti e di oppositoripolitici, delle dimostrazioni di solidarietà per strappare allamorte i minatori delle Asturie che avevano organizzato unosciopero. Ma – almeno a Roma ed a Milano – vi era anche lapossibilità di incontrare direttamente alcuni esuli, soprattut-to artisti ed intellettuali, quali il poeta comunista RaphaelAlberti e lo storico liberale conservatore Salvador de Madaria-ga, ed altri meno famosi, in occasione di presentazioni dilibri e inaugurazioni di mostre. Negli anni della moderniz-zazione della Spagna e del cambio, cioè l‘avvicendamento oseconda fase del regime di Franco, confermavano come nelpaese, al di là della facciata moderna, efficientista ed accatti-vante costruita dall’Opus Dei, permanesse una feroce ditta-tura, con la repressione poliziesca e la persecuzione del dis-senso sociale e politico, la tortura, la pena di morte.

Se, con i nuovi programmi scolastici di storia, qualcosasapevamo della guerra civile e dell’avvento di Franco (fu unadelle domande che nel 1963 mi furono poste all’esame dimaturità), ci restava un vuoto di conoscenza fino agli avveni-menti di questi giorni, per molti aspetti destinato a restaretale.

Prof. Antonio Parisella,Università degli Studi di Parma,Dipartimento di Studi Storici e Sociali, Settembre 2004

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PREFAZIONE

Il processo rivoluzionario iniziato nel luglio 1936, a se-guito della risposta popolare contro il tentativo di colpo distato militare, nella primavera del 1937 sembrò arrestarsibruscamente, lasciando il campo ad uno scenario che videla risoluzione del conflitto armato contro i nazionalisti comeprioritaria. Di conseguenza fu sacrificata a questo obiettivoogni istanza libertaria di creazione di una nuova società ba-sata su fondamenti economici, culturali e sociali profonda-mente differenti. L’arresto di queste istanze, con la conse-guente demoralizzazione di quelle classi sociali che rappre-sentavano l’effettiva risorsa dei repubblicani, aggiungendosialle sconfitte militari scaturite anche da uno scenario inter-nazionale che sosteneva, direttamente o indirettamente, leposizioni franchiste, portò alla sconfitta militare, lasciandomilioni di persone alla mercé della vendetta e della mise-ria.

Questo fu il vero dramma che si consumò, e che non sem-pre si riesce a capire nella sua essenza, riducendo la portatadella repressione a statistiche, dati e cifre, non “avvertendo”in quei numeri il dramma di tanti uomini e donne che effet-tivamente stavano “vivendo” e “subendo” la Storia, in situa-zioni repressive pesantissime: il rispetto di quest’angoscia èciò che mi ha spinto ad approfondire ciò che accadde inquel periodo in quella zona del mondo.

Ovviamente, data la vastità del lavoro, ho ritenuto neces-sario procedere ad alcune scelte metodologiche, che mi han-no portato a: 1) compiere uno studio di carattere bibliogra-fico, concentrandomi più sull’analisi dei risultati della sto-riografia rispetto ad un approccio di carattere archivistico,tra l’altro ancora arduo; 2) limitare l’ambito di ricerca ad unmovimento politico in particolare, quello libertario, che ineffetti subì una repressione sistematica e violentissima; 3)circoscrivere lo studio ad un periodo storico in particolare,cioè quello che parte dal 1939 ed arriva fino al 1951: questadata, infatti, da tantissimi storici, tra i quali mi limiterò a ci-

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tare Javier Tusell1, Manuel Tuñon de Lara2, RamonTamames3, è considerata dalla storiografia come una sortadi “spartiacque” storico: da questo momento in poi, il regi-me, avviati ad una fase di normalizzazione definitiva i rap-porti internazionali e quasi del tutto eliminata o circoscrittal’azione armata dei dissidenti, poté procedere ad una siste-matica stabilizzazione interna .

E questa scelta operativa è stata stimolata da una serie diragioni che brevemente si possono riassumere nell’interes-se personale verso l’azione di un movimento sociale (sia sin-dacale che più specificatamente politico) fortemente radi-cato nella popolazione spagnola e fondamentale nel succe-dersi degli avvenimenti dagli anni ’30 in terra iberica, mache la storia ufficiale, per una ragione o per l’altra, non trat-ta se non in modo superficiale e sommario.

Di conseguenza, la ricerca e la conseguente stesura è ri-sultata estremamente difficoltosa, anche se stimolante. Hocercato di impostare il lavoro nel modo meno “scolastico”possibile, recandomi in Spagna, dapprima usufruendo di unaBorsa di Studio Erasmus, poi autonomamente, cercandocontatti con personaggi ed organizzazioni libertarie del po-sto, instaurando rapporti di collaborazione con diversi “con-sulenti” – anche accademici, ma non solo –, cercando di ave-re un approccio il più possibile diretto con le fontistoriografiche e documentarie non archivistiche: in parte,penso di esserci riuscito, e questa modalità di ricerca è forsel’aspetto che più mi ha gratificato.

Inoltre, va detto che in lingua italiana è stato finora pub-blicato molto poco sulla repressione post-1939, e niente nel-lo specifico su quella esercitata contro i libertari, se non po-chi cenni su studi che trattano soprattutto degli avvenimentidella guerra civile: pertanto ho dovuto effettuare la mia ri-cerca essenzialmente su testi scritti in francese e soprattuttoin spagnolo.

Aspirando alla maggiore organicità possibile, ho cercatod’impostare la ricerca suddividendo tre grandi parti.

1. E. Moradiellos, La España de Franco 1939-1975. Politica y sociedad, ed. Sintesis,2000; p. 26.

2. E. Moradiellos, ibid.; ed anche: M. Tuñon de Lara, Cambiamenti e immobilismonella società spagnola 1939-1975 in AA.VV., Per una definizione della dittatura franchistaa cura di L. Casali, ed. F.Angeli, 1990, p. 91.

3. R. Tamames, L’economia spagnola nell’era di Franco in AA.VV., Per una definizionedella dittatura franchista a cura di L. Casali, cit., p. 145.

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La prima cerca di definire in modo rapido le caratteristi-che essenziali dei due protagonisti della mia opera: ilfranchismo, tentando di tracciare una sommaria definizio-ne storico-politica di Franco e del suo regime, mettendo inevidenza la base sociale di quest’ultimo e i suoi strumenti diconsenso e di repressione; e il movimento libertario, trac-ciando un breve quadro storico partendo dalla peculiaritàdel caso spagnolo [che vide il forte radicamento di massa diorganizzazioni anarco-sindacaliste quali la ConfederaciónNacional del Trabajo (CNT) o più specificamente anarchiche,quali la Federación Anarquista Ibérica (FAI) o la Federación Ibéricade Juventudes Libertaries (F.I.J.L.)] e ricostruendo in sintesi leragioni per cui esplose la rivoluzione del 1936, che poi sfo-ciò in lungo e sanguinoso conflitto militare.

Senza questa prima necessaria focalizzazione non si po-trebbe comprendere al meglio ciò che avvenne in seguito, eche tratto nella seconda parte, ossia la brutale e sistematicarepressione operata dal regime franchista.

Per ragioni di maggiore comprensione, ho ritenuto op-portuno procedere ad un’ulteriore suddivisione, articolan-do il periodo in tre fasi-chiave: 1) 1939-1943: progressivafascistizzazione del regime in sintonia con il rapporto d’ami-cizia verso l’asse nazi-fascista, nonostante la politica ufficialedi “non coinvolgimento” nella seconda guerra mondiale, esistematica e brutale repressione dei nemici interni; 2) 1943-1947: crollo dell’Asse e tentativo del regime di superare ladisfatta dei paesi fascisti, cui doveva la vittoria, accentuandonel governo il ruolo dei cattolici a scapito dei falangisti, conl’unico obiettivo della permanenza al potere, in una situa-zione internazionale decisamente ostile che, di conseguen-za, alimentava grandi speranze negli oppositori; 3) 1947-1951:nonostante le dichiarazioni di principio dell’O.N.U., gradua-le consolidamento internazionale del regime, in virtù delclima politico della “guerra fredda”, che sconsigliava allepotenze occidentali un intervento risolutivo in Spagna cheavrebbe potuto favorire il blocco comunista, e progressivoannichilimento, a seguito di pesanti azioni repressive, delmovimento libertario.

Sulla base di questa periodizzazione, ho quindi procedu-to ad approfondire alcuni aspetti significativi.

Dapprincipio, dopo aver parlato dei primi momenti suc-cessivi alla vittoria nazionalista, coerentemente con il pro-getto dello studio, ho cercato di analizzare i difficili tentativi

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di riorganizzazione delle file libertarie, sia all’interno deiconfini spagnoli sia all’estero, che però vennero costante-mente frustrati dall’azione repressiva del regime, che sem-pre considerò gli anarchici come il nemico pubblico più te-muto, per tutta una serie di motivi.

La prima di queste ragioni, è da ricercarsi nel forteradicamento degli ideali libertari nella popolazione, soprat-tutto delle zone urbanizzate ed industrializzate, che eranodifficili da estirpare: come in tutte le ideologie fascistizzanti,non era tollerabile la permanenza di “sacche” avverse al re-gime. Inoltre, è necessario sottolineare la totale alterità del-l’anarchismo rispetto alla concezione ideologica che carat-terizzava il regime, tesa ad esaltare la “hispanidad”, ossia quellaricostruzione fittizia di un passato mitizzato imperniato suivalori della purezza della razza, del cattolicesimo colonizza-tore e sulla grandezza imperiale, che vedeva nel popolo spa-gnolo il popolo eletto da Dio per la missione civilizzatricedell’umanità, la quale si trovava sconvolta da “germidissolutori” scaturiti fin dall’epoca dell’illuminismo. Questi“virus”, passati in seguito attraverso il pensiero liberale, ave-vano trovato quindi il culmine nel socialismo (sia nell’acce-zione marxista che in quella anarchica). Di conseguenza, gliuomini e le donne che non solo non condividevano l’ideolo-gia tradizionale, ma ne erano di fatto la più smaccata nega-zione, con le loro idee antimilitariste, razionaliste e di eman-cipazione sociale, erano da considerare come pericolosissi-mi “germi” infetti, da eliminare drasticamente e senzacedimenti, se si voleva arrivare all’obiettivo di “ripurificare”il popolo spagnolo. Infine, un’altra ragione di quest’avver-sione inesorabile del regime verso l’anarchismo è data an-che dal fatto che, senza dubbio, gli anarchici rappresentaro-no il movimento politico che più a lungo cercò di resistere alpotere franchista anche in forma armata, organizzando at-tentati contro Franco stesso e prolungando la guerriglia, so-prattutto quella di tipo “urbano”, fino alla fine degli anni’50 e all’inizio degli anni ’60, quando furono uccisi anchegli ultimi guerriglieri (Francisco “Quico”Sabaté e Facerias,tra gli altri). Al contrario, le altre organizzazioni politiche,che comunque mai si posero concretamente l’obiettivo dieliminare il Generalissimo, da tempo avevano rinunciato an-che alle azioni di guerriglia4. Infatti, per salvare i propri mi-

4. E. Bayo, Los atentados contra Franco, Plaza y Janes, 1976, p. 11.

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litanti, esse avevano privilegiato, addirittura, anche l’entrismonelle organizzazioni sindacali “verticali” franchiste, speran-do in tal modo di minare il regime dall’interno. Inoltre, ven-ne favorito il ricorso all’azione diplomatica internazionale,perennemente in attesa di un intervento risolutore dellepotenze democratiche e dell’O.N.U., che mai avvenne nelmodo sperato.

Procedendo nella ricerca, ho tentato quindi di tracciareun breve quadro del difficile clima in cui doveva convivere lapopolazione spagnola ostile al regime, tra miserie e difficol-tà di ogni genere, vittima di speculatori e di infiltrati che, sepossibile, accentuavano il senso di forte disagio sociale.

Nel capitolo seguente, che tratta del periodo storico 1943-1947, cerco di spiegare le ragioni che portarono alla spacca-tura del movimento libertario, che si possono in estrema istan-za attribuire alle diverse concezioni che si trovavano in senoa questi militanti sul modo più efficace di mettere fine allapermanenza al potere del regime e, conseguentemente, dirispondere alla repressione franchista. Il sentimento preva-lente, un po’ in tutti gli schieramenti antifranchisti di questoperiodo, era chiaramente quello di forte speranza, che sifondava sulla convinzione che la caduta dei regimi italiano etedesco, dopo la seconda guerra mondiale, avrebbe compor-tato anche il crollo di quello spagnolo: una chiara espressio-ne di questo rinnovato ottimismo è data, tra l’altro, dagliscioperi che si effettuarono in quegli anni, che però furonoduramente repressi dalla dittatura.

Nell’ultimo capitolo, dedicato agli anni che vanno dal1947 al 1951, dopo aver trattato della sanguinosa repressio-ne che falcidiò senza soluzione di continuità il movimentolibertario in genere nella seconda metà degli anni ’40, unospazio è riservato alla guerriglia libertaria, che si manifestòsoprattutto nella sua accezione “urbana”, e delle conseguen-ze terribili che colpirono i suoi protagonisti. Inoltre, ho ten-tato di descrivere la situazione che si viveva all’interno dellecarceri, che divennero il nuovo “asse sociale” di riferimentoper molte famiglie che avevano lì reclusi dei parenti che era-no invisi al regime. Senza avere la pretesa di un approfondi-mento che avrebbe comportato uno studio a sé, ho provatopoi a raccontare delle difficoltà incontrate dalla stampa li-bertaria, ovviamente clandestina, ad uscire periodicamentein circolazione.

Per concludere questa parte, dopo aver parlato degli scio-

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peri del 1951, ultimo “colpo di coda” del movimento antifran-chista di questo periodo, fomentato anche dai resistenti liber-tari, ho provato a ricostruire il bilancio delle vittime di que-sto periodo, confrontando le diverse fonti in mio possesso.

La terza parte dello studio è invece dedicata alla proposi-zione di documenti di varia provenienza, alcuni già noti, al-tri meno conosciuti se non addirittura inediti in Italia, rite-nuti significativi per cercare di comprendere al meglio lagravità della repressione esercitata dal regime contro il mo-vimento libertario nel suo insieme.

Quindi, ho ritenuto utile proporre una “cronologia com-parata” del periodo, senza pretese di assoluta esaustività, chepossa essere utile per comprendere meglio ed in modo im-mediato, anche se più schematico il succedersi degli eventida me menzionati.

Infine, come ultimo contributo a questa ricerca, segue labibliografia di cui mi sono avvalso per questa mia ricerca, eche ritengo indispensabile per accostarsi allo studio di que-sta situazione storica.

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PRIMA PARTE

DUE MONDICONTRAPPOSTI

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CAPITOLO I

IL MOVIMENTO LIBERTARIO

1.1) PECULIARITÀ SPAGNOLA

Ogni situazione storico-sociale esistente, in qualsivogliapunto del globo si esprima, non può che essere il risultato diuna specifica “tradizione” che è andata maturando, più omeno gradualmente, nel corso degli anni, scaturita da usi ecostumi locali, da eventi, lotte e vicissitudini che hanno ine-vitabilmente segnato la realtà di un determinato luogo . Ov-viamente, la Spagna non può sfuggire a questa regola. Ed èper questo che, dovendo trattare dello scontro, non solo po-litico, tra i libertari ed i franchisti, e delle terribili conseguenzescaturite da questa lotta, ritengo necessario definire breve-mente le specifiche caratteristiche politiche ed organizzativee le tappe storiche più significative del movimento libertariospagnolo.

Innanzitutto, va premesso che mai come in Spagna, inparticolare in alcune zone di questa, come la Catalogna el’Aragona, il movimento libertario, anche nella sua accezio-ne più rivoluzionariamente anarchica, è stato un movimen-to radicalmente di massa capace di determinare in mododecisivo la storia.

Già dai primi tentativi di formazione delle sezioni localidell’Associazione Internazionale dei Lavoratori, il movimentodi lotta spagnola si caratterizzò per la sua radicalità e perl’accoglimento di teorie e pratiche anarchiche, soprattuttodopo l’arrivo, su mandato di Michail Bakunin, dell’anarchi-co italiano Giuseppe Fanelli, che svolse un’efficace azione dipropaganda. Ed infatti la sezione spagnola dell’Internazio-nale fu tra quelle che fin da principio si opposero alla lineacosiddetta “autoritaria” di Karl Marx, contrasto che come è

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noto, portò alla nascita di un’altra Internazionale- quellacosiddetta “antiautoritaria”- dopo il Congresso di St. Imierdel 1872.

Tutto questo avvenne nel particolare contesto politico spa-gnolo che, allo stesso tempo, evidenziò da subito la tenden-za a reprimere la protesta sociale in modo assolutamentedrastico, forte di una tradizione politica nella quale l’eserci-to era il soggetto predominante e le libertà politiche forte-mente limitate anche rispetto agli altri paesi europei : a pro-va di questo, basti citare solo un dato: quasi la metà deglianni del regime monarchico ripristinatosi nel 1875 e che duròfino al periodo della dittatura di Primo de Rivera (1930),furono caratterizzati da Leggi che sospendevano le normaligaranzie liberali se non democratiche in parte o in tutto ilterritorio nazionale1.

La situazione economica della Spagna era quella di unpaese fortemente segnato da un’agricoltura povera, che per-metteva a stento ai contadini la sopravvivenza, ai quali si con-trapponeva una minoranza di ricchissimi proprietari terrieriche, soprattutto nelle campagne del centro-sud, godevanodi diritti quasi feudali. Le zone industriali, comunque gene-ralmente arretrate rispetto agli analoghi standard contem-poranei europei, erano limitate a pochi nuclei urbani, con-centrati soprattutto nelle zone minerarie asturiane, nei Pae-si Baschi ed in Catalogna.

A livello sociale si evidenziava l’onnipresenza di una chie-sa cattolica fortemente ancorata alla tradizione, che, insie-me all’esercito, rappresentava il bastione del potere, e di con-seguenza cercava di frenare in ogni modo qualsiasi proces-so di emancipazione dell’individuo, considerandolo comepericoloso rischio di sovversione sociale.

È evidente, quindi, che l’esplosione della questione socia-le, se da una parte trovò terreno propizio proprio nelle con-dizioni di vita della maggior parte della popolazione, dall’al-tra dovette fronteggiare una classe dominante fortementereazionaria, che non aveva alcuna intenzione di vedere limi-tati i privilegi secolari, e che aveva buon gioco in molte zonerurali proprio per l’ignoranza quasi superstiziosa alimentatadalla chiesa cattolica, che tra l’altro usufruiva di un possesso

1. Si veda il saggio di E. Gonzales Calleja, El estado ante la violencia, in AA.VV.Violencia politica en la España del siglo XX, a cura di S. Julià, Taurus Pensamiento,2000, p. 370.

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fondiario notevole. La Spagna fu quindi spaccata letteralmen-te in due da contrasti che, oltre che economici e sociali, era-no anche culturali ed etici, contrasti talmente forti che maipoterono essere mediati, e che portarono allo scontro inevi-tabile tra due Spagne, che erano l’una la negazione dell’altra.

La forma privilegiata di organizzazione della protesta trale masse fu quella sindacale, soprattutto nella versione anar-chica.

Si arrivò così, nel 1910, alla Fondazione della ConfederaciónNacional del Trabajo (CNT), che seguiva i metodi e le teorieprofessati in Catalogna dal giornale Solidaridad Obrera, cheera già apparso alla luce nel 1907.

La nascita di questa centrale sindacale, in seguito quasisempre messa fuori legge, fu fin dall’inizio segnata da re-pressioni governative, che presto furono rese anche piùcruente da vere e proprie milizie private filo-padronali cre-ate ad hoc per assaltare le sedi sindacali ed assassinarne ileader più in vista. Questo clima non impedì che le fila dellaCNT si potessero ingrandire, tanto che nel 1919 la Confede-razione poteva contare su 500.000 affiliati.

I primi anni ’20 furono anni segnati da conflitti sangui-nosissimi: come analogamente stava avvenendo nel restod’Europa, frequenti furono gli scontri armati tra pistolerospadronali creati per fronteggiare la temuta minaccia rivolu-zionaria, e sindacalisti. Per dare una minima idea del climache si viveva in quegli anni, basti riferirsi a quanto scrive JosèPeirats, uno dei massimi studiosi della CNT:

“L’applicazione della “legge di fuga” era una delle procedure ti-piche dell’epoca. I prigionieri o semplicemente gli arrestati venivanoprelevati dalle galere a notte inoltrata e con il pretesto di aver tentatola fuga erano vilmente assassinati a poca distanza. La caccia aimilitanti della Confederazione ed il loro assassinio in strada eranopraticati in pieno giorno da parte di “pistoleros” cui era data cartabianca” 2.

Centinaia furono i sindacalisti feriti o uccisi, e moltissimigli arrestati. I “cenetisti” [così spesso chiamerò i militanti del-la CNT, utilizzando un termine allora in uso] cercarono inqualche modo di difendersi alla repressione, ed era diventa-ta prassi quasi abituale per i militanti più in vista quella dicamminare sempre con altri compagni, possibilmente armati.

2. J. Peirats, La CNT nella rivoluzione spagnola, cit., vol. I, p. 42.

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L’avvento al potere, nel 1923, della dittatura di Primo deRivera riuscì a legittimare ulteriormente queste milizie pri-vate irregolari: egli infatti capì che il modo migliore per ser-virsene fosse quello di disciplinarle il più possibile, integran-dole nel Regime come istituzioni parapoliziesche di aiutoall’autorità in caso di disturbi3.

In questo quadro di repressione generalizzata ed istitu-zionalizzata capitò spesso che la base dei lavoratori superas-se di fatto, nella realtà quotidiana, le divisioni esistenti fra isindacati CNT ed UGT (Unión General del Trabajo, centralesindacale controllata dai socialisti), anche se non tutte le re-ciproche diffidenze poterono essere cancellate. Si effettua-rono anche diversi incontri per approfondire la ventilata ipo-tesi di una fusione tra questi sindacati, ma con poca convin-zione, tanto che non si giunse mai ad accordi in tal senso,limitandosi ad “alleanze” occasionali dettate dalle circostan-ze, soprattutto in alcune zone, ad esempio nelle Asturie, nel-le quali l’UGT godeva di maggiori consensi tra le masse emanifestava una più marcata radicalità.

Queste diffidenze aumentarono in modo decisivo quan-do l’allora segretario generale dell’ UGT, Largo Caballeroassunse l’incarico di Consigliere del Lavoro durante il perio-do della dittatura di Primo de Rivera, portando la propriaorganizzazione, allo stesso modo di quello che fecero i diri-genti riformisti della C.G.I.L. italiana nei confronti del fasci-smo, ad accettare di essere parte integrante di quella “Leggedi corporazione” che più tardi fu presa in parte a modello dalregime franchista4.

Proprio in quegli anni, va menzionato un fatto moltoimportante per il movimento anarchico spagnolo: a Valencia,nel 1927, i gruppi anarchici di Spagna e Portogallo fondaro-no la Federación Anarquista Ibérica (FAI).

Questa organizzazione, nata con lo scopo di dar voce alleistanze specifiche del movimento anarchico spagnolo, finoad allora strettamente vincolato quasi esclusivamente all’or-ganizzazione anarco-sindacalista, a dir la verità solo dai pri-mi anni ‘30 iniziò a conseguire una rilevante influenza nellavita sociale spagnola.

3. E. Gonzales Calleja, El estado ante la violencia, in AA.VV. Violencia politica en laEspaña del siglo XX, a cura di S. Julià, cit., p. 379.

4. C. Damiano, La resistencia libertaria. La lucha anarcosindacalista bajo el franquismo,Bruguera, 1978, p. 17.

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Comunque, per la CNT quelli furono anni anche di lace-ranti discussioni interne. In primo luogo contribuirono aqueste, soprattutto nei primi anni ’20, le sirene rivoluziona-rie che provenivano dalla Russia, che suscitarono entusiasmiperaltro comuni a quasi tutte le organizzazioni proletarieeuropee, fino a quando nel 1922 si arrivò ad una precisadefinizione interna, scegliendo di aderire all’AssociazioneInternazionale dei Lavoratori (A.I.T.), che stava nascendo aBerlino su mandato dei vari sindacati che non potevano ri-conoscersi nella linea della Terza Internazionale sottomessaall’Unione Sovietica.

Inoltre, c’erano coloro che temevano che l’influenza trop-po marcata degli ideali anarchici costituisse un limite per laspecifica attività sindacale, che, a loro dire, rischiava di con-finare la Confederazione nella marginalità e, di conseguen-za, cercarono i tutti i modi di favorire alleanze che potesseroallargare la base ”democratica” dei consensi; a questi si op-ponevano coloro che, al contrario, ritenevano che la CNTdovesse restare maggiormente fedele alla propria ispirazio-ne ideale originaria e che ogni “deviazionismo” sarebbe ri-sultato fatale all’organizzazione ed al proletariato spagnoloin generale.

Inutile ricordare che queste polemiche accompagneran-no il movimento libertario anche in seguito, sia durante larivoluzione del 1936 che negli anni successivi alla sconfittadel 1939, comportando spaccature sia tra i militanti all’in-terno della Spagna, in clandestinità, sia soprattutto tra i mili-tanti in esilio.

Pur tra queste difficoltà, la CNT, e con essa gli ideali anar-chici, crebbero nel consenso popolare, particolarmente nel-le zone di tradizionale radicamento storico, come laCatalogna, ma anche in altre regioni, quali ad esempiol’Andalusia, il Levante, l’Aragona, ed altre ancora.

Il crollo della dittatura di Primo de Rivera nel 1930 aprìun periodo di forti tensioni sociali e di grandi aspettative trale classi lavoratrici, che la Repubblica appena instaurata nonseppe soddisfare.

Del resto, il livello di consapevolezza politica di parte delproletariato spagnolo arrivava a tali punte di radicalità, chesolo una rivoluzione sociale sembrava poter soddisfare talirichieste. Pertanto la Repubblica si trovò ad affrontare unasituazione difficilissima e paradossale, schiacciata come futra una classe lavoratrice importantissima per il mantenimen-

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to del sistema politico repubblicano, che non si riconoscevanella sua totalità nella Repubblica e chiedeva sempre più.Dall’altra parte, vi era una borghesia sinceramente repub-blicana che auspicava un riformismo moderato, che però erasempre più spaventata dal peso crescente delle istanze po-polari più radicali.

Sullo sfondo, con un ruolo attivo, restava la destra ( omeglio ancora bisognerebbe dire: le destre), divisa tra i fau-tori del ripristino della monarchia e tra coloro che, tutto som-mato, erano favorevoli ad un regime repubblicano, ma uni-te nell’opporsi decisamente alle riforme politiche, economi-che e sociali che stavano compiendosi; insieme alla destra,in un ruolo di totale ostilità verso la repubblica, soprattuttodurante il primo biennio repubblicano (1931-33) caratteriz-zato da pesanti cambiamenti sociali, stava la chiesa cattolica,che restava un soggetto di influenza e potere fondamentale,soprattutto nelle zone della Spagna più profonda.

Alcuni studiosi, tra i quali basterà citare Paul Preston, ri-terranno che fu proprio la paura che tra le classi tradizional-mente dominanti venne diffusa dalle riforme attuate daileaders repubblicani progressisti nel biennio “riformatore”a scatenare nel 1936 il tentativo di colpo di stato militare e lasuccessiva guerra civile5.

Il periodo repubblicano segnò anche l’acuirsi delle diver-genze tra le organizzazioni politiche e sindacali popolari,soprattutto a causa dell’appoggio pieno dei socialisti edell’UGT al nuovo regime, mentre la CNT, al contrario, sitrovò spesso in contrasto col potere.

Un esempio emblematico della situazione che si vivevaallora è ben rappresentato dall’insurrezione scoppiata nellazona mineraria dell’Alto Llobregat e del Cardoner, inCatalogna, il 18 gennaio 1932. Questo moto era capeggiatoda minatori iscritti alla CNT delle località di Figols e di Sallent.Ma su questi fatti lasciamo parlare ancora Peirats:

“I rivoluzionari abolirono la proprietà privata ed il denaro e pro-clamarono il comunismo libertario. Nel giro di cinque giorni il go-verno centrale, che aveva definito i confederali “banditi con tesse-ra”, soffocava il moto ed estendeva la repressione a tutta la Catalogna,il Levante e l’Andalusia. Centinaia di prigionieri erano stati butta-ti nelle stive dei bastimenti che dovevano deportarli. Il 10 febbraio

5. P. Preston, La guerra civile spagnola, 1936-1939, Mondadori, 1998.

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salpò dal porto di Barcellona il transatlantico “Buenos Aires”, diret-to verso l’Africa Occidentale spagnola. Tra i deportati figuranoBuenaventura Durruti e Francisco Ascaso” 6.

A questa deportazione, seguirono scioperi e scontri ar-mati tra sindacalisti ed autorità.

A distanza di un anno (8 gennaio 1933), si ebbe un nuo-vo moto rivoluzionario, che finì anch’esso con una durissi-ma repressione. Questo moto, organizzato dai Cuadros dedefensa, gruppi d’azione addestrati allo scontro, formati damilitanti CNT e FAI, si propagò in tutta la Spagna, e si verifi-carono fatti che per anni restarono nell’immaginario collet-tivo di tantissimi militanti, come quello che avvenne a CasasViejas, in Andalusia, dove venne trucidata dalle Guardie d’As-salto un’intera famiglia di campesinos ed alcuni vicini, che sierano barricati in casa per difendersi da eventuali arresti.

In conseguenza di questo clima politico, il movimento li-bertario ritenne opportuno continuare nel suo boicottaggioverso l’operato della repubblica, e la sua decisa campagnaastensionista alle elezioni del novembre del 1933 provocòun ribaltamento nel governo repubblicano: le destre otten-nero un netto successo, e si dimostrò ancora una volta chel’influenza libertaria tra le masse spagnole era profondissi-ma.

A questo avvenimento seguirono i consueti tumulti socia-li e le conseguenti repressioni, che comunque non sidiscostarono molto da quelle attuate dal precedente gover-no “progressista”; in ogni caso, si attenuarono anche le rifor-me sociali intraprese nel 1931, e ciò contribuì ad esacerbareulteriormente lo scontento popolare.

Tra i moti che nel succedersi degli accadimenti in quelperiodo storico così convulso assunsero un’importanza no-tevole, certamente occupa un posto rilevante l’insurrezionescoppiata nelle Asturie nell’ottobre 1934.

Rispetto alla realtà comune spagnola le Asturie erano unazona particolare: innanzitutto, grazie all’elevato numero dibacini minerari, questi territori vedevano una predominanza

6. J. Peirats, La CNT nella rivoluzione spagnola, cit., vol. I, p. 94. F. Ascaso e B.Durruti furono tra i più famosi anarchici spagnoli di quel periodo. Il primo morìnel luglio del 1936, allo scoppio della rivoluzione, mentre assaltava una caserma aBarcellona. Durruti invece, comandante delle milizie anarchiche, morì in circo-stanze ancor oggi misteriose nel novembre del 1936 a Madrid, mentre si adoperavanella difesa della città assediata dai franchisti.

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di lavoratori delle industrie rispetto ai contadini; in secondoluogo, tra questi operai era maggioritaria la presenzadell’UGT, che qui si proponeva in modo più radicale chenel resto di Spagna. Conseguenza di questo fatto furono idiversi patti d’alleanza a livello territoriale stipulati tra que-sto sindacato e la CNT, che di fatto rappresentarono sempreun’anomalia rispetto alla situazione più generale.

Il moto dell’ottobre 1934 fu promosso proprio dall’UGTe colse di sorpresa gli stessi anarchici, che però non tardaro-no a dar man forte ai compagni/avversari. La rivolta, partitadalle conche minerarie, presto si estese ad Oviedo, a Gijoned in altre località. Dove era predominante la presenza liber-taria, come a La Felguera, si arrivò a proclamare il comuni-smo libertario, mentre nelle zone sotto l’influenza socialistae comunista si cercò di mediare con le istanze classiche delsocialismo riformatore.

Comunque, presto le truppe governative ebbero ragionedegli insorti, che scontarono soprattutto il limite di un isola-mento sul piano nazionale; infatti, altri tentativi rivoluziona-ri paralleli, soprattutto quello avvenuto in Catalogna, veroperno vitale d’opposizione al governo, non riuscirono ad an-dare oltre lo sciopero generale e qualche scaramuccia conl’esercito, che sbaragliò presto una protesta che confidavaeccessivamente, per quanto riguarda l’area catalana, sui mo-vimenti indipendentisti.

Dopo questi avvenimenti, il movimento libertario attra-versò una fase di profondi ripensamenti, sia circa la strategiada adottare in previsione delle successive elezioni, sia rispet-to ad un eventuale alleanza con la UGT.

Riguardo al primo punto, moltissime furono le incertez-ze ideologiche ed i contrasti. Pur ribadendo pubblicamentela fedeltà ai principi classici dell’anarco-sindacalismo, chespingevano cioè verso la propaganda dell’astensionismo ri-voluzionario, di fatto si scelse di non forzare troppo su que-sta questione, a differenza di quanto avvenne nel novembredel 1933. Ciò soprattutto perché larghi settori della popola-zione vedevano nel cambio di governo la possibilità per fareuscire dalle galere migliaia di detenuti politici. Il risultatoalle elezioni del febbraio del 1936 fu nettamente favorevolealle sinistre riunite nel Frente Popular, tra l’entusiasmo popo-lare.

Di notevole importanza, per cercare di inquadrare almeglio il movimento libertario spagnolo, fu quindi il Con-

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gresso Nazionale della CNT che si celebrò a Saragozza il 10maggio 1936, poco prima dello scoppio della guerra civile.

Ad esso parteciparono centinaia di delegati in rappresen-tanza di 982 Sindacati che contavano 550.595 iscritti.

Tra i vari punti, i più importanti furono: 1) rientro in senoalla Confederazione dei Sindacati d’Opposizione, che si era-no separati dalla CNT in seguito a divergenze interne scop-piate all’inizio degli anni ’30; 2) necessità di arrivare adun’unificazione nella realtà della CNT e della UGT, rispet-tando i desideri delle rispettive basi di lavoratori, invitandodi conseguenza la centrale sindacale socialista ad una preci-sa scelta rivoluzionaria, senza più ambiguità; 3) critica allariforma agraria così come la stava articolando il Fronte Po-polare, perché secondo la Confederazione non andava alfondo della questione, ossia la fine dello sfruttamento deicontadini da parte dei ricchi possidenti; 4) la definizionedel concetto di Comunismo Libertario, puntualizzando gliobiettivi ideologici dei militanti; le prime misure da adottaredopo la rivoluzione; gli scenari della futura organizzazionesociale ed il suo funzionamento; i doveri dell’individuo nel-la collettività; le questioni concernenti la libertà di pensiero,di cultura e di espressione.

È opportuno ribadire la fondamentale importanza dellerisoluzioni scaturite da questo congresso della CNT, essen-zialmente per tre ragioni.

La prima di queste è che esse ci danno il “polso” della piùimportante organizzazione sindacale spagnola, per contenutie per radicamento, in un momento storico di poco prece-dente lo scoppio delle ostilità; in secondo luogo, perché af-ferma la necessità imprescindibile di un’effettiva unione deilavoratori, che vada oltre gli steccati delle specifiche ideolo-gie di appartenenza, in nome dell’unità rivoluzionaria e nonsu obiettivi riformisti (e su questa linea, pur tra mille con-traddizioni, cercherà di articolarsi il ruolo della CNT duran-te la rivoluzione); inoltre, perché la mozione approvata sulComunismo Libertario resterà per i militanti spagnoli, e nonsolo, una delle più compiute espressioni di sistematizzazionedella teoria anarchica sul tema della rivoluzione sociale.

Anche se a noi, oggi, certi obiettivi possono apparire deltutto velleitari, per usare un eufemismo, nella realtà spagno-la degli anni ’30 questi erano ritenuti, oltre che possibili, inprimo luogo necessari, da parte di milioni di persone.

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1.2) TRA GUERRA E RIVOLUZIONE

Come abbiamo visto, la tensione sociale che nell’estatedel 1936 si avvertiva in Spagna era palpabile: scioperi, scon-tri, arresti, omicidi. Il governo del Frente Popular non riuscivapiù a gestire la situazione, schiacciato com’era tra le minaccedella destra, appoggiata dalla chiesa, di “ripristinare la lega-lità”, e le istanze rivoluzionarie, che portarono ad occupa-zioni di alcune proprietà dei latifondisti da parte dei brac-cianti senza terra, soprattutto nelle zone rurali meridionali.

Il 17 luglio del 1936 le truppe stanziate in Marocco si sol-levarono, occupando le città del protettorato spagnolo edi suoi punti strategici più importanti, come i porti e gli aero-porti.

Nonostante l’ottimismo palesato nelle prime dichiarazio-ni, che sostenevano che la sollevazione sarebbe stata prestosconfitta, gli alti vertici della Repubblica si fecero trovarepesantemente indecisi ed impreparati a fronteggiare imme-diatamente il colpo: scoppiava la guerra civile.

I golpisti presto occuparono, oltre al Marocco, anche partidell’Andalusia (tra cui Siviglia), della Galizia, della Castigliae dell’Aragona.

Come è ormai storicamente assodato, si può certamenteaffermare che i militari furono bloccati nei loro intenti prin-cipalmente per l’intervento della popolazione civile, che pre-sto si organizzò in milizie.

Ma procediamo con ordine. Già il 16 luglio, a dimostra-zione che la minaccia autoritaria e fascistoide era già stataavvertita chiaramente nella sua gravità da vasti strati di mili-tanti, l’organo della CNT Solidaridad Obrera titolava “Abbassoil fascismo” ed in un suo editoriale completamente cancella-to dalla censura governativa7 invitava all’azione. Presto pro-pagatesi le prime voci allarmate circa i propositi dei militari,in alcune località, come ad esempio Barcellona, rappresen-tanze della CNT si recarono presso le autorità politiche perrichiedere la distribuzine di armi al popolo in modo tale da

7. Per questi riferimenti e per i successivi, si veda : J. Peirats, La CNT nella rivoluzio-ne spagnola, cit., vol. I, p. 192 e segg.

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potersi difendere. Ovviamente la risposta fu negativa, cosìcome si verificò successivamente in tante altre località diSpagna anche a sommossa già iniziata, ed in diverse città ciòprovocò l’affermazione dei militari. Quindi, spesso la primadifesa fu organizzata con poche armi, ed a volte le unicheerano quelle conquistate dopo assalti alle stesse caserme.

Chi da subito assunse un ruolo fondamentale e decisivonell’affrontare la situazione, fu proprio la ConfederaciónNacional del Trabajo. Già il 18, in un comunicato notturno,essa proclamava lo sciopero generale rivoluzionario, provve-dimento che confermò anche il giorno seguente.

In questo modo, in alcune città, come Barcellona, impor-tantissima dal punto di vista strategico e morale, quando al-l’alba del 19 le truppe lasciarono le caserme per occupare ipunti vitali, si trovarono di fronte la decisa resistenza popo-lare. Presto, dopo violenti scontri, l’esito fu a favore del po-polo, che alle volte poté contare anche su parte dei soldatiche preferivano non combattere contro i cittadini inermi,ma addirittura fraternizzavano con essi.

Uno degli episodi più famosi di quegli avvenimenti fu l’as-salto delle milizie confederali alla roccaforte militarebarcellonese, la caserma Atarazanas, che vide tra i suoi pro-tagonisti anche i famosi militanti Francisco Ascaso, che lìmorì, e Buenaventura Durruti.

Il giorno 20, la sommossa militare a Barcellona si potevadire vinta, e presto tutta la Catalogna vide l’affermazionepopolare.

Così avvenne anche a Madrid, a Toledo, e pochi giornidopo anche nei Paesi Baschi, provocando un po’ di sorpresatra le fila confederali, dato che in queste zone la loro in-fluenza era minoritaria. Più tarda fu la vittoria nelle Asturiee soprattutto a Valencia, perché in questi casi le autorità lo-cali, convinte della fedeltà delle truppe, osteggiarono lo scio-pero generale e negarono a lungo la distribuzione delle armial popolo8, finché la CNT decise di attaccare definitivamen-te le caserme. In Galizia, in parte dell’Aragona, nell’Estre-madura e soprattutto in Andalusia, gli scontri furono violen-tissimi, e i militari ottennero la vittoria.

Si può affermare quindi che dal punto di vista militarel’insurrezione del 19 luglio fu una sconfitta per i militari in-

8. J. Peirats, La CNT nella rivoluzione spagnola, ibid.

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sorgenti, che confidavano in tutt’altro esito.La guerra, come abbiamo visto, scoppiò per ragioni inter-

ne, dovute all’evidente impossibilità da parte del governorepubblicano di mediare tra le pretese di radicali cambia-menti sociali reclamate da alcune organizzazioni sindacali epolitiche, che si facevano in questo senso portavoce ed am-plificatori di un malessere condiviso da milioni di personeappartenenti alle classi lavoratrici, e le tradizionali classi do-minanti che, già impaurite dalle riforme introdotto nel bi-ennio 1931-‘33, non potevano più tollerare ulteriormentemisure che limitavano i loro interessi e privilegi. Questi af-fondavano non solo nella più evidente e smaccata disparitàeconomica, ma anche nella tradizionale cultura spagnola,che, imperniata sul ruolo della chiesa cattolica, ora venivaanch’essa messa drasticamente in discussione. Ed infatti, trai primi luoghi ad essere assaltati e distrutti dalla popolazionevi furono spesso anche le chiese, ritenute evidentemente sim-boli di un’autorità che aveva ai loro occhi una responsabilitàimportante nel consolidamento dello status quo tradizionale.

Se, quindi, le cause della guerra vanno ricercate in moti-vazioni interne alla situazione spagnola, il successivo svol-gersi degli eventi assegnò un ruolo fondamentale alle po-tenze straniere.

L’intervento straniero, infatti, oltre che rifornire di armi,anche se in modo diseguale, i contendenti, fu determinanteper due aspetti: materialmente, permise alle truppe di stan-za in Africa di sbarcare in Spagna, con un lungo ponte aereoorganizzato dai tedeschi, e soprattutto “internazionalizzò” ilconflitto, creando una risonanza che superò i confini ibericie facendo da macabra premessa alla successiva seconda guer-ra mondiale.

Innanzitutto, va inoltre ricordato che la Spagna già datempo vedeva parecchie delle sue industrie in mano a pro-prietari stranieri, concentrate soprattutto nel nord del pae-se. Molto ambiti erano i giacimenti minerari delle zona set-tentrionale, ed infatti proprio dalla metà degli anni ’30 GranBretagna e Germania, questa soprattutto in previsione del-l’aumento della sua industria bellica che abbisognava dellapirite e del ferro delle miniere spagnole9, cercarono di otte-nere concessioni sempre più vantaggiose.

9. E. Moradiellos, La España de Franco (1939-1975), cit., p. 57.

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Da parte delle potenze nazifasciste, la portata dell’aiutofornito ai militari (poi definitisi “nazionalisti”) è ormai cosarisaputa: la Germania, non si limitò a fornire i consiglierimilitari ed i mezzi utilizzati dai franchisti, ma intervennemolto spesso anche in modo diretto: tra le varie azioni, ri-cordiamo i vari bombardamenti aerei su diverse città, tra lequali Guernica, del dramma della quale l’arte di Picasso ri-mane come perenne ricordo. Indubbiamente, oltre che peril già menzionato interesse strategico al controllo dei giaci-menti minerari, alla Germania hitleriana il conflitto servìanche a sperimentare la potenza distruttiva dei propri arma-menti e l’efficacia della strategia militare, in previsione diun conflitto bellico più importante che le potenze europeea fatica riuscivano ancora a rinviare. Dal canto suo, anchel’Italia di Mussolini partecipò direttamente ad azioni belliche,come ad esempio nel caso dei bombardamenti aerei, oltre afornire armamenti, diversi contingenti di volontari ed unsostegno logistico fondamentale nell’area del mediterraneo.A queste due potenze egemoni, va aggiunto anche il ruolodel Portogallo salazarista, data la vicinanza geografica, chenon mancò di sostenere le truppe nazionaliste.

Ma, soprattutto, quello che le potenze nazifasciste otten-nero in questo conflitto, fu proprio il consolidamento del-l’asse Roma-Berlino, guadagnando contemporaneamentel’amicizia di uno stato, – il regime franchista –, che non face-va mistero di riferirsi, ideologicamente, proprio al modellopolitico che i due totalitarismi, in particolare quello italia-no, rappresentavano.

Dall’altra parte, le potenze occidentali non riuscirono adappoggiare in modo altrettanto significativo la causa del go-verno repubblicano.

Nonostante tutti i tentativi effettuati dai repubblicani percercare di sbloccare la situazione, la politica delle potenzeoccidentali fu vincolata al rispetto della “linea di non inter-vento”, proposta dalla Gran Bretagna, da sempre diffidenteverso la radicalità delle istanze del proletariato spagnolo, equasi subito accolta anche dal Fronte Popolare francese diLeon Blum. Questo era, dal punto di vista teorico, affineideologicamente alla causa del governo spagnolo, ma nellarealtà era più preoccupato della propria situazione interna,con una destra, già forte ed attiva, che poteva radicalizzarsiin caso di sostegno esplicito alla causa di quelli che la stampapiù influente descriveva come “delinquenti-comunisti-deva-

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statori di chiese”. Ed anche la difficoltosa accoglienza deiprofughi spagnoli operata dalle autorità francesi nel 1939risentì di questo clima ostile. A onor del vero, comunque,anche le potenze fasciste aderirono al Patto di non-interven-to, ma senza farsi troppi problemi lo disattesero immediata-mente.

L’unico paese che anche dopo il 1939, tentando di aiuta-re gli esiliati, cercò di fornire un concreto sostegno alla cau-sa repubblicana fu il Messico, ma ovvie difficoltà logisticheed economiche non permisero un contribuito d’importan-za decisiva.

Restava l’U.R.S.S. stalinista, che dopo i silenzi delle pri-me fasi, sfruttò la dipendenza militare della Repubblica percercare di rafforzare la posizione del satellite Partido Comu-nista Español (PCE), fino ad allora circoscritto a pochissimemigliaia di iscritti10. Ed inoltre il sostegno dell’ Unione So-vietica fu pagato, politicamente, a carissimo costo, con l’af-fermarsi dell’egemonia filo-sovietica. Anche materialmentenon mancarono ripercussioni, dato che le poche fornituredi armi e viveri, seppure celebrate in pompa magna dallapropaganda comunista quasi fossero disinteressateelargizioni, comportarono prezzi elevatissimi, tanto che il 25ottobre del 1936, salpò per Odessa (U.R.S.S.) una nave cari-ca di più di 500 tonnellate di oro spagnolo della riserva del-la Banca di Spagna11.

Di certo, resta ancora attuale la polemica circa il ruoloassunto dall’Unione Sovietica in quella contesa, anche tra-mite l’azione dell’affiliato PCE e del suo corrispondentePartido Socialista Unificado de Cataluña (P.S.U.C.). E’ dovero-so tenere sotto la necessaria considerazione ciò che affermaPaul Preston, ossia che l’azione di riorganizzazione militareoperata soprattutto sotto l’impulso del Partito Comunista

10. P. Preston, La guerra civile spagnola, 1936-1939, cit., pag. 153; ma anche D. T.Cattell, I comunisti e la guerra civile spagnola, Feltrinelli, 1962, p. 121 e segg., dove silegge, tra l’altro:

“Molti elementi dei ceti medi si iscrissero al Partito Comunista perché vedevano in esso ilgruppo più stabile e più conservatore della sinistra. Fatto particolarmente vero in Catalogna,dove la paura della CNT e l’iscrizione obbligatoria ai sindacati spinsero questi elementi nellaUGT e nel Partito Comunista. Di conseguenza, il P.S.U.C. e la UGT in Catalogna diventa-rono un partito ed un sindacato quasi esclusivamente composti di piccola borghesia”.

11. A. Paz, Durruti e la rivoluzione spagnola, ed. B.F.S./Zero in condotta/ La Fiacco-la, 2000, tomo II, p. 141; ma si veda anche il volantone Per la società: rivoluzione. Perlo stato: guerra. Spagna’36, volantone a cura del Centro Studi Libertari di Trieste,1995, p. 2.

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contribuì al protrarsi della resistenza repubblicana, che per-se più territori nei primi dieci mesi del conflitto che nel pe-riodo successivo, ben più lungo, nel quale i comunisti affer-marono la loro egemonia12.

Tuttavia dobbiamo anche cercare di valutare l’azione diquesta organizzazione cercando di analizzarne tutti gli aspetti.

Ed allora, ci accorgiamo che l’azione complessiva adotta-ta dai comunisti in quel frangente storico appare sotto unaluce abbastanza negativa: tantissimi autori, tra i quali AbelPaz, Josè Peirats, lo stesso Paul Preston13, attribuiscono inprimo luogo agli stalinisti la responsabilità di avere affossatol’entusiasmo popolare, unica effettiva ed importantissimarisorsa da opporre alla superiorità bellica degli avversari Ciòsi concretizzò con la loro politica autoritaria, diffamatoria esettaria verso gli altri schieramenti repubblicani, mentre pro-cedevano di fatto a centralizzare nelle loro mani tutti i pote-ri. Due esempi sono emblematici a spiegare la situazione:nell’agosto 1937 le truppe comandate dal comunista EnriqueLister sciolsero le collettività agricole che si stavano speri-mentando con buoni risultati in Aragona, spostando perquesta azione addirittura le truppe dal fronte. Ma l’episodioche più colpì in negativo l’immaginario collettivo furono gliepisodi del maggio 1937 a Barcellona, segnati dalla resisten-za armata effettuata dagli anarchici che cercavano così diopporsi alla sistematica liquidazione non solo politica eser-citata dai comunisti. Molti libertari (tra i quali citiamo pertutti l’anarchico italiano Camillo Berneri, che fu assassinatonel maggio 1937 da agenti stalinisti) furono eliminati, aggiun-gendosi alla definitiva liquidazione dell’organizzazione co-munista del P.O.U.M, non allineata alle direttive di Mosca.

Alcuni dati possono contribuire a rendere ancora piùchiaro lo scenario: dal maggio 1938, 5.500 ufficiali promossisu 7.000 sono comunisti14; solo uno o due battaglioni su 19sono controllati da anarchici, contro i più di dieci sotto ilcomando comunista, nonostante il 90% del personale quali-ficato sia iscritto alla CNT. A questi dati, si potrebbero ag-giungere diversi episodi nei quali emerge in modo chiaro

12. P. Preston, La guerra civile spagnola, 1936-1939, cit., p. 182.13. P. Preston, ibid.; ma su questi fatti si vedano anche, tra gli altri: G. Ranzato,

Rivoluzione e guerra civile in Spagna 1931-1939, Loescher, 1975; G. Orwell, Omaggioalla Catalogna, Il Saggiatore, 1964. Tra la produzione cinematografica, segnaliamoil film Tierra y libertad di K. Loach, 1995.

14. J. Peirats, La CNT nella rivoluzione spagnola, cit., vol. IV, p. 99.

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come il partito Comunista effettivamente abbia cercato dieliminare un alleato – il movimento libertario in genere –considerato soprattutto un pericoloso rivale politico15.

