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Samizdat 1999

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PETR ARSHINOV

STORIA DEL MOVIMENTO

MACHNOVISTA

Samizdat

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“L’histoire du mouvement maknoviste” di Petr Arshinov vedela luce a Parigi nel 1924. È questa l’epoca in cui, dall’esilio, glisconfitti maturano le prime riflessioni compiute sull’esperien-za rivoluzionaria russa. L’autore dello studio, vecchio operaioed ex-bolscevico passato all’anarchismo, è insieme biografo emaestro del protagonista della vicenda Nestor Machno. I due sierano infatti conosciuti nelle prigioni di Mosca e qui, prima del’17, il giovane contadino ribelle aveva potuto apprendere i pri-mi rudimenti delle idee di Bakunin e di Kropotkin. Rientrato alsuo villaggio, Nestor aveva subito pensato di sperimentare laprassi comunista libertaria. Così a Guliai-Pole distretto diAlexandrovsk, piccolo centro cerealicolo e commercialedell’Ucraina profonda, si era formata una prima associazionecontadina costituita da diverse comuni a partecipazione volon-taria. Distribuite le terre dei latifondisti ai braccianti, organiz-zato lo scambio di prodotti agricoli con i manufatti artigianali edelle piccole fabbriche, nasce un generoso quanto imperfettotentativo di realizzare un embrione di società anarchica basatasu unità di base consiliari autogestite. Sotto le bandiere nerenasce e si sviluppa un movimento che ha la sua struttura por-tante e di difesa nella Machnovcina, armata autonoma che nel1919 giungerà a contare un organico di ben cinquantamila com-battenti (!!).

Ma il fenomeno si presenta rilevante anche per altri moti-vi. La storiografia sul movimento operaio e, di più, la vulgatamarxista di questo secondo dopoguerra hanno trattato semprecon fastidio – e liquidato sbrigativamente – ogni presenza spuriache contraddicesse il filone reazionario e sanfedista a cui si vo-leva per forza di cose legato il mondo contadino. E dall’Ucrainaalla Catalogna di vent’anni più tardi la linea sarà confermata inpieno, dalle istanze libertarie alla controrivoluzione, al silenzio.

Certo la lettura di queste pagine appassionate – che, perquanto a nostra conoscenza, costituiscono la terza edizione inlingua italiana dopo quelle, introvabili, del 1954 (RL, Napoli) edel 1972 (Sapere, Milano) – ci induce alle riflessioni di sempre

PRESENTAZIONE

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sul nodo irrisolto del rapporto fra ideali anarchici e loro appli-cazione in stato di emergenza “militare”. Proprio questa attivitàdi difesa assorbirà ad un certo punto tutte le energie disponibi-li degli aderenti al movimento rivoluzionario ucraino. Un pas-saggio di un appello degli insorti, datato giugno 1920 e indiriz-zato “Ai compagni dell’Armata Rossa”, bene ci illustra il percorsoaccidentale seguito per conseguire quell’obiettivo che ancoraresta sulle bandiere: per una vera liberazione “senza l’oppressionedel partito”, per un socialismo senza padroni.

“[...] Noi, compagni, siamo insorti contro il gioco di tutti glioppressori. Sono già tre anni che combattiamo su tutti i fronti. Abbiamocacciato gli invasori austro-tedeschi, battuto i boia denikiani, lottatocontro la Petljura; ora combattiamo contro l’autorità dei commissari,contro la dittatura del partito comunista bolscevico; questa dittaturaha messo le sue mani ferree sulla vita del popolo lavoratore, sotto il suogiogo gemono i contadini e gli operai d’Ucraina [...]”.

Passerà presto l’epoca degli appelli fraterni. Sgominatele armate ‘bianche’ di Vrangel si reputa giunta l’ora per infligge-re il colpo di grazia alle comuni libertarie. Si arrestano gli espo-nenti della Confederazione Nabat, si procede alla estirpazioneradicale del movimento, all’eliminazione fisica dei resistenti.Come a Kronstadt. Nell’agosto 1921 Machno, ferito nel corpo enell’anima, passa il Dniepr per l’ultima volta. Non rivedrà maipiù il suo paese e, in quel momento, – come scriverà MayPicqueray – l’Ucraina viene occupata dall’Armata Rossa cheimprigiona e uccide senza misericordia.

Nei ranghi dei movimenti operai europei, dove il mitodell’Ottobre Rosso aveva ormai raccolto le adesioni più entu-siaste, si cercherà di minimizzare questi eventi tragici. Per glianarchici italiani gli atteggiamenti di benevolenza si modifica-no invece proprio in questa fase. Le prese di posizione sonodavvero energiche, mentre gli impulsi di maggior impatto pro-vengono da Luigi Fabbri e da Francesco Saverio Merlino. Ep-pure il quotidiano “Umanità Nova” degli esordi, sebbene nei giu-dizi articolati e critici, aveva fatto intendere che, in definitiva, ilnuovo regime dei ‘sovieti’ poteva costituire (ancora nel 1920)“un passo avanti verso il socialismo”. Il congresso internazionaleanarchico di Berlino (31 dicembre 1921-1°gennaio 1922) conla relazione scioccante di Volin, il successivo appello di espo-nenti prestigiosi del movimento come Alexander Berkman,Alexander Schapiro e Emma Goldman costituiranno il puntodi non ritorno della critica libertaria all’esperienza bolscevica.A tale data il primo bilancio della persecuzione contro gli anar-

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chici nella Russia sovietica comporta, secondo quanto denun-ciato dalle stesse associazioni libertarie, questi numeri: 138 mili-tanti passati per le armi, 281 esiliati e 608 in stato di detenzione.

Inizia così, negli ambiti quasi esclusivi del ceto intellet-tuale anarchico, la fase di elaborazione della sconfitta. Ad essasi accompagna una limitata fortuna letteraria e pubblicistica suireali significati e sull’identità del movimento machnovista. Simescolano in tal modo, con facilità, mito ed elementi contrad-dittori. Per questi ultimi, oltre alle “incoerenze” insite nella ge-stione di una struttura militare di cui si è già accennato, si rile-vano altri aspetti “ambigui” poi trasformatisi in veri capi d’accu-sa. La propaganda elevata a storia vuole Machno – divenuto suomalgrado eroe leggendario – volgare bandito e criminale“controrivoluzionario”. Si è anche molto insistito sui presunti at-teggiamenti antisemiti della Machnovcina. Quest’ultima infa-mante illazione verrà ritenuta calunniosa e sarà ripetutamenterespinta dall’interessato. Pio Turroni, suo compagno nell’esiliofrancese – presentando la prima edizione delle memorie diMachno (La Fiaccola, 1971) - così riferiva in proposito:

“[...] ricordo che a Parigi i bolscevichi giunsero ad accusareMachno di aver perseguitato gli ebrei (e Volin, che era ebreo, era statoconquistato da Machno anche per la protezione che questi aveva sempreassicurato alle comunità ebraiche). Il nostro compagno sfidò i bolscevichiad un pubblico dibattito che si tenne alla Sala Wagram (luogo abitualedi convegno di tutto il movimento progressista) e li sbugiardò e li svergo-gnò producendo prove e testimonianze di presenti che avevano parteci-pato agli avvenimenti [...]”.

Per serenità e onestà di giudizio bisogna però considera-re che, in effetti, un diffuso sentimento antisemita era forte-mente radicato fra le popolazioni contadine in Ucraina (con-ferme in tal senso ci vengono da studi recenti pubblicatidall’Ukrainian Research Institute dell’Harvard University). C’erainsomma una lunga tradizione di antagonismo culturale e so-ciale fra le città e le campagne circostanti, con queste abitate inprevalenza da ucraini e quelle popolate da russi ed ebrei. Ècosì che nei programmi machnovisti si poteva testualmente leg-gere: la terra ai contadini; libertà di commercio e consigli libe-ramente eletti “senza moscoviti né ebrei”. Fatte queste osservazio-ni però, che attengono più alla descrizione del contesto e dellementalità, occorre sottolineare con Ugo Fedeli l’estraneità e lalontananza di Machno da qualsiasi idea di pogrom. E manca so-prattutto qualsiasi prova materiale attendibile di sue responsa-bilità su questo tipo di crimini.

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Il rivoluzionario in esilio scrisse molto sull’argomento, soprat-tutto su “Le Libertaire” e nel corso di tutto il 1927.

“[...] I lavoratori ucraini, ebrei e non ebrei, sanno molto bene cheil movimento alla testa del quale mi sono trovato per diversi anni eraun movimento sociale rivoluzionario che tendeva, non a dividere i lavo-ratori di razze differenti, tutti ugualmente sfruttati e oppressi, ma aunirli per una azione comune contro i loro oppressori [...]”.

Questa storia del movimento machnovista, raccontata congran passione da Arshinov, è l’immagine efficace di un “episo-dio” non secondario in una vicenda complessiva segnata da tra-gedie terribili e speranze infrante. François Furet, storico“revisionista”, ha sostenuto che il regime instauratosi nella Rus-sia di Lenin al pari di quello della Germania di Hitler non haavuto alcun carattere di necessità, che per entrambi i paesi unastoria migliore era forse possibile. Toccherà dargli ragione.

Giorgio Sacchettitorna all’indice

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Prima di cominciare questo libro il lettore vorrà certo sa-pere a quale genere l’opera appartenga: se si tratta di uno stu-dio serio e coscienzioso, oppure di una storia fantastica compo-sta da un irresponsabile. Dovrà prestare fede all’autore, alme-no per quanto riguarda i fatti e i documenti? Inoltre l’autore èsufficientemente obiettivo? Non nasconde la verità per giustifi-care le proprie idee e insieme sminuire quelle dell’avversario?Queste domande non sono affatto inutili.

Le fonti per la storia del movimento machnovista debbo-no essere utilizzate con grande circospezione. Il lettore lo com-prenderà quando avrà considerato attentamente alcune carat-teristiche proprie soltanto di questo movimento.

Il machnovismo è un fenomeno di portata grandezza esignificato vastissimi, un movimento che si è sviluppato con unaforza del tutto eccezionale, che per il destino della rivoluzioneha avuto una parte colossale e straordinariamente complicata;un movimento che nella lotta titanica con tutte le forme dellareazione ha saputo resistere e più di una volta salvato dallo sfa-celo la rivoluzione; un movimento infine straordinariamentericco di episodi vivaci e coloriti, che ha fatto parlare di sé e inte-ressato non soltanto la Russia ma anche l’estero. Inoltre ilmachnovismo ha risvegliato le più diverse reazioni in tutti i cam-pi, conservatori e rivoluzionari: dall’odio e dall’inimicizia piùaccanita allo stupore e all’incredulità, dal sospetto a sentimentidi profonda simpatia e di grande entusiasmo. Per quanto ri-guarda il partito comunista e il governo sovietico, monopolizzato-ri della rivoluzione, il machnovismo dopo molte vicende fu co-stretto a combatterli accanitamente, nello stesso modo che com-batteva la reazione, in questa lotta inferse in loro gravi colpimateriali e morali. Infine, anche la personalità dello stessoMachno, complicata vivace e forte come tutto il movimento, fuquella che attrasse l’attenzione generale, provocando curiositào stupore, terrore senza ragione o sdegno e raccapriccio, odioinestinguibile o amore senza riserve.

È quindi nella natura delle cose che tanta gente sia stataindotta a descrivere il machnovismo dalle più varie considerazio-

PREFAZIONE

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ni, aventi nulla in comune con la retta conoscenza di quegliavvenimenti né con la sincerità di riferire quanto sapeva, di de-scrivere e di illuminare obiettivamente il suo oggetto o di ripor-tare con esattezza i documenti per tramandarli allo storico fu-turo. Alcuni si misero a scrivere per calcolo politico, per neces-sità di giustificare e difendere la loro posizione, cosicché co-persero di ingiurie e di calunnie il movimento avversario e isuoi esponenti. Altri ritennero loro dovere colpire un fenome-no che non riuscivano a capire, che li impauriva e li metteva inagitazione. Altri ancora furono attratti dall’alone di leggendache si è formato intorno al movimento: la sensazionalità del-l’argomento, l’attualità dell’interesse che vasto pubblico gli con-cede, la seducente facilità di qualche pagina romanzesca per-mise loro un buon guadagno. Infine ci fu anche chi sentì sottole dita una specie di prurito giornalistico.

In tal modo vennero accumulati documenti e materiali chesono fatti apposta per confondere sempre più il lettore e to-gliergli ogni possibilità di avvicinarsi al vero.

D’altra parte, nonostante l’importanza che assunse nellasua regione, il movimento sofferse, per molte circostanze avver-se, di certo isolamento che lo tenne chiuso e raccolto in sé. Unmovimento dei più bassi strati popolari, naturalmente avversialle parate, allo splendore, al dominio, alla gloria; nato entro iconfini della Russia, lontano dai grandi centri; sviluppatosi inuna regione definita e limitata; tagliato fuori non soltanto datutto il resto del mondo ma anche dalle altre regioni della Rus-sia, esso è poco conosciuto, oltre i suoi confini, nei suoi trattiessenziali e profondamente caratteristici. Per quasi tutta la suavita fu stretto in condizioni militari straordinariamente difficili;fu sempre circondato da nemici; non ebbe quasi alcun amicoall’infuori delle masse lavoratrici; fu oppresso ostinatamente dalpartito al governo; la sua voce fu sopraffatta dal frastuono san-guinoso dell’attività governativa di quel partito; perse circa il90% dei suoi militanti più attivi e più esperti; non ebbe né iltempo né la possibilità e neppure una necessità particolare diraccogliere opere parole e idee per lasciarle ai posteri; insom-ma di questo movimento sono restate solo poche tracce vive eimmediate e qualche monumento. Quanto aveva di essenzialenon fu annotato in alcun libro di annali. I suoi documenti nonebbero mai vasta diffusione, né furono conservati. Perciò que-sto movimento è restato in gran parte ignoto a tutti quelli chene sono lontani, impercepibile anche allo sguardo dello stori-co. Non è facile penetrarne l’intima essenza. Come migliaia di

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piccoli eroi di molte epoche rivoluzionarie restano ignorati perl’eternità, anche il movimento machnovista, eroica epopea deilavoratori ucraini, fu minacciato dal pericolo di non lasciarealla storia alcuna notizia di sé. Oggi ancora numerosissimi fattie documenti di questa epopea rimangono nascosti. Se il desti-no non avesse salvato alcuni individui che hanno partecipato almovimento e conoscendolo profondamente sono in grado difarne un resoconto rispondente a verità, anche di questo movi-mento gli uomini avrebbero saputo poco o nulla...

Tale stato di cose mette il lettore e lo storico attento inuna situazione estremamente difficile: costretti ad orientarsi cri-ticamente in mezzo a fonti opere e materiali estremamente di-versi complicati e contradditorii, senza alcun aiuto esterno, senzadati diretti e normativi, senza la minima indicazione sul mododi procurarsi tali dati.

Occorre quindi aiutare il lettore a far da sé, a saper cernereil grano dalla pula, a togliere il gheriglio dal guscio. Perciò èimportante stabilire subito se il lettore potrà avvalersi di questolibro come di fonte sana e pura. Di qui il significato essenzialeche nel nostro caso ha il problema dell’autore e delle caratteri-stiche dell’opera sua.

Ho avuto l’ardire di scrivere la presente prefazione e dichiarire questi problemi perché il destino mi ha concesso diessere uno dei pochi che hanno partecipato al movimentomachnovista e si sono salvati, che conoscono in misura suffi-ciente il movimento nonché l’autore dell’opera. Per di più soanche le particolari condizioni in cui è nato questo libro.

Qualcuno potrà chiedere (come in realtà è accaduto fre-quentemente), perché io stesso non scriva intorno al movimen-to machnovista. Molte sono le ragioni e importanti. Ne vogliocitare soltanto alcune. A descrivere gli avvenimenti, a mettere in giu-sta luce il movimento machnovista occorre possedere tutto il materialedi notizie e documenti che vi si riferisce, coordinarlo e meditarlo conprecisione. Il soggetto richiede uno studio lungo e serrato che neconsideri tutti gli aspetti. Per diverse ragioni io non ho finorapotuto mettermi a un lavoro di tanta mole. Perciò ho stimatonecessario rinunciare per il momento a tale opera.

L’epopea machnovista è troppo seria potente e tragica,bagnata di troppo sangue di eroi, troppo profonda, complessa,caratteristica, da permettere a qualcuno di giudicarla e di de-scriverla con leggerezza, basandosi soltanto su racconti e su rela-zioni contradditorie di persone diverse. Descriverla solo sullabase di documenti non può essere il nostro compito, perché i

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documenti sono cose morte e non sempre e non interamenterispecchiano la vita concreta. Sarà compito degli storici futuri, iquali oltre quei documenti non avranno a disposizione altromateriale. I contemporanei debbono tenersi vicini ai fatti, edanche vicini a se stessi, poiché la storia proprio da loro esigeràmolto. Devono rinunciare a giudicare e a descrivere quegli av-venimenti ai quali non abbiano direttamente partecipato. Inol-tre debbono non tanto abbandonarsi a descrizioni e a citazionidi documenti «per fare della storia», quanto piuttosto preoccu-parsi di trascrivere le loro esperienze personali, quando ne ab-biano. Altimenti rischiano di porre in ombra l’essenza più pro-fonda, l’anima dei fatti, oppure, cosa ancor peggiore, di trala-sciarla, quindi di ingannare interamente il lettore e lo storico.Naturalmente può darsi che anche la loro esperienza immedia-ta comprenda errori e imprecisioni. Ma nel nostro caso nonsarebbe di grande peso. Essi darebbero un quadro vivo e fedeledegli avvenimenti, facendone comprendere la natura essenzia-le, ed è quel che importa. In un secondo tempo, comparando leloro descrizioni con i documenti e con l’altro materiale, sarebbefacile eliminare gli errori. Per ciò il racconto di chi sia statopartecipe e testimone degli avvenimenti è di particolare impor-tanza. Quanto più completa e profonda sarà stata l’esperienzapersonale tanto più importante sarà il lavoro e tanto più prestodovrà essere compiuto. Se poi chi ha partecipato ai fatti puòdisporre anche di documenti e di informazioni d’altri testimo-ni, il racconto acquisterà un significato di primaria ed essenzia-le importanza.

So di avere il compito di scrivere intorno al machnovismo:ma lo farò a suo tempo e luogo, in modo da illuminarlo conve-nientemente. Una storia completa del movimento io non posso scri-verla, proprio perché non ho una conoscenza completa e preci-sa dell’argomento in tutti i suoi aspetti. Per circa sei mesi, dal-l’agosto 1919 al gennaio 1920, sono stato vicino al centro delmovimento, ma non ho mai potuto abbracciarlo in tutta la suaestensione. Fu allora, agosto 1919, che conobbi Machno. Quan-do poi fui arrestato, gennaio 1920, ne restai tagliato fuori; sol-tanto nel novembre dello stesso anno e per due sole settimanetornai ad avere contatti sporadici tanto con Machno che con ilmovimento, quando Machno aveva stretto un accordo con ilgoverno sovietico. Quindi mi allontanai di nuovo. Perciò se èvero che io ho visto molto di questo movimento, che l’ho vissu-to e meditato, tuttavia la mia conoscenza immediata non puòdefinirsi completa.

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Così è accaduto che alla domanda, perché io non scrives-si del machnovismo, abbia il più delle volte risposto: «perché c’èchi è più forte di me in questo campo». Con tali parole intendevoindicare appunto l’autore della presente opera. Conoscevo lasua lunga attività in seno al movimento. Nel 1919 avevamo lavo-rato insieme. Sapevo inoltre che raccoglieva con gran cura ilmateriale e che voleva scrivere una storia completa. Infine sep-pi che questo libro era già stato scritto e che l’autore voleva pas-sare all’estero. Ero quindi dell’opinione che prima di ogni altrolavoro dovesse apparire quello – che è una storia completa delmachnovismo – perché scritto da una personalità che da sola sod-disfaceva a due esigenze: aver partecipato a lungo al movimen-to e disporre di una ricca collezione di materiale.

Ancor oggi molti sono onestamente persuasi che Machnosia stato un semplice bandito o un eroe da pogrom, che abbia saputoraccogliere intorno a sé l’oscura e avida massa dei contadini edei soldati sconvolta dalla guerra. Ancora oggi molti tengonoMachno per un avventuriero poiché prestano fede alle dicerietanto assurde quanto malvagie secondo cui egli avrebbe apertoil fronte a Denikin, si sarebbe affratellato con Petliura, si sarebbeunito con Vranghel…

Molti ripetono le calunniose invenzioni diffuse dai bol-scevichi secondo cui Machno sarebbe stato alla testa del movi-mento controrivoluzionario dei kulak, e per cui l’anarchismo diMachno sarebbe semplicemente l’ingenua trovata di alcuni anar-chici che egli avrebbe saputo sfruttare nel proprio interesse...Denikin, Petliura, Vranghel non sono che episodi di guerra evi-dentissimi: ad essi quindi cercano di attaccarsi e vi costruisconosopra montagne di menzogne. La lotta con i generali contro-rivoluzionari è però lungi dall’essere l’unico fenomeno delmachnovismo. L’essenza più vera del movimento machnovista,il suo contenuto più profondo, i suoi tratti organici sono restatigeneralmente del tutto sconosciuti.

Articoli brevi e dispersi notizie superficiali lavori isolati non per-mettono di accedere alla vera natura delle cose. Di fronte a un feno-meno così complesso e significativo come il machnovismo, arti-coli e lavori di tal genere dicono troppo poco: illuminano sol-tanto una parte del quadro e scompaiono quasi senza traccianel gran mare delle pubblicazioni. Per mettere fine in una solavolta a tutte le favole e spianare la via ad uno studio serio edattento sul nostro soggetto, necessita anzitutto un’opera esau-riente anche se più o meno unitaria, perché in un secondo tem-po e con successo si possano chiarire dettagli e particolari. Il

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presente libro è appunto l’opera unitaria che occorre. Il suo au-tore era più di ogni altro qualificato a scriverlo. Dobbiamo solorammaricarci che esso, a causa di molte circostanze sfavorevoli,veda la luce con tanto ritardo.

È significativo che il compito di essere il primo storico delmovimento machnovista sia toccato a un operaio. Questo fattonon dipende da semplice caso. In tutto il suo corso il movimen-to, dal punto di vista teorico ed organizzativo, fu tenuto in piedidalle forze che la massa degli operai e dei contadini poteva dasola esprimere. Gli elementi cosiddetti intellettuali e teo-reticamente formati possiamo dire siano totalmente mancati almovimento. Per tutta la vita esso fu abbandonato a se stesso.Così il movimento crea ora con i propri mezzi il suo primo sto-rico che fonda e illumina teoreticamente il movimento stesso.

Pietro Andreevic Arscinov, autore di questo libro, è figliodi un operaio di una fabbrica di Ekaterinoslav ed egli stessooperaio, più precisamente magnano, che con perseveranza eforza di volontà si fece una certa cultura. Aveva 17 anni, quan-do nel 1904 si unì al movimento rivoluzionario. Nel 1905 lavo-rava nelle officine ferroviarie di Kisil-Arvat (Asia centrale) doveentrò nell’organizzazione locale del partito bolscevico. Moltoattivo, ne divenne presto uno degli esponenti, quindi direttoredell’organo operaio rivoluzionario Molot. Questo giornale eradiffuso lungo tutta la linea ferroviaria dell’Asia centrale e per ilmovimento rivoluzionario dei ferrovieri aveva grande impor-tanza. Perseguitato dalla polizia del luogo, Arscinov lasciò l’Asiacentrale nel 1906, trasferendosi in Ucraina, a Ekaterinoslav. Quidiventò anarchico e come tale continuò la sua attività rivoluzio-naria fra gli operai della città (specialmente nelle officineSciodouar). La ragione del suo passaggio all’anarchismo fu rap-presentata dal minimalismo dei bolscevichi, che secondo lapersuazione dell’Arscinov non corrispondeva alle effettive aspira-zioni degli operai e insieme a quello degli altri partiti politici avevacausato la sconfitta della rivoluzione del 1905-’6. Nell’anarchismoArscinov trovò, secondo le sue parole, il movimento unitarioche raccoglieva in un’unica figura le aspirazioni e i desideri diuguaglianza e libertà che animano i lavoratori.

Quando nel 1906 e 1907 il governo tese su tutta la Russiauna rete di tribunali militari, un lavoro di grande portata nel-l’interno delle masse divenne del tutto impossibile. Arscinovpagò allora il suo tributo alle circostanze straordinarie e al suotemperamento di combattente: cioè compì diversi atti terrori-stici. Il 23 dicembre 1906 insieme ad alcuni compagni fece sal-

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tare il posto di polizia del quartiere operaio Amur pressoEkaterinoslav (nell’esplosione perirono tre ufficiali dei cosacchi,ufficiali di polizia e guardie delle squadre di punizione). Graziealla accuratissima preparazione, né Arscinov né i suoi compa-gni furono presi dalla polizia. Il 7 marzo 1907 Arscinov uccise arivoltellate il direttore delle officine centrali ferroviarie diAleksandrovsk, certo Vasilenko. La colpa di costui di fronte allaclasse operaia consisteva in questo: a seguito dell’insurrezionearmata di Aleksandrovsk del dicembre 1905 aveva fatto compa-rire dinanzi al tribunale di guerra un centinaio di operai: sullabase delle sue denuncie molti erano stati condannati a morte oa lunghi anni di lavori forzati; inoltre tanto prima che dopoquel fatto si era sempre mostrato cattivo e spietato oppressoredegli operai. Di propria iniziativa e tuttavia d’accordo con i sen-timenti comuni alla massa operaia, Arscinov si vendicò di que-sto nemico dei lavoratori, uccidendolo nelle vicinanze delle of-ficine davanti agli occhi di molti operai. Nell’esecuzione fu pre-so dalla polizia, battuto ferocemente e due giorni dopo con-dannato a morte per impiccagione dal tribunale militare. Maproprio nel momento in cui la sentenza doveva essere eseguita,prevalse l’opinione che l’affare Arscinov non fosse di compe-tenza del tribunale campale, ma del tribunale militare del di-stretto. Questo diede ad Arscinov la possibilità di fuggire e lafuga ebbe luogo la notte del 22 aprile 1907 durante la primamessa di Pasqua, quando i condannati erano nella chiesa dellaprigione. Alcuni compagni ancora in libertà organizzarono unattacco ardito: le guardie furono colte di sorpresa e tutte ucci-se. Tutti i prigionieri ebbero la possibilità di fuggire. Insiemead Arscinov fuggirono allora più di 15 uomini.

Arscinov passò quindi circa due anni all’estero, quasi sem-pre in Francia, e ritornò in Russia soltanto nel 1909, dove incondizioni di illegalità fece propaganda anarchica tra gli ope-rai e ne fu anche attivo organizzatore per un anno e mezzo. Nel1910, sorpreso dal governo austriaco mentre voleva spedire inRussia armi e pubblicazioni anarchiche, fu arrestato e gettatonella prigione di Tarnopol. Dopo un anno, su richiesta del go-verno russo, fu consegnato alle autorità di Mosca, accusato diaver compiuto atti terroristici e dal supremo tribunale militaremoscovita condannato a 20 anni di lavori forzati. Scontò la penanella prigione moscovita di Butyrki. Qui nel 1911 conobbe ilgiovane Nestor Machno, che l’anno prima era stato condanna-to ai lavori forzati a vita, anch’egli per atti terroristici, e già pre-cedentemente aveva sentito parlare del lavoro di Arscinov nel

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sud, quando non lo conosceva ancora. I loro rapporti durantela vita di prigione furono camerateschi; ambedue uscirono alloscoppio della rivoluzione, nei primi del marzo 1917.

Machno si pose subito all’opera rivoluzionaria nella re-gione nativa di Guliai-Pole, in Ucraina. Arscinov restò a Moscae prese parte attiva al lavoro della federazione moscovita deigruppi anarchici. Quando, dopo l’occupazione austro-tedescadell’Ucraina nell’estate del 1918, Machno venne per qualchetempo a Mosca a consigliarsi con i compagni, abitò insieme adArscinov. Così si conobbero meglio e discussero vivacemente ilproblema della rivoluzione e dell’anarchismo. Quando dopodue o tre settimane Machno tornò in Ucraina, restò d’accordocon Arscinov di mantenere i contatti. Promise di non dimenti-care Mosca e all’occasione di aiutare il movimento con mezzifinanziari. Parlarono anche della necessità di fare un giorna-le... Machno tenne la parola data: spedì a Mosca del denaroche però non giunse nelle mani di Arscinov e gli scrisseripetutamente. Lo invitava a venire in Ucraina, lo aspettava es’inquietava perché Arscinov non voleva saperne.

Dopo qualche tempo il nome di Machno comparve sututti i giornali quale guida di una considerevole formazione divolontari. Nell’aprile 1919, proprio all’inizio del movimentomachnovista, Arscinov venne a Guliai-Pole e d’allora in poi re-stò quasi continuamente nel territorio machnovista, sino allafine del movimento, nel 1921. Si occupò sopratutto dell’istru-zione popolare, ma partecipò anche a lavori organizzativi; permolto tempo fu alla testa della commissione per la cultura el’educazione popolare e redattore del giornale degli insorti Putksvobode. Soltanto nell’estate 1920 abbandonò il territorio degliinsorti, perché il movimento era crollato, e perse il manoscrittosulla storia del movimento, ormai pronto per la stampa. Dopobreve assenza, con grande fatica gli riuscì di ritornare nel terri-torio machnovista circondato d’ogni parte da bianchi e da rossi evi rimase sino all’inizio del 1921.

All’inizio del 1921, quando il governo sovietico organiz-zò il terzo tremendo pogrom contro il movimento, Arscinovlasciò la regione con un compito preciso: terminare la storiadel movimento machnovista. Dovette condurre questo lavoroin condizioni difficilissime, parte in Ucraina e parte a Mosca,ma pure riuscì a compierlo.

È chiaro quindi che l’autore di questo libro è la personapiù competente in materia. Ha conosciuto Nestor Machno moltoprima degli avvenimenti qui descritti e ha potuto osservarlo da

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vicino nei momenti più diversi del loro svolgersi. Ha conosciu-to inoltre i maggiori esponenti del movimento. Ha preso parteattiva al movimento, e ne ha vissuto la grandezza e la catastrofe.A lui più che a ogni altro erano chiari e l’intima essenza delmachnovismo e le sue tendenze ideali e organizzative. Ne havista la lotta titanica contro le potenze avverse che lo assediava-no da ogni parte. Operaio, ha fatto suo lo spirito genuino delmovimento: l’aspirazione possente delle masse lavoratrici – aspi-razione illuminata dall’idea dell’anarchismo – di prendere effetti-vamente nelle loro mani il loro destino per l’organizzazione di unanuova vita. Operaio istruito, ha profondamente mediato l’es-senza del movimento e l’ha potuta contrapporre in modo chia-ro e preciso all’ideologia delle altre forze, degli altri movimen-ti, degli altri orientamenti. Infine, ha una conoscenza precisa esicura di tutto il materiale documentario che riguarda il movi-mento. Più di ogni altro egli era nella situazione di assumereun atteggiamento critico nei confronti di tutte le notizie e ditutto il materiale accumulato, di poter distinguere l’essenzialedal non essenziale, l’indicativo dall’indifferente, il fondamen-tale dall’accessorio.

Perciò egli ha potuto comprendere interamente uno de-gli episodi più caratteristici e significativi della rivoluzione rus-sa e metterlo in piena luce, nonostante una molteplicità di con-dizioni sfavorevoli e la ripetuta perdita di manoscritti materiali do-cumenti.

Cosa dire sulle qualità particolari del libro? A noi sembrache l’opera che presentiamo si chiarisca da sola.

Tuttavia vogliamo far rilevare che è stata scritta con scru-polosità e precisione straordinarie. Nessun fatto dubbio vi hatrovato luogo. Anzi molti episodi interessanti e caratteristici emolti dettagli furono dall’autore tralasciati per amore di conci-sione. Furono pure omessi momenti o interi fatti per l’impossi-bilità di documentarli con dati precisi.

La perdita di moltissimi documenti caratteristici ha influi-to grandemente su questo lavoro. Quando l’autore per la quar-ta volta perse insieme al manoscritto molti documenti preziosi,fu tanto depresso che restò qualche tempo in dubbio prima dimettersi di nuovo al lavoro. Soltanto la coscienza della necessi-tà di dare una visione obiettiva, anche se incompleta, delmachnovismo lo convinse a rimettersi all’opera.

Si intende che un nuovo lavoro sulla storia del movimen-to machnovista deve essere più vasto e completato da nuovi dati.Questo movimento è di tanta mole e profondità, tanto caratte-

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ristico, che dovrà passare molto tempo perché possa essere va-lutato in tutta la sua portata. Il presente libro è soltanto il primoserio contributo allo studio di uno dei movimenti rivoluzionaridella storia più importanti e più indicativi.

Alcune affermazioni di principio espresse dall’autore pos-sono discutersi. Ma non appartenendo all’elemento fondamen-tale del libro non sono state sviluppate sino in fondo. Osservia-mo che il giudizio dell’autore sul bolscevismo, quale nuova ca-sta dominante che dà il cambio alla borghesia e tende coscien-temente alla dittatura economica e politica sulle masse lavora-trici, presenta un interesse notevole.

L’essenza del machnovismo è espressa in questo lavoronel modo più chiaro possibile. Il termine stesso machnovismoacquista per l’autore un significato eccezionalmente largo, quasiesemplificativo. Con esso l’autore intende un particolare movi-mento di lavoratori, con una speciale configurazione e una suaindipendente natura rivoluzionaria e classista, movimento chegradatamente prende coscienza di sé ed emerge sul vasto cam-po della storia. L’autore stima che il machnovismo ne sia unodei primi e più significativi fenomeni e lo contrappone cometale alle forze e agli altri movimenti della rivoluzione. Così vie-ne in maggior rilievo la casualità del termine machnovismo. Ilmovimento sarebbe esistito anche senza Machno, poiché sareb-bero esistite quelle forze e quelle masse vive che lo crearono, losvilupparono e fecero risaltare Machno soltanto quale suo ca-pace condottiero militare. L’essenza del machnovismo sarebberimasta la stessa anche se il suo nome fosse stato un altro e lasua teorica si fosse espressa con diversa (minore o maggiore)precisione.

La personalità e la parte avuta da Machno nel movimen-to sono delineate in modo molto chiaro. I rapporti del movi-mento con le diverse forze nemiche – la controrivoluzione e ilbolscevismo – sono descritti in maniera esauriente. Le paginededicate ai vari momenti della lotta eroica del machnovismocon queste forze avvincono e commuovono. Il problema estre-mamente interessante che riguarda i reciproci rapporti framachnovismo e anarchismo non è stato sufficientemente stu-diato dall’autore. Egli mette in evidenza la situazione generalee fondamentale che gli anarchici – più precisamente gli espo-nenti dell’anarchismo – restarono lontani dal movimento: se-condo l’espressione dell’autore «dormirono tutto il tempo in cui ilmovimento fu attivo». L’autore spiega questo fenomeno sopratuttocon la circostanza che un notevole numero di anarchici era gra-

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vemente affetto dal senso di partito – cioè da una funesta tenden-za a dirigere le masse, le loro organizzazioni e i loro movimenti.Di qui la incomprensione da parte di questi anarchici per imovimenti di massa effettivamente indipendenti, che nascevanointorno a loro e chiedevano soltanto un aiuto nel campo teori-co, ma un aiuto sincero e pieno di abnegazione. E il loro atteg-giamento verso tali movimenti fatto essenzialmente di preven-zioni e di disgusto. Tuttavia tali affermazioni e tali spiegazionisono insufficienti; sarebbe stato necessario allargare e appro-fondire il problema. Fra gli anarchici l’atteggiamento verso ilmachnovismo poteva essere di tre specie: o chiaramente scetti-co, o neutrale, o decisamente positivo. L’autore è certo in que-st’ultima posizione. Ma in realtà questo problema non è legatoall’essenza del libro. D’altra parte i fatti esposti nell’operariconfermano ad evidenza la sua posizione... Dobbiamo spera-re che il problema riceva una ulteriore elaborazione nelle pagi-ne della stampa anarchica e che la discussione di tutti i suoiaspetti conduca a risultati positivi per il movimento. È inutiledire che tutte le storie di banditismo, d’antisemitismo e d’altremanifestazioni negative connesse con il movimento machnovi-sta dovranno completamente cessare, non appena appariràquesto libro. Se il machnovismo – come ogni altra manifesta-zione umana – ha avuto le sue ombre i suoi errori le sue defi-cienze i suoi lati negativi, tutto ciò, a quanto assicura l’autore, èstato tanto irrilevante, se comparato con la sua grandiosa natu-ra positiva, che sarebbe fuori luogo soffermarvisi in modo par-ticolare. Tutte le deficienze sarebbero facilmente scomparse seappena il movimento avesse potuto svilupparsi e costruire inlibertà. Quest’opera chiarisce bene con quanta semplicità, faci-lità, naturalezza il movimento abbia superato tutta una serie dipregiudizi nazionali religiosi razziali etc. Questo fatto è straor-dinariamente indicativo: mostra ancora una volta quanto lonta-no e facilmente possano andare le masse lavoratrici entusiasmateda un deciso impulso rivoluzionario, purché siano effettivamenteesse a creare la loro rivoluzione, purché gli sia concessa vera edintegrale libertà di ricerche e di azione. Le loro vie sono infini-te, purché non gli siano chiuse con artifici premeditati.

Ma per noi i meriti fondamentali di questo libro sono iseguenti:

l°) Mentre molti stimavano e ancora stimano che ilmachnovismo sia stato soltanto un episodio militare particolare,un audace movimento partigiano che avesse in sé tutti i difetti etutta la sterilità di un fatto militare (molti proprio su questo

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fondarono il loro atteggiamento negativo verso il movimentomachnovista), l’autore dimostra con dati irrefutabili la falsità ditale giudizio. Con una serie di segni precisi egli ci apre dinnanziagli occhi il quadro distinto di un movimento di vaste masse lavo-ratrici, libero, nutrito di profondi ideali e, nonostante la suabrevità, naturalmente incline a creare ed a organizzare, movimen-to di masse che si apprestarono una forza strettamente saldataalla loro vita, soltanto per necessità di difendere la loro rivolu-zione e la loro libertà. Così è confutato un pregiudizio tantodiffuso nei confronti del machnovismo. È da rilevarsi che l’au-tore fa serio rimprovero al machnovismo di aver in certo mododisprezzato il lato strategico dell’azione militare. Il primo erroredei machnovisti l’autore stima essere stato quello: se essi avesse-ro organizzato in tempo una seria difesa della regione su confi-ni il più possibile lontani, tutta la rivoluzione in Ucraina e quin-di anche fuori avrebbe potuto risolversi in maniera interamen-te diversa. Se l’autore ha ragione, a questo riguardo il destinodel machnovismo può essere avvicinato a quello degli altri mo-vimenti rivoluzionari del passato, sui quali gli errori militari eb-bero ripercussioni fatali. In ogni caso preghiamo il lettore diaumentare la sua attenzione su questo problema che può darluogo a considerazioni molto utili.

2°) La piena indipendenza del movimento è chiaramentedelineata: l’energia e la coscienza con cui si difese da tutte leforze di qualsiasi natura che volevano imporsi dal di fuori.

3°) È definito in maniera netta e precisa l’atteggiamentodel bolscevismo e dell’autorità sovietica nei confronti del feno-meno machnovista. Sono spiegate tutte le invenzioni e le giusti-ficazioni dei bolscevichi. Sono svelate e messe in piena luce leloro criminali macchinazioni, le loro menzogne, la loro naturaprofondamente controrivoluzionaria. A questa parte del librosarebbe opportuno mettere come epigrafe le parole da me col-te sulla bocca del comandante della sezione per le operazionisegrete della Ceka panrussa, Samsonov (quando in prigione fuisottoposto ad un interrogatorio da parte del giudice istruttore):alla mia osservazione che l’azione dei bolscevichi controMachno, mentre vigeva l’accordo con lui, era stata un vero tra-dimento, Samsonov ribattè vivacemente: «Perché la stimate un tra-dimento? Secondo noi questo dimostra soltanto che noi siamo degli abilipolitici: quando Machno ci era utile, abbiamo saputo sfruttarlo: quan-do è diventato inutile, abbiamo saputo liquidarlo».

4°) Molti sinceri rivoluzionari pensano che l’anarchismosia una fantasia di ideali e giustificano il bolscevismo come l’uni-

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ca realtà possibile, inevitabile e necessaria allo sviluppo dellarivoluzione sociale mondiale, realtà che costituisce una tappaconcreta di questa rivoluzione. I lati negativi del bolscevismovengono in tal modo considerati inesistenti e trovano in se stes-si una solida giustificazione. Questo libro dà un colpo mortale atale modo di pensare, ponendo chiaramente due punti basilari:1) le tendenze anarchiche apparvero nella rivoluzione russa –fin tanto che questa restò una vera e indipendente rivoluzione dellemasse lavoratrici – non come una «dannosa utopia di sognatori»,ma come un realissimo e concreto movimento rivoluzionario di quellemasse; 2) come tale, esso fu soffocato dal bolscevismo con preme-ditazione, ferocia, viltà. I fatti esposti in questo libro dimostra-no che la realtà del bolscevismo è essenzialmente la stessa dellozarismo. Riaffermano in modo concreto e chiaro e contrappon-gono alla natura del bolscevismo la profonda lealtà e realtà del-l’anarchismo, come unica ideologia veramente rivoluzionaria della classelavoratrice, tolgono al bolscevismo ogni ombra di giustificazionestorica.

5°) Il libro offre abbondante materiale perché gli anarchiciridiscutano molti dei loro valori. Provoca qualche nuovo problemaed espone una serie di fatti che contribuiscono ad una più esat-ta soluzione di problemi non nuovi; infine riconferma alcuneverità fondamentalmente dimenticate che è molto utile studia-re e riesaminare.

Sebbene questo libro sia stato scritto da un anarchico,tuttavia il suo interesse e il suo significato superano assai i limitidi questa o di quella determinata cerchia di lettori.

Per molti rappresenterà una scoperta intera e inaspetta-ta. A molti aprirà gli occhi sugli avvenimenti del presente. Amolti illuminerà di nuova luce questi stessi fatti.

Ogni operaio, ogni contadino, ogni rivoluzionario, ogniuomo pensoso e interessato alla realtà debbono leggere con at-tenzione questo libro, riflettere sulle considerazioni che lo chiu-dono, rendersi chiaro conto del suo insegnamento.

Oggi che la vita è pregna di avvenimenti e il mondo èsaturo di lotta; oggi che la rivoluzione batte a tutte le porte e staper prendere nel suo turbine ogni mortale; oggi che in tutta lasua vastità si svolge una immensa contesa, non soltanto tra lavo-ro e capitale, fra un mondo che finisce e un mondo che nasce,ma anche tra i partigiani dei diversi metodi di lotta e di rico-struzione; oggi (maggio 1923) che il bolscevismo tuona su tuttala terra e chiede sangue al suo tradimento della rivoluzione erecluta adepti con la violenza l’inganno il denaro; oggi che

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Machno sofferente in una prigione di Varsavia può essere con-solato solo dal pensiero che le idee per le quali ha combattutonon muoiono ma si diffondono e si rafforzano, oggi ogni libroche illumini le vie della lotta rivoluzionaria deve essere presen-te in ogni casa.

L’anarchismo non è un privilegio di eletti ma un insegna-mento vasto e profondo e una visione del mondo che tutti de-vono conoscere. Forse il lettore non diverrà anarchico; forsepotrà accadergli ciò che accadde ad un vecchio professore, ca-pitato a una conferenza anarchica. Commosso fino alle lacri-me, alla fine disse: «E io che sono un professore, ho vissuto tantosenza sapere nulla di questa meravigliosa dottrina... Ne ho vergogna».

Forse il lettore non sarà mai anarchico. Non è necessarioessere anarchico: ma conoscere l’anarchismo – si deve.

VOLIN

maggio 1923.

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INTRODUZIONE

IL MACHNOVISMO è un fenomeno grandioso della vitarussa. Per profondità e multiformità di idee esso supera tutti gliautentici movimenti di lavoratori che ci siano noti. Il complessodei fatti che vi si riferiscono è immenso. Ma nelle condizionidell’attuale realtà comunista non c’è neppur da pensare allapossibilità di raccogliere tutto il materiale necessario ad il-luminarlo. Ciò sarà opera degli anni venturi.

Un lavoro sulla storia del movimento machnovista è statointrapreso da me quattro volte e a questo scopo avevo raccoltocon ogni cura tutto il materiale. E tutte quattro le volte il la-voro, portato a metà, andò perso insieme al materiale. Due vol-te in battaglia, e due volte in casa ad opera di perquisizioni.Materiale particolarmente prezioso scomparve nel gennaio del1921 a Charkov. Esso comprendeva tutto quanto era al fronte,nel campo machnovista e negli archivi privati di Machno: ap-punti suoi relativi a moltissimi fatti, gran numero di edizioni edi documenti del movimento, dettagliate notizie biografiche sugli uomini responsabili che vi presero parte e la collezione com-pleta del giornale La via della libertà. Ritrovare in poco tempoanche solo una parte del materiale perso era impossibile. Per-ciò questo lavoro è stato compiuto nonostante l’assenza di mol-ti documenti assolutamente indispensabili. Inoltre fu compo-sto in un primo tempo in mezzo alle battaglie, poi nellesgradevolissime condizioni create dalla polizia nell’attuale mon-do sovietico, dove occorre scrivere come nelle galere dello zar icondannati scrivevano i bigliettini, cioè in qualche angolo onascondendosi dietro un tavolo, con eterna circospezione purdi non essere sorpresi dalle autorità.

È naturale quindi che il lavoro abbia un carattere affret-tato e presenti molte lacune. Il momento esige tuttavia che unlavoro sulla storia del movimento sia edito seppure in questaforma incompleta. Di conseguenza esso non intende esaurirel’argomento ma soltanto cominciarlo e avrà una ulterioreelaborazione e un seguito. Ma per far ciò è necessario racco-gliere il materiale che interessa il movimento. Prego tutti i com-pagni che abbiano qualcosa, di farmela avere.

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In questa prefazione desidero dire qualche parola ai com-pagni lavoratori dell’estero. Molti di loro arrivando in Russiaper questo o quel congresso, vedono la vita russa come l’auto-rità gliela porge. Visitano le fabbriche di Pietrogrado di Mosca edi altre città e prendono conoscenza della situazione di quellesulla base dei dati offerti dal partito al governo o dai gruppipolitici affini al loro.

Tale conoscenza di ciò che accade in Russia non ha alcunvalore. Agli ospiti che vengono di lontano si mostra sempre unavita diversa dalla realtà. Diamo questo esempio: nel 1912 o nel1913 uno scienziato di Amsterdam – mi pare Israël de Haan –venne in Russia per conoscerne le prigioni e le galere. Il go-verno zarista gli diede la possibilità di visitare le carceri di Mo-sca, Pietrogrado e di altre città. Il professore entrò nelle celle,conobbe la vita dei carcerati, parlò con loro. Ma nonostantetutto ciò e nonostante egli si mettesse in relazione illegale conalcuni condannati politici (Minor ed altri) egli, delle prigionirusse, in generale non vide nulla più di quanto le autorità localivollero lasciargli vedere; mentre ciò che era particolare alla ga-lera russa gli rimase ignoto.

Ebbene, ciò che accadde a Israël de Haan capita ora atutti i compagni dell’estero che vengono in Russia e pensano diconoscerne la vita in un breve tempo, sul fondamento dei datipresentati loro dal partito al governo o dagli agenti dei partitipolitici rivali. Essi quindi incorrono inevitabilmente in gravierrori. Per afferrare la vera vita russa è necessario andare o incampagna come semplice contadino, o in fabbrica, come ope-raio, ricevere la razione di viveri economico-politica che l’au-torità comunista dà al popolo, reclamare i diritti sacri al lavoro,e quando non li concedono combattere per averli, e combatte-re rivoluzionariamente, poiché la rivoluzione è il più alto dirit-to del lavoro; soltanto così l’autentica vita russa (non quellamessa in vetrina) balzerà direttamente al viso di chi avrà osatofar ciò. Allora a costui non sembrerà strana la storia che io rac-conto in questo libro. Vedrà con terrore e commozione che inquesto momento in Russia, come dappertutto, i diritti essenzia-li ai lavoratori sono calpestati, e comprenderà l’eroismo delmovimento machnovista, che questi diritti difende.

Mi sembra che ogni proletario pensoso e preoccupato deidestini della sua classe sarà d’accordo nel riconoscere che sol-tanto così occorre studiare la vita russa, come ogni altra. Tuttoquanto sinora, comunemente, le delegazioni estere hanno fat-to in Russia allo scopo di comprenderne la vita è un non-senso,

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un’azione auto-ingannatrice, un picnic oltre confine, una sem-plice perdita di tempo.

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CAPITOLO I

DEMOCRAZIA E MASSE LAVORATRICINELLA RIVOLUZIONE RUSSA

Non si conosce rivoluzione nella storia del mondo, che ilpopolo lavoratore (intendo gli operai delle città ed i contadinipoveri che non sfruttano la fatica altrui) abbia risolto in funzio-ne dei propri interessi. Quantunque operai e contadini sianostati la forza principale d’ogni grande rivoluzione e abbianosopportato innumerevoli sacrifici per il suo trionfo, i dirigenti,gli ideologi, gli organizzatori delle forme e degli scopi della ri-voluzione furono, invariabilmente, non operai o contadini, maun elemento laterale, estraneo, comunemente un elementomedio, incerto fra la classe dominante dell’epoca morente e ilproletariato della città e della compagna.

Sempre questo elemento nacque e crebbe sulla superfi-cie di decomposizione (prodotta dal continuo tendere verso lalibertà da parte delle masse asservite) dello strato vecchio, delvecchio sistema di governo. Grazie alle sue qualità di classe ealla pretesa di impadronirsi del governo esso assunse, in rap-porto al regime politico morente, una posizione rivoluzionariae facilmente divenne guida dei lavoratori asserviti, guida deimovimenti rivoluzionari delle masse. Ma organizzando la rivo-luzione e conducendola all’insegna degli interessi esclusivi de-gli operai e dei contadini, quest’elemento perseguì invece sem-pre i suoi ristretti interessi di gruppo o di casta e mirò a sfrut-tare tutto il movimento rivoluzionario per raffermare la pro-pria posizione di dominio sul paese. Così accadde durante larivoluzione inglese, al tempo della grande rivoluzione france-se, nelle rivoluzioni francese e tedesca del ’48. Così accadde inmoltissime altre rivoluzioni in cui il proletariato della città edella campagna versò sangue a combattere per la libertà, men-tre i frutti dei suoi sacrifici e dei suoi sforzi raccolsero condot-tieri e politici di vario nome, che alle spalle del popolo sfrut-tarono problemi e fini della rivoluzione conformemente agli

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interessi dei loro gruppi.Durante la grande rivoluzione francese i lavoratori sop-

portarono sforzi e sacrifici immensi per il suo trionfo. Ma forsegli agenti politici di quella rivoluzione erano figli del proleta-riato e combattevano per le sue idee: uguaglianza e libertà? Nien-te affatto. Danton, Robespierre, Camille Desmoulins e la seriedegli altri signori della rivoluzione erano i rappresentanti piùpuri della borghesia liberale di allora. Essi combattevano perun determinato modo borghese di relazioni sociali, nulla aven-te in comune con le idee rivoluzionarie di uguaglianza e libertàdelle masse popolari della Francia nel secolo XVIII. Eppure essierano stimati e sono stimati e riconosciuti ancor oggi da tutticome i capi della grande rivoluzione. E forse dopo la rivoluzio-ne francese del ’48 la classe lavoratrice, che aveva dato alla rivo-luzione tre mesi di fatiche eroiche, di pene, di privazioni, disacrifici, ottenne la repubblica sociale, come le avevano promes-so i dirigenti? Ottenne asservimento sociale, massacri innumerie la fucilazione di cinquantamila operai parigini, quando ultimitentarono di insorgere contro i dirigenti che li avevano ingan-nati.

In tutte le rivoluzioni del passato i contadini e gli operairiuscirono appena ad indicare le loro direzioni fondamentali, acreare la loro corrente, che fu sempre sviata e quindi liquidatadai duci della rivoluzione, più intelligenti, più astuti, più infor-mati. Le conquiste più importanti che i lavoratori ottennero inquelle rivoluzioni – ossa spolpate, come i diritti di riunione as-sociazione e stampa, come il diritto di scegliersi un governo –anche queste durarono brevissimo tempo, sino a quando l’au-torità nuova non si fu raffermata interamente. Dopo, la vita dellemasse fu ricondotta alla privazione di diritti, allo sfruttamento,all’inganno, come prima.

Soltanto nei movimenti di masse dal basso, come la rivoltadi Razin o le sollevazioni rivoluzionarie dei contadini e deglioperai degli anni nostri, il popolo fu padrone del movimento egli diede forma e contenuto suoi. Ma questi movimenti che in-contrarono generalmente il biasimo e le maledizioni di tuttal’umanità pensante non hanno ancora vinto in nessun luogo,mentre per modi e sostanza si distinguono nettamente dallerivoluzioni guidate da gruppi o partiti politici.

Indubbiamente la nostra rivoluzione, in quanto rivoluzio-ne politica, realizza con le forze del popolo interessi non po-polari. Fatto fondamentale di questa rivoluzione, dopo i gran-dissimi sacrifici, le sofferenze e gli sforzi rivoluzionari degli ope-

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rai e dei contadini, è la presa di possesso della autorità politicada parte di un gruppo intermedio, la così detta intelligenza rivo-luzionaria socialista o democrazia socialista.

Dell’ intelligenza socialista – russa e internazionale – si scris-se molto. Normalmente è stata esaltata, chiamata portatrice deipiù alti ideali, paladina della verità eterna. Più raramente è sta-ta criticata. Ma tutto ciò che ne fu scritto, tanto il bene che ilmale, contiene un difetto essenziale: era essa stessa a definirsi,essa stessa a esaltarsi o a criticarsi. Allo spirito indipendente deglioperai e dei contadini, ciò non persuade affatto, come non puòavere alcun significato nelle relazioni fra di essa e il popolo.Quest’ultimo nei suoi rapporti con lei terrà conto soltanto deifatti; e il fatto concreto incontestabile nella vita dell’intelligenzasocialista è questo: essa ha sempre fruito di una posizione socia-le privilegiata. Vivendo di privilegi, l’intelligenza si è fatta privile-giata non soltanto socialmente ma anche psicologicamente. Tuttii suoi sforzi spirituali – ciò che si chiama ideale sociale – portanoinevitabilmente in sé lo spirito del privilegio di casta. Possiamoriscontrarlo nel corso di tutto lo sviluppo sociale dell’intelligen-za. Se prendiamo l’epoca dei decabristi quando cominciò il mo-vimento rivoluzionario dell’intelligenza e quindi percorriamo suc-cessivamente tutte le tappe di questo movimento – populismo,movimento della libertà popolare, marxismo ed in generale so-cialismo in tutte le sue ramificazioni – troviamo sempre chiaroquesto spirito di privilegio di casta.

Per quanto elevato possa essere un ideale sociale nellasua forma esterna, se contiene dei privilegi, che il popolo devepagare con la sua fatica e con la rinuncia ai suoi diritti, esso nonè già più verità pura. E un ideale sociale che non offra al popo-lo una verità pura è per esso unicamente menzogna. Menzognadi tale natura è per il popolo ogni ideologia dell’intelligenzasocialista e questa stessa intelligenza. Ciò predetermina tutto neirapporti fra popolo e intelligenza. Il popolo non dimenticherà enon perdonerà mai che, con la coazione del suo lavoro e la pri-vazione dei suoi diritti, un determinato gruppo sociale si siacostruito privilegi e si sforzi di trasportarseli nella società futura.Il popolo è solo; la democrazia e la sua ideologia socialista sonoqualcosa d’altro, che gli si avvicina piano piano e con astuzia.

Naturalmente ci furono singole nature eroiche le quali,come Sofia Perovskaia, superarono quel basso amore ai privilegipresente nel socialismo; ma questo perché esse si presentavanoi fenomeni sociali non da un punto di vista di classe o di demo-crazia, ma da un punto di vista psicologico o etico. Sono come i

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fiori della vita, che abbelliscono la pianta della stirpe umana.Bruciati dalla passione della verità, si offrirono interamente aservizio del popolo e con la loro chiara esistenza oscuraronomaggiormente il carattere falso della ideologia socialista. Il po-polo non le dimenticherà mai e porterà sempre nei cuori unamore grande verso di esse.

Le inquiete ricerche politiche della intelligenza russa del1825 si concretarono, dopo mezzo secolo, in un definito siste-ma di socialismo di stato, mentre essa si mutò in un precisogruppo sociale ed economico: la democrazia socialista. I rap-porti tra essa e il popolo finirono di determinarsi: il popoloprocede verso un autogoverno civile ed economico; la demo-crazia preme per esercitare il potere su di lui. Il loro legamepuò mantenersi soltanto a mezzo di astuzia, inganno e impo-sizione, ma in nessun modo può essere un legame naturale,basato sulla forza di una comunanza di interessi. Essi sono ne-mici l’uno dell’altra.

La stessa idea statale, l’idea cioè di un governo coercitivosulle masse, è sempre stata propria di quegli individui, nei qualimanca il sentimento dell’uguaglianza e impera invece l’istintodell’egoismo; per i quali la massa umana è materia bruta, privadi volontà, di iniziativa e di coscienza, incapace di atti di socialeautoreggimento.

Quest’idea fu sempre appannaggio dei gruppi privilegia-ti, dominanti al di fuori del popolo che lavora: le caste patriar-cali, la classe dei guerrieri, la nobiltà, il clero, la borghesia delcommercio e dell’industria, ecc.

Non a caso quindi il socialismo contemporaneo si è mo-strato geloso custode di questa idea; essa è l’ideologia della nuovacasta dominante. Se osserviamo attentamente i latori e i propa-gandisti del socialismo di stato, vediamo che ognuno di essi ècarico di tendenze centralizzatrici, ognuno guarda a sé primadi tutto, come al centro che diriga e ordini le masse. Questotratto psicologico del socialismo di stato e dei suoi banditori èla diretta continuazione della natura intima dei precedenti grup-pi di governanti, già finiti o in via di finire.

Secondo fatto fondamentale della nostra rivoluzione è chegli operai e i contadini-lavoratori restano nella primitiva po-sizione di classi lavoratrici, produttori amministrati dall’autoritàsuprema.

Oggi in Russia ogni realizzazione cosiddetta socialista, ogniapparato statale governante il paese, ogni creazione di rapportipolitico-sociali, non è altro, nella sua essenza, che l’impianto di

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una nuova signoria di classe sopra i produttori, la costruzionedi un nuovo potere socialista sopra di loro. Il piano di questacostruzione e di questa dominazione è stato elaborato e prepa-rato nel corso di decenni dai capi della democrazia socialista eprima della rivoluzione russa era noto sotto il nome di colletti-vismo. Ora si chiama sistema sovietico.

Oggi per la prima volta questo piano è posto in atto sulterreno del movimento rivoluzionario degli operai e dei conta-dini russi. È il primo tentativo operato dalla democrazia socia-lista per rafforzare sul paese la sua potenza di stato valendosidella rivoluzione. E come primo tentativo, intrapreso soltantoda una parte della democrazia – in verità la più attiva, la piùrivoluzionaria, quella sempre piena di iniziative, cioè la sua alasinistra – e inaspettato dalla grande massa democratica, con lesue forme nette, ruppe in un primo tempo la stessa democraziain più gruppi che si combattevano a vicenda. Alcuni di questigruppi – menscevichi, socialisti rivoluzionari e altri – stimavanoprematuro e arrischiato introdurre il comunismo in Russia inquel momento. Essi speravano ancora di riuscire a dominare ilpaese col potere dello stato, per la via cosiddetta legale e parla-mentare: di raggiungere cioè la maggioranza dei seggi in parla-mento coi voti che gli avrebbero dato gli operai e i contadini.Per queste divergenze entrarono in lotta con i loro compagnidi sinistra, i comunisti. Ma questo dissidio è temporaneo, casua-le, poco profondo. È generato dalla incomprensione completadi una larga parte della democrazia, quella più timida, del si-gnificato del rivolgimento politico compiuto dal bolscevismo.Ma non appena essa avrà visto che il sistema comunista non leapporta alcun male, mentre le apre cariche importanti nel nuovostato, ogni dissidio fra i gruppi nemici cadrà ed essa passeràinteramente sotto la guida dell’unico partito esistente, il parti-to comunista.

Possiamo già osservare come l’orizzonte della democra-zia si stia schiarendo, qua e là, in questo senso. Da noi e all’este-ro molti gruppi e molti partiti si uniscono alla piattaforma sovieti-ca. Partiti politici grandiosi di paesi diversi, che sono stati i per-ni della seconda internazionale e da quella hanno combattutoil bolscevismo, si raccolgono ora nel grembo dell’internazionalecomunista, e si avvicinano alla classe operaia spiegando la ban-diera comunista e gridando evviva alla dittatura del proletariato.

Ma come le grandi rivoluzioni del passato in cui hannolottato gli operai e i contadini, così anche la nostra rivoluzioneha espresso dal suo seno molte autonome iniziative di lavorato-

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ri nella loro lotta per la libertà e l’uguaglianza ed ha lasciatochiaramente vedere le loro correnti e le loro fondamentali esi-genze rivoluzionarie. Una di queste correnti, la più potente, lapiù limpida, è il machnovismo. Per tre anni esso ha eroicamentelottato per aprire e tener aperta la via sulla quale i lavoratorirussi avrebbero dovuto passare a raggiungere le loro mete seco-lari, la libertà e l’indipendenza.

Nonostante gli accaniti tentativi operati dal partito comu-nista per ostacolare questa corrente, divergerla e inquinarla,essa continuò a crescere, mantenersi forte e diffondersi su di-versi fronti della guerra civile, talvolta portando seri colpi aisuoi nemici e sollevando le speranze rivoluzionarie degli operaie dei contadini nella Russia Grande, in Siberia e nel Caucaso.La ragione della rapida diffusione del machnovismo sta nel fat-to che una parte dei contadini e degli operai russi era in uncerto grado a conoscenza della storia delle rivoluzioni degli al-tri popoli e dei movimenti rivoluzionari dei suoi antenati e po-teva quindi appoggiarsi sulla loro esperienza. Inoltre dalle filedei lavoratori uscirono uomini che seppero attrarre, render pre-cisa e fermare l’attenzione delle masse sopra gli elementi essen-ziali e fondamentali del loro movimento rivoluzionario, con-trapporre questi alle conquiste politiche della democrazia e di-fenderli con dignità accanimento e capacità.

Prima di passare alla storia del movimento machnovistaoccorre osservare quanto segue. Spesso la rivoluzione russa èchiamata rivoluzione d’ottobre. Con ciò si confondono due fe-nomeni distinti: le parole d’ordine per le quali la massa compìquel rivolgimento, con i risultati di quel rivolgimento.