Il giudizio storico dei libertari su quei fatti è ben sintetiz-zato da questo commento, che ci permette di comprenderela ragione per cui le diffidenze anarchiche nei confronti deicomunisti si protrassero anche dopo il 1939:

La coincidenza temporale del “mayo sangriento” con le pur-ghe che nell’U.R.S.S. investono molti bolscevichi della primaora è tutt’altro che casuale: Stalin vuole distruggere alle radiciogni possibile esempio o progetto di rivoluzione che sfugga alsuo controllo. La rivoluzione libertaria in atto in Spagna è ineffetti una pericolosa alternativa al suo modello di socialismodi stato soffocato da burocrati, poliziotti, gerarchi militari; ènegli interessi dell’Unione Sovietica ricondurre, anche con laviolenza e la calunnia, i movimenti operai all’interno della di-sciplinata Internazionale Comunista16.

In quel periodo, il movimento anarchico, che in mododecisivo seppe affrontare la crisi forte del prestigio e dellaforza conferitagli dal proletariato spagnolo, fu comunqueattraversato da dubbi e crisi interiori.

Il punto centrale che riassumeva in sé tutti gli altri eral’alternativa tra guerra e rivoluzione sociale.

Se l’aspetto che si voleva privilegiare era il primo, ne con-seguiva che prioritario era sconfiggere i fascisti, ed a questoobiettivo “sacrificare” la purezza dei propri principi, accet-tando, cosa che in effetti avvenne, in nome dell’unità antifa-scista, anche la partecipazione ai governi regionali e nazio-nali, nonostante i rapporti di forza esistenti potessero per-mettere anche tentativi di abolizione delle forme di governotradizionali. Se, invece, si insisteva sull’aspetto rivoluziona-rio, nessun compromesso poteva venire accettato, perché ciòavrebbe comportato la continuazione, seppur mitigata, del-le preesistenti forme di dominio.

Tra mille lacerazioni interiori nell’animo dei militanti, fu

15. J. Peirats, ibid; questa tesi è ormai comunemente accettata, in seguito aglistudi, oltre che di tutti gli autori di tendenza libertaria, anche di storici di altratendenza, citati altrove, quali G. Jackson, P. Vilar, P. Preston, M. Gallo, G. Ranzato,D.T. Cattell, ecc.

16. Dal volantone Per la società: rivoluzione. Per lo stato: guerra. Spagna’36, cit., p.4.

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compiuta la scelta che apparve più attuale: non contribuirea sfaldare l’unità antifascista, assumendo di conseguenza unruolo attivo nei vari livelli di governo. Allo stesso tempo, finoa quando fu possibile, si promosse lo sviluppo al fronte dimilizie dai caratteri marcatamente libertari, e nelle retroviedi collettivizzazioni agricole e di fabbriche.

Nei vari villaggi di campagna le terre che appartenevanoa ricchi possidenti vennero occupate ed assegnate alla col-lettività; fu abolito il denaro e tutti i poteri vennero attribuitialle assemblee di villaggio, nelle quali, parallelamente a ciòche avveniva in città, assunsero un ruolo sempre più prota-gonista le donne, liberate dall’influenza della chiesa. Allostesso modo, processi analoghi si compirono nelle fabbri-che, soprattutto in quelle catalane e basche.

Ma per i repubblicani l’andamento della guerra si facevasempre più precario.

La guerra fu essenzialmente una guerra di posizione, ditrincee, ma ciò non impedì che lentamente i nazionalistiguadagnassero sempre più terreno, sostenuti in questo daibombardamenti italiani e tedeschi. Nemmeno il sostegno divari combattenti provenienti dall’estero, molti dei quali ar-ruolati nelle Brigate Internazionali, frutto dell’azione dei varicomitati d’appoggio soprattutto di orientamento comunista,riuscì a mutare il lento ma progressivo sgretolamento dellelinee repubblicane.

Comunque, la situazione restò pressoché invariata perdiverso tempo, fino a quando alcune disfatte, tra le quali ilcrollo del fronte aragonese e la sconfitta dopo la battagliacombattuta nei pressi del fiume Ebro, colpirono pesantemen-te la compagine repubblicana.

Dopo vari tentativi di cambiare l’andamento del conflit-to, una nuova disfatta dell’esercito, sotto il comando comu-nista, apriva ai nazionalisti la strada per la Catalogna.

Preceduta da un esodo interminabile di profughi, che incondizioni disperate cercavano di superare il confinepirenaico per trovare rifugio in Francia, temendo lepreannunciate ritorsioni dei franchisti, il 26 gennaio 1939cadde Barcellona, quasi senza dare un minimo segnale diresistenza, tanta era la disillusione e la paura dei repubblica-ni.

Dopo pochi mesi, nonostante le dichiarazioni ottimisti-che del Presidente del Governo Juan Negrin, socialista filo-sovietico, che comunque si premurò di fuggire in Francia, la

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guerra finì ufficialmente: era il primo aprile del 1939.Data l’assoluta vittoria ottenuta. Franco non volle accetta-

re di trattare alcuna condizione di resa con gli sconfitti.Il bilancio di questa contesa fu di circa 600.000-800.000

morti, più di un milione di mutilati e quasi altrettanti esilia-ti. Ma la guerra non era ancora finita davvero. Troppo gran-de era stata la paura che effettivamente la storia spagnolaavesse potuto cambiare le sue secolari tradizioni sociali, diconseguenza restava troppo forte l’odio dei vincitori nei con-fronti dei vinti, identificati con tutti i mali che la Spagnamoderna si portava dietro. Solo una grande “purificazione”,solo la più totale cancellazione di un’identità “altra” potevapermettere la fine delle ostilità.

È ciò che sperimentarono sulla propria pelle altre centi-naia di migliaia di spagnoli, come vedremo più avanti.

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CAPITOLO II

IL FRANCHISMO

2.1) FRANCO E IL REGIME

Il regime spagnolo instaurato dopo la guerra civile fuindiscutibilmente legato in modo totale alla figura di Fran-co, che dominò in modo assoluto dal 1939 fino al 1975, annodella sua morte: in epoca contemporanea, pochi possonovantare altrettanta longevità politica.

Francisco Paulino Hermenegildo Teodulo FrancoBahamonde nacque ad El Ferrol (Galizia) il 4 dicembre 1892,da famiglia di tradizioni militari1.

Di esile costituzione, tanto che era chiamato “cerillito”(fiammiferino) dai suoi compagni di collegio, frustrate lesue aspirazioni di entrare a far parte della Marina, nel 1907entrò nella Academia de Infanteria di Toledo: in quel contestosi formò gran parte del suo carattere e delle proprie ideepolitiche fondamentali2.

Terminata l’accademia, peraltro con risultati modesti, nel1912 si arruolò per il Marocco, dove dal 1908 si stava com-piendo una sanguinosa occupazione militare: in Africa, Fran-co si segnalò come ufficiale valente e disciplinato, benrispecchiando la mentalità dei militari cosiddetti “africanisti”.Il pensiero di questi era caratterizzato da tendenze autorita-rie: accusavano il sistema liberale, con i suoi ideali estraneialla tradizione spagnola, di essere il maggior responsabiledella decadenza spagnola che si stava evidenziando fin dal1808, e che aveva raggiunto il culmine con le sconfitte nelleguerre coloniali del 1898. In Africa, Franco rafforzò i suoi

1. P. Preston, Francisco Franco, ed. Mondadori, 1997, p.11.2. E. Moradielos, La España de Franco (1939-1975), cit., p. 28.

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ideali, e questa fondamentale tappa della sua vita gli fu utileanche per sperimentare l’importanza della tattica del “divideet impera” e del terrore come strumento militare per ottene-re la paralisi e la sottomissione del nemico3.

Nel 1927, il dittatore Miguel Primo de Rivera lo nominòdirettore della nuova Accademia Generale Militare di Sara-gozza, compito che lo inorgoglì e che lo fece diventare piùprudente e calcolatore; nello stesso periodo divenne ancheun accanito lettore di testi anticomunisti ed autoritari, i qualilo convinsero di una cospirazione internazionale massonico-bolscevica contro la Spagna e la religione cattolica4.

Nel 1934, Franco prese parte alla repressione del motoinsurrezionale nelle Asturie, rafforzando così ulteriormentela considerazione di cui godeva in seno alle forze armate.

Nel luglio 1936 Franco fu uno dei quattro generali golpistiche si sollevarono contro il governo repubblicano, ma pro-babilmente fu il meno “in vista” del gruppo: l’affermazionepersonale che ne seguì, nonostante questa situazione di par-tenza, contribuì ad alimentare l’opinione che Franco erasenz’altro fortunato. I suoi potenziali rivali, infatti, cadderouno dopo l’altro: il generale Sanjurio, uno dei più impor-tanti quadri militari del periodo, perì in una caduta aerea acausa dell’eccessivo peso del bagaglio; il generale Goded fuarrestato quasi subito dopo lo scoppio della guerra aBarcellona; Josè Antonio Primo de Rivera, fratello dell’exdittatore, capo della Falange, le cui antipatie per Franco era-no note, fu fucilato dai repubblicani ad Alicante, dopo chelo stesso Franco negò il suo scambio con altri prigionieri; illeader del partito conservatore della C.E.D.A., Josè MariaGil Robles, dopo che gli fu creato attorno un clima ostile, fuspedito come ambasciatore all’estero; ed infine, il rivale piùpericoloso, il generale Emilio Mola, morì in un sospetto in-cidente aereo nel 19375.

Molti storici e politologi si sono confrontati sulla naturadel regime di Franco: dall’opinione che questo era un regi-me fascista “tout-court”, tesi sostenuta a partire dal 1936 edalimentata durante il conflitto, anche in relazione ad analo-ghe esperienze europee, il dibattito è giunto, a partire dagli

3. E. Moradelios, ibid.4. P. Preston, Francisco Franco, cit., p. 69.5. B. Muniesa, De la dictadura a la monarchia. Historia de España 1939-1996, ed.

Ariel, 1996, p. 16 e segg.

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anni ’60, ad analisi differenti. Per alcuni, tra i quali J.J. LinzStorch De Gracia, il franchismo era da assimilare ai regimiautoritari più che al fascismo, perché, seppure tra confinimolto rigidi, era possibile un certo minimo pluralismo. Que-sta opinione venne ampiamente dibattuta, e molti la rifiuta-rono, tra i quali lo storico italiano Gino Germani, per il qua-le si doveva parlare di un vero e proprio regime fascista, concaratteristiche ovviamente peculiari del contesto spagnolo,e dello stesso avviso furono altri storici, quali Paul Preston eJ.A. Gonzales Casanova, il quale mise in risalto come

nei tre casi (Italia, Germania, Spagna) la funzione sociale delfascismo fu di stabilizzare e fortificare le relazioni di proprietàcapitalistica e di assicurare il dominio sociale ed economicodella classe capitalista6.

Queste argomentazioni suscitarono le obiezioni di chisosteneva, come Antonio Elorza o Santos Julià, che tali con-siderazioni indugiassero troppo a considerare la “funzionesociale” e tralasciassero di assegnare il giusto rilievo al for-mato politico specifico. Di conseguenza, una delle lineeinterpretative sulla natura del regime franchista che attual-mente sta prevalendo è quella che considera che il fran-chismo in effetti assunse chiari tratti ricalcati dal modellofascista, ma fintanto questo gli servì ad affermarsi sul pianointerno e a legittimarsi su quello internazionale. Tale lineafu perseguita fino a quando la situazione internazionale nonimpose un cambiamento di modello, pena la caduta del re-gime stesso. In ogni caso, ogni teorizzazione sul regime nonpuò prescindere dal potere assoluto esercitato da Franco.

In effetti, già dalla suddivisione temporale da me operatain questo studio, emerge l’aspetto “camaleontico” del regi-me e, di conseguenza, del personaggio che lo incarnava.

Un altro aspetto che è bene sottolineare per cercare dicomprendere fino in fondo l’ideologia del regime franchi-sta è la sua aspirazione arcaizzante, un desiderio per altroesplicito, di

6. E. Moradiellos, La España de Franco (1939-1975), cit., p. 219; ma sulla natura delregime franchista e del suo rapporto coi fascismi europei si vedano anche le operedi : E. Collotti, Fascismo.Fascismi, Sansoni, 1989; G. Corni, Fascismo e fascismi, Ed.Riuniti 1989; L. Casali, Fascismi: partito, società e stato nei documenti del fascismo, delnazionalsocialismo e del franchismo, CLUEB, 1995.

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riportare indietro la società spagnola, restituendola a quella si-tuazione, ritenuta idilliaca, di cui godeva prima del suo ingres-so nella società moderna7.

In effetti, il nascente stato franchista, nonostante la dovu-ta concessione ai settori falangisti circa la costruzione di un“nuovo stato”, si caratterizzava in realtà in modo negativo,non aspirando a proporre un nuovo sistema politico, ma alegittimarsi con un modello antico. Si trattava, quindi, di ri-portare la situazione spagnola al tempo di Filippo II, cioèindietro di tre secoli, quando ancora il “germe straniero”portato con l’età dell’illuminismo non si era introdotto nel-la società spagnola, corrompendola. Da quel germe, cheandava di conseguenza eliminato senza pietà, erano poi sca-turite le ideologie liberali e socialiste, tra le quali quella anar-chica, che avevano portato al disfacimento della nazione.Quindi, uno degli obiettivi più ambiti a livello teorico fuquesto “ritorno al passato”, un passato per altro fittizio, nelquale si esaltava il ruolo della potenza della più vera Spagna,cattolica ed imperiale, e si ricorreva abbondantemente al mitocome forma d’espressione privilegiata per celebrare la pro-pria storia.

Un’altra delle principali caratteristiche politiche di Fran-co fu la sua capacità ad ergersi come arbitro tra le diverse“famiglie” politiche che componevano il regime, ossia carlisti,falangisti, chiesa ed esercito, che spesso attraversarono mo-menti di tensione interna, celebrando questo equilibrio nel-le varie costituzioni dei governi. Questi governi, naturalmen-te, tenevano conto del fatto che il maggior obiettivo perse-guito da Franco fu sempre il mantenimento del potere.

Scoppiata la guerra civile, al fine di ottenere un più am-pio movimento d’appoggio, i nazionalisti insistettero moltosui valori tradizionali che essi incarnavano di fronte al “falli-mento ed al disordine sociale” provocato dalla Repubblica,appoggiati in questo dal fondamentale apporto della chiesacattolica. Inoltre, Franco ottenne il consenso degli esponen-ti dei vari partiti della destra spagnola, soprattutto quella piùestrema, che riuscì a riunire nel 1937 in un unico “Movimiento”

7. Vedi saggio di A. Elorza, Le radici ideologiche del franchismo, in AA.VV. Per unadefinizione della dittatura franchista, a cura di L. Casali, ed. Franco Angeli, 1990, p. 57.

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finalizzato ad una maggiore incisività nella guerra, e ciò fa-vorì l’appoggio delle altre potenze autoritarie esistenti inEuropa, che lo gratificarono sia della legittimazione inter-nazionale che degli aiuti materiali da immettere a suo favorenella contesa.

Ovviamente, al fine di ottenere la vittoria, da subito fuchiaro che il perno del sistema franchista era da considerar-si l’esercito, riprendendo quindi la tradizione politica spa-gnola, che tradizionalmente assegnava alle forze armate unruolo fondamentale8. Anche i primi provvedimenti legislati-vi adottati nelle zone occupate9, non potevano non risentiredel particolare clima bellico che si respirava.

In questa fase, quindi, un grande sostegno per il regimevenne dalla Falange, e vediamo che, fin dai primi governipost-1939, personaggi importanti di questa organizzazioneassunsero posti di rilievo: tra tutti, spicca lo stesso cognato diFranco, Ramon Serrano Suñer, fautore di un’alleanza anco-ra più stretta con i nazi-fascisti. Questi, uomo di cultura e dinotevole intelligenza politica, fu una figura decisiva dappri-ma nell’ottenimento dell’appoggio della Falange verso ilprogetto franchista, ed in seguito, come Ministro degli Este-ri del Governo spagnolo, nell’alleanza tra Spagna e potenzedell’Asse; la sua ascesa politica venne bruscamente interrot-ta a partire dalla fine del 1942, quando il regime, per ragionidi opportunità, diminuì progressivamente il suo sostegno allaFalange, in favore di un consolidamento verso il mondo cat-tolico.

Dopo il 1934, quindi, vennero adottati alcuni caratteri delfascismo internazionale, quali l’accentuazione della discri-minazione contro gli ebrei, l’uso di simbologiecaratteristische (quale ad esempio, l’uso del saluto romano)ma soprattutto l’adozione di strumenti legislativi tipicamen-te fascisti: tra questi, spicca il famoso Fuero del Trabajo, rical-cante la Carta del lavoro italiana, incentrato sulla codificazionedi un modello costitutivo corporativo.

In questo periodo, in effetti, l’idea di entrare in guerra afianco di Hitler e di Mussolini fu accarezzata più volte, e perquesta ragione si celebrarono incontri coi due dittatori ri-spettivamente ad Hendaya, nei Paesi Baschi, ed a Ventimiglia,

8. E. Gonzales Calleja, El estado ante la violencia, cit., p. 368.9. E. Moradiellos, La España de Franco (1939-1975), cit., p. 47.

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in Italia. Ma lo stato di profonda prostrazione della nazionespagnola fece rientrare il proposito, sembra anche perché lerichieste avanzate da Franco per entrare in guerra furonoritenute troppo onerose da Italia e Germania. Di fatto, co-munque, la Spagna, invece che neutrale, si dichiarò “nonbelligerante”, facendo perfettamente intendere le propriesimpatie.

Altro fatto storico di notevole importanza, in quel climabellico che sembrava favorevole all’Asse, fu l’invio di un con-tingente militare in Russia, la Division Azul, che presto simostrò decisamente inadeguata.

Con le prime sconfitte di Italia e Germania, e quindi ini-ziando ad avvertire che il crollo dell’Asse poteva comportaregravi rischi per la situazione interna, la politica franchistalentamente cambiò.

I personaggi più compromessi col nazifascismo, soprat-tutto falangisti, tra i quali il “cognatissimo” Serrano Suñer,furono accantonati, e si cercò di valorizzare al meglio l’inter-vento nel governo dei cattolici.

Non per questo la Falange venne lasciata a sé stessa: Fran-co intuì che, manipolando sapientemente la parte più “mal-leabile” di questa organizzazione, si sarebbe potuto garanti-re una base di fedelissimi, per bilanciare gli altri schieramenti.Del resto, molti falangisti si rendevano conto che l’unicapossibilità di salvezza, in quella situazione, era proprio direstare fedeli al Caudillo, perché il suo crollo avrebbe com-portato in primo luogo la fine della Falange.

Anche sul piano internazionale, Franco cercò di cancel-lare e far dimenticare alle potenze alleate le sue simpatieper l’Asse, agendo anche in modo così smaccato da attirareil sarcasmo di molti diplomatici.

Dal punto di vista ideologico, si cercò di far passare unalinea che aveva tra i suoi punti-cardine: la definizione di unaFalange “cristiana”, prima che fascista; la diffusione dell’ideache la Spagna franchista non era mai stata un regime totali-tario, anche se non poteva definirsi democrazia, a causadell’impreparazione del popolo spagnolo10; che il falangismonon poteva essere assimilato agli altri fascismi, perché eratroppo specifico della cultura spagnola; che mai il regime

10. Si veda l’articolo di M. A. Ruiz Carnicer, El aparato falangista ante la caida de losfascismos. […], p. 6, tratto dalla rivista «Spagna Contemporanea», n. 4, 1993

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aveva appoggiato l’Asse, ma che era sempre restato neutra-le; che se era intervenuto in Russia, era solo per combattereil comunismo, coerentemente con la propria impostazione.

Ben presto, benché la repressione dei dissidenti procedes-se a pieno ritmo, e nonostante le dichiarazioni di principiodelle potenze democratiche e dell’O.N.U., la politica fran-chista di “attesa”, superati i primi difficili momenti, ottennei frutti sperati: l’ipotesi di un intervento diretto straniero inSpagna era sempre più remota. Un fattore si dimostrò deci-sivo: le potenze occidentali vincitrici, ormai divise dal-l’U.R.S.S. dalla “cortina di ferro”, erano più propense a sa-crificare un’ipotetica democrazia spagnola che a correre ilrischio di un consolidamento dello schieramento comunistain piena Europa Occidentale. Del resto, l’esperienza dellaRepubblica dei primi anni ’30 e soprattutto il tentativo rivo-luzionario sperimentato, avevano alimentato grandi paurenelle borghesie occidentali, Gran Bretagna in primis. In ag-giunta a ciò, la stessa Unione Sovietica non si dimostrava parti-colarmente interessata alle istanze dei repubblicani spagnoli.

Il progressivo allentamento della tensione internaziona-le nei confronti del regime, ed i primi approcci, soprattuttodi carattere commerciale e militare, con gli Stati Uniti, furo-no celebrati internamente come grandi vittorie del Caudillo,che si proponeva all’opinione pubblica come colui che eraanche riuscito a tenere la Spagna fuori dai disastri della guer-ra mondiale.

Sul piano interno, evitata di fatto la temuta restaurazionemonarchica nonostante l’astutamente dichiarata disponibi-lità di Franco in tal senso, si accentuò sempre più la caratte-rizzazione del franchismo come un regime imperniato suivalori del cattolicesimo spagnolo tradizionalista.

Di conseguenza, sempre più profondi risultarono i lega-mi tra Vaticano e Madrid, tanto che la chiesa cattolica, tra ivari privilegi, ottenne anche la vittoria definitiva contro i set-tori falangisti nei fondamentali settori dell’istruzione e dellacultura, oltre alla già avvenuta vittoria rispetto al modellopolitico di riferimento.

Coi primi anni ’50, grazie ad un’abile opera di “cosmesi”e soprattutto sfruttando a suo favore una situazione interna-zionale che pareva condannarlo alla fine, Franco ed il suoregime entrarono a pieno titolo nella comunità internazio-nale.

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2.2) LA BASE SOCIALE ED IDEOLOGICA DEL REGIME

Il franchismo, come scrive Antonio Elorza11, fu essenzial-mente

una risposta traumatica ed arcaicizzante all’insieme dei conflit-ti che accompagnarono la precaria formazione di una societàmoderna nella Spagna del nostro secolo; la sua ideologia rivol-ta al passato sarebbe stata di per sé l’espressione di questo insie-me di limiti sia nella formazione della Spagna borghese, chenella configurazione dello stato-nazione, che, infine, nell’arti-colazione fra società civile ed esercito.

Per precisare ancora meglio questo concetto, possiamorifarci ad altri autori, tra i quali Gino Germani, J. A. GonzalesCasanova, Carolyne Boyd, e l’elenco potrebbe continuare,che puntualizzano chiaramente come questa risposta abbiaavuto in modo particolare il suo fulcro nella difesa degli in-teressi non solo economici, ma anche socio-culturali, delleclassi privilegiate del contesto spagnolo.

Troppo audaci le riforme del periodo repubblicano,senz’altro, ma soprattutto troppo radicale la consapevolezzadel proprio ruolo e della propria forza che stava maturandoil proletariato spagnolo, che tra l’altro si espresse molto chia-ramente nella massiccia adesione all’organizzazione anarco-sindacalista della CNT e, di conseguenza, nell’avanzamentodi richieste sempre più ambiziose.

Per la nobiltà secolare, per i ricchi possidenti agrari, perla chiesa cattolica, per il nascente capitalismo industriale,per l’onnipresente esercito, la Repubblica borghese non erain grado di frenare il disordine sociale che si accompagnòinevitabilmente a queste spinte; non poteva esserne capace,perché anch’essa, con le sue pretese liberali, aveva “tradito”l’Hispanidad, ossia la vera essenza della nazione spagnola.

Come già abbiamo avuto modo di spiegare, l’Hispanidadera ritenuta l’espressione della natura più vera, profonda egenuina dell’uomo spagnolo, che di ”razza superiore”, in

11. A. Elorza, Le radici ideologiche del franchismo, cit., p. 57.

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quanto strumento prediletto di Dio, doveva compiere unamissione storica, rappresentata dalla difesa e dalla diffusio-ne dei dogmi della chiesa cattolica. In questa lotta control’eresia, contro l’infedele, contro lo straniero perturbatore,gli spagnoli trovavano la vera unità e, perseguendo il fineonorato della gloria della chiesa cattolica, rendevano allostesso tempo più grande la patria.

Queste teorizzazioni affondavano nei fatti storici, spessomitizzati, che presiedevano alla fondazione della monarchiaiberica: in primo luogo, ci si rifaceva strumentalmente alperiodo medievale, alla strenua difesa sui monti del norddurante l’avanzata araba e la successiva Reconquista contro imussulmani.

In conseguenza di ciò, l’espressione più alta chel’Hispanidad aveva raggiunto, la si poteva scorgere durante iregni del ‘500, soprattutto durante quello di Filippo II. Inseguito, dottrine straniere e quindi estranee alla cultura spa-gnola, con il loro corollario materialista e razionalista, qualil’illuminismo, avevano cominciato ad attecchire anche all’in-terno del suolo iberico, diffondendo un germe che minavala quintessenza spagnola. Da quel primo elemento estraneoe nefasto, parallelamente alla situazione europea, sarebberogermogliate poi le altre correnti politiche, quali il liberalismoed il socialismo (nelle varie accezioni) che avevano contri-buito a far decadere la Spagna: era necessario, quindi,“rigenerare” la patria, purificandola dai corpi estranei, tor-nando orgogliosamente ad ancorarsi ai valori tradizionali.

Ed è in conseguenza di queste convinzioni, che possiamocomprendere meglio l’atteggiamento ostinato di Franco nelrifiutare nel 1939 di trattare la pace coi vinti, e la sistematicaeliminazione fisica del nemico, sia durante la guerra civileche nel periodo successivo. Si stava compiendo una missio-ne storica e sacra allo stesso tempo, e quelli che si stavanocombattendo andavano eliminati completamente, bisogna-va cancellarne addirittura il ricordo, perché “corpi infetti”,ormai non più appartenenti alla “razza” spagnola. Ed infatti,dalla parte dei nazionalisti, spesso si usò il termine di crocia-ta, e non senza motivi Michael Richards può affermare che,anche dopo il 1939, i falangisti si atteggiarono nei confrontidei “rossi” come dei veri e propri colonizzatori12.

12. M. Richards, Un tiempo de silencio, Critica y contrastes, p. 26.

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Queste teorie, che si rifacevano soprattutto allasistematizzazione teorica operata dallo storico e critico lette-rario Marcelino Menendez y Pelayo nel XIX° secolo, trova-rono una grande eco nella Spagna degli anni ’20-’30 delnovecento, e dai circoli letterari dell’ Acción española, si diffu-sero agevolmente tra quelle classi sociali che avevano tuttol’interesse per un ritorno marcato ai valori tradizionali, eche costituirono la base sociale del franchismo.

Tra queste, va ricordato come una parte della classe me-dia, seguendo l’analogo processo che si riscontrò in Germa-nia ed in Italia, fu spaventata dalle riforme repubblicane edall’eccessivo peso che stavano rappresentando le istanze deisettori proletari. Pertanto, vide come unica soluzione a que-sto senso di precarietà e di smarrimento la militanza nellaFalange, l’organizzazione che nacque dall’unione dei varigruppuscoli di destra, la quale appariva come un baluardodella situazione tradizionale. Ed in effetti, la Falange riscon-trò un aumento importante di aderenti in pochissimo tem-po, superando di fatto la pochezza dei consensi che in pre-cedenza avevano ottenuto i vari gruppi storici d’estrema de-stra.

Ma tra i più interessati settori che sempre appoggiaronoil franchismo, senz’altro possiamo menzionare, come abbia-mo detto, la tradizionale élite della società spagnola, rappre-sentata dai ricchi possidenti agrari, spesso forti di titoli nobi-liari, che il più delle volte si caratterizzavano per assenteismorispetto alle tenute agricole, preferendo vivere tra le como-dità cittadine grazie ai proventi delle campagne. Èindiscutibile che fino agli anni ’30 l’economia agricola spa-gnola presentava grandi latifondi, lavorati da fittavoli o brac-cianti senza terra. Tale sistema rappresentava il cardine eco-nomico e sociale della società spagnola, tanto che la stessaFalange, nella sua mitologia, non perdeva l’occasione di ce-lebrare proprio le virtù di questo “campesino” idealizzato: la-voratore, cattolico, obbediente, quindi portatore dei tradi-zionali valori spagnoli. Poco importava se le misere condi-zioni di vita di questo decantato personaggio contrastavanocon la fiera prosopopea con la quale era descritto.

Di conseguenza, si può ben comprendere come ogni ten-tativo di mutare gli equilibri consolidati delle campagne as-sumesse in primo luogo un carattere rivoluzionario di fatto.Ed infatti lo scoppio della rivoluzione sociale nel 1936 siconcentrò molto sulla realtà delle campagne, ed una delle

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prime preoccupazioni dei repubblicani, oggetto anche digravi tensioni interne, fu proprio quella di provvedere aduna riforma agraria, che comportasse non solo la fine di pri-vilegi secolari, ma essenzialmente la messa in discussione diun modello sociale ritenuto fino ad allora indiscutibile edintangibile.

Per questo i grandi latifondisti spagnoli, allo stesso mododei fattori italiani capi delle squadre fasciste, furono tra iprimi a rispondere al richiamo nazionalista, e furono tracoloro che più si segnalarono, durante e dopo la contesabellica, per un atteggiamento di intransigente repressione.Innumerevoli furono gli episodi che videro i ricchi proprie-tari espropriati, fare ritorno alle proprie proprietà e massa-crare i contadini che gli avevano occupato le terre. MichaelRichards cita13, tra i numerosissimi esempi, anche quello chevide protagonista il figlio dell’amministratore delle terre delMarchese di Jaen, che dopo la sollevazione militare fu asse-gnato ad un plotone di fucilazione e fu responsabile dellamorte di centinaia di persone. L’odio per avere osato mette-re in discussione l’antico “status quo” era così diffuso tra igrandi possidenti rurali, che era risaputo che, ad esempio,nella provincia di Cordoba, “quando si conducevano i con-tadini pistola in mano alla fossa comune per giustiziarli, i“señoritos” gli dicevano che andavano a dargli una lezionespeciale di riforma agraria”14. E gli esempi sarebbero innu-merevoli.

Un’altra classe sociale che da subito simpatizzò con i na-zionalisti, integrando le fila della falange, fu quella rappre-sentata dal nascente capitalismo industriale.

Come abbiamo già avuto l’occasione di ricordare, la Spa-gna fino agli anni ’50 del novecento non evidenziò, rispettoal resto d’Europa, un particolare sviluppo industriale, e lepoche, significative, concentrazioni, si trovavano soprattuttoin Catalogna, nei Paesi Baschi e nella zona mineraria delleAsturie. D’altra parte, proprio in queste zone, in Catalognaspecialmente, era fiorito un battagliero movimento rivolu-zionario, che spesso procedette ad occupare le fabbriche ed

13. M. Richards, Guerra civil, violencia y la construccion del franquismo, in AA.VV. LaRepubblica asediata. […], a cura di P. Preston, ed. Peninsula, p. 351; ma per la situazio-ne nelle campagne, si veda anche G. Ranzato, Rivoluzione e guerra civile in Spagna, cit.

14. M. Richards, ibid.

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a gestirle autonomamente, tra l’altro il più delle volte conproduttivi risultati15.

Inoltre va aggiunto che il franchismo, se da una parte sirichiamò ai valori tradizionali, dall’altra, si proclamò porta-tore di modernità, allo stesso modo degli altri fascismi euro-pei, e proprio lo sviluppo industriale doveva teoricamenteessere un categorico indicatore di questo progresso. Tutta-via, non riuscì a migliorare sensibilmente la realtà industria-le, che rimase arretrata. Tale situazione provocò enormi di-sagi sociali soprattutto nel periodo dell’autarchia economi-ca.

Una ulteriore importante base, il franchismo la trovò nel-l’esercito.

Sebbene, come fa notare Manuel Balbé16, tra le prime vit-time dell’insurrezione militare del 1936 vi furono propriomolti militari che vollero restare fedeli alla Repubblica, esebbene solo quattro tra i diciotto generali prendessero par-te alla sollevazione, ben presto l’esercito assunse un ruolofondamentale, ed i territori conquistati dai nazionalisti as-sunsero chiaramente i connotati di spazi conquistati e gestitisecondo i canoni militari.

Del resto, da sempre in Spagna l’esercito rappresentaval’elemento più importante dal punto di vista politico e socia-le: come abbiamo già ricordato, dal 1875 per la gran partedegli anni furono sospese le libertà politiche su disposizionedi regimi autoritari che si appoggiarono proprio sulle forzearmate. Queste, d’altronde, si erano riservate la possibilitàd’intervenire qualora avessero ritenuto la situazione politica“compromettente” per la patria: una legge del 1878, alla qualeFranco spesso si richiamò per vantare la legittimità e legalitàdel sollevamento, sottolineava come la prima e più impor-tante missione dell’esercito fosse non solo quella di sostene-re l’indipendenza della Patria e di difenderla dai suoi nemi-ci esterni, ma anche da quelli interni.

Inoltre, l’esercito era considerato come la componenteche meglio di ogni altra rappresentava la nazione spagnola,strumento-cardine delle sue glorie passate, il quale ancoranon aveva metabolizzato la situazione attuale, che, soprat-

15. Si veda, tra gli altri, J. Peirats, La CNT nella rivoluzione spagnola, cit., vol. II, p.257

16. M. Balbé, Orden publico y militarismo en la España constitucional (1812-1983), ed.Alianza, p. 398.

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tutto dopo il 1898, relegava la Spagna ad un ruolo seconda-rio nella politica internazionale. Proprio le sconfitte nelleguerre coloniali del 1898 (che videro la sconfitta della Spa-gna per mano degli Stati Uniti, e che comportarono la per-dita del dominio su Cuba, Portorico e Filippine), rappresen-tavano agli occhi delle sfere militari l’apice del degrado spa-gnolo, e le colpe erano attribuite alle idee liberali, che, conla loro corruzione morale ed il conseguente traviamento daivalori tradizionali, avevano infiacchito “l’indole guerriera”della razza iberica.

Proprio per questo, l’esercito rappresentò sempre perFranco il puntello più fedele, e furono attribuiti a suoi auto-revoli esponenti importanti incarichi istituzionali. La stessalegislazione spagnola per lungo tempo risentì dell’influenzamilitare, ed a dimostrazione di ciò è opportuno ricordareche la Spagna fu soggetta allo “stato di guerra” fino al 1948,con tutto quello che questo comportò.

Un altro dei tasselli della base sociale del regime fu rap-presentato dalla monarchia.

Non dobbiamo dimenticare, infatti, che i generali da su-bito dichiararono di voler abbattere la Repubblica proprioper ripristinare la monarchia. Poi, come sappiamo, la storiaseguì un altro corso, e si dovette aspettare la morte di Fran-co per vedere tornare i monarchi al potere in Spagna.

Questo avvenne perché Franco non aveva alcuna inten-zione di lasciare ad altri l’esercizio dell’autorità, e, nonostantele numerose sue dichiarazioni che esprimevano simpatia econsenso per un ripristino della casa regnante, atto dovutoper ragioni di equilibri interni, non mancarono neancheseveri moniti ai partigiani della monarchia. Infatti, più voltefu dichiarato da parte del Caudillo che ampi settori che ave-vano combattuto contro i “rossi”, e si citava in modo partico-lare la Falange, non avrebbero visto con favore un ritorno alvecchio regime monarchico, soprattutto senza alcun tipo digaranzia. Ovviamente, ciò era tipico dell’azione politica diFranco, abile a dividere ed a sfruttare questi contrasti inter-ni alle “famiglie” del regime per consolidare il proprio pote-re personale.

Con i monarchi in esilio ci fu anche un momento di gros-so attrito: infatti, attorno alla casa regnante, dopo la secon-da guerra mondiale, si erano saldate le speranze di partedegli oppositori al franchismo, che culminarono con la fa-mosa “Carta di Losanna”, nella quale lo stesso sovrano Don

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Juan di Borbone chiedeva un plebiscito per il futuro sistemadi governo ed il ripristino delle libertà democratiche; in se-guito, tale contrasto sfumò, con buona pace di coloro chesperavano nella monarchia per vedere finito il potere di Fran-co, ed anzi essa rappresentò in seguito un importante avalloalla politica del regime.

Un sostegno determinante per il regime franchista fuquello rappresentato dalla chiesa cattolica.

Se l’esercito rappresentò il mezzo con il quale vincere laguerra e fortificare il regime, la chiesa fu la più importantefonte di legittimazione interna ed esterna.

Già abbiamo ricordato che le proteste della destra fran-cese impedirono un diverso atteggiamento del governo delFront Populaire rispetto alla contesa in atto in Spagna, e que-ste trovarono la base d’appoggio proprio sulla strumentaliz-zazione delle violenze, che comunque ci furono, subite dallachiesa cattolica da parte dei repubblicani, ignorando peròle cause ed accentuandone le conseguenze. Inoltre, va ricor-dato che tra i primi ferventi sostenitori della causa naziona-lista ci fu proprio il Vaticano, che, incurante dei morti pro-vocati e delle ferite inferte al popolo straniero, fu tra i primia riconoscere il regime franchista, e lo stesso Pio XII nel 1939fu tra coloro che più si felicitò con Franco per la vittoriaottenuta, oltre a difendere in tutte le sedi internazionali lacausa della dittatura.

Allo stesso modo, la “cosmesi” avvenuta a livello istituzio-nale nel regime dopo la sconfitta dell’Asse, si poggiò sullagerarchia cattolica, che fu ben soddisfatta del ruolo semprepiù importante che le veniva riservato in seno al regime.

Il fondamentale ruolo assunto dalla religione durante ilconflitto è noto, e soprattutto è evidente se consideriamoche nei primi comunicati emessi dai rivoltosi non si facevaalcuna menzione alla chiesa e dei suoi valori, e che questoruolo di “paladini della cristianità” venne in seguito inveceesaltato, comprendendo che l’eventuale vittoria non potevaprescindere da questo fattore.

La chiesa cattolica spagnola rappresentava una delle piùinfluenti forme di potere e una delle più forti potenze eco-nomiche. Inoltre, era considerata la depositaria dei valoripiù profondi della essenza dell’animo spagnolo e delle suetradizioni.

Da ciò, in particolare, derivava lo strapotere che la chiesaesercitava soprattutto nelle zone rurali, dove la religiosità si

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esprimeva in forme tradizionali spesso al limite della super-stizione popolare, in una commistione mistica dalla quale leistituzioni ecclesiastiche ne uscivano sempre più rafforzate etemute.

Inoltre, in alcuni settori, quali il campo della cultura edell’educazione, il ruolo della chiesa cattolica era fondamen-tale, che ne approfittava per celebrare e trasmettere i valoridi cui era portatrice; in seguito, con l’affermazione delfranchismo, per qualche tempo la chiesa cattolica dovetteconfrontarsi con le analoghe aspirazioni della Falange an-che in questo campo, e ne uscì vittoriosa..

Di conseguenza, se da una parte fu uno dei bersagli pre-feriti del rancore dei rivoluzionari, che ne riconoscevanochiaramente il ruolo di agente d’arretratezza sociale, dall’al-tra parte la chiesa cattolica rappresentò il motivo fondamen-tale di legittimazione che permise ai militari insurgentes divedere aumentare la propria base di consenso nella guerra enel periodo successivo.

Questo è, in effetti, un punto molto importante se voglia-mo analizzare la base sociale del franchismo: infatti, fino adora abbiamo trattato di alcune classi e di alcuni soggetti, quellinaturalmente attratti nell’orbita franchista, cioè dell’aristo-crazia fondiaria, della grande borghesia produttiva ed am-ministrativa e di parte di quella media, dei militari e del cle-ro, che rappresentavano i poteri più forti: ma questi eranonumericamente esigui nel corpo sociale della Spagna. Inve-ce, noi sappiamo che anche il franchismo riuscì ad ottenereuna base sociale di massa, che gli permise di vincere la guer-ra prima e di restare al potere poi: la causa più importantedi questo consenso è da rintracciarsi proprio nella questio-ne religiosa.

La guerra ben presto divenne una “crociata”, in difesadei valori cattolici, e dalle gerarchie della chiesa, come alpiù meschino prete di campagna, fu amplificato questo si-gnificato. Però, come fa notare Gabriele Ranzato, non fu solol’influenza esercitata dai pulpiti, per altro importante, a por-tare i cattolici ad aderire alla causa dei nazionalisti: fu deter-minante anche un altro fattore, e cioè che

i cattolici nella quasi totalità, dal cardinal primate al più umiledei suoi fedeli, una volta scoppiata la guerra, dovettero farecomunque quella scelta in primo luogo per la loro sopravviven-za e per quella della chiesa,

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e più avanti

la persecuzione religiosa determinò un quasi assoluto unanismonella scelta di campo dei cattolici17.

Infatti, nonostante il governo repubblicano cercasse, inseguito, di limitare le violenze nei confronti del clero, è in-negabile che vi furono atti che alienarono in maniera pro-fonda e duratura le simpatie di buona parte del mondo cat-tolico.

Però, sarebbe riduttivo non fare un’altra considerazione,e cioè che molto probabilmente proprio queste violenze su-bite finirono per essere lo strumento utilizzato per coprireun appoggio che comunque la chiesa avrebbe dato al colpodi stato: troppo coeso era infatti l’intreccio degli interessieconomici e sociali che legavano le ragioni dei golpisti adun clero che nel tempo si era sempre dimostrato sostanzial-mente disinteressato alle condizioni delle classi più povere,e che temeva in modo evidentissimo un cambiamento socia-le. Se non dicessimo questo, non potremmo comprendere,limitandoci solo agli anni ’30, il ruolo svolto dalla chiesa com-plessivamente: le vere e proprie campagne elettorali controi partiti di sinistra, la pronta ed immediata scelta di camponel 1936, e la successiva politica di appoggio al regime. I pochicasi di opposizione al regime, se così vogliamo chiamarla,erano più legati a diversi modi di concepire il ripristino del-la situazione: tanto per fare alcuni esempi, negli anni ’40, ilcontrasto che oppose il regime al vescovo di Siviglia, Segura,era dettato dal ritardo rispetto alla restaurazione della mo-narchia; come l’attrito manifesto tra falange e chiesa scaturìdalla reciproca concorrenza, all’interno di una totale accet-tazione del regime, nei confronti di alcuni campi in partico-lare, come l’educazione dei giovani ed il modello politico-sindacale sul quale articolare il regime. Anche l’esperienzadel periodico cattolico «TU!»18, frutto dell’organizzazionecattolica H.O.A.C. che stava conseguendo i primi storici ri-sultati all’interno del mondo operaio, si muoveva ovviamen-te all’interno di un preciso contesto ed era favorito dalla si-

17. G. Ranzato, All’origine della base di massa del regime franchista, in AA.VV. Per unadefinizione della dittatura franchista, a cura di L. Casali, cit., p. 158.

18. L. De Boni, L’opposizione cattolica al franchismo. La H.O.A.C. e il giornale «Tu!»(1946-51), articolo tratto dalla rivista «Spagna Contemporanea», n. 10, 1996.

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tuazione internazionale, ma anch’esso fu costretto alla chiu-sura dall’autorità appena osò alzare in modo minimamenteautonomo il livello del dissenso rispetto ad una situazionespecifica impossibile da non vedere, ossia l’indiscutibile sta-to di miseria della popolazione.

Per finire, è doveroso ricordare nuovamente che il collantedi tutte queste “famiglie” politiche operanti all’interno delregime fu la comune ideologia di fondo, tradizionalista cat-tolica, e soprattutto la figura dello stesso Franco, che sempregiostrò le varie fazioni a suo piacimento e seppe opportuna-mente gratificarle con incarichi e responsabilità governati-ve.

2.3) STRUMENTI DI CONSENSO E DI REPRESSIONE

Per poter analizzare nel modo migliore gli strumenti re-pressivi impiegati dal regime franchista dopo il 1939 e lemodalità adottate per assicurarsi un certo consenso sociale,è opportuno cercare preliminarmente di definire in modopiù preciso alcuni termini-chiave (quali il controllo sociale,la repressione, la coercizione legale). Questa precisazioneconcettuale potrà poi esserci utile volendo inoltre rifletteresu che rapporto reciproco possa esservi tra strumento re-pressivo e ricerca del consenso da parte del regime. Tantoper chiarirci: un dato intervento repressivo contro una pre-cisa classe sociale, può allo stesso tempo anche rivestire unvalore ”promozionale” verso altri settori.

In un saggio di E.Gonzalez Calleja19, vengono formulatealcune definizioni che possono aiutare ad inquadrare almeglio questa questione. Innanzitutto, trattando circa il con-trollo sociale, si precisa che esso

ingloba i mezzi d’intervento, positivi o negativi, che utilizza unacollettività per conformare i suoi membri alle regole che carat-terizzano la vita in comune, impedire o disanimare i comporta-menti devianti e ricostruire le condizioni di consenso di frontealla eventualità di un cambio nel sistema normativo.

19. E. Gonzales Calleja, El estado ante la violencia, in AA.VV. Violencia politica en laEspaña del siglo XX, a cura di S. Julià, cit., p. 365.

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In seguito, si tenta di definire anche gli altri due termini-base:

La repressione, consistente nell’impiego di meccanismi di con-trollo e di sanzione di condotte che il potere istituito qualificacome “devianti”, non emana necessariamente da un potere isti-tuzionale o statale, ma può essere utilizzata da un parastato oun contro potere emergente, e ingloba un amplio ventaglio diprocedure che possono andare dalla violenza fisica o psicologi-ca fino alla direzione di condotte pubbliche e private, attraver-so, per esempio, l’imposizione di una certa morale o di unacultura ufficiale, nel qual caso appare come più vicina al con-cetto di controllo sociale.

Quindi, si è in presenza di coercizione legale

quando lo Stato mantiene l’ordine attraverso ad un monopoliodell’uso della forza accettato per la maggior parte della popo-lazione, che suole essere applicata da istituzioni specializzate,come l’ordinamento giuridico (cornice normativa), la Polizia(funzione dissuasoria-repressiva), i Tribunali (funzionesanzionatoria) o il sistema penitenziario (funzione restitutiva)”.Inoltre, si aggiunge un’altra considerazione importante, ossiache “in ogni caso, la volontà coercitiva di un governo è sempreselettiva, e consiste in una combinazione di repressione sopracerti gruppi e di facilitazione dell’attività di altri, mentre la tol-leranza sarebbe quella “terra di nessuno” che esiste tra gli in-terventi coattivi e stimolatori dell’azione collettiva.

Fatta questa necessaria premessa, possiamo procedere adanalizzare più nello specifico la situazione della Spagna fran-chista rispetto a questi aspetti.

Date le circostanze della presa del potere e la natura ide-ologica del regime, è evidente che le forme di repressioneverso gli oppositori, o presunti tali, assunsero da subito livel-li tali come raramente si riscontrò nell’Europa contempora-nea. B. Muniesa20 afferma che ancora nel 1946, il 43% delbilancio statale era assorbito da spese inerenti la repressio-ne.

20. B. Muniesa, De la dictadura a la monarchia. Historia de España 1939-1996, cit., p. 51.

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All’arrivo del dopoguerra, i vincitori ancora non sentono sicu-ro il raggiungimento dei loro obiettivi: hanno disarticolato ipartiti e le organizzazione operaie, però manca l’annichilimentocompleto. Erano cadute ormai, con la vittoria militare, le istitu-zioni democratiche, però manca la demolizione totale del mo-vimento operaio, del quale ancora si teme che sia capace dirinverdire e riorganizzarsi. Questo è ciò che il franchismo pre-tende evitare con una feroce persecuzione: la riorganizzazionefutura dell’oppositore politico. La repressione si fa per il pre-sente e per il futuro. La violenza fu un elemento strutturale delfranchismo. La repressione ed il terrore conseguente non era-no qualcosa di episodico, ma il pilastro centrale del nuovo Sta-to, una specie di “principio fondamentale del Movimiento”. […]Alle persone di sinistra, ai vinti, che anelavano di ricostruire leloro vite, gli si negò ogni diritto e li si condannò all’emar-ginazione (sociale, economica, lavorativa). Il franchismo glinegò la considerazione di persone. […] Non erano spagnoli,ma antispagnoli, scoria comunista21.

La repressione, con la sua violenza sistematica, non fu unaconseguenza “inevitabile” per ricostruire la Spagna, ma fusentita dal regime come condizione “necessaria”, dovendoaffermare in modo inequivocabile la propria vittoria non solopolitica e militare, ma anche psicologica: ogni altro possibi-le riferimento anche valoriale, che si differenziasse dai dog-mi sociali tradizionali, doveva essere estirpato una volta pertutte dalle menti degli spagnoli, ricorrendo senza particola-ri scrupoli ad ogni mezzo, anche il più violento.

Del resto, come hanno fatto notare diversi storici, tra cuiM. Richards22, la violenza franchista da subito, anche nel corsodella guerra civile, si differenziò da quella esercitata dallaparte repubblicana: la prima, infatti, era pianificata dall’altoe praticata sistematicamente, rispondendo al preciso obiet-tivo di un’ideologia che “doveva” eliminare il nemico; al con-trario, il governo repubblicano non ordinò mai l’uso dellabrutalità e si mostrò sempre contrario all’uso del terrorepolitico, e gli episodi più violenti commessi dalla propriaparte, che il più delle volte erano sfoghi popolari spontanei

21. AA.VV. Victimas de la guerra civil, a cura di S. Julià, ed. Temas de hoy, 1999, p.277 e segg.

22. M. Richards, Guerra civil, violencia y la construccion del franquismo, in AA.VV. LaRepubblica asediata. […], a cura di P. Preston, cit., p. 323.

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ed incontrollati, provocarono pesanti “crisi interiori” e ten-tativi per sanzionare eventuali delitti.

Sotto l’aspetto legislativo, lo stesso Michael Richards23 of-fre una suddivisione temporale delle modalità dell’organiz-zazione giudiziaria dal 1936, corrispondente grosso modo alcarattere che assunse la repressione nella sua generale arti-colazione. Nei primi mesi di occupazione di un territorio, siapplicava la cosiddetta “Giustizia di Franco”, ossia si provve-deva a purificare la zona senza che fosse necessario unqualsivoglia tipo di processo: semplicemente, si fucilavano isospetti sul posto o a gruppi, in modo esemplare per tutta lacomunità. Decine di migliaia furono i fucilati in quei primiperiodi. Uno dei casi più eclatanti fu l’iniziale “pacificazione”di Siviglia e dei suoi dintorni, che durò una settimana dal-l’arrivo dell’esercito franchista, e, sotto gli ordini del gene-rale Mola, praticamente eliminò la totalità della popolazio-ne operaia: i morti erano abbandonati lungo le strade, im-pedendo il passaggio dei mezzi, così che tutti potessero ve-dere.

“Purificato” il territorio, dal febbraio al luglio del 1939 siebbe la fase della “giurisdizione militare”, applicando appun-to il codice militare. Non per questo il livello repressivo calò:tra i tanti dati in possesso, consideriamo ciò che annotò lostesso Galeazzo Ciano, alto gerarca fascista, nel suo Diario,quando affermò che a Madrid, ancora nell’estate del 1939,si producevano circa 200-250 esecuzioni giornaliere. Lo stru-mento preferito erano i vari Consigli di guerra, il più dellevolte collettivi, nei quali il relatore leggeva le varie accuse acarico del processato, spesso strappate con la tortura. Nonservivano prove o altro: bastavano le denuncie, anche anoni-me, e le informazioni negative raccolte dalla Falange o dallaGuardia Civil; il “difensore” si limitava a chiedere pene unpo’ più basse, anche se, a dimostrazione del carattere delprocesso, vi furono alcuni casi in cui lo stesso difensore chie-se la pena di morte, a differenza dell’accusatore….In tuttoquesto, raramente all’accusato era concessa la parola, dellaquale per altro non si teneva conto. Quindi, nel finale del“processo”, con tono apocalittico tipico della retorica delregime, si elargiva la pena, spesso con sentenza di morte chesi eseguiva pochi giorni dopo la sentenza. Se la famiglia del

23. M. Richards, Un tiempo de silencio, cit., p. 46.

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condannato aveva le possibilità economiche o aveva cono-scenze importanti, poteva sperare nelle Auditorias de Guerra,sparse per la Spagna, che dovevano confermare o modifica-re la pena: dai controversi dati in possesso24, sappiamo chepochissime furono le pene commutate, ed addirittura finoad un’ordinanza del 9 gennaio 1940, non si contemplò lapossibilità di revisione della sentenza su richiesta dei con-dannati, che comunque, dato il basso livello culturale loro edelle proprie famiglie, raramente tentarono in seguito que-sta possibilità. L’ultima speranza cui appellarsi nel caso disentenze di morte era la clemenza del Generale Franco, che,insieme al tenente colonnello L. Martinez Fuset, esaminavale varie petizioni, che quasi sempre respingeva con macabrocinismo25.

Quindi, il periodo della “giurisdizione speciale”, fino al1942, applicato in conseguenza della Legge sulla responsabilitàpolitica emessa nel febbraio 1939, che si prefiggeva lo scopodi ultimare la repressione, eliminando quelle persone che,anche se in modo passivo, avevano collaborato in qualcheforma con i repubblicani. Ovviamente, il tribunale era com-posto da un ufficiale di alto rango dell’esercito, da un fun-zionario di giustizia franchista e da un membro della falange.In una realtà nella quale la delazione era uno dei mezzi fa-voriti dal regime, si verificò spesso il caso di accusati chiama-ti in giudizio solo per interesse dei vicini, che intendevanoin questo modo accrescere le proprie proprietà, o perchévittime della rabbia di appartenenti al regime. Di conseguen-za, si verificarono alcuni fatti incredibili: tra i vari esempiche purtroppo si presentano, ne citerò alcuni26. Tale F.Copado Sanchez, comunista di un paese vicino a Cordoba,fu accusato di essere un dinamitardo da due testimoni, unodei quali aveva perso un figlio tra le fila dei nazionalisti. Adun certo punto, emerse che l’altra denuncia era stata estortacon l’inganno e gli autori stessi si recarono dal giudice perritirarla, ma questi si rifiutò, arrivando a minacciarli di even-tuale complicità. Il risultato fu che Copado non evitò lafucilazione. Altro caso eclatante, quello della vecchia Letona,nella zona di Guadalajara, condannata a sei anni di carcere

24. AA.VV. Victimas de la guerra civil, a cura di S. Julià, cit., p. 324.25. AA.VV. Victimas de la guerra civil, ibid.26. AA.VV. Victimas de la guerra civil, ibid.

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perché “poteva aver fritto uova a due militari della Repubbli-ca e che quelle uova potevano essere rubate”. Per finire, ilcaso di B. Sanchez Arrieta, che fu accusato di aver ucciso ilparroco che, in realtà, si era nascosto. Recatosi lo stesso par-roco a testimoniare, gli fu evitata la fucilazione, ma non laprigionia a vita.

In ogni paese, membri della Falange insieme molto spes-so al parroco locale, si assumevano il compito di stilare una“lista negra” degli eventuali sospetti, da inviare al giudice.

Dal febbraio 1942, fu possibile arrivare alla fase della “giu-risdizione ordinaria”, supponendo un certo ritorno alla “nor-malità”. Comunque, come confermano numerosissime fon-ti, molte delle quali già citate, le esecuzioni di massa conti-nuarono almeno fino al 1943, per lasciare poi il campo aprovvedimenti, in un certo senso, più mirati.

In ogni caso, fino a tutti gli anni ’40, le eliminazioni sbri-gative degli oppositori tramite “paseos” o “ley de fuga”, o avallatein modo discutibile dai vari Consigli di guerra spesso consentenze già scritte, furono la norma.

Per comprendere meglio, anche sotto il punto di vista le-gislativo, il regime franchista, va in primo luogo sottolineatocome lo stato di guerra, emanato col bando del 28 luglio1936, sia rimasto in vigore fino al 7 aprile 1948, anche invirtù della nuova situazione internazionale: ovviamente, talecondizione servì come appiglio per giustificare il carattererepressivo delle varie leggi che in quegli anni si adottarono,in una dovuta messa in scena di una parvenza di Stato didiritto.

Tra queste, tre furono le leggi fondamentali dal punto divista repressivo di questo periodo: la già citata Legge sulla re-sponsabilità politica, emanata il 9 febbraio 1939; la successivaLegge sulla repressione della massoneria e del comunismo del 1marzo 1940; ed infine la Legge sul banditismo ed il terrorismo,emessa il 18 aprile 1947.

La prima, metteva fuori legge tutti i partiti e le organizza-zioni sindacali , aveva carattere retroattivo addirittura a par-tire dall’ottobre 1934, e si proponeva di perseguire tutti co-loro che contribuivano a “rendere difficile il trionfo provvi-denziale e storicamente ineludibile del Movimiento Nacional”:in pratica, tutti i militanti e simpatizzanti dei vari schiera-menti di sinistra o indipendentisti, e la legge prevedeva per-sino la possibilità di confisca dei beni delle famiglie degliaccusati. È quindi evidente la vastità dei soggetti interessati

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da questo provvedimento, che aveva altresì l’effetto, con ilcarattere predatorio che lo contraddistingueva, di portareanche una moltitudine di famiglie in una condizione di estre-ma precarietà economica e di continua paura.

La Legge sulla repressione del comunismo e della massoneria,fin dalla sua dicitura chiaramente dettata dal contesto inter-nazionale, definiva i soggetti che presentavano queste carat-teristiche come nemici “della Patria, della religione e del-l’armonia sociale”, ed in realtà servì per colpire tutti coloroche rappresentavano un avversario per il regime, e nel no-vembre 1943 tale legge venne precisata, istituendo un giudi-ce speciale in ogni regione militare preposto ai crimini diquesto tipo.

Infine, la Legge sul banditismo ed il terrorismo, fu emessa nel1947, cioè in un momento storico in cui il regime ostentavauna presunta pacificazione interna, che definiva ogni atto diribellione politica come un atto delinquenziale, slegandolodal contesto politico, e restò in vigore fino a circa metà deglianni ’60. Questa legge colpì in modo particolare gli ultimiresistenti anarchici: infatti, come abbiamo già avuto mododi ricordare, in quel periodo, solo il movimento libertariocontinuava in modo significativo ad opporsi in modo arma-to al regime. I socialisti e gli altri partiti della sinistra conti-nuavano ad appigliarsi alla speranza rappresentata dalle po-tenze democratiche, e quindi non avevano l’intenzione dialienarsi eventuali simpatie, mentre il Partito Comunista giàda dopo l’episodio della Valle d’Aran aveva iniziato a sman-tellare le sue considerevoli basi guerrigliere. Infatti, nell’ot-tobre 1944, sulla spinta degli avvenimenti internazionali, dallaFrancia penetrarono nella Valle d’Aran, nelle zona pirenaica,circa 3.000 uomini armati, in gran parte sotto il comandocomunista, allo scopo di liberare la Spagna. Le truppefranchiste, però, riuscirono a bloccare l’offensiva, e la scon-fitta dei guerriglieri ebbe pesantissime ripercussioni sulla stra-tegia militare del Partito Comunista Spagnolo. Il movimen-to anarchico ed i vari militanti raggruppatisi intorno ad esso,invece, continuavano a resistere, sia attraverso le bande guer-rigliere sulle montagne, sia soprattutto alimentando quelfenomeno definito della “guerriglia urbana”, soprattutto inCatalogna, che si rese protagonista di attentati contro espo-nenti del regime e di diffusione di materiale propagandisti-co.

Gli organi privilegiati in quest’opera repressiva erano es-

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senzialmente due: l’esercito e la guardia civil, corpo di pub-blica sicurezza, capillarmente diffuso sul territorio.

Sull’esercito, ho già abbondantemente spiegato circa ilfondamentale ruolo politico da sempre ricoperto nella Spa-gna, e di quanto fosse profonda, soprattutto nei suoi vertici,l’idea che esso fosse lo strumento più importante per il man-tenimento dell’ordine tradizionale; conscio di questo, lo stes-so Franco lo rese il cardine del suo sistema politico e statale,tanto che moltissimi dei funzionari del regime, anche concompiti di carattere civile, provenivano dalle forze armate.

Sulla guardia civil, bisogna dire che già nel tempo dellaRepubblica era evidente il suo orientamento reazionario, mache a nulla valsero i tentativi del governo repubblicano digarantirsene la fedeltà. In seguito, proprio la guardia civilrappresentò lo strumento privilegiato nel contrastare la mi-naccia della guerriglia, spesso adottando per tale scopo mi-sure sanguinose che coinvolgevano anche il potenzialeretroterra logistico dei combattenti, vale a dire i vari pueblosdi montagna, che di conseguenza risentirono pesantementedel conflitto.

A questo quadro va aggiunta l’azione di un corpo specia-le di polizia, la Segunda bis, che soprattutto in Catalogna ebbeun ruolo da protagonista contro la resistenza libertaria27.

Sotto il regime non vi fu solo questa repressione esplicita,ma bisognerebbe considerare anche tutte quelle forme di“autorepressione”, dettate dal terrore e dal disincanto di unarealtà che si stava consolidando sempre più in un dato senso.

Chi più di ogni altro soggetto collaborò con il regime acontribuire ad una sorta di “repressione delle menti”, fu lachiesa cattolica. Questa, del resto, non fece mai alcun gestopacificatore, nè spinse per accettare un’amnistia verso glisconfitti, ma anzi collaborò a pieno titolo con la macchinarepressiva: la battaglia del franchismo era la “sua” battaglia,che infatti legittimò ideologicamente, contribuendo a defi-nirla come “crociata”, con tutto quello che ne conseguì. Cifurono anche alcune forme di protesta e di opposizione cat-tolica, ma di scarsa risonanza, quali, ad esempio, quelle chevidero protagonista il già citato leader conservatore GilRobles, costretto all’esilio, o i monaci del convento diMontserrat. I pochi tentativi operati anche da cattolici di

27. E. Bayo, Los atentados contra Franco, cit., p. 23.

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portare la chiesa cattolica ad esercitare un ruolo di media-zione, naufragarono nell’indifferenza28, anche perché spes-so proprio i preti, tra i quali molti militavano anche nellaFalange, stilavano le famigerate listas negras degli oppositori.Anche grazie all’influsso del Vaticano, un grande pesonell’agone politico spagnolo lo rivestirono i gesuiti, che siorganizzarono nella propaganda costituendo l’Associazionenazionale cattolica di propagandisti (A.N.C.P.): tra essi spiccavail direttore delle carceri Maximo Cuervo. Sempre nel siste-ma carcerario, importante era il ruolo rivestito dai cappella-ni militari, che avevano il compito di “ottenere il pentimen-to”, come nell’era della Sacra Inquisizione Cattolica. Ma ilsettore nel quale l’influenza cattolica arrivò a livelli incredi-bili fu in quello della cultura, in generale, e della scuola.L’educazione, di qualunque grado, doveva rappresentare lostrumento privilegiato per diffondere il sentimento di pa-triottismo, la disciplina sociale e la trasmissione dei valorifondamentali tradizionali che proprio nella chiesa trovava-no la massima espressione.

In ogni caso, ogni espressione culturale era sottoposta acensura preventiva, ed il regime fece in modo che film, ra-dio, giornali, contribuissero ad accrescergli il consenso; delresto, il 90 % degli intellettuali era già emigrato dopo la finedella guerra civile29.

Non dimentichiamo, a questo proposito, che il regimenon poté contare su un consistente appoggio del mondointellettuale di un certo livello che lo appoggiasse: tra i po-chissimi, il pensatore e storico liberale conservatore Salvadorde Madariaga, che fu esule a Roma; il filosofo Josè Ortega yGasset, che negli anni ’30 rappresentò un riferimento cultu-rale per le forze di destra, e solo nel 1946 si decise di tornarein Spagna; inoltre, ricordiamo che un altro famoso intellet-tuale con simpatie tradizionaliste, come Miguel de Unamuno,da subito entrò in collisione con il regime, a causa dell’ec-cessivo autoritarismo: proprio alle famose parole pronunciateda quest’ultimo nel corso dell’inaugurazione dell’anno ac-cademico all’Università di Salamanca e riferite ai nazionali-sti, e cioè: “Vincerete ma non convincerete!”, si deve l’altrettanto

28. AA.VV. Victimas de la guerra civil, a cura di S. Julià, cit., p. 353.29. E. Mateo, Algunos problemas culturales de los años quarenta en España, articolo

tratto dalla rivista «Spagna Contemporanea», n. 1, 1992.

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famosa frase “Muera la inteligencia!”, pronunciata da un ge-nerale franchista, che così intese rispondergli30.

Degli altri intellettuali di prestigio, ricordiamo che Fede-rico Garcia Lorca, repubblicano convinto, fu assassinato quasisubito dopo lo scoppio della guerra civile, mentre altri, comePablo Picasso, Pablo Casals, Max Aub, ecc., preferirono l’esi-lio e sempre criticarono il regime.

In precedenza, si faceva notare come la repressione eser-citata presso alcuni settori sociali comportasse un beneficioper altri, che ovviamente ricambiavano il regime di un con-senso enorme.

L’espressione più eclatante di questa situazione, sievidenziò quando il regime provvide ad abrogare tutte le leggidel periodo repubblicano, in modo particolare la riformaagraria. Questo provvedimento, oltre al chiaro carattereclassista che esprimeva, per alcuni settori rappresentò l’esem-pio più manifesto dell’auspicato ritorno alla società tradizio-nale, nella quale “tutti stavano al loro posto”.

Anche gli altri provvedimenti intrapresi nel campo eco-nomico, tra i quali spicca l’elaborazione del Fuero del trabajo,ispirata dal fascismo italiano, con la rigida elaborazione diun sistema lavorativo corporativo e verticale, nel quale si ri-ducevano all’osso le possibilità di contrattazione sindacale,furono salutati con grande entusiasmo sia da quelle classisociali che avevano tutto l’interesse per una simileridefinizione nel mondo del lavoro, sia per quei settorifalangisti che aspiravano ad uno “stato nuovo” di chiara im-postazione fascista.

Con lo stesso entusiasmo vennero celebrati anche altriprovvedimenti, che contribuirono al duplice obiettivo sia didiffondere all’interno dei confini spagnoli l’idea che non vierano ormai più contrasti e che la nazione era stata pacifica-ta, sia di contribuire ad una migliore immagine internazio-nale, facendo credere che anche il regime di Franco si stesseaprendo a forme più democratiche di vita politica.

In questo senso va inteso l’insediamento delle Cortes nel1943, un teorico organo rappresentativo del popolo spagno-lo, anche se erano in realtà una mera appendice della ditta-tura, essendo composte da deputati del partito unico e non

30. G. Di Febo, La Repubblica degli intellettuali, saggio tratto da Storia dossier/ Laguerra civile Spagnola, ed. Giunti, allegato al n. 11, ottobre 1987.

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avendo un ruolo decisionale, ma essendo anzi anch’esse com-poste su base corporativa.

Dello stesso segno fu la Legge di successione, già rifiutata inquanto antidemocratica dalla stessa casa regnante, che

prefigurava una futura Monarchia come successiva al suo man-dato [di Franco, n.d.a.], senza precisare date. Acclamata nelleCortes unanimi, la Legge fu proposta per votazione popolarein un Referendum.[…] Il 6 di luglio 1947 si verificò il referen-dum. Le sue condizioni mancarono di garanzie minime: si pre-tese il certificato di voto ai lavoratori, nelle loro fabbriche, sot-to la pena di non riscuotere la settimana, ed il censo fu ingros-sato con morti. Secondo i dati ufficiali, i voti affermativi furonol’82,35 % rispetto ai negativi-bianchi-nulli che raggiunsero qual-cosa di più del 7%. Votò l’88,6% del censo e l’astensione fu del2%31.

In pratica, così facendo Franco ottenne di legittimare ilsuo potere, potendo nominare il successore nel momentoda lui ritenuto opportuno.

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31. B. Muniesa, De la dictadura a la monarquia. Historia de España 1939-1996, cit., p. 50.

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SECONDA PARTE

LA REPRESSIONE

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CAPITOLO III

IL PERIODO DAL 1939 AL 1943

3.1) L’AFFERMAZIONE FRANCHISTA

Dal dizionario devono sparire in modo assoluto le parole amni-stia ed indulto. Queste parole devono sparire per sempre.

(Generale Queipo de Llano)

Questa frase, pronunciata da uno dei generali nazionali-sti all’inizio della guerra civile, aiuta immediatamente a com-prendere il carattere che assunse la repressione sia nelle zoneche venivano progressivamente occupate, sia dopo la con-clusione del conflitto armato. Sarebbe un errore considera-re queste parole come un eccesso verbale di un esaltato: inprimo luogo, perché gli atti stessi praticati dai nazionalistisono una chiara testimonianza di una precisa opzione terro-ristica; in secondo luogo, perché alle parole di Queipo deLlano possiamo aggiungerne altre, tutte dello stesso tenore.Tra i vari esempi, basterà citare come anche il giornale filo-nazionalista «ABC», quasi parafrasando lo stesso generale,riportasse che:

le parole perdono ed amnistia dovevano essere bandite1.

Come questo atteggiamento intransigente rispecchiassel’orientamento dello stesso Franco, lo si arguisce dal fattoche più volte nel 1939 rifiutò di scendere a patti con i repub-blicani che intendevano ottenere garanzie in cambio della

1. M. Richards, Guerra civil, violencia y la construccion del franquismo in AA.VV. LaRepublica asediata, a cura di P. Preston, cit., p. 313.

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resa, forte della convinzione che fosse ”impossibile negozia-re con il male”.

Franco voleva, e conseguì, una vittoria totale, e per arri-vare a questo era necessario cancellare l’avversario, fisicamen-te e psicologicamente, e la feroce repressione fu uno stru-mento indispensabile a questo obiettivo. Dello stesso teno-re, ed emblematiche dell’atteggiamento della chiesa cattoli-ca, furono le parole pronunciate dal suo massimo rappre-sentante in suolo iberico, il cardinale Goma, che al congres-so eucaristico di Budapest affermò perentoriamente:

Pace sì, però quando non resta un avversario vivo2.

È difficile poter ricostruire l’entità della violenza che siabbattè sulla Spagna, soprattutto nei primi mesi dopo la scon-fitta repubblicana: la prima causa è che molte violenze furo-no così arbitrarie, immediate e spontanee, che nessuno po-trà mai ricostruire in pieno tutto ciò che realmente avvenne:si poteva sparire all’improvviso, senza che nemmeno i fami-liari ne sapessero qualcosa; in secondo luogo, perché le fon-ti che adesso sarebbero potute servire per una possibile con-sultazione, sono quelle del regime, e pertanto presentanoomissioni e parzialità, oltre a risultare imprecise, tanto daessere alle volte smentite da altre testimonianze; in terzo luo-go, perché le scarse testimonianze che potrebbero emerge-re dai racconti dei pochi sopravvissuti, scontano una natura-le dinamica psicologica, che portò molti a “perdere”volutamente la memoria del proprio passato personale ecollettivo, ritirandosi nel privato, per poter cercare di soprav-vivere sotto un potere che rappresentava la negazione asso-luta di ciò per cui si era lottato e che con la continua repres-sione continuava a ricordare minacciosamente chi erano ivinti e chi erano i vincitori.

Abbiamo già analizzato che, a differenza delle violenzecommesse dai repubblicani, la repressione praticata da subi-to dai nazionalisti non fu “inevitabile”, ma “necessaria”, ra-zionalmente gestita dai vertici, perché funzionale all’instau-razione del regime, e come il terrore rappresentasse unaprecisa scelta strategica, volta ad annichilire l’avversario. Lo

2. D. Marin Silvestre, Clandestinos. El Maquis contra el franquismo, 1934-1975, ed.Plaza y Janes, 2002, p. 74.

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stesso Franco, forte delle violenze commesse durante la guer-ra coloniale in Marocco, più di una volta ricordò come inquella situazione il ricorso a pratiche feroci fosse stato ne-cessario per incutere un paralizzante timore al nemico. Diconseguenza, anche durante la guerra civile e nel periodosuccessivo alle progressive conquiste dei nazionalisti, la vio-lenza rappresentò uno strumento per sradicare l’appoggiosociale di cui godeva la causa repubblicana. Emblematico aquesto proposito fu l’episodio verificatosi a Lora del Rio,raccontato da Juan Manuel Molina3:

Lora del Rio fu dominata dai fascisti senza un solo sparo. Lagente, impaurita, fuggì in campagna. Le autorità fasciste diffu-sero la notizia “che tornino tutti, non gli succederà nulla”. Al-cuni caddero nel laccio, e quando tornavano, 1.800 uomini edonne furono vittime dei proiettili nazionalisti.

Le incarcerazioni massicce furono una delle più imme-diate manifestazioni di repressione, e toccarono cifre incre-dibili: fonti franchiste parlano di almeno 280.000 arrestatinel momento massimo, ossia nel 19404.

In un primo momento, tutti i sospetti di complicità, attivao passiva che fosse, con il governo repubblicano, quandonon vennero uccisi sul posto, furono condotti in grandi campidi concentramento, sparsi in tutta la Spagna. Dato il caratte-re di massa delle incarcerazioni, presto i campi pensati ap-positamente a questo scopo risultarono insufficienti. Pertan-to, furono utilizzati luoghi assolutamente non attrezzati, chespesso consistettero solo in campi a cielo aperto o similari.Di questi campi di concentramento, che furono almeno unacinquantina, ricordiamo alcuni tra i più tristemente famosi,vale a dire quelli di Miranda de Ebro, Deusto, S. Marcos deLeon, el Poligono de Guadalajara, La Granjuela di Cordoba,Castuera di Badajoz, ecc..

Questi campi ricoprirono il ruolo di “filtro” preliminare:da essi si usciva o per essere fucilati o per finire nelle prigio-ni, in attesa di giudizio. La miseria, il freddo, le malattie, lafame e le violenze dei franchisti erano la norma, e potevacapitare che gruppi di falangisti o di parenti di vittime dei

3. B. Muniesa, De la dictadura a la monarchia. Historia de España 1939-1996, cit., p. 24.4. AA. VV. Violencia politica en la España del siglo XX, a cura di S. Julià, cit., p. 288.

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repubblicani, si recassero in questi campi e si vendicasserodirettamente dei colpevoli o presunti tali.

Uno dei campi di concentramento passati tristemente allastoria fu quello denominato “Los Almendros”, nei pressi diAlicante, e l’esperienza che si visse in quella realtà necessitadi un approfondimento, essendo paradigmatica della situa-zione generale.

In quella città marittima convennero, nei mesi finali del-la guerra, migliaia di profughi o soldati della Repubblica (lecifre oscillano tra le 60.000 e le 100.0005), provenienti dalCentro e dal Sud della Spagna, che speravano d’imbarcarsi edi fuggire via mare, essendo tutte le altre vie di fuga ormaiimpraticabili. Ed in effetti, grazie all’intervento di nazionistraniere, soprattutto Francia, Cuba ed Argentina, fu nego-ziato che Alicante fosse dichiarato territorio neutrale, con-trollato da agenti diplomatici e presieduto da una commis-sione straniera formata da tre rappresentanti francesi. Inol-tre, davanti al porto si trovavano già varie navi, che avrebbe-ro potuto essere utilizzate per il trasferimento dei profughiall’estero. Ma presto la situazione mutò, in seguito alla deci-sione di Franco di considerare ogni forma d’aiuto all’eva-cuazione come “atto di ostilità”, e le navi straniere presero illargo quasi vuote. Da subito si registrarono scontri armatinelle strade della città, tra repubblicani e le truppe italianedella divisione Littorio, ed allora almeno 20/30.000 personesi ritirarono presso la zona del porto, decidendo in seguitodi inviare una commissione composta da sindacalisti a nego-ziare con il comandante Gambara della divisione Littorio, maquesti si rifiutò. Il 2 aprile 1939 venne emanato un comuni-cato, che intimava ai fuggitivi di arrendersi, altrimenti si sa-rebbe aperto il fuoco. La massa umana si arrese, ma nonmancarono coloro che preferirono il suicidio piuttosto checadere in mano fascista, come i due anarchici Maximo Fran-co ed Evaristo Viñuales6. Dopo essere stati letteralmente de-rubati dai fascisti italiani di tutti i loro averi, furono porta-ti fuori città, in una piantagione di mandorli, da qui il nomedi “campo de los almendros”, e qui lasciati senza acqua né cibo,tanto che furono costretti persino a cibarsi d’erba, ed espo-sti alle intemperie. Molti non resistettero e morirono di stenti.

5. D. Marin Silvestre, Clandestinos. […], cit. p. 78.6. J. M. Molina, Il movimiento clandestino en España. 1939-1949, ed. Mexicanos

Unidos, 1976, p. 30.

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In seguito, vennero divisi tra le prigioni di Orihuela, PortaCoeli, Castillos de S. Fernando y Barbara, Plaza de toros e lamaggior parte di loro, circa 16.000, furono condotti ad Alba-terra, dove tra l’altro vennero rinchiusi moltissimi militantilibertari, in condizioni indicibili, tra la fame e le malattie.

Secondo alcune testimonianze, nelle carceri, alcune don-ne vennero fatte abortire a bastonate:

I torturatori non avevano attenzioni con le donne. […] Moltedi quelle le hanno fatto abortire a bastonate. “Lo sputerai perla bocca”, gridavano ad una giovane donna, in avanzato stato digestazione, mentre le propinavano numerose pedate nel ven-tre7.

I prigionieri inoltre furono sottoposti alla tortura in modosistematico, tanto che molti preferirono togliersi la vita. Peralcuni di questi, togliersi la vita diventò l’ultima, estrema for-ma di protesta contro il regime che si stava affermando.

Molte centinaia di migliaia di persone riuscirono a varca-re le frontiere pirenaiche per rifugiarsi in Francia, ma l’ac-coglienza non fu quella sperata: furono ammassati fin daiprimi momenti in campi di concentramento inumani.

Tornando alla scena spagnola, le conseguenze di questaincredibile azione d’incarcerazione di massa non si feceroattendere, ed in alcune località si arrivò ad una vera e pro-pria paralisi nelle attività agricole, per mancanza di mano-dopera8, con pesanti ripercussioni, a lungo andare, anchesul piano economico nazionale.

Ma tutta la classe lavoratrice, nella sua totalità, fu la primavittima della repressione:

Nella sconfitta, quella che riceverà il maggior bagno di sangue,quella che finirà per perdere tutto sarà, in definitiva, la classelavoratrice nel suo insieme. Questa affermazione non si basasolo nel terrificante contingente delle sue vittime, ma anchenelle condizioni inumane di spogliazione alla quale sarà desti-nata. Alla sottomissione rigida ed implacabile di uno sfrutta-mento senza antecedenti vicini. Così, sarà ridotta al puroschiavismo lavorativo, esercitato dal gran capitale vittorioso

7. AA. VV. Violencia politica en la España del siglo XX, a cura di S. Julià, cit., p. 307.8. AA. VV. Violencia politica en la España del siglo XX, a cura di S. Julià, cit., p. 330.

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dedito al più vorace arricchimento . […] Questi anni registre-ranno migliaia di morti, vittime dello sforzo fisico eccessivo,della denutrizione e della conseguenza più immediata, la tuber-colosi. […] Saranno gli anni del mercato nero e del furto lega-lizzato. Tutto quanto il mondo del lavoro aveva costruito e tra-sformato, tutto quello che aveva conquistato, restò annullato9.

Il franchismo quindi, oltre al successo militare ed alle rap-presaglie successive, ottenne un altro fondamentale risulta-to: quello di contribuire alla completa disarticolazione so-ciale e politica della classe lavoratrice, cancellandone l’iden-tità e la dignità, che si era forgiata attraverso le conquisteper cui tanto avevano lottato milioni di persone, e soprattut-to negando loro persino la possibilità di sperare nel futuro.Questa perdita di ideali e di prospettive fu una delle conse-guenze più gravi che paralizzò l’azione del proletariato spa-gnolo per diversi anni.

Una delle città che subì più pesantemente la repressionefranchista fu Barcellona, uno dei centri dove maggiore era ilradicamento delle organizzazioni sindacali e dove più auda-ci erano state le istanze rivoluzionarie. Inoltre, a Barcellonaera cresciuto anche un forte sentimento indipendentistacatalano, che, al pari delle istanze di emancipazione sociale,era considerato dal regime come un “virus da curare”.

La Falange catalana in esilio cominciò i preparativi per unapurga della regione dopo la guerra e nel 1938 presumeva d’avereelaborato un archivio di 30.000 nomi di “elementi rossi”.[…]La priorità delle forze d’occupazione era di “disciplinare” lapopolazione. I primi mesi di occupazione militare servironoper impartire quello che lo stesso regime denominava “la giu-stizia di Franco”. A pochi giorni dalla caduta di Barcellona, lenuove autorità dichiararono che 40.000 repubblicani che “ten-gono sangue nelle mani” non avevano ottenuto di scappare dallacittà prima dell’arrivo dello “esercito liberatore”. […] Le ese-cuzioni in massa senza opportunità previa di difendersi in giu-dizio continuarono fino al 1943, quando la quantità dei nemiciliquidati in questo modo cominciò a declinare. Le retate di “ne-mici politici” cominciarono immediatamente. Secondo il vice-

9. C. Damiano, La Resistencia Libertaria. La lucha anarcosindacalista bajo el franquismo,cit., p. 49.

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console nordamericano, sembra che la nuova amministrazionecelebrò centinaia di processi ed in pochi mesi si portarono atermine migliaia di esecuzioni. Fino al 1942 fu abituale sentirei plotoni di fucilazione nella città10.

In un clima di così forte repressione, non mancarono ledenunce e le delazioni, motivate dalla paura, ma anche daodi personali e da avidità, che provocarono alle volte dellesituazioni tanto assurde da non potere essere credute. Eccociò che accadde ad una donna di nome Florentina Garcia,abitante in un paese nei dintorni di Toledo, anch’essa vitti-ma di una denuncia. Fu accusata di essere tanto di sinistra,da avere “traviato” persino la cavalla. Infatti, la vittima, abileaddestratrice, aveva una cavalla che, durante le festecarnevalesche, “interrogata” su quale fosse la mano dell’ope-raio, era solita alzare la zampa sinistra. Il giudice volle appu-rare personalmente la veridicità dell’accusa, e dopo averebastonato sia la cavalla che la padrona, condannò quest’ulti-ma a vari anni di carcere11.

Nelle zone rurali, in particolare nell’Andalusia, la repres-sione arrivò a punte di parossismo incredibili, perché pro-prio in questa zona si erano nel tempo concentrate tutte letensioni più laceranti, dovute al tentativo di modificare iltradizionale sistema di vita. Di conseguenza, squadre di pro-prietari terrieri, in precedenza colpiti dagli effetti della rivo-luzione, si unirono alla falange ed all’esercito per vendicarsisui contadini. Migliaia furono le uccisioni arbitrarie, ed unacittà come Siviglia, che tra l’altro non era stata mai occupatadal governo repubblicano, oltre alla sanguinosa ondatarepressiva dell’estate del 1936, anche nel 1939 fu colpita daun’ulteriore fase repressiva, perché le violenze che contem-poraneamente si stavano verificando in altre zone, davano ilpretesto per una nuova recrudescenza a livello locale.

Le diverse fonti e le varie testimonianze esistenti possonodare soltanto un’idea della dimensione di questa mattanzageneralizzata: ogni città, ogni piccolo pueblo vide la propriapopolazione decimata in modo drastico.

E dove non arrivò il bastone o la pallottola dei franchisti,

10. M. Richards, Guerra civil, violencia y la construccion del franquismo, in AA.VV. LaRepublica asediata, a cura di P. Preston, cit., p. 358 e segg.

11. AA. VV. Violencia politica en la España del siglo XX, a cura di S. Julià, cit., p. 313.

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il terrore psicologico fece il resto.

3.2) LA DIFFICILE RIORGANIZZAZIONE LIBERTARIAIN SPAGNA

Oltre allo scoramento inevitabile a seguito dell’insucces-so militare, la sconfitta del 1939 lasciò il campo a ferite anco-ra più profonde.

L’enorme entusiasmo che la grandiosità del progetto ri-voluzionario aveva alimentato soprattutto nelle fasce piùpopolari dello schieramento repubblicano, fu inversamen-te proporzionale nelle masse alla passività paralizzante chesubentrò dopo la sconfitta: l’amarezza nel vedere vanificatele speranze per le quali tanto genuinamente si aveva lottato,era ancora troppo recente.

A questa condizione psicologica difficile da invertire, bi-sognava aggiungere il terrore per le violenze operate daifranchisti, che dissuasero di fatto ogni manifestazione pub-blica di opposizione sociale o politica, e la miseria dilagan-te, che impose come compito prioritario quello di adoperar-si per conseguire i mezzi di sussistenza necessari per vivere.

Come afferma E. Moradiellos12,

L’apatia popolare indotta per la repressione e la miseria fecestraordinariamente difficile il lavoro di ricostruzione interioredell’opposizione politica e sindacale, e nello stesso tempo ridu-ceva a niente gli sforzi dell’opposizione esiliata fuori della Spa-gna. Di fatto, durante il periodo 1939-1945, considerando lasua sconfitta come provvisoria ed assumendo che la “guerracontinua”, tanto l’opposizione clandestina interna come quel-la dell’esilio oscillavano tra la frustrazione dell’impotenza (perla sua mancanza di forza propria per sconfiggere il regime) el’illusione della speranza (in una vittoria alleata nei riguardidell’Asse che trascinava con sé il franchismo).

A rendere ancora più difficile la situazione politica deglisconfitti, vi furono le divisioni laceranti nello schieramento

12. E. Moradiellos, La España de Franco (1939-1975), cit., p. 91.

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repubblicano che, già emerse durante il triennio 1936-1939,ora si manifestarono in forma ancora più accentuata. Unadelle principali divergenze riguardava il ruolo del PartidoComunista e di Juan Negrin, l’ultimo capo del governo re-pubblicano, che contava sull’appoggio di parte del PartidoSocialista Espanol (P.S.E.), dello stesso Partido Comunista e diparte dei vari gruppi repubblicani. Per comprensibili moti-vi, dovuti alla politica ostile subita durante la guerra civile,tra i più accaniti oppositori del fatto che Negrin potesse rap-presentare i repubblicani all’estero, stava proprio il movi-mento libertario nel suo insieme.

Del resto, anche all’interno del movimento libertario, edin particolare all’interno della sua maggiore espressione, ossiala CNT, soprattutto tra gli esiliati cominciarono a delinearsisempre con maggiore chiarezza due tendenze: da una partecoloro che ritenevano di dovere continuare necessariamen-te sul percorso strategico adottato durante l’esperienza del-l’ultima Repubblica, ossia collaborando insieme alle altreorganizzazioni nel Fronte antifascista, ed accettando quindianche le conseguenti responsabilità istituzionali; dall’altra, ifautori del ritorno alla linea classica più intransigente rispet-to alle collaborazioni politiche, sostenendo che proprio ilperiodo rivoluzionario aveva indicato come fallimentare laricerca di accordi con partiti che non operavano col fine diuna radicale trasformazione sociale.

Più marcato tra i settori confederali dell’esilio, tale con-trasto strategico si ripercosse inevitabilmente nel dibattito enell’azione del nascente movimento libertario che si trovavaancora in Spagna: da subito esso, data la pesante capparepressiva, seguì una linea più in sintonia con quella che fuadottata durante la guerra civile, ossia si scelse di collabora-re con gli altri partiti e movimenti antifranchisti, nonostan-te la volontà di non voler legittimare una spaccatura internaal movimento.

Malgrado la paura e lo scoraggiamento di cui ho parlatoin precedenza, i libertari furono tra i primi a cercare di rior-ganizzarsi, pur tra le molteplici difficoltà, prefiggendosi unduplice obiettivo: in primo luogo, aiutare i militanti ad espa-triare o ad evadere dalle carceri; quindi, mettere le basi perriorganizzare il movimento all’interno della Spagna.

Circa il primo obiettivo, di fondamentale importanza, dasubito si ottennero risultati di un certo rilievo, e diversi mili-tanti poterono fuggire all’estero, grazie soprattutto alla falsi-

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ficazione di documenti. Tra i beneficiati da queste azioni, vifurono alcuni degli anarchici reclusi nel già menzionato cam-po di concentramento di Albatera, nella zona di Alicante,che si avvalsero dell’abile opera intrapresa in questo sensoda alcuni giovani libertari valenciani.

Invece, rispetto al secondo punto, il movimento si dovet-te confrontare con una realtà molto difficile. A questo pro-posito, ha scritto Cipriano Damiano:

Nel 1939 la sconfitta aveva sorpreso l’ anarcosindacalismo spa-gnolo senza la minima articolazione di organi clandestini chedessero continuità resistente alla lotta nella nuova fase […]13.

Pertanto, i primi gruppi di resistenti compirono le pro-prie azioni quasi senza contare su appoggi organizzativi diun certo rilievo, ma confidando unicamente sul proprio co-raggio e nell’affinità e nella coesione coi compagni vicini,che alle volte si conoscevano da anni, ed ai quali si era uniti,oltre che per congruenza di ideali, anche per parallele vicis-situdini familiari o personali.

Questa precisazione è d’obbligo per comprendere me-glio uno dei primi episodi repressivi che colpì il gruppo anar-chico di Salvador Gomez Talon per azioni commesse dopola fine del conflitto. Questo giovane militante anarchico del-le Juventudes libertaries era riuscito a fuggire in Francia, edera finito nel campo di concentramento di Vernet de Ariège;allo stesso modo di tanti altri, egli riteneva opportuno torna-re in Spagna per continuare la lotta contro Franco. Inoltre,era fortemente preoccupato per la sorte di suo fratello Rafael,al quale era molto legato, che non era riuscito a scappare,che era recluso nel campo di concentramento di Horta aBarcellona.

Insieme ad altri giovani libertari presenti in quel campo,dopo aver preso contatto con Francisco Ponzan, famoso mi-litante anarchico nonché esperto nel passaggio dei Pirenei,giunse finalmente a Barcellona. Superate in qualche modole prime, impellenti difficoltà logistiche, quali l’alloggio e lamancanza di denaro, il gruppo era ormai pronto per l’azio-ne. L’audacia ed il coraggio furono le caratteristiche di que-sto gruppo. Una delle azioni più temerarie fu proprio la li-

13. C. Damiano, La Resistencia Libertaria. […], cit., p. 32.

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berazione del fratello Rafael, insieme ad altri prigionieri, cherealizzarono dopo essersi recati al campo di concentramen-to di Horta travestiti da Guardias Civiles, sostenendo che do-vevano portare alcuni prigionieri, che comparivano in unalista opportunamente falsificata, ad un altro luogo di deten-zione. Con queste rischiose modalità, finché fu possibile, riu-scirono anche successivamente a fare evadere diversi reclusi.In altre occasioni, addirittura riuscirono a liberare i prigio-nieri assaltando direttamente i furgoni della Guardia Civil,come nel caso dell’azione che permise di liberare una deci-na di condannati a morte che dovevano essere giustiziati14.

Ovviamente, l’eccessiva audacia delle azioni e la relativapreoccupazione che provocarono nelle forze di polizia, com-portarono indagini meticolose e la successiva scoperta dellabanda da parte della Brigada Antimarxista comandata dalCapitano Bravo Montero. Alla metà di settembre del 1939vennero arrestate 26 persone, e dopo soli quattro giorni fu-rono eseguite cinque condanne a morte, tra cui quelle deifratelli Talon, definiti dalla stampa dell’epoca come banditi.Questo termine, del resto, fu uno dei più utilizzati dal regimeper definire coloro che si opponevano ed esso e la stessa leggedel 1947, quella che si definiva contro “il banditismo ed ilterrorismo” richiamava espressamente questa espressione.

Nello stesso settembre diversi militanti appartenenti alleJuventudes libertaries furono arrestati e detenuti anche aValencia, a Madrid e nella stessa Barcellona.

In ogni caso, addirittura già nel primo periodo successivoalla fine della guerra o immediatamente a ridosso, soprat-tutto nella regione catalana si diffusero gruppi d’azione diorientamento anarchico, che cercarono di rispondere allarepressione esercitata dalla dittatura. Alcuni dei gruppi piùattivi furono quello di José Juan Domenech e soprattuttoquello di Joaquin Pallarés, che operò in una delle zone dipiù marcata e radicale tradizione anarchica del barcellonese:quella di la Torrasa e di Hospitalet.

Una dimostrazione evidente che, nonostante la situazio-ne particolarmente svantaggiosa, fin da subito gruppi di li-bertari tentarono di riannodare le fila, soprattutto in quellezone particolarmente sensibili all’influenza anarchica, comela Catalogna stessa, la possiamo evincere proprio dall’inten-

14. A. Paz, CNT 1939-1951, ed. Hacer, 1982, p. 45.

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sità delle ondate repressive che colpirono già dal marzo 1939la zona di Barcellona. Queste retate provocarono l’arrestodi diverse decine di persone, soprattutto aderenti alle Gio-ventù libertarie.

Un’altra zona dove, come già abbiamo ricordato, la re-pressione colpì duramente, fu quella andalusa. Anche qui,già alla fine del marzo 1939, si effettuò una retata di vasteproporzioni, che terminò con l’arresto o l’uccisione di mol-ti libertari.

Ugualmente rischiosi furono i tentativi di riorganizzazioneintrapresi dai vari militanti libertari sparsi per tutta la Spa-gna, che operarono tra difficoltà di ogni genere.

Uno di questi tentativi fu quello che vide la luce nellazona valenciana, attorno a quei militanti “cenetisti” che si era-no adoperati per fare evadere i propri compagni dal campodi Albatera. Proprio da questo nucleo fu composto il primoComitato Nazionale (C.N.) della CNT dalla fine della guer-ra, ed il segretario fu individuato nella persona di EstebanPallarols, che tutte le fonti descrivono come figura cristallina.

Questo Comitato Nazionale si occupò in modo particola-re di falsificare documenti per agevolare gli espatri, e di pren-dere i primi contatti con gli altri gruppi confederali che, perscelta o per necessità, erano rimasti in patria. Proprio questoruolo prioritario assegnato alla riorganizzazione interna, purtra le enormi difficoltà oggettive che in realtà limitavanodrasticamente le aspirazioni, contraddistinse l’operato delgruppo di Pallarols, che iniziò così a spostare l’obiettivo, trale file degli anarchici, da un’azione strettamente legata allavendetta delle repressioni subite, ad un tentativo diriannodare i legami con la massa lavoratrice. Un’altra im-portante indicazione che scaturì dall’azione di questo pri-mo Comitato Nazionale fu la riorganizzazione dei libertariintorno alla sola CNT, nella quale si fece confluire tutto ilmovimento libertario spagnolo, evitando la dispersioneorganizzativa che poteva crearsi con la consueta “ramifica-zione” della FAI e delle F.I.J.L. Inoltre, in uno dei primissimidocumenti emessi, evidentemente consci della situazione chesi stava definendo, auspicarono una Confederazione unita,senza spaccature interne o scissioni che avrebbero “danneg-giato la causa rivoluzionaria”.

Nonostante gli enormi e rischiosi sforzi intrapresi ed idiversi contatti stabiliti soprattutto con Barcellona, non fupossibile stringere particolari legami con le altre realtà pre-

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senti in Spagna; e presto, nel febbraio del 1940, l’intero Co-mitato Nazionale cadde in mano della polizia, in quella chefu la prima delle tante successive “caidas” che si verificarononegli anni ’40. Lo stesso Pallarols, dopo torture terribili, inun primo momento fu condannato a diciotto anni di prigio-ne, ed in seguito, su istanza del Tribunale di Girona, il suocaso fu riesaminato e venne condannato a morte, che si ese-guì nel 1946. Così Abel Paz15, finito anch’egli nelle prigionidel regime, ricostruisce il trasferimento dal carcere diPallarols:

Un giorno si gridò il suo nome nella galleria: “Esteban Pallarols,con tutto”. Con tutto significava che preparasse la sua roba e sipreparasse ad uscire. Ad uscire, per dove? Non era tanto inge-nuo per pensare che fosse in libertà. E non era in libertà maspostato. E se era da spostare significava che era stato commu-tato e passava al carcere di San Miguel de los Reyes ad estingue-re la pena. Nemmeno. Era a Barcellona, con ignoto destino.Un caso insolito, insospettato. Non aveva precedenti. ABarcellona dopo il tribunale, perché? […] Non c’era luogo adubbi. Settimane dopo arrivò l’infausta notizia. Esteban “Riera”Pallarols fu fucilato.

Una volta appurato che era impossibile la fuga all’estero,molti anarchici scelsero di continuare la resistenza alfranchismo scappando sulle montagne e da lì militando nel-le fila delle formazioni guerrigliere. Soprattutto nelle zonedel centro e del sud, che già da tempo convivevano con inazionalisti, esisteva una certa tradizione di guerriglia. Unodei più celebri anarchici che fece la scelta della resistenzasui monti fu Antonio Raya Gonzalez, autore di atti talmentearrischiati da entrare nella leggenda, che operò nella zonaandalusa. Ma della guerriglia libertaria parleremo in modopiù dettagliato in seguito.

Intanto, il regime iniziò ad articolare la repressione dalpunto di vista legislativo in modo sempre più dettagliato. Sicercò di diffondere l’idea di una Spagna finalmente pacifi-cata grazie all’azione franchista, e pertanto la fondamentaleLegge di responsabilità politica, sulla quale si era basata fino aquel momento l’azione repressiva legale, dovette essere pre-

15. A. Paz, CNT 1939-1951, cit., p. 77.

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cisata meglio, e si cercò di spostare l’obiettivo da unagenericità politica ad una connotazione più specifica, in basealla quale poter procedere in un modo che potesse apparirepiù legittimo e giustificato. Ed allora, ecco che nel giro di unanno (marzo 1940-41) vennero alla luce nuove leggi: quella“contro il comunismo e la massoneria” e quella “per la sicurezzadello stato”, quest’ultima riprendendo un analogo preceden-te provvedimento.

In ogni caso, questi nuovi provvedimenti verranno adope-rati dal regime per colpire ovviamente anche la resistenzalibertaria, che comunque non vide mai diminuire in modosignificativo l’intensità dell’azione repressiva cui fu sottoposta.

Ed infatti, proprio nell’arco di tempo compreso tra que-ste due leggi, caddero altri due nuovi Comitati Nazionali CNT,ed inoltre furono effettuate varie retate poliziesche, tra lequali una delle più ingenti fu quella eseguita a Madrid nelmarzo del 1940, che comportò la cattura di circa 50 giovanianarchici.

Durante il periodo precedente la caduta del primo Comi-tato Nazionale, a Madrid si era venuto a formare un gruppodi anarchici, circa 200, che si dettero il nome di Commissio-ne di Relazioni anarchiche (C.R.A.), raggruppato intorno aManuel Lopez, che era riuscito ad uscire da Albatera.

La quasi contemporanea cattura del C.N. di Pallarols,comportò che il C.R.A. si convertì nel nuovo Comitato Na-zionale, e Manuel Lopez fu nominato segretario generale.L’azione di questo secondo C.N. si concentrò sulla propa-ganda della rinascita della Confederazione e sulla falsifica-zione di documenti per conseguire la liberazione dai varicampi di concentramento o dalle carceri.

Purtroppo, il periodo trascorso ad Albatera aveva colpitopesantemente la salute dello stesso Manuel Lopez, che do-vette

entrare gravemente malato nel Sanatorio Antitubercolare diValdelatas (Madrid), dove morì in poco tempo16.

Di conseguenza, segretario del C.N. fu nominatoCeledonio Lopez, di Madrid, sull’azione del quale abbiamopoche testimonianze, data la pesantezza dell’azione pratica-

16. J. M. Molina, Il movimiento clandestino en España. 1939-1949, cit., p. 93.

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ta dalla dittatura: le incarcerazioni e le successive condanne,delle quali un grande numero furono a morte, frenarono inmodo determinante ogni velleità di ripresa del movimentolibertario, che comunque non perse l’occasione per cercared’infliggere colpi al regime.

Uno dei fatti più emblematici di quest’azione continua edisperata, fu l’attentato progettato contro Franco che dove-va incontrarsi con Hitler ad Hendaya (Paesi Baschi), nell’ot-tobre del 1940, per trattare circa l’entrata in guerra dellaSpagna al fianco delle potenze dell’Asse.

Però, visto l’enorme spiegamento a protezione dei due capidi Stato, i due attentatori (Domingo Ibars e Canillas), nonriuscirono a compiere l’attentato: Canillas venne anche ar-restato, mentre Ibars riuscì a scappare in modo rocambolesco.

Uno dei più grossi pericoli col quale dovette combattereil movimento libertario, fu quello rappresentato dall’azionedi infiltrati e spie del regime. Naturalmente, una delle zonepiù colpite da questa situazione fu la Catalogna. In questaregione si distinsero diversi personaggi, tra i quali spiccaro-no Ricardo Fornells ed Eliseo Melis. Quest’ultimo, soprat-tutto, appartenente alla CNT da tempo, e per questo all’ini-zio ricattato dalla polizia, divenne in seguito uomo di fiduciadi Eduardo Quintela, comandante della Brigata politico-so-ciale della polizia di Barcellona; a causa di questa condizio-ne, per lunghissimo tempo riuscì a fare sconquassi nell’or-ganizzazione libertaria catalana, dato che, ottenuta la fidu-cia dei militanti, riuscì a ricoprire ruoli di primo piano inseno alla CNT clandestina. Per molti anni detenne il potereall’interno del Comitato Regionale di Catalogna, e da que-sta posizione potè controllare ogni movimento dei militantilibertari e di moltissimi ne favorì l’arresto. Tra questi,l’aragonese Saturnino Carod, che comunque fece in mododi smascherare lo stesso Melis, il quale in seguito fu giustizia-to da un commando anarchico.

Nonostante la repressione contro di loro non abbia co-nosciuto soste, nel 1941 i libertari conseguirono i primi ri-sultati positivi dal punto di vista organizzativo:

[…] nella primavera del 1941 si pronunciano i primi balbettiiorganizzativi. Ormai non saranno gruppi di uomini inseguiti,che si cercano in perpetua fuga, quelli che lotteranno isolata-mente. Si forgiano vincoli da gruppo a gruppo nella città, con-tatti da città a città e si definiscono i lavori preliminari che cul-

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mineranno a breve termine nella celebrazione di Pleni Regio-nali. Questi costituiranno la vita organica dei loro comitati ri-spettivi17.