Nell’ottobre del ’17 le masse agirono sotto la spinta delleparole d’ordine: «Le fabbriche agli operai! La terra ai contadini!».In questo motto breve ma di significato profondo era contenu-to tutto il loro programma social-rivoluzionario: abbattimentodel capitalismo, del lavoro salariato, della schiavitù imposta dal-lo stato, e organizzazione di una vita nuova sui principi dell’au-togoverno dei produttori. In realtà questo programma non fuposto in essere dal rivolgimento dell’ottobre. Il capitalismo nonè stato distrutto ma riformato. Il lavoro salariato e lo sfrutta-mento dei produttori sono restati con la stessa forza di prima. Ilnuovo apparato statale ha soffocato la libertà dei lavoratori nonmeno di quanto l’avesse soffocata il governo dei latifondisti e deicapitalisti privati. In tal modo la rivoluzione russa può definirsirivoluzione d’ottobre soltanto in un significato ristretto e deter-minato: il significato della realizzazione in essa degli scopi e dei

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compiti del partito comunista.Il rivolgimento d’ottobre è soltanto una tappa nel corso

generale della rivoluzione russa, come il febbraio e il marzo1917 non furono che una tappa della nostra rivoluzione. Delleforze rivoluzionarie del sommovimento d’ottobre si è valso ilpartito comunista per i suoi piani e per i suoi scopi. Ma questoatto non rappresenta tutta la nostra rivoluzione. Il suo corsogenerale comprende molti altri movimenti che non si sono fer-mati a quell’ottobre, ma hanno proceduto oltre verso la realiz-zazione dei compiti storici propri degli operai e dei contadini,cioè di una loro società senza stato, fondata sul lavoro e sullauguaglianza. E questo ottobre, che dura da troppo tempo e giàs’irrigidisce, dovrà pure far luogo alla prossima tappa della ri-voluzione popolare. Altrimenti la rivoluzione, come tutte le al-tre del passato, sarà stata soltanto un cambio di potere.

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CAPITOLO II

IL RIVOLGIMENTO D’OTTOBRENELLA RUSSIA GRANDE E NELL’ UCRAINA

A chiarire i vari aspetti della rivoluzione russa è necessarioinsistere sulla propaganda e sullo sviluppo delle idee rivoluzio-narie fra gli operai e i contadini in quel periodo che va dal 1900al 1917 e sul significato del rivolgimento d’ottobre nella RussiaGrande e nell’Ucraina.

A cominciare dal 1900-1905 la propaganda rivoluzionariafra gli operai e i contadini fu condotta dai rappresentanti didue dottrine fondamentali: il socialismo di stato e l’anarchismo.Il socialismo di stato era predicato da alcuni partiti democraticiottimamente organizzati (bolscevichi, menscevichi, socialisti ri-voluzionari) e da una serie di movimenti politici di natura affi-ne a questi. L’anarchismo invece disponeva di pochi gruppi epoco numerosi, che per di più non vedevano con chiarezza suf-ficiente i propri compiti nella rivoluzione. Il campo dellapredicazione e della educazione politica fu perciò conquistatoquasi interamente dalla democrazia, che educò le masse nellospirito dei suoi programmi e dei suoi ideali politici. La conqui-sta di una repubblica democratica era il suo compito normale; larivoluzione politica era il mezzo per realizzare questo compito.

L’anarchismo al contrario rifiutava la democrazia comeuna delle forme di società statizzata e la rivoluzione politica comemezzo della sua affermazione. Compito degli operai e dei con-tadini stimava essere soltanto la rivoluzione sociale e a questachiamava le masse. L’anarchismo era l’unica dottrina che pre-dicasse la distruzione completa del capitalismo in nome di unasocietà di lavoratori libera e senza stato. Ma, disponendo di unnumero di collaboratori estremamente piccolo e privo di unprogramma concreto per l’immediato domani, l’anarchismonon poté diffondersi largamente né attecchire fra le masse comela loro precisa teoria politico-sociale. Ciò nonostante grazie alfatto che esso si avvicinava agli elementi più importanti nella

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vita delle masse asservite, non le adulava con finzioni, le istrui-va alla lotta per i loro immediati interessi e alla coscienza dipoter morire in questa lotta, grazie a ciò l’anarchismo poté faresprimere dal seno stesso della classe lavoratrice moltissimicombattenti e martiri della rivoluzione sociale, e le sue ideesostennero la prova della lunga reazione tzarista, conservando-si nel cuore di numerosi lavoratori della città e delle campagnecome il loro ideale politico-sociale.

Figlio legittimo della democrazia, il socialismo poté sem-pre disporre di immense forze intellettuali. Studenti, professo-ri, medici, avvocati, giornalisti ecc. o erano marxisti dichiarati oquasi interamente consentivano al marxismo. Grazie alle sueforze numerose e provate nella politica, il socialismo riuscì sem-pre a tenere con sé una parte notevole degli operai, sebbene lichiamasse alla lotta per quegli ideali della democrazia ch’essi onon comprendevano o disprezzavano.

Ciononostante, nel momento della rivoluzione del ’17,l’interesse e l’istinto di classe ebbero il sopravvento e trascina-rono operai e contadini ai loro scopi immediati: conquista del-la terra delle fabbriche delle officine.

Quando questa tendenza delle masse fu chiara – essa siera palesata già molto tempo prima della rivoluzione del ’17 –una parte dei marxisti (cioè la loro ala sinistra, i bolscevichi),abbandonata in fretta la loro aperta posizione democratico-bor-ghese, si misero a lanciare parole d’ordine conformi alle esi-genze dei lavoratori e nei giorni della rivoluzione non feceroaltro che correr dietro alla massa tumultuante, mirando ad im-padronirsi del suo movimento così che di nuovo, grazie a quellecapaci forze intellettuali che riempivano le file del bolscevismo ealle parole d’ordine di contenuto socialista che seducevano lemasse, l’impresa riuscì loro.

Abbiamo mostrato più sopra come il mutamento dell’otto-bre sia avvenuto sotto la spinta di due potenti parole d’ordine:«Le fabbriche agli operai! La terra ai contadini!». I lavoratori dava-no a queste parole un senso semplice che non esigeva alcuncommento: ogni impresa economica (fabbrica od officina) do-veva passare per opera della rivoluzione alla immediata ammi-nistrazione degli operai, la terra e le imprese agricole, ai con-tadini. Lo spirito di giustizia e il senso di autoefficienza insito inquelle parole penetrò tanto profondamente nella massa cheuna buona parte di questa, la più attiva, fu pronta a cominciarel’organizzazione della vita sul fondamento di esse sin dal gior-no seguente al colpo di stato. In molte città i sindacati e i comi-

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tati di fabbrica e di officina vollero subito prendere in mano ladirezione delle imprese, disporre liberamente dei prodotti,allontanare i vecchi imprenditori, e determinare le paghe concriteri autonomi. Ma tutti questi passi incontrarono la reazioneaccanita del partito comunista, ormai divenuto partito di stato.

Il partito comunista, che era stato al fianco della massarivoluzionaria e aveva emesso parole d’ordine così estremisteda parere spesso anarchiche, cambiò decisamente condotta nonappena il governo della coalizione fu abbattuto e il potere pas-sò nelle sue mani. Da quell’istante e per quel partito la rivoluzio-ne, come movimento delle masse lavoratrici guidate dalle pa-role d’ordine dell’ottobre, era finita. Il nemico capitale dei la-voratori, la borghesia industriale e agraria, era stato vinto. Ilperiodo del superamento e della distruzione delle forze del re-gime capitalistico era finito: cominciava quello della costruzio-ne comunista, l’inizio dell’edificazione proletaria. Perciò ora larivoluzione può passare soltanto attraverso gli organi dello sta-to. Prolungare la situazione in cui gli operai continuano acomandare dalla strada dalle fabbriche e dalle officine, mentrei contadini non sentono affatto l’autorità nuova e si sforzano diordinare la loro vita indipendentemente da quella, porta consé pericolose conseguenze e può disorganizzare il ruolo stataledel partito. A tutto ciò deve essere posto termine con ogni mez-zo disponibile, anche con l’oppressione esercitata dallo stato.

Tale fu il cambiamento improvviso nell’azione del partitocomunista, non appena fu al potere. Da quel momento essocominciò a opporsi accanitamente a ogni impresa socialisticatentata dalle masse degli operai e dei contadini. Naturalmentequesto completo mutamento nel corso della rivoluzione e que-sta burocratica pianificazione del suo ulteriore sviluppo furonoun passo troppo insolente per un partito legato dalla sua posi-zione soltanto ai lavoratori. Nella sua condotta ci fu moltaimpostura. Ma tale era la logica della posizione rivoluzionariapresa dal partito comunista, che diversamente non avrebbe potu-to comportarsi: così avrebbe agito ogni partito politico che nellarivoluzione avesse cercato di ottenere dittatura e dominio. Primadell’ottobre alla rivoluzione aveva tentato comandare l’ala de-stra della democrazia, menscevichi e socialisti rivoluzionari. Ladifferenza tra quelli e i bolscevichi consiste soltanto nel fattoche i primi non riuscirono o non seppero organizzare il poterené serrare le masse sotto la loro autorità.

Osserviamo ora come fu accolta dai lavoratori dell’Ucrainae della Russia Grande la dittatura del partito comunista e il suo

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contrapporsi all’ulteriore svolgimento della rivoluzione al di fuo-ri degli organi dello stato. La rivoluzione per i lavoratori dellaRussia Grande e dell’Ucraina, era la stessa cosa, ma la sta-tizzazione della rivoluzione ad opera dei bolscevichi non fu ac-colta in modo uguale. In Ucraina lo fu meno passivamente chenella Russia Grande. Cominciamo da quest’ultima. Tanto pri-ma, quanto durante la rivoluzione, il partito comunista vi con-dusse un lavoro intenso fra gli operai delle città. Sotto lo zarismoesso, che era l’ala sinistra della socialdemocrazia, si sforzò diorganizzarli sul terreno della lotta per una repubblica democra-tica, allestendosi un esercito fidato nella lotta per i suoi ideali.

Dopo l’abbattimento dello zarismo nel febbraio- marzodel ’17, cominciò per gli operai e i contadini un periodo diffici-le che non permetteva indugi. Nel governo provvisorio essi vede-vano il loro nemico effettivo. Perciò non attesero, ma comin-ciarono subito e con metodo rivoluzionario a realizzare i lorodiritti, prima la giornata lavorativa di otto ore, poi gli organismidi produzione e di consumo e la conquista della terra. In que-ste azioni il partito comunista parve loro un alleato eccellente eorganizzato. In realtà esso perseguiva con questa alleanza uni-camente i suoi scopi, ma le masse ignoravano ciò e vedevanosoltanto che il partito comunista lottava insieme a loro contro ilregime capitalista. Esso dirigeva tutta la forza delle sue strut-ture, tutta la sua organizzata esperienza politica, i suoi miglioricollaboratori nel cuore della classe operaia e dell’esercito. Im-piegava tutte le sue forze per raccogliere le masse intorno allesue parole d’ordine, giocando demagogicamente con i proble-mi doloranti del lavoro asservito, facendo proprie e rilanciandole parole d’ordine dei contadini per la terra e degli operai perun lavoro libero, e spingendoli così a un urto decisivo contro ilgoverno della coalizione. Ogni giorno il partito comunista erapresente nelle file della classe operaia, conducendo con essauna lotta instancabile contro la borghesia; e la condusse sino aigiorni dell’ottobre. È naturale quindi che gli operai della Rus-sia Grande si abituassero a vedere in esso il loro più energicocompagno nella lotta rivoluzionaria. Questa idea e il fatto chela classe lavoratrice russa non possedesse quasi nessuna or-ganizzazione rivoluzionaria sua propria (da questo punto di vi-sta era dispersa e slegata), permisero al partito di prendere inmano la guida degli avvenimenti con estrema facilità. Così, quan-do il governo della coalizione fu abbattuto dalla classe lavoratricedi Pietrogrado e di Mosca, fu naturale che il potere passasse aibolscevichi, quali autori del colpo di stato.

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Dopo questo fatto, il partito comunista impiegò ogni suaenergia all’organizzazione di una autorità forte e alla liquidazio-ne dei movimenti delle masse operaie e contadine, che in diver-se regioni del paese cercavano di raggiungere gli scopi fonda-mentali della rivoluzione con l’azione diretta. Grazie alla im-mensa influenza, conquistatasi nel periodo precedente all’otto-bre, il partito comunista vi riuscì senza alcuno sforzo particola-re. Così, sin dai primi giorni dopo la presa del potere, riuscì asoffocare i primi passi delle organizzazioni operaie che tentava-no di avviare la produzione sui principi dell’eguaglianza. Deci-ne di villaggi furono distrutti e migliaia di contadini uccisi dalpotere comunista per aver disubbidito o per aver tentato di evi-tare ogni intrusione dell’autorità nelle loro faccende. A Moscae in molte altre città il partito comunista, per liquidare le organiz-zazioni anarchiche (verso la metà dell’aprile 1918) e poi quelledei socialisti rivoluzionari di sinistra, fu costretto a impiegare icannoni e le mitragliatrici, aprendo così la porta alla guerracivile da sinistra. Ma in generale, grazie alla fiducia che gli ope-rai della Russia Grande nutrivano per i bolscevichi dopo l’ot-tobre (anche se durò poco), questi ultimi riuscirono a prende-re in mano la direzione delle masse con facilità e rapidità, inmodo da ostacolare l’ulteriore sviluppo della rivoluzione deglioperai e contadini, sostituendola con le disposizioni governati-ve del loro partito. Così ebbe termine la rivoluzione nella Rus-sia Grande.

Diversamente si svolsero le cose, prima e dopo l’ottobre,nell’Ucraina. In Ucraina il partito comunista non possedeva nep-pure la decima parte delle forze organizzate, di cui disponevanella Russia Grande. La sua influenza sugli operai e contadiniera sempre stata nulla. Il rivolgimento d’ottobre vi ebbe luogomolto più tardi, nel novembre dicembre e gennaio dell’annoseguente. In Ucraina comandava l’autorità della locale borghesianazionalista, cioè i sostenitori di Petliura. Nei confronti di que-sta borghesia, i bolscevichi non agirono con metodo rivo-luzionario ma quasi sempre con mezzi militari. Nella RussiaGrande il passaggio dell’autorità ai consigli significò nelcontempo il trapasso del potere al partito comunista. Qui, inve-ce, a causa della debolezza e dell’impopolarità del partito, iltrapasso dell’autorità ai consigli significò qualcosa di tutt’affat-to diverso. I consigli erano assemblee di operai eletti, ma senzauna forza reale, capace di sottomettere le masse. Forza effettivasi sentivano soltanto gli operai nelle officine e i contadini neivillaggi. Ma questa forza era dispersa, disorganizzata, e su di

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essa incombeva a ogni istante il pericolo della dittatura di unqualsiasi partito saldo e preparato. Per tutto il tempo della lottarivoluzionaria, la classe operaia e contadina dell’Ucraina si eraabituata ad agire liberamente, senza quel tutore onnipresentee inflessibile, che era il partito comunista nella Russia Grande.Perciò qui poté conservarsi in grado elevato quel senso di liber-tà aperta e incoercibile, che diede vita ai movimenti rivoluzio-nari delle masse ucraine.

Un altro elemento, ancora più importante nella vita deicontadini e degli operai ucraini (quelli indigeni, non gli immi-grati), erano le tradizioni di libertà conservatesi in Ucraina datempi antichissimi. Per quanto sin dal regno di Caterina II ilregime zarista avesse tentato di cancellare nel popolo ucrainoogni traccia di libertà – ricordo dei secoli bellicosi 14°, 15° e 16°e delle colonie cosacche sul basso Dnepr – si mantenne in essofino ai nostri giorni quel particolare amore all’indipendenza,che oggi si esprime nei modi di un’accanita opposizione da partedei contadini ucraini a ogni autorità che si sforzi di sottometterli.

Così il movimento rivoluzionario in Ucraina era accompa-gnato da due condizioni che mancavano nella Russia Grande:assenza di un forte e organizzato partito politico e presenza diquello spirito di libertà che appartiene al lavoratore ucrainoper tradizione storica. Ciò non poté che manifestarsi chiara-mente in tutto il carattere della rivoluzione ucraina. E, infatti,mentre in Russia la rivoluzione poté essere statizzata senza par-ticolare fatica e poi inquadrata nei ranghi dello stato comuni-sta, in Ucraina questa statizzazione procedette con difficoltà elentezza, mentre l’apparato sovietico si creava meccanicamen-te, quasi sempre con metodi militari. Contemporaneamente con-tinuava a vivere un autonomo movimento di massa, soprattuttofra i contadini. Esso era nato al tempo della repubblica demo-cratica di Petliura ed era cresciuto con lentezza, cercando lasua strada; e la cosa più importante è che questo movimentoaffondava le sue radici nel cuore stesso della rivoluzione russa.Ciò si vide distintamente sin dai primi giorni seguenti al rivol-gimento di febbraio. Era un movimento della parte più pro-fonda della classe lavoratrice, che lottava per eliminare la schia-vitù economica e creare in suo luogo un sistema nuovo, basatosulla socializzazione dei mezzi e degli strumenti di lavoro e sul-lo sfruttamento della terra con un lavoro associato.

Abbiamo osservato più sopra come in nome di questi ide-ali i lavoratori, cacciati i proprietari dalle fabbriche e dalle offi-cine, avessero affidato la direzione della produzione ai loro or-

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gani, cioè sindacati, comitati di fabbrica o anche enti ammini-strativi creati da loro per quel preciso compito. I contadini, strap-pata la terra ai possidenti e ai kulak, avevano cominciato a sfrut-tarla con un duro lavoro comune, indicando così la via a untipo completamente nuovo di economia agricola.

Questa pratica rivoluzionaria degli operai e dei contadinipoté esplicarsi quasi senza ostacoli nel corso di tutto il primoanno della rivoluzione, creando una precisa e definita linea dicondotta della massa rivoluzionaria.

Ed ogni volta che un gruppo politico, impadronitosi delpotere, tentò di rompere questa direzione rivoluzionaria, i lavo-ratori o passarono immediamente all’opposizione armata, o tro-varono altri mezzi idonei a combatterlo.

Così il movimento rivoluzionario dei lavoratori per conqui-stare l’indipendenza sociale, cominciato nei primi giorni dellarivoluzione, non morì sotto nessun potere che imperasse inUcraina. Non morì quindi neppure sotto il bolscevismo, chedopo il colpo di stato cominciò a voler introdurre nel paese ilsuo dittatoriale sistema di governo.

Cosa c’era di caratteristico in quel movimento? Il deside-rio di realizzare nella rivoluzione le più genuine esigenze diclasse; il desiderio di conquistare l’indipendenza del lavoro; lasfiducia verso tutti i gruppi sociali non composti di lavoratori.

Per quanto il partito comunista tentasse di sofisticare, di-mostrando che esso rappresentava il cervello della classe lavo-ratrice e che il suo potere era il potere dei contadini e deglioperai, ogni operaio o contadino che non avesse perso il sensoe la coscienza della sua classe, comprendeva bene che l’autoritàallontanava i lavoratori della città e della campagna dai lorointeressi rivoluzionari per ricondurli al giogo della sua disci-plina e che la semplice esistenza di una organizzazione statalesignificava per loro privazione del diritto d’indipendenza e diqualsiasi modo di autogoverno.

Lo sforzo di raggiungere la completa autonomia dei lavo-ratori divenne il motivo centrale del movimento sorto dal pro-fondo delle masse. Per una infinità di vie e di casi, il loro pen-siero si volgeva continuamente a questo fine mentre l’azionestatale del partito comunista cercava di ostacolarne spietatamen-te gli sforzi. Anzi proprio la condotta di questo partito, fidentesolo in sé e incapace di sopportare qualsiasi opposizione, potépiù di ogni altro evento chiarire ai lavoratori la loro via e spingerlia percorrerla.Il movimento si limitò in un primo tempo a ignorare l’autorità

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nuova, esprimendosi in azioni autonome della massa contadinaper strappare ai proprietari terre e beni. Cercava le sue forme ela sua via. L’improvvisa occupazione dell’Ucraina da parte de-gli austro-tedeschi pose i lavoratori di fronte a circostanze inte-ramente nuove e spinse il loro movimento a più rapido sviluppo.

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CAPITOLO III

L’ INSURREZIONE RIVOLUZIONARIAIN UCRAINA

Il trattato di Brest-Litovsk, concluso dai bolscevichi con ilgoverno imperiale tedesco, spalancò le porte dell’Ucraina agliaustro-germanici. Costoro entrarono nel paese da padroni as-soluti, ne presero in mano la organizzazione militare politicaed economica e con tali strumenti cercarono di asportare dalpaese tutti i prodotti alimentari. Per raggiungere questo scoponel modo migliore e meno dannoso per sé fecero risorgere inUcraina l’autorità dei possidenti e dei nobili, già distrutta dalpopolo e le sovrapposero il potere assoluto dello hetmanSkoropadski. Le truppe d’occupazione furono sistematicamenteingannate dai loro ufficiali su tutto quanto riguardava la rivolu-zione russa. Gli ufficiali dipingevano la situazione russa comeuno sfrenarsi di forze cieche e selvagge, che distruggevano l’or-dine e terrorizzavano l’onesto popolo lavoratore. Con tali men-zogne istillavano avversione contro i contadini e gli operai inrivolta, creandosi la possibilità di quella condotta odiosa epiratesca che gli eserciti austro- germanici tennero nell’Ucrainasconvolta dalla rivoluzione.

Il saccheggio alimentare dell’Ucraina operato dagli austro-tedeschi sorretti dallo aiuto incondizionato del governo Skoro-padski, fu di proporzioni incredibili. Portavano via tutto: gra-no, bestiame, animali da cortile, materie prime, ecc., in tale mi-sura che i mezzi di trasporto non bastavano. Gettatisi sullegigantesche riserve alimentari, votate al saccheggio, austriaci etedeschi si affrettavano a raccogliere quanto più potevano, cari-cavano centinaia migliaia di treni e mandavano tutto a casa loro.Dove i contadini si opponevano, cercando di non cedere a nes-sun costo i beni guadagnati col lavoro, li sottoponevano a rap-presaglie, li battevano, li fucilavano.

L’occupazione dell’Ucraina da parte degli austro-tedeschiè una pagina dolorosa nella storia della sua rivoluzione. Oltre

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che dall’aperto saccheggio dei militari e dalla violenza degli oc-cupanti, essa fu contraddistinta dalla più nera reazione dei pos-sidenti. Il regime dello hetman rappresenta un completo ritor-no al passato e l’annullamento di tutte le conquiste rivoluziona-rie degli operai e dei contadini. Naturalmente questa nuova cir-costanza diede grande impulso allo sviluppo di quel movimen-to che si era manifestato fra i contadini sin dal tempo di Petliurae dei bolscevichi. Dovunque, ma sopratutto nei villaggi, si veri-ficarono atti di rivolta contro i possidenti e contro le autoritàaustro-germaniche, così che ebbe inizio un nuovo movimentorivoluzionario dei contadini d’Ucraina, divenuto noto in seguitocol nome di insurrezione rivoluzionaria. Alcuni spiegano il suonascere esclusivamente con l’occupazione austro-tedesca e colregime dello hetman. Questa spiegazione non è completa eperciò non è vera. L’insurrezione ha le sue radici nei motivi piùprofondi della rivoluzione russa ed è un tentativo dei lavoratoriper portare la rivoluzione sino al suo termine: la liberazioneeffettiva e il governo del lavoro. Gli austro-tedeschi e la reazio-ne dei proprietari non fecero che anticipare l’apparizione diquesto movimento.

Il movimento prese subito larga diffusione. I contadini sisollevavano dappertutto contro i proprietari, li uccidevano o licacciavano, prendendo per sé terra e beni, senza risparmiare inquesta azione gli oppressori stranieri. Ne seguì una serie di re-pressioni spietate da parte dei tedeschi e delle autorità dipen-denti dallo hetman, che uccidevano in massa i contadini deivillaggi insorti, bruciando ogni loro avere. In breve tempo cen-tinaia di villaggi patirono la rappresaglia furiosa della casta deimilitari e dei proprietari. Questo accadde nel giugno luglio ago-sto del ’18. Allora i contadini fedeli al loro movimento comin-ciarono ad agire con i metodi della lotta partigiana. Quasi perforza di una organizzazione invisibile, e quasi contemporanea-mente in diverse parti del paese, sorse un gran numero di bri-gate partigiane, che cominciarono a operare incursioni controi proprietari le loro guardie e i rappresentanti della autorità.Solitamente queste brigate partigiane, che consistevano di 20,50, 100 uomini a cavallo ben armati, operavano assalti rapidi einaspettati alle case dei possidenti e alla guardia nazionale dideterminate località, uccidevano tutti i nemici dei contadini epoi scomparivano.

Ogni proprietario che avesse perseguitato i contadini eogni suo servitore fedele era segnato dai contadini-partigiani epoteva sempre essere ucciso. Ogni milite, ogni ufficiale tedesco

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era destinato a morte sicura. Queste azioni che ogni giorno ave-vano luogo in diverse parti del paese, colpivano nel cuore lacontrorivoluzione alimentata dai possidenti, preparando la suainevitabile rovina e la vittoria dei contadini.

Dobbiamo osservare a questo punto che, come le vasterivolte di interi villaggi non erano affatto preparate e parevanol’erompere di una forza naturale, così le azioni partigiane era-no condotte esclusivameute da contadini, senza la guida di nes-suna organizzazione politica.

Il metodo insurrezionale pose i contadini nella situazio-ne di dover curare da sé il movimento, di doverlo guidare dasoli e da soli condurlo alla vittoria. Nel corso di tutta la lotta conlo hetman e i possidenti, anche nei momenti più duri di questalotta, i contadini rimasero soli di fronte al nemico, organizzato,armato, feroce. Ciò, come vedremo in seguito, ebbe un’influenzagrandissima sul carattere di tutto il movimento rivoluzionario.Il suo tratto più caratteristico, là dove esso rimase sino all’ulti-mo movimento di classe e non cadde sotto l’influenza di ele-menti partitici o nazionalistici, non fu soltanto il fatto di usciredal cuore della massa contadina, ma anche la coscienza comu-ne a tutti i contadini di essere essi stessi i dirigenti del loro mo-vimento. Di ciò erano convinte le brigate partigiane e se ne glo-riavano, sentendo in sé la forza della loro grande missione.

Le feroci repressioni della controrivoluzione diretta daipossidenti non ostacolarono il movimento, ma lo allargarono,estendendolo a tutte le località. Durante il corso stesso del mo-vimento i contadini, unendosi, si avvicinavano a un comune pia-no di azione rivoluzionaria. Naturalmente in tutta la estensionedella Ucraina non formarono mai un solo corpo, agente sottouna sola guida. Di unione è possibile parlare soltanto nel sensodi unità dello spirito rivoluzionario. Per le esigenze della organiz-zazione pratica i contadini si univano entro i termini delle di-verse regioni, fondendo le varie brigate partigiane locali. Taleunificazione, non appena le insurrezioni divennero frequenti ela repressione prese un carattere feroce e organizzato, divenneuna necessità urgente. Nel sud dell’Ucraina l’iniziativa fu presadalla regione di Guliai-Pole. E qui si manifestò non soltantocome autodifesa dei contadini, ma principalmente come mez-zo per la distruzione integrale della controrivoluzione guidatadai possidenti. Questa unione perseguiva pure lo scopo di trar-re dalla massa rivoluzionaria dei contadini una forza reale eorganizzata, che potesse combattere contro qualsiasi con-trorivoluzione e salvare la libertà e la terra del popolo insorto.

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La parte più importante in questa opera di unificazione,come in quella dello sviluppo generale del movimento rivolu-zionario nel Sud dell’Ucraina, fu svolta dalla brigata di insorticondotta dal contadino indigeno Nestor Machno. Dai primi gior-ni del movimento all’epoca del suo maggiore sviluppo, quandoi contadini sconfissero i possidenti, Machno vi ebbe una partetanto importante che intere insurrezioni e i più eroici momentidel movimento sono legati al suo nome. Inoltre, quando l’in-surrezione trionfò sulla controrivoluzione di Skoropadski e sul-la regione cominciò a incombere la minaccia di Denikin,Machno divenne il centro di unificazione di milioni di conta-dini, su un territorio di alcune provincie. Questo momento nellastoria della insurrezione ucraina è quello in cui si formarono isuoi tratti essenziali, si manifestarono i suoi compiti storici. Poi-ché l’insurrezione non conservò ovunque la sua natura popolaree rivoluzionaria né la fedeltà agli interessi della sua classe. Men-tre nell’Ucraina meridionale inalberò la bandiera nera dell’anar-chismo e si mise sulla via di una società senza governo e di unaautoamministrazione dei lavoratori, nella parte occidentale enord-occidentale dell’Ucraina, essa, dopo la fine dello hetman,cadde sotto l’influenza di elementi estranei e nemici, cioè deinazionalisti democratici (petliuristi). Per più di due anni unaparte degli insorti della Ucraina occidentale servì di difesa aipetliuristi, che sotto la bandiera nazionale perseguivano gli in-teressi della locale borghesia liberale. In tal modo il movimen-to insurrezionale dei contadini delle provincie di Kiev, Volyn,Podolsk e di parte della provincia di Poltava, quantunque aves-se radici comuni con il resto del movimento insurrezionale, nelsuo successivo sviluppo non ritrovò la realtà del suo compito sto-rico né la forza di organizzarsi e cadde sotto la direzione dei ne-mici dei lavoratori divenendo strumento cieco delle loro mani.

Senso e aspetti completamente diversi assunse il movimen-to rivoluzionario nell’Ucraina meridionale. Si staccò in manie-ra netta dagli elementi non lavoratori, dai pregiudizi nazionali-stici, religiosi, politici ecc. della società contemporanea basatasulla schiavitù, nacque sul terreno delle esigenze reali della suaclasse – i proletari della città e della campagna – e in nome diqueste esigenze condusse una lotta accanita contro tutti i nemi-ci dei lavoratori.

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CAPITOLO IV

MACHNO

Abbiamo già detto che la parte maggiore, anzi preponde-rante del movimento insurrezionale contadino nelle vaste re-gioni dell’Ucraina meridionale fu rappresentata da Machno.Seguiamo la sua attività rivoluzionaria nel primo periodo cioèsino alla caduta dello hetman. Ma prima diamone qualche bre-ve cenno biografico.

Nestor Ivanovic Machno, contadino, nato il 27 ottobre1889 e cresciuto nel villaggio di Guliai-Pole, distretto di Aleksan-drovsk, provincia di Ekaterinoslav, figlio di povera famiglia con-tadina. Aveva undici mesi quando il padre morì, lasciandoloalle cure della madre, con quattro altri fratellini. A sette anni,tanta era la miseria della sua famiglia, aiutava i contadini a pa-scolare il gregge. A otto cominciò a frequentare la scuola ele-mentare del villaggio: d’inverno studiava e d’estate faceva ilpastore. Terminata la scuola a dodici anni, andò a lavorare nel-le imprese agricole dei kulak tedeschi e nelle fattorie dei gran-di proprietari come semplice bracciante. Sin da allora, gio-vanetto di 14-15 anni, prese a nutrire un odio accanito contro ipadroni che lo sfruttavano e a fantasticare come avrebbe potu-to vendicare sé e gli altri, se ne avesse avute le forze. Quindilavorò come fonditore nella fabbrica del suo villaggio.

Fino a 16 anni non ebbe contatti con il mondo politico.Le sue opinioni rivoluzionarie e sociali si formarono nel picco-lo cerchio dei suoi compaesani, contadini proletari quanto lui.La rivoluzione del 1905 lo strappò improvvisamente a questopiccolo ambiente e lo trascinò nella corrente dei grandi avveni-menti e delle grandi azioni.

A quel tempo Machno aveva 17 anni: pieno di entusia-smo rivoluzionario, era pronto a qualsiasi passo nella lotta perla liberazione dei lavoratori. Dopo un breve contatto con le orga-nizzazioni politiche, entrò decisamente nelle file degli anarchi-ci comunisti e da quel momento divenne un combattente infati-cabile della rivoluzione sociale.

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L’anarchismo russo di allora aveva innanzi a sé due com-piti concreti: 1°) rompere l’inganno politico che i partiti socia-listi, soprattutto marxisti, ordivano a danno dei lavoratori, e 2°)mostrare agli operai e ai contadini la strada della rivoluzionesociale. In questi compiti Machno trovò un vasto terreno per lasua azione, che gli permise di esser presente a molte vicendepericolose della lotta anarchica.

Nel 1908 cadde in mano dei giudici zaristi, che lo condan-narono alla impiccagione per aver egli partecipato ad associa-zioni anarchiche e ad atti terroristici; in seguito la pena gli fucommutata ai lavori forzati a vita, poiché era ancora minorenne.Tutto il periodo di pena Machno lo passò nella prigione centra-le di Mosca (Butyrki). Per quanto grave e disperata fosse quellavita, Machno ne trasse il maggior profitto possibile, cercando dieducarsi e in questa opera mostrò grande perseveranza. Studiòbene la grammatica russa, si occupò di matematica di letteratu-ra russa di storia della cultura e di economia politica. La prigio-ne in realtà fu l’unica scuola in cui Machno abbia attinto le co-gnizioni storiche e politiche che poi gli furono di grandissimoaiuto nella attività rivoluzionaria. La vita e le sue vicende furonol’altra scuola che gli insegnò a conoscere gli uomini e gli avveni-menti della società.

In prigione, ancora troppo giovane, Machno si rovinò lasalute. Ostinato, incapace di accettare quella completa priva-zione dei diritti dell’individuo, cui è soggetto qualsiasi con-dannato, aveva sempre a che dire con le autorità del carcere;costretto quindi nelle celle più fredde, si prese la tubercolosi. Acausa della sua condotta riprovevole, per nove anni, sino all’utimogiorno di reclusione, visse con i ferri alle mani e ai piedi sin chefu liberato insieme agli altri prigionieri politici dalla insurrezio-ne del proletariato moscovita, il 2 marzo 1917. Uscito di prigio-ne Machno tornò immediatamente a Guliai-Pole, dove la massadei contadini lo accolse con vera simpatia. Era l’unico condan-nato politico del villaggio, riportato a casa dalla rivoluzione, co-sicché divenne involontariamente oggetto di fiducia e stima daparte dei contadini: non più giovinetto poco preparato, ma com-battente esperto, armato di volontà decisa e forte e di un precisopiano di lotta sociale.

Arrivato a Guliai-Pole si mise subito all’opera rivoluzio-naria, cercando sopra tutto di organizzare i contadini del suovillaggio e di quelli vicini; creò il sindacato dei braccianti, orga-nizzò una comune, formò il consiglio contadino. Il compito chelo agitava era quello di legare e organizzare la massa contadina

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così solidamente, che da sé potesse cacciare per sempre tutta larazza dei feudatari-governatori e costruire da sola la propriavita. Questo lavoro organizzativo in mezzo ai contadini egli con-dusse non come predicatore ma come combattente tutto prati-co, che cercava di unire i lavoratori facendogli osservare quantiinganni, vessazioni, ingiustizie, dovevano concretamente pati-re dalla società schiavistica. Durante il periodo di Kerenski e neigiorni dell’ottobre fu presidente dell’unione contadina dellaregione, presidente del comitato della terra, del sindacato metal-lurgici e falegnami, infine presidente del consiglio dei contadini edegli operai di Guliai-Pole. Intorno alla metà dell’agosto 1917,quale presidente del consiglio, radunò i proprietari fondiari e ipossidenti della regione, si fece consegnare i documenti com-provanti l’estensione della loro terra e compì un inventario pre-ciso di tutti i loro beni. Poi tenne un discorso, dapprima al con-siglio del comune, quindi alla assemblea regionale. Propose dilimitare l’usufrutto della terra da parte dei proprietari e deikulak alla stessa stregua dei contadini lavoratori. Il congressodella regione, su proposta sua, dispose di lasciare ai kulak e aiproprietari una norma di terra per ciascuno, e così per il nume-ro degli animali e la quantità degli altri beni. Sull’esempio dellaregione di Guliai-Pole tali disposizioni furono emesse da molteassemblee distrettuali contadine delle province di EkaterinoslavPoltava Charkov, nella Tauride e altrove.

Così nella sua regione Machno divenne l’anima dei movi-menti contadini, che toglievano ai proprietari la terra i beni equando necessario anche la vita. Con ciò si guadagnò l’inimi-cizia perenne dei possidenti dei ricchi e delle organizzazioniborghesi del luogo.

Al momento dell’occupazione dell’Ucraina per opera de-gli austro-germanici Machno, dietro incarico del comitato rivolu-zionario di Guliai-Pole, creò, per la lotta contro i tedeschi e larada centrale, dei battaglioni di contadini e di operai, con iquali si ritirò in ordine militare su Taganrog, Rostov e Tzaritzyn.In quel periodo la borghesia locale, rafforzatasi per la venutadegli austro-germanici, lo stava già cercando, cosicché dovettenascondersi. Per rappresaglia le autorità militari ucraine e te-desche bruciarono la casa di sua madre e fucilarono suo fratel-lo maggiore Emilian, invalido di guerra.

Nel giugno 1918 Machno fu a Mosca per consigliarsi conalcuni vecchi militanti anarchici, quale dovesse essere la dire-zione e il carattere del lavoro fra i contadini dell’Ucraina. Tut-tavia presso gli anarchici, che in quel momento della rivoluzio-

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ne russa apparivano estremamente indecisi e deboli, non potétrovare consigli convincenti né decise indicazioni, quindi tornòin Ucraina con le opinioni con cui era venuto.

Da molto tempo gli era maturato questo pensiero: organiz-zare tutta la massa dei contadini come indipendente forza sto-rica, suscitare l’energia rivoluzionaria depositatasi in lei nel corsodei secoli, e gettare la sua colossale potenza contro l’ordine feu-dale contemporaneo. E quello era per lui il momento di agire.Trovandosi a Mosca e leggendo i comunicati dei giornali suifrequenti atti di ribellione dei contadini ucraini, si commuove-va tutto, quasi usciva di sé: ogni nuovo giorno in quella città erauna maggiore sofferenza morale. Allora in tutta fretta, con l’aiutodi un vecchio compagno di prigione e di idee, prese la sua deci-sione e tornò in Ucraina, nella regione di Guliai-Pole. Ciò av-venne nel luglio del 1918. Dovette viaggiare faticosamente e inassoluto segreto, per non cadere nelle mani degli agenti dellohetman. E una volta Machno fu quasi perso, poiché le autoritàtedesche lo catturarono mentre portava una valigia di pubbli-cazioni anarchiche. Lo salvò un conoscente ebreo di Guliai-Pole,che sborsò una grande somma di denaro per ottenerne la libera-zione. Durante il suo viaggio in Ucraina i bolscevichi gli propose-ro di prendersi una determinata zona dell’Ucraina per il lavororivoluzionario clandestino e di condurre tale lavoro a nome loro.È inutile dire che Machno nemmeno prese in considerazione laproposta, dovendo intraprendere un lavoro interamente altroda quello dei bolscevichi. Così Machno tornò nella regione diGuliai-Pole, ma questa volta irrevocabilmente deciso a vincerecoi contadini o a morire, fermo a non abbandonare il paese. Lanotizia del suo ritorno corse veloce da un villaggio all’altro. Daparte sua egli non tardò a presentarsi apertamente alla massadei contadini con discorsi e con scritti, invitandola ad azionidecise contro il regime dello hetman e dei feudatari, insistendosopratutto sul fatto che i lavoratori non dovevano lasciarsi sfuggi-re di mano il loro destino. Il suo appello vasto e estremamentedeciso in poche settimane attraversò decine di villaggi e di comu-ni, preparando le masse a grandi avvenimenti.

Quindi passò all’azione. Primo compito richiesto dalla si-tuazione era quello di creare una brigata militare rivoluziona-ria, sufficiente a garantire la libertà di agitazione e di propa-ganda nei villaggi e nelle campagne, capace anche di passaread operazioni partigiane. Questa brigata fu organizzatarapidamente. Nelle campagne c’era un buon numero di ele-menti meravigliosi pronti all’azione. Mancava soltanto un buon

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organizzatore, e tale si dimostrò Machno. I compiti che la suabrigata si pose erano: a) fare un lavoro propagandistico eorganizzativo molto energico fra i contadini, b) condurre unalotta spietata contro i loro nemici. A fondamento delle azionipartigiane fu posto il principio secondo il quale ogni proprieta-rio che avesse perseguitato i contadini, ogni milite della guar-dia nazionale, ogni ufficiale russo o tedesco, quali peggiori av-versari dei contadini e della loro libertà, dovevano essere uccisi.Inoltre, secondo tale principio di lotta partigiana, era condan-nato a morte chiunque avesse partecipato all’oppressione deicontadini poveri e degli operai, disprezzato i loro diritti, sfrut-tato il loro lavoro, rubato i loro beni.

Nel tempo di due o tre settimane questa brigata divenneil terrore non solo della borghesia ma anche delle autoritàaustro-germaniche. Il campo delle azioni militari rivoluziona-rie di Machno era molto vasto, da Losova a Berdiansk, Mariupol,Taganrog, da Lugansk Griscino a Ekaterinoslav, Aleksandrovsk,Melitopol. La celerità di spostamento era la sua caratteristicatattica. Grazie alla vastità del territorio e alla velocità dei movi-menti, essa appariva sempre improvvisa là dove meno la aspet-tavano e in breve tempo strinse in un cerchio di ferro e di fuocola borghesia della regione. Tutti quelli che nei due o tre mesi diregime dello hetman si erano affrettati a stringersi nei loro vec-chi manieri, quelli che avevano approfittato troppo della man-canza di diritti dei contadini, sfruttandone il lavoro e deruban-doli della terra, quelli che si erano fatti autorità su di loro, sitrovarono d’un tratto sotto l’inflessibile, inesorabile mano diMachno e dei suoi partigiani. Veloci come il vento, senza paurae senza compassione, i partigiani piombavano sulla dimora diun proprietario, accoppavano tutti i nemici dei contadini chegli erano stati segnalati, quindi scomparivano rapidamente. Ilgiorno seguente facevano un incursione in un grande villaggioa più di cento verste da quel luogo, uccidevano i militi dellaguardia nazionale gli ufficiali i proprietari e scomparivano sen-za dare tempo alle forze tedesche, vicinissime, di comprenderequello che era avvenuto e di orientarsi. Il giorno dopo, a unadistanza di più di cento verste da quel villaggio, facevano i conticon un distaccamento di cavalleria magiara, che aveva punito icontadini oppure impiccavano i militi della guardia nazionale.

La guardia era allarmata. Erano allarmate le autorità au-stro-germaniche. Inviavano interi battaglioni per sconfiggere ecatturare Machno, ma invano. Cavalieri meravigliosi, abituati acavalcare sin da piccoli, con la possibilità di cambiare cavalli

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per strada, Machno e i suoi partigiani erano assolutamente inaf-ferrabili: compivano nello spazio di 24 ore percorsi che un nor-male reparto non avrebbe mai potuto compiere. Più di una vol-ta, quasi a burlarsi dei nemici, Machno appariva nel centro diGuliai-Pole o a Pologhi, dove solitamente erano forti distaccamentiaustro-tedeschi, o in altri luoghi dove erano ammassate forzemilitari, uccideva gli ufficiali che gli capitavano sottomano escompariva sano e salvo, facendo perdere ogni traccia di sé nel-lo spazio di mezz’ora. Oppure, proprio quando sembrava chele tracce fresche permettessero di circondarlo in un villaggio,Machno, con un gruppo di partigiani, tutti travestiti da militidella guardia nazionale, si cacciava proprio tra le braccia delnemico, si informava dei suoi piani e degli ordini ricevuti, par-tiva con una brigata nemica alla caccia di se stesso e durante ilcammino eliminava tutti gli avversari.

Nei rapporti con le truppe austro-tedesche e ungheresi,era regola comune ai partigiani uccidere gli ufficiali, ma lascia-re andare i soldati caduti prigionieri, proponendo loro di tor-nare in patria a raccontare come agivano i contadini ucraini e alavorare per la rivoluzione sociale. A questo scopo li fornivanodi pubblicazioni e talvolta anche di denaro. Punivano con lamorte soltanto i soldati colpevoli di violenza contro i contadini.Questa condotta verso i soldati prigionieri austro-tedeschi eungheresi ebbe una grandissima influenza rivoluzionaria.

In questo periodo della sua attività rivoluzionaria Machnoapparve non solo l’organizzatore e il condottiero della massacontadina ma insieme il terribile vendicatore del popolo. Nelbreve tempo della sua prima attività partigiana centinaia di casepadronali furono distrutte, migliaia di nemici attivi e di oppres-sori del popolo eliminati senza pietà. Il suo modo di agire ar-dito e deciso, la celerità dei suoi movimenti, la sua inafferrabi-lità in qualsiasi circostanza gli avevano creato una figura fatta diterrore e di odio per i borghesi, di simpatia, di orgoglio, di leg-genda per i contadini. Le sue imprese erano in realtà quasi leg-gendarie, per la meravigliosa audacia l’inflessibile volontà la chia-roveggenza il sano umorismo contadino della sua natura. Matutto ciò non era fondamentale in Machno né esauriva la suapersonalità.

Il suo spirito combattivo, le imprese partigiane del primoperiodo non furono che le espressioni iniziali del suo eccezio-nale talento militare e organizzativo. Vedremo in seguito qualecolossale forza militare e quale potente capacità organizzatricela massa contadina abbia espresso nella persona di Machno.

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Poiché era non soltanto uno straordinario condottieromilitare ma pure un buon agitatore, Machno convocava frequen-ti assemblee in tutti i villaggi della regione e in esse parlava deicompiti del momento della rivoluzione sociale di una società dicontadini basata sul lavoro e interamente autonoma, come sco-po della rivoluzione. Secondo questi intendimenti scrivevamanifesti e appelli ai contadini agli operai ai soldati austriaci etedeschi ai cosacchi del Don e del Kuban. «Vincere o morire – eccol’unica alternativa per i contadini ucraini nel momento attuale. Matutti non possiamo morire, siamo troppi, siamo l’umanità; quindi vin-ceremo. Ma vinceremo, non per dare come in passato il nostro destinoalla mercè di una nuova autorità, ma per prenderlo nelle nostre mani ecostruirci la vita con la nostra volontà con la nostra verità». Questeerano le parole di Machno ai contadini. In breve tempo egli di-venne il centro di unificazione delle masse rivoluzionarie. Qua-si in ogni villaggio i contadini cominciarono a creare i loro gruppiclandestini, a legarsi con Machno, a sostenerlo in tutto e a esserguidati dai suoi esempi. Le brigate partigiane già esistenti e quelleche nascevano si fondevano con la sua brigata, tentando di giun-gere a una unità di azione. La necessità dell’unità di azione e diuna sola guida era sentita dappertutto e dappertutto i partigia-ni rivoluzionari riconoscevano che tale unità sarebbe stata rag-giunta meglio che in chiunque altro, nella persona di Machno.A questa conclusione vennero le grandi brigate autonome, comequella di Kunlenko, operante nella regione di Berdiansk, o lebrigate di Shcius e di Petrenko-Platonov, operanti nelle zone diDibrivki e di Griscino. Tutte queste, di propria iniziativa, diven-tarono parti integranti della brigata di Machno. Così la fusionedelle brigate partigiane dell’Ucraina meridionale in un unicoesercito rivoluzionario avvenne naturalmente, in forza dellenecessità del momento e dell’esigenza delle masse.

In questo stesso periodo, settembre 1918, Machno rice-vette l’appellativo di piccolo padre, cioè capo del movimento ri-voluzionario ucraino. Ciò accadde nella seguente circostanza. Ilatifondisti che si erano rifugiati nei grandi centri, i kulak e leautorità tedesche avevano deciso di distruggere Machno e lasua brigata a qualsiasi costo. I grandi proprietari crearono allo-ra una speciale brigata di volontari, con i loro figli e con i figlidei kulak, appositamente per la lotta contro Machno. Il 30 set-tembre questa brigata, insieme agli austro-tedeschi, circondòMachno presso Bolsciaia Michailovka, occupando ogni via diuscita con grandi forze. Machno in quel momento aveva 30partigiani e una sola mitragliatrice. Fu quindi costretto a ritirar-

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si, destreggiandosi fra il nemico così numeroso e, capitato nelbosco di Dibrivki, si trovò in una situazione molto difficile. Tut-te le vie di uscita erano chiuse dal nemico. Aprirsi un varco conla sua brigata era impossibile e salvarsi solo ripugnava alla suadignità di rivoluzionario. D’altra parte nessuno della sua briga-ta avrebbe accondisceso a lasciare in quel momento il suo con-dottiero. Dopo aver ben riflettuto Machno decise di tornarel’indomani nel villaggio di Bolsciaia Michailovka (Dibrivki).Usciti dal bosco i partigiani incontrarono dei contadini che siaffrettavano a informarli che a Dibrivki c’era un grosso repartonemico e che era meglio per loro dirigersi altrove. Ma questonon li fermò. Machno e i suoi, benché piangendo le donnecercassero di trattenerli, partirono per Michailovka. Avvicinati-si al villaggio con ogni cautela, Machno con qualche altro andòavanti in ricognizione e vide sulla piazza della chiesa un grannumero di nemici, decine di mitragliatrici, centinaia di cavallisellati e di cavalieri sparsi a gruppi. Dalle parole dei contadiniavevano saputo che nel villaggio erano accampati un battaglio-ne di austriaci e la brigata organizzata dai grandi possidenti.Non c’era scampo. Allora Machno con la fermezza e la decisio-ne che gli erano proprie, si volse ai suoi con queste parole: «Dun-que, amici! Qui dobbiamo morire tutti...» Fu un momento di sereni-tà, di entusiasmo, di fermezza. I 30 uomini si videro innanziuna sola via, quella che portava contro il nemico, circa mille uo-mini ben armati: sapevano che ciò avrebbe significato la fine.Tutti erano commossi, ma nessuno perse il coraggio. Allora unodei partigiani della brigata Shcius volgendosi a Machno disse:«Da questo momento tu sarai il nostro piccolo padre; noi giuriamo dimorire con te nelle file degli insorti». Quindi tutta la brigata giurò dinon abbandonare mai la lotta insurrezionale e di considerareMachno padre di tutto il movimento rivoluzionario. Poi anda-rono all’assalto. Shcius con un gruppo di 5-7 uomini ebbe ilcompito di fare una conversione per prendere il nemico di fian-co. Machno con gli altri avanzò di fronte. Con un altissimo hurrài partigiani si gettarono d’impeto contro il nemico penetrandoproprio nel suo cuore, con le sciabole le baionette le rivoltelle.L’assalto produsse un effetto che stordì il nemico. Colpito im-provvisamente mentre di nulla sospettava, fu preso dal panico:a gruppi o ciascuno per sé, i soldati cominciarono a fuggire,gettando le armi, abbandonando le mitragliatrici e i cavalli.Senza dare loro il tempo di riprendersi, di contare il numerodegli attaccanti e di passare al contrattacco, i rivoluzionari lidispersero riducendoli a piccoli gruppi e battendoli al galop-

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po. Una parte della brigata speciale dei volontari riparò verso ilfiume Volcia, nel quale fu fatta perire dai contadini del luogo usci-ti a battaglia. La sconfitta del nemico non poteva essere maggio-re. I contadini e le brigate unite dei rivoluzionari accolsero solen-nemente gli eroi e proclamarono all’unanimità di considerareMachno padre di tutto il movimento rivoluzionario dell’ Ucraina.

Due giorni dopo Bolsciaia Michailovka fu circondata dagrandi forze austro-tedesche e dai reparti dei proprietari e deikulak, chiamati da tutta la regione. Intorno al 5 ottobre i te-deschi cominciarono a battere il villaggio con intenso fuoco d’ar-tiglieria e quando fu abbastanza rovinato dagli obici vi feceroentrare reparti di fanteria e brigate di kulak, che compiute ese-cuzioni in massa vi appiccarono il fuoco da ogni lato. Per duegiorni arse Michailovka e per due giorni si scatenò la furiosavendetta dei kulak e dei tedeschi sui poveri contadini.

Questo fatto unì ancora di più la massa contadina dellaregione e la avvicinò maggiormente all’attività rivoluzionaria.La grande massa dei contadini, il grosso della popolazione deivillaggi e delle campagne, naturalmente non entrò nelle briga-te allo stesso modo dei partigiani, ma tuttavia si mantenne instretto contatto con esse. I contadini approvvigionavano i parti-giani, li rifornivano di cavalli e di foraggi, portavano loro damangiare nei boschi quando era necessario, raccoglievano e ri-ferivano ogni notizia sui movimenti del nemico; a volte si uni-vano in gran numero alle brigate, cercando di realizzare contale unione qualche determinato compito rivoluzionario, com-battevano spalla a spalla con i partigiani per due o tre giorni,quindi tornavano ai campi.

Caratteristica a questo proposito è l’occupazione di Guliai-Pole per opera dei partigiani alla vigilia della caduta dello het-man e della dispersione delle truppe austro-tedesche. Machnooccupò il villaggio con pochi uomini. Gli austriaci di stanza aPologhi mandarono rinforzi. Durante il giorno Machno, rima-sto senza appoggio, fu costretto a lasciare il villaggio. Ma versosera uscirono in suo aiuto qualche centinaio di contadini dellazona, con quali fu possibile opporsi a tutte le forze austriache.All’alba i contadini tornarono alle loro case temendo di esseretraditi da qualche compaesano, che alla luce li vedesse nelle filedei partigiani. Così per tutto il giorno, data la superiorità delnemico, Machno fu costretto a riabbandonare il villaggio. Ver-so sera attaccò di nuovo poiché i contadini gli avevano assicura-to che sarebbero corsi ad aiutarlo non appena si fosse fatto buio.Rioccupò quindi il villaggio cacciandone gli austriaci con l’aiuto

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degli abitanti. Così continuarono le azioni per tre o quattrogiorni finché Guliai-Pole non fu presa definitivamente dai conta-dini insorti.

Questo concreto e attivo legame della massa contadinacon le brigate d’azione militare e rivoluzionaria di Machno ebbeluogo dappertutto. Esso acquistava un significato molto impor-tante poiché permetteva ai gruppi rivoluzionari di sentire lamisura e il carattere di tutto il movimento contadino.

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CAPITOLO V

LA CADUTA DELLO HETMANIL MOVIMENTO PETLIURISTA

IL BOLSCEVISMO E LA SUA NATURA SOCIALE

La controrivoluzione che i latifondisti capitanati dallohetman avevano alimentato in Ucraina era stata un fatto deltutto artificiale strettamente legato all’imperialismo tedesco eaustriaco. I possidenti e i capitalisti ucraini non si sarebberosostenuti nel paese neppure un giorno del tempestoso 1918, senon fossero stati sorretti dalla forza dell’esercito tedesco. Fa-cendo un calcolo approssimativo risulta che le truppe austro-tedesche e ungheresi occupanti l’Ucraina raggiungevano ilmezzo milione di uomini. È possibile anche lo superassero. Tuttaquesta massa di soldati era distribuita in Ucraina secondo unpiano preciso e concentrata nelle regioni dove la popolazioneera inquieta e più attiva l’opera dei partigiani. Sin dal primo gior-no in cui irruppero in Ucraina queste forze furono interamenteposte a difesa degli interessi della controrivoluzione, e nei rappor-ti con i contadini e i lavoratori si comportarono come si comportaun vincitore nel paese del vinto.

In tal modo durante tutto il tempo della controrivoluzionei contadini ucraini dovettero combattere non soltanto controdi essa ma anche contro la massa delle truppe austro-tedesche.Ma anche con tale appoggio la controrivoluzione non poté reg-gersi salda neppure un momento e con lo sviluppo della insur-rezione contadina cominciò presto a dissolversi.

Si disgregavano, naturalmente, sotto i colpi di questa insur-rezione anche le forze austro-tedesche. E quando per la dupli-ce influenza del movimento rivoluzionario locale e dei muta-menti politici in Austria e Germania esse non ebbero più alcu-na funzione da compiere e furono richiamate in patria, tutta lacontrorivoluzione ucraina restò sospesa in aria. I giorni, anzi iminuti della sua vita, furono contati. La sua debolezza e la suaviltà furono tanto grandi che non riuscì ad opporre la minima

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resistenza. Lo hetman fuggì verso paesi dove l’insurrezionecontadina era meno minacciosa e gli artifici dell’imperialismogermanico lo tenevano ancora in piedi. Prima dello hetman fug-girono i possidenti.

Da quel momento in Ucraina cominciarono ad agire trefondamentali forze sociali, estremamente diverse l’una dalle al-tre: il movimento petliurista, il bolscevismo, il machnovismo.Ognuna di esse, con l’andar del tempo, assunse una posizionedi inimicizia inconciliabile con le altre due. Per potersi rappre-sentare in modo più preciso il movimento machnovista occorredire qualche parola sulla natura di classe e sulla natura socialedel movimento petliurista. È il movimento della borghesia na-zionalista ucraina che cerca di imporre al paese la sua autoritàpolitica ed economica. La repubblica francese o quella svizzeravalgono come suo esempio approssimativo per la struttura po-litica del paese. Questo movimento attualmente non ha alcuncontenuto sociale, ma è di natura esclusivamente politica e na-zionalistica. Le promesse di migliorare le condizioni sociali deilavoratori contenute nel suo programma, non sono che un tri-buto al presente clima rivoluzionario, una bandiera con cui rag-giungere più facilmente i suoi scopi.

Fin dai primi giorni della rivoluzione, nel marzo 1917, laborghesia liberale ucraina si propose il problema della separa-zione della nazione ucraina dalla Russia, problema che l’avevasempre commossa. Molti kulak, l’intelligenza liberale, la partecolta degli ucraini si unirono in quest’opera e gettarono le basidi un movimento politico per l’indipendenza del paese.

I dirigenti di questo movimento attribuirono subito gran-de importanza alla massa degli ucraini sotto le armi al fronte enelle retrovie, e presero ad organizzarla secondo il criterio del-la nazionalità, formando speciali reggimenti ucraini.

Nel maggio 1917 i dirigenti radunarono una assembleamilitare, che creò dal suo seno un comitato militare generale ilquale divenne l’organo direttivo di tutto il movimento. In se-guito questo comitato cambiò nome e divenne la rada. Nel no-vembre 1917 nell’assemblea pan-ucraina fu costituita e ratifica-ta la rada centrale quale parlamento della repubblica democra-tica ucraina. Esattamente un mese dopo, da un “universale” [de-creto/ordinanza emesso dai re polacchi o dagli hetman ucraini] di questa rada fuproclamata l’autonomia e l’indipendenza della repubblica de-mocratica ucraina. In tal modo al tempo del governo Kerenskisorse in Ucraina una nuova autorità statale che cominciò a im-porsi in tutto il paese con la forza. Questo fu il movimento

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petliurista, così chiamato appunto da Simone Petliura, uno deipiù attivi suoi dirigenti.

Lo svilupparsi e il rafforzarsi del movimento petliurista,come forza di dominio statale, fu un colpo al bolscevismo, chegià aveva preso il potere nella Russia Grande e cercava di esten-derlo in Ucraina. La posizione dei bolscevichi nella Russia Gran-de senza l’Ucraina risultava molto difficile già dai primi tempi.Perciò i bolscevichi spinsero presto le loro truppe su Kiev.Dall’11 al 25 gennaio 1918 Kiev fu teatro di una lotta accanitafra petliuristi e bolscevichi. Il 25 gennaio i bolscevichi preseroKiev, donde cominciarono a estendere il loro potere su tuttal’Ucraina. Il governo di Petliura e gli agenti politici del movi-mento si ritirarono nella parte occidentale del paese, prote-stando contro l’occupazione bolscevica.

Le forze bolsceviche rimasero in Ucraina solo due tre mesi,e nel marzo-aprile 1918 si ritirarono nella Russia Grandeabbandonando l’Ucraina alle truppe di occupazione austro-tede-sche. Di ciò approfittarono i petliuristi: il loro governo, rappre-sentato dalla rada centrale e dal consiglio dei ministri, tornò aKiev. La repubblica questa volta non fu più democratica ma popo-lare ucraina. Naturalmente il governo di questa repubblica, comequalsiasi altro, si appoggiava tutto sulla forza militare, e quandoentrò a Kiev si guardò bene dal chiedere al popolo se avessebisogno di un governo o no. Approfittando dell’occasione, rien-trò nel paese, dichiarandosi governo nazionale e a provarlo sivalse sopratutto della forza delle baionette.

Tuttavia neppure questa volta i petliuristi riuscirono a man-tenersi lungamente. Le autorità austro-tedesche occupantil’Ucraina preferivano avere a che fare con gli antichi padronidel paese, generali e possidenti, anziché con i petliuristi. Perciòcon l’appoggio delle loro forze militari allontanarono il gover-no petliurista e lo sostituirono con quello autoritario dellohetman Skoropadski. Di qui cominciò la reazione dei generalie dei latifondisti. Nei confronti di questa reazione i petliuristipresero una posizione politica rivoluzionaria, aspettandone lafine per riprendere il governo. Petliura stesso fu messo in car-cere e quindi costretto a uscire dalla lotta politica. Ma ormai siavvicinava la fine della controrivoluzione, se ne iniziava il disfa-cimento sotto i colpi della insurrezione contadina. Consci diquesto, ancora prima della caduta definitiva dello hetman, ipetliuristi cominciarono a organizzare la loro autorità in diversipunti dell’Ucraina e a mettere insieme nuove forze militari. Ilmomento era straordinariamente favorevole. La massa conta-

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dina era in grande fermento, centinaia di migliaia di individuiribelli non aspettavano che un invito per gettarsi contro l’auto-rità dello hetman. Questi era ancora a Kiev, quando una seriedi importanti città dell’Ucraina meridionale era già in mano aipetliuristi, e nel sud veniva costituito l’organo centrale del po-tere petliurista, il direttorio. I petliuristi si affrettavano a estende-re e rafforzare la loro autorità, approfittando della mancanzadi altri forti pretendenti al possesso dell’Ucraina, come ibolscevichi. Nel dicembre 1918 Skoropadski fuggiva e contem-poraneamente entrava in Kiev il direttorio petliurista guidatoda Petliura e dagli altri membri del governo della repubblicapopolare. L’entusiasmo della popolazione era immenso. Ipetliuristi cercarono di farsi centro di tale entusiasmo quali com-battenti della lotta nazionalista e in breve tempo la loro autori-tà si impossessò della maggior parte dell’Ucraina. Soltanto nelsud, nella regione tenuta dal movimento contadino machnovista,non ebbero successo; anzi incontrarono una seria opposizionee soffersero duri colpi. In tutti gli altri centri importanti delpaese i petliuristi trionfarono, innalzando orgogliosamente laloro bandiera; così il dominio della borghesia nazionalistaucraina cominciava in qualche modo a ricostituirsi. Ma questoapparve subito essere soltanto una illusione.

La nuova autorità non aveva ancora avuto il tempo di or-ganizzarsi solidamente, che intorno a essa cominciò la decom-posizione sociale, provocata dalla lotta degli interessi di classe.Milioni di contadini e di operai, che nei giorni della caduta dellohetman si erano trovati nella zona di influenza e sotto la guidadei petliuristi, presero ad allontanarsi in massa, per cercare al-trove una concreta difesa ai loro interessi e alle loro aspirazioni.La maggior parte si disperse nei villaggi e nelle campagne assu-mendo una posizione ostile nei confronti della nuova autorità.

Molti entrarono nelle brigate rivoluzionarie machnovisteportando la parola d’ordine della lotta contro le idee e l’autori-tà dei petliuristi. Così questi furono disarmati dal corso deglieventi tanto velocemente, quanto inaspettatamente e in brevetempo ne erano stati armati. La loro idea di indipendenza bor-ghese e di unità borghese della nazione aveva potuto conser-varsi in mezzo al popolo rivoluzionario soltanto poche ore. Ilsoffio ardente della rivoluzione popolare bruciò subito questaidea falsa, riducendo i suoi difensori in una situazione dispera-ta. Ma in questo stesso tempo dal nord prese ad avanzare rapi-do il bolscevismo militante, esperto nei metodi dell’agitazionedi classe e assolutamente deciso a occupare l’Ucraina con la

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forza della sua autorità. Un mese esatto dopo che il direttoriopetliurista era entrato a Kiev, vi arrivarono le truppe bolsceviche.Da quel momento nella maggior parte dell’Ucraina si ricostituìl’autorità comunista dei bolscevichi.