L’organizzazione clandestina rinvigorisce soprattutto inCatalogna, ma anche in Andalusia, in Euskadi, nelle Asturie,in Galizia. Al contrario, una zona dove la repressione riescead impedire la nascita di gruppi confederali organizzati èl’Aragona, i militanti della quale regione preferiranno na-scondersi ed operare nelle grandi città, per motivi di sicu-rezza; tra questi, assumeranno un’importanza enorme i guer-riglieri della banda “ de los Maños”.

Nel frattempo, al C.N. di Celedonio Perez, arrestato econdannato a molti anni di galera, prima di usufruire diun’amnistia, seguì quello presieduto da Amil Barcia.

Intanto, la repressione si fece sempre più violenta, soprat-tutto in Andalusia. In questa regione, infatti, operarono varigruppi guerriglieri, alcuni dei quali formati da anarchici. Unadi queste bande fu quella capeggiata dall’anarchico Anto-nio “El raya” Gonzales, che alla fine di giugno 1942, dopoche fu distrutta la sua banda, venne ucciso a Malaga duranteuna retata.

Sempre nell’estate 1942, il mondo libertario fu segnatoda un altro funesto avvenimento: infatti, nel luglio, vennefucilato a Valencia Joan Peirò. Questi, da operaio analfabetache lavorava nel settore vetrario, divenne col tempo una del-le figure più colte, preparate ed importanti del movimentoanarcosindacalista spagnolo. Una delle caratteristiche piùimportanti del suo pensiero fu quella di separare nettamen-te la linea più propriamente sindacale che, a suo modo divedere, doveva seguire la CNT, da un’eccessiva radicaliz-zazione della teoria e della prassi più specificatamente anar-chica. In conseguenza di ciò, per diversi anni si allontanòdalla stessa Confederazione, per poi rientrarvi nel periodorivoluzionario, assumendo anche compiti governativi. Inol-tre, coerentemente con la sua linea di condotta, consideròsempre importante per l’organizzazione la collaborazionecon le altre forze politiche antifasciste. Alla fine del conflit-to, rifugiò in Francia, ma l’avvento del regime di Vichy loportò in carcere. Franco approfittò di questa situazione per

17. C. Damiano, La Resistencia Libertaria. […], cit., p. 85.

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chiederne l’estradizione, che ottenne. Tornato in Spagna edincarcerato, subì moltissime pressioni e torture da parte difunzionari del Regime, che sperarono di ottenere la sua ade-sione al nascente Sindacato Verticale. Infatti, sarebbe statoun grande successo per i franchisti poter contare su questoimportante appoggio, rappresentato da un militante chegodeva ancora di enorme popolarità tra le masse lavoratrici.Comunque, anche se ciò gli avrebbe salvato la vita, Peirò sirifiutò di collaborare, non intendendo tradire gli ideali chesempre lo avevano contraddistinto.

Concludendo, come abbiamo visto, possiamo dire che iprimi anni dopo la vittoria dei franchisti furono segnati daun livello di repressione altissimo, ed il movimento liberta-rio nel suo insieme fu pesantemente colpito, perché, data lasua enorme popolarità negli ambienti dei lavoratori, rappre-sentò sia il pericolo più immediato, sia la personificazionestessa degli ideali contro cui il regime franchista aveva com-battuto. La repressione assunse caratteri di massa, ma nono-stante questo non si fermò l’azione di resistenza, e semprenuovi militanti accorsero nelle fila di un movimento che,nonostante l’incredibile coraggio personale di molti suoiaderenti, faticava a riorganizzarsi in modo continuativo.

La liberazione dei compagni dai campi di concentramen-to o dalle carceri, insieme all’organizzazione degli espatri,furono tra le attività più necessarie, e per questa ragione unodegli strumenti più utilizzati divenne la falsificazione di do-cumenti. Infine, va sottolineato come una delle caratteristi-che peculiari assunte dai gruppi anarchici, soprattutto neiprimi tempi, fosse quella di piccoli gruppi d’azione che col-pivano rappresentanti del regime, per intenti vendicativi osimbolici, e spesso, per autofinanziarsi, questi gruppi furo-no costretti ad azioni come le rapine, contribuendo così adalimentare la propaganda ufficiale che li dipingeva come“bandidos”, evitando accuratamente ogni riferimento alle fi-nalità politiche.

3.3) IL MOVIMENTO LIBERTARIO ALL’ESTERO

In ogni conflitto, senza retorica alcuna, chi più è colpita èla popolazione civile. Se poi, come è capitato nel caso della

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Spagna, la contesa assume i contorni di una guerra civile,nella quale i vincitori perseguono sistematicamente l’obiet-tivo di distruggere il nemico, considerato come un “germeinfetto”, ecco che le conseguenze diventano ancora più ter-ribili.

Già dalla fine del 1938, in Francia a ragione della guerracivile si trovavano circa 45.000 spagnoli, ai quali bisogna ag-giungere i circa 12.000 che arrivarono prima del blocco delporto di Alicante18. In seguito alla resa di Barcellona, allafine del gennaio del 1939, dopo una marcia incredibile at-traverso i Pirenei, che provocò la morte di molti, soprattuttovecchi e bambini, almeno 470.000 persone cercarono rifu-gio in Francia. La paura dilagava, perché era ormai nota lapropensione alla violenza arbitraria delle truppe franchiste.Inoltre, non restava più neanche la speranza di una vittoria:la sconfitta finale appariva ormai ineludibile.

Molti cercarono la salvezza in altre nazioni: il Messico (cheaccettò di ammettere solo intellettuali, professionisti, politi-ci, persone qualificate) accolse 22.000 persone; il Cile, pocopiù di 2.000 persone; 3.000 nella Repubblica Dominicana;inoltre, altri furono profughi accolti in Colombia, Cuba eU.R.S.S..

Come abbiamo visto, la maggior parte cercò rifugio nellanazione più vicina, la Francia, e il fatto che là vi fosse al go-verno il Front Populaire contribuì ad alimentare qualche spe-ranza. Purtroppo per loro, la realtà fu ben diversa. Comeben sintetizza Federica Montseny

[…] C’erano ministri socialisti al potere; c’era una grande for-za di sinistra in Francia. Tutti, senza distinzione, sono responsa-bili di quello che si fece con noi. Noi non eravamo sudditi dinessun paese in guerra contro la Francia. Nonostante, fummopeggio trattati che i prigionieri di guerra tedeschi19.

Infatti, gli esuli furono ammassati in campi di concentra-mento situati nel sud della Francia, che erano circondati dafilo spinato e controllati a vista da militari che spesso li colpi-vano, senza cibo né acqua sufficiente, senza vestiti pesanti,senza medicine, in alcuni casi addirittura senza baracche nellequali farli dormire, ma lasciati a cielo aperto sulla nuda spiag-

18. AA. VV. Violencia politica en la España del siglo XX, a cura di S. Julià, cit., p. 282.19. D. Marin Silvestre, Clandestinos. […], cit., p. 65.

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gia, in condizioni simili agli analoghi campi che si stavanocreando in Spagna.

Gli spagnoli si ammucchiavano in quel pezzo di sabbia con ilmare di fondo che era il campo di Argeles. Fu aperto il 30 digennaio e questo stesso giorno treni con evacuati partirono dallaregione in cerca di nuove collocazioni. Il maggior problemaerano i feriti; nessuno sapeva dove collocarli. A S. Llorens deCerdans, il prete del paese aprì […] la chiesa per i rifugiati chetremavano dal freddo. Durante 20 o 25 giorni i feriti stetterosopra la sabbia del campo, senza medici e senza nessuno checurasse le loro ferite che si infettano o s’incancreniscono. Soloil medico del paese visitò dopo alcuni giorni code formate dapiù di mille persone durante un’ora o due.[…]Alcuni feriti coninfezioni morirono irrimediabilmente; […] Molti perdetterole proprie estremità per mancanza d’attenzione. […] L’Ospe-dale Centrale, una tenda […]. Il finanziamento dell’ospedale,il materiale medico e buona parte delle medicine erano pro-prietà dell’esercito republicano…né acqua potabile gli si diedea quelli che morivano in terra straniera. Le sepolture, di uomi-ni, donne e bambini, paradossalmente segnate con croci neiterreni vicini ai campi di concentramento si moltiplicavano: i“rossi” morivano. […] [i medici francesi] negavano la presenzadi malattie infettive nei campi. Così, la scabbia non si consideraendemica nel campo di Argeles e si propaga negli organismicon poche difese; i malati, per la mancanza di docce e acquacalda, si vedono obbligati a bagnarsi nel mare in pieno febbra-io e marzo. I pidocchi sono legioni e possono produrre il tifo20.

Ci fermiamo qui con la descrizione delle condizioni deicampi, che potrebbe continuare a lungo con particolari sem-pre più raccapriccianti.

Perché si arrivò ad una simile accoglienza? In primo luo-go, va detto che le autorità francesi non si aspettavano unsimile esodo: pensavano a 20.000, al massimo 25.000 perso-ne, e quindi si trovarono impreparate ad accogliere quasimezzo milione di profughi. In secondo luogo, perché buo-na parte della popolazione fu ostile, senza mezzi termini, ainuovi arrivati. Da tempo l’estrema destra andava propagan-dando un’immagine estremamente negativa dei repubblica-

20. D. Marin Silvestre, ibid.

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ni, e si temeva che soprattutto gli anarchici avrebbero potu-to influenzare “negativamente” le masse popolari francesi.

Tra i campi di concentramento, quelli nei quali furonoconcentrati gli anarchici furono in modo particolare quellidi Barcares, Argeles e soprattutto il campo disciplinare diVernet d’Ariège, che divenne il campo dei profughi politiciritenuti più pericolosi. In questo furono ammassati tra glialtri i combattenti della 26ª divisione (la vecchia “ColonnaDurruti”), dopo una prima tappa nel forte di Mont-Louis:agli inizi del marzo 1939, “su 10.200 internati, 9.000 apparten-gono alla 26ª Divisione” 21, temutissima da parte dell’opinionepubblica francese.

Da subito, in conseguenza dei dissidi durante la guerracivile, si palesarono contrasti tra comunisti e anarchici, tan-to che nei campi dove la predominanza era comunista, i li-bertari dovettero subire pesanti angherie; tra l’altro, ad esem-pio, alcune riviste anarchiche, come «Le libertaire», non ar-rivarono mai a destinazione, intercettate preventivamente daicomunisti. Questo atteggiamento ostile fu una conseguenzadella generale campagna di denigrazione verso gli anarchiciintrapresa dal partito, ed amplificata in modo particolare dagiornali comunisti come «La voz de los españoles», che por-terà anche agli omicidi di alcuni anarchici, in tristesimilitudine con ciò che i comunisti avevano fatto anche nelperiodo bellico22.

Inoltre, va segnalato che le autorità deportarono esulispagnoli anche in campi di concentramento in Africa, e chepoi obbligarono di fatto gli spagnoli ai lavori forzati, in cam-bio di un po’ di cibo: ma questa è un’altra storia.

Parallelamente, le città di Tolosa e Parigi diventarono lecittà nelle quali gli anarchici si concentrarono maggiormen-te, e proprio a Parigi, a fine febbraio del 1939, su iniziativadel C.N. della CNT, della FAI e della F.I.J.L., si formò il Con-siglio Generale del Movimento Libertario (M.L.), compostoda alcuni dei militanti più in vista, tra i quali Mariano Vazquez,Germina de Sousa, Germinal Esgleas, Garcia Oliver, HoracioPrieto. Come segretario generale fu nominato Mariano R.Vazquez, che però morì affogato poco tempo dopo, e, tra lealtre cose, fu nominato Juan Molina (“Juanele”), come dele-

21. L. Domergue, L’exil republicain espagnol a Toulouse 1939-1999, ed. PresseseUniversitaire du Mirail, 1999, cap. V.

22. L. Domergue, ibid

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gato per i campi di concentramento e contatto con la partedell’organizzazione rimasta in Spagna: questo personaggiodivenne in seguito uno dei protagonisti principali del dibat-tito interno al Movimento Libertario, che anticipò la scissio-ne che maturò poco tempo dopo. Il motivo del contendere,come sappiamo, fu conseguente alla volontà del MovimentoLibertario di seguire una linea più intransigentemente“antipolitica”, riscoprendo le tradizionali pratiche anarchi-che di estraneità a tutti i governi, anche a quelli che si for-mavano nell’esilio, ed in generale preferendo adottare unalinea di “freddezza” con tutti i partiti che non si ponevanol’obiettivo della rivoluzione. Non dobbiamo dimenticare chei primi che dall’esilio si costituirono come governo spagno-lo erano capeggiati da quel Negrin che aveva tanto contribu-ito alla persecuzione anarchica attuata soprattutto dai comu-nisti durante la guerra civile, e questa esperienza lasciavaancora ferite aperte tra i libertari. In ogni caso, questo muta-mento di strategia era un evidente ripensamento rispetto allapolitica intrapresa dalla CNT durante il periodo rivoluzio-nario, e molti infatti ritennero tale scelta come deleteria perl’obbiettivo di combattere il franchismo: da qui, la polemicainterna al M.L. che portò alla scissione dei cosiddetti “colla-borazionisti” o “riformisti”, capeggiati proprio da JuanMolina.

La discussione interna, del resto, aumentò d’intensitàdopo la sconfitta, nell’estate del 1940, dell’esercito franceseda parte dei nazisti: s’impose una scelta che divise chi ritene-va inutile lottare contro l’occupante, per non fare di nuovoil gioco delle forze borghesi che tanto si era evidenziato dopoil 1936 nella stessa Spagna, e che quindi fosse prioritaria lasopravvivenza del movimento libertario e la riorganizzazionedelle forze; dall’altra, coloro che ritenevano necessario com-battere il fascismo sempre e comunque: tra questi, spiccavail nome di Francisco Ponzan Vidal, che, in contatto con iservizi di spionaggio britannici, organizzò la celebre “RetePat O’Leary”, che tra l’altro si rese artefice, nel periodo cheva dal 1941 fino al suo arresto nel marzo 1943, di circa 1.500evasioni dalla Spagna23. Comunque, dopo l’invasione tede-sca, furono moltissimi i libertari spagnoli, insieme a compa-trioti di altri schieramenti politici, che decisero di militare

23. L. Domergue, ibid.

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tra le fila dei partigiani antifascisti, e divennero presto cele-bri per l’eroismo delle loro azioni. Un esempio eclatante diciò lo si può scorgere nell’azione del gruppo di partigianilibertari, specializzati nell’uso della dinamite, sotto il coman-do di José German ed operante sulle alture di Puy Violent,nella zona dell’ Auvergne, poco più a sud di Mauriac24.

Il periodo immediatamente successivo alla costituzionedel M.L. in esilio fu il più attivo, ma già dal settembre 1939,a causa della dispersione e della tensione provocata dalloscoppio della seconda guerra mondiale, l’attività andò sce-mando. Di fatto, come ha scritto Eliseo Bayo,

la dispersione dei militanti per i campi di concentramento inFrancia e nel Nord Africa ed la tremenda prigionia nei campi dilavoro forzato, impedirono la riorganizzazione della CNT fino ache nel 1944 si celebrò il primo Pleno Nazionale a Muret, a pochichilometri da Tolosa25.

Come abbiamo detto, nel giugno del 1940 l’esercitonazista entrò in Francia, ed il 22 dello stesso mese a Rethondesi francesi riconobbero la sconfitta firmando l’armistizio, edil maresciallo Pétain assunse il potere dello stato, in pienoaccordo con i tedeschi. La Francia venne divisa in due zone:una occupata direttamente dai nazisti, l’altra chiamata “libe-ra”, amministrata da Pétain stesso, in sintonia con i tedeschi.

Questa nuova situazione causò nuove, pesantissime per-secuzioni tra i libertari in esilio: in sintonia con la collabora-zione tra Pétain, Hitler e Franco, molti spagnoli furono in-viati nei campi di sterminio nazista: la maggior parte fu por-tata al campo di Mauthausen, dove morirono tra le 7.000 ele 10.000 persone26. Inoltre, la polizia spagnola, in collabo-razione con il governo di Vichy e la Gestapo, riuscì a cattura-re molti dei rifugiati politici spagnoli, che furono consegna-ti al regime franchista. Tra questi, ricordiamo l’ex presiden-te della Generalitat di Catalogna, Lluis Company, che fu poifucilato, e l’anarco-sindacalista già citato Juan Peirò, che ven-ne fucilato a Valencia.

Dal giugno 1940, di fatto, l’attività de Consiglio Generale

24. L. Domergue, ibid.25. E. Bayo, Los atentados contra Franco, cit., p. 12.26. AA. VV. Violencia politica en la España del siglo XX, a cura di S. Julià, cit., p. 285;

ed ancora: A. Paz, CNT 1939-1951, cit., p. 106.

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fu pressoché simbolica, ed i militanti si concentrarono so-prattutto nella zona attorno a Bordeaux ed a Marsiglia, nellaquale cominciò ad operare una Commissione di Relazionidella CNT, che per diverso tempo, almeno fino all’estate del1942, costituì il centro organizzativo più importante per l’or-ganizzazione in Francia. Allo stesso modo e con gli stessiobbiettivi, sempre nel sud della Francia, dalla fine del 1941nella zona del “Barriage de l’aigle” (“pantano dell’aquila”),Dipartimento del Cantal, si formò un altro gruppo CNT, chesi autonominò “M.L.-CNT en Francia”. Questo gruppo orga-nizzò subito un pleno regionale nel settembre 1942, e succes-sivamente iniziò ad adoperarsi per convocare un altro plenonazionale CNT, fissato per il giugno 1943, da tenersi nellastessa zona del Cantal, a Mauriac.

Questo pleno, che si svolse regolarmente il 6 giugno 1943,mise le basi per la riorganizzazione della CNT in esilio, evide trionfare una linea ”collaborativa”, che ben s’incontravacon le aspirazioni di Molina. Il passo successivo fu la celebra-zione di un nuovo pleno, questa volta nazionale, che si tennea Tourniac (sempre nel Cantal), che in modo sempre piùmarcato propose una linea “riformista”, sia sul piano strategi-co che su quello ideologico27, suscitando però rimostranzesempre più convinte provenienti da altri esponenti dell’esilio,in particolare dall’ambiente che si riconosceva ancora nelConsiglio Generale, che di fatto non era mai stato sciolto, edagli anarchici “faisti”, che andavano accrescendo i consensi.

Parallelamente, altri gruppi CNT , in modo autonomo, sicostituirono, e cercò di riorganizzarsi anche la F.I.J.L., so-prattutto per iniziativa di giovani anarchici della zona diTolosa .

Comunque, queste scelte ufficiali fatte proprie da ampisettori della CNT tenevano conto in modo prioritario dellasituazione più generale che si stava articolando a livello in-ternazionale, con ovvie ricadute anche su tutto il fronte de-gli esuli spagnoli. Ai tentativi, per altro con scarsissimo se-guito, operati dai comunisti per cercare di costituire organi-smi rappresentatativi degli esuli che fossero legittimati a trat-tare con le potenze alleate [ad esempio, cercando di costitu-ire quell’Unione Nazionale Spagnola (U.N.E.), che non incon-trò particolari consensi], si contrapposero azioni con più ri-

27. A. Paz, CNT 1939-1951, cit., p. 110.

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sonanza intraprese dalle altre organizzazioni politiche e sin-dacali, quale ad esempio la Giunta Spagnola di Liberazione(J.E.L.), aperta alle varie forze repubblicane, ai socialisti edagli anarcosindacalisti, specificando chiaramente la chiusu-ra verso i comunisti. Questa alleanza, come in seguito le suc-cessive, ovviamente mise in piena luce i contrasti interni almovimento libertario, spaccato tra i sostenitori di questalinea e coloro che, al contrario, non nascondevano la pro-pria diffidenza.

Queste lacerazioni interne provocarono seri danni all’or-ganizzazione di un efficace fronte di resistenza, sia per ilmovimento libertario in generale, sia soprattutto in relazio-ne alla repressione franchista, che in Spagna si stava espri-mendo con la stessa, costante violenza. E questo fu alla basedell’incomprensione, quando non proprio aperta ostilità erancore, che molti libertari restati in patria esprimevano ri-ferendosi all’organizzazione degli esiliati, soprattutto fran-cesi. Li si accusò essenzialmente “di essere fuori dalla real-tà”, di “impegnarsi eccessivamente in disquisizioni teoriche,mentre in Spagna morivano”, ed apertamente si dichiararo-no più vicini alle posizioni “riformiste”, che meglio, ai loroocchi, potevano rispondere al desiderio di abbattere il regi-me. Soprattutto, quello che gli si rimproverò fu di non aiuta-re materialmente i resistenti spagnoli, e continue furono lelamentele circa la scarsità degli aiuti forniti, sia sul pianoeconomico, sia riguardo alle armi. Ovviamente, la realtà nonera questa: lavorare per riorganizzare i libertari in esilio nonfu né facile né secondario, e comunque molti dovettero, allostesso tempo, guardarsi dagli agenti francesi e tedeschi cheoperarono in perfetta sintonia con la polizia franchista. Inol-tre, molti anarchici scelsero d’impegnarsi direttamente nel-la resistenza francese contro i nazisti, ma, nonostante tutto,molti furono coloro che, provenienti dalla Francia, moriro-no in Spagna28.

In ogni caso, a dimostrazione di questo sentimento co-munque esistente e che è facile scorgerlo da molti comuni-cati dei vari Comitati Nazionali CNT in Spagna, basterà cita-re un giudizio di Cipriano Damiano, tra l’altro personaggioemblematico di questa situazione, essendo stato un anarchi-co che, dall’esilio, spesso operò in Spagna:

28. C. Damiano, La Resistencia Libertaria. […], cit., p. 126.

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[…] a giudizio dell’autore, salvando numerose ed estimabilieccezioni, l’esilio non fu, in generale, all’altezza delle circostanzené in quei momenti [qui ci si sta riferendo alle prime azioni delC.N. presieduto da Pallarols, n.d.a.] né nelle epoche posteriori29.

3.4) IL CLIMA SOCIALE

Già abbiamo accennato alla pesante situazione nella qua-le gli spagnoli si trovarono a vivere al termine della guerracivile. Oltre alla paura della repressione, che coinvolgevamilioni di famiglie, si dovette convivere con la miseria piùgenerale.

Come è naturale che sia, il primo obiettivo che le fami-glie spagnole si prefissero, soprattutto in quelle che appog-giarono il governo repubblicano, fu quello di tentare di “tor-nare alla normalità”, per quanto possibile, in una situazionenella quale la gran parte delle famiglie avevano avuto alme-no un “assente”, cioè un parente o un amico morto o impri-gionato. La grande speranza nella quale si erano cullati peralcuni anni, ossia il cambiamento della realtà sociale, era sta-ta sconfitta drasticamente: ora si doveva “tornare a vivere” inqualche modo. Del resto, anche dalla parte franchista, laguerra aveva lasciato una situazione di estrema precarietàeconomica, ed analogo era il tentativo affannoso di ripren-dere a vivere. Lo stesso regime aveva tutto l’interesse per lomeno di ostentare, nella propaganda ufficiale, l’avvenutanormalizzazione nella vita sociale, dovuta alla “pacificazione”ottenuta ripristinando gli antichi valori.

Però nella realtà quotidiana delle famiglie di orientamentipolitici opposti c’erano differenze nette: da una parte, fami-glie che tiravano avanti in una situazione psicologica depri-mente, avendo perso ogni speranza e temendo le incognitedi un futuro che non lasciava trasparire nessuno spiraglio;dall’altra, invece, chi poteva affrontare le difficoltà in pienafiducia, forti almeno della speranza e della condivisione ver-so il regime.

Inoltre, molto spesso erano acuite anche le condizioni di

29. C. Damiano, La Resistencia Libertaria. […], cit., p. 57.

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miseria, a causa di un potere che considerò gli stessi posti dilavoro come parte di un “bottino di guerra” legittimo, e per-tanto si procedette ad innumerevoli epurazioni di persone“non gradite”, soprattutto nella pubblica amministrazione.Inoltre, alcune leggi, come quella promulgata nell’agosto del1939 (che riservò l’80% dei posti di lavoro ai nazionalistiferiti in guerra), la stessa regolamentazione sindacale (rigi-damente verticale e corporativa, che di fatto negò ai lavora-tori la possibilità della contrattazione contrattuale, lascian-do come unico e velleitario strumento il ricorso davanti algiudice)30, andarono nella direzione di una ricerca di un’as-soluta obbedienza da parte del lavoratore, che finì per tro-varsi in una condizione economica miserevole.

Ultima, ma non per importanza, differenza tra le fami-glie di ex repubblicani e quelle di orientamento franchista,fu quella rappresentata dal continuo sentimento di paura, eche impedì un effettivo ritorno all’agognata normalità. Daun comunicato redatto da Juan Molina, allora delegato dalM.L. all’estero sugli affari spagnoli, ecco un interessantequadro della situazione:

[…] Stiamo vivendo un’ondata di terrore costante come mai siera conosciuta nella storia di Spagna. Ci sono state repressioni,però sempre di minor durata, mai tanto metodica, totale e pre-ventiva in tutto il territorio nazionale. Nei quartieri esclusiva-mente operai lasciano lavorare tranquillamente molti antifascistiper dargli fiducia e dargli la sensazione che si dimentichino diloro. Dopo si vanno informando dei loro domicili, e quandomeno se lo aspettano sono imprigionati e sottomessi […].Ap-paiono anche annunci nella stampa per i quali si invitano glioperai che richiedono il loro ingresso nel lavoro per essereammessi. Alcuni si presentano e pochi giorni prima di esserenel lavoro sono detenuti. Nei centri di reclusione i detenutimuoiono di fame. È molto ordinario il caso di prigionieri checadono indeboliti davanti al tribunale che li giudica. Coloroche giustiziano i condannati a morte devono farlo stando lavittima al suolo perché non può tenersi in piedi. […] Impossi-bile descrivere la disperazione di coloro che hanno avutofamigliari al servizio della Repubblica, perché sanno quello chegli aspetta se sono scoperti o denunciati. A Barcellona hanno

30. E. Moradiellos, La España de Franco (1939-1975), cit., p. 86.

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estremizzato a tal punto la repressione queste ultime settimaneche restano molto poche famiglie che non abbiano sentito ilpeso delle rappresaglie. Si sono abilitati conventi, fabbriche edaltri edifici per prigioni. […] A molti dei famigliari, quandovanno a portare il pacco di cibo ed indumenti, glielo restitui-scono interamente, dicendogli che sono stati trasferiti non san-no dove. Le date di questi “trasferimenti” si possono identifica-re nei libri di registro dei cimiteri. Non si creda che tutti glielementi detenuti sono stati famosi nel regime repubblicano;niente di questo. È sufficiente che non siano stati fascisti, per-ché con frequenza si sente dire: “Tra i 18 ed i 50 anni, nonresterà un “rosso” vivo. […] E’ obbligatorio portare nel baverodella giacca il distintivo di “lavoratore” che solo sono autoriz-zati a diffondere i sindacati falangisti. Per ottenere questo di-stintivo bisogna esser “depurato”. Naturalmente, andare per lastrada senza questo distintivo risulta pericoloso. […] Esiste unatattica speciale nella persecuzione, che consiste nel non agitar-si molto. Operano senza fretta, perché sanno che, al più tardi oal più presto, tutti i disadattati cadranno in loro potere. Si dafrequentemente il caso di detenere cittadini quando passeggia-no tranquillamente per la strada, che a volte sembrano sparirecome se gli avesse inghiottiti la terra. […]31.

La prima conseguenza di questo clima di terrore genera-lizzato fu il silenzio di chi sperava in questo modo di far di-menticare il proprio passato e di poter riprendere così unavita il più possibile “normale”. Ma se ciò poté essere minima-mente possibile nei quartieri popolosi delle grandi città, dovele conoscenze fra le persone erano più labili, questo risultòimpossibile nei piccoli paesi, dove tutti conoscevano tutti.L’esito di questa situazione fu il ricorso in modo massiccioalla pratica della denuncia e delle delazioni. Favorite dal re-gime per perseguire i rivoluzionari, presto si convertironoin strumento per affrontare odi personali e di vicinato, emolti ne approfittarono per arricchirsi ottenendo i beni deivinti, pratica per altro legale dopo la Legge sulla ResponsabilitàPolitica del 1939. Spesso la palese assurdità di molte denuncenon impedì la persecuzione. Bisogna ricordare che alcunedi queste denunce furono anche una diretta conseguenzadel clima ideologico che si era andato diffondendo durante

31. J.M. Molina, Il movimiento clandestino en España. 1939-1949, cit., p. 52 e segg.

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la guerra e che il regime continuò a propagandare,supportato dall’azione della chiesa cattolica. Sempre JuanMolina, cita un episodio emblematico in tal senso:

[…] Giorni addietro una madre denunciò il proprio figlio. Lapolizia si presentò in casa domandando di lui: “Sì, signore”-disse la madre - “vive qui e la denunciante sono io”. Nonostante tutto disse il poliziotto impressionato: “Voi che sie-te la madre!”“Sì, signore. Sono la madre e suo padre, se vivesse, anche lodenuncerei, perché era un rosso”.La mattina seguente uccisero il suo figlio unico. Questo mo-stro, lo si può incontrare ogni mattina sulla strada della chiesadi Sarrià (Barcellona), dove va ad ascoltare la messa quotidia-na32.

Inoltre, in questo periodo gli organi polizieschi favoriro-no un massiccio utilizzo dell’azione degli infiltrati nei grup-pi eversivi. Per quanto concerne il movimento libertario,abbiamo già riferito sull’azione di Eliseo Melis all’internodella CNT di Barcellona, con conseguenza nefaste per l’or-ganizzazione. Un altro di questi infiltrati nella CNT che piùprovocarono danni fu Luis Alfaro, in conseguenza del qualela polizia poté effettuare alcune retate tra le file libertariesul finire del 1944, comportando anche la “caida” dell’alloraComitato Nazionale CNT

Questo clima di terrore provocò una diffusa apatia, cheperò non impedì completamente l’espressione di una qual-che forma di dissenso, ovviamente in forma clandestina.

Infatti, oltre alla scelta di vita che fecero tutte quelle per-sone che continuarono a militare in organizzazioni aperta-mente contro il regime, sfidando con la prigionia o con lamorte la propria coerenza politica e personale, ci furono al-tre manifestazioni certamente meno impegnative edeclatanti, ma non per questo non importanti al fine di conti-nuare a far vivere una forma di cultura “altra” rispetto a quelladominante. Ad esempio, un certo dissenso si poteva coglierecantando alcune canzoni popolari, in barzellette, scrittemurali, esprimendo la propria gioia verso la sconfitta del-l’Asse, sabotando una macchina o il ritmo di produzione in

32. J. M. Molina, ibid.

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fabbrica, o addirittura parlando la propria lingua regionale,come nel caso dell’idioma catalano proibito dal regime.Anche il fenomeno dei “los topos”, ossia le

persone che stettero nascoste durante la guerra o buona partedi questa e che continuano così in alcuni casi fino agli annisessanta. Molte famiglie in Spagna avevano famigliari nascostinelle proprie case, nella zona rurale fondamentalmente, e ciòsupponeva una forma di resistenza […]33.

Come abbiamo detto, la Spagna dalla fine della guerracivile e durante tutti gli anni ’40 si trovò a vivere una situa-zione economica che definire precaria è un eufemismo.

Anche i cambi nella struttura economica, come in quellapolitica e sociale, furono il frutto degli obiettivi di determi-nati gruppi sociali, che ottennero indiscutibili vantaggi incambio di un sostegno aperto alla dittatura. Il regime scelsedi adottare una politica economica di tipo autarchico, checon la sua chiusura verso l’esterno favorì la limitazione dellelibertà personali delle persone. Del resto, questo tipo dimodello economico ben si prestava all’ideologia stessa delladittatura

la soluzione alla “degenerazione” era un “trattamento” di qua-rantena fisica e psicologica. La sensazione di attacco al “nostromondo” da parte delle tenebre”, di aggressione ad un ordine“organico” da qualcosa che era informe e caotico, era moltoforte. Lo stesso Franco avvertiva che “la salute della società, comequella dei corpi, necessita di quarantena per quelli che prove-nivano dal campo appestato34.

Di fatto, la dittatura scelse di chiudersi in sé stessa, dichia-rando di seguire il modello di Filippo II, per non “contami-narsi” di nuovo con il pericolo rappresentato dal liberalismodemocratico, dal laicismo, dalle correnti socialiste. E perquesto l’autarchia fu associata esplicitamente ad una sorta

33 : M. A. Ruiz Carnicer/ J. Garcia, La España de Franco (1939-1975). Cultura y vidacotidiana, ed. Sintesis, 2001, p. 63; ma su questo tema, a proposito dell’analogasituazione italiana, si veda anche il saggio di A.Parisella, Opposizione popolare e oppo-sizione politica, p.17, in L’opposizione popolare al fascismo, Atti del Convegno del 27-28ottobre 1995, a cura di G.Giannini, ed. Qualevita; o sempre dello stesso autoreSopravvivere liberi […],ed.Gangemi, 1997.

34. M. Richards, Un tiempo de silencio, cit., p. 21.

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di espiazione del passato più recente, in vista di un recuperodell’hispanidad.

Anche a causa di questa politica economica che fu un in-successo clamoroso, ben combinata con la scelta di sindaca-ti “verticali” e corporativi, si arrivò ad un crollo dei salari, ele famiglie spagnole dovettero convivere con una miseriadiffusa, che contribuì ad alimentare, tra l’altro, fenomeniquali: la diffusione costante delle malattie tipiche di un pae-se sottosviluppato, tra le quali anche il tifo; l’aumento deisuicidi; l’emigrazione dalle zone rurali, nonostante la politi-ca del regime intendesse favorire la realtà agraria; il crollodella natalità, che poi s’invertì negli anni ’50; la prostituzio-ne, che proprio per l’oppressione morale e sessuale tipicadella dominante ideologia cattolica, fu tollerata dal regimecome opportuna “valvola di sfogo”; i fenomeni delinquenziali;la larga pratica della mendicità.

La CNT clandestina fu sempre ben cosciente di questasituazione economica, anche nella prospettiva della cadutadel regime. Più volte, dal suo giornale Solidaridad Obrera, sievidenziò questo stato d’indigenza generalizzata, come peresempio in questo passo:

Le difficoltà di carattere economico che Franco incontra al suopasso non faranno più che diminuire le possibilità d’acquistodella massa cittadina. Ma le baionette, i campi di concentra-mento, le carceri ed i cimiteri ci aspettano, se non siamo capacidi reagire prima che la denutrizione ci converta in fantocci35.

Insomma: occorreva che le masse lavoratrici si rivoltasse-ro quanto prima, perché in seguito la miseria imperanteavrebbe cancellato tutte le forze, fisiche ma anche psicologi-che.

Un’ultima analisi è da riservare alla situazione femmini-le, che in quel contesto di miseria fu doppiamente penaliz-zata dalla cappa repressiva clericale. Molte donne, infatti, siritrovarono a dover portare avanti la famiglia da sole, per-ché il marito poteva essere stato ucciso o imprigionato. Aquesto, bisogna aggiungere l’accanimento della chiesa cat-tolica contro le donne, che fu reso in forma legale dal regi-me, che promulgò leggi apposite, e la violazione di queste

35. A. Paz, CNT 1939-1951, cit., p. 171.

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era da ritenersi come “delitto contro la morale”: il ricorsoall’aborto fu proibito, la natalità infantile incentivata e l’adul-terio femminile punito severamente. Il vero compito delladonna, per l’ideologia del regime, era quello di stare in casae di vigilare sopra la morale, ed insegnare questo fu lo scopoperseguito dalla associazioni femminili. Al contrario, le don-ne “rivoluzionarie” destarono grande scandalo, e si fece ungrande uso di punizioni quali l’olio di ricino e la rapatura azero. Le donne, come dimostravano alcune teorie di psichiatricompiacenti, erano ritenute avere caratteristiche fisiche epsicologiche inferiori all’uomo, e la chiesa non perdeva l’oc-casione per rimarcarne la loro “naturale tendenza” all’im-moralità ed al traviamento dell’uomo.

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CAPITOLO IV

IL PERIODO 1943-1947

4.1) TRA LA REPRESSIONE E LA SPERANZA

Il 1943 si aprì tra le speranze degli antifranchisti spagno-li, e tra questi i militanti della CNT: ed in effetti, semprenuovi militanti accorsero nelle file dell’organizzazione enuovi sindacati si formarono clandestinamente, rimpiazzan-do le vittime della repressione.

Ciò che alimentò questo clima ottimista era da collegarealla situazione internazionale: la seconda guerra mondiale,se ancora non si stava volgendo nettamente a favore degli Al-leati, vedeva comunque incrinare decisamente l’ottimismo diuna facile vittoria dei regimi dell’Asse, e per tanto si potevacredibilmente ipotizzare una caduta di queste dittature, allaquale avrebbe potuto far seguito quella del loro alleato Fran-co. Quello che i militanti libertari, e non solo, non potevanosapere, era dei contatti che avvenivano in via diplomaticatra alcune delle democrazie, soprattutto quella britannica,ed il regime franchista stesso, finalizzati a rassicurare Francoche non si aveva l’intenzione d’intervenire negli affari inter-ni della Spagna1. Lo scopo era di ottenere in cambio un at-teggiamento di minor collaborazione verso l’esercito tede-sco: questo atteggiamento ambivalente degli Alleati, che sa-crificava la difesa dei principi democratici al fine di vantaggistrategici e geopolitici in Spagna, si sarebbe con gli anni di-mostrato decisivo per le sorti dell’opposizione spagnola.

Inoltre, nel corso del conflitto, lo stesso regime franchi-sta mutò drasticamente il quadro delle alleanze internazio-nali: infatti, in questo senso vanno inquadrati l’abbandono

1. G. Hermet, Storia della Spagna nel ‘900, Soc. Ed. Il Mulino, p. 181.

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della “non belligeranza” ed il ripristino della neutralità, ilnon riconoscimento della Repubblica Sociale Italiana diMussolini ed il ritiro della Division Azul dalla Russia, provve-dimenti intrapresi nell’autunno 1943; ed inoltre, allo stessomodo sono da valutare gli accordi economici e strategici sti-pulati con gli americani nella primavera-estate del 1944. Equesto nuovo orientamento internazionale ebbe logiche ri-percussioni anche sulla politica interna: infatti, si assistettead una progressiva emarginazione degli elementi falangistipiù filo-nazisti quali Serrano Suñer a vantaggio dei rappre-sentanti del mondo cattolico.

Comunque non per questo la repressione interna calòd’intensità, e tra i più colpiti, loro malgrado, vi furono certa-mente i militanti del movimento libertario,.

Nel gennaio 1943, una nuova pesante “razzia” poliziesca,favorita dal delatore Eliseo Melis, colpì Barcellona, e si arri-vò anche all’arresto, tra gli altri, del vecchio militante CamilloPinon, uno dei fondatori della CNT nel 1910. Sempre nelcapoluogo catalano, a metà del mese di marzo vennero arre-stati dodici giovani militanti anarchici, che formavano labanda di J. Pallarés. Questi vennero accusati di aver compiu-to varie rapine ed omicidi di poliziotti, e già a fine marzofurono eseguite otto condanne a morte (ed un’altra vennedecretata poco tempo dopo), mentre gli altri furono con-dannati a lunghissime pene detentive.

Ovviamente, la CNT non poteva continuare a vederevanificati i suoi sforzi in una regione fondamentale, per tra-dizione storica, per radicamento nel tessuto sociale e perposizione strategica, come quella catalana, a causa di un per-sonaggio, Eliseo Melis, che sempre più destava sospetti. Per-tanto, si procedette a costituire un nuovo comitato regiona-le, formato da persone fidate, in contrapposizione a quellodi Melis. Sempre in Catalogna, si evidenziarono i primi con-trasti tra JJ.LL e FAI da una parte, e la CNT dall’altra, a causadi una diversa concezione della strategia da seguire: il sinda-cato era accusato di seguire una linea troppo “riformista”.Tra l’altro, in questo periodo i giovani anarchici costituiro-no il Movimiento Iberico de Resistencia (M.I.R.), organismod’azione, che però non trovò il consenso della CNT

Anche nelle altre regioni di Spagna la CNT riuscì nell’in-tento riorganizzarsi2: a Valencia, che come Barcellona era

2. C. Damiano, La Resistencia libertaria. […], cit., p. 100 e segg.

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stata duramente colpita dalla repressione franchista, si com-pirono i primi passi verso la ricostituzione a livello regiona-le, che culminerà nel 1945 con la nascita del primo comitatoregionale (C.R.) del dopoguerra; nei Paesi Baschi nel 1944si celebrò il secondo pleno regionale, a cui assistettero anchedelegati dalla Navarra; anche in Galizia e nelle Asturie, illivello organizzativo divenne molto elevato; in Andalusia,nonostante la pressione poliziesca fosse pesantissima, si potéassistere ad una decisa ripresa della Confederazione, checulminò nella celebrazione di un pleno regionale nel febbra-io 1944 a Siviglia; ed infine, importanti segnali di crescita siebbero anche nella zona del Centro, dove i componenti delComitato Nazionale ricoprirono anche ruoli nel comitatoregionale.

Ma la repressione contro i libertari continuò: in aprilevenne condannato a morte il colonnello anarchico CiprianoMera, che si era distinto durante la guerra civile (la penasarà poi commutata nell’ergastolo); in Andalusia alcuneretate portarono all’arresto ed alla successiva fucilazione aGranada di molti guerriglieri anarchici, tra cui diversi mem-bri del gruppo di Pepe el Quero ed il giovane anarchicoMingorance; tra la fine del 1943 e la fine del 1944 cadderodue C. N./CNT

Ma non poteva non provocare ripercussioni anche in Spa-gna l’evolversi del dibattito che parallelamente si compivaall’estero nell’ambiente dell’antifranchismo, ed in partico-lare nel movimento libertario, che iniziò a dividersi tra colo-ro i quali, mettendo come primo obbiettivo la caduta di Fran-co, non disdegnarono di favorire alleanze allargate ad altrischieramenti politici, appoggiando i vari organismi rappre-sentativi dei governi in esilio, e coloro che al contrario spin-sero affinchè il Movimento ripristinasse un atteggiamento“apolitico”, in virtù degli ideali originari. Quindi, nel marzo1944 a Madrid si celebrò un pleno nazionale della CNT, chetra le altre cose sancì definitivamente che il MovimientoLibertario nelle sue varie ramificazioni doveva confluire inte-gralmente nella Confederazione e che la linea strategica daseguire fosse quella in sintonia con le scelte del ’36, ovverodi piena collaborazione con le altre forze antifasciste. Ovvia-mente, non mancarono dissensi a tale impostazione, espres-si soprattutto dalle Gioventù Libertarie.

Questa collaborazione che si articolò negli anni, sfociòpoi nella costituzione, nell’ottobre del 1944, dell’Alleanza

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Nazionale delle Forze Democratiche (A.N.F.D.), formata da CNT,UGT, PSOE, Acción Repubblicana e Izquierda Repubblicana,escludendo intenzionalmente il PCE, e questa Alleanza di-verrà presto l’organizzazione antifranchista più importantedurante il periodo della dittatura, cercando invano di legitti-marsi anche rispetto alle potenze democratiche come credi-bile alternativa al regime.

Tra la fine del 1944 e l’inizio del 1945, una nuova ondatarepressiva si abbatté sul movimento libertario; tra le cause,senz’altro anche l’azione dell’ennesimo infiltrato, tale LuisAlfaro, che essendo figlio di un repubblicano ucciso dai na-zionalisti, si era guadagnato la fiducia di alcuni compagni.Le conseguenze furono pesanti:

un gran numero di arresti in tutta la Spagna, principalmente aBarcellona, Galizia e Madrid. In questa capitale cadde partedel C.N. /CNT ed il Comitato della A.N.F.D., con il suo segreta-rio generale, Sigfrido Català, appartenente proprio alla CNT3.

Proprio una comunicazione del nuovo C.N. della CNT , ilsettimo, presieduto da Gregorio Garcia Gallego, che di lì apresto sarà arrestato a sua volta, può darci un quadro dellasituazione:

Segnaliamo come fatti recenti le spettacolari detenzioni diBarcellona nelle quali, nel breve tempo di tre notti, furono de-tenuti circa trecento confederali, senza accuse concrete; Ma-drid, dove si trovano detenuti nei sotterranei del Ministero delGoverno circa cinquanta, al quale numero bisogna aggiungerevarie decine di cittadini di orientamento liberale, repubblica-no, militari professionisti e persino uomini di un indubitabileorientamento cattolico e conservatore che integrano il Partitod’Azione Popolare. Albacete, Alicante, Siviglia e varie altre cit-tà si trovano sottomesse nell’attualità ad una violentissima re-pressione, comparabile solo a quella patita nei tetri giorni cheseguirono il trionfo del generale Franco. Queste detenzioni sonotanto ingiustificate, rispondono in tale maniera al capriccio oalla paura, che si dà il fatto mostruoso a Madrid di realizzare ledetenzioni non per la Brigata Social, alla quale per tipo ledetenzioni corrispondevano (sic), ma per la Brigata Criminale.

3. J. M. Molina, El movimiento clandestino en España. 1939-1949, cit., p. 111.

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Così pretende la Direzione Generale di Sicurezza giustificare lasua arbitrarietà davanti a possibili spiegazioni diplomatiche opratiche individuali dell’interno4.

Inoltre, l’azione repressiva in Castiglia arrivò a colpireanche le provincie di Madrid, Toledo, Ciudad Real, Cuenca,Guadalajara, Soria, Valladolid e Salamanca.

Questo interessante comunicato, oltre a darci un quadrogenerale della situazione, mette in rilievo un altro aspetto,ossia che per la prima volta viene esplicitamente colpita an-che una parte della società spagnola che fino a quel momen-to era passata quasi incolume attraverso la repressione. Lanovità era dovuta ancora una volta a riflessi della politicainternazionale: con gli Alleati ormai sicuri vincitori, il Regi-me, oltre a cercare di “riabilitarsi” tentando di negare unsuo diretto coinvolgimento a fianco degli stati fascisti, si tro-vò in uno stato di vera e propria paura circa il suo futuro: lapossibilità che la caduta di Hitler e Mussolini potesse com-portare una reazione a catena, trascinando con sé la finedella dittatura di Franco, non sembrava così remota, almenoapparentemente. Del resto, proprio in quei mesi apparve ilcosiddetto “Manifesto di Losanna”, nel quale trovarono espres-sione compiuta le velleità d’opposizione dei monarchici spa-gnoli, che, sotto la forma di un documento redatto dallo stes-so Don Juan, auspicavano la creazione di una monarchiacostituzionale, che avrebbe garantito le libertà individuali.

Il regime, di fronte a tutte queste pressioni, scelse di resi-stere aspettando il compiersi degli eventi, cercando allo stes-so tempo di prepararsi il terreno nel modo migliore. Si do-veva pertanto procedere ad una preventiva liquidazione dibuona parte degli oppositori, per poter evitare eventualimaggiori rischi di ritorsione in caso di esito particolarmentesfavorevole per il regime.

La repressione già si era incrementata prima del finale dellaguerra mondiale. Si credeva praticamente inevitabile che il Re-gime considerasse un certo grado di liberalizzazione dopo lasconfitta del nazismo e del fascismo. Il governo credeva che l’“aspetto esterno” del movimento dovesse riformarsi, lasciandointatta “l’essenza fondamentale del falangismo”. Per tanto, le

4. C. Damiano, La Resistencia libertaria. […], cit., p. 118.

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autorità franchiste erano decise a continuare la purga primache si imponessero dette formalità. Durante i primi mesi del1945, le esecuzioni seguirono ad un ritmo considerevole. Il 17gennaio ebbero luogo per lo meno ventitré esecuzioni a Ma-drid. Una fonte sicura della polizia assicurò che tra il 13 ed il 19gennaio si produssero quarantadue esecuzioni, e varie più nelmese di febbraio5.

Tra questa ondata repressiva, va segnalata anche la cadu-ta, nel marzo 1945, del primo comitato regionale CNT deldopoguerra in Aragona, che tra mille fatiche aveva iniziato ariprendere l’attività; poco dopo questi eventi, a Saragozza,verrà fucilato un esponente di rilievo, cioè Manuel Lozano,ex commissario della 127ª Brigata Mista.

Ma fu ancora una volta l’Andalusia una delle zone chevide dispiegarsi in modo più pesante l’azione del regime. Datempo esisteva un punto di comunicazione e di fuga fonda-mentale per i “cenetisti”, Gibilterra, che il regime non potevapiù sopportare oltre. Per questo, nella primavera 1945, siconcentrò nella zona un ingente numero di forze dell’ordi-ne, che procedettero a diversi arresti ad Algeciras, Jerez,Cadice e Siviglia, condannando i militanti, dopo torture, asvariati anni di prigionia.

Un’altra zona che dovette sopportare una violentissimarepressione fu quella di Alicante, ed in particolare modo,oltre al capoluogo, la città di Elche. Furono arrestati e tortu-rati vari libertari, alcuni dei quali morirono non potendoreggere alla violenza. Anche le famiglie dei “colpevoli” nonfurono risparmiate dall’azione poliziesca. Un esempio delcarattere di questa pratica sistematica è dato da questa testi-monianza:

Il 13 di marzo del ’45 agenti della polizia e della falange si pre-sentarono al numero 56 del distretto rurale di Derramados(Elche) per procedere alla detenzione di José Roldan Oliver.Egli stava lavorando in campagna ad una certa distanza dallacasa, dove si trovava la sua sposa, Carmen Vicente Jordan, ma-lata di asma ed incinta di quattro mesi, con tre figli di piccolaetà. A calci gli agenti obbligarono la donna a condurli dove sitrovava lo sposo. Lì bastonarono questo in presenza della sposa

5. M. Richards, Guerra civil, violencia, y la construccion del franquismo in AVV.VV. LaRepublica asediata, a cura di P. Preston, cit., p. 367.

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e dei figli, frantumandogli le dita e bruciandogli il viso con isigari. La donna, dopo averla colpita, la collocarono a testa ingiù dentro un pozzo ed in questa posizione tornarono a colpir-la e le bruciarono le natiche. Da lì furono condotti alla prigio-ne di Alicante. La sposa dovette essere ospedalizzata. Il maritofu sottoposto ad indagini il 3 di aprile e tornò ammaccato esanguinante per tutto il corpo6.

Ad ottobre la polizia inflisse un altro duro colpo alla Con-federazione: a Barcellona venne scoperta la stamperia delgiornale clandestino «Solidaridad Obrera», vennero arrestatii redattori, e l’indagine proseguì, fino a provocare la cadutadi un altro C.N./CNT (il decimo), con l’arresto del segreta-rio generale, Cesar Broto; si dovette pertanto procedere no-minando un nuovo segretario, che venne individuato inAngel Morales, segretario della regionale del Centro.

Intanto, proprio in quel periodo il regime iniziò a trovar-si in difficoltà per la protesta di un numero sempre maggio-re di lavoratori, che effettuarono diversi scioperi, soprattut-to in Catalogna; in un altro capitolo, cercheremo d’appro-fondire questi movimenti scioperistici, che nel 1946 raggiun-sero l’apice, e furono pertanto ovviamente repressi dalla dit-tatura, che non poteva permettersi il consolidamento di un“fronte interno” proprio in un momento nel quale era gran-de il timore per l’evolversi della situazione internazionale.