Sulla natura sociale del bolscevismo, abbiamo già dettonel capitolo primo che tutta l’organizzazione cosidetta socialista,tutto l’apparato statale e amministrativo sovietico, tutti i nuovirapporti politico-sociali, tutto ciò che il bolscevismo ha prodot-to nella rivoluzione russa non è che la realizzazione degli in-teressi congeniti alla democrazia socialista e l’affermazione delsuo dominio di classe sul paese. I contadini e gli operai, paroleinvano pronunciate milioni di volte nel corso della rivoluzionerussa, non sono che il ponte sul quale passa la strada al poteredella nuova casta, del quarto stato. Durante la rivoluzione russadel 1905 questo stato fu sconfitto. Raggiunta la dirigenza delmovimento operaio, esso intendeva realizzare i suoi ideali con inormali mezzi politici, a cominciare dal noto programma mini-mo: si proponeva in un primo tempo di abbattere il regimezarista e di introdurre nel paese un governo repubblicano quindidi passare alla lotta contro l’autorità, entro lo stato e con ilmetodo parlamentare, come fa la democrazia negli stati del-l’Europa occidentale e dell’America.

Nella Russia del 1905, come è noto, questo piano dellademocrazia subì una sconfitta completa, non avendo incontra-to il necessario sostegno dei contadini e degli operai. Erranocoloro che spiegano la sconfitta della rivoluzione del 1905 conla forza potente e brutale dello zarismo. Le cause di questa scon-fitta sono più profonde, sono nel carattere stesso della rivolu-zione.

Fin dal 1900-1903 una serie di vasti scioperi economiciaveva occupato la Russia Meridionale prima quindi il nord ealtre parti ancora. Quantunque il movimento non avesse alloraformulato chiaramente i suoi scopi, la sua natura sociale di clas-se si era dichiarata da sola e manifestamente. Ma la democraziasocialista si introdusse in questo movimento dall’esterno, cer-cando di avviarlo sulla strada della lotta puramente politica.Grazie ai suoi partiti ricchi di aderenti e meravigliosamente or-ganizzati, che avevano occupato tutta l’arena della predicazionepolitica, essa riuscì a estirpare dal movimento le concrete paro-le d’ordine sociali, sostituendole con le parole d’ordine politi-che della democrazia. La rivoluzione del 1905 fu retta da que-ste ultime. E proprio perché fu guidata da parole d’ordine poli-tiche e quindi estranee al popolo la rivoluzione fu sconfitta.

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Strappati alla rivoluzione gli elementi sociali e il programma so-ciale dei lavoratori, la democrazia dissanguò la rivoluzione e ucci-se l’entusiasmo popolare.

La rivoluzione del 1905 fallì non perché lo zarismo si siamostrato troppo forte, ma perché a causa del suo carattere stret-tamente politico la democrazia non riuscì a sollevare le massepopolari. Sollevò solo una parte del proletariato cittadino, i con-tadini si mossero appena. Lo zarismo, che già era sceso a con-cessioni, si rialzò subito appena comprese la situazione e potécosì annientare una rivoluzione fatta a metà.

I democratici rivoluzionari che guidavano il movimentoripararono oltre confine. Ma la lezione rappresentata dal falli-mento della rivoluzione non poteva passare senza conseguenzeper la democrazia rivoluzionaria. Chi la imparò perfettamentefu il bolscevismo, ala sinistra della democrazia. Esso compreseche in Russia non si poteva neppure parlare di una rivoluzionepuramente politica, che nelle masse era maturato e cresciuto ilsenso del problema sociale e che una rivoluzione vittoriosa erapossibile soltanto come movimento sociale degli operai e deicontadini, diretto ad abbattere tutta la costruzione politica edeconomica della società. La guerra imperialistica del 1914-1917non fece che rafforzare e consolidare questa direttiva rivoluzio-naria. La guerra, scoprendo il volto della democrazia, mostròche la monarchia vale la democrazia e la democrazia la monar-chia; l’una e l’altra in egual modo depredarono e assalirono lemasse popolari. Se in Russia prima della guerra non c’era alcunfondamento per una rivoluzione solamente politica, la guerraimperialistica uccise anche l’ultima idea di una rivoluzione dital genere.

Da molto tempo è passata per tutto il mondo, come unastriscia di fuoco, una grande linea di demarcazione che ha divi-so la società contemporanea in due campi opposti nemici l’unoall’altro, capitale e lavoro, e che ha appianato le differenze po-litiche dei singoli stati-sfruttatori. La distruzione del capitale,fondamento della schiavitù, è l’unico pensiero di cui si sentonocomprese le masse, non appena si volgono alla rivoluzione. Airivolgimenti politici degli anni scorsi sono del tutto indifferen-ti. Questa è la realtà in Russia come in Europa e in America.Non vedere, non rendersi conto di ciò, significa essereirrimediabilmente lontani dalla vita. Il bolscevismo compresebene questo aspetto della realtà e cambiò rapidamente il suoprogramma politico. Vide che la futura rivoluzione delle masserusse era diretta contro le fondamenta stesse della società at-

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tuale, il capitale della terra, dell’industria, del commercio; videche la classe dei proprietari della città e della campagna erafinita e fece i suoi conti: poiché così stanno le cose, poiché inRussia una larga rottura sociale è inevitabile, la democrazia deverealizzare i suoi compiti storici sul terreno aperto da tale rottu-ra. Deve sfruttare le forze rivoluzionarie del popolo, essernealla testa nel momento della distruzione della borghesia, prende-re in mano l’autorità statale e costruire l’edificio della sua do-minazione sulle fondamenta del socialismo di stato. Ciò appuntocostituì il successo del bolscevismo sul movimento rivoluzionariodelle masse prima e durante l’ottobre; e tutta la sua attività poste-riore nella rivoluzione russa non sarà che la realizzazione, nei det-tagli, del dominio statale della democrazia.

Indubbiamente il bolscevismo è un fenomeno storico dellavita russa e della vita internazionale, che esprime un tipo nonsolo sociale ma anche psicologico. Ha saputo creare tutta unaserie di uomini tenaci, autoritari, estranei a qualsiasi forma disentimentalismo sociale o morale, che non si fermano dinanzia qualsiasi mezzo nella lotta per il proprio trionfo. E ha saputocrearsi anche un capo degno di quegli uomini. Lenin non èsoltanto la guida del partito, è, cosa molto più importante e dimaggior significato, il capo di un determinato tipo psicologicodi uomini. In lui è espresso compiutamente e potentementequesto tipo: secondo il suo passo procedono le migliori forzeoffensive della democrazia mondiale. Il tratto fondamentaledella psicologia del bolscevismo è l’affermazione della sua vo-lontà per mezzo della repressione forzata della volontà di tuttigli altri, il soffocamento integrale della personalità, la riduzio-ne dell’uomo a un oggetto inanimato. In questi tratti non èdifficile riconoscere l’antica razza dominatrice. Ed effettivamen-te nel corso di tutta la rivoluzione russa il bolscevismo si è mo-strato esclusivamente per mezzo di gesti autoritari. In esso nonvi è neppure l’ombra di ciò che costituirà il tratto fondamenta-le della futura rivoluzione puramente sociale dei lavoratori, cioèla sete di lavorare, di lavorare non risparmiando nessuna ener-gia, di lavorare sino alle estreme forze, sino a dimenticare sestesso per il bene del popolo. Tutti i suoi sforzi, talvolta colossa-li e accaniti, si ridussero alla creazione di organi di potere, chenei rapporti con il popolo sono la vecchia minaccia e il vecchioinvito autoritari.

Fermiamoci un poco su quelle riforme che il bolscevismoha introdotto nella vita degli operai e dei contadini conforme-mente alla sua ideologia comunista.

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La nazionalizzazione dell’industria, della terra, delle abi-tazioni cittadine, del commercio, e il diritto elettivo concessoagli operai e ai contadini: ecco le basi del puro comunismo bol-scevico. Nella realtà la nazionalizzazione si ridusse a unastatizzazione integrale di tutte le forme della vita popolare. Nonsoltanto l’industria, i trasporti, l’educazione, gli organi incari-cati della assistenza ecc. divennero proprietà dello stato, ma tuttala classe operaia, ogni singolo lavoratore, il suo lavoro, la suaenergia, le organizzazioni sindacali, le cooperative degli operaie dei contadini furono statizzati. Lo stato è tutto, il singolo lavo-ratore nulla. Questo è il primo comandamento del bolscevismo.Ma lo stato è personificato dagli impiegati: così gli impiegatisono il tutto, e la classe lavoratrice è nulla.

La nazionalizzazione dell’industria, strappati i lavoratoridalle mani dei capitalisti privati, li consegnò nelle mani più du-re di un solo capitalista onnipresente, lo stato. I rapporti fra illavoratore e questo suo nuovo padrone sono gli stessi che corre-vano prima tra lavoro e capitale, con la sola differenza che ilpadrone comunista – lo stato – non soltanto sfrutta i lavoratorima li punisce anche, poiché ambedue queste funzioni, sfrutta-mento e punizione, sono riunite nelle sue mani. La posizionedei salariati rimase esattamente la stessa di prima; in più prese ilcarattere di un obbligo verso lo stato. I sindacati persero i lorodiritti naturali, mutandosi in organi di sorveglianza poliziescasulle classi lavoratrici. L’elaborazione delle tariffe, la misura deisalari, l’assunzione e il licenziamento dei lavoratori, la direzionegenerale delle imprese, l’ordine nell’interno di esse ecc., tuttoquesto costituisce un diritto imprescrittibile del partito, dei suoiorgani, dei suoi agenti. Il compito dei sindacati in questo e intutti gli altri campi della produzione è puramente formale: essidebbono mettere le loro firme sotto le ordinanze del partito con-tro cui non è possibile protestare, che non possono essere mutate.

È chiaro quindi che ci troviamo di fronte a una semplicesostituzione del capitalismo privato con il capitalismo di stato,nuovo modo di rapporti di produzione, per il quale la schiavitùeconomica e la dipendenza economica della classe lavoratricesi concentrano nelle mani di un solo kulak, lo stato. Tutto ciònon muta affatto la situazione della classe lavoratrice né la mi-gliora. La generale disciplina di lavoro (per gli operai, natural-mente) e la militarizzazione del lavoro sono lo spirito della na-zionalizzazione della fabbrica. Portiamo un esempio. Nell’ago-sto 1918 i lavoratori della tessitura moscovita, già Prochorov,spinti dall’insufficienza del salario e dal regime poliziesco della

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fabbrica, cominciarono ad agitarsi ed a minacciare una rivolta:organizzarono assemblee interne, cacciarono il comitato di fab-brica, che non era altro che una cellula del partito, e deciserodi prendersi a compenso del loro lavoro anche una parte delprodotto. I membri della direzione centrale del sindacato tessi-li, poiché la massa operaia non desiderava affatto accordarsicon loro, trattarono la cosa in questi termini: la condotta deglioperai getta un’ombra di sospetto sull’autorità del potere sovie-tico; la loro azione così netta diffama l’autorità sovietica agliocchi dei lavoratori delle altre imprese; non è possibile permet-tere tali azioni; occorre chiudere la tessitura, licenziare gli ope-rai, istituire una commissione di fabbrica che organizzi un severoregime interno; mutare tutta la maestranza.

E così fecero. Viene quindi naturale domandarsi: chi sonoquei tre o quattro uomini che dispongono così liberamente deldestino di migliaia di lavoratori? Sono stati messi a quel postodalla massa e da essa investiti di una autorità così grande? Nien-te affatto. Sono stati eletti dal partito e lì sta la loro potenza.L’esempio riferito è uno dei mille e mille occorsi: in esso sirispecchia limpidamente come in una goccia d’acqua la posi-zione reale della classe lavoratrice in una produzione nazio-nalizzata.

Che cosa resta dunque ai lavoratori e alle loro organizza-zioni? L’esiguo diritto di dare un voto a questo o a quel deputa-to ai consigli, deputato sempre succube al partito.

Nelle campagne la posizione dei lavoratori è ancora peg-giore. I contadini godono della terra che fu dei latifondisti, deiprincipi e di altri proprietari, ma questo vantaggio è stato lorodato dalla rivoluzione, non dall’autorità comunista. Da moltianni aspiravano tenacemente ad avere la terra e se ne imposses-sarono nel 1917, prima ancora della costituzione del poteresovietico. Se il bolscevismo fu al fianco dei contadini nell’occu-pazione delle terre padronali, ciò dipese soltanto dal fatto chegli era impossibile vincere in altro modo la borghesia agraria.Ma da ciò non consegue che l’autorità comunista sia disposta adare la terra ai contadini. È vero l’opposto. Ideale di questaautorità è l’organizzazione di una sola azienda agricola appar-tenente a un solo padrone, lo stato. Le aziende agricole sovieti-che in cui lavorano operai e contadini salariati sono l’esempiosecondo il quale l’autorità comunista cerca di organizzare unaeconomia agricola di stato in tutto il paese. Intorno a questoargomento i capi del bolscevismo si sono espressi in manieramolto chiara sin dai primi giorni della rivoluzione. Nel numero

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13 della Internazionale Comunista, nella risoluzione sul problemaagrario (pagg. 2435-2445, edizione russa) sono contenute indi-cazioni precise intorno alla organizzazione dell’economia agri-cola statizzata, che confermano quanto abbiamo detto. In quelmedesimo luogo si dice che alla organizzazione della economiaagricola collettiva (cioè capitalistico-statale) è necessario avvi-cinarsi con estrema prudenza e gradualmente. Questi suggeri-menti sono molto comprensibili. Un passaggio troppo aspro didecine di milioni di contadini dalla posizione di padroni indi-pendenti alla posizione di salariati dello stato provocherebbeuna reazione pericolosissima, capace di condurre alla catastro-fe lo stato comunista. Nella realtà vera l’azione dell’autorità co-munista si è ridotta fin adesso esclusivamente alla coatta aspor-tazione dai villaggi e dalle campagne di ogni prodotto della ter-ra e alla lotta contro i movimenti contadini autoctoni. I dirittipolitici dei contadini si riducono alla creazione obbligatoria diun consiglio di villaggio e di comune, interamente sottomessoal partito. Oltre, il contadino non ha nessun diritto. La massa dimilioni e milioni di contadini di una qualsiasi provincia, postasul piatto della bilancia politica, peserà meno del comitato delpartito nella provincia stessa. Per essere brevi, possiamo direche i contadini sono privi di ogni e qualsiasi diritto.

L’apparato statale sovietico è così costituito che tutti i filidirettivi dell’apparato stesso sono nelle mani della democrazia,autodefinentesi avanguardia del proletariato. In qualsiasi ramodella amministrazione statale, dappertutto, troviamo ai posti dicomando lo stesso apparato inamovibile e onnipresente.

Chi dirige i giornali, i periodici, ogni altra pubblicazio-ne? Ovunque politici, venuti dall’ambiente privilegiato dellademocrazia. Chi dirige gli istituti editoriali centrali che preten-dono di guidare il proletariato mondiale, come le Izvestia delcomitato esecutivo centrale di tutta l’unione, l’Internazionale Co-munista oppure l’organo del comitato centrale del partito? Esclu-sivamente gruppi di intellettuali democratici, rigidamente scelti.

Da chi sono retti gli organi politici, creati, come indicanoi loro stessi nomi, non a scopi di lavoro, ma per politica, perdominare? Nelle mani di chi si trovano il comitato centrale delpartito, il consiglio dei commissari del popolo, il comitato esecu-tivo centrale di tutta l’unione, ecc.? Nelle mani di coloro chesono cresciuti nella politica, lontani dal lavoro, e pronuncianoil nome del proletariato come un prete miscredente pronunciail vuoto nome di dio. Nelle loro mani sono tutti gli organi econo-mici del paese, a cominciare dal consiglio dell’economia popo-

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lare per finire agli organi e ai centri più piccoli.Vediamo in tal modo che tutto il gruppo sociale della de-

mocrazia occupa i più importanti posti direttivi dello stato.La storia dell’umanità non conosce esempio in cui un

determinato gruppo sociale, avente interessi di classe suoi pro-pri e un proprio orientamento di classe, si sia avvicinato ai lavo-ratori con lo scopo di aiutarli. Questi gruppi si avvicinano alpopolo con il solo fine di sottometterlo. Il gruppo della democra-zia non è una eccezione a questa generale legge sociale, anzi laconferma come esempio definitivo.

Se in alcuni posti direttivi dello stato comunista si trova-no dei lavoratori, è perché ciò serve a un regime schiavistico:essi danno l’illusione di una natura popolare dell’autorità democra-tica e sono usati a cementare e a consolidare il costruendo edi-ficio autoritario della democrazia socialista. La loro è una partedi secondo piano, sopratutto esecutiva. Inoltre godono di privi-legi a spese della restante massa asservita e sono reclutati tra icosidetti lavoratori coscienti, cioè lavoratori che accettano senzacriticarli i principi del marxismo e del movimento dell’intelligenzasocialista.

Gli operai e i contadini nello stato comunista sono social-mente asserviti, economicamente sfruttati, politicamente prividi diritti. Ma questo non è ancora tutto. Messosi sulla via di unastatizzazione generale, il bolscevismo doveva inevitabilmente ob-bligare anche la vita spirituale dei lavoratori. In realtà è difficiletrovare un paese dove il pensiero dei lavoratori sia soffocato inmaniera così assoluta come nello stato comunista. Con il prete-sto della lotta contro le idee borghesi e controrivoluzionarietutta la stampa che non si professava comunista è stata abolita,sebbene fosse sostenuta da larghe masse del proletariato. Nes-suno può esprimere a voce alta i suoi pensieri. Come ha piani-ficato tutta la vita sociale ed economica del paese conforme-mente al suo programma, così il bolscevismo ha inquadrato an-che la vita spirituale del popolo. Il campo aperto del pensiero edella iniziativa popolare si è convertito nella oscura casermadell’educazione e dell’insegnamento di partito. Il pensiero el’anima del proletariato sono stati chiusi nella scuola di partito.Ogni tentativo di guardare al di là delle mura di questa scuola èdichiarato nemico e controrivoluzionario.

Ma anche questo non è tutto. Tanta corruzione della rivo-luzione e dei suoi scopi, quanta fu introdotta dalla dittatura delbolscevismo, non poté passare senza proteste da parte delle mas-se e senza sforzi da parte loro per combatterla. Ma queste pro-

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teste non condussero a un indebolimento del giogo politico,bensì al suo rafforzamento. Si è aperta così la lunga serie degliatti terroristici del governo, che hanno mutato la Russia in unasola immane prigione, dove la paura è diventata virtù, la men-zogna dovere. Oppressi dal giogo politico, terrorizzati dall’au-torità, mentono i grandi, mentono i ragazzi che vanno a scuola;mentono i bambini di sei anni.

Ci si domanda allora, perché in uno stato comunista sisia creata tale impossibile situazione sociale, politica, morale.Forse la democrazia socialista è peggiore della forma che l’hapreceduta, la borghesia capitalista? Forse non può concedereneppure le false libertà con cui la borghesia di Europa e di Ame-rica difende l’apparenza di equità che c’è nei suoi stati? Si trattadi una cosa diversa. Quantunque come classe la democraziaabbia una sua indipendenza, materialmente è rimasta poverasino all’ultimo momento, e più che povera, miserabile. Perciòdai primi giorni della sua concreta azione politica, non potétrovare in sé quella unità e quella universalità, concesse alle classidominanti dalla loro privilegiata posizione materiale. La demo-crazia espresse dal suo seno una formazione di battaglia chedivenne il partito comunista, e questa formazione militare fucostretta per più di tre anni a valersi delle sue sole forze nellaimmane opera della costruzione del nuovo stato. Non avendoalcun sostegno naturale in nessuna delle classi della società pre-sente, operai, contadini, nobili, borghesi (la democrazia, eco-nomicamente disorganizzata, non potendo entrare in conto),il partito comunista dovette naturalmente ricorrere al terrore ea un regime di generale asservimento.

Tenuto presente il terrore esercitato in Russia dai bolsce-vichi, si comprende bene perché il partito comunista tanto aper-tamente e affrettatamente aumenti e rafforzi i suoi uomini ne-gli alti gradi della burocrazia e dell’ esercito, costruendo così lanuova borghesia. Questa borghesia gli è necessaria come terre-no naturale da cui possa trarre succhi vitali e come classe fidatache lo difenda nella lotta con le masse dei lavoratori.

Tutta la struttura comunista sopra descritta, che porta allaschiavitù degli operai e dei contadini, è da noi spiegata noncome errore e traviamento del bolscevismo, ma come suo sfor-zo cosciente all’asservimento delle masse, sforzo proprio dellasua natura dominatrice e sfruttatrice.

Ci si domanda anche: per quale forza questo gruppo estra-neo e nemico alle masse lavoratrici è riuscito a raggiungere ladirezione delle forze rivoluzionarie del popolo arrivando al po-

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tere in suo nome e quindi rafforzando il proprio dominio?Due ne sono le cause: la situazione delle masse nei giorni

della rivoluzione, disperse e disorganizzate, e l’inganno eserci-tato su di esse dalle parole d’ordine del socialismo.

I sindacati operai e contadini durati sino al 1917 eranorimasti indietro, lontani dalla fervida azione rivoluzionaria de-gli operai e dei contadini stessi. Il torrente della rivoluzioneoperata dalle masse uscì ben oltre gli argini di queste organiz-zazioni, le innondò, le sommerse. Gli operai e i contadini sitrovarono di fronte alla rivoluzione sociale in continuo svilup-po, con tutta la loro vastissima massa, privi della difesa e dellaguida delle proprie organizzazioni di classe, mentre al loro fiancooperava il partito socialista bolscevico meravigliosamente orga-nizzato. Insieme agli operai e ai contadini i bolscevichi parteci-parono direttamente alla distruzione della borghesia industria-le e terriera: chiamarono le masse a questa azione cercando dipersuaderle che la rivoluzione sarebbe stata una rivoluzione so-ciale, l’ultima, e avrebbe portato gli uomini già asserviti al libe-ro regno del socialismo e del comunismo. Per le grandi masse,inesperte di politica, ciò appariva verità chiarissima. La partecipa-zione dei comunisti alla distruzione del regime capitalista ge-nerò un’immensa fiducia in loro. Il ceto degli intellettuali, por-tatore degli ideali della democrazia, era sempre stato così esi-guo e di così poco conto che le masse non seppero mai dellasua esistenza come di una determinata categoria economica.Perciò al momento della distruzione della borghesia non vide-ro nessuno, fuor che se stesse, che potesse prendere il posto diquella. Nella realtà questo posto fu invece interamente presodalla falsa guida che in quel momento esse avevano, cioè il par-tito bolscevico, esperto nella demagogia politica.

Il bolscevismo, sfruttando senza vergogna gli sforzi rivolu-zionari dei contadini e degli operai verso la libertà, l’uguaglian-za e l’indipendenza sociale, riuscì abilmente a sostituire alle loroidee quelle di una autorità sovietica.

In molte parti della Russia e nei primi giorni del rivolgi-mento di ottobre i lavoratori accolsero l’idea dell’autorità so-vietica come quella di un proprio autogoverno locale, sia econo-mico che sociale. Grazie alla sua energia rivoluzionaria e allacommistione demagogica della idea rivoluzionaria dei lavora-tori con la sua idea politico-autoritaria, il bolscevismo si avvici-nò alle masse e ne sfruttò largamente la fiducia. Fu sventuraper le masse aver accolto la dottrina del socialismo e del comu-nismo integralmente e semplicemente, così come il popolo ac-

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coglie sempre le idee di giustizia, di equità, di bene. Poiché inquell’insegnamento la verità e la giustizia non erano che un’esca,una bella promessa che commuoveva l’anima del popolo. L’es-senza di quelle parole, come di ogni sistema statale, era soltantoil desiderio di impadronirsi e di ripartire le forze e il lavoro delpopolo fra un piccolo ma ben organizzato gruppo di parassiti.

Nel vortice degli avvenimenti che si svolgevano in Russiaed in Ucraina, in mezzo a tante operazioni politiche, militariecc., la presa del potere da parte di un nuovo gruppo di sfrutta-tori non sorprese in un primo tempo, né in modo particolare,le masse popolari. Ciò perché questo fatto per la sua definitivarealizzazione ha bisogno di qualche anno. Inoltre si estendenello spazio ed è artificialmente celato per opera del gruppointeressato. Occorre un certo tempo perché divenga chiaroanche alla massa.

Al tempo della grande rivoluzione francese, quando il feu-dalesimo fu definitivamente distrutto, le masse credevano diaver operato quella distruzione in nome della loro libertà e chei partiti politici che le guidavano fossero in questa azione sol-tanto amici e sostenitori. Ma dopo qualche anno il popolo la-voratore, guardatosi intorno, si accorse che era avvenuto sol-tanto un cambio d’autorita, cioè il posto dei nobili e del re erastato occupato da una nuova classe sfruttatrice e dominante, laborghesia industriale e commerciale. Questi fatti storici hannosempre bisogno di un certo tempo per essere chiaramente com-presi da tutta la massa.

Abbiamo messo in luce le linee della essenza politica esociale del bolscevismo e la natura della sua azione. Già nei pri-mi due anni della sua dittatura in Russia esse apparvero chiare:da principio a singoli gruppi di lavoratori e contadini, in unsecondo tempo anche a vaste masse.

Ed ecco che questa giovane forza piena di desideri auto-ritari, dopo la caduta dello hetman urge di nuovo sull’Ucrainacon l’inflessibile decisione di imporvi il suo dominio a qualsiasiprezzo. Al tempo di Skoropadski i bolscevichi non avevano inUcraina forze sufficienti a organizzare un’immediata presa delpotere nel momento della sua caduta . Quasi tutte le loro forzeerano nella Russia Grande, donde sorvegliavano l’Ucraina a-spettando il momento di muovere a proclamarvi la loro autorità.

Nella città russa di Kursk era stato preparato in anticipo ilgoverno ucraino, nelle persone di Piatakov, Kviring e altri. Per-ciò quantunque seguissero molto attentamente gli avvenimentiucraini, non riuscirono a esservi presenti al momento della ca-

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duta di Skoropadski; quindi il potere passò ai petliuristi. Que-sto fatto li convinse maggiormente a procedere secondo modimilitari. L’atmosfera era interamente rivoluzionaria e le cir-costanze estremamente confuse dai movimenti insurrezionalidelle masse contadine. In tali condizioni sei settimane guada-gnate dai petliuristi potevano essere perse nel corso degli even-ti. Occorreva soltanto far presto. E i bolscevichi si affrettaronoad agire.

Mentre il governo da Kursk si trasferiva a Charkov, già li-berata e occupata dalla brigata rivoluzionaria dell’anarchico Ce-redniakov, e vi costituiva subito un nodo di autorità civile, lesue divisioni entravano nelle regioni già liberate del centrodell’Ucraina e con la forza militare istituivano organi di autori-tà comunista. Abbiamo detto: regioni che si erano già liberate.In effetti tutta la superficie dell’Ucraina dalla provincia di Kurskfino al Mare d’Azov e al Mar Nero era già stata liberata dallaautorità dello hetman per opera delle brigate rivoluzionarie con-tadine. Con la caduta dello hetman queste brigate in parte si di-spersero per le campagne, in parte si diressero verso le rive delMare d’Azov, donde già minacciava la nuova controrivoluzionedel generale Denikin.

Nella maggior parte dell’Ucraina i bolscevichi arrivaronoquando la situazione era già chiara, mentre dove si scontraronocon i petliuristi li sconfissero con la forza militare e ne occupa-rono il posto. Lo scontro decisivo tra bolscevichi e petliuristiebbe luogo nella regione di Kiev, che dal momento dell’entratadel direttorio era diventata il centro della attività politica deipetliuristi e il luogo di concentramento delle loro truppe. Allafine del gennaio 1919 i bolscevichi mossero un attacco genera-le contro Kiev e al principio del febbraio la presero. Il governodella repubblica popolare ucraina si ritirò, come d’uso, ai con-fini occidentali dell’Ucraina. L’autorità statale passò ai bol-scevichi.

Occorre osservare a questo proposito che tanto in quellelocalità che i bolscevichi occuparono in battaglia, cacciandonei petliuristi, quanto dove la regione era già libera e i contadinierano soli, l’autorità comunista fu imposta con i modi militari.I consigli degli operai e dei contadini, che avrebbero dovutocreare questa autorità, apparvero dopo che l’autorità si era co-stituita. Prima erano apparsi i comitati rivoluzionari politici dipartito. Ancora prima c’erano state soltanto le divisioni militari.

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CAPITOLO VI

IL MACHNOVISMO

Il movimento insurrezionale rivoluzionario dei contadinie degli operai ucraini ebbe dapprincipio carattere di mare intempesta. Per tutto l’immenso bacino dell’Ucraina le masse siagitavano, passavano alla lotta e all’insurrezione: uccidevano ocacciavano dal paese i feudatari più prepotenti e i rappresentantidell’autorità.

Imperava l’aspetto distruttivo del movimento. Quello co-struttivo era ancora assente. Il movimento non aveva ancoraespresso un piano chiaro e preciso per la organizzazione di unavita libera dei contadini e degli operai. Ma in seguito, proce-dendo e sviluppandosi, cominciò ad assumere una linea più chia-ra. E da quando la maggior parte delle correnti insurrezionalisi unirono sotto la guida di Machno, il movimento conquistò lasua unità, trovò la sua struttura, quasi la sua spina dorsale, di-venne un movimento sociale definito e preciso, con una suadeterminata ideologia e un suo piano di costruzione della vitadel popolo. Questo fu il periodo più forte e più alto della insur-rezione rivoluzionaria, questo è il machnovismo.

Le linee caratteristiche proprie di questo movimento sono:profonda sfiducia nei gruppi sociali dei non lavoratori e deiprivilegiati; rapporti di sfiducia con i partiti politici; rifiuto del-la dittatura sul popolo da parte di qualsiasi organizzazione; ri-fiuto del principio di organizzazione statale; completo autogo-verno locale dei lavoratori. Concreto, fondamentale modo diquesto autogoverno devono essere i liberi consigli delle organiz-zazioni dei lavoratori contadini e operai. Liberi significa che deb-bono essere interamente indipendenti da qualsiasi autorità cen-trale e devono entrare nel sistema economico generale su basid’uguaglianza. Dei lavoratori significa che debbono costruirsi sullabase del lavoro, includere soltanto i lavoratori, servire ai lorointeressi e alla loro libera volontà, senza lasciare luogo in sé adalcuna organizzazione politica. (Cfr. le disposizioni generali deimachnovisti sul libero consiglio delle organizzazioni operaie e

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contadine). Questa è la bandiera con la quale il machnovismoscese nell’arena della lotta sociale.

Il machnovismo nacque in un periodo tempestoso dellavita ucraina, estate 1918, quando tutta la massa contadina eraribelle. Dal primo all’ultimo giorno della sua vita non ebbe unmomento di pace. A causa di ciò dovette crescere e svilupparsisecondo due particolari direttrici: diffondere le sue idee fonda-mentali nella massa, aumentare e rafforzare la sua forza milita-re. Da quando le brigate militari-rivoluzionarie si unirono tutteinsieme in un solo esercito, questo esercito divenne l’unica for-za armata rivoluzionaria delle masse. La situazione militare incui si trovava l’Ucraina fu la causa per cui tutte le migliori forzeorganizzate del movimento si fusero in un solo esercito, chedivenne naturalmente l’autodifesa armata dei contadini, la gui-da di tutto il loro movimento, la loro avanguardia rivoluzionaria:organizzò l’attacco alla controrivoluzione dei possidenti, elabo-rò il piano di questo attacco, emanò le parole d’ordine che lecircostanze richiedevano. Ma non fu mai una forza autosuffi-ciente: attingeva le sue idee rivoluzionarie dalla massa di cuidifendeva gli interessi. E le masse dei contadini, da parte loro,lo ritenevano il supremo organo direttivo della loro vita.

I rapporti del machnovismo con l’autorità statale, i partitipolitici, i ceti improduttivi, divennero nello stesso tempo i rap-porti della massa contadina con l’autorità, i partiti, i ceti suddetti.

E inversamente gli interessi della povera massa dei conta-dini e degli operai, i loro dolori e i loro pensieri divennero gliinteressi, i dolori, i pensieri del machnovismo. Così, per recipro-ca influenza, si andò sviluppando il movimento machnovista,che divenne in breve un gigantesco fenomeno sociale della vitarussa.

Nell’ottobre-novembre 1918 le brigate di Machno condus-sero un attacco generale alla controrivoluzione guidata dallohetman. In quel momento le truppe austro-tedesche influenza-te dagli avvenimenti politici dei loro paesi avevano perso ogniloro energia e cominciavano a disgregarsi. Di questo fatto ap-profittò Machno: strinse un patto di neutralità con quei repartiche lo spirito della rivoluzione aveva toccato. Questi reparti sifacevano disarmare facilmente e delle armi tolte loro si armava-no i machnovisti. Quando non fu possibile accordarsi pacifica-mente con gli austro-tedeschi, Machno li cacciò dalla regionecon la forza. Dopo una accanita battaglia di tre giorni occupòdefinitivamente Guliai-Pole, vi si rafforzò e vi organizzò il quar-tiere generale dell’esercito. Si sentiva dappertutto che la fine

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dello hetman era vicina e la gioventù contadina accorreva inmassa a lui. A quel tempo il suo esercito comprendeva già alcu-ni reggimenti di fanteria e di cavalleria, una batteria e un grannumero di mitragliatrici.

Nella regione non c’erano truppe dello hetman. La guar-dia nazionale era scomparsa all’improvviso crescere dell’eserci-to rivoluzionario e questo era rimasto solo in tutto il vasto terri-torio. Tuttavia lo hetman si manteneva sempre a Kiev. AlloraMachno si volse con i suoi reparti a nord, occupò gli importantinodi ferroviari di Ciaplino, Griscino, Sineinikovo, giunse sino aPavlograd e piegò quindi a occidente verso Ekaterinoslav. Quisi scontrò con le autorità petliuriste.

I petliuristi, preso il potere in moltissime città, si ritene-vano i veri padroni del paese. Con le numerose brigate contadi-ne avevano formato il loro esercito, poi avevano proclamato lamobilitazione generale per organizzare un regolare esercito distato. Ritenevano che il movimento machnovista fosse un sem-plice episodio della rivoluzione ucraina e speravano di attirarlonella sfera della loro influenza e della loro direzione. Essi pose-ro a Machno una serie di domande di natura politica: come eglivedesse il movimento petliurista e l’autorità dei petliuristi, comeritenesse dovesse essere la organizzazione politica dell’Ucraina,se stimasse desiderabile e utile lavorare con loro per la creazio-ne di una Ucraina indipendente. La risposta di Machno e delsuo comando fu breve: essere il petliurismo, secondo la loroopinione, un movimento della borghesia nazionalista ucrainacon la quale loro, contadini e rivoluzionari, non avevano nullain comune; l’Ucraina dover organizzarsi sul principio del lavo-ro e della indipendenza dei contadini e dei lavoratori da qualsia-si autorità politica; non unione ma soltanto lotta poter esisterefra il movimento popolare machnovista e il movimento borghe-se petliurista.

Non molto tempo dopo Machno marciò su Ekaterinoslavper cacciarne l’autorità petliurista. I petliuristi avevano notevo-li forze militari: inoltre, difesi dal Dnepr, potevano ritenersi in-vulnerabili. Le brigate di Machno si fermarono a Nizhne-Dne-provsk, dove si trovava anche il comitato cittadino del partitocomunista bolscevico, che disponeva di forze armate locali.Poiché la personalità di Machno era nota in tutto il paese comequella di un eroe benemerito della rivoluzione e di un capacecomandante militare, il comitato dei comunisti bolscevichi glipropose di assumere il comando delle brigate operaie e di quelledel partito. E Machno accettò.

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Come aveva fatto spesso e come spesso fece anche in se-guito, ricorse a uno stratagemma. Caricate le truppe su di untreno, le fece passare, quasi si trattasse di un treno operaio, at-traverso il ponte sul Dnepr ed entrare direttamente in città. Ilrischio era grandissimo. Se i petliuristi avessero conosciuto l’in-ganno anche pochi minuti prima dell’arrivo del treno, avrebberopotuto catturare tutti. Ma il rischio apriva ai machnovisti la viadella vittoria. Appena il treno fu fermo, le truppe rivoluzionarie,inaspettate, ne balzarono fuori, occuparono la stazione e la par-te della città adiacente a questa. Nel centro si svolse una batta-glia accanita che terminò con la sconfitta dei petliuristi. Tutta-via qualche giorno dopo, a causa della vigilanza insufficientedella guarnigione machnovista, la città tornò ai petliuristi, giunticon nuove forze dalla parte di Zaporozhe. Durante la ritirata, aNizhne-Dneprovsk, attentarono due volte a Machno, ma le bom-be gettategli contro non esplosero. L’esercito machnovista siritirò nella zona di Sinelnikovo. Da quel momento al confinenord-occidentale della regione machnovista si formò un frontefra machnovisti e petliuristi. Tuttavia le forze di questi ultimi,formate per la maggior parte da contadini insorti e mobilitatiobbligatoriamente, cominciarono a disperdersi non appena ven-nero in contatto con i machnovisti. In breve tempo questo frontefu liquidato e uno spazio di migliaia di verste liberato da ogni au-torità e da qualsiasi esercito.

Chi crede nello stato teme la libertà del popolo, e affer-ma che il popolo, senza un potere che lo freni, perde la forzadella socialità, si disgrega, inselvatichisce. Questa è una affer-mazione sciocca. Così parlano i fannulloni, gli amanti della auto-rità propria e del lavoro altrui, oppure i ciechi pensatori dellasocietà borghese. La liberazione del popolo significa effettiva-mente degenerazione e inselvatichimento, ma non del popolo,bensì di quelli che, grazie al potere e ai privilegi, vivono sullavoro delle sue mani e col suo sangue. La rivoluzione russa ciha mostrato che migliaia di famiglie della classe previlegiata –gente ben pulita, ben curata, ben pasciuta – decaddero e insel-vatichirono: perché la rivoluzione aveva tolto loro tutta la servi-tù, in un mese o due si coprirono di sporcizia e di rogna. Larivoluzione del popolo porta all’inselvatichimento di coloro chesono cresciuti sulla sua schiavitù, mentre il popolo comincia avivere, a rafforzarsi a crescere soltanto dal momento in cui èpienamente libero. Lo hanno dimostrato chiarissimamente icontadini della regione di Guliai-Pole. Nel corso di poco più disei mesi, dal novembre 1918 al giugno 1919, in cui vissero liberi

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da qualsiasi autorità politica esterna, non soltanto non perseroi legami sociali del loro ambiente, ma crearono una nuova epiù alta forma di vita sociale: la libera comune e i liberi consiglidei lavoratori. Cacciati dalla regione i grandi possidenti, la ter-ra era nelle mani della massa contadina. Tuttavia molti contadi-ni sapevano che la azione non era finita, che non bastava pren-dere un pezzo di terra e riposarsi sopra. Le difficoltà della vitaavevano insegnato loro che i nemici stanno in agguato da ogniparte e che occorre mantenersi uniti. In numerose località siiniziarono tentativi di organizzare la vita sociale sulla base dellecomuni. Nonostante i passati rapporti di ostilità fra i contadinie le comuni ufficiali, in molti luoghi della regione di Guliai-Pole, i contadini crearono comuni nuove, chiamandole comu-ni di lavoratori o libere comuni. Così nei pressi del villaggio diPokrovskoe sorse la prima libera comune Rosa Luxemburg. Imembri erano tutti dell’infima plebe. Da principio vi entraronosoltanto alcune decine di uomini, in seguito il loro numero asce-se a più di trecento. Questa comune era stata fondata dai conta-dini più poveri della località, e il suo nome, sacro alla memoriadi Rosa Luxemburg, mostra chiaramente che nei suoi organiz-zatori mancava ogni tendenza di partito. Nella loro semplicità egenerosità popolare, i contadini volevano onorare il ricordodell’eroina ignota, caduta combattendo coraggiosamente perla rivoluzione, ma la vita interna della comune non aveva nullaa che fare con la dottrina per la quale si era battuta la Luxem-burg. Organizzata su basi antiautoritarie, con il suo allargarsi esvilupparsi cominciò a esercitare un’influenza notevole su tuttii contadini del luogo. L’autorità comunista tentò di immischiarsinella vita interna della comune, ma non vi fu ammessa: la co-mune si era chiamata appositamente libera, composta di lavo-ratori, estranea a qualsiasi autorità.

A sette verste da Guliai-Pole, in una tenuta che era statadi un grande proprietario, c’era una comune che accoglievatutti i poveri di Guliai-Pole. Si chiamava semplicemente comunen.1 dei contadini di Guliai-Pole. A circa venti verste da questa sitrovavano le comuni n. 2 e n. 3. Anche in molte altre località ipoveri si raccolsero in comuni. Naturalmente, in rapporto a tuttala popolazione, non erano molte, raccoglievano soltanto unaminoranza di contadini, specialmente quelli che non avevanofattorie redditizie e ben avviate. Ma il loro valore consiste nelfatto che erano sorte dall’iniziativa spontanea dei contadini stessi.

Le tracce del lavoro dei machnovisti erano visibili in que-ste organizzazioni soltanto in quanto essi conducevano in tutta

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la regione una forte propaganda per tali libere comuni. Le co-muni nascevano non per caso o per imitazione, ma per le quo-tidiane necessità dei contadini, che prima della rivoluzione nonavevano nulla e dopo avevano incominciato a organizzare leloro aziende su principi comunistici. Non erano le comuni cre-ate artificialmente dal partito comunista, nelle quali general-mente lavorano elementi scelti a caso, che seminano e coltiva-no in qualche modo, fruiscono di un illimitato aiuto da partedello stato e vivono così del lavoro di quel popolo al quale vor-rebbero insegnare a lavorare. Qui si trattava in realtà di comunidi contadini che, nati sul lavoro, apprezzavano il lavoro in sé enegli altri. Nelle comuni i contadini soprattutto lavoravano, sfor-zandosi di assicurarsi il vitto della giornata. Inoltre ognuno vitrovava un appoggio morale e materiale. Regnava il principiomorale del cameratismo e della fratellanza. Tutti, uomini, don-ne, giovani, erano obbligati a lavorare in misura della loro for-za. L’organizzazione era affidata a uno o due compagni i quali,assolto tale compito, tornavano al lavoro, a fianco di tutti glialtri membri della comune. Indubbiamente le comuni avevanoqueste caratteristiche poiché erano nate in un ambiente di la-voratori e il loro sviluppo seguiva una direzione naturale.

Tuttavia i germi di un libero comunismo erano lontanidall’animare tutta la struttura sociale ed economica di quelleorganizzazioni contadine. Al contrario, questi germi si può direcercassero di penetrarvi. Indipendentemente da ciò la situazio-ne politica esigeva dai contadini sforzi comuni e una comunetensione in tutta la zona contigua. Era necessario raggiungerel’unità non soltanto entro i limiti di questo o di quel villaggio,ma sulla superficie di interi distretti e di intere provincie com-ponenti la regione che si era liberata. Occorreva dare un’unicasoluzione ai problemi che interessavano tutta la regione, crearedegli organi responsabili. E i contadini non tardarono a crearli.Le assemblee dei contadini, degli operai e degli insorti dellaregione divennero esse tali organi. Nel tempo in cui la regionerimase libera ebbero luogo tre di tali assemblee. In esse la massadei contadini sentì il bisogno di unirsi, di considerare la situazio-ne in tutto il paese, di stabilire i compiti economici e politici chedovevano essere assolti. Nella prima assemblea, che ebbe luogoil 23 gennaio 1919 nel villaggio di Bolsciaia Michailovka, i conta-dini rivolsero la loro attenzione sopra tutto al pericolo dei movimen-ti di Petliura e di Denikin.

I petliuristi avevano creato nel paese un nuovo stato. Con lafalsa parola d’ordine della difesa nazionale organizzavano ora la

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mobilitazione generale costringendo il popolo rivoluzionario neivincoli di una nuova schiavitù. La massa contadina rivoluzionariadi tutto il litorale del Mar d’Azov decise di combattere energica-mente questo pericolo. Per questo creò brigate e commissioni chemandò nella zona soggetta al direttorio petliurista, perché spie-gassero alle masse la menzogna del nuovo potere democratico,le incitassero alla disubbidienza, al boicottaggio della mobilita-zione, al proseguimento della rivolta sino alla distruzione di quelpotere.

Il movimento di Denikin rappresentava un pericolo an-cora maggiore per la libera regione. Esso veniva in guerra con-tro la rivoluzione russa in tutti i suoi aspetti e costituiva unadelle correnti di quella generale controrivoluzione, che avevaper fine la restaurazione della monarchia. Questa controrivolu-zione era nata allora, quando la classe dei nobili dopo la distru-zione dello zarismo, si era a poco a poco ripresa e aveva comin-ciato a guardarsi attorno. I generali Kornilov, Kaledin, Krasnov,Alekseev, Kolciak, Denikin, sono i capi di una sola generalecontrorivoluzione monarchica in Russia. Sono i tronconi vividella monarchia finita. Quantunque molti di loro si fossero av-vicinati alle forme democratiche e marciassero dietro la ban-diera dell’assemblea costituente, lo facevano soltanto per con-siderazioni di tattica. Speravano, offrendo il loro tributo al mo-mento politico, di fare più velocemente i primi passi sulla viadella restaurazione monarchica. Qualunque fosse allora lo spi-rito della repubblica, questo era a loro assolutamente estraneo.

La seconda assemblea dei contadini, degli operai e degliinsorti della regione si radunò tre settimane dopo la prima, preci-samente il 12 febbraio 1919 nel villaggio di Guliai-Pole. Vi fu-rono discussi tutti gli aspetti del pericolo rappresentato dall’a-vanzare della controrivoluzione di Denikin. L’esercito di que-sto generale era composto di elementi controrivoluzionari scel-ti, ufficiali effettivi e vecchi cosacchi. I contadini sapevano benis-simo come si sarebbe risolta la lotta fra questo esercito e loro.Perciò presero immediate misure per rafforzare la propria au-todifesa. L’esercito rivoluzionario machnovista comprendeva aquel tempo ventimila volontari. Molti già stanchissimi, logoratidalle continue battaglie degli ultimi 5-6 mesi, mentre le forze diDenikin aumentavano rapidamente e incombevano sulla re-gione. Perciò la seconda assemblea dei contadini degli operai edegli insorti decise di proclamare nella regione una mobilita-zione volontaria e egalitaria delle ultime dieci classi. Mobilita-zione volontaria, cioè basata sulla coscienza e sulla buona volon-

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tà di ciascuno . La decisione della assemblea aveva soltanto que-sto significato: che con la sua autorità sottolineava la necessità diimmettere nell’esercito rivoluzionario elementi freschi. Mobili-tazione egalitaria voleva dire che i contadini dei diversi villaggi edei comuni si assumevano l’impegno di fornire uomini secon-do principi pressapoco eguali.

Non appena queste decisioni dell’assemblea furono cono-sciute dalla massa contadina, ogni villaggio prese a inviare aGuliai-Pole un grandissimo numero di nuovi volontari, che ave-vano espresso il desiderio di andare a combattere sul fronte diDenikin. Il loro numero era ingente. Ma poiché nella regionenon c’erano armi sufficienti, non fu possibile formare in tem-po utile nuove unità di volontari. E ciò ebbe conseguenze fatalialla regione nel momento dall’attacco generale delle truppe diDenikin nel giugno 1919. Ma ne parleremo più sotto.

Per la direzione generale della lotta contro la forze di Pe-tliura e di Denikin, per i rapporti sociali, le informazioni, lerelazioni interne, per la realizzazione delle decisioni delle assem-blee, nella seconda di queste fu creato il consiglio militare-rivo-luzionario regionale dei contadini, degli operai e degli insorti.Vi entrarono rappresentanti di 32 comuni della provincia diEkaterinoslav e della Tauride, e rappresentanti dei reparti degliinsorti. Abbracciava tutta la superficie della libera regione, sioccupava, per incarico delle assemblee, di tutti gli affari di carat-tere sociale, politico, militare e risultava essere l’organo supre-mo di tutto il movimento. Ma non era affatto un organo autori-tario. Aveva funzioni puramente esecutive. Il suo compito eraquello di attuare le istruzioni e le decisioni della assemblea de-gli operai e dei contadini: in qualsiasi momento poteva esseresciolto da quella stessa assemblea e così finire la sua attività.

Con la creazione del consiglio regionale l’attività socialeprocedette più intensamente. In tutti i villaggi si discutevano erisolvevano i problemi comuni a tutta la regione. I principalierano: quello militare, quello alimentare e il problema dell’autoam-ministrazione locale. Abbiamo già detto delle misure militariprese dai contadini in relazione alla situazione di quel momen-to nel paese. Il problema alimentare in scala generale, cioè pertutta la popolazione della regione, non era stato ancora risolto.La sua soluzione in tali proporzioni doveva essere affrontatanella quarta assemblea regionale dei contadini, degli operai,degli insorti e degli uomini dell’armata rossa, convocata per il15 giugno 1919 ma dichiarata fuori legge dalla autorità sovieti-ca. Ne parleremo più sotto. Per quanto riguarda l’esercito in-

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surrezionale i contadini si presero l’impegno di mantenerlo. AGuliai-Pole fu organizzata una sezione centrale per il vet-tovagliamento dell’esercito, alla quale affluivano da varie partiviveri e foraggi, quindi inviati al fronte.

Nei riguardi degli organi di amministrazione pubblica icontadini e gli operai di tutta la regione aderivano all’idea diliberi consigli dei lavoratori. A differenza dei consigli politicidei bolscevichi e degli altri socialisti, i liberi consigli dei conta-dini e degli operai dovevano essere organi di autoam-ministrazione sociale ed economica. Ognuno era l’organo ese-cutivo della volontà dei lavoratori del luogo e delle loro orga-nizzazioni. I consigli entravano in necessari reciproci rapporticreando, per i problemi territoriali ed economici, organi supe-riori di autoamministrazione popolare. Purtroppo la situazio-ne militare della regione rendeva estremamente difficile la cre-azione di tali organi: la loro organizzazione nel modo più preci-so non fu mai portata completamente a termine. Soltanto nel1920 si riuscì a stampare le tesi generali per un libero consigliodei contadini e degli operai. Tuttavia prima di allora, nelle «di-chiarazioni» del consiglio militare rivoluzionario dell’esercitomachnovista, al capitolo che riguarda la struttura dei liberi con-sigli, erano stati dati i principi generali sui consigli dei lavorato-ri contadini e operai. Vediamo così che la massa dei contadini euna parte degli operai, liberatisi dal regime dello hetman e dal-le altre autorità, avevano seriamente iniziato sulla base dell’espe-rienza la colossale opera della organizzazione di una nuova vita;vediamo che, circondati da diverse forze nemiche, avevano adot-tato capaci misure di difesa della loro regione, su cui splendevaancora la luce della libertà. Formare numerose libere comuni,creare organi di autoamministrazione sociale ed economica,furono i primi passi dei contadini e degli operai nella costruzio-ne di una loro vita libera e indipendente. Non c’è dubbio che lamassa dei lavoratori, se fosse restata libera, avrebbe seguito quellastrada e immesso nella sua costruzione del materiale sano, ge-nuino, scelto, gettando così le fondamenta di una società dilavoratori veramente liberi.

Ma contro la regione avanzava il nemico atavico del lavo-ro e della libertà: l’autorità. Dal nord avanzava l’esercito stataledei comunisti bolscevichi, dal sud-est l’esercito del generaleDenikin. Prime arrivarono le truppe di Denikin. Già nel perio-do della lotta dei contadini contro lo hetman e più precisamen-te nei primi giorni dopo la sua caduta, si erano infiltrati inUcraina, venendo dal Don e dal Kuban, gruppi isolati di parti-

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giani controrivoluzionari del generale Shkuro e si erano avvici-nati a Pologhi e a Guliai-Pole. Questa era stata la prima minac-cia che la controrivoluzione aveva portato alla regione. Natu-ralmente l’esercito degli insorti machnovisti aveva rivolto le sueforze da quella parte: a quel tempo consisteva di alcuni reggi-menti di fanteria e di cavalleria, meravigliosamente organizza-ti. La fanteria dell’esercito machnovista era una specialità affat-to originale. Come la cavalleria si muoveva sempre con i cavalli,ma non a cavallo: dotata di carri leggeri e molleggiati che nelsud dell’Ucraina sono detti tacianke, si muoveva su una o duefile e generalmente procedeva insieme alla cavalleria, di buontrotto, facendo in media 60/70 verste al giorno, e quando fossenecessario 90/100.

Denikin, approfittando della imbrogliata situazione ucrai-na e della lotta del direttorio petliurista con i bolscevichi, spe-rava di occupare la maggior parte del paese senza molta fatica edi portare il suo fronte, in un primo tempo almeno sino ai con-fini settentrionali della provincia di Ekaterinoslav. Ma si urtò ina-spettatamente contro l’esercito tenace e ben organizzato degliinsorti machnovisti. Dopo alcune battaglie le unità di Denikincominciarono a ritirarsi in direzione del Don e del Mar d’Azov,così che in breve tutto il territorio da Pologhi sino al mare fulibero. I reparti machnovisti occuparono una serie di impor-tanti nodi ferroviari e le città di Berdiansk e Mariupol. Da que-sto momento (gennaio 1919) si creò il primo fronte controDenikin, sul quale l’esercito machnovista trattenne per sei mesil’impeto della controrivoluzione che premeva dal Caucaso. Ilfronte si estendeva per più di 100 verste, partendo da Mariupolin direzione est e nord-est.

La lotta su questo fronte prese un carattere duro e fero-ce. Anche le forze di Denikin, imitando i machnovisti, ricorse-ro alla tattica partigiana: reparti a cavallo irrompevano nel pro-fondo delle retrovie, portavano distruzione, incendi, morte inun villaggio, scomparivano e di nuovo improvvisi erano in unaltro luogo a portarvi le stesse rovine. Di queste incursioni sof-friva esclusivamente la popolazione stabile dei lavoratori. Si ven-dicavano così dell’aiuto che quella dava all’esercito degli insor-ti e della sua avversione alle truppe di Denikin, cercando diprovocarla a reagire alla rivoluzione. Soffriva di queste incur-sioni anche la popolazione ebraica, che da tempo viveva nellazona lungo il mar d’Azov in colonie indipendenti. Le brigate diDenikin colpivano gli ebrei in ogni loro azione, sforzandosi dicreare un movimento antisemitico artificiale, che costituisse una

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base favorevole alla loro invasione nell’Ucraina. In queste scor-rerie controrivoluzionarie si distinse sopra tutti il generaleShkuro.

Tuttavia per più di quattro mesi i seguaci di Denikin, quan-tunque avessero forze scelte e attaccassero con ferocia, non po-terono vincere le forze degli insorti, piene di entusiasmo rivolu-zionario ed esperte nella lotta partigiana non meno di quelleavverse. Anzi molto spesso il generale Shkuro dovette subiredai reggimenti degli insorti colpi tali, che soltanto ritirate di80/120 verste a Taganrog e Rostov lo poterono salvare da unacompleta disfatta. Sotto le mura di Taganrog i machnovisti arri-varono in questo tempo non meno di cinque o sei volte. Laferocia e l’odio degli ufficiali di Denikin nei riguardi deimachnovisti arrivarono a espressioni incredibili: sottoponeva-no i prigionieri machnovisti alle più diverse torture, li spaccava-no a colpi di cannone e vi furono casi in cui li bruciarono supiastre di ferro rovente.

Durante questa lotta accanita di quattro mesi il talentomilitare di Machno poté manifestarsi in modo chiarissimo. An-che suoi nemici, i seguaci di Denikin, riconobbero la sua capaci-tà di condottiero. Naturalmente ciò non vietò affatto al generaleDenikin di promettere mezzo milione di rubli a chi uccidesseMachno.

Il movimento insurrezionale fu il tentativo delle massepopolari di tradurre in realtà i disegni non realizzati dalla rivolu-zione russa. Era la continuazione organica del movimento del-le masse operaie e contadine nell’ottobre del 1917, aveva glistessi scopi di quel movimento ed era pervaso da un profondis-simo senso di fratellanza fra i lavoratori di tutte le nazionalità edi tutti i paesi. Prendiamo questo fatto tipico. Al principio del1919 i rivoluzionari machnovisti respinsero dopo una serie dibattaglie le truppe di Denikin fino al mare d’Azov, e catturaro-no loro circa cento vagoni di grano. Il primo pensiero di Machnoe del comando dell’esercito degli insorti fu quello di inviaretutto questo grano ai lavoratori affamati di Mosca e di Pie-trogrado. La massa delle forze rivoluzionarie accettò con entu-siasmo questo suggerimento. Il grano, circa cento vagoni, fumandato a Pietrogrado e a Mosca, accompagnato da una dele-gazione machnovista, che fu accolta calorosamente dal consi-glio di Mosca.

I bolscevichi arrivarono nella regione machnovista moltopiù tardi delle truppe di Denikin. Gli insorti machnovisti si bat-tevano con Denikin già da tre mesi, li avevano cacciati dalla re-

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gione e avevano portato la linea del fronte a oriente di Mariupol,quando arrivò a Sinelnikovo la prima divisione bolscevica co-mandata da Dybenko. Machno e il movimento rivoluzionarioerano ai bolscevichi ancora ignoti. Sino allora la stampa comu-nista di Mosca e delle provincie aveva dipinto Machno come unardito rivoluzionario, che prometteva bene. La sua lotta, primacontro lo hetman Skoropadski, quindi contro Petliura e Deni-kin, gli aveva cattivato sin da principio la simpatia dei più noticomandanti bolscevichi. Costoro erano sicuri che le brigate ri-voluzionarie dei machnovisti, che si erano battute contro le nu-merose e diverse forme della controrivoluzione in Ucraina, sisarebbero fuse nell’armata rossa. Perciò non avendo conosciu-to Machno da vicino, lo portavano alle stelle, dedicandogli in-tere colonne dei giornali della capitale. Nello spirito di questeesaltazioni ebbe luogo il primo incontro fra il comando bolsce-vico e Machno (marzo 1919). Gli proposero senz’altro di entra-re con le sue brigate nell’armata rossa per sconfiggere insiemeDenikin. Le caratteristiche ideali e politiche del movimentoinsurrezionale rivoluzionario erano da loro considerate comenaturali e non potevano quindi in alcun modo ostacolare que-sta unione basata su una azione comune: sarebbero rimaste in-violate.

Machno e il comando dell’esercito insurrezionale vede-vano chiaramente che il contatto con l’autorità comunista avreb-be costituito una nuova minaccia per la libera regione e che erapresagio di una guerra civile da un’altra parte. Ma né Machno,né il comando dell’ esercito, né il consiglio regionale volevanoquella guerra, che si sarebbe ripercossa perniciosamente sul de-stino di tutta la rivoluzione ucraina. Sopratutto doveva tenersiin considerazione che dal Don e dal Kuban avanzava una deci-sa, organizzata contro-rivoluzione, con la quale era possibile unsolo discorso, quello delle armi. Il pericolo da quella parte cre-sceva ogni giorno. Gli insorti speravano che la lotta coi bolsce-vichi si sarebbe limitata al campo delle idee. In questo caso e-rano assolutamente sicuri per la loro regione, poiché la forzadelle idee rivoluzionarie, il senso della rivoluzione e la diffiden-za dei contadini verso gli stranieri si sarebbero dimostrati la mi-glior difesa. Era opinione comune a tutti i capi del movimentoche occorresse opporre tutte le forze alla contro-rivoluzionemonarchica e soltanto dopo la liquidazione di quella pensarealle divergenze ideali con i bolscevichi. In questi sensi ebbe luo-go l’unione dell’esercito machnovista con l’armata rossa. Ve-dremo più sotto che i capi del machnovismo sbagliarono spe-

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rando trovare nei bolscevichi soltanto avversari teorici; dimen-ticarono di aver a che fare con i più decisi tiranni e con i piùconvinti cultori dello stato. Ma gli errori, quando non condu-cono alla rovina, sono utili; e quell’errore riuscì di vantaggio aimachnovisti.

L’esercito insurrezionale entrò a far parte dell’armata ros-sa dopo accordo su questi punti fondamentali: a) il suo ordina-mento interno resta quello di prima: b) esso accetta i commissa-ri politici, nominati dall’autorità comunista; c) dipende dall’al-to comando rosso soltanto in campo operativo; d) non può es-sere allontanato dal fronte contro Denikin; e) riceve equipag-giamento militare e vettovagliamento come gli altri reparti del-l’armata rossa; f) continua a chiamarsi esercito insurrezionalerivoluzionario e conserva la bandiera nera.

L’esercito degli insorti machnovisti era fondato su tre prin-cipi fondamentali: la volontarietà, l’elettività degli incarichi e l’autodi-sciplina. La volontarietà voleva dire che l’esercito consisteva sol-tanto di rivoluzionari che erano entrati a farne parte volon-tariamente. L’elettività significava che i comandanti di tutte leunità, i membri dello stato maggiore, il consiglio dell’esercito ein generale tutti gli uomini che vi occupavano posti di respon-sabilità dovevano essere eletti o confermati dagli insorti dei re-parti relativi o dalle assemblee di tutti i reparti dell’esercito.L’autodisciplina voleva dire che tutti i regolamenti della discipli-na militare erano elaborati da commissioni di rivoluzionari elettiallo scopo, ratificati da assemblee generali dei reparti e osserva-ti da ogni rivoluzionario e da ogni comandante...

Al momento in cui entrò nell’armata rossa questi princi-pi fondamentali erano presenti nell’esercito machnovista.Dapprima esso fu chiamato terza brigata poi prima divisione in-surrezionale rivoluzionaria ucraina, più tardi esercito insurrezionalerivoluzionario d’Ucraina (machnovisti).

Il lato politico era interamente assente dall’accordo. L’ac-cordo era esclusivamente militare. Grazie a ciò la vita della re-gione e il suo sviluppo sociale rivoluzionario continuarono sul-la via di prima, cioè sulla via dell’indipendenza dei lavoratori,che non ammettevano nessuna autorità esterna. Più sotto ve-dremo che ciò fu l’unica ragione per cui ebbe luogo l’attacoarmato dei bolscevichi contro la regione. Da quando fu costitui-to il consiglio regionale, febbraio 1919, il paese acquistò mag-gior coesione. L’idea di liberi consigli dei lavoratori giunse sinoai villaggi più lontani.

A causa della situazione generale, i contadini si posero

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lentamente alla creazione di questi consigli, ma dappertuttorestarono fedeli a tale idea, sentendo di trovarsi su un terrenosano, l’unico su cui fosse possibile costruire una società libera.Contemporaneamente nella regione era maturato e si facevasentire con urgenza il problema di una unione immediata congli operai delle città piu vicine. Questo legame doveva, evitan-do gli organi statali, toccare direttamente la massa operaia del-le città negli stabilimenti e nei sindacati.

L’unione era necessaria per rafforzare e aprire maggior-mente la rivoluzione. Si sapeva che tali rapporti avrebbero por-tato alla lotta contro il partito di stato, che non avrebbe abban-donato facilmente il suo potere sulle masse: ma ciò non sem-brava un grande pericolo, poiché i contadini e gli operai unitiavrebbero agevolmente tenuto a freno qualsiasi autorità. Inol-tre e più importante, non era possibile trovare altre forme diunione con gli operai all’infuori di quelle dirette, che portava-no al congedo della autorità e ne provocavano la reazione. Pro-prio in questa alleanza della campagna con la città era contenu-ta la possibilità di ingrandire e approfondire la rivoluzione. «Ope-raio, dammi la mano», erano le parole dei contadini rivoluzionaridi Guliai-Pole alla città. Da parte dei contadini della libera re-gione era una cosa logica. In casa loro erano assolutamente li-beri: disponevano liberamente di sé e dei prodotti del loro lavo-ro. Per ciò volevano vedere nella stessa situazione gli operai dellacittà, e quindi avvicinandosi a loro evitavano qualsiasi organiz-zazione politica statale o comunque improduttiva, da cui aveva-no tanto sofferto in passato. Contemporaneamente deside-ravano che anche l’operaio si avvicinasse nello stesso modo, di-rettamente.

Ecco come sorse nella regione il problema della alleanzacon gli operai delle città. Portato e discusso ovunque, divenneper tutta la regione la parola d’ordine del momento.

Di fronte a tali parole d’ordine i partiti politici non pote-vano avere alcun successo nella regione. Quando arrivaronocon i loro piani di organizzazione statale, furono generalmenteaccolti in modo molto freddo e spesso derisi, come gente chevolesse portare i propri ordinamenti in casa d’altri.

L’autorità comunista che aveva cominciato a penetrarvida diverse parti sembrò effettivamente qualche cosa di estra-neo al luogo. In un primo tempo essa sperò di assorbire ilmachnovismo nel bolscevismo, ma ciò apparve subito mera fan-tasia, poiché la massa degli insorti andava decisa per la sua stra-da ignorando interamente gli organi statali bolscevichi. Era fre-

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quente che i contadini cacciassero con la forza delle armi lecommissioni straordinarie. Nella stessa Guliai-Pole l’autorità nonriuscì a costituire neppure uno dei suoi organi. In altre localitàquesti istituti furono causa di scontri sanguinosi fra la popola-zione e l’autorità. La posizione di quest’ultima nella regionediventava sempre più difficile. Allora i bolscevichi intrapreserouna lotta organizzata contro il machnovismo, sia come teoriache come movimento sociale. Cominciò dapprima la loro stam-pa: essa prese a designare il movimento machnovista come unmovimento di kulak, le sue parole d’ordine come controrivo-luzionarie, le sue gesta come nocive alla rivoluzione. Comincia-rono le minacce ai dirigenti del machnovismo, sia dalle colon-ne dei giornali che dalle autorità centrali. Cominciò il bloccosevero della regione. Tutti quelli che andavano a Guliai-Pole e irivoluzionari che ne uscivano erano fermati. Il rifornimento dimunizioni all’esercito insurrezionale fu ridotto ad appena unquinto. Così si sentiva nell’aria la tempesta.

Il 10 aprile 1919 il consiglio militare rivoluzionario indis-se la terza assemblea regionale dei contadini, degli operai e de-gli insorti. L’assemblea doveva fissare i compiti del momento estabilire le direttive per la vita rivoluzionaria del paese: vi parte-ciparono delegati di 72 comuni rappresentanti una massa dipiù di due milioni di uomini. Il lavoro fu estremamente vivo.Purtroppo non abbiamo sott’occhio la relazione della assem-blea: sarebbe stato possibile vedere con quale precauzione eaccortezza la massa popolare cercasse le sue strade nella rivolu-zione e le sue forme di vita. Alla fine dei lavori l’assemblea rice-vette un telegramma del comandante di divisione Dybenko, chedichiarava fuori legge gli organizzatori della assemblea e l’as-semblea stessa controrivoluzionaria.

Questo era il primo attacco aperto dei bolscevichi controla libera regione. Tutta l’assemblea ne comprese perfettamen-te il significato ed espresse una indignata protesta control’aggressione. La protesta fu subito stampata e diffusa fra i con-tadini e gli operai. Inoltre pochi giorni dopo il consiglio milita-re rivoluzionario diede una degna risposta alla autorità comu-nista nella persona di Dybenko, facendo vedere quanto valesse laregione di Guliai-Pole nella rivoluzione e chi in realtà facesse ope-ra controrivoluzionaria. Questa risposta caratterizza bene l’unoe l’altro aspetto e quindi la riportiamo intera:

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CONTRORIVOLUZIONARIO?

Il «compagno» Dybenko ha dichiarato controrivoluzionario il con-gresso convocato a Guliai-Pole per il 10 aprile c.a., e i suoi organizzato-ri fuori legge. Contro di loro debbono essere adottate, secondo le sue pa-role, le più dure misure repressive. Riportiamo testualmente il suo tele-gramma: Novoalehseevka, n. 283. Giorno 10, ore 22,45. Al compagnoMachno, comando di divisione, Aleksandrovsk. Copia a Volnovacha,Mariupol, da far proseguire al compagno Machno. Copia al consigliodi Guliai-Pole. Qualsiasi congresso indetto in nome dello stato maggio-re militare rivoluzionario, sciolto conformemente a mio ordine, è da rite-nersi deliberatamente controrivoluzionario e i suoi organizzatori da sot-toporsi alle misure più repressive, sino a essere dichiarati fuori legge.Ordino siano prese immediate misure per evitare simili congressi. Fir-mato: com. di div. Dybenko.

Prima di dichiarare controrivoluzionario il congresso il «compa-gno» Dybenko non si è curato di sapere in nome di chi e a quale scoposia stato convocato: quindi dichiara che il congresso è stato convocatoin nome del disciolto stato maggiore militare rivoluzionario di Guliai-Pole, mentre in realtà è stato indetto dal comitato esecutivo del consigliomilitare rivoluzionario. Perciò quest’ultimo, quale promotore del con-gresso non sa se il «compagno» Dybenko lo consideri fuori legge. Se loritenete fuori legge, permettete di far conoscere a «Vostra SignoriaEccellentissima» chi ha convocato questo congresso, che voi chiaramen-te definite controrivoluzionario e per quale ragione è stato convocato;allora forse non vi sembrerà così strano come lo designate. Il congresso,come è stato detto sopra, fu convocato dal comitato esecutivo del consi-glio militare rivoluzionario della regione di Guliai-Pole, per il 10 apri-le, a Guliai-Pole (data la sua posizione centrale). Ha preso il nome diterzo congresso regionale di Guliai-Pole. Fu convocato per determinarela direzione della ulteriore attività del consiglio militare rivoluzionario.(Vedete, «compagno» Dybenko, ce ne sono stati già di questi congressicontrorivoluzionari). Se alla domanda: – Donde è venuto e perché èstato creato il consiglio militare rivoluzionario della regione – voi «com-pagno » Dybenko non sapete rispondere, vi istruiremo noi. Il consiglioregionale militare rivoluzionario è stato creato conformemente alledeliberazioni del secondo congresso, che ebbe luogo a Guliai-Pole il 12febbraio c.a. (vedete da quanto tempo, quando voi non eravate ancoraqui), allo scopo di organizzare la mobilitazione di volontari per il fron-te, poiché tutto intorno c’erano i cadetti, e le brigate rivoluzionarie for-mate dai primi volontari non bastavano a tenere un fronte così vasto.Di truppe sovietiche nella nostra regione non ce n’erano e da esse la

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popolazione non si aspettava grande aiuto, riteneva invece suo doverel’autodifesa. Ecco perché fu creato il consiglio militare rivoluzionariodella regione di Guliai-Pole, in cui, giuste le deliberazioni del secondocongresso, entrò un rappresentante per comune, in tutto 32 uomini daicomuni delle provincie di Ekaterinoslav e della Tauride. Daremo piùsotto chiarimenti intorno alla istituzione del consiglio militare rivolu-zionario: ora il problema che ci occupa è questo: come è sorto, chi haconvocato il secondo congresso regionale? Da chi è stato autorizzato? Èstato dichiarato fuori legge, chi lo ha convocato? E se no, perché? Ilsecondo congresso regionale fu indetto a Guliai-Pole per iniziativa diun gruppo di cinque uomini eletti nel primo congresso. Il secondo con-gresso ebbe luogo il 12 febbraio c.a. ed è strano che quelli che lo con-vocarono non furono dichiarati fuori legge, poiché a quel tempo nonc’era nessun eroe, che osasse attentare ai diritti che il popolo si era con-quistati col suo sangue. E ora ci troviamo di fronte allo stesso problema:come sia nato e chi abbia convocato il primo congresso regionale, se siastato dichiarato fuori legge, e se non, perché. Voi «compagno» Dybenko, sivede bene, siete giovane del movimento rivoluzionario ucraino e quindidobbiamo darvene ragguaglio dalle origini. Ebbene, noi vi informere-mo, e voi, così edotto, forse vi correggerete un po’. Il primo congresso re-gionale ebbe luogo il 23 gennaio c.a. nel primo campo degli insorti, ilvillaggio di Bolsciaia Michalovka, e vi presero parte i rappresentantidei comuni vicini al fronte. A quel tempo le truppe sovietiche eranochissà dove, ma molto lontano. Allora la regione era tagliata fuori datutto il mondo: da una parte i cadetti di Denikin e dall’altra i petliu-risti: soltanto alcune brigate d’insorti, comandate da Machno e daShcius, portavano i loro colpi sui cadetti e sui petliuristi. Nei villaggi enelle campagne le organizzazioni e le istituzioni sociali avevano nomidiversi. In un villaggio c’era il consiglio, in un altro la giunta popola-re, in un terzo lo stato maggiore militare-rivoluzionario, in un quartola giunta territoriale ecc. Ma tutte avevano uno spirito rivoluzionario:il congresso si convocò per rafforzare il fronte e per costituire un unicoorganismo nella regione. Il congresso non fu convocato da nessuno, siradunò da sé per accordo della popolazione. Al congresso si fece subitosentire la necessità di strappare all’esercito di Petliura i fratelli da luimobilitati obbligatoriamente e a questo scopo fu eletta una delegazionedi cinque uomini ai quali furono date istruzioni di arrivare, attraversolo stato maggiore di Machno o di altri, quando fosse necessario, all’eserci-to del direttorio ucraino (petliurista) con lo scopo di spiegare ai compagnimobilitati che erano stati ingannati e che dovevano andarsene. A que-sta stessa delegazione fu dato incarico, tornando, di raccogliere un con-gresso più vasto, per organizzare tutta la regione liberata dalle bandecontrorivoluzionarie e per rafforzare maggiormente il fronte. Al loro ri-

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torno i delegati convocarono il secondo congresso regionale al di fuori ditutti i partiti, di ogni autorità e di ogni legge, poiché voi, «compagno»Dybenko, e gli altri infatuati della legge come voi, vi trovavate alloramolto lontano, mentre gli eroi, i capi del movimento rivoluzionario,non miravano a conquistare il potere sul popolo, che con le proprie maniaveva rotto le catene della sua schiavitù; perciò il congresso non fudichiarato controrivoluzionario, né quelli che lo indissero, fuori legge.Torniamo al consiglio regionale. Quando fu istituito il consiglio milita-re rivoluzionario della regione di Guliai-Pole, in essa cominciò a pene-trare l’autorità sovietica. Tuttavia, nonostante la comparsa dell’autori-tà sovietica, il consiglio regionale non aveva il diritto di lasciare incom-piuta l’opera intrapresa conformemente alle deliberazioni del secondocongresso: doveva dare corso alle istruzioni del congresso, senza diver-gerne in alcun modo, poiché il consiglio militare rivoluzionario non erauna istituzione che potesse dare degli ordini, ma un semplice organoesecutivo. Così continuò a lavorare nella misura delle sue forze, e illavoro era tutto diretto a un indirizzo rivoluzionario. Ma a poco a pocol’autorità sovietica cominciò a mettere ostacoli all’azione del consigliomilitare rivoluzionario, mentre i commissari e le altre creature dell’auto-rità sovietica venivano guardando il consiglio come una organizzazio-ne controrivoluzionaria. Così i suoi membri decisero di convocare il ter-zo congresso regionale, il 10 aprile a Guliai-Pole, per determinare l’in-dirizzo della ulteriore attività del consiglio, oppure per procedere allasua liquidazione, qualora il congresso lo avesse ritenuto opportuno. Ilcongresso ebbe luogo. Vi parteciparono non dei controrivoluzionari, maquelli che primi in Ucraina alzarono la bandiera della rivolta e dellarivoluzione sociale: vennero per concertare una azione comune controtutti gli oppressori. Al congresso i rappresentanti di 72 comuni, di moltidistretti, di diverse provincie, di reparti militari ritennero che il consi-glio militare rivoluzionario della regione di Guliai-Pole era necessario, egli affiancarono un comitato esecutivo, al quale diedero incarico di or-ganizzare nella regione la mobilitazione volontaria proporzionale. Ilcongresso si meravigliò non poco del telegramma del «compagno» Dybenkoche lo chiamava controrivoluzionario, mentre proprio la sua regioneaveva alzata per prima la bandiera della rivolta, ed espresse una vi-brante protesta. Ecco, «compagno» Dybenko, dinnanzi a voi il quadroche vi deve fare aprire gli occhi. Cercate di comprendere! Pensateci! Ave-te voi, singolarmente, il diritto di dichiarare controrivoluzionario unpopolo di più di un milione di uomini, che ha rotto le catene dellaservitù con le sue mani callose e che ora si costruisce la vita come glipiace? No! Se siete un vero rivoluzionario dovete aiutare questo popoloa combattere gli oppressori e a costruirsi una vita libera. Possono leggidi uomini, che si dichiarano rivoluzionari, dargli il diritto di dichiara-

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re fuori legge un popolo più rivoluzionario di loro? (Il comitato esecuti-vo del consiglio impersona infatti tutta la massa popolare). È ammissi-bile e ragionevole introdurre leggi oppressive nel paese di quel popolo cheda poco si è liberato di tutte le leggi e ne ha cacciato tutti i sostenitori? Cipuò essere una legge che dia a un rivoluzionario il diritto di adottare lepiù severe misure di punizione su quella massa rivoluzionaria, per laquale egli combatte, per il fatto che la massa popolare si è presa senzaautorizzazione quei beni, la libertà e l’uguaglianza, che il rivoluziona-rio le prometteva? Può la massa popolare rivoluzionaria tacere, quandoun rivoluzionario le toglie la libertà che si è conquistata? È conformealla legge della rivoluzione fucilare un delegato perché sta realizzando leistruzioni che gli sono state date dalla massa rivoluzionaria che lo haeletto? Quali sono gli interessi che un rivoluzionario deve difendere:quelli del partito o quelli del popolo che con il suo sangue muove larivoluzione? Il consiglio militare rivoluzionario della regione di Guliai-Pole non dipende e non è influenzato da alcun partito, ma soltanto dalpopolo che lo ha eletto. Perciò è suo dovere realizzare quanto gli è statocommesso dal popolo che lo ha eletto; e non vietare ad alcun partitosocialista di sinistra la diffusione delle sue idee. Perciò se l’idea bolscevi-ca avrà successo fra i lavoratori, il consiglio militare rivoluzionario,che dal punto di vista della organizzazione bolscevica è chiaramentecontrorivouzionario, sarà sostituito da un altro, da una organizzazio-ne bolscevica più rivoluzionaria. Ma finché non sarà così, non mole-stateci, non usate la forza contro di noi. Se voi, «compagno» Dybenko esimili, proseguirete la politica che avete fatto sinora e se pensate che siabuona e giusta, continuate tuttavia a compiere le vostre sporche azioni.Dichiarate fuori legge tutti gli organizzatori delle assemblee regionali edi quelle assemblee che furono convocate quando voi e il vostro partitoeravate ancora a Kursk. Dichiarate controrivoluzionari quelli che perprimi hanno alzato la bandiera della rivolta, la bandiera della rivolu-zione sociale sull’Ucraina e che sono andati dovunque senza alcun per-messo, se non proprio fedeli al vostro programma, più a sinistra di voi.Dichiarate fuori legge anche tutti quelli che hanno mandato i loro rap-presentanti ai congressi regionali, che avete dichiaratocontrorivoluzionari. Dichiarate fuori legge tutti i caduti che senza lavostra autorizzazione hanno preso parte al movimento rivoluzionarioper la liberazione di tutto il popolo lavoratore. Dichiarate illegali e con-trorivoluzionari tutti i congressi rivoluzionari che si sono radunati sen-za vostro permesso, ma sappiate che il diritto vince la forza e che, nono-stante le vostre minacce, il consiglio non desisterà dal compiere il dovereche gli è stato imposto, poiché non ha diritto di fare altrimenti, non hail diritto di usurpare i diritti del popolo.

Il consiglio militare rivoluzionario della regione di Guliai-Pole:

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Il presidente: CERNOKNIZHNY.Il vice presidente: KOGAN.Il segretario: KARABET.I membri: KOVAL, PETRENKO, DOTZENKO, ecc. .

Dopo questa risposta, nelle alte sfere bolsceviche il pro-blema del machnovismo diventa urgente e si definisce. La stam-pa ufficiale che sino allora aveva parlato del machnovismo intermini falsi, ne cominciò una sistematica opera di denigrazione,attribuendogli intenzionalmente ogni sciocchezza, ogniturpitudine, ogni crimine. L’esempio che segue basta per mo-strare i bolscevichi in questa opera. Alla fine dell’aprile o al prin-cipio del maggio 1919 il generale Shkuro, burlato da un prigio-niero machnovista inviò a Machno una lettera nella quale, dopoaver lodato lo straordinario talento militare di Machno e deplo-rato che tali doti fossero state indirizzate sulla via errata dellarivoluzione, gli proponeva di unirsi all’esercito di Denikin innome della salvezza del popolo russo. Gli insorti rivoluzionari,ai quali tale lettera fu letta in pubblica assemblea, risero nonpoco della ingenuità e della stupidità del generale controrivolu-zionario, che non sapeva neppure l’abc della rivoluzione russa eucraina, e la passarono al loro giornale, La Via della Libertà, per-ché la riproducesse con un commento ironico. La lettera, cosìaccompagnata, fu stampata integralmente nel numero 3 del gior-nale. Che cosa fecero i comunisti bolscevichi? Presero la letteradal giornale machnovista, la ristamparono nei loro giornali edichiararono con impudenza spaventosa che quella lettera erastata loro intercettata per via, che fra Machno e Shkuro aveva-no luogo abboccamenti per una alleanza e che questa alleanzagià esisteva. In realtà tutta la lotta teorica dei bolscevichi con imachnovisti era di tale forza.

A cominciare da metà aprile 1919 la regione rivoluziona-ria fu esplorata con cura da alti funzionari del governo comuni-sta. Il 29 aprile arrivò a Guliai-Pole il comandante del frontesud, Antonov, per conoscere Machno, il fronte machnovista ela natura del movimento insurrezionale. Il 4 o 5 maggio vi arri-vò il plenipotenziario del consiglio di difesa della repubblica,L. Kamenev, con funzionari del governo di Charkov. L’ingressodi Kamenev a Guliai-Pole fu esteriormente cordiale né lasciòsperare nulla di meglio. Egli salutò i contadini e gli insorti pre-senti, come eroi che avevano liberato con i loro sforzi la regio-ne dallo hetman e difesa da Petliura e da Denikin. Pareva chel’iniziativa rivoluzionaria e l’azione dei contadini avessero tro-

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vato in Kamenev il loro più fervido glorificatore. Tuttavia nel-l’incontro ufficiale con Machno e i membri dello stato maggio-re e del consiglio regionale, Kamenev fece un discorso moltolontano da uno spirito di simpatia nei riguardi dell’azione indi-pendente dei lavoratori. Fu posto il problema del consiglio mi-litare rivoluzionario regionale: l’esistenza di questo consiglioaccanto all’autorità sovietica fu trovata da Kamenev del tuttoinammissibile; per cui propose di scioglierlo. Come ci si dovevaaspettare da un fautore dello stato, Kamenev confuse due orga-ni diversi: il consiglio militare rivoluzionario della repubblica,creato dal partito al governo e il consiglio militare rivoluziona-rio della massa lavoratrice che essa stessa si era creata immedia-tamente, quale suo organo esecutivo.

Il primo consiglio, naturalmente, può sciogliersi facilmen-te: basta un ordine del comitato centrale del partito; mentre ilsecondo non può essere disciolto da alcuno se non dalla massastessa che lo ha creato. Scioglierlo all’insaputa della massa lopuò far soltanto una forza controrivoluzionaria, mai e in alcunmodo dei rivoluzionari.

In questo senso fu risposto a Kamenev. La risposta eraabbastanza sgradevole e provocò una disputa accanita. Cionono-stante, partendo, Kamenev, come già aveva fatto Antonov, si con-gedò dai machnovisti nel modo più cordiale, espresse loro lasua gratitudine, fece i più fervidi auguri e abbracciò Machnoaffermando che coi machnovisti, veri rivoluzionari, i bolscevichiavrebbero sempre trovato una intesa, e che con loro era possi-bile e doveroso lavorare insieme.

La venuta dei commissari del popolo bolscevichi a Guliai-Pole fu veramente un atto di cordialità come poteva pensarsidai loro auguri calorosi, oppure dietro quella cordialità di para-ta si nascondeva già la loro inconciliabile avversione nei riguar-di della regione degli insorti? È più probabile questa secondaipotesi. Gli avvenimenti che si svolsero poco dopo nella regionemostrarono che nel mondo bolscevico già da lungo tempo matu-rava l’idea di una campagna militare contro il movimento in-surrezionale indipendente. La venuta di Antonov e di Kameneva Guliai-Pole può intendersi come una precisa ricognizione deibolscevichi prima dell’attacco.

Dopo quelle visite nulla cambiò nei rapporti tra bolscevi-chi e movimento machnovista. La campagna di stampa controil movimento non solo non diminuì ma fu resa più dura.L’attribuzione ai machnovisti dei fatti più vergognosi e ignobilicontinuò come prima. Tutto mostrava che i bolscevichi cerca-

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vano di preparare l’opinione degli operai e dei soldati dell’ar-mata rossa alla aggressione armata contro la libera regione. Unmese prima avevano tentato di uccidere Machno a tradimento:il comandante di un reggimento, Padalka, pagato dai bolscevichi,accettò l’incarico di piombare su Guliai-Pole dalla parte diPokrovskoe, quando vi fosse Machno, e di farlo prigioniero colsuo stato maggiore. La congiura fu scoperta da Machno stessomentre si trovava a Berdiansk, per cui occorse portarsi a Guliai-Pole in pochi minuti. Riuscì a sventare l’azione soltanto perchétrovò un aeroplano con il quale superò la distanza da Berdianska Guliai-Pole in poco più di due ore. Gli organizzatori della con-giura furono presi all’improvviso e uccisi.

Spesso per opera di compagni che lavoravano nelle istitu-zioni bolsceviche Machno era ammonito di non recarsi a Eka-terinoslav o a Charkov, poiché ogni invito ufficiale poteva esse-re un’insidia mortale. Insomma ogni giorno portava una nuovaprova che la lotta per far prevalere le loro teorie nella rivoluzio-ne ucraina sarebbe stata risolta dai bolscevichi con le armi e inbreve tempo. L’ammutinamento di Grigoriev cambiò inaspet-tatamente, nei modi esteriori e per un certo periodo, i loro rap-porti con il machnovismo.

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CAPITOLO VII

L’ AMMUTINAMENTO DI GRIGORIEVLA PRIMA AGGRESSIONE BOLSCEVICA

SU GULIAI-POLE

Il 12 maggio 1919 al quartier generale dei machnovisti,posto a Guliai-Pole, arrivò un telegramma del seguente tenore:

«Guliai-Pole, far proseguire sino a Machno.Il traditore Grigoriev ha abbandonato il fronte, non ha eseguito

un ordine militare, ha volto le armi contro di noi. È giunto il momentodecisivo: o marciare con gli operai e i contadini di tutta la Russia oppu-re cedere il fronte al nemico. Non è il momento di esitare. Comunicateimmediatamente la posizione delle vostre truppe e lanciate un proclamacontro Grigoriev, rimettendomene copia a Charkov. La mancanza diuna vostra risposta sarà considerata equivalente a una dichiarazionedi guerra. Credo nell’onore rivoluzionario vostro, di Arscinov, di Veretel-nikov e degli altri. Kamenev, n. 277. L’addetto al controllo militarerivoluzionario, Lobic».

Il quartiere generale al completo, con la partecipazionedi rappresentanti del consiglio militare rivoluzionario, discusseimmediatamente il telegramma che riportava gli avvenimential fronte e gli avvenimenti stessi, giungendo alla seguente conclu-sione: Grigoriev era stato ufficiale zarista; alla vigilia della ca-duta dello hetman era alla testa di forti brigate d’insorti, a di-sposizione delle autorità petliuriste. Quando l’esercito petliuristasi disciolse, minato dalla lotta di classe, Grigoriev passò con tut-te le sue unità dalla parte dei bolscevichi giunti in Ucraina dallaRussia centrale, e prese a combattere i petliuristi, conservandoai propri reparti notevole autonomia e libertà di azione. Ebbeuna parte molto importante nella liquidazione della autoritàpetliurista nella provincia di Cherson. Prese Odessa. Negli ulti-mi tempi i suoi reparti tenevano il fronte verso la Bessarabia.

I reparti degli insorti comandati da Grigoriev, sia per laloro struttura organizzativa che per le loro posizioni teoriche,erano molto indietro nei confronti del movimento insurrezio-

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nale rivoluzionario machnovista. Non si erano evoluti, eranorimasti alle posizioni di partenza. All’inizio del movimento in-surrezionale erano stati presi dal senso della rivoluzione, mapoi non avevano trovato in sé, né nell’ambiente contadino dalquale venivano, la coscienza dei compiti storici dei lavoratori equella chiara posizione sociale che era propria dei machnovisti.Accanto alla ricchezza dell’entusiasmo rivoluzionario mancavaloro un preciso e definito ideale sociale, per cui cadevano sottola guida ora dei petliuristi ora di Grigoriev ora dei bolscevichi.

Grigoriev stesso non era mai stato un rivoluzionario. Nel-la sua condotta, sia nelle file petliuriste che in quelle dell’arma-ta rossa, c’era stata molta avventura. Era sopratutto un soldatoal quale le vicende del movimento rivoluzionario popolare ave-vano permesso di farsi un po’ di posto. La sua natura era estre-mamente varia. In lui c’era qualche simpatia per la massa con-tadina negletta, spirito autoritario, insolenza degna di unhetman, nazionalismo, antisemitismo. Che cosa lo aveva fattomarciare contro i bolscevichi? Il comando machnovista non riu-sciva a capirlo. C’erano indizi sicuri che i bolscevichi stessi loavevano provocato, al fine di liquidare i suoi reparti rivoluzio-nari, che quantunque non perseguissero scopi rivoluzionariautonomi come facevano i machnovisti, tuttavia nella forma enel contenuto erano contrari all’idea bolscevica. Comunquefosse, la mossa di Grigoriev contro i bolscevichi sembrava agliocchi dei machnovisti avversa alla rivoluzione e ai lavoratori;sembrava una azione militare e politica, che non meritasse chedisprezzo. E questo fu ancora più chiaro quando Grigoriev lan-ciò il suo manifesto di governo, che si risolveva in una propa-ganda di odio nazionalista tra i lavoratori. L’unica cosa impor-tante in tutto l’avvenimento, l’unica degna, a parere deimachnovisti, di attenzione e di compassione, era che la massadegli insorti veniva condotta da Grigoriev sulla via sbagliata diuna avventura politica.

Tale fu la conclusione alla quale giunsero i machnovistidiscutendo la mossa di Grigoriev. E in armonia con quanto so-pra lo stato maggiore dell’esercito machnovista decise di rea-gire. Innanzitutto fu inviata al fronte la seguente comunicazione:

«Mariupol. Quartiere generale campale dell’esercito machnovista.Copia a tutti i dirigenti dei reparti militari, a tutti i comandanti direggimento, battaglione, compagnia, plotone.

Prescrivo che la presente comunicazione sia letta in tutti i repartidell’esercito di Machno. Copia a Kamenev, plenipotenziario straordina-rio del consiglio di difesa, Charkov.

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Prendere le misure più energiche per tenere il fronte. Qualsiasiindebolimento del fronte esterno della rivoluzione è inammissibile. L’onoree la dignità di rivoluzionari ci fanno restare fedeli alla rivoluzione e alpopolo; la lotta fra Grigoriev e i bolscevichi per conquistare il potere nonpuò permetterci di indebolire il fronte attraverso il quale i militi dellaguardia bianca tentano riaprirsi un varco per ridurre il popolo in schia-vitù. Finché non avremo vinto il nemico comune, gli eserciti bianchi delDon, finché avremo lucida e chiara coscienza della libertà che ci siamoconquistata con le armi, resteremo al nostro posto di battaglia, a com-battere per la libertà del popolo, mai per l’autorità o per la viltà di ciar-latani.Il comandante di brigata MACHNO – I membri dello stato maggiore».

Contemporaneamente a questa comunicazione fu rispo-sto a Kamenev con il seguente telegramma:

«KAMENEV, plenipotenziario straordinario del consigliodi difesa della repubblica. Copia al quartier generale campale, Mariupol.

Appena ricevuta da voi e da Roshcin comunicazione telegraficadella mossa di Grigoriev, ho immediatamente dato ordine di tenere ilfronte con immutata fedeltà, di non cedere un palmo dalle posizionistrappate a Denikin e all’altra canaglia controrivoluzionaria e di com-piere intero il nostro dovere di rivoluzionari dinanzi agli operai e aicontadini della Russia e di tutto il mondo. Vi dichiaro che io e il miofronte resteremo sempre fedeli alla rivoluzione degli operai e dei contadi-ni ma non ad istituzioni oppressive, come i vostri commissariati e levostre commissioni straordinarie, che agiscono d’arbitrio sopra la popo-lazione lavoratrice. Se Grigoriev ha ceduto il fronte e ha spinto le suetruppe alla conquista del potere, egli si è messo in una avventura crimi-nale tradendo la rivoluzione del popolo, e io esprimerò chiaramente atutti la mia opinione in proposito. Ma ora non ho dati precisi intorno aGrigoriev e al movimento, legato a lui; e non so che cosa faccia e conquali scopi; quindi mi astengo dall’emanare un proclama contro di luisino a quando non avrò ricevuto dati più precisi. Come rivoluzionarioanarchico, dichiaro di non poter sostenere in alcun modo la scalata alpotere di Grigoriev o di qualsiasi altro; cercherò di respingere come hofatto sinora con i compagni rivoluzionari, le bande di Denikin, cercan-do nel contempo che la terra da noi liberata si copra di libere associazio-ni di operai e contadini, che mantengano in sé e per sé tutta l’autorità;quindi gli organi di costrizione e di violenza come le commissioni straor-dinarie e i commissariati, espressione della dittatura di un partito, cheopprime anche le unioni anarchiche e soffoca la stampa anarchica, tro-veranno in noi i più energici avversari.

Il comandante di brigata MACHNO - I membri dello stato maggio-re - Il presidente della sezione per la cultura e l’educazione, ARSCINOV».

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Contemporaneamente i rappresentanti dello stato mag-giore e del consiglio militare rivoluzionario elessero una com-missione e la inviarono nella regione tenuta dal movimento diGrigoriev, per chiarire agli insorti chi fosse costui e invitarli aseguire la bandiera rivoluzionaria del machnovismo. Grigorievfrattanto, occupate Aleksandria, Znamenka, Elisavetgrad, si eraavvicinato a Ekaterinoslav causando grande inquietudine all’au-torità comunista che risiedeva a Charcov. I comunisti guardava-no quindi con timore alla regione di Guliai-Pole. Ogni voce chevenisse di là, ogni telegramma di Machno, era ricevuto quasicon avidità ed era subito riprodotto dalla stampa sovietica. Na-turalmente questi timori erano il frutto dell’ignoranza degli im-piegati del governo sovietico, i quali arrivavano a pensare che ilrivoluzionario anarchico Machno potesse marciare improvvisa-mente contro di loro insieme a Grigoriev. Il movimento machno-vista invece restò sempre fedele alle sue posizioni fondamenta-li, perché guidato dagli ideali della rivoluzione sociale, cioèdall’ideale di una società di lavoratori senza stato. Quindi nonpoté mai unirsi ai diversi movimenti antibolscevichi per il solofatto di avere anch’esso un orientamento contrario al bolsce-vismo; anzi un movimento come quello di Grigoriev provocavaun’altra minaccia alla libertà dei lavoratori, perciò era tantoostile al machnovismo quanto il bolscevismo stesso. In realtànel corso di tutta la sua esistenza il machnovismo non si unì anessuno dei movimenti antibolscevichi e lottò con uguale eroi-smo e sacrificio, contro il bolscevismo, i petliuristi, Grigoriev,Denikin, Vranghel, poiché stimò che tutti questi movimenti fos-sero l’espressione della stessa tendenza di gruppi autoritari adasservire e sfruttare le masse lavoratrici. Anche le proposte dialcuni gruppi social-rivoluzionari di sinistra per una lotta co-mune contro i bolscevichi furono respinte, perché il movimen-to social-rivoluzionario di sinistra, movimento politico, è in so-stanza ancora bolscevismo cioè asservimento del popolo per ope-ra dello stato in mano alla democrazia socialista.

Anche Grigoriev tentò più volte legarsi a Machno, ma ditutti i suoi telegrammi a Guliai-Pole ne giunse uno solo, delseguente tenore: «Padre! Perché guardi ai comunisti? Dagli addosso.Ataman Grigoriev». Naturalmente questo telegramma restò sen-za risposta, ma dopo due o tre giorni lo stato maggiore, con irappresentanti delle unità militari del fronte degli insorti, emi-se la condanna definitiva di Grigoriev, lanciando contro di lui ilseguente proclama:

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«CHI È QUESTO GRIGORIEV?Fratelli lavoratori! Quando un anno fa abbiamo intrapreso una

lotta implacabile contro gli invasori austro-tedeschi e contro lo hetman,quindi contro petliuristi e denikiniani, rendendoci esattamente contodel suo significato, abbiamo subito levato la bandiera, sulla quale erascritto: la liberazione dei lavoratori è opera dei lavoratori stessi. Questalotta ci ha condotto a numerose vittorie di profondo valore: cacciati iseguaci dello hetman, non abbiamo permesso il rafforzamento del regnopiccolo-borghese di Petliura e abbiamo proceduto a un lavoro costruttivonel paese da noi liberato. Contemporaneamente ammonivamo di conti-nuo le masse popolari, perché seguissero vigili ciò che accadeva intornoa loro; poiché numerosi predoni gli giravano attorno aspettando il mo-mento opportuno per afferrare il potere e irrigidirlo sulle spalle del popo-lo. Ora è comparso un nuovo predone, l’ataman Grigoriev, che grac-chiando al popolo la vecchia canzone della miseria del lavoro e dellaoppressione, in realtà vuole restaurare il vecchio ordine del furto, percui il lavoro del popolo sarà asservito, le miserie cresceranno, la schia-vitù diverrà maggiore, i diritti verranno meno. Ma veniamo all’atamanGrigoriev.

Grigoriev è un vecchio ufficiale zarista. Nei primi giorni dellarivoluzione ucraina si battè con Petliura contro il regime sovietico, quindipassò dalla parte dell’autorità bolscevica, ora si è mosso contro l’autori-tà sovietica e contro la rivoluzione in generale. Che cosa dice Grigoriev?Dalle prime righe del suo universale dice che l’Ucraina è comandata dauomini, che hanno crocefisso Cristo e da uomini venuti dalla massadegli “abbuffatori moscoviti”. Fratelli! Non sentite in queste parole untacito invito ai progrom contro gli ebrei? Non vedete il tentativodell’ataman Grigoriev di rompere il legame vivo e fraterno della rivolu-zione ucraina con la rivoluzione russa? Grigoriev parla di mani callose,di lavoro santo ecc. Ma chi oggi non parla di santità del lavoro, dibenessere del popolo? Anche le guardie bianche che vogliono opprimerenoi e la nostra terra dicono di combattere per il popolo lavoratore, men-tre sappiamo quale benessere diano al popolo, quando riescono a serrarenelle loro mani.

Grigoriev dice di lottare contro i commissari per la vera autoritàdei consigli. Ma nello stesso manifesto scrive: “Io, ataman Gri-goriev…ecco il mio ordine: eleggete i vostri commissari”. E più sotto,mentre dice di non voler spargere sangue, nello stesso manifesto Grigorievproclama la mobilitazione e manda corrieri a Charkov e a Kiev, e scrive:“Prego eseguire il mio ordine; tutto il resto lo farò io”. Che cosa è tuttoquesto? Vera autorità del popolo? Anche lo zar Nicola riteneva che lasua autorità fosse la vera autorità del popolo. Forse l’ataman Grigorievpensa che i suoi ordini non siano autorità sul popolo e che i suoi com-

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missari non siano commissari, ma angeli? Fratelli! Non vedete che unabanda di avventurieri incitandovi uno contro l’altro vuole confonderela vostra rivoluzione e cerca di soggiogarvi a tradimento per opera dellevostre stesse mani? State attenti! Il traditore Grigoriev, mentre ha porta-to dall’interno un gran colpo alla rivoluzione, dall’esterno rimette inpiedi la borghesia. Già tentano di avanzare sino a noi, approfittandodel suo movimento rovinoso, dalla Galizia Petliura, dal Don il generaleDenikin. Dolore verrà al popolo ucraino se non pone subito fine a que-ste avventure interne ed esterne.

Fratelli contadini, operai insorti! Molti di voi si chiederanno checosa sarà di quei molti rivoluzionari che hanno servito fedelmente larivoluzione e ora, grazie al tradimento di Grigoriev, si trovano nelle filedegli infami. Dobbiamo considerarli controrivoluzionari? No! Questicompagni sono vittime di un inganno. Siamo convinti che il loro preci-so senso di rivoluzionari mostrerà loro che Grigoriev li ha ingannati;quindi lo abbandoneranno per tornare sotto le insegne della rivoluzione.

Ora dobbiamo dire che le cause della mossa di Grigoriev nonsono da ricercarsi soltanto in lui, quanto in maggior grado in queldisordine che è venuto occupando l’Ucraina in questi ultimi tempi. Daquando arrivarono, i bolscevichi hanno imposto in casa nostra la ditta-tura del loro partito. E il partito bolscevico, partito di stato, ha creatodovunque i suoi organi statali per reggere il popolo rivoluzionario. Tut-to deve sottomettersi a loro e vivere sotto il loro occhio vigile. Ogni resi-stenza, ogni protesta, ogni iniziativa indipendente è soffocata dalle com-missioni straordinarie. Per di più tutti questi organi sono composti dagente lontana dal mondo del lavoro e dalla rivoluzione. In tal modo siè creata una situazione per la quale tutto il popolo lavoratore e rivolu-zionario è caduto sotto il controllo e la direzione di uomini estranei allavoro, inclini all’arbitrio e alla violenza. Questa è la dittatura delpartito dei comunisti bolscevichi. Ciò ha provocato nelle masse uno sta-to di irritazione e un senso di protesta e di avversione all’ordine presen-te, di cui si è valso Grigoriev per la sua avventura. Grigoriev è untraditore delle rivoluzione e un nemico del popolo, ma il partito deicomunisti bolscevichi è non meno di lui nemico dei lavoratori. Con lasua dittatura irresponsabile questo partito ha prodotto nelle masse ilsenso di irritazione, del quale oggi si è valso Grigoriev, che domanipotrà essere sfruttato da qualsiasi altro avventuriero. Pertanto, mentredichiariamo l’ataman Grigoriev reo di tradimento alla rivoluzione, con-temporaneamente dichiariamo responsabile del movimento di Grigorievil partito comunista.

Vogliamo ricordare ancora al popolo lavoratore che la liberazionedal giogo che lo opprime, dalla violenza che gli pesa e dalla miseriapotrà essere raggiunta soltanto se vorrà impiegare le sue forze. Nessun

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mutamento di governo lo aiuterà. Soltanto con le loro libere organizza-zioni operaie e contadine i lavoratori potranno giungere al porto dellarivoluzione sociale, della intera libertà, della vera uguaglianza.

Morte e rovina ai traditori e ai nemici del popolo! Abbasso l’odionazionalistico! Abbasso i provocatori! Viva l’unione di tutti gli operai edi tutti i contadini! Viva la libera comune dei lavoratori di tutto ilmondo!

Firmato: Il collegio dello stato maggiore di divisione delle truppedi MACHNO – I membri del collegio: MACHNO, A. CIUBENKO,MICHALEV-PAVLENKO, A. OLCHOVIK, I. M. CIUCKO, E.KARPENKO, M. PUSANOV, SCIAROVSKI, P. ARSCINOV, B.VERETELNIKOV.

Hanno approvato anche: i membri del comitato esecutivo del consi-glio dei deputati operai e contadini e dei deputati dell’armata rossa diAleksandrovsk; il presidente del comitato esecutivo distrettuale, AN-DRIUSHCENKO; il dirigente della sezione amministrativa, SHPOTA;il dirigente di sezione GAVRILOV; un membro del comitato esecutivocittadino, commissario politico A. BONDAR».

Questo proclama fu diffuso a migliaia di esemplari fra icontadini e fra i combattenti; inoltre fu stampato in grande ri-lievo nel più importante organo degli insorti machnovisti, Lavia della libertà, e nel giornale anarchico L’allarme . Ma l’avven-tura di Grigoriev rovinò tanto rapidamente quanto rapidamenteera cresciuta. Essa condusse a qualche pogrom anti-ebraico, dicui uno, quello di Elisavetgrad, fu colossale.

Come risultato ottenne che le masse rivoluzionarie abban-donarono ben presto Grigoriev: i contadini non potevano so-stenerlo, comprendendone la vacuità ideale. Grigoriev restò conuna brigata di qualche migliaio di uomini e si rafforzò nel di-stretto di Aleksandria, provincia di Cherson. Tuttavia l’avven-tura fu causa di molte inquietudini ai bolscevichi. Ma non ap-pena gli fu chiara la posizione della regione di Guliai-Pole, sisentirono sollevati e poterono agire con maggior fiducia.

L’autorità sovietica cominciò subito a strombazzare chefra i machnovisti e l’ammutinamento di Grigoriev non esisteva-no rapporti e cercò di sfruttare la posizione dei machnovistiper ottenere più larga agitazione contro Grigoriev. Il nome diMachno non uscì più dalle colonne della stampa sovietica; tuttii suoi telegrammi erano riprodotti; era celebrato come vero cam-pione della rivoluzione degli operai e dei contadini; col suonome tentarono di spaventare Grigoriev inventando la storiache questi fosse interamente circondato dalle truppe di Machnoe che sarebbe stato fatto prigioniero oppure distrutto.

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Tuttavia questa campagna di lodi per Machno fu una ma-novra ipocrita che non durò a lungo. Appena il pericolo comin-ciò a diminuire, riprese la campagna bolscevica contro il ma-chnovismo. Trotzki, arrivato in Ucraina in quel tempo, le diedeil tono: il movimento insurrezionale è un movimento di ricchikulak, che cercano di affermare nel paese la loro autorità; tuttii discorsi dei machnovisti e degli anarchici intorno a una liberasocietà di lavoratori, non sono che manovre astute; in realtà tan-to i machnovisti quanto gli anarchici mirano ad imporre la loroautorità anarchica, che è l’autorità dei ricchi kulak.

Contemporaneamente a questa cosciente campagna didiffamazione, il blocco della regione fu portato all’estremo. Congrande fatica riuscivano a penetrarvi quegli operai rivoluziona-ri che la simpatia per la regione indipendente e fiera attraevadalle più lontane contrade della Russia: da Ivanovo-Voznesensk,da Mosca, da Pietrogrado, dal Volga, dagli Urali, dalla Siberia.L’invio delle munizioni, che ogni giorno il fronte divorava ingrande quantità, fu interamente sospeso. Ancora due settima-ne prima, al momento della rivolta di Grigoriev, era venuto aGuliai-Pole proveniente da Charkov, Grossman-Roshcin al qua-le era stata fatta rilevare la difficile situazione del fronte a causadella mancanza di munizioni. Queste rimostranze furono presea cuore da Roshcin che si assunse l’impegno di fare dei passi aCharkov perché le munizioni necessarie fossero immediatamen-te inviate. Passarono due settimane e le munizioni non arriva-rono: così la situazione del fronte diventava catastrofica, pro-prio quando Denikin lo rafforzava in maniera incredibile invian-dovi reggimenti di fanteria cosacca del Kuban e formazioni dicaucasici.

Si rendevano conto, i bolscevichi, delle loro azioni e delleconseguenze delle loro azioni nella situazione ucraina semprepiù complessa?

Certo se ne rendevano conto. Adottavano la tattica delblocco con lo scopo di annullare la forza militare della regione:con chi è disarmato è più facile combattere che con chi è ar-mato; un movimento insurrezionale senza munizioni, e per dipiù legato alla dura lotta contro Denikin, potrà essere disarma-to più facilmente che se avesse le munizioni. Tuttavia i bolsce-vichi non si rendevano conto della situazione di tutta la regionedel Donetz. La situazione del fronte e l’entità delle forze diDenikin erano loro interamente ignote. Non conoscevano nep-pure i prossimi piani di Denikin, mentre sul Don, nel Kuban enel Caucaso si organizzavano forze ingenti e ben istruite per

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l’attacco generale alla rivoluzione. I denikiani, incontrata neiprimi quattro mesi l’accanita resistenza della regione di Guliai-Pole, non avevano potuto portare molto avanti il loro attacco innessuna direzione, poiché la regione di Guliai-Pole costituivauna seria minaccia al fianco sinistro del loro movimento versonord. Nonostante i quattro mesi di feroci tentativi da parte delgenerale Schkuro, questa minaccia non aveva potuto essere sven-tata. Perciò con maggiore energia i denikiniani si prepararonoalla seconda campagna, che fu iniziata nel maggio 1919 in modoe misure tanto grandi che neppure i machnovisti se lo aspetta-vano. I bolscevichi non sapevano tutto questo, o piuttosto nonvolevano saperlo, tutti occupati dall’idea di lottare contro ilmachnovismo.

Così il pericolo si avvicinava alla libera regione, come atutta la rivoluzione ucraina, da due lati. Allora il consiglio mili-tare rivoluzionario di Guliai-Pole, esaminata la situazione, deci-se di indire un congresso straordinario dei contadini, degli ope-rai, degli insorti e dei combattenti dell’armata rossa, delle provin-ce di Ekaterinoslav, Charkov, Cherson, della Tauride e del Do-netz. Il congresso doveva esaminare la situazione creatasi nelpaese, per l’avvicinarsi del pericolo mortale costituito dalla con-trorivoluzione denikiniana e per l’impotenza dell’autorità so-vietica a prendere qualsiasi misura atta ad allontanare tale pe-ricolo; doveva definire i compiti e i modi pratici che i lavoratoriavrebbero dovuto adottare in relazione a tale circostanza.

Ecco il testo del proclama che a questo proposito il consi-glio militare rivoluzionario rivolse ai lavoratori dell’Ucraina:

«Proclama per la convocazione del quarto congresso straordinariodei delegati dei contadini degli operai e degli insorti. Telegramma n.416.

A tutti i comitati esecutivi: dei distretti, dei comuni, dei villagginella provincia di Ekaterinoslav e nella Tauride, e dei distretti, comunie villaggi confinanti; a tutti i reparti degli insorti della prima divisioneinsurrezionale ucraina di Machno e ai reparti dell’armata rossa che sitrovano in dette località. A tutti. A tutti. A tutti.

Il comitato esecutivo del consiglio militare rivoluzionario, nellasua seduta del 30 maggio, esaminata la situazione del fronte in seguitoall’attacco delle guardie bianche, e presa in considerazione l’azione ge-nerale politica ed economica dell’autorità sovietica, ritiene che la viad’uscita può essere indicata soltanto dalle masse stesse dei lavoratori enon da singoli individui o da partiti. Sulla base di queste osservazioniil comitato esecutivo del consiglio militare rivoluzionario della regionedi Guliai-Pole delibera di convocare un congresso straordinario della

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regione di Guliai-Pole per il 15 giugno 1919 nuovo stile a Guliai-Pole.Norme per la rappresentanza 1) I contadini e gli operai elegge-

ranno un delegato ogni tremila abitanti; 2) gli insorti e i combattentidella armata rossa un delegato ogni singolo reparto (reggimento, divi-sione ecc.); 3) lo stato maggiore della divisione di Machno manderàdue delegati e i comandi di brigata un delegato ciascuno; 4) i comitatiesecutivi distrettuali manderanno un rappresentante ogni frazione; 5)le organizzazioni distrettuali di partito che sono sul piano del regimesovietico delegheranno un rappresentante ciascuna.

Nota: a) le elezioni dei delegati dei lavoratori operai e contadinidevono avere luogo nelle assemblee generali dei villaggi, dei comuni,delle officine, delle fabbriche; b) non possono essere opera dei consigli edei comitati di fabbrica o d’officina; c) non essendo a disposizione delconsiglio militare rivoluzionario sufficienti mezzi finanziari, i delegatidovranno fornirsi sul luogo di partenza dei mezzi e dei prodotti necessa-ri alla loro permanenza a Guliai-Pole.

Ordine del giorno: a) relazione del comitato esecutivo del consi-glio militare rivoluzionario e relazioni dalle singole località; b) momen-to attuale; c) scopo significato e compiti del consiglio dei delegati deicontadini degli operai degli insorti e dei combattenti nell’Armata Rossadella regione di Guliai-Pole; d) riorganizzazione del consiglio militarerivoluzionario della regione; e) organizzazione militare della regione; f)problema alimentare; g) problema della terra; h) problema finanziario;i) unioni dei lavoratori contadini e operai; l) difesa dell’ordine pubbli-co; m) amministrazione della giustizia nella regione; n) varie.

Il comitato esecutivo del consiglio militare rivoluzionario. Guliai-Pole, 31 maggio 1919».

Dopo questo proclama ebbe inizio l’attacco generale deibolscevichi contro la regione di Guliai-Pole.

Mentre le truppe degli insorti, lasciando sul terreno mol-ti uomini, cedevano alla valanga cosacca, a tergo del fronte, dalnord, alcuni reggimenti bolscevichi irrompevano nei loro vil-laggi, prendevano e giustiziavano sul momento i lavoratori rivo-luzionari, distruggevano le comuni della regione e le orga-nizzazioni simili. Indubbiamente in questa aggressione militarela parte decisiva fu rappresentata da Trotzki, allora giunto inUcraina. Non è difficile indovinare la reazione del suo animoquando vide la libera regione, udì i discorsi di un popolo, cheviveva con le proprie forze e faceva apposta a non volersi accor-gere della nuova autorità, lesse i giornali di questo popolo, neiquali con parole chiare e sicure egli era chiamato un sempliceimpiegato statale. Egli, che minacciava di spazzare via dalla Rus-sia, con una «scopa di ferro», tutti gli anarchici, di fronte a ciò

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poteva provare soltanto sentimenti di selvaggia e cieca esa-sperazione, propri degli statolatri del suo tipo. Tutti i suoi or-dini contro il machnovismo ne sono il riflesso.

Con una disinvoltura senza limiti Trotzki passò alla liqui-dazione del movimento machnovista.

Prima di tutto, in risposta al proclama del consiglio mili-tare rivoluzionario di Guliai-Pole, emanò il seguente ordine:

«Ordine N. 1824 del consiglio rivoluzionario militare della re-pubblica - 4 giugno 1919, Charkov.

A tutti i commissari militari, a tutti i comitati esecutivi dei di-stretti di Aleksandrovsk, Mariupol, Berdiansk, Bachmut, Pavlograd, eCherson. Il comitato esecutivo di Guliai-Pole, di concerto con lo statomaggiore della brigata di Machno, ha tentato di indire per il 15 giugnoun congresso dei consigli e degli insorti dei distretti di Aleksandrovsk,Mariupol, Berdiansk, Melitopol, Dachmut, Pavlograd. Detto congressoè tutto diretto contro l’autorità sovietica in Ucraina e contro l’organiz-zazione del fronte meridionale di cui fa parte la brigata di Machno. Ilrisultato del congresso non potrà essere che un nuovo infame ammuti-namento del tipo di quello di Grigoriev e l’abbandono del fronte alleguardie bianche, davanti alle quali la brigata di Machno si ritira con-tinuamente per l’incapacità, la criminalità dei suoi comandanti.

1) Detto congresso è vietato e non può essere permesso in alcuncaso.

2) Tutta la popolazione contadina e operaia deve essere prevenu-ta oralmente e a mezzo della stampa, che la partecipazione al congressosarà considerata tradimento contro le istituzioni statali della repubblicasovietica e contro il fronte sovietico.

3) Tutti i delegati a detto congresso devono essere immediatamentearrestati e deferiti al tribunale militare rivoluzionario della 14ª(già 2ª)armata ucraina.

4) Tutti coloro che diffonderanno i proclami di Machno e delcomitato esecutivo di Guliai-Pole dovranno essere arrestati.

Il presente ordine entra in vigore telegraficamente: deve esserediffuso in ogni luogo, affisso in tutti i locali pubblici, consegnato airappresentanti dei comitati esecutivi dei comuni e dei villaggi, a tutti irappresentanti dell’autorità sovietica, ai comandanti e ai commissaridei reparti militari.

TROTZKI, presidente del consiglio rivoluzionario militare dellarepubblica – Il comandante in capo VATZETIS – Un membro del consi-glio militare rivoluzionario della repubblica, Aralov. Il commissario mi-litare della zona di Charkov, KOSHKAEEV».

Questo documento è classico. Chiunque voglia studiarela storia della rivoluzione russa, dovrebbe impararlo a memo-

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ria. Con quanta acuta precisione i contadini rivoluzionari diGuliai-Pole fin da un mese e mezzo prima, nella famosa rispo-sta a Dybenko, riportata più sopra, avevano presentito questoordine! E a sostegno della loro tesi avevano posto ai bolscevichile seguenti domande:

– Possono leggi di uomini, che si dichiarano rivoluzionari, dar-gli il diritto di dichiarare fuori legge un popolo più rivoluzionario diloro? Il secondo paragrafo dell’ordine di Trotzki risponde esat-tamente che tali leggi possono esistere e che una di esse è pro-prio quell’ordine stesso.

– Ci può essere una legge, si chiedono poi quelli di Guliai-Pole, per cui un rivoluzionario abbia il diritto di adottare le più severemisure di punizione su quella massa rivoluzionaria per la quale eglicombatte, per il fatto che la massa popolare si è presa senza autorizzazio-ne quei beni, la libertà e l’uguaglianza, che il rivoluzionario le avevapromesso? Il secondo punto dell’ordine di Trotzki rispondeaffermativamente a questa domanda: infatti dichiara in antici-po traditori dello stato tutti quei contadini e operai che osinoprendere parte al loro libero congresso.

– È conforme alla legge della rivoluzione fucilare un delegatoperché sta realizzando le istruzioni che gli sono state date dalla massarivoluzionaria che lo ha eletto? I punti 3 e 4 dell’ordine Trotzkiprescrivono che non soltanto i delegati, che difendono le con-segne avute dalla massa rivoluzionaria, ma anche i delegati ap-pena eletti, che non hanno ancora nessuna consegna dalla massarivoluzionaria, debbono essere arrestati e fucilati (essere defe-riti al tribunale militare rivoluzionario dell’armata significa es-sere fucilati, come è avvenuto ad esempio con Kostin, Polunin,Dobroliubov e altri, inviati ai tribunali militari sotto accusa diaver esaminato il proclama del consiglio militare rivoluzionariodi Guliai-Pole).

Tutto l’ordine rappresenta tale cruda usurpazione dei di-ritti dei lavoratori, che i commenti riferiti sopra sono più chesufficienti.

Secondo il modo corrente Trotzki considerava Machnoresponsabile di tutto ciò che avveniva a Guliai-Pole e di tutte lemisure rivoluzionarie della regione. Egli non si era nemmenopreso cura di osservare che il congresso non era stato indettodal comando della brigata Machno né dal comitato esecutivo diGuliai-Pole, ma da un organo interamente indipendente da quel-li, cioè dal consiglio militare rivoluzionario della regione. È darilevarsi che già in quell’ordine Trotzki fa trapelare l’idea di untradimento da parte dei comandanti machnovisti, «che si ritira-

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no continuamente davanti alle guardie bianche». Qualche giornodopo Trotzki e tutta la stampa comunista grideranno all’abban-dono del fronte contro Denikin da parte dei machnovisti.

Noi sappiamo già che questo fronte era stato creato daglisforzi e dai sacrifici dei contadini insorti e non di altri. Era natoin un momento eroico della loro vita, quando avevano liberatola regione da ogni autorità; l’avevano portato verso il sud-est,come vigile guardia a difesa della loro libertà. Per più di seimesi gli insorti rivoluzionari avevano fatto argine a uno dei tor-renti più impetuosi della controrivoluzione monarchica, aveva-no sacrificato migliaia dei figli migliori, avevano mobilitato tut-te le forze nell’interno della regione e si erano preparati a di-fendere sino all’ultimo la loro libertà dalla controrivoluzionepassata all’attacco generale. In quale grado questo fronte fosserimasto rivoluzionario anche negli ultimi tempi, lo dimostra iltelegramma di L. Kamenev da noi trascritto, mandato a Guliai-Pole al momento della rivolta di Grigoriev. In quel telegrammaKamenev, plenipotenziario straordinario di Mosca, chiede aMachno di indicargli la posizione dei reparti degli insorti sulfronte di Denikin. È chiaro che si rivolgeva a Machno soltantoperché a Charkov, dove si trovava in quel tempo, non potevaottenere quelle informazioni indispensabili neppure dal com-missario militare o dal comandante del fronte. È quindi eviden-te che Trotzki, giunto in Ucraina quando questa era già in varieparti occupata da focolai controrivoluzionari, doveva avereun’idea ancora più incompleta della situazione militare sul fron-te contro Denikin. Ma Trotzki, che aveva bisogno di una giusti-ficazione formale alla sua aggressione criminosa contro il po-polo rivoluzionario, dichiarò con cinismo e impudenza mostruo-si che il congresso dei contadini, degli operai e degli insorti,indetto per il 15 giugno, era tutto rivolto contro l’organizzazio-ne del fronte meridionale. Ne risultava questo: i contadini e gliinsorti fanno ogni sforzo per rinsaldare il fronte sud, invitanotutti gli uomini atti alle armi ad accorrere volontari controDenikin (cfr. le deliberazioni del secondo congresso regionaledel 12 febbraio 1919 sulla mobilitazione volontaria proporzio-nale di dieci classi) e nel contempo questi stessi contadini einsorti organizzano segretamente una congiura contro il lorofronte. Si potrebbe pensare che tali affermazioni vengano dapersone psichicamente insane. No, sono affermazioni di uomi-ni sani, che si sono abituati a rivolgersi al popolo con un cini-smo estremo.

All’ordine di Trotzki sopra riportato, che l’autorità sovie-

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tica non inviò allo stato maggiore dell’esercito machnovista, mache i machnovisti conobbero per caso due o tre giorni dopo,Machno rispose immediatamente con un telegramma, in cuiesprimeva il desiderio di lasciare il suo posto di comando a cau-sa dell’assurdità di quella situazione. Il testo del telegrammanon è purtroppo in mano nostra.

L’ordine di Trotzki entrò in vigore telegraficamente. I bol-scevichi ne curarono l’esecuzione militare di tutti i punti. Leassemblee di operai delle fabbriche di Aleksandrovsk, che esami-navano il proclama del consiglio militare rivoluzionario dellaregione di Guliai-Pole, furono disciolte con la forza e dichiara-te fuori legge. Ai contadini minacciarono la fucilazione o l’impic-cagione. Furono arrestate molte persone (Kostin, Pulunin, Do-broliubov, ecc.) accusate di aver diffuso il proclama del consi-glio militare rivoluzionario e, dopo pseudo-processi del tribu-nale militare rivoluzionario, giustiziate. Inoltre Trotzki emanòuna serie di ordini invitando l’armata rossa all’annientamentointegrale del machnovismo. Per di più fu dato alle truppe l’or-dine segreto di prendere a qualsiasi costo Machno, i membridello stato maggiore, i collaboratori culturali del movimento edi deferirli al tribunale militare rivoluzionario cioè giustiziarli.

Secondo la testimonianza di un personaggio responsabi-le che allora comandava alcune divisioni dell’armata rossa e dimolti che a quel tempo occupavano importanti cariche militaripresso i bolscevichi, la politica di Trotzki verso il movimentomachnovista si riassumeva pressapoco nella seguente formula:meglio cedere tutta l’Ucraina a Denikin piuttosto che permette-re maggiore sviluppo al machnovismo. Il movimento di Denikin,palese espressione della controrivoluzione, può sempre rom-persi con la agitazione di classe. Il machnovismo invece entranel cuore delle masse e quindi solleva le masse contro di noi.

Alcuni giorni dopo Machno comunicò allo stato maggio-re e al consiglio che i bolscevichi avevano ritirato alcuni reggi-menti dalla zona di Griscino e quindi aperto alle truppe diDenikin il passaggio alla regione di Guliai-Pole, dal fianconordorientale.

E in realtà le orde cosacche irruppero nella regione nondalla parte del fronte tenuto dagli insorti ma dal fianco sinistro, doveerano i reparti dell’armata rossa. Quindi l’esercito machnovista,che teneva la linea Mariupol-Kuteinikovo-Taganrog, si trovòaggirato dalle truppe di Denikin, che penetrarono numeroseproprio nel cuore della regione.

Abbiamo detto che i contadini aspettavano l’attacco gene-

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rale dei denikiniani, si erano preparati a sostenerlo con la mo-bilitazione volontaria di dieci classi e sin dall’aprile diversi vil-laggi avevano mandato a Guliai-Pole molti uomini nuovi. Manella regione mancavano armi. Persino vecchi reparti al fronteerano rimasti senza munizioni e spesso attaccavano i denikinianial solo scopo di strappargliele. I bolscevichi, che in forza del-l’accordo si erano impeguati a mandare munizioni agli insorti,proprio nell’aprile, iniziato il blocco della regione, avevano ces-sato di armarla. Per ciò, nonostante la presenza di gran nume-ro di volontari, non si riuscì a mettere insieme reparti freschi; etale deficienza fu scontata quando Denikin attaccò.

I contadini di Guliai-Pole in un sol giorno organizzaronoun reggimento, per salvare il villaggio. Armatisi con i mezzi adisposizione: scuri, picche, carabine di ogni tipo, fucili da cac-cia, ecc., andarono contro la valanga cosacca cercando di tener-ne l’impeto. A quindici verste da Guliai-Pole, presso il villaggiodi Sviatoduchovka, nel distretto di Aleksandrovsk, si scontraronocon le forze preponderanti dei cosacchi del Don e del Kuban. Icontadini di Guliai-Pole si gettarono nella lotta con accanimen-to ed eroismo, ma caddero quasi tutti, compreso il loro coman-dante, B. Veretelnikov, operaio delle officine Putilovski e nativodi Guliai-Pole. L’onda ingente dei cosacchi si riversò allora suGuliai-Pole e il 6 giugno l’occupò. Machno con lo stato maggio-re, con un piccolo reparto e con una batteria si ritirò sulla sta-zione di Guliai-Pole, distante dal villaggio 7 verste; ma verso seradovette abbandonare anche la stazione. Il giorno seguente or-ganizzate tutte le forze di cui poteva disporre, Machno passòall’attacco di Guliai-Pole, ne cacciò i denikiniani e occupò ilvillaggio. Tuttavia, sopraggiunta una nuova ondata di cosacchi,fu costretto ad abbandonarlo di nuovo.