Tra gli organizzatori di questi scioperi, naturalmente, cifu la CNT, ma un ruolo di prim’ordine lo ricoprirono anchei militanti della F.I.J.L. sopravvissuti alle varie retate, tra i qualiiniziò ad assumere incarichi sempre più importanti J. LuisFacerias, in questo momento segretario della difesa dellaF.I.J.L. di Barcellona (ossia del nucleo che compiva azioniper liberare i compagni e/o colpire obbiettivi del regime), ilquale col tempo diverrà uno dei guerriglieri più ricercati ditutta Spagna.

Intanto, la Confederazione confermò in un altro pleno,svoltosi a Carabaña – nei pressi di Madrid – nel luglio 1945,la propria linea “collaborazionista”, e conseguentemente con-tinuarono i contatti della CNT spagnola con i monarchici econ i rappresentanti del governo in esilio presieduto da Giral,a sua volta nominato dal presidente Barrio, che ottennero

6. C. Damiano, La Resistencia libertaria. […], cit., p. 123.

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come unico risultato concreto quello di una risoluzione dell’O.N.U. del giugno 1945 nella quale si espresse la contrarietàdell’Assemblea Generale verso l’entrata della Spagna nell’Or-ganizzazione. Questa presa di posizione contribuì ad alimen-tare le speranze degli antifranchisti, anche se già iniziavanoad aumentare le perplessità di molti, soprattutto libertari,per l’atteggiamento delle nazioni democratiche, che nonappariva particolarmente deciso.

In effetti, l’atteggiamento del regime, che si tradusse nel-l’attesa paziente degli eventi, nel rimpasto interno, eliminan-do gli elementi più compromessi col fascismo, e nel tentati-vo di legittimarsi come nazione “cattolica” e quindi“anticomunista”, stava iniziando a dare i suoi frutti. Infatti,proprio in quel periodo, iniziarono a delinearsi le primeimportanti divergenze tra il mondo occidentale ed il nascente“impero comunista” circa la spartizione delle rispettive zoned’influenza su scala planetaria. E quindi, la mancanza didemocrazia in Spagna, per le potenze occidentali, dopo tut-to poteva risultare il male minore rispetto alla possibilità diprivare il mondo comunista di un eventuale punto d’appog-gio situato proprio nel cuore della zona sotto l’influenzaoccidentale. Del resto, l’esperienza della Repubblica spagno-la, con le sue audaci riforme politiche e sociali, aveva provo-cato molto spavento anche nelle democrazie liberali euro-pee, ed era nota l’avversione di Churchill per i provvedimentitroppo radicali attuati in quel frangente, soprattutto quelliperseguiti dai libertari spagnoli, che avevano goduto anchedel sostegno di una larga base sociale più generalizzata edagli orientamenti politici più eterogenei.

In questo senso, un aiuto importantissimo alla dittaturavenne dal Vaticano:

L’ingresso di A. Martin Artajo nel Gabinetto, come Ministrodegli Esteri, aveva il doppio obbiettivo di rendere decente (!)[sic] l’immagine esterna della dittatura e conseguire la tuteladi Pio XII7.

Ed ovviamente, le gerarchie cattoliche conseguirono fa-cilmente l’obiettivo, in sintonia con l’azione esercitata du-rante la guerra civile ed i primi anni del regime.

7. B. Muniesa, De la dictadura a la monarchia. Historia de España 1939-1996, cit., p. 49.

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Poco dopo, nel dicembre del 1946, l’O.N.U. arrivò a san-cire un embargo economico contro la Spagna franchista, equesta risoluzione fu l’apice di un’atteggiamento che sem-pre più era condizionato dalla “realpolitik”, e che da questomomento iniziò a volgere inesorabilmente nel sensoauspicato da Franco, anche se pure a piccoli passi e cercan-do di rispettare il più possibile le “apparenze democratiche”.Ed infatti, a distanza di quasi un anno, l’O.N.U., su propostaamericana, decise di non inasprire le sanzioni contro la Spa-gna, e parallelamente si intensificarono i rapporti di tipocommerciale e militare tra gli Stati Uniti ed il regime8.

Gli anni 1946-1947 furono senza dubbio tra i più fecondiper il movimento libertario durante tutto il periodo delfranchismo, perché tantissimi militanti accorsero a rinvigo-rire le fila, anche nell’illusione di una caduta della dittatura,e permettendo così di superare quelle periodiche crisi cheseguivano le immancabili retate delle forze dell’ “ordine”.Infatti, si costituirono

Regionali come quelle di Galizia e Canarie, che avevano conse-guito tanta influenza politica e morale come prima del 19 lu-glio 1936, e così anche le provinciali di Alicante e Murcia, cheaveva tutte le comarcali organizzate, Barcellona controllava12.000 militanti, Levante 20.000, Centro 15.0009.

E proprio a causa di una di queste ondate repressive, nel-l’aprile 1946, fu detenuto, a seguito dell’azione volta a frena-re l’ondata di scioperi, il C.N./CNT presieduto da L. IñigoGranizo (il dodicesimo), insieme a svariate decine di mili-tanti in tutta Spagna.

A seguito di questa ennesima retata, assunse il ruolo disegretario generale del nuovo C.N. E. Marco Nadal, la cuigestione fu una delle più discusse tra tutte quelle succedutesi,perché, se da un lato gli si riconobbe un notevole sforzoorganizzativo, che comportò una crescita notevole della Con-federazione, dall’altra lo si accusò di eccessivo “moderatismo”,troppo in linea con le posizioni di Molina e dei cosiddetti“riformatori”. Infatti, la sua condotta fu criticata, a posterio-ri, sia per non aver “utilizzato questa forza in modo attivo egenerale”, ma soprattutto in virtù di considerazioni più ge-

8. B. Muniesa, De la dictadura a la monarchia. Historia de España 1939-1996, cit., p. 56.9. J. M. Molina, El movimiento clandestino en España. 1939-1949, cit., p. 172.

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nerali, che prendevano lo spunto proprio dal dibattito chestava attanagliando lo stesso movimento libertario:

Gli accordi di Carabaña cominciavano a fare breccia negli or-ganismi dirigenti della CNT . Ed una delle sue conseguenzeera la negazione, da parte dei dirigenti della CNT, di una situa-zione imposta dalla classe operaia che con la sua azione mo-strava di essere disposta ad andare ancora più lontano. […] LaCNT. organizzazione rivoluzionaria per sua antica pratica diazione diretta ed antiparlamentare, si era convertita, con la suaentrata nel gioco politico democratico borghese, in una orga-nizzazione che non si differenziava in niente dalle caratteristi-che che il PSOE aveva accordato all’ UGT10.

Dilaniato anche dalle discussioni scatenatesi in seguito allascissione della CNT in Francia poco tempo prima, il movi-mento libertario nella sua complessità faticò a riconoscersinella linea assunta dalla CNT: un’espressione di questo disa-gio si manifestò chiaramente durante il pleno regionalecatalano della F.I.J.L., svoltosi a Las Planas nel luglio del 1946,dove si ribadì la necessita di abbandonare la traiettoria colla-borazionista, ma non si poté dar seguito alle risoluzioni, per-ché subito dopo, nel mese di agosto, 39 militanti delle Gio-ventù Libertarie e della CNT vennero arrestati a Barcellona,probabilmente dopo una delazione.

Intanto, andava proseguendo in modo intenso l’attivitàguerrigliera, soprattutto nelle Asturie ed in Andalusia, e pro-prio dal carcere di una città andalusa, Malaga, il primo mag-gio 1946 si verificò una spettacolare fuga, che coinvolse laCN.T., ed ebbe successo, anche se in seguito alcuni dei 24fuggitivi vennero catturati o uccisi; al contrario, un’altra fugasimile dal carcere di Alcalà de Henares non ottenne succes-so11.

Un’altra azione repressiva pesantissima, collegata al mo-vimento scioperistico, si abbatté sulla CNT tra la fine del 1946e l’inizio del 1947, contribuendo a disarticolare la nascenteorganizzazione: in soli tre mesi, da dicembre a marzo, ven-nero detenuti più di 1.200 militanti confederali sparsi in tut-ta la Spagna12, e con la primavera il numero degli arrestati

10. A. Paz, La CNT 1939-1951, cit., p. 216 e segg.11. C. Damiano, La Resistencia libertaria. […], cit., p. 144 e segg..12. J. M. Molina, El movimiento clandestino en España. 1939-1949, cit., p. 219.

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arrivò a toccare le duemila unità; anche il 13° C.N. /CNTnel mese di maggio di quell’anno cadde sotto i colpi dellapolizia, e lo stesso Marco Nadal venne arrestato. Inoltre fu-rono eseguite alcune condanne a morte comminate anniprima: tra i militanti più noti che vennero fucilati, ricordia-mo i due giovani anarchici Manuel Lopez ed il poeta e scrit-tore “Amador” Franco Cazorla.

Frattanto, proprio in quegli anni, il governo Giral, a cau-sa dello scarso riconoscimento internazionale, entrò in crisi,ed i socialisti tentarono la strada di un’altra e più stretta alle-anza coi monarchici, che però non ottenne grandi risultati.In conseguenza del sempre più evidente insuccesso dell’azio-ne dell’A.N.F.D., crebbero i fautori di un rovesciamento distrategia politica, sul genere di quella adottata da buona par-te del M.L. all’estero ed auspicata dalle F.I.J.L. anche in Spa-gna. Un numero sempre più consistente di giovani accorse-ro in Spagna anche dall’estero per contribuire alla resisten-za antifranchista, ed il vecchio progetto ideato dalle Gioven-tù Libertarie, ossia la creazione di un comitato (il M.I.R.)che compiesse azioni violente, separato dall’attività specificae propagandistica della Confederazione, ottenne sempremaggiori consensi, nonostante l’opposizione della CNT Suproposta di Liberto Serrau, si procedette in primo luogo amodificare il nome originario in Movimiento Libertario deResistencia (M.L.R.), per caratterizzarlo meglio dal punto divista ideologico, e quindi a cercare di pianificare azioni con-crete. La più eclatante azione degli inizi fu certamente l’omi-cidio a Barcellona dell’infiltrato Eliseo Melis Diaz, il 12 lu-glio del 1947, della quale s’incaricò Manuel Pareja, che peròmorì a sua volta.

Quasi negli stessi giorni a Madrid si tennero i pleni dellaCNT e della F.I.J.L., che produssero lo stesso risultato: totalecritica alla strategia “collaborativa” della CNT, e questa scel-ta fu così risoluta e netta che suscitò una fortissima eco negliambienti libertari internazionali.

Ma intanto sul movimento libertario si stava abbattendouna delle più importanti persecuzioni dai tempi della guer-ra civile: la morte di Eliseo Melis per gli organi repressiviaveva significato una pesantissima sconfitta, che dimostraval’esistenza di una resistenza, quella libertaria, che rimanevamolto pericolosa ed era lontana dall’essere ancora debellata.Eduardo Quintela, capo della Brigata Social, reparto dellapolizia catalana, che tra l’altro definì Melis “il mio miglior

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amico”13, intensificò la repressione, e tra agosto e settembrediverse decine di militanti vennero arrestati, tra cui i compo-nenti del 14° C.N./CNT (segretario A. Ejarque). Venne allo-ra nominato un nuovo C.N., presieduto da Manuel Villar,che fu però scoperto pochissime settimane dopo, ed ancheil successivo C.N. (Segretario Villar Mingo) terminò prestola sua azione, in quel novembre del 1947 che fu davvero ter-rificante per il movimento libertario: oltre ai vari arresti, cheprovocarono la paralisi anche per tantissimi comitati regio-nali, fu scoperto l’archivio della CNT ed anche la stamperiadove si pubblicavano organi quali: CNT, organo del C.N.;Castilla libre, organo della regionale del Centro; Fraternidad,organo del comitato di contatto CNT-UGT; e molto altromateriale propagandistico14. La zona più colpita in quel pe-riodo fu quella di Madrid, nella quale più di un centinaiofurono gli arrestati. Che il colpo subito fosse stato di notevo-le importanza per la Confederazione, possiamo anche ap-prenderlo da un delegato della zona dell’Extremadura:

Le continue repressioni scatenate contro l’ Organizzazione diSpagna, da quando iniziò la sua eroica lotta clandestina, hannoeliminato in modo rapido quanti militanti occupavano incari-chi organici. […] Le galere sono stipate di questi buoni com-pagni, che senza timore delle torture dei commissariati, comenemmeno delle terribili sentenze dei tribunali franchisti, sonoandati a formare i nostri quadri di combattimento, e noi cherestiamo, controllati dalla polizia, per essere molto conosciuti,siamo impossibilitati per un’azione effettiva. Per tutte questeragioni abbiamo determinato di prospettare alla militanza del-l’esilio la necessità che inviate compagni all’interno per irro-bustire i nostri quadri e compiere soddisfacentemente la alta edelicata missione che gli si affida15.

4.2) GLI SCIOPERI DEL 1944-1947

Come abbiamo più volte avuto modo di ricordare, uno

13. A. Paz, La CNT 1939-1951, cit., p. 316; ed anche: C. Damiano, La Resistencialibertaria. […], cit., p. 161.

14. J. M. Molina, El movimiento clandestino en España. 1939-1949, cit., p. 228.15. J. M. Molina, ibid.

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degli obiettivi più importanti perseguiti dal regime fu quel-lo di disarticolare definitivamente la combattività e la coe-sione di classe della massa lavoratrice, distruggendo tutte leorganizzazioni sindacali operaie. Di conseguenza, la situa-zione economica che visse la classe lavoratrice nella Spagnadel dopoguerra fu parecchio precaria. Le difficoltà dovutealla mancanza dei generi di prima necessità furono accre-sciute dal crollo del potere d’acquisto dei salari degli operai,che furono ridotti drasticamente rispetto al periodo repub-blicano. Alcuni interessanti dati, presi dall’Anuario estadisticode España, ci chiariscono meglio la situazione16:

1936 1940 1941 1942 1943 1944 1945 1946 1947 1948 1949 1950Incrementi salariali medi: 100 136 143 148 155 160 164 199 233 231 231 270Incremento costo della vita nei capoluoghi: 100 178 231 247 246 256 274 360 424 453 477 529Potere d’acquisto dei salari: 100 76 62 60 61 62 69 55 54 51 48 51

A questa situazione di estrema miseria, facevano dacontraltare i sempre più evidenti squilibri sociali, con unaparte di spagnoli che al contrario videro aumentare le pro-prie ricchezze.

Il regime, da parte sua, resi illegali, ovviamente, i sinda-cati di classe tradizionali, cercò di far confluire i lavoratori inun sindacato unico, verticale, la Central Nacional Sindicalista(C.N.S.), che inquadrasse i lavoratori e potesse quindi con-trollarli. Questa forma d’organizzazione era coerente al pro-getto di stato corporativo auspicato dalla Falange, sul mo-dello del fascismo italiano.

La miseria, la demoralizzazione e la paura furono, finitala guerra, fattori determinanti che costrinsero i lavoratori anon effettuare particolari forme di protesta. Del resto, lo scio-pero era stato reso illegale, e la legislazione in materia diconflitti lavorativi prevedeva solo il ricorso personale del la-voratore davanti al giudice, in tutti quei casi nei quali l’inter-vento di mediazione del Sindacato Unico non fosse riuscitoa risolvere la questione.

16. C. Molinero/ Pere Ysàs, La conflittualità sociale in Spagna durante il franchismo inAA.VV. Per una definizione della dittatura franchista, a cura di L. Casali, cit., pp.106-107.

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Comunque, nonostante la difficile situazione, si ha noti-zia di prime manifestazioni di protesta, che sfociarono inscioperi, già a partire dagli anni ’40: a Barcellona nello stes-so 1940, a Cadice ed a Manresa nel 1941, nell’industria tessi-le di Matarò nel 1943, ed addirittura a Bilbao nel 1943 sitenne uno sciopero generale17. Questi scioperi, ad eccezio-ne di quello di Cadice del 1941 che fu organizzato dalla CNT,ebbero un’origine spontanea, anche se videro l’attiva e fon-damentale partecipazione dei militanti delle organizzazionisindacali clandestine ( la CNT stessa e l’UGT).

Nel tentativo di dare una parvenza di democraticità allaC.N.S., si tennero nel 1944 delle elezioni a lista unica pernominare rappresentanti dei lavoratori rispetto alle azien-de, e nel 1947 si nominarono con lo stesso compito, nelleimprese con più di cinquanta “produttori” (secondo la di-zione ufficiale) i jurados de impresa. In ogni caso, fino aglianni ’50 il sindacato unico non ottenne mai particolare ri-scontro, tanto che ancora nel 1949, su 10.453.043 lavoratori,solo 5.060.757 (il 48,41%) erano inquadrati nelle sue fila18.Al contrario, crebbero i consensi per le organizzazioni sin-dacali clandestine, anche se naturalmente non si arrivò piùai livelli precedenti.

Parallelamente al rinascente entusiasmo scaturito dall’evo-luzione della seconda guerra mondiale, ed a causa della dif-ficilissima situazione economica, dal 1944 iniziarono ad au-mentare per numero e per intensità gli scioperi: tra questi,uno dei più importanti fu quello organizzato in una fabbricadi carta di Alcoy.

Ma è con il 1945 che la protesta assunse nuovi contorni, esi verificarono scioperi davvero importanti, che significaro-no in primo luogo che la paralisi scaturita dalla paura post-guerra civile si stava lentamente cominciando ad incrinare.

A Barcellona e provincia, nel luglio 1945 scoppiarono scio-peri che coinvolsero diverse fabbriche, tra le quali, per im-portanza, merita di essere menzionata l’Impresa metallurgicaMaquinista Terrestre y Maritima nel quartiere di San Andrés;successivamente, nel febbraio dell’anno seguente, i lavora-tori di questa fabbrica riscesero in sciopero, chiedendo laliberazione di alcuni loro compagni arrestati a luglio. Sem-

17. B. Muniesa, De la dictadura a la monarchia. Historia de España 1939-1996, cit., p.43.

18. E. Moradiellos, La España de Franco. (1939-1975), cit., p. 121.

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pre in questo periodo, scioperi si verificarono, oltre che inaltre industrie cittadine, anche ad Hospitalet, a Matarò ed aSabadell.

A Manresa, sempre nei dintorni di Barcellona, città nellaquale era sviluppata un’importante industria tessile, già dal-l’inverno del 1945 i lavoratori protestarono contro il manca-to pagamento delle ore non lavorate a causa di guasti allecentrali elettriche, causati alle volte anche da sabotaggi, e,una volta ottenuto un buon esito da questa lotta, cercaronodi ottenere anche aumenti salariali. Ma il momento princi-pale di conflitto si raggiunse poco dopo, quando, il 25 gen-naio 1946, i lavoratori di una di queste fabbriche tessili ini-ziarono a scioperare chiedendo il pagamento della giornataprecedente, nella quale non avevano lavorato, come avveni-va da alcuni anni, in ricordo della “liberazione” della città daparte delle truppe franchiste. I padroni minacciarono la ser-rata, ed allora la protesta si estese a tutte le altre fabbrichetessili della città, con picchetti ed occupazioni, spaventandonotevolmente le autorità locali, che richiesero nuovi contin-genti di polizia armata. A niente valsero vari incontri di me-diazione, e si arrivò alla vittoria dei lavoratori che, oltre allagiornata richiesta, ottennero anche aumenti salariali. Quel-lo che però non si riuscì ad evitare, subito dopo, furono inumerosi arresti che coinvolsero esponenti del comitato dicontatto CNT-UGT

Anche nel Levante, nel 1945 esplosero scioperi notevoli:tra questi, menzioniamo quelli avvenuti ad Alcoy, a Chiva,ad Alicante. Uno sciopero particolarmente significativo fuproclamato in una fabbrica di Valencia, nella quale il 7 no-vembre del 1945 si intese così ricordare addirittura lo scop-pio della rivoluzione russa19. Altri scioperi in quell’anno sonosegnalati a Siviglia, in Galizia, nel Paese Basco, nel Centro.Anche in alcune località contadine, vi furono forme di pro-testa, come ad esempio il rifiuto di consegnare il raccolto alcommissario per l’approvvigionamento ed i trasporti.

Questi scioperi provocarono quella violentissima repres-sione da parte del regime che iniziò alla fine del 1945 e con-tinuò fino alla primavera seguente, e della quale abbiamotrattato nel paragrafo precedente, che intese colpire quelleorganizzazioni che più erano radicate e radicali tra i lavora-

19. A. Paz, La CNT 1939-1951, cit., p. 168.

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tori, in particolare modo la CNT. Basti pensare che in quelperiodo la CNT contava almeno 20.000 affiliati nella solaBarcellona20.

Ma lo sciopero assunse contorni enormi il primo maggio1947, quando i lavoratori entrarono in sciopero generale.La protesta, nata originariamente in modo spontaneo, fuorganizzata, oltre che dalla CNT e dall’UGT, dal sindacatodei lavoratori baschi (S.T.V.), si estese in modo incredibile,coinvolgendo almeno 50.000 lavoratori,

sconcertando le autorità che passarono rapidamente ad un’azio-ne repressiva che, lungi dal porre fino allo sciopero, ebbe inve-ce l’effetto di prolungarlo per diversi giorni21.

Così recitava il bando emanato dal governatore civile ilprimo di maggio:

Tenendo in conto che certi produttori della regione non si sonopresentati al lavoro, il governo civile di Vizcaya ordina:1) il loro contratto di lavoro sarà annullato2) in un tempo di dieci giorni, i produttori dovranno chiede-re la loro ammissione individuale alle loro precedenti imprese3) le imprese invieranno queste domande di lavoro a questoGoverno Civile per informazione4) I produttori che siano riammessi perderanno i loro dirittid’anzianità nelle imprese5) A partire da questo giorno, ogni impresa che desideri facili-tare il lavoro, dovrà esigere che chi lo solleciti esibiscano uncertificato del suo antico padrone dove si faccia constatare inogni caso se il lavoratore è stato castigato o no da queste dispo-sizioni22.

Contemporaneamente, anche Barcellona scese in sciope-ro generale, all’inizio per manifestare la propria solidarietàcoi lavoratori baschi, quindi reclamando aumenti salariali,che ottenne in misura del 20%. Ma, a quel punto, il regimenon poté più sopportare un simile smacco, che umiliava inparticolar modo la sua espressione sindacale, ossia la C.N.S.:

20. A. Paz, La CNT 1939-1951, cit., p. 183.21. C. Molinero/ Pere Ysàs, La conflittualità sociale in Spagna durante il franchismo in

AA.VV. Per una definizione della dittatura franchista, a cura di L. Casali, cit., p. 112.22. A. Paz, La CNT 1939-1951, cit., p. 281.

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un’ondata di arresti si abbattè su tutta la Spagna, e nella solaBarcellona in quel mese di maggio furono arrestati 110 mili-tanti, tra cui il segretario nazionale della CNT, Marco Nadal,arrivato proprio per coordinare meglio l’attività. Gli arresta-ti, inoltre, dovettero subire pesantissime violenze, che in al-cuni casi portarono alla morte, e furono catalogati dalle au-torità come “suicidi”23.

A partire dalla fine del 1947, disarticolata dalla pesanterepressione posteriore ai vari scioperi, la conflittualità ope-raia lentamente diminuì, per poi scomparire quasi del tutto,nella sua forma organizzata, fino almeno al 1951.

In ogni caso, questi scioperi assunsero un valore notevo-le, proprio in ragione della situazione con la quale stava con-vivendo la classe lavoratrice. E, dal punto di vista libertario,se da una parte affermarono il rinato radicamento di massadelle sue organizzazioni, dall’altra rappresentarono l’iniziodel declino, perché la CNT non riuscì più a riprendersi inmodo significativo dalla repressione che scaturì da questi stes-si scioperi.

4.3) LA SCISSIONE DEL 1945

Approfondire le motivazioni che portarono alla scissionedella CNT in Francia è molto importante, oltre che per co-noscere meglio il movimento libertario spagnolo in genere,anche per analizzare le ripercussioni che questa spaccaturaprovocherà nell’articolazione della resistenza alla repressio-ne praticata da Franco in Spagna.

Già abbiamo visto che il movimento libertario spagnoloesiliato in Francia, dove si era rifugiata la maggior parte de-gli spagnoli, era fondamentalmente spaccato in due: alla li-nea di chi riteneva opportuno proseguire sulla linea“collaborativa” (detta anche “riformista”, “realista”, ecc., aseconda di come la si voleva guardare) con le altre forzeantifranchiste, in sintonia con quanto praticato durante glianni della guerra civile, si contrapponeva lo schieramentodi coloro i quali (“ortodossi”, “anarchici”, “apolitici”, ecc.)

23. C. Damiano, La Resistencia libertaria. […], cit., p. 153.

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ritenevano conclusa l’esperienza del 1936-39, ed auspicavanoun’indipendenza, tattica ed ideologica, della CNT e deglianarchici, ritornando agli assunti classici del pensierolibertario.

I vari pleni CNT celebrati tra mille difficoltà nei primi anni’40 in Francia, nell’inattività forzata del consiglio generaledel M.L.E. in esilio, avevano di fatto privilegiato l’imposta-zione dei cosiddetti “collaborazionisti”, in sintonia con quel-la che era l’opinione prevalente anche tra le fila dell’orga-nizzazione rimasta in Spagna, che riteneva questa la rispostaobbligata per fronteggiare la pesantissima azione repressivadel regime.

In conseguenza di ciò, si tentò di dar vita ad alleanze al-largate alle varie forze politiche con l’obbiettivo principaledi far crollare il regime; il risultato più solido di questo orien-tamento si manifestò con la costituzione dell’Alianza Nacionalde las Fuerzas Democraticas (A.N.F.D.), aperta a tutte le forzepolitiche ad eccezione dei comunisti. Questa alleanza eral’espressione del governo repubblicano in esilio, presiedutoda Barrio, che si era stabilito in Messico, e confidava intera-mente in una legittimazione internazionale da parte dei pa-esi democratici, anche in virtù degli schieramenti che si era-no delineati con la seconda guerra mondiale: si riteneva chele sorti della Spagna fossero da far necessariamente coinci-dere con quelle dell’Italia mussoliniana e della Germanianazista.

Con il passare degli anni, però, negli anarchici crebbe ildissenso rispetto a questa impostazione ritenuta troppo“riformista” ed alla lunga perdente: in Spagna, soprattuttosotto la spinta dei militanti della FAI e soprattutto della F.I.J.L.;in Francia, coinvolgendo la maggior parte dei militanti.

Dopo il Pleno celebrato a Tourniac nel settembre 1943,che aveva di fatto continuato sulla linea “collaborativa” degliultimi tempi, si ritenne necessario fissare un altro incontroper affrontare le diverse tendenze che si stavano creando inseno alla CNT e che erano alimentate anche dalla costituzio-ne di sempre nuovi comitati locali. Dapprima nell’incontrodi Marsiglia del dicembre del 1943, ma soprattutto nei suc-cessivi pleni, cioè quello di Muret (Alta Garonna) del 22 mar-zo 1944, quello dell’agosto del 1944 a Tolosa, tra l’euforiadella recentissima liberazione della città, e quello dell’otto-bre 1944, sempre a Tolosa, la linea che prevalse fu sempre lasolita, accanitamente difesa dal segretario generale CNT J.

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“Juanele” Molina. Di fatto, comunque, questi incontri nonavevano affrontato nel modo opportuno le questioni avan-zate dagli “ortodossi”, ma anzi avevano contribuito ad esa-cerbare la polemica, soprattutto nei confronti di quell’orga-nismo, il consiglio generale del M.L. in esilio, presieduto daGerminal Esgleas, che formalmente mai si era sciolto, e cheadesso riprendeva l’attività bloccata precedentemente daidisagi provocati dall’occupazione tedesca.

Questa diatriba esplose prepotentemente prima e duran-te la riunione plenaria tenutasi a Tolosa nel novembre diquell’anno, che vide la presenza di solo sette regionali sulledodici esistenti in quel momento, ed alla quale Esgleas, chenon intese parteciparvi, ribadì, tra le altre cose, che

[…] il M.L. spagnolo, specificatamente considerato, si mantie-ne fedele alla traiettoria storica dell’anarchismo militanteispanico e riafferma la sua posizione irriducibile di fronte alloStato ed ad ogni forma di potere.

Inoltre aggiunse che

[…] solo un comizio regolare della CNT e del M.L. in Spagna èchiamato a decidere sulla posizione da adottare circa l’inter-ventismo politico e la partecipazione governativa. […]. Mante-nendo la decisione incrollabile di sconfiggere Franco e laFalange, di schiacciare il fascismo in Spagna e di ottenere per ilpopolo spagnolo il massimo di libertà e di benessere, accomu-nerà circostanzialmente il suo sforzo con quello degli altri set-tori che perseguano lo stesso fine in quello che possa avere dicomune convergenza; e che con ripudio assoluto della politicadi collaborazione con le forze tradizionalmente nemiche delpopolo, non riconosce la Junta Suprema de Unión Nacional,né la Junta de Liberación del Messico, né il Governo Negrin,né l’Alleanza Democratica come genuina rappresentanza delpopolo spagnolo, né come l’espressione, seppure fosse provvi-soria e transitoria, della sua sovranità24.

Pertanto, all’interno del movimento libertario spagnoloin Francia si aprì in vista del prossimo congresso da effet-tuarsi nella primavera, una fase di dibattito intensissimo, che

24. A. Paz, La CNT 1939-1951, cit., pp. 120-121.

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si articolò sia nelle varie riunioni ufficiali della Confedera-zione che, soprattutto, nelle infuocate assemblee delle variefederazioni locali. Fu ben compreso dalla base militante checiò che era in discussione non era una mera questione ideo-logica fine a se stessa, ma la natura stessa della CNT, di fron-te ad una scelta fondamentale: si doveva scegliere tra l’as-sunzione di un ruolo consone ad una vera e propria forzagovernativa e la continuazione della CNT nel solco della pras-si anarchica e rivoluzionaria.

Tra i gruppi che si distinsero nella propaganda, in questocaso secondo i dettami anarchici, vi furono quelli che poicostituirono ufficialmente la F.I.J.L. in esilio, durante il plenonazionale dell’ aprile 1945 a Tolosa.

Il primo maggio del 1945, nei saloni del Palazzo dellaChimica di Parigi, si svolse l’attesissimo Congresso del M.L.E.-CNT in esilio, che si prolungò fino al dodici di quel mese;come ricorda A. Paz:

[…] I “cenetistas” rappresentati oscillavano tra i 30.000 ed i50.000. Per il suo volume e struttura organizzativa, questo era ilgruppo spagnolo più rappresentativo e numeroso esistente nel-l’esilio. La pretesa di questo Congresso era che si trovasserorappresentati tutti i nuclei del M.L.E. sparsi nel mondo e, natu-ralmente, la CNT di Spagna, ma per vari motivi, l’unico nucleoche presenziò fu quello dell’Africa del Nord ed il delegato del-la CNT di Spagna, che per motivi contrari alla sua volontà nonpotè arrivare alla sua inaugurazione ed assistette solamente al-l’incontro di chiusura25.

Apprendiamo da altre fonti che questi motivi furono do-vuti ai controlli franchisti.

Le opinioni sul congresso stesso, e soprattutto sugli esitidi questo, furono molto discordanti, data l’importanza e ilconflitto sul contendere. Secondo alcuni, soprattutto dellaparte che col tempo uscì sconfitta anche per gli esiti di que-sto incontro, il congresso fu viziato da “sudicie manovre”precedenti al suo svolgimento, tanto che questo

risultò un insuccesso ed una frustrazione che segnò la fine del-l’ascesa dell’Organizzazione nell’esilio ed il principio della sua

25. A. Paz, La CNT 1939-1951, cit., p. 128.

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decadenza accelerata26.

Un personaggio, Laureano Cerrada Santos, fu esplicita-mente accusato di aver utilizzato una parte ingente del fon-do che amministrava in qualche modo per l’organizzazione,per “comprare delegati” per il fine di veder trionfare la linea“pura”27. In realtà, queste accuse mai furono provate, e mol-to probabilmente risentirono del clima molto teso che si re-spirava nell’ambiente libertario di quel periodo.

Comunque, i risultati scaturiti da questo congresso furo-no abbastanza contraddittori, cercando di evitare una scis-sione che appariva sempre più inevitabile. Nonostante que-sto tentativo, però, la linea che prevalse fu nettamente quel-la filo-anarchica, nel rispetto della tradizione anarcosin-dacalista spagnola, tanto che come segretario generale fuconfermato Germinal Esgleas, e tra gli altri membri con com-piti importanti furono nominati personaggi che, come Fe-derica Montseny, non facevano mistero dei loro orientamenti.

Questa linea fu accolta con poca soddisfazione tra le filadei militanti rimasti in Spagna, che per necessità avevanofatte proprie quelle posizioni “riformiste” che sembravanopiù realistiche al fine di abbattere il regime, e sollevaronomolte critiche perché ritenevano che queste polemiche in-terne indebolissero la Confederazione ed abbandonassero,di fatto, i militanti dell’interno alla repressione statale.

Facendo leva proprio su questa tendenza chiaramenteespressa dall’organizzazione rimasta in patria, i settori “col-laborazionisti” di Francia, capeggiati da Juan Molina e RamonAlvarez, non accettarono passivamente i risultati scaturiti dalcongresso parigino, e in autunno, parallelamente all’entra-ta di due esponenti della CNT nel governo repubblicano inesilio presieduto da Giral, intensificarono la propria azione,manifestando chiaramente il loro dissenso.

Ormai si era di fronte ad una vera e propria scissione con-federale, che fu ufficializzata formalmente il primo di no-vembre 1945, quando un comunicato dell’ex C.N.-CNT del-l’estero (gruppo di Molina ed Alvarez) rese esplicita la vo-lontà di una divisione, richiamandosi al movimento libertariofrancese come ad un prolungamento di quello spagnolo, alquale bisognava attenersi, e autonominandosi come unica

26. J. M. Molina, El movimiento clandestino en España. 1939-1949, cit., p. 142.27. E. Bayo, Los atentados contra Franco, cit., p. 15.

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rappresentanza ufficiale dei compagni rimasti in terra iberica.Al C.N. nominato a Parigi non restò altro che prenderne

atto, sancendo l’espulsione di questa parte, ed infatti fino al1961 operarono in Francia due CNT

Ciò nonostante, anche gli esponenti della linea più “clas-sica” cercarono sempre, negli anni futuri, di instaurare unrapporto di proficua collaborazione con i settori confedera-li rimasti all’interno, e l’elenco dei tanti giovani anarchicimorti in Spagna provenienti dalla Francia, ne sono unaindiscutibile testimonianza.

4.4) IL CARCERE

La dimensione del ricorso al sistema penitenziario allafine della guerra civile arrivò a toccare livelli di massa ai qua-li non si era mai giunti nella storia politica europea moder-na, e rappresentò da subito l’espressione più immediata del-la repressione in atto.

Decine di migliaia di uomini e donne vennero portati nellegalere: si parla di almeno 280.000 persone nel 1940, l’anno-apice, delle quali circa 18.000 donne, secondo fontifranchiste. Ma, se comprendiamo tutto il periodo della dit-tatura, furono almeno altre 100.000 le persone che subiro-no questa situazione28.

Se poi consideriamo che oltre alla popolazione incarce-rata, le prigioni coinvolgevano di fatto anche le migliaia difamiglie che avevano un parente o un amico imprigionato,possiamo ben comprendere come il sistema carcerario perdiversi anni rappresentò il nuovo asse portante della societàspagnola, intorno al quale gravitavano i destini di una partemolto consistente della popolazione.

Partendo dalla radicata convinzione che i vinti non eranoparte della Spagna più autentica, cioè quella caratterizzatadalla permanenza dei suoi valori tradizionali, ma solo un“germe infetto”, di derivazione straniera, portatore quindidi corruzione sociale, morale e politica, il regime tese a iden-tificare il carcere come qualcosa di più che un semplice luo-

28. AA.VV. Victimas de la guerra civil, a cura di S. Julià, cit., p. 288.

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go dove confinare coloro che infrangevano le leggi (secon-do il significato giuridico-etico della società liberale euro-pea) o i dissidenti: divenne il punto privilegiato di questa“purificazione” più profonda anche sotto il piano morale.

Alcuni aspetti molto concreti ci possono aiutare a com-prendere meglio questa finalità, che dette un valore quasi di“missione sacra” alle incarcerazioni.

E per procedere a questo scopo, non possiamo esimerciancora una volta dall’analizzare il ruolo fondamentale cheesercitò la chiesa cattolica riguardo al totale sostegno alladittatura ed alla sua azione repressiva, che si espresse sia inpratiche molto dirette di collaborazione (si consideri, adesempio, la compilazione delle listas negras dei sospetti, spes-so redatte dal prete locale) che legittimando questa repres-sione come espressione di qualcosa di più alto, di caratterecristiano. Già in un’altra parte di questo studio abbiamo ana-lizzato in modo più approfondito questa tematica, qui ci li-miteremo a considerare il ruolo esercitato specificatamentenel sistema penitenziario.

In questo campo, la manifestazione più chiara di questoorientamento è da rintracciarsi nella figura dei cappellanicarcerari, che furono presto regolati da una precisa disposi-zione legislativa, promulgata addirittura già nell’autunno del1938. Il compito di questi “funzionari di Cristo” era quellodi compiere una vera e propria missione sacra, da compiersicercando di ottenere la conversione del colpevole, al qualebisognava estirpare le idee ritenute “malvagie” e rieducarlototalmente agli ideali del regime (disciplina, obbedienza,sottomissione, rispetto delle gerarchie, rassegnazione socia-le, ecc.), veicolati strumentalmente sotto il manto della reli-gione. Pertanto, ai cappellani erano affidati compiti quali lasorveglianza dei detenuti circa lo svolgimento dei canti o lapartecipazione alle messe, l’esecuzione dei sermoni e delleconfessioni, ecc. Proprio a questo riguardo, i cappellani tene-vano registri nei quali segnavano coloro che, durante la con-fessione, si erano dichiarati “pentiti” (tra il 60 ed il 90 %).

Si indica che gli intellettuali muoiono “pentiti” quasi tutti, esolo i più incolti si ostinano, salvo gli andalusi, che in generalemuoiono confessati. Come colpevoli più ostinati, si citano quellidi Murcia, Valencia, Asturie e Barcellona. In diverse esecuzionisi dava il contrasto impressionante che, mentre un gruppomoriva baciando il crocifisso e lanciando “vivas a España”, un

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altro aspettava l’esecuzione cantando “l’ Internazionale” e pro-nunciando bestemmie e maledizioni29.

Quello che è certo, è che l’alta percentuale di “pentiti”era dovuta alla pesante ed angosciante pressione ideologicadei cappellani, che arrivarono anche ad insultare i condan-nati ed a profanare i cadaveri degli irriducibili.

Inoltre, ad un certo punto, quando si istituì il Servizio dilibertà vigilata, nella primavera del 1943, la relazione dei cap-pellani divenne fondamentale, ed uno dei principali requi-siti da esibire era la conoscenza dei testi cristiani.

Il carattere ritenuto “sacro” delle incarcerazioni è facil-mente intuibile anche dalle varie forme di “redenzione del-la pena grazie al lavoro”, che in pratica rappresentò uno sfrut-tamento di mano d’opera economica o gratuita, mentre pa-rallelamente si procedeva ad un’azione di “conversione” re-ligiosa; di fatto, pochi poterono godere di una piena libera-zione grazie a questo “patronato” appositamente costituitoed affidato ai gesuiti. Comunque, il regime utilizzò sempre icondannati sotto forma di lavoro forzato, inquadrati nei Bat-taglioni disciplinari di lavoro, nei Lavori in regioni devastate, nel-le Colonie Penitenziarie Militarizzate o nei Distaccamenti penali:tutte queste forme erano opportunamente disciplinate daapposite leggi.

Le carceri ordinarie, soprattutto nei primi tempi, si di-mostrarono assolutamente insufficienti ad accogliere l’enor-me numero dei ritenuti “colpevoli”, e quindi furonoriconvertite a questo scopo altre strutture, come le chiese, iconventi, le scuole, i cinema, i teatri, eccetera, che comun-que non poterono risolvere il primo, grande problema chesi pose: l’incredibile sovraffollamento. Alcuni dati: il carceredi Manzanares, pensato per 35/40 carcerati, ne ospitò 480;in quello di Jaen, invece di 80, si stiparono 4.000 detenuti;nella Modelo di Valencia, costruita per 528 persone, si arrivòa contarne 15.000; altri carceri sovraffollati in modo incredi-bile furono quello tristemente famoso di Ocaña (zona diToledo), Alicante, Cordoba, ecc.

Inoltre, i detenuti dovettero convivere con problemi enor-mi, angustiati dalla mancanza di alimenti, l’ottenimento deiquali divenne la principale attività dei reclusi, e dalle violen-

29. AA.VV. Victimas de la guerra civil, a cura di S. Julià, cit., p. 356.

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ze dei carcerieri. La tortura fu sistematicamente praticata, emolte volte si concluse con la morte del torturato.

Alcalà de Henares ed Ocaña divennero le carceri nellequali più vennero concentrati i militanti libertari: in que-st’ultima prigione, addirittura, nel 1949 si ritrovarono i com-ponenti di ben sette C.N./CNT. Del resto, le prigioni ed imilitanti detenuti costituirono costantemente un elementocon il quale coloro ancora in libertà si dovevano necessaria-mente confrontare, anche perché quasi tutti gli esponentipiù importanti erano imprigionati. In conseguenza di ciò,dal primo momento le galere furono il luogo dove si costitu-irono le prime cellule confederali clandestine, e diventaro-no molto spesso dei veri e propri centri propulsori ed orga-nizzativi anche dell’attività esterna.

Abel Paz, recluso nel carcere Modelo di Barcellona, ci of-fre un quadro molto lucido ed emblematico dell’organizza-zione interna dei libertari, che doveva far fronte sia ai pro-blemi della vita interna (alimenti, vestiti, medicinali,alfabetizzazione, difesa dalla repressione, formazione cultu-rale dei detenuti, ecc.) che a rimanere in contatto con l’ester-no. Alla Modelo di Barcellona, ma si procedette in modo ana-logo anche nelle altre realtà, la CNT era organizzata secon-do i vari bracci del carcere, e si costituiva su ogni piano uncomitato formato da delegati, che a loro volta costituivanoun comitato del carcere, dal quale passava ogni tipo di infor-mazione. I rapporti con l’esterno era tenuti in modo parti-colare grazie all’azione dei detenuti che erano destinati aservizi che implicavano un’uscita dal carcere, come i lavoridi panetteria, cucina, vettovagliamento. In alcuni momenti,l’organizzazione interna arrivò a livelli di assoluta perfezio-ne, e fu solo grazie a questa strutturazione che, in alcunicasi, si poterono salvare militanti compromessi o stremati.

Uno degli esempi più importanti delle varie lotte che siverificarono con lo scopo di salvare alcuni detenuti in gravidifficoltà, fu quella compiuta nel carcere di Alcalà de Henaresnell’aprile del 1947. In quell’occasione, i detenuti, quasi tut-ti per motivi politici, si mobilitarono per evitare la condannaa morte a due giovani che non avevano ucciso nessuno; fuemesso un comunicato che auspicava l’intervento delle po-tenze democratiche internazionali, ma non servì a nulla,perché i due giovani furono egualmente fucilati. Allora, sidecise di effettuare uno sciopero della fame che durò varigiorni, tra le minacce ed il terrore poliziesco, tanto che il

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direttore del carcere aumentò la disciplina interna. Il casodivenne di risonanza nazionale, e si concluse con la conqui-sta di varie migliorie a favore dei detenuti, che poi però furo-no disattese dall’autorità carceraria.

Un’altra delle attività più tenacemente, e pericolosamen-te, svolte dai militanti detenuti, fu quella di organizzare fu-ghe dalle carceri, che diverse volte conseguirono risultatipositivi.

Una delle più spettacolari fu quella che avvenne dal car-cere di Ocaña nel maggio 1948: dodici militanti della CNTevasero dopo aver scavato un tunnel di varie decine di metrisotto il carcere. Purtroppo, però, un giornalista belga cheavrebbe dovuto portarli alla frontiera in una camionetta, sirivelò un confidente della polizia, e dieci furono uccisi a se-guito di quella delazione30. Altre fughe clamorose furonoeffettuate grazie alla meticolosa organizzazione interna del-la CNT, tra le quali quella già citata del primo maggio 1946dal carcere di Malaga, che però si concluse in modo negativo.

Per concludere, alcune cifre che possono servirci a quan-tificare in modo più preciso il fenomeno delle incarcerazionidi massa.

Secondo quanto cita Eliseo Bayo31, che riprende uno stu-dio di Ramon Tamames, nel periodo del quale ci occupiamola popolazione reclusa seguì il seguente decorso, partendodalla cifra oscillante tra gli 8.000 e le 10.000 persone di pri-ma dello scoppio della guerra:

1939 1940 1941 1942 1943 194490.413 213.640 145.851 112.735 112.735 44.812

1945 1946 1947 1948 195039.527 32.380 34.141 33.534 27.285

Per questo, si arriva alla conclusione che tra il 1939 ed il1950 circa 875.000 persone, cioè l’8% della popolazione at-tiva dell’epoca, stette almeno un anno in galera, e di questicirca 74.672 furono le persone detenute per tutto il periodoconsecutivamente.

Secondo Abel Paz, che parte da altre fonti, dall’aprile del1939 fino al 1946 passarono per le carceri più di un milione

30. J. M. Molina, El movimiento clandestino en España. 1939-1949, cit., p. 240.31. E. Bayo, Los atentados contra Franco, cit., p. 48.

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e mezzo di persone32.Come vedremo in seguito, sperare di conseguire dati cer-

ti ed indiscutibili per qualsiasi aspetto della repressione fran-chista è cosa impossibile, ma in ogni caso, prendendoqualsivoglia fonte come quella più attendibile, resta l’assolu-ta enormità del fenomeno repressivo.

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32. A. Paz, La CNT 1939-1951, cit., p. 291.

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CAPITOLO V

IL PERIODO 1947-1951

5.1) IL MOVIMENTO LIBERTARIONEGLI ANNI DEL DECLINO

Dal 1947 iniziarono gli anni del declino per le organizzazio-ni di lotta clandestine appartenenti al movimento libertario.

La repressione brutale, infatti, che si esprimeva con con-danne a svariati anni di prigione o con la pena di morte,stava decimando sempre più la base militante, e con il terro-re che incuteva ostacolava l’afflusso di un numero consisten-te di nuovi resistenti, al contrario di ciò che era fin lì sempreavvenuto, anche nei momenti più tragici. Adesso, i ComitatiNazionali cadevano in mano della polizia con un ritmo im-pressionante, ed i vari Comitati Regionali avevano più unafunzione simbolica che effettiva.

L’entusiasmo che aveva accompagnato tutta la resistenzaantifranchista, alimentato dalla speranza di una caduta delregime grazie all’intervento risolutivo delle democrazie uscitevittoriose dalla seconda guerra mondiale, stava inesorabil-mente scemando, e gli scioperi che si erano prodotti appari-vano sempre più come un lontano ricordo.

In questo contesto, l’atteggiamento dominante non solotra le masse antifasciste, ma anche tra molti militanti, fu ca-ratterizzato da una sorta di “dolorosa apatia”, ed il movimentolibertario dovette necessariamente fare i conti con questasituazione. Allo stesso tempo, le modalità di resistenza deglianarchici si rivolsero sempre più alla formazione di piccoligruppi, molto combattivi, dediti ad attentati ed a sabotaggi,che per necessità di sopravvivenza dovettero dedicarsi adespropri; questo fenomeno, che tra l’altro fu sempre presen-te sulla scena spagnola, in questo periodo divenne l’unica

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forma di resistenza e di “offensiva” che sembrò praticabile,soprattutto nella zona catalana, ed è passato alla storia come“guerriglia urbana”, della quale parleremo in seguito.

Nel dicembre 1947 la Spagna fu colpita da un’ondatarepressiva molto pesante, che continuò fino alla fine del gen-naio seguente, e portò all’arresto di decine di militanti, tra iquali Gomez Casas, segretario generale della F.I.J.L. e da di-versi anni uno dei principali animatori anarchici presenti aMadrid. In quella città, comunque, grazie all’azione di J.Blanco, il movimento libertario continuò a resistere in for-ma organizzata almeno fino all’arresto dello stesso, avvenu-ta agli inizi di giugno 1948, quando cadde anche il sedicesimoC.N./CNT, presieduto da Bruguera Perez. A Barcellona, in-vece, dove da poco era stata smantellata ancora una volta latipografia nella quale si stampavano «Solidaridad Obrera» e«Ruta» (l’organo di stampa dei giovani anarchici), l’azionesindacale si ridusse al minimo, e l’unica attività percorribilefu la difesa degli arrestati, che rese però necessario intensifi-care le azioni d’esproprio, al fine di ottenere denaro. Inol-tre, proprio nel febbraio 1948 vennero fucilati a Barcellona iquattro libertari coinvolti nella sparatoria avvenuta in un bardi Calle de la Cera qualche tempo prima, a seguito di alcunicontrolli polizieschi. Nel giugno di quell’anno, sempre aBarcellona, furono uccisi in scontri a fuoco diversi guerri-glieri urbani, tra cui il famoso Raul Carballeria, entrato inSpagna dall’esilio francese già dal 1946.

Anche nelle altre zone di Spagna la repressione inflisseduri colpi alla resistenza antifranchista: nel marzo, 22 mina-tori vennero fucilati nelle Asturie per attività sovversiva, men-tre nell’estate anche la zona andalusa fu colpita da una san-guinosa repressione, che portò alla morte di diversi guerri-glieri libertari.

Ugualmente, sempre più numerosi e rischiosi risultaro-no i tentativi per attentare alla vita del generalissimo Franco.Fin dall’instaurazione del regime il movimento libertarioaveva ben compreso che la morte del Caudillo avrebbe arre-cato un colpo pesantissimo alle sorti della dittatura, poichéquesti era il personaggio che, con il suo carisma e la sua abi-lità, riusciva a tenere insieme le varie “anime” del regime,che spesso erano in contrasto tra loro. Inoltre, Franco rap-presentava la personificazione stessa dello Stato, sia sul pia-no simbolico che su quello concreto della detenzione di enor-mi poteri. Forti di questa convinzione, a differenza degli al-

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tri schieramenti politici antifranchisti1, i libertari attentaro-no più volte alla vita di Franco, ed arrivarono persino a deli-berarlo ufficialmente, come avvenne durante il Congressodi Parigi del 1945. A questo scopo furono destinati mezzi eduomini, sia su iniziativa dell’organizzazione in Spagna cheda parte dell’esilio, ma mai si raggiunse l’obbiettivo. Addirit-tura, nell’estate del 1948 si arrivò a progettare di bombarda-re Franco che si era recato a San Sebastiano (Paesi Baschi),grazie ad un aereo procurato dagli anarchici francesi dellaFederation Anarchiste. A conferma della proverbiale “suerte” deldittatore, l’operazione non si concluse perché, appena pas-sata la frontiera pirenaica in volo, alcuni caccia spagnoli in-tercettarono il veivolo, ed i libertari riuscirono a salvarsi solodopo una rocambolesca fuga in Francia, che comportò pro-blemi nelle relazioni diplomatiche fra i due stati2.

Proseguendo ed accentuando la tendenza degli ultimitempi, il 1949 fu un anno tra i più sanguinosi per la resisten-za anarchica al regime.

E proprio nei primi mesi di quell’anno, aperto tra l’altrodalla condanna a morte di Marco Nadal, l’ex Segretario Ge-nerale CNT, poi commutata in trentadue anni di carcere,venne progettato un altro ambizioso progetto, cioè l’uccisio-ne del Comandante della Brigada Social di Barcellona, il giàcitato Eduardo Quintela. L’incarico fu affidato al gruppo diFrancisco “el Quico” Sabaté, che, però, uccise altri compo-nenti della scorta di Quintela, ma non il diretto responsabi-le. Questo episodio fu il pretesto per scatenare un’altra on-data repressiva, che ebbe il suo apice nella prima settimanadi marzo, che portò a nuovi arresti, anche grazie alla scoper-ta di una lista di militanti in casa di un arrestato.

Intanto, i vari comitati regionali ancora in attività, più omeno effettiva, e tra essi quello della zona valenciana, cad-dero uno dopo l’altro sotto l’azione poliziesca. In Andalusia,nel mese di maggio, 72 contadini di vecchia e provata ten-denza libertaria furono incarcerati perché sospettati di aver“dato aiuto alla guerriglia” 3, secondo una modalità repressivaspesso applicata dalla polizia, che così facendo intendeva fare“terra bruciata” intorno ai guerriglieri. Sempre nella zonaandalusa, nel seguente luglio-agosto, tra i vari arrestati per

1. E. Bayo, Los atentados contra Franco, cit., p. 10.2. A. Paz, La CNT 1939-1951, cit., p. 338.3. C. Damiano, La Resistencia libertaria. […], cit., p. 174.

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presunta complicità coi guerriglieri, quattro morirono inseguito alle torture subite nel carcere di Cazalla (Siviglia)4.Del resto, che le modalità della guardia civil per sradicare laguerriglia fossero improntate all’estrema violenza, è cosanota; aggiungiamo a questo proposito questa testimonianza:

[…] Mi raccontarono i detenuti che molte notti, all’alba, laguardia civil prelevava due o tre detenuti del carcere di Ubrique,li portavano sul monte e li uccidevano. Al mattino si faceva cor-rere la notizia che erano guerriglieri che erano stati sorpresisul monte e morti in un’imboscata. […] per lo meno una ven-tina furono uccisi in questo modo canagliesco5.

Nel frattempo, la situazione internazionale stava evolvendosempre più a favore del regime, tanto che nel maggio 1949diversi paesi, tra cui gli Stati Uniti, si espressero all’internodell’assemblea dell’O.N.U. a favore della revoca dell’embargoeconomico contro la Spagna, provocando l’immediata rea-zione degli anarchici, che per mano del gruppo di FranciscoSabaté provvidero a collocare alcuni ordigni presso le amba-sciate di alcuni degli stati interessati. Il fatto, oltre alla natu-rale reazione degli organi statali, provocò anche la decisapresa di posizione del Partido Comunista, che pubblicamenteaccusò gli attentatori di essere dei provocatori6. Si arrivòquindi al cosiddetto “ottobre rosso del 1949”, nel quale furo-no arrestati o persero la vita moltissimi guerriglieri urbanicatalani, tra i quali José Sabater (fratello del “Quico”) chevenne poi giustiziato nel gennaio dell’anno seguente,Rodriguez Fernandez (“il Cubano”), e diversi altri.

A questa repressione seguì, agli inizi del 1950, un ulterio-re accanimento, che comportò l’arresto di decine di liberta-ri e lo smantellamento del gruppo di guerriglieri urbani diorigine aragonese denominati Los Maños, sotto il comandodi Wenceslao Jimenez Orive.

Con l’inizio del 1950, inoltre, la guardia civil procedettealla liquidazione pressochè definitiva anche delle varie sacchedi resistenza guerrigliera, conseguendo risultati definitivi soprat-tutto nella zona dove questa era più importante, ossia l’Andalusia.

4. A. Paz, El anarquismo contra el estado franquista. CNT 1939-1951, Fond. AnselmoLorenzo, 2001, p. 380.

5. C. Damiano, La Resistencia libertaria. […], cit., ibid.6. A. Paz, La CNT 1939-1951, cit., p. 347.

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Uno degli episodi più eclatanti fu quello che seguì la man-cata fuga dal porto di Algeciras di un consistente gruppo dimilitanti della CNT A seguito di questo fatto, che vide la poli-zia sparare a bruciapelo sui fuggitivi, uccidendo diverse per-sone, tra le quali il segretario della regionale andalusa,Gonzalez Tagua, si imbastì un processo di proporzioni moltovaste: furono portate in tribunale 76 persone, tra le quali tredonne, accusate di complicità nell’evasione. Addirittura, fu-rono processati con questa accusa alcuni detenuti che eranostati arrestati negli anni precedenti in altre città, come Cadice,Siviglia e Jerez. Era evidente che in questo modo si voleva eli-minare definitivamente la minaccia anarchica dall’Andalusia,zona che, tra l’altro, sempre si era distinta per il costante odiodei “signorotti” locali verso gli elementi sovversivi.

Il trattamento che ricevettero questi detenuti fu orripilante. Iboia applicarono metodi di sadismo raffinato. Uno di questiconsisteva nel bastonare i detenuti dopo avergli messo una spe-cie di maschera antigas che gli impediva di respirare. Questometodo era conosciuto come quello della “maschera”. Seguivaquello dell’“ottone”, che consisteva nell’introdurre la testa deldetenuto in un recipiente sistemato alle spalle e colpirlo fino aquando gli scoppiavano i timpani. E infine l’“aereo”, consisten-te nell’alzare il detenuto per mezzo di una corda attaccata aduna carrucola. Il detenuto, braccia e caviglie attaccate alla spal-la, era issato come un gomitolo7.

Questo processo, eseguito poi alla fine del 1951, compor-tò pene severissime, tra le quali due condanne a morte.

Parallelamente a questo fatto, vennero uccisi altri guerri-glieri della Sierra, provocando di fatto la fine di questo tenta-tivo di resistenza.

5.2) LA GUERRIGLIA LIBERTARIA

Al momento della vittoria dei nazionalisti, vi furono alcu-ni che, non volendo o non potendo fuggire all’estero, scel-

7. A. Paz, La CNT 1939-1951, cit., p. 358.

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sero di scappare sui monti e da lì continuare a combattere ilfranchismo. Col passare del tempo, di fronte alle violenze delregime, sempre più persone pensarono che rifugiarsi suimonti restava l’unica possibilità per poter continuare a vive-re; ed in effetti, rimanendo nelle proprie case di sicuro sa-rebbero andati incontro alla prigione o alla morte certa. Inconseguenza di ciò, la guerriglia antifranchista può essereintesa come fenomeno prettamente di carattere difensivo,attuato da uomini che speravano, così facendo, di salvare leproprie vite in attesa di un intervento straniero a loro favore.

Questo fenomeno, può essere suddiviso in due grandi fasi8:la prima, il “periodo dei fuggitivi”, la possiamo far iniziarenel 1939, o ancora prima per quei territori nei quali la vitto-ria nazionalista fu quasi immediata, e continuò fino al 1944,l’anno dell’episodio della Valle d’Aran; il secondo periodo,nel quale il fenomeno assunse caratteristiche propriamenteguerrigliere, dal 1945 fino al 1950.

Il primo periodo, contraddistinto da una repressionemolto pesante, vide questi combattenti avere come principa-le obiettivo quello della sopravvivenza, formando gruppi chespesso erano raggruppati attorno ad una figura più carisma-tica, scarsamente organizzati internamente e con pochi le-gami con le altre formazioni guerrigliere disperse sul terri-torio. I soli tentativi di organizzare i vari gruppetti si verifica-rono dopo il 1942 nella zona di Galizia- Leon, e nelle Asturiedopo l’estate del 1943, quando socialisti ed anarchici forma-rono il Comitato delle Milizie Antifasciste. Ma per parlare di verae propria guerriglia organizzata, dobbiamo attendere il pe-riodo successivo al 1944.

Circa la repressione, mancano particolari studi, perchéin quel contesto contrassegnato dalla generalizzazione dellaviolenza, molto spesso non venivano neanche annotati i di-versi crimini commessi contro i “sovversivi”. Comunque, sap-piamo che gli organi repressivi che più si distinsero furonola Legione e la Guardia civil, che spesso colpirono anche lefamiglie dei ribelli o coloro che erano sospettati di complici-tà, anche solo in seguito di delazioni infondate.

Nel 1944, gruppi di guerriglieri di orientamento comuni-sta progettarono di entrare in Spagna, e furono fermati dopopesanti scontri armati nella Valle d’Aran, nella zona pirenaica.

8. AA.VV. Victimas de la guerra civil, a cura di S. Julià, cit., p. 370.

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Da questo momento, la guerriglia cercò di dotarsi di miglio-re organizzazione, e si costituirono vari raggruppamenti suquasi tutto il territorio spagnolo.

Certamente l’organizzazione politica egemone nell’azio-ne guerrigliera fu quella comunista, cioè quella che potevacontare su maggiori aiuti internazionali, ma non mancaro-no formazioni di netto carattere socialista o anarchico. Aproposito della guerriglia rurale, il movimento libertario,oltre ai tantissimi militanti che combatterono in altri grup-pi, poté contare su due formazioni proprie: una operante inCatalogna, sotto gli ordini di Ramon Vila “Caraquemà” e diMarcelino Massana “Pancho”, e l’altra nella zona Cadice-Malaga, comandata da Bernabé Lopez Calle9.

A questo proposito, nonostante il silenzio della “vulgata”ufficiale, è doveroso sottolineare l’importanza dei libertarinella vicenda della guerriglia: infatti, dal 1948 i comunistiritirarono i loro ultimi guerriglieri, dopo che da Mosca sioptò per una diversa strategia, ossia la cessazione delle azio-ni violente e la scelta dell’“entrismo” nei Sindacati verticali 10,tanto che la guerriglia anarchica fu l’ultima ad arrendersi,continuando soprattutto nella sua forma “urbana”, anche sein modo sempre più episodico e disperato, almeno fino aldecennio successivo, fino alla morte di José Facerias eFrancisco Sabaté.

Dal 1945, nelle zone di Madrid e soprattutto di Barcellona,la guerriglia cercò di organizzarsi anche nel contesto cittadi-no. In quest’ultima città, le azioni di maggior rilievo furonoquelle attuate proprio dai libertari, che tra l’altro dovetterooperare spesso nell’ostracismo della stessa CNT , soprattuttodella corrente “collaborazionista”, che non vedeva di buonocchio azioni che potevano compromettere l’immagine di“ordine ed equilibrio” con cui cercava di legittimarsi davantiagli occhi degli altri schieramenti politici.

Il regime affrontò la guerriglia urbana nello stesso modocon cui colpì quella rurale, cioè impiegando sistematicamen-te la violenza anche nei confronti dell’eventuale retroterra,facendo “terra bruciata” attorno ai guerriglieri, i quali, inol-tre, quando cadevano nelle mani delle forze dell’ordine, ve-nivano molto spesso immediatamente giustiziati, senza par-ticolari attenzioni agli aspetti giuridici e legali.

9. AA.VV. Victimas de la guerra civil, a cura di S. Julià, cit., p. 375.10. E. Moradiellos, La España de Franco. (1939-1975), cit., p. 125.

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Già dal 1946 il regime intensificò le proprie azioni controla guerriglia, volendo eliminare definitivamente sacche diresistenza che, soprattutto in caso di decisivo intervento stra-niero contro la Spagna, sarebbero potute risultare estrema-mente pericolose; ma è con il 1947 che si aprì il cosiddetto“triennio del terrore”, nel quale la repressione divenne, sepossibile, ancora più sanguinosa; tra l’altro, proprio nell’apri-le di quell’anno fu promulgata la Legge sul banditismo ed ilterrorismo, termini coi quali furono definiti gli oppositori alladittatura. Tra il 1949 ed il 1952

Non si può parlare con proprietà di guerriglia: la resistenzaantifranchista “strictu sensu” era scomparsa. Sui monti e sulle“sierras” rimanevano solo un pugno di uomini inseguiti,paragonabili ai fuggitivi del dopoguerra. Fuggitivi senza spe-ranza, per di più. Per alcuni, il premio a più di dieci anni dilotta contro la dittatura si riduceva a due opzioni: vivere mala-mente schiacciati al suolo fino a quando una delazione o unproiettile li avrebbe messi di fronte di fronte alla morte o cerca-re per proprio conto l’uscita all’estero. […] L’anno 1949 segnòla fine della resistenza organizzata sebbene “colpi di coda” con-tinuarono fino al 1952, data che segnò ufficialmente la finedella resistenza armata11.

Tra le fila degli anarchici, ovviamente, la repressione pro-vocò moltissime perdite.

Nell’ambito della guerriglia rurale, soprattutto in quellaandalusa, che si costituì nei primi mesi della guerra alimen-tata da soldati e militanti che non vollero consegnarsi, e resaancora più complicata dal fatto che, a differenza di quellacatalana, non poté contare su un retroterra nel quale fuggi-re, furono molti gli anarchici arrestati e uccisi, e innumere-voli furono le retate che colpirono anche militanti e simpa-tizzanti accusati di collaborare con essa. I primi morti dopola fine della guerra tra i guerriglieri anarchici risalgono ad-dirittura al 1939, quando vennero uccisi, tra gli altri, SantanaCalero, Marco Lozano e Zarco Martin, tutti uccisi nella Sier-ra che va da Granada a Malaga. Pochi anni dopo, nel giugno1942, venne ucciso in una trappola poliziesca uno dei leaderpiù importanti dei libertari, ossia Antonio “Raya” Gonzales,

11. S. Serrano, Maquis. Historia de la guerrilla antifranquista, ed. Temas de Hoy,2002, p. 339.

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e pochi mesi dopo furono fucilati vari componenti del grup-po di Pepe “el Quero”.

Da subito si creò un legame molto stretto tra i guerriglie-ri e la CNT, come emerge ad esempio dalle risoluzioni ap-provate in un pleno regionale del 1944 celebrato nella cittàdi Siviglia, quando si decise che, sebbene non in forma orga-nica e regolare, in sintonia quindi con l’orientamento dellaCNT nazionale, si stabilissero significativi vincoli di carattereorganizzativo con i resistenti sui monti12. Ma questo è solouno degli innumerevoli esempi che dimostrano che la Con-federazione, dove fu possibile, tenne costantemente rappor-ti con i guerriglieri, anche se non in modo ufficiale, datoche si temevano eventuali ripercussioni negative da partedelle altre componenti del fronte antifranchista.

Proprio in quel periodo, iniziò ad operare sulla sierra unaltro anarchico, Bernabè Lopez Calle, che fu il personaggiointorno al quale si concentrerà tutta l’azione guerrigliera li-bertaria fino al 1950. Cipriano Damiano13 ci traccia un profi-lo significativo di questo personaggio:

Quest’uomo di dimensioni eccezionali si convertirà nel guerri-gliero più famoso e leggendario di quelli che operarono in quel-la indomita ed ardente regione [l’Andalusia - n.d.a.]. Sebbenecontando sul valore, la tenacia e le azioni temerarie di un “Raya”,un Antonio “el Carbonero”, i fratelli Quero, un Vilche o unDominguez Maximiliano, tra molti altri, Bernabé unirà al valorecomune di tutti quelli che lo precedettero la sua grande capacitàstrategica, cambiando rapidamente la natura e la fisionomia del-la guerriglia, dotandola d’organizzazione, efficacia, coordinamen-to e mobilità, cose delle quali fino ad allora aveva mancato.

Comunque, sotto la morsa del regime, la repressione sifece sempre più terribile: tra i vari esempi, ci limiteremo asegnalare questi: alcuni guerriglieri vennero uccisi e moltis-simi altri arrestati nell’aprile del 1948 dopo un’importanteoperazione della guardia civil; quasi contemporaneamente,circa settanta contadini furono arrestati in quanto ex confe-derali, e come tali potenziali “complici” dei bandidos; inol-tre, altri resistenti vennero uccisi mentre tentavano di fuggi-re verso Tangeri.

12. C. Damiano, La Resistencia libertaria. […], cit., p. 103.13. C. Damiano, La Resistencia libertaria. […], cit., ibid.

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Poco tempo dopo venne effettuata l’azione che si dimo-strò decisiva per le sorti dei guerriglieri libertari: nel febbra-io del 1950, in seguito al tradimento di uno dei suoi uomini,Benabè Lopez e molti suoi compagni vennero uccisi in un’im-boscata organizzata dalla guardia civil. Riuscirono a scappareda quest’operazione solo pochi combattenti, tra i quali lostesso figlio di Bernabè, che morirà poco tempo dopo in unaltro scontro armato nella montagna attorno a Cadice14. Daquesto momento, l’attività guerrigliera rurale libertaria nonsi rialzò più, e uno dopo l’altro caddero tutti i sopravvissutialla repressione precedente: chi durante tentativi di fuga viamare, come il gruppo che cercò la fuga dal porto di Algeciras,chi a seguito di scontri a fuoco con le forze del regime.

Ma dove la guerriglia anarchica, soprattutto nella sua for-ma “urbana” compì le azioni più importanti, fu in Catalogna.Già più volte abbiamo avuto modo di ricordare la consisten-za dell’influenza degli ideali libertari nella regione catalana,soprattutto tra le masse operaie, in quella zona che era quel-la con il più alto tasso d’industrializzazione di tutta la Spa-gna. Nonostante la violenza del regime, questa regione nonera ancora stata “pacificata”, per cui rappresentava un peri-colo enorme. In più, militavano nell’entroterra catalanoanche alcune formazioni guerrigliere di chiara impostazio-ne anarchica, comandate da Massana e Vila Capdevila“Caraquemada”, il quale morì colpito a morte solo nell’ago-sto 1963, ultimo a cadere tra i guerriglieri spagnoli.

Costantemente, fin dai primi momenti, resistenti anarchicicatalani, spesso integrati da militanti inviati appositamentedall’esilio, che dovettero superare il controllatissimo confi-ne pirenaico, si segnalarono per i vari attentati: tra questi,uno dei più attivi nei primi tempi fu senz’altro Adrover Font“el Yayo”, che in pochi anni collocò più di un centinaio dibombe ed attentò due volte alla vita di Franco; lo stesso “Yayo”fu fucilato nel 1952, insieme ad altri famosi guerriglieri qua-li Pons Argiles “el Tatantula”, Perez Pedrero “Tragapanes”, edaltri ancora.

Questi combattenti si organizzarono in gruppi general-mente formati da poche persone, in modo da risultare parti-colarmente mobili e coesi, e molto spesso furono compostida persone che si conoscevano da anni, provenienti essen-

14. C. Damiano, La Resistencia libertaria. […], cit., p. 180.

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zialmente dalle Juventudes Libertaries, ed infatti l’età di questiguerriglieri era concentrata soprattutto tra i 25 ed i 30 anni.Purtroppo, data la repressione, questi gruppi generalmentenon durarono più di tre anni, ad eccezione di quelli di Face-rias e di Sabaté. Le loro azioni furono finalizzate alla difesapersonale; a compiere atti dimostrativi, come le bombe alleambasciate favorevoli a Franco; a praticare missioni “puniti-ve”, come l’eliminazione di personaggi che si erano segnala-ti per particolare pericolosità per il movimento libertario.

Ma in realtà, molte di più furono le azioni che colpironoi guerriglieri: moltissimi infatti furono coloro che persero lavita in quel terribile periodo, e l’elenco dei morti dalla finedel 1945 è lunghissimo: certamente, anche se può apparirearbitrario, nonché ingiusto, mi limiterò per ragioni di spa-zio a citarne solo alcuni tra i più famosi, e sulle gesta deiquali in parte ho già brevemente parlato: nel maggio del1946 fu ucciso J. Paresadan “el Abissinio”; nel giugno del ’48,morirono Gonzalez Sanmartì “el Nano” e Raul Carballeria,sulla cui morte ancora adesso c’è un mistero, dovuto al fattoche è impossibile chiarire se fu ucciso in uno scontro a fuo-co o se preferì ammazzarsi lui stesso, per non cadere nellemani della polizia; sempre in quegli anni viene smantellatala banda de “Los Manos”, ed il leader di questo gruppo,Wenceslao Jimenez Orive “Wences”, preferirà ingerire velenopiuttosto che arrendersi; sempre nel gennaio 1950 sono fu-cilati José Sabaté e S. Culebras; ma l’elenco potrebbe conti-nuare lunghissimo.

Tra i pochi che riuscirono a continuare la lotta guerri-gliera anche dopo il 1950, vi furono le bande di due dei piùfamosi “delinquenti” del periodo, José Facerias e Francisco“Quico” Sabaté. Grazie alle loro azioni contrassegnate daun’audacia incredibile, essi rappresentarono per molti annile persone più ricercate di tutta la Spagna ed entrambi meri-terebbero uno studio particolareggiato a sé, che va di certooltre le finalità del presente lavoro. Come fu inevitabile, en-trambi morirono sotto i colpi delle forze franchiste: Faceriasnell’agosto 1957, dopo l’ennesimo rientro clandestino inSpagna, accompagnato questa volta, oltre che da AgustinVicente, dall’anarchico carrarino Goliardo Fiaschi, il qualefu condannato a molti anni di detenzione nelle carceri spa-gnole; Francisco Sabaté, invece, che frequentò anche le ga-lere francesi e che era riuscito sempre a farla franca nono-stante le decine di scontri armati con la polizia franchista

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che spesso lo lasciarono ferito, morì nel 1960. La sua stessa,drammatica morte è l’emblema della sua vita, sempre vissu-ta tra pericoli ed avventure:

“Quico” Sabaté entrò il 17 dicembre del 1959 in territorio spa-gnolo, e la guardia civil già era avvisata. Non sarebbe arrivato aBarcellona. Un formidabile dispositivo repressivo aspettava aSud dei Pirenei il nemico pubblico numero uno del regimefranchista. Il 28 o 29 di dicembre attraversò la linea di confinetra la Spagna e la Francia. Erano con “Quico” in questo ultimoviaggio A. Miracle Guitart, R. Madrigal Torres, F. Conesa Alcaraze M. Ruiz Montoya. Dopo varie peripezie, il 3 di gennaio furo-no individuati a Clarà, tra Banolas e Girona, e lì furono circon-dati. Diresse l’assedio il tenente colonnello R. Gayet Girbal […].Nel combattimento morirono tutti i compagni (altri autori so-stengono che furono catturati vivi e che ad essi si applicò la “leyde fugas”), ma “Quico” ottenne di fuggire ferito perché men-tre strisciava tentando di allontanarsi dal cerchio si trovò acci-dentalmente di fronte ad una voce che andava ripetendo “nonsparate, che sono il tenente”, e poi al suo proprietario, il tenen-te F. de Fuentes Castilla-Portugal, che uccise con un colpo. Dopocontinuò strisciando nell’oscurità e ripetendo “non sparate, chesono il tenente”. Così ottenne di attraversare tre cordini poli-zieschi: più di cento uomini. Il giorno 4, la polizia perse le trac-ce del fuggitivo e, il giorno 5, all’alba, salì su un treno nellastazione di Fornells de la Selva, a dodici chilometri da Girona,e quando era in marcia minacciò i macchinisti ed intimò adessi di dirigersi senza fermarsi a Barcellona. […] A Massanetcambiò il treno ed alle otto della mattina arrivò a San Celoni,quando già la Polizia conosceva la sua situazione. Prima di en-trare nel quartiere, si gettò in marcia per scappare da un’acco-glienza che supponeva mortale. Ferito gravemente ad una na-tica, una gamba ed al collo, appena poteva mantenersi in piediper la febbre e la cancrena.. In cerca di un medico, finì strema-to da un abitante del posto, F. Berenguer Rosa, che sentì lamitraglietta sotto ai vestiti. Gli agenti del Somaten di San Celonierano stati messi in allerta ed una pattuglia composta, tra glialtri, dal capo della Somaten locale e segretario della C.N.S., A.Rocha Sanz apprese le notizie di Berenguer e tra Rocha e laguardia civil A. Martinez raggiunsero l’obiettivo di mettere finealla sua vita. Erano le otto del mattino del 5 gennaio 196015.

15. S. Serrano, Maquis. Historia de la guerrilla antifranquista, cit., p. 363.

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Per concludere, proveremo a definire alcune cifre sul-l’esperienza guerrigliera, anche se gli studi, assolutamentecarenti per il periodo 1939-1944, e soprattutto a carattere re-gionale per il seguito, non riescono a dare risultati indiscu-tibili. Il numero stesso dei guerriglieri è oggetto di controver-sie, anche se appare credibile fissare in circa 6.000 uomini lacifra di questi, senza contare i guerriglieri urbani anarchicioperanti a Barcellona, mentre le forze statali impiegate (traGuardias Civiles e formazioni falangiste) furono almeno 20.000.

Uno dei più attendibili studi in materia risulta essere quel-lo operato da Enrique Moradiellos, che cerca di compararediverse fonti16. Dal suo studio, che si limita al periodo che ar-riva fino al 1949, emerge che la guerriglia fu coinvolta in8.289 azioni, ed i guerriglieri morti furono 2.173, mentre3.387 furono quelli catturati e 19.444 i “contatti detenuti”,cioè i sospetti di complicità con i resistenti. Dalla parte delleforze franchiste, come minimo morirono 257 guardie civilie 368 furono quelle ferite; 27 i militari uccisi e 39 quelli feri-ti; 23 i poliziotti uccisi e 39 quelli feriti. Ma, a dimostrazionedella difficoltà di una ricostruzione indiscutibile, altre fontidanno numeri differenti. Comunque, quando si tenterà diricostruire le cifre delle vittime della repressione franchistain questo periodo (1939-1951), si darà anche spazio al dibat-tito sulla portata numerica della repressione esercitata con-tro la guerriglia.

Anche da queste cifre, emerge la portata della guerrigliaspagnola, che, ripeto, non va vista come una battaglia“utopistica e velleitaria”, ma piuttosto come un tentativo ine-vitabile di resistere al franchismo sia in attesa di tempi mi-gliori, confidando in un intervento internazionale, sia cer-cando, soprattutto nelle zone montagnose, in primo luogodi salvare per il più lungo tempo possibile la propria vita,altrimenti già condannata.

5.3) LA STAMPA CLANDESTINA

Non è mia intenzione sviluppare troppo dettagliatamentein questo paragrafo le varie fasi attraversate dalla stampa clan-

16. E. Moradiellos, La España de Franco. (1939-1975), cit., p. 125.

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destina anarchica, perché l’argomento richiederebbe unostudio apposito e più approfondito, ma cercherò di accen-nare alle caratteristiche più importanti inerenti a questo ar-gomento.

Come tutte le dittature, anche quella franchista si premuròdi controllare e censurare ogni tipo di pubblicazione chepotesse circolare in Spagna, ed ovviamente operò drasti-camente per colpire ogni espressione del dissenso.

Questa censura, dal punto di vista normativo, si basò inprimo luogo su una legge emanata nel maggio 1938, quindinel mezzo della guerra civile, da parte di Serrano Suñer, al-lora Ministro dell’Interno. Il provvedimento, che doveva ave-re carattere provvisorio, in realtà resterà in vigore fino almarzo 1966, costituendo l’unica base normativa del regimefranchista riguardo alla stampa17.

Di conseguenza, i giornali divennero uno degli strumen-ti più fedeli ed importanti per la diffusione della propagan-da del regime, selezionando le varie notizie da proporre inmodo tale che l’immagine della Spagna corrispondesse co-stantemente al modello di un paese in crescita economica efinalmente pacificato. Parallelamente, per non incrinare l’im-magine di stato “forte”, vennero occultate tutte le notizieinerenti ad attentati contro simboli del regime o ad altre for-me di protesta, quali ad esempio gli scioperi. Al contrario,vennero pubblicate con grande enfasi le operazioni polizie-sche che si conclusero con spettacolari arresti, così come unospazio di rilievo era occupato dalle condanne inflitte aglioppositori politici, che erano definiti come “banditi”, “de-linquenti”, “rapinatori”, ecc. Tra coloro che più godettero diquesta “nomea” vanno annoverati senza dubbio gli anarchi-ci impegnati nella guerriglia urbana, ma anche per i resi-stenti sulle montagne la definizione era questa.

Quindi, più che di giornalisti nel senso più genuino deltermine, in questo periodo bisognerebbe parlare di veri epropri funzionari dello stato che eseguivano uno specificocompito, asserviti alle direttive del regime.

In un simile contesto, si possono ben comprendere sia ladedizione assoluta delle forze di polizia nella ricerca dellevarie tipografie clandestine, sia il costante tentativo degliantifranchisti di stampare opuscoli e giornali che potessero

17. E. Mateo, Algunos problemas culturales de los años quarenta en España, articolodalla rivista «Spagna contemporanea», cit., p. 65.

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contribuire a diffondere quelle notizie che il regime occul-tava, dimostrando anche, così facendo, che esistevano anco-ra nuclei che si opponevano alla dittatura.

Ed anche in questo settore, i libertari furono molto attivi,cercando in ogni modo di diffondere le loro pubblicazioni,anche se ciò avvenne tra la paura costante di essere scopertied i continui arresti, che impedirono di fatto una pubblica-zione regolare dei vari giornali. Ma, in ogni caso, l’impegnoda parte del movimento libertario per poter stampare i pro-pri giornali fu sempre continuo ed assorbì molte risorse eco-nomiche ed umane, proprio perché si ritenne fondamenta-le non far perdere ai lavoratori il riferimento costante adun’opposizione ancora esistente. Con lo stesso proposito, edin aperta sfida al regime, a Barcellona i libertari presero l’abi-tudine di spedire sempre una copia dei loro giornali alle piùalte cariche statali e poliziesche.

Comunque, nei primi anni dopo la vittoria dei franchisti,le sole espressioni di una propaganda avversa al regime furo-no qualche manifesto, e si dovette attendere fino al marzo1944 perché uscisse un vero giornale libertario: infatti, fu inquel periodo che, su iniziativa del comitato regionale diCatalogna, venne alla luce l’organo confederale catalano«Solidaridad Obrera», che continuò ad essere stampato, ar-rivando ad otto numeri, fino al giugno di quell’anno, quan-do i sospetti, che si rivelarono fondati, di essere sotto il con-trollo della polizia, fecero desistere il tipografo18.

Ma fu dal 1945 che la stampa libertaria iniziò a godere diuna miglior diffusione, parallelamente al momento felicedella Confederazione, che stava vedendo ingrossare in modocostante le proprie fila, nonostante la repressione esercitatadal regime continuasse senza sosta.

Di questa ripresa anche dal punto di vista editoriale, ne èuna chiara testimonianza la parte del documento approvatoal pleno delle regionali CNT svoltosi a Carabaña nel 1945,nel quale si citano i numeri di copie del giornale confedera-le CNT che le varie organizzazioni locali possono ricevere:Catalogna, 1.500 copie; Centro, 1.500; Galizia, 500; Levante,2.000; Andalusia, 1.000; più altre zone che non riescono an-cora a precisare19. Partendo da questi dati, non sembra cosìesagerata l’affermazione di Juan Molina, che sostiene che

18. A. Paz, La CNT 1939-1951, cit., p. 86.19. J. M. Molina, El movimiento clandestino en España. 1939-1949, cit., p. 131.

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nel periodo 1945-1946 l’organo clandestino CNT in alcuninumeri arrivasse a stampare almeno 12.000 esemplari distri-buiti in tutta la Spagna20.

A questo si aggiunga che molto spesso le stesse federazio-ni regionali editavano un loro giornale locale. Infatti, anchese con una ovvia irregolarità, si stamparono anche altri pe-riodici libertari, tra i quali citiamo: «Frente Libertario» e«Castilla libre» nella zona del Centro; la già citata «Soli-daridad Obrera» e «Ruta» in Catalogna; «La Voz Confederal»nei Paesi Baschi; «Fragua social» ed «Acción Juvenil» nel Le-vante; «Solidaridad Proletaria» in Andalusia; «Cultura yAcción» in Aragona, Rioja e Navarra; «Asturias», nelle Asturie;«Extremadura libre» nell’Extremadura; «SolidaridadObrera» in Galizia; e l’elenco potrebbe continuare.

Sempre nel 1945, nel mese di dicembre, fu stampato ilprimo numero di «Tierra y libertad», l’organo della FAI, chein quel periodo uscì in modo discontinuo fino al mese disettembre 1946, quando a Barcellona venne scoperta la tipo-grafia a seguito di una retata poliziesca. Significative deglisforzi adoperati per far fronte a questo compito, le parole diMiguel Garcia, uno dei redattori del giornale, che Eliseo Bayoriporta21:

Il primo numero uscì alla fine del 1945, redatto da Juan PenaFortuny, presidente del Sindacato delle professioni liberali alquale appartenevo io. Stampavamo il periodico in una“Minerva” a pedali, nascosta nel retrobottega di una cartoleriadi Calle Mallorca. Per contrastare il nostro lavoro ed appoggia-re la Brigata Politico-Sociale si creò la Brigata di Servizi Specialicomandata da uno dei nostri peggiori e più tenaci nemici, ilcommissario Pedro Polo Borreguero.

Uno dei giornali più importanti di questo periodo fu«Ruta», l’organo della Gioventù Libertaria, che dalle colon-ne di questo giornale si occupò anche della contemporaneapolemica nata nella Confederazione, e la posizione dellaF.I.J.L. fu, come sappiamo, di appoggio verso una linea piùintransigente, nel solco della tradizione anarchica. Stampa-to a Barcellona, «Ruta» assorbì nella sua organizzazione mol-tissimi giovani anarchici, tra i quali mi limiterò a citare Die-

20. J. M. Molina, El movimiento clandestino en España. 1939-1949, cit., p. 173.21. E. Bayo, Los atentados contra Franco, cit., p. 72.

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go Camacho “Abel Paz”, Liberto Serrau e Raul Carballeria.Di certo, nel periodo che va dal giugno del 1946 fino allafine di quell’anno, uscirono una quindicina di numeri, perpoi continuare ad uscire in modo molto saltuario fino al195722.

Contemporaneamente al declino dell’organizzazioneclandestina libertaria in seguito alla pesante repressione edalla delusione per il mancato sviluppo in senso favorevoledella situazione internazionale, così anche l’attività dei varigiornali scemò inesorabilmente. Uno dei colpi più pesantiin questo settore si verificò nel novembre del 1947, quando,in seguito all’ennesima retata, fu scoperta la tipografia clan-destina dove si stampavano «CNT» e «Fraternidad». Con mol-ta fatica, dopo qualche tempo, si riuscì a stampare di nuovoi giornali libertari, ma la situazione era cambiata, e con sem-pre maggiori difficoltà si continuò a far apparire qualchenumero, tra una chiusura e l’altra.

Uno dei tentativi maggiormente incisivi si verificò all’ini-zio degli anni ’50, quando grazie all’aiuto economico e uma-no di José Luis Facerias e dei suoi uomini, appena tornatidalla Francia, poté riapparire «Solidaridad Obrera», ma an-che questa volta l’esperienza non durò a lungo.

In ogni caso, la stampa clandestina di matrice libertariafu sempre, nonostante le difficoltà dovute alla repressionegovernativa, un riferimento costante per tutto il periodo chearriva fino al 1951, e assunse un’importanza fondamentalenel tenere viva la resistenza antifranchista.

5.4) GLI SCIOPERI DELLA PRIMAVERA 1951

All’inizio del 1951 tutto sembrava favorevole al regime: latensione internazionale contro il regime franchista, graziealla situazione creata dalla “guerra fredda”, si stava allentan-do in modo sempre più evidente, e la Spagna iniziava a stabi-lire rapporti diplomatici con quasi tutte le altre nazioni; inol-tre, sul piano interno, la guerriglia ed i nuclei di oppositoriche avevano resistito in modo organizzato per tutto quel tem-

22. D. Marin Silvestre, Clandestinos. […], cit., p. 148.

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po, sembravano ormai quasi definitivamente sbaragliati dal-la repressione poliziesca.

Ma dove il regime non aveva ancora ottenuto significativirisultati era nel campo economico: l’autarchia si era rivelataun fiasco clamoroso, e chi ne pagava le conseguenze eranosoprattutto le fasce più deboli della popolazione, che rap-presentavano una buona percentuale dei lavoratori.

Dal 1947, non si registrarono più in Spagna movimentiscioperistici degni di nota, anche perchè la repressione chesi era abbattuta sui lavoratori era stata molto pesante, tantoche furono almeno 6.000 le persone detenute in seguito aquesti avvenimenti, e le organizzazioni sindacali erano statedecapitate dei loro attivisti più importanti. Comunque que-sti scioperi, dalla mobilitazione di massa, un risultato lo ave-vano prodotto: per la prima volta dalla fine della guerra civi-le si era rotto in modo significativo il clima di paralizzantepaura che attanagliava i lavoratori, ed il ricordo di quellegiornate di lotta restò a lungo nitido in loro, ed anche, peropposti motivi, nella memoria dei funzionari governativi.

In questo clima di miseria diffusa, nel marzo del 1951 aBarcellona si verificarono proteste che registrarono unamobilitazione totale e che ebbero un impatto notevole sianell’immaginario dei lavoratori che nel regime, ed a questiaccadimenti ne seguirono presto analoghi in altre città.

Il fattore scatenante della protesta barcellonese fu unmotivo alquanto banale: un aumento del 40%, cioè da 50 a70 centesimi di peseta, sul prezzo dei tram, che andava quin-di ad aggravare la già precaria situazione economica in cuivivevano le famiglie popolari. Immediatamente, la gente scesein piazza per protestare contro questo aumento, e decise diesprimere il proprio dissenso adottando una forma singola-re: rifiutarsi di usufruire dei mezzi pubblici, senza ricorrerea forme di violenza (anche se in seguito non mancarono al-cuni tafferugli tra forze di polizia e popolazione civile).

Come fa notare giustamente Dolores Marin Silvestre, l’im-patto fu notevole, e disorientò i funzionari di regime:

Le forze repressive restarono sconcertate, i lavoratori non agi-rono come i membri della guerriglia urbana: non scandalizza-vano con atti violenti nelle strade di Barcellona, non assalivanoi loro padroni…in definitiva, non potevano essere repressi comelo erano abitualmente da parte del regime. Come si potrebbeaccusare le ragazze che in gruppo si recavano cantando alle

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loro fabbriche? Come importunare quella moltitudine di uo-mini vestiti a festa che si dirigevano a piedi al campo del Barçaa vedere la propria squadra preferita che giocava in casa controil Racing ? Non c’era delitto: in modo gandhiano i barcellonesiinsorsero nella loro quotidianità; niente di più semplice, manemmeno di più rivoluzionario. Barcellona, come nelle quasidimenticate giornate del luglio 1936, tornava a pulsare con unsolo cuore. La dignità recuperata tornava a riempire le sue stra-de, la Rambla era il punto di incontro di quelli che, emoziona-ti, si rincontravano e si sorridevano23.

Tutte le fonti consultate sono concordi nel fissare in unnumero impressionante coloro che aderirono al boicottaggioprima ed allo sciopero generale poi: tra le 250.000 e le 500.000persone, che conseguirono la paralisi di ogni attività cittadi-na24.

Le autorità, nonostante l’arrivo di ingenti rinforzi milita-ri provenienti da altre città, non seppero come fronteggiarela situazione che si faceva giorno dopo giorno sempre piùallarmante: furono cercati tutti i mezzi per dissuadere lapopolazione, anche la diffusione di volantini falsi che dichia-ravano che la protesta si doveva considerare conclusa, manon ebbero effetto alcuno25. Pertanto, il giorno 12 marzo,Franco stesso dovette esautorare il governatore civile EduardoBaeza Alegria, insieme ad altri funzionari, e passò i pienipoteri al capitano generale Bautista Sanchez, di orientamen-to monarchico, che però non volle schierare le truppe instrada in modo eccessivamente evidente; nello stesso tempo,quattro navi da guerra si piazzarono di fronte alla città. Co-munque, non mancarono alcuni scontri tra manifestanti eforze dell’ordine, che provocarono alcuni morti, tenuti se-greti dagli “organi d’informazione”, e diversi feriti: il giornonel quale gli scontri si fecero più intensi fu proprio il 12marzo, quando venne proclamato anche lo sciopero genera-le cittadino. Di fronte al municipio si verificò uno degli epi-sodi più violenti, quando, temendo un’invasione dei locali,la polizia a difesa dell’edificio iniziò a sparare sulla folla, uc-

23. D. Marin Silvestre, Clandestinos. […], cit., p. 215.24. D. Marin Silvestre, Clandestinos. […], cit., p. 221; ma anche: A. Paz, La CNT

1939-1951, cit., p. 377; E. Moradiellos, La España de Franco. (1939-1975), cit., p. 122;B. Muniesa, De la dictadura a la monarchia. Historia de España 1939-1996, cit., p. 62.

25. C. Damiano, La Resistencia libertaria. […], cit., p. 184.

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cidendo uno studente. La reazione dei manifestanti si feceallora più rabbiosa, e furono dati alle fiamme diversi veicoli.

Dopo tre giorni di sciopero generale, che coinvolseroanche altre località catalane importantissime dal punto divista economico, come Badalona, Tarrasa, Sabadell eManresa, fu ottenuto l’annullamento dell’aumento delle ta-riffe dei tram, e la protesta lentamente rientrò. Purtroppo,però, in conseguenza di questi fatti, fu nominato come mas-sima autorità cittadina l’avvocato Felipe Acedo Colunga(soprannominato dalla popolazione “la Mula”) famoso intutta Spagna per l’inflessibilità con la quale applicava il “pu-gno di ferro”: da questo momento, Barcellona fu di nuovoscossa da una nuova ondata repressiva. Diverse centinaia dipersone furono arrestate, e le conseguenze non furono piùterribili proprio perché la protesta aveva ottenuto una vastaeco a livello internazionale, e il regime non volle esacerbarela situazione in un momento in cui stava iniziando ad otte-nere una “riabilitazione” pressochè unanime.

A distanza di anni, rimangono ancora oscuri gli inizialipromotori della protesta. Se è certo che questa nacque inprimo luogo da un moto spontaneo, e coinvolse quindi va-stissimi ed eterogenei settori della popolazione, è altrettan-to certo la CNT ebbe un ruolo fondamentale nell’organiz-zarla e nel farla continuare, data la persistente influenza cheesercitava nei settori operai barcellonesi26. Da parte sua, l’in-fluenza del Partito comunista tra le masse dei lavoratori re-stava come sempre molto scarsa. Non mancarono poi coloroche sospettarono che, dietro lo scoppio della protesta, vi fos-sero anche parte dei falangisti locali, che intendevano inquesto modo ottenere l’allontanamento del governatore ci-vile, Baeza Alegria, a loro inviso; di certo, se così fu, è altret-tanto sicuro che a questi settori la situazione sfuggì di mano,non potendo ipotizzare un simile esito.

Lo studio dei vari manifesti e volantini distribuiti in quel-l’occasione è una chiara testimonianza del carattere dellaprotesta e dei vari soggetti promotori27: si va da volantini dichiara impostazione falangista, che esaltavano il “civismo”ed il senso di responsabilità dei barcellonesi, auspicando peròun ritorno alla vita normale; a manifesti di gruppi di studen-

26. A. Paz, La CNT 1939-1951, cit., p. 376; ma anche: D. Marin Silvestre, Clandestinos.[…], cit., p. 217; C. Damiano, La Resistencia libertaria. […], cit., p. 184.

27. A. Paz, La CNT 1939-1951, cit., p. 380.

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ti che reclamavano le dimissioni delle varie autorità coinvol-te; a volantini della CNT o della FAI che, prendendo spuntodalla protesta, incitavano alla lotta, proponendosi la libertàdella Spagna e la fine del fascismo.

Questo esempio di lotta servì da modello per altre mani-festazioni di protesta che scoppiarono nei mesi seguenti:nell’aprile di quell’anno, nei Paesi Baschi scesero in sciope-ro almeno 250.000 lavoratori, ed a maggio furono bloccati itrasporti a Madrid.

Ma dove la protesta sociale ebbe, ancora una volta, mag-giore incidenza fu sempre a Barcellona.

Infatti, per celebrare nel modo migliore la ricorrenza delprimo maggio, la CNT proclamò uno sciopero generale.

Come ricorda Figueras, segretario generale della regio-nale catalana28

[…] Così come quello [sciopero] di marzo fu qualcosa divolontaristico e popolare, sebbene stimolato e canalizzato datutte le correnti, quest’ultimo – senza essere tanto spettacolare– rispose esclusivamente al potere di convocazione che ancoramanteneva in Catalogna la Confederación Nacional del Trabajo.In principio fu impegnata la UGT, che era rappresentata da unragazzo del P.O.U.M, ma all’ora di mettere in marcia l’azioneci dissero che non potevano andare avanti perché si considera-vano molto deboli e se partecipavano attivamente allo scioperotemevano conseguenze gravi per i loro quadri. Si decise alloradi marciare soli.

I settori industriali che sostennero in modo più deciso losciopero furono quelli della metallurgia e delle costruzioni,ed a poco a poco lo sciopero si diffuse per tutto il circonda-rio barcellonese. Uno dei luoghi dove lo sciopero ottennerisultati migliori, tanto da paralizzare completamente le in-dustrie-chiavi, fu la città di Matarò, da sempre uno dei foco-lai della resistenza libertaria.

Si calcola che il numero degli scioperanti oscillò tra i40.000 ed i 50.000, assolutamente non pochi dato che lo scio-pero era stato proclamato da un’unica organizzazione, cheperaltro era stata decimata dalla repressione e stava vivendodi conseguenza una fase di crisi interna non indifferente.

28. C. Damiano, La Resistencia libertaria. […], cit., p. 186.

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Nonostante che per ragioni di sicurezza i vari manifesti evolantini fossero stati stampati e distribuiti in forma anoni-ma, cioè senza la dicitura della sigla, ugualmente la polizianon ebbe problemi di sorta ad individuarne la matrice. Va-rie decine di militanti furono arrestati, soprattutto nella zonadi Matarò e di Barcellona. Da questa ennesima operazionela CNT non poté più riorganizzarsi in modo significativocome organizzazione sindacale di massa, ma resistette in unaeroica quanto simbolica resistenza.

Da quanto fin qui scritto, si potrà comprendere come ladata del 1951 segni una svolta decisiva per la storia di Spa-gna. Per il regime, che da questa data, ormai a pieno titolo,poté iniziare concretamente a raccogliere il frutto dell’azio-ne diplomatica svolta negli anni precedenti, grazie alla qua-le la Spagna franchista fu legittimata dalle democrazie occi-dentali come utile alleato in funzione anticomunista, e diconseguenza si assistette ad un deciso cambiamento anchenella politica economica. Da questo momento, inoltre, ci fuun minimo allentamento della repressione interna, più perl’esaurimento del numero degli oppositori, che per una rea-le scelta politica del regime. Questo però comportò un’ulte-riore legittimazione del franchismo nel presentarsi comeforza pacificatrice ed agente di “normalizzazione” dei rap-porti sociali.

Per il movimento libertario, che dopo gli scioperi e leproteste del 1951, non fu più in grado di assurgere all’im-portanza del passato, data la brutale decimazione che l’ave-va visto, suo malgrado, protagonista. Inoltre, va evidenziatala decisiva irruzione, sulla scena politica nazionale e paralle-lamente all’affermazione anche su scala internazionale, dinuove forme di organizzazione del conflitto sociale, che era-no fortemente legate al Partito comunista. Ciò avvenne pertutta una serie di ragioni che non sono pertinenti a questostudio, ma che si possono facilmente ricondurre ad un mag-giore sostegno internazionale goduto dal Partito comunistastesso, e quindi ad una migliore visibilità e, di conseguenza,credibilità tra le masse lavoratrici.

Negli anni seguenti, ci furono altre manifestazioni espli-cite di dissenso all’interno della Spagna franchista, in parti-colare quelle degli studenti universitari, ma queste ebberoin modo molto evidente, come è naturale che sia, unaconnotazione differente da quelle esplose fino al 1951: perdirla con Bernat Muniesa, gli scioperi del ’51 furono“l’ultima

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battaglia della generazione che perse la guerra” 29 o addirittura,rovesciando la prospettiva, la dimostrazione lampante che imetodi tradizionali di organizzazione sociale e di lotta era-no ormai tramontati, e che quindi si stava affermando unanuova concezione della “lotta” stessa, meno legata alle tradi-zionali parole d’ordine classiste ed antifasciste, e più alla ri-cerca di spazi concreti per esprimere specifici bisogni e disa-gi. Di questo, proprio le lotte studentesche ne saranno chia-ra dimostrazione.

Infatti, con i vecchi rivoluzionari sterminati o incarcerati,ed i pochi sopravvissuti costretti al silenzio, le generazioninate nel periodo franchista, che quindi non avevano vissutoin prima persona l’entusiasmo rivoluzionario, non si ricono-scevano più nelle tradizionali organizzazioni operaie, la CNTed anche L’UGT, perché, oltre ad avere perso la guerra, ailoro occhi queste non erano riuscite, nonostante i ricono-sciuti sforzi, neanche a far cadere il franchismo negli anniseguenti. Come dice Abel Paz,

[…] militare in quelle supponeva per le nuove generazioni as-sumere la storia delle loro sconfitte e la responsabilità dellaloro militanza davanti ad uno Stato poliziesco che minacciavasempre con dure pene di carcere quando non con le fucilazioni.[…] Questo nuovo movimento operaio senza storia si lanciavanella lotta cercando la sua identità. Non sapeva esattamenteperché si batteva, ma contro chi si batteva30.

In conclusione, sotto qualsiasi prospettiva le inquadria-mo, risulta evidente come le lotte sviluppatesi nel 1951 se-gnino uno spartiacque storico di fondamentale importanzanella storia di Spagna e, nello specifico, nella storia del mo-vimento libertario in contrapposizione al regime franchista.

5.5) BILANCIO TRAGICO

In quest’ultimo paragrafo cercheremo di quantificare il nume-ro dei morti della repressione franchista nel periodo 1939-1950.

29. B. Muniesa, De la dictadura a la monarchia. Historia de España 1939-1996, cit., p. 62.30. A. Paz, La CNT 1939-1951, cit., p. 385.

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Ma prima di procedere, è necessario soffermarsi su alcu-ne considerazioni.

Innanzitutto, in sintonia con quanto finora riportato inquesto studio, è necessario premettere, come saggiamentefa notare Manuel Tuñon de Lara31, che non è possibile sinte-tizzare il dibattito sulla repressione franchista limitandosi aquantificare il numero dei morti, in una serie di “macabriesercizi di contabilità”. Infatti, così facendo, si rischia di nonanalizzare nel modo opportuno le diverse sfaccettature incui si espresse, in un arco temporale molto ampio, la repres-sione esercitata dal regime, e soprattutto le cause che porta-rono a questa pratica di sterminio. Inoltre, riducendo lo stu-dio a questo mero esercizio di “contabilità”, si può incorrerenell’errore, segnalato da alcuni studiosi32, di confondere inun unico calderone la violenza tout-court, non distinguen-do sufficientemente tra quella praticata nella zona repubbli-cana e quella esercitata durante la guerra civile e dopo que-sta, dalla dittatura di Franco. Già abbiamo avuto modo dievidenziare le differenze che si espressero tra i repubblicanied i franchisti nel ricorso alla violenza: i primi, cercaronosempre di limitare gli eccessi in tal senso, tanto che quandosi manifestarono episodi particolarmente cruenti, questi fu-rono la conseguenza di un moto spontaneo e popolare; alcontrario, la violenza franchista fu sempre pianificata e “scien-tifica”, rispondendo al programmato proposito dei vertici diprocedere ad uno sterminio necessario per “purificare” laSpagna, ed anche impiegando la “strategia del terrore” comearma psicologica fondamentale al fine di conseguire la vit-toria.