Occorre osservare che i bolscevichi, che pure avevanoemanato tanti ordini contro i machnovisti, in principio sicomportarono verso di loro in modo apparentemente leale,come se nulla fosse accaduto. Ma era solo una tattica, per pren-dere più facilmente i dirigenti del movimento machnovista. Il 7giugno i bolscevichi misero a disposizione di Machno un trenoblindato pregandolo di resistere fino all’ultimo e promettendodi inviargli rinforzi: in effetti il giorno dopo, alla stazione diGhiaiciur, distante 20 verste da Guliai-Pole, giunsero, provenientida Ciaplino, alcuni reparti dell’armata rossa, il commissariomilitare Mezhlauk, Voroscilov, e altri. Presi contatti fra il coman-do rosso e il comando degli insorti, fu creato una specie di statomaggiore generale comune ai due comandi: Mezhlauk e Voro-

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scilov stavano sullo stesso treno blindato con Machno, dirigen-do insieme con lui le operazioni militari. Pure Voroscilov avevagià in mano l’ordine di Trotzki: far prigioniero Machno e tutti idirigenti responsabili del movimento machnovista, disarmare ireparti degli insorti, fucilare quelli che opponessero resistenza.Ma Voroscilov voleva trovare per l’azione un momento più op-portuno, così che Machno, prevenuto, poté studiare cosa do-vesse fare: esaminata la situazione, visto che da un giorno all’al-tro avrebbero potuto verificarsi incidenti sanguinosi, cercò unavia d’uscita. E la migliore gli parve quella di lasciare il comandodel fronte degli insorti. Riferì la cosa allo stato maggiore del-l’esercito insurrezionale e aggiunse che il suo lavoro nel movi-mento come semplice rivoluzionario sarebbe stato in quel mo-mento più utile. Inoltre mandò all’alto comando sovietico unadichiarazione scritta in cui elencò i motivi della sua decisione;la riportiamo per intero:

«A VOROSCILOV, stato maggiore della 14ª armata – ATROTZKI, presidente del consiglio militare rivoluzionario, Charkov –A LENIN, a KAMENEV, Mosca.

Con riferimento all’ordine n. 1824 del consiglio militare rivolu-zionario della repubblica fu da me inviato allo stato maggiore della se-conda armata e a Trotzki un telegramma, in cui pregavo di essere esen-tato dall’ufficio che occupo. Ora ripeto la mia domanda, e stimo doveraggiungere le seguenti spiegazioni: quantunque insieme agli insorti ioabbia combattuto esclusivamente contro le guardie bianche di Denikininsegnando al popolo niente altro che amore alla libertà e all’iniziativa,tutta la stampa sovietica ufficiale, come la stampa del partito comuni-sta bolscevico, hanno diffuso sul mio conto notizie false, opposte alladignità di un rivoluzionario. Sono stato presentato come un bandito,complice di Grigoriev, organizzatore di congiure contro la repubblicasovietica, restauratore dell’ordine capitalistico. Così sul numero 51 delgiornale «In cammino», nell’articolo intitolato «Il machnovismo»,Trotzki pone il problema «Contro chi insorgono i rivoluzionarimachnovisti?» e nel corso di tutto l’articolo mostra che il machnovismonella sua essenza è un fronte schierato contro l’autorità sovietica, men-tre non dice una parola del vero fronte machnovista contro le guardiebianche, fronte estendentesi più di 100 verste, sul quale per sei mesi ilmovimento insurrezionale ha sopportato gravi perdite e ne sopporta tut-tora.

Nel citato ordine n. 1824 io sono chiamato organizzatore di con-giure contro la repubblica sovietica, di rivolta sul tipo di quella diGrigoriev. Io stimo che gli operai e i contadini si sono conquistati con larivoluzione il diritto inalienabile di organizzare da sé i loro congressi

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per discutere e decidere i loro affari privati e pubblici. Perciò il divieto ditali congressi da parte della autorità centrale e la dichiarazione dellaloro illegalità costituiscono una diretta e impudente violazione dei dirit-ti dei lavoratori.

Io mi rendo pienamente conto dei rapporti che intercorrono frame e l’autorità centrale statale. Sono perfettamente convinto che questaautorità reputa che tutto il movimento insurrezionale è incompatibilecon la sua attività statale. Contemporaneamente l’autorità centrale sti-ma che tutto il movimento insurrezionale sia legato a me: quindi tra-sporta su di me tutta la sua inimicizia per tale movimento. Come esem-pio può servire il citato articolo di Trotzki, in cui egli, mentendoscientemente, esprime molte opinioni personali ostili a me.

La condotta della autorità centrale nei confronti del movimentoinsurrezionale, che io ho osservato essere sempre stata ostile, ma cheultimamente è divenuta criminale, conduce, per fatale necessità, allacreazione di un nuovo fronte interno, dalle due parti del quale vi saràla stessa massa lavoratrice, che crede nella rivoluzione. Io penso ciò siaun tremendo, imperdonabile crimine contro il popolo lavoratore e perciòmi sento obbligato a fare tutto il possibile per evitarlo. E il mezzo piùsicuro a stornare questo delitto incombente per opera della autorità, re-puto essere le mie dimissioni. Penso che dopo le mie dimissioni l’autoritàcentrale cesserà di sospettare che io e tutto il movimento rivoluzionariocongiuriamo contro lo stato sovietico e si volgerà al movimento insurre-zionale ucraino in termini di serietà e in modi degni della rivoluzione;lo considererà quindi una creatura vivace e attiva della rivoluzionesociale operata dalle masse, non più il campo nemico, con il quale fino-ra ha tenuto rapporti inquinati di ipocrisia e di sospetto, mercanteg-giando ogni cartuccia o piuttosto sabotando la fornitura delle armi edelle munizioni, per cui il movimento insurrezionale ha dovuto spessosopportare perdite ingenti di uomini e di territori, perdite che sarebberostate facilmente evitate se l’autorità centrale si fosse comportata diversa-mente nei suoi riguardi. Propongo vengano prese le consegne che iolascio.

MACHNOStazione di Ghiaiciur, 9 giugno 1919»

In quel momento i reparti degli insorti che erano sottoMariupol si ritiravano verso Pologhi e Aleksandrovsk. Verso diloro si portò inaspettatamente Machno, sfuggendo ai tentacolinei quali i bolscevichi volevano serrarlo a Ghiaiciur. Il capo distato maggiore dell’esercito machnovista, Ozerov, i membri dellostato maggiore, Michalev-Pavlenko, Burdyga, e alcuni membridel consiglio militare rivoluzionario furono presi a tradimento

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dai bolscevichi dopo la fuga di Machno, e giustiziati. A questaazione seguì la condanna di molti altri machnovisti che alloracaddero nelle mani dei bolscevichi.

Per Machno la situazione era divenuta estremamente diffi-cile: o abbandonare completamente i reparti coi quali avevavissuto i momenti più gravi della rivoluzione ucraina, oppureinvitarli alla lotta contro i bolscevichi. Questa seconda soluzio-ne gli pareva inattuabile per la decisa avanzata di Denikin. PureMachno, con l’acume e con il senso rivoluzionario che gli era-no propri, uscì dalla difficile situazione nella maniera più bril-lante. Si rivolse alle truppe degli insorti con un lungo procla-ma, fece chiara la situazione del momento, spiegò le sue dimis-sioni e pregò gli insorti di tenere fronte contro Denikin conl’energia di prima, senza turbarsi se momentaneamente si sa-rebbero trovati sotto il comando bolscevico.

A seguito di tale proclama una buona metà dei reggimen-ti machnovisti restò al suo posto, sotto il comando rosso, allastessa stregua degli altri reparti dell’armata rossa.

Ma nello stesso tempo i comandanti dei reggimenti degliinsorti concertarono di aspettare il momento opportuno perriunirsi tutti sotto il comando di Machno, senza con ciò recaredanno al fronte esterno. (Questo momento, come vedremo piùsotto fu poi determinato dagli insorti con una chiarezza e unaprecisione meravigliose). Quindi Machno scomparve con unpiccolo reparto di cavalleria.

Il reggimento degli insorti, preso il nome di reggimentirossi, sotto il comando dei loro precedenti capi – Kalashnikov,Kurilenko, Klein, Dermengi, e altri – continuarono a combat-tere contro Denikin trattenendo l’impeto delle sue truppe adAleksandrovsk e a Ekaterinoslav.

Sino all’ultimo momento le autorità bolsceviche non siresero conto delle proporzioni dell’invasione intrapresa da Deni-kin. Ancora pochi giorni prima della caduta di Ekaterinoslav edi Charkov, Trotzki dichiarava che Denikin non costituiva unpericolo e che la situazione in Ucraina era solida. Tuttavia dopopoco egli stesso, conosciuta la situazione più da vicino, fu co-stretto a ritrattare le sue precedenti affermazioni e a riconosce-re che la situazione di Charkov era estremamente pericolosa.Ma questo accadde quando a ogni persona adulta era ormaichiaro che il destino di tutta l’Ucraina era deciso. Ekaterinoslavcadde alla fine di giugno. Dopo una settimana e mezza caddeCharkov.

I bolscevichi non si occuparono né di attaccare né di difen-

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dersi, si preoccuparono esclusivamente di evacuare l’Ucraina.Tutti i reparti dell’armata rossa furono impiegati a questo sco-po. La resa dell’Ucraina avvenne senza una battaglia, nel sensopiù preciso dell’espressione.

E quando fu chiaro a tutti che i bolscevichi stavano abban-donando l’Ucraina, solo cercando di asportarne la maggiorequantità possibile di uomini e di materiale ferroviario, Machnostimò giunto il momento di prendere in mano l’iniziativa dellalotta con la controrivoluzione, agendo come indipendente for-za rivoluzionaria, tanto contro Denikin, quanto contro i bolscevi-chi. Ai reparti degli insorti restati temporaneamente sotto il co-mando dei rossi fu dato ordine di eliminare i comandanti rossie di riunirsi sotto la guida di Machno.

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CAPITOLO VIII

LA GRANDE RITIRATA DEI MACHNOVISTILA LORO VITTORIA – IL PERIODO DELLA LIBERTÀ

Abbiamo detto che Machno, lasciato il comando dell’ar-mata insurrezionale, si allontanò con un piccolo reparto di ca-valleria, portandosi verso la zona di Aleksandrovsk. E qui, seb-bene i bolscevichi già lo cercassero sul fronte di Ghiaiciur, fecein tempo a dare ufficialmente le consegne della divisione degliinsorti al nuovo comandante, appena allora inviato daibolscevichi. Machno volle dare tutte le consegne e lasciare ilsuo posto di comando in modo retto, chiaro e onesto, perché ibolscevichi non potessero trovargli ragione d’accusa per quan-to riguardasse la divisione. Fu un gioco molto sottile, cheMachno fu costretto ad accettare e da cui uscì con onore.

Frattanto l’invasione dei denikiniani piombava crudele egrave sulla popolazione dei lavoratori. Masse di contadini, cer-cando di salvarsi, accorrevano a Machno come al condottieropopolare. A lui si volgevano anche i numerosi insorti, dispersinel paese. Da una settimana all’altra si formò intorno a Machnouna brigata rivoluzionaria completamente nuova. Con questabrigata e con alcuni reparti della primitiva armata insurrezio-nale, giunto nei pressi di Aleksandrovsk, Machno cominciò aostacolare i denikiniani, ritirandosi lentamente, cercando dicomprendere la situazione e di orientarsi.

Le truppe di Denikin, che venivano occupando veloce-mente tutta l’Ucraina, non persero mai di vista Machno, ricor-dando quali immensi sforzi e sacrifici fosse costato loro nel pre-cedente inverno. Contro di lui mandarono un corpo speciale,formato di dodici o quindici reggimenti di cavalleria e di fante-ria. Ma la guerra non era soltanto con l’esercito di Machno.Quasi tutti i villaggi della regione machnovista, occupati daidenikiniani sofferserso distruzioni e rovine. Le case dei conta-dini furono saccheggiate, i contadini oppressi e uccisi. Gli uffi-ciali si vendicavano su di loro della rivoluzione.

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Dai primi giorni dell’occupazione di Guliai-Pole, i deniki-niani presero a fucilare i contadini e a saccheggiarne le case,mentre centinaia di carri e di carrette, carichi dei beni così ra-piti erano spinti verso il Don e il Kuban dai cosacchi di Shkuro.Quasi tutte le donne ebree del villaggio furono violentate.

Perciò all’esercito di Machno, che si ritirava, erano venu-te dietro da diversi villaggi migliaia di famiglie contadine contutti i loro averi e il loro bestiame. Si era formato un immensoconvoglio, lungo centinaia di verste; come un immensa migra-zione di popolo, un vasto «reame sulle ruote», che si muoveva ver-so occidente, dietro l’esercito. Dalla strada della ritirata questaimmensa e pesante massa di profughi si disperdeva nelle varielocalità dell’Ucraina. Ma i più persero la casa e i beni, molti lavita.

Dapprima Machno si fortificò sul Dnepr, presso la città diAleksandrovsk e per qualche tempo tenne il ponte Kickasski.Poi, aumentata la pressione nemica, si ritirò su Dolinskaia e diqui su Elisavetgrad.

In quel momento le truppe sovietiche avevano perso ognisignificato in Ucraina: una parte era stata portata nella RussiaGrande, le altre esitavano, prese da sfiducia nei loro capi. Allo-ra Machno avrebbe dovuto portarle nelle sue file, ma la sua at-tenzione era concentrata su un altro oggetto.

Già da molto tempo sullo sfondo dell’attività rivoluziona-ria ucraina si muoveva una macchia scura, dalla quale Machnonon aveva mai staccato gli occhi. Si trattava del movimento diGrigoriev.

Grigoriev, quantunque dopo il primo momento di rivoltaalla autorità sovietica fosse subito caduto molto in basso, purenon era finito del tutto; fortificatosi con alcune brigate nellaprovincia di Cherson, conduceva la lotta partigiana contro i bol-scevichi. L’insieme dei reparti, dispersi nella provincia sotto lasua influenza, arrivava ad alcune migliaia di uomini. Queste bri-gate assalivano spesso piccoli reparti dell’armata rossa, li disar-mavano, occupavano qualche borgata, soprattutto interrompe-vano le linee ferroviarie.

E questo era il loro metodo; per la lunghezza di due o trerotaie toglievano le caviglie dalle traversine; in un punto di giun-zione staccavano una rotaia dall’altra; alle estremità libere at-taccavano diverse paia di robusti buoi, con i quali curvavano asemicerchio le rotaie già staccate dalle traversine.

Grigoriev si era mostrato abile tecnico della lotta parti-giana. Nella regione fra Znamenka, Aleksandria e Elisavetgrad

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comandava più lui che i bolscevichi. Tuttavia Grigoriev combat-teva l’autorità bolscevica per motivi privati, quindi controrivolu-zionari; non per ragioni rivoluzionarie. Non aveva una precisaideologia; si attaccava ai più vicini: prima ai petliuristi, poi aibolscevichi, quindi di nuovo ai petliuristi, infine ai denikiniani.

Ma se Grigoriev era indubbiamente un controrivoluziona-rio, e un avventuriero, il paese e la massa che egli guidava eranorivoluzionari. Perciò Machno decise di includerli nelle forze ri-voluzionarie, cosa possibile soltanto eliminando con la forza Gri-goriev e il suo stato maggiore.

E Machno, con l’acume e la dirittura a lui particolare, de-cise di accusare e di uccidere pubblicamente Grigoriev. I bolsce-vichi di stato, che avevano combattuto con Grigoriev per moltimesi, non avevano trovato di meglio che promettere mezzo mi-lione di rubli a chi lo uccidesse e 250.000 per la testa di ciascu-no dei suoi aiutanti (comunicato della autorità sovietica, stam-pato nel giugno 1919 in molti giornali ucraini). Machno, con-tadino e rivoluzionario, interprete delle necessità della rivolu-zione, decise di accusare Grigoriev pubblicamente e rivoluziona-riamente. Per arrivare a ciò liberamente, Machno si mise incontatto con lui e con i suoi reparti, quasi volesse la fusione ditutte le forze partigiane. Il 27 giugno 1919, nel villaggio diSentovo presso Aleksandria, nella provincia di Cherson, fu in-detto su iniziativa di Machno un congresso degli insorti delleprovincie di Ekaterinoslav, di Cherson e della Tauride. Confor-memente all’ordine del giorno, il congresso doveva indicare atutto il movimento insurrezionale ucraino i compiti del momen-to. Convennero gran numero di contadini e d’insorti, le briga-te di Grigoriev e i reparti di Machno, complessivamente circaventimila uomini. Si erano iscritti a parlare Grigoriev, Machnoe molti partigiani dell’uno e dell’altro movimento. Primo parlòGrigoriev. Egli invitò i contadini e gli insorti a impiegare ogniloro forza per cacciare dal paese i bolscevichi, senza avere asdegno in tale opera nessun alleato. Grigoriev perciò non eraalieno da un’alleanza con Denikin. In seguito, diceva, quandoil giogo del bolscevismo fosse stato spezzato, il popolo stessoavrebbe trovato come meglio organizzarsi. Ma tali dichiarazio-ni furono fatali per Grigoriev. Ciubenko, machnovista, e Machnoche parlarono subito dopo di lui, fecero notare che la lotta con-tro i bolscevichi poteva essere rivoluzionaria soltanto qualorafosse condotta in nome di una rivoluzione sociale. L’alleanzacon i peggiori nemici del popolo, i generali, era un’avventurada criminali e da controrivoluzionari e se a tale controrivolu-

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zione invitava Grigoriev, egli era un nemico del popolo. PerciòMachno pubblicamente, davanti a tutto il congresso, chiamòGrigoriev a rendere conto immediato del tremendo pogrom,da lui compiuto nel maggio del 1919 a Elisavetgrad, e di moltialtri atti di antisemitismo.

«I miserabili come Grigoriev gettano il disonore su tutti gli insor-ti dell’Ucraina: per loro non ci deve essere posto nelle file degli onesti la-voratori rivoluzionari» così finì Machnò la sua accusa. Grigorievvide che la cosa prendeva una brutta piega e pose mano alle ar-mi. Ma era troppo tardi. Simone Karetnik, aiutante in prima diMachno, gli ruppe le gambe con qualche colpo di colt, mentreMachno, sopraggiunto al grido di «morte all’ataman», lo finì. Gliamici più vicini a Grigoriev e i membri del suo stato maggiorefecero per gettarsi in suo aiuto ma furono uccisi sul posto da ungruppo di machnovisti già predisposti alla difesa. Tutto ciò ac-cadde nello spazio di due o tre minuti, davanti agli occhi delcongresso.

In un primo tempo il congresso restò un poco turbatoper l’accaduto, ma poi, dopo che ebbero parlato Machno,Ciubenko e altri rappresentanti del movimento machnovista, ilcongresso approvò gli atti compiuti, dichiarandoli storicamen-te inevitabili. Nella relazione protocollare del congresso il mo-vimento machnovista prese su di sé tutta la responsabilità diquanto era avvenuto e delle sue conseguenze. Tutte le brigatepartigiane che erano state al comando di Grigoriev, conforme-mente alle deliberazioni del congresso, entrarono a fare partedell’esercito degli insorti machnovisti.

Abbiamo detto che le poche forze sovietiche, restate indiverse località dell’Ucraina, erano prese da sfiducia nei lorocomandanti. Esse consideravano la fuga ignominiosa dell’auto-rità sovietica un tradimento alla rivoluzione, mentre Machnodiveniva l’unico centro alle speranze rivoluzionarie del paese:verso di lui si volgeva quindi lo sguardo di tutti quelli che vole-vano combattere per la libertà, restando sul luogo. Questo mododi pensare e di sentire entrò anche fra i reparti dell’armata ros-sa rimasti in Ucraina: alla fine di luglio i reparti bolscevichi del-la Crimea si ribellarono e si unirono a Machno.

La rivolta fu organizzata dai comandanti machnovisti re-stati nelle file della armata rossa, Kalashnikov, Dermengi e Bu-danov. Da Novi-Bug a Pomoshcnaia, venivano avanti intere u-nità della armata rossa: cercavano Machno e gli portavano pri-gionieri i loro ex comandanti, Kocerghin, Dybetz, e altri. L’in-contro ebbe luogo presso la stazione di Pomoshcnaia in una

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piccola località chiamata Dobrovelickovka, nella provincia diCherson, all’inizio dell’agosto 1919. Questa rivolta fu per i bolsce-vichi un colpo molto forte, poiché ridusse a nulla la forza deiloro reparti in Ucraina.

La regione intorno a Pomoshcnaia, Elisavetgrad e Vozne-sensk (presso Odessa) fu il primo luogo di sosta e di difesa, incui Machno prese a riordinare le unità militari che da diverseparti erano affluite a lui: furono formate quattro brigate, di fan-teria e di cavalleria, una divisione di artiglieria e un reggimentodi mitraglieri, complessivamente circa 15.000 uomini, oltre a unosquadrone speciale di 150-200 cavalieri, che stava sempre conMachno. Con queste forze i machnovisti attaccarono i de-nikiniani. L’urto fu accanitissimo. Le truppe di Denikin furonopiù volte respinte 50/80 verste a oriente, e abbandonarono aimachnovisti tre o quattro treni blindati, fra i quali anche uno enor-me, chiamato «l’invincibile». Ma, sopraggiunte nuove forze, i deni-kiniani respinsero i machnovisti verso occidente: erano notevol-mente superiori di numero e molto meglio armati, mentre nel-l’esercito machnovista quasi non c’erano cartucce. Su tre attac-chi contro i denikiniani, due erano compiuti al solo scopo diportare via munizioni. Inoltre i machnovisti dovevano reagireanche al gruppo dei bolscevichi che da Odessa stavano ritiran-dosi verso nord. Per tutti questi motivi la regione Elisavetgrad,Pomoshcnaia, Voznesensk fu abbandonata: i machnovisti dovet-tero ritirarsi ancora.

La ritirata si svolse in mezzo a continue battaglie. Il grup-po dei denikiniani, che inseguiva Machno, si distingueva pertenacia e fermezza: valorosi si dimostrarono specialmente i reggi-menti composti da ufficiali, il 1° di Simferopoli e il 2° di Labinsk.Partecipando ai combattimenti contro di loro, Machno ebbemodo d’ammirarne l’imperturbabilità e il disprezzo della mor-te. La cavalleria di Denikin meritava i più grandi elogi. Machnodiceva che era veramente degna di essere chiamata cavalleria.La numerosissima cavalleria rossa, creata in seguito, era invecetale soltanto di nome. Incapace di dar battaglia a corpo a cor-po, entrava in azione soltanto quando il nemico era già statobattuto dal fuoco dell’artiglieria e delle mitragliatrici. In tuttala guerra civile la cavalleria rossa non attaccò mai a colpi disciabola la cavalleria machnovista, quantunque le fosse sempresuperiore numericamente. Molto diversi erano i reggimenti dicavalleria cosacca e caucasica agli ordini di Denikin: attaccava-no sempre a colpi di sciabola, caricando il nemico di gran ga-loppo, senza aspettare che il fuoco dei cannoni e delle mitra-

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gliatrici lo avesse prima disorganizzato.Ma anche questa cavalleria fu spesso rotta dalla resistenza

accanita dei machnovisti. I comandanti dei reggimenti deniki-niani nei diari composti dopo le battaglie con i machnovisti os-servavano spesso che la guerra con la cavalleria e l’artiglieria diMachno era l’affare più difficile e più strano di tutta la campagna.

Da metà agosto 1919 il gruppo denikiniano cominciò astringere sempre più fortemente Machno cercando di prender-lo da diverse parti. Machno comprese che il più piccolo erroreda parte sua sarehbe stato fatale per tutto l’esercito. Perciò stu-diò con cura il momento in cui dare battaglia decisiva al nemi-co. A nord i denikiniani erano già sotto Kursk.

Machno esaminò la situazione e trovò che quanto più lon-tano si fossero lanciati i denikiniani in quella direzione, tantopiù sicura sarebbe stata la loro rovina alle spalle. Comunque eglidoveva ancora ritirarsi a occidente per la pressione delle forzenemiche. Nello stesso tempo al gruppo denikiniano che strin-geva Machno da oriente se ne aggiunse un altro che veniva daOdessa e Voznesensk. La situazione peggiorava. L’esercito de-gli insorti aveva dovuto abbandonare le zone percorse dalle fer-rovie, dopo aver fatto saltare tutti i treni blindati che aveva. Laritirata proseguiva per vie traverse, da villaggio a villaggio. Idenikiniani non restavano indietro di un passo. Il loro scopoera non soltanto di battere Machno, ma di liquidarne comple-tamente l’esercito.

Questa ritirata, accompagnata da combattimenti quotidia-ni, durava da più di un mese, quando l’esercito machnovistagiunse alle porte di Uman, tenuta dalle truppe petliuriste. Que-ste erano in istato di guerra coi denikiniani, per cui sorse ilproblema del modo di comportarsi coi petliuristi. Combatterlioppure trovare un’altra tattica? L’esercito machnovista avevaallora circa ottomila feriti, privi della più elementare assistenzamedica. Costituivano un lungo e pesante convoglio legato all’e-sercito, che ne inceppava i movimenti e le operazioni. Dopoavere discusso la questione sotto tutti gli aspetti, fu deciso diproporre ai petliuristi una forma di neutralità militare. Contem-poraneamente da Uman giunse al campo di Machno una dele-gazione di petliuristi per esporre il pensiero del loro comando:i petliuristi, trovandosi in guerra con Denikin, non desiderava-no aprire un altro fronte: volevano evitare uno scontro militarecon i machnovisti. Questo assecondava i piani machnovisti. Unaloro delegazione, portatasi a Zhmerinka, elaborò un accordodefinitivo secondo il quale ambedue le parti si impegnavano a

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conservare una stretta neutralità militare, al di fuori degli indi-rizzi politici di ciascuna delle parti. I petliuristi si impegnavanoinoltre ad accogliere e alloggiare negli ospedali tutti imachnovisti feriti.

Naturalmente Machno e gli altri del suo esercito vedeva-no che questa neutralità era una finzione; che dall’oggi al do-mani poteva aspettarsi una alleanza dei petliuristi con idenikiniani e un attacco comune contro i machnovisti. Ma eraimportante guadagnare una o due settimane, per evitare uncolpo dalla parte occidentale, mentre i denikiniani urgevanoda oriente. In realtà i rapporti fra i machnovisti e i petliuristirimasero tali e quali erano stati nel passato.

Pur usando modi camerateschi con la massa dei gregaridi Petliura, i machnovisti continuarono a condurre contro leautorità petliuriste la solita agitazione rivoluzionaria; anzi pro-prio in quei tempo il consiglio militare rivoluzionario dell’eser-cito machnovista publicò un manifestino dal titolo «Chi è questoPetliura?», in cui accusava Petliura di essere un difensore delleclassi possidenti, degno quindi di morte per mano dei lavoratori.Molti dei cosacchi Zaporozhny di Petliura erano machnovisti dispirito e di tradizione: se i machnovisti allora non fossero statitanto stretti dai reggimenti di Denikin, indubbiamente ne avreb-bero fatto passare una buona parte nelle loro file. I machnovistici pensavano, ma il comando petliurista lo sospettava e, istruitodall’esperienza di Grigoriev, era molto prudente nei rapporticon i machnovisti.

I sospetti machnovisti che i petliuristi si alleassero con idenikiniani per una azione comune contro Machno, cominciaro-no presto a confermarsi. Secondo l’accordo con i petliuristi,l’esercito machnovista poteva occupare un territorio di dieciverste quadrate intorno al villaggio di Tekuce, presso Uman. Anord e a occidente c’erano petliuristi; ad oriente e a sud, dallaparte di Golta, i denikiniani. Questa clausola dell’accordo, pro-posta dai petliuristi, non era stata causa di sospetto. Ma dopoalcuni giorni giunsero nuove informazioni: erano in corso ac-cordi tra petliuristi e denikiniani, allo scopo di circondare edistruggere Machno con forze comuni. Contemporaneamen-te, il 24 o 25 settembre, a tergo dei machnovisti, da occidente,comparvero quattro o cinque reggimenti denikiniani. Questetruppe avevano potuto arrivarvi soltanto attraverso luoghi oc-cupati dai petliuristi, vale a dire con la loro diretta assistenza oalmeno con la loro tolleranza.

La sera del 25 settembre i machnovisti erano circondati

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interamente da reggimenti denikiniani di cui, per di più, i re-parti più forti stavano a oriente. Anche Uman fu da quelli occu-pata. Era venuto il momento di azioni rapide. Si decideva ildestino di tutto l’esercito degli insorti machnovisti.

La ritirata dei machnovisti aveva coperto uno spazio dipiù di seicento verste e durava, in mezzo a tante complicazioni,da circa quattro mesi. Era stata accompagnata da estreme diffi-coltà. Gli insorti erano senza scarpe, erano laceri. Nella caluratremenda, tra nubi di polvere, battuti da una pioggia continuadi proiettili, si erano allontanati dal loro paese verso una terraignota. Ma tutti, animati dall’idea della vittoria, avevano sop-portato pazientemente il peso della ritirata. Talvolta s’era uditoil grido: «Indietro! Al Dnepr». Ma una necessità inesorabile li ave-va spinti sempre più lontano dal Dnepr, dalla terra amata, dailoro fieri paesi. E con grande pazienza, con la volontà tesa, bat-tuti dal fuoco nemico, erano andati tutti dietro al loro capo.Fine della ritirata era stata Uman. Oltre non si poteva andareda nessuna parte. Il nemico era ovunque. Ma ecco che a questopunto Machno, con la semplicità che gli era propria e che sape-va sollevare l’entusiasmo nei compagni, dichiarò che tutta laritirata era stata una mossa strategica imprescindibile e che laguerra vera sarebbe cominciata il giorno dopo, 26 settembre.Aveva studiato la posizione delle truppe denikiniane a nord esugli altri fronti e si era convinto che il destino gli aveva fatto undono stupendo: la possibilità di portare il colpo mortale a tuttala controrivoluzione denikiniana. Questa possibilità si disegna-va dinanzi alla sua mente come un fatto concreto. Bastava bat-tere il kulak denikiniano che premeva lì, presso Uman, control’esercito machnovista.

Dal 25 al 26 settembre i reparti machnovisti, che sino al-lora avevano marciato verso occidente si volsero improvvisamen-te ad est e presero di fronte il grosso del gruppo denikiniano. Il25 settembre sera, presso il villaggio di Krutenkoe, ebbe luogoun combattimento tra la prima brigata dell’esercito machnovistae reparti di Denikin. I denikiniani si ritirarono cercando di met-tersi in posizioni più favorevoli e di attirare il nemico, ma i ma-chnovisti non li seguirono. Così l’attenzione dei denikiniani fuingannata ed essi conclusero che la direzione dell’armata degliinsorti era quella di prima, l’occidente. Ma nel pieno della not-te tutti i reparti machnovisti, dislocati nei diversi villaggi, furo-no mossi e portati a oriente, contro il nemico, che aveva dispo-sto la maggior parte delle sue forze presso il villaggio diPeregonovka, occupato dai machnovisti.

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Fra le tre e le quattro di mattina fu data battaglia. Essadurò tenace, ingrandendosi, intensificandosi, e verso le otto rag-giunse la massima intensità. Il fuoco delle mitragliatrici era di-venuto serrato muggire di tempesta. Machno con il suo squa-drone era scomparso nella notte per cercare di aggirare il ne-mico; nel corso di tutta la battaglia non si ebbe notizia di lui.Alle nove i machnovisti cominciarono a ripiegare. La battagliaormai toccava i limiti del villaggio. I denikiniani avevano fattovenire tutte le loro truppe, e battevano sui machnovisti conti-nue ondate di fuoco. I membri dello stato maggiore dell’eserci-to insurrezionale e gli altri che si trovavano al centro del villag-gio e potevano tenere un fucile, andarono in linea. Fu il mo-mento più critico: pareva che la battaglia fosse già persa e tuttofosse finito. Nel centro del villaggio era corso un ordine cheinquietava: tutti, anche le donne, dovevano prendere i fucili etenersi pronti a combattere nelle vie. Tutti si preparavano agliultimi minuti di lotta e di vita. Ma improvvisamente lo strideredelle mitragliatrici e gli «urrà» cominciarono ad allontanarsilentamente, ad affievolirsi, finché quelli restati nel villaggio com-presero che il nemico era stato respinto e la battaglia continua-va a notevole distanza. L’esito della battaglia era stato deciso daMachno, comparso improvvisamente. Proprio quando imachnovisti ondeggiavano, si ritiravano e la lotta era sul limitedel villaggio, Machno, stanco e coperto di polvere, comparvesu un fianco del nemico, fuori da un ripido borro. In silenzio,la volontà ardente impressa nel volto, si lanciò al galoppo con ilsuo squadrone contro le file nemiche. Allora sembrò che unamano ignota avesse d’un tratto strappato la stanchezza e lo sco-ramento dagli uomini che si ritiravano. «Machno è là davanti!...Machno combatte!...» corse una voce sola per la massa, e tutti conenergia decuplicata si gettarono di nuovo avanti, verso il capoche amavano e che sembrava votato alla morte. Seguì una accani-tissima battaglia a corpo a corpo, una «abbattuta», come diconoi machnovisti. Per quanto saldo fosse il 1° reggimento ufficialidi Simferopoli, pure fu vinto e cominciò a ritirarsi lentamente,i primi minuti in ordine, cercando di tenere la linea e di tratte-nere il nemico, quindi in fuga. Dietro quel reggimento si getta-rono gli altri e infine tutti i reparti denikiniani si volsero in fugaverso il fiume Siniucha, cercando di attraversarlo e di fortificarsisull’altra riva.

Machno vide bene il momento e si affrettò a trarne il mas-simo vantaggio. Lanciata al galoppo tutta la cavalleria e l’arti-glieria dietro il nemico in fuga, con il reggimento di cavalleria

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più veloce egli prese un po’ più a destra e cercò di tagliare lastrada ai denikiniani. L’inseguimento durò per dodici verste.Nel momento più importante, quando i denikiniani raggiunse-ro il fiume, sopravvenne la cavalleria machnovista. Centinaia dinemici perirono nel fiume. La maggior parte riuscì ad attraver-sarlo, ma fu presa da Machno. Lo stato maggiore denikiniano eun reggimento di riserva, che erano al di là del fiume, furonocatturati di sorpresa; di tutti i reparti, che avevano inseguito acca-nitamente i machnovisti per un mese e mezzo, solo pochi riusci-rono a salvarsi. Il primo reggimento ufficiali di Simferopoli ealtri reggimenti furono distrutti completamente.

Per due o tre verste la strada era seminata di cadaveri. Perquanto impressionante per certuni, quello spettacolo rappresen-tava soltanto la conseguenza naturale del duello fra l’esercitodenikiniano e i machnovisti. Per tutto il tempo della ritirata, idenikiniani avevano cercato di distruggere integralmente l’eser-cito machnovista. Se Machno avesse commesso il più piccoloerrore tale sorte sarebbe toccata all’esercito rivoluzionario de-gli insorti; non sarebbero state risparmiate neppure le donne,costrette a seguire i loro mariti nell’esercito. Di ciò i machnovistiavevano già abbondanti prove.

Fra i contadini della Russia Grande vive intorno alla figuradi Pugaciòv questa tradizione. Fallita la rivolta e caduto nellemani delle autorità, Pugaciòv, ai signori radunati intorno a lui,disse queste parole: «Con la mia rivolta vi ho soltanto spaventato.Ma aspettate: non molto tempo dopo di me verrà una scopa, che viscoperà tutti come si deve». Questa scopa popolare di cui parla lastoria sarebbe stata rappresentata da Machno nel corso dellasua attività rivoluzionaria e insurrezionale, e in particolare nelperiodo della distruzione del movimento denikiniano.

Battuto il più forte gruppo denikiniano, senza perdereun istante Machno lanciò i suoi reparti in tre direzioni. Pari auna gigantesca scopa essi passarono per villaggi, borgate, città,scopando via ogni spirito di sfruttamento e di schiavismo. Possi-denti, kulak, gendarmi, preti, autorità locali, ufficiali, che vive-vano nascosti, cadevano vittime lungo la via del movimentomachnovista. Prigioni, stazioni di polizia, commissariati, tuttisimboli della schiavitù del popolo, venivano distrutti. Chiun-que avesse offeso i contadini o gli operai, sopratutto se possi-dente o kulak ricco, veniva ucciso. Questo, fra l’altro, può mo-strare quanto valgano i discorsi assurdi e falsi dei bolscevichi,per cui il machnovismo sarebbe stato un movimento di kulak. Inrealtà dove si sviluppò il machnovismo il ceto dei kulak cercò e

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trovò sempre difesa all’ombra dell’autorità sovietica.Il ritorno dell’esercito al Dnepr fu di una rapidità favolo-

sa. Il giorno dopo la vittoria sui denikiniani a Peregonovka, imachnovisti erano a più di 100 verste dal luogo della battaglia eMachno, con il suo squadrone speciale, era 40 verste davantiagli altri reparti. Il terzo giorno i machnovisti presero Dolinskaiae Krivoi Rog, e si avvicinarono a Nikopol. Il quarto fu occupatoil ponte Kickasski sul Dnepr e presa la città di Aleksandrovsk. Imachnovisti volavano come in un regno d’incanto e di sogno:nessuno sapeva della loro vittoria presso Uman, nessuno sapevadove fossero; le autorità non presero alcuna misura difensiva,immerse nell’abituale letargo delle retrovie. Perciò dappertut-to i machnovisti piombarono sul nemico inattesi come fulminia ciel sereno. Ad Aleksandrovsk seguirono Pologhi, Guliai-Pole,Berdiansk, Melitopol, Mariupol. In una settimana e mezza tuttoil sud dell’Ucraina era liberato dalle truppe e dalle autorità diDenikin.

L’occupazione del sud dell’Ucraina, soprattutto dellaregione intorno al mare d’Azov, costituì una minaccia mortalea tutta la campagna controrivoluzionaria di Denikin. La zonaMariupol-Volnovacha era la base più importante per ilvettovagliamento dell’esercito denikiniano. Quando Berdianske Mariupol furono prese vi si trovò una immensa quantità dimunizioni. A Volnovacha c’erano montagne di proiettili: e ben-ché non fosse ancora in mano ai machnovisti (la battaglia per lasua conquista durò 5 giorni), la città non poteva ormai più ser-vire all’esercito di Denikin, poiché la prima arteria ferroviariadi tutta la regione era tenuta dai machnovisti. I repartidenikiniani che occupavano la zona furono distrutti. Così que-sta gigantesca base di artiglieria, serrata dai machnovisti, nonpoté più inviare un solo proiettile né al fronte nord né ad altrofronte.

I denikiniani si affrettarono a mandare contro Machno ireparti che erano di riserva presso Taganrog. Ma anche questifurono vinti e l’ondata machnovista si spinse nel cuore del baci-no del Donetz e verso il nord. Il 20 ottobre i machnovisti occupa-rono Ekaterinoslav e molte località vicine. Allora i denikinianicompresero quale era la realtà.

Dichiararono che il centro della lotta si era spostato dalnord al sud e che a sud si sarehbe decisa la sorte del loro mo-vimento. Il generale Mai-Maevski in un proclama ai cosacchi,disse: «In questo momento le nostre terre sono esposte a un pericoloimmediato. Il nemico infuria a sud, minacciando i nostri focolari. Dob-

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biamo affrettarci a difendere le nostre terre».Perciò i denikiniani tolsero dal fronte settentrionale i loro

migliori reparti di cavalleria, quelli di Mamontov e di Shkuro, eli inviarono nella regione di Guliai-Pole. Ma era già tardi. L’in-cendio aveva preso tutto il paese, dalle rive del mar Nero e delmar d’Azov fino a Charkov e Poltava. Con le loro forze freschee un gran numero di autoblindo i denikiniani riuscirono a cac-ciare i reparti machnovisti da diverse località, Mariupol, Ber-diansk, Guliai-Pole. Ma questo significava soltanto che Machnooccupava Sinelnikovo, Pavlograd, Ekaterinoslav e molti altri luo-ghi. Nell’ottobre e nel novembre la lotta prese di nuovo unaforma accanitissima e di nuovo ai reparti di Denikin furono in-flitte numerose dure sconfitte. Il peggio toccò ai reparti del Cau-caso, ai Ceceni che in quel periodo morirono a migliaia. Allafine di novembre la massa dei Ceceni dichiarò esplicitamenteche non desiderava più combattere contro Machno, abbando-nò d’arbitrio le posizioni e l’esercito di Denikin, e se ne tornònel Caucaso. Così ebbe inizio il disfacimento integrale dell’eser-cito denikiniano. Nella lotta contro il machnovismo i denikinianisubirono una completa sconfitta, che decise dell’esito di tuttala loro campagna contro la rivoluzione russa.

Così, fedeli alla verità storica, dobbiamo dire a questo pun-to che l’onore di aver sconfitto la controrivoluzione denikiniananell’autunno del 1919 appartiene sopra tutti ai machnovisti. Sequesti non avessero sfondato a Uman e quindi distrutto le re-trovie di Denikin, occupandone le basi per l’artiglieria e il vet-tovagliamento, i denikiniani sarebbero probabilmente arrivatia Mosca nel dicembre del 1919. La battaglia dei rossi contro idenikiniani nei pressi di Oriol fu di poca importanza.

In realtà la ritirata di Denikin era già incominciata prima,proprio in relazione alla rottura delle retrovie. Tutte le opera-zioni militari posteriori mirarono soltanto a permettergli unaritirata con il minimo numero di perdite in uomini e materiali.L’avanzata delle truppe rosse da Oriol e Kursk alle rive del marNero e del mar d’Azov non incontrò alcun ostacolo. La loroavanzata in Ucraina e nel Caucaso passò, come dopo la cadutadello hetman, su strade già liberate dal nemico.

Le necessità militari di questo periodo consumarono quasitutte le forze del movimento machnovista: la situazione milita-re della regione era ben lungi dal favorire un’opera costruttivaall’interno. Tuttavia, anche in questo campo i machnovistimostrarono di possedere lo spirito di iniziativa e la volontà cheoccorrevano. Innanzi tutto si affrettarono a prevenire il più

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importante malinteso: la possibilità di essere presi per un nuo-vo partito o una nuova autorità. Appena entrati in una cittàdichiaravano subito di non rappresentare autorità alcuna, la loroforza militare non obbligava nessuno a nulla, soltanto difende-va la libertà dei lavoratori. La libertà dei contadini e degli ope-rai è in loro stessi e quindi non può essere limitata: in tutti icampi della vita debbono organizzarsi solo con le proprie forzee nel modo che credono necessario; i machnovisti potrannoaiutarli coi consigli, con l’opera dei collaboratori addetti allacultura, anche con la forza militare, ma non potranno mai pre-scrivergli di fare una determinata cosa.

Aleksandrovsk e dintorni furono la prima zona dove i ma-chnovisti restarono forti per un certo tempo. Prima di tutto sivolsero alla massa dei lavoratori della città invitandola a unaconsultazione generale.

Nella assemblea venne descritta la situazione militare ditutta la regione e fu proposto di passare alla riorganizzazionedella vita della città, nelle fabbriche e nelle officine, ad operadegli operai e delle loro leghe, sul principio del lavoro e dell’u-guaglianza. Gli operai accolsero con entusiasmo la proposta;tuttavia nella realtà furono lenti, sconcertati in primo luogo dallasua novità, quindi e soprattutto dalla vicinanza del fronte che liportava a pensare che la situazione della città non era né fermané sicura. Alla prima consultazione seguì una seconda. Il pro-blema della organizzazione della vita sul principio dellaautoamministrazione dei lavoratori fu largamente discusso echiarito alla massa, che si volse deliberatamente a tale idea fon-damentale, ma che non riusciva a trovare le prime forme diattuazione concreta.

I ferrovieri presero l’iniziativa in questa direzione. Crea-rono un loro comitato che prese la gestione delle ferrovie dellazona, elaborarono un piano di movimento dei treni e di traspor-to dei passeggeri, fissarono un sistema di pagamento, ecc. Lecure del proletariato di Aleksandrovsk cominciarono quindi avolgersi sistematicamente alla costituzione di tali organi di autoam-ministrazione.

Poco tempo dopo ebbe luogo il congresso regionale deicontadini e degli operai, che si radunò ad Aleksandrovsk il 20ottobre 1919. Al congresso erano presenti più di 200 delegati dicui 180 contadini, i rimanenti operai. Il congresso si occupò: a)di problemi militari: lotta contro i denikiniani, mezzi per rinfor-zare e mantenere l’esercito insurrezionale; b) del problema del-la organizzazione interna.

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I lavori del congresso durarono una settimana e si svolse-ro in un clima straordinariamente entusiasta. A ciò concorreva-no circostanze particolari.

Prima di tutto il ritorno vittorioso dell’esercito machnovi-sta nel paese natale era un avvenimento eccezionale per i conta-dini, ciascuno dei quali aveva nell’esercito un membro della fa-miglia. Ma, cosa ancora più importante, il congresso si riunivasulla base della più assoluta libertà, senza subire alcuna pressio-ne esterna. Inoltre, al congresso partecipò un oratore me-raviglioso, l’anarchico Volin, che stupì i contadini, tanto beneespresse i loro pensieri e le loro speranze. L’idea di liberi consi-gli agenti secondo la volontà e nella libertà dei lavoratori diogni località; l’unione fra contadini e operai sulla base delloscambio dei loro prodotti; l’idea di una organizzazione socialeanarchica egalitaria, tutte queste idee sviluppate da Volin neisuoi discorsi, erano anche le idee più vive nella massa contadi-na. In altro modo i contadini non potevano immaginare la rivolu-zione né una organizzazione rivoluzionaria. Il primo giorno irappresentanti dei partiti politici cercarono di turbare il lavorocomune introducendo un falso spirito di discordia, ma furonocondannati da tutto il congresso; quindi i lavori poterono conti-nuare con la piena collaborazione dei partecipanti.

Negli ultimi giorni il congresso prese l’aspetto di una bel-la fiaba. Le deliberazioni concrete erano seguite dall’entusia-smo della costruzione. Tutti erano animati dalla fede nelle pro-prie forze e nella potenza della rivoluzione. Un senso di veralibertà, quale a pochi è toccato sentire, aleggiava nella sala delcongresso. Ognuno vedeva innanzi a sé l’effettiva grandezzadell’impresa, per cui valeva la pena di dare le proprie forze, perla quale non era peccato morire. I contadini, molti dei qualianziani o vecchi, dicevano che quello era il primo congresso incui si fossero sentiti non solo liberi ma fratelli l’un l’altro e chemai l’avrebbero dimenticato. In realtà non credo che alcunodei partecipanti, quel congresso potrà dimenticarlo. A molti, senon a tutti, quel congresso è restato nella memoria come il so-gno stupendo di una vita, in cui la grande libertà si è avvicinataagli uomini e gli ha permesso di vivere con un solo cuore e unsolo amore.

Le deliberazioni del congresso riguardavano prima di ognicosa l’allargamento e il rafforzamento dell’esercito insurrezio-nale: fu deciso di aumentarne gli effettivi, immettendovi uomi-ni sino ai 48 anni compresi. Tale allargamento doveva accordar-si allo spirito della deliberazione congressuale, essere cioè vo-

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lontario, ma insieme il più vasto e completo possibile, come ri-chiedeva la pericolosa situazione del paese. Abbiamo già fatto rile-vare quale significato avesse la deliberazione del secondo congres-so regionale del 12 febbraio 1919, in merito alla mobilitazionevolontaria di dieci classi.

Lo stesso significato aveva la deliberazione di questo con-gresso. Il mantenimento dell’esercito doveva basarsi sui contri-buti volontari dei contadini, sul bottino di guerra e sulle requi-sizioni alla classe ricca. Per quanto riguarda la organizzazionedella vita interna il congresso rilevò ancora una volta l’idea co-mune a tutti: doversi lasciare i lavoratori liberi nei loro paesi esenza alcuna autorità, perché organizzassero la vita con le pro-prie forze, luogo per luogo.

Prima di partire i contadini riespressero con forza la neces-sità e l’importanza di tradurre in atto le deliberazioni dell’as-semblea; le deliberazioni, portate via dai delegati, furono diffu-se nei villaggi e nelle campagne. Indubbiamente nello spazio ditre o quattro settimane si sarebbero dovuti vedere nelle varielocalità i primi risultati, concreti, mentre il congresso seguenteavrebbe dovuto attrarre maggiore massa di lavoratori. Ma la lorolibertà era eternamente minacciata dal suo peggiore nemico,l’autorità. I delegati non avevano fatto in tempo a tornare acasa, che molti paesi erano già stati occupati dai denikinianiscesi numerosi dal fronte settentrionale. In realtà tale occupa-zione fu di breve durata, quasi una delle ultime convulsioni delnemico, ma capitò proprio nel momento più facile a impedireil lavoro creativo dei contadini. Frattanto dal nord si avvicinavaun’altra autorità, il bolscevismo, ugualmente implacabile allalibertà delle masse, così che l’occupazione denikiniana fu diimmenso danno alle opere dei lavoratori: dopo il primo con-gresso, non solo non si riuscì a convocarne altri, ma non si poténeppure realizzare quanto il primo aveva deliberato.

Nella città di Ekaterinoslav, occupata dall’esercito rivolu-zionario nei giorni del congresso, alla organizzazione economi-ca interna le circostanze furono ancor meno favorevoli. Le trup-pe di Denikin, cacciate dalla città, erano riuscite a fortificarsisulla riva sinistra del Dnepr, di fronte ad essa, e per tutto unmese bombardarono quotidianamente la città da parecchi tre-ni blindati. Ogni volta che su iniziativa della sezione dell’eserci-to per la cultura e l’educazione si organizzava in città una con-sultazione di operai, i denikiniani, precisamente informati del-la cosa, aprivano un fuoco di artiglieria tanto forte da impedirel’assemblea. Lavori seri e sistematici in tale campo furono im-

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possibili. Si riuscì soltanto a portare a termine qualche mee-ting, nel centro o nei sobborghi della città. Inoltre i machnovistipubblicarono un quotidiano: «La via della libertà», cui dopoqualche tempo ne seguì un altro in lingua ucraina, dallo stessotitolo.

In tutta la regione liberata i machnovisti furono l’unicaorganizzazione che disponesse di una forza reale, con la qualeimporre all’avversario la propria volontà. Tuttavia non si valse-ro mai di questa forza per influenzare o dominare politicamen-te, né per usarla contro avversari puramente politici. L’avversa-rio militare, i nemici degli operai e dei contadini, l’apparatodello stato, le prigioni, ecco le cose e gli uomini contro cui vol-sero la forza del loro esercito.

Le prigioni sono l’espressione della schiavitù del popolo:sono sempre state costruite unicamente per il popolo, per glioperai e i contadini; nel corso di millenni la borghesia di tutti ipaesi ha sempre domato con il patibolo e la prigione la massache si agitava nel desiderio della libertà. Anche oggi, nello statocomunista e socialista, le prigioni divorano sopra tutti il prole-tariato della città e della campagna. Le prigioni non servono aun popolo libero. Se esistono prigioni, il popolo non è libero.La prigione rappresenta una eterna minaccia al lavoratore, ecostituisce un attentato alla sua coscienza e alla sua libera vo-lontà, è l’indice della sua schiavitù. Tale era l’atteggiamentopreciso dei machnovisti nei riguardi delle prigioni, quindi imachnovisti distrussero le prigioni dovunque arrivarono. ABerdiansk la prigione fu fatta saltare dinanzi a grande concorsodi popolo, che partecipò energicamente alla distruzione. AdAleksandrovsk, Krivoi-Rog, Ekaterinoslav e in molti altri luoghile prigioni furono fatte saltare o bruciate dai machnovisti. E ilavoratori approvarono.

A questo punto possiamo far rilevare con grande nostrasoddisfazione che i machnovisti realizzarono integralmente ilprincipio rivoluzionario della libertà di parola, di coscienza, distampa e di associazione partitica e politica.

I machnovisti abolirono dovunque i divieti imposti daqualsiasi governo a qualsiasi genere di stampa, a qualsiasi or-ganizzazione politica; dovunque dichiararono che tutti eranoliberi di stampare ciò che volevano, di organizzarsi, di riunirsi.Nel breve tempo di un mese e mezzo, nel quale i machnovistirestarono a Ekaterinoslav, sorsero nella città cinque o sei gior-nali di diverse tendenze politiche: l’organo dei socialisti rivolu-zionari di destra «La Democrazia», l’organo dei socialisti rivolu-

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zionari di sinistra «La bandiera della rivolta», l’organo deibolscevichi «La stella» ecc. Tuttavia i bolscevichi potevano con-tare su una libertà di organizzazione e di stampa in grado mino-re che gli altri. In primo luogo poiché avevano oppresso le li-bertà d’organizzazione e di stampa dei lavoratori; in secondoluogo poiché le loro organizzazioni locali avevano preso parteattiva all’aggressione criminale su Guliai-Pole nel giugno 1919e dovevano quindi sopportarne la responsabilità. Tuttavia pernon gettare alcuna ombra sugli immortali principi della libertàdi parola e di associazione, i bolscevichi non furono toccati;come ogni altra corrente politica, poterono godere di tutti idiritti portati dalla bandiera della rivoluzione proletaria.

Dove i machnovisti frenarono i bolscevichi i socialisti rivo-luzionari di sinistra e gli altri fautori dello stato, fu nella orga-nizzazione dei comitati rivoluzionari autoritari. Ad Aleksan-drovsk e a Ekaterinoslav, prese dai machnovisti, i bolscevichicrearono immediatamente i comitati rivoluzionari, cercando diimporre con quelli la loro autorità sulla popolazione. Ad Ale-ksandrovsk i membri del comitato rivoluzionario vennero aMachno con la proposta di dividere le sfere d’influenza in città:proposero cioè che egli si tenesse nel campo d’azione militaree lasciasse loro piena libertà nel campo politico-civile. Machnoconsigliò loro di andare a occuparsi di un lavoro più onorevolee minacciò di giustiziare tutto il comitato rivoluzionario, se avessemanifestato ancora l’intenzione di adottare misure autoritarienei confronti dei lavoratori. Così fu congedato il comitato ri-voluzionario di Ekaterinoslav. In queste azioni i machnovisti era-no decisi e pienamente conseguenti. Pur lasciando piena libertàdi parola, di stampa, di associazione, contemporaneamente adot-tavano ogni misura contro le organizzazioni politiche, che vo-lessero con la forza imporre ai lavoratori la loro volontà e laloro autorità. E quando, nel novembre 1919, in una di tali or-ganizzazioni si trovò implicato il comandante del terzo reggi-mento insurrezionale (machnovista) di Crimea, Polonski, que-sti fu condannato a morte insieme agli altri membri dell’orga-nizzazione.

Ecco cosa scrivevano i machnovisti a proposito di libertàdi stampa e di organizzazione:

« 1) A tutti i partiti politici socialisti, nessuno escluso, a tutte leorganizzazioni e le correnti politiche socialiste, è permessa piena libertàdi diffondere idee, dottrine, opinioni, tanto con la propaganda oraleche con la stampa. Nessun limite è imposto alla libertà di parola e allastampa socialista, e nessuna persecuzione può avere luogo per questi

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motivi.NOTA. Le comunicazioni di carattere militare possono essere pub-

blicate soltanto se ricevute dalla redazione del più importante organodegli insorti rivoluzionari: «La via della libertà».

2) L’esercito degli insorti machnovisti, mentre concede a tutti ipartiti e organizzazioni politiche piena libertà di diffondere le loro idee,ammonisce tutti i partiti che la preparazione, l’organizzazione e l’impo-sizione da parte loro di una autorità politica sul popolo lavoratore,autorità che non ha nulla in comune con la libertà di diffondere le loroidee, non saranno in alcun caso permesse dal movimento insurreziona-le rivoluzionario.Il consiglio militare rivoluzionario dell’esercito degli insorti machnovisti.

Ekaterinoslav, 5 novembre 1919 ».

Di tutta la rivoluzione russa solo il periodo machnovistaha visto la libertà realizzarsi pienamente nelle sue diverse manife-stazioni. Per quanto grave fosse la situazione di Aleksandrovsk,e sopratutto di Ekaterinoslav bombardata quotidianamene daitreni blindati di Denikin, anche allora i lavoratori delle due cit-tà, per la prima volta nella loro storia, dissero ciò che volevanoe come lo volevano. Inoltre avevano in mano una possibilitàgrandiosa: quella di organizzarsi la vita secondo i loro intendi-menti e secondo il loro senso di giustizia.

Quando, dopo un mese di permanenza a Ekaterinoslav, imachnovisti lasciarono la città, erano riusciti a dimostrare chela libertà vive negli stessi lavoratori e che prende a illuminarsi ead allargarsi soltanto se in mezzo a loro c’è uguaglianza senzaautorità.

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CAPITOLO IX

GLI ERRORI DEI MACHNOVISTILA SECONDA AGGRESSIONE BOLSCEVICA

CONTRO LA REGIONE DEGLI INSORTI

Lo sforzo dei machnovisti nella lotta contro il movimentodi Denikin fu enorme, l’eroismo e l’accanimento loro nelle bat-taglie dell’ultimo semestre chiarissimi. In tutta la vasta regioneliberata erano stati gli unici a tener viva la fiamma della rivolu-zione, scavando così la tomba alla controrivoluzione di Denikin.In questo modo le masse delle città e dei villaggi intendevanogli avvenimenti.

Tali circostanze avevano fatto nascere in molti machnovi-sti la convinzione che da allora in poi il saldo consenso dei con-tadini e degli operai li avrebbe certamente assicurati dalle pro-vocazioni comuniste; che l’armata rossa proveniente dal nordavrebbe finalmente compreso l’assurdità delle calunnie del par-tito comunista nei riguardi dei machnovisti; che l’armata rossanon si sarebbe piegata a un nuovo inganno e a una nuova pro-vocazione del partito, che anzi si sarebbe affratellata coi mach-novisti al primo incontro. Inoltre l’ottimismo di alcuni machno-visti giungeva al punto da far loro ritenere impossibile che ilpartito comunista, di fronte alla generale simpatia delle masseverso il machnovismo, avrebbe tentato una nuova congiura con-tro la libertà del popolo.

Quindi l’attività militare rivoluzionaria dei machnovisti siaccordò con tali opinioni. Si limitarono a occupare una partedella regione del Dnepr e del Donetz; non cercarono di avan-zare e di rinforzarsi a nord, stimarono che l’incontro con l’ar-mata rossa, quando questa fosse arrivata, avrebbe mostrato sulluogo la tattica necessaria nei rapporti reciproci.

D’altro canto una parte dei lavoratori era dell’opinioneche non occorresse lasciarsi trascinare dall’aspetto militare delproblema, anche se era un aspetto rivoluzionario; ma che biso-gnasse volgere grande attenzione alla massa operaia e contadi-

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na per spingerla sulla via delle realizzazioni rivoluzionarie. Con-gressi di contadini e di operai, di distretto, di regione, di zona,ecco i compiti pratici e urgenti che il momento imponeva.

Occorreva quindi cominciare ad aiutare la rivoluzione,per trarla fuori dalla strettoia in cui la avevano portata ibolscevichi. L’ottimismo dei machnovisti, come le loro conside-razioni sulla necessità immediata di un lavoro positivo nella re-gione, erano sani, ma non collimavano esattamente con la si-tuazione dell’Ucraina in quel momento, quindi non potevanodare risultati positivi. Innanzi tutto il bolscevismo. Mai e a nes-suna condizione il bolscevismo, data la sua natura, avrebbe per-messo l’esistenza libera e aperta di un movimento popolare cosìprofondo come il machnovismo. Quali che fossero i sensi e leopinioni dei contadini e degli operai, il bolscevismo, al primocontatto con quel movimento, avrebbe preso ogni misura attaad annientarlo. Quindi i machnovisti, trovandosi al centro de-gli avvenimenti popolari dell’Ucraina, avrebbero subito dovutoassicurarsi da quel lato. Il loro sforzo di dedicarsi sopratutto aun lavoro positivo, sforzo profondamente giusto e del tutto ri-voluzionario, era invece fuori luogo nella situazione specificaucraina del 1918-1919. Troppe volte l’Ucraina era stata attra-versata dalle forze austro-tedesche, petliuriste, denikiniane,bolsceviche. Nel 1919 la regione degli insorti da un estremo al-l’altro era stata bruciata dalla lava delle truppe cosacche; quat-tro mesi dopo, quelle orde tornavano ad attraversare il paese,apportando nuove distruzioni, nuove desolazioni. Dopo icosacchi passò numerosa l’Armata rossa, recando al popolo ri-voluzionario le stesse infinite rovine.

Così dall’estate 1919 la regione degli insorti era caduta inuna situazione tale per cui era del tutto impossibile un lavororivoluzionario di massa: era passata sul suo corpo una specie diraspa gigantesca fatta di baionette, dal nord al sud e dal sud alnord, che aveva cancellato sino alle radici ogni traccia di orga-nizzazione sociale di massa. In tali condizioni i machnovisti po-tevano agire sopratutto nel campo militare, combattendo tuttele forze ostili a loro.

Anche in seguito non si poté mai chiudere gli occhi sopraquesta situazione del paese. L’annientamento della controrivo-luzione denikiniana nell’autunno del 1919 fu uno dei compitipiù importanti assunti dal machnovismo nella rivoluzione rus-sa, e fu realizzato interamente. Pure non costituiva tutta la mis-sione storica che la rivoluzione gli aveva imposto in quel mo-mento. Il paese rivoluzionario liberato da Denikin aveva biso-

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gno di una immediata difesa per tutta la sua estensione. Altri-menti le possibilità rivoluzionarie che gli si aprivano con l’an-nientamento del movimento denikiniano potevano ogni gior-no essere distrutte dalle armate statali dei bolscevichi, subitolanciatisi in Ucraina dietro le truppe di Denikin in ritirata. Nonvi è dubbio che, fra gli altri compiti storici spettanti al machno-vismo nell’autunno 1919, entrava la creazione di un esercitorivoluzionario di tali proporzioni, che permettesse al popolorivoluzionario di difendere la sua libertà non in una sola chiusaregione, ma su tutto il territorio toccato dall’insurrezioneucraina.

Nel momento della lotta più intensa contro i denikinianiquesto compito, se non facile, era storicamente necessario e in-sieme del tutto possibile, poiché la maggior parte dell’Ucrainaera allora ardente di rivolta e psicologicamente unita ai machno-visti. Verso la regione del machnovismo si dirigevano reparti diinsorti non soltanto dal sud ma anche dal nord dell’Ucraina,come la divisione rivoluzionaria di Bibik, che aveva occupatoPoltava. Anche dalla Russia Grande accorrevano nelle filemachnoviste reparti dell’armata rossa, che desideravano battersiper la rivoluzione sociale sotto la bandiera del machnovismo.Come il numeroso gruppo di reparti rossi al comando diOgarkov che, muovendo dalla provincia di Oriol per unirsi coimachnovisti, incontrò per via molti combattimenti con le trup-pe bolsceviche e con quelle di Denikin e pure nell’ottobre del1919 raggiunse i machnovisti a Ekaterinoslav.

La bandiera del machnovismo si levava spontaneamentesu tutta l’Ucraina. Occorreva un azione organizzata, perché lenumerose forze che si muovevano nelle diverse partidell’Ucraina si fondessero in una sola potente armata rivoluzio-naria popolare, sicura guardia contro gli attacchi esterni.

La forza di tale armata, difendente un vasto territorio ri-voluzionario, non una breve regione, sarebbe stata per i bolscevi-chi, che amavano mettere le mani su tutto, l’argomento piùconvincente. Comunque l’entusiasmo della vittoria e certa loroincoscienza impedirono ai machnovisti di organizzare tale for-za. Perciò sin dai primi giorni dell’avanzata rossa i machnovistifurono costretti a raccogliersi nella breve regione intorno aGuliai-Pole: grave errore militare di cui approfittarono i bol-scevichi e le cui conseguenze dolorose furono sopportate pocodopo dal machnovismo e insieme da tutta la rivoluzione ucraina.