In secondo luogo, va sottolineato come non sia possibile,né probabilmente lo sarà mai, arrivare a fissare delle cifreinoppugnabili, poiché ci troviamo di fronte a problemi didifficile soluzione. La pretesa “scientificità” di alcuni studi,spesso rimane solo nelle intenzioni, tanto da provocare quellache Arthur Koestler33 chiamò “nevrosi dell’obiettività”, cioè ilcercare in ogni modo di giustificare l’incapacità di compren-dere la possibilità che la realtà fosse qualcosa di più che quello

31. M. Richards, Guerra civil, violencia, y la construccion del franquismo in AVV.VV. LaRepublica asediata, a cura di P. Preston, cit., pag. 320.

32. M. Richards “ Guerra civil, violencia, y la construccion del franquismo” in AVV.VV.“La Republica asediata”, a cura di P. Preston, cit., p. 323.

33. A Koestler, Spanish testament, 1937, p. 84.

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che è strettamente verificabile limitandosi ai dati forniti da-gli archivi ufficiali.

La prima difficoltà consiste nell’assoluta limitazione, pernumero e per attendibilità, delle fonti in nostro possesso suquesto argomento. Infatti, solo dopo la morte di Franco ini-ziarono a compiersi studi più accurati sull’entità del feno-meno, soprattutto concentrandosi in ricerche monografichedi ambito locale e regionale. Ma la più grande difficoltà, èinsita nel fatto che anche questi studi devono rifarsi a datiufficiali dello stato, che non sono assolutamente esaustivi edattendibili.

Infatti, è noto come, alla morte del dittatore, molti archi-vi siano stati revisionati dalle autorità, che distrussero in-tenzionalmente un’enorme quantità di dati34. Inoltre, anchequando si è in presenza di dati provenienti da archivi statali,non mancano i problemi. Soprattutto nei primi anni dopola vittoria dei nazionalisti, le uccisioni erano all’ordine delgiorno, ed era abbastanza normale da parte del regime nonregistrare le morti provocate, anche perché era di fatto im-possibile stare dietro a tutte le rappresaglie commesse daivincitori. Tanto per fare un esempio, sappiamo che in alcu-ni paese minerari della zona delle Asturie,

più del 50% delle vittime furono incluse nel registro civile dopoil 1975, anno della morte di Franco35.

Inoltre, per la paura, gli stessi familiari delle vittime mol-to spesso non procedettero all’identificazione dei corpi, per-ché era facile, in una situazione nella quale la vita umananon contava più niente, essere a loro volta arrestati come“sovversivi”. Addirittura, nei primi anni successivi alla vitto-ria dei nazionalisti, poteva essere punita persino l’espressio-ne pubblica del lutto da parte dei familiari.

Oltre ai dati ufficiali dello stato, siamo oggi in possessoanche dei vari racconti di alcuni sopravvissuti. Anche in que-sto caso, alle volte risulta evidente un problema di assolutaattendibilità, perché lo stesso ricorso al ricordo non è maiun metodo troppo “scientifico”, e dato che molti testimonisono ovviamente troppo coinvolti nei fatti per essere presi

34. M. Richards, Guerra civil, violencia, y la construccion del franquismo in AVV.VV. LaRepublica asediata, a cura di P. Preston, cit., p. 329.

35. M. Richards, Un tiempo de silencio, cit., p. 29.

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come fonti assolutamente obiettive. Ma a queste testimonian-ze, che tra l’altro iniziarono a circolare già dagli anni ’50,spesso frutto del lavoro di alcuni militanti direttamente coin-volti nei fatti raccontati, dobbiamo riconoscere senza dub-bio due meriti: il primo, è che queste furono le prime espres-sioni di approfondimento e ricostruzione dei fatti accaduti,in una situazione generale che invece tendeva alla “dimenti-canza”, ambendo alla normalizzazione, seppur forzata. Insecondo luogo, va comunque detto che queste testimonian-ze e questi studi molto spesso sono più vicini alla realtà diquanto non siano alcune ricostruzioni “accademiche”, chedimenticano che la “neutralità “ e l’“oggettività” tanto decan-tata dei presunti dati “ufficiali” dedotti dagli Archivi di Sta-to, spesso e volentieri rimangono un’illusione, perché an-ch’essi sono frutto di una precisa “parte”, e l’esempio spagno-lo è forse proprio uno dei casi più emblematici in tal senso.

Comunque, abbiamo a disposizione le diverse versionifornite dai vari studiosi, che però alle volte risultano essereestremamente contrastanti tra di loro. Per fare un esempio,prendiamo le cifre inerenti alla guerriglia: abbiamo fatto ri-ferimento a quanto riportato da Enrique Moradiellos che,limitandosi al periodo fino al 1949, fissava in 8.289 le azioniguerrigliere, ed a 2.173 il numero dei morti tra questi com-battenti, mentre 3.387 furono quelli catturati e 19.444 i “con-tatti detenuti”, cioè i sospetti di complicità con i resistenti.Dalla parte delle forze franchiste, venivano registrate 257guardie civili morte e 368 furono quelle ferite; 27 i militariuccisi e 39 quelli feriti; 23 i poliziotti uccisi e 39 quelli feriti;riportando questi dati, si avvicinava notevolmente36 a quelliforniti dal tenente colonnello Munilla Gomez, basati sulladocumentazione ufficiale della direzione generale della guar-dia civil , o a quelli del tenente colonnello Felipe AguadoSanchez. Questi dati sono quindi desunti da statistiche uffi-ciali; ma se invece procediamo in altro modo, procedendodai vari approfondimenti regionali, vediamo che le cifre ri-sultano assai diverse. Anche sul numero degli stessi guerri-glieri antifranchisti siamo di fronte a differenze notevoli37:secondo il tenente colonnello Limia Perez, i combattentiimpegnati tra il 1939 ed il 1952, inclusi morti, detenuti esopravvissuti, furono 2.824, cifra che stride parecchio con

36. S. Serrano, Maquis. Historia de la guerrilla antifranquista, cit., p. 378.37. S. Serrano, Maquis. Historia de la guerrilla antifranquista, cit., p. 381.

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quella ufficiale delle perdite inflitte ai guerriglieri, 5.584, elo stesso Perez attribuisce la colpa al fatto che soprattuttonei primi tempi furono considerati bandoleros persone chenon lo erano. Ma altri, a questo riguardo, hanno avanzatoaltre cifre: per Hartmut Heine, i guerriglieri furono 2.500;per Felipe Aguado 5.560 (cifra ufficiale); per Moreno Gomeznon meno di 7.500. E non dimentichiamo che a queste cifrefanno difetto i libertari coinvolti nella guerriglia urbanacatalana.

Fatte queste necessarie considerazioni, che ben esempli-ficano e spiegano le enormi difficoltà che s’incontrano trat-tando sul problema della quantificazione dei morti provoca-ti dalla repressione del regime nel periodo compreso tra il1939 ed il 1950, tentiamo di ricostruire il dibattito sull’argo-mento, tenendo conto delle differenze.

Senz’altro basse risultano essere le cifre provenienti dafonti vicine al regime, che per ovvi motivi d’opportunità po-litica fissano in circa 20.000/25.000 le esecuzioni compiute;tra queste, citiamo il generale franchista Ramon SalasLarrazabal38, che fissa in circa 23.000 le “esecuzioni legali”.Già abbiamo chiarito come le “esecuzioni legali” costituisse-ro solo una parte di questa generalizzata mattanza, e comeinvece i falangisti ed i possidenti terrieri procedessero siste-maticamente a rappresaglie nell’assoluta arbitrarietà. Alcu-ni storici come Stanley Payne39 accreditano comunque que-ste cifre, per lo meno trattando del periodo che arriva finoal 1945. Nonostante ulteriori studi smentiscano in modoinoppugnabile questi dati, se ugualmente volessimo lo stes-so prenderli per buoni, ne risulterebbe che comunque inognuno dei giorni di questi anni, almeno dieci persone ven-nero fucilate quotidianamente.

Ovviamente, le cifre fornite dalla controparte furono com-pletamente differenti. Un documento scritto da un esiliatospagnolo nel 1941 ed indirizzato al Foreign Office britannico,dopo aver affermato che ogni giorno in quell’anno a Ma-drid si fucilavano quaranta o cinquanta persone, così si espres-se:

Dicono che solo nelle Asturie hanno fucilato 60.000 persone.

38. E. Moradiellos, La España de Franco. (1939-1975), cit., p. 54.39. M. Richards, Guerra civil, violencia, y la construccion del franquismo in AVV.VV. La

Republica asediata, a cura di P. Preston, cit., p. 332.

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Secondo la stampa franchista, a Gijon ed a Oviedo si produsse-ro tra le 60 e 70 esecuzioni ogni giorno, durante quattro mesi.In una fabbrica di Gijon, uccisero dodici di ogni quindici ope-rai. A Huelva ci sono state 15.000 esecuzioni, a El Ferrol, tra le9.000 e le 10.000; a Santander 6.500. A Navalvillas de Pela,Badajoz, 1.700 dei 6.000 abitanti furono giustiziati, incluse va-rie donne. Come risultato della guerra civile e della repressio-ne successiva, a Tortosa restano solo 9.000 abitanti dei 45.000originari. A Larrioaga, Bilbao, di 1.200 prigionieri, 600 furonogiustiziati. Nelle Isole Canarie sono state fucilati più di 1.000membri del Partito comunista. Tra l’11 di ottobre ed il 31 didicembre del 1939, 417 uomini di sei villaggi furono seppellitial cimitero di Ciriego, Santander. A Laguna de Teza, un paesedi questa stessa provincia, 150 dei 400 abitanti sono stati fucila-ti. In gennaio del 1940, 12 condannati a Celanova, Orense, fu-rono obbligati a trasportare i loro stessi feretri al luogo del-l’esecuzione. […] I giorni preferiti per questi assassinii in mas-sa sono le celebrazioni politiche, come l’anniversario della mortedi Primo de Rivera o Calvo Sotelo, il primo di maggio, ecc.Mentre i resti mortali di Primo de Rivera erano traslati in granpompa e cerimonia all’Escorial, 2.000 uomini furono fucilatisolo nella città di Madrid […]40.

Questi dati, del resto, non si distanziano di molto da quan-to sostenne il rappresentante del governo fascista italiano,Ciano, inviato in Spagna da Mussolini, già precedentementecitato.

Del resto, lo stesso Anuario del Instituto Nacional deEstadistica, pubblicato nel 1951, così si riferisce a propositodelle morti violente verificatesi in quel primo periodo:

1939 50.0721940 33.3941941 24.5221942 16.4201943 13.7211944 15.0061945 11.507Totale 164.642

40. M. Richards, Guerra civil, violencia, y la construccion del franquismo in AVV.VV. LaRepublica asediata, a cura di P. Preston, ibid.

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Ramon Tamames41 è partito da queste cifre per cercare dicalcolare l’entità del fenomeno della violenta repressionedella dittatura. Solo dal 1946, che registrò 8.895 morti vio-lente, si arrivò a cifre paragonabili a quelle del 1935, cioè dicirca 7.000 morti violente all’anno; egli sostiene, quindi, chepartendo da questo “dato normale”, il numero di colorouccisi con queste modalità nel periodo 1939-1945 si sarebbedovuto fissare intorno alla cifra di circa 49.000 unità; di con-seguenza, la differenza che intercorre tra questa cifra ed iltotale di 164.642 persone, sarebbe il numero delle esecuzio-ni compiute dal regime. A questo dato Tamames sottrae lasomma delle circa 11.000 persone giustiziate negli ultimi tremesi del 1939 contrassegnati dalla guerra, ed arriva pertan-to a fissare in circa 105.000 le morti operate dalla dittaturafino al 1945.

Anche i vari studi su base regionale, come quelli effettua-ti sulla Catalogna o sulla zona di Madrid42, così come quellieffettuati dall’importante storico nordamericano GabrielJackson , che fa oscillare il numero delle vittime della repres-sione franchista post-1939 da 125.000 a 200.000, non fannoche confermare che l’entità della strage perpetuata dopo lafine del conflitto è ben superiore a quanto sostenuto da fon-ti di impostazione franchista che molto spesso partirono pro-prio dai dati forniti da Ramon Salas Larrazabal.

Del resto, i successivi studi che si sono succeduti soprat-tutto a partire dagli anni ottanta, hanno di fatto fissato cifrediverse43: per Moreno Gomez, almeno 40.000 furono le vitti-me dal dopoguerra; secondo Hartmut Heine, invece, questefurono non meno di 150.000 persone. Infine, mi limiterò acitare anche Michael Richards, che parla chiaramente di al-meno 200.000 vittime in quel sanguinoso dopoguerra44.

Sarebbe ingeneroso, oltreché estremamente difficoltoso,differenziare in modo preciso da questa moltitudine le spe-cifiche vittime subite dal movimento libertario, soprattuttoperché tutti gli studi fin qui citati non operano distinzioniparticolari dal punto di vista dell’ideologia di appartenenza.

41. E. Bayo, Los atentados contra Franco, cit., p. 47.42. E. Moradiellos, La España de Franco. (1939-1975), cit., p. 54.43. E. Gonzales Calleja, Violencia politica y represion en la España Franquista in AA.VV.

El franquismo. Visiones y balances a cura di R. Moreno Fonseret/ F. Sevillano Calero,cit., p. 143.

44. M. Richards, Guerra civil, violencia, y la construccion del franquismo in AVV.VV. LaRepublica asediata, a cura di P. Preston, cit., p. 330.

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Ma è drammaticamente ovvio, anche sulla base di tutto quan-to si è cercato di spiegare in questo mio studio, che il movi-mento libertario pagò un altissimo tributo di sangue all’af-fermazione del regime, dato che fu una delle componentipiù importanti e determinate dell’opposizione antifranchista.In aggiunta ai dati fin qui forniti, è significativo citare quan-to riportato da Eliseo Bayo a proposito dei libertari che cer-carono di valicare la frontiera per combattere la dittatura:almeno l’80 % di questi fu giustiziato o in scontri a fuoco omediante il plotone d’esecuzione45.

Ma ancora, le cifre non potranno mai rendere pienamen-te giustizia di quel cimitero a cielo aperto che divenne laSpagna sotto il franchismo, e contro il quale gli anarchicicombatterono fino quasi all’annientamento delle loro orga-nizzazioni.

45. E. Bayo, Los atentados contra Franco, cit., p. 17.

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TERZA PARTE

I DOCUMENTI

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CAPITOLO VI

LE TESTIMONIANZE

6.1) LA “LEY DE RESPONSALIDADES POLITICAS”del 9 febbraio del 19391

Si dichiarano fuori dalla Legge tutti i partiti o raggruppa-menti politici che dalla convocazione delle elezioni celebra-te il 16 di febbraio integrarono il chiamato Frente Popular,così come i partiti e le organizzazioni alleate o aderenti aquesti:

-Acción Republicana-Izquierda Republicana-Unión Republicana-Partito Federal-Confederación Nacional del Trabajo-Unión General de Trabajadores-Partido Socialista-Partido Comunista-Partito Sindicalista-Sindicalistas de Pestaña-Federación Anarquista Ibérica-Partido Nacionalista Vasco-Acción Socialista Vasca-Solidaridad de Obreros Vascos-Esquerra Catalana-Acción Catalana Republicana-Partido Galleguista-Partido Obrero de Unificacion Marxista

1. D. Marin Silvestre, Clandestinos. […], cit., p. 297.

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-Unión Democratica de Cataluña-Estat Catala’-Ateneo Libertario-Socorro Rojo Internacional-Cooperativa de Casas Baratas- ed altri di minore importanza. - Tutte le Logge Massoniche o qualsiasi altro raggruppa-

mento o partiti, filiali o di analogo significato.Tutti questi subiranno la perdita assoluta dei diritti di ogni

tipo e la perdita totale dei loro beni, che passeranno inte-gralmente ad essere proprietà dello Stato.

- Coloro i quali abbiano eseguito incarichi direttivi neimenzionati partiti o abbiano rappresentato o ostentato inca-richi direttivi in partiti o raggruppamenti pubblici.

In questa Legge sono inclusi, inoltre, coloro che convo-carono le elezioni dell’anno 1936, coloro che presero parteal Governo che le presiedette o furono candidati del Gover-no o sostenitori dei detti candidati o intervenuti nei collegielettorali. Finalmente si include anche in questa coloro cheabbiano partecipato, salvo casi molto giustificati, in tribunalio organismi incaricati di giudicare; coloro che siano rimastiall’estero dal 18 di luglio del 1936; coloro che essendo spa-gnoli abbiano acquisito la nazionalità straniera; coloro cheabbiano eseguito missioni all’estero, eccetto nel caso di avertradito, e coloro che avessero aiutato economicamente me-diante sottoscrizioni o donativi o in qualsiasi altra forma ilGoverno Repubblicano. (art.4).

Le pene sono (art.8): inibizione assoluta e perdita totaledei beni. Possono anche imporsi le pene di relegazione aipossedimenti spagnoli dell’Africa e dell’esilio.

6.2) I CAMPI DI CONCENTRAMENTO DI “LOSALMENDROS” E DI ALBATERA AD ALICANTETESTIMONIANZA DI CIPRIANO DAMIANO2

[…] Uomini, donne e bambini si stringevano tra l’asfaltodelle installazioni portuarie o sul selciato degli spazi aperti e

2. C. Damiano, La resistencia libertaria, cit., p. 34 e segg.

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senza tettoia. Senza niente da portare alla bocca o con il qualeproteggersi dalla rugiada notturna, carichi di miseria trasci-nata dai fronti, senza la minima razione di acqua per placarel’insopportabile sete, grattando i propri corpi tormentatidalla scabbia, alcuni impazzivano.

Altri scelsero la strada del suicidio, come Maximo Francoe Evaristo Viñuelas, comandante e commissario, rispettiva-mente, della 127ª Brigata Mista (antica Colonna rosso e nera).

Sparita ormai ogni speranza d’evacuazione e senza possi-bilità di fare la minima resistenza, la Divisione Littorio proce-deva al piazzamento delle batterie leggere di fronte al portoed i suoi comandi intimorivano alla resa categoricamente.Nonostante, non mancarono coloro che persistettero nel ri-tardare l’uscita. Persino ci fu qualche altra prova di resisten-za, totalmente infruttuosa, ma l’esodo già si era iniziato.

Le solenni promesse che non si sarebbero prodotte rap-presaglie si succedono una dopo l’altra ed il porto presentaspazi deserti in modo che la popolazione si consegna incon-dizionatamente. Fuori dalle inferiate che circondano il re-cinto portuario un’informe massa umana è condotta dai sol-dati italiani, fucile stretto e baionetta calata.

Momenti prima si era provveduto all’evacuazione delledonne e dei bambini, e l’interminabile fila di uomini, quat-tro in fondo, era stata già strappata dalle loro spose e dailoro figli. Alcuni, più decisi, avevano eluso la trappola conuna fuga discreta e rischiosa: molti di quelli caddero nell’in-tento.

Prima di rasentare gli ultimi edifici della città si sente ungrido lacerante, quasi un urlo, difficile da identificare. Unadonnetta in lutto, incurvata, per gli anni e con la guerra di-pinta sul volto, proferisce alcune parole prima che i cerberipossano impedirlo: “figli miei, siete prigionieri nella vostra pro-pria patria…!”

Alcuni fucili vomitano fuoco con strepito ed immediata-mente si verifica un assiepamento di forze che, a punta dibaionetta, fanno avanzare la vacillante colonna.

Già in campo aperto si verificano alcuni tentativi di furtoda parte dei soldati di San Quintin, che si appropriano degliorologi da polso e di altre appartenenze, ma – ironia deldestino – prontamente sono anticipati dai loro compagnidella Littorio. Poco dopo la carovana si trova davanti alla por-ta di accesso al luogo scelto per il suo provvisorio interna-mento.

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Saranno ammucchiati nel campo improvvisato mediantedoppia o tripla maglia di filo spinato e durante quel giornoe quella notte non riceveranno acqua né alimenti. La fame ègrave, però la sete è impossibile da placare. Cortecce, fogliee teneri germogli dei mandorli saranno prontamente inghiot-titi, divorati con ansietà. Dopo pochi minuti il panorama of-fre l’aspetto di un seminato devastato dalla cavalletta.

Giorni dopo questi uomini saranno condotti, come be-stiame, alle carceri ed ai campi di concentramento. Alcunifurono internati nei castelli di San Fernando e Santa Barba-ra, altri nella piazza dei tori, la maggior parte – in numeroapprossimativo di ventimila – furono concentrati nel campodi Albatera.

Questo ultimo luogo era stato un vecchio campo aperto,senza recinti né steccati, eretto dalla Repubblica per redime-re il delinquente senza necessità di sottoporlo ad una reclu-sione tra pareti né condannarlo ad una vita di un vegetale.Lì esistevano baracconi di legno abilitati come dormitori degliinterni in numero di un centinaio, poco più o poco meno.Queste dipendenze, situate alla destra della porta principa-le, avevano davanti i servizi d’igiene e gli elementi sanitari.Al centro, alcuni depositi elevati su tripodi di cemento servi-vano per l’immagazzinamento dell’acqua potabile, che eraportata al luogo tramite cisterne. Il terreno era sommamen-te salino e la sua vegetazione si limitava alla ginestra, altarassaco ed a qualche altra pianta totalmente non comme-stibile.

Non crediamo di cadere nell’esagerazione nell’afferma-re che il campo di concentramento di Albatera fu, di molto,il più disumanizzato di quelli che arriveranno a stabilirsi nellapenisola.

La cintura di sicurezza che si stabilì attorno al recinto erastata improvvisata mediante l’installazione di un quadrilaterodi filo spinato, circondando tutto lo spazio compreso tra ilimiti esterni degli antichi baracconi ed i reparti dei vecchiservizi sanitari. Questo spazio era totalmente insufficienteper il numero di prigionieri che arrivò ad ospitare.

Le latrine erano incapaci di assorbire gli escrementi diun tanto elevato numero di persone e la somministrazionedi acqua copriva scarsamente le necessità di una sete incre-mentata dalla salinità ambientale e non bastava, in assoluto,per la più indispensabile pulizia personale.

Con il giorno già moribondo l’interminabile colonna di

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sconfitti liberò la porta al campo. Quella notte triste, comemolte altre, la passarono alle intemperie, con l’umido edaspro suolo come branda. Però non adagiati o stesi – lussoinaccessibile – ma contratti per la mancanza di spazio, sedutio a coccoloni, alcuni accalcati sopra gli altri per trasmettersiil calore corporale, unico riparo disponibile.

Il giorno seguente si distribuì una lattina di sardine – conquattro unità – per due persone ed un panino d’ordinan-za… per cinque! La simile dieta si andrà prolungando gior-no dopo giorno fino a quando, con una certa intermittenza,sarà alternata da un miserabile piatto di lenticchie costituitopiù da acqua torbida e sporca che dall’oggetto del tanto pom-poso nome […].

Al secondo giro si iniziava una lotta disperata per raggiun-gere le caldaie, allo stesso tempo che vari soldati, provvisti digrossi pali ed al comando di un capo principale con menta-lità da caverna, ripartivano colpi a destra ed a manca in tan-to che l’ufficialità proferiva in risate di gioia contemplandoil tremendo spettacolo.

La fame di quelli uomini arrivò ad essere così tanta chealcuni prigionieri si dedicavano a misurare la dimensionedel miserabile pezzo di pane – duecento grammi per cinquepersone – nel caso che ad un altro gli fosse corrisposto qual-che grammo in più a suo danno. Non meno deprimente ri-sultò la divisione delle quattro sardine, il recipiente delle qualitoccava un giorno all’uno e l’altro giorno all’altro, semplice-mente per sorbire le gocce di olio che restavano aderentialla latta. E felice quello che nel suo camminare incontrasseuna buccia di banana o di arancia lanciata da qualche solda-to della guardia.

L’avidità e la fame si conciliarono presto per procedere almontaggio speculativo di un inusitato mercato nero. Comin-ciarono i soldati offrendo il cambio di pane, latte di sardine,arance o qualunque cosa commestibile ed adatta ad essereintrodotta nel campo impunemente […].

Questo indignante traffico raggiungerà una tale grandez-za che molto presto gli internati resteranno prosciugati, sen-za niente più da offrire in cambio e con la loro fame insoddi-sfatta.

In poco tempo, per attenuare in qualche modo la tremen-da domanda dei succhi gastrici, la ginestra d’erba venne se-gata e cotta nello scarso razionamento di acqua che toccavaper saziare la sete in cattivo modo, e divorata con l’appetito

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di un buon affezionato alla tavola che si trovasse davanti ilpiù succulento dei manicaretti.

Non tardarono ad apparire la mancanza di vitamine, conla sua sequela di piaghe e purulenze, e lo scorbuto, con lesue caratteristiche emorragie e disturbi intestinali, che met-tevano un aspetto di dolore non solo nei colpiti, ma anchenei loro compagni che si sapevano candidati alla malattia.Arriverà anche la scabbia, accompagnata da altre malattiedella pelle, conseguenza logica dell’ammucchiamento, del-la denutrizione e dell’assoluta mancanza d’igiene. A questasi unì l’invasione del pidocchio, ospite inevitabile, che arri-vò ad essere cacciato in aria.

In poco tempo, i gabinetti del vecchio stabile rimaseroostruiti e superati dagli escrementi e cominciò ad estender-si per tutto il campo un odore insopportabile. Le esalazionipestilenziali, spinte dal vento, si aspiravano da qualsiasi pun-to del recinto, e nutriti gruppi di prigionieri cercavano conaffanno un posto al riparo dalle correnti d’aria.

[…] Si cominciarono a manifestare entrate di individuiin cerca di una preda sicura. Quando terminavano il suo ri-conoscimento si procedeva alla designazione di alcuni uo-mini e questi gli si tirava fuori a spintoni dal campo. Passatialcuni minuti si sentivano gli echi del “paqueo” .Più avanti siaggiungeranno le visite, più regolari, di gruppi falangisti,brigate d’investigazione della guardia civil, “requetes” e“derechistas” di ogni categoria.[…]

Alcuni di quelli così selezionati sparivano immediatamentedal campo […].

Quando il picchetto lancia la scarica, la vittima alza il pu-gno e grida “Viva la Republica!”. Però non cade. Continuacon il pugno alzato, all’altezza della testa, oscillando sensi-bilmente e zampillando sangue da varie ferite. Nervoso, scoc-ciato, l’ufficiale vacilla ed un silenzio gelato corre sulle testeritratte. Si ricompone con difficoltà ed ordina una nuovascarica che abbatte il ferito sopra il bordo opposto della fos-sa. Il militare si avvicinerà per dare il colpo di grazia.

Dopo il “Cara al sol”[canto franchista, n.d.a.] si celebreràla messa domenicale, dando grazie al Signore per i buonidoni ricevuti.

A causa della tremenda insufficienza alimentare le latri-ne cominciarono ad essere uno scenario tragico. Molti mori-vano di peritonite dovuta agli squarci interni già che la scar-sa razione somministrata, ad essere digerita dall’intestino,

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non stimolava il bisogno di espulsione. Quando, molti gior-ni dopo, c’era sufficiente quantità di detriti accumulati, ladomanda di evacuazione si convertiva in uno spaventosoappuntamento di dolori. Quello che si provava ad espellerenon era più pastoso ma bensì una pietra solidificata da diecio quindici giorni.

Lì si diedero le incredibili immagini di uomini che fruga-no gli altri internamente con una chiave per aprire le latte.Pezzo a pezzo estraevano l’escremento solido che lacerava lacarne a forzare l’espulsione.

A partire da questa scena cominciarono le morti di epi-demia. Con il tifo apparve lo spettacolo quotidiano dell’estra-zione di qualche cadavere. […]

6.3) DOCUMENTO DEL 1° COMITATO NAZIONALECNT DEL DOPOGUERRA3

La situazione che, come conseguenza della particolare finedella guerra spagnola vive il popolo nei suoi differenti aspet-ti e tipi, ha i suoi toni più crudeli e dolorosi per coloro chedurante la passata guerra ebbero un’importanza, una caricao il più lieve rilievo, anche se solo come affiliati a qualsiasiorganizzazione o partito.

Tra questi, i militanti dei movimenti operai e rivoluziona-ri sono quelli che più confermano le bruttezze delle avversi-tà e coloro che sono le vittime immolate al crudele spiritodella vendetta.

…Per tutto questo chiediamo a chi all’estero ostenta larappresentanza responsabile dei lavoratori antifascisti, e piùparticolarmente ai comitati superiori del nostro movimen-to, che studino con partecipazione i suggerimenti che gliinviamo noi che non avemmo la possibilità di unirci alla le-gione di antifascisti che oltre le frontiere passano le pene ele privazioni dell’esilio, che però non hanno sopra le lorovite l’eterna minaccia della morte, più o meno vicina, che èl’epilogo di tutti i dolori e delle persecuzioni che si soffronoin Spagna.

3. J. M. Molina, El movimiento clandestino en España 1939/49, cit., p. 48 e segg.

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…Nel mezzo dell’infinità di tragedie e pericoli che pesa-no sopra noi e sopra tutti i militanti che restano in Spagna,ci causa profonda soddisfazione questa corrispondenza convoi…

Già conoscete la sorte nella quale incorremmo ad Alicantequando arrivammo lì gli ultimi di marzo con la speranza ditrovare un po’ di comprensione ed appoggio da parte deipaesi democratici. Migliaia e migliaia di antifascisti aspetta-rono ansiosi con lo sguardo posta all’orizzonte marittimo el’illusione di veder apparire le imbarcazioni di salvataggioche non si presentarono. Perdendo le speranze poco a poco,ognuno ebbe d’affrontare il momento secondo il suo tem-peramento ed il suo senso stoico. Alcuni, con uno sparo mi-sero fine alle proprie vite in pieno molo, causando maggiorallarme di quella che c’era ed aggiungendo una nota san-guinosa al quadro indescrivibile che offrivamo. Dopo, tutticondotti ad alcuni campi come un gregge di bestie.

Qualcosa di spaventoso, compagni! Argomento e mate-ria per descrizioni che se fossero raccolte con tutti i loro det-tagli stupirebbero il mondo.

Pochi, molto pochi, ottennero di scappare alla colossaleincarcerazione. Solo quelli che ore prima abbandonaronola città per nascondersi, approfittando del momento di con-fusione. Nel campo di Albatera restarono più di undicimilauomini, la maggior parte del movimento libertario…

….Tutto il mese di aprile trascorse con l’Organizzazionecorpo a terra, senza comunicazione ufficiale di nessun tipo,restando ognuno padrone della sua propria iniziativa perassimilare e reagire all’immensa tragedia.

Ai primi di maggio, avvalendoci di quelle risorse che ilmilitante improvvisa, ottenemmo l’uscita dai campi di qual-che compagno; e posti in salvo e ristabiliti dalla conseguenteemozione, si recuperò quella tempra caratteristica della no-stra Organizzazione per affrontare i pericoli e per gli stessiprocedimenti di documentazione falsificata liberammo al-tri, che già assommano a centinaia.

Così è che ottenemmo di riunire alcuni pochi antichimilitanti ed esaminammo attentamente la cruda realtà checi circondava e costituimmo l’attuale Commissione Nazio-nale, figurando nella stessa i compagni che nel sub-comitatonazionale della CNT erano delegati diretti del Levante edell’Andalusia. Il resto dei componenti sono militanti di ri-conosciuta solvenza, attività e responsabilità.

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“Il nostro lavoro”

Se teniamo in conto le gravissime difficoltà e rischi cheabbiamo dovuto affrontare, possiamo dire che il nostro lavo-ro è stato fruttifero. Non quello che avremmo desiderato,posto che il nostro intento sarebbe aver liberato tutti i com-pagni, però dagli stampati che vi aggiungiamo vi rendereteconto che la nostra opera è stata positiva. Questi esemplarisono stati la possibilità di salvezza di molte decine di compa-gni, situazione dei quali era preoccupantissima.

“La situazione economica”

Non bisogna che dire che, dopo una sconfitta simile, nonabbiamo potuto raccogliere nemmeno una cattiva scopa.Sono state tanto piccole le entrate che abbiamo avuto chenemmeno abbiamo potuto contare sul minimamente neces-sario per le nostre spese più urgenti. Dobbiamo fare veriequilibrismi di economia, tanto che la maggior parte gli por-tiamo stampati sulle nostre facce, però la nostra fede è tantogrande che né i continui pericoli, né le punture della fame,ci hanno fatto arretrare un momento. Voi che avete vissutosituazioni simili, sebbene non di questa dimensione, vi fare-te carico di quanto sforzo si ha bisogno per alzare l’animodegli uomini che vivono senza possibilità e con la visionecontinua di un supplizio probabile, con la diffidenza ed iltimore della bestia accerchiata. Aggiungiamo a questo l’in-fluenza che esercita la lettura delle liste dei caduti e la cono-scenza dei dettagli dei tormenti che gli infliggono. Nono-stante, poco a poco siamo venuti a stabilire relazioni con imilitanti che restano – diciamolo con ironia- in libertà, ed inquesto momento già sentiamo il calore di una rinascita col-lettiva, che speriamo sia forte. Non possiamo parlare ancoradi quotizzazioni, perché dovuto alla vigilanza che esercitanoi fascisti sui posti di lavoro, sarebbe un grande pericolo. C’èinoltre il pericolo d’inciampare in qualche “freccia” nuova oin una camicia azzurra [ cioè i falangisti, n.d.a.], che milita-va nella CNT e che adesso tradiscono per avere meriti.

Fino ad oggi abbiamo incoraggiato ciò quasi per miraco-lo, però abbiamo messo la speranza nel vostro concorso eco-nomico.

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“Aspetto organico”

Essendo rimasto tutto disperso, come vi dicemmo nellenostre manifestazioni precedenti, non vi sarà difficile calco-lare la situazione del nostro Movimento, però non dubitia-mo che esiste una percentuale di compagni in ogni provin-cia suscettibile di incorporarsi ai compiti organici, se riceve-ranno istruzioni adeguate e se gli si da la sensazione che,oggi come ieri, l’Organizzazione Libertaria fa onore alla suastoria rivoluzionaria.

Ci sono anche molti giovani libertari che furono inqua-drati nelle Juventudes Libertarias e che per essere minorennio poco rappresentativi sono passati sconosciuti dal nemico edalle quali fila possono uscire i militanti del domani. Questisono quelli che si esprimono con maggior disposizione diagire, però bisogna controllarli per evitare che cadano inuna violenza inopportuna, che gli sacrificherebbe inutilmen-te.

Non può parlarsi attualmente di sindacati, però questipossono mantenersi in gruppi embrionali in attesa di mani-festarsi quando le oscillazioni della politica lo permettano.

Bisogna convincere i nostri compagni che il nostro Movi-mento ha perso i rami in questo temporale e che solamentegli resta il tronco, che è la CNT, fino a quando una nuovaprimavera ci permetta di tornare alle solite.

È nostra intenzione operare per propria iniziativa in pie-na libertà, sebbene consultandoci con voi.

Se avete fiducia in noi aiutateci economicamente, ed ilresto, all’interno, lasciatelo al nostro conto. Non dimentica-tevi che ogni giorno cadono compagni che con possibilitàeconomiche in mano si salverebbero dal supplizio e dallamorte e che saranno molto più quelli che andranno incon-tro alla stessa sorte, e non stiamo in migliori condizionid’adesso.

“Aspetto politico-militare”

Precedentemente avremmo detto politico-sociale, peròadesso il militare invade tutto. Qui, da quando entrarono ibarbari, tutto rimane ridotto a vita da caserma. Loro sannoche se avessero passato la situazione all’elemento civile, neipaesi specialmente, non si sarebbero commesse tante barba-rie. Stiamo vivendo un’ondata di terrore costante come mai

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si è conosciuto nella storia di Spagna. Ci sono state repres-sioni, però sempre di minor durata, mai tanto metodiche,totali e premeditate in tutto il territorio nazionale.

Nei quartieri esclusivamente operai lasciano lavorare tran-quillamente molti antifascisti per rassicurarli e dargli la sen-sazione che si dimenticano di loro. Dopo si vanno ad infor-mare dei loro domicili, e quando meno se lo aspettano sonoimprigionati e sottomessi agli stessi modi criminali che se gliavessero imprigionati di nascosto. Dicono con tutto cinismo,che non c’è fretta, che li tengono al sicuro, però la realtà èche, per di più, non stanno nei vecchi centri di reclusionené in quelli improvvisati, perché ci sono paesini, come Chiva,che hanno 600 incarcerati

Compaiono anche annunci sulla stampa per i quali s’invi-tano gli operai a richiedere il loro ingresso nel lavoro peressere ammessi. Alcuni si presentano e dopo pochi giorni dilavoro sono detenuti.

Nei centri di reclusione muoiono di fame i detenuti. Èmolto abituale il caso di detenuti che cadono indeboliti da-vanti al tribunale che li giudica. Quelli che giustiziano i con-dannati a morte devono farlo stando la vittima al suolo per-ché non può tenersi in piedi.

Nei giorni che seguirono la caduta della zona Centro-Sud,dicevano ai prigionieri di comportarsi bene e dopo ognunoa casa sua, aggiungevano orgogliosi:

“ Adesso tocca ai francesi. Voi avete sopportato tre anni, peròquelli non sosterranno nemmeno sei mesi”. Questa soavità nei modiera intenzionata. Molti detenuti troppo fiduciosi manifesta-rono la propria identità con i compiti e i comandi che aveva-no esercitato ed immediatamente furono imprigionati indipartimenti speciali per andare ad essere eliminati, come sista facendo.

Impossibile descrivere la disperazione di quelli che han-no avuto famigliari al servizio della Repubblica, perché san-no quello che gli aspetta se sono scoperti o denunciati. ABarcellona hanno esagerato a tal punto la repressione que-ste ultime settimane che restano molte poche famiglie chenon abbiano sentito il peso delle rappresaglie. Hanno abili-tato conventi, fabbriche ed altri edifici come prigioni. Esisteun’incomunicabilità assoluta tra i prigionieri ed il mondoesterno. Le finestre del Carcere Modelo sono state tappatecon mattoni perché nessun prigioniero possa vedere la stra-da.

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A molti dei famigliari, quando vanno a portare il pacco dicibo e di vestiario, glielo restituiscono completamente, di-cendogli che sono stati spostati non sanno dove. Per le datedi questi “spostamenti”, le si può identificare nei libri di re-gistro dei cimiteri.

Non si arrivi a credere che tutti gli elementi detenuti sonostati importanti nel regime repubblicano; niente di questo.Basta che non siano stati fascisti, perché con frequenza sisente dire: “ Tra i 18 ed i 50 anni, non resterà un rosso vivo”.

Sfortunato il prigioniero che cerchi appoggi, perché ro-vinerà il suo disgraziato contatto. Nelle prigioni ci sono alcu-ni cartelli che dicono: “Quanto più appoggi cerchi il detenuto,riceverà un maggior castigo”. Ed è vero. Una guardia civil cherilasciò un avvallo ad un prigioniero che risultò aver presoparte alle Pattuglie di Controllo, fu fucilata.

Nella misura in cui passano i giorni più difficile risultasfuggire a questo cerchio. È obbligatorio portare sul baverodella giacca il distintivo di “lavoratore” che solo sono auto-rizzati a concedere i sindacati falangisti. Per ottenere questodistintivo bisogna essere “depurato”. Naturalmente, l’anda-re per la strada senza questo distintivo risulta pericoloso. Finoa poco fa qualsiasi documento accreditava il ruolo, però at-tualmente l’unico documento valido è quello di “depurato”.Per ottenere un controllo rigoroso si licenzia lentamente ilpersonale per settori ed industrie e solamente gli si torna adar ingresso in proporzione che soddisfino tutti i requisitidella depurazione.

Esiste una tattica speciale nella persecuzione, che consi-ste nel non affrettarsi molto. Agiscono senza fretta, perchésanno che, al più tardi o al più presto, tutti gli oppositoricadranno in loro potere. Si da frequentemente il caso didetenere i cittadini quando passeggiano tranquillamente perla strada, che a volte sono soliti sparire come se gli avesseinghiottiti la terra. Comandanti, ufficiali, commissari di po-lizia o delle milizie, quanti hanno esercitato incarichi o fun-zioni ufficiali, sono eliminati senza eccezione.

La repressione continua con qualche alternativa, però conlo stesso accanimento dei primi momenti. Queste ultimesettimane si facevano a Saragozza tante esecuzioni come neiprimi giorni. Già abbiamo detto sopra che si procede senzafretta, in modo minuzioso e raffinato, senza che possa sfuggirenessuno né niente al controllo severo che si realizza.Personale tecnico della Gestapo ha organizzato, da molto

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prima della fine della guerra, i servizi d’investigazione e dipolizia. Con le avanguardie dell’esercito che entravano neipaesi andavano certi gruppi che raccoglievano nel sacco ognitipo di documentazione, carte, lettere, archivi; […].

Si fucila senza sosta. Senza tenere conto né icomportamenti né l’onestà, come per i generali Arangueren,Escobar ed Eduardo Barriobero. In questi giorni hannofucilato Molina Connejero. Perfino molte persone di destrasono inorridite per questa ondata di terrore che non arrivaal termine.

Una delle cose più gravi che capitano e che continuandoci chiuderà la strada del futuro è l’educazione dell’infanzia.Nonostante la famiglia, gli si inculca l’odio per l’altra Spagnache si sono proposti di sterminare. Gli si invita ripetutamenteche se sentono i loro genitori e familiari parlare male delMovimiento o di Franco, il loro dovere è denunciarli. Daiconventi e dalle chiese si attizza agli stessi odi. Il riferimentodi un caso vi darà un’idea del clima esistente: giorni addietrouna madre denunciò il suo stesso figlio. Giorni addietro unamadre denunciò il proprio figlio. La polizia si presentò incasa domandando di lui: –“Sì, signore” – disse la madre – “vivequi e la denunciante sono io”.

Nonostante tutto disse il poliziotto impressionato:“Voi chesiete la madre!”

–“Sì, signore. Sono la madre e denuncerei anche suo padre, sevivesse, perché era un “rosso”.

La mattina seguente uccisero il suo figlio unico. Questomostro, lo si può incontrare ogni mattina sulla strada dellachiesa di Sarrià (Barcellona), dove va ad ascoltare la messaquotidiana.

6.4) ULTIMO COMUNICATO DEL 1° C.N. CNT4

…Noi, frattanto, cerchiamo di fare pollai senza pali efrittelle senza olio. Non vi chiediamo denaro. Che comandiin questo la vostra coscienza o le vostre possibilità.Unicamente vogliamo informarvi che abbiamo il proposito

4. J. M. Molina, El movimiento clandestino en España 1939/49, cit., p. 63 e segg.

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fermo di proseguire la nostra condotta contro il vento e lamarea.

Mancano uomini adesso in Spagna. Questo [il regime,n.d.a.] è tanto falso e tanto marcio che una spinta popolaresarebbe capace di mettergli fine. Però questa spinta bisognaprepararla; non può ancora darsi…

….Vedete, quindi, con quanto motivo desideriamo da voirelazioni più ampie dell’ultima ed il maggior appoggio allanostra opera.

Però non inviate mai uomini che pretendano fare ciò conprodezze, con violenze inutili, o con fatti che fanno perdereprestigio alle nostre idee, perché per questo vi diremo chegià siamo abbastanza.

Quello di cui c’è bisogno è di svergognare e minare ilregime, nello stesso tempo che pianifichiamo per unordinamento futuro, senza il quale domani saremo semplicisatelliti di altre organizzazioni.

Soprattutto è ora di fare un’organizzazione sia come sia everso questo andiamo.

Peccato che non possiamo affidare allo scritto i piani cheabbiamo in questo senso, perché ci piacerebbe conoscere lavostra opinione su quelli! Però con il maggior senno e lanostra esperienza faremo il possibile, convinti che il pocoche facciamo adesso, rappresenterà molto per il futuro.

Già abbiamo visitate le regioni del Nord, Centro, Aragona,tutto il Levante e la Catalogna. In breve daremo segnali divita in tutte quelle, però in modo ordinato, prudente,secondo quanto acconsentano e permettano le circostanze.Il comitato nazionale è stato ampliato con delegati direttidelle citate regionali con le quali andremo a stringere ilcontatto.

La Junta Nacional del Movimiento Libertario si è convertitain Comitato Nazionale della CNT, di colpo, senza aderenzené rami libertari. Abbiamo la convinzione ferma dell’efficaciache rappresenta agire in un blocco compatto, dentro il qualestiano tutti i militanti onorati che sentano l’amore per lanostra Organizzazione. Purificare la C.N.T,, sì, però nonindebolirla con frazioni o partito politico (sic).

Unicamente ci relazioneremo con voi, che designiamoadesso con il nome di Comitato Nazionale, CNT, Estero. Sequalcuno, sia quel che sia, si dirige a noi pretendendod’interferire con le nostre relazioni, perderà il tempo. Ciònon vuole dire che sottovalutiamo i compagni di Londra,

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Africa o America, in nessun modo. Anzi vi raccomandiamo[di avere, n.d.a.] con quelli le più strette e cordiali relazioni.

Però è necessario gettare i galloni nel cesto e presentarsialla lotta senza pretese.

Tenete presente che il mantenimento di ComitatiNazionali di rami diminuirebbero la forza e l’efficacia ed inniente valorizzerebbero l’azione. Solo di un ComitatoNazionale c’è bisogno all’interno, così come all’estero.

Fate quanto potete per mantenere la relazione di contatticon la frontiera, che è il prioritario. Desideriamo che questisiano frequenti per stare bene al corrente della situazione.Questi si effettueranno i 1° e 16 di ogni mese nel puntoconvenuto.

Vi salutaPer il Comitato Nazionale della CNT di SpagnaLa Delegazione a Barcellona - 10 di novembre 1939

6.5) COMUNICATO C.N./CNTDELLA PRIMAVERA DEL 19475

CONFEDERACIÓN NACIONAL DEL TRABAJO DE ESPAÑA.

Comitato Nazionale

CHIAMATA URGENTE ALLE FILIALI DELLA A.I.T.6

ED AGLI ANTIFASCISTI DEL MONDO INTERO.

È già da due anni che l’incubo del terrore finì per i popolid’Europa. La notte nera del fascismo restò indietro, conl’angustia delle retate, le torture, i campi di sterminio ed iplotoni d’esecuzione. Fu un’epopea dantesca, colorata dalsangue dei martiri, scossa dalle grida dei moribondi con ilfetore della camera a gas ed il fischio delle fruste maneggiatedagli sbirri della Gestapo. Però la barbarie restò schiacciata

5. J. M. Molina, El movimiento clandestino en España 1939/49, cit. p. 216 e segg.6. Associazione Internazionale dei Lavoratori, organizzazione costituita nel 1922 a

Berlino ed esistente ancora oggi, che raggruppa i vari sindacati di orientamentolibertario sparsi nel mondo. Tra gli altri, ricordiamo l’Unione Sindacale Italiana(U.S.I.) per l’Italia; la Confederation Nacional du Travail (CNT) per la Francia; la FreieArbeiter Union Deutschlands (F.A.U.D.) per la Germania; ecc.

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ed è oggi solo un ricordo per gli uomini liberi del mondo.C’è, tuttavia, un paese dove il fascismo resta in piedi. Dove

gli uomini muoiono per le proprie idee, dove il terrorecontinua provocando migliaia e migliaia di vittime. Sparironole camicie brune dei tedeschi spazzate dai venti di libertà,però sussistono le camicie azzurre della Falange spagnola;pagarono i loro crimini Hitler e Mussolini, però ancoraFranco osa sfidare il mondo; non rimangono resti dellaGestapo e della O.V.R.A., però la polizia continua ad accanirsicontro gli antifascisti spagnoli.

La propaganda del fascismo spagnolo potrà presentarsialle Nazioni Unite nascondendo le sue zanne da lupo sottola pelle d’agnello; forse ottiene d’ingannare qualcuno fuoridalle nostre frontiere, però, qui, in Spagna, non puòconfondere nessuno; e meno di nessuno noi che dobbiamosopportare i suoi procedimenti, che sappiamo che i metodidi Dachau e Buchenwald hanno quotidianamente unasanguinosa ripetizione nelle celle di sicurezza di qualsiasicommissariato di Madrid, Barcellona, Valencia, Siviglia,Coruña o qualsiasi città di Spagna.

Ad otto anni dal termine della guerra e raggiungendoquello che il fascismo denomina orgogliosamente VITTORIA(sic), continua il terrore con la stessa violenza, con gli stessiprocedimenti, con le stesse tattiche. I presidi, le carceri, lecaserme, i centri di polizia e della Falange, sono stipati diprigionieri politici. Non esiste neppure l’ombra di rispettoper la dignità umana. Le libertà popolari, le garanzie deidetenuti; i procedimenti legali del processo, sono totalmenteed assolutamente sconosciuti. Nessuna persona può avere innessun istante la minima sicurezza; basta una denuncia, unadelazione, il capriccio di qualsiasi falangista, perché si vedala propria casa assaltata all’alba; perché se lo detenga,maltratti, torturi, se lo spezzi moralmente e fisicamente ecorra il grave rischio di terminare una mattina davanti aifucili della polizia armata.

La maggior parte delle volte, la stampa fascista non dicené una parola delle detenzioni né delle esecuzioni; però ètale il suo numero che quasi quotidianamente, in posizionimolto nascoste dei giornali, sotto l’epigrafe di SENTENZACOMPIUTA (sic), si dà conto della fucilazione di alcuniantifascisti che li si taccia di facinorosi; quotidianamente, sidice che nel tale o quale punto di Spagna, alcuni “banditi”morirono scontrandosi con la Guardia Civil che

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“fortunatamente” non subì alcuna perdita. Ma si rendepubblico che i morti erano onorati lavoratori, che stavanodormendo quando li sorpresero o che tutti i colpi gliricevettero alle spalle.

È semplicemente il terrore che continua. Per arrivare alPotere il fascismo spagnolo necessitò passare sopra unMILIONE (sic) di morti. Per reggersi su questo, ha bisognodi immolare ogni giorno nuove vittime.

Francia, Belgio, Olanda, Norvegia, Cecoslovacchia, hannoottenuto di liberarsi dalla barbarie. In Spagna la Gestapo vaaggiungendo nuove azioni all’interminabile rosario dei suoicrimini.

E niente di questo è vuoto chiacchiericcio, ma bensì realtàdrammatica e sanguinosa. Centinaia di fatti confermano lenostre affermazioni. Solo alcuni giorni fa il compagnoMuñoz, della regione d’Aragona, morì bastonato nellaprigione provinciale di Saragozza per rifiutarsi di essere presoper quelli che la polizia fascista chiama “accertamenti” conelegante eufemismo. E non è molto che un compagnoandaluso, incapace di poter sopportare per altro tempo letorture alle quali lo sottoponevano, sentendosi senza forzeper continuare a tacere, si mozzò la lingua con un morsosputandola in faccia dei suoi boia per non dover pronunciareneppure una sola parola.

Però non sono tanto solo questi casi isolati che esponiamo,unicamente come oggetto da mostra. La repressione ha uncarattere generale e raggiunge migliaia e migliaia di uominidi tutti gli orientamenti e settori, di quanti non portanol’uniforme falangista né hanno costantemente un evvivasulle labbra per Francisco Franco. Si veda come provaindiscutibile alcuni dati dei militanti della CNT, detenuti dadicembre del 1946 al marzo del 1947, in uno spazio di solotre mesi.

IN ANDALUSIA: Comitati provinciali di Malaga, Granada,Jaen, con le loro rispettive federazioni locali e più dicinquecento militanti.

IN CATALOGNA: parte del Comitato Regionale, ComitatoProvinciale, Federazione Locale di Barcellona e più dicinquecento militanti.

NEL CENTRO: parte del Comitato Regionale, ComitatoProvinciale e Federazione Locale di Madrid. Provinciale diCiudad Real, Federazione Locale di Puerto Llano e più diduecento militanti.

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NELLE ASTURIE: due repressioni brutali, con ladetenzione di due comitati regionali, le federazioni locali diGijon ed Aviles e più di cento militanti.

IN ARAGONA: i comitati Regionali, Provinciali e laFederazione Locale di Huesca, Comarcal e Local di Utrillase più di cento militanti.

NEL NORD: Comitati Provinciale e Regionale di SanSebastian e più di venticinque militanti.

IN GALIZIA: Comitato Regionale, Provinciale diPontevedra, Federazioni Locali di Vigo, Ferrol, Coruña, epiù di duecento militanti.

In soli tre mesi sono stati detenuti e maltrattatimilleduecento militanti della Confederación Nacional del Tra-bajo, che non hanno commesso altro delitto che essererisultati contrari al terrore scatenato dal fascismo nel nostropaese.

Niente di questo, naturalmente, abbatte i nostri animi nédebilita la fede e la fiducia nella vittoria finale. Stiamosoffrendo da molti anni gli artigli del regime, abbiamosofferto sulla nostra carne le più spaventose torture; nientee nessuno dominerà la nostra volontà né ci impedirà di alzarela nostra voce alta e ferma contro l’ingiustizia e la barbarie.

Però in questa lotta che sosteniamo; in questocombattimento omerico contro il terrore che ci circonda,necessitiamo aiuti, sostegni. Siamo pronti al sacrificio se ciarriva l’ora con la vigorosa dignità di coloro che preferisconola morte alla schiavitù.

Tuttavia, i nostri sforzi saranno tanto più efficaci quantomaggiore sia l’aiuto che ci si offra.

È possibile che coloro che vivono in un clima di libertàcredano che ne abbiamo a sufficienza della loro simpatia,delle loro frasi di incoraggiamento, del loro appoggio morale.Noi sappiamo che questo non basta. Per mettere fine alterrore, al crimine, alla barbarie scatenata, sono necessariargomenti più contundenti, mezzi più efficaci,determinazioni più energiche.

Lavoriamo e lottiamo senza risorse, senza mezzi,praticamente inermi di fronte al poderoso armamentario diuno Stato poliziesco. Appena possiamo prestare aiuto ai nostridetenuti, procurare un aiuto materiale ai perseguitati;procurare il più indispensabile esige sacrifici che solo quelliche hanno sopportato un regime simile a quello che patiscela Spagna possono immaginarsi.

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Gradiamo le simpatie e le frasi d’incoraggiamento,sebbene ci avanzano gli incoraggiamenti per continuare lalotta. Necessitiamo di qualcosa di diverso e crediamo di averdiritto ad esigerlo da tutti.

Il Comitato Nazionale della Confederación Nacional del Tra-bajo de España -Movimiento Libertario, fa un appello a tutte lefiliali dell’A.I.T., agli antifascisti del mondo intero, agli uominiliberi di ogni parte, ai sindacalisti ed agli anarchici princi-palmente, perché accorrano in nostro aiuto senza tiepidezzené esitazioni. La vita di molti compagni dipende da loro.Che compiano ciò che la loro coscienza ed il loro dovere glidetti, perché un giorno non abbiano il rimorso di pensareche per la loro codardia, egoismo o settarismo furono iresponsabili diretti del fatto che i plotoni d’esecuzioneaumenteranno il numero ingente degli antifascisti checaddero sulla terra tormentata di Spagna.

PER IL COMITATO NAZIONALE DI SPAGNA DELLACNT

Il Segretario Generale

6.6: MORTE DI UN GUERRIGLIERO URBANO:JOSÉ SABATÉ7

[…] La polizia era riuscita ad ottenere nel frattempo moltenotizie. Sapeva che nello stesso giorno 17 [dell’ottobre del1949, n.d.a.], alle sette e mezza della sera, José Sabaté avevaun appuntamento con alcuni compagni in un certo postodella via Trafalgar, a Barcellona. L’occasione era propizia perfinirla con uno dei più valorosi combattenti libertari. A questoscopo la polizia montò un gigantesco servizio per tuttal’estensione della via fino all’Arco di Trionfo.

Passata l’ora fissata per l’appuntamento gli agentipensavano già che l’”informazione” era falsa, ma purtropponon era così. Alle otto meno dieci José Sabaté si incontravaalla fermata del tram 42, in via del Bruch, all’angolo con viaTrafalgar. La sua identificazione fu immediata però lo stesso

7. A. Tellez, La guerriglia urbana in Spagna: Sabaté, ed. La Fiaccola, 1972, pp. 78-79.

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avvenne da parte di José riguardo la polizia .Questi, senzatitubare, appena vide gli agenti tirò fuori la pistola e cominciòa sparare. Approfittando della sorpresa scappò correndoverso via Trafalgar.

José conosceva troppo bene i metodi della polizia perpensare che si trattasse di un incontro accidentale ed eraquindi conscio di essere caduto in un agguato meticolosa-mente preparato. Pertanto mentre correva seguiva attenta-mente ogni movimento sospetto che si verificasse nella strada.Alla fine di questa, nel vicolo che porta alla stradeta di SanBenito ed al Salone Victor Pradera, stavano appostati duepoliziotti: Miguel Moran Astigarra e Luis Garcia Dagas.Vedendo arrivare il fuggiasco questi tirarono fuori la pistolama José sparò per primo ed il segugio G. Dagas cadde colpitoda una pallottola in mezzo agli occhi. Gli altri agenti, appostatia breve distanza, fecero fuoco. José rimase gravemente ferito.Ma seguitò a sparare riuscendo a ferire altri due agenti. Lacombattività di questi diminuì alquanto vedendo la frequenzacon la quale le pallottole di José colpivano il segno.

Per quanto non potesse più camminare speditamente, siinoltrò per la stradeta di San Benito e, attraversando la piazzadi San Pedro, giunse con grandi difficoltà in via Baja de SanPedro. Qui, coperto di sangue, venne aiutato da un passantea raggiungere la farmacia che si trovava nella stessa strada Ilfarmacista, vedendo il ferito, lo fece sedere, ma José ormaisfinito cadde al suolo privo di sensi. I quella situazione ilfarmacista non si sentì di medicarlo: qualcuno corse adavvertire il più vicino commissariato. Immediatamente arrivòuna coppia della Guardia Civil la quale, vedendo il ferito,chiamò subito un’ambulanza. Quando giunse al DispensarioMunicipal di via Sepulveda, la barella portava un solocadavere. Fu un giorno di festa per i franchisti ed un altrogiorno di dolore per la Resistencia. […]

6.7: ALCUNI VOLANTINI DELLO SCIOPERODEL MARZO 1951 A BARCELLONA8

8. A. Paz, LA CNT 1939-1951, cit., p. 380 e segg.

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F.L. DEI GRUPPI ANARCHICI-FAI

Il regime di Franco, odiato da tutto il popolo spagnolo,beneficia in questi giorni del riconoscimento diplomatico edell’appoggio economico dei chiamati Stati democratici,necessitanti di sostegni militari per fare fronte alla minacciaKremlinista. La politica capitalista dell’occidente torna,quindi, a tradire gli interessi della Spagna prendendo apretesto di difendere una civilizzazione fondata sui principidi libertà. Contro un simile inganno deve manifestarsi ilnostro popolo prontamente ed energicamente. Lo scioperogenerale proposto per il lunedì 12 marzo a Barcellona,costituirà il primo passo della nostra azione. Appoggiamolocon risolutezza, perché il suo esito dimostrerà al mondo chei calcoli diplomatici e militari, che vogliono servirsi di Francoe del suo Regime, sono insensati oggi e risulteranno domanicatastrofici. Lo sciopero significherà il ripudio unanime delpopolo spagnolo verso il falangismo, condannato a morderela polvere della sconfitta nonostante tutti gli appoggi chepotesse offrirgli il capitalismo internazionale.

Per dignità, rispondete, lavoratori di Barcellona,all’ordine dello sciopero generale!

Gridate con forza, insieme agli anarchici ed ai confederali:Libertà per la Spagna!Abbasso il franchismo!

CNT-FEDERAZIONE LOCALE DEI SINDACATI-A.I.T.

Popolo di Barcellona!L’unanimità che si è manifestata contro la sfruttatrice

Compañia de Tranvias deve ripetersi di fronte all’infamesistema politico che dirige i destini di Spagna.

Di conseguenza, la Federazione Locale dei Sindacati diBarcellona (CNT) raccomanda a tutti i lavoratori cheappoggino con il maggior entusiasmo lo sciopero generaleche si dichiarerà il lunedì giorno 12.

Contro il carovita! Contro il terrore franchista!

CNT-COMITATO PRO DETENUTI-A.I.T.

Lavoratori: centinaia di compagni sono stati detenuti per

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la loro partecipazione nello sciopero. Il governo fascistapretende di ridurre così la protesta cittadina contro il carovita.

Rafforziamo, allora, la nostra solidarietà verso i detenutie le loro famiglie.

Contro Franco e la Falange. Viva la libertà!

6.8) I VARI COMITATI NAZIONALI CNT-1939/19519

Comitati nazionali della CNT

I:Quello di Esteban Pallarols Xirgu, nella clandestinitàJosé Riera. Il suo nome fu Giunta Nazionale delMovimento Libertario fino al mese di novembre del1939, data nella quale adottò quello di ComitatoNazionale della CNT Pallarols fu detenuto nelnovembre del 1943 e fucilato a Barcellona l’otto diluglio del 1943. Questo Comitato aveva la sua sede aValencia.

II: A Madrid, parallelamente, si era costituita laCommissione di Relazioni Anarchiche (C.R.A.) sottol’impulso di Manuel Lopez, che era stato l’ultimosegretario del subcomité Nacional della zona Centro(aprile del 1938). Quando cadde il Comitato diPallarols, la C.R.A. si convertì in Comitato Nazionaledella CNT. Manuel Lopez morì nel 1941 nel sanatoriodi Valdelatas ( Madrid)

III: Celedonio Perez Bernardo succedette nel 1941 aManuel Lopez. Fu detenuto poco tempo dopo.

IV: Segretario Generale Manuel Amil Barcia. QuestoComitato funzionò fino alla fine del 1942, quandobuona parte dei suoi membri furono detenuti.

V: Segretario Generale Eusebio Azañedo Grande.Detenuto nel 1943.

9. da A. Paz, El anarquismo contra el estado franquista. CNT 1939-1951, cit., p. 302 esegg.

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VI: Segretario Generale Manuel Amil Barcia,confermato nel compito in un pleno celebrato nelmarzo del 1944. In questo stesso anno, quando dovevaviaggiare in Francia in missione organica, fu detenuto.

VII: Segretario Generale Gallego Garcia.

VIII: Segretario Generale Sigfrid Català. Detenuto il25 di dicembre del 1944.

IX: Segretario Generale José Exposito Leiva. Questipassò in Francia nel settembre del 1945 per occupareil Ministero dell’Agricoltura nel governo di José Giraly Pereira. Morì a Caracas (Venezuela) il 26 di agostodel 1978.

X: Segretario Generale Cesar Broto Villegas, nominatoin un pleno celebrato a Carabanchel dal 12 al 16 di lugliodel 1945. Fu detenuto nel mese di ottobre dello stessoanno.

XI: Al cadere Cesar Broto si fece carico del Comitato,provvisoriamente, Angel Morales, il quale convocò unaplenaria di Regionali dove si nominò SegretarioGenerale Lorenzo Iñigo Granizo, che esercitava lefunzioni di Segretario del C.R. del Centro. In attesache la sua nomina fosse ratificata dalla Regionale e chel’interessato desse il suo consenso, si incaricòprovvisoriamente della Segreteria Vicente Santamaria,con Angel Morales come vicesegretario.

XII: Segretario Generale Lorenzo Iñigo Granizo ,confermato nel compito in un Pleno celebrato i giorni7 ed 8 di marzo del 1946. Il Comitato cadde ai primi dimaggio dello stesso anno.

XIII: Segretario Generale Enrique Marco Nadal.Detenuto il 22 di maggio del 1947 a Barcellona.

XIV: Segretario Generale provvisorio Antonio EjarquePina. Detenuto il 30 settembre del 1947.

XV: Segretario Generale Manuel Villar Mingo.

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Detenuto il 20 novembre del 1947.

XVI: Segretario Generale provvisorio AntonioBruguera Perez.

XVII: Segretario Generale provvisorio AntonioCastaños Benavente (1948)

XVIII: Segretario Generale Miguel Vallejo Sebastian(1950)

XIX: Segretario Generale Cipriano Damiano Gonzalez.Detenuto nel giugno del 1953.

[…]

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gennaio: Ley de admi-nistracción central delestado che centralizzai poteri in Francomaggio: Ley de prensagiugno: Fuero deltrabajosettembre: Ley dereforma del bacilleratoin favore della chiesanel campo dell’inse-gnamento

gennaio: cade Bar-cellonafebbraio: cade Giro-na;

CRONOLOGIA COMPARATA

Questa cronologia non ha la pretesa dell’esaustività, ma è statapensata allo scopo di fornire un quadro utile per evidenziare i mo-menti più significativi. Per motivi di semplicità, quando le variefonti si sono limitate a riportare solo l’anno (o anche il mese) delsingolo accadimento, senza precisare il giorno, ho provveduto aposizionare questo dato all’inizio del periodo corrispondente. Levarie leggi ed avvenimenti non presentano didascalie esplicativequando sono già state affrontate precedentemente.

1938

LA SPAGNA FRAN-CHISTA

IL MOVIMENTOLIBERTARIO E

L’OPPOSIZIONEFRANCHISTA

LA REPRESSIONECONTRO IL

MOVIMENTOLIBERTARIO

1939

gennaio: Pleno nazio-nale a Madridfebbraio: si forma aParigi il Consiglio Ge-

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Negrin, Azaña, Com-panys, Aguirre fuggo-no in Francia;Ley de responsabilidadespoliticas;Francia e Inghilterrariconoscono il regi-me franchistamarzo: destituitoNegrin e costituzionedel Consiglio Nazio-nale di Difesa. Ma-drid insorge contro ifranchisti;Patto d’amicizia Spa-gna-Germania

aprile: Adesione delregime al PattoAnticomintern

maggio: la Spagna siritira dalla Societa’ del-le Nazioni

agosto: fucilate a Ma-drid 56 persone, tracui 13 donne “las 13rosas”;Ley sobre la Jefatura del

nerale del Movimen-to Libertario, Segre-tario M. Vazquez, de-legato per i campi J.Molina

marzo: a Perpigna-no, FAI, CNT, FIJL co-stituiscono il Movi-miento Liber tarioEspañol

maggio: il gruppo diSalvador Talon entrain Spagna

luglio:una deputazio-ne permanente delparlamento repubbli-cano fonda la J.A.R.E

marzo: detenzione di23 membri delleJJ.LL a Barcellona;altri 38 giovani liber-tari sono arrestati aBarcellona;uccisi molti militantiandalusi, tra cui J. S.Calero, Lozano,Millan;scontri per le vie diAlicante: muoionomolti libertariaprile: moltissimi li-bertari detenuti adAlicante vengono uc-cisimaggio: vari arrestiad Hospitalet deLlobregat (Catalo-gna)giugno: vari arresti aBarcellona di mem-bri delle JJ.LL. perpropaganda illegale epossesso armi

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180

Estado: Franco può le-giferare senza previaconsulta col governo;1º governo franchista;Legge che riser val’80% dei posti di la-voro ai franchisti col-piti in guerra

ottobre: Ley indu-strial: limita le impor-tazioni dall’estero

gennaio: Ley de unidadsindical

febbraio: Riformaagraria che porta la si-tuazione al 1932marzo: Ley para larepression de la maso-neria y del comunismo;Ley de seguridad delestadoaprile: Ley sobre laCausa Generalgiugno: destituito Ge-

novembre: letteradella CNT /Spagna aquella francese: no arotture interne

1940

marzo: a Barcellonanasce il 1º ComitatoRegionale /CNT e laFederazione localedei sindacati CNT

settembre: retate aMadrid ed a Valenciadi giovani libertari;cade il C.R./CNTCatalogna ed arrestodel gruppo di SalvadorTalon;cinque componentidel gruppo di S. Talonvengono fucilati

gennaio: retate di gio-vani libertari aValencia, Madrid,Barcellonafebbraio: cade il pri-mo C.N./CNT (Palla-rols) a Valenciamarzo: arrestati 50anarchici a Madrid

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nerale Yague;cade Parigi per manodei nazisti;il regime si dichiaranon belligerante (daneutrale quale era)agosto: nominatoSuñer, più “filotede-sco”, al posto diBereguer al Ministe-ro degli Esteriottobre: fucilato LluisCompanys;incontro Franco-Hitler ad Hendaya etentativo fallito d’at-tentatodicembre: Ley de basesde la organizacciónsindical

gennaio: prima dimorire, re AlfonsoXIII abdica in favoredel figlio Juan deBorbonfebbraio: incontroFranco-Mussolini aBordigheramarzo: 1º sciopero aBarcellona;nuova Ley de seguridaddel estadomaggio: 2º governomeno “falangista” epiù filotedesco /giugno: accordoFranco/episcopatospagnolo per il dirit-to di rappresentazio-ne dei candidati

1941

dicembre: cade 2°C.N./CNT (ManuelLopez) a Madrid

gennaio: dopo tortu-re, muore J. AntonioMella Bernabeu(CNT Benejama)

febbraio: cade 3°C . N . / C N T(Celedonio Perez) aMadrid

giugno: Eliseo Melis sicostituisce in Comita-to Regionale CNT diCataluña

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182

all’episcopatoluglio: invio dellaDivision Azul in Urss

settembre: 3º gover-no, sempre menofalangista e filotede-sco, e più “cattolico”ottobre: Ley de regla-mentacion del trabajo

novembre: costituzio-ne di una Commissio-ne di Relazioni CNTa Barrage de l’Aigle(Francia)

1942

maggio: 1º numero diSolidaridad Obrera inMessico

settembre: Pleno diRegionali a Barragede l’Aigle (Francia)

novembre: nascel’Unión NacionalEspañola (U.N.E.)

agosto: arrestato aBarcellona SaturninoCarod

giugno: vari guerri-glieri libertari uccisisulle sierras granadine;ondata repressiva aMalaga: ucciso “ElRaya” Gonzales aGranadaluglio: fucilato J.Peirò a Valencia(estradato nel settem-bre 1940)

dicembre: cade4°C.N./CNT ( M.Amil Barcia)

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Ley de rebelion militar

marzo: si aprono leCortes;Ley sobre el bandidaje yel terrorismo

maggio: si crea il “Ser-vizio di libertà vigila-ta”

1943

a Londra, si forma laJunta Española deLiberacion: socialisti,repubblicani e anar-cosindacalisti; comu-nisti esclusi;Pleno nazionale diRegionali C.N.T

marzo: riappare «So-lidaridad Obrera»

aprile: nasce un nuo-vo Comitato Regiona-le CNT/ Cataluñacontro quello dell’in-filtrato Melis

giugno: Pleno Nazio-nale a Mauriac (Fran-cia)

gennaio: razzia poli-ziesca a Barcellona:tra gli altri, arrestatoC. Pinon (cofonda-tore della CNT nel1910)marzo: arrestatogruppo di Pallarés,F.I.J.L. di Barcellona(12 persone);otto componenti delgruppo di Pallarésvengono garrotati;un altro verrà giusti-ziato in seguitoaprile: il colonnelloanarchico CiprianoMera è condannato amorte (pena poi com-mutata nell’ergasto-lo)maggio: a Granadafucilati vari libertari,tra cui membri delgruppo di Pepe “ElQuero” ed il giovaneanarchico Mingorancegiugno: chiusura di«Solidaridad Obrera»;fucilato Pallarols, pri-mo Segretario dellaCNT dopo il 1939

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ottobre: il regime tor-na a dichiararsi neu-trale

gennaio: Ley decontratos de trabajo

settembre: Pleno Na-zionale CNT aTourniac (Cantal-Francia): CNT su po-sizioni “collaborazio-niste”ottobre: nasce ilComité Nacional prov-visorio delle JJ.LL;ridefinizione, conaiuti della CNT nazio-nale, del ComitatoNazionale CNT/Cataluña contro quel-lo di Melisnovembre: in Messi-co, sotto la spinta diIndalecio Prieto, na-sce la Junta españolade Liberaciondicembre: a Marsi-glia, incontro traCNT “collaborazioni-sta” e quella diBeziers

1944

gennaio: riunione dimilitanti ad Almeria;a Badalona, Plenodelle JuventudesLibertariasfebbraio: Pleno Regio-nale andaluso a Sivi-gliamarzo: Pleno Naziona-li di Regionali;Pleno di Muret (Fran-cia): fusione dei duecomitati CNT (Mont-pellier e Beziers) eriassetto organizzativo

gennaio: cade 5°C.N./CNT (E.Azañedo Grande)

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185

maggio: accordo eco-nomico tra la Spagnae gli “alleati”giugno: a Oradour(Francia) mattanza diesiliati spagnoli permano tedesca

ottobre: elezioni sin-dacali a voto fisso

agosto: a Santa Cata-lina, Pleno CNT eJJ.LL catalane: que-ste ultime, contro ilparere della CNT, for-mano il MovimientoIberico de Resistencia(M.I.R.);Pleno nazionale CNTa Tolosa (Francia):accordi con l’UGT;liberazione di Tolosaottobre: Pleno Nazio-nale CNT a Tolosa:Molina diviene segre-tario; alleanze conUGT e A.N.F.D.;scontri tra guerrigliae franchisti nelle Val-le d’Aran;nasce a Tolosa l’Alian-za Nacional de lasFuerzas Democraticas(A.N.F.D.): UGT,PSOE, Repubblicani,CNT; 1º segretario, èeletto Català (CNT)novembre: Plenaria aTolosa alla presenzadi sole 7 regionali su12; anche GerminalEsgleseas, segretariogenerale del Mo-vimiento Liber tarioEspañol non parteci-pa

giugno:varie deten-zioni a Barcellona, tracui quella di CalvoCahun

.

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febbraio: arrestatol’esecutivo UGT, chesarà poi giustiziatonel 1946marzo: “Manifesto diLosanna” del re in fa-vore di una monar-chia costituzionale

giugno: RisoluzioneO.N.U. contro l’en-trata della Spagnanell’Organizzazione

dicembre: Pleno Co-mitato NazionaleCNT: reintegrato nel-la ConfederazioneHoracio Prieto

1945

gennaio: in Messico,le Cortes confermanoBarrio Presidentedella Repubblicafebbraio: PlenariaCNT a Tolosa, anco-ra senza il M.L.E

aprile: Pleno naziona-le JJ.LL.. a Tolosa : na-sce ufficialmente laF.I.J.L. in esilio01/05/45: Congressodelle Federazioni Lo-cali CNT a Parigi: sievidenzia il propositodi uccidere Francomaggio: 1º congressoM.L.E.-CNT in esilio

dicembre: razzie poli-ziesche in tutta la Spa-gna. Cade l’8° C.N./CNT (S. Català)

gennaio: arrestati cir-ca duecento militan-ti in tutta la Spagna

marzo: cade il primoC.R./CNT di Arago-na del dopoguerra.Repressione ed arre-sti in Andalusia;arresti a Madrid, intutta la Castiglia(cade, tra l’altro, an-che il C.R.) ed aSiviglia, nella qualecittà muoiono D.Antona e Royanoaprile: fucilato ManuelLozano a Saragozza

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luglio: sciopero a Bar-cellona;emanato il Fuero de losespañoles;4º governo franchista

settembre: il saluto fa-scista non e’ più il sa-luto ufficiale in Spa-gna

ottobre: emanata laLey del Referendum

luglio: Pleno regiona-le andaluso;Pleno nazionale diRegionali a Carabaña(Madrid): posizioni“collaborazioniste”

settembre: cade la Re-gionale del Centro;Pleno a Tolosa: fallisceil tentativo di far re-cedere la CNT/E.verso l’appoggio algoverno Giralottobre: liberazionedi tre prigionieri daparte di “Quico”Sabaté

novembre: scissioneCNT in esilio;formazione GovernoGiraldicembre: Pleno delleJJ.LL a Barcellona,che ne sancisce laricostituzione;a Tolosa, è ufficialmen-te sciolta la U.N.E.;Pleno a Tolosa: è defi-nita “scissionista” laparte fedele a RamonAlvarez ed a J.Manuel Molina

agosto: detenutiMartinez Abad e J.Mendez Sanchez(CNT Alicante)

ottobre: cade 10°C.N./CNT (C. BrotoVillegas);arresti a Barcellona.Scoperta la tipografiadi «Solidaridad Obre-ra»

dicembre: a Cadice,condannati molticonfederali

.

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188

gennaio: sciopero ge-nerale a Manresa(Catalogna)

febbraio: fucilati 22comunisti, tra cuiCristino Garcia, eroemaquis in Francia,che per ritorsionechiude le frontierecon Spagna;Fucilati 10 militanticomunistimarzo: sciopero aMatarò, Catalogna(fino ad aprile inol-trato)

aprile: scioperi aBarcellona, Terrasa,Manresa

maggio: discussioneall’ONU sulla Spa-gna; si rimanda alConsiglio di Sicurez-za

1946

gennaio: creata laConfederazione diForze Monarchiche,che cerca subito ac-cordo con A.N.F.D.

marzo: Pleno CNT aMadrid per analisi si-tuazione governoGiral-A.N.F.D.;riappare «SolidaridadObrera»;II Congresso a TolosaF.I.J.L. in esilio

maggio: nuovo PlenoNazionale CNT: elet-to segretario MarcoNadal

.

febbraio: fatti di Cal-le de la cera a Barcel-lona: sparatoria nellaquale viene ucciso unanarchico;a Girona la poliziaarresta tre militantiCNT in possesso diarmimarzo: fucilati Pal-larols e Marés, diri-genti F.I.J.L;iniziano a Matarò iprimi arresti a segui-to dello sciopero

aprile: ucciso Cipria-no Dominguez Maxi-miliano, guerriglierolibertario andaluso;cade 12° C.N./CNT(L. Iñigo Granizo).Repressione in tuttala Spagna;nell’Espollà, arresta-to J.Ossò, con armi estampa clandestinamaggio: fuga dal car-cere di Malaga di 24detenuti, quasi tuttianarchici, dei quali lamaggior parte vennescoperta ed uccisasubito dopo;ucciso J. Paresadan

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189

dicembre: l’ O.N.U.critica il regime fran-chista e sancisce unembargo economicocontro la Spagna;manifestazione d’ap-poggio a Franco aMadrid

gennaio: processati14 membri dellaA.N.F.D.

luglio: Pleno F.I.J.L. diCatalogna: nascitadei Comitati di Dife-sa e critiche verso ilC.N./CNT; rifiuto disciogliere le F.I.J.L.;Pleno regionale diCatalognaagosto: Pleno naziona-le delle Regionali aMadrid

.

dicembre: rapportoepistolare tra laC.N.T ed il re DonJuan per un’eventua-le alleanza

1947

“El Abissinio” aBarcellonaluglio: arrestati“Amador” FrancoCazorla ed AntonioLopez ad Irun

agosto: 39 anarchiciarrestati in Catalogna,tra i quali Navarro eFacerias;detenuti I. Zubizarretae W. Gimenez Orivea Saragozzasettembre: a LaMolina, detenuti A.Gutierrez e D. Valorottobre: detenuto ilguerrigliero anarchi-co C. Vega Alvarezdicembre: enormeoperazione di poliziain tutta la Spagna(durerà fino al marzo47) che porta all’arre-sto di circa duemilamilitanti CNT, tra iquali Cesar Broto, RC. Rufat, A. Latienza,M. Trapero

febbraio: fucilati aBarcellona G. CaroFernandez e A. Reyes(CNT);

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190

aprile: modificata laLey sobre elbandidaje y el terrorismomaggio: sciopero ge-nerale nei Paesi Ba-schi, ed in seguitodura repressione;arrivo di Franco aBarcellona

marzo: Pleno di Regio-nali di Catalogna aBarcellona;Pleno Nazionale diRegionali CNTaprile: Pleno Naziona-le di Regionali CNT

giugno:Pleno F.I.J.L.

ucciso in una sparato-ria il guerrigliero M.Castrillo Santestebanmarzo: fucilato V.Gual Vidal (CNT)

maggio: retate tra glianarchici di Barcel-lona, prima dell’arri-vo in città di Franco;a Pontagra, uccisi iguerriglieri libertariManuel Puente eR..A. Quero Ballestre-ros;retata contro CNT diMadrid;a Vic, uccisi in caser-ma i militanti J.Piquer e D. Agramunt;stessa sorte per F.Farreras a Barcello-na;fucilati F. CazorlaAmador Franco” edAntonio Lopez;ad Almaden (Andalu-sia), la Guardia Civiluccide i guerriglierilibertari “Veneno” e“El Mera”;cade 13° C.N./CNT(E. Marco Nadal);inizia retata aBarcellona contro glianarchici, che porte-rà a circa 110 arrestigiugno: arrestato

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191

luglio:Referendum sul-le Leggi del Consigliodel Regno e sulla Leg-ge di Successione

agosto: costituiti iJurados de empresa nel-le imprese con più di50 lavoratori

novembre: delegatoUSA si oppone conesito a nuove sanzio-ni O.N.U. contro laSpagna

di Catalogna: nascitadel Movimiento Liber-tario de Resistencia(M.L.R.)luglio: Pleno penin-sulare a Madrid traF.I.J.L. e FAI: non vie-ne riconosciuta im-portanza al M.L.R;Pleno F.I.J.L a Madrid:vengono ratificati iprincipi del ’32 edavanzate critiche ver-so la posizione “mo-derata” della CNT; sistabiliscono rapportipiù stretti con la FAI;il M.L.R. viene limita-to alla Catalogna;Pleno FAI, con conver-genza con F.I.J.L.

ottobre:II Congressodelle F.I.J.L. delMovimiento Libertarioin esilio

l’anarchico Marcetcon armi

luglio: uccisione daparte del M.L.R.dell’infiltrato EliseoMelis Diaz;arrestati i convenutiai Pleni di Madrid

agosto: detenuto ilC.R delle JJ.LL diCatalogna (Llatseré,Martinez, Barba)settembre: Pleno loca-le a Madrid: i conve-nuti quasi tutti arre-stati;ondata re-pressiva suCNT di Malaga;cade il 14° C.N./CNT(A. Ejarque Pina)ottobre: trovato mor-to sui Pirenei PerezMontes “Pepin” (FAI)

novembre: un centi-naio di anarchicisono detenuti a Ma-drid. Scoperta anchela tipografia di CNT eviene ucciso il segre-

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192

marzo: sterminati 22minatori nelleAsturie

1948

tario della Commis-sione di Difesa dellaCNT/Centro, Arnaiz;cade 15° C.N./CNT(M. Villar Mingodicembre: nuovi arre-sti a Madrid, Barcel-lona, Siviglia

gennaio: arrestatoManuel Gomez Casas,segretario Generaledella F.I.J.L.febbraio: fucilati aBarcellona gli anar-chici coinvolti nei fat-ti di calle de la Cera: A.Rodriguez Santama-ria, V. Ruiz Garcia, A.Casas Lluis, E. Man-silla Gomez;arrestati a BarcellonaL. Sarrau e J. Dorado,e cade la tipografiadel giornale Ruta.Smantellato il M.L.R.marzo: arrestati suimonti di TarragonaB. Cueva e J. MorellFonsecaaprile: rappresagliaantiguerriglia in An-dalusia: tre morti ecirca 100 detenuti,quasi tutti confedera-limaggio: fuga dal car-cere di Ocaña di do-dici libertari; a causadi un delatore, diecidi questi vengono

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193

gennaio: 1º creditodel Chase NationalBank (USA) al regimefranchista

agosto: incontro traA.N.F.D. e monar-chici a S. Juan de laLuz (Francia)

ottobre: SantiagoCar-rillo (PCE) cercadi eliminare definiti-vamente la guerriglia,su ordine moscovita

1949

quasi subito arrestatigiugno: cade 16°C.N./CNT (A.Bruguera Perez);dopo l’arresto di J.Blanco (M.L.), ven-gono detenuti 70 mi-litanti;a Barcellona viene uc-ciso il guerriglierourbano Raul Carbal-leria;ucciso R. GonzalesSanmartì “El Nano”agosto: ondata re-pressiva a Siviglia eda Barcellona, nellaquale, tra gli altri,vengono arrestati F.Pergnina e “Castellon”settembre: nuova ope-razione poliziesca aBarcellona; vengonoarrestati una quindi-cina di anarchici, tracui Grau e Capdevila,del C.R../CNT

gennaio: condannatoa morte E. MarcoNadal (poi indultato)e condanne a circa30/32 anni per i com-ponenti di altri cin-que C.N./CNT;nel carcere di Mont-

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194

aprile: Firmato il Pat-to Atlantico

maggio: all’O.N.U. sichiede revoca embar-go economico controSpagna

.

maggio: bombe aBarcellona controambasciate pro-Fran-co all’O.N.U.

juich (Barcellona),muore l’anarchico F.Perpiñan;arrestato e fucilato“Consuegra”, capo-guerrigliero sullemontagne di CiudadRealmarzo: fucilati aSaragozza J. Garcia eP. Acosta;in uno scontro arma-to a Castellar delValles, viene uccisoC.Sidon;ondata di arresti aBarcellona;arrestato Lopez Pene-do a Torrassa; J.Sabaté viene feritoaprile: a Lugo, laGuardia Civil assaltauna casa: sei “resisten-ti” vengono uccisimaggio: nel carceredi Madrid, nove mili-tanti CNT vengonotorturati;72 campesinos, simpa-tizzanti CNT, vengo-no arrestati a Sivigliaper rappresaglia;ucciso in uno scontroarmato Ganuza Na-varro a San LorenzoSavallgiugno: varie deten-zioni a Terrassa,Sabadell e Vich pri-ma dell’arrivo diFranco;il militante J. Buenoè martirizzato a Sivi-

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195

settembre: flottaU.S.A. a El Ferrol(Galizia)

novembre: tre italianioccupano a Genova ilConsolato Spagnolo

glia;uccisi in uno scontroarmato A. Mequinenzae F. Nuez;consiglio di guerracontro una ventinad’anarchici, nel qua-le viene condannatoa morte Cruz Navarro;dopo torture, si suici-da in carcere F. Denis“Català”luglio: cade CNT diValencia;a Siviglia, muoionotorturati presunticomplici dei guerri-glieriagosto: nuova ondatarepressiva a Sivigliasettembre: in Anda-lusia, la polizia uccidei libertari F. Sanchez,J. Guzman, A. Tornay(di Montejaque) perrappresaglia contro ilguerrigliero anarchi-co BernabéLopezottobre: a Barcel-lona, dopo uno scon-tro a fuoco, la poliziauccide J. SabatéLlopart;a Barcellona, dopouno scontro a fuoco,la polizia uccide F.Martinez Marquez“Paco”, V. Espal-largas, J. Rodriguez, J.Luis Barraonovembre: viene“gar-rotato” Gil Heredia,uno degli organizza-

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196

per protesta contro ilregime franchista

1950

tori della fuga dal car-cere di Ocaña del pri-mo maggio del 1948;sempre a Barcellona,è ucciso anche J. Ser-rano;uccisi con la “ley defuga” nell’Alto Llo-bregat gli anarchici J.Bertovillo, J. Puertas,J. Vilella. M. Guita edun altro campesinodicembre: a Cadice,detenuto BernabèLopez Calle ed il suogruppo guerrigliero15/12/49: fucilati ilibertari F. Marin, J.A. Garcia, F.R. Veroù23/12/49: nel carce-re di Ocaña, vienefucilato J. Sancho

gennaio: arrestate va-rie decine di anarchi-ci a Barcellona, tra iquali i componenti ilgruppo di guerrigliaurbana “los Maños”;a Vilanova i Lageltru(Catalogna) vengonoarrestati trenta liber-tari;cinque guerriglieri li-bertari muoiono inuno scontro armatomentre tentano lafuga in mare daAlgeciras;ucciso per strada aBarcellona W. Jime-

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197

luglio: gli U.S.A. ac-

.

marzo: ucciso a Cittàdel Messico un rap-presentante del go-verno franchista

nez Orive;fucilati Manuel Sabaté(fratello minore del“Quico”) e SaturninoCulebras.febbraio: vengonouccisi B. Lopez Calleed altri componentidella sua banda guer-rigliera;ondata di arresti intutta l’Andalusia;fucilati J. LopezPenedo e C. VidalPassanaumarzo: a Barcellona,vengono condannatiad una lunga deten-zione gli anarchici JGonzales e L. Bal-lestrerosaprile: a Cerdanyoladel Vallés (Catalo-gna) viene ucciso inuno scontro armatoA. Franquesamaggio: a Siviglia,vengono arrestati econdannati a penedai 12 ai 30 anni cir-ca 60 militanti anda-lusi;a Barcellona, vienearrestato il gruppoCNT capitanato da J.Isgleas Paz;cade il 17° C.N./CNT;giugno: ad Almeria,sono uccisi A.Gonzales Tagua edaltri tre confederaliluglio: a Malaga, as-

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cordano un prestitodi 60 milioni di dol-lari al regime

novembre: all’O.N.U.,con l’appoggio ame-ricano e di altri 37 sta-ti, viene revocata lacondanna e l’embar-go contro la Spagna

marzo 51: nuovo mes-saggio di appoggiocongratulazioni aFranco da parte diPio XII

novembre 52: l’UNE-

1951-1952

sassinato A. ArandaArjona;a Barcellona, arresta-te 11 persone per “fa-voreggiamento” ver-so i banditiagosto: ennesima on-data repressiva a Sivi-glia, con numerosiarrestinovembre: a Siviglia,consiglio di guerracontro 75 “cenetistas”

dicembre: uccisi gliultimi componentidella banda di B.Lopez, tra cui il figlio;giustiziati S. GarciaFlerignan “MiguelMontllor” e P. OrtizGratal “Vicente Llop”della banda “losMaños”, e V. MunozTrasserra

marzo 51: dopo losciopero generale, aBarcellona vengonoarrestate decine dipersone, tra cui mol-tissimi appartenentialla CNTmaggio 51: a Barcello-na ed a Matarò, nu-merosi arresti dopolo sciopero del primomaggio

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199

SCO ammette la Spa-gna al suo interno

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200

BIBLIOGRAFIA

Anche per quanto riguarda la bibliografia, ho scelto di elencare itesti che sono da ritenersi indispensabili per affrontare l’argomen-to nel modo opportuno, e dei quali mi sono effettivamente servi-to per questo studio.

SULLA STORIA DI SPAGNA

AA. VV. Violencia politica en la España del siglo XX, TaurusPensamiento, Madrid 2000Manuel Balbé, Orden publico y militarismo en la España constitucional(1812-1983), Alianza Editorial, Madrid 1983Carolyne Boyd, Historia patria. Politica, historia e identidad nacionalen España 1875-1975, Pomares Corredor, Madrid 2000Guy Hermet, Storia della Spagna nel ’900, Il Mulino, Bologna 1999Bernat Muniesa, De la dictadura a la monarchia. Historia de España1939-1996, Ariel, Barcellona 1996

SUL PERIODO RIVOLUZIONARIO

AA.VV. Chi c’era racconta, ed. Zero in condotta, Milano 1995AA.VV. Durruti 1896-1936, Zero in condotta, Milano 1996Camillo Berneri, Guerra di classe in Spagna 1936-37, RL, Genova 1979Alfonso Botti, La guerra civile di Paul Preston, «Spagna contempora-nea», n. 15, 1999Centro Studi Libertari di Trieste (a cura del), Speciale Spagna ’36.Per la società: rivoluzione- per lo stato: guerra, documento- supplemen-to al n. 68 di «Germinal», Trieste 1995Giuliana Di Febo, Manuel Plana ( a cura di), La guerra civile spagno-la, inserto redazionale di «Storia e dossier», n. 11, Firenze 1987Hans Magnus Enzensberger, La breve estate dell’anarchia. Vita e mortedi Buenaventura Durruti, Feltrinelli, Milano 1973

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201

Federazione Anarchica Livornese (a cura della), La CNT nella rivo-luzione spagnola. Considerazioni sull’azione della CNT prima e durantela Rivoluzione, sua opera costruttiva, documentoFelix Garcia, Collettività contadine ed operaie durante la rivoluzione spa-gnola, Jaca book, Milano 1980Gabriel Jackson, La repubblica spagnola e la guerra civile, Il Saggiatore,Milano 1967Hans Erich Kaminski, Quelli di Barcellona, Il Saggiatore, Milano 1966Pier Carlo Masini e Alberto Sorti (a cura di), Pietrogrado 1917-Barcellona 1937, Sugar, Milano 1964Carlos Semprun Maura, Rivoluzione e controrivoluzione in Catalogna,Antistato, Milano 1976Mary Nash, Mujeres libres- donne libere. Spagna 1936-1939, La Fiacco-la, Ragusa 1991Abel Paz, Durruti e la rivoluzione spagnola, (tomi I e II) B.F.S./Zeroin condotta/ La Fiaccola, Pisa/Milano/Ragusa 2000Abel Paz, Le 30 ore di Barcellona. Immagini della rivoluzione, Coop.Tipolitografica, Carrara 2002José Peirats, La CNT nella rivoluzione spagnola ( vol. I, II, III, IV),Antistato, Milano 1975Paul Preston, La guerra civile spagnola, 1936-1939, Mondadori, Mi-lano 1998Paul Preston (a cura di), La republica asediata. Hostilidad internacionaly conflictos internos durante la Guerra Civil, Peninsula, Barcellona 2001Gabriele Ranzato, La guerra di Spagna, Giunti, Firenze1995Gabriele Ranzato, Rivoluzione e guerra civile in Spagna. 1931-39,Loescher, Torino 1975Vernon Richards, Insegnamenti della rivoluzione spagnola (1936-1939),Vallera, Pistoia 1974Hugh Thomas, Storia della guerra civile spagnola, Einaudi, Torino1963Pierre Villar, La guerra di Spagna 1936-1939, Lucarini, Roma 1988

SUL PERIODO SEGUENTE

Eliseo Bayo, Los atentados contra Franco, Plaza y Janes, Barcellona1976Cipriano Damiano, La resistencia libertaria. La lucha anarcosindacalistabajo el franchismo, Bruguera, Barcellona 1978Luca De Boni, L’opposizione cattolica al franchismo: la H.O.A.C. e ilgiornale «Tu!» (1946-1951, «Spagna contemporanea», n. 10, Tori-no 1996Lucienne Domergue, L’exil republicain espagnol a Toulouse 1939-1999,

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202

Presses Universitaire du Mirail, Tolosa 1999Eric Hobsbawn, Bandidos, Ariel, Barcellona 1974Santos Julià (a cura di), Victimas de la guerra civil, Temas de Hoy,Madrid 1999Eduardo Mateo, Algunos problemas culturales de los años cuarenta enEspaña, «Spagna contemporanea», num. 1, Torino 1992Juan Manuel Molina, El movimiento clandestino en España 1939-49,Mexicanos Unidos, Messico 1976Susanna Moscardini, L’anarcosindacalista Joan Peirò: un profilo bio-grafico (1887-1942), «Spagna contemporanea», num. 15, Torino1999Enrique Marco Nadal, Condenado a muerte, Mexicanos Unidos, Mes-sico 1966Dolors Marin, Silvestre, Clandestinos. El maquis contra el franquismo,1934-1975, Plaza Janes, Barcellona 2002Abel Paz, El anarchismo contra el estato franquista-CNT 1939-1951,fond. Anselmo Lorenzo, Madrid 2001Abel Paz, La CNT 1936-1951, Hacer, Barcellona 1982Paul Preston, La politica de la venganza. El fascismo y el militarismo enla España del siglo XX, Peninsula, Barcellona 1995Michael Richards, Un tiempo de silencio, Critica y contrastes,Barcellona 1988Segundino Serrano, Maquis. Historia de la guerrilla antifranquista,Temas de hoy, Madrid 2002Antonio Tellez, Guerriglia urbana in Spagna: Facerias, La Fiaccola,Ragusa 1984Antonio Tellez, La guerriglia urbana in Spagna: Sabaté, La Fiaccola,Ragusa 1973Antonio Tellez, La red de evasion del grupo Ponzan: anarquistas en laguerra secreta contra el franquismo y el nazismo (1936-1944), Virus,Barcellona 1996

SUL FRANCHISMO

Luciano Casali (a cura di), Per una definizione della dittatura franchi-sta, Franco Angeli, Milano 1990Luciano Casali, Fascismi: partito, società e stato nei documenti del fasci-smo, del nazionalsocialismo e del franchismo, Clueb, Bologna 1995Gustavo Corni, Fascismo e fascismi, Sansoni, Firenze 1989Giuliana Di Febo, Santos Julià, Il franchismo, Carocci, Roma 2003Juan Pablo Fusi, Franco. Autoritarismo y poder personal, El Pais, Ma-drid 1985Max Gallo, Storia della Spagna franchista, Laterza, Bari 1972

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203

Jordi Gracia Garcia, Miguel Angel Ruiz Carnicer, La España de Franco(1936-1975).Cultura y vida quotidiana, Sintesis, Madrid 2001Enrique Moradiellos, La España de Franco, 1939-1975. Politica ysociedad, Sintesis, Madrid 2000Roque Moreno Fonseret, Francisco Sevillano Calero (a cura di), Elfranquismo- Visiones y balances, Publicaciones de la Universidad deAlicante, AlicantePaul Preston, Francisco Franco, Mondadori, Milano 1997Miguel Angel Ruiz Carnicer, El aparato falangista ante la caida de losfascismos. FET-JONS en 1945, «Spagna contemporanea», num. 4, To-rino 1993

OPERE LETTERARIE

Pino Cacucci, Ribelli, Feltrinelli, Milano 2001Ernest Hemingway, Per chi suona la campana, Bibl. EconomicaNewton, Roma 1996George Orwell, Omaggio alla Catalogna, Mondadori, Milano, 1990

VARIE

Angeles Barrio Alonso, El sueño de la democracia industrial,Universidad de Cantabria, Santander 1996Silvana Casimirri (a cura di), Intorno al 1868. Italia e Spagna nellacrisi di fine secolo, FrancoAngeli, Milano 2001Gino Germani, Autoritarismi e classi sociali, Il Mulino, Modena 1976Henry Michel, La guerra dell’ombra. La resistenza in Europa, Mursia,Milano, 1965Antonio Parisella, Sopravvivere liberi […], Gangemi, Roma, 1997Antonio Parisella, Opposizione popolare e opposizione politica-Antagoni-smi non conflittuali e conflitti non antagonistici, “L’opposizione popo-lare al fascismo”, Giorgio Giannini (a cura di), CSDC, Roma 1995Gabriele Ranzato, Guerre fratricide. Le guerre civili in età contempora-nea, Bollati Boringhieri, Torino 1994

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204

SIGLE DELLE ORGANIZZAZIONI POLITICHEMENZIONATE

AITAN de FDCCCECEDACIRCNCNTCPFAFFAIFF LLFIJLFLJAREJELJJ LLMIRMLMLEMLE-CNTMLRPCEPSOEPSUCSERESTVUGTUNE

Associazione Internazionale dei LavoratoriAlleanza Nazionale delle Forze DemocraticheComitato CentraleCommissione EsecutivaConfederazione Spagnola delle Destre AutonomeComitato Interiore del CarcereComitato NazionaleConfederazione Nazionale del LavoroComitato PeninsulareFederazione Anarchica FranceseFederazione Anarchica IbericaFederazioni LocaliFederazione Iberica della Gioventù LibertarieFederazione LocaleGiunta d’Assistenza ai Repubblicani SpagnoliGiunta Spagnola di LiberazioneGioventù LibertarieMovimento Iberico di ResistenzaMovimento LibertarioMovimento Libertario Spagnolo (all’interno)Movimento Libertario Spagnolo nell’esilioMovimento Libertario di ResistenzaPartito Comunista SpagnoloPartito Socialista Operaio SpagnoloPartito Socialista Unificato di CatalognaServizio d’Evacuazione dei Repubblicani SpagnoliSolidarietà dei Lavoratori BaschiUnione Generale dei LavoratoriUnione Nazionale Spagnola

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205

INDICE

Introduzione di Antonio Parisella

Prefazione

PARTE I: DUE MONDI CONTRAPPOSTI

Cap. I: Il movimento libertario

1.1) Peculiarità spagnola1.2) Tra guerra e rivoluzione

Cap. II: Il franchismo

2.1) Franco e il regime2.2) La base sociale ed ideologica del regime2.3) Strumenti di consenso e repressione

PARTE II: LA REPRESSIONE

Cap. III: Il periodo dal 1939 al 1943

3.1) L’affermazione franchista3.2) La difficile riorganizzazione libertaria in Spagna3.3) Il movimento libertario all’estero3.4) Il clima sociale

Cap. IV: Il periodo 1943-1947

4.1) Tra la repressione e la speranza4.2) Gli scioperi del 1944-19474.3) La scissione del 19454.4) Il carcere

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Cap. V: Il periodo 1947-1951

5.1) Il movimento libertario negli anni del declino5.2) La guerriglia libertaria5.3) La stampa clandestina5.4) Gli scioperi della primavera 19515.5) Bilancio tragico

PARTE III: I DOCUMENTI

Cap.VI: Le testimonianze

6.1) La “Ley de responsabilidades politicas”6.2) I campi di concentramento di “Los almandros”ed Albatera ad Alicante6.3) Documento del 1° Comitato Nazionale CNTdel dopoguerra6.4) Ultimo comunicato del 1° C.N./CNT6.5) Comunicato C.N./ CNT della primavera 19476.6) Morte di un guerrigliero urbano: José Sabaté6.7) Alcuni volantini dello sciopero del marzo 1951a Barcellona6.8) I vari comitati nazionali CNT- 1939/1951

Cronologia comparata

Bibliografia

Sigle delle organizzazioni politichemenzionate

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Finito di stampare nel mese di gennaio 2005da Samizdat, via Valle di rose 19 Pescara, per conto del

Centro Studi LibertariCamillo Di Sciullo

Chieti