L’epidemia di tifo che invase tutta le Russia colpì anchel’esercito machnovista. Nell’ottobre circa il cinquanta per cen-

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to dei rivoluzionari machnovisti ne erano affetti. Per ciò la cittàdi Ekaterinoslav dovette essere abbandonata alla fine di novem-bre, quando dal nord giunse un forte gruppo di denikinianicomandati dal generale Slashcev. I denikiniani si ritirarono poiin Crimea e la breve occupazione di Ekaterinoslav non ebbealcuna importanza. Così i machnovisti poterono ancora dispor-re delle città di Melitopol, Nikopol e Aleksandrovsk, dove era ilquartiere generale dell’esercito. Quantunque da molto temposi parlasse dell’avvicinarsi dell’armata rossa, i machnovisti nonpresero alcuna misura nel caso di un urto con i bolscevichi,poiché erano convinti che l’incontro sarebbe stato fraterno.

Verso il 20 dicembre arrivarono nella zona di Ekaterinoslave di Aleksandrovsk alcune divisioni dell’Armata rossa.

L’incontro fra machnovisti e uomini dell’armata rossa fucaldo e cameratesco. Fu organizzato un meeting in cui i com-battenti delle due armate si strinsero la mano e dichiararono diavere un solo nemico comune, il capitale e la controrivoluzione.Questo accordo durò una settimana. Reparti dell’armata rossaespressero il desiderio di passare nelle file dell’esercito machno-vista. Ma improvvisamente al nome del comandante dell’eserci-to machnovista arrivò un ordine del consiglio militare rivoluzio-nario della 14ª armata rossa che prescriveva di far partire l’e-sercito degli insorti per il fronte polacco. A tutti fu chiaro che sitrattava del primo passo dei bolscevichi per una nuova ag-gressione contro i machnovisti. Mandare l’esercito rivoluziona-rio sul fronte polacco voleva dire tagliare il nerbo più impor-tante del movimento insurrezionale rivoluzionario ucraino.Questo volevano i bolscevichi per poter dominare liberamentenella regione ribelle; questo comprendevano bene i machnovisti.Inoltre la forma stessa dell’ordine indignava i machnovisti: néla 14ª armata, né qualsiasi altra unità rossa aveva rapporti conl’esercito machnovista; per di più i bolscevichi non potevanodare ordini all’esercito degli insorti, che aveva sopportato dasolo tutto il peso della lotta con la controrivoluzione ucraina.

Il consiglio militare rivoluzionario dell’esercito degli in-sorti machnovisti rispose subito all’ordine della 14ª armata. Larisposta si riduceva a questo (non avendo a disposizione il testoesatto, ci limitiamo a riportarne le linee fondamentali): l’ar-mata degli insorti machnovisti aveva mostrato più di ogni altrail proprio spirito rivoluzionario; sarebbe sempre rimasta al suoposto d’avanguardia nella rivoluzione ucraina; non sarebbe maipartita per il fronte polacco il cui significato le era ignoto. Inol-tre la partenza per il fronte era materialmente impossibile poi-

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ché il 50% dei combattenti, tutto lo stato maggiore e il coman-dante stesso erano affetti dal tifo. Il consiglio militare rivoluzio-nario degli insorti machnovisti trovava fuori luogo l’ordine del-la 14ª armata e lo considerava provocatorio. Questa risposta fuaccompagnata da un proclama dei machnovisti ai combattentidell’armata rossa, che li invitava a non assoggettarsi alle provo-cazioni dei loro comandi. Quindi i machnovisti abbandonaro-no le località che occupavano e si diressero verso Guliai-Pole. Ilmovimento ebbe luogo senza ostacoli e senza incidenti. I com-battenti dell’armata rossa non desideravano scontrarsi con imachnovisti in ritirata. Soltanto piccoli gruppi o singoli indivi-dui restati indietro dalla colonna in movimento, furono a voltetrattenuti dai bolscevichi.

A metà gennaio 1920 Machno e il suo esercito furono dinuovo dichiarati fuori legge dal comitato rivoluzionario panu-craino, essendosi rifiutati di partire per il fronte polacco. Daquel momento fra machnovisti e autorità comuniste la lotta fuaccanitissima. Ma noi non ci fermeremo su tutte le vicende diquella lotta, che durò 9 mesi; faremo osservare soltanto cheassunse un modo implacabile dall’una e dall’altra parte. I bol-scevichi disponevano dei numerosi reparti dell’esercito rosso,bene armati e bene approvvigionati. Tuttavia, per evitare unmalinteso affratellamento fra combattenti dell’armata rossa emachnovisti, i bolscevichi mandarono di sorpresa contro i ma-chnovisti una divisione di fucilieri lettoni e un distaccamentodi cinesi, reparti fra i più estranei allo spirito della rivoluzionee ubbidienti ciecamente alle autorità.

Per tutto il gennaio i machnovisti restarono disorganizza-ti dalla epidemia di tifo. Tutti i membri dello stato maggiore neerano affetti. Machno aveva un tifo esantematico in forma gra-ve. La maggior parte dei combattenti colpiti dalla malattia ave-vano dovuto abbandonare i ranghi e disperdersi nelle campagne.In tali condizioni i machnovisti dovettero cavarsela in mezzo aun nemico numeroso e sopratutto aver cura di Machno che sitrovava in istato di incoscienza. Fu un momento agitato, pienodi sacrifici, di cure, di preoccupazioni per il capo. Gli insorti, isemplici contadini delle campagne, erano profondamente tur-bati dalla pericolosa situazione di Machno, che da un giornoall’altro poteva cadere in mano dei rossi. Tutti capivano che lafine di Machno sarebbe stata una perdita incalcolabile per tuttala massa contadina e così fecero tutto il possibile per evitarla.Bisognava vedere come a Guliai-Pole e in altri villaggi portava-no Machno da un’isba all’altra per nasconderlo alle truppe ros-

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se; come nei momenti critici, quando il nascondiglio di Machnoera stato scoperto, i contadini si sacrificavano per guadagnaretempo e permettere che Machno, privo di forze, potesse esseretrasportato in luogo più sicuro; bisognava vedere ciò per com-prendere quanto i contadini stimassero il loro capo e con qualedevozione fanatica lo proteggessero e lo difendessero. Grazie aquesta straordinaria devozione la vita di Machno fu salva nelmomento più critico per il movimento.

Quantunque le truppe rosse fossero molto numerose, Ma-chno e i suoi reparti restavano loro inafferrabili. Tuttavia i bol-scevichi riuscirono ad arrestare lo sviluppo della regione, qualesi era liberamente manifestato al principio del 1919. Inoltre po-terono senza ostacoli uccidere moltissimi contadini.

Molti ricordano che la stampa sovietica parlando dellalotta contro Machno riportasse le cifre dei machnovisti mortiin battaglia, prigionieri, fucilati. Ma quasi sempre quegli sventu-rati non erano combattenti di Machno, ma contadini che ave-vano simpatia per il machnovismo. L’arrivo delle divisioni rossein un qualsiasi villaggio si accompagnava invariabilmente allacattura di contadini, che venivano quindi fucilati o come ma-chnovisti o come ostaggi per i machnovisti. I comandanti deireparti rossi che volevano evitare di combattere con Machnoamavano particolarmente questo selvaggio e vile modo di nuo-cere al machnovismo. A tale metodo ricorrevano sopratutto ireparti della 42ª e 46ª divisione fucilieri dell’Armata rossa. Ilvillaggio di Guliai-Pole che decine di volte era passato dai rossiai machnovisti e viceversa ebbe a soffrirne più degli altri. Ognivolta che occupavano o abbandonavano il villaggio i coman-danti dei reparti rossi prendevano qualche decina di contadini,il più delle volte passanti, e li fucilavano. Qualsiasi abitante diGuliai-Pole può raccontare storie impressionanti di questa tatti-ca bolscevica. Da un calcolo molto modesto risulta che con que-sta tattica l’autorità bolscevica uccise o mutilò 200.000 contadi-ni e operai ucraini. Altrettanti furono mandati in luoghi lonta-ni della Russia e della Siberia.

Naturalmente i machnovisti, figli rivoluzionari di un po-polo rivoluzionario, non potevano restare passivi di fronte a talemostruoso corrompimento della rivoluzione. Al terrorebolscevico risposero con i loro colpi ancora più pesanti. Tuttele regole della guerra partigiana, che avevano adottato al tem-po di Skoropadski, le adottarono contro i bolscevichi. Dove ireparti rossi vennero a battaglia con i machnovisti, si impiega-rono tutte le regole di guerra, quindi sacrificati furono

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sopratutto i soldati semplici, che mandati a combattere per for-za non meritavano tale fine. Ma era inevitabile. Dove invece imachnovisti riuscivano a far prigionieri i rossi senza combatte-re, la massa era disarmata e lasciata andare; chi voleva entravanelle file di Machno; i membri dello stato maggiore militare epolitico normalmente erano uccisi, con l’esclusione di quei po-chi che le preghiere dei soldati riuscivano a salvare. Le autoritàsovietiche e i suoi agenti hanno rappresentato spesso imachnovisti come assassini senza pietà e pubblicato elenchi dimembri dell’armata rossa o del partito, caduti per mano di quel-li. Ma in tali comunicazioni l’autorità ha sempre taciuto la cosapiù importante, cioè in quali condizioni essi cadevano.

Erano vittime di combattimenti quasi sempre ingaggiati dal-l’autorità sovietica o a cui essa costringeva i machnovisti serran-doli in qualche luogo difficile.

La guerra è guerra, quindi rapisce vite dall’una e dall’al-tra parte. Ma i machnovisti sapevano di combattere non controi singoli membri né contro la massa dell’armata rossa, ma con-tro quel pugno di signori che guida quella massa, dispone diessa, stima la vita del soldato solo in quanto difende la sua au-torità. Perciò dopo una battaglia con i rossi i machnovisti si com-portavano con la massa dei combattenti con lo stesso spirito difratellanza e di cameratismo che regnava fra di loro. Non si puònon essere stati colpiti dal tatto, dall’autodisciplina, dal sensodell’onore rivoluzionario che i machnovisti ebbero nei riguardidei combattenti dell’armata rossa; nessuno, caduto prigionierodei machnovisti, ebbe a soffrire per mano loro. E ciò accadevaproprio mentre i prigionieri machnovisti, fossero chi fossero,venivano regolarmente fucilati al cospetto della truppa.

Altrimenti si comportavano i machnovisti verso i coman-danti della armata rossa e i membri del partito, che della arma-ta costituivano l’aristocrazia politica. Li consideravano gli uniciveri colpevoli di tutti gli orrori che l’autorità commetteva nellaregione. Questi capi soffocavano coscientemente la libertà delpopolo e avevano mutato la regione degli insorti in una solaimmensa ferita sanguinante. Con loro i machnovisti agivano diconseguenza: comunemente li uccidevano appena presi.

Il terrore bolscevico sui machnovisti prese tutti i caratteridel terrore esercitato da una casta dominante. I machnovistiquando non erano fucilati appena presi, erano chiusi in prigio-ne, torturati e spesso con le torture indotti ad abiurare il mo-vimento, a tradire i compagni e a entrare al servizio della poli-zia. Beresovski, aiutante in capo del 13º reggimento insorti ca-

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duto in mano dei bolscevichi divenne agente di una sezionespeciale della Ceka; aveva accettato tale incarico, diceva, costrettodalle torture. Al comandante dei guastatori dell’esercitomachnovista, Ciubenko, i bolscevichi offersero più volte la li-bertà se avesse mostrato di voler cooperare all’assassinio di Ma-chno. Uccidere Machno con l’aiuto di un prigioniero machno-vista qualsiasi fu il pensiero urgente dei bolscevichi per tutta l’esta-te del 1920.

Riportiamo qui sotto un documento pubblicato dai mach-novisti in occasione di un attentato alla vita di Machno, intrapresoe fallito dai bolscevichi.

«BANDA DI TRADITORI ASSOLDATI DAI COMUNISTIBOLSCEVICHI PER UCCIDERE MACHNO

Da circa due mesi e da diverse fonti giungono informazioni allostato maggiore degli insorti rivoluzionari ucraini che il partito gover-nativo dei comunisti bolscevichi, incapace di vincere in aperta batta-glia con i suoi reggimenti e le sue divisioni il movimento rivoluzionariolibero e indipendente dei machnovisti, trama, a mezzo di assassini prez-zolati, di uccidere il capo del movimento insurrezionale rivoluzionario, ilcompagno Nestor Machno.

Ci sono pervenute informazioni precise secondo cui a detto scopoè stato organizzato un gruppo speciale presso la Ceka panucraina acapo della quale stanno Mantzev e Martynov, vecchi agenti bolscevichie boia di gran fama.

A collaboratori del gruppo sono reclutati soltanto ex espropriatoricondannati alla fucilazione che si impegnano a cooperare con la Cekasolo per salvarsi la vita.

Fra i provocatori vi sono uomini che in un modo o nell’altro sonostati legati al movimento anarchico, come Sidorov, Piotr, Petrakov (Tima-Ivan), Zhenia Errnakova (Suchovia Anna), Cialdon e Burtzev. I lororapporti con il mondo anarchico riguardavano soprattutto l’azione.

Sono pure giunte informazioni secondo cui nel numero dei pro-vocatori c’è anche «Nicola il lungo», l’individualista noto anche sottoil nome di Vasilji, che lo scorso anno publicava a Charkov il periodico«Verso la luce».

Questo gruppo di provocatori non pone limiti al suo tradimento.Poiché sin dal tempo di Denikin conoscono anche le abitazioni segrete deicompagni, sono riusciti a penetarvi, compiendovi veri e propri pogrom;inoltre tutti gli anarchici loro noti, che in un modo o nell’altro eranoavversi all’autorità bolscevica, sono stati da loro arrestati e fucilati.

Devastate come si deve le città di Charkov e di Odessa, questabella compagnia con il suo capo Mantzev si è trasferita a Ekaterinoslavper organizzarvi l’assassinio del capo Machno.

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Ma i «rivoluzionari» bolscevichi dopo tre anni di dominio han-no già dimenticato con quanta sincerità servissero il governo zarista isuoi provocatori, e quanto spesso da quei provocatori venissero fuoritipi come Petrov di Pietroburgo che si sono vendicati degnamente dellainfamia impostagli. E così avviene ora. Fra i provocatori sedotti daibolscevichi col denaro e col dono della vita si trovano uomini che peruna certa forma di dovere o meglio per la coscienza del tradimento com-piuto fanno fallire tutti gli intrighi del signor Mantzev e compagni.

CATTURA DI AGENTI DI MANTZEV

Il 12 giugno, circa due ore dopo l’arrivo di uno speciale gruppodi insorti rivoluzionari (machnovisti) nel villaggio di Turkenovka, a15 verste da Guliai-Pole, al compagno Machno, che si trovava in istradapresso la sede dello stato maggiore, corse incontro Fedia Glushcenko, chel’anno prima aveva lavorato nel servizio informazioni dell’esercito in-surrezionale rivoluzionario; era appena giunto in paese, come il suoaspetto mostrava, e gli gridò con voce nervosa: «Ho una cosa moltoimportante da dirvi!...». Il compagno Machno gli comandò di riferireal compagno Kurilenko, che stava lì presso. Fedia raccontò che lui e unaltro, che in quel momento era in istrada vicino a Machno, erano statimandati per uccidere Machno. Il compagno Kurilenko si avvicinò allo-ra cautamente all’altro tipo e lo disarmò. Aveva con sé una Mauser euna Browning, più due bombe, mentre Fedia aveva un revolver sistemaColt. Il secondo compare si chiantava Iakov Kostiuchin, espropriatorenoto sotto il nomignolo di «Iashka il brutto», il quale appena preso, adispetto del signor Mantzev, raccontò dettagliatamente e quindi scrisselui stesso tutta la sua storia. Aveva ricevuto 13.000 rubli imperiali piùuna certa somma di rubli nuovi. Il piano dettagliato per l’assassinio diMachno era stato elaborato a Ekaterinoslav da Mantzev Martynov eFedia.

Kostiuchin era a disposizione di Fedia, che in quell’affare dove-va attirare dalla sua parte anche Leone Zadov, ex comandante del ser-vizio di controspionaggio del primo corpo del Donetz (machnovisti).Kostiuchin, pur cosciente di meritare la morte, propose di essere adibitoa qualche compito utile, ma naturalmente la proposta fu respinta consdegno e il giorno seguente egli fu ucciso. Prima di morire si mise aimprecare orribilmente e sopratutto ingiuriò Fedia perché era stato pro-prio lui che l’aveva condotto lì e poi l’aveva tradito.

Fedia raccontò questo: fatto arrestare da Mantzev, gli fu propo-sto di scegliere fra la fucilazione e la partecipazione nella Ceka all’ucci-sione di Machno; accondiscese alla seconda proposta, giustificandolacol desiderio di prevenire il compagno Machno di quanto si ordiva con-

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tro di lui. Fedia si comportò con grande fermezza; dichiarò di meritarela morte per aver lavorato alla Ceka, ma di averlo fatto allo scopo diprevenire Machno, volendo morire per mano dei suoi compagni. Si com-prende che gli insorti non potevano lasciare impunita la sua opera nel-la Ceka, qualunque fosse lo scopo al quale era stato guidato poiché unrivoluzionario per nessun motivo può servire la polizia, cosicché FediaGlushcenko fu ucciso insieme a Kostiuchin. Davanti alla morte Fediamostrò sangue freddo, disse di meritarla, ma pregò di riferire ai compa-gni machnovisti che non moriva come un malfattore, ma come fedeleamico degli insorti, entrato nella Ceka soltanto per salvare colla suamorte la vita di Machno. «Addio» furono le sue ultime parole.

Così finì il tentativo della Ceka panucraina di uccidere prodi-toriamente, a mezzo di uomini pagati, il capo del movimento insurre-zionale rivoluzionario, il compagno Machno.

Il consiglio degli insorti rivoluzionari (machnovisti) dell’Ucrai-na. 21 giugno 1920».

Per tutto il 1920 e negli anni seguenti l’autorità sovieticacombattè il movimento machnovista levando la bandiera dellalotta contro il banditismo. A questo scopo fece opera di grandeagitazione, mettendo la stampa e ogni mezzo di propaganda alservizio delle sue falsità. Nel contempo gettò contro il movi-mento numerose divisioni di fanteria e di cavalleria, facendoogni sforzo per costringerlo al banditismo e distruggerlo. I pri-gionieri machnovisti erano fucilati senza pietà, i loro congiunti,padri, madri, mogli, tormentati e spesso giustiziati, i loro benidepredati, le loro case distrutte, ecc. Tutto questo in proporzio-ni enormi. Erano necessari eroismo e volontà sovrumana per-ché la massa degli insorti, anche di fronte alle infamie dell’au-torità, non si lasciasse trascinare al banditismo dalla esaspera-zione e restasse invece ferma a posizioni e modi rigidamenterivoluzionari. Questa massa non perse coraggio un solo giornoné ammainò per un solo minuto la bandiera della rivoluzione.A coloro che l’osservarono in quel gravissimo periodo ciò appar-ve un vero miracolo, che dimostrò quanto grande fosse nellamassa lavoratrice la fede e la devozione agli ideali della rivolu-zione.

Nella primavera e nell’estate 1920 i machnovisti dovette-ro combattere non con singoli reparti dell’armata rossa ma inrealtà con tutto l’apparato statale bolscevico dell’Ucraina e del-la Grande Russia. Perciò l’esercito dovette spesso, per evitare ilnemico, lasciare la sua regione e compiere peregrinazioni dimigliaia di verste. Fu costretto a ritirarsi ora nel bacino del Don,

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ora nelle province di Charkov e Poltava. Ma tali forzateperegrinazioni erano sfruttate a scopo propagandistico: ognivillaggio dove i machnovisti si fermavano anche un giorno odue diveniva aperto campo alla propaganda machnovista.

Durante una di quelle marce, nel giugno-luglio 1920, fucostituito l’organo supremo dell’esercito e di tutto il movimen-to, il consiglio degli insorti rivoluzionari (machnovisti) del-l’Ucraina, composto di 7 membri eletti e confermati dalla mas-sa degli insorti. Dal consiglio dipendevano le tre sezioni princi-pali: per le operazioni militari; per il controllo e l’organizzazio-ne; per la cultura e l’educazione.

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CAPITOLO X

ACCORDO FRA MACHNOVISTIE AUTORITÀ SOVIETICA

TERZA AGGRESSIONE BOLSCEVICA

Nell’estate del 1920 i machnovisti tentarono di assalireVranghel. Due volte attaccarono battaglia con i suoi reparti matutte e due le volte le truppe rosse li colpirono a tergo, cosicchéstretti fra due fuochi, furono obbligati a ritirarsi, interrompen-do l’azione. L’ autorità sovietica non risparmiava nulla nel dif-famare i machnovisti. Tutti i giornali sovietici ucraini gridavanoall’alleanza di Machno con Vranghel. Nell’estate del 1920 ilplenipotenziario del governo di Charkov, Iakovlev, dichiarò al-l’assemblea plenaria del consiglio di Ekaterinoslav che l’autori-tà sovietica era in possesso di dati e documenti che precisavanol’alleanza fra Machno e Vranghel. Naturalmente tali dichiara-zioni erano una cosciente menzogna di cui l’autorità sovieticasi valeva per raffreddare le masse dei lavoratori, le quali, a manoa mano che Vranghel avanzava e le truppe rosse si ritiravano,volgevano con sempre maggiore intensità le loro aspirazionirivoluzionarie dalla parte di Machno e cominciavano a gridar-ne alto il nome.

Nessun operaio o contadino credette mai ai falsi comuni-cati bolscevichi di una alleanza fra Machno e Vranghel. Machnoera troppo conosciuto dal popolo, che sapeva bene i metodibolscevichi. Ma forse alle invenzioni bolsceviche dovette crede-re Vranghel, poiché soltanto l’influenza della stampa sovieticache ripeteva ogni giorno la sua alleanza con Machno, o la dispe-rata ignoranza di un generale, possono spiegare il fatto ch’egliinviasse un messo a Machno. Forse, da parte del generale, fusoltanto un mezzo per tastare il terreno. A questo propositotrascriviamo il documento che segue:

«VERBALE della seduta del comando dell’ esercito rivoluzionarioinsurrezionale (machnovista) ucraino – 9 Luglio 1920. Vremievka,distretto di Mariupol. Paragrafo 40 - Ambasceria del generale Vranghel.

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Alla fine della seduta fu fatto entrare il messo inviato dal genera-le Vranghel che produsse la lettera che segue:

«All’ataman delle truppe insorte, Machno.L’esercito russo marcia esclusivamente contro i comunisti per aiutare ilpopolo a liberarsi dalla comune e dai commissari e assicurare alla mas-sa dei lavoratori contadini le terre dello stato dei grandi possidenti edegli altri privati. Quest’ultima parte del programma è già in via di at-tuazione.

I soldati e gli ufficiali russi combattono per il popolo e per il suobenessere. Chiunque sia per il popolo deve marciare con noi. Quindi ser-rate la lotta contro i comunisti, attaccateli alle spalle, distruggetegli lecomunicazioni, cooperate in ogni modo alla rovina completa delle forzedi Trotzki.

Il comando supremo vi aiuterà più che potrà inviandovi armivettovaglie specialisti. Mandate un uomo di fiducia allo stato maggioreper informarci di quanto vi è particolarmente necessario e per coordina-re l’azione militare».

Il capo di stato maggiore del comando supremo delle forze armatedella Russia meridionale, luogotenente generale SCIATILOV – ilquartiermastro generale dello stato maggiore generale, KONOVALETZ.18 giugno 1920 – Melitopol.

Il messo, tale Ivan Michailov di 28 anni, dichiarò che l’aiutantedi Slashcev gli aveva consegnalo una lettera per Machno e che al quartiergenerale erano tutti convinti che Machno lavorasse di concerto conVranghel.

Popov :«Oggi abbiamo discusso la risposta da dare ai rossi el’abbiamo trovata giusta. Daremo ora una risposta come si deve aglioppressori bianchi».

Machno: «L’unica risposta che possiamo dare a simili infamiparole è stabilire che qualsiasi delegato ci venga da Vranghel o da altraparte delle destre debba essere giustiziato e nessuna risposta essergli data».Quindi all’unanimità di decide di giustiziare il delegato di Vranghel edi proporre al consiglio la pubblicazione della lettera dandole degnarisposta a mezzo stampa».

Il messo di Vranghel fu subito giustiziato pubblicamentee il caso chiarito dalla stampa machnovista. Ai bolscevichi que-sto fu ben noto; ciononostante continuarono con estrema impu-denza a strombazzare di una alleanza di Machno con Vranghel.Soltanto dopo l’accordo militare e politico dei machnovisti conla autorità sovietica, quest’ultima, a mezzo del supremo commis-sariato militare, dichiarò che Machno non era mai stato alleatocon Vranghel, che l’autorità sovietica era stata condotta ad af-

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fermarlo a seguito di una informazione errata, che al contrarioi machnovisti avevano ucciso i delegati di Vranghel, rifiutandodi avere qualsiasi abboccamento con loro.

A metà estate 1920 Vranghel prese l’iniziativa della lotta.Avanzava lentamente ma sistematicamente, minacciando tuttoil bacino del Donetz. Collegato al fronte polacco, Vranghel co-stituiva un pericolo serio per la rivoluzione e in un certo mo-mento la minaccia crebbe a proporzioni sinistre.

I machnovisti non potevano restare indifferenti a quel mo-vimento. Comprendevano bene che contro Vranghel era neces-sario lottare subito, mentre il suo attacco era ancora agli inizi.Ogni azione volta alla distruzione di quel movimento infine sa-rebbe stata di vantaggio alla rivoluzione. Ma quali i rapporticon i comunisti? La loro dittatura è tanto ostile alla libertà deilavoratori quanto quella di Vranghel. Tuttavia la differenza fra icomunisti e Vranghel consisteva nel fatto che dalla parte deiprimi c’erano le masse, che credevano nella rivoluzione.

In verità quelle masse erano cinicamente ingannate daicomunisti, che sfruttavano lo slancio rivoluzionario dei lavoratoriper l’interesse della loro autorità. Pure le masse che si oppone-vano a Vranghel credevano nella rivoluzione, e questo volevadire molto. Con la deliberazione del consiglio degli insorti rivo-luzionari e del quartiere generale dell’esercito si volle condur-re una lotta a fondo contro Vranghel. La grande massa degli in-sorti doveva quindi esprimere la sua parola decisiva al riguardo.

L’annientamento di Vranghel, secondo l’opinione delconsiglio, otteneva grandi risultati: allontanava l’ultimo perico-lo per la rivoluzione e liberava la vita russa da quella multifor-me attività controrivoluzionaria, per cui aveva sofferto durantetutti gli anni della rivoluzione. La massa degli operai e dei con-tadini aveva grande necessità di tale epurazione: avrebbe cosìpotuto orientarsi, tirare le somme del passato, trarre deduzionie conclusioni, dare alla rivoluzione forze nuove. La deliberazio-ne decideva di proporre ai comunisti, per una azione comuneintesa a distruggere Vranghel, l’interruzione della lotta recipro-ca. In nome del consiglio e del comandante dell’esercito insur-rezionale, ancora nel luglio-agosto 1920 furono mandati aCharkov e a Mosca dei telegrammi che proponevano quantosopra. Ma non ottennero risposta. I comunisti continuavano acombattere i machnovisti, senza interrompere la solita campa-gna di menzogne e di calunnie contro di loro. Ma nel settem-bre, quando fu evacuata Ekaterinoslav e Vranghel occupòBerdiansk, Aleksandrovsk, Guliai-Pole, Sinelnikovo, a Starobelsk,

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dove erano i machnovisti, giunse una delegazione di ple-nipotenziari dal comitato centrale del partito comunistabolscevico, comandata dal comunista Ivanov, per discutere unaazione comune contro Vranghel. Le trattative ebbero luogoproprio a Starobelsk, dove furono elaborate le condizioni preli-minari all’accordo politico e militare tra machnovisti e autoritàsovietica. Per la redazione finale e la sua ratifica, come per tene-re contatti regolari e continui con il quartier generale del frontesud, fu mandata a Charkov una rappresentanza militare e poli-tica machnovista comandata da Kurilenko, Budanov, Popov.

Fra il 10 e il 15 ottobre 1910 le condizioni dell’accordofurono definitivamente fissate e accolte dalle parti contraentinella seguente forma:

«CONDIZIONI PRELIMINARI all’accordo politico e militare fra ilgoverno sovietico d’Ucraina e l’esercito insurrezionale d’Ucraina (mach-novisti).

PARTE PRIMA: ACCORDO POLITICO.

1°) Liberazione immediata e fine della persecuzione dei ma-chnovisti e degli anarchici nei territori delle repubbliche sovietiche, esclusicoloro che hanno aggredito armati il governo sovietico.

2°) Piena libertà ai machnovisti e agli anarchici di agitazione edi propaganda orale e scritta delle loro idee e delle loro concezioni, pur-ché non invitino alla distruzione violenta del governo sovietico e osser-vino la censura militare. Nel campo editoriale i machnovisti e gli anar-chici, quali organizzazioni rivoluzionarie, riconosciute dall’autoritàsovietica, fruiscono dell’apparato tecnico dello stato sovietico, purchéseguano le regole della tecnica editoriale.

3°) Libera partecipazione alle elezioni dei consigli, diritto aimachnovisti e agli anarchici di entrarvi e libera partecipazione ai pre-parativi per convocare il quinto congresso dei consigli di tutta l’Ucrai-na, che dovrà aver luogo nel dicembre c.a.

Per incarico del governo sovietico della repubblica sovietica socia-lista ucraina, TAKOVLEV – I plenipotenziari del consiglio e del co-mando dell’esercito rivoluzionario insurrezionale d’Ucraina(machnovisti), KURILENKO e POPOV.

PARTE SECONDA: ACCORDO MILITARE.

1°) L’esercito insurrezionale rivoluzionario d’Ucraina (ma-chnovisti) entra a far parte delle forze armate della repubblica comeesercito di partigiani, e per le operazioni militari dipende dall’alto co-

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mando dell’armata rossa; conserva invece all’interno gli ordinamentiche aveva prima, non accettando né le basi né i principi propri ai repar-ti regolari dell’armata rossa.

2°) L’esercito insurrezionale rivoluzionario d’ Ucraina (machno-visti) muovendosi in territorio sovietico al fronte e oltre il fronte, nonaccoglierà nelle sue file reparti dell’armata rossa né disertori di questa. N O T A.

a) I reparti e i singoli combattenti dell’armata rossa che a tergodi Vranghel si siano uniti all’esercito insurrezionale, incontrando re-parti dell’ armata rossa dovranno rientrare a fare parte di questa.

b) Gli insorti machnovisti e la popolazione locale, restati a ter-go di Vranghel e rientrati nelle file dell’esercito insurrezionale, resteran-no in queste anche se prima siano stati mobilitati nell’armata rossa.

3°) Allo scopo di distruggere l’avversario comune rappresentatodal movimento delle guardie bianche, l’esercito rivoluzionario insurre-zionale d’Ucraina (machnovisti) a mezzo di proclami farà conoscere ilpresente accordo alle masse dei lavoratori che lo seguono, invitandole adesistere da ogni azione militare contro l’autorità sovietica; contempo-raneamente e perché sia raggiunto un risultato migliore, il governo so-vietico dovrà pubblicare questo accordo in modo altrettanto immediato.

4°) I familiari dei militanti nell’esercito insurrezionale rivo-luzionario machnovista, viventi sul territorio della repubblica sovieti-ca, godranno degli stessi privilegi accordati ai familiari dei militantinell’armata rossa e riceveranno dal governo sovietico d’Ucraina i rela-tivi documenti.

Firmato: Il comandante del fronte sud, FRUNZE – I membri delconsiglio militare rivoluzionario del fronte sud, BELA-KUN, GUSEV –I plenipotenziari del consiglio e del comando dell’esercito insurrezionalemachnovista, KURILENKO, POPOV.

QUARTO PUNTO DELL’ACCORDO POLITICOA COMPLEMENTO DEI PRIMI TRE PUNTI.

I rappresentanti del consiglio e del comando dell’esercitomachnovista propongono all’autorità sovietica il seguente punto quar-to dell’accordo politico:

Considerato che uno dei postulati fondamentali del movimentomachnovista è rappresentato dalla lotta per l’autogoverno locale deilavoratori, l’esercito insurrezionale machnovista propone un punto quar-to dell’accordo politico nei seguenti termini: nei luoghi dove agirà l’eser-cito machnovista la popolazione operaia e contadina organizzerà liberiorgani di autoamministrazione economica e politica locale; detti organisaranno autonomi e legati federativamente (contrattualmente) con gli

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organi statali delle repubbliche sovietiche».

Ma con vari pretesti l’autorità sovietica rimandò per lun-go tempo la pubblicazione dell’accordo. I rappresentantimachnovisti già da allora sentivano che qualcosa non andava; eil vero significato di quel continuo procrastinare fu chiaro quan-do la autorità sovietica organizzò una nuova proditoria aggres-sione sui machnovisti. Ma ne diremo più sotto.

Di fronte all’insincerità della autorità sovietica per quan-to riguardava la pubblicazione del raggiunto accordo, imachnovisti posero la questione in modo netto: finché non fos-se pubblicato, l’esercito machnovista non avrebbe potuto agiresecondo i termini dell’accordo stesso. E soltanto dopo tali pres-sioni l’autorità sovietica pubblicò il testo dell’accordo, ma indue volte: prima la parte seconda concernente la questione mi-litare, dopo una settimana la prima, relativa al problema politi-co. Così il significato dell’accordo fu compreso solo da pochis-simi.

Il quarto punto dell’accordo politico i bolscevichi lo omi-sero, dichiarando che esigeva una discussione particolare e unrapporto da Mosca. I rappresentanti machnovisti acconsentiro-no a discuterlo in separata sede.

Dopo di ciò, verso il 15-20 ottobre, l’esercito machnovistamarciò contro Vranghel. Il suo settore di azione era la regioneSinelnikovo, Aleksandrovsk, Pologhi, Berdiansk, e la sua dire-zione la città di Perekop. Nei primi combattimenti nella zonaPologhi-Orechov, fu sconfitto un forte raggruppamento divrangheliani, comandato dal generale Drozdov, e fatti prigio-nieri circa quattromila soldati. Nello spazio di tre settimane lazona suddetta fu liberata dalle truppe di Vranghel. Ai primi dinovembre i machnovisti, insieme alle truppe rosse, erano giàsotto Perekop.

Qui occorre rilevare quanto segue, che è di importanzafondamentale: non appena si seppe che i machnovisti marcia-vano contro Vranghel insieme ai rossi, il morale della popola-zione migliorò d’un tratto: Vranghel era irrevocabilmente per-so e la sua fine attesa da un giorno all’altro.

L’azione machnovista nella liberazione della Crimea dal-le truppe di Vranghel fu la seguente. Mentre i reparti rossi era-no fermi sotto Perekop, i machnovisti, secondo gli ordini dicarattere operativo ricevuti, presero a sinistra di Perekop per25-30 verste, e attraversarono lo stretto di Sivash, in quel tempogelato. Prima passò la cavalleria di Marcenko, contadino anar-

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chico di Guliai-Pole, poi il reggimento mitraglieri al comandodi Kozhin. Il passaggio, accompagnato da un uragano di fuocoda parte del nemico, costò molte vittime. Fra gli altri il coman-dante Foma Kozhin, subito allontanato dai ranghi gravementeferito. Tuttavia l’insistenza e l’ardire degli attaccanti misero infuga i vrangheliani. Quindi Semion Karetnik, comandante del-l’esercito machnovista di Crimea, volse tutti i reparti diretta-mente contro Simferopoli, che fu presa il 13 o 14 novembre;nel contempo i rossi prendevano Perekop. In realtà furono imachnovisti che passando oltre il Sivash nel cuore della Crimea,ne provocarono la caduta, obbligando i vrangheliani a ritirarsinel lembo estremo della penisola, per non essere schiacciatid’ogni parte sull’istmo di Perekop.

L’accordo con l’autorità sovietica aperse sull’inizio, dopoun lungo periodo di guerra ininterrotta, qualche possibilità ditranquillo lavoro sociale nella regione. Diciamo qualche possibili-tà perché, oltre al fatto che in molti luoghi si combatteva unaguerra accanita con le truppe di Vranghel (Gulai-Pole passòdiverse volte dai machnovisti ai vrangheliani e viceversa) la stes-sa autorità sovietica, incurante dell’accordo, teneva la regionequasi in istato di blocco, paralizzando con ogni mezzo le misu-re rivoluzionarie dei lavoratori locali. Tuttavia la cellulamachnovista più attiva, quella di Guliai-Pole, si sforzò di svi-luppare la massima energia nel campo della organizzazionesociale. L’attenzione fondamentale era volta alla costituzionedi liberi consigli di lavoratori, che avrebbero dovuto essere gliorgani dell’autogoverno locale degli operai e dei contadini. Abase di tali consigli era l’idea della loro intera indipendenza daqualsiasi autorità di partito e quella della loro responsabilità difronte ai lavoratori del luogo.

La prima azione pratica in questo campo fu intrapresaproprio dagli abitanti di Guliai-Pole. Nel periodo dal 10 al 23novembre 1920 tutto il villaggio si radunò a discutere queiproblemi non meno di cinque o sei volte, avvicinandosi a unasoluzione lentamente, con cura e con precauzione. Solo intor-no alla metà del mese furono poste le fondamenta per un libe-ro consiglio, che non poté costituirsi definitivamente, poichéun’azione pratica del tutto nuova da parte dei lavoratori avevabisogno di tempo e di esperienza. In questo stesso periodo ilconsiglio degli insorti rivoluzionari elaborò e stampò in veste diprogetto le «Tesi fondamentali per un libero consiglio di lavoratori».

Non minor attenzione i lavoratori di Guliai-Pole volseroal problema della scuola. Le frequenti incursioni dei più diversi

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eserciti avevano avuto conseguenze estremamente rovinose sul-la vita scolastica della regione. Gli insegnanti, non ricevendo damolto tempo alcun stipendio, si erano dispersi, cercando unqualsiasi altro mezzo di vita. Gli edifici scolastici, abbandonati,cadevano in rovina. Nel periodo dell’accordo fra machnovisti eautorità sovietica, il problema scolastico si mostrò alle massenella sua immediata gravità e in tutto il suo interesse. I machno-visti ne impostarono la soluzione sul piano dell’autogovernodei lavoratori: anche il problema scolastico, sostenevano, comequalunque altro che sorga dalle esigenze fondamentali dei lavo-ratori, è cura della popolazione lavoratrice locale. L’insegna-mento delle lettere e delle scienze ai figli dei lavoratori deveessere il risultato dell’interesse diretto dei lavoratori stessi. Maquesto non è tutto. Prendendo in mano l’istruzione e l’educa-zione delle giovani generazioni, i lavoratori rendono più pura epiù alta l’idea stessa di scuola. Nelle mani del popolo la scuoladiventa fonte di sapere e mezzo di educazione e di sviluppo al-l’uomo libero, quale deve essere ogni lavoratore in una societàlibera. Perciò sin dagli inizi dell’autogoverno dei lavoratori lascuola deve essere resa indipendente non solo dalla chiesa main eguale misura anche dallo stato.

Mossi da queste considerazioni, i contadini e gli operai diGuliai-Pole approvarono entusiasti l’idea della separazione del-la scuola dallo stato, e della sua intera indipendenza sia dallostato che dalla chiesa. In paese c’erano i sostenitori di una scuolalibera tipo Francisco Ferrer, e quelli di un’unica scuola professio-nale. La nuova impostazione del problema scolastico promosseun movimento entusiastico fra gli abitanti del villaggio. La mag-gior parte dei collaboratori addetti alla cultura, che venivanodai contadini, si misero al lavoro. Nestor Machno, quantunquegravemente ferito a una gamba, si interessò molto del proble-ma partecipando assiduamente a tutte le assemblee che lotrattavano, e pregò i competenti di tenergli conferenze sullateoria e la pratica di una scuola unica per lavoratori.

I provvedimenti concreti degli abitanti di Gulai-Pole in-torno al problema scolastico presero questa forma. I contadinie i lavoratori del villaggio si impegnarono a mantenere il corpoinsegnanti, necessario alla vita di tutte le scuole del villaggio(aGuliai-Pole, c’erano diverse scuole elementari e due ginnasi).Fu creata una commissione scolastica composta di rap-presentanti dei contadini, degli operai e degli insegnanti, allaquale fu affidata e la parte didattico-organizzativa e la parte eco-nomica del problema scolastico. Accolto il principio della sepa-

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razione della scuola dallo stato, gli abitanti di Guliai-Poleacccolsero pure il progetto di un insegnamento libero nei modidella scuola Francisco Ferrer: la commissione scolastica elabo-rò uno schema preciso e compose un grande lavoro prelimina-re di carattere tecnico-organizzativo, che purtroppo non è innostre mani.

Nello stesso tempo si iniziarono corsi per insorti analfa-beti o di limitata istruzione: si trovarono individui preparati se-riamente e forniti di una esperienza pluriennale nell’insegna-mento elementare agli adulti. Infine si organizzarono corsi dicultura politica per gli insorti. Il loro scopo era quello di dareagli insorti le nozioni fondamentali di storia sociologica e disci-pline connesse per completare la loro preparazione militare conlo strumento della scienza e portarli a una più larga compren-sione dei compiti e della strategia rivoluzionari. I corsi eranotenuti dai contadini e dagli operai che avevano letto di più. Ilprogramma comprendeva: a) economia politica; b) storia; c) te-oria e pratica dell’anarchismo e del socialismo; d) storia dellagrande rivoluzione francese (secondo Kropotkin); e) storia delmovimento insurrezionale rivoluzionario nella rivoluzione rus-sa ecc.

Le possibilità degli insegnanti erano estremamente limi-tate: tuttavia per la serietà e l’attaccamento a quell’opera tantoda parte loro che da parte degli allievi, i corsi presero sin dalprimo giorno una forma vivace ed estremamente concreta, pro-mettendo di divenire parte notevole nella vita del movimento.

Pure al teatro gli insorti volsero grande attenzione. An-che prima dell’accordo con i bolscevichi, quando ogni giornooccorreva combattere contro diversi nemici, l’esercito machno-vista ebbe sempre una sua compagnia drammatica, compostadagli insorti stessi, che per quanto permettevano le circostanzemilitari, lavorava ora unicamente per gli insorti, ora anche perla popolazione contadina.

A Guliai-Pole c’è un teatro abbastanza grande. Tuttaviagli artisti di professione, nel villaggio, furono sempre rari. Guliai-Pole si valeva generalmente di dilettanti del luogo, cittadini ope-rai rappresentanti dell’intelligenza delle campagne, cioè soprat-tutto insegnanti e studenti. Durante la guerra civile che tantoduramente colpì Guliai-Pole, l’interesse della popolazione peril teatro, non soltanto non affievolì, ma in un certo modo creb-be. Nel periodo dell’accordo tra machnovisti e bolscevichi, quan-do fu tolto il blocco del villaggio, il teatro di Guliai-Pole fu sem-pre pieno di lavoratori: i contadini, gli insorti, le loro donne,

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non solo interpretavano, ma scrivevano drammi che erano rap-presentati. La sezione dell’esercito machnovista addetta allacultura e all’educazione partecipava direttamente e attivamenteall’organizzazione degli spettacoli teatrali a Guliai-Pole e in tuttala regione.

Nessuno dei machnovisti credeva nella durata e nella so-lidità dell’accordo con i bolscevichi. Sull’esempio del passato,ciascuno sapeva che sarebbe venuto un momento in cui ibolscevichi avrebbero trovato un nuovo pretesto per attaccareil movimento machnovista. Ma data la situazione politica stima-vano che l’accordo sarebbe durato tre o quattro mesi. Ciò avreb-be avuto un grande significato per quel vasto lavoro di propa-ganda, che era tanto necessario, per cui i machnovisti avevanomesso in serbo tante energie e che negli ultimi tempi per laloro particolare situazione gli era stato del tutto precluso. Inforza del recente patto i machnovisti speravano di riuscire aspiegare bene alle masse lavoratrici le ragioni essenziali per cuii bolscevichi non erano d’accordo con loro e per le quali le dueparti si combattevano.

E questo fu raggiunto ottimamente. Il quarto punto del-l’accordo politico col quale i machnovisti chiedevano di rico-noscere agli operai e ai contadini il diritto ad autoamministrarsieconomicamente e socialmente, era inaccettabile dall’autoritàsovietica. Comunque i rappresentanti del machnovismo insistet-tero nel chiedere ai bolscevichi di sottoscrivere quel punto oalmeno di spiegare perché lo respingessero, e contemporanea-mente cominciarono a proporlo all’aperta discussione dellemasse.

A Charkov gli anarchici e i machnovisti, parlando ai lavo-ratori toccarono quel problema. A Guliai-Pole e dintorni fu-rono distribuiti manifestini atti a illustrarli. A metà di novem-bre questo breve punto, che poteva contenersi in tre o quattrorighe, attrasse ovunque l’attenzione delle masse, promettendodi diventare il futuro centro dei loro interesse.

Ma in quel momento fu liquidato Vranghel. Per i noniniziati il fatto non poteva influire sull’accordo dei machnovisticon l’autorità sovietica. I machnovisti invece vi scorsero il princi-pio della fine dell’accordo. Appena dal quartier generale cam-pale dei machnovisti giunse a Guliai-Pole il telegramma annun-ciante che Karetnik con l’armata insurrezionale era già in Cri-mea e attaccava Simferopoli, l’aiutante di Machno, Grigori Va-silevski, esclamò: «Questa è la fine dell’accordo; sono pronto a scom-mettere che entro una settimana i bolscevichi si getteranno su di noi».

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Questo accadde il 15 o 16 novembre e il 26 i bolscevichipiombarono proditoriamente sul comando e sulle truppe mach-noviste in Crimea e a Guliai-Pole, fecero prigionieri i rappresen-tanti machnovisti a Charkov, dispersero e arrestarono gli anar-chici di Charkov e quindi gli anarchici e le organizzazioni anar-chiche di tutta l’Ucraina.

L’autorità sovietica non tardò a spiegare questi attacchiinfami e proditori nel modo solito e prediletto : i machnovisti egli anarchici preparavano un’insurrezione contro l’autorità so-vietica; la parola d’ordine era il quarto punto dell’accordo poli-tico; tempo e luogo erano già stati fissati.

Inoltre Machno era accusato di essersi rifiutato di partireper il fronte del Caucaso, di aver mobilitato i contadini per al-lestire un esercito contro il governo sovietico, di aver combattu-to alle spalle contro l’armata rossa invece di combattere sul fron-te di Crimea contro Vranghel, ecc.

Non c’è bisogno di dire che queste sono mostruose inven-zioni. Fortunatamente abbiamo tutti gli elementi per accusare ibolscevichi di menzogna e ristabilire così la verità.

Innanzi tutto occorre notare che il 23 novembre 1920 aPologhi e a Guliai-Pole i machnovisti presero 9 agenti del servi-zio informazioni della 42ª divisione fucilieri dell’armata rossa, iquali, accusati di spionaggio, dichiararono quanto segue : perordine del capo del servizio informazioni, dovevano stare aGuliai-Pole per scoprire dove abitassero Machno, i membri del-lo stato maggiore, i comandanti, i membri del consiglio; dove-vano attendere il momento in cui a Guliai-Pole fossero entratele truppe rosse per indicargli subito le abitazioni delle personesuddette; e se all’improvviso ingresso dei rossi queste persone sispostassero in altro luogo, non perderle di vista ma seguirnecontinuamente le tracce. L’attacco a Guliai-Pole, affermavano,poteva aspettarsi dal 24 al 25 novembre.

Sulla base di quanto sopra, a nome del consiglio degli in-sorti rivoluzionari e del comandante dell’esercito, fu comuni-cato a Rakovski e al consiglio militare rivoluzionario del frontesud che era stata scoperta una congiura e richiesto che: 1) fos-sero immediatamente arrestati e deferiti al tribunale di guerrail comandante della 42ª divisione, il capo di stato maggiore del-la divisione e gli altri membri della congiura; 2) ad evitare malin-tesi fosse vietato ai reparti rossi di attraversare la zona Guliai-Pole, Pologhi M. – Takmacka Turkenovka.

La risposta del governo sovietico di Charkov fu questa: sitrattava di un semplice malinteso, non di una congiura; tuttavia

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l’autorità sovietica avrebbe istituito una commissione apposita,per cui proponeva allo stato maggiore dell’esercito machnovistadi inviarvi due uomini. Questa risposta fu da Charkov trasmessaper filo diretto il 25 novembre. La mattina del giorno seguenteil segretario del consiglio degli insorti rivoluzionari, P. Rybin,parlò di nuovo con Charkov a questo proposito, e da Charkov ibolscevichi risposero in modo tranquillizzante affermando chel’affare della 42ª divisione sarebbe stato sistemato con pienasoddisfazione dei machnovisti; inoltre comunicarono che laquestione del quarto punto dell’accordo politico si avvicinava auna soluzione soddisfacente. Questo colloquio ebbe luogo il 26novembre alle ore 9 del mattino per filo diretto. Ma quasi con-temporaneamente, o meglio poco prima di questo colloquio,sin dalle tre del mattino dello stesso giorno, a Charkov eranogià stati fatti prigionieri i rappresentanti dei machnovisti e arre-stati tutti gli anarchici della città, come delle altre partidell’Ucraina. Due ore dopo il colloquio di Rybin con Charkov,Guliai-Pole fu chiusa dalle truppe sovietiche e battuta da intensofuoco d’artiglierie e di mitragliatrici. Quello stesso giorno a quellastessa ora fu attaccata l’armata machnovista in Crimea e prodi-toriamente catturati e uccisi tutti i membri dello stato maggiorecampale machnovista, insieme al comandante dell’esercito ma-chnovista di Crimea, Semion Karetnik.

Indubbiamente questa vasta operazione di attacchi e diarresti era stata accuratamente studiata; era stata preparata danon meno di una settimana e mezza.

Sono evidenti, quindi, non soltanto la proditorietà dell’at-tacco sovietico ai machnovisti, ma pure la sua precisa organiz-zazione: tentativi per addormentare la vigilanza dei machno-visti ingannandoli con parole tranquillizzanti, così da prenderlipiù facilmente e soffocarli mentre agivano.

In secondo luogo va notato che il 27 novembre, giornoseguente all’attacco di Guliai-Pole, i machnovisti trovarono ad-dosso ai prigionieri rossi dei manifestini con titoli come questi«Avanti contro Machno» e «Morte al machnovismo», editi senza datadalla sezione politica della quarta armata.

A quanto confermarono i soldati, quei manifestini eranostati distribuiti il 15 o 16 novembre; i bolscevichi esortavano acombattere Machno perché Machno aveva violato i termini del-l’accordo politico militare, si era rifiutato di partire per il fron-te del Caucaso, si era rivoltato contro l’autorità sovietica, ecc.Ciò dimostra che quelle accuse erano state inventate e stampa-te, quando l’esercito machnovista era ancora in Crimea a occu-

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pare Simferopoli, e i rappresentanti machnovisti collaboravanotranquillamente con le autorità sovietiche di Charkov.

Inoltre va ricordato che nell’ottobre-novembre 1920, pro-prio nei giorni in cui l’accordo politico militare fra machnovistie autorità sovietica veniva ratificato, a Guliai-Pole furono sco-perti due tentativi dell’autorità sovietica intesi a uccidereMachno per mano di uomini prezzolati.

Aggiungiamo che nessun ordine che prescrivesse all’eser-cito degli insorti di portarsi sul fronte del Caucaso giunse mai aGuliai-Pole, sede del quartier generale dell’esercito. A quel tem-po Machno, gravemente ferito, (aveva una gamba fracassata)non si occupava di pratiche di ufficio; le pratiche passavanonelle mani del comandante dello stato maggiore dell’esercito,Belash, e di P. Rybin, segretario del consiglio, i quali quotidia-namente informavano il consiglio di ogni documento che per-venisse loro.

Qui occorre ricordare quanto abbiamo fatto osservare giàsopra, e cioè che l’autorità sovietica aveva differito la pubblica-zione del testo dell’accordo politico militare. Adesso diventapienamente comprensibile perché avesse accanitamente osta-colato la pubblicazione di quel testo: quell’accordo era una sem-plice mossa di carattere militare, che doveva valere al massimoun mese o due, sin quando Vrangliel non fosse stato liquidato.Dopo, l’autorità sovietica avrebbe subito ripetuto che imachnovisti erano banditi controrivoluzionari e con simili pa-role d’ordine andavano combattuti. Non rientrava quindi neisuoi interessi pubblicare il testo dell’accordo politico coimachnovisti mettendo le masse in grado di discuterlo. Avrebbevoluto celarlo del tutto alle masse per potere all’indomani, qua-si che nulla fosse intercorso, continuare la lotta con i machnovistisotto le vecchie insegne di una lotta contro il banditismo e lacontrorivoluzione.

Questa la verità per quanto concerne la rottura dell’accor-do politico militare tra autorità sovietica e machnovisti.

Occorre fare doppia attenzione al testo dell’accordo. Visono espresse chiaramente due tendenze: quella statale chedifendeva i privilegi e le prerogative abituali del potere e quellapopolare-rivoluzionaria, che difendeva le esigenze secolari del-la massa soggiogata nei confronti di quelli che detengono ilpotere. È da rilevarsi ancora che tutta la prima parte dell’accor-do, riferentesi ai diritti politici dei lavoratori, consiste di esigen-ze presentate soltanto dai machnovisti. L’autorità sovietica pre-se in questo campo, data la sua posizione di classe, la parte del-

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la tirannide, cioè limitò le richieste dei machnovisti, mercan-teggiando ogni punto e cercando di concedere quanto menopoteva di ciò che costituisce la base necessaria e inalienabiledella vita del popolo, vale a dire i suoi diritti politici.

Osserviamo inoltre che fedeli a modi di lotta anarchica imachnovisti erano sempre avversi alle congiure politiche. Nellalotta rivoluzionaria entravano apertamente, portando questa ne-cessità di lotta in mezzo alla vasta massa lavoratrice, poiché cre-devano che soltanto una lotta rivoluzionaria di massa avrebbepotuto condurre i lavoratori alla vittoria; le congiure inveceavrebbero portato soltanto a un cambio d’autorità, cosa contra-ria alla natura stessa del machnovismo.

Così che l’accordo già in embrione era votato a morte,per i bolscevichi, che lo volevano osservare soltanto sino al mo-mento in cui Vranghel fosse stato distrutto.

Questo è chiaro anche all’esame di alcuni documenti del-l’autorità sovietica: riportiamo l’ordine del comandante del fron-te sud, Frunze, ordine che bene tradisce l’intenzione bolscevicadi attaccare proditoriamente i machnovisti; quindi smentiremotutte le menzogne che a questo riguardo l’autorità sovietica hadiffuso contro gli anarchici e i machnovisti.

«ORDINE al comandante dell’esercito degli insorti, compagnoMACHNO. Copia ai comandanti delle armate del fronte sud, N. 00149.Quartiere generale campale, Melitopol, 23 Novembre 1920. In relazio-ne alla fine delle operazioni militari condotte contro Vranghel allo scopodi annientarlo, il consiglio militare rivoluzionario del fronte sud stimaconcluso il compito dell’esercito partigiano e propone al consiglio milita-re rivoluzionario di detto esercito di passare immediatamente all’operaper trasformare le unità partigiane in regolari unità militari dell’armatarossa.

L’esistenza di un esercito insurrezionale con una organizzazionesua propria non è più richiesta dalla situazione militare. Al contrario,l’esistenza a fianco dei reparti dell’armata rossa di reparti con organiz-zazione e compiti particolari conduce a fatti inammissibili...,perciò ilconsiglio militare rivoluzionario del fronte sud propone al consiglio mi-litare rivoluzionario dell’esercito insurrezionale quanto segue: 1) tutti ireparti dell’ex esercito insurrezionale, che si trovano in Crimea entrinoimmediatamente a far parte della 4ª armata, il consiglio militare rivo-luzionario della quale ha l’incarico di tale trapasso; 2) le formazioni diaddestramento a Guliai-Pole siano disciolte e i suoi membri immessi neireparti agli ordini del comandante della armata di riserva; 3) il consi-glio militare rivoluzionario dell’armata insurrezionale prenda tutti iprovvedimenti atti a chiarire ai suoi uomini la necessità delle misure

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adottate.Firmato: Il comandante del fronte sud, M. FRUNZE; un mem-

bro del consiglio militare rivoluzionario, SMILGA – Il comandante delquartier generale campale dell’armata, KARATYGHIN».

Qui occorre ricordare la storia dell’accordo tra autoritàsovietica e machnovisti.

Come detto più sopra questo accordo fu preceduto dacolloqui preliminari intercorsi fra i machnovisti e una delega-zione sovietica giunta appositamente in campo machanovista, aStarobelsk e guidata dal comunista Ivanov. Questi negoziati con-tinuarono a Charkov, dove una delegazione machnovista lavoròper tre settimane con i plenipotenziari dell’autorità sovietica.

Ogni punto dell’accordo fu con cura pesato, e discussosotto ogni aspetto. Nella sua forma definitiva l’accordo fu ac-cettato dalle parti contraenti, cioè dall’autorità sovietica e dallaregione degli insorti rivoluzionari rappresentata dal consiglio degliinsorti rivoluzionari d’Ucraina, e fu sottoscritto dai relativiplenipotenziari.

Dal significato di questo accordo discendeva che nessunpunto poteva essere respinto o mutato se non dietro comuneaccordo dell’autorità sovietica e del consiglio degli insorti ri-voluzionari d’Ucraina, a meno che l’accordo non fosse statoviolato.

Il punto 1° della parte 2ª dice testualmente: «L’esercito in-surrezionale rivoluzionario d’Ucraina (machnovisti) entra a far partedelle forze armate della repubblica come esercito di partigiani e per leoperazioni militari dipende dall’alto comando dell’armata rossa; con-serva invece all’interno gli ordinamenti che aveva prima, non accet-tando né le basi né i principi propri ai reparti regolari dell’Armatarossa».

Con l’ordine n° 00149 del 23 novembre 1920 Frunze vuo-le sciogliere l’esercito degli insorti machnovisti e incorporarlonell’armata rossa, poiché l’autorità sovietica «stima che al fine delladistruzione di Vranghel il compito dell’esercito partigiano sia esaurito».Quest’ordine annulla non soltanto il punto 1° dell’accordo mi-litare ma tutto l’accordo militare e politico.

Che l’autorità sovietica agisca non nella forma di una re-visione o di un mutamento del testo dell’accordo esistente, bensìcon un ordine militare improvviso e lo confermi con un fuocoimmediato, dimostra che per i bolscevichi l’accordo non erache una trappola militare costruita per catturare i machnovisti.

Oltre all’ordine riferito, la 4ª armata rossa, che si trovava

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in Crimea, ricevette istruzioni di agire, qualora i machnovistinon avessero ubbidito, con tutte le forze a disposizione.

L’ordine di Frunze spiega la situazione senza bisogno dicommenti. Prescrive ai machnovisti di distruggere il loro eser-cito per ridurlo a un reparto regolare dell’Armata rossa; in al-tre parole il machnovismo avrebbe dovuto suicidarsi. Ci si sa-rebbe potuti meravigliare di tale ingenuità se di sola ingenuitàsi fosse trattato.

Invece dietro si nascondeva un’azione accuratamente pre-parata e meditata a distruggere definitivamente il machnovismo.Vranghel era vinto. I machnovisti erano stati sfruttati. Era il mo-mento più facile per annientarli. Quindi dovevano por fine allaloro esistenza. Questo era il senso dell’ordine.

Ma nonostante la sua apparente franchezza anche l’ordi-ne di Frunze è una menzogna. Poiché né lo stato maggiore dell’e-sercito a Guliai-Pole né i rappresentanti machnovisti a Charkovlo ricevettero mai. Ai machnovisti fu noto tre o quattro settima-ne dopo l’aggressione, da giornali trovati per caso. Anche que-sto è chiaro. I bolscevichi, preparando un’improvvisa aggressio-ne contro i machnovisti, non potevano farsi precedere da unordine che avrebbe distrutto tutti i loro piani. Quell’ordineavrebbe subito messo all’erta i machnovisti e l’attacco non avreb-be avuto successo. Questo bene comprendeva l’autorità sovieti-ca perciò fino all’ultimo tenne segretissime le sue intenzioni.Soltanto dopo, quando l’aggressione era stata sferrata e la rot-tura già un fatto compiuto, apparve nella stampa l’ordine diFrunze. Fu stampato per la prima volta il 15 dicembre nel gior-nale di Charkov «Il Comunista», con la data del 23 novembre.Tutte queste astuzie erano impiegate per prendere i machnovistiall’improvviso, batterli e quindi spiegare il fatto «con la legge inmano».

Contemporaneamente cominciarono gli arresti degli anar-chici. Combattendo le idee anarchiche, i bolscevichi cercavanodi soffocare ogni voce di protesta e insieme di eliminare la pos-sibilità che fosse chiarito alle masse quanto stava accadendo.Furono arrestati non solo anarchici, ma anche persone che ave-vano con loro rapporti di mera conoscenza o che soltanto siinteressavano di letteratura anarchica. A Elisavetgrad arrestaro-no circa quindici ragazzi dai 15 ai 18 anni. E sebbene le autoritàprovinciali di Nikolaev non si mostrassero soddisfatte del loroarresto e dichiarassero che bisognava trovare i «veri» anarchici,non dei ragazzi, questi restarono dentro.

A Charkov la caccia agli anarchici assunse un carattere

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che la Russia non aveva mai conosciuto. Intorno alle loro abita-zioni furono tese vere e proprie imboscate. Circondata di na-scosto la libreria Libera Fratellanza, chiunque vi entrava era pre-so e portato alla Ceka. Furono catturate persone che si eranofermate a leggere sui muri il giornale anarchico «L’allarme» usci-to da poco e legalmente. Poiché l’anarchico Grigori Tzesniksfuggì per caso all’arresto, i bolscevichi misero in prigione suamoglie, lontana da ogni attività politica. La donna per farsi libe-rare fece lo sciopero della fame, ma i bolscevichi le dissero cini-camente che, se suo marito l’amava, doveva presentarsi a loro.E Tzesnik quantunque malato di tubercolosi, si presentò e fumesso in prigione.

Abbiamo già detto che in Crimea fu catturato proditoria-mente tutto lo stato maggiore campale e il comandante dell’eser-cito machnovista. Il comandante della cavalleria, Marcenko, qua-si accerchiato da reparti della 4ª armata rossa, riuscì a fuggireattraverso le chiuse e gli sbarramenti di Perekop, e il 7 dicembre,dopo aver corso notti e giorni interi si riunì al gruppo di Machno.L’incontro ebbe luogo nella piccola località greca di Kermencik.

Già da qualche giorno era giunta la voce che l’esercitomachnovista si fosse aperto un passaggio dalla Crimea. Infine il7 dicembre un corriere annunciò che entro poche ore sarebbearrivato il gruppo di Marcenko. Pieni di commozione imachnovisti che si trovavano a Kermencik si portarono al limi-te del villaggio ad accogliere gli eroi. Ma quando in lontananzasi vide avanzare il gruppo a cavallo, i cuori si strinsero d’ango-scia. Invece della potente cavalleria di 1500 uomini, ritornavaun gruppetto di soli 250. Giunse l’avanguadia comandata daMarcenko e da Taranovski. «Ho l’onore di annunciare che l’esercitodi Crimea è ritornato» disse Marcenko con leggera ironia. Tuttisorrisero. «Sì, ragazzi», continuò Marcenko, «ora sappiamo bene cosasono i comunisti ». Ma Machno era silenzioso. La vista della suafamosa cavalleria, battuta, quasi distrutta, lo aveva colpito for-temente.

Taceva cercando di vincere l’emozione. Nella riunioneche ebbe luogo subito dopo riferirono come fosse avvenutal’aggressione in Crimea: il comandante dell’esercito, Karetnik,invitato a Guliai-Pole dal comando sovietico come per unacomunicazione di carattere militare, fu preso a tradimentomentre vi si recava; il comandante dello stato maggiore campa-le, Gavrilenko, i membri dello stato maggiore e gli altri coman-danti furono presi col pretesto di dover discutere questioni dicarattere operativo. Tutti furono fucilati immediatamente. I

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membri della sezione per la cultura e l’educazione, che si trova-vano a Simferopoli, furono catturati senza ausilio di ingannimilitari.

Quando le truppe rosse circondarono Guliai-Pole, era il26 novembre, nel villaggio si trovavano soltanto 150-200 uomi-ni dello squadrone speciale di cavalleria. Con questi Machnobattè il reggimento di cavalleria sovietica che avanzava su Guliai-Pole per la strada proveniente da Uspenovka, riuscendo a sorti-re dallo stretto anello delle truppe rosse. Nella settimana se-guente organizzò i reparti degli insorti che erano accorsi davarie parti e le unità dell’armata rossa passate a lui daibolscevichi. Si formò così un reparto di 1000 cavalieri e uno di1500 fanti, con i quali passò quindi all’attacco; in una settimanaoccupò Guliai-Pole battendo la 42ª divisione e facendo prigio-nieri 6000 uomini. Di questi circa 2000 espressero il desideriodi restare nell’armata degli insorti; gli altri, dopo un meetingdimostrativo furono licenziati il giorno stesso in cui erano staticatturati. Tre giorni dopo Machno inferse ai rossi un colpo piùgrave nei pressi del villaggio di Andreevka. Dal pieno della not-te sino alla sera del giorno seguente combattè ininterrottamen-te contro due divisioni rosse, le vinse e prese loro da 8000 a10.000 prigionieri che come a Guliai-Pole furono subito rila-sciati. I volontari restarono nell’esercito.

Quindi Machno colpì successivamente i reparti rossi diKomar Tzare-Konstantinovka Berdiansk. I fanti rossi si batteva-no mal volentieri e quando capitava l’occasione si davano prigio-nieri in massa. Per un momento i machnovisti gioirono al pen-siero che la vittoria fosse per loro. Sembrava che bastasse vince-re due o tre forti raggruppamenti rossi che muovevano su diloro da varie direzioni perché l’armata rossa in parte passasse aimachnovisti, in parte fosse ritirata a nord.

Ma ecco che da vari luoghi i contadini fecero sapere chei bolscevichi mettevano un reggimento, generalmente di caval-leria, in ogni villaggio e che in alcuni punti si concentravanomasse enormi di soldati.

Così, a sud di Guliai-Pole, nel villaggio di Fedorovka, Ma-chno fu circondato da più divisioni di fanteria e di cavalleria.Dalle due di notte sino alle quattro del pomeriggio, si battèininterrottamente; alla fine, rotto il cerchio, si diresse verso nord-est. Tre giorni dopo avvenne la stessa cosa nel villaggio greco diKonstantin: una massa di cavalieri nemici e un uragano di fuo-co da ogni lato. Dalle informazioni degli ufficiali rossi prigionieriMachno aveva saputo che gli agivano contro quattro armate,

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due di cavalleria e due miste, e che lo scopo del comando rossoera di stringerlo d’ogni parte con potenti masse, che già serra-vano rapidamente. Queste notizie si accordavano con quelledei contadini, con le osservazioni e le conclusioni di Machnostesso. Era ormai chiaro che la distruzione di due o tre gruppidell’armata rossa avrebbe significato ben poco in mezzo a quel-la massa di truppe gettate contro i machnovisti. Ormai non sitrattava più di vincere le forze sovietiche, ma soltanto di nonlasciare alla catastrofe l’esercito degli insorti. Quel piccolo eserci-to di 3000 uomini doveva combattere quotidianamente con unnemico di dieci quindicimila uomini. In tali condizioni l’eser-cito era certamente votato alla rovina. A seguito di una delibe-razione del consiglio degli insorti rivoluzionari fu deciso di ab-bandonare temporaneamente tutta la regione meridionale, la-sciando a Machno piena libertà di muoversi con l’esercito.

Al talento di Machno si presentava l’occasione di una pro-va grandissima. Sembrava del tutto impossibile sfuggire a quel-la massa di truppe che da tutti i lati cercava di agganciare ilgruppo machnovista.

Tremila combattenti rivoluzionari erano circondati da unesercito di 150.000 uomini. Machno non perse il coraggio nep-pure un momento e iniziò contro quelle truppe una eroica lot-ta a corpo a corpo. Serrato d’ogni parte dalle divisioni rosse,riuscì a passare come un titano leggendario battendo e respin-gendo i nemici a destra e a sinistra, di dietro e di fronte.

Sconfitti alcuni gruppi dell’armata rossa e fatti prigionie-ri più di 20.000 uomini, Machno, quasi non volesse vedere nul-la innanzi a sé, marciò verso est, su Iuzovka, dove, come lo ave-vano prevenuto gli operai della zona, si trovò dinnanzi una com-patta linea di difesa nemica; allora serrò improvvisamente ver-so ovest e avanzò per vie fantastiche, note a lui solo.

Abbandonate le strade, l’esercito marciò per centinaia diverste sui campi di neve, guidato dalla stupefacente capacità diorientarsi su quel deserto bianco, propria di Machno. Questatattica permise all’esercito machnovista di sfuggire a centinaiadi cannoni e di mitragliatrici che lo circondavano e nelcontempo di battere, nella zona di Cherson, presso il villaggiodi Petrovo, due brigate della prima armata di cavalleria che ri-tenevano Machno lontano più di cento verste. La lotta si pro-trasse per alcuni mesi in mezzo a combattimenti continui, digiorno e di notte. Nella provincia di Kiev l’esercito machnovistacapitò nel periodo in cui la neve si ghiaccia al suolo e in unazona così sconnessa e irta di rocce che dovette abbandonare tut-

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ta l’artiglieria, le vettovaglie e quasi tutti i carri. In questo stessotempo alla massa di truppe che dipendevano da Machno, si ag-giunsero inaspettatamente anche due divisioni di cavalleria ros-sa, che si trovavano al confine occidentale. Tutte le strade era-no tagliate. Il luogo era una tomba: rocce e ripidi borri, coperti dighiaccio. Muoversi era possibile soltanto in modo estremamen-te lento. Da tutte le parti fuoco ininterrotto d’artiglieria e dimitragliatrici. Nessuno vedeva via d’uscita e di salvezza, ma nes-suno voleva fuggire ignominiosamente. Decisero di morire tut-ti insieme, l’uno accanto all’altro.

Era tremendamente doloroso vedere quel pugno di in-sorti, serrati dalle rocce, dal cielo e dal fuoco nemico, entu-siasticamente decisi a battersi fino all’ultimo, pure già votati allamorte. Il dolore, la disperazione e una tristezza strana ti afferra-vano. Si voleva gridare a tutto il mondo che lì veniva compiutoun delitto immane, che lì periva quanto di più puro c’era in unpopolo, tutto quello che un popolo può dare di sé nei momentipiù eroici.

Machno uscì con onore dalla prova. Raggiunse la Galizia,salì verso Kiev, quindi tornò attraverso il Dnepr, si ritirò nellazona di Poltava e di Charkov, risalì a nord verso Kursk e, passatala ferrovia fra Kursk e Belgorod, si trovò in una situazione nuo-va e più facile, lasciate dietro di sé, lontane, le numerose divisio-ni rosse di cavalleria e di fanteria.

Ma la lotta eroica del gruppo machnovista contro le ar-mate dello stato bolscevico non era ancor finita. Il comandosovietico faceva ogni sforzo per afferrare e distruggere del tuttoil germe vitale del machnovismo, da ogni parte d’Ucraina rac-cogliendo e lanciando contro Machno le sue numerose divisio-ni di fanti e cavalieri. Il cerchio di fuoco si serrava sempre piùstretto intorno agli eroici rivoluzionari e così ricominciava lalotta mortale. In una lettera a un amico Machno descrisse lafine di questo commovente ed eroico episodio della storia delmachnovismo con le parole seguenti : «Due giorni dopo che tu eripartito, mio caro, presi la città di Korocia nella provincia di Kursk,pubblicai alcune migliaia di esemplari delle «tesi sui liberi consigli» esubito dopo, attraverso Varpniarka e la zona del Don, mi diressi verso ilterritorio di Ekaterinoslav e la Tauride. Dovevo combattere quotidia-namente e accanitamente, da una parte contro i reparti di fanteria deicomunisti bolscevichi, che seguivano le nostre tracce, dall’altra controla seconda armata a cavallo, che dal comando bolscevico era stata lan-ciata proprio contro di me. Ma tu conosci bene la nostra cavalleria, edavanti a lei quella bolscevica, senza l’aiuto della fanteria e delle

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autoblinde, non ha mai resistito. Così, seppure con grandi perdite, riu-scii ad aprirmi un varco, senza dover cambiare direzione di marcia. Ilnostro esercito mostrava ogni giorno di più di essere un esercito rivolu-zionario veramente popolare: data la situazione, logicamente avrebbedovuto sciogliersi; invece gli uomini aumentavano e aumentava e mi-gliorava l’equipaggiamento.

In uno dei numerosi e duri combattimenti di questa marcia ilnostro reggimento speciale di cavalleria perse più di 30 uomini, di cuila metà comandanti. Tra di essi c’era anche un nostro valoroso e buonamico, Gavriuscia Troian, comandante di quel reggimento, giovaned’età ma vecchio eroico combattente. Una pallottola lo stese al suolo.Insieme a lui morirono Apollon e molti altri valorosi e fedeli compagni.

Senza raggiungere Guliai-Pole incontrammo forze nostre, nume-rose e fresche, al comando di Brova e Parchomenko; inoltre passò dallanostra parte la prima brigata della 4ª divisione dell’armata a cavallodi Budionny, con il suo comandante Maslak. Così la lotta contro l’au-torità e l’arbitrio dei bolscevichi scoppiò ancora più aspra.

Nei primi giorni di marzo Brova e Maslak furono allontanatidal grosso dell’esercito che si trovava con me, messi a capo di un gruppodistaccato, detto gruppo del Don, e inviati verso il Don e il Kuban.Anche il gruppo di Parchomenho fu separato da me e mandato nellaregione di Voronezh (ora Parchomenko è stato ucciso, a capo del gruppoè restato un anarchico di Ciuguev). Inoltre fu staccato e inviato nellazona di Charkov un gruppo formato da circa 600 cavalieri e dal reggi-mento di fanteria di Ivaniuk.

Frattanto Vdovicenko, il nostro miglior compagno rivoluzionario,era stato ferito in un combattimento; perciò, accompagnato da alcunialtri, dovette recarsi presso Novospasovka per farsi curare. Là furonoraggiunti da una squadra di punizione bolscevica: nella mischiaVdovicenko e Matrosenko, dopo estrema difesa, si spararono. Matrosenkosi uccise mentre Vdovicenko si ferì alla testa, sotto il cervelletto. Quandoi comunisti lo presero e lo riconobbero, lo soccorsero prontamente, riu-scendo a salvarlo dalla morte. Io ebbi sue notizie poco dopo questo fatto.Era in un ospedale di Aleksandrovsk e mi pregava di strapparlo di là inqualsiasi modo. Lo tormentavano atrocemente, proponendogli di rinne-gare il machnovismo firmando una dichiarazione scritta da loro. Edegli con disprezzo la rifiutava, quantunque potesse appena parlare; cosìfu di nuovo sul punto di essere fucilato; ma se ciò sia avvenuto o no,non mi è riuscito di sapere.

In questo torno di tempo feci una marcia oltre il Dnepr versoNikolaev, donde tornai, riattraversai il fiume e passando sopra Perekopmi diressi verso la mia regione per incontrare qualcuno dei miei reparti.A Melitopol il comando comunista mi tese un’insidia. Indietro, sulla

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riva destra del Dnepr, non si poteva tornare: sul fiume si era già mossoil ghiaccio. Dovetti quindi mettermi in sella e dirigere personalmente lalotta. Contro un gruppo nemico evitai di combattere, l’altro con i mieireparti esploranti costrinsi a restare spiegato, in attesa della battaglia,per ventiquattro ore; nel frattempo feci una marcia di sessanta verste,battei all’alba dell’8 marzo il terzo gruppo dei bolscevichi, che era pressoil lago Molocny, e attraverso il corridoio tra questo lago e il Mar d’Azovuscii all’aperto nella zona di Verchni Tokmak. Di qui mandai Kurilenkonella regione di Berdiansk-Mariupol a guidarvi il movimento insurre-zionale, mentre io passando per Guliai-Pole mi recai nella zona diCernigov, dai contadini di molti distretti della quale mi era arrivatauna delegazione, a pregarmi di passare per la loro terra.

Durante la marcia il mio gruppo, cioè il gruppo di Petrenko,composto di 1500 cavalieri e di 2 reggimenti di fanteria, che si trovava-no presso di me, fu fermato e stretto da forti unità bolsceviche. Quiancora una volta mi toccò dirigere personalmente il contrattacco. E fuun successo. Il nemico sofferse una tremenda sconfitta: lasciò in manonostra un enorme numero di prigionieri, armi, cannoni, cavalli. Madue giorni dopo ci attaccarono nuove forze nemiche, fresche e numerose.I combattimenti quotidiani spingevano gli uomini a tanta temerità peramore della vita, che all’audacia e all’eroismo non erano più limiti. Inostri uomini si gettavano contro qualunque unità nemica al grido«vivere liberi o morire combattendo» e sempre riuscivano a porla infuga. In un contrattacco pazzo di audacia fui colpito a bruciapelo dauna pallottola che mi trapassò l’anca e l’intestino cieco, e caddi di sella.Ciò fu la causa della nostra ritirata, poiché uno di noi, ancora inesper-to, gridò attraverso il fronte: «Il nostro piccolo padre è stato ucciso!..»

Senza potermi fasciare mi trasportarono su di un carro, armatodi mitragliatrici, per una distanza di dodici verste, così che persi moltosangue. Incapace di reggermi in piedi, né di sollevare il busto, giacevoprivo di sensi, difeso e vegliato da Leva Zinkovski. Era il 14 marzo.Nella notte del 15 si radunarono intorno a me tutti i comandanti delnostro gruppo e i membri dello stato maggiore a capo del quale era Belash,e mi pregarono di firmare un ordine secondo il quale dei reparti di 100-200 combattenti sarebbero passati agli ordini di Kurilenko, Kozhin ealtri, i quali dirigevano in maniera autonoma il movimento in-surrezionale di determinate regioni. Quest’ordine aveva lo scopo di per-mettermi di andare con il reggimento speciale in una zona tranquilla,sino a quando fossi guarito e potessi rimettermi in sella. Firmai l’ordinee autorizzai Zabudlio a scegliersi un reparto leggero, adatto al combatti-mento, e ad agire indipendentemente in quella zona, pur senza perderecontatti con me. All’alba del 16 marzo le varie unità erano già partitesulle loro direzioni, all’infuori del reggimento speciale che restava presso

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di me. A questo punto fui attaccato dalla nona divisione di cavalleriache ci inseguì per 180 verste, durante 13 ore. Nel villaggio di Sloboda,sul litorale del mar d’Azov, cambiammo i cavalli e per 5 ore restammofermi per mangiare e dar da mangiare ai cavalli... All’alba del 17 mar-zo partimmo verso Novospasovka; dopo 17 verste ci imbattemmo in nuoveunità di cavalleria bolscevica, che avevano inseguito Kurilenko e neavevano perse le tracce, e che quindi ci attaccarono. Dopo averci inse-guiti per 25 verste, (avendo bisogno di riposo, quel giorno non poteva-mo combattere) cominciarono a stringerci più da vicino.

Che fare? Non potevo mettermi in sella, sul carro non riuscivo astar seduto, stavo sdraiato e vedevo che dietro di noi, a 80-100 metri,aveva luogo una carneficina indescrivibile. I nostri uomini morivanosolo per me, solo per non volermi abbandonare. Ma era evidente che larovina incombeva su di loro e su di me. Il nemico ci era superiore di 5 o6 volte, i suoi uomini erano freschi, arditi, audaci nell’attacco. Ed eccointorno al mio carro serrarono i mitraglieri, quelli che stavano con meanche quando c’eri tu. Erano 5 uomini comandati da Miscia del vil-laggio di Cernigovka, distretto di Berdiansk. Si afferravano al carro econgedandosi mi dicevano: «Padre, voi siete necessario agli interessidella nostra organizzazione contadina. Questa organizzazione ci è cara.Ora noi moriamo, ma con la nostra morte salviamo voi e tutti quelli checredono in voi e vi proteggeranno; non dimenticate di raccontare questoai nostri genitori». Qualcuno mi baciò, poi non vidi più nessuno intor-no a me. Leva Zinkovski mi trasportò a braccia dal mio carro su unacarretta da contadino che gli insorti si erano procurata (di un contadi-no che passava di lì in quel momento). Udivo soltanto il crepitio dellemitragliatrici e lo scoppio delle bombe, ché i mitraglieri sbarravano ilpasso ai bolscevichi. Marciammo per 3 o 4 verste, poi passammo unpiccolo corso d’acqua. Ma i mitraglieri morirono tutti.

Qualche tempo dopo tornammo sul luogo della battaglia e i con-tadini del villaggio di Starodubovka, distretto di Mariupol ci mostraro-no una tomba in cui avevano raccolto i nostri mitraglieri. Anche ora,al ricordo di quei semplici e onesti combattenti, non posso trattenere lelacrime. E debbo dirti, caro amico, che quella vista ebbe, non so come, ilpotere di sanarmi. La sera di quello stesso giorno ero di nuovo in sella elasciavo la regione.

In aprile presi contatti con tutti i miei reparti e a quelli vicini ame comandai di radunarsi nella zona di Poltava. Verso maggio concen-trai in quella zona i gruppi di Foma Kozhin e di Kurilenko. Erano intutto 2000 cavalieri e alcuni reggimenti di fanti. Decidemmo di avan-zare su Charkov per cacciare i nuovi padroni della terra, mandati dalpartito comunista bolscevico. Ma questi non dormivano. Inviarono con-tro di me più di 60 autoblindo, alcune divisioni di cavalleria e un’inte-

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ra armata di fanti. La battaglia contro queste unità durò alcune setti-mane. Un mese dopo, sempre nella zona di Poltava, cadde in combat-timento Shcius. Negli ultimi tempi era stato capo di stato maggiore delgruppo Zabudko e aveva lavorato bene, facendosi onore. Dopo un altromese morì Kurilenko. Con il suo gruppo proteggeva l’esercito, quandoattraversava una linea ferroviaria: disposti i reparti, restava con ilplotone di servizio per seguire personalmente i suoi uomini. La cavalle-ria di Budionny lo prese in un cascinale, dove fu ucciso. Il 18 maggio1921 l’armata di Budionny si spostò dalla regione di Ekaterinoslav aquella del Don per soffocare una rivolta contadina, condotta dai nostricompagni Brava e Maslah, già comandante costui della prima brigatadi una divisione di Budionny, passato quindi dalla nostra parte contutta la brigata.

Il nostro gruppo misto, al comando di Petrenko-Platonov, pressoil quale ero io e lo stato maggiore generale, si trovava a 15-20 verstedalla direzione di marcia dell’armata di Budionny. Questa circostanzasedusse Budionny, che sapeva bene che io stavo sempre con il gruppomisto. Perciò ordinò al comandante dell’auto-reparto n. 21, che in quelmomento muoveva verso il Don a soffocare la rivolta della massa conta-dina, di scaricare 16 autoblindo e di circondare i sobborghi del villag-gio di Novo Grigorievka (Stremennoe) – Budionny con reparti della 19ªdivisione di cavalleria – già divisione del servizio interno – per vietraverse giunse a Novo Grigorievka prima di quanto avesse supposto ilcomandante dell’auto-reparto, che aveva dovuto evitare corsi d’acqua elavine e disporre lungo il percorso autoblindo di guardia. L’occhio vigi-le dei nostri osservatori notò tutto questo in tempo utile e ci diede lapossibilità di prepararci, cosicché appena Budionny si avvicinò alle nostreposizioni, ci gettammo su di lui. E in un attimo Budyonni, che eravenuto avanti tutto superbo, abbandonò i compagni e si diede alla fuga.

Un quadro tremendo si aprì allora ai nostri occhi. I reparti rossiche ci erano venuti contro erano formati da truppe già appartenentialla difesa interna, non erano stati con noi sul fronte di Crimea e quin-di non ci conoscevano; era stato loro detto che andavano contro deibanditi, cosicché la loro fierezza era armata dall’orgoglio di non dovercedere a dei banditi

I nostri invece, si sentivano nel giusto e stimavano proprio dove-re batterli a qualunque costo e disarmarli.

La battaglia fu tale quali poche ve ne erano state prima. Essa fi-nì con la completa disfatta di Budionny con la decomposizione dellasua armata e con la fuga di molti uomini appartenenti all’esercito rosso.

Dopo questo fatto, formai un reparto di siberiani al comando delcompagno Glazunov, che equipaggiati di tutto punto furono mandatiin Siberia.

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Ai primi d’agosto del 1921 leggemmo sui giornali bolscevichi chequel reparto aveva fatto la sua apparizione nella provincia di Samara.Poi non ne sapemmo più nulla.

Tutta l’estate del 1921 la passammo combattendo.La siccità e lo scarso raccolto nelle province di Ekaterinoslav,

nella Tauride e in una parte di quelle di Cherson e di Poltava, comeanche sul Don, ci costrinsero a spostarci, un gruppo piegò verso il KubanTzaritzyn Saratov, un gruppo verso Kiev e Cernigov. In quest’ultimazona aveva continuato a combattere il compagno Kozhin. Quando ciincontrammo, egli mi consegnò numerosi documenti redatti dai conta-dini del luogo, che ci promettevano completo aiuto nella lotta per unalibera organizzazione sovietica.

Quindi con i gruppi di Zabudko e Petrenko, feci una puntatafino al Volga, poi un giro lungo tutto il Don e mi incontrai con molti deinostri reparti che legai fra loro e con il gruppo del Mar d’Azov (giàgruppo Vdovicenko).

All’inizio dell’agosto 1921 io ero gravemente ferito e in più partidel corpo: perciò decisero di portarmi all’estero insieme ad altri coman-danti, perché potessimo guarire.

In quel momento erano gravemente feriti anche i nostri miglioricapi, Kozhin, Petrenko, Zabudko...

Il 13 agosto 1921 con uno squadrone di cavalieri mi diressi ver-so le rive del Dnepr e il 16 dello stesso mese, all’alba, con l’aiuto di 17battelli da pesca usati dai contadini dei luogo, passai il fiume tra Orlike Kremenciug. Quel giorno fui ferito 6 volte ma non gravemente.

Lungo il nostro percorso e sulla riva destra del Dnepr incontrammomolti dei nostri reparti, ai quali spiegammo lo scopo per cui riparavamoall’estero; ci dissero unanimi: «andate, curate Machno e tornate adaiutarci…». Il 19 agosto, a 12 verste da Bobrintz, incontrammo la 7ªdivisione di cavalleria dell’Armata rossa, schierata lungo il fiumeInguletz. Ripiegare equivaleva alla nostra fine, poiché un reggimentodi cavalleria alla nostra destra ci aveva sentiti e si era affrettato a ta-gliarci la ritirata. Perciò io pregai Zinkovski di mettermi in sella. In unattimo, sguainate le sciabole, ci gettammo al grido di urrà contro leposizioni tenute dal distaccamento mitraglieri della 7ª divisione. Ciimpadronimmo di 13 «Maxim» e di 3 «Lewis», e proseguimmo. In que-sta tutta la divisione di cavalleria uscì dal villaggio di Nikolaevka edalle fattorie vicine e, ripreso animo, passò al contrattacco. Così fummoin mezzo alla mischia, senza tuttavia perdere coraggio. Battuto il 38ºreggimento della 7ª divisione di cavalleria e respintolo dalla nostra di-rezione di marcia, proseguimmo per 110 verste difendendoci dai conti-nui attacchi di quella divisione, alla quale in fine riuscimmo a sfuggiredopo aver perso 17 dei nostri migliori compagni.

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Il 22 agosto nuove noie per causa mia; un proiettile mi colpìsotto la nuca da destra e mi uscì dalla guancia. Fui di nuovo costrettoa star sdraiato su di un carro. Ma questo affrettò la nostra marcia. Il26 dovemmo ancora combattere con i rossi, e qui morirono i nostri mi-gliori compagni e combattenti: Petrenko-Platonov e Ivaniuk. Cambiaidirezione di marcia e il 28 agosto 1921 passai il Nistro. Ero all’este-ro...».

La terza aggressione dei bolscevichi contro il machno-vismo fu contemporaneamente un assalto alla campagnaucraina. Volevano battere l’esercito machnovista e insieme strin-gere sotto la loro autorità tutta la massa contadina scontenta,per toglierle ogni possibilità di intraprendere qualsiasi motorivoluzionario e partigiano. L’armata rossa, numerosissima, li-bera dopo la disfatta di Vranghel, rendeva facile tale azione.Per i villaggi inquieti di quella indocile regione passarono ledivisioni rosse, massacrando i contadini traditi dai kulak. Quan-do, una settimana dopo il proditorio attacco bolscevico controGuliai-Pole, Machno rientrò nel villaggio, una folla di contadiniattorniò i machnovisti e raccontò addolorata che il giorno primai comunisti avevano fucilato più di 300 compaesani. Gli abitantidi Guliai-Pole avevano atteso ogni giorno l’arrivo dei machnovistidai quali si aspettavano la salvezza di quegli infelici.

Di eguale massacro seppero i machnovisti alcuni giornidopo nel villaggio di Novospasovka. Qui la sezione per la cultu-ra e l’educazione e il consiglio degli insorti vennero a conosce-re di casi in cui gli agenti della Ceka, ebbri di sangue, costrinse-ro le madri a prendere in braccio i bambini lattanti, per abbat-terli con una sola scarica. Così fu ad esempio con la moglie e ilfiglio di un vecchio partigiano di Novospasovka, di nome Martyn.Il bambino fu ucciso, mentre la madre, appena ferita, rimaseviva senza che gli agenti della Ceka se ne accorgessero. Di que-sti casi ve ne furono non pochi. Ne parlerà la storia. Simili mas-sacri di contadini furono compiuti dai bolscevichi anche neivillaggi di M. Tokmacka, Uspenovka, Pologhi ecc.

Questa spedizione punitiva fu guidata da Frunze, coman-dante delle armate del fronte sud.

«Con il machnovismo bisogna farla finita in quattro e quat-tr’otto», scrisse Frunze in un ordine alle armate del fronte sud,all’inizio della spedizione. E da vero militare, invaso dal biso-gno di distinguersi avanti alla autorità, si gettò nella campagnaucraina a spada sguainata, seminando ovunque la morte.

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CAPITOLO XI

PORTATA E SIGNIFICATO DELLE NAZIONALITÀNEL MOVIMENTO MACHNOVISTA

LA QUESTIONE EBRAICA

Tutto quanto è stato detto sul machnovismo mostra cheesso è un movimento di contadini e di operai agente dal basso,e che la sua caratteristica fondamentale è la tendenza ad affer-mare la libertà del lavoro con la vita rivoluzionaria e spontaneadelle masse.

Sin dai suoi primi giorni il movimento raccolse la massapovera di tutte le nazionalità che abitavano la regione. La stra-grande maggioranza era costituita, naturalmente, da contadiniucraini. Il 6-8 % erano contadini e lavoratori della Russia Gran-de. Quindi venivano greci, ebrei, cosacchi e poveri di altre na-zionalità. Le popolazioni greche e ebraiche, disseminate sul li-torale del Mar d’Azov, erano in continuo rapporto con il movi-mento. Dai greci vennero alcuni dei migliori comandanti rivo-luzionari e sino all’ultimo momento vi furono nell’esercito re-parti speciali, costituiti soltanto da greci.

Fatto dalla povera gente, saldato dalla unità delle maniincallite, il movimento fu subito pregno di quel profondo spi-rito di fratellanza internazionale, proprio soltanto dei lavorato-ri che hanno molto sofferto. Nella sua storia non c’è stato unsolo momento in cui abbia seguito una insegna nazionalistica.Tutta la lotta dei machnovisti contro il bolscevismo fu condottasoltanto per la difesa dei diritti e degli interessi del lavoro. Idenikiniani, gli austro-germanici, i petliuristi, le truppe da sbar-co francesi (a Berdiansk), i seguaci di Vranghel furono conside-rati dai machnovisti anzitutto come nemici della classe lavora-trice. In ogni invasione straniera i machnovisti videro soprattut-to una minaccia ai lavoratori e non si interessarono per nulladella bandiera nazionale che copriva l’invasione stessa.

Nella «Dichiarazione», edita dal consiglio militare rivo-luzionario dell’esercito nell’ottobre 1919, al capitolo che tratta

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il problema delle nazionalità, i machnovisti scrivono:«Per quanto riguarda l’indipendenza dell’ Ucraina, noi la con-

cepiamo non come autonomia nazionale, secondo le intenzioni deipetliuristi, ma come indipendenza sociale del lavoro degli operai e con-tadini. Noi riconosciamo e difendiamo il diritto del popolo lavoratoreucraino (come di qualsiasi altro) a disporre di se stesso, non come na-zione, ma come unione di lavoratori».

Intorno al problema della lingua da adottarsi nelle scuo-le, i machnovisti scrivevano:

«Alla sezione dell’esercito machnovista addetta alla cultura e al-l’educazione giungono numerose domande da parte del personale inse-gnante, tendenti a conoscere quale lingua si debba ora usare nelle scuo-le (in relazione alla cacciata dei denikiniani). Insorti rivoluzionari,fedeli ai principi del vero socialismo, noi non possiamo in alcun campoe in alcun modo forzare le esigenze naturali del popolo ucraino. Perciò ilproblema della lingua da adottarsi nell’insegnamento non può esseredeciso dal nostro esercito, ma unicamente dal popolo stesso, cioè daigenitori, dagli insegnanti, dagli allievi.

Resta quindi inteso che tutte le disposizioni della cosidetta “Deli-berazione Speciale” emanata dai denikiniani, come pure l’ordine n. 22del generale Mai-Maevski, i quali vietano l’uso della lingua maternanelle scuole, sono annullati, essendo stati imposti alle nostre scuole me-diante la forza. Nell’interesse dello sviluppo morale del popolo, la lin-gua da adottarsi nelle scuole deve essere quella alla quale è naturalmen-te portata la popolazione locale, cioè insegnanti, allievi e genitori; quin-di non una autorità né un esercito, ma la popolazione stessa deve deci-dere della questione, liberamente e indipendentemente.

La sezione dell’esercito machnovistaaddetta alla cultura e all’educazione.

(«La via della libertà» n. 10, 18 ottobre 1919)».

Abbiamo visto che i pregiudizi nazionali non potevanotrovar luogo nel movimento machnovista. E neppure i pregiu-dizi religiosi potevano entrarvi. Movimento rivoluzionario del-la massa povera delle città e delle campagne, il machnovismofu nemico dichiarato di ogni religione e di ogni divinità. Fra imovimenti sociali contemporanei è stato uno dei pochi in cuinon ci si interessasse affatto né della propria né dell’altruinazionalità, né della propria né dell’altrui religione, mentresoprattutto erano rispettate l’opera e la libertà del lavoratore.

Comunque quelli che odiavano il movimento, cercaronodi screditarlo proprio in questo campo. La stampa tanto russa

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quanto straniera parlò spesso del machnovismo come di un ef-fimero movimento partigiano, estraneo agli ideali di una fra-terna solidarietà internazionale e infetto dal virus dell’antise-mitismo. Nulla di più criminale di simili invenzioni. A chiari-mento di questo lato del problema riferiremo quindi alcuni fat-ti concreti, molto significativi.

Nella vita dell’esercito machnovista ebbero non piccolaparte gli ebrei rivoluzionari, molti dei quali avevano sofferto ilavori forzati a seguito della rivoluzione del 1905 oppure eranovissuti all’estero, negli stati dell’Europa occidentale e in Ame-rica. Di essi citeremo almeno i seguenti:

Kogan – vice-presidente del supremo organo del movi-mento: il consiglio militare rivoluzionario della regione di Gu-liai-Pole. Operaio. Ma ancora prima della rivoluzione del ’17aveva per motivi privati lasciato l’officina ed era entrato in unacolonia di poverissimi contadini ebrei. Ferito in un combatti-mento con i denikiniani presso Uman, fu da loro fatto prigio-niero in un ospedale di quella città, e per quanto si seppe, ucciso.

L. Zinkovski (Zadov) – capo del servizio di controspionaggiodell’esercito machnovista, quindi comandante del reggimentospeciale di cavalleria. Operaio. Prima della rivoluzione avevapassato più di 10 anni ai lavori forzati, a causa della sua attivitàpolitica. Uno degli elementi più attivi del movimento insurre-zionale rivoluzionario.

Elena Keller – segretaria della sezione dell’esercito addettaalla cultura e all’educazione, membro del movimento sindacaleoperaio d’ America. Operaia. Partecipò alla organizzazione dellaconfederazione «L’Allarme».

Iosif Emigrant (Gotman) – membro della sezione dell’e-sercito addetta alla cultura e all’educazione. Operaio. Uno deimembri più attivi del movimento anarchico in Ucraina. Unodegli organizzatori e membro del segretariato della confedera-zione «L’Allarme».

Ia Aly (Suchovolski) – operaio. Membro della sezione del-l’esercito addetta alla cultura e all’educazione. Era stato ai lavo-ri forzati per ragioni politiche. Uno degli organizzatori e mem-bro del segretariato della confederazione «L’Allarme».

Questo elenco di ebrei rivoluzionari, che parteciparonoin diversi modi al movimento machnovista, potrebbe essere ric-co di molti altri nomi; non lo facciamo per necessità di segre-tezza.

Al movimento insurrezionale rivoluzionario la popolazio-ne ebraica lavoratrice partecipò attivamente e in modo vera-

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mente fraterno.Le colonie di lavoratori ebrei, numerose nei distretti di

Mariupol, Berdiansk, Aleksandrovsk ecc., presero parte moltoattiva alle assemblee locali dei contadini, degli operai e degliinsorti, ed ebbero i loro rappresentanti non solo in quelle, maanche nel consiglio militare rivoluzionario della regione.

Nel febbraio del 1919, essendosi verificati casi di antisemi-tismo, Machno propose a tutte le colonie ebraiche di organiz-zarsi a difesa e allo scopo distribuì loro un’idonea quantità difucili e di munizioni.

In quello stesso tempo organizzò e tenne una serie di in-contri in tutto il paese, nei quali spronò le masse a combatterela piaga dell’antisemitismo.

A sua volta la popolazione lavoratrice ebraica si volse almovimento insurrezionale rivoluzionario con un profondo sensodi solidarietà e di unità rivoluzionaria. All’appello cui il consi-glio militare rivoluzionario invitava la popolazione a colmare ivuoti dell’esercito machnovista inviando volontari, le colonieebraiche diedero un gran numero di combattenti.

Nell’esercito machnovista c’era una batteria speciale, ser-vita da artiglieri ebrei, che aveva a sua difesa una mezza com-pagnia pure di ebrei. Nel giugno del 1919 questa batteria, guidatadall’ ebreo Shneider, difese eroicamente Guliai-Pole dagli assaltidei denikiniani, finché, sparato l’ultimo colpo, fu interamente di-strutta.

Durante i grandi moti del 1918-19 è probabile vi sianostati individui isolati affetti da sentimenti antisemiti; tuttavia nonpossono considerarsi un prodotto del movimento insurrezio-nale, bensì della comune e generale situazione russa, e d’altraparte non ebbero alcun peso sull’insieme del movimento. Equando trascesero ad azioni concrete, caddero sotto la manosevera dei rivoluzionari.

Abbiamo già detto come Grigoriev e tutto il suo stato mag-giore furono abbattuti dai colpi energici dei machnovisti e ab-biamo mostrato che una delle principali ragioni di quella con-danna fu il fatto che Grigoriev avesse partecipato a pogrom antiebraici.

Vogliamo citare altri casi, che toccano questo problema eche ci sono noti.

Il 12 maggio 1919, nella colonia agricola ebraica Gorki,del distretto di Aleksandrovsk, furono trucidate alcune fami-glie, complessivamente circa 20 persone. A indagare sul fatto lostato maggiore machnovista nominò immediatamente una

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commissione, la quale stabilì che ne erano autori sette contadi-ni del vicino villaggio di Uspenovka. Questi contadini non face-vano parte dell’esercito degli insorti. Comunque i machnovistiritennero impossibile lasciarli impuniti e, presi, li fucilaronoimmediatamente. In seguito si seppe che quel fatto con altritentativi del genere era da collegarsi all’azione di repartidenikiniani penetrati nella zona di Guliai-Pole, che in tal modovolevano preparare un terreno favorevole all’attacco generaledel loro esercito contro l’Ucraina.

Il 4 o 5 maggio 1919 Machno con altri comandanti vennedal fronte a Guliai-Pole dove lo attendevano il plenipotenziariodella repubblica, L. Kamenev e alcuni membri del governo diCharkov. Alla stazione di Verchui Tokmak vide un manifesto sucui era scritto: «Morte ai giudei, salviamo la rivoluzione, viva il pa-dre Machno».

«Chi ha affisso quel manifesto?» chiese Machno.Risultò che il manifesto era stato affisso da un partigiano,

conosciuto personalmente da Machno, che aveva partecipatoalla lotta contro Denikin e che, in fondo, non era un uomocattivo. Pure fu preso e fucilato immediatamente. Machno pro-seguì per Guliai-Pole. Ma per tutto quel giorno, mentre trattavacon gli inviati della repubblica restò sotto l’impressione di queldoloroso incidente. Sapeva di essere stato crudele con quel parti-giano, ma contemporaneamente vedeva che quei manifesti, inun momento in cui il fronte era premuto dall’attacco di Deni-kin, potevano essere di grande danno alla popolazione ebraicae di pregiudizio alla rivoluzione stessa, se contro di essi non sifosse agito subito e con decisione.

Durante la ritirata su Uman, nell’estate del 1919, si veri-ficarono casi di saccheggio di beni appartenenti a famiglie ebrai-che per opera dei partigiani. Quando gli insorti indagarono suquesti fatti scopersero che responsabile era sempre lo stessogruppo di quattro o cinque uomini. Venivano dai reparti diGrigoriev ed erano entrati nell’esercito machnovista dopo l’uc-cisione del loro capo. Questo gruppo, appena scoperto, fu li-quidato; quindi furono allontanati dall’esercito tutti i militantiche avevano appartenuto ai ranghi di Grigoriev: furono consi-derati elementi privi di basi ideologiche, alla cui rieducazionemancavano e condizioni e tempo. Abbiamo così descritto la po-sizione dei machnovisti nei confronti dell’antisemitismo. Le e-splosioni di antisemitismo che ebbero luogo nelle varie partidell’Ucraina non ebbero alcun rapporto con il machnovismo.

Dove la polazione ebraica ebbe contatti con i machnovisti,

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in loro trovò i migliori difensori contro gli attacchi dell’anti-semitismo.

La popolazione ebraica di Guliai-Pole, Aleksandrovsk, Ber-diansk, Mariupol e di tutte le colonie agricole sparse nel bacinodel Donetz, può testimoniare nel modo più chiaro di aver avutonei machnovisti dei costanti amici rivoluzionari; e grazie alleloro azioni severe e decise, in quella regione, i tentativi antise-mitici delle forze controrivoluzionarie furono sempre troncati allaradice. L’antisemitismo esiste in Russia come in molti altri pae-si. In Russia, specialmente in Ucraina, non è il prodotto diun’epoca rivoluzionaria e di un movimento insurrezionale, maun retaggio del passato. E i machnovisti lo combatterono sem-pre decisamente, con le parole e con i fatti.

Numerose furono le pubblicazioni che invitavano le mas-se a lottare contro quella piaga. Possiamo affermare con orgo-glio che per la lotta contro l’antisemitismo in Ucraina e oltre isuoi confini i machnovisti fecero un lavoro immenso. Abbiamosotto mano un proclama, edito dai machnovisti e dagli anarchi-ci in occasione di manifestazioni antisemitiche nella primaveradel 1919, indubbiamente legate all’inizio dell’offensiva genera-le di Denikin contro la rivoluzione; eccone il testo, con qualcheomissione:

«AGLI OPERAI, AI CONTADINI, AGLI INSORTICON GLI OPPRESSI CONTRO GLI OPPRESSORI – SEMPRE!

Nei giorni duri della reazione, quando la posizione dei contadiniucraini pareva senza vie di uscita, voi per primi siete insorti, incrollabili,impavidi combattenti, per la liberazione delle masse lavoratrici...Fu ilmomento più bello e più felice nella storia della nostra rivoluzione, poi-ché voi marciaste contro il nemico con le armi in mano, rivoluzionaricoscienti, compresi di un grande ideale di libertà e di uguaglianza...Mapoi nelle vostre file cominciarono a insinuarsi elementi negativi e crimi-nali. Fra le canzoni rivoluzionarie, fra i canti fraterni che dicevanovicina la liberazione dei lavoratori, presero a risuonare i lamenti e legrida strazianti degli infelici ebrei, poveri e dimenticati...Dallo sfondopuro e lucente della rivoluzione vennero fuori le macchie scure eincancellabili del sangue dei poveri martiri ebrei, che a pro della reazio-ne, ora come prima, sono le vittime inutili e innocenti della lotta diclasse... Si compiono atti vergognosi. Hanno luogo pogrom di ebrei.Contadini operai rivoluzionari! Voi sapete in quale tremendo stato dipovertà vivano tutti i lavoratori di tutte le nazionalità: russi, ebrei,polacchi, tedeschi, armeni ecc. Sapete che migliaia di fanciulle ebree,figlie del popolo, sono comprate e disonorate dal capitale così come sono

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comprate le donne delle altre nazionalità. Sapete inoltre quanti ebreionesti e sinceri abbiano combattuto per la rivoluzione e siano morti perla libertà nel corso di tutto il nostro movimento di liberazione… Larivoluzione e l’onore dei lavoratori impegnano tutti noi a gridare forte,così che tremino tutte le forze oscure della nazione, che noi lottiamocontro il fronte unico del capitale e dell’autorità, che insieme opprimonoi lavoratori: siano russi, polacchi, ebrei ecc. Dobbiamo dichiarare a tut-ti che nostri nemici sono gli sfruttatori e gli oppressori di ogni nazione:il padrone russo, l’industriale tedesco, il banchiere ebreo, il latifondistapolacco... La borghesia di tutti i paesi e di tutte le nazioni si è unitanella lotta feroce contro la rivoluzione e contro le masse lavoratrici ditutto il mondo e di tutte le nazionalità.

Contadini, operai, partigiani! In questo momento in cui controla rivoluzione russa si è abbattuto il nemico internazionale costituitodalla borghesia di tutti i paesi, e semina fra le masse lavoratrici il vele-no del nazionalismo per infrangere la rivoluzione e far saltare le fonda-menta più profonde della nostra lotta di classe – la solidarietà e l’alle-anza di tutti i lavoratori – voi dovete opporvi fermamente ai contro-rivoluzionari coscienti e incoscienti che compromettono l’opera di libera-zione del popolo lavoratore dal capitale e dall’ autorità. Il vostro doveredi rivoluzionari è di soffocare sul nascere ogni velleità di lotta naziona-listica e di punire senza pietà i responsabili dei pogrom di ebrei.

La strada della liberazione dei lavoratori passa attraverso l’alle-anza dei lavoratori di tutto il mondo.

Viva l’internazionale del lavoro!Viva la comune anarchica, libera e antiautoritaria!

Il comitato esecutivo del consiglio militare rivoluzionario dellaregione di Guliai-Pole – Il gruppo anarchico «L’Allarme» di Guliai-Pole – Il comandante dell’esercito partigiano, MACHNO – Il coman-dante dello stato maggiore dell’esercito machnovista, B. VE-RETELNIKOV. Guliai-Pole, maggio 1919».

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ALLEGATO AL CAPITOLO 11°

«Ordine n.1 del comandante dell’esercito insurrezionale rivolu-zionario d’Ucraina, Machno.

A tutti i comandanti di reparti di fanteria: corpi d’armata, bri-gate, reggimenti, battaglioni, compagnie, plotoni, distaccamenti. A tut-ti i comandanti di reparti di cavalleria: brigate reggimenti squadroniplotoni. A tutti i comandanti di artiglieria: divisioni, batterie, sezioni.A tutti i capi di stato maggiore, a tutti i capi di guarnigione. A tutti gliinsorti rivoluzionari, nessuno escluso.

1° – È compito del nostro esercito rivoluzionario e di ogni suomembro lottare onestamente per la completa liberazione dei lavoratorid’Ucraina da qualsiasi schiavitù. Questo ogni partigiano è tenuto aricordare e quindi a impegnarsi perché fra noi non vi siano individuiche al riparo del movimento rivoluzionario mirino al guadagno perso-nale, al brigantaggio e al saccheggio dei beni della pacifica popolazioneebraica.

2° – Ogni partigiano rivoluzionario deve ricordare che i nemicisuoi e di tutto il popolo sono i membri della ricca classe borghese, indi-pendentemente dal fatto siano essi russi, ebrei ,ucraini ecc. I nemici delpopolo lavoratore sono anche coloro che difendono l’ingiusto ordine bor-ghese, cioè i commissari sovietici, i militi delle unità partecipanti a spe-dizioni punitive, gli agenti della Ceka, che vanno nelle città e nei vil-laggi a torturare il popolo lavoratore che non vuole sottomettersi allaloro dittatura e al loro arbitrio.

Tutti quelli che appartengono a reparti addetti a spedizioni pu-nitive, gli agenti della Ceka, i membri degli altri organi di asservimentoe di oppressione del popolo, debbono essere fermati da ogni partigiano einviati allo stato maggiore dell’esercito; qualora oppongano resistenzasiano fucilati sul posto. Colui che si renderà colpevole di violenza aipacifici lavoratori, a qualsiasi nazionalità essi appartengano, sarà pu-nito con la morte infamante, indegna di un rivoluzionario.

3°– Le requisizioni, le confische arbitrarie, i cambi di cavalli e dicarri presso i contadini, operati senza l’autorizzazione scritta del coman-dante dei servizi, sono vietati e i responsabili saranno puniti severa-mente. Ogni partigiano sappia che le requisizioni arbitrarie attiranonelle file dell’esercito insurrezionale i peggiori teppisti; quelli che hannoper solo scopo il guadagno e cercano la possibilità di compiere, nel nomerivoluzionario, azioni abbiette e disonoranti il movimento di liberazione.

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Invito tutti i partigiani a vegliare da sé all’ordine e all’onore delnostro esercito insurrezionale veramente rivoluzionario, e a combatterecontro ogni ingiustizia tanto in mezzo a noi quanto nei confronti delpopolo lavoratore che noi difendiamo. Non può esservi ingiustizia tranoi. Non possiamo offendere nessun uomo, nessuna donna del popololavoratore, poiché è per quel popolo che noi combattiamo. Il militanteche lo permetta si copre d’infamia e merita il castigo dell’esercito rivolu-zionario popolare.

4° – Nell’interesse della rivoluzione e di una giusta lotta per inostri ideali è necessaria, in tutti i reparti, la più seria e cameratescadisciplina. Sono necessari completo rispetto e ubbidienza, nei rapportimilitari, ai comandanti che ci siamo scelti. Questo esige l’importanzadel grave compito assunto, compito che noi condurremo a termine cononore, che rovineremmo se non ci fosse disciplina. Perciò ritengo doveredi tutti i comandanti di reparto introdurre, con la cooperazione deipartigiani, la disciplina più rigida tanto nei rapporti interni quantonell’azione.

5°– L’ubriachezza è da considerarsi delitto. Delitto ancora piùgrave è per un militante dell’esercito rivoluzionario, mostrarsi ubriacoin istrada.

6°– Quando un militante si trasferisce da un villaggio all’altrodeve essere in pieno assetto militare. I rapporti verso la popolazione civi-le, sulle strade e negli abitati, debbono essere innanzitutto urbani e came-rateschi. Ricordate, compagni comandanti e partigiani, che noi siamofigli del grande popolo lavoratore, che ogni lavoratore, ogni lavoratrice,sono un fratello, una sorella per noi. L’opera per cui combattiamo èimmensa ed esige resistenza, magnanimità, amore fraterno, onorerivoluzionario. Quindi invito tutti gli insorti rivoluzionari a essere sin-ceri amici del popolo e veri figli della rivoluzione. In questo è la nostraforza, questo è il pegno della nostra vittoria.

Il comandante dell’esercito insurrezionalerivoluzionano d’Ucraina, MACHNO.Dobrovelickovka, provincia di Cherson, 5 agosto 1919».

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CAPITOLO XII

LA PERSONALITÀ DI MACHNOBREVI NOTIZIE SU ALCUNI ESPONENTI

DEL MOVIMENTO

Il Machnovismo è un movimento rivoluzionario prodottodalle condizioni storiche che hanno determinato la vita deglistrati più poveri fra le masse contadine russe. Con o senzaMachno, il movimento sarebbe inevitabilmente venuto alla lucedall’intimo del popolo e avrebbe assunto una forma propria.Sin dai primi giorni della rivoluzione il movimento nasceva dalcuore del popolo nelle più diverse regioni della Russia. Se nonfosse apparso in Ucraina, avrebbe dovuto inevitabilmente emer-gere in altro luogo e prendervi i suoi diritti. Era la rivoluzionerussa che lo portava in seno. La situazione ucraina del 1918 loaiutò a balzare fuori come vasto torrente e a crescere sino a unacerta misura.

Movimento storico radicato nell’intimo del popolo, findal primo istante fece emergere una numerosa serie di uominiprima sconosciuti, pieni di coraggio, d’istinto rivoluzionario digrandi capacità strategiche. Come, sin dall’inizio del movimen-to, Kalashnikov, i fratelli Karetnik, Vasilevski, Marcenko, Vdo-vicenko, Kurilenko, Gavrilenko, Petrenko, Belash Shcius, Ivane Alessandro Lepetcenko, Isidoro Liuty, Veretelnkov, Ciuben-ko, Tychenko, i fratelli Danilov, L. Zinkovski, Krat, Sereghin,Taranovski, Puzanov, Troian, e moltissimi altri meno noti. Tutticostoro furono l’avanguardia del movimento machnovista, al-fieri e ottime guide. Inoltre il movimento creò un condottierodegno di sé nella persona di Nestor Machno.

Conosciamo Machno nei tre periodi della sua evoluzio-ne. Il primo è quello di Machno giovane rivoluzionario, chiusonella prigione di Mosca. In prigione non si distingueva daglialtri per nulla di particolare; viveva come tutti, portava i ferri aipiedi, pativa la cella di segregazione, si alzava ai controlli. L’u-nica cosa che traesse l’attenzione su di lui era la sua irrequie-

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tezza. Discuteva continuamente, poneva problemi a tutti, inon-dava la prigione coi suoi scritti. Scrivere di argomenti politici erivoluzionari era la sua passione. Inoltre, in prigione, amavacomporre versi e in tale genere aveva miglior successo che inprosa.

A quel tempo amava molto esser chiamato anarchico, rite-nendo che non vi è nulla di più alto dell’ideale anarchico. Du-rante la guerra imperialistica rimase del tutto estraneo a quel-l’entusiasmo patriottico di cui, a dire il vero, sofferse una buo-na metà dei condannati politici. I proclami di Kropotkin, chesosteneva una delle due parti combattenti, lo afflissero tremen-damente, ma non lo mossero dalla sua posizione.

Il secondo periodo della vita di Machno va dal primo mar-zo 1917 all’estate 1918. Durante questo tempo Machno svolseuna fervida attività rivoluzionaria nella regione di Guliai-Pole. Isindacati operai, le leghe contadine, il primo consiglio di ope-rai e contadini di Guliai-Pole, furono il risultato del lavoro co-stante di Machno durante tutto il 1917. Così si conquistò unagrandissima popolarità fra i contadini del luogo; tuttavia nellasituazione generale della Russia, mentre la rivoluzione mettevain luce moltissimi uomini straordinari, egli non si era ancoradistinto per una sua azione particolare. Comunque una notanuova già traspariva dal suo carattere: spesso si isolava dai com-pagni con cui era in relazione e, in modo inatteso per loro,prendeva decisioni rapide e importanti per la sua vita.

Il terzo periodo, infine, costituito dalla sua partecipazio-ne al movimento insurrezionale rivoluzionario, dal tempo del-lo hetman sino alla fine.

Indubbiamente il terreno della lotta delle masse contadi-ne e quello dell’azione militare rivoluzionaria erano i luoghi incui egli si trovava veramente a suo agio.

Nella primavera del 1919, quando per la prima volta po-temmo osservarlo nel nuovo ambiente come capo del movimen-to insurrezionale rivoluzionario, era già uomo completamentenuovo, trasfigurato.

Benché esteriormente fosse rimasto uguale, dentro eranato un altro uomo. Era tutto preso dal calore del suo compito.In tutti i suoi movimenti erano evidenti intelligenza, forza divolontà, chiarezza di idee. Allora era tutto occupato dal frontesud, contro i denikiniani. L’energia che manifestò in quell’a-zione fu immensa. Per intere settimane, per mesi interi restavaal fronte notte e giorno, generalmente in prima fila, a fiancodegli altri combattenti. Quando tornava a Guliai-Pole passava il

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tempo a lavorare con lo stato maggiore e questo lavoro si pro-lungava quasi sempre sino alle ore più tarde della notte. Soltan-to dopo averlo terminato, Machno si concedeva un po’ di ri-poso. La mattina alle sei era già in giro per Guliai-Pole e battevaalle finestre delle case, dove i membri dello stato maggiore dor-mivano ancora. Inoltre partecipava ogni giorno ai meeting ealle assemblee, sia di Guliai-Pole che dei villaggi vicini. Con-temporaneamente trovava un’ora libera per assistere a una fe-sta nuziale, cui era stato invitato due o tre settimane prima. Coicontadini manteneva i rapporti precedenti da contadino a con-tadino, era attento ai loro problemi e viveva con la stessa sem-plicità loro.

In Ucraina circola fra i contadini e gli operai una quanti-tà di leggende su Machno, che lo rappresentano straor-dinariamente coraggioso, astuto, intelligente e sempre vincito-re. In realtà a seguire Machno e a studiarne le gesta, ci si con-vince che egli è più leggendario di tutte le sue leggende.

Machno è un uomo che ha agito nella storia. I tre anni del-la sua lotta rivoluzionaria sono pieni di continue azioni, unapiù bella dell’altra. La caratteristica centrale della personalitàdi Machno è la enorme forza di volontà. Pareva che questo pic-colo uomo fosse composto di una materia speciale estremamentesolida. Nessun ostacolo lo fermava, una volta che avesse decisodi superarlo. Nei momenti più gravi, quando il fronte si sfascia-va o quando davanti ai suoi occhi cadevano gli amici migliori,restava impassibile, quasi che ciò che vedeva non lo toccasseaffatto. In realtà ne soffriva più degli altri, ma non lasciava tra-sparire il suo dolore. Quando i bolscevichi, dopo la rottura del-l’accordo politico-militare nel novembre-dicembre 1920, sa-pendo con chi avevano a che fare e volendo evitare gli errori ditutta l’estate precedente, gli gettarono contro quattro armate,Machno si venne a trovare in una situazione catastrofica. Tutta-via non perse un solo istante il suo normale equilibrio. La suacalma era davvero stupefacente: non prestava alcuna attenzio-ne alle migliaia di proiettili che facevano a pezzi gli insorti, néal pericolo di essere schiacchiato da un momento all’altro fra lepotenti armate dei rossi. A un osservatore esterno questo suosangue freddo poteva apparire quello di un uomo psichicamentemalato. Ma soltanto a chi non lo conoscesse. Quelli che lo co-noscevano sapevano che la sua tranquillità era il continuo sforzodella volontà, tesa a vincere il nemico.

L’audacia di Machno è l’audacia dei veri eroi, non di queltipo di uomini che agiscono con decisione e con audacia dietro

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le spalle altrui e con le altrui mani. In tutte le azioni importantiMachno andava sempre avanti, a rischiare per prima la sua vita,sempre, sia che combattesse con un solo reggimento, sia chetutto l’esercito si mettesse in viaggio e occupasse una lunghezzadi 15-20 verste, Machno era sempre avanti, a cavallo quandoera sano, su una vettura leggera quando era ferito. Questa erauna norma senza eccezioni.

Nel campo militare aveva capacità straordinarie. Seppeuscire con onore dalle situazioni più gravi e più strane in cui levicende dell’Ucraina costrinsero lui e il suo esercito. La distru-zione delle divisioni denikiniane nella zona di Uman, divisionicomandate da generali sperimentati usciti dalle accademie, e laconseguente rovina di tutta la base dell’esercito di Denikin, sonomonumenti storici delle capacità militari di Machno. E di ope-re simili ne fece molte.

Per la sua concezione sociale e rivoluzionaria, Machno ècomunista anarchico. Egli è fanaticamente devoto alla sua classe,cioè alla massa dei contadini più miseri, schiavi privi di diritti.

L’intelligenza di Machno è un’intelligenza piena di astu-zia. Questa forma del suo ingegno, ricevuta dal popolo e cresciu-ta per i suoi continui rapporti con i contadini, è chiara in ognisua azione. Egli gode meritatamente della devozione e dell’amo-re non solo dell’esercito ma anche delle masse contadine. Daicontadini è tenuto uno dei loro, un uomo unico, individuo ecce-zionale. «Machno è uno dei nostri», dicevano gli insorti. «Sa berecon noi un bicchiere di vodka, sa fare un bel discorso, sa combattere frai primi...» In queste parole credo sia contenuta la migliore ca-ratterizzazione di Machno, quale figlio del popolo.

Il suo legame col popolo fu sempre puro e sincero. È dif-ficile trovare in Russia un uomo che abbia goduto di tanta po-polarità e di tanto caldo affetto da parte delle masse, quantoMachno. I contadini, in segreto, sono fieri di lui. Tuttavia nonsi valse mai di quell’amore per raffermare la sua posizione: anzispesso, con uno humor genuinamente ucraino, rideva della suaimportanza.

In Machno si sente la mano ferma e decisa del condottiero.Pur non essendo un autoritario per tendenza, nell’azione mo-strò sempre la durezza necessaria, senza con ciò introdurre nelmovimento alcuna forma di autoritarismo eccessivo e nel con-tempo evitando il pericolo della dispersione. È noto quante cri-tiche abbiano fatto i bolscevichi intorno al fatto che i contadinichiamavano Machno «piccolo padre». Nel capitolo terzo abbiamodetto in qual modo e per quali circostanze gli fosse stato dato

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questo soprannome. Dal 1920 presero a chiamarlo comu-nemente «il piccoletto», nome che gli veniva dalla sua bassa statu-ra e che fu trovato da uno degli insorti.

In Machno sono chiari i segni della personalità: intelli-genza, forza di volontà, audacia, energia, attività. Nell’insiemequeste doti formavano la grande figura di Machno e la facevanospiccare anche nell’ambiente rivoluzionario. Tuttavia mancavanoa Machno una sufficiente preparazione teorica, e sufficienti co-gnizioni storico-politiche. Quindi spesso non arrivava ad ampiecostruzioni rivoluzionarie, non riusciva a generalizzare i pro-blemi, non li vedeva neppure.

La vasta corrente del movimento insurrezionale rivoluzio-nario aveva bisogno di formule sociali e rivoluzionarie sue pro-prie. Machno, per mancanza di cognizioni teoriche era incapa-ce di esprimerle, e così, per la posizione che egli occupava, que-sto difetto si rifletteva in tutto il movimento.

Noi siamo del parere che, se Machno avesse possedutomaggiori cognizioni nei problemi storici e politico-sociali, ilmovimento insurrezionale rivoluzionario, in luogo di certe scon-fitte, avrebbe riportato una serie di eccellenti vittorie, che avreb-bero avuto un peso enorme, forse decisivo, sul destino di tuttala rivoluzione russa.

Nella persona di Machno c’era inoltre un particolare cheminava le sue qualità migliori: era una forma di abulia, di non-curanza, che di tempo in tempo riappariva. A volte dinanzi allesituazioni più gravi e più serie, quest’uomo, così pieno di ener-gia e di tenacia, mostrava improvvisamente i segni di una indo-lenza affatto intempestiva e non riusciva a porsi in istretto inte-grale rapporto con il compito che la situazione generale delmovimento richiedeva.

Così le vittorie machnoviste sui controrivoluzionari di De-nikin nell’autunno del 1919 non furono sfruttate al massimoné tramutate in una sola grande rivoluzione ucraina, quantun-que le circostanze vi fossero molto favorevoli. Cause di questoerrore furono, accanto ad altre diverse, l’eccessivo entusiasmoal momento della vittoria, nonché la calma e l’indolenza, concui i condottieri del movimento, Machno compreso, agirononelle regioni liberate, senza tenere nella dovuta considerazio-ne il bolscevismo che scendeva rapido dal nord.

Ma la personalità di Machno si formò e crebbe contempo-raneamente all’evolversi della rivoluzione russa. Ogni anno lasua mente si faceva più precisa. Nel 1921 era molto più profon-da che nel ’18-’19.

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Quando si considera la personalità di Machno non biso-gna dimenticare l’ambiente estremamente sfavorevole che locircondò da bambino: quasi completa assenza di istruzione ele-mentare e completa mancanza di esperienze e di direzioni pra-tiche nella lotta per la rivoluzione sociale. Tuttavia Machno com-pì azioni imperiture nella rivoluzione russa e la storia a buondiritto lo porrà fra gli uomini piu insigni di questa rivoluzione.

Quindi ci stupisce che la maggior parte degli anarchicirussi, che ambivano a una parte direttiva nel pensiero anarchi-co, non abbiano saputo vedere l’eccellenza delle qualitàfondamentali di Machno. Molti guardavano a lui attraverso lalente bolscevica, prestando fede a quanto affermavano gli agentidello stato, oppure dando grande peso a certi lati secondari delsuo carattere. A questo riguardo la migliore eccezione è rap-presentata da P. A. Kropotkin. «Riferite da parte mia al compagnoMachno di aver cura di sé, poiché di uomini come lui in Russia ce nesono pochi». Queste parole furono pronunciate da Kropotkin nelgiugno 1919, quando nella Russia centrale di Machno non siavevano che poche notizie e deformate.

La mente acuta di Kropotkin, a distanza e in base a fattiisolati, aveva riconosciuto in Machno una personalità di primopiano nella storia odierna.

BREVI CENNI SU ALCUNI ESPONENTI DEL MOVIMENTO

Vogliamo finire questo capitolo dando qualche notizia sualcuni degli elementi responsabili del movimento. Il materialebiografico che avevamo raccolto intorno a loro andò perso al-l’inizio del 1921, cosicché ora siamo costretti a qualche breve cen-no.

Semion Karetnik – Bracciante di Guliai-Pole. Istruzione: pri-ma elementare. Entrò nel movimento sin dall’inizio. Anarchicocomunista anche durante la rivoluzione del 1907. Eccellenti lesue capacità militari. Più volte ferito, mentre combatteva con-tro i denikiniani. A partire dal 1920 divenne il sostituto diMachno: come tale comandò l’armata di Crimea contro Vran-ghel. Membro del consiglio degli insorti rivoluzionari di Ucrai-na. Dopo la fine di Vranghel fu dalle autorità sovietiche invitatoa recarsi a Guliai-Pole per comunicazioni di carattere militare,ma preso a tradimento per via, venne fucilato a Melitopol. Halasciato moglie e figli.

Marcenko – Contadino di Guliai-Pole, di famiglia povera.Istruzione elementare incompiuta. Anarchico comunista dal

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1907. Uno dei primi partigiani della regione di Guliai-Pole. Fuprigioniero dei denikiniani e ferito più volte. Durante gli ultimidue anni fu comandante di tutta la cavalleria. Membro del con-siglio degli insorti rivoluzionari. Ucciso nel gennaio 1921, men-tre combatteva i rossi nella provincia di Poltava. Ha lasciato lamoglie.

Grigori Vasilevski – Contadino di Guliai-Pole, di famigliapovera. Istruzione elementare. Anarchico dal 1917. Entrò nelmovimento appena il movimento sorse. Amico personale diMachno e suo compagno in tutte le imprese. Sostituì Machnoin diversi affari importanti. Ucciso mentre combatteva le divi-sioni dei cosacchi rossi nella provincia di Kiev, nel dicembre1920. Ha lasciato moglie e figli.

R. Veretelnikov – Contadino di Guliai-Pole. Fonditore nellaofficina del paese quindi nelle officine Putilovski a Pietrogrado.Dapprima socialista rivoluzionario, quindi dal 1918 anarchico.Organizzatore e agitatore esperto. Prese parte attiva a tutte lefasi della rivoluzione russa. Nel 1918 tornò a Guliai-Pole, dovelavorando come agitatore si guadagnò vasta popolarità. Negliultimi tempi fu sostituto del comandante di stato maggiore del-l’esercito. Ai primi di giugno del 1919 quando i denikinianiirruppero nel cuore del paese egli si oppose al nemico, metten-dosi a capo di un reggimento formato in tutta fretta: a 15 versteda Guliai-Pole, presso il villaggio di Sviatoduchovka, provincia diAleksandrovsk, fu circondato dal nemico e dopo aver lottato finoall’ultimo, cadde con tutti i suoi uomini. Ha lasciato moglie efigli.

Piotr Gavrilenko – Figlio di contadini di Guliai-Pole. Anar-chico fin dalla rivoluzione del 1905-’7. Uno dei membri più at-tivi del movimento machnovista. Nella distruzione dell’esercitodenikiniano nell’autunno 1919 ebbe una parte di primo piano,quale comandante del terzo corpo d’armata. Durante tutto il1920 fu prigioniero dei bolscevichi, a Charkov. Liberato in se-guito all’accordo politico militare fra machnovisti e autoritàsovietica, partì subito per il fronte di Crimea, contro Vranghel,dove tenne il posto di capo dello stato maggiore campale dell’e-sercito machnovista. Dopo la fine di Vranghel fu preso a tradi-mento dall’autorità sovietica in Crimea, mentre era al suo po-sto di azione e secondo quanto ci consta, fucilato a Melitopol.Condottiero militare e rivoluzionario tra i migliori.

Vassili Kurilenko – Contadino del villaggio di Novospasovka.Anarchico. Istruzione elementare incompleta. Esperto coman-dante di diversi reggimenti di cavalleria. Membro nel consiglio

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degli insorti rivoluzionari. Quando nel 1919 i machnovisti furo-no dichiarati fuorilegge fu invitato dal comando dei rossi a pren-dere il posto di comandante dei loro reparti di cavalleria. D’ac-cordo con Machno e con gli altri compagni accettò la propostae sostenne l’assalto di Denikin nella zona di Ekaterinoslav. Altempo dell’accordo politico militare tra machnovisti e bolscevi-chi fu, nel corso delle trattative, plenipotenziario di partemachnovista. Prima del 1920 era stato ferito cinque volte darossi e bianchi. Grande agitatore di masse. Ucciso nell’estatedel 1921, mentre combatteva contro le truppe rosse. Ha lascia-to la moglie.

Victor Belash – Contadino di Novospasovka. 26 anni. Istru-zione elementare. Anarchico. Fino al 1919 fu comandante diun reggimento, marciò su Taganrog. Dal 1919 in poi fu capo distato maggiore dell’esercito. Per vendicarsi della sua parteci-pazione al movimento machnovista i denikiniani gli uccisero ilpadre, il nonno e due fratelli e gli bruciarono la fattoria. Mem-bro del consiglio degli insorti rivoluzionari. Eccellente stratega,preparava tutti i piani di movimento dell’esercito e ne era ilresponsabile. Fu preso dai bolscevichi nel 1921. La sua fucila-zione era imminente, ma se sia avvenuta non sappiamo.

Vdovicenko – Contadino di Novospasovka. Anarchico. Istru-zione elementare. Comandante di un distaccamento specialedelle forze degli insorti. Uno dei membri più attivi del movi-mento. Godeva grandissima popolarità ed era molto amato datutti i contadini del litorale del mar d’Azov e nell’ambiente ri-voluzionario in genere. Ebbe una parte decisiva nella distru-zione dell’esercito di Denikin nell’autunno del 1919. Nel 1921,gravemente ferito, fu preso dai bolscevichi; doveva essere fuci-lato, avendo rifiutato con disprezzo di passare al loro servizio.Ma la sua fine non ci è nota.

Piotr Rybin (Zonov) – Operaio metallurgico, originario dellaprovincia di Orlov. Al tempo della reazione zarista emigrò inAmerica, dove entrò immediatamente nel movimento sindacalerivoluzionario e vi ebbe grande parte, divenendo membro delconsiglio degli operai russi degli USA e del Canada. Allo scop-pio della rivoluzione del 1917 tornò in Russia attraverso il Giap-pone e Vladivostok e si stabilì a Ekaterinoslav. Qui si gettò nelmovimento operaio e si conquistò grande popolarità fra gli ope-rai. Alla fine del 1917 gli operai di Ekaterinoslav lo inviaronoalla conferenza panucraina dei rappresentanti dei comitati difabbrica e dei sindacati. Da questa conferenza fu accettato ilprogetto Rybin, che riguardava l’unione dell’industria e la ri-

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costituzione dei trasporti. Dopo di ciò, su proposta dei bolsce-vichi, Rybin si fermò a Charkov, dove lavorò nel sindacato deimetallurgici e in altri istituti centrali dell’industria e dei trasporti.Nell’estate 1920 egli si convinse che era assolutamente impossi-bile lavorare con i bolscevichi, poiché il bolscevismo si era or-mai decisamente schierato contro gli operai e contro i contadi-ni. Occorre notare che Rybin aveva lavorato con i bolscevichicome semplice seppure preciso e assiduo sindacalista e non avevamai posto all’autorità sovietica alcuna rivendicazione di carat-tere anarchico. Restando soltanto un sindacalista, non potevaservire con onore la classe lavoratrice, nella situazione creatadalla dittatura comunista. Quindi nell’autunno del 1920 il suopensiero si volse al campo machnovista, vi si recò e ne divenneun attivo collaboratore, addetto alla cultura. Dopo poco tempofu eletto al consiglio degli insorti rivoluzionari, quale membroe segretario del consiglio stesso. Qui Rybin dimostrò un’immensaenergia nel suo lavoro di carattere organizzativo e culturale. Nelgennaio del ’21 riuscì a lasciare i machnovisti e a recarsi aCharkov. Aveva intenzione di chiamare al telefono Rakovski, didire il suo nome e di rinfacciare a lui e soci la proditoria aggres-sione agli anarchici e ai machnovisti. Può darsi abbia tradottoin realtà questo suo desiderio, e ciò lo abbia portato alla rovina:certo è che era a Charkov, fu arrestato e un mese dopo fucilatosu istruzioni della Ceka; fucilato dai bolscevichi che poco tem-po prima gli avevano predetto un grande avvenire e l’avevanoproclamato uno dei più puri e genuini esponenti della teoria edella pratica del movimento operaio.

Kalashnikov – Partigiano giovanissimo. Figlio di un opera-io. Istruzione elementare compiuta in città. Prima della rivo-luzione sottotenente. Dal 1917 segretario dell’organizzazionedegli anarchici comunisti di Guliai-Pole. Comandante estrema-mente audace e di naturali capacità. Il principale organizzatoredella rivolta delle truppe rosse di Novy Bug nell’estate del 1919.Da principio comandò la prima brigata dell’esercito insurrezio-nale, quindi il primo corpo d’armata del Donetz. Nell’estatedel 1920 fu ucciso da una granata mentre combatteva contro irossi. Ha lasciato la moglie e un ragazzo.

Michaliov-Pavlenko – Figlio di contadini della Russia Gran-de. Membro dell’organizzazione anarchica di Pietrogrado. Ven-ne a Guliai-Pole al principio del 1917, fu organizzatore e coman-dante del reparto genieri e ferrovieri dell’esercito machnovista.Giovane idealista dall’anima pura e delicata. Il 12 giugno 1919mentre su un treno blindato resisteva accanitamente a un attac-

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co dei denikiniani, fu, insieme con Burbyga, preso a tradimentoda Voroscilov, comandante della 14ª armata e fucilato a Charkovil 17 dello stesso mese.

Makeev – Operaio di Ivanovo-Voznesensk. Membro dellaorganizzazione anarchica locale. Venne a Guliai-Pole alla finedell’aprile del 1919 con un gruppo di 36 operai anarchici dellasua città. Dapprima fece un lavoro di propaganda quindi fu elet-to capo dello stato maggiore dell’esercito. Fu ucciso nei pressidella stazione di Zaporozhe alla fine del novembre 1919, men-tre combatteva contro le truppe del generale Slashciòv alla te-sta di un reparto d’insorti.

Vasilji Danilov – Figlio di una povera famiglia di contadinidi Guliai-Pole. Fabbro. Soldato di artiglieria. Entrò nel movi-mento rivoluzionario non appena si formò. Nell’esercito degliinsorti machnovisti ebbe la responsabilità di comandante delservizio munizionamento dell’artiglieria.

Cernoknizhny – Maestro nel villaggio di Novo-Pavlovka, di-stretto di Pavlograd. Al secondo congresso dei contadini operaie partigiani di Guliai-Pole fu eletto presidente del consiglio mi-litare rivoluzionario della regione di Guliai-Pole e a questo po-sto rimase sino al giugno 1919 quando bolscevichi e denikinianiirruppero nella regione. I bolscevichi lo dichiararono subitofuori legge per la sua partecipazione al movimento insurrezio-nale.

Shcius – Contadino del villaggio di Bolsciaia Michailovka,di famiglia povera. Marinaio. Uno dei primi e più attivi parti-giani dell’Ucraina meridionale. Sin dall’aprile del 1918 era acapo di unità partigiane che combattevano contro gli invasoriaustro-germanici. Dimostrò straordinaria energia e audacia nellalotta contro il governo dello hetman e contro gli austro-tede-schi. Nell’ambiente partigiano e in tutta l’Ucraina meridionaleil suo nome era quasi altrettanto popolare quanto quello diMachno. Nell’esercito machnovista ebbe posti di responsabili-tà: comandante di reparti di cavalleria da principio, quindimembro dello stato maggiore, infine capo dello stato maggioredel gruppo speciale dell’esercito insurrezionale. Fu ucciso nelgiugno del 1921 nella provincia di Poltava, mentre combattevacontro reparti della cavalleria rossa.

Isidor Liuty – Contadino di Guliai-Pole. Istruzione ele-mentare. Decoratore. Anarchico. Uno dei primi e più attivi ele-menti del movimento insurrezionale. Membro dello stato mag-giore machnovista e intimo coadiutore di Machno. Ucciso men-tre combatteva contro i denikiniani presso Uman, nel settem-

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bre del 1919.Foma Kozhin – Contadino. Senza partito. Comandante del

reggimento mitraglieri dell’esercito machnovista quindi del di-staccamento speciale. Ebbe una parte importante nella distru-zione dell’esercito di Denikin nell’autunno del 1919 e nella li-quidazione di Vranghel nel 1920 e fu più volte ferito. Nell’ago-sto del 1921 fu ferito gravemente dai rossi. Come sia finito nonsappiamo.

Ivan e Alessandro Lepetcenko – Fratelli, contadini di Guliai-Pole. Anarchici. Fra i primi a organizzare la rivolta contro ilgoverno dello hetman in Ucraina. Attivissimi collaboratori delmovimento insurrezionale rivoluzionario, tanto al fronte quan-to all’interno. Alessandro Lepetcenko fu fucilato dai bolscevichia Guliai-Pole nella primavera del 1920, quale machnovista atti-vo e responsabile. Ivan Lepetcenko ebbe sino agli ultimi tempiun incarico importante nell’esercito machnovista.

Serioghin – Contadino. Anarchico fin dal 1917. Uno deiprimi membri del movimento partigiano. Nell’esercito machno-vista aveva la responsabilità di tutto il servizio di vettovaglia-mento.

Grigori e Savva Machno – Fratelli di Nestor Machno. GrigoriMachno nel 1918 e al principio del 1919 combattè contro i ne-mici della rivoluzione sul fronte di Tzaritzyn, quale comandan-te dello stato maggiore della 37ª brigata dell’armata rossa. En-trò nell’esercito machnovista nella primavera del 1919. Fu ucci-so nel settembre dello stesso anno assieme a Isidor Linty, men-tre combatteva contro i denikiniani presso Uman. Savva Machno,il più anziano dei fratelli Machno. Entrò nel movimento insur-rezionale all’inizio dell’occupazione austro-tedesca. Al princi-pio del 1920 fu preso dai bolscevichi a Guliai-Pole e fucilatosopratutto in odio al fratello. Ha lasciato una famiglia numero-sa.

Poiché ci mancano i necessari dati biografici, non possia-mo parlare come si conviene di tutti i membri del movimentomachnovista che vi ebbero parte attiva e responsabile; tuttaviavogliamo ricordare almeno i nomi che seguono:

Garkuscia, comandante del gruppo speciale dell’esercitomachnovista, ucciso nel 1920; Koliada, membro dello stato mag-giore; Dermengi, comandante del servizio collegamenti; Pravda,comandante dei carriaggi; Bondaretz, comandante di tutta la ca-valleria, ucciso nel 1920; Ciubenko, comandante del distac-camento guastatori; Brovà, comandante del gruppo speciale;Domascenko, comandante dello stato maggiore; Zabudko, co-

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mandante del gruppo speciale; Tychenko, comandante della se-zione approvvigionamenti; Buryma, comandante del distacca-mento guastatori; Ciumak, tesoriere dell’esercito; Krat, ammi-nistratore ed economo; ecc. ecc.

Tutti costoro usciti dal grembo della massa lavoratrice nelperiodo più rivoluzionario ed eroico della sua vita, parteciparo-no al movimento insurrezionale con tutte le loro forze e sinoall’ultimo giorno.

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CAPITOLO XIII

MACHNOVISMO E ANARCHISMO

L’anarchismo comprende due mondi: il mondo della filo-sofia, degli ideali e il mondo delle realizzazioni pratiche, delleazioni. I due piani sono in stretto legame fra loro. La classeoperaia militante è generalmente più vicina al lato concreto,pratico, dell’anarchismo, il cui principio fondamentale è l’ini-ziativa rivoluzionaria dei lavoratori per la propria liberazione,dal quale poi discendono naturalmente il principio della nega-zione dello stato e quello dell’autogoverno dei lavoratori nellanuova società. Tuttavia sino a oggi, nella storia della lotta pro-letaria, non troviamo alcun esempio di un movimento anarchi-co di massa che sia stato genuinamente fedele ai suoi principi.Tutti i movimenti operai e contadini del passato restarono chiusinella cornice della struttura sociale capitalistica, pur avendo unacerta sfumatura di anarchismo. Ciò è pienamente comprensibilee naturale. Le classi lavoratrici non vivono nel mondo dei desi-deri, ma nel mondo della realtà, e per ciò sono quotidianamen-te sottoposte alla influenza fisio-psichica delle forze nemiche.Accanto all’influsso del mondo ideale anarchico, debole e limi-tato, esse esperimentano continuamente su di sé l’azione di tut-ta la vita attuale, cioè del mondo capitalistico e dei gruppi medi.

Le condizioni della vita contemporanea stringono i lavo-ratori da ogni lato, li circondano come l ’acqua del mare circordai pesci che vivono in essa. I lavoratori non hanno né modo néluogo per evaderne. È perciò naturale e inevitabile che la lorolotta abbia il segno delle diverse condizioni e maniere del pre-sente. Questa lotta non ha mai potuto prendere una forma pre-cisa e definitivamente anarchica, né rispondere a tutte le esi-genze dell’ideale. Una forma precisa è possibile soltanto in ri-stretti circoli politici e non immediatamente nella pratica, masoltanto nei piani e nei programmi. La massa, quando intrapren-de una lotta, specialmente una grande lotta, sul principio com-pie inevitabilmente degli errori, tollera contraddizioni e devia-zioni, e soltanto nel processo di questa lotta allinea la sua con-

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dotta all’ideale per il quale combatte.Cosi è accaduto sempre, così avverrà in futuro. Per quan-

to accurata possa essere, nel periodo tranquillo della preparazio-ne, l’organizzazione della classe lavoratrice e precisamente trac-ciate le sue posizioni, nel giorno decisivo della lotta la massaagirà molto diversamente da come era stato indicato nei piani:in certi casi, per il fatto stesso dell’azione di massa, alcune posizio-ni saranno abbandonate; in altri, inclinazioni e impulsi impre-visti della massa costringeranno a passare su nuove posizioni.Soltanto lentamente l’immenso movimento della massa si ridur-rà sulla via precisa e definita che conduce allo scopo.

Naturalmente ciò non significa che l’organizzazione preli-minare delle posizioni e delle forze della classe lavoratrice nonsia utile; al contrario essa è l’unica condizione alla vittoria deilavoratori. Tuttavia occorre aver sempre presente che tale lavo-ro preliminare non è sufficiente, e che insieme il movimentoha bisogno di chiaroveggenza in ogni momento e di capacità diorientarsi rapidamente in ogni nuova situazione: in una parola,il movimento necessita di una strategia rivoluzionaria di classe,dalla quale dipenderà in sommo grado l’esito delle sue azioni.

L’ideale anarchico è grande, ricco, molteplice. Tuttaviamolto modesta è la parte degli anarchici nella lotta sociale del-le masse. Il loro compito è quello di aiutare le masse a porsisulla strada della vera lotta e della vera costruzione della nuovasocietà. Quando il movimento delle masse non è ancora entra-to nello stadio dell’urto decisivo, essi debbono aiutare le massea chiarirsi il senso della lotta imminente, del suo compito e deisuoi scopi, debbono aiutarle a scegliere le posizioni di battagliae organizzare le forze. Se il movimento è gia arrivato alla fasedell’urto decisivo, gli anarchici, senza perdere un minuto, deb-bono entrarvi, aiutarlo a liberarsi dalle tendenze errate, coa-diuvare le masse nelle prime imprese costruttive, servirle colpensiero, agendo continuamente perché il movimento stia sal-do sulla strada che conduce agli scopi fondamentali dei lavora-tori. Questo è il compito fondamentale, l’unico compito dell’a-narchismo nella prossima fase rivoluzionaria.

La classe lavoratrice, conquistate solide posizioni di lottae di costruzione, non lascerà più a nessuno l’iniziativa della cre-azione. Guidata dal proprio pensiero, edificherà una società se-condo un proprio piano.

Questo piano potrà essere più o meno anarchico; ma tan-to esso quanto la società che su di esso verrà costruita, sarannol’espressione vera della classe lavoratrice, che li avrà forgiati con

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il suo pensiero e con la sua nuova libertà.A considerare il machnovismo risaltano immediatamen-

te i suoi due aspetti fondamentali: 1°) la sua origine popolare,dal basso, genuinamente proletaria: esso è nato nelle masse e lemasse dal principio alla fine lo hanno sostenuto, sviluppato,diretto; 2°) sin dai primi giorni della sua esistenza esso si è basa-to, in modo naturale e insieme pienamente cosciente, su alcuniprincipi indiscutibilmente anarchici e cioè: a) sul diritto dei la-voratori alla loro piena iniziativa; b) sul loro diritto alla autoam-ministrazione economica sociale; c) sul principio della nega-zione dello stato nell’organizzazione sociale. Nel corso di tuttoil suo sviluppo il movimento si tenne fermo e saldo a questiprincipi. In loro nome perse due o trecentomila dei migliorifigli del popolo, respinse l’alleanza con qualsiasi forza statale eper tre anni, in circostanze indicibilmente gravi e con eroismoraro nella storia tenne alta la bandiera dell’umanità oppressa,la bandiera nera che è il simbolo della vera libertà dei lavorato-ri e della vera uguaglianza in una nuova società.

Il machnovismo è un movimento anarchico delle masselavoratrici, non interamente formato, non del tutto cristallizza-to, ma che tende all’ideale anarchico e cammina sulla stradadell’anarchismo.

Ma proprio per essere diretta espressione delle masse ilmovimento non disponeva di quelle forze e capacità adatte allateoria e alla generalizzazione, necessarie a ogni grande movi-mento sociale. Questo difetto apparve quando il movimento,dinanzi alla realtà delle circostanze esterne, come non riuscì acreare idee e parole d’ordine sue proprie così non seppe elabo-rare forme pratiche e concrete interamente sue. Perciò si svi-luppò lentamente e pesantemente, anche, in verità, a causa dellenumerose forze avversarie che lo stringevano da ogni lato.

Si poteva pensare che gli anarchici, che avevano parlatotanto di un movimento rivoluzionario di massa e lo avevanoatteso per anni come si attende un messia, si sarebbero affretta-ti a entrare in quel movimento, a fondersi in esso, a darsicompletamente. In realtà questo non avvenne. La maggior par-te degli anarchici russi che avevano seguito la scuola dell’anar-chismo teorico, restarono isolati nei loro circoli, che in quelmomento non erano utili a nessuno, tutti in disparte, discuten-do quale fosse la natura di quel movimento e il modo di rappor-ti da intrattenere con esso, senza nulla fare, cercando di quie-tarsi la coscienza con la dichiarazione che il movimento nonera genuinamente anarchico.

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Eppure il loro aiuto al movimento, specialmente sino aquando il bolscevismo non ne ebbe interrotto lo sviluppo nor-male, sarebbe stato inapprezzabile. La massa aveva urgente bi-sogno di collaboratori che sapessero formulare e sviluppare lesue idee, immetterle nella vasta concretezza della vita reale, e-laborare nuove forme, aprire nuove vie al movimento.

Ma gli anarchici non vollero essere questi collaboratori.Con ciò procurarono un enorme danno al movimento e a sestessi: al movimento, poiché non gli prestarono in tempo le loroforze organizzative e culturali, così che il movimento si svilup-pò lentamente e faticosamente con quelle poche forze teoricheche erano in mezzo alla massa; a se stessi poiché non legandosicon la realtà della vita si votarono all’inazione e alla sterilità.

Siamo stati costretti a constatare che gli anarchici russisono veramente restati a dormire nei loro circoli per tutto iltempo in cui fuori si agitava un grande movimento di massa,che unico sinora nella rivoluzione, pareva chiamato a realizza-re i compiti storici dell’umanità asservita. Ma insieme ritenia-mo che questo fatto doloroso non sia accaduto per caso, mache abbia avuto cause precise e determinate. Vediamole.

Un gran numero dei nostri teorici anarchici era rappre-sentato da individui che avevano disertato l’intelligenza, e que-sto ha un grande significato. Molti di loro quantunque entratinel movimento anarchico, non poterono staccarsi interamentedall’ambiente psicologico dal quale erano venuti. Occupando-si di teoria anarchica più degli altri, a poco a poco si convinserodi essere le guide del mondo anarchico e furono sicuri che ilmovimento anarchico stesso avrebbe preso inizio da loro o al-meno con la loro immediata partecipazione. Invece il movimen-to cominciò lontano dai teorici, quasi alla periferia e pure dalpiù profondo seno della società contemporanea. Pochissimi deiteorici dell’anarchismo ebbero la sensibilità e il coraggio neces-sari a riconoscere che quello era il movimento al quale l’anar-chismo li aveva da lungo tempo preparati, per cui occorrevaaffrettarsi a portargli aiuto. Anzi è più esatto affermare che fratutti gli anarchici intellettualmente e teoricamente preparatisoltanto Volin entrò nel movimento con decisione e gli mise adisposizione le sue capacità, le sue forze, le sue cognizioni. Lagrande massa dei teorici dell’anarchismo restò in disparte.Naturalmente questo fatto non dice nulla né contro ilmachnovismo né contro l’anarchismo, ma soltanto contro que-gli anarchici e quelle organizzazioni anarchiche che alla pre-senza di un movimento sociale operaio e contadino di portata

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storica si mostrarono così passivi e di mente così ristretta, chenon seppero o non vollero venire in aiuto alla loro idea quan-do, rivestitasi di carne e di ossa, essa chiamò a sé tutti quelli aiquali sono cari la libertà dei lavoratori e gli scopi dell’anarchi-smo.

Un’altra ragione, ancora più valida, della debolezza e del-l’inazione degli anarchici, è costituita dalla confusione ideolo-gica dal caos e dalla disorganizzazione che regnano nelle fileanarchiche.

Accanto alla sua forza, alla sua positività, alla sua incon-testabilità, l’ideale anarchico comprende molti luoghi comunie non poche vuotaggini e astrazioni, e insieme inclina a posizio-ni non legate col movimento sociale dei lavoratori. Così lasciaterreno alle più diverse e più tortuose interpretazioni dei suoiscopi e del suo programma pratico. Molti anarchici perdonoancora tempo e forze a discutere se l’anarchismo sia un proble-ma di liberazione della classe, dell’umanità o dell’individuo. Èun problema vuoto, che traendo origine da certe posizioni nonchiare, conduce a frequenti deviazioni sia nel pensiero che nel-la pratica anarchica.

Possibilità di deviazioni anche più pericolose sono offer-te dalla oscura teoria della libertà anarchica dell’individuo. Natu-ralmente gli uomini d’azione, dotati di una volontà forte e diun istinto rivoluzionario molto sviluppato vedono nell’idea del-la libertà anarchica dell’individuo, soprattutto l’idea del rap-porto anarchico con ciascuno degli altri individui, l’idea della lot-ta continua per la libertà anarchica delle masse. Ma gli uominiche non conoscono la passione rivoluzionaria, che si preoccu-pano piuttosto della estrinsecazione del proprio io, interpreta-no quell’idea a modo loro. Ogni volta che si ripone il problemadell’organizzazione della pratica anarchica e del rapporto diserie responsabilità entro l’organizzazione stessa, si attaccanoalla teoria della libertà anarchica dell’individuo e basandosi sudi essa ostacolano qualsiasi organizzazione e fuggono qualsiasiresponsabilità. Ciascuno si ritira nella sua oasi, crea l’opera sua,diffonde il suo anarchismo. Così il pensiero e le azioni deglianarchici si disperdono sino alla follia.

Ne risulta presso gli anarchici russi una grande abbondan-za di differenti sistemi pratici. Negli anni dal 1904 al 1907 ave-vamo i programmi pratici dei senza autorità e di quelli della ban-diera nera che come metodi di lotta anarchica predicavano leespropriazioni parziali e il terrore senza motivo. È facile com-prendere che questi programmi, espressioni della natura parti-

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colare di determinati individui, poterono presentarsi ed essereproposti nell’ambiente anarchico soltanto perché debole e pocosviluppato vi era il senso di responsabilità dinanzi al popolo ealla sua rivoluzione. Negli ultimi tempi, poi, vi è stata tutta unaserie di teorie; ora malate di simpatia per l’autorità dello stato oagitate da volontà di dominio sulle masse, ora aliene da qualsi-asi principio di organizzazione e predicanti la assoluta libertàdell’individuo, ora declamanti compiti «universali», mentre inrealtà facevano di tutto per sfuggire agli impegni gravi del mo-mento.

Da decenni gli anarchici russi sono affetti da una speciedi febbre gialla: la disorganizzazione. Essa ha roso in loro il sen-so del pensare concreto e in questo momento rivoluzionario haprodotto l’inerzia, di cui sono responsabili di fronte alla storia.La disorganizzazione è sorella dell’irresponsabilità e ambedueconducono all’imbastardimento dell’idea e alla vacuità dellapratica.

Ecco perché, quando il movimento di massa costituito dalmachnovismo balzò su dalle profonde radici del popolo, gli a-narchici si trovarono tanto impreparati, abulici, deboli.

Questo fenomeno, a nostro avviso, è temporaneo e si spie-ga col fatto che gli anarchici russi non costituiscono un movi-mento cristallizzato e organizzato. Tutti coloro che amano l’anar-chismo e si distinguono anzitutto per la loro devozione alle classilavoratrici debbono organizzarsi e formare un solo corpo: cosìverrà eliminata la zavorra, cioè gli elementi disorganizzatori cheoggi vivono nell’anarchismo.

L’anarchismo non è una mistica, non è un discorso sulbello, non è un grido di disperazione. È grande, innanzi tutto,per la sua devozione all’umanità oppressa. L’anarchismo è laverità e la giustizia delle masse, il loro eroismo, la loro forza divolontà, nel momento presente è l’unica dottrina sociale cui lemasse possono appoggiarsi con fiducia nel corso della loro lot-ta. Ma per giustificare questa fiducia l’anarchismo non deveessere soltanto una grande idea né gli anarchici i suoi platoniciassertori. È necessario che gli anarchici partecipino costante-mente al movimento delle masse, siano i lavoratori del movi-mento rivoluzionario delle masse: solo così esso respirerà pie-namente l’atmosfera degli ideali anarchici. Con niente non siottiene niente: ogni opera esige sforzi e sacrifici continui. L’anar-chismo deve trovare unità di volontà e d’azione, deve porsi di-nanzi una precisa rappresentazione dei suoi compiti storici.L’anarchismo deve entrare nella massa e fondersi in lei.

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Quantunque il machnovismo sia nato e cresciuto indipen-dentemente, fuori dall’influenza delle organizzazioni anarchi-che, il suo destino e il destino dell’anarchismo nella presentesocietà russa sono uniti e strettamente interdipendenti. L’es-senza stessa del machnovismo splendeva di luce anarchica e ri-chiamava naturalmente l’anarchismo. Fra tutte le dottrine so-ciali la massa degli insorti prediligeva l’anarchismo. Moltissimipartigiani si dicevano anarchici, e non rinnegarono l’anarchi-smo neppure davanti alla morte. D’altra parte l’anarchismodonò al movimento machnovista uomini eccellenti, che conamore e devozione sacrificarono al movimento le loro forze ele loro cognizioni. Per quanto pochi, furono molto utili al mo-vimento, poiché legarono l’anarchismo al tragico destino delmovimento machnovista.

Questo intreccio fatale fra machnovismo e anarchismocominciò verso la metà del 1919. Nell’estate del 1920 divennein Ucraina più profondo per la contemporanea aggressione deibolscevichi contro machnovisti e anarchici; e ancor più eviden-te nell’ottobre del 1920, durante l’accordo politico-militare tramachnovisti e autorità sovietiche, quando i machnovisti comeprima condizione dell’accordo posero la liberazione dalle carcerid’Ucraina e della Russia Grande di tutti i machnovisti e di tuttigli anarchici e il riconoscimento a costoro del diritto a confes-sare e propagandare liberamente idee e concezioni.

Riportiamo in ordine cronologico i diversi momenti dell’ingresso degli anarchici nel movimento machnovista.

Sin dai primi giorni della rivoluzione, nel 1917, si orga-nizzò a Guliai-Pole un gruppo di anarchici comunisti che si dedi-cava a un intenso lavoro rivoluzionario in tutta la regione. Daquesto gruppo uscirono, in un secondo tempo, eccellenti mili-tanti e condottieri del movimento machnovista, come N.Machno, S. Karetnik, Marcenko, Kalashnikov, Liuty, GrigoriMachno e altri ancora. Questo gruppo fu in istretto contattocon il machnovismo fin da quando il movimento prese inizio.

Alla fine del 1918 e al principio del 1919 nella regionemachnovista si organizzarono diversi gruppi di anarchici, checercarono di legarsi al machnovismo. Tuttavia alcuni di loro,come ad esempio quello della città di Berdiansk non furonoall’altezza del loro compito e al movimento non portarono cheun contributo negativo. Fortunatamente il movimento era tan-to sano che passò oltre...

Al principio del 1919 si trovavano a Guliai-Pole, oltre aicontadini anarchici più in vista come Machno, Karetnik, Mar-

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cenko, Vasilevski e altri nativi del luogo, anche anarchici venutidalle città e appartenenti a organizzazioni note, come Burdyga,Michalev-Pavlenko, ecc. Lavoravano al fronte oppure in unitàpartigiane dell’interno.

Nella primavera del 1919 giunsero a Guliai-Pole dei com-pagni che si dedicarono soprattutto alla organizzazione del la-voro culturale ed educativo pubblicarono il giornale «La viadella libertà», organo principale del movimento machnovista, ecrearono l’unione anarchica di Guliai-Pole, che cominciò subitoa lavorare nell’esercito e tra i contadini. In questo stesso temponacque a Guliai-Pole l’organizzazione anarchica «L’Allarme».Essa operò in istretto contatto con i machnovisti, li aiutò alladiffusione della cultura e pubblicò l’organo che si chiamò ap-punto «L’Allarme». Dopo un po’ di tempo questa organizzazio-ne si fuse con l’unione anarchica di Guliai-Pole.

Nel maggio del 1919 arrivò a Guliai-Pole, proveniente daIvanovo-Voznesensk, un gruppo di circa 36 operai anarchici,fra cui Cerniakov e Makeev, notissimi nel movimento anarchico.Una parte di loro si stabilì nella comune di Guliai-Pole, a 7 verstedal paese, un’altra si dedicò al lavoro culturale nella regione,altri infine entrarono nell’esercito.

Sempre nel maggio del 1919 la confederazione delle orga-nizzazioni anarchiche d’Ucraina, «L’Allarme», la più attiva e lapiù valida fra tutte le organizzazioni anarchiche russe, comin-ciando a comprendere che il cuore della vita rivoluzionaria del-le masse batteva nella regione che da sola con i suoi partigianiera riuscita a liberarsi, decise di volgere le sue forze verso que-sta regione. Al principio del giugno 1919 mandò a Guliai-PoleVolin, Mracni, Iosif Emigrant e parecchi altri militanti. Dopo ilcongresso degli operai e dei contadini, indetto dal consigliomilitare rivoluzionario per il 15 giugno a Guliai-Pole, si pensavadi trasferire a Guliai-Pole gli organi principali della con-federazione. Ma l’aggressione bolscevica e contemporaneamen-te l’attacco di Denikin ne impedirono l’attuazione. A Guliai-Pole arrivò soltanto Mracni, che dopo un giorno o due, immi-nente la ritirata generale, fu costretto a tornarsene. Volin e altrisi rifugiarono a Ekaterinoslav e entrarono nell’esercito machno-vista che cedeva da Odessa, soltanto nell’agosto del 1919.

Comunque gli anarchici vennero al movimento con gran-dissimo ritardo, quando il suo sviluppo normale era già statotroncato; quando il movimento, strappato dalla sua base di con-crete realizzazioni sociali, dalle circostanze avverse era già statospinto su un terreno prevalentemente militare.

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Dal principio del 1918 al giugno 1919, vi furono nellaregione condizioni ottime per un lavoro positivo; il fronte era a200-300 verste, quasi sotto Taganrog, e una popolazione di moltimilioni di uomini, sulla superficie di 8 o 10 distretti, era abbando-nata a se stessa.

Ma dopo il giugno 1919 gli anarchici potevano lavoraresoltanto sul terreno militare; poiché, esposti ad attacchi conti-nui e da tutti i lati, dovevano ogni giorno spostarsi. In questecondizioni gli anarchici entrati nell’esercito fecero tutto quan-to era nelle loro forze alcuni, come Makeev e Kogan, si miseronei reparti combattenti; la maggior parte si occupò del lavoroculturale fra gli insorti e nei villaggi per cui passavano i ma-chnovisti. Tuttavia non si trattava di un lavoro veramente crea-tivo fra le masse, nel senso pieno della espressione. La situa-zione militare lo limitava quasi esclusivamente a una forma diagitazione di breve durata. A un’opera positiva e costruttiva nonc’era neppure da pensare. Soltanto in rari casi, come quandofurono occupati Aleksandrovsk, Berdiansk, Melitopol ecc. o al-tri distretti, gli anarchici e i machnovisti ebbero il tempo di in-dicare un lavoro costruttivo in senso più concreto. Ma le in-cursioni militari che si rovesciavano di nuovo ora da nord orada sud, ripulivano il terreno appena coltivato, così ch’era ne-cessario limitarsi ancora alla mera agitazione e alla propagandafra gli insorti e i contadini. Le condizioni di quel momento e-rano contrarie a un vasto lavoro costruttivo fra le masse.

Alcuni individui, che non parteciparono al movimento evi restarono soltanto breve tempo, basandosi su quel periodiotrassero la conclusione errata che il machnovismo avesse unanatura troppo militare, che volgesse eccessiva attenzione al latomilitare dei problemi e troppo poca al lavoro positivo fra le mas-se. In realtà la lunga storia militare del movimento machnovistanon fu un risultato del movimento stesso, ma una conseguenzadelle condizioni che dalla metà del 1919 determinarono l’am-biente in cui esso si era sviluppato.

I bolscevichi, come fautori dello stato, hanno compresopienamente il senso del movimento machnovista e la posizionedell’anarchismo in Russia. Sanno per certo che oggi in Russial’anarchismo, isolato dal movimento di massa costituito dalmachnovismo, non ha basi e rappresenta un fenomeno népericoloso né nocivo alla loro posizione. E viceversa compren-dono bene che l’anarchismo è l’unica concezione sociale sullaquale possa appoggiarsi il machnovismo nella sua lotta impla-cabile contro di loro. Ecco perché fanno ogni sforzo per allon-

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tanare l’un movimento dall’altro. E, occorre rendergli giusti-zia, seguitano con costanza questa meta: sino ad aver dichiaratoil machnovismo estraneo a tutte le leggi umane.

Inoltre in Russia e particolarmente all’estero, i bolscevichi,calcolatori precisi, si comportano come se fosse di per sé com-prensibile che a quel riguardo nessuno può più avere alcun dub-bio e che soltanto i ciechi o le persone che non conoscono af-fatto la Russia possono dubitare della ragionevolezza e della giu-stizia delle misure adottate.

L’idea anarchica non è stata ufficialmente dichiarata fuo-ri legge: ma qualsiasi passo rivoluzionario o qualsiasi atto di aper-ta onestà compiuto dagli anarchici viene bollato dai bolscevichicome machnovista: quindi li gettano in prigione o gli spaccanola testa con la maggiore naturalezza del mondo, come se la cosafosse chiarissima per tutti. Insomma tanto il machnovismo chel’anarchismo, in quanto non vogliono piegarsi a servire i bol-scevichi, vengono a trovarsi sullo stesso piano.

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CONCLUSIONE

La storia che abbiamo raccontato è lungi dall’essere unquadro completo di tutto il movimento: ne abbiamo riferito, ein modo estremamente incompleto, la storia di una corrente,in verità la più importante: quella che emerse nella regione diGuliai-Pole. Il machnovismo, movimento sociale dei lavoratoriucraini, è molto più vasto di quanto ci sia riuscito di rappresen-tare nel presente lavoro. Il suo spirito e le sue parole d’ordineagitarono la maggior parte delle province ucraine. Quasi do-vunque in mezzo ai contadini e agli operai corse un certo fre-mito psicologico e sociale; dovunque le masse lavoratrici cerca-rono di realizzare la loro indipendenza in senso machnovista;quasi in ogni provincia risuonarono appelli alla rivoluzione so-ciale e si intrapresero tentativi di lotta sociale e di organizzazio-ne rivoluzionaria da parte delle masse. Se fosse stato possibileseguire attraverso tutta l’Ucraina queste innumerevoli correntie risonanze machnoviste e raccontare di ognuna, comprenden-dole poi in un solo quadro e illuminandole di una stessa luce, sisarebbe ottenuto un grandioso panorama di un popolo rivolu-zionario fatto di molti milioni di persone, combattenti sotto labandiera del machnovismo per l’idea fondamentale della rivo-luzione: la libertà e l’uguaglianza. Ma nelle condizioni createdal bolscevismo è assolutamente impossibile condurre a termineun tale lavoro, anche preparati a subire qualsiasi privazione.

Ma anche il presente lavoro, che si riferisce a un solo fi-lone del movimento machnovista, è estremamente ristretto.Mancano molti documenti e molti fatti, sicché il lavoro è riusci-to monco, sia nel contenuto che nella forma. Speriamo di po-ter portare a termine, in un secondo tempo, un lavoro più com-pleto intorno alla storia di questo movimento.

Inoltre in questo libro, forse, non sono delineati in modosufficientemente chiaro i lati negativi del movimento machnovi-sta. Nessun movimento sociale che la storia ricordi, per quantonutrito di aspirazioni e pieno di slanci elevati, ha mai potutoevitare errori né essere esente da insufficienze intrinseche o dalati negativi. Così accade, naturalmente anche del machnovismo.Tuttavia occorre sempre tener presente che il machnovismo non

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avendo condotto a termine alcun tentativo sociale, non ha sof-ferto di insufficienze in questo senso. Il machnovismo non èche un movimento di masse, chiaramente delineatosi; è unica-mente il loro slancio fatto di abnegazione per vincere la rea-zione e salvare la rivoluzione. Perciò è da questo punto di vistache occorre cercare i lati deboli del movimento.

Il difetto più profondo del movimento consiste nel fattodi aver usato, in questi ultimi due anni, modi quasi esclusivamen-te militari. Tuttavia questa non è una insufficienza organica almovimento, è piuttosto la sua disgrazia, la necessità che la situa-zione generale ucraina gli ha imposto.

Tre anni di continua guerra civile hanno mutato il suddell’Ucraina in un solo vasto campo di battaglia. Numerose ar-mate dei diversi partiti l’hanno attraversata in lungo e in largo,danneggiando i lavoratori materialmente, socialmente, moral-mente, rovinando e opprimendo i contadini. Ha distrutto i loroprimi tentativi di organizzare da soli il proprio lavoro. Ha soffo-cato la loro volontà di realizzazione sociale. Queste circostanzehanno strappato il machnovismo dalla sua base sana, il lavorosociale costruttivo tra le masse, e l’hanno obbligato a darsi allaguerra, guerra rivoluzionaria, per verità, ma pur sempre guerra.

Oggi i nemici della libertà fanno di tutto per non lasciareal machnovismo alcuna possibilità di uscire da questo duro cam-mino di guerra. In ciò è la grande tragedia del machnovismo.Esso la vive da più di due anni e a giudicare dalla situazione ge-nerale della Russia è probabile debba soffrirla ancora a lungo.

Così si risponde anche a quegli anarchici che, avendo avu-to del machnovismo informazioni indirette e quindi inesattissi-me, gli rimproverano il carattere militare e per questa ragionesono restati da parte. Il carattere militare fu imposto al movi-mento. Per di più tutte le autorità che regnarono in Ucraina,soprattutto quelle bolsceviche, fecero di tutto per spingere ilmovimento in una situazione disperata, l’unica uscita dalla qualeera il banditismo. Tutta la tattica dell’autorità sovietica nellalotta contro il machnovismo durante gli ultimi tre anni era ba-sata su questo calcolo. Questo calcolo dei bolscevichi può esse-re ora gettato sulla bilancia a danno del machnovismo? Certa-mente no. Quando si parla del carattere militare del movimen-to machnovista è più esatto, piuttosto che partire dallacostatazione astratta che i machnovisti hanno occupato moltodel loro tempo in battaglie di artiglieria e di cavalleria, conside-rare da quale punto sono partiti, quali scopi perseguivano, qualimezzi impiegavano per realizzarli.

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Sappiamo che cominciarono cacciando dal paese l’autorità dellohetman e dichiarando proprietà del popolo lavoratore tutta laterra e tutte le industrie.

Il loro scopo era l’organizzazione di una vita libera suiprincipi della piena indipendenza sociale delle classi lavoratri-ci. La rivoluzione sociale e i liberi consigli dei lavoratori erano imezzi adatti.

Rivoluzionari d’azione, naturalmente non si limitarono acacciare lo hetman e a proclamare i propri diritti. Per una piùcompleta sconfitta della borghesia, per la difesa dei diritti e delleconquiste rivoluzionarie, i machnovisti organizzarono la difesamilitare, dimostrando con ciò una chiara e profonda coscienzadel loro compito nella rivoluzione sociale. Infatti il programmapositivo della rivoluzione può essere realizzato rapidamente soltanto acondizione che i lavoratori si affrettino a distruggere la potenza militaredello stato borghese.

Ma poiché il movimento, quantunque attivo e aggressivonon si era esteso ovunque, bensì aveva raggiunto soltanto alcu-ne province, esso venne a trovarsi in mezzo a forze nemiche,fautrici dello stato, petliuristi, bolscevichi, denikiniani, i qualitutti presero ad assalirlo da ogni parte con la loro colossale po-tenza militare. Naturalmente il movimento dovette accettarequesto stato di cose e imporsi forti mutamenti nella tattica, neimetodi e nei modi d’azione, così che fu costretto a volgere lamaggior parte delle sue forze al lato militare della lotta per lalibertà. Perciò questo fatto, come abbiamo detto sopra, non èda ascriversi a sua colpa ma a sua sventura.

Le necessità della lotta continua imposero ai machnovistimodi e metodi consoni a questa loro imprescindibile posizio-ne, cioè una severa disciplina nell’esercito e l’esigenza di faregiustizia dei nemici senza sentimentalismi. Tuttavia i machnovistirestarono sempre e innanzi tutto dei rivoluzionari. Quando nel-l’ottobre del 1919 entravano a Ekaterinoslav, i machnovisti con-siderarono inviolabili tutti i denikiniani e i soldati degli altrieserciti degenti negli ospedali, fossero semplici soldati oppureufficiali. E fucilarono i loro comandanti Bogdanov e Lashkeviepoiché avevano violato la disciplina e l’onore rivoluzionario.

Nel capitolo ottavo abbiamo fatto cenno ad alcune serieinsufficienze e a certi difetti del movimento. Gli altri errori e glialtri aspetti negativi sono di così poco conto da non meritare diessere presi in considerazione.

Si pone quindi il problema del futuro.Da un anno e mezzo la lotta dei machnovisti contro l’au-

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torità comunista ha assunto un carattere esclusivamente mili-tare. Non sono più possibili né un lavoro organizzativo né unlavoro culturale fra i contadini e gli operai. Non v’è più luogoalla costruzione di una libera società socialista. Quale senso hacontinuare la lotta? Di quali speranze potrebbe nutrirsi?

Oggi, quando il culto della guerra si è esteso sino alla mi-sura statale, quando le masse dell’Ucraina e della Russia Grandesono interamente soggiogate e il paese è sopraffatto da un’epi-demia di delazioni e di giudizi sommari, la posizione del mach-novismo appare indubbiamente critica e lo stesso continuare lalotta senza speranza. Ma questa considerazione vale soltanto se siguarda il presente dal ristretto punto di vista dello stato.

Viviamo un’epoca rivoluzionaria, nella quale ai movimentidelle masse operaie e contadine si alternano tentativi reazio-nari di autorità diverse, che tentano di impadronirsi di queimovimenti e di imporvi la loro dittatura. Il movimento di massadel febbraio-marzo 1917 fece luogo al governo della Duma. Imoti contadini e operai dell’estate del 1917 provocarono comereazione il sorgere del governo di coalizione socialista borghe-se. Dalle onde del possente movimento degli operai e dei con-tadini nell’ottobre del 1917 emerse l’autorità comunista.

Poiché l’autorità comunista si mantiene da tempo nellaRussia rivoluzionaria molti credono che essa sia un prodottodella rivoluzione russa, quasi una sua espressione naturale. Ciònon corrisponde affatto a verità. La rivoluzione russa e l’autori-tà comunista sono due antitesi, sono l’una agli antipodi dell’al-tra. Nella storia della rivoluzione russa l’autorità comunista rap-presenta la più sottile, la più flessibile e insieme la più ostinataforma di reazione. Sin dal suo primo apparire fra essa e la ri-voluzione cominciò la lotta. In questa lotta le masse lavoratricihanno già perso le principali conquiste ottenute con la lororivoluzione, cioè la libertà di organizzazione, di parola, di stam-pa, l’inviolabilità della vita ecc.

La lotta è passata per l’immensa distesa della Russia, hatoccato ogni villaggio e ogni fabbrica, ha raggiunto la sua piùalta manifestazione nel movimento insurrezionale rivoluziona-rio, è risalita verso alcune provincie della Russia Grande e nelfebbraio-marzo 1921 ha generato il movimento di Kronstadt.

Oggi la Russia attraversa una fase di reazione acuta. È im-possibile dire se vincerà il movimento rivoluzionario degli ope-rai e dei contadini oppure se la reazione prevarrà e si rafforzeràancora per lungo tempo. Ma una cosa è certa: il periodo rivolu-zionario nel quale la Russia è entrata è lungi dall’essere termi-

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nato, una immensa energia rivoluzionaria si cela ancora fra glioperai e i contadini; c’è ancora polvere nelle loro polveriere, egli anni venturi possono dare luogo ad altre esplosioni rivolu-zionarie delle masse dei lavoratori.

Queste esplosioni possono risultare da tre cause: innanzitutto nascere dalla lotta diretta delle masse contro la reazionebolscevica; oppure essere la conseguenza dell’attacco sferratoda una potenza borghese straniera contro la rivoluzione russa;o ancora venire da qualche tentativo che le autorità russe oradebellate intraprendano per reprimere la rivoluzione. Questeultime due cause, la controrivoluzione dall’esterno e quella dal-l’interno pare non aggiungano nulla alla presente controri-voluzione comunista. Invece non è così: quali forze nuove pos-sono fare esplodere le masse in modo che queste, rotto l’involu-cro imposto dalla autorità reazionaria comunista, diano una spin-ta in avanti al movimento rivoluzionario.

Il machnovismo vive di queste forze rivoluzionarie delle massemomentaneamente oppresse. Nutrendosi del loro vigore esso harealizzato quelle colossali conquiste rivoluzionarie che l’autoritàsovietica falsamente ascrive a suo merito: ha sepolto il governo dellohetman in Ucraina, ha disperso il movimento petliurista, ha difesola rivoluzione dall’attacco di Denikin e in notevole misura ha coo-perato alla distruzione definitiva di Vranghel.

Per quanto possa sembrare paradossale è tuttavia indub-bio che l’autorità comunista ha resistito e si è rafforzata in Rus-sia grazie alla meravigliosa lotta rivoluzionaria che i machnovi-sti hanno combattuto contro le numerose e diverse forze anti-rivoluzionarie. E finché nelle masse coverà un fuoco rivoluzio-nario, il machnovismo si troverà sul campo della lotta.

Oggi il machnovismo è costretto ad adattarsi come può, avolgere tutti i suoi sforzi al solo scopo di sopravvivere al pre-sente periodo di reazione feroce. Ciò costituirà da parte sua unmetodo tattico rivoluzionario o una manovra strategica, che po-tranno durare anche qualche anno. Soltanto i prossimi cinqueo dieci anni decideranno il destino del machnovismo e di tuttala rivoluzione russa. Salvare la rivoluzione russa significa libe-rarla dai ceppi che lo stato le ha imposti e creare una organizza-zione sociale basata sui principi dell’autogoverno dei contadinie degli operai. E quando nelle masse maturerà una nuova esi-genza verso questa direzione, il machnovismo diventerà il ful-cro della loro unione rivoluzionaria. Esso costituirà la parolad’ordine e il luogo di appello cui accorreranno tutte le forzedecise, audaci e fanaticamente devote ai lavoratori. Il suo attacca-

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mento alle masse, la sua esperienza organizzativa e le sue ca-pacità militari si manifesteranno in tutta la loro portata per ladifesa di una rivoluzione sociale veramente proletaria. Ecco per-ché il machnovismo sembra oggi condurre una lotta disperatacontro la dittatura comunista. Ma anche perché la pace e latranquillità del comunismo ne sono turbate.

Ancora un problema.Il machnovismo è un movimento costituito essenzialmente

dagli strati più poveri della popolazione contadina ucraina. Iltrionfo del machnovismo significherebbe il trionfo di queglistrati. Quindi anche il trionfo delle idee del machnovismo e del-la rivoluzione sociale?

All’indomani della vittoria di questo movimento emerge-rà immediatamente la necessità di mandare alimenti agli ope-rai delle città. E poiché l’industria cittadina è distrutta e incapa-ce di soddisfare i bisogni della campagna, gli operai non po-tranno ripagare i contadini con i prodotti del proprio lavoro.Quindi in un primo tempo i contadini dovranno mantenere ilproletariato delle città spontaneamente e gratuitamente. Saran-no capaci di un atto rivoluzionario così magnanimo? I comuni-sti parlano sempre dei contadini come di una forza reazionariaimbevuta di meschini istinti particolaristici. In loro non pren-derà il sopravvento questo istinto miserabile dell’avidità? Nonabbandoneranno le città lasciandole senza il necessario aiuto?

Noi siamo convinti che ciò non avverrà.Il machnovismo significa rivoluzione sociale nel suo signi-

ficato più puro. Il machnovismo comprende che la vittoria e ilconsolidamento della rivoluzione, lo sviluppo di tutti i beneficiche ne risultano sono possibili soltanto quando le classi lavo-ratrici delle città e della campagna siano strettamente unite. Icontadini sanno che senza gli operai delle città, senza le loropotenti imprese industriali non potranno fruire neppure delladecima parte dei benefici che la rivoluzione sociale apre loro.Inoltre i contadini guardano agli operai delle città come a fra-telli, membri di un’unica famiglia di lavoratori.

È certo che quando la rivoluzione sociale vincerà, i conta-dini daranno il massimo aiuto agli operai: allora si tratterà ve-ramente di un aiuto spontaneo, dato realmente al proletariatodella città. Poiché oggi il pane tolto ai contadini va a sostenereinnanzi tutto l’immane macchina dello stato, il contadino vedechiaramente che questa costosa macchina burocratica non èutile né a lui né all’operaio e che rispetto ai lavoratori essa adem-pie la stessa funzione che l’amministrazione di una prigione

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compie nei riguardi dei reclusi. Ecco perché il contadino nonha il minimo desiderio di cedere spontaneamente il suo granoallo stato. Ecco la ragione per cui i suoi rapporti con i collettoridei contributi, con i commissari e i diversi organi dello statopreposti all’alimentazione, sono materiati di ostilità.

Ma i contadini avranno sempre il desiderio di entrare inrapporti diretti con gli operai delle città. Nelle assemblee con-tadine questo problema fu sollevato più di una volta e dai con-tadini risolto in senso positivo e rivoluzionario.

Quando le masse del proletariato cittadino, al momentodella rivoluzione sociale, si renderanno indipendenti e attra-verso le loro organizzazioni vorranno legarsi immediatamentecon i contadini, questi gli daranno tutto l’aiuto necessario sa-pendo che in un futuro non lontano gli operai volgeranno lacolossale potenza delle industrie al servizio delle necessità quoti-diane dei lavoratori della città e della campagna.

Il machnovismo svela soltanto un lato della realtà russa.Verrà un giorno in cui altri la illumineranno da ogni parte conla luce della verità. Allora l’azione del bolscevismo nella rivo-luzione russa sarà chiara a ognuno.

Ma nel campo da noi illuminato è possibile scoprirne sin daora il vero volto. La storia del movimento machnovista nel corsodella quale le masse popolari tentarono per anni di realizzare lamiglior forma di indipendenza che noi conosciamo e sopportaro-no a quello scopo immensi sacrifici, svela nel modo più evidente lanatura del bolscevismo e distrugge alla base la leggenda che fa delbolscevismo un movimento rivoluzionario e proletario.

Nel corso di tutta la rivoluzione russa, ogni volta che ilavoratori tentarono un atto di vera autonomia, cercando di reg-gersi in piedi da soli, il bolscevismo ne soffocò gli slanci. La suaanima reazionaria non esitò neppure quando a tutti, esso com-preso, fu chiaro che la rivoluzione russa moriva per mano dellasua feroce dittatura. Il pensiero folle e malsano, di stringereviolentemente nelle morse del suo programma tutta la rivolu-zione, non lo abbandona un solo istante.

La salvezza della rivoluzione russa era ancora facile nel1919 e nel 1920. È possibile anche ora: basterebbe volgersi allospirito rivoluzionario delle masse, al genuino senso di indipen-denza delle organizzazioni operaie e contadine, dandogli vialibera. La rivoluzione, ritrovata la sua fede e la sua libertà, sa-rebbe salva. Accenderebbe di un nuovo grande entusiasmo lemasse, le spingerebbe a una lotta eroica, susciterebbe in lorouna sete ardente di creazione, guarirebbe tutte le ferite che oggi

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travagliano l’organismo sociale ed economico.Mentono i fautori dello stato quando affermano che la

massa è capace soltanto di distruggere l’antico e che soltanto inquesta distruzione è grande ed eroica, ma che è inerte e lentase vuol costruire.

Sia nel campo della creazione che in quello del lavoroquotidiano e normale, la massa è capace di imprese grandi ederoiche, ma per questo deve avere un fondamento sicuro sottodi sé, sentirsi libera, avere coscienza che l’opera da essa compiutaè la sua opera, sentire in ogni azione pubblica la manifestazionedella sua volontà, delle sue speranze, delle sue aspirazioni. Inuna parola la massa deve autogovernarsi nella più vasta accezio-ne del termine.

I bolscevichi si sono invece abituati a chiedere alla massasoltanto sottomissione e appoggio, mai un animo rivoluzionario.

È fatto storico incontrovertibile che dall’inizio del 1918 icontadini e gli operai ucraini sono passati da una insurrezioneall’altra, senza interruzioni: contro Skoropadski contro gli au-stro-tedeschi contro Petliura contro Denikin ecc.

Queste rivolte ebbero un significato immenso nel desti-no di tutta la rivoluzione: crearono e sostennero una situazionerivoluzionaria permanente, che costrinse i lavoratori a volgersi allasoluzione dei problemi basilari della rivoluzione russa. Co-munque questa situazione rivoluzionaria fu alterata non dallecontrorivoluzioni della borghesia o dei generali zaristi, ma dal-l’autorità comunista.

In nome della dittatura del partito il governo comunistainfranse con le armi tutti i tentativi dei lavoratori ad autogover-narsi – e l’autogoverno era lo scopo fondamentale della rivolu-zione russa – e con questa azione mise fine alla situazione ri-voluzionaria in tutto il paese.

Il bolscevismo si è talmente fossilizzato nella sua fede mal-sana nella dittatura ed è diventato così estraneo ai bisogni e aigemiti della rivoluzione, che preferisce vederne la fine piutto-sto di fare la minima concessione. La sua azione è stata fatale atutta la rivoluzione, ha ucciso l’iniziativa e l’autonomia rivolu-zionaria delle masse e ha distrutto le più grandi possibilità ri-voluzionarie che mai siano state presenti nella storia dei lavo-ratori. Per questo i proletari di tutto il mondo lo metterannosempre alla gogna.

Tuttavia non bisogna commettere l’errore di asserire chela responsabilità del naufragio della rivoluzione russa è tuttadel bolscevismo. Il bolscevismo ha realizzato ciò che da decen-

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ni era stato elaborato nella scienza socialista. Tutta la sua prati-ca discende dalla teoria del normale socialismo scientifico. An-che negli stati dell’Europa vediamo che il socialismo scientificosi volge alle classi lavoratrici con le stesse menzogne, cercandodi asservirle alla dittatura borghese. La classe lavoratrice di tut-to il mondo, se vuol cercare i colpevoli della situazione vergo-gnosa ed estremamente grave in cui la dittatura socialista hacostretto i contadini e gli operai della Russia, deve chiamare ingiudizio tutto il socialismo e condannarlo.

La tragedia sanguinosa sofferta dai contadini e dagli ope-rai russi non può essere priva di conseguenze. La pratica socia-lista applicata alla Russia ha mostrato in maniera evidentissimache le classi lavoratrici non hanno amici, ma soltanto nemiciche anelano ad impadronirsi del loro lavoro. Il socialismo hadimostrato chiaramente d’essere uno dei loro nemici. Questogiudizio col tempo diventerà sempre più preciso ed entreràprofondamente nella coscienza delle masse.

Proletari di tutto il mondo, meditate nel vostro intimo e in voicercate e costruite la verità: altrove non la troverete.

Questo è il grande monito della rivoluzione russa.Con la terza aggressione alla regione tenuta dagli insorti

la autorità sovietica fece di tutto per dare il colpo mortale almachnovismo. La massa di truppe resesi libere dalle operazionidi Crimea e la superiorità dell’armamento riuscirono, nell’esta-te del 1921, a battere l’esercito insurrezionale e a costringere ilnucleo più importante di questo esercito, comandato da NestorMachno, a riparare nel territorio soggetto alle autorità rume-ne. Quindi le truppe sovietiche occuparono tutta la regione degliinsorti e le masse rivoluzionarie furono piegate con la forza alladittatura bolscevica.

Ora il machnovismo si trova in una situazione nuova: siapre una nuova fase della lotta per la rivoluzione sociale.

Come sarà questa lotta?La vita stessa ne elaborerà il carattere e le forme, ma que-

sto è certo: che il movimento resterà sempre fedele all’umanitàoppressa, combatterà e sarà sempre pronto a morire per i gran-di ideali della classe lavoratrice: la libertà e l’uguaglianza.

Il machnovismo è un movimento costante, imperituro.Quando le masse lavoratrici si difenderanno dall’oppres-

sione, quando coltiveranno l’amore all’indipendenza, quandoimporranno la loro volontà di classe, creeranno sempre i loromovimenti sociali di portata storica, e faranno da sé. Questa èl’essenza e il significato del machnovismo.

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Indice

Presentazione di Giorgio Sacchetti 7

Prefazione di Volin 13

INTRODUZIONE 29

Cap. I - DEMOCRAZIA E MASSE LAVORATRICI

NELLA RIVOLUZIONE RUSSA 33

Cap. II - IL RIVOLGIMENTO D’OTTOBRE NELLA RUSSIA

GRANDE E NELL’UCRAINA 41

Cap. III - L’INSURREZIONE RIVOLUZIONARIA

IN UCRAINA 49

Cap. IV - MACHNO 53

Cap. V - LA CADUTA DELLO HETMAN

IL MOVIMENTO PETLIURISTA

IL BOLSCEVISMO E LA SUA NATURA SOCIALE 63

Cap. VI - IL MACHNOVISMO 79

Cap. VII - L’AMMUTINAMENTO DI GRIGORIEV

LA PRIMA AGGRESSIONE BOLSCEVICA

SU GULIAI-POLE 101

Cap. VIII - LA GRANDE RITIRATA DEI MACHNOVISTI

LA LORO VITTORIA

IL PERIODO DELLA LIBERTÀ 121

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Cap. IX - GLI ERRORI DEI MACHNOVISTI

LA SECONDA AGGRESSIONE BOLSCEVICA

CONTRO LA REGIONE DEGLI INSORTI 139

Cap. X - ACCORDO FRA MACHNOVISTI E

AUTORITÀ SOVIETICA

TERZA AGGRESSIONE BOLSCEVICA 151

Cap. XI - PORTATA E SIGNIFICATO DELLE NAZIONALITÀ

NEL MOVIMENTO MACHNOVISTA

LA QUESTIONE EBRAICA 177

Cap. XII - LA PERSONALITÀ DI MACHNO

BREVI NOTIZIE SU ALCUNI ESPONENTI

DEL MOVIMENTO 187

Cap. XIII - MACHNOVISMO E ANARCHISMO 199

CONCLUSIONE 209

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Finito di stampare nel mese di settembre 2001

(prima edizione giugno 1999)

Stampato in proprio - Samizdat

Pescara via Messina n° 